Catechesi archivio 2011_03

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dal 31 maggio al 10 novembre 2011 10 novembre D come… deserto Se hanno fatto così i profeti, se ha fatto così Gesù, dobbiamo di tanto in tanto farlo anche noi: andare nel deserto. Non si tratta di portarsi materialmente nel deserto: Per molti potrebbe essere un lusso! Si tratta di fare un po’ di deserto nella propria vita. Fare il deserto significa isolarsi, distaccarsi dalle cose e dagli uomini, anzitutto per la salvaguardia della sanità mentale. Fare il deserto significa abituarsi all’autonomia personale, a restare con i propri pensieri, la propria preghiera, il proprio destino. Fare deserto significa chiudersi in una camera, restare soli in una chiesa deserta, costruirsi in una soffitta o nel fondo di un corridoio un piccolo oratorio dove localizzare il proprio rapporto personale con Dio, dove riprendere respiro, ritrovare la pace. Fare il deserto significa di tanto in tanto dedicare una giornata completa alla preghiera, significa partire su una montagna solitaria, significa alzarsi soli nella notte a pregare. (Carlo Carretto “La forza dell’abbandono”) L’indicazione di Carlo Carretto non riguarda i sacerdoti o le suore: riguarda tutti, nella misura seriamente possibile per ognuno. Il “deserto” come spazio di dialogo con Dio e con se stessi è una scoperta che può cambiare la vita. 7 novembre L’ansia del cristiano Siamo spesso nell’ansia per mille motivi: un’ansia superficiale, che nuoce al nostro equilibrio, ma che non sempre controlliamo; oppure un’ansia con radici più profonde, situazioni difficili, più grandi di noi. Ci misuriamo con realtà che ci opprimono. Ma c’è un’ansia feconda, che ci porta ad andare oltre le mète raggiunte, a non essere soddisfatti, per diventare di più. Gesù ci annuncia qualcosa che scombina i nostri calcoli umani, ci dice che l’uomo deve diventare più che umano senza distruggere la sua umanità, né le cose naturali. Perciò il cristiano è un inquieto – scrive Fausto Montanari – vuol giungere sempre più in là; vuol crescere, e non sa rassegnarsi ad essere oggi solo ciò che era ieri; vuole che tutte le cose diventino migliori nella loro concretezza, non in un astratto nirvana. Allora il problema

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dal 31 maggio al 10 novembre 2011

10 novembre

D come… deserto Se hanno fatto così i profeti, se ha fatto così Gesù,dobbiamo di tanto in tanto farlo anche noi: andarenel deserto. Non si tratta di portarsi materialmente nel deserto:Per molti potrebbe essere un lusso! Si tratta di fare un po’ di deserto nella propria vita. Fare il deserto significa isolarsi, distaccarsi dalle cose e dagli uomini, anzitutto per la salvaguardiadella sanità mentale.

Fare il deserto significa abituarsi all’autonomia personale, a restare con i propri pensieri, la propria preghiera, il proprio destino. Fare deserto significa chiudersi in una camera, restare soli in una chiesa deserta, costruirsi inuna soffitta o nel fondo di un corridoio un piccolo oratorio dove localizzare il proprio rapporto personale con Dio, dove riprendere respiro, ritrovare la pace. Fare il deserto significa di tanto in tanto dedicare una giornata completa alla preghiera,significa partire su una montagna solitaria, significa alzarsi soli nella notte a pregare. (Carlo Carretto “La forza dell’abbandono”) L’indicazione di Carlo Carretto non riguarda i sacerdoti o le suore: riguarda tutti, nella misuraseriamente possibile per ognuno. Il “deserto” come spazio di dialogo con Dio e con se stessi èuna scoperta che può cambiare la vita.

