Le Associazioni DELL’UnANPSS - onlus numero 0.pdf · scopo principale informare la popolazione...

24

Transcript of Le Associazioni DELL’UnANPSS - onlus numero 0.pdf · scopo principale informare la popolazione...

Le Associazioni DELL’UnANPSS - onlus

A.A.E.E. (Ass. volontaria per la lotta, lo studio e la terapia dell’angioedema ereditario) L’associazioneha lo scopo di diffondere la conoscenza dell’angioedema ereditario al fine di consentire una correttadiagnosi. Svolge attività di sensibilizzazione affinchè in Italia si realizzi la disponibilità dei farmaci edei presidi terapeutici necessari alla prevenzione ed alla lotta contro la malattia; sostiene e favoriscel’accesso di tutti i pazienti alle adeguate terapie; collabora all’organizzazione dell’attività di assistenzaai pazienti affetti da angioedema ereditario; ha l’obiettivo di creare un documento sanitario di identifi-cazione, ufficialmente riconosciuto, con la descrizione della malattia. Promuove incontri, convegni econgressi medico-sociali. Organizza incontri e scambi di informazione tra pazienti, tra pazienti e medi-ci, tra medici e medici. Ha sede in Via Trabucco n. 180, 90146 Palermo.E-mail: [email protected] Sito web: www.angioedemaereditario.org

ADMO SICILIA ONLUS (Ass. Donatori Midollo Osseo) L’Associazione Donatori Midollo Osseo ha comescopo principale informare la popolazione italiana sulla possibilità di combattere le leucemie, i linfomi, il mie-loma e altre neoplasie del sangue attraverso la donazione e il trapianto di midollo osseo. L’Associazione hasede presso l’Azienda Osp. Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello, Centro Medicina TrasfusionaleVia Trabucco, 180- 90146 Palermo. E-mail: [email protected]; sito web: www.admosicilia.it

AFIPreS (Ass. Italiana Famiglie per la Prevenzione del Suicidio) Ha come obiettivo la sensibilizza-zione verso la prevenzione del disagio psichico, dell’autolesionismo, del suicidio. Nel 1995 ha istitui-to un servizio di ascolto “Telefono Giallo”. All’interno del Centro Aggregativo “I Girasoli” AFIPreSpromuove attività rivolte ad adolescenti di età compresa tra i 12 e 18 anni. Presso il Centro di PrimaAccoglienza ha istituito uno spazio dedicato alle famiglie e al sostegno alla genitorialità.L’associazione ha sede in Via Besio 33/35, Palermo. E-mail: [email protected] Sito web: www.afipres.org

AIL Palermo (Ass. Italiana contro le Leucemie- Linfomi e Mieloma) È un’associazione di volontariato i cuiobiettivi principali sono sostenere la ricerca scientifica in campo ematologico ed assistere e supportare il mala-to oncoematologico e la sua famiglia. Grazie al lavoro costante di volontari, offre un servizio quotidiano diaccoglienza e supporto del malato emopatico e dei suoi familiari presso la Divisione di Ematologia. Svolgeun’importante campagna di ricerca fondi per l’acquisto di nuove e più moderne attrezzature, il finanziamen-to delle ricerche scientifiche e il potenziamento della residenza “La Coccinella” realizzata per accogliere ipazienti e i loro parenti. Organizza seminari e corsi per il volontariato. Ha sede presso l’Ospedale V. Cervello,via Trabucco 180, Palermo. E-mail: [email protected] Sito web: www.ailpalermo.it

ARIS (Associazione dei Retinopatici ed Ipovedenti Siciliani) Si occupa di assistenza, ricerca scientifica, pre-venzione e sostegno psicologico agli ipovedenti. Tra le finalità dell’associazione vi sono anche l’informazio-ne, la formazione e la sensibilizzazione relative alle disabilità visive. Diffonde informazione specializzataattraverso una rivista scientifica trimestrale a diffusione nazionale (“Ipovisione: scienza, informazione, cultu-ra e mercato”) e promuove progetti in ambito socio-sanitario. Gestisce il “Centro di Ipovisione eRiabilitazione Visiva” presso l’Az. Osp. Riuniti “Villa Sofia-Cervello” via Trabucco 180 Palermo ed ha anchesede in Via Amm. Gravina, 53 Palermo. E-mail: [email protected], [email protected];[email protected] ; Sito web: www.ipovisione.org

ASISBI (Associazione Siciliana Spina Bifida e Idrocefalo) E’ un’associazione di volontariato con l’obiettivodi promuovere attività per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della spina bifida. Promuove l’inserimen-to sociale e lavorativo dei soggetti spina bifida; offre sostegno alle famiglie e sostiene l’attività del CentroAmbulatoriale Spina Bifida ubicato presso l’Ospedale di Caltanissetta. Organizza attività sportive e ludicocreative per disabili e pubblica trimestralmente un giornalino “Insieme si può” per le famiglie degli iscrittiall’Associazione. Sedi operative: Via Amm. Rizzo, 61 Palermo e Via Sacro Cuore, 7 Caltanissetta. E-mail: [email protected]; Sito web: www.asisbi.it

ASPIR (Associazione Siciliana Pazienti Insufficienza Respiratoria) Svolge attività di volontariato, solidarie-tà sociale e socio-assistenziale, per supportare i bisogni di infermi avviati alla VDM dal Centro d’unità di tera-pia intensiva dell’ ARNAS “Civico”. Offre supporto ai pazienti e ai parenti di pazienti, provenienti da altreregioni o nazioni, per fruire delle prestazioni di alta specializzazione e trapianti d’organo; si occupa dell’ac-coglienza diurna gratuita a parenti di pazienti con possibilità di fruire di servizi igienici, docce, sala riposo,vitto, indumenti, e altro, a titolo completamente gratuito. Ha sede in Via Volontari Italiani del Sangue, 3 –90128 Palermo e ARNAS “Civico/ Di Cristina/M. Ascoli” – UO di Pneumologia.E-mail: [email protected] sito web: www.aspironlus.interfree.it

rivista ha lo scopo di stimolarel’azione di un volontariatomoderno, che promuove esostiene INIZIATIVE DIRETE ed essere così interlocu-tore privilegiato nel confrontocon enti pubblici e privati. La sede legale è pressol’Azienda Osp. “V. Cervello” diPalermo, che storicamente èstata più sensibile al mondo delvolontariato e della solidarietà. L’iniziativa editoriale è sostenu-ta dalla “Fondazione con ilSUD” e la redazione è compo-sta da giornalisti ed espertivicini al mondo del no-profit edella solidarietà. Ci auguriamo che questa colle-gialità nel lavoro di informazio-ne e questa RETE di sostenitorifaccia tracciare un lungo per-corso alla rivista e crei unappuntamento costante con isuoi lettori.

Nasce a Palermo un nuovoperiodico “UNIONE NEWS“,trimestrale d’informazione,scienza e cultura. Il periodico sipone l’obiettivo di parlare innome di chi, in una stagionefredda per la crisi economica e iltriste scenario socio-politico,vive le difficoltà maggiori.UNIONE NEWS sarà la vocedei tanti giovani in cerca dioccupazione, dei disabili e leloro famiglie, costretti a misu-rarsi con i tagli nella sanità e ladrastica riduzione dei servizierogati dagli enti locali. Sarà lavoce libera delle associazioni noprofit che operano in Sicilianegli ospedali, nelle scuole e nelterritorio. Gli obiettivi prioritarisaranno pertanto le attivitàsocio-sanitarie e culturali, maanche il sostegno alla ricercascientifica e alla creazione diservizi pubblici efficienti. La

Editoriale Una nuova proposta

di Rocco Di Lorenzo - Direttore Responsabile

3

La redazione di Unione Newsvuole dar voce ai propri lettorie per questo vi invita ad inviare

testimonianze in merito alle vostre esperienzein ambito socio-sanitario ed associazionistico.

Chi volesse usufruire di questa possibilità può farlo inviando

una e-mail all’indirizzo [email protected]

specificando “testimonianza” nell’oggetto della mail,

oppure scrivendo a

“Redazione Unione News c/o ARIS,

via Amm. Gravina 53 – 90139 Palermo”.

Si ricorda che è necessario specificare il consenso al trattamento

dei dati personali ai sensi del D.Lgs 196/03.

SommarioL’UnANPSS onlus ed il progetto tutti in rete ................................... 5

L’integrazione socio-sanitaria .......................................................... 6e l’assistenza alle persone fragili in Siciliadi V. Borruso

Oltre la dispersione ........................................................................... 8di P. Blandano

A natale in ospedale con As.tra.fe. ................................................... 9di S. Camiolo

Il Disturbo di panico: ............................................................................ 10come riconoscerlo e come affrontarlodi F. Compagno e N. Lo Savio

Questa politica non piace agli indignados .................................... 12di R. Catalano

L’assistenza al paziente con Insufficienza respiratoria cronica ...... 14di A. Di Gesaro

Imprenditoria Femminile:una sfida per le Pari Opportunità ................................................... 16di F. Cerami

Nuovi impegni dell’A.R.I.S. ........................................................... 18di F. Sanfilippo

Il diritto di opzione tra assegno di invalidità ................................ 20e indennità di disoccupazionedi L. Di Lorenzo

Giornate del volontariato 2011 ...................................................... 21

XVI Convegno Afipres Marco Saura ............................................ 22di L. Nuccio

UNIONE NEWSUnione Associazioni no profit

Editore:Unione Associazioni no profit “società e

salute” onlus (Un.A.N.P.S.S. - onlus)Redazione c/o ARIS:

Via Amm. Gravina 53, 90139 PalermoTel/fax 091-6622375

e-mail:[email protected]: http://unionenoprofit.it

Direttore responsabile:Rocco Di Lorenzo

Redattori:V. Borruso, R. Catalano,D. Matranga, M. Pagano,

Esperti:F. Compagno, L. Di Lorenzo

Progetto grafico:L. A. Mesa Suero, A. Terranova

Hanno collaborato:I. Imbesi, V. Borruso, P. Blandano,

S. Camiolo, F. Compagno, N. Lo Savio,R. Catalano, A. Di Gesaro, F. Cerami,

F. Sanfilippo, L. Di Lorenzo, L. Nuccio,S. Puccinelli, F. Scardino, M. Coffaro,L.A. Mesa Suero, L. Pasta, C. Sausa.

Fotocomposizione e stampa:Priulla s.r.l.

Viale Regione Siciliana, 6915 - Palermowww.priulla.it

Unione Associazioni no profit “società e salute” - onlusUn.A.N.P.S.S. - Onlus

4

La riproduzioneparziale o totale di articoliè subordinata al consenso

scritto dell’Editore. Tutti i diritti sono riservati.

5

L’ Unione Associazione non Profit - Società eSalute – Onlus:L' “Unione Associazione no Profit - Società e Salute– Onlus” (UnANPSS) è un coordinamento diAssociazioni e di Servizi che operano in forma con-sortile nell’ambito del no profit. È composta da 15Associazioni che operano nel campo del volontariatosenza scopo di lucro. L’Unione è nata per favorire il reciproco arricchimen-to di idee, proposte ed esperienze al fine di sosteneree sviluppare la “rete” Associativa del volontariato edel no profit, con unitarietà di intenti e di progetti, nelrispetto dell’identità e dell’autonomia delle singoleassociazioni. Tale finalità generale si declina in uninsieme di obiettivi specifici. Tra questi sicuramenteassumono importanza rilevante: - promuovere attività di informazione; - realizzare, attivare e gestire servizi integrativi a

carattere sociale, sanitari, socio sanitari, culturali ericreativi;

- promuovere, tutelare ed elevare i diritti umani, civi-li e sociali, combattendo qualsiasi forma di esclusio-ne, di povertà e di discriminazione ed intervenendocon atti concreti di solidarietà, di volontariato edumanizzazione;

- promuovere, realizzare e gestire iniziative o manife-stazioni culturali e sociali, di formazione e di ricerca

Il programma “Tutti in rete!”Il programma “TUTTI IN RETE!”, presentatodall'Unione Associazioni no profit e finanziato dallaFondazione CON IL SUD, si pone l'obiettivo disostenere la rete di volontariato nel settore socio-sani-tario esistente attraverso l’utilizzo di metodologieinnovative in grado di assicurare partecipazione, con-

divisione e supporto reciproco. Ciò avverrà attraverso lo sviluppo delle attività diogni singola associazione aderente, garantendo unreale impatto sul territorio attraverso l'attivazione gra-tuita di servizi socio-sanitari e di interventi socio-edu-cativi da un lato, e, dall’altro attraverso la promozio-ne del volontariato, quale risorsa comune, con unamaggiore attenzione ai più giovani, affinché si possa-no sensibilizzare e avvicinare al mondo del volonta-riato. L’Unione, con la realizzazione del programma“Tutti in rete!”, intende rendere permanenti i piùimportanti servizi realizzati attraverso il sostegnodella Fondazione CON IL SUD.Il programma, presentato per la prima volta il 26 otto-bre 2011 presso l'Az. Osp. “V. Cervello”, è stato suc-cessivamente proposto anche ad Alcamo e Bagheria(novembre 2011).Le azioni previste si sostanziano in governance,comunicazioni interne alla rete, animazione/sensibi-lizzazione e comunicazione esterna, formazione.Le informazioni relative alle associazioni ed ai servi-zi saranno veicolate sia dalla costituzione di un porta-le “Unionenoprofit.it” sia dal trimestrale “UnioneNews”. I temi che verranno trattati all’interno del tri-mestrale saranno: sanità, cultura, economia, attualità,lavoro, associazionismo e saranno presenti una seriedi rubriche che daranno voce ai giovani, alle donne,agli extracomunitari, e alle relazioni sociali ed umanesia nella società, sia nei luoghi di lavoro; inoltre, saràpresente uno spazio inerente gli appuntamenti e le ini-ziative delle associazioni appartenenti.Inoltre, si organizzerà una giornata in Piazza in cuisi cercherà di suscitare interesse e avvicinare i mem-bri della comunità al mondo del volontariato.

