Magazine Confluenze 2013 01

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Anno 1 - n.1 gennaio 2013 www.confluenze.com Confluenze esperienze di pesca a mosca

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Magazine di pesca a mosca, esperienze di pesca a mosca, in questo numero Spey & Salmo Marmoratus - Testo e foto di Pino Messina Semplicemente quattro - Testo e foto di Massimo Ginanneschi Bucktail forever - Testo e foto di Antonio Rinaldin Ribnik - Testo e foto di Natalino Costa Un cul de canard ... insolito - Testo di Marco Feliciani e foto di Corrado Corradini

Transcript of Magazine Confluenze 2013 01

Anno 1 - n.1 gennaio 2013

www.confluenze.com

Confluenzeesperienze di pesca a mosca

Confluenze 2Contents

Confluenzeesperienze di pesca a mosca

Coordinatore Rivista online

Natalino Costa

Coordinatore Pubblicità per l’ItaliaMarco Feliciani

Coordinatore Pubblicità per l’estero e web masterMassimiliano Lo Faro

Coordinatore Relazioni Italia/esteroPino Messina

Coordinatore ImmagineCorrado Corradini

Confluenze, la nuova rivista online

Non è facile cambiare abitudini radicate da molti anni, abitudini di routine, quasi tradizioni, non èsemplice pensare di poter leggere una pubblicazione, un libro, un’informazione solo attraverso un’im-magine riflessa da uno schermo di un computer, non è normale non poter sfogliare le belle pagine diun magazine e soffermarsi a guardare una splendida foto che potrebbe comodamente stare anche inuna colorata cornice appesa nella stanza dei nostri hobby, eppure il nostro vecchio mondo, quello chetanto noi sogniamo possa per un attimo fermarsi per farci tornare un po’ bambini, non concede tre-gua, si allinea con il nuovo trade, non rallenta, ma propone una nuova consuetudine, un nuovo mo-dello di vita. Smartphone, tablet, computer sono ormai rivolti verso questo nuovo progresso, cosìanche noi pescatori a mosca, compresi quelli di una certa età, abbiamo pensato di adeguarci ai tempisentendoci forse più giovani ed attuali.E’ nata una nuova rivista online, quella che ora state leggendo, il magazine che, speriamo, diventi unvostro riferimento tecnico e di svago.Confluenze, in uscita a cadenza bimestrale, è il frutto di un concentrato di tante idee, l’insieme di ungruppo di appassionati che vorrebbero rimandare ad altri le proprie esperienze, un fulcro di informa-zioni in grado di sopperire alle nostre/vostre curiosità e innovazioni tecniche. Non vi rimane che sfogliarla e leggerla!

Immensi Auguri per un 2013 straordinario,Natalino Costa e tutto il Team di Confluenze

Spey & Salmo MarmoratusTesto e foto di Pino Messina

Semplicemente quattroTesto e foto di Massimo Ginanneschi

Bucktail foreverTesto e foto di Antonio Rinaldin

RibnikTesto e foto di Natalino Costa

Un cul de canard ... insolitoTesto di Marco Feliciani e foto di Corrado Corradini

GENNAIO - FEBBRAIO 2013 N. 01

3 Confluenze Contents

PRESENTA:

Alla ricerca dell’aspio perduto!Testo e foto di Carlo Aliprandi

pag. 10

pag. 32

pag. 44

pag. 64

pag. 52

pag. 80

Un cestino virtualeTesto e foto di Corrado Corradini

pag. 96

In copertina: Effimeredi Corrado Corradini

Confluenzeesperienze di pesca a mosca

Confluenze 4Contents

Hanno collaborato per la realizzazione di questo numero:

Massimo GinanneschiDi origini Toscane, nato nel 1964, sposato con Gloria e padre di due mera-vigliosi figli, vive e lavora in provincia di Torino; inizia a pescare da giova-nissimo, nel 1970, grazie al suo amico Franco Vaccarino, approda allapesca a mosca, dalla quale resta affascinato. Con un gruppo di amici fondala sezione del CIPM Valli Di Lanzo, è socio dell’A.S. dilettantistica MoucheVallèe (AO), socio e presidente dell’I.F.T.A., “Italian Fly Tyers Association .

Natalino CostaNato a Lodi, nella pianura lombarda delle rogge, delle risorgive, dei canalie dell’Adda, risiede ed è sposato con Grazia dalla quale ha avuto due figli.Passata, spinning e poi mosca, l’escalation, della sua pesca. Dal 1983 lascoperta della pesca a mosca che ha poi cambiato non poco le sue abitu-dini e le sue passioni. Nel 2004 ha formato il gruppo di redazione che perotto anni ha curato la pubblicazione di Fly Fishing.

Antonio RinaldinEredita dal padre la passione per la pesca. All’inizio degli anni ottanta siavvicina alla pesca a mosca grazie all’amico Marco Feliciani. Da subito siinnamora di questo mondo, della pesca, ma in particolare della costru-zione, realizzando mosche di ogni tipo e misura, per la pesca in acquadolce e in mare. E’ socio del Fly Angling Club di Milano.

Pino MessinaLa pesca a mosca a due mani è per lui una vera e propria religione, unapassione che lo porta ad investire tempo e risparmi in continui corsi di ag-giornamento sul lancio tecnico ed in battute di pesca al salmone atlanticoed alle trote di mare in giro per il nord Europa. Istruttore di lancio ed autoredi diversi articoli pubblicati sia su riviste del settore che on-line, da anni sidedica inoltre alla caccia di trote marmorate nei grandi fiumi del piano.

Altri collaboratori:Angelo Codecasa - Roberto Pedrazzini - Mario Madonini - Osvaldo Gilli

Canepari Albino - Lino Pastori - Pino Savino - Stefano Baggi

Confluenzeesperienze di pesca a mosca

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Marco FelicianiE’ nato nel 1959 a Milano, padre di tre figli, Giulia, Giovanni e Luciano,convive da anni con Antonella. Fin da bambino conobbe la pesca a moscaalla quale si dedicò completamente nel 1977: fu amore a prima vista e daallora praticò solo questa meravigliosa tecnica. Attualmente è presidentedel FLY ANGLING CLUB di Milano, è sicuramente uno dei più quotati flytyers Italiani. Da anni collabora con le migliori riviste di pesca a mosca.

Carlo AliprandiNato a Monza nel 1969, dove tuttora abita, è sposato felicemente con Simona e padre di due splendidi bambini, Leonardo ed Elisabetta. Ha iniziato a pescare a mosca nel 1997, la pesca a mosca e tutto il suomondo sono diventati per lui, una passione a cui non può rinunciare.E’ socio del Fly Monza.

Corrado CorradiniHa fatto il fotografo per passione e come professione per otto anni poi, percaso, è entrato in contatto con il meraviglioso universo della pesca aMosca. È' stato un " colpo di fulmine ". Si sta parlando di una trentina dianni fa, oggi, in maniera certamente più matura ed equilibrata, vive paralle-lamente l'amore per la pesca e per la fotografia in funzione alla sua dupliceesperienza.

Max Lo FaroLa pesca a mosca è per lui, più che uno svago o un lavoro, un vero e pro-prio stile di vita. Nato nel Friuli nel “73”, per motivi professionali, vive inAustria da più di 15 anni. Le sue esperienze di pesca, hanno varcato spessoi confini europei, partendo dai grandi fiumi dell’Argentina, fino ai fiumi delNord come il Mörrum in Svezia, passando attraverso le flat delle Bahamas,ma il suo cuore rimane per i fiumi nostrani ricchi di trote e temoli.

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9 Confluenze Freshfoto di Natalino Costa

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Spey & Salmo MarmoratusTesto e foto di Pino Messina

Riuscire a catturare Sua Maestà la Regina del Piano, la Trota Marmorata,rappresenta per molti appassionati della pesca a mosca una sorta di puntodi arrivo. E’ sicuramente importante sentirsi stimolati da nuove sfide alieuti-che, come ad esempio l’insidiare specie esotiche, magari di dimensionisempre maggiori, o ancora pesci potentissimi, in grado di sbobinare muli-nelli interi durante le fasi di combattimento. Tuttavia, quelle rare volte in cuiho avuto la fortuna di agganciare la marmorata, seguite dalle rarissimevolte in cui ho avuto il piacere di toccarle ed immortalarle con una foto, misono sentito un pescatore appagato. Un appagamento dato dalla consape-volezza di aver catturato un predatore sfuggente, un maestoso pesce no-strano che potrebbe potenzialmente raggiungere il metro di lunghezza.

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Gli esemplari più importanti necessitano dicospicue portate d’acqua, grandi spazi checonsentano alla marmorata di trovare sia irifugi che gli ambienti di caccia. E’ neigrandi fiumi del piano, quali ad esempio ilTicino e l’Adda, che sarà più probabile lacattura di esemplari di taglia. Optando per la canna ad una mano, risul-teranno utili attrezzature dai nove piedi insu, in grado di lanciare code #8 , con unabuona riserva di potenza. Questi ambienti si prestano tuttavia moltoall’uso della tecnica Spey/due mani.Armando Quazzo nel suo testo “Pesca aMosca, Il manuale completo” dice che lapesca a mosca a due mani è l’evoluzionedella pesca a mosca ad una mano cosìcome la pesca a mosca è l’evoluzione delpescatore in genere. Forse è un’espres-sione che ai più potrà sembrare un po’forte, ma sicuramente la pesca a mosca adue mani ha un fascino tutto suo, oltre ad

indubbi vantaggi in diversi circostanze. Pescare a streamer o a sommersa conqueste attrezzature permette un notevolecontrollo in pesca; i mending con attrezza-ture oltre gli 11’ piedi saranno più semplicied efficaci, l’esca potrà più agevolmentelavorare in acqua, lontano da ostacoli diogni tipo; si potrà così pescare negli stratid’acqua dove si presume la presenza delsalmonide, affrontando proficuamente lamaggior parte delle situazioni di pesca,specie i luoghi con poco spazio alle spalle. Segue una sintetica descrizione della treprincipali metodologie Spey. E’ opportuno precisare che l’obiettivo nonè quello di fornire puntualmente la totalitàdelle informazioni descrittive delle tecni-che,l’intento è piuttosto quello di fornireuna panoramica generale, volta a descri-verne le principali caratteristiche, stimo-lando magari i lettori a successiviapprofondimenti

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Roberto Pedrazzini, uno dei massimiesperti di pesca alla marmorata conla tecnica spey nei grandi fiumi del

piano, mentre mostra un esemplaremaestoso, recentemente catturato.

