La preghiera dei 5 sensi -...

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La catechesi dei 5 sensi 1 1 Pinerolo, 3 febbraio 2017 La catechesi dei cinque sensi SENSORIAL BRANDING Oggi il marketing è costruito sul “sensorial branding”, “costruzione sensoriale del marchio”, ed è l’ultima frontiera della pubblicità. Fonda sul presupposto che più sono i sensi coinvolti, tanto più è intensa l’esperienza legata al prodotto da vendere; è una strategia che studia come coinvolgere, oltre al consueto canale della vista, i sensi dell’udito, dell’olfatto, del gusto e del tatto, per imprimere a fondo gli articoli nella memoria dei clienti, e spingerli così all’acquisto. Si scopre che il più immediato dei nostri sensi, la vista, è in realtà il più debole. Secondo alcune ricerche, le persone ricordano il 35% di quanto annusano, ma solo il 5% di quello che hanno visto, il 2% di ciò che sentono e l’1% di quello che toccano. Pensate alla tecnica che i panettieri usano inconsapevolmente da sempre: il buon odore del pane appena sfornato favorisce la secrezione delle ghiandole salivari e, di conseguenza, spinge i passanti all’acquisto… Insomma utilizzando al meglio tutti e cinque i sensi si può vendere molto di più. Nella esperienza celebrativa che posto hanno i cinque sensi? San Tommaso affermava che nulla può essere nell’intelletto se prima non è stato nei sensi. «I concetti creano gli idoli. Solo lo stupore conosce» scriveva Gregorio di Nissa. «Sappiamo tutti che quello che un bambino memorizza nella tenera età, gli resterà poi per tutta la vita. E’ così che possiamo aiutare a formare individui creativi e non ripetitivi, individui con una mente elastica e pronta a risolvere problemi che l’individuo può incontrare nella vita: da quello di trovare un lavoro, a quello di progettare la propria casa di abitazione, quello di educare i propri figli. Un individuo capace di capire ogni forma di arte, capace di comunicare verbalmente e visivamente, capace di comportamento sociale equilibrato. Tutto ciò che si può ottenere se il bambino gioca, già a tre anni, con dei giochi o giocattoli giusti. A tre anni il bambino sta memorizzando il frutto delle sue esperienze sensoriali sull’ambiente che lo circonda. I suoi recettori sensoriali sono tutti simultaneamente aperti: egli ha una sensazione globale dell’ambiente nel quale vive. Egli incomincia a conoscere le forme e i colori delle cose, attraverso il tatto egli impara a distinguere le cose morbide da quelle dure, quelle lisce da quelle ruvide, quelle elastiche da quelle rigide… Egli non sa ancora i nomi di queste qualità, ma già le ha vissute nella sua quotidiana esperienza. Egli sa quello che punge e quello che scotta, vuol bene alla mamma perché, nel periodo in cui si nutriva di lei, ha avuto sempre delle sensazioni di morbidezza e un certo profumino (che poi cercherà di prolungare ne pezzo di tessuto che terrà sempre in mano come Linus). Ha avuto anche sensazioni di calore o di freddo o di fresco, conosce il vento e la neve, la pioggia e la nebbia, la luce e il buio. Nel suo cervello, come in un computer, tutto è memorizzato per tutta la sua vita. Al momento opportuno, a qualunque età, di fronte a qualcosa di sconosciuto, cercherà una relazione con quello che sa, per poter capire» (Bruno Munari. Da Cosa nasce cosa, Laterza. Pag.240).

