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Febbraio 2008 La riforma del Welfare in Basilicata: verso la Rete Regionale Integrata dei Servizi di Cittadinanza Sociale

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Febbraio 2008

La riforma del Welfare in Basilicata: verso la Rete Regionale Integrata dei Servizi di Cittadinanza Sociale

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Indice

I. Definizione del concetto di Welfare.

II. Evoluzione del concetto di Welfare.

III. Le politiche di Welfare in Italia: la Legge 328/00

IV. Le politiche di Welfare in Basilicata.

V. La riforma del Welfare in Basilicata.

VI. Scheda Tecnica della L.R. 4/07.

VII.Timetable del programma

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Definizione del concetto di welfare

• La prima volta che “welfare” compare su un libro è nel 1941, il titolo dell’opera è Citizen and Churchman. L’autore di tale lavoro,l’arcivescovo William Temple, non avrebbe mai pensato di aver individuato con tale neologismo la chiave principale di lettura delle politiche democratiche dei governi occidentali del XX e del XXI secolo.

• La parola venne coniata semplicemente per sottolineare la differenza tra i governi “warfariani” e quelli welfariani: in particolare Temple volle evidenziare come le politiche naziste mirassero alla potenza e alla forza dello stato e della sua popolazione, mentre Churchillconduceva il Regno Unito verso uno stato di benessere, con politiche, appunto, attente allo stato di salute della popolazione. Da allora “welfare” ha assunto il significato di assetto statale vicino alle esigenze primarie della popolazione.

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Definizione del concetto di welfare

• Le policies di contrasto alla povertà sono però molto antecedenti al 1941 infatti già nel secolo XVII la “Poor Law” (legge sulla povertà) della regina Elisabetta d’Inghilterra può essere intesa come espressione di una politica welfariana.

• Tale espressione è genericamente usata per definire le politiche statali attente alle problematiche sociali, dalla sicurezza alla salute, dall’istruzione all’abitazione.

• In una definizione più recente (e più completa) il Welfare diventa quindi l’insieme delle politiche di promozione e di protezione dei diritti sociali.

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Definizione del concetto di welfare

• Una definizione estensiva del concetto propone il welfare state come l’insieme degli interventi dello Stato che strutturano l’assetto sociale ed economico, ossia come l’ammontare di spesa pubblica dei singoli governi.

• P.es a livello internazionale, sia l’International Labour Office (ILO) che l’Organisation for the European Cooperation and Developement (OECD) hanno, infatti, guardato al welfare come l’insieme delle politiche macroeconomiche di spesa pubblica dei vari governi.

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Definizione del concetto di welfare

• Alcuni studiosi di questa opinione hanno la spesa pubblica in tre aree di interesse:

1. l’area “tradizionale”; 2. il “welfare state”; 3. l’“economia mista”.

• La prima “comprende la spesa per la difesa, la giustizia, l’ordine pubblico e i servizi generali; il welfare state comprende la spesa per i merit goods (salute, istruzione, edilizia popolare) e per il sostegno dei redditi familiari (previdenza ed assistenza); infine l’economia mista comprende le partecipazioni statali, i sussidi alla produzione, gli interessi sul debito pubblico…”

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Evoluzione del concetto di Welfare

Il Welfare è uno dei tratti caratterizzanti la società del XX sec. poiché nasce e si struttura sul concetto di lavoro ovvero sulla redistribuzione delle risorse prodotte dai lavoratori allo scopo di proteggere gli stessi lavoratori da congiunture sfavorevoli.

L’enorme crescita dei costi di sistemi di protezione sociale insieme al progressivo processo di dissoluzione del legami tra produzione e redistribuzione delle risorse nella nuova dimensione dell’economia globale, sta producendo profonde modificazioni di espressione delle politiche di welfare.

Aspetti patologici:

anche a causa delle degenerazioni burocratiche delle istituzioni tradizionali dello stato sociale, ha preso corpo una rappresentazione del welfare come zavorra dello sviluppo, una concezione residuale del welfare intesa come area di costi sociali da sopportare e da contenere, nel migliore dei casi una sua versione ‘funzionalista’ quale forma di raffreddamento del conflitto sociale.

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Evoluzione del concetto di Welfare

• Ma è altrettanto vero che a queste si è andata affiancando e contrapponendo sempre più nettamente l’idea di un welfareconcepito come asse fondamentale del complessivo disegno di sviluppo di una società più aperta, inclusiva, come infrastruttura determinante per un modello di sviluppo orientato all’equità, al benessere distribuito.

• Più che di welfare state si parla ormai da tempo di welfare community, per indicare il nuovo contesto compartecipativo di riferimento, e di welfare mix, per significare la dimensione post-statale e l’impostazione di sussidiarietà che ispira il nuovo welfare, che è sempre di più chiamato a misurarsi con la rivoluzione demografica ed epidemiologica in atto, con lo spostamento del baricentro dell’attenzione sull’invecchiamento della popolazione e sulle complesse patologie legate al fenomeno, con la gestione dei nuovi rischi sociali

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Evoluzione del concetto di Welfare

• In Europa si sviluppano storicamente diversi modelli di Welfare.

• Modello Socialdemocratico dei paesi scandinavi (Finlandia, Svezia, Danimarca), ad impostazione universalista, con un forte ruolo dello Stato, con un’offerta molto ampia di misure di protezione

• Modello liberale dei paesi anglosassoni (Regno Unito, Irlanda), imperniato sul protagonismo della famiglia e sui meccanismi del mercato, con un ruolo minore ed emergenziale dello Stato

• Modello corporativo dei paesi dell’Europa centrale (Germania, Olanda, Francia, Belgio), in cui Stato e famiglia recitano la parte fondamentale, con politiche significative di protezione dei lavoratori dalle congiunture sfavorevoli.

• Modello familistico dei paesi mediterranei (Spagna, Italia, Portogallo, Grecia), in cui sono presenti tratti del modello corporativo, ma con una più forte accentuazione sulla coesione della famiglia, sul ruolo del capofamiglia

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Evoluzione del concetto di Welfare

• In realtà i modelli accelerano la loro evoluzione compensando le mutazioni dello scenario socio-economico nell’era dell’economia globale e della IT.