L’Adda riserva ancora piacevoli sor-prese. Questa bella marmorata ri-tratta sulla riva appena prima diessere rilasciata(M.Madonini)

SPEY Classico, l‘origine della tecnica. Lo Spey classico comporta l’uso di cannelunghe, tendenzialmente dai 15’ piedi dilunghezza in su, con azione progressiva,fatte lavorare con movimenti ampi, sfrut-tando la potenza di entrambe le braccia. Vengono impiegate code di tipo “longhead”, di solito oltre i 50’ di lunghezza, al-meno tre volte la lunghezza della cannaimpiegata, solitamente integrate con una“running line”. Viste le lunghezze dellecode impiegate. Si tratta del metodo cheprobabilmente necessita della maggior pa-dronanza tecnica per l’esecuzione del lan-cio. Il vantaggio principale rispetto allatecniche di seguito descritte è la morbi-dezza della posa e la versatilità in pesca,nonché la piacevolezza alla vista conferitada lanci ben eseguiti.

“Underhand”La tecnica spey “underhand”, sviluppatasinei paesi scandinavi, comporta l’uso dicanne tendenzialmente lunghe 15‘ o meno,con azione molto rapida, fatte lavorare conmovimenti raccolti, ottenendo la potenzaattraverso la trazione eseguita sul pomolodella canna. La mano del braccio sovra-stante, detta dominante, funge da “perno”. Vengono impiegate code di tipo “shootinghead”, lunghe al massimo tre volte la lun-ghezza della canna impiegata, solitamentenon integrate con una “running line“, macollegate a queste tramite una connes-sione di tipo loop to loop. Le running line,dette anche shooting line, possono essere

sia a sezione circolare che a sezionepiatta/ovale, garantendo elevata scorrevo-lezza tra gli anelli della canna durante loshooting. L’uso del “polyleader” è necessa-rio e propedeutico al lancio ed all’azione dipesca. Si tratta di un metodo di lancio piùsemplice rispetto allo spey classico, purchéi movimenti e fasi di lancio vengano cor-rettamente eseguiti. I vantaggi principali della tecnica under-hand rispetto allo spey classico, sono lamaggior semplicità di lancio, la possibilitàdi eseguire lanci in condizioni di minor spa-zio e la possibilità di raggiungere distanzenotevoli con poco sforzo fisico.

“Skagit”Si tratta di una tecnica sviluppatasi lungola costa ovest americana, volta ad insidiarele grosse steelhead che risalgono il fiumeSkeena (British Columbia) ed i suoi af-fluenti. Comporta l’uso di canne tendenzialmentelunghe non oltre i 14‘, con azione molto“morbida” e progressiva, fatte lavorare conmovimenti specifici. Vengono impiegate code di tipo Skagit,particolarmente corte, solitamente non in-tegrate con la “running line“, ma collegatea queste tramite una connessione loop toloop. Sono code il cui “belly” ha una se-zione elevata, non pensate per lanci parti-colarmente lunghi, ma in grado diproiettare in avanti pesanti e voluminoseesche nei più proficui tratti di corrente. Il“polyleader” è sostituito da specifiche

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“punte” caratterizzate da diversi gradi diaffondamento. Con queste code possono essere eseguitialcuni lanci tipici della tecnica spey clas-sica, anche se risulta più proficuo effet-tuare lanci specifici, pensati apposta perqueste tipologie di code. Il vantaggio principale della tecnica skagitè la possibilità di lanciare esche grandi epesanti, difficilmente lanciabili con la tec-nica spey classica ed underhand.

Pesca della marmorata in Adda

L’autore in azione di pesca.Foto di Angelo Codecasa.

Azione di lancio e pesca … supervisionata.

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Tipicamente, i miei amici ed io, affron-tiamo la marmorata dell’Adda sia contecnica Spey “Underhand” che con tec-nica “Skagit”. Entrambe le tecniche, seppur caratteriz-zate da attrezzature di base e metodolo-gie di lancio diverse tra loro,consentiranno di far lavorare corretta-mente l’artificiale. Si pesca a scendere, iniziando dal puntopiù a monte del tratto di fiume che si in-tende pescare. Regola di buon senso ge-nerale è quella di lanciare prima neitratti di fiume più vicini al pescatore,sondando via via le correnti centrali edinfine quelle a ridosso della sponda op-posta, dimensioni del fiume e portatad’acqua permettendo. Solitamente, so-prattutto ad inizio stagione ed in fun-zione dei livelli, vengono impiegate code(o punte) affondanti o intermedie, cer-cando appunto di far lavorare l’esca inprossimità del fondo.Non occorrerà recuperare l’esca; lan-ciando leggermente a monte o di frontea noi, l’esca lavorerà per azione della

corrente e tensione della coda; quest’ul-tima dovrà essere sempre controllata ecaratterizzata dalla giusta tensione. Come esche vengono tipicamente impie-gati streamer semplici, ma dalla com-provata efficacia, quali ad esempiozonker dai colori naturali, lunghe leech emorbidi streamer tipo Puglisi. Le insidiesaranno costruite su ami barbless dalledimensioni generose, mai al di sottodella misura #4.I momenti migliori risulteranno l’alba edil tramonto.Va tuttavia ricordato che sitratta di una pesca “maledetta”, nell’ac-cezione goliardica del termine. Occorrenfatti perseverare e mettere in contouna considerevole quantità di “cappotti”. Pochi, talvolta pochissimi, pesci catturatiper stagione ripagheranno da tutti gliimpegni e sacrifici sostenuti. Trattandosi di una specie potenzialmentea rischio, la pratica del catch & releaserisulta essere indispensabile. La maggiorsoddisfazione la si prova proprio quandoquesto stupendo salmonide riconquistala libertà.

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Splendido esemplare catturato dall’amicoMario. Foto di Roberto Pedrazzini

Una delle prede preferite della marmorata,lo scazzone.

Roberto in azione di pesca. E’ fondamen-tale rimanere concentrati ed in contattocon l’esca utilizzata.

Foto di Angelo Codecasa.

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La Marmorata, stato di salute e pro-getti in corsoLa trota marmorata è un salmonide ende-mico del bacino Adriatico, presente oltreche negli affluenti di sinistra del Po, anchein fiumi della ex - Jugoslavia ed Albania. È di fatto presente in corsi d’acqua che unavolta rappresentavano l’antico corso delPo. Si tratta di un ceppo unico, molto ri-stretto, come già anticipato, potenzial-mente a rischio.Oggigiorno, le principali cause di rarefa-zione di questo salmonide sono:- la carenza idrica: le asciutte dei corsid’acqua o carenza idrica in generale-aumento delle temperature: gli scol-matori che aumentano la temperaturadell’acqua di 2/3 gradi, favoriscono il van-taggio selettivo di specie alloctone come ilsiluro; - la maggior predazione: specie preda-torie che oltre a predarne i giovani esem-plari, vanno in competizione alimentare;queste specie sono ad esempio - i cormorani, presenti in stormi semprepiù numerosi; questo vorace uccello caccianei tratti di fiume caratterizzati dalla pre-senza dal salmonide- il siluro, specie opportunista in netto au-

mento nei corsi d’acqua italici; questi, spe-cie in età giovanile, si ciba di ghiozzi e ca-gnette, pesci che a loro voltarappresentano la base alimentare dellatrota nostrana; in alcuni corsi d’acqua doveè presente la marmorata sono in atto pro-getti di contenimento del siluro- la riduzione della biomassa comples-siva: il calo drastico di specie che rappre-sentano la principale fonte dialimentazione della marmorata, come ighiozzi, le cagnette e la lasca; la riduzionedi queste specie è da attribuirsi in preva-lenza ai punti precedentemente elencati - l’ibridazione: è data da incroci con lafario; l’ibridazione è maggiormente pre-sente nei tratti montani e pedemontani infiumi quali il Serio ed il Brembo. In fiumicome ad esempio l’Adda, l’ibridazione èpiuttosto limitata- l’inquinamento: l’inquinamento è sicu-ramente una grave causa di rarefazionedella marmorata; tipicamente i fiumi delpiano soffrono di inquinamento organicooriginato- dalle fogne delle città e centri abitati- dagli scarichi di liquami da allevamenti- dai residui di materiale organico da indu-stria alimentare.

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Altra forma di grave inquinamento è poidata dai pesticidi chimici, dai nitrati e deifosfati rilasciati dai fertilizzanti utilizzati inambito agricolo.Per far fronte alla rarefazione di questo im-portante salmonide, sono in corso datempo progetti di primaria importanza.Uno di questi è il “Progetto Marmorata”attuato nel fiume Adda, oggi seguito condeterminazione ed elevato rigore profes-sionale dall’amico ittiologo Dr. SimoneRossi. Il progetto segue il tratto di fiumeAdda che va da Cassano D’Adda, in provin-cia di Bergamo, fino a Lodi, per una lun-ghezza complessiva di ca 35 km.