UnANPSS - Onlused il progetto “Tutti in rete!”

La presentazione del programma “Tutti in rete!” presso l’Azienda Osp.“V. Cervello” di Palermo il 26 ottobre 2011

S. Camiolo, Presidente As.tra.fe, durante la presentazione del programma“Tutti in rete!”

Particolare attenzione verrà dedicata alle istituzioniscolastiche secondarie di secondo grado (licei, istitu-ti superiori) all’interno delle quali si costituirannomomenti di incontro e scambio al fine di coinvolgeregruppi di giovani. Per questo motivo si attiverannodei percorsi di educazione alla pro socialità: attra-verso un coinvolgimento dinamico e maieutico si cer-cherà di interessare i ragazzi al mondo del volontaria-to e sviluppare una riflessione sull’assunzione diresponsabilità in merito al benessere sociale e ilmiglioramento della qualità di vita.Altre attività riguarderanno l’acquisizione di nuovepartnership locali (enti pubblici e privati presenti),azioni di formazione e l’attivazione di processi diintegrazione culturale dei popoli migranti.

Come può rilevarsi dal Documento preliminareinformativo sul piano sanitario nazionale 2010-2012, risultano obiettivi prioritari, l’integrazionesanitaria e socio-sanitaria. E ciò appare del tuttonaturale, poiché, la difesa della salute va attuatacon la prevenzione, le cure mediche e il manteni-mento di un ambiente nel quale possano trovarebuone condizioni di vita i cittadini (giovani eanziani, abili e disabili). Questo il fondamento dinormative nazionali e regionali che hanno indica-to costantemente la necessità che, nelle cure medi-che, strutture ospedaliere e territoriali garantisca-no continuità e obiettivi comuni nelle iniziative diprevenzione. Fondamento di leggi, come la328/2000, che reca norme per la realizzazione delsistema integrato di interventi e servizi sociali:obiettivi specifici la qualità della vita, la preven-zione, la riduzione delle disabilità, il disagio per-sonale e familiare e l’istituzione di un fondo

nazionale per le politiche e gli interventi socialiprogrammati dalle Regioni. Fra i servizi previsti dalla legge a favore dei disa-bili, delle persone anziane non autosufficienti edelle famiglie sono:

• progetti individuali per le persone disabili, chene facciano richiesta, messi a punto daiComuni, d’intesa con le aziende sanitarie loca-li, con prestazioni di cura e di riabilitazione acarico del Servizio sanitario nazionale;

• servizi alla persona ai quali provvede ilComune;

• misure economiche necessarie per il superamen-to delle condizioni di emarginazione sociale;

• sostegno per il nucleo familiare con modalitàstabilite di concerto fra l’Assessorato sanità equello della Famiglia;

• sostegno domiciliare per le persone anziane nonautosufficienti, con il coinvolgimento dei familiari.

L’integrazione socio-sanitaria e l’assistenzaalle persone fragili in Sicilia

di Vincenzo Borruso – medico, già coordinatore dell’OER Sicilia, pubblicista.

6

G. Cantali presidente “Social...mente”, presenta il progetto ad Alcamo

L’UnANPSS - onlus

CERCA VOLONTARI

Cercasi volontari L’unione Associazioni no profit

società e salute onluscerca volontari per l’annualità 2012/2013.

Per maggiori informazionirivolgersi alla segreteria tramite:

e-mail: [email protected]. 091-6622375

da lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00

R. Di Lorenzo, Presidente Unione no profit

7

I comuni, in alternativa ai contributi assistenzialiin denaro, possono concedere prestiti sull’onore,consistenti in finanziamenti a tasso zero, secondopiani di restituzione concordati con il destinatariodel prestito. Possono prevedere, altresì, agevola-zioni fiscali e tariffarie per le famiglie con specifi-che responsabilità di cura e di eventuali riduzionidell’aliquota dell’imposta comunale sugli immo-bili (ICI) per la prima casa, nonché tariffe ridotteper l’accesso a più servizi educativi e sociali.In accordo alla normativa citata il Piano della salu-te 2011-2013 della Regione siciliana ha indicatofra gli obiettivi prioritari quelli di evidenziare lecondizioni di salute-benessere della popolazione,definire i livelli essenziali socio-sanitari regionali,definire l’offerta dei servizi sanitari e socio-sanita-ri disponibili e da implementare. In particolare, iservizi riguardanti anziani non autosufficienti,soggetti di qualunque età con disabilità fisica, psi-chica, sensoriale e relazionale. Da rilevare come ilnumero dei disabili in Sicilia è maggiore del 6,9%che nel resto del paese, con punte dell’8% al disopra dei 65 anni e del 16% al di sopra dei 75 anni.Secondo gli ultimi dati disponibili in Sicilia abbia-mo 110 mila disabili con una età compresa fra i 6e i 64 anni. Tra loro, 50 mila circa vivono in casa,con una percentuale che ci vede al primo posto frale regioni. Il resto in presidi socio-assistenzialipubblici e privati convenzionati (la maggioranzaper assistenza psichiatrica) il cui numero risultainsufficiente rispetto ai bisogni della regione.

Di fronte a questa situazione, correttamente, ilPiano per la salute regionale prevede che l’assi-stenza domiciliare, sanitaria e sociale, nellanostra isola dovrebbe riguardare il 36,5% dellefamiglie, contro la previsione del 25% delleregioni del nord. Il concetto di aiuto alla famigliaviene ulteriormente ribadito dal Piano, soprattut-to, per le disabilità più gravi, “che non può nontenere conto del coinvolgimento della fami-glia….delle persone più significative e dell’am-biente di vita”. Così come deve tenere conto dellanecessità che sia migliorata la rete dei servizisanitari per la riabilitazione “sotto alcuni aspettiinsoddisfacente”, sia a livello ospedaliero che ter-ritoriale.

Come è riconosciuto dallo stesso piano sanitario,la Sicilia, non ha un sufficiente numero di struttu-re pubbliche e private capaci di far fronte alle esi-genze di un disabile. Nella nostra regione sono ingrado di assistere il 3,6% dei disabili (in maggiorparte disabili mentali) contro il 4,1% della medianazionale. Anche se la percentuale di spesa soste-nuta in Sicilia, pari al 6,5% della spesa generaleper la sanità, supera del 2,1% la percentuale nazio-nale.In questi giorni abbiamo conosciuto la protestadelle comunità alloggio, strutture affidate a coope-

rative sociali e associazioni che, a causa dei man-cati pagamenti da parte dei Comuni e dellaRegione, fermi dal 2009, rischiano di non poterepiù assistere 2.200 disabili mentali.Sul piano dell’istruzione, anche se l’Italia è unodei paesi che ha il maggior numero di disabiliintegrati nella scuola normale e con un trend cheva migliorando con gli anni, esiste nel meridioneuna percentuale di persone disabili, anche giova-ni, senza alcun titolo di studio e la situazionepuò diventare drammatica, soprattutto nellanostra regione, a causa dei tagli che hannoriguardato, in quest’ultimo anno gli insegnanti disostegno.Lo stesso problema per il lavoro. Considerando ilfatto che almeno uno su tre disabili è del tutto ina-bile al lavoro, il livello di occupazione fra i disa-bili in grado di svolgere una qualunque attivitàlavorativa, ad onta di leggi specifiche per il loroinserimento nel mondo del lavoro, meno dellametà di essi ha un lavoro, con percentuali ancorapiù alte fra le donne disabili.Tali condizioni si riflettono negativamente anchesul piano economico familiare poiché la disabilitàfra i giovani implica per molti una loro permanen-za in famiglia con i connessi problemi di accudi-mento, cure mediche, protesi, abbattimento dellebarriere architettoniche. In ogni caso, la famigliarimane un riferimento fondamentale per i disabiliil 90% dei quali, secondo una recente ricerca, hadichiarato un buon livello di soddisfazione rispet-to alle relazioni familiari.

Insoddisfazione, invece, nella ricerca citata èstata espressa per la partecipazione del disabilealla vita sociale per la quale hanno effetto negati-vo sia la condizione personale di disabilità sia ilcontesto ambientale e culturale dominato ancorada pregiudizi e riserve.Non è poco il lavoro che è stato e dovrà essereancora affrontato da quanti si battono per una con-dizione più umana dei nostri concittadini fragili.Una battaglia che stiamo conducendo su due fron-ti: quello politico su una classe di amministratoripubblici, frequentemente non in grado di com-prendere la drammaticità delle situazioni in cuivivono disabili e relative famiglie; quello socialee culturale che deve abbattere pregiudizi, riservee neghittosità pubbliche. Chi, fra noi, è stato sullabreccia ha potuto vedere le alterne vicende con lequali è stata rispettata e applicata la prima leggeitaliana, la 118 del 1971, sui disabili. Il rispettodei quali ha dovuto essere ribadito con ulteriorileggi, la 104 del 1992 ad esempio, e una serie dileggi e decreti regionali che ancora non ci permet-tono di raggiungere la meta auspicata: quella diconsiderare cittadino con diritti prioritari chi franoi è portatore di un qualche handicap che lorende disabile.

Siamo semprestati convinti chela dispersionescolastica, quel“triste” fenome-no che, spesso, siesaurisce in uninsieme dinumeri e percen-tuali, omettendoi nomi e i voltidei ragazzi edelle ragazze che“si disperdono”,si contrasta vera-

mente all’interno di una comunità educativa che si facarico di tutti gli alunni, ogni giorno, durante ogni oradi lezione, durante le attività curricolari e nell’organiz-zazione dei momenti informali. Tenere i bambini e iragazzi a scuola significa interessarsi a loro, farli cre-scere in un ambiente accogliente, ascoltare i loro biso-gni, cercare le risposte più adatte ai loro interrogativiche, spesso, sono di tipo esistenziale.Secondo Raffaele Laporta, una scuola che possa con-siderarsi veramente democratica deve essere connota-ta da tre caratteristiche fondamentali: in primis, deveessere aperta veramente a tutti fino in fondo; in secon-do luogo, deve porre il ragazzo nelle condizioni didiventare elemento funzionale della società; e infine,deve essere in grado di formare personalità autonome,critiche ed equilibrate. Possiamo senz’altro assumerequeste indicazioni di Laporta come “idee guida” percercare di capire a quali condizioni e attraverso qualiapprocci metodologici una scuola riesce ad essereluogo in cui i ragazzi fanno esperienza di vita demo-cratica (Raffaele Laporta, La comunità scolastica,Firenze, La Nuova Italia, 1963).La prima delle tre caratteristiche implica un’incondi-zionata adesione, da parte di tutto il corpo docente diuna scuola, al dettato Costituzionale, là dove è sancitoil diritto all’istruzione per tutti i cittadini. Non si puòignorare che tale adesione sia spesso più formale chesostanziale e che, purtroppo, se a parole è conclamatoil diritto di ognuno a frequentare la scuola, nella prati-ca esso viene, spesso, calpestato da quanti perseguonologiche selettive sia nella prassi organizzativa (forma-zione delle classi, accettazione delle iscrizioni), che inquella didattica. Gli altri due aspetti riguardano invece la dimensionepiù strettamente educativa. Compito della scuola èproprio quello di sviluppare, in ogni ragazzo, il senso

della propria appartenenza a una società civile di cui lascuola è espressione. Si tratta di avviare un processoformativo che porti il soggetto a sentirsi protagonistanella vita della scuola e, contemporaneamente, a sapertrasferire questa dimensione partecipativa ad altresituazioni sociali. L’obiettivo fondamentale che deve perseguire unascuola veramente democratica, è la formazione di per-sonalità autonome, che siano in grado di valutare cri-ticamente la realtà che li circonda e sappiano sceglie-re consapevolmente. In essa, ogni ragazzo fa esperienza di una vita demo-cratica reale, trova spazio per esprimere le propriepotenzialità, impara a conoscere se stesso, acquistasicurezza interiore, fa delle scelte consapevoli e, insie-me con gli altri, rispetta le regole che la comunità si èdata. Egli scopre, inoltre, di poter avere un ruolo nellasituazione sociale in cui vive e per tale impegno sisente orientato e sostenuto dall’istituzione scolastica.Le esperienze di democrazia vissute alimentano, inol-tre, la crescita di coscienze libere da condizionamentie capaci di operare nel sociale in maniera autonoma. Ilraggiungimento di tale obiettivo, però, richiede unlento e graduale cammino di formazione che deveessere perseguito con ostinazione da coloro cui è affi-dato il compito educativo. Si tratta di abituare i ragaz-zi a sentirsi interpellati e coinvolti da tutto ciò che licirconda, consapevoli di poter avere un ruolo attivo suquei fenomeni sociali dei quali spesso sono stati sol-tanto spettatori passivi, a volte addirittura vittime.

