La telecompetizione nell’era del web 2 · confini tra fornitori di servizi, detentori delle...

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La telecompetizione nell’era del web 2.0 Il nuovo millennio ha segnato un punto di svolta per il settore delle telecomunicazioni. Dominata dall’ingresso degli smart device e delle applicazioni, l’era del web 2.0 ha visto una crescita esponenziale del traffico dati e l’affermazione sul mercato delle nuove grandi internet company. La progressiva convergenza tra piattaforme ha stimolato la contaminazione tra i diversi attori delle telecomunicazioni, rendendo sempre più indefiniti i confini tra fornitori di servizi, detentori delle infrastrutture e produttori di contenuti. Da una posizione di leadership sul piano dell’innovazione tecnologica nelle comunicazioni (si ricorda in particolare il ruolo nello sviluppo delle tecnologie GSM e EMPG) l’Italia è oggi decaduta a pecora nera nell’Europa della banda larga e nell’ICT. Le ragioni sono in parte da rintracciarsi nella crisi dell’industria nazionale e nel modello di privatizzazione dell’operatore monopolista (Telecom), ma soprattutto in una strutturale difficoltà del mercato di inserirsi nel nuovo ecosistema digitale. L’Italia non è un’economia caratterizzata da una diffusa cultura web, sia dal lato della domanda che dell’offerta, che resta limitata per l’utilizzo di servizi online a elevata capacità attivati dalla rete fissa. Una domanda poco sviluppata che rappresenta un elemento di incertezza sul ritorno degli investimenti per lo sviluppo delle reti a banda ultra-larga, caratterizzati da elevati sunk costs, in un’Europa che già vede una progressiva riduzione di ricavi e margini nell’industria TLC. L’assenza di un significativo stimolo economico giustifica un attivo sostegno pubblico nel mercato per lo sviluppo dell’infrastruttura di nuova generazione, una linea adottata anche dal Piano del Governo Italiano per la banda ultra-larga. Il presente elaborato fornisce una panoramica dei trend in atto nel settore delle telecomunicazioni e ne esamina l’impatto sull’evoluzione economico-finanziaria e indirettamente sullo sviluppo delle reti di terza generazione, le cui esternalità al sistema economico sono irrinunciabili nell’era dell’internet economy. 1. La comunicazione nell’era di Internet e i rapporti tra gli operatori nella catena del valore Il processo di convergenza dell’era digitale coinvolge gli operatori del mondo della rete in

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La telecompetizione nell’era del web 2.0

Il nuovo millennio ha segnato un punto di svolta per il settore delle telecomunicazioni.

Dominata dall’ingresso degli smart device e delle applicazioni, l’era del web 2.0 ha visto una

crescita esponenziale del traffico dati e l’affermazione sul mercato delle nuove grandi

internet company. La progressiva convergenza tra piattaforme ha stimolato la

contaminazione tra i diversi attori delle telecomunicazioni, rendendo sempre più indefiniti i

confini tra fornitori di servizi, detentori delle infrastrutture e produttori di contenuti. Da una

posizione di leadership sul piano dell’innovazione tecnologica nelle comunicazioni (si ricorda

in particolare il ruolo nello sviluppo delle tecnologie GSM e EMPG) l’Italia è oggi decaduta a

pecora nera nell’Europa della banda larga e nell’ICT. Le ragioni sono in parte da rintracciarsi

nella crisi dell’industria nazionale e nel modello di privatizzazione dell’operatore monopolista

(Telecom), ma soprattutto in una strutturale difficoltà del mercato di inserirsi nel nuovo

ecosistema digitale.

L’Italia non è un’economia caratterizzata da una diffusa cultura web, sia dal lato della

domanda che dell’offerta, che resta limitata per l’utilizzo di servizi online a elevata capacità

attivati dalla rete fissa. Una domanda poco sviluppata che rappresenta un elemento di

incertezza sul ritorno degli investimenti per lo sviluppo delle reti a banda ultra-larga,

caratterizzati da elevati sunk costs, in un’Europa che già vede una progressiva riduzione di

ricavi e margini nell’industria TLC. L’assenza di un significativo stimolo economico giustifica

un attivo sostegno pubblico nel mercato per lo sviluppo dell’infrastruttura di nuova

generazione, una linea adottata anche dal Piano del Governo Italiano per la banda ultra-larga.

Il presente elaborato fornisce una panoramica dei trend in atto nel settore delle

telecomunicazioni e ne esamina l’impatto sull’evoluzione economico-finanziaria e

indirettamente sullo sviluppo delle reti di terza generazione, le cui esternalità al sistema

economico sono irrinunciabili nell’era dell’internet economy.

1. La comunicazione nell’era di Internet e i rapporti tra gli operatori nella catena del valore

Il processo di convergenza dell’era digitale coinvolge gli operatori del mondo della rete in

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senso integrale e multidirezionale. Le società di telecomunicazioni entrano nella filiera di

internet in parte come produttori di contenuti, ma soprattutto come fornitori dei servizi di rete,

con una struttura dei rendimenti che, al progressivo declinare dei ricavi della telefonia, si lega

in misura crescente alla gestione dei punti di accesso del traffico dati. La convergenza

comporta un’integrazione verticale degli operatori di telecomunicazioni retail con le

infrastrutture, ma li vede anche diversificarsi in senso orizzontale verso un’offerta di servizi

multipiattaforma quadruple play (pacchettI di telefonia fissa e mobile integrati con i servizi di

accesso internet e pay-tv).

La

progressiva affermazione degli over the top, i grandi produttori di contenuti e applicazioni

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come Google e Apple, si sta traducendo sempre di più una loro estensione sulla catena del

valore della comunicazione, con una verticalizzazione anche a monte della filiera.

E’ il caso di Google, la cui presenza spazia non solo in tutti i servizi a valle, inclusi i dispositivi,

ma ricopre anche una crescente rilevanza nella fornitura di servizi di connettività. In un

mondo della comunicazione che ha nel suo centro la rete, la sovrapposizione tra produttori di

contenuti e provider dei servizi di connettività è sempre più intensa, con effetti rilevanti sul

contesto competitivo.

Il dualismo connettività-contenuti innesca a livello teorico una serie di esternalità positive tra

gestori dei punti di accesso e gli altri operatori della rete. I produttori di contenuti, editori,

internet company e gli stessi utenti, competono sul mercato della rete nella fornitura di servizi

e applicazioni sempre più affamate di banda larga, la cui diffusione stimola la realizzazione di

reti di nuova generazione. Viceversa, la maggiore disponibilità di banda in fibra ottica e la

copertura ADSL e della banda larga mobile (HSPA/LTE) moltiplicano le occasioni di fruizione

multimediali.

I grandi over the top e i gestori delle content delivery networks1 occupano oggi una

percentuale superiore al 50% della banda, ricavando un’ampia fetta di fatturato dalla

massimizzazione dei volumi di traffico immessi nella rete. Pur beneficiando di un incremento

dei ricavi derivanti dall’ampliamento del perimetro delle attività permesso dagli over the top,

gli operatori di telecomunicazioni registrano una sostenuta crescita dei volumi di traffico nelle

reti, da cui derivano elevati costi per la manutenzione e l’upgrade delle infrastrutture. Allo

stato attuale, il principio della net neutrality (clausola che obbliga i provider a consentire

l’accesso ai contenuti a tutti gli utenti in maniera egualitaria) investe anche i top player di

internet, che accedono alle reti in peering gratuito, occupando gran parte della banda con la

loro attività trasmissiva, senza riconoscere ritorni economici alle società di telecomunicazioni

che finanziano la manutenzione e la realizzazione delle reti.

