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Giovanni Crisostomo

LE CATECHESI BATTESIMALI

Traduzione e note di Aldo Ceresa - Gastaldo

Cirillo e Giovanni di Gerusalemme

LE CATECHESI AI MISTERI

Traduzione e note di Antonio Quacquarel/i

Supplemento al numero di

di questa settimana P.I. SPA - S.A.P. - D.L. 353/2003 L. 27/02/04 N. 46 - a. 1 c. 1 DCB/CN

Direttore responsabile: Antonio Sciortino

SAN PAOLO

Edizione in collaborazione Città Nuova Editrice© 1977-1981 - Roma e Periodici San Paolo © 2005 - Milano

Le immagini della Bibbia della Luce sono proprietà della Fototeca della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.

!.:immagine in copertina è di TIPS

Finito di stampare nel mese di maggio 2005 presso Nuovo Istituto d'Arti Grafiche S.p.A. Via Zanica, 92, 24126 Bergamo - Italia

Prefazione

L'EREDITÀ DELLA CATECHESI ANTICA

È bene dire subito che la proposta delle Ca­techesi battesimali di Giovanni Crisostomo (349?-407), patriarca di Costantinopoli, e delle Catechesi ai misteri di Cirillo (313?-387) e Giovanni II ( +417), suo successore come vescovo di Gerusalemme, può risultare impegnativa per i lettori d'oggi che non ab­biano dimestichezza con questioni di storia della ca­techesi e della liturgia. Ma questi testi meritano uno sforzo supplementare di lettura, comprensione e ap­profondimento, nel momento in cui si vuole trarre frutto dalle antiche testimonianze sui fondamenti dottrinali, l'itinerario di fede e la prassi pastorale-li­turgica della Chiesa: in questo caso in riferimento al battesimo, il primo dei sacramenti, non soltanto per­ché cronologicamente viene per primo, ma perché segna l'inizio della conformazione e della vita nuo­va in Cristo.

Quello che è interessante soprattutto evidenziare in queste Catechesi - al di là dei contenuti teologici specifici, dell'impronta morale (forte, ad esempio in Giovanni Crisostomo), dello stesso stile letterario, più o meno attraente ed efficace, di ciascun autore - è la linea comune perseguita per suscitare e nutri­re la fede, comunicando con fedeltà il mistero della

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salvezza. Prima, infatti, viene la Parola di Dio, che il credente deve conoscere e fare propria; poi viene il battesimo come completamento e sigillo di ciò che la Parola di Dio ha saputo far lievitare nella sua ani­ma come cammino di conversione e volontà effetti­va di seguire Cristo. L'iniziazione alla fede e ai sa­cramenti è finalizzata a questo obiettivo.

Anticamente, la fase preparatoria di incorporazio­ne alla Chiesa mediante il battesimo era costituita dal catecumenato: un'istituzione pastorale e liturgi­ca sorta all'interno delle comunità cristiane già sul fi­nire del II sec., con lo scopo di accompagnare - at­traverso l'istruzione catechistica, la pratica religiosa, l'esercizio delle virtù cristiane - il cammino delle persone adulte convertitesi al cristianesimo.

Nei contesti delle chiese locali, l'organizzazione di questo periodo di istruzione dottrinale, formazio­ne morale e preparazione rituale al battesimo assu­meva forme diverse, pur avendo molti elementi co­muni. Nel N sec. - epoca a cui si riferiscono le no­stre catechesi - i catecumeni erano suddivisi in due gruppi distinti: da una parte gli "uditori", che ave­vano ricevuto la prima iniziazione cristiana; dall'al­tra, quelli che avevano già superato questa fase (gli "eletti") e si erano iscritti al battesimo. Costoro era­no chiamati anche - come qui - "illuminati" oppure "competenti". Dal giorno dell'Epifania - nel quale si annunciava la data della Pasqua - fino al termine della Quaresima, il vescovo provvedeva direttamen­te a fornire gli elementi essenziali della fede e, nel­la settimana pasquale o in quella successiva, ad ini­ziare ai misteri, ovvero a spiegare il significato dei sacramenti (la cosiddetta "catechesi mistagogica"). Era un compito importante per il vescovo, trattando­si di introdurre gli aspiranti al battesimo non solo