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La catechesi dei 5 sensi

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Pinerolo, 3 febbraio 2017

La catechesi dei cinque sensi

SENSORIAL BRANDING

Oggi il marketing è costruito sul “sensorial branding”, “costruzione sensoriale del marchio”, ed è l’ultima

frontiera della pubblicità. Fonda sul presupposto che più sono i sensi coinvolti, tanto più è intensa

l’esperienza legata al prodotto da vendere; è una strategia che studia come coinvolgere, oltre al consueto

canale della vista, i sensi dell’udito, dell’olfatto, del gusto e del tatto, per imprimere a fondo gli articoli nella

memoria dei clienti, e spingerli così all’acquisto. Si scopre che il più immediato dei nostri sensi, la vista, è in

realtà il più debole. Secondo alcune ricerche, le persone ricordano il 35% di quanto annusano, ma solo il 5%

di quello che hanno visto, il 2% di ciò che sentono e l’1% di quello che toccano. Pensate alla tecnica che i

panettieri usano inconsapevolmente da sempre: il buon odore del pane appena sfornato favorisce la

secrezione delle ghiandole salivari e, di conseguenza, spinge i passanti all’acquisto… Insomma utilizzando al

meglio tutti e cinque i sensi si può vendere molto di più. Nella esperienza celebrativa che posto hanno i

cinque sensi? San Tommaso affermava che nulla può essere nell’intelletto se prima non è stato nei sensi.

«I concetti creano gli idoli. Solo lo stupore conosce» scriveva Gregorio di Nissa.

«Sappiamo tutti che quello che un bambino memorizza nella tenera età, gli resterà poi per tutta la

vita. E’ così che possiamo aiutare a formare individui creativi e non ripetitivi, individui con una mente

elastica e pronta a risolvere problemi che l’individuo può incontrare nella vita: da quello di trovare un

lavoro, a quello di progettare la propria casa di abitazione, quello di educare i propri figli. Un individuo

capace di capire ogni forma di arte, capace di comunicare verbalmente e visivamente, capace di

comportamento sociale equilibrato. Tutto ciò che si può ottenere se il bambino gioca, già a tre anni, con dei

giochi o giocattoli giusti. A tre anni il bambino sta memorizzando il frutto delle sue esperienze sensoriali

sull’ambiente che lo circonda. I suoi recettori sensoriali sono tutti simultaneamente aperti: egli ha una

sensazione globale dell’ambiente nel quale vive. Egli incomincia a conoscere le forme e i colori delle cose,

attraverso il tatto egli impara a distinguere le cose morbide da quelle dure, quelle lisce da quelle ruvide,

quelle elastiche da quelle rigide… Egli non sa ancora i nomi di queste qualità, ma già le ha vissute nella sua

quotidiana esperienza. Egli sa quello che punge e quello che scotta, vuol bene alla mamma perché, nel

periodo in cui si nutriva di lei, ha avuto sempre delle sensazioni di morbidezza e un certo profumino (che

poi cercherà di prolungare ne pezzo di tessuto che terrà sempre in mano come Linus). Ha avuto anche

sensazioni di calore o di freddo o di fresco, conosce il vento e la neve, la pioggia e la nebbia, la luce e il buio.

Nel suo cervello, come in un computer, tutto è memorizzato per tutta la sua vita. Al momento opportuno, a

qualunque età, di fronte a qualcosa di sconosciuto, cercherà una relazione con quello che sa, per poter

capire» (Bruno Munari. Da Cosa nasce cosa, Laterza. Pag.240).

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Quindi anche la nostra fede in Dio deve essere passata attraverso la nostra esperienza della realtà, deve

essere radicata nel nostro accostamento alle persone e alle cose mediante i sensi.

Ora, la nostra fede ha radici nelle nostre esperienze dei sensi. Le sappiamo ritrovare in noi piccoli?

Potremmo focalizzarci sui sacramenti e sull’esperienza liturgica…

I Sacramenti donano la grazia anche mediante la loro efficacia simbolica. Trascurando i cinque sensi, la

liturgia perde di realismo e di efficacia. Se il fondamento del nostro credere è un Dio che dialoga con noi,

che assume in tutto la nostra carne, che si dona a noi in una vera logica di incarnazione, come possiamo

celebrare una liturgia disincarnata, non radicata nella nostra corporeità, non autenticamente umana? Una

liturgia lontana dal nostro vivere e dal nostro “sentire” corporeo. Nella Sacrosantum Concilium, al 7, si dice

che la santificazione dell’uomo è significata e realizzata per mezzo di segni “sensibili”. Quindi percepibili e

vivibili attraverso i cinque sensi!