Il conflitto distributivo tra costi e proventi nella filiera di internet espone il sistema al rischio di

investimenti in infrastrutture e contenuti inferiori al livello socialmente ottimale. Un tema

scottante in un momento in cui lo switch alle reti di nuova generazione è una condizione non

più sufficiente, ma necessaria per il mercato italiano, quanto in generale per quello europeo.

Una possibile soluzione al conflitto distributivo è offerta dagli strumenti di traffic

management, che permettono ai gestori dei servizi di reti di differenziare gli accessi per

diversi livelli di qualità e costi, ma misure di questo genere intaccano il principio della net

neutrality, proponendosi come oggetto di discussione da entrambe le sponde dell’Atlantico,

Gli operatori di telecomunicazioni sostengono che l’utilizzo di questo strumento non

cmprometterebbe la funzionalità dei servizi di base trasmessi in modalità garantita,

costituendo però una fonte di reddito addizionale per rafforzare le capacità di investimento

delle imprese e di adeguamento della capacità di rete. Le internet company per converso

segnalano che le attuali tendenze all’integrazione verticale e orizzontale delle attività della

1 Le CDN sono le “Rete per la consegna di contenuti" da Content Delivery Network, termine coniato sul finire degli anni

novanta per descrivere un sistema di computer collegati in rete attraverso Internet, che collaborano in maniera trasparente,

sotto forma di sistema distribuito, per distribuire contenuti (specialmente contenuti multimediali di grandi dimensioni in

termini di banda, come l'IPTV) agli utenti finali ed erogare servizi di streaming audio e video.

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catena del valore, nonché la rapida evoluzione dei rapporti commerciali nella realtà

dell’ecosistema digitale, rischiano di intensificare gli effetti anticoncorrenziali potenzialmente

connessi alle pratiche di traffic management, soprattutto nel contesto delle offerte quadruple

play.

Da un punto di vista commerciale, la maggiore problematicità è legata all’assenza di un

rapporto diretto tra operatori di rete e grandi internet company, dal momento che entrambi

sono direttamente remunerati dall’utente finale, gli l’OTT dal consumatore oppure

l’inserzionista pubblicitario, gli operatori di telecomunicazioni dall’utente di rete attraverso

canoni flat. Un’evoluzione degli accordi di interconnessione potrebbe prevedere negoziazioni

dirette i detentori delle reti e OTT produttori di contenuti veicolati sulle reti, risolvendo sul

piano del mercato il problema distributivo.

Un’alternativa di policy è invece rappresentata dall’opportunità di coinvolgere le grandi over

the top all’interno del quadro regolamentare previsto dalle legislazioni nazionali o

sovranazionali, a cui si associa la possibilità di sottoporre la relazione tra i nuovi giganti della

rete e i tradizionali operatori delle telecomunicazioni ai tradizionali schemi di diritto della

concorrenza. A livello comunitario è attualmente assente una previsione legislativa, fatta

eccezione una mozione pro concorrenziale della Commissione che esamina l’ipotesi di

dividere Google dalla funzione di motore di ricerca e targetizzarlo in funzione delle rendite

commerciali. A livello nazionale l’Agcom aveva proposto di includere le over the top (Google in

particolare) nel Sistema Integrato delle Comunicazioni, in modo da rendere la società

passibile della disciplina regolamentare nazionale e operare un intervento di ripristino

concorrenziale2. L’intervento è stato accusato a suo tempo di avvantaggiare Mediaset in

ragione del forte incremento del plafond pubblicitario generato dall’inclusione di Google

nell’elenco di operatori, ma di fatto, l’effetto di bilanciamento derivato dalla ricomprensione

nel quadro regolamentare avrebbe probabilmente controbilanciato gli effetti negativi di

diluizione dell’impatto degli altri operatori (Mediaset).

2. I diversi contesti competitivi

Il segmento mobile rappresenta la

maggior fetta del fatturato in tutte le

aree mondiali, confermando la

tendenziale riduzione del contributo

del fisso e un incremento del peso

della telefonia mobile, in particolare

del segmento dati. L’incidenza è più

rilevante per i mercati emergenti,

caratterizzati da una limitata

2 Inizialmente sembrava possibile definire un inquadramento di Google nel SIC attraverso un’interpretazione in via non

legislativa della legge Gasparri (articoli 43 e seguenti), ipotesi poi decaduta. l’Agcom chiesto che Google fosse tenuto al

deposito dell’informativa al Registro Operatori delle Comunicazioni, un accorgimento che, seppur non in via sostanziale,

avrebbe almeno dato l’indirizzo di un incremento della trasparenza e dell’informativa pubblicata dalla società. Google ha

impugnato il ricorso al TAR, tuttora pendente. In ogni caso la necessità di una previsione legislativa per riuscire a includere

Google nel quadro regolamentare, senza la quale è del tutto impossibile applicarvi il diritto della concorrenza nazionale ed

europeo.

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dotazione di infrastruttura fissa, dove il superamento del digital divide è stato guidato

dall’estensivo sviluppo delle reti wireless. L’Italia3 costituisce un’eccezione a questa tendenza,

presentando un livello dei ricavi da rete fissa pari a quello del mobile (17 miliardi nel 2013) a

causa della riduzione molto più spiccata che ha interessato questo segmento nell’ultimo anno

storico.

A un maggior peso della telefonia mobile corrisponde anche una pressione al ribasso dei

ricavi ad essa associati, soprattutto in Europa.

L’attuale schema regolamentare asimmetrico in Europa riflette le priorità di liberalizzazione

degli anni ’90, in cui l’accesso dei nuovi entranti era favorito attraverso due leve: condizioni di

accesso favorevoli e il riconoscimento di rendite da parte dell’operatore incumbent per il

traffico su rete fissa e mobile veicolato dagli entranti mediante il sistema delle tariffe di

interconnessione.

Uno schema che, in conseguenza al progressivo ingresso dei nuovi operatori nel segmento del

mobile, ha portato a una forte pressione al ribasso dei prezzi del comparto, che si collocano

su livelli in generale molto inferiori alle principali economie mondiali. Questo meccanismo,

invariato nel tempo, presenta una serie di contraddizioni nel nuovo scenario, dove al contesto

di iper-regolamentazione della concorrenza fa da contraltare l’esclusione regolamentare degli

over the top. Dal 2005, i prezzi delle telecomunicazioni in Europa sono diminuiti

drasticamente, con l’unica rilevante eccezione del Regno Unito. L’Italia segnala una forte

diminuzione dell’ARPU (average revenue per user) sostanzialmente in tutti i segmenti. Tra le

principali economie mondiali essa presenta il livello minimo di ricavi per utilizzatori, sia per

quanto concerne in generale i servizi di telefonia, sia per quanto riguarda il segmento dati.