• Così il modello socialdemocratico comincia a spostare la sua attenzione dalla protezione del posto di lavoro alla protezione all’interno del mercato del lavoro, tentando di conciliare flessibilità, sicurezza ed economia della conoscenza (la c.d. flexicurity scandinava).

• Il nostro stesso modello mediterraneo accenna ad evolvere verso una crescente defamilizzazione, anche se attraverso un diffuso ricorso al mercato sommerso, sottoretribuito ed irregolare, della cura e assistenza domiciliare p.es.

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Evoluzione del concetto di Welfare

• Molto eterogeneo è anche il livello di priorità delle agende governative rispetto al nostro tema al quale ad es.

• Evidente anche il divario del tasso di occupazione nel settore dei servizi alla persona:

- La Danimarca destina risorse in misura del 33% del PIL

- L’Italia solo il 25% (Tale dato non considera, però, le imposte prelevate a vario titolo sulle prestazioni che alleviano sensibilmente l’effettiva incidenza della spesa sociale sul bilancio pubblico, essendo pari a circa il 2% del Pil).

- Media europea 26%

- 13,7% in Svezia- 8% nel Regno Unito- 6,9% in Germania- 5,7% in Francia- 3,4 in Italia.

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Evoluzione del concetto di Welfare

• Anche all’interno della stesso paese i livelli possono mutare in maniera significativa.

• Una analisi di benchmarking di alcuni indicatori chiave rileva l’esistenza in Italia di almeno 4 welfare State.

• Il dato è difficilmente contestabile, basta guardare alla mappa di due fenomeni rivelatori, il tasso di occupazione femminile e la capacità ricettiva delle strutture per anziani, per avere un immediato riscontro della attendibilità di questa geografia differenziata della cittadinanza sociale nel nostro Paese

a) la prima, dall’offerta piùcompleta (le regioni a statuto speciale del nord);

b) la seconda, dalla spesa piùselettiva ed efficiente (le regioni settentrionali);

c) la terza, dove il divario bisogni-risorse si fa piùaccentuato (le regioni del centro);

d) la quarta a forte caratterizzazione familistica (le regioni meridionali).

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Evoluzione del concetto di Welfare

• Come si è detto il XX secolo è stato considerato come il secolo del welfare state.

• In Italia però per rintracciare un antecedente significativo alla regolazione legislativa proposta dalla legge-quadro 8 novembre 2000 n. 328 bisogna risalire addirittura di 110 anni, cioè alla legge Crispi del 1890 il che non significa, evidentemente, anche da noi non si sia assistito ad una lenta ma continua espansione delle finalità delle politiche sociali, che p.es. la carta costituzionale ha recepito tra i compiti dello Stato democratico.

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Le politiche di Welfare in Italia

• In Italia il processo per la predisposizione ed approvazione di una legge quadro di riforma socio-assistenziale, apertosi fin dalla metà degli anni Sessanta e declinatosi attraverso tante legislature, ha conseguito una sua positiva conclusione con l’approvazione della L. 328/2000.

• La legge n. 328/2000 comprende enunciazioni di principio e specifiche indicazioni operative, ma che punta espressamente a configurare un sistema integrato di servizi e interventi sociali finalizzato a trasformare il welfaredella sanità e della previdenza in un welfare delle famiglie e delle politiche sociali.

• L’ architettura istituzionale: èquella della governancemultilivello (Stato, Regioni, Comuni, soggetti sociali);

• punti nodali del sistema prevista diventano:

a. I livelli essenziali delle prestazioni sociali,

b. la carta dei diritti sociali, c. la programmazione di zona, d. l’integrazione socio-sanitaria, e. i meccanismi di accreditamento e

di controllo.

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Le politiche di Welfare in Italia

• Tuttavia dopo pochi mesi da tale approvazione,la L. Cost. 3/2001 ha innovato il dettato costituzionale,modificando il quadro delle competenze tra i diversi livelli di governo per la programmazione e l’attuazione delle politiche sociali.

• Il nuovo testo del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con una clausola di tipo residuale (Cost. art. 117, c. 4), attribuisce infatti alle Regioni “la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato” ai commi 2 e 3 dello stesso articolo.

• Fra le materie riservate allo Stato (Cost. art. 117, c. 2 e 3) non si colloca quella socio-assistenziale, rispetto alla quale le Regioni hanno quindi potestà legislativa primaria, ossia non limitata dai principi fondamentali della legislazione statale, ma soltanto dal rispetto della Costituzione, dell’ordinamento comunitario europeo e dagli obblighi internazionali.

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Le politiche di Welfare in Italia

• Ma, anche se con la riforma del Tit. V la L.328 ha perso tecnicamente la sua portata vincolante per il legislatore regionale, la legge n. 328/2000 ha continuato ad esercitare una forte ed imprescindibile funzione di riferimento per l’attività legislativa regionale.

• La maggior parte delle Regioni si è mossa con ritardo sul fronte dell’elaborazione di una disciplina normativa organica di riordino del sistema dei servizi sociali regionali, dando invece priorità all’adozione di provvedimenti settoriali parziali (piani di zona, procedure di autorizzazione e accreditamento, affidamento di servizi al terzo settore).

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• La Regione Basilicata, non avendo prodotto una legge di recepimento e di attuazione della legge n. 328, ha continuato a far riferimento alla L.R. 19 maggio 1997 n. 25.

• La L.R. n. 25/97 “Riordino del sistema socio assistenziale” ha dettato un modello organico di programmazione degli interventi e determinato il nuovo assetto organizzativo ed istituzionale, a partire da una nuova individuazione delle competenze da parte dei soggetti pubblici titolari.