Il recupero della Marmorata nelfiume AddaI primi studi sullo stato della trota mar-morata nel fiume Adda e relativi censi-menti risalgono al 1993. I risultati sonoaltalenanti fino al 1998, anno in cui, gra-zie alla passione di un pescatore, il Sig.Antonio Aiolfi, riprendono le attività dicensimento dei nidi. Si tratta di opera-zioni che vedono operativi i volontari in-sieme alle amministrazioni provinciali.Tra le attività principali del progetto vi èquella di recuperare le uova dei pesci dainidi in asciutta. Dal 2002 sono coinvoltesul progetto sia la provincia di Cremonache quella di Lodi, con la collaborazionedella sezione FIPSAS di Lodi; l’azione direcupero dei nidi sul campo viene preva-lentemente svolta dai volontari soci delloSpinning Club Italia. E’ in questo periodoche, su proposta del Dr. Lombardi, l’am-ministrazione provinciale di Cremona de-cide di dotarsi di un incubatoio,consentendo la produzione di avannottia sacco vitellino riassorbito da uova re-cuperate da nidi in asciutta.Dal 2002 ad oggi, grazie all’impegno diappassionati e professionisti, sono staterecuperate svariate decine di migliaia diuova, che, presso l’incubatoio di Spinod’Adda, hanno dato origine a migliaia di

Avannotti nell’incubatoio lodigiano, ge-stito dal Dott. Simone Rossi. Ora che ilsacco vitellino è stato completamenteriassorbito è possibile procedere con il ri-popolamento. Foto di A. Codecasa

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avannotti re immessi nei luoghi di pro-venienza delle uova. Tutte le attività erelative fasi vengono opportunamentemonitorate.L’intero ciclo che va dall’individuazione ecensimento dei nidi, recupero delle uovadei nidi in asciutta, schiusa in incubatoioe re immissione degli avannotti, com-porta molto impegno e lavoro, sosteni-bile solo se mossi da grande passione; sitratta però di attività indispensabili perla tutela di questa specie.La marmorata è un nostro patrimonio,una specie importante, che va assoluta-mente tutelata.

Il nido è stato completato. La sua prepa-razione è avvenuta in un tratto di fiumeriparato ma ben ossigenato.

Foto di A. Codecasa.

Fasi di semina. Gli avannotti vengono ri-posti in un colino. Con un gesto specificoil colino viene ribaltato a ridosso delnido. Le piccole marmorate troveranno rifugio tra i sassi del nido stesso.

Foto di A. Codecasa.

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Confluenze 22Tying

Le mosche per le regineDi seguito la selezione privata di Roberto Pedrazzini, cinque tipologie di esche dalla comprovata effi-cacia per le marmorate del piano. I primi due dressing, la R.M. Black Nosed Dace e la Golden Smelt sono mosche storiche, riportate dalmitico Mario Riccardinel suo libro“Le mie mosche”.Come costruirle e im-piegarle” edito daOlimpia. I successivi due dres-sing sono modifichedi Roberto (con siglaR.P.) rispetti-vamente di - un dressing tipoPuglisi riadattato in uncorputo vairone - il Waggy Tail Sculpindel celeberrimo OliverEdwards, riadattato informa e colore.Nella pagina successivasono riportatiesempi invari colori diMoal (Mother of All)Leech, letteralmente“la madre di tutte lesanguisughe”.

Vairone R.P.

Special R.P. Sculpin

Golden Smelt

R.M. Black Nosed Dace

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Moal R.P. Leech

Verde

Nera

Viola

Di seguito i passaggi costruttivi di uno dei miei “Marble Zonker” preferiti.

Marble ZonkerMateriale impiegato:Amo: Wizard Streamer Special misura 2Filo: uni cord black Corpo: Antron di colore beige, strip di coniglio naturale, tinsel argento piattoCollarino: piuma di gallina nera

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Fissare il filo di montaggio sull’amo, rico-prendolo con due passaggi di filo, dallacurvatura dell’amo verso l’occhiello e daquest’ultimo verso la curvatura. Questoimpedirà al dubbing di “scivolare”.

Fissare il tinsel argento piatto in prossimitàdella curvatura.

Avvolgere del dubbing di antron di color . . . intorno al filo di montaggio. Consiglio diusare poca quantità per volta, attorcigliandolo attorno al filo con indice e pollice. Avvol-gere il dubbing intorno all’amo, con giri serrati, ricoprendo l’amo con due passaggi, dallacurvatura dell’amo verso l’occhiello e da quest’ultimo verso la curvatura.

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Spazzolare delicatamente il dubbing condel velcro o materiale equivalente, renden-dolo “vaporoso”.

Posizionare lo strip di coniglio sopra l’amo,avendo la fondamentale accortezza che ladirezione del pelo vada verso la curvaturadell’amo. Solitamente faccio eccedere dallacurvatura dell’amo una quantità di strippari all’ampiezza della curvatura dell’amostesso.Occorre ora aprire il pelo dello stripdi coniglio proprio in prossimità della cur-vatura, dove è presente il filo.

Fissare saldamente lo strip con diversi giridi filo di montaggio. Vista la sua resi-stenza, l’uni cord può essere particolar-mente forzato. Chiudere con un paio dinodi e tagliare il filo.

Avvolgere il tinsel intorno all’intera mosca;è importante non “schiacciare” il pelo dellostrip durante gli avvolgimenti; occorreràaprire il pelo prima di ogni spirale succes-siva di tinsel. I giri di tinsel potranno es-sere da 7 a 9.

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Fissare il tinsel e lo strip di coniglio nellaparte anteriore, a circa 2 o 3 mm dall’oc-chiello.

Fissare 1 o 2 piume di collo di gallina colornero. Con indice e pollice “stirare” indietrole fibre delle piume.Avvolgere le piume con 1 o 2 giri se ver-ranno impiegate due piume, avvolgere con4 giri nel caso venga impiegata una piumasola. Il collarino dovrà tuttavia essere piut-tosto vistoso.

Creare con il filo di montaggio unatesta non eccessivamente grande.Effettuare un paio di nodi di chiu-sura. Con uno spillo di servizio bagnare leggermente sia la testa dell’artificiale che ilnodo in prossimità della curvatura.Il Marble Zonker è terminato.

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SEMPLICEMENTE QUATTRO

Come la gran parte dei pescatori a mosca, io provengo da unalunga esperienza di pesca tradizionale e ormai sono ben 46 anniche questa passione mi attanaglia.Dopo aver frequentato il mio primo corso base di lancio con lacoda di topo, ho iniziato la mia avventura con la pesca a secca,ma dopo aver preso un po’ di dimestichezza con l’attrezzatura econ il lancio, il richiamo della pesca “ sotto “, è stato irrefrena-bile e sono diventato in poco tempo, un grande appassionato dipesca a ninfa. Nelle pagine che seguono, ho deciso di presen-tarvi quattro imitazioni di semplice realizzazione che sicura-mente vi regaleranno ottime soddisfazioni in pesca.Pescare “ sotto “ non è così facile, ma credetemi è una pescamolto stimolante; nelle mie uscite, appena arrivo sul torrente, laprima cosa che faccio è di verificare i livelli dell’acqua e di con-seguenza leggere le correnti e la loro velocità. A questo puntomonto il tip e le ninfe; ho usato il plurale perché prediligo pe-

scare con due artificiali “ dove permesso “, molto frequentemente pesco in High Sticking a risalire,tecnica che dà ottimi risultati sui fiumi e torrenti che frequento, “acque piemontesi”.Purtroppo non avendo molto tempo per poter andare a pesca, faccio il possibile per sfruttare tutta lagiornata iniziando sempre presto al mattino, in una fascia oraria dove molto spesso i pesci si cibanosul fondo. Se nell’arco della giornata poi si verificano schiuse d’insetti e i pesci iniziano a bollare, al-lora non disdegno la pesca a secca o con le sommerse. Non mi piace estremizzare o precludere al-cuna tecnica e penso che un pescatore a mosca sia completo dal momento che si è impadronito ditutte le tecniche, quindi, se il pesce si nutre sotto o a mezz’acqua o a galla noi dovremo comunquesaperlo insidiare nel migliore dei modi. Bene, dopo questa prefazione, parliamo ora di Fly Tying, cheresta comunque la mia vera passione.

Di Massimo Ginanneschi

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Pheasant BlackQuesta ninfa è ottima se utilizzata ad ini-zio stagione o da ottobre in avanti. Molto adescante per le fario e se costruitasu ami piccoli, è molto gradita anche aitemoli.

DressingFilo di Montaggio: 6/0 neroAmo: 12 Knapek serie PBead: tungsteno da 3 / 3,3Appesantimento: filo di piombo 0,4-0,5 Code e corpo: fibre della piuma di codadi fagiano tinta di neroRigaggio: tinsel oro o argentoTorace: dubbing di lepre argentina lungo color mattone montato ad asola

Il montaggio

Infilata la bead nell’amo, procediamo ad appesantire la nostra ninfa con alcune spire di piombo piattoo tondo reso piatto con una pinzetta in modo da dare conicita al nostro artificiale

Fissato all’amo il filo di montaggio, da una penna della coda di fagiano maschio tinta nera, prele-viamo alcune fibre che legate formeranno la coda. Fissiamo anche del tisel oro o argento piatto fine

Confluenze 34Tying

Avvolgiamo ora intorno all’amo le fibre di fagiano a formare il corpo, dopo di che, formiamo il rigag-gio dell’artificiale avvolgendo il tinsel fino in prossimità della bead

Formiamo ora il collarino dell’artificiale con dubbing di lepre argentina color mattone montata adasola iniziando, quindi ad avvolrgerlo attorno al corpo in prossimità del torace.