Ma noi non entreremo nel campo liturgico… Tracceremo un percorso di fede – da catechesti –

considerando i sensi risorse per l’esperienza, e anche per il linguaggio. Nella fede colui che crede è “come

se vedesse colui che è invisibile” (Eb 11,27), ode e ascolta perché “chi è da Dio ascolta le parole di Dio” (Gv

8,47), sente il “profumo di odore soave” del sacrificio di Gesù (Ef 5,2), sa gustare “che il Signore è buono”

(1Pt 2,2-3), tocca con mano la salvezza, “maneggiando rettamente la parola della verità” (2Tm 2,15).

In particolare attingiamo ad ottimo materiale per i sensi dai salmi…

Pregando con le preghiere bibliche dei Salmi, che sono poesie, il credente sa usare tutti i suoi sensi. “Il

poeta ebreo ci fa vedere, udire, toccare con mano. Le sensazioni fisiche sono fresche e vive . . . Il poeta

pensa per immagini, e le immagini sono tratte dal campo della vita di ogni giorno comune a tutti gli uomini”

( An Introduction to the Revised Standard Version of the Old Testament, 1952, pagg. 63, 64)

La preghiera ci porta nel mondo dello spirito, il mondo reale di Dio. I nostri sensi devono partecipare alla

preghiera. Solo gli idoli “hanno la bocca, e non parlano, gli occhi e non vedono. Hanno orecchi, e non

ascoltano, naso e non sentono odori. Le loro mani non toccano, i loro piedi non camminano, la loro gola è

senza voce” (Sl 115,5-7).

I RAGAZZI PREGANO I SALMI CON I CINQUE SENSI

Il salmista comunica attraverso immagini: l'arco di Dio che scocca la freccia, i cani che ringhiano nella notte, la cerva assetata, il bambino in braccio alla mamma, la sentinella che riesce a restare sveglia tutta la notte… I salmi sono poesie e, come le poesie, utilizzano un linguaggio metaforico; pregando i salmi corre l’immaginazione. Ogni salmo nasconde una costellazione di simboli, di colori, di suoni, di profumi che ancora oggi hanno la straordinaria forza di comunicare i sentimenti più profondi dell’uomo. Proprio su queste immagini nasce la preghiera.

Esempio di come si può riscrivere un salmo facendo risaltare i sensi, cercando il linguaggio efficace dei sensi

SALMO 133. QUANDO PENSO AI MIEI FRATELLI È bellissimo avere dei fratelli; me ne basterebbe uno solo, io non ne ho. È dolcissimo vivere uniti, come fratelli: è come un olio che accarezza la pelle, come profumo che scende sul corpo, come il vestito più bello che ho.

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Essere fratelli è come rugiada che rende fresca la terra, come bibita dolce che d’estate disseta, come pioggia leggera che scende su chi gioca. Essere fratelli è come la vita in un paese morto, come la pace che scende dal cielo, come il canto che corre nel vento.

Anna Peiretti, Cantare la vita, Elledici(salmi riscritti per ragazzi

Lasciamoci guidare dai sensi

Ogni volta che partecipate alla comunione ricevete tra le mani il corpo di Cristo e vi nutrite di esso. Avete mai fatto attenzione a dove guardano gli occhi? Sapreste dirlo? Dove va lo sguardo, quando mangiate quel pane? Riuscite a pensare a Gesù, il Signore, a lui soltanto? I nostri sensi ci guidano in automatismi, di cui forse non ci rendiamo più conto. Per esempio se senti un forte profumo il tuo naso ne cerca la fonte. Se tocchi il fuoco con la mano, immediatamente la allontani. Il gusto del pane eucaristico dovrebbe spingere gli occhi verso il cielo, dovrebbe sollecitare a guardare in alto. Il vangelo dice che non basta nutrirsi del pane per incontrare Dio e scoprirsi saziati da lui: bisogna riconoscere che quel pane viene dal cielo...