3 I dati relativi alle telecomunicazioni su rete fissa e mobile di fonte Agcom comprendono informazioni di dettaglio fornite

dalle seguenti imprese: Brennercom, BT Italia, Cable & Wireless, CloudItalia, Colt, Fastweb, Green ICN, H3G, Infracom Italia,

Orange Business Italy, Retelit, Telecom Italia, Tiscali, Verizon Italia, Vodafone NV, Welcome Italia e Wind, nonché, tra gli

MVNO “puri” A-Mobile, Carrefour Italia Mobile, Coop Italia, Daily Telecom, ErgMobile, Noverca, Poste Mobile.

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Oltre agli effetti sui prezzi e sui ricavi per utilizzatore, molte differenze interessano il mercato

delle telecomunicazioni europeo e quello americano in relazione alla frammentarietà dei

mercati e del quadro regolamentare, cui si lega una diversa possibilità per i maggiori

operatori di sfruttare le economie di scala e di ricercare una massimizzazione dei costi fissi.

Nel mercato americano attualmente 4 operatori controllano circa il 93% del mercato. Anche

in Europa la maggioranza dei sottoscrittori è servita dai quattro principali operatori,

Telefonica, Vodafone, Deutsche Telekom e Orange, ma il mercato è altamente frammentato,

con oltre 100 operatori tra telefonia fissa e mobile che controllano a loro volta dozzine di

compagnie più piccole. L’assenza di network paneuropei, una regolamentazione antitrust

stringente che ha scoraggiato in passato importanti aggregazioni, una gestione delle licenze

per l’utilizzo degli spettri che continua a essere decentrata a livello nazionale, nonché la

minore dotazione di copertura del cavo, rappresentano le principali differenze tra i due

mercati.

Europa Stati Uniti

Dimensione del mercato28 mercati nazionali distinti, totale della

popolazione di quasi 600 milioni di individuiuna nazione, totale popolazione 314 milioni

Player nel mercato delle reti

mobili

differenti operatori in ogni paese (alcuni

gruppi operano in più paesi ma non ci sono

network paneuropei

operatori su larga scala che operano su

tutto il territorio, insieme a un gruppo di

diversi operatori più piccoli, ma di

dimensioni comunque rilevanti

Player basati sul mercato delle

reti fisse in rame

eredità dei monopoli nazionali pubblici, definiti

all'interno dei confini statali. Ci sono alcuni

casi di cross ownership delle infrastrutture, ma

senza network intra peasi

eredità dei Baby Bells (storicamente a

capitale privato), ora per lo più consolidati,

con i più importanti player che gestiscono il

mercato in regime di oligopolio

Player via cavola copertura è sul 24-55% della popolazione

(in Italia è assente)

la copertura del cavo copre il 96% della

popolazione

Licenze per l'utilizzo dello

spettro

gestione decentralizzata, autorizzata a livello

di stato membromandato unico dell'autorità FCC

Le principali differenze del mercato delle telecomunicazioni

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La concentrazione del mercato americano è legata alla maggiore intensità delle operazioni di

fusione e acquisizione che lo ha caratterizzato nel corso dei primi anni duemila. Tra il 2001 e

il 2006 il nucleo centrale delle transazioni in Nord America ha interessato il processo di

consolidamento interno, mentre gli operatori europei hanno incrementato la loro esposizione

verso i mercati emergenti, soprattutto asiatici.

Negli ultimi due anni si è registrato un nuovo intensificarsi delle operazioni di fusione e

acquisizione nel mercato americano. Tra queste si segnala il recente riacquisto da parte di

Verizon del 45% della quota Vodafone in Verizon Wireless per 130 miliardi di dollari, nella più

grande operazione che ha interessato il settore a livello globale negli ultimi 3 anni, e

l’acquisizione da parte di AT&T di Leap Wireless e di Metro PCS da parte di T-Mobile

Mentre il mercato americano ultima al consolidamento, aumenta anche la sua attrattività per

i grandi operatori globali. Nel 2013 la giapponese Softbank è entrata nel mercato

statunitense acquistando Sprint Nextel per 21.6 miliardi di dollari, con la promessa di

innovazioni nel pricing dei servizi di telefonia mobile. Softbank sta pianificando l’acquisto di T-

Mobile US per 32 miliardi di dollari per rendersi competitiva rispetto agli altri due principali

leader, AT&T e Verizon.

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In parallelo ai processi di consolidamento in atto tra imprese di telecomunicazioni e tra

media company, si stanno sviluppando nel mercato iniziative volte a innescare le sinergie tra

telco e broadcasters, oppure tra grandi colossi di internet e storiche imprese ICT. Nel settore

dei media statunitense è stata annunciata la fusione per un importo di circa 45 miliardi di

dollari dei più grandi gruppi di tv via cavo, Comcast e Time Warner Cable, che ove autorizzata

dall’antitrust federale vedrà la costituzione di un gigante nel campo della televisione e dei

sistemi di trasmissione televisiva e internet.

Il settore dei media sta costituendo anche il principale motore per le acquisizioni da parte

degli operatori americani in territorio europeo. Un’operazione di rilievo in questo senso è

rappresentata dall’acquisizione di Virgin Media, operatore via cavo britannico, da parte della

società di diritto statunitense Liberty Global, che ha giù effettuato operazioni simili in

Germania e Belgio. Un’altra transazione di rilievo ha visto l’ingresso di Time Warner nel

portafoglio della Central European Media, impresa attiva nei paesi del centro Europa

(Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria) e specializzata nella

vendita e nella distribuzione di programmi, contenuti e canali tv.

Infine, nel gennaio 2014, il gruppo globale Discovery Communication ha acquisito Eurosport,

fornitore di canali specializzati in diversi paesi europei.

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Negli ultimi anni, le attività di concentrazione e di fusione si sono diffuse sempre di più anche

all’interno del mercato europeo, allo scopo di inglobare concorrenti attivi nei mercati

nazionali o vicini, nell’ottica di sfruttare le economie derivanti dall’innalzamento dei livelli

produttivi in presenza di costi fissi associati alla manutenzione delle reti trasmissive e alle

campagne promozionali. Oltre alle ragioni cost saving, ci sono altri fattori che stanno

alimentando i processi di consolidamento, in primis la possibilità di riportare per le società di

ottenere debito a minori tassi di interesse (diminuendo l’attuale costo del servizio), che per

converso alimenti anche la volontà degli istituti bancari di finanziare il costo delle fusioni allo

scopo di assicurare il loro investimento.

Un ulteriore spinta alle M&A è stata data dai nuovi orientamenti della Commissione Europea

verso la creazione di un mercato unico continentale. La tendenza al consolidamento è

stimolata dai driver settoriali di integrazione verticale e dalla necessità di sfruttare sinergie di

scala, l’illusione di mercati fatti di piccoli operatori è definitivamente tramontata nell’egida

della nuova era digitale, rimanendo una prerogativa dei piccoli territori. Una scala di mercato

con 600 milioni consumatori potrebbe incentivare l’investimento degli operatori comportando

vantaggi di costo significativi, permettendo agli operatori di offrire servizi diversificati e ai

consumatori di poter fruire del servizio digitale ovunque si trovino all’interno dello spazio di

comunicazione europea.