Procediamo ora ad eseguire il nodo di chiusura, una goccia di colla per fermare il tutto e la nostraninfa è terminata.

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Spot Orange BeadE’ una ninfa che io uso prevalentementenel periodo estivo quando le acque sonovelate dallo scioglimento della neve o acausa di temporali. E’ un modello chepiace sia a trote che temoli, se usata suami 10-12 la monto come mosca di puntanelle misure più piccole di bracciolo.

Dressing:Filo di montaggio: 6/0 tanAmo: dal 10 al 16 Knapek serie PBead: tungsteno arancio fluo da 3 / 3,3Appesantimento: filo di piomboCode: fibre di piuma del petto di germano naturale o tinto gialloCorpo: dubbing misto di pelo di lepre e sintetico tanSacca alare: stesso materiale delle codeTorace: ice dubbing Nero

Fissato all’amo il filo di montaggio. Da una piuma del petto del germano preleviamo alcune fibre chefissiamo in prossimità della curvatura dell’amo

Infilata la bead nell’amo, procediamo ad appesantire la nostra ninfa con alcune spire di piombo piattoo tondo reso piatto con una pinzetta in modo da dare conicita al nostro artificiale

Il montaggio

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Dalla piuma di petto di germano che abbiamo usato alcune fibre, ne preleviamo altre che andiamo alegarein prossimità del torace. Procediamo ora a formare il torace con dell’ice dubbing di colore nero.

Adesso prepariamo il dubbing per il corpo composto da pelo di lepre e poly sintetico di colore tan. Avvolgiamo il dubbing attorno all’amo fino a formare il corpo curando la conicità.

A questo punto ribaltiamo verso la bead le fibre di germano formando la sacca alare.. Fissiamo talifibre facendo alcuni nodi in prossimità della bead. Mettiamo un goccio di colla èer essere sicuri dellatenuta dei nodi, la nostra ninfa è terminata.

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La PelosaLa chiamo così per il suo torace vaporosoche in acqua assume un movimentomolto stimolante per i pesci. La uso pre-valentemente su torrenti con corrente so-stenuta. Può essere utilizzataprevalentemente per trote e salmerini.

Dressing:Filo di montaggio: 6/0 marrone Amo: 12, 14 Knapek serie PBead: tungseno da 3 / 3,3 oroAppesantimento: filo di piomboCode e corpo: fibre di piuma della codadi fagianoRigaggio: tinsel oro o argentoTorace: pelo di foca o sostituto orange montato lungo ad asola

Infilata la bead nell’amo, procediamo ad appesantire la nostra ninfa con alcune spire di piombo piattoo tondo reso piatto con una pinzetta in modo da dare conicita al nostro artificiale

Il montaggio

Fissato all’amo il filo di montaggio, da una penna della coda di fagiano maschio tinta nera, prele-viamo alcune fibre che legate formeranno la coda. Fissiamo anche del tisel oro o argento

Confluenze 38Tying

Formiamo ora il collarino dell’artificiale con dubbing di pelo di foca o sostituto di colore orange mon-tato ad asola iniziando ad avvolrgerlo attorno al corpo in prossimità del torace.

Avvolgiamo ora intorno all’amo le fibre di fagiano a formare il corpo, dopo di che, formiamo il rigag-gio dell’artificiale avvolgendo il tinsel fino in prossimità della bead

Fissiamo il dubbing con alcuni nodi. Mettiamo un goccio di colla per fissare i nodi, il nostro artificiale è terminato.

39 Confluenze Tying

Small Green ExuviaE’ una rivisitazione della mia exuvianimph, con un corpo più sottile ed unaexuvia più esile.Molto apprezzata dalle trote. E’ utilizzabiletutto l’anno.

Dressing: Filo di montaggio: verde oliva o mar-rone 6/0Amo: 12-14 Knapek serie PBead: 2,5-3 oroAppesantimento: filo di piomboExuvia: polipropilene verde olivaCorpo: fibre di piuma di fagiano tinto verdeRigaggio: Tinsel oroTorace: Pelo di lepre argentina lungo verde oliva montato ad asola

Fissiamo ora uno spezzone di tinsel oro e alcune fibre della coda di fagiano tinte con colore verde

Infilata la bead nell’amo, procediamo ad appesantire la nostra ninfa con alcune spire di piombo piattoo tondo reso piatto con una pinzetta in modo da dare conicita al nostro artificiale, poi leghiamo ilpoly per l’exuvia “bruciato” con una fiamma

Il montaggio

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Formiamo ora il collarino dell’artificiale con dubbing di pelo lungo di lepre argentina montato ad asolainiziando ad avvolrgerlo attorno al corpo in prossimità del torace.

Avvolgiamo ora intorno all’amo le fibre di fagiano a formare il corpo, dopo di che, formiamo il rigag-gio dell’artificiale avvolgendo il tinsel fino in prossimità della bead

Fissiamo il dubbing con alcuni nodi. Mettiamo un goccio di colla per fissare i nodi, il nostro artificiale è terminato.

Confluenze 42Tying

43 Confluenze Tying foto di Max lo Faro

Confluenze 44Technical

In assoluto le prime uscite di pesca sono le più difficili; manca la tecnica, il senso dell’acqua, l’espe-rienza, non sai mai “ che pesci prendere” quello che ti conforta è il grande entusiasmo, sei tu, la tuacanna un filo ed una specie di ciuffo assemblato in qualche modo su di un amo …Che meravigliosa magia sarà mai questa?

Il primo temolo o la prima trota fario autoctona da 40 cm ti fanno battere il cuore a mille, tisenti un grande, vorresti tenere tutto, mostrare al mondo intero le tue catture!

Grazie al cielo, con Il Catch & Release diventa importante trasferire dal reale a virtuale in no-stro paniere di pesca.Da qui l’esigenza di portarci a casa il ricordo di una bella giornata di pesca; amici, pesci, luoghi, at-mosfere, cosa di meglio di una macchina fotografica?!

di Corrado Corradini

45 Confluenze Technical

Per esperienza personale, non so dirvi quante volte sono partito con tutte le più buone inten-zioni, uno o due corpi macchina con minimo tre obbiettivi … eppoi, arrivato sul fiume carico comenon mai, non riuscivo a scegliere se pescare o fotografare.

Con l’avvento del digitale, oggi abbiamo la fortuna di poter mettere in tasca del gilet, una foto-camera di piccolissime dimensioni dalle prestazioni mediamente buone che ci permette di essere sod-disfatti delle nostre immagini, senza penalizzare in nessun modo, la nostra azione sul fiume.

In questa piccola rubrica proverò a condividere la mia modesta esperienza personale su come affron-tare, fotograficamente, una giornata di pesca. Passo dopo passo, vedremo assieme cosa realmentepuò servirci per iniziare.

Mediamente la maggior parte di noi ha solo l’esigenza di fissare il momento magico della cat-tura e basta; vedo moltissimi pescatori che immortalano i propri trofei anche con gli smartphone (siafoto che filmati), poi una volta a casa, si lamentano perché la qualità e scarsa ... e quindi?

Avendo la voglia e la possibilità di farsi un piccolo regalo, oggi in commercio esistono “macchi-nette”, oggetti meravigliosi, che hanno caratteristiche specifiche alle nostre esigenze:tropicalizzate: resistono agli urti e all’acqua, “shockproof “ e “waterproof”

Confluenze 46Technical

alcuni esempi:

Nikon Coolpix AW100: da 16 Megapixel è dotata di un antenna GPSWaterproof 10 mt - Shockproof 1,5 mt - zoom ottico 5x (28-140 equivalente sul 35mm).Prezzo di vendita: media 280€

Panasonic DMC-FT3: da 12 Megapixel - Waterproof 12 mt - Shockproof 2 mt ed uno zoom ot-tico 4,6x.Prezzo di vendita: media 280€

Sony DSC-TX10: da 16,2 MegapixelWaterproof 5 mt - Shockproof 1,5 mt - zoom ottico 4 xPrezzo di vendita: media 300€

Pentax Optio WG-2 GPS: da 16 MegapixelWaterproof 12 mt - Shockproof 1,5 mt - zoom ottico 5x Prezzo di vendita: media 320 €

Olympus TG-820: 12megapixelWaterproof 10 mt - Shockproof 2 mt - zoom ot-tico 5x (28-140 equivalente sul 35mm).Prezzo di vendita: media 320€

Canon Power Shot D20: da 12megapixelWaterproof 10 mt - Shockproof 1,5 mt - zoom ot-tico 5 x (28-140 equivalente sul 35mm).80€

Panasonic DMC-FT4: da 12megapixelWaterproof 12 mt - Shockproof 2 mt - zoom ot-tico 5 x (28-140 equivalente sul 35mm).Prezzo di vendita: media 400€

A mio parere, questi gioiellini si equivalgono; solovedendo le schede tecniche singolarmente, puòessere fatta una scelta soggettiva in base al-l’estetica o in base ad alcune sfumature più omeno importanti. Questo come primo approccio,per avere sempre con se un “cestino virtuale”dove poter conservare gelosamente i risultati diuna stagione di pesca.

nella foto Valter Franco - foto ottica distribuzione s.r.l viale Padova 175 - [email protected]

Confluenze 50Technical

51 Confluenze Technicalfoto di Corrado Corradini

Tying Confluenze 52

L’impiego del bucktail per realizzare mosche da pescarisale ad oltre un secolo fa, quando negli Stati Uniti giàsi impiegava per legare streamers da trota. Alcuni pat-terns di allora sono rimasti dei classici e ancora oggivengono utilizzati con successo da pescatori a moscadell’ultima generazione.