7 novembre L’ansia del cristiano Siamo spesso nell’ansia per mille motivi: un’ansia superficiale, che nuoce al nostro equilibrio, ma che non sempre controlliamo; oppure un’ansia con radici più profonde, situazioni difficili, più grandi di noi. Ci misuriamo con realtà che ci opprimono. Ma c’è un’ansia feconda, che ci porta ad andare oltre le mète raggiunte, a non essere soddisfatti, per diventare di più. Gesù ci annuncia qualcosa che scombina i nostri calcoli umani, ci dice che l’uomo devediventare più che umano senza distruggere la sua umanità, né le cose naturali. Perciò il cristiano è un inquieto – scrive Fausto Montanari – vuol giungere sempre più in là; vuol crescere, e non sa rassegnarsi ad essere oggi solo ciò che era ieri; vuole che tutte le cose diventino migliori nella loro concretezza, non in un astratto nirvana. Allora il problema

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centrale della perenne crescita di cui è fatta la vita veramente umana è questo: amare sestessi e le creature limitate non per il comodo piacere che si può trarre dai loro limiti,…..cosìche attraverso la creatura finita si ami l’infinità di Dio e ci si innalzi dai limiti della natura creata all’unità del vivo Increato senza precipitare nel nulla. …Il Cristianesimo ha così ingigantito l’amore per la terra, amata come la culla in cui di giornoin giorno può rinnovarsi la nascita di Gesù Dio. (F. Montanari “Una strana dolcezza”) La nostra ansia positiva ci fa costruire un mondo migliore in nome della fede, ci fa vivere comecristiani lasciando un segno di luce nell’ombra del mondo. 3 novembre Preghiera come incontro Fa parte del nostro vivere sociale l’incontro continuo con tante persone diverse: incontri cordiali o freddi incontri di lavoro, tra amici o in un autobus, in famiglia o nella strada, voluti o non voluti, cercati o evitati… C’è un incontro cui tutti siamo invitati: Bellezza di scoprire ancora e ancora che è possibile l’incontro col mio Dio, il mio tutto… E mi siedo in silenzio accanto a me stesso, in ascolto attendo paziente il Suo passaggio, sempre dono di grazia. mi scopro amato infinitamente e in Lui trovo la password per entrare in contatto sincero e spregiudicato con me stesso. Avvolto dalla sua presenza mi addentro nel mio mistero… ascolto e guardo Gesù e in Lui conosco il Padre. […] Si spegne il chiasso dei pensieri: al centro c’è Dio solo e posso semplicemente essere senza dover far niente… faccio esperienza dell’essere a casa. Il cuore trafitto e sempre aperto del Signore mi invita ad entrare nel suo amore sconfinato, […] Rimango nel suo amore … In Te, Signore, mi muovo e sono e l’incontro diventa ininterrotta preghiera. Non importa se mangio o bevo, se riposo o lavoro… lo spirito che dimora in me continua la sua azione e l’incenso della preghiera sale al cielo. Maria, insegnami a custodire ogni cosa, a conservare come tesoro prezioso la storia della Sua grazia per me la mia storia sacra. (tratto da Guindani Maria Grazia)

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31 ottobre

La Chiesa come grande famiglia Una delle esperienze più forti e più belle della Chiesa è la fratellanza, la comunione con altri cristiani con cui condividiamo la fede e viviamo momenti di preghiera ed attività che ci fanno crescere. Ognuno sente di appartenere ad un corpo articolato e armonioso che, per la guida dello Spirito, cresce interiormente ed esteriormente. Non possiamo limitare questo senso di appartenenza alla sola unione con la Chiesa visibile e peregrinante nel mondo. Siamo parte della Chiesa totale, nella quale coloro che sono già nella pace, nella gloria e quindi uniti pienamente al Signore ci indicano la strada per giungere alla meta che attende tutti. Celebrando la solennità di Tutti i Santi, ci uniamo espressamente a loro: non celebriamo solo i santi ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa, ma tutti quelli che, anche ignorati, sono già nella gloria di Dio. Ognuno di noi, forse, ha conosciuto qualcuno da ricordare, tutti dobbiamo sentire l’importanza diravvivare il legame con la parte più significativa della Chiesa di Dio, anche se invisibile. Noi, pellegrini in cammino, guardiamo a loro per approfondire questo legame, secondo la più anticatradizione. Nella Chiesa infatti l’amore per i santi e la certezza della comunione con loro è scaturita spontaneamente ed ha attraversato i secoli. L’incontro tra la “chiesa celeste” e la “chiesa peregrinante” avviene soprattutto nella liturgia e in particolare nella Messa, nella quale noi tutti ci uniamo alla lode di Dio. L’influsso che i santi esercitano su di noi è motivo della nostra crescita spirituale verso l’unico Capo: la predilezione, la devozione particolare per qualcuno di questi fratelli o sorelle è unautentico legame di affetto. Conoscere la vita dei santi è avere dei modelli forti e contro corrente, è entrare in un orizzonte spesso inatteso e inimmaginabile. La solennità di domani è quindi ricca di spunti di riflessione, e ci apre ad una dimensione nellaquale camminare tutto l’anno. (Cfr. “Nuovo Dizionario di spiritualità”) 27 Ottobre