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La tendenza europea a rifocalizzarsi sui mercati di leadership, dopo la tendenza che ne aveva

visto nella metà degli anni duemila una maggiore proiezione internazionale, è già ravvisabile

da alcuni anni. Il punto di svolta è arrivato nell’ottobre 2007 con la vendita da parte di Orange

delle operazioni mobili in Olanda a Deutsche Telekom (T-Mobile) per 1.3 miliardi di euro, che

ha consolidato il mercato olandese intorno a 3 operatori. Nel 2009, la costituzione di

Everything Eveywhere nel Regno Unito, come risultato della fusione delle controllate di

Orange e Deutsche Telekom nell’area, ha ridotto al mercato inglese a 4 operatori. Queste

operazioni sono state accompagnate da un significativo numero di simili transazioni in

Europa: per esempio, Vodafone ha venduto la sua quota non di controllo in SFR a Vivendi e ha

disinvestito la sua partecipazione del 24% in Polkomtel in Polonia. Similarmente, Deutsche

Telekom ha acquistato la rimanente quota del 39% in T-Mobile Czech.

Nel settore mobile si registrano due operazioni attualmente all’esame della Commissione

europea che, qualora approvate, determinerebbero una riduzione degli operatori di rete

mobile attivi nei mercati delle comunicazioni irlandese e tedesco: Hutchison 3G UK ha

notificato l’acquisto di O2 Ireland dalla società Telefonica Ireland di Telefonica, che a sua

volta ha acquisito in Germania (con Telefónica Deutschland) l’operatore E-Plus.

Queste operazioni sono ora al vaglio delle autorità antitrust: il tema oggetto di

approfondimento è la possibile riduzione del grado di concorrenza sui mercati nazionali sia

retail delle comunicazioni mobili sia wholesale nell’accesso e dell’originazione delle chiamate

su rete mobile. In entrambi i casi, la nuova impresa combinerebbe due dei quattro operatori

mobili presenti nel mercato e fronteggerebbe due concorrenti consolidati quali Deutsche

Telekom e Vodafone nel mercato tedesco e Eircom e Vodafone in quello irlandese. Operazioni

che rispecchiano, peraltro, la fusione che ha avuto luogo nel 2012 in Austria, dove il maggior

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operatore mobile del mercato, Orange Austria, ha acquisito Hutchison 3G Austria, con

l’effetto di ridurre il numero totale di operatori di reti mobili da quattro a tre.

Ulteriori attività di merger and acquisition hanno interessato, in Europa, alcuni operatori

storici delle telecomunicazioni nei mercati vicini. Deutsche Telekom ha comprato la società

GTS Central Europe che fornisce servizi di telecomunicazione nei mercati degli utenti

residenziali in Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. La norvegese

Telenor, già presente nei mercati scandinavi della Norvegia, Svezia e Danimarca, nonché in

Ungheria, ha ampliato la copertura fino a includere la Bulgaria grazie all’acquisizione di

Cosmo Bulgaria Mobile, che commercializza servizi di comunicazione mobile con il brand

Globul, e Germanos Telecom Bulgaria. Nel Regno Unito, peraltro, Telefónica è stata

protagonista di un’importante operazione, che ha coinvolto Vodafone UK ed Everything

Everywhere allo scopo di creare una piattaforma di mobile marketing and wallet platform,

che comprende inter alia, la fornitura all’ingrosso di servizi di pagamento online, e-banking ed

e-commerce, fornitura al dettaglio di bulk sms e altri servizi internet specializzati.

Alcune delle recenti operazioni M&A nel mercato europeo vanno in direzione dell’offerta di

servizi maggiormente diversificati. L’acquisto dell’operatore via cavo tedesco Kabel

Deutschland per 10 miliardi di euro, a cui ha seguito l’acquisizione di Ono in Spagna,

rinforzeranno ulteriormente gli asset in rete fissa di Vodafone, permettendo di offrire

sottoscrizioni mobili, rete fissa e banda larga e sottoscrizioni in pay-tv in un pacchetto quad

play.

Appesantiti da una competizione dei prezzi che abbassa il fatturato e da una regolazione che

minaccia di erodere i margini in maniera ancora più sostanziale, gli operatori europei offrono

tra i migliori valori di acquisizione (secondo le informazioni di Bloomberg il trading delle telco

europee con valore di mercato superiore al miliardo di dollari è pari a circa il 36% di quello

delle rivali americane, con una mediana di 12.9x i rendimenti, contro un moltiplicatore di 20

per le USA). Nonostante il relativo vantaggio comparato di acquisire partecipazioni in Europa,

le transazioni tra le due sponde dell’Atlantico sono state però limitate, ad eccezione di quanto

riguarda il segmento media e tv. L’unico ingresso di rilievo nel mercato americano si è

registrato con l’acquisizione da parte di America Movil del 27% della quota dell’operatore

olandese KPN e del 21% in Telecom Austria. AT&T da tempo sembra però mostrare interesse

in un’operazione nel mercato europeo, e secondo recenti rumors sarebbe interessato a

un’operazione di acquisizione di Vodafone.

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TARGET COMPRATOREvalore

transazionerendimenti EBITDA

multiplo

r icavi

multiplo

EBITDA

02/21/2014 Verizon Wireless Verizon Communications 130036 75868 29682 3.9x 9.9x

07/10/2013 Sprint Corporation SoftBank 37297 35438 5305 1.1x 8.9x

06/16/2010 Carso Global Telecom American Movil 35309 16043 5921 2.0x 5.4x

02/28/2012Tele Norte Leste

Participacoes Oi SA

31509 17810 6614 1.3x 3.5x

04/01/2011 Qwest Communications International CenturyLink 24003 12104 4267 1.8x 5.2x

04/15/2011 Wind Telecom VimpelCom 22993 - - - -

02/27/2012 Coari Participações Oi SA 22401 6160 1893 3.3x 10.7x

06/09/2011 Vivo Participacoes Telefonica Brasil 17328 10905 3222 1.5x 5.0x

01/02/2013 China Telecommunications

CDMA Network China Telecom

13788 - - - -

06/16/2011 SFR Vivendi Société Anonyme 11273 17833 5634 1.4x 4.6x

06/08/2010 Bharti Airtel Africa B.V. Bharti Airtel 10668 - - - -

09/27/2010 Brasilcel Telefónica 9757 - - - -

10/13/2011 Skype Global Microsoft 9325 860 193 10.7x 47.6x

07/01/2010 New Communications

Holdings Frontier Communications

8470 - - - -

04/01/2010 Orange Everything Everywhere 8398 115 - 64.4x -

09/10/2010 China Mobile - 6674 69128 35136 2.4x 4.8x

11/09/2011 Polkomtel - 5882 2740 1025 2.0x 5.5x

04/21/2010 Kyivstar VimpelCom 5602 1444 791 3.8x 6.9x

06/10/2010 Telmex Internacional America Movil 5402 7811 2137 2.5x 8.9x

04/27/2010 Global Village Telecom Vivendi Société Anonyme 4921 893 318 5.0x 14.0x