Di Antonio Rinaldin

BUCKTAIL FOREVER 1

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Ripensando a quando iniziai a costruire le mieprime mosche, il bucktail era uno di quei mate-riali che, forse per le dimensioni, forse per l’appa-rente rigidità, non mi convinceva e mi attiravamolto meno di altri. In realtà, come spesso ac-cade prima di provare una cosa che non si cono-sce, mi sbagliavo. In quei tempi le mie scatolestraripavano quasi esclusivamente di moscherealizzate in marabù, in tutti i colori e nelle foggepiù disparate. La morbidezza di quelle leggeris-sime piume e il loro movimento in acqua mi da-vano molta fiducia. Allora nulla mi stimolava aprovare qualche streamer fatto con quei peli ri-gidi e grossolani di una coda di cervo, che appa-rentemente davano anche l’impressione d’essere

poco resistenti. Ora è senza dubbio uno dei ma-teriali naturali che più amo e impiego, sia da le-gare sull’amo, che da usare in pesca. Le miescatole e le mie buste porta mosche contengonobucktail in grande quantità. In grande varietà dimisure e di colori. Per l’acqua dolce e per quellasalata. Per pesci super voraci e per pesci iperschizzinosi. Alcune ben acciaccate dall’età e bensegnate dall’usura, altre ancora immacolate.Molti modelli realizzati con questo meravigliosopelo animale sono diventati un punto fermo edimmancabile tra le mie scorte. Le code di cervo ovviamente non sono sempreuguali tra loro. Anche qui, un po’ come nel casodei colli di gallo, ne esistono di qualità diverse.

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La loro scelta in fase d’acquisto è molto impor-tante e va fatta sicuramente in funzione dell’im-piego che dovremo farne al morsetto. Il pelo puòessere più o meno lungo. Può presentarsi estre-mamente liscio e lucido (foto 1), o al contrario piùondulato o increspato (foto 2) che, a seconda diquello che dovremo costruire potrà risultare più omeno indicato. Nella stessa coda vi sono poivarie lunghezze di pelo. Queste ci permettono direalizzare mosche di diverse misure. In base aquello che vogliamo costruire, è molto importanteprelevare il pelo dalle giuste zone della coda, inquanto risulteranno più o meno lunghi, più omeno morbidi, più o meno vuoti al loro interno.Generalmente salendo verso la punta della coda(foto 3) avremo pelo meno vuoto, quindi più mor-bido e sottile. Scendendo verso la base dellacoda (foto 4) i peli saranno meno morbidi, piùvuoti al loro interno e tenderanno maggiormentead alzarsi sotto la tensione del filo di montaggioin fase di legatura.

1

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Realizzare mosche con il bucktail da molta sod-disfazione e altrettanta ne da vedere la loro vita-lità in acqua. Come spesso accade a moltiappassionati fly tiers, si finisce con il costruiremolte più mosche di quelle che realmente servi-rebbero per l’effettivo tempo che si dedica poialla pesca. Non basta avere scatole piene di mo-sche impilate in armadi e cassetti di tutta la casa.Il piacere nel costruirle è talmente elevato che sicontinua a produrne. Tra le “scuse” più ricorrenti,la necessità di rinfoltire le scorte per la stagionesuccessiva, oppure occupare quei momenti in cuiil maltempo non ci permette d’andare a pesca...

Comunque sia, si stenta a capire se il vero scopodi tutti questi artificiali è quello di finire legati alnostro finale per ingannare i pesci o se, una voltariposti in bella mostra nella nostra fly box, siamonoi ad essere catturati dal loro aspetto accatti-vante, auto convincendoci di poterli utilizzaretutti. Le possibilità d’impiego del bucktail sonoveramente tante, sia per realizzare artificiali perla pesca in acqua dolce che per quella in mare. Aquesto proposito, nel pieno rispetto della parcondicio tra fresh e salt water, vi propongo duesuper classici realizzati in bucktail: il Clouser Deep Minnow e il Mickey Finn.

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Clouser Deep MinnowCredo che non ci sia pescatore a mosca che non lo conosca. La sua definizione è presto fatta in dueparole: semplice e geniale! Semplice in quanto realizzabile veramente con tre veloci passaggi e conun minimo di materiali. Geniale per il suo modo veloce ed imitativo di entrare in pesca. Oltre ad es-sere uno streamer dai mille volti, che può essere realizzato in innumerevoli varianti di colori e misure,ha anche la caratteristica di poter essere usato per molteplici prede, sia in fresh che in salt water.Ideato negli anni 80’ dal mitico Bob Clouser per la pesca degli smallmouth bass, è stato subito “bat-tezzato” con il nome di Clouser Deep Minnow dall’altrettanto mitico e famoso Lefty Kreh. Penso dinon sbagliarmi dicendo che il Clouser Deep Minnow sia uno degli streamers più popolari ed usatinelle acque di tutto il mondo. E’ realizzabile in numerose taglie e quasi un’infinità di combinazioni cro-matiche. Quella che vi propongo in questa occasione è indubbiamente una delle versioni più famose.

La ricettaAmo: TMC811S size 2Filo di montaggio: nylon clearOcchi: a clessidra nickel/pearlCorpo: bucktail bianco +

gold Krystal Flash + bucktail chartreuse

Con una serie di giri incrociati e ben tesi di filo dimontaggio fissiamo gli occhi a circa due terzidella lunghezza dell’amo.

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Fissiamo in prossimità dell’occhiello un ciuffo dibucktail bianco che, una volta fatto passaresopra agli occhi, andremo a fissare anche sulresto del gambo dell’amo.

Nella parte inferiore dell’amo, sempre in prossi-mità dell’occhiello, fissiamo due o tre filamenti digold Krystal Flash e un ciuffo di bucktail char-treuse.

Ultimiamo con un leggero strato di epoxy,avendo cura di ricoprire anche il bucktail tra giocchi.

Il Clouser Deep Minnow è ultimato.

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Mickey FinnLa sua apparizione risale alla prima metà del secolo scorso. Inizialmente venne chiamato con nomitipo “Red & Yellow” e “Assasin” per poi essere definitivamente ribattezzato in Canada come “MickeyFinn“, il nome di un cocktail micidiale, che pare sia stato la causa della morte dell’attore Rodolfo Valentino! Il dressing più classico vuole la sua realizzazione con il bucktail lungo come l’amo, e di parilunghezza tra i colori. Personalmente preferisco realizzarlo con il pelo un po’ più lungo rispetto lalunghezza dell’amo e non pareggiato, in modo da poter ottenere un pizzico di movimento in più e unasilhouette più filante. Oltre a questo, faccio attenzione ad impiegare poco bucktail, possibilmentelegato ben rado, in quanto trovo che, se troppo “vestito”, sia meno efficace. Questo streamer ha cat-turato alla grande da una costa all’altra degli Stati Uniti, ma nel corso degli anni ha ottenuto un gran-dissimo successo in tutto il mondo e, nonostante la sua età, resta un pattern tra i più classici ecatturanti.

La ricettaAmo: TMC300 size 8Filo di montaggio: neroCorpo: tinsel argento piattoAnellatura: tinsel argento tondoAli: bucktail giallo + bucktail rosso + bucktail giallo

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Fissiamo del tinsel argento piatto e del tinsel ar-gento tondo, avvolgendo il primo su tutto ilgambo dell’amo e, avvolgendolo in senso op-posto, con il secondo formiamo l’anellatura.

Leghiamo un primo esile ciuffo di bucktail giallo,seguito da un secondo rosso, sovrapposto e leg-germente più lungo.

Concludiamo con unterzo ciuffetto di buck-tail ancora giallo e unagoccia di colla sullatestina.

Il montaggio

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foto di Antonio Rinaldin

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Ribnik Di Natalino Costa

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Ribnik

Da qualche anno, il fiume Ribnik è tornato allecronache della pesca a mosca. Dopo una paren-tesi tormentata, la Bosnia è tornata accessibile esicura per questo nostro particolare tipo di turi-smo. Diversi gruppi di pescatori a mosca, hannoormai inserito nel loro programma annuale diuscite di pesca, questa lunga gita molto partico-lare per diversi aspetti: natura, pesca, ambientee costi contenuti.Filmati, fotografie, articoli e chi più ne ha più nemetta è quanto si può leggere, vedere e consul-tare per rendersi conto di come prepararsi primadi partire, ma oltre a queste “notizie internet”, isuggerimenti di chi ha già affrontato questaesperienza, rimangono il migliore dei modi pernon tralasciare nulla. Anche noi, abbiamo potutousufruire di questo comodo servizio perché nel-l’ambito del nostro club di pesca, più di una per-sona si è avvalsa di tale esperienza, così peressere certi di trovare posto in una delle poche

strutture ricettive del luogo, abbiamo prenotatoad aprile al motel Aqua di Gornji Rbnik, la nostrauscita di pesca di fine settembre.… ma come si presenterà questo Ribnik a finesettembre? Chi è già stato in primavera avan-zata, a fine maggio, ha pescato con buona quan-tità d’acqua, usando grosse mosche sia in cacciache in bollata e alla fine della giornata, a sera,con grosse imitazioni di stone fly, … ma a settembre come sarà? Non ci resta checostruire un put-pourri di artificiali per non arri-vare impreparati all’appuntamento.Finalmente è settembre e si parte; sabato sera ri-tiriamo il Renault Trafic, dal noleggiatore, un vanda otto posti perché in Bosnia le assicurazionisono un “optional” ed in caso di incidente anchecon tutte le ragioni del mondo, rischieremmo dinon essere risarciti. Un pulmino con Kasko ci as-sicurerà un viaggio più sicuro. Partiamo, ci at-tende un viaggio di almeno dieci ore. Il tempo è

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buono, percorriamol’autostrada fino a Trie-ste, superiamo il con-fine con la Slovenia indirezione di Rijeka(Croazia), da qui in au-tostrada raggiungiamoKarlovac. Da questacittà in poi, si tornano apercorrere strade nor-mali, fino al nostro Rib-nik. La strada daprendere è la E71, indirezione Slunj, unabella cittadina turisticache è molto vicina ailaghi di Plitvice, poi fi-nalmente superiamo ilconfine con la Bosnia.Il paesaggio intorno èun poco desolante, lecase hanno un aspettomolto dismesso, po-vero come la genteche incontriamo. Leautomobili sono tuttemolto datate, ma te-nute in ordine perpoter circolare. Attra-versiamo alcuni paesidove notiamo rovine dicase distrutte dai vio-lenti scontri di guerrache contrastano conaltre costruzioni piùmoderne, ma quasisempre non terminate,segno di una nuovavita, di una voglia dinormalità e futuro. Lastrada è buona, asfal-tata, il traffico è pochis-simo; spessoall’ingresso dei centriabitati si incontra la po-lizia che controlla lavelocità con i laser. Il

nostro navigatore ci aiuta molto, ma consiglio anche una buona carta dellaBosnia, perché non tutti i paesi che si incontrano sono inseriti nella memo-ria del navigatore. Finalmente verso sera ormai al buio, arriviamo a Kljucdove troviamo le indicazioni per Ribnik. Un quarto d’ora e siamo davantiall’Aqua.La sistemazione è accettabile, siamo in sei, alloggiamo in tre camerettecon due bagni completi più un wc.