Il ruolo della scuolaLa scuola ha una funzione formativa che si sviluppaoltre il suo compito istituzionale determinato da indi-cazioni, programmi, progetti specifici.Le scuole, infatti, possono essere considerate comedelle microsocietà inserite in una cultura più ampia.Sono costituite da norme e convenzioni che coordinanogli elementi emozionali, personali e morali dell’espe-rienza di tutti i protagonisti che in essa interagiscono. Lescuole rappresentano un ambiente, alquanto peculiare,nel quale gli studenti devono imparare a negoziare eadattare le proprie libertà personali in rapporto alle con-venzioni organizzative imposte dalle varie istituzionidella società in generale. Esse, sono istituzioni specia-lizzate il cui obiettivo è portare gli studenti all’acquisi-zione d’informazioni e alla costruzione di conoscenzeconsiderate importanti dalla loro cultura, processo che èattivato attraverso il curricolo formale.In altre parole, ogni scuola deve predisporre un curri-colo socio morale che, a differenza di quello pretta-

Oltre la dispersione

di Pia Blandano - Dirigente Scolastica ICS “Antonio Ugo” di Palermo, coordinatore CTRH “A.Ugo”

8

Pia Blandano, Dirigente Scolastica ICS“Antonio Ugo” di Palermo, coordinatoreCTRH “A.Ugo”

9

mente disciplinare, non è confinato alle ore di lezionee di studio, ma include anche le interazioni socialidefinite da regole, rituali e prassi della classe e dellascuola e le interazioni meno controllate tra i pari che sisvolgono negli spazi comuni, in mensa e in giardino.Il passaggio all’interiorizzazione dei valori si realizza,non tanto quando sono l’autorità e le regole dell’inse-gnante a stabilire cosa è bene e cosa è male, ma, piut-tosto, quando è la sua autorità a scaturire da quanto leregole che propone, e le azioni che compie, sono con-formi alle idee che il ragazzo ha di giustizia e torto.Nei contesti scolastici tradizionali le interazioni socia-li spontanee non dispongono di molto spazio per lariflessione e la discussione. In un percorso integrato di educazione ai valori, biso-gna partire dal positivo presente “dentro” tutti i bam-bini e i ragazzi; positivo inteso nel senso di spontanei-tà, gioco, capacità di essere nel momento presente,creatività, con la consapevolezza che durante la cresci-ta buona parte di queste qualità si perdono. E’ compi-to dell’insegnante e in generale degli adulti far sì che ipiù giovani sentano e comprendano la propria unicità,

il proprio valore, la capacità di conoscere e rispettare ipropri bisogni e di imparare a essere responsabili dellapropria vita a partire dalle più piccole cose, perchéquesto crea le fondamenta sulle quali poi tutto il restopuò maturare.Fra gli obiettivi della scuola, ci deve essere anchequello di insegnare allo studente a guardare dentro disé, a essere coscienti e consapevoli dei propri proces-si mentali ed emozionali, a dare loro un nome, a rico-noscerli, senza temerli, nelle loro evoluzioni edespressioni, nella realtà esterna ed interna. In parallelo, l’attenzione allo sviluppo sociale deveconsiderare la realtà dell’alunno nella concretezza deisuoi contesti di vita. Attraverso il superamento di unavisione astorica o astratta. L’attenzione viene posta allaspecificità delle situazioni familiari, sociali e culturali,che definiscono le condizioni di crescita e di sviluppo.Occorre riflettere sulle conseguenze dell’azione educa-tiva e didattica e sui rapporti che la scuola è chiamataad intessere con i contesti di vita dei ragazzi e delleragazze. Elemento che diventa ineludibile in territorifortemente condizionati dal disagio sociale.

A Natale in ospedale con AS.TRA.FE.

di Salvatore Camiolo – Presidente As.Tra.Fe.

L’arrivo del Natale sarà l’occa-sione per avviare alcune attività afavore di BA.R.T. , la sezionepediatrica di As.Tra.Fe. L’ormaiconsueto concerto di Natale, cheavrà luogo il 22 dicembre nellagrande hall dell’ Is.Me.TT., faràda palcoscenico alla presentazio-ne della fiaba dal titolo “PANAnel mondo di ISME”, prodotta epubblicata dall’ Associazione. Lafiaba, scritta da AntonellaBronzolino, infermiera dell’isti-tuto As.Tra.Fe, racconta del diffi-cile percorso di un piccolopaziente Is.Me.TT. I proventidelle donazioni, derivanti dallevendite della fiaba, saranno desti-nati al reparto pediatrico al fine di

costituire un fondo per sostenerele famiglie dei bambini menoabbienti. Altro obiettivo saràquello di finanziare una serie diattività, quali; le borse di studioper i ricercatori e la creazione diuna casa alloggio nei pressi diARNAS Civico e Is.Me.TT. diPalermo. Tra non molto preve-diamo, inoltre, di dar vita al pro-getto WEB-Sorriso che offrirà aipiccoli pazienti, attraverso la for-nitura di netbooks abilitati allavideocomunicazione, la possibi-lità di potersi sentire vicino agliaffetti più cari lasciati nei luoghidi origine. Web-Sorriso permette-rà, altresì, di seguire le lezionicon le scuole attrezzate di aulemultimediali, ormai diffuse,direttamente dal proprio letto inospedale.Ci sarà spazio anche perl’intrattenimento come la visionedi cartoni animati, documentari esvariati giochi presenti in rete.Crediamo che ciò possa esseremolto utile ai bambini in cura,soprattutto quando le permanen-

ze in ospedale si prolungano perlungo tempo determinando gros-se difficoltà di recupero e di ritor-no, una volta dimessi, alla routinequotidiana.

Trapianto di organi: cala ilnumero dei prelievi

Dopo il 2010, anche il 2011 siavvia verso la conclusione pro-spettando, purtroppo, una ridu-zione, seppur lieve, rispetto airisultati ottenuti nel 2009. Il calodell’attività di prelievo ha provo-cato una diminuzione dei trapian-ti in parte compensata da un lieveincremento di trapianti da dona-tore vivente. Questa flessione,secondo quanto emerge da alcunidati, è determinata da due fattori:la netta elevazione dell’età mediadei donatori con la conseguenteriduzione del numero di organiidonei e la rilevante diminuzionedei decessi, per lesioni celebrali,in gran parte causati dagli inci-

denti stradali (grazie alla buonapolitica attuata per la prevenzio-ne sulle strade attraverso nuovenorme e controlli più stringentidelle forze dell’ordine).Purtroppo, va evidenziato l’atteg-giamento, nella nostra regione ein tutto il sud Italia, di opposizio-ne al prelievo di organi di poten-ziali donatori. Le cause di ciòsono, certamente, imputabili allainsufficiente e, talvolta, erratainformazione e alle condizioniambientali che non sempre con-sentono, a chi deve prendere taledecisione, una valutazione sere-na. Al riguardo, è opportunorichiamare l’attenzione su unimportante decreto dell’Asses-

sorato regionale della Salute.Quest’ultimo, infatti, se applicatocorrettamente, potrebbe contri-buire a superare molti ostacolirelativamente alla donazione e alprelievo di organi. E’ auspicabile,pertanto, che tali, provvedimentitrovino pronta realizzazione alfine di raggiungere risultati chepermettano di migliorare e salva-re tante vite. As.Tra.Fe. continue-rà a svolgere la sua consuetaopera di divulgazione sul territo-rio regionale per diffondere,attraverso l’incontro con le ulti-me classi delle scuole superiori,la cultura della donazione e deltrapianto ma anche della solida-rietà e del volontariato.

10

“Erano le nove del mattino di una bella giornata diprimavera, percorrevo in discesa l’inizio della sinuo-sa strada che conduce al mare. Ad un tratto mi pie-trifico, interminabile istante in cui mi rendo conto diun sudore inspiegabile, il cuore batte impazzito, losento forte nelle tempie, il respiro si fa corto, cortis-simo, come fossi strangolata. Le gambe tremano,non mi sento più in me e non capisco più niente.Chiederei aiuto ma la voce non esce, qualcosa me loimpedisce. Sto soffocando – pensai – sto morendo.Tutto va avanti così per un tempo che a me sembrainfinito. Poi pian piano mi riprendo, ritorno a respi-rare, il cuore torna ad un battito quasi regolare. Nonso cosa mi sia accaduto, sono certa solo di una cosa:ho una grande paura che tutto questo possa accade-re di nuovo”. Carla, 23 anni, ha avuto un attacco dipanico, il primo della sua vita. Ma cos’è, esattamente, l’attacco di panico? Spessoconfuso con le avvisaglie di un infarto, l’attacco dipanico consiste in un’improvvisa manifestazione diintensa ansia che si presenta con una rapida escala-tion di sintomi. Tra questi, ad esempio, vi sono sen-sazioni di soffocamento o asfissia, dolori al petto opalpitazioni, capogiri e sensazioni di sbandamento,aumento della sudorazione, parestesie, tremori, brivi-di, nausea o dolori addominali (DSM IV-TR; APA,2000). L’attacco di panico viene descritto comeun’esperienza intensa di paura e terrore. Permeata dapreoccupazione di catastrofe e pericolo imminente e,contrariamente a quanto si possa ritenere, general-mente si presenta in maniera inaspettata, in situazio-

ni di riposo così come in situazioni specifiche (es.posti affollati). Un singolo attacco di panico non deve però allarma-re: frequentemente resta un episodio isolato. Si stimainfatti che oltre il 14% della popolazione soffra diattacchi saltuari di panico (Rapee, Ancis e Barlow,1988). Una condizione differente è quella in cui gliattacchi di panico si manifestano in maniera ricorren-te e inaspettata, accompagnati da una costante paurache gli attacchi si ripresentino e da timori relativi allepossibili conseguenze (es. avere un attacco cardiaco,impazzire), procurando un cambiamento delle abitu-dini di vita e dei comportamenti. In questo caso siparla di “disturbo di panico”. Tale disturbo non èinfrequente: vi è infatti un’incidenza che si collocatra l’1,5 ed il 3,5% nella popolazione generale(Rovetto, 2003).Perchè è importante intervenire? Innanzitutto perse stessi e per la propria qualità di vita. Se un sempli-ce attacco di panico si configura come un’esperienzaveramente spiacevole, da quanto emerge dagli studiepidemiologici (es Hirschfeld, 1996; Masson et al.,1993), è il disturbo di panico che, causando gravilimitazioni a livello lavorativo e sociale, rappresentauna vera e propria emergenza dalle gravi ripercussio-ni individuali, specialmente, se non viene trattatoadeguatamente. Da molte ricerche (es Hirschfeld,1996; Masson et al., 1993) emerge, inoltre, che ildisturbo di panico non trattato tende a cronicizzarsi espesso si associa a problematiche secondarie qualidepressione (30%), altri disturbi d’ansia (20%),

Il disturbo di panico: come riconoscerlo e come affrontarlo

di Federica Compagno e Nicola Lo Savio – psicologi, Istituto Tolman, Palermo

11

abuso di sostanze o alcolismo (15%), comportamen-ti suicidari (6-20%). Tale aspetto concorre ulterior-mente a peggiorare la qualità di vita delle personecon disturbo di panico.Analizzando il fenomeno, in relazione all’impattosociale, emerge un dato da non sottovalutare: nellasocietà le persone con disturbo di panico non trattatofavoriscono il calo di produttività personale (conconseguenti perdite del sistema produttivo) e l’au-mento delle spese di assistenza sociale e sanitaria,per via di un eccessivo ed improprio consumo dellestesse. Dai numerosi studi, effettuati sul ricorso allestrutture ed alle risorse sanitarie da parte delle perso-ne con disturbo di panico (Katon, 1996; Katerndal eRealini, 1997; Rovetto, 2003), emerge che:

• circa il 60% dei pazienti che si rivolgono al prontosoccorso cardiologico soffre di disturbo di panico(DSM-IV-TR, 2000);

• i pazienti affetti da attacchi di panico richiedono,generalmente, un maggior numero di visite medi-che di tipo specialistico e di medicina generale(Rovetto, 2003);

• i soggetti affetti da disturbo di panico ricercano unmaggior numero di esami di laboratorio e di teststrumentali e utilizzano ambulanze e pronto soc-corso in percentuale più elevata” (Rees, Richards eSmith, 1998).

Tra costi diretti (es. spesa farmaceutica) e costi indi-retti (es. perdita produttiva) la spesa annuale deldisturbo di panico è stimata attorno ai 6 miliardi didollari negli USA, e intorno ai 3 miliardi di euro inItalia (Eandi e Mencacci, 2002). Come si cura il disturbo di panico? Si possonosuddividere le diverse possibilità di trattamento indue grandi categorie: trattamenti farmacologici etrattamenti psicoterapeutici. Tali categorie di tratta-mento, a seconda dei casi, vengono proposte con-giuntamente. Per quanto riguarda la psicoterapia, ad oggi, esisteuna molteplicità di proposte di trattamento, le quali sidifferenziano per l’orientamento di riferimento, ilmodello teorico e le tecniche di intervento utilizzate.Molti di questi trattamenti si rivelano utili per conte-nere o curare il disturbo, ma studi comparativi di effi-cacia segnalano in particolar modo la terapia adorientamento cognitivo-comportamentale come trat-tamento d’elezione (Fava e Rafanelli, 2000). Daalcuni dati è emerso che, tale terapia mostra un’effi-cacia pari al 80-90%, con evidenze scientifiche dimantenimento dei risultati nel tempo (Choy, 2008;Chambless, 2002).Secondo la “Practice Guideline for the Treatment ofPatients with Panic Disorder” dell’AmericanPsychiatric Association, la Terapia Cognitivo-Comportamentale e la Farmacoterapia sono entram-bi trattamenti efficaci nel disturbo di panico. Va sot-tolineato, però, che, se è vero che l’efficacia dei due