• Sempre la L.R.25/97 ha previsto il Piano socio assistenziale quale strumento operativo per l’attuazione dei servizi, degli interventi e delle azioni di natura sociale, uno strumento quindi, regolatore dei servizi alla persona.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Con DCR n° 1280 del 21/12/99 la Regione ha adottato il primo “Piano socio assistenziale 2000/2002”. Per favorire l’avvio concreto delle riforme si è poi provveduto, con DEL. G.R. 1760/2000 a fornire assistenza tecnica ai Comuni per l'implementazione del piano.

• Il primo Piano socio-assistenziale (PSA) segna, insieme alla legge regionale di riordino, una svolta nella storia della Regione Basilicata: alle politiche sociali viene attribuito un valore strategico all’interno di una prospettiva più complessiva di sviluppo del territorio.

• Ciò significa che il Piano non ha un puro significato di risposta ai bisogni (quelli amministrativi e programmatori degli Enti Pubblici, quelli socio-assistenziali della popolazione), ma si configura come progetto di politiche sociali attive.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Il PSA delinea il quadro delle competenze istituzionali su cui si va a strutturare il sistema di servizi.

• Esso pone in capo alla Regione, alle Province e ai Comuni la titolarità delle funzioni socio-assistenziali.

• Le Aziende Sanitarie concorrono alla realizzazione del sistema.• Viene quindi recuperato il ruolo del Comune nel governo territoriale

della sanità, insieme ad una responsabilità piena e operativa dell’Ente nel campo dei servizi socio-assistenziali.

• La necessità primaria è quella di favorire la gestione diretta da parte dei Comuni dei servizi sociali: non quindi la delega alla AUSL, ma "la gestione diretta e consapevole nel quadro di un’azione programmata di coordinamento, collaborazione, integrazione tra Comune e AUSL".

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• In attuazione dell’art.11 comma 1 della L.R.25/97 il PSA assume come obiettivo di riqualificazione dell’assetto istituzionale e del sistema di responsabilità, l’attivazione dei Piani di zona.

• Il Piano di Zona viene letto dal legislatore regionale come “lo strumento per realizzare la piena affermazione dell’autonomia locale nella programmazione e gestione dei servizi sociali e l'occasione offerta alle comunità locali per leggere, valutare, programmare e guidare il proprio sviluppo”.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Gli strumenti formali per la realizzazione del PSA.ConvenzioniConferenza dei sindaciAccordo di programma fra tutti i soggetti pubblici coinvolti nel Piano;Accordi fra le pubbliche amministrazioni coinvolte;Conferenza di servizi quale modalità procedimentale che favorisca il raggiungimento degli accordi fra i soggetti istituzionali;Accordi di diverso tipo con i soggetti non istituzionali anche sotto forma di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo, limitatamente agli aspetti attuativi.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Il Piano individua nella gestione associata la forma migliore per garantire l'uniformità e il governo del sistema che pone in capo a Regione, Province e Comuni, la titolarità delle funzioni socio assistenziali mentre le Aziende sanitarie concorrono alla realizzazione del sistema socio-assistenziale.

• I Comuni possono scegliere di non partecipare alla gestione associata limitatamente alle attività di assistenza economica, di reddito minimo di inserimento, di informazione e di promozione sociale.

• I Comuni possono attribuire alla gestione associata ulteriori servizi sociali di loro competenza, possono prevedere convenzioni o accordi di programma qualora lo ritengano opportuno, per progetti speciali e sperimentali in aree innovative.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

PotenzaMatera

Vulture

Alto Bradano

BasentoMarmo Melandro

Agri Melandro

Alto Agri

Basento Bradano

Agri Sauro

Collina Materana

Basso Basento

Basso Sinni

LagonegreseAlto Sinni

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Un primo bilancio:

Le azioni poste in essere in questi anni hanno comprensibilmenterisentito di una fase faticosa di start up, anche per l’insieme delle operazioni organizzative necessarie, dalla costituzione degli ambiti territoriali all’attivazione degli uffici sociali comunali, dal rodaggio delle gestione amministrativa associata all’effettuazione dei procedimenti di gara per l’affidamento dei servizi. Ad oggi risultano attivati tutti i 15 ambiti istituiti; negli uffici sociali comunali lavorano 150 operatori (psicologi e assistenti sociali); risultano implementate le misure relative all’area Handicap, all’area Infanzia ed all’area Anziani; molto più circoscritta l’area di intervento per le Tossicodipendenze.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

- Stato di attuazione dei servizi del PSA- a fine 2005 su registrava l’attivazione dell’85% dei

servizi previsti dai PSZ

0,00%

20,00%

40,00%

60,00%

80,00%

100,00%

Servizi attivati Affidati ma non attivi Non attivi

apr-05 dic-05

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Le politiche di Welfare in Basilicata\

Tot. somme trasferite per area di intervento 1ma triennalità

Area Handicap 4.468.107,48

Area Anziani 10.641.208,3

Area Infanzia 11.001.448,26Area Tossicodip. 1.357.248,69Uff. Sociali Com. 4.177.635,42

Tot. 31.645.648,15

Totale trasferimenti regionali: € 31.645.648,00

Tossicodip.4%

Uff. Soc. Comunali

13%

Anziani34%

Infanzia35%

Handicap14%

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Il carattere ancora limitato dell’intervento regionale esclude, ovviamente, la presenza di un indirizzo programmatico espressamente dedicato alla long term care, cioè all’obiettivo del sostegno dell’autonomia possibile delle persone non autosufficienti, soprattutto anziane over 65, che in Basilicata ammontano, secondo stime attendibili, a non meno di 25.000 unità, solo marginalmente rientranti nel raggio di azione dei servizi di Assistenza Domiciliare Integrata.

• La struttura per classi d’età della popolazione lucana è infatti cambiata molto nell’ultimo decennio in conseguenza di un processo di invecchiamento che andrà progressivamente intensificandosi nei prossimi anni e che inevitabilmente costituirà il cambiamento strutturale di maggiore impatto sulle politiche sociali (Long Term Care).