Il mio canto d’oggi Non si riflette spesso sul valore del tempo e sul valore dell’ ”oggi”: in realtà siamo assorbiti dal presente, ma talvolta lo svuotiamo del suo senso nella falsa ricerca di moltiplicarne in mille modi la portata. Facciamo due, tre cose contemporaneamente, quasi per dilatarne la misura. L’oggi, sospeso tra ieri e domani, è l’unica opportunità di ci è data, contiene il segreto della nostra esistenza, è l’unico momento che abbiamo in mano, ma nella direzione della qualità anziché della quantità. Con alcuni bei pensieri S. Teresa di Gesù Bambino proietta questa consapevolezza anche nel mondo spirituale, scrivendo così: Che importa, Signore, se l’avvenire è oscuro…No, io non posso pregarti per il domani…Mantieni puro il mio cure, coprimi con la tua ombra, e non sia che per oggi! Io non ho che quest’oggi mio fuggitivo per darti un frutto d’amore questo grappolo di cui ogni chicco è un’anima: dammi il tuo fuoco di un Apostolo, Gesù, e sia oggi! Angelo custode, coprimi con la tua ala, rischiarami la via con le tue luci, dolce amico, guida i miei passi, vieni, ti chiamo, aiutami, e sia sempre per oggi!

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(S. Teresa di G.B. “Scritti”)

24 ottobre

Maria “madre del Signore”, “benedetta tra le donne” e “beata la credente”

Vogliamo riflettere ancora sull’importanza di alcuni titoli mariani collocati nel contesto evangelico. Il piùsignificativo nella Visitazione è “Madre del Signore” (Lc. 1,43), un titolo che ha l’importanza di unaproclamazione solenne, e che è chiaramente consolidatonel culto cristiano. Sappiamo che proprio questo titolo sarà riconosciuto a Maria dal Concilio di Efeso nel sec.e che da questo riconoscimento nacque l’ispirazione perle bellissime icone di Maria con il Bambino. Insieme a questo appellativo solenne Elisabetta chiamaMaria “Benedetta fra le donne” (Lc.1,42): già altre donne dell’Antico Testamento erano state salutate come“benedette”, Giaele (Gdc 5,24) o Giuditta (Gdt. 15,10).Maria è messa quindi in relazione con queste donne fortiche avevano salvato il loro popolo, ma collabora alla sua salvezza in modo del tutto particolare e definitivo. Infine, Le viene rivolta la prima beatitudine del vangelo:“beata colei che ha creduto” (Lc.1, 45), e la Vergine è realmente la madre di tutti nella fede, così come erastato nell’Antico Testamento Abramo: ella ha percorso per prima la strada di una fede totale, e quindi

costituisce il modello e il tipo di ogni credente.