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nella specificità del sacramento che stavano per ri­cevere, ma alla consapevolezza della scelta totale di vita che si accingevano a compiere, impegnandoli a vivere in modo nuovo, nella fedeltà a Cristo e in co­munione con la Chiesa. Era naturalmente un mo­mento impegnativo per i catecumeni, che dovevano partecipare regolarmente alle funzioni liturgiche e tenere un comportamento degno per sobrietà e con­tinenza, che manifestasse cioè realmente il desiderio di cambiare vita e, di riflesso, lo sforzo di dominare le passioni ed esercitarsi allo spirito di penitenza.

Centrale nella catechesi prebattesimale era il mo­mento legato al "Simbolo degli apostoli": la spiega­zione del nome e dell'origine del Simbolo, il segno di croce, le formule del Simbolo, il commento del vescovo - successore degli apostoli e perciò chia­mato a tramandare la tradizione apostolica - ad ognuno dei dodici articoli componenti il Simbolo. Da ultimo, alcune cenni ricapitolativi ogni quattro articoli e l'invito agli "illuminati" ad imparare a me­moria il Simbolo, essendo fatto divieto di scriverlo e di rivelarlo ai non iniziati.

Questa era la preparazione generalmente seguita prima del battesimo, amministrato al termine delle solenni vigilie pasquali. Nel IV sec. il rito del batte­simo iniziava - ad evocazione del gesto compiuto da Gesù nella guarigione del sordomuto - con il ve­scovo che toccava le orecchie e le narici del battez­zando (non però la bocca), pronunciando le parole ·Effatà, cioè apriti· (Mc 7,34): a significare che l'in­contro con Gesù nel battesimo operava nell'uomo il prodigio di renderlo capace di udire i misteri e di sentire il profumo di Cristo. Nel battistero, poi, si procedeva all'unzione del battezzando per disporre il nuovo atleta in Cristo alle dure lotte che avrebbe

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comportato il vivere secondo la fede ricevuta. Seguivano le due rinunce (a Satana e alle sue ope­re, al mondo e alle sue seduzioni), con il battezzan­do rivolto prima ad Occidente, sede del demonio, poi ad Oriente, sede di Cristo. Infine, la benedizio­ne del fonte battesimale intesa come gesto di libera­zione dallo spirito del male e preghiera di invoca­zione della grazia fortificante di Cristo. Il battezzan­do, calato nel fonte battesimale, faceva la professio­ne di fede, rispondendo "credo" alle tre domande del vescovo ( .. Credi in Dio Padre onnipotente? Credi nel Signore nostro Gesù Cristo e nella sua croce? Credi nello Spirito Santo?») e venendo immerso nel­la vasca per tre volte. Uscito dal fonte, il neofito ri­ceveva l'unzione crismale come segno della rinasci­ta dall'acqua e dallo Spirito Santo, della liberazione dal peccato, della partecipazione al corpo di Cristo per la vita eterna. In alcune chiese locali, era previ­sta a questo punto anche la lavanda dei piedi, per impetrare la grazia di esser preservati da ogni pas­sione e concupiscenza. Subito dopo il battesimo, ai neofiti veniva consegnata una veste bianca, simbolo della remissione dei peccati e della riconquistata in­nocenza da portare sempre senza macchia nella vi­ta d'ogni giorno. Con il battesimo si amministrava anche la cresima; i neofiti rientravano quindi pro­cessionalmente in chiesa dirigendosi verso l'altare, dove per la prima volta potevano partecipare alla celebrazione della messa e accostarsi alla mensa eu­caristica.

Così spiega Giovanni Crisostomo - con la sua ti­pica caleidoscopia di immagini - gli effetti sul nuo­vo "illuminato" dal bagno di rigenerazione del bat­tesimo: .. ora come uno, dopo aver presa e messa in fonderia una statua d'oro macchiata per il tempo,

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fumo, polvere e ruggine, ce la restituisce pulitissima e splendente, così Dio, presa la nostra natura rovi­nata per la ruggine del peccato, piena del molto fu­mo derivante dagli errori e senza la bellezza che ot­tenne da lui all'inizio, la rifuse di nuovo, e immet­tendo le acque come in una fonderia e facendo spi­rare la grazia dello Spirito anziché il fuoco, ci ricon­duce, rifatti e rinnovati con grande splendore, a mi­rare d'ora innanzi i raggi del sole, avendo abbattuto l'uomo vecchio e preparato il nuovo, più fulgido del primo• (Seconda catechesi).

Se le Catechesi ci insegnano a cogliere il signifi­cato e l'efficacia del battesimo, prima di farci tocca­re il traguardo ci indicano anche il percorso attraver­so il quale arrivare. Questi documenti della Chiesa antica sono quindi preziose testimonianze anche per l'intelligenza della fede e il rinnovamento della vita.

GIULIANO VIGINI

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PARTE I

Giovanni Crisostomo

LE CATECHESI BATTESIMALI

Introduzione

1. LE CATECHESI BATTESIMALI

DI GIOVANNI CRISOSTOMO

Nella vasta produzione del Crisostomo, le Ca­techesi battesimali occupano un posto importante non soltanto per il considerevole numero perve­nutoci (dodici complessivamente), ma soprattutto perché esse rappresentano una fonte preziosa per la storia della concezione e della Liturgia battesi­male ad Antiochia, una delle più illustri sedi del­la Chiesa orientale, alla fine del quarto secolo.

Il Crisostomo, ordinato sacerdote il 16 febbraio del 386, all'inizio della Quaresima, cominciò su­bito la sua attività di predicatore, di cui sono pri­me testimonianze Otto omelie sulla Genesi, te­nute lo stesso anno.

Alla Quaresima del 387 appartengono le ventu­no Omelie sulle statue, con le quali il Crisostomo insieme con l'interessamento del vescovo Flaviano riuscì ad interrompere e a scongiurare ulteriori sanguinose repressioni da parte del potere impe­riale, causate dalla sommossa popolare che aveva portato alla mutilazione delle statue di Teodosio e della sua famiglia.

B. De Montjaucon, pubblicandole nel 1718, rite­neva giustamente di dover escludere dalla serie un 'altra omelia, aggiunta alle ventuno dai prece­denti editori, perché di contenuto del tutto diver-

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so, riguardante essenzialmente il battesimo, e non esitò a intitolarla Catechesi e a pubblicarla insieme con un 'altra dedicata allo stesso argomento: sono le Catechesis prima et secunda ad illuminandos, ri­stampate successivamente nella Patrologia Graeca del Migne, voi. 49, Parigi 1862, coli. 223-240.

Tuttavia, nonostante la sua profonda conoscen­za delle opere crisostomiane, il Montjaucon errava nel ritenere le due Catechesi appartenenti a una stessa serie: al 387 risale probabilmente la secon­da, pronunziata dieci giorni dopo un 'altra istru­zione battesimale ora perduta, mentre all'anno successivo 388 può appartenere la prima, tenuta trenta giorni prima della Pasqua e collegata ad altre tre Catechesi che soltanto nel 1909 veni­vano pubblicate da A. Papadopoulos-Kerameus.

L'importante scoperta del Papadopoulos restò a lungo ignorata e si dovettero ad un 'altra non me­no importante scoperta, la ripresa e l'approfondi­mento delle ricerche sulle Catechesi del Crisosto­mo: nel settembre del 1955 A. Wenger rinveniva nel monastero di Stavronikita sul monte Athos una nuova serie di Otto Catechesi battesimali ine­dite in un codice dell'inizio dell'XJ secolo, pubbli­candole due anni dopo con ampia introduzione e commento.

Varie sorprese erano riservate agli studiosi di questi scritti crisostomiani.

Anzitutto risultò che la prima Catechesi edita dal Montjaucon corrispondeva sostanzialmente alla