• Le modifiche nella struttura per etàdella popolazione hanno a che fare tanto con l’aumento della speranza di vita quanto con la riduzione della natalità.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Struttura demografica della popolazione• In linea con quanto sta accadendo oggi nel resto del Paese la

Basilicata sta osservando un ininterrotto invecchiamento della propria struttura demografica con un costante aumento del peso relativo delle classi di età più anziane di 65 e più anni. Se nel 2006 l’indice di invecchiamento ha fatto registrare un valore del 20,0%, ossia 2 anziani con più di 64 anni ogni 10 individui residenti in Regione (assai vicino al valore di 19,9% che si registra su scala nazionale), il trend di lungo periodo è alquanto allarmante. Nel giro di soli 10 anni l’indice aumenterà fino al 25%, prima di andare nell’anno 2051 a sfiorare il tetto del 35%, un individuo su 3 in Regione Basilicata sarà ultra 64enne.

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Al fine di capire quanto l’invecchiamento della popolazione inciderà anche sul sistema di welfare locale, incentrato come noto sul modello familistico mediterraneo, è utile gettare uno sguardo al rapporto fra i caregiver informali e i grandi anziani con piùdi 84 anni (popolazione a maggior necessità di assistenza sociosanitaria): tale rapporto passerà dall’attuale valore di 13 caregiver ogni ultra-84enne a un valore di 3 a 1 nel 2051, sintomo questo di un costante e rapido deterioramento del network familiare di supporto all’anziano fragile e ad una crescente necessitàdi esternalizzare l’onere di cura.

0,0

2,5

5,0

7,5

10,0

12,5

15,0

Rapporto caregiver informali / grandi anziani(50-74 aa / ≥ 85 aa) in Basilicata. Stime previsionali al 2051

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Le politiche di Welfare in Basilicata

• Per quanto riguarda le riflessioni circa il sistema di assistenza sociosanitaria della Regione Basilicata è da rilevare uno scarso livello di penetrazione dell’offerta di assistenza residenziale per anziani del territorio.

• La Basilicata si distingue infatti per avere uno dei più bassi indici di penetrazione (4‰) tra le Regioni del Sud Italia, per cui la media è del 6,4‰, a fronte di un dato nazionale che è del 18,9‰. Tale dato è sia sintomo di una scarsa offerta residenziale per la popolazione anziana in termini di posti letto, sia oltretutto segno di una bassa propensione da parte delle famiglie all’istituzionalizzazione della cura dell’anziano fragile. Questo pertanto è uno dei fattori che primariamente possono spiegare il recente aumento della domanda di assistenti familiari e il costante afflusso di donne straniere dai Paesi dell’Est Europa candidate a ricoprire tali mansioni di assistenza.

Indice di penetrazione strutture residenziali per anziani (raffronto fra regioni italiane) – valori ‰

Regione / Ripartizione Indice di penetrazione

Basilicata 4,0

Abruzzo 13,3

Molise 16,8

Campania 3,9

Puglia 7,3

Calabria 4,4

Sud 6,4

Italia 18,9

Fonte: Istat

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Le politiche di Welfare in basilicata

• Analisi della natalità:nel 2004 si stima che i nati per ogni donna in età feconda siano stati complessivamente 1,33.

• Si tratta di un dato che conferma il processo di prolungata flessione avviatasi dalla metà degli anni sessanta, quando si contavano 2,7 figli per donna: in soli quindici anni, tra l’inizio degli anni ‘70 e la metà degli anni ‘80, il numero di figli per donna si era infatti ridotto di una unità, per poi calare di un’altra mezza unità nel decennio successivo.

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Le politiche di Welfare in basilicata

• Il limitato grado di sviluppo del sistema socio-assistenziale si riverbera, ovviamente, sul fatturato complessivo dell’economia sociale ovvero:

• 1,6% di entrate rispetto al PIL, la metà della media nazionale e sul livello di organizzazione e di estensione del c.d. terzo settore, che risulta alquanto basso.

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La riforma del Welfare in Basilicata. Il percorso verso “una rete integrata dei servizi di cittadinanza sociale”

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La riforma del Welfare in Basilicata

• L’approvazione della L.R. 19 gennaio 2005 n. 3 per la “promozione della cittadinanza solidale” segna l’avvio di una svolta politica e legislativa nell’ottica di un ri-allineamento agli indirizzi della legislazione nazionale.

• Pur dando vita ad un programma sperimentale di contrasto alla povertà ed all’emarginazione sociale, essa assume a riferimento l’idea di una società, che impegna tutte le sue strutture di servizio per favorire il recupero e la reintegrazione sociale e lavorativa dei più deprivati, e l’immagine di un welfare, che non elargisce sussidi assistenziali ma predispone una serie di opportunità, proponendo ai destinatari degli interventi un contratto di cittadinanza, un impegno alla costruzione di percorsi di inserimento ed alla coproduzione del reddito.

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La riforma del Welfare in Basilicata

• Di cosa si tratta?• Una serie di misure di contrasto della povertà e dell’esclusione

sociale attraverso un sussidio monetario integrativo del reddito che èstrettamente correlato all’adesione a progetti personalizzati di inclusione diretti ad accompagnare i beneficiari ed i loro nuclei familiari al perseguimento dell’integrazione sociale e dell’ autonomia economica.

• Come funziona?• Il Programma è imperniato su un patto di cittadinanza (denominato

“contratto di inserimento”), in base al quale, a fronte di un sussidio monetario integrativo del reddito, i beneficiari si impegnano adattuare progetti di inclusione sociale specificamente concordati.

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• A chi si rivolge?• Possono partecipare al Programma le persone maggiorenni residenti

in Basilicata appartenenti a nuclei familiari in particolare stato di disagio socio-economico, la cui situazione economica, misurata dall’ISE (indicatore della situazione economica) risulti non superiore alle “soglie di accesso” definite. Le “soglie di accesso” variano in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare e di condizioni di particolare disagio sociale.

• Fra gli obblighi che la famiglia assume, oltre all’impegno a seguire i percorsi personalizzati di inserimento sociale specificamente concordati, vi è anche l’obbligo di accettare le offerte di lavoro anche a tempo determinato che dovessero essere intercettate dal sistema.