03/13/2014 Leap Wireless International AT&T 4914 3051 467 1.3x 8.6x

10/01/2013 Global Tower American Tower 4800 - - - -

12/26/2012 eAccess SoftBank 4790 2647 606 1.6x 7.2x

11/11/2011 Telefonos de Mexico America Movil 4635 8041 3193 2.3x 5.9x

05/28/2012Egyptian Company for Mobile

ServiceFrance Télécom

4499 1701 536 2.7x 8.4x

07/09/2013 Clearwire Sprint 3830 1260 -403 9.5x -

08/24/2012 SpectrumCo Cellco Partnership 3600 - - - -

07/30/2012 VimpelCom Alimo 3600 23350 9506 2.1x 5.3x

01/28/2014 Telefonica Czech Republic PPF Group 3482 - - 1.8x 4.6x

06/26/2012 KPN America Movil 3446 17310 6011 1.8x 5.2x

07/01/2011 Vodafone India Vodafone Group 3320 - - - -

10/28/2010 Sunrise Communications CVC Capital Partners 3269 - - - -

10/02/2013 OAO Svazyinvest Rostelecom 3029 - - - -

10/04/2011 Globsl Crossing Level 3 Communicaions 2915 2622 403 1.0x 6.6x

04/01/2011 Uralsvazyinform Rostelecom 2897 1342 533 2.0x 5.1x

01/13/2011 Syniverse Holding The Carlyle Group 2722 619 224 4.2x 11.5x

04/04/2013 Tele 2 Russia Telecom VTB Bank 2400 - - - -

06/22/2010 Cellco Partnership, Wireless AT&T Mobility 2372 - - - -

11/30/2011 PAETEC Holding Windstream 2357 1840 313 1.2x 7.2x

07/02/2012 AboveNet Zayo Group 2333 473 192 4.7x 11.6x

02/29/2012 Orange Communications Apax Partners 2131 1385 - 1.5x 6.5x

07/27/2012 Cable and Wirelss Worldwide Vodafone Europe 2127 3437 585 0.6x 3.3x

06/08/2011 Hughes Communications EchoStar Satellite Services 2124 1043 209 1.9x 9.3x

01/01/2010 LG Powercom LG Uplus Corp 2106 1205 320 1.6x 6.2x

04/01/2011 Volgatelecom Rostelecom 2094 1088 474 1.8x 4.2x

04/01/2011 Sibirtelecom Rostelecom 2090 1263 481 1.6x 4.2x

12/27/2011QUALCOMM Inc (Spectrum

Licence)AT&T

1925 - - - -

10/01/2012 TowerCo Holdings SBA Communicaions 1850 146 61 12.7x 30.2x

10/04/2012 National Mobile Tcom Qatar Telecom 1849 2659 984 1.9x 5.1x

04/14/2010 Bezeq- Istrael B Communicaion 1765 3357 1285 1.9x 4.9x

10/02/2013 Scartel MegaFon 1746 - - - -

01/03/2013 Orange Austria Tcom Hutchison 3G Austria 1712 - - - -

05/11/2011 Ukrtelecom ESU 1711 867 138 2.1x 12.9x

04/01/2011 Comstar Mobile Telesystems 1649 1558 645 5.6x 13.5x

04/11/2014 Vodafone India Vodafone International Holdings1641 - - - -

04/24/2012 MegaFon AF Telecom Holding 1610 8522 3488 1.6x 3.8x

01/18/2012 Rostelecom - 1607 2395 539 11.4x 50.7x

top M&A del settore delle telecomunicazioni a livello globale dal 2010

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2. L’evoluzione dei principali gruppi di telecomunicazione

Il fatturato dei principali 28 gruppi mondiali di telecomunicazioni individuati da Mediobanca è

pari a 937 miliardi di euro nel 2013, circa i 3/4 dei ricavi globali del settore, stimati in un

triliardo e mezzo di euro, incluso il segmento del broadcasting. Dopo la frenata nel 2009, i

ricavi dei leader globali hanno ripreso una crescita, seppur lontana dai tassi degli anni

centrali del decennio, cha ha incontrato un lieve rallentamento nel 2013. Con un fatturato

pari a 23.4 miliardi di euro nel 2013, Telecom Italia si classifica al quindicesimo posto tra i

top player globali, alle spalle non solo dei principali operatori avanzati, ma anche delle prime

3 società di telecomunicazioni cinesi.

TARGET COMPRATOREvalore

transazionerendimenti EBITDA

multiplo

r icavi

multiplo

EBITDA

04/01/2011 North-West Telecom Rostelecom 1550 919 409 1.7x 3.9x

03/29/2010 LightSquared Harbinger Capital Partners 1534 35 -87 43.4x -

02/02/2012 Kcell TeliaSonera 1519 - - - -

02/04/2013 Asia-Cell Tcom Ooredoo Q.S.C 1470 - - 3.0x 10.5x

04/24/2012 Telecominvest AF Telecom Holding 1455 - - - -

04/09/2014 Orange Dominicana Alice VII Sarl 1435 581 - 2.5x -

07/30/2013 Opimus SGPS Zon Opimus SGPS 1420 - - - -

03/09/2012 DBSD North America Dish Network 1400 - - - -

01/31/2011 Intel Mobile Communicaions Intel 1400 1314 - 1.1x -

07/30/2012 China Unicom (Hong Kong) China United Network 1387 36095 10604 1.2x 4.2x

03/09/2012 Terrestar Networks Dish Network 1382 - - - -

02/16/2010 HanseNet Telekommunikaion Telefonica Deutschland1334 1764 - 0.8x 3.7x

01/04/2011 Orascom Telecom Tunisia Naional Mobile Telecommunicaions1200 - - - 6.7x

02/26/2014 T-Mobile Czech Republic Deutsche Telekom 1161 617 170 2.3x 8.2x

06/20/2013Companhia de

Telecomunicacoes de MacauCITIC Telecom Internaional Holdings

1140 253 123 4.5x 9.2x

06/01/2010Windstream Iowa

CommunicaionsWindstream

1130 1364 - 2.1x -

08/02/2011 Versatel Kohlberg Kravis Roberts & Co 1116 1006 222 0.9x 4.2x

02/04/2011OJSC Naional

Telecommunicaions

Rostelecom; Uralsvyazinform; North-

West Telecom 1061 - - - -

03/18/2011 Vivo Paricipacoes SP Telecomunicações Paricipações1034 10905 3222 1.0x 3.2x

12/15/2011 Global Tel*Link American Securiies 1000 - - - -

12/19/2011 Vizada SAS Astrium 960 - - - -

07/31/2013

Cosmo Bulgaria Mobile EAD

and GERMANOS Telecom

Bulgaria SA

TeleNor

934 - - 1.9x 5.3x

11/02/2012 Space Systems/Loral Macdonald Detwiler & Associates875 1100 - 0.8x -

03/19/2014 PT AXIS Telekom Indonesia PT XL Axiata 865 - - - -

04/01/2011OJSC Far East

TelecommunicaionsRostelecom

852 571 201 1.4x 4.1x

12/02/2010 MediTelecom France Télécom 840 623 - 4.3x -

12/26/2010 Telmex Colombia Comunicacion Celular 821 - - - -

03/28/2013 Ziggo Liberty Global 811 2006 1104 5.2x 9.5x

09/20/2013Allied Wireless

CommunicaionsAT&T Mobility

780 - - 1.7x 7.9x

12/02/2010 Q-Comm Windstream 780 - - - -

08/13/2013Brasil Telecom Cabos

Submarinos BTG Pactual Gestora de Recursos

776 - - - -

11/12/2012 Bulgarian TelecommunicaionCorporate Commercial Bank; CJSC;VTB

Capital 766 585 137 1.2x 4.9x

01/14/2011 Ceske RadiokomunikaceMacquarie Infrastructure and Real

Assets (Europe) 762 - - - -

06/02/2010 CJSC Synterra MegaFon 745 - - - -

top M&A del settore delle telecomunicazioni a livello globale dal 2010

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L’andamento del settore delle telecomunicazioni* in serie storica – principali voci di conto

economico (in % dei ricavi) e ricavi in termini assoluti

A fronte del progressivo declino della telefonia fissa e della crescente competizione che

interessa il mercato del mobile, nonché dei maggiori costi del venduto legati all’offerta di

servizi sempre più integrati, l’impossibilità di estrarre rendite aggiuntive dal traffico dati ha

esercitato una forte pressione al ribasso sui margini delle telco. La ripresa della marginalità

nel 2013 dopo due anni di forte compressione è legata a un deciso sforzo di contenimento

della spesa operativa. La sostenibilità nel tempo delle attività aziendali è quindi legata alla

capacità di conseguire guadagni di efficienza, riducendo i costi di produzione, e di proporre

nuove soluzioni di processo e di prodotto, allo scopo di ampliare la gamma di servizi offerti.