(cfr. O. Battaglia “La madre del mio Signore” Cittadella) 17 Ottobre

Il Regno di Dio Il tema che ogni mese si svilupperà in un discorso continuo è quest’anno il Regno di Dio, realtà grande e misteriosa, tante volte citata ma forse poco compresa. Tenteremo di mettere a fuoco almeno alcuni aspetti. L’annuncio del Regno è oggetto principale della predicazione di Giovanni Battista e di Gesù; ma per comprendere il valore che questo termine assume nel Nuovo Testamento bisogna partire dall’Antico Testamento, da cui esso proviene. Nella primitiva rivelazione ad Abramo, Isacco e Giacobbe, e anche a Mosè, l’immagine di Dio non è collegata con quella del re. Tuttavia già il cantico di Mosè all’uscita del Mar Rosso si concludeva: Il Signore regna in eterno e per sempre” (Es. 15,18), e nel promettere l’alleanza il Signore diceva: Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es. 19,6) Ma l’immagine regale si fa strada quando, a partire dall’epoca dei Giudici e in particolare conGedeone, si riconosce che il vero re di Israele, popolo scelto e liberato dall’Egitto, è proprio Dio. Io non regnerò su di voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi (Gdc. 8,23): nasce un’appartenenza piena ad un Dio che il popolo si impegna a servire. In questo senso più tardi, al tempo del profeta Samuele, venne intesa come tradimento la richiesta di un re:…hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi (1 Sam. 8,7).

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Questo Dio che regna in cielo, sulla terra, nell’universo, e regna su tutti gli uomini (come narrano molti brani dei salmi), ha scelto un popolo – Israele – come suo dominio particolare. Egli benedice e guida questo popolo come fa un pastore con il suo gregge, ed è il suo “re”. La regalità divina è in realtà un pensiero comune nelle religioni dell’antico Oriente. Tuttavia lo sviluppo storico del popolo ebraico si distanziò da esse per la fede assoluta e incrollabile in ununico Dio, per un monoteismo che dette un contenuto diverso anche alla concezione del poterepolitico. L’alleanza del deserto, sancita sull’Oreb e accettata da un popolo nomade, diventò infatti unaforma di vita stabile, sedentaria, attraverso l’osservanza della legge di Dio: il regno di Israeleebbe un valore morale molto prima che politico. 14 ottobre

Nascere a vita nuova Il vangelo di Giovanni nell’incontro di Gesù con Nicodemo parla di una rinascita che segna l’inizio di una vita nuova: tante volte abbiamo ascoltato questo brano evangelico. Lo ha fatto suo anche don Zeno di Nomadelfia, che “rinascendo” nello Spirito ha vissuto una nuova fraternità: E’ chiaro che si nasce tutti fratelli: ci vuole poco a capirlo – egli scrive - [...] E’ tempo invece che si cominci a capire che per essere fratelli non basta nascere dalla carne: “ciò che nasce dalla carne è carne” (Gv.3,6) Questa rinascita non è un fatto naturale, non si ottiene con una ginnastica fisica: c’è semplicemente da cercare con perseveranza e finalmente accettare la Fede, pensando, meditando, scoprendo Cristo come vero Figlio del Dio vivente…… Il mondo cerca questa vita nuova…..Non vedete come si agita, come cerca la vita, come rimane triste quando si accorge che è come un animale che solamente mangia, beve, dorme, lavora, si diverte; mangia, beve, dorme; dorme, mangia, beve; cammina nelle tenebre. Dice invece Gesù: “Chi mi segue non cammina nelle tenebre” [...]. Non voglio morire così, ma voglio vivere la mia vita e, con la mia vita, narrerò, farò vedere al mondo – operando con Cristo e con i fratelli – le opere del Signore. Questo e solamente questo si deve fare. (da Don Zeno di N. “Dirottiamo la storia del rapporto umano” ed. Nomadelfia) Siamo invitati a questa rinascita da una mentalità agitata e vuota ad una fede illuminante, e intorno a noi c’è una sete profonda di questa scoperta. Per essere sale della terra e lievito della pasta abbiamo bisogno per primi di scoprire sempre più e sempre meglio la bellezza di questa “vita nuova”.