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La stima dei possibili impatti macroeconomici su occupazione e valore aggiunto. Abstract di una analisi valutativa in corso.

Una questione importante per la valutazione degli effetti possibili del programma in corso riguarda la stima ex-ante dell’impatto potenziale del programma sul sistema economico regionale nel suo insieme. Fondamentalmente, infatti, il programma di cittadinanza solidale è anche un provvedimento di spesa pubblica, che mira, nella sua componente monetaria, ad integrare il reddito individuale tramite trasferimenti pubblici. Ciò non potrà non avere un impatto di tipo macroeconomico, per il tramite della propensione al consumo, e gli usuali meccanismi keynesiani di moltiplicazione del prodotto lordo regionale, tramite un impulso sulla domanda aggregata. Pertanto, gli impatti misurati sulla variazione del PIL e degli occupati incorporano solamente effetti di spesa, ovvero gli effetti di tipo “keynesiano”, dal lato della domanda aggregata, generati dalla mera iniezione di denaro pubblico nel circuito economico.

Tale esercizio, ovviamente, costituisce una stima di tipo generale e non conclusivo, in quanto, l’intervento pubblico di spesa modifica i parametri fondamentali di misurazione della struttura di fondo dell’economia, rendendo quindi parzialmente inadeguato il modello stesso utilizzato per la misurazione dell’impatto.

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• Inoltre, la propensione al consumo, ovvero il coefficiente che stima l’intensitàdell’impatto di un incremento dei consumi indotto dal trasferimento monetario, e lega tale incremento al valore aggiunto, è una media calcolata sull’insieme delle famiglie lucane, mentre invece sarebbe necessario, per una misurazione più precisa, disporre del moltiplicatore dei consumi delle fasce più povere della popolazione. E’ infatti noto che il modello di consumo, e la stessa propensione a consumare, variano in funzione della classe di reddito.

• In termini numerici, lo scenario minimo comporta che il PIL regionale benefici di una crescita aggiuntiva complessiva, al di sopra del suo trend “senza intervento”, di 0,33punti percentuali complessivamente nel biennio 2007-2008, e che l’occupazione, espressa in unità di lavoro, cresca di 0,3 punti percentuali aggiuntivi, rispetto allo scenario senza intervento, sul medesimo periodo.

• Nello scenario massimo, invece, la crescita aggiuntiva del PIL si attesta a 0,5 punti percentuali, e quella dell’occupazione a 0,4 punti percentuali in più rispetto allo scenario senza intervento. Si tratta comunque di contributi significativi alla crescita, a dimostrazione del fatto che uno stimolo sulla domanda aggregata, quale quello previsto dal programma di cittadinanza solidale, può generare effetti congiunturali non indifferenti, sebbene, in larga misura, temporanei, nel senso che, cessata l’integrazione al reddito di fonte regionale, il reddito reale, e quindi anche i consumi dei soggetti, tenderanno di nuovo a diminuire, a meno che i percorsi di inserimento sociale previsti dal programma non abbiano generato opportunità di inserimento nel mercato del lavoro per una quota significativa della platea di beneficiari (aspetto che potrà essere analizzato soltanto nel futuro rapporto di valutazione ex post).

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• A quali logiche risponde la riforma del Welfare promossa con la L.R. 4/07 ?

a. Colmare il gap con gli orientamenti della legislazione nazionaleb. Riconoscimento della competenza costituzionalmente garantita dal

novellato art. 117 della Cost. alla Regione per l’implementazione di un modello di promozione e tutela dai diritti sociali realmente corrispondente alle attese della comunità lucana.

c. Una generale revisione delle politiche orientate alla salute ed al benessere in una logica della integrazione stimolando ovvero la riforma di un sistema sanitario troppo incentrato sul sistema ospedaliero e in generale poco propenso ad uno spostamento del proprio baricentro verso azioni orientate alla prevenzione ed alla assistenza territoriale.

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d. Più di tutto essa risponde soprattutto ad una esigenza vitale e imprescindibile dello sviluppo complessivo della società regionale, nel momento in cui, per effetto del phasing out ovvero la sua ricollocazione al di fuori dell’area dell’Obiettivo 1, la Basilicata sarà costretta ad adottare politiche più selettive e competitive, ma dovrànel contempo preoccuparsi di rafforzare la coesione sociale e contrastare i rischi di allargamento dei divari sociali e territoriali.

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All’aperto dibattito sulla funzione del welfare che schiera da un lato i fautori dell’affidamento alle capacità organizzative del mercato e dall’altro i sostenitori di un rilevante ruolo di una funzione pubblica rinnovata – la L.R. 4 risponde puntando decisamente sulla creazione e sul consolidamento di un sistema territoriale di servizi, che costituisce il terreno di più accentuato svantaggio di cui soffrono le regioni meridionali.Il modello di welfare cui essa si ispira risponde appunto ad un’idea di sviluppo regionale in quanto punto di equilibrio, sostenibile nel medio-lungo periodo, tra economia di mercato, democrazia partecipativa e coesione sociale;Adotta una strategia di investimenti nelle risorse di fiducia, nel capitale sociale e relazionale, avendo comunque uno scrupoloso riguardo all’efficienza delle gestioni ed al controllo dei costi nell’ottica di una ottimizzazione delle risorse.

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Tale impostazione concettuale del Welfare regionale si pone anche in armonia con lo spirito della nuova Agenda Sociale Europea che muove dalla considerazione che – per pacifico assunto della comunità scientifica – i determinanti di salute appartengono per il 75% a fattori extrasanitari richiamando quindi l’attenzione sui costi indotti dalle mancate politiche sociali.Il modello delineato dalla Legge adotta la logica orizzontale e pluralistica della “rete”, animata da una governance della cooperazione interistituzionale (giàsperimenta con la L.R. 3/05) e dell’integrazione tra pubblico e privato-sociale.