La notte trascorre tranquilla. Sveglia alle sette, una corsa al fiume per ta-stare l’acqua, bella, bellissima, ma molto bassa. Dicono che siano tre mesiche praticamente non piove e anche il tempo previsto per i prossimi saràstabile, caldo e sereno!Alle nove e trenta siamo pronti per la pesca. Risaliamo il fiume fino quasialle sorgenti in un luogo dove affacciandoci dalla riva, notiamo enormigruppi di temoli non ancora in attività. Una goduria, uno stimolo immensoche ci inietta una voglia sconsiderata di pesca.

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Ora bisogna decidere come sfidare questi pesci.Non sembra cosa molto facile capire, ma comesempre, proviamo a turno artificiali diversi. L’ac-qua è molto lenta e trasparente, la schiusa c’è,ma non sembra interessi molto a questi temoliche preferiscono qualcosa di invisibile, indecifra-bile, a pelo d’acqua, forse minuscole emergenti,piccole effimere non completamente schiuse,ninfe. Peschiamo piccolo, artificiali sul venti,scendiamo anche con i terminali fino al dieci e al-l’otto e finalmente su piccole imitazioni di exuviee di spinner, iniziamo a vincere qualche diffi-denza anche se la sorte non ci aiuta poi molto,perché spesso perdiamo le nostre catture cheper difesa, si infilano nelle copiose erbe acquati-che che affiorano. Peschiamo fino a sera, sfi-diamo questi pesci effettivamente moltosospettosi e furbi con alterne fortune. Qualchetemolo e qualche fario.Sole pieno e caldo anche il secondo giorno. Lapesca ha un andamento altalenante. Siamo unpoco più preparati, comunque rimane una sfidavera, peschiamo in mezzo a pesci che ti bollanoa un metro, ma senza schiodarli troppo dalle lorocertezze. Il bottino anche oggi non è molto soddi-sfacente, ma ci accontentiamo. La sera scorre

veloce davanti ad una di bottiglia di buon vino al-banese e a tante considerazioni su questa nostraseconda esperienza. Il terzo giorno inizia come iprecedenti, decido di scendere a pescare più avalle dove già avevo avuto più fortuna. Provo conqualsiasi cosa, ninfe, emergenti, effimere, spente cambiando spesso e qualche bel pesce rimaneingannato. Ma questo tempo caldo, l’acquabassa e il sole a picco non ci regalano comunqueuna di quelle giornate da ricordare. La mia pescaè terminata. Decido di ritornare dagli altri risa-lendo il fiume lungo il sentiero che lo affianca.L’ambiente e le acque sono splendidi nelle loroinfinite varianti. Non c’è un angolo, non c’è unaradice, un grosso ramo caduto in acqua che nonpossano essere rifugio di pesci incredibili. Ciòche vedo è quello che si sogna e che si amaguardare spesso nelle fotografie e nei filmati, do-cumenti che poi ci stimolano a provare questeesperienze. Non so quante fotografie ho scattato,certo mi serviranno quando vorrò ricordare questibei momenti, belli anche se non esaltanti inpesca, giusti per questa sfida che spesso sipensa di vincere a mani basse senza conside-rare quel rispetto dovuto ad avversari che sonopadroni di queste acque.

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L’ambiente e la pescaL’ambiente che si incontra a Ribnik è ciò cheogni pescatore a mosca può sognare e deside-rare. Il fiume è bellissimo, unico sia per la sualunghezza, solo 8 km, ma per le sue eccezionalisorgenti, subito ricchissimo di acque. L’acqua ètrasparente, potabile, la natura ancora quasi in-tatta e poco contaminata dal progresso. Tutto ilfiume è accessibile dai sentieri che corrono ailati. Lungo questi percorsi si può trovare anchequalche luogo di sosta attrezzato con pensilinadi legno, tavolo e panchetta, ideali per consu-mare piccoli pasti o per ripararsi da eventualiscrosci d’acqua. Le rive sono sempre protette dauna ricca natura. Cespugli, alberi, rami caduti inacqua creano rifugi o ripari per pesci anche dibuona dimensione. Il fiume è ricolmo di erbe chedanno ulteriore rifugio a pesci in ottima salute einoltre, racchiudono e accolgono ogni tipo di in-setto acquatico. Le schiuse sono copiose, conti-nue, molto lunghe nel tempo, dalla mattina altardo pomeriggio, per la gioia di temoli e troteche non disdegnano di evidenziare il loro gradi-mento con continue bollate. Gli insetti in questoperiodo sono di dimensione “normale”: effimereriproducibili con artificiali su amo del 16/18/20,exuvie su ami del 18, spent su ami 18/20, ninfesempre su 18/20, pochissime le sedge. Perquanto concerne i pesci, ce ne sono tanti, popo-lose famiglie di temoli che si posso facilmentenotare riuniti in gruppi di cinquanta/cento esem-plari (senza esagerare!). Dimensioni? Grossi e piccoli, ce n’è una varietà incredibileche sicuramente da certezza di una costante ri-produzione e presenza per il futuro. Noi ne ab-biamo presi oltre i quaranta centimetri, ma sonocerto che parecchi superano i cinquanta. Nonsono assolutamente facili, anzi, i rifiuti e più an-cora l’assoluta indifferenza verso certe nostreimitazioni, spesso, diventano disarmanti! Le trote, fario, sono bellissime. Hanno una livrea coloratissima,sono ben pasciute, con pinne perfette. Sono furbe e diffidenticome i temoli con i quali, di frequente, si dividono cibo (bollate)e ambiente. Dimensioni? Piccole e grandi, anche abbondantemente oltre il chilo. Comeho già scritto, il fiume è quasi sempre accessibile e a settem-

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bre, guadabile salvo alcune buche che perònon sono mai molto profonde. Il “letto” nonpresenta particolari difficoltà o sorprese ancheperché l’acqua molto trasparente. Consigliosempre i waders con gli scarponcini; non siscivola per cui anche quelli con la suola ingomma vanno benissimo. Parliamo di altre at-trezzature: le canne. Vanno bene tutte quelleche usate a pescare nelle nostre acque,canne lunghe e corte, ma se ne avete suinove piedi per code 4/5, meglio, non saretetroppo penalizzati pescando a ninfa. A seccasono Indispensabili invece lunghi finali (12/15piedi) con terminali molto sottili: 0,10 o anche0,08 usando canne non troppo “veloci” perammortizzare le strenue difese dei questi av-versari, molto, molto combattivi.

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Alcune piccole mosche per il Ribnik su ami 18/20

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Sistemazione logisticaPartiamo dalla prenotazione dell’alloggio. A Gornji Ribnik c’è, per ora, un solo albergo eun piccolo villaggio di casette per la pesca, ilRibnik fly fishing center. L’albergo Aqua è si-tuato all’inizio del paese proprio in prossimitàdel ponte carrabile e del fiume. E un fabbricatomolto spartano, esternamente non finito che hapoche camere arredate con il minimo indispen-sabile, quasi tutte con bagno. I prezzi per lapensione completa, sono molto contenuti (più omeno trenta euro per la completa e beveraggivari), il mangiare è decente con una varietà dipiatti che possono accontentare un poco tutti igusti. Occorre prenotare (in inglese) per tempo!Per contatti, consultare il sito:www.motel-aqua.com/index-en.phpIl Fly fishing Ribnik è viceversa un villaggiocomposto da alcune casette molto confortevoliche ospitano fino a sei persone. Tutte sono for-nite di camere con bagno, soggiorno ed unacucina completa. Il piccolo villaggio è propriosul fiume e dista dal paese un paio di chilome-tri, ha un suo ristorante e una reception checontiene anche un piccolo negozio di articoliper la mosca. Alla reception vengono venduti ipermessi di pesca che da quest’anno, dannoaccesso oltre che al Ribnik, al Pliva, al Sana eal Sanica. Per contatti consultare il sito:www.ribnikflyfish.com/RIBNIK/home,1.html, se decideste di telefonare, il sig. Duško Risović Telefono: +387 50430 111Cellulare: +387 66 115145 parla un buon italiano. I permessi 2012 costavano 40,00 euro.

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foto di Natalino Costa

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UN CUL DE CANARD ...INSOLITO

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UN CUL DE CANARD … INSOLITOTesto di Marco Feliciani

Fotografie di Corrado Corradini

Quale altra piuma, oltre a quelle dei galli, è legata in modo inscindibile agli artificiali di superficie? Ma il Cul de Canard ovviamente, materiale ormai insostituibile per emergenti e artificiali galleggianti.