9 ottobre

Maria “figlia di Sion”, “piena di grazia” e “arca di Dio”

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In questo mese dedicato a Maria, che è stata ricordata inparticolare il 7 ottobre con il titolo di Madonna del Rosario,cerchiamo di ritrovare l’origine biblica di alcune invocazioni divenute abituali nelle nostre preghiere alla Vergine. Esse si sonoformate nei secoli per venerare la Madre del Signore, e hannoespresso in modo semplice delle profonde verità che per noi oggipossono risultare meno evidenti se non ne ricordiamo l’origine. L’Annunciazione narrata nel vangelo di Luca contiene in germealcuni di questi titoli: l’angelo che invita Maria a rallegrarsiricorda a noi la profezia di Sofonia che diceva: “Gioisci, Figlia diSion” (Sof.3, 14), e il titolo di “figlia di Sion” o “nuova Gerusalemme” ha accompagnato la Madonna per indicare in lei ilcompimento delle antiche promesse. Nella sua persona, nata dalpopolo di Israele, tutto Israele è chiamato alla salvezza. Ma la scena dell’Annunciazione ha suscitato ancor piùl’appellativo “piena di grazia”, come viene chiamata dall’angelo e come noi diciamo nell’”Ave Maria”. L’angelo ripete poco dopo“hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1,30): Maria è oggettoparticolare della benevolenza divina.

Nell’episodio della Visitazione ella è vista come l’”arca Dio” presente nel suo grembo; si era posata su di lei la gloria del Signore, secondo l’immagine dell’antica arca in cui si conservavanole tavole della Legge, ella era dunque l’arca vivente dell’Altissimo, il luogo più sacro di tutta laterra.

(cfr. Oscar Battaglia, “La madre del mio Signore”, Cittadella)

6 Ottobre

Dove trovare Dio? Il desiderio che ogni credente porta nel cuore di incontrare Dio, di sperimentare il suo sostegno, di conoscerlo come luce e come vita può contrastare con la difficoltà di udire la sua voce, di vedere il suo volto. Egli si rivela certamente a noi nella creazione e nella incarnazione redentrice, così noi sapremo qualche cosa di Lui attraverso la Scrittura e attraverso le opere del mondo. Tuttavia riflettiamo su una grande verità: se l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, è nell’uomo che troviamo un riflesso vivo e vero di Dio. Se dunque la nostra vita cristiana […] ha sete del Dio vivente, non avrà timore di incontrarlo nella città degli uomini. Malgrado le loro debolezze, le loro imperfezioni, i loro peccati, essi restano comunque tutti figli di Dio […]niente sulla terra può rivelarci la presenza, l’opera, la grazia e l’amore di Dio meglio della cittàdegli uomini che egli ama…..In essa la sua luce illumina le anime, la sua presenza sostiene icuori. In essa Dio si dice, si rivela, semina, ara, fa crescere e fa che i tralci della vigna portino molto frutto[…]. La città può condurci a Dio perché egli ci ha posti nella città. La città può elevarci a Dio, perchéDio è disceso nella città. La città può donarci Dio, perché Dio si è offerto nella città […]. (da Pierre-Marie Delfieux “Come monastero la città” ed. Ancora). Il nostro sguardo spesso distratto, superficiale e attirato dall’esteriorità può scoprire nel tessuto delle nostre relazioni, nella “città” come società umana, l’immagine più bella di Dio. Il lavoro, lo sforzo, la sofferenza, l’amicizia, la vita che nasce e la vita che muore, possono essere i luoghi di un incontro autentico con il Signore. 1° Ottobre Una “piccola via” per ognuno di noi