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Il motivo ispiratore della rete è quello di un welfare non residuale nécaritatevole, di un welfare promozionale, proattivo, abilitante, affrancato dalle tradizionali logiche risarcitorie e invece orientato a suscitare risposte di autonomia e di capacità da parte dei cittadini; di un welfare produttivo E’ l’integrazione sociosanitaria, a costituire la principale scommessa di questa legge. La storia del confronto tra il ‘sociale’ e il ‘sanitario’, nonostante i reiterati sforzi della legislazione (legge n. 502/1992, legge n.419/1998, legge n. 229/1999, legge n. 328/2000, D.P.C.M. 14 febbraio 2001, D.P.C.M. 29 novembre 2001), resta una storia di separatezza e di incomunicabilità, alimentata da un assetto istituzionale ancora imperniato sulle competenze, che ha di fatto impedito di apprestare quella unitarietà e continuità di risposta ai bisogni di salute e di assistenza degli utenti.

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E’ la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a teorizzare da tempo che il concetto di salute non va inteso soltanto come assenza di malattia, ma come uno stato di equilibrio tra diversi elementi che comprendono anche il campo delle relazioni degli esseri umani tra di loro e con l’ambiente in cui vivono, e a raccomandare una inversione delle strategie nel senso della concentrazione delle risorse e delle risposte.

Dottore, prima di tutto mi stringa la mano – Corriere della sera 12 Giugno 07Per il rapporto e per l'efficacia delle cure una stretta di mano può essere più importante di quello che si credeCHICAGO (Usa) - Una calorosa stretta di mano, per cominciare. Poi il dottore si presenta in modo chiaro dicendo il proprio nome e cognome, chiede quello del paziente, lo invita a parlare chiamandolo per nome, con un atteggiamento professionale ma anche amichevole e rassicurante. Questo è l'inizio di una visita medica ideale, non solo secondo il sensocomune, ma anche in base ai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine e condotto dai ricercatori della Northwestern University di Chicago.

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• Perché una rete integrata? • Perché la persona è “una” anche se i bisogni sono

differenziati• Perché integrazione significa continuità tra azioni

preventive, di cura, di riabilitazione e di inclusione sociale

• Perché la “salute” è il prodotto della relazione tra sistemi.

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• “Even relatively short periods of stress may cause changes that leave brain cells hypersensitive for weeks, reports Israeli scientists trying to uncover the molecular root of post-traumatic stress disorder.” Washington (Associated Press) September 2001.

• “Pregnant women who often feel stressed out could be programming their fetuses’ nervous systems for heightened reactions to stress and a greater lifetime risk of heart attacks, scientists reported over the weekend.” San Diego (USA Today) March 1999

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La parola-chiave della riforma è, dunque, l’integrazione in tutte le sue declinazioni: integrazione istituzionale, disciplinare, finanziaria, organizzativa etc. Sul tema dell’integrazione socio-sanitaria le Regioni ha evidenziato tendenze diverse ed innovative che procedono sostanzialmente in due direzioni:

da un lato, assegnando alle Aziende Sanitarie Locali la titolaritàdegli interventi integrati (è il caso di molte regioni del nord attraverso una sorta di retrocessione della delega dai Comuni); dall’altro, producendo nuove soluzioni di partenariato istituzionale, all’interno delle quali le competenze dei Comuni e delle ASL vengono messe insieme e gestite in forma unitaria (si pensi all’esperimento toscano delle Società della Salute);

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La soluzione prescelta dalla Legge Regionale 4/07 si muove su un terreno intermedio, poiché:

dispone forme vincolate di cooperazione tra i Comuni e le ASL, attraverso l’unificazione della programmazione e gestione dei servizi sociali e socio-sanitari,riscopre ed esalta la funzione del Distretto Sanitario quale struttura-chiave del processo di integrazione e, di conseguenza, della riforma dell’assetto dello stesso Sistema Sanitario Regionale

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Scheda Tecnica della L.R. 4/07

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L’impianto della legge:È suddivisa in 7 titoli e composta da 33 articoli, Obbiettivo: delineare un sistema regionale, ovvero una rete territoriale integrata di servizi retta da una governance multilivello e presidiata da un protagonismo permanente dei cittadini e dei soggetti sociali. Oggetto: sono le prestazioni sociali, socio-assistenziali, socio-sanitarie, socio-educative e socio-lavorative, che la legge ricomprende nella dizione generale di “servizi di cittadinanza sociale”: servizi diretti, per l’appunto, a rendere realmente visibile e fruibile l’universalità della cittadinanza.

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i principi ispiratori: sono quelli dell’universalità, dell’equità, della selettività, della responsabilità e della sostenibilità (art. 1 c.1), che si integrano con quelli del rispetto, delle pari opportunità, della non discriminazione, dell’appropriatezza e dell’efficacia (art. 3 c.4). La esigibilità dei diritti è scandita da condizioni di espansione progressiva e di sostenibilità finanziaria ed ègarantita dall’adozione della Carta della qualità dei servizi sociali e dall’implementazione di una serie di momenti e livelli di tutela dei diritti del cittadino utente (artt. 4 e 5).

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La strategia per il raggiungimento della rete èl’integrazione dei servizi ovvero il perseguimento della unitarietà di risposte ai bisogni delle persone e delle famiglie per una reale presa in carico del cittadino utente (art. 1 c.2).Gli indirizzi generali per l’attuazione delle politiche sociali integrate afferiscono segnatamente alla logica della sussidiarietà e della solidarietà, alla mobilitazione di tutte le risorse di socialità, all’esaltazione del valore della famiglia e della comunità locale, al perseguimento degli obiettivi della personalizzazione e della domiciliarità degli interventi, ma anche all’osservanza di criteri di omogeneità, congruità, efficienza, efficacia e sostenibilità (art 2).

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Metodo operativo: La Legge promuove la cooperazione e la concertazione permante tra i livelli istituzionali coinvolti e tra questi e Le OO.SS.; Le categorie economiche;Le organizzazione del terzo settore;Le associazioni degli utente e dei consumatori.