Proprio la sua comparsa sul mercato da ormai 30 anni, ha contribuito a stravolgere le conce-zioni classiche nel realizzare gli artificiali galleggianti, riducendo drasticamente l’utilizzo e la pre-senza sul mercato degli artificiali in piuma di gallo, relegati sempre più in quelle imitazioni dove lagalleggiabilità deve essere ottima anche nelle misure maggiori, come ad esempio le imitazioni digrandi terrestri, sedge e stone fly; sempre più spesso questi artificiali classici sono ormai presentinelle scatole che rimangono sistematicamente a casa e non nelle tasche dei gilet da pesca.

Personalmente ritengo che questo diffusissimo impiego di piume di cul de canard, nonostantel’innegabile efficacia in pesca, in alcuni casi risultino poi inferiori ad alcune mosche in piuma di gallo,spesso semplicemente perché molte mosche così realizzate, sono cadute nell’oblio e molti moschistidelle nuove generazioni non solo non le hanno mai utilizzate, ma non le hanno mai conosciute.

Sempre più spesso negli ultimi anni mi è capitato di insidiare pesci in attività in superficie, spe-cie in acque soggette a forti pressioni di pesca, con pesci sospettosi e selettivi; questi ultimi soventehanno gradito maggiormente imitazioni ben galleggianti, con l’artificiale totalmente fuori dalla “pelli-cola” superficiale, situazione che è più facile ottenere con artificiali realizzati con piume di colli digallo. Probabilmente la diminuzione di questi artificiali in concomitanza con il sempre maggiore im-piego di quelli in cul de canard, sta producendo un effetto diametralmente opposto alla comparsa diquesta piuma di anatra e oca: ora i pesci ben conoscono gli artificiali così realizzati, molto menoquelli costruiti con piume di colli di gallo.

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Se queste mie considerazioni verrannoconfermate anche da altri pescatori, probabil-mente in un futuro più o meno prossimo si risco-prirà e si tornerà ad un maggior impiego diartificiali classici, situazione che sinceramenteper un costruttore risulta maggiormente gratifi-cante.

E’ innegabile che la comparsa delle piumedi cul de canard abbia semplificato molto la rea-lizzazione di ottimi artificiali da pesca, però difatto ha “appiattito” il livello dei fly tyers, unifor-mando verso il basso le capacità manuali, imita-tive ed interpretative degli artificiali stessi.

Questo aspetto inerente la comparsa delcul de canard, probabilmente sarà argomento diun mio futuro scritto, ora invece vorrei proporrel’impiego di queste piume in un modo meno co-mune se non insolito: l’utilizzo del cul de canardper artificiali sommersi, precisamente per ninfe elarve, artificiali comunque appesantiti con l’im-piego di filo di piombo e gold beads al tungsteno.

Tra le caratteristiche delle piume di cul decanard vi è, oltre all’ottima galleggiabilità, allaloro morbidezza e vaporosità, anche quello che,una volta inzuppate, assumono un aspetto menobrillante delle altre piume, donando all’artificialeun aspetto gelatinoso, molto simile appunto alarve e ninfe, effetto causato dalla peluria di

micro fibre post sulle venature delle piume. In realtà è ormai da molti anni che esistono al-cune ninfe che prevedono anche l’impiego di culde canard, ma in modo marginale e limitato soli-tamente come hackles.

La validità del cul de canard anche negliartificiali sommersi l’aveva già capita ormai ventianni fa quel genialoide olandese di Theo Bake-laar, eclettico fly tyers soprannominato per l’ele-vato numero di suo artificiali realizzati con lepalline in ottone, Mr. Goldbead. Theo costruì unaninfa molto efficace, una delle tante variant dipheasant tail che prevedeva l’impiego di unapiuma di cul de canard come hackles, la BeadHead Dutch CDC. Questo artificiale mi colpì per-ché la piuma di cdc rada con fibre piuttosto lun-ghe, una volta bagnata, si avvolgeva intorno alcorpo dell’artificiale donando allo stesso unaspetto molto simile ad una ninfa.

Lo provai in pesca ottenendo subito ottimirisultati, specie con trote e cavedani. Altre ninfemolto popolari, soprattutto negli USA, furono leBead Head Metallic Caddis, in vari colori (ramenaturale, oliva, rosso e nero le più comuni);anche questi artificiali prevedevano come hac-kles una piuma di cdc.

Poi a metà anni ’90, si diffusero le moschedi Marc Petijean, prima con originali, ma galleg-

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gianti artificiali, poi anche una serie di ninfe rea-lizzate quasi esclusivamente con piume naturalie tinte di cul de canard. Nonostante la presenzadi questi artificiali, nei pescatori rimase (e rimanetutt’ora) l’equazione cul de canard = artificiali gal-leggianti.

Come mia abitudine, vorrei con questoscritto proporvi una serie di artificiali la cui realiz-zazione è effettuata esclusivamente con piume dicdc, ad eccezione di fibre di pernice, gallo pardoe gallina per realizzare code e arricchire le hac-kles.Il montaggio di questi artificiali è estremamentesemplice e piuttosto veloce; si tratta di fissareall’estremità dell’amo una piuma di cdc e poi gi-rarla attorcigliandola lungo il gambo dell’amo; perrealizzare l’addome ed il torace si possono im-piegare da un minimo di 1 a 3 piume di cdc di co-

lori differenti, questo permette di creare diversesfumature del corpo e del torace, rendendo l’arti-ficiale più catturante.

Qui di seguito verranno presentati alcunimie modelli realizzati sia su ami tipo czech nimphche tradizionali, di misure medio piccole (16, 14)per arrivare a misure decisamente maggiori(10,8). Alcuni di essi hanno anche il corpo appe-santito con numerose spire di piombo, altri sonoappesantiti solo dalla gold bead in tungsteno perfar mantenere una silouette sottile. Vi sono alcuniartificiali che sono costruiti su ami tipo Jig, parti-colarmente adatti per i modelli più pesanti; graziealla particolarità che lavorano capovolti, permet-tono di lavorare presso il fondale senza rimanerviincagliati. Questo tipo di artificiali è imitante inparticolare larve di caddis, anche se può simu-lare benissimo anche ninfe di effimere.

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APT CDCNon è altro che la rivisitazione della mia APT utilizzando piume di cdc tinte di marrone al posto delleclassiche fibre di penna di fagiano maschio; è possibile variando il colore del cdc, costruire diversevariant APT, le più comuni sono nei colori oliva, crema, giallo pallido e nero.

Ecco finalmente una serie di artificiali realizzati quasi totalmente in cul de canard.

Qui di seguito il semplice dressing:

Amo: Tmc 3769 della Tiemco o similare nei nr 16, 14, 12Filo di montaggio: il diffuso ultrafine xxf nei colori tan o marrone scuro; in alternativa ultima-mente utilizzo il gost thread di color fumè.Coda: poche fibre di puma di cdc coloro marroneCorpo: piuma di cdc color marrone girata lungo il gambo dell’amo attorcigliandola ed utilizzan-dola come un piccolo cordoncinoRib: filo di rame sottile (0,14 – 0.16 di diamentro)Torace: ben evidenziato, realizzato con numerosi giri di filo di rameHackles: 2 giri di hackles di cdc color marroneTesta: gold bead in tungsteno di diametro 2,5 – 3,00 mm Note: mantiene la proverbiale attrazione su trote e temoli della versione originale in fagiano,averla nelle proprie scatole è senz’altro un vantaggio per il pescatore.

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Amo: sia di tipo czech nimph, jigs o tradizionale nelle misure dal 14 sino al nr. 8Filo di montaggio: il diffuso ultrafine xxf nei colori giallo pallido, oliva, tan, marrone scuro; in al-ternativa ultimamente utilizzo il gost thread di color fumè.Corpo (addome): in 2 sezioni ottenute con 2 piume di cdc di colore differente, solitamente laparte iniziale presso la curvatura dell’amo di colore più chiaro, la seconda più scuro. Ad esempiobianco e nocciola, giallo pallido e marrone, nocciola chiaro e marrone scuro, ecc. ecc. Le 2piume di cdc devono essere girate lungo il gambo dell’amo utilizzandole come un piccolo cordon-cino.Torace: realizzato con una terza piuma di cdc di colore differente, solitamente molto scuro: mar-rone, nero, grigio, oliva. In questo caso la piuma, oltre a creare il terzo segmento dell’artificiale,con la parte finale deve formare un principio di hackles, per meglio imitare le zampette delle larvee ninfe che si intende imitare.Rib: facoltativo, solitamente in rame sia di colore naturale che colorato; in alternativa tinsel oro osilverTesta: beads in vari colori, in base a quello che si intende imitare; i più comunemente usati sono:oro, silver, rame, nero, più raramente con colori fluo tipo arancio, fuxia, rosso o chartreuse.

TRICOLOR CDC

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Note: questa tipologia di artificiali, conben evidenziati i 3 segmenti, possiedeuna ottima capacità attrattiva nei confrontidi trote e temoli, e permette di realizzareuna notevole gamma di artificiali, dallalarva di caddis alla ninfa di effimera, pas-sando per i vari stadi intermedi. Come la precedente serie di artificialisopra illustrati, la loro presenza nelle sca-tole permette spesso di risolvere la gior-nata di pesca.