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All’inizio dell’anno pastorale e catechistico ci viene donata, una“piccola via”, sulla quale camminare, dalla Santa che abbiamoricordato il 1 ottobre, Santa Teresa di Gesù Bambino, la carmelitana di Lisieux morta a ventiquattro anni e maestra di unaspiritualità ardua e semplice. Ella racconta nella “Storia di un’anima” che, già carmelitana, nonriusciva a riconoscere fino in fondo la sua vocazione quando, leggendola I Lettera ai Corinzi, fu colpita da questa frase: “Cercate con ardore i doni più perfetti, ma vi mostrerò una via ancor più perfetta”. L’Amoreè la via che conduce sicuramente a Dio. “Finalmente avevo trovato il mio posto…Capii che, se la Chiesa ha uncorpo composto da diverse membra, l’organo più necessario, più nobile di tutti non le manca, capii che la Chiesa ha un cuore, e che questo cuore arde d’amore. Capii che l’amore solo fa agire le

membra della Chiesa, che, se l’amore si spegnesse, gli apostoli non annuncerebbero più ilVangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, in una parola che èeterno. ..” (Storia di un’anima, 254) Ella è giunta ad una santità altissima con i “piccoli” mezzi, le piccole cose, come narra degli inizi della sua vita in monastero e come ha testimoniato in innumerevoli episodi:“M’impegnavo soprattutto a praticare le virtù piccole, non avendo il destro per praticare legrandi, così mi piaceva ripiegare le cappe dimenticate dalle consorelle, e rendere a questeultime tutti i piccoli servigi che potevo” (Storia di un’anima, 211). Ma il suo cuore guardava alla missione, alla salvezza dei più lontani, e lo slancio del suo amorefu tanto grande che ella è stata proclamata compatrona della missioni. In qualche modo Teresa ci insegna il suo segreto in questa duplice tensione: da una parte l’ardore per annunciare il Signore e raggiungere il cuore di “tutti”, almeno di tutti quelli che cisono stati affidati, un orizzonte aperto verso traguardi sempre più grandi e concreti; dall’altral’attenzione al quotidiano, la fedeltà nelle piccole cose, ai gesti semplici che trasmettonol’amore anche a chi ci infastidisce, che donano il perdono e costruiscono la pace. La nostra esperienza spesso naufraga nei grandi ideali perché non sa scoprire la realtà concreta che cipassa accanto. Possiamo cominciare l’anno con questa strada dritta davanti a noi: alla scuola della piccola viamolte cose che non immaginiamo prenderanno senso, impareremo a vedere che la nostra vitaè ricca di occasioni preziose nel servizio di Dio e dei fratelli. 1 luglio

Estate Luce, calore. E’ il tempo della mietitura. E’ la stagione dei frutti. Tu li chiedi anche a me, Signore, proprio perché mi consideri un amico. Ed il frutto porta con sè la sua storia, le fatiche, le difficoltà, il lavoro di un anno. Pongo davanti a Te, Signore, l’impegno messo per restarti fedele, i propositi che in un segreto dialogo con Te ho sentito il bisogno di fare per essere veramente portatore di un “nome nuovo”. ……. Mi sollecitavi alla testimonianza della Fede nella vita familiare, nella comunità parrocchiale,

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alle Messe domenicali, nel silenzio della preghiera, nel servizio del prossimo, nell’onestà della professione. Ti posso confidare che, a volte, mi è sembrato che Tu volessi rendermi più difficile la vita, in realtà me l’hai resa più bella. ….. Tu, ora, osservi con divina sapienza i miei frutti. Può darsi che qualcuno sia ancora “acerbo”, qualcuno “bacato”… …… Ognuno attende la stagione dei frutti che torna puntualmente ogni anno; anche Tu la desideri, Signore. Che io non sia a mani vuote e sappia meritarmi la fiducia che mi hai dato. Autunno, inverno, primavera, tendono all’estate; sono anche stagioni dell’anima, cercano la luce e il calore di Dio per far maturare quanto è stato seminato, piantato, irrigato. Dacci una buona estate, Signore, una buona estate anche per l’anima! (Ezio Morosi “La tenda del convegno”) Buone vacanze, con l’augurio che ci sia, nella nostra estate, un tempo dedicato all’incontro con Dio, secondo il modo che per ognuno sarà migliore! 27 giugno

“È davanti all’Eucaristia che ho imparato a pregare…”