tipi di trattamento appare comparabile, molto diffe-rente è la questione nel caso in cui si guardi agli esitidel trattamento a distanza di tempo. I dati hanno,infatti, evidenziato che la psicoterapia cognitivo-comportamentale, rispetto ai trattamenti farmacolo-gici, favorisce un miglioramento che si mantienemaggiormente nel tempo, contrariamente al tratta-mento farmacologico, il quale, da solo, tende a pro-durre effetti terapeutici che generalmente diminui-scono rapidamente dopo la sospensione del farmaco,esponendo con maggiore probabilità ad eventualiricadute (Fava e Rafanelli, 2000). Il caso di Marco, 32 anni, è il caso di una persona cheabbinando la psicoterapia al trattamento farmacolo-gico è riuscita a “venirne fuori”. Marco ci raccontacosì la sua esperienza con il disturbo di panico: “Holottato 7 anni con il panico. Il primo attacco di pani-co l’ho avuto a 25 anni ed è stato drammatico. Misono rivolto al medico e mi sono sottoposto alle con-suete analisi, che non hanno dato, però, nessun risul-tato. Mi è stato detto che era lo stress, era l’ansia, emi è stato prescritto un ansiolitico. A distanza di tregiorni il secondo attacco, e poi il terzo, il quarto....Ho frequentato per un periodo pronto soccorso emedici, nel frattempo subentrarono altri problemi:insonnia, inappetenza e depressione. Cominciai aperdere giornate di lavoro, mi sentivo malato, triste,non capito. Un caso disperato. Poi qualche mese fa,mi recai, ad essere sincero, senza molta fiducia, dauno psichiatra, consigliatomi da un amico, il qualedopo una visita accurata mi disse che la situazionepoteva essere risolta, potevo guarire...quasi non cicredevo! Mi prescrisse dei farmaci e mi disse chedovevo abbinare la psicoterapia. Mi consigliò unopsicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Usciidal suo studio con una strana fiducia. Cominciai laterapia farmacologica e la psicoterapia e, dopo unmese e mezzo, incredibilmente, il panico e tutto ilresto sparirono. Ultimamente il panico non è piùcomparso nemmeno una volta. Pian piano il medicosta iniziando a diminuire il dosaggio dei farmaci epresto ne sarò fuori”. Cosa fare se si pensa di avere un disturbo di pani-co? Innanzitutto è necessario escludere che gli attac-chi dipendano dagli effetti fisiologici diretti di unasostanza (es droghe o farmaci) o da condizioni medi-che generali (ad sempio ipertiroidismo o problemicardiaci) o ancora, rappresentino manifestazioniacute di altri disturbi mentali (DSM IV-TR; APA,2000). E’ importante, pertanto, rivolgersi in primoluogo al medico di base. Nel caso in cui non sussista-no le condizioni sopracitate, è bene richiedere unconsulto presso specialisti della salute mentale (psi-chiatri, psicologi, psicoterapeuti, etc.) che possonoattuare una valutazione multidimensionale del pro-blema, funzionale all’inquadramento diagnosticodello stesso ed alla predisposizione della terapia ade-guata al vostro specifico caso.

uomini seduti nelle poltroneche contano. Giusto, dunque,indignarsi e ribellarsi, purchénon sia una ribellione fine a sestessa. Essere contrari a qual-cosa non significa però ignora-re quella cosa. Disinteresse edisinformazione non sono lascelta giusta, al contrario biso-gna informarsi e formarsi perconoscere e capire che cosaaccade intorno a noi.Uno stato di cose che puòvedere tanti imputati alla sbar-ra, e in primo luogo il sistemascolastico. La scuola è infattiil primo canale attraverso cui èpossibile attirare l’interessedei giovani verso la vita politi-ca. È compito della scuolaspingere i giovani anche versola conoscenza della contempo-raneità, informarli sui fattiattuali e porli nella condizionedi poter scegliere. Renderlidesiderosi di partecipare inmaniera più attiva al cambia-mento della realtà che li cir-conda. Le giovani generazionichiedono concretezza, voglio-no credere in un futuro miglio-re e in una istituzione politicache li aiuti a realizzare proget-ti e desideri. Hanno sete digiustizia sociale e di legalità eagognano una politica che siinteressi realmente a loro, enon solo in occasione dellecampagne elettorali. Una poli-tica che non li faccia sentiresfruttati ma che abbia unapproccio partecipativo piùvero, attraverso azioni condi-vise e confronto politico.Spazio alla concretezza è ilgrido di allarme dei giovani.Non ascoltarli sarebbe un erro-re imperdonabile.

riconosciuti; che pretendonogiustizia e solidarietà per tor-nare a sperare in un futuroancora possibile. Quell’urloassordante, chiede cambia-mento e un ritorno alla solida-rietà, alla giustizia e allademocrazia sociale nell’acce-zione più etica del termine.Quell’urlo, ha il suono del-l’amarezza e del disgusto neiconfronti di una politica perce-pita, inesorabilmente, come unmondo lontano, dove regnasovrana la corruzione.Lo scenario di oggi è quello diun balletto di personaggi chepassano da un partito all’altro(Scilipoti docet), senza alcunadistinzione tra ciò che è didestra e ciò che dovrebbe esse-re di sinistra, tra l’ideologiapolitica e il mero opportuni-smo, tra ciò che è giusto e ciòche è sbagliato. Uno scenarioche fa arrossire per l’imbaraz-zo e mortifica la dignità di unPaese la cui storia culturale epolitica ha bisogno di essererivalorizzata. E allora, cosa fare per riavvici-nare i giovani alla politica?Certamente è necessario lavo-rare di più sugli interventirivolti alle nuove generazioni.E questo è possibile solo attra-verso il dialogo e la collabora-zione. La classe dirigente ècostituita, oggi, prevalente-mente da adulti ormai troppolontani dal pensiero, dai pro-blemi e dalle esigenze di chi siaffaccia alla vita produttiva esociale.Serve un ricambio generazio-nale per ripulire un quadropolitico che vede sempre einstancabilmente gli stessi

La politica e i giovani, unbinomio che oggi si fa faticaperfino a pensare. Due realtàche, a differenza di quantoavveniva in passato, sembranoappartenere a due diversimondi, talvolta del tutto incon-ciliabili. Da un recente son-daggio emerge che la parteci-pazione attiva delle giovanigenerazioni alla politica èsempre più rara. Come si spiega questo feno-meno? Che cosa è cambiatorispetto agli anni Cinquanta eSessanta, epoca in cui i giova-ni vedevano nella political’unico strumento per rico-struire un Paese uscito a pezzidalla dittatura fascista e daidisastri della guerra?Certo, il clima d’allarme ,crea-to oggi dai media, per via del-l’attuale crisi economica, nonaiuta di certo a migliorarel’idea e l’immagine che le gio-vani generazioni hanno del-l’intero sistema politico.Altro problema è poi il modoin cui oggi la politica vienerappresentata e, dunque, per-cepita dai giovani. È semprepiù nitida l’immagine di unagestione scandalosa della cosapubblica, nella quale prevalgo-no i giochi di potere, le men-zogne, l’opportunismo e gliinteressi personali. Ancora vivo il ricordo dellepiazze, di mezza Europa, gher-mite di giovani che urlano col-lera e disperazione.L’urlo di quei tanti, troppi,giovani indignados (studenti,disoccupati, casalinghe, immi-grati), che hanno perso la fidu-cia nelle istituzioni, che chie-dono di essere conosciuti e

Questa politica non piace agli indignados

di Rossella Catalano – giornalista

12

13

FONDAZIONE TELETHON

La Fondazione Telethon nasce dalla lungimiranza di un gruppo di portatoridi interesse che hanno visto nel lungo e complesso percorso della ricerca lapossibilità concreta di sconfiggere le malattie genetiche. Tutto è cominciatoda una malattia genetica, la distrofia muscolare di Duchenne. Nel 1990 ungruppo di genitori di bambini affetti da questa grave patologia neuromusco-lare (volontari della Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare,UILDM) si appellarono a Susanna Agnelli affinché desse vita anche in Italia

alla maratona televisiva (television marathon, telethon) a scopo benefico lanciata negli anni '50 in USA e suc-cessivamente ripresa in Francia. Iniziò così il sodalizio con la Rai che da allora ha fatto sì che la maratonaTelethon di dicembre diventasse uno dei principali eventi benefici in Italia, tre giorni nei quali i cittadini ita-liani si uniscono intorno alle famiglie dei malati e ai ricercatori impegnati nella lotta alle malattie geneticherare.I soldi raccolti tramite la maratona tv, e tramite le ini-ziative realizzate sul territorio durante tutto l'anno,sono impiegati per finanziare i migliori progetti diricerca selezionati tramite un rigoroso sistema divalutazione da una commissione internazionale diesperti (le presenze degli scienziati italiani che ope-rano in Italia sono ridotte per minimizzare il rischiodi conflitti d'interesse).Attualmente sono 366 i laboratori impegnati nellarealizzazione di progetti di ricerca targati Telethon,all'interno di queste equipe stanno facendo esperien-za anche molti giovani (circa un migliaio). Venti diquesti gruppi di ricerca sono riuniti nei due istitutiTelethon, l'istituto Telethon per la terapia genica diMilano (Hsr-Tiget) e l'istituto Telethon di genetica emedicina di Napoli (Tigem), altri venti laboratori in tutta Italia sono guidati dai giovani ricercatori dell'istitu-to Telethon Dulbecco (il programma di Telethon per lo sviluppo della carriera indipendente dei giovani scien-ziati) e tutti gli altri sono disseminati nel Paese presso università, ospedali e centri di ricerca non profit. LaFondazione Telethon finanzia anche il centro di ricerca tecnologica Tecnothon di Sarcedo (Vicenza) dove sisviluppano prototipi di ausili per disabili.In ventuno anni la ricerca Telethon ha prodotto risultati eccellenti testimoniati non solo dal prestigio dellequasi 8000 pubblicazioni scientifiche prodotte, ma soprattutto dal significativo avanzamento verso lo svi-luppo di terapie. Per una grave forma di immunodeficienza congenita (Ada-Scid) si e' arrivati fino al tra-guardo della cura e per una ventina di altre patologie la ricerca si sta avvicinando in modo tangibile al lettodel paziente. Ora più che mai è cruciale continuare a ricevere il contributo di tutti perché più si avvicinano alla cura più lericerche sono costose e perché Telethon deve arrivare ad offrire una possibilità concreta di vivere una vitamigliore a tutti i pazienti colpiti dalle più di 6000 malattie genetiche rare che aspettano una soluzione.

I NUMERI DI TELETHON

Totale dei finanziamenti destinati alla ricerca: € 351.367.682

Impiego delle risorse: 77 % in attività di ricerca - 23 % costi di gestione e raccolta

Totale dei progetti di ricerca finanziati: 2351

Totale delle malattie genetiche studiate: 459

Totale dei ricercatori che hanno meritato un finanziamento: 1461

Totale delle pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali: 7964Una foto del presidente Luca diMontezemolo con un bimbo durante lamaratona 2009

L’ARIS e L’UnANPSS raccolgono fondi per Telethon

I pazienti con insufficienzarespiratoria cronica costituisco-no un gruppo di persone chehanno in comune tanti problemima, fra gli altri, la situazione dinegligenza da parte della nor-mativa sanitaria. Forse negli-genza è un termine forte, mavale la pena di raccoglierlo e diconfrontarsi, prima di scartarlo. I nostri pazienti sono malati cro-nici che, quando sono stati con-clamati tali, non sono mai statirestituiti al territorio come“guariti”, in quanto i pneumo-logi, al momento della primadimissione, hanno esercitato ildiritto-dovere di assicurarsiche l’ambiente di destinazionefosse in grado di seguire laterapia da loro programmata,e che i pazienti fossero ingrado di sottoporsi ai control-li con la periodicità prevista. Èun problema tipico delle malat-tie croniche, che vanno trattatemediante terapie a lungo termi-ne, senza neanche una sufficien-te prospettiva di una guarigionealla lontana.La ragione per la quale ilpaziente è restituito alla sua abi-tazione è duplice:• l’impossibilità di gestire per

un lungo periodo il malato,anche se non autosufficiente,direttamente presso le struttu-re sanitarie attrezzate per lacura delle acuzie;

• il vantaggio psicologico con-nesso con la restituzione delsoggetto malato “all’affetto

dei suoi cari”. Non tratto della terza ipotesi, ilricovero in una struttura per lun-godegenti perché nell’ipotesi diuna malattia cronica, è una solu-zione che assomma su di sé glisvantaggi delle due precedenti.Il fatto che il medico specialistaabbia restituito al territorio unmalato cronico in condizionicritiche comporta l’assegna-zione di compiti a diversinuovi soggetti, coordinati inmodo molto blando dai distrettisanitari, senza che lo specialistaabbia a disposizione risorse suf-ficienti al relativo controllo,quindi senza che sia possibileaddebitargli le eventuali disfun-zioni (a differenza di quando ilmalato era ricoverato nel suoreparto).Solo alcuni di questi soggettisono responsabilità del serviziodi Assistenza DomiciliareIntegrata, che dovrebbe esserepresente in tutti i distretti.Stesso discorso per i pazientiche sono stati accolti nelle resi-denze protette o nelle strutturedi lungodegenza. Comunque,trattandosi di strutture che siavvalgono di soggetti con con-tratto di lavoro dipendente, lastruttura di controllo è insitanell’organigramma del Servizioe non lascia adito a problemi senon quelli connessi con iresponsabili delle strutture.Altri soggetti sono esterni alServizio Sanitario Nazionale,ma operano in base ad una con-venzione con esso.Generalmente, il ServizioSanitario consegna loro dellelinee guida che garantirebberola correttezza dell’attività (manon sempre l’aderenza con laterapia prescritta dallo speciali-sta). I controlli quand’anche cisiano, non garantiscono l’attivi-

tà terapeutica e, a seconda dellesituazioni locali, assistiamo aldipanarsi di una molteplicità diorganizzazioni, nessuna dellequali sembra in grado di garan-tire l’aderenza alla terapia,soprattutto per quanto riguardal’accesso periodico alle strutturediagnostiche, dove i malati deb-bono scontare le “delizie” delleliste di attesa.Infine, esistono, ancora, altrisoggetti che sono arruolati alleattività terapeutiche senza nem-meno un vincolo contrattuale; emi riferisco, oltre che ai malatiche non possono sfuggire allaloro condizione, ai soggetti che,gravitando intorno al domiciliodel malato, sono obbligati a pre-starsi per attività non professio-nali, non retribuite ed emotiva-mente stressanti. Mi riferisco aicaregiver, costretti a dare consi-stenza operativa a quel dolceconcetto, l’”affetto dei cari”.Il fatto che l’assistenza ai nostrimalati in ossigenoterapia o ven-tiloterapia domiciliare si presen-ti in tante forme, quante solo leaziende sanitarie in Italia, nonpuò essere frutto di un caso.Tanto più che la varietà di solu-zioni previste, prevede formeche sono posizionabili agliestremi di una virtuale scala divalutazione; andiamo da solu-zioni di eccellenza ad altre diabbandono del malato. Com’èpossibile?Il corpus normativo attualmentevigente nel Servizio SanitarioNazionale in Italia è stato costrui-to in funzione della massimaautonomia possibile delle struttu-re e degli operatori sanitari inperiferia. Non è solo questione difederalismo, che delega alleregioni la funzione legislativa,ma anche di aziendalizzazione,che delega alle aziende la gestio-