La rete regionale integrata eroga i livelli essenziali ed appropriati delle prestazioni sociali (LEAPS) - tema di definizione cost. art. 117

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Le aree di intervento della rete comprendono:i problemi e le criticità della vita familiare, delle donne e dei minori in particolare; la condizione dei disabili, degli anziani; i bisogni dei soggetti interessati da patologie mentali, da devianze e da dipendenze;le esigenze di integrazione sociale dei poveri, dei migranti, degli ex detenuti (art. 3). Meritevole di menzione la specifica attenzione all’area cruciale della fragilità e della non autosufficienza, tematica tuttora irrisolta delle politiche sociali nazionali, per affrontare la quale vengono previsti un programma organico di interventi, un fondo integrativo speciale di finanziamento ed anche una specifica articolazione organizzativa delle ASL (art. 4).

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Il modello di GovernanceL’assetto istituzionale del sistema è disegnato da logiche di sussidiarietà verticale ed orizzontale, con due funzioni preminenti: La regia generale del sistema, affidata alla Regione ed alla sua programmazione (artt. 10 e 15), (con il concorso degli enti locali, delle formazioni sociali e del terzo settore). La gestione attiva, riservata ai Comuni associati in Ambiti Socio-Territoriali (artt. 8, 12, 16, 21 e ss.) che diventano titolari della programmazione locale, dell’attuazione e della valutazione degli interventi sociali e insieme alle ASL anche degli interventi socio-sanitari. Le Province esercitano un ruolo attivo di assistenza e di partenariato a favore dei Comuni (art. 9)...\Documents\Corso per il CSV\flow chart L.4.pdf

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La riforma del Welfare in Basilicata

Rilevante il ruolo e lo spazio riservato ai soggetti sociali del c.d. ‘terzo settore’, che intervengono in condizioni di complementarietà e pari dignità per riempire ogni interstizio tra istituzioni e comunità locali (art. 1 c.2, 14).

Per la delimitazione degli Ambiti si fa riferimento ad aree subregionali omogenee. In attesa del riordino delle Comunità Montane e della riforma degli enti intermedi subregionali, si fa ricorso per la gestione associata a due strumenti contemplati dal D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267: la convenzione tra i Comuni e l’accordo di programma tra Comuni e Aziende Sanitarie (artt. 8 e12).

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La riforma del Welfare in Basilicata

Particolarmente importante la speciale configurazione che la legge impone all’attività delle Aziende Sanitarie Locali rendendole coprotagoniste, insieme con le Autonomie Locali, di quella strategia della cooperazione istituzionale e dell’integrazione socio-sanitaria, che pone in discussione la tradizione della separatezza e del parallelismo delle funzioni, che configura un terreno nuovo e più avanzato di organizzazione ed erogazione dei servizi alla persona e che, come si è già sottolineato, dà luogo alla vera, grande scommessa della riforma (artt. 11 e 15).

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Muta radicalmente il contesto di riferimento normativo e regolatorio. Lo strumento programmatorio fondamentale è unificato: il Piano Regionale della Salute e dei Servizi alla Persona che nega legittimità al tradizionale dualismo ‘sociale/sanitario’ (art. 15). Gli Ambiti Socio-Territoriali vengono fatti coincidere con i Distretti Socio-Sanitari. Comuni e Aziende Sanitarie sono assoggettati a precisi vincoli di cooperazione e addirittura di co-amministrazione attraverso l’operatività dei Distretti e degli Uffici del Piano Sociale (art. 13). I Comuni associati approvano un Piano intercomunale dei servizi sociali e socio-sanitari e lo assumono a strumento di coordinamento delle politiche locali di promozione della crescita e del benessere (art. 16).

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Naturalmente, il sistema integrato si avvale di strumenti di partecipazione e consultazione permanente (art. 8 c.3, art. 12 c.6 lett. c, art. 14 c.8, art. 16 c.3, art. 17), ovvero

i Comuni istituiscono sedi permanenti di concertazione, controllo e vigilanza con le formazioni del terzo settore, con le oo.ss. ed altri soggetti pubblici impegnati a livello localeLa conferenza Istituzionale dell’ambito Socio-territoriale (organismo per la gestione associata dei servizi) convoca le conferenze di programmazione e di valutazione sociale.Il ruolo delle cooperative sociali e delle imprese sociali nel quadro dello sviluppo delle politiche sociali viene riconosciutoanche attraverso accordi e convenzioni e strumenti di collaborazione innovativi.Viene istituita la Consulta regionale permanente per la programmazione sociale e sanitaria quale organo di consultazione della Giunta Regionale per la predisposizione delle linee e delle scelte di programmazione.

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Il sistema integrato di avvale ancora di strumenti di osservazione, monitoraggio e valutazione (artt. 18, 19 e 20) ed in particolare:L’osservatorio Regionale delle Politiche sociali con una serie di competenze relative alla:

• definizione e l’aggiornamento degli elementi costitutivi dei livelli essenziali ed appropriati di assistenza sociale e sanitaria assicurati sul territorio;

• il monitoraggio delle dinamiche professionali ed occupazionali nel comparto sociale regionale;

• Impact analisys ovvero l’analisi di impatto sociale delle normative e della regolazione amministrativa;

• l’elaborazione di indicatori e sistemi di valutazione delle esperienze di implementazione delle prestazioni sociali di cui alla presente legge;

• lo svolgimento di iniziative di studio e ricerca, anche in collaborazione con enti pubblici, università, istituti di ricerca, soggetti di promozione sociale.

• alla raccolta sistematica dei dati e l’analisi delle dinamiche afferenti le aree di intervento

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Lo strumento operativo che alimenta l’osservatorio è il SIS, che permette la raccolta e l’elaborazione dei dati.