La solennità del Corpo e del Sangue del Signore, celebrata ieri, ci invita ad entrare in modo sempre profondo nella relazione colSignore: vivere di Lui. Con queste belle e semplici parole Carlo Carretto confessa, come unbambino, la sua fede e la sua devozione per il mistero eucaristico, maestro di preghiera: Mi direte che sono vecchio nel credere ancora alla visita alSantissimo Sacramento. Sì, fratelli, credo che Gesù sia presentenell’Eucaristia non solo durante la Messa, ma anche tra Messa eMessa, sempre. E’ davanti all’Eucaristia che ho imparato a pregare. Quando nel deserto il mio maestro dei novizi mi lasciava solo perotto giorni, quando più tardi rimasi per quaranta giorni solo in uneremo, sarei impazzito se non ci fosse stata questa Presenza a

rispondere alle esigenze della mia presenza, questo Amore al richiamo del mio amore. (Carlo Carretto, “Al di là delle cose”)

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23 giugno

Invito alla preghiera L’importanza della preghiera e la difficoltà di viverla suggerisce di chiedere a Dio come dono questa comprensione, perché da Lui viene ogni “dono perfetto”: Insegnami a comprendere che senza la preghiera il mio intimo inaridisce e la mia vita perde consistenza e forza. Rimuovi da me le chiacchiere degli avvenimenti e delle necessità. Guidami alla tua santa presenza. Insegnami a parlarti nella serietà della verità e nell’intimità dell’amore. (Romano Guardini cit. in Ravasi “Preghiere”) 16 giugno

Pregare un testo della Bibbia nella liturgia

La Parola di Dio è al cuore della liturgia, voce e azione della Sposa (la Chiesa) nei confronti dello Sposo, e ogni momento liturgico è strettamente collegato con alcuni passi della Scrittura. La celebrazione centrale è l’Eucaristia, della quale la liturgia della Parola è parte essenziale: in essa viene ripercorsa, come sappiamo, nel ciclo di tre anni la storia sacra di Israele, dell’Incarnazione e della Chiesa primitiva. Non si tratta di un ascolto a carattere storico o culturale, la Parola di Dio viene pregata in modo eminente proprio nella preghiera collettiva della Chiesa, nella celebrazione che accomuna tutti i cristiani. E’ un modo di pregare scandito da proclamazioni e canti, aiutato dalle omelie dei sacerdoti, è una preghiera che coinvolge per il suo ritmo e la sua maestà soprattutto nelle feste.Già Israele

leggeva le Scritture solennemente, il giorno di sabato, nella sinagoga, e Gesù stesso vi ha partecipato varie volte come narrano i vangeli. Più che mai nella preghiera liturgica emerge la centralità di Cristo, attorno al quale è “costruito” il ciclo liturgico e sono scelti i passi letti durante l’anno. Anche l’Antico Testamento è riletto nella prospettiva del compimento portato dal Messia. Pur essendo diversa sostanzialmente dalla preghiera personale, la preghiera della Parola nella liturgia suppone una certa conoscenza diretta della Bibbia. Quanto più si è abituati alla meditazione e alla contemplazione della Parola, tanto più anche la liturgia acquista risonanza e calore. C’è uno stretto nesso interiore tra l’atteggiamento orante silenzioso e solitario del credente e la sua partecipazione piena alla ricchezza della liturgia, le cui sfumature, i cui riferimenti rischiano di passare inosservati senza un’educazione spirituale all’ascolto intimo della Scrittura. 9 giugno

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Il sogno di Dio Io credo in Dio, il Padre di tutti gli uomini a cui egli ha affidato la terra. Credo in Gesù Cristo che è venuto per darci coraggio, per guarirci, per liberarci e annunciare la pace di Dio all’umanità. Credo nello Spirito di Dio che lavora in ogni uomo di buona volontà. Credo che l’uomo vivrà della vita di Dio, per sempre. Non credo nel diritto del più forte, nel linguaggio delle armi, nella forza dei potenti. Voglio credere nei diritti dell’uomo, nella mano aperta, nella potenza dei non-violenti. Non credo alla razza e alla ricchezza, ai privilegi, all’ordine stabilito. Voglio credere che il mondo intero è la mia casa; voglio credere che il diritto è unico, qui e altrove e che non sono libero finché un solo uomo è ancora schiavo. Continuo a credere al sogno di Dio stesso: un cielo nuovo e una terra nuova dove abiterà, per sempre, la giustizia. Dom Helder Càmara