L’assistenza al pazientecon Insufficienza respiratoria cronicadi Antonino Di Gesaro - Presidente dell’ASPIR, volontariato socio sanitario

14

gio delle cure a lungo terminecon risorse dedicate.Chiediamo, quindi, che cessiper i nostri malati l’obbligo diaspettare gli interventi sanitarisapendo di essere iscritti in listed’attesa cui concorrono le benpiù pressanti esigenze connessecon le acuzie.Una volta risolto il problema delfinanziamento, la gestione del-l’assistenza agli insufficientirespiratori passa attraversoquattro punti che riteniamo fon-damentali:• Una distribuzione omogenea

nel territorio delle struttureUTIR con ventilazione noninvasiva, ed un efficace siste-ma di trasporti all’interno deirispettivi bacini di utenza;

• Una distribuzione altrettantoomogenea delle strutture ingrado di effettuare interventidi tipo riabilitativo in pneumo-logia;

• La definizione di percorsi age-volati per accedere alle presta-zioni specialistiche prepro-grammate;

• L’allargamento agli interventisocio-sanitari dell’assistenzadomiciliare ai malati in venti-lazione forzata.

In conclusione, riteniamo cheun tale sistema di prestazioninon possa raggiungere un ade-guato livello di funzionamentosenza l’intervento programma-torio partecipato di Societàscientifiche ed Associazioni dipazienti.Anche per questa motivazione,siamo presenti nella ConsultaRegionale della Sanitàdell’Assessorato alla Saluteistituita con legge 14.4.2009 n°5;nel Comitato ConsultivoAziendale dell’ARNAS “Civico- Di Cristina” giusta delib.1711del 13.10.2010 e nel ComitatoTecnico per la valutazione deiprogetti di sperimentazionemetodologica/didattica sutematiche inerenti l’integrazio-ne degli alunni disabili.Convinti che per fare bene biso-gna “fare bene”.

operativo periferico.Qui entriamo in pieno nel pro-blema delle malattie croniche.Nel libro verde sul welfare, dif-fuso dal Governo, esiste unatabella che individua in qualchemodo il problema.A prescindere dal fatto che temodi non capire come gli espertisiano riusciti a scorporare i costidelle long term care da quellidella sanità in generale, e chepertanto mi sento in diritto dicredere che le cifre di cui allaseconda riga siano frutto di puravalutazione, non posso nonnotare come nei 45 anni copertidalla tabella le previsioni dannoun aumento del 75% dell’inci-denza dei costi per le malattiecroniche, contro meno del 14%della sanità altra. E non è nemmeno una cattivanotizia, se si pensa che adaumentare i costi delle malattiecroniche contribuisce l’aumentodella speranza di vita ottenutodagli sviluppi della medicina; maè una notizia che ci dà da pensa-re, dato che il finanziamento deiservizi sanitari – distribuito peraree territoriali, al massimo perstruttura – prescinde completa-mente dalle esigenze delle curea lungo termine, che si svolgo-no in larga parte al domiciliodel malato, con coinvolgimentodi figure non professionali (fami-glie, care giver, gli stessi malati,volontariato) il cui costo in ter-mini sociali sono assolutamentefuori controllo nelle statisticheufficiali.Noi ASPIR – VolontariatoSocio sanitario riteniamo cheil primo provvedimento daprendere sia una redistribuzionedel Fondo Sanitario Nazionalein modo da finanziare le attivitàdi prevenzione e di monitorag-

ne delle strutture, e di coordina-mento, che delega ai Medici diMedicina Generale la gestionedelle singole prestazioni.Lo stesso finanziamento del ser-vizio segue questa strategiaquando ripartisce il fondosanitario nazionale, attraver-so una cascata di passaggiintermedi, a centri decisionaligeograficamente definiti(ospedali e distretti), del tuttosvincolati dall’obbligo diinterpretare correttamente lamissione del servizio sanitario- su cui fa aggio l’obbligo delrispetto dei vincoli di bilancio.Non che manchino indirizzi edanche pressioni da parte delleautorità centrali orientati agliobblighi istituzionali, ma troppospesso i piani sanitari, e le lineeguida, finiscono negletti nellebiblioteche dei professionistidella salute.Questa organizzazione ha i suoipunti forti nella risposta ai pro-blemi delle acuzie, che hanno lacaratteristica di essere sostenutida una domanda pressante daparte degli stessi cittadini manmano che avvertono i sintomiche li spingono alle richieste diintervento del sistema sanitario.Ha invece i suoi punti debolinella risposta ai problemi di pre-venzione e di monitoraggiodelle terapie a lungo termine,caratteristiche delle malattiecroniche, dove il sostegnoall’attività dovrebbe veniredallo stesso Servizio SanitarioNazionale, che dovrebbe attiva-re una interpretazione della pro-pria missione che privilegi l’at-tività di iniziativa - tendente aprevenire, a diagnosticare pre-cocemente, e a monitorare la“compliance” non solo delpaziente, ma anche del sistema

Tab. 1 -Spesa in politiche sociali Italia e UE-15: andamento secondo alcune principali aree diintervento (% PIL)

15

16

«Ho fatto ciò per cui ero nata.

Non mi sono mai sentita in difficoltà perché donna

né nella vita né nella ricerca»

RITA LEVI MONTALCINI

Essere donna e scegliere una vita alla guida di un'im-presa, molto spesso, è ancora "un'impresa". Tuttavia,sono sempre di più le donne che ci credono e riesco-no a realizzare il loro sogno, anche, a dispetto di unaburocrazia giudicata troppo pesante, di un rapportoproblematico con il credito, di pregiudizi e scettici-smo. Il segreto del successo? La convinzione di poter-cela fare, il forte desiderio di autonomia, la capacità diricorrere alle reti familiari, l'attitudine ad andare incon-tro al cliente e accettare le sfide del mercato. La storia del lavoro femminile è stata, nel corso deisecoli, determinata dall’uomo. Non si può parlare,infatti, di storia del lavoro umano, del lavoro svoltodagli esseri umani ma di due storie distinte: del lavoromaschile e del lavoro femminile; la seconda è stretta-mente legata alla prima perché, da questa, è stata for-temente dipendente e assolutamente influenzata edirezionata.In casa nasce il lavoro femminile: è all’interno dellemura domestiche che la donna inizia a produrre.Genera dapprima i figli e li allatta, li alleva, provve-dendo a tutto ciò di cui hanno bisogno; tesse la tela pervestirli, macina il grano per sfamarli. Nell’illuminata Grecia la donna non ha dirittoall’istruzione e chi non ha istruzione non può essereammesso alla vita pubblica: ecco un modo eleganteper tenere fuori la donna dall’esercizio del potere. Incompenso non è, però, considerata sesso debole, poi-ché, è adibita oltre che al trasporto di carichi gravosi,anche al lavoro nelle miniere.Nel Medioevo mutano le idee, il rappresenta unanecessità, quasi una punizione a cui sono condannatigli esseri umani. In questo periodo la donna lavoramolto. Pur continuando ad occuparsi prevalentementedell’agricoltura, del bestiame, della produzione del-l’abbigliamento, l’attività femminile, soprattutto nellecittà, va specializzandosi. Alcuni mestieri, infatti, ven-gono svolti unicamente da donne che si organizzano incorporazioni, del tutto simili a quelle maschili, conuna struttura gerarchica che comprende apprendiste,operaie, maestre.Nel Seicento si torna a considerare “disonesto e infa-mante” il lavoro della donna. Questa continua a lavo-rare a domicilio, su ordinazione, ma senza le garanzie

che la corporazione medievale le assicurava.Continuano, però, a esserci le operaie tessili nonostan-te il loro lavoro sia duro e mal pagato. E numerosesono anche le domestiche e le serve, quelle poveretteche non sono degne di uno stipendio, dovendo bastareloro, come unico compenso, un misero mantenimento.Con il Rinascimento la donna perde quel poco di pre-stigio lavorativo acquisito nel Medioevo e ritorna aessere mero “angelo del focolare”. Per tutte le altreandavano benissimo quei mestieri che l’uomo nonvoleva fare perché miserabili, faticosi, noiosi; in defi-nitiva degradanti. È tra il 1890 e il 1900 che si ha la memorabile lottadelle donne siciliane contro le disumane condizioni dilavoro nelle zolfatare. In queste rivendicazioni ladonna è sola; l’uomo non l’affianca. Le associazioni dicategoria, per statuto, la escludono dagli iscritti; i sin-dacati e i partiti politici non valutano consapevolmen-te l’importanza e la gravità delle loro difficoltà. A quelpunto le donne costituiscono delle associazioni: laprima è del 1852, a Torino, chiamata: “Associazionefemminile operaia”.Nel 1902 le rivendicazioni femminili cominciano adare i primi frutti: il Parlamento approva una primalegge, unificata con le altre in un testo unico nel 1907,che riguarda la tutela del lavoro delle donne e dei fan-ciulli.Anche la Chiesa cattolica, per anni, ignora il dilagan-te problema del lavoro femminile. Leone XIII nel1891 si limita ad affermare: “certe specie di lavori nonsi confanno alle donne, fatte da natura per i lavoridomestici”. Ed ancora, nel 1930, Pio XI individua nel-l’emancipazione femminile la causa della corruzione edella perversione dell’intera famiglia, definendo illavoro extradomestico della donna come “un disordi-ne che si deve ad ogni costo eliminare”.Nei primi anni del 900, anche la donna borghese escedi casa per lavorare. Non è la necessità economica chela spinge, ma il bisogno di affermarsi autonomamentenella società. Le condizioni di lavoro per le donne,però, non sono ancora favorevoli e la differenza conl’uomo è evidente. Nascono così delle altre associa-zioni che lottano per conquistare benefici diversi daquelli delle operaie: l’affermazione dei diritti delladonna, la parità civile e politica.L’opinione pubblica diviene sempre più sensibile aibisogni della donna e nel 1919 viene emanata la legge1176 sulla capacità giuridica di questa: le donne sonoammesse a pari titolo degli uomini a esercitare tutte leprofessioni e a ricoprire tutti gli impieghi, esclusi quel-li che implicano poteri pubblici, la difesa militare dello

Imprenditoria Femminile: una sfida per le Pari Opportunitàdi Francesca Cerami - psicologa, responsabile organizzativo dell’I.R.E.S.

17

Stato… La donna non gode ancora dei diritti politici.La strada appena tracciata verso l’emancipazioneviene, ad un certo punto, sbarrata dall’avvento delfascismo. Ecco che la donna viene respinta nuova-mente in casa ed esaltata come procreatrice di soldati.La legge del 1919 si svuota di significato a causa degliostacoli di ordine sociale che ne impediscono l’appli-cazione. Si ha, infine, un decreto legislativo, il 5 set-tembre 1938, che fissa in un massimo del 10% ilnumero di posti destinati alle donne nel settore delpubblico impiego. In ambito privato, la situazione èdiversa: le donne accedono in gran numero nonostan-te paghe dimezzate e lavori poco qualificanti. Così ilfascismo assicura all’industria la riserva di manod’opera a basso costo. E intanto Mussolini raccoman-da alle donne di svolgere il loro compito principale:“generare soldati necessari alla difesa dell’Impero”. È guerra. Mariti e figli devono andare a difenderel’Impero. La donna, rimasta sola, esce dall’apparentepassività a cui l’aveva costretta il fascismo, si inseriscein molti settori di lavoro, prima a lei preclusi e sostitui-sce efficacemente l’uomo anche nelle attività considera-te fino ad allora prettamente maschili. Combatte a casauna guerra diversa, ma non meno dura, di quella com-battuta dall’uomo sul fronte. E lei stessa sarà in primalinea nelle lotte partigiane. La prova che in quei terribi-li anni la donna ha dato di sé non può essere ignorata néda lei stessa né dagli uomini che tornano dal fronte.Il diritto al voto è il primo atto che le rende giustizia(1945). Ad esso seguirà la Costituzione con i principidi parità tra i sessi, anche per ciò che concerne il lavo-ro (1948), ma la donna dovrà lottare ancora per la tute-la dei propri diritti.Comunque, ormai, un processo irreversibile è in corso.Anche la Chiesa cambia la propria posizione: Papa PioXII nel 1956 dirà che “ nessuna attività umana restapreclusa alla donna”. La legge 1919 sarà abrogata solonel 1963 e grazie alla legge 66 la donna acquista ildiritto di collaborare con l’uomo in tutti i settori e atutti i livelli dell’attività pubblica e privata. Nel novembre del 1976 l’On. Tina Anselmi, alloraMinistro del Lavoro, nel corso della Conferenzanazionale sull’occupazione femminile annunciò la suaintenzione di presentare un disegno di legge che rive-desse, in chiave paritetica, la legislazione del lavoroche riservava o permetteva trattamenti normativi dif-ferenti tra uomini e donne.Nacque così nel 1977 la legge 903: “Parità di tratta-mento tra uomo e donna nel mondo del lavoro”(elimi-na le discriminazioni riguardanti: l’accesso al lavoro,le qualifiche, la progressione di carriera, la retribuzio-ne…). I limiti di questa legge si evidenziano presto inquanto garantisce soltanto una parità formale e nonl’eguaglianza sostanziale tra i due sessi. La legge sirivela utile solo nei casi più vistosi ed espliciti didiscriminazione, mentre è inefficace negli altri in cuil’intento discriminatorio è implicito (casi più numero-si e pericolosi poiché più difficilmente dimostrabili).