La buona

performance

dell’utile di

esercizio è invece

riconducibile al

risultato della

gestione

straordinaria (che

ha visto nel 2013 il

buyout della quota

in Vodafone di

Verizon, esclusa

dal campione

analizzato), nonché

a una gestione

ordinaria più

oculata, con una riduzione del peso degli avviamenti e delle spese per partite straordinarie. In

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termini patrimoniali, dopo un periodo di ascesa dell’investimento in intangibili, il 2007 ha

visto una ripresa degli investimenti in asset fissi e un aumento di quelli correnti.

Per contrastare la saturazione dei mercati domestici, i principali gruppi europei hanno cercato

la diversificazione geografica verso i mercati emergenti in catching up, aumentando il peso

dell’investimento in concessioni e licenze, una scelta che ha in parte sostenuto i ricavi del

settore in un periodo di forte compressione dei mercati domestici.

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La necessità di un potenziamento infrastrutturale per i nuovi servizi affamati di banda e di

diversificazione di prodotto per mantenere la clientela domestica in un regime di forte

competizione, unitamente alla minore attrattività dei mercati emergenti con una crescente

maturità dell’offerta4 e incertezza regolatoria ha però di recente portato gli operatori a

rifocalizzarsi sui mercati core. Un’inversione di tendenza che ha portato il peso degli

intangibili a essere solo lievemente superiore rispetto a inizio decennio, con un’incidenza

percentuale pari al 32% sul totale. Non è il caso di Telecom Italia, che presenta il livello di

avviamenti più elevato tra i principali gruppi esaminati nell’analisi di dettaglio.

Il cluster dei leader globali

delle telecomunicazioni mostra

un’importante incidenza della

proprietà statale rispetto ai

principali gruppi industriali,

particolarmente rilevante sul

numero di dipendenti e gli

asset investiti. A quasi

vent’anni dall’ondata di

liberalizzazione che ha investito

il comparto, l’analisi a livello

paese dimostra come nelle

economie Ocse permanga una

rilevante partecipazione

statale, segnalando il carattere

strategico dell’investimento nel settore delle telecomunicazioni (si veda l’allegato 1 per il

dettaglio a livello di singolo paese).

La dinamica complessiva delle vendite dei gruppi nasconde profili differenziati tra aree

geografiche in relazione alle condizioni economiche e ai driver di mercato che governano il

settore. Le economie emergenti, in particolare asiatiche, continuano a guidare l’espansione

mondiale del comparto, in relazione all’intensità del fattore demografico, alle soglie di

sviluppo della domanda a valle e alla crescente dotazione infrastrutturale, mentre la

situazione è tesa nelle economie occidentali a maggiore maturità e saturazione del mercato.

4 Si segnala come alcuni operatori asiatici, tra cui l’indiana Bharti Airtel, abbiano iniziato a loro volta ad

aggredire nuovi mercati, nel caso specifico quello sudafricano.

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Il mercato delle telecomunicazioni ha visto una crescita in Giappone dal 2008, arrivando a

coprire nel 2013 oltre il 16% della domanda mondiale, con un’ampiezza prossima ad aree di

espansione geografica e popolazione molto diverse. La peculiarità del mercato giapponese è

da ricondursi al ruolo di leadership mondiale dell’industria delle telecomunicazioni mobile,

unitamente a una politica industriale per il settore che ha portato a un’infrastruttura a banda

larga prima al mondo per estensione dello spettro. In Europa si registrano rilevanti perdite

(con una contrazione delle vendite che ha superato gli 8 punti percentuali), mentre gli Stati

Uniti mostrano un profilo di maggiore stabilità.

La diversa dinamica dei ricavi si riflette in un

profilo differenziato delle spesa in capitale dei

gruppi in relazione ai principali mercati di

riferimento. Particolarmente problematica è la

situazione degli operatori europei, dove la

maggiore pressione dei costi a fronte di un

fatturato in compressione ha ridotto la

capacità di investimento, incrementando

l’indebitamento di lungo periodo e

indebolendo la struttura finanziaria dei gruppi,

già caratterizzata da forti squilibri.

3. Le reti

L’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi per penetrazione della banda larga fissa tra le

economie OECD, Nel mercato della banda larga fissa, la quota di Telecom Italia ha continuato

a decrescere dal 53% del gennaio 2012 al 50% del gennaio 2014. Nel mercato della

telefonia fissa, Telecom Italia rimane l’operatore primario, ma il volume di traffico voce

veicolato è diminuito dal 55,4% del 2012 al 50.7% del 2012. La principale tecnologia

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utilizzata dagli entranti è la local loop unbundling, ossia il meccanismo delle tariffe di

interconnessione, che interessa circa 5.3 milioni di linee.

Al contrario l’Italia riporta un buon risultato, superiore alla media europea (pari al 59%), nella

diffusione della banda larga mobile

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Nel corso degli ultimi due anni, la banda larga mobile ha continuato la sua espansione,

raggiungendo un tasso di penetrazione doppio rispetto al 2011 e più elevato di quello

riportato dalla media europea, segnalando l’elevata maturità del mercato. In parallelo, lo

sviluppo e la disponibilità commerciale dei network LTE (Long Term Evolution, 4G) ha

registrato importanti progressi (più che triplicando da luglio 2013), sia nelle principali città

che nelle aree in

digital divide. La

quota di mercato

dei due principali

operatori, che

detengono circa

1/3 del mercato a

testa, è diminuita

leggermente in

favore degli altri

operatori

principali, mentre il 5% della base della clientela si suddivide tra i restanti 16 operatori senza

infrastrutture di rete (MVNO).

Nonostante abbia evidenziato nel corso degli ultimi due anni alcuni progressi nel target di

base della Digital Agenda, che prevedeva il raggiungimento dell’accesso universale della

copertura a 2Mbps, l’Italia rappresenta una delle economie europee dove l’obiettivo non è

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stato ancora centrato, con una copertura che ha raggiunto il 98.5% nel 2013.

Il potenziamento della rete a 30Mbps chiesto dall’Europa entro il 2020 procede in modo

disomogeneo e vede l’Italia tra i fanalini di coda, con solo il 20% degli accessi adeguati al

nuovo standard. Una condizione che conferma la scarsa lungimiranza italiana nella creazione

dell’infrastruttura, a fronte di una media europea che nel 2013 offriva già la banda ultra larga

a oltre il 60% dei nuclei familiari.