6 giugno Vuol darci il Paradiso La solennità dell’Ascensione del Signore ci fa riflettere sullacasa del Padre cui Gesù è giunto e dove ci vuole condurre: “Padre, voglio che dove sono io, ci siano con me pure quelli,affinché vedano la gloria mia, che tu m’hai data, perchè tu mi hai amato prima ancora della creazione del mondo.Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, e questi hannoconosciuto che tu mi hai mandato. E ho fatto conoscere aloro il tuo nome, e lo farò conoscere ancora, affinché l’amore col quale hai amato me, sia in essi e io in loro”. Vuol darci il Paradiso. Dove sarà Lui, anche noi; vuol darci

da vedere la sua eterna gloria. E invocando il Padre, e ricordandogli che è “giusto”, invoca su noi, a differenza del mondo che non l’ha conosciuto, addirittura l’amore col quale ha amato Lui. Sembra che non ci sia nulla dell’uomo in queste parole tutte trinitarie. E nello stesso tempo sisente il cuore dell’amico, del fratello, del maestro amante, del padre che dona ai suoi “quanto” può: partecipare alla sua divinità.

Chiara Lubich

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3 giugno

Dio ha tanto amato il mondo… (Gv. 3, 16) Il mese di giugno che abbiamo appena iniziato è dedicato, come sappiamo, alla devozione al Sacro Cuore, che ci aiuta ad entrare nel più intimo e profondo significato della salvezza. Infatti il “cuore” di Gesù rappresenta simbolicamente la sua scelta di “dare la vita per i suoi amici” (Gv. 15,13), mosso dall’amore. Nel vangelo di Giovanni si fa spesso uso di simboli: l’acqua, la luce, il pane…e proprio questo vangelo presenta due volte l’immagine del costato – del “cuore” – trafitto da una lancia (Gv. 19, 31-37; 20, 24-29). Questo Cuore venerato fin dal Medio Evo ha trovato, come è noto, in Santa Margherita Maria Alacoque la voce umile e forte capace di narrare le meraviglie dell’amore di Dio: “Il mio divin Cuore è tanto appassionato di amore per gli uomini e per te in particolare…”(cfr. Autobiografia); con parole simili l’evangelista Giovanni aveva concluso il colloquio di Gesù con Nicodemo (Gv. 3, 16-17), svelando la misericordia di Dio. Il Sacro Cuore è al centro della nostra conoscenza del Signore: contemplando il suo Cuore contempliamo la sua infinita dedizione agli uomini, e ci lasciamo “contagiare” da questa misericordia che possiamo annunciare al mondo solo dopo averla scoperta e sperimentata.

31 maggio

Madonna delle ore monotone Vergine dovunque invocata, tu vedi le folle prese dalle “mille cose da fare”, che prendono gli stessi bus e gli stessi treni, che portano le stesse pene e le stesse gioie. Sia tutti gli stessi, o Maria! Abbi cura di noi. Madonna delle ore monotone, delle preoccupazioni senza fine, dei giorni senza gioia, delle notti senza riposo, dei domani incerti, della fine del mese senza denaro e degli anni senza vacanze: resta a noi vicina. Tu che hai conosciuto un Natale di disagio, la privazione anche del necessario, una vita povera e non priva di angosce: abbi pietà di noi. Madonna dell’umanità, veglia su questo mondo che vorremmo fare più giusto, più fraterno e umano.

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Veglia su quest’umanità Redenta dal tuo Figlio. Col tuo aiuto, o Maria, noi riconosciamo in Gesù Cristo, tuo Figlio, la nostra vita e la nostra resurrezione. (da V. Insolera “Parlare a Maria”)