Con la legge del 1977 non si è ancora raggiunta la con-sapevolezza che le situazioni di pregiudizio per ledonne non derivano necessariamente da atti discrimi-natori specifici, ma, molto più spesso, sono frutto distereotipi culturali fortemente radicati: distribuzionedei ruoli tra famiglia e lavoro, svantaggi storici nel-l’istruzione e nella qualificazione professionale…Nell'ultimo secolo la condizione femminile ha avutoun'inarrestabile evoluzione, combattendo molte batta-glie alcune vittoriose, altre meno. Un secolo in cui ledonne, oltre ai problemi legati al conflitto tra i ruoli dilavoratrice-moglie-madre, hanno dovuto fare i conticon la dura quotidianità del doppio lavoro: quello fuoricasa e quello domestico, non meno impegnativo. Oggi sono molti i passi avanti fatti soprattutto sulpiano legislativo, ma forti freni vengono ancora postidalla mancanza di strutture sociali adeguate. Andandooltre i dati e considerando lo scenario sociale in cuivivono le donne che lavorano, appare ovvio che ilbasso numero di candidature femminili a ruoli dirigen-ziali sia dovuto non tanto a una carenza vocazionale,ma alla difficoltà molto concreta di dover conciliarecarriera e famiglia. Esistono infatti criticità che impediscono l'effettivaparità di accesso delle donne al mercato del lavoro. Traquesti fattori, sicuramente un'offerta ancora troppolimitata di contratti flessibili (come il part time), chepermettano di conciliare lavoro e famiglia, l'insuffi-cienza delle politiche sociali a sostegno delle donneche lavorano, ma anche fattori culturali che costringo-no le donne ad assumersi da sole la quasi totalità delleresponsabilità connesse con la vita familiare.In Italia si viene a costruire un ambiente istituzionalefavorevole all’imprenditorialità femminile con laLegge Nazionale n. 215 del 25/02/1992: Azioni posi-tive per l’imprenditoria femminile. È importante precisare come l’emanazione di unalegge nazionale, specificatamente dedicata all’impren-ditoria femminile, sia una peculiarità italiana.L’imprenditorialità è sicuramente una tematica d’inte-resse comunitario, ma la consapevolezza tra gli attoriistituzionali e sociali italiani dei ritardi del Paese, ariguardo, ha spinto, più che in altri Paesi, verso l’inter-vento legislativo. È necessario, così, attivare una riflessione scientificache getti le basi teoriche e sviluppi la metodologia e glistrumenti capaci di esaminare il fenomeno nella suacomplessità. Un percorso di indagine in grado di sco-prire le linee guida per un’analisi puntuale del fenome-no “impiego, autoimpiego e imprenditorialità femmi-nile”.Promuovere iniziative ed azioni a favore dello svilup-po e della qualificazione della presenza delle donnenel mondo dell’imprenditoria e del lavoro, significapromuovere un cambiamento culturale e sostanzialenella nostra società.Il sistema formativo riveste un ruolo fondamentale nelcambiamento di mentalità, atteggiamenti, modelli cul-

18

turali, nella percezione di valori e nell'orientare ad essile giovani generazioni. La responsabilità di anticipare il cambiamento attra-verso l’acquisizione di informazioni, di forma mentisattraverso cui leggere la realtà, di strumenti cognitivi,emotivi e culturali per interpretare gli eventi e fondarele ideologie ed i valori è fortemente appannaggio delsistema formativo.Oggi si afferma una visione antropologica più ricca eduna più ricca idea di uguaglianza: "l'essere umano èdue: maschio e femmina", l'uguaglianza è valorizza-zione di questa diversità.Promuovere, all'interno della formazione, un orienta-mento alle pari opportunità significa farla diventareagente di cambiamento nell'educare ragazzi e ragazzead assumere con più matura consapevolezza il proprioposto e le proprie corresponsabilità nel mondo e darglila possibilità di scegliere in assoluta libertà il propriofuturo personale e professionale.J. Bowlby in un passo tratto da un libro che risale al1979 sostenne che: "...l'emancipazione delle donne,però, come ogni altro avanzamento e sviluppo ha por-tato con sé delle tensioni e molti di voi qui staseraconosceranno per esperienza diretta il problema diconciliare le esigenze contrastanti della famiglia edella carriera.... Speriamo che col passare del tempo la

nostra società, per molti aspetti ancora organizzata inmodo da favorire gli uomini e i padri, venga modifica-ta in base alla necessità delle donne e delle madri e chevengano sviluppate tradizioni sociali che portino gliindividui a comportarsi in modo più sensato".Abbiamo voluto ripercorrere un pò le tappe principalidi tutte le conquiste politiche sociali e lavorative cheabbiamo dovuto affrontare nel corso degli anni, primadi poter, ancora una volta, dimostrare le nostre capa-cità soprattutto nel settore lavorativo.È come se fossimo sottoposti sempre a delle prove, unesame da superare, una partita da vincere. Ma controchi giochiamo? Contro chi ci considera inferiori, avolte incapaci o, probabilmente, contro chi è ancoratroppo ancorato ai propri pregiudizi e non è capace diguardare con obiettività i traguardi che, su tanti livelli,abbiamo raggiunto. La nostra non vuole essere né unapolemica né una critica ma forse più una riflessionesulla cultura che ancora oggi (duro doverlo ammette-re) ci accompagna.Sono innegabili le conquiste ottenute, gli spazi chedonne prima di noi si sono dovute duramente conqui-stare, ma crediamo sia inopinabile che tutta la paritàche spesso ci viene decantata non è poi così tangibilecome si vuol fare credere. Grandi cose sono state fatte,e tantissime ancora da fare…

Nuovi impegni per l’Arisdi Francesco Sanfilippo - giornalista

L’attività dell’Aris (Associazione Retinopatici eIpovedenti Siciliani) non ha conosciuto soste inquesti anni e, tuttora, l’associazione s’impegna pergarantire assistenza e supporto per chi è affetto damalattie che affliggono la vista. L’Aris,nata nel1991 ad opera di un gruppo di pazienti affetti daretinite pigmentosa, celebra, quest’anno, i suoi ven-t’anni di attività inaugurando i nuovi locali delCentro di Ipovisione e Riabilitazione Visiva.All’inaugurazione, tenutasi lo scorso 26 ottobre neilocali del Centro ubicati presso l’Az. OspedaliRiuniti “Villa Sofia – Cervello” di Palermo, eranopresenti; il Direttore Generale Salvatore Di Rosa, il

Direttore di Presidio Gabriella Filippazzo, ilPrimario di oculistica Antonino Pioppo, l’equipedel centro, i medici dell’azienda, il personaledell’ARIS ed i pazienti. Il Centro di Ipovisione e Riabilitazione Visiva, natonel 2004, è molto noto sul piano nazionale e, sindalla sua nascita, ha garantito agli ipovedenti sici-liani un servizio con elevati standard di efficacia ecompetenza. Oggi, con i nuovi locali e nuove dota-zioni strumentali, il Centro è divenuto sempre piùall’avanguardia e rispondente alle esigenze deipazienti.Il Centro di Ipovisione e Riabilitazione, nato dallacollaborazione tra l’Aris e l’Ospedale “VincenzoCervello”, è situato presso il 2° piano sopra l’uffi-cio ticket della struttura ospedaliera di viaTrabucco n°180, appartenente all’AziendaOspedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello” di Palermo.Il Centro si trova vicino l’URP (ufficio relazionicon il pubblico), l’ufficio degli assistenti socialiaziendali e il tribunale dei diritti del malato, con-sentendo ai pazienti di poter usufruire di numerosiaiuti e servizi fondamentali. Nello specifico, IlCentro si occupa di ricevere e di riabilitare i pazien-ti affetti da patologie quali la retinopatia diabetica ela maculopatia senile. Queste malattie, se non cura-

I nuovi locali del Centro di Ipovisione e Riabilitazione visiva

19

Nella foto: L. Pasta

te in tempo, provocano condizioni di ipovisionegrave e cecità e il conseguente peggioramento dellaqualità della vita dei pazienti. La retinopatia diabe-tica è una delle complicanze più diffuse tra i pazien-ti affetti da diabete, ma il recupero della vista è pos-sibile grazie ad un apposito programma terapeuticoe riabilitativo. Il diabete, infatti, colpisce i capillariretinici provocando la perdita di liquidi nel tessutoretinico e il conseguente edema nella macula (areasede della visione massima), cui si provvede graziealla terapia medica (laser o iniezioni intravitreali dianti proliferazione vascolare) che elimina i tessutidanneggiati e arresta la progressione della malattia.La maculopatia diabetica, causa primaria dellaridotta visione, è facilmente riabilitabile perchèl’edema maculare, quando diventa cronico e nonpiù trattabile, conduce ad un abbassamento dellaqualità visiva ma non la sua compromissione totale.Attraverso l’uso di filtri che aumentano il contrastoo di semplici occhiali ingrandenti, il paziente reti-nopatico riesce a vedere le immagini dettagliate e ariprendere la lettura. In altre parole, non si verificauna perdita assoluta della visione centrale, contra-riamente alla maculopatia senile che impedisce,invece, al paziente di vedere centralmente un’im-magine e lo costringe a guardare i contorni dellafigura. Quest’ultima, infatti, è una malattia tipicadell’anziano e colpisce in maniera più grave lamacula (zona centrale della retina). Non conducealla cecità assoluta, ma provoca, certamente, gravilimitazioni alla vista. Il paziente, infatti, non riescepiù a leggere, a guardare la televisione e a ricono-

scere il volto delle persone, perciò, i dettagli finisono compromessi. Esistono due tipi di maculopa-tia; quella secca, dove non ci sono terapie in atto, equella umida, dove si comincia a perdere sangue,siero e liquidi in genere. A differenza della maculo-patia diabetica, la riabilitazione del paziente neces-sita di ausili ottici o elettronici ingrandenti. Ilpaziente deve ottimizzare la percezione visivaintorno all’area centrale non funzionante imparandoa fissare gli oggetti con l’aiuto di questi strumentiingrandenti e utilizzando nuove strategie di visione(riabilitazione). Tuttavia, i progetti dell’Aris non silimitano a questo e, infatti, è già in preparazioneuna forte campagna di informazione e formazione,rivolta agli operatori sanitari dei 17 presidi ospeda-lieri siciliani, per istruirli sul trapianto del tessutocorneale. Gli espianti delle cornee, in Sicilia, nonsono ancora sufficientemente numerosi. Occorre,pertanto, incoraggiare le donazioni. Tali tessuti ven-gono, poi, conservati nella banca dei tessutidell’Ospedale Cervello, oltre che, nella banca deitessuti di Mestre. La campagna dovrebbe iniziarenei primi mesi del 2012, ma avrà una durata bien-nale e si chiamerà; “Campagna SDOC: Campagnadi Sensibilizzazione alla Donazione del tessutoCorneale”. <<Questa operazione - ha dichiarato ladott.ssa Linda Pasta, medico della direzione di pre-sidio - dovrebbe cominciare nei primi mesi del 2012e la prima prova sarà la quantità di persone checompileranno il modulo per diventare donatori. Ilprelievo delle cornee può, inoltre, essere fatto adomicilio come accade in altre regioni italiane>>.

L’inaugurazione del centro. Nellafoto: G. Filippazzo e S. Di Rosa

Nella foto: R. Di Lorenzo e S. Di Rosa

CO.RE.O.V Sicilia Solidale

Dopo un lungo percorso che ha avuto inizio nel settembre del 2009, grazie al lavoro ed alla costanza di un gruppo di volontari afferenti adiverse organizzazioni di volontariato, nel secondo semestre del 2011, è nato a Palermo il CO.RE.O.V. Sicilia Solidale.

Coordinamento Regionale Organizzazioni di Volontariato in Sicilia è un’associazione di II livello ed ha lo scopo di mettere in sinergia le orga-nizzazioni di volontariato a carattere regionale, operare per la coesione e la giustizia sociale, lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita attra-verso la promozione ed il sostegno della cultura del volontariato; compito importante ed essenziale è quello di seguire la legislazione socialein Sicilia affinchè venga applicata, e di rappresentare le esigenze della cittadinanza, con particolare attenzione alle fasce più deboli, nei con-fronti delle istituzioni a tutti i livelli, degli Enti Locali, dei partiti politici ecc.

Ad oggi hanno aderito un significativo numero di organizzazioni diverse per ambito d’intervento. Il Coreov ha già partecipato a diverse iniziati-ve pubbliche dove ha dato voce ai bisogni di queste organizzazioni che l’hanno costituito, tra queste l’Unione Associazioni no profit società esalute onlus.