Il SIS definisce la rete telematica integrata di livello regionale in grado di collegare i vari attori dei servizi sociali a partire dagli strumenti giàpresenti sul territorio in grado di fornire servizio ed evitare la duplicazione delle informazioni, e quindi:I cittadini;Gli utenti dei servizi di cittadinanza sociale (singoli o nuclei familiari) che hanno accesso a dati e servizi specialistici;Gli Addetti al settore delle Politiche di cittadinanza sociale appartenenti a strutture pubbliche (Enti ONLUS, Scuole, Università, etc.) o private (Imprese, Aziende Formative, Intermediatori, etc), i soggetti gestori degli interventi (Regione, Province, Aziende sanitarie Locali, ecc.) in grado di partecipare alla gestione della community ed erogare veri e propri servizi;I servizi provinciali connessi alle Politiche sociali (strutture, servizi e operatori), nonché i Servizi per l’Impiego provinciali, che possono contribuire alla costituzione della Rete Regionale dei servizi sociali grazie alla loro presenza capillare sul territorio e ai compiti istituzionali a loro riservati (gestione del collocamento mirato, azioni di orientamento per le fasce svantaggiate, ecc.).

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La riforma del Welfare in Basilicata

Il SIS è pertanto un GIACIMENTO INFORMATIVO per l’elaborazione dei seguenti prodotti:

Relazione Sociale Regionale periodica (cadenza biennale)Indicatori sociologici e demografici per il governo del Sistema di Welfare regionale/locale (supporto all’attività legislativa, programmativa, erogativa, valutativa)Report annuali valutativi quali-quantitativi su singoli problemi/fenomeni/monitoraggio della qualità dei servizi e della costumer satisfationArchivio-dati regionale informatizzatoArchivi-Dati di Ambito informatizzati .Il SIS si interfaccia con gli altri sistemi informatici, non solo della Regione Basilicata ma anche con Asl, Inps, Scuole ed Università, Agenzie formative, Borsa Nazionale del Lavoro, i servizi Statistico-informatici che possono fornire utili informazioni per la definizione delle politiche di cittadinanza sociale, per realizzare un modello integrato per la gestione in qualità dei servizi per l’orientamento, per l’impiego e sociali.

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La riforma del Welfare in Basilicata

Inoltre la “Rete Integrata”provvede ad un’azione sistematica di valorizzazione e qualificazione delle risorse umane e professionali (art. 25), istituendo anche Il Repertorio regionale delle professioni sociali (art. 26) come strumento di identificazione e di certificazione dei profili professionali richiesti dalla programmazione regionale; si preoccupa di portare a compimento la modernizzazione delle ancora sopravvissute Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, disponendone l’estinzione o la trasformazione (art. 28 e ss.).

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In relazione alla gestione degli interventi, il modello prescelto di welfare mix esalta la funzione forte dei soggetti pubblici, ma valorizza ampiamente la partecipazione e l’iniziativa economica degli operatori privati e, segnatamente, di quelli ricompresi nel ‘privato sociale’ secondo modalità rispondenti ad un sistema di accreditamento istituzionale, cioè di “concorrenza per il mercato”, ovvero qualitativo, o di “concorrenza nel mercato”.Quanto alla erogazione di titoli sociali (voucher), la legge la considera solo in via subordinata rispetto all’erogazione diretta dei servizi ed esprime la sua preferenza per la predisposizione di pacchetti integrati di prestazioni da comporre a misura delle esigenze degli utenti.All’interno della disciplina dei titoli sociali trova una prima configurazione giuridica anche il fenomeno delle assistenti familiari, meglio conosciute come “badanti”, le cui di attività vengono riconosciute purchè svolte con competenza professionale ed all’interno di rapporti di lavoro trasparenti.

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Il timing del programma.

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Come raggiungere gli obbiettivi? La costituzione degli organismi della Legge.

• La Consulta regionale permanente per la programmazione sociale e sanitaria.

• L’ osservatorio Regionale delle Politiche Sociali

• Il tavolo permanente di coordinamento interdipartimentale delle strutture deputate all’attuazione delle politiche della salute e del benessere, dell’ambiente, della formazione e della scuola, della casa, del lavoro, della cultura e del tempo libero, e ne disciplina le modalità operative.

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Come raggiungere gli obbiettivi? Avvio della nuova Programmazione.

• Redifinizione degli ambiti/distretti socio-sanitari.• Revisione ed adeguamento della legislazione esistente

alla nuova Legge.• Implementazione di un sistema di accreditamento e della

qualità.

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Come raggiungere gli obbiettivi? L’agenda della nuova programmazione.

• Predisposizione del nuovo piano.• Approvazione del Piano Integrato.• Redifinizione dei nuovi strumenti territoriali (piani

d’ambito e distretto).• Completamento della fase precedente e

predisposizione degli strumenti di gestione.• A regime con il nuovo piano nel 2009.

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Come raggiungere gli obbiettivi? La gestione della transizione.

• A. Costituire nuovi organismi nel territorio sulla base delle nuove delimitazioni territoriali.

• B. Organizzare le strutture gestionali.• C. Gestire una pianificazione di transizione per il periodo 2007-2008.

→ Come gestire la transizione 2007-2008?• Area socio-sanitaria: Il principio è quello di cominciare un percorso

di integrazione.• Per il Sociale l’impegno è quello di trasferire risorse pari a quelle

della prima triennalità del PSA.• Si provvede a trasferire progressivamente l’erogazione dei servizi o

dei vaucher ora gestiti centralmente dalla Regione. • Analogamente le Province trasferiscono ai Comuni le funzioni socio-

assistenziali attive relative ai minori naturali nonché degli audiolesi e videolesi. (Art. 5 L. 67/93).

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Come raggiungere gli obbiettivi? L’agenda della transizione.

• Gli ambiti Sociali di Zona nella attuale conformazione aggiornano i Piani di Ambito e traguardano l’erogazione dei servizi alla scadenza del 31-12-2008 che diventa la dead-line dei vecchi servizi.

• Dal 1-01-2009 parte la nuova organizzazione dei servizi.

• Costruire un piano di comunicazione a due livelli:→ Verso il dipartimento.→ Verso gli attori della nuova Legge.

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Grazie per l’attenzione