Il problema italiano si aggrava esaminando le condizioni dell’offerta, che la identificano come

la nazione con la più estesa diffusione di aree a fallimento di mercato per lo sviluppo delle

reti di nuova generazione (aree

bianche Next Generation

Access, di seguito NGA)

d’Europa. La conseguenza è

che appena il 21% della

popolazione ha la disponibilità

di accedere a Internet a più di

30 Mbps, rispetto a una media

europea che ha già raggiunto il

64% della popolazione. La

penetrazione delle tecnologie

NGA è ancora più ridotta,

interessando a inizio 2014 solo

il 2.6% degli accessi alla banda

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fissa, contro il 27% della media europea.

Se la scarsa penetrazione della banda larga a 30 Mbps è in parte relazionata ai bassi livelli di

alfabetizzazione informatica (sono il 34% gli italiani che non hanno mai utilizzato internet nel

2013, contro il 13% in Germania e il 21% della media Ue), anche la qualità della banda larga

esistente in termini di velocità appare ridotta rispetto alla media europea (solo il 18.4% degli

abbonamenti provvede una rete con velocità superiore ai 10 Mbps contro il 66% dell’Unione).

Il confronto per velocità medie di navigazione è ancora più schiacciante rispetto a una

selezione di economie mondiali (dati Communications Monitoring 2014).

In Italia gli investimenti in reti a banda ultra-larga risentono di alcune condizioni iniziali, tra

cui l’assenza della concorrenza dinamica tra operatori di reti di telecomunicazioni e quelli di

reti via cavo che, in altri paesi, hanno affiancato all’originale fornitura di servizi televisivi

anche i servizi a banda

ultra-larga. L’assenza delle

reti via cavo esercita un

impatto diretto in quanto gli

obiettivi di copertura e di

penetrazione della banda

ultra-larga possono essere

raggiunti esclusivamente, e

in tempi più lunghi,

attraverso gli investimenti

degli operatori di

telecomunicazione, e

indiretto in quanto gli operatori di telecomunicazione definiscono i propri piani di

investimento senza la pressione concorrenziale degli operatori via cavo.

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Ad oggi, la

connessione in

banda larga è

prevista per circa il

95% attraverso le

linee DSL,

condizione che

porta l’offerta in

termini di velocità

a un massimo di

30 Mbps e

naturalmente

porta il numero di

sottoscrittori di abbonamenti a banda ultralarga (con una velocità di connessione minima di

100 Mbps) a zero, contro una media europea che si colloca comunque al solo 5.3% dei nuclei

familiari, in vista dell’obiettivo del 50% al 2020.

Per quanto concerne le connessioni in fibra, l’Italia si colloca a margine della classifica OECD,

con una percentuale del 2.4%, mentre il Giappone cavalca la classifica con soglie del 70%. Il

confronto regionale vede in generale Stati Uniti ed Europa situarsi su livelli molto contenuti e

inferiori al 10%, contro l’incidenza sei volte superiore delle economie asiatiche leader.

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A livello mondiale, la

maggiore velocità di

connessione è nei mercati

asiatici: la prima offerta

commerciale per connessioni

da 1 Giga per secondo è stata

lanciata a Hong Kong. In

America l’offerta di servizi di

connessione ultra veloce è

effettuata su network fibra

ottica, con una velocità che in

generale si colloca però tra i

50 e i 200 Mbps. In Europa la

maggioranza degli operatori a

banda larga ultra veloce

offrono servizi più

segmentati, anche se nella

maggioranza dei casi, la

velocità massima proposta

Fiber to the home and

fiber to the building

fonte: OECD, 2014

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non eccede i 100 Mbps. Si segnala come nel quarto trimestre del 2013 sei telco europee

abbiano lanciato offerte da 1 Gbps (Lattelecom, Free, PT Luxembourg, RCS&RDS, Swisscom).

La diversa disponibilità di infrastruttura in fibra si riverbera sul numero di abbonati alla banda

ultraveloce per singoli gruppi. Un elemento di interesse è rappresentato dal fatto che i

competitori mostrano in generale una maggiore penetrazione della banda larga tra gli

abbonamenti offerti rispetto agli incumbent, segnale che l’offerta dei servizi in fibra

rappresenta un’importante strategia di vantaggio competitivo.

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In un contesto che vede l’assenza di network via cavo e una contenuta lunghezza delle sotto-

reti in rame, i principali progetti di investimento dell’incumbent in Italia e alcuni altri operatori

nel corso del biennio 2012-’13 si sono concentrati principalmente sullo sviluppo delle reti in

fibra FTTC nei principali centri urbani, mentre un operatore di fibra ha sviluppato collegamenti

FTTH (to the home) in collaborazione con le municipalità locali in alcune zone cittadine del

Nord. La strategia di realizzare prima le reti FTTC (fiber to the cabinet) e successivamente

quelle FTTB/H (to the building, to the home), riflette un approccio “wait and see”, allo scopo di

sviluppare i tratti finali solo quando l’evoluzione e la maggior dimensione della domanda lo

imponga. I rischi dell’incertezza della domanda sono particolarmente significativi per gli

investimenti in reti FTTH, dal momento che è più ridotto l’insieme di servizi al dettaglio per i

quali è indispensabile la capacità di trasmissione assicurabile esclusivamente queste reti.

Negli ultimi anni l’Italia ha implementato una strategia per l’estensione della banda larga

fissa base alle aree rurali e più isolate. La strategia prevedeva 1.1 miliardi di investimenti, per

lo più finanziati da fondi nazionali o da fondi strutturali delle regioni o dal Fondo Europeo

Agricolo per lo sviluppo rurale disponibili per il periodo 2007-2013, dirottati sullo sviluppo

della banda larga. Nel gennaio del 2013, il 46% di questi progetti era concluso, coinvolgendo

circa 3.4 milioni di abitanti. Nel 2012 il Ministero dello Sviluppo Economico ha adottato un

piano strategico per la garanzia dei fondi pubblici alle autorità locali e delle regioni per la

banda larga in connessione con gli obiettivi della Digital Agenda.

Questo piano targetizzava in particolare lo sviluppo del network delle Next Generation Access,

attraverso 3 strategie di investimento

1) sostegno pubblico diretto nelle zone passive

2) partnership pubblico--privata

3) garanzie complementari agli investimenti privati.

Il piano strategico non era vincolante, anche se molte regioni hanno stretto accordi diretti con

il MISE e la sua compagnia esecutiva, Infratel, per il coordinamento e l’implementazione degli

interventi finanziati con i loro fondi. Nel 2013 Infratel ha registrato 126 milioni di fondi

pubblici a sostegno dell’investimento privato, per un complessivo di 181 milioni in aree

bianche in Campania e 5 in Molise. Nel primo trimestre del 2014, Infratel ha annunciato

bandi per l’assegnazione di 127.6 milioni di investimenti pubblici in aree bianche NGA in

Calabria, Puglia e alcune città lombarde (Monza e Varese).

La consultazione pubblica svolta da Infratel per conto del Ministero dello Sviluppo Economico

(MISE) e conclusa nel luglio 2014, anche se ha potuto registrare una significativa ripresa degli

investimenti programmati da parte degli operatori privati nell’arco del triennio 2014-16, ha

messo in evidenza che il mercato da solo non è in grado di mettere l’Italia in condizione

l’Italia di raggiungere pienamente gli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale Europea.