Il diritto di opzione fra assegno di invaliditàe indennità di disoccupazioneCorte Cost. sentenza n. 234/ 2011 e i successivi chiarimenti dell’INPS

Apriamo la rubrica legale esaminando una delle più recenti questioni “aperte” in tema di disabilità. La questione riguarda il contestato diritto di opzione tral’indennità di disabilità e quella di disoccupazione. La presente è una tematica che tocca da vicino il diritto del lavoro dei disabili.Già nel luglio dell’anno corrente, la Corte Costituzionale, con la sentenza 22 luglio 2011, n. 234, dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6,comma 7, del D.L. n. 148/93 (Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione), convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nonché dell’articolo 1 della stes-sa legge, che salva gli effetti prodotti da analoghe disposizioni di decreti-legge non convertiti nella parte in cui dette norme non prevedono, per i lavoratoriche fruiscono di assegno o pensione di invalidità, nel caso si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, il diritto di optare tra tali trattamenti equelli di invalidità, limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato.La pronuncia della Corte Costituzionale deriva da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Bologna con la quale quest’ultimo sollevava con riferimento agliarticoli 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale proprio dell’articolo 6, comma 7, del d.l. n. 148/93 convertito dalla legge 236/93,nonché dell’articolo 1 della stessa legge.Il Tribunale riferiva che, in un giudizio sottoposto al suo esame, si trovava una donna che, dopo aver ottenuto la concessione dell’assegno di invalidità par-ziale, aveva continuato a prestare la propria attività lavorativa. Licenziata per riduzione di personale, ed essendo assicurata contro la disoccupazione pressol’INPS, la donna aveva dichiarato di optare per il trattamento più favorevole tra l’assegno di invalidità e l’indennità di disoccupazione. Di fronte a questa richiesta, l’INPS aveva opposto il proprio diniego, affermando che l’assegno di invalidità era incompatibile con l’indennità di disoccupa-zione, in forza dell’art. 5 del d.l. 11 dicembre 1992, n. 478 (Interventi urgenti a salvaguardia dei livelli occupazionali), non convertito in legge, i cui effettisono stati fatti salvi dal successivo d.l. n. 148/93, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236/93.L’art. 6, 7 co., del d.l. n. 148 del 1993, infatti, prevedeva inizialmente solo che i trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e l’indennità di mobilitàfossero incompatibili con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti deilavoratori dipendenti, nonché dei lavoratori autonomi. Il Tribunale dichiarava, tuttavia, che tale norma è stata modificata per effetto della sentenza n. 218 del1995, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso articolo, nonché dell’art. 1 della legge n. 236/93, solo per lavo-ratori aventi diritto alla mobilità, nella parte in cui non prevedono che, all’atto di iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell’assegno odella pensione di invalidità, possono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità.Il Tribunale riferiva però che, nel giudizio sottoposto al suo esame, poiché la normativa in vigore prevede tale facoltà solo nel caso di concorso tra il tratta-mento di mobilità e l’assegno o la pensione di invalidità, la donna, avendo diritto al solo trattamento ordinario di disoccupazione, non aveva avuto la facol-tà di optare tra l’assegno di invalidità, di cui è titolare, e il predetto trattamento di disoccupazione, in concreto più favorevole.Ebbene, secondo il Tribunale di Bologna, la mancata previsione delle facoltà di opzione anche nel caso di concorso tra indennità di disoccupazione e trat-tamento di invalidità, si pone in contrasto con gli art. 3 e 38 Cost. Tra l’altro, violando ulteriormente l’art. 3 della Carta costituzionale, sotto l’aspetto delladisparità di trattamento tra chi, fruendo di un trattamento di invalidità, si trova in stato di disoccupazione con o senza collocazione in mobilità, posto che nelprimo caso può esercitare la facoltà di opzione del trattamento più favorevole, mentre nel secondo tale facoltà è preclusa.In verità, subito dopo alla sua emanazione, la norma in questione è stata integrata per effetto dell’art. 2 del d.l n. 299/94, convertito dalla legge 19 luglio1994, n. 451, che ha introdotto un temperamento al divieto di cumulo, consentendo, ai soli lavoratori aventi diritto alla mobilità, di scegliere, all’atto di iscri-zione nelle liste di mobilità, tra tali trattamenti e quello di mobilità e stabilendo che, in caso di opzione a favore del trattamento di mobilità, l’erogazione del-l’assegno o della pensione di invalidità resti sospesa per tutto il periodo di fruizione del predetto trattamento.Tale facoltà di opzione, invece, non risulta estensibile ai lavoratori titolari dell’assegno di invalidità che abbiano diritto al solo trattamento ordinario di disoc-cupazione. Questi ultimi, al momento del licenziamento, durante il periodo di disoccupazione potranno percepire il solo assegno parziale di invalidità.La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 218 del 1995, aveva esteso l’operatività del diritto di opzione anche al periodo precedente alla riforma del 1994,rendendo, dunque, retroattiva la norma introdotta dal legislatore appena l’anno precedente.Il Tribunale di Bologna ha quindi individuato il vulnus costituzionale con riferimento al principio di uguaglianza, identificandolo nella disparità di tratta-

Premessa alla rubrica legaledi Loris Di Lorenzo - avvocato

20

Cari lettori,in occasione dell’uscita nel nuovo trimestrale di approfondimento UnioneNews, mi è stato concesso l’onore di inaugurare la rubrica legale. In questospazio verranno affrontati ed esaminati gli aspetti giuridici più rilevanti afferen-ti al settore della disabilità, ma anche le questioni di diritto più controverse. La rubrica legale rappresenta uno strumento concreto di approfondimento perrispondere alle domande più frequenti poste dai lettori sulla normativa di settore. Molte volte, infatti, ci tro-viamo di fronte ad alcune leggi, atti della Pubblica amministrazione, lettere o notifiche che presentano un lin-guaggio non molto comprensibile. Compito di un buon avvocato è innanzitutto quello di saper spiegare conparole chiare quelli che sono i diritti e i doveri di ognuno. Lo scopo di questa rubrica sarà proprio questo, semplice ma al tempo stesso difficilissimo, ovvero chiarire ivostri dubbi ed illustrare, anche attraverso opportuni approfondimenti giurisprudenziali, la normativa deidisabili. Fare luce su alcune importanti questioni di diritto senza tuttavia concedere spazi ad eccessive bana-lizzazioni, attraverso un linguaggio chiaro e comprensibile a tutti.Permettetemi, dunque, di ringraziare tutta la redazione di Unione News per avermi concesso l’onore (e l’one-re!) di aprire questa rubrica che spero possa essere utile ai lettori.

L’avvocato Loris di Lorenzo

21

mento tra lavoratori aventi diritto alla mobilità e lavoratori che, pur disoccupati, ne sono esclusi.La Corte Costituzionale ha pertanto dichiarato la questione fondata, in quanto la disposizione censurata, come integrata dall’art. 2 del d.l. n. 299 del 1994 edalla sentenza n. 218 del 1995, determina un’oggettiva diversità di trattamento tra il lavoratore inabile, titolare di un assegno o di una pensione di invalidi-tà che, al momento del licenziamento, rientri nel novero dei lavoratori aventi diritto al trattamento di mobilità e quello che abbia invece diritto al solo trat-tamento ordinario di disoccupazione.Mentre nel primo caso, infatti, il lavoratore che, a causa del regime di incompatibilità, non può percepire entrambi gli assegni (di invalidità e di mobilità),ha però la facoltà di scegliere tra le due prestazioni, a seconda di quale dei due trattamenti sia, in concreto, più conveniente, nel secondo caso, non ha talepossibilità di scelta e si trova, di fatto, obbligato a beneficiare di quello connesso al suo stato di invalidità. L’impossibilità di optare per il trattamento di disoc-cupazione in occasione del licenziamento, determina, dunque, per i soli lavoratori inabili non aventi diritto alla mobilità, la concreta inutilizzabilità di taletutela assicurativa.Pertanto, nel caso in esame, la descritta diversità di disciplina tra indennità di disoccupazione ed indennità di mobilità non è ragionevole, perché, non essen-do connessa a rilevanti differenze strutturali delle due situazioni poste a confronto, risulta irragionevolmente discriminatoria.Per tali motivi, la Corte Costituzionale ha riconosciuto anche al lavoratore disabile il diritto di scegliere tra l’assegno ordinario di invalidità e l’indennità didisoccupazione limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato ferma restando l’incumulabilità delle due prestazioni.Tra l’altro, la norma censurata presenta un’ulteriore disparità di trattamento, perché discrimina i lavoratori disoccupati invalidi, non aventi diritto alla mobi-lità, anche rispetto agli altri lavoratori disoccupati pienamente validi. I primi, infatti, secondo la normativa attualmente vigente, percepiscono la sola inden-nità di invalidità, mentre i secondi, a partire dal momento del licenziamento, godono del più vantaggioso trattamento, ordinario o speciale, di disoccupazio-ne.Anche sotto tale profilo, dunque, la norma censurata determina una lesione del principio di uguaglianza, dal momento che la stessa Corte ha avuto modo dichiarire già precedentemente che, «il lavoratore parzialmente invalido, ove collocato in mobilità, viene a trovarsi in una situazione di più urgente bisognodel lavoratore valido, anch’egli collocato in mobilità, essendo prevedibile che egli, rispetto a quest’ultimo, abbia maggiori esigenze di mantenimento», econsiderato che «chi subisce plurimi eventi pregiudizievoli si trova esposto ad una situazione di bisogno maggiore di chi ne subisce uno solo e quindi ilprimo non potrà, rispetto a quest’ultimo, avere un trattamento deteriore».Alla fine di ottobre dell’anno corrente, l’INPS ha emanato la Circolare 26 ottobre 2011, n. 138 sul corretto esercizio del diritto di opzione. L’ente di previ-denza ha dichiarato che, per un corretto esercizio del diritto in questione è condizione indefettibile che l’assicurato presenti alla competente struttura INPSdomanda amministrativa, da cui risulti in modo non equivoco la propria volontà di scegliere l’indennità di disoccupazione in luogo dell’assegno ordinariodi invalidità.Nel caso in cui i lavoratori diventino titolari di assegno ordinario di invalidità successivamente alla presentazione della domanda di indennità di disoccupa-zione o durante il periodo di fruizione dell’indennità medesima gli stessi possono esercitare, con apposita richiesta scritta, la facoltà di opzione a favore del-l’indennità di disoccupazione entro 60 giorni dalla data in cui è stato notificato il provvedimento di accoglimento della domanda di assegno ordinario diinvalidità. Qualora essi non esercitino tale opzione o la esercitino in ritardo, l’importo dell’indennità di disoccupazione corrisposto diventa non dovuto e deve essereoggetto di compensazione/recupero sui pagamenti relativi all’assegno di invalidità.In ogni caso di opzione a favore dell’indennità di disoccupazione, l’erogazione dell’assegno ordinario di invalidità resta sospesa per tutto il periodo di frui-zione della predetta indennità.I lavoratori che abbiano esercitato la facoltà di opzione per l’indennità di disoccupazione, possono rinunciare all’indennità in qualsiasi momento ottenendoil ripristino del pagamento dell’assegno di invalidità. La rinuncia, che ha valore dalla data in cui viene effettuata, ha carattere definitivo e il lavoratore chel’ha esercitata non può più essere ammesso a percepire la parte residua di disoccupazione.

Vedi decreto-legge 10 marzo 1993, n. 57, decreto-legge 5 gennaio 1993, n. 1, decreto-legge 5 dicembre 1992, n. 472, decreto-legge 1° febbraio1993, n. 26, decreto-legge 8 ottobre 1992, n. 398, decreto-legge 11 dicembre 1992, n. 478 e decreto-legge 12 febbraio 1993, n. 31 CorteCostituzionale sentenza n. 218 del 1995

Giornate del Volontariato 2011

L’UnAPSS partecipa alle giornate del volontariato 2011. Nella foto: ivolontari al Villaggio del Volontariato

A chiusura dell'Anno Europeo del Volontariato eper il Decennale del CeSVoP sono tornate leGiornate del volontariato nelle province dellaSicilia occidentale e a Palermo, Piazza Verdi, dal 13al 18 dicembre 2011.All'insegna dello slogan Il Volontariato si espo-ne... per costruire comunità!, l'evento è iniziato il13 dicembre con «Luci sulla città» nei quartieripalermitani Albergheria e Sperone e a Marsala. Aquesto sono seguiti, il 14 dicembre, tre importanticonvegni a Mazara del Vallo, Palermo edAgrigento e, il 15 dicembre, incontri a Sciacca eMazara. Infine, dal 16 al 18 dicembre è stato orga-nizzato il Villaggio del Volontariato a Palermo, unatre giorni di: • convegni con assessori e rappresentanti politici

siciliani e nazionali;• animazione dei volontari e delle associazioni che

espongono le loro attività e progetti; • spettacoli; • incontri con la cittadinanza e le scolaresche.

Il 2011 si è concluso, quindi, con un evento che haportato i rappresentanti di tutto il volontariato dellaSicilia occidentale a incontrarsi, confrontarsi e a"mostrarsi" per far vedere il contributo dato al rin-novamento e allo sviluppo delle comunità locali edella regione Sicilia.