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Amo: Tmc 3761, Tmc 5263 e Tmc 5262 della Tiemco o similari nelle isure dal nr 14 sino al nr 8Filo di montaggio: il diffuso ultrafine xxf nei colori giallo pallido, oliva, tan, marrone scuro; in al-ternativa ultimamente utilizzo il gost thread di color fumè.Code: in quil di tacchino, in fibre di piuma di fagiano o in fibre di piuma di gallo pardo; valideanche le fibre di piuma di gallina.Corpo: realizzato con 1 o 2 piume di cdc in colori differenti, partendo sempre da quello più chiaroper poi scurire l’artificiale.Torace: realizzato con 3 beads, solitamente di colore gold, e in parte ricoperte da altre 2/3piume (a seconda delle dimensioni dell’artificiale) di cdc in colori differenti, in ogni caso più scuridella parte iniziale dell’artificiale.Rib: facoltativo, solitamente in rame sia di colore naturale che colorato; in alternativa tinsel oro osilver

Note: solitamente impiego questa tipologia di artificiali nelle misure medio grandi, infatti permet-tono di poter pescare anche in acque profonde o con correnti molto sostenute. Ottima tipologia diartificiali particolarmente idonei ad imitare grosse ninfe di plecotteri (stone fly)

COLLEONI CDC

Amo: tipo Jigs, presente sul mercato con diverse marchi: HANAK, KNAPEK, SKALKA, KLIMA,DOHIKU tra quelli più diffusi.Filo di montaggio: il diffuso ultrafine xxf nei colori giallo pallido, oliva, tan, marrone scuro; in al-ternativa ultimamente utilizzo il gost thread di color fumè.Code: si possono realizzare con fibre di piuma di cdc, di pernice, di fagiano maschio, di gallo-pardo; queste sono le piume maggiormente utilizzate, ma si possono impiegare anche fibre dimateriali sintetici.Corpo: in piuma di cdc in svariati colori: crema, oliva, nociola, marrone, rosa, giallo e nero i mag-giormente utilizzati.Rib: facoltativo, in rame color naturale o colorato; validi anche tinsel metallici nei colori oro o sil-ver Torace: sempre con la stessa piuma di cdc, o in alternativa, una seconda piuma sempre di cdcHackles: realizzate con le eccedenze delle piume di cdc; in alternativa anche in piuma di pernice.

Note: artificiale chiaramente da profondità, particolarmente adatto ad imitare larve e ninfe di cad-dis di medie e grosse dimensioni. Molto efficaci se impiegate in abbinata con altre ninfe menoappesantite.

JIGS NIMPH

CONCLUSIONIIndubbiamente le piume di cul de canard hanno delle caratteristiche uniche che ne permettono unutilizzo alquanto amplio, ma l’impiego anche in queste categorie di artificiali indubbiamente nepuò ampliare ulteriormente l’utilizzo. A crescere l’impiego, ha contribuito l’enorme varietà dipiume di cul de canard ora reperibili, sia di anatra, ma anche di oca, con calami e fibre ben piùlunghe, per non parlare della varietà di colori tinti che si sono aggiunti nel corso degli anni a quellinaturali. In questo articolo non ho poi evidenziato il cdc in dubbing, altro ottimo materiale per faresi ottime emergenti, ma che potrebbe (e troverà, ne sono certo) trovare impiego anche in artificialiappunto sommersi. Per onore di cronaca, il primo distrinbitore di dubbing di cul de canard fu Gior-gio Benecchi in tempi ormai lontani, mi sembra doveroso ricordarlo proprio in questi giorni chepurtroppo la sua azienda sta chiudendo, colpita anch’essa dai difficili momenti che stiamo attra-versando. Prossimamente proporrò articoli con artificiali sia emergenti che sommersi realizzatiproprio con il dubbing in cul de canard.

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95 Confluenze Tying foto di Corrado Corradini

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ALLA RICERCADELL’ASPIO PERDUTO!

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Ormai sono po’ di anni che nella pesca a mosca si parladi Aspio, pesci arrivati dall’Europa centro orientale chehanno invaso le nostre acque, adattandosi perfettamenteal clima e all’ambiente Italiano.L’Aspio (Aspius aspius) appartiene alla fami-glia dei Ciprinidi.Il suo habitat naturale è quello dei grandifiumi di pianura, con acqua a correntemoderata: il fiume Po rispecchia inpieno queste caratteristiche. Il suo aspetto è quello di un ciprinide,ma la sua costituzione massiccia locaratterizza come vero e potentepredatore. La bocca, infatti, è moltogrande e rivolta verso l’alto, l’occhioè piccolo, così come le squame. Latesta è grande ed ha un aspetto appuntito,con la mandibola prominente rispetto allamascella. La livrea non è appariscente, infatti ha ildorso verdastro od olivastro scuro, i fianchiargentei ed il ventre bianco. Le pinne anali,ventrali e pettorali hanno un colore rossic-cio, mentre la dorsale e la caudale sonoscure. È un gigante fra i ciprinidi, infatti puòraggiungere il peso di 9 kg per 1 metro dilunghezza, tuttavia la media degli adultiè di circa 3 kg. Noi di solito pe-schiamo nel ramo sinistro del Po,in zona Isola Serafini.A valle dello sbarramento flu-viale di Isola Serafini, il Posi divide in due rami, in

ALLA RICERCA DELL’ASPIO PERDUTO!!!

Itinerario di pesca

Testo e fotografie di Carlo Aliprandi(http://elileo.it/)

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quello destro o principale, l’ac-qua viene fatta defluire artificial-mente e segue un percorso delfiume in modo piuttosto lineare,mentre quello sinistro, che inorigine era alimentato dalfiume, riceve i suoi apporti soloin concomitanza degli eventi dipiena, diventando di fatto unaspecie di grossa lanca, conl’acqua che riprende a correresolo dopo l’ingresso del cola-tore Gandiolo e dell’Adda. I duerami si ricongiungono all’al-tezza della località Maginot(Castel Vetro Piacentino). Iltratto di fiume in questione sisnoda per 12 km ed è formatoda lunghi spiaggioni di sabbia eghiaia. L’acqua scorre lenta, ein alcuni punti è quasi ferma,quindi la zona è molto indicataper pescare anche con i bellyboat o pontoon. ( http://elileo.it/

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COME ARRIVARE:Prendere A1 fino a Piacenza sud ed uscire. Seguire la A21 Cremona- Brescia ed uscire a Caorso, gi-rare sulla SP 10 direzione Cremona. Seguire per Isola Serafini. Una volta arrivati, seguire la stradache porta al ristorante Cattivelli, continuare fino a quando la strada curva a destra. A fine curva, girare a sinistra in una stradina sterrata e andare fino al parcheggio che ho indicatosulla cartina con il simbolo P. (questo primo tratto è da saltare, perchè la riva è poco accessibile)

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Inizio tratto pesca

Il tratto proseguefino dove l’Addaentra nel Po .Se si pesca in bellyboat si può parcheg-giare la secondamacchina nel postoindicato con la Pche si trova a CastelNuovo BoccaD’Adda (foto sotto)

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Tratto finale di pesca

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Iniziamo a pescare dopo aver saltato il primo km difiume (foto1), questo perché la sponda dalla parte incui ci troviamo è formata da prismi con molta vegeta-zione e quindi poco accessibile. Seguendo il sentieroche parte dal parcheggio e costeggia il fiume, si arrivafinalmente ad una lunghissima e larghissima spiaggia(Foto 2). Da lì a scendere inizia il divertimento!!! Si spera!!! (Foto 3- 4- 5)

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In quel tratto di Po si pesca tutto l’anno, ma imesi migliori sono da novembre a marzo, so-prattutto nelle giornate nuvolose, o nelle gior-nate con pioggia o con neve: è in quei giorniche si ha la possibilità di prendere i pesci di ta-glia più grossa. L’Aspio è un pesce molto so-spettoso, quindi la fase di avvicinamento alfiume è da fare con estrema attenzione per mi-nimizzare il disturbo sulla riva e nell’entrata inacqua, se non disturbato capita spesso di tro-varlo nei pressi della riva, magari dietro a qual-che ostacolo pronto ad attaccare il nostrostreamer. Di solito l’attrezzatura che si utilizzaè una canna di lunghezza compresa tra i 9-10piedi, per coda 6 o 7. Il mulinello non richiedegrosse caratteristiche tecniche, meglio quelli abobina larga, hanno il pregio di contenere age-volmente la coda di topo. In quel tratto i livellidell’acqua non sono alti, quindi una coda ditopo galleggiante o meglio ancora intermedia èla scelta più centrata. Il finale è di lunghezzacompresa tra i 2 e 2,50 metri, composto da unbutt dello 0,45, una parte centrale dello 0,35 e un terminale che può variare dallo 0,22 allo 0,28;meglio se in fluorocarbon visto la sua sospetosità.

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Generalmente utilizzo streamer di lunghezza che varia dai 4 ai 7 cm, dai colori visibili, come il bianco,nero, o chartreuse abbinati a filamenti di argento come flashabou o sparkle fiber.Se invece ci si vuole cimentare con il fiume, in una esperienza nuova ed emozionante, si può pe-scare con l’utilizzo dei float tubes, (ciambella detto in Italiano). È un mezzo di spostamento moltoutile, perché permette di arrivare a pescare in spot irraggiungibili dalla riva e presentare l’esca in ma-niera diversa da un approccio da terra. È comodo da trasportare, e di per sé molto semplice e sicuroda usare.La pesca in float tubes è stupenda, ma facciamola in sicurezza, indossando sempre il salvagente (li-fejacket) e una cintura elastica in vita ai nostri waders, il suo uso è molto importante in quanto ci per-mette di chiudere in modo sicuro ed efficace i nostri waders all’altezza della vita, così da nonpermettere l’entrata accidentale di acqua, ricordandoci sempre di esercitare il buon senso quando uti-lizziamo il float tubes.Spero di avervi dato sufficienti indicazioni per avere una valida alternativa alle solite tipologie dipesca!

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107 Confluenze Reportfoto di Carlo Aliprandi