PER APPROFONDIRE

Olfatto. Quando Rebecca, per far sì che suo marito Isacco, ormai vecchio e con la vista debole, scambiasse

Giacobbe per Esaù, “prese i più bei vestiti di Esaù, suo figlio maggiore, i quali erano in casa presso di lei, e li

fece indossare a Giacobbe suo figlio minore” (Gn 27,15); e al v. 27: “Isacco sentì l’odore dei vestiti, e lo

benedisse dicendo: ‘Ecco, l’odore di mio figlio è come l’odore di un campo, che il Signore ha benedetto’”.

Ciascuno ha un proprio odore. Essendo “rivestiti di Cristo” (Gal 3,27) che per Dio è “profumo di odore

soave” (Ef 5:2), noi stessi “siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo” (2Cor 2,15). La nostra preghiera

odora di incenso: “La mia preghiera sia incenso che sale fino a te” (Sl 141,2). l Cantico dei Cantici è pieno di

profumi. Le “coppe d’oro piene di profumi” di Ap 5,8 “sono le preghiere dei santi”, tanto che all’“angelo

con un incensiere d’oro … furono dati molti profumi affinché li offrisse con le preghiere di tutti i santi

sull’altare d’oro posto davanti al trono” (Ap 8,3) e “il fumo degli aromi salì davanti a Dio insieme alle

preghiere dei santi” (Ap 8,4).

Udito. “Colui che ha fatto l’orecchio forse non ode?” (Sl 94,). Dio ascolta le preghiere: “Nella mia angoscia

invocai il Signore, gridai al mio Dio. Egli udì la mia voce dal suo tempio, il mio grido giunse a lui, ai suoi

orecchi” (Sl 18, 6). Dio però può rendersi sordo alle nostre suppliche, se viviamo nel peccato: “Per quanto

gridino ad alta voce ai miei orecchi, io non darò loro ascolto” (Ez 8, 18). “Ascolta, popolo mio” (Sl 81, 8).

Dio parla e chiede ascolto. “Fa’ attenzione, popolo mio, ora parlerò … Io sono Dio, il tuo Dio!” (Sl 50, 7). È da

stupidi non ascoltare quando Dio parla: “Porgete l’orecchio e venite a me; ascoltate e voi vivrete” (Is 55, 3).

“Beati … i vostri orecchi, perché odono!” (Mt 13, 16). Nella preghiera non bisogna essere “duri d’orecchi”

(Mt 13, 15). Dio ci parla in silenzio. “La parola è vicino a te, nella tua bocca e nel tuo cuore” (Rm 10, 8).

Ecco, come proposta, un memory sull’ascolto

Il catechista ha realizzato 10 tessere con le immagini simboliche della parola di Dio: specchio, fuoco, martello, latte, pane, miele, luce, spada, seme, tesoro. Ogni immagine è ripetuta su due tessere, per un totale di 20 tessere del domino a disposizione. Il giocatore di turno alza una carta e trova un simbolo, deve associare il versetto biblico corretto, tra quelli che ha in elenco a pagina 25.

GEREMIA 23, 29 - La mia parola non è forse come il fuoco?

GEREMIA 23, 29 - La mia parola non è forse come un martello che spacca la roccia?

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MATTEO 4,4 - Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio.

SALMO 19, 11 - Le parole del Signore sono più dolci del miele e di un favo stillante.

SALMO 19, 11 – Le parole del Signore sono più preziose dell’oro.

Salmo 119,105 - Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino.

Ebrei 4,12 – La parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio.