Dall’ultimo Piano del Governo per la banda ultra-larga emerge che saranno 482 i comuni

collegati alla banda larga a 30 Mbps dagli operatori privati entro il 2016, con un investimento

complessivo inferiore a 2 miliardi di euro nel triennio. A questo dato devono essere aggiunti i

657 comuni che saranno raggiunti da reti NGA grazie al Piano Strategico in corso, già

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finanziato da molte regioni italiane, portando complessivamente la copertura a 30 Mbps alla

fine del 2016 ad un totale di 1.139 comuni. Pur triplicando i comuni coperti rispetto alla

situazione attuale, gli investimenti programmati non saranno sufficienti ad allineare l’Italia

alla media europea. Secondo gli impegni attuali, l’Italia raggiungerà solo fra tre anni l’attuale

media europea, quando l’Europa avrà spostato ancora più in là il suo livello di copertura.

Per la prima volta con il piano europeo 2014-2020 è stato permesso un utilizzo dei fondi

strutturali europei che non sia esclusivamente rivolto alla digitalizzazione delle cosiddette

“zone bianche”, ma che possa essere orientato anche ai territori caratterizzati da elevata

competitività, sia attraverso incentivi fiscali che contribuzione diretta (a fondo perduto, su

risorse comunitarie (FESR e FEASR) nazionali (FSC) e regionali, o garanzia del debito).

A livello di potenziamento dei canali di distribuzione i target sono sia le infrastrutture “medie”

(ampiezza banda 30 Mbps) in cui l’Italia presenta già un forte livello di ritardo, sia a quelle

“avanzate”, che dovrebbero permettere entro il 2020 l’accesso a oltre il 50% della

popolazione della banda a 100 Mbps. Analogamente alla proposta francese dei così detti

Réseaux d’Initiative Publique (RIP), l’Italia, avvalendosi anche del modello d’intervento

“partnership pubblico-privata”, prevede l’impiego di risorse pubbliche per circa 6 mld di euro,

con un fattore di leva 2, rispetto alle risorse dei privati, nello scenario più ottimista.

Il piano del governo prevede distinti schemi di finanziamento, suddividendo i territori

interessati per 4 principali cluster5

5 Cluster A. È il cluster con il migliore rapporto costi-benefici, dove è più probabile l’interesse degli operatori

privati. Include le principali 15 città nere (dove è presente – o lo sarà – più di un operatore di rete) per quanto

riguarda le reti a più di 30 Mbps (Roma, Milano12, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari,

Catania, Venezia, Verona, Messina, Padova e Trieste) e le principali aree industriali del Paese;

• Costituisce il 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di persone);

• In questo cluster è possibile il “salto di qualità” richiesto dalla normativa UE portando la velocità di

collegamento da 30 a 100 Mbps entro il 2020 con l’utilizzo di strumenti finanziari per l’accesso a debito (a

condizioni agevolate e a basso rischio) e/o mediante misure di defiscalizzazione degli investimenti.

Cluster B .È formato dalle aree in cui gli operatori hanno realizzato o realizzeranno reti con collegamenti ad

almeno 30 Mbps, ma le condizioni di mercato non sono sufficienti a garantire ritorni accettabili a condizioni di

solo mercato per investire in reti a 100 Mbps: Include 1.120 comuni, alcuni in aree nere e altri in aree grigie (è

presente un solo operatore di rete e non vi sono piani per un secondo) per le reti a più di 30 Mbps e vi ris iede il

45% della popolazione (circa 28,2 milioni di persone).Cluster C. Si tratta di aree marginali attualmente a

fallimento di mercato, incluse aree rurali, per le quali si stima che gli operatori possano maturare l’interesse a

investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale. Include circa 2.650 comuni e alcune

aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps, vi risiedono circa 15,7 milioni di persone (il 25% della

popolazione). In queste aree è necessario prevedere non solo soluzioni per l’accesso al credito agevolato e

incentivi fiscali, ma anche una parte di contributi a fondo perduto limitata, ma proporzionalmente maggiore

rispetto a quella del cluster B. Cluster D. Sono aree tipicamente a fallimento di mercato per le quali solo

l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps.

Ingloba i restanti 4.300 comuni circa, soprattutto al Sud, incluse alcune aree rurali; vi risiedono circa 9,4 milioni

di persone (il 15% della popolazione); In questo cluster, soprattutto al Sud, si ritiene che l’incentivo pubblico

possa essere concesso in misura maggiore a fondo perduto, considerando le infrastrutture a banda ultralarga

strategiche ai fini delle politiche di coesione per lo sviluppo dei territori particolarmente disagiati, con un PIL pro

capite inferiore al 75% della media UE-27 (17 mila euro). Tale intervento pubblico è già in corso in circa 300

Comuni.

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Il piano vincola la cessione degli aiuti alla realizzazione di connessioni di tipo FTTH e FTTB

(fiber to the home, to the building), di fatto realizzate in Italia unicamente da Metroweb (gli

altri operatori infrastrutturali sono tutti FTTC). Il fatto che Metroweb sia partecipata

direttamente per il 46% e indirettamente attraverso F2I (che detiene un 16%) dalla Cassa

Depositi e Prestiti, può collocare il finanziamento nella fattispecie degli aiuti di stato,

rendendolo passibile della procedura ostativa della Commissione Europea.

Allo stato attuale l’infrastruttura italiana non appare così carente, soprattutto per quanto

riguarda la rete fissa tradizionale, che presenta la totalità delle dorsali in fibra. Il fatto che le

centrali siano localizzate a elevata prossimità con l’utenza oggi permette un costo di posa

della fibra al cabinet più contenuto. il decreto Sblocca Italia, identificando la posa

dell’infrastruttura come un’operazione di urbanizzazione primaria, legata quindi

all’approvazione a maggioranza degli enti locali, permette di bypassare molte delle rigidità a

livello di amministrazioni condominiali che si presentavano nella posa del tratto finale.

Un secondo punto importante del Piano del Governo è l’incentivo della domanda di banda

larga, che si lega direttamente con la necessità di sviluppare una maggiore segmentazione

verso servizi online, non solo da parte della Pubblica Amministrazione (ad esempio nella

materia del sostegno alle imprese), ma soprattutto legata alla fruizione dei nuovi servizi

entertainment ad alta fruizione di banda, come lo streaming, i nuovi giochi online, il voip e le

applicazioni.

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Bibliografia

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La neutralità della rete: le risultanze della consultazione pubblica di cui alla delibera n. 40/11/CONS

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indagine conoscitiva sulla concorrenza statica e dinamica nel mercato dei servizi di accesso e sulle

prospettive di investimento nelle reti di telecomunicazioni a banda larga e ultra-larga

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Università Luiss – Roma 25 giugno 2014

Intervento di Francesco Sclafani, Segretario Generale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

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Telecommunications Society (ITS)

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FTTx 2014 Markets & Trends Facts & Figures, IDATE

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Reforming euRope's Telecoms RegulaTion To enable The Digital single market, BCG 2012

Canadian Radio­television and Telecommunications Commission

Communications Monitoring Report 2014: International perspective

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Allegato 1- partecipazione pubblica nelle principali telco europee

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