22

Giorno 1 dicembre 2011 si è svolto, pressol’Aula Pascoli del Policlinico di Palermo, il XVIConvegno organizzato dall’AssociazioneAfipres incentrato sullo studio delle condotteaggressive nei differenti ambiti clinici, psicoso-ciali e criminologici. Le tematiche sono statesviluppate da relatori particolarmente competen-ti in tali ambiti e con esperienza clinica e diricerca di rilevanza nazionale. L’importanza e lavarietà dei contributi emersi durante la giornatadi studio dedicata al tema dell’aggressività e icampanelli d’allarme predittori di comportamen-ti autolesionisti e suicidari sono gli argomenti diapprofondimento che hanno rappresentato moti-vo di interesse e confronto per gli operatori dellasalute mentale, tecnici, familiari e volontari chehanno preso parte alla giornata di lavori.Un’occasione di proficuo scambio culturale escientifico finalizzato all’educazione della salu-te e alla prevenzione del disagio e del suicidio.Il tema dell’aggressività, trattato nelle sue diffe-renti forme e analizzato nei diversi contesti neiquali si manifesta, ha aperto la riflessione sullequestioni psicosociali, psicopatologiche e dia-gnostiche, di gestione e di presa a carico cheemergono da tale fenomeno. L’aggressività e i comportamenti autolesionisti-ci rappresentano una sfida problematica cherichiede attente e specifiche capacità relazionalioltre che specifiche competenze organizzativeche richiedono una nuova riflessione/revisionesul funzionamento del lavoro d’équipe e dei ser-vizi per la salute mentale. Durante lo svolgi-mento dei lavori è stato più volte sottolineatodai Relatori la necessità di attivare e intensifica-re le attività di formazione e sensibilizzazionedegli operatori e dei tecnici della salute mentaleche operano nella gestione del disagio, con unamaggiore attenzione alla formazione dellaresponsabilità professionale a cui si è chiamati arispondere in presenza di comportamentoaggressivo e autolesionistico.Dagli interventi e dal dibattito che ne è seguito èstato illustrato il sempre più significativo legametra il disagio psichico, marginalizzazione,devianza sociale e aspetti culturali che influen-zano le condotte aggressive e autolesionistiche.Un’importante osservazione sulla diffusione e

sulle caratteristiche delle condotte antisocialiche richiedono un approccio complesso in gradodi decodificare il malessere psicosociale regi-strato e per intervenire sui fattori di rapido etumultuoso mutamento culturale e degli stili divita che caratterizzano la società moderna.

Dal dibattito che si è aperto in aula e dai contri-buti professionali presenti sono state tracciate leproposte operative di interventi che è fonda-mentale attivare e potenziare per promuovere laprevenzione al suicidio.È stata rimarcata la necessità di predisporre pro-grammi di pre-venzione nellacomunità perché,ancora oggi, unodegli ostacoli piùdifficili da abbat-tere è il pregiudi-zio e lo stigmache affliggono lacondizione didisagio nellanostra società. Èstato ricordato,infatti, che dalleultime ricercheeffettuate, ladimensione suicidaria scaturisce sempre menoda un disagio psichico.La prevenzione nasce essenzialmente dalla capa-cità di cogliere i segnali d’allarme che precedo-no il suicidio; la formazione e la sensibilizzazio-ne rivolta agli operatori, ai medici, promossanelle istituzioni e nella società tutta è l’interven-to più efficace che garantisce un ottimo risultato,soprattutto negli interventi a lungo termine.Inoltre, nell’epoca della comunicazione, ènecessario sensibilizzare i mass media sul temadel suicidio e alle dinamiche aggressive, al finedi evitare il contagio e l’imitazione di compor-tamenti antisociali. Non di meno è necessarioorganizzare team di lavoro competenti, che rie-scano a interagire e collaborare con le istituzio-ni per facilitare l’accesso ai servizi e garantireun piano di prevenzione specifico e quindi effi-cace.

XVI Convegno Afipres Marco Saura

“Aspetti clinici, criminologici e psicosocialidelle condotte aggressive”

di Livia Nuccio – Presidente Afipres

ASSOCIAZIONE “SOCIAL…MENTE” L’Associazione di promozione sociale nasce grazie allaspinta e alla professionalità di diverse figure formate nell’ambito psicologico, sociale, medico e giuri-dico, accomunate dal desiderio di affrontare aspetti e fenomeni sociali. La finalità principaledell’Associazione è la proposta costante di attività sociali e psico-sociali quale strumento pedagogicoed educativo. L’Associazione propone attività culturali e ricreative aperte a tutti e finalizzate alla pro-mozione sociale della persona umana, e al miglioramento della qualità di vita, impegnandosi affinché,nell’area sociale in cui opera, vengano istituiti servizi stabili per la pratica e l’assistenza alla persona.Sede operativa Via F. Crispi, 274 - 90146 Palermo. E-mail: [email protected]

ASSOCIAZIONE TALASSEMICI SICILIANI L’associazione intende portare avanti un’opera diprevenzione e di informazione sulla talassemia, al fine di aumentare il numero dei donatori volontaridi sangue nella nostra regione. L’associazione organizza attività in campo educativo, assistenziale esociale per l’informazione, la divulgazione e la prevenzione della talassemia.La sede è in Via Trabucco 180, 90146 (Pa). E-mail: [email protected]; Sito web: www.atesonlus.it

ASSOCIAZIONE VILLA LETIZIA ONLUS L’associazione persegue esclusivamente finalità disolidarietà, assistenza, educazione, rieducazione, riabilitazione, inserimento familiare, sociale, scolasti-co, professionale di soggetti in situazioni di handicap fisico, psichico, sensoriale e subnormali di ognietà. L’Associazione ha posto come centralità del suo intervento il processo di crescita ed autonomia deisuoi ospiti che, pur vivendo una condizione di disagio psico-fisico, sono innanzitutto persone e dunqueportatori di una loro individualità. Ha sede in Alcamo nella via Madonna del Riposo n.151.E-mail: [email protected]

A.S.Tra.Fe (Ass. Siciliana per il Trapianto di Fegato) Costituita per iniziativa di un gruppo di medicie pazienti trapiantati, sostiene gli adulti e i bambini offrendo supporto morale, informativo, psicologi-co e medico prima, durante e dopo il trapianto e promuove provvedimenti legislativi a favore di pazien-ti trapiantati o in attesa di trapianto. Promuove iniziative sociali di sensibilizzazione sulle problemati-che connesse alla carenza di organi, promuovendo la cultura della donazione.Ha sede in via E. Tricomi n°1 - 90127 e presso “IS.ME.TT. e-mail: [email protected] Sito web: www.astrafe.sicilia.it

ATTA ONLUS (Associazione per la lotta al tumore tiroideo ed affini) L’associazione ha come obietti-vi la promozione della salute, l’educazione e l’informazione sanitaria nel campo delle patologie tiroidee.Svolge la sua azione a favore degli ammalati di tumore tiroideo e di malattie affini sia all’interno del-l’ospedale, nelle corsie e negli ambulatori affianco ai medici e vicino agli Ammalati, sia nelle piazze, neiluoghi di lavoro e nelle scuole realizzando manifestazioni di informazione sanitaria e prevenzione. Hasede presso il Dip. di Endocrinologia Az.Osp. “V. Cervello”, Via trabucco 180, 90146 Palermo.E-mail: [email protected]

BONE HOPE ONLUS L’associazione si propone di realizzare una rete assistenziale che offre assistenzamedica e sostegno psicologico ai pazienti e ai familiari direttamente al loro domicilio, e negli Hospice,strutture in cui i pazienti possono trovare una più idonea accoglienza quando è necessaria un’assistenza piùintensiva. Partendo da questi presupposti l’associazione Bone Hope si è impegnata nel sostenere la nasci-ta di un Hospice presso l’azienda ospedaliera “V.Cervello”. Ha sede in Via Trabucco, 180 – 90146 Palermo.E-mail [email protected]

FRATERNITA DI MISERICORDIA “S.M.Kolbe” Associazione che si occupa di assistenza socia-le e sanitaria. Offre servizi di aiuto alla persona, formazione (di volontari di primo soccorso, corso diBLS); servizi a carattere sanitario; Servizio Civile Nazionale; Protezione Civile; elaborazione e speri-mentazione di modelli d’intervento (giornate studio, esercitazioni, simulate); iniziative e partecipazio-ne ad eventi e manifestazioni. Ha sede in Via Palermo 4 , Regalbuto (EN).E-mail: [email protected]; Sito web: www.misericordie.org

NEAVA (Nuova Era A Viso Aperto) Costituita per iniziativa di operatori sanitari, pazienti e volontari conlo scopo di umanizzare le strutture ospedaliere ed offrire servizi sociali integrativi. Svolge attività di volon-tariato ospedaliero e accoglienza, organizza corsi di formazione per volontari e seminari di studi, fornisceassistenza socio-sanitaria domiciliare, promuove iniziative di mutuo-aiuto, promuove attività di sensibiliz-zazione per favorire l’integrazione fra strutture sanitarie e territorio per promuovere una sanità equa e soli-dale. L’Associazione presta servizio presso: Ospedale Cervello 2° piano Ed. A ; Ospedale dei Bambini; laCasa della Gioia, Corso Tukory, 260- Palermo; la Casa della Solidarietà, via G. Ugdulena, 10- Palermo.E-mail: [email protected] Sito web: www.neava.org

La Fondazione CON IL SUD è un ente non profit privato nato nelnovembre 2006 dall’alleanza tra le fondazioni di origine banca-ria e il mondo del terzo settore e del volontariato per promuove-re l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno. In particolare, laFondazione incentiva percorsi di coesione sociale, sostenendo epromuovendo le idee, le energie e le competenze già presenti sulterritorio, che, grazie alle risorse messe a disposizione, possonoaggregarsi attorno a progetti e interventi efficaci sul piano dellosviluppo del capitale sociale. Per perseguire i propri obiettivi, la Fondazione opera principal-mente sostenendo progetti e interventi “esemplari”, ossia ini-ziative che, per contenuto innovativo, organizzazioni coinvolte eimpatto sul territorio, possano essere modelli di riferimento peraltre realtà locali.Inoltre, la Fondazione promuove la nascita delle “fondazioni dicomunità” al Sud, enti non profit “espressione” delle realtà loca-li che, grazie alla capacità di raccolta delle risorse e il loro impie-go a fini sociali sul territorio di riferimento, rappresentano unostraordinario strumento di sussidiarietà, promuovendo la cultura del dono e il welfare di comunità. Su impulso e sostegno dellaFondazione CON IL SUD, tra il 2009 e il 2010 sono state costituite le prime tre fondazioni di comunità del Mezzogiorno: la“Fondazione della Comunità Salernitana”, la “Fondazione di Comunità di Messina” e la “Fondazione di Comunità del CentroStorico di Napoli”.La Fondazione interviene in uno scenario in cui è fortissimo lo squilibrio tra domanda e offerta. La sua capacità erogativa, con-sistente in termini assoluti, diventa addirittura esigua in termini relativi, sia per la dimensione del territorio di riferimento (circa19 milioni di abitanti) sia per il grande e diffuso disagio sociale. Nell’impossibilità di finanziare tutti i progetti ricevuti, laFondazione ha deciso di non disperdere le proposte e le idee più interessanti e valide, che vengono raccolte in una sezione delsito, lo “scaffale dei progetti”, destinata a quanti, pubblici e privati, siano interessati a sostenere iniziative di natura sociale nelMezzogiorno. Inoltre, per implementare questa azione di valorizzazione di idee ed energie, la Fondazione sostiene progetti incofinanziamento con altri enti e privati nelle aree meridionali. Su questa linea sono state avviate diverse iniziative in collabo-razione con Enel Cuore Onlus, Unicredit Foundation, Fondazione “aiutare i bambini”, Deutsche Bank, Fondazione VodafoneItalia.Sono cinque gli ambiti di intervento in cui si concentra l’azione della Fondazione CON IL SUD:Educazione dei giovani, con particolare riferimento alla cultura della legalità e per il contrasto alla dispersione scolastica;Sviluppo del capitale umano di eccellenza, per trattenere e attrarre i “cervelli” e valorizzare i talenti nelle regioni meridionali;Cura e valorizzazione dei “beni comuni” (patrimonio storico-artistico e culturale, ambiente, beni confiscati alle mafie);Sviluppo, qualificazione e innovazione dei servizi socio-sanitari;Mediazione culturale e accoglienza/integrazione degli immigrati.

Nel 2010 la Fondazione ha avviato una nuova iniziativa sperimentale a sostegno delle organizzazioni di volontariato del Sud,non richiedendo la presentazione di progetti su specifici ambiti di intervento, ma sostenendo il consolidamento e il rafforza-mento dell’azione e dell’impatto delle organizzazioni di volontariato che già operano sul territorio e che promuovono e speri-mentano modalità di lavoro “in rete”.

CINQUE ANNI CON IL SUD6 regioni interessate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia)250 progetti “esemplari” e 3 fondazioni di comunità finanziate2.000 organizzazioni coinvolte nelle partnership (terzo settore e volontariato, istituzioni, enti pubblici e privati) e oltre 150.000cittadini “destinatari diretti”, soprattutto giovani (42% minori)oltre 60 milioni di euro assegnatiNel 2010 la “Fondazione CON IL SUD” ha ottenuto l’Oscar di Bilancio, il Premio promosso dalla Ferpi che segnala i bilancimigliori per trasparenza, chiarezza e completezzaIn occasione del suo quinto anniversario, la Fondazione ha organizzato a Napoli, dal 30 settembre al 2 ottobre 2011 presso leCatacombe di San Gennaro alla Sanità, la manifestazionenazionale “CON IL SUD – Giovani e Comunità in Rete” allapresenza del Presidente della Repubblica (www.conilsud.it).

Per maggiori informazioni consultare il sito della Fondazionewww.fondazioneconilsud.it.La Fondazione è inoltre presente sui principali social network(Facebook, Twitter, Youtube, Flickr).

L’impegno del privato socialeper lo sviluppo del Mezzogiorno

Foto realizzata in occasione della manifestazione organizzata a Napoliin occasione dei 5 anni di attività della Fondazione, nella foto: GiorgioNapolitano

Il progetto “Tutti in rete!”Programma di sostegnoalla reti di volontariato

che operano nel settoresocio- sanitario.