LUCA 8,11 - Il seme è la parola di Dio.

1 PIETRO 2,2 - Come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza.

Quando la corrispondenza fra simbolo e versetto avviene con successo, il giocatore ha diritto a cercare la carta del simbolo corrispondente. Passa la mano se fallisce il tentativo. Se il giocatore successivo alza la tessera di un simbolo che non é ancora apparso cerca la corrispondenza del versetto, altrimenti prosegue nel gioco del memory. Chi accoppia le due tessere del memory ha un punto!

Vista. Mosè voleva vedere Dio. “Tu non puoi vedere la mia faccia, perché nessun uomo può vedermi e vivere” (33, 20). “Nessuno ha mai visto Dio” (1Gv 4, 12). In preghiera invochiamo Dio: “Apri i miei occhi, e contemplerò le meraviglie della tua legge” (Sl 119, 18). Gli occhi non sono solo gli organi della vista. Nella Bibbia gli occhi indicano anche tutta la persona nella sua interiorità. “La lampada del corpo è l’occhio. Se dunque il tuo occhio è limpido, tutto il tuo corpo sarà illuminato; ma se il tuo occhio è malvagio, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre” (Mt 6, 22-23). Dal vedere nasce la fede. “Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: “Veramente quest’uomo era giusto” (Lc 23, 47). La gioia della contemplazione del Figlio di Dio muove l’uomo alla fede e lo spinge alla testimonianza. Prendiamo ad esempio Erode e i magi; il primo li manda avanti: “Andate e, se lo troverete, verrò a vedere anch’io”. Erode attende notizie prima di recarsi lui stesso a vedere. I magi vanno e vedono. L’apparizione di Cristo Risorto è l’evento in cui si fonda la fede dei discepoli, che possono dire: “Egli é veramente il Signore Vivente”. In seguito diventano i testimoni e i protagonisti dell’annuncio: “Abbiamo veduto che Gesù, il Figlio di Dio, é morto e risorto”. Sicuramente la “visione” di Dio porta con sè un abbondante dono di grazia: la ricchezza spirituale e la fecondità della vita interiore.

Tatto. Ci sono cose da non (Es 19, 13; 2Cor 6, 17), altre che vorremmo toccare (Mt 14, 36). Ci sono che non devono mai essere toccate: “Dio ha detto: ‘Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete’” (Gn 3, 3). In che modo il tatto ci può aiutarci nella preghiera? Vogliamo essere toccati da Dio: “La mano del nostro Dio assiste tutti quelli che lo cercano” (Esd 8, 22). Il tocco di Dio fa miracoli. “Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca; e il Signore mi disse: ‘Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca’” (Ger 1, 9). Dio prende l’iniziativa per toccarci: “Ho detto: ‘Eccomi, eccomi’ a una nazione che non portava il mio nome. Ho steso tutto il giorno le mani verso un popolo ribelle, che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri” (Is 65, 1-2). Nella preghiera possiamo abbandonarci nelle braccia di Dio, sentire il suo contatto, tutta la sua dolcezza e tutto il suo premuroso amore. I lebbrosi dovevano stare a distanza dalla gente sana; erano degli intoccabili. Gusto.

Pietro invita a nutrirsi con “il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza, se davvero

avete gustato che il Signore è buono” (1Pt 2, 2-3). La lingua è l’organo del gusto, e “la lingua del giusto è

argento scelto” (Pr 10, 20), “la calma della lingua è un albero di vita” (Pr 15, 4). In preghiera facciamo

l’esperienza del profeta Ezechiele che, nutrendosi del rotolo datogli da Dio, poté dire: “Io lo mangiai, e in

bocca mi fu dolce come del miele” (Ez 3, 3). La stessa cosa in Ap 10, 10, dove Giovanni dice del libretto

datogli dall’angelo: “Presi il libretto dalla mano dell’angelo e lo divorai; e mi fu dolce in bocca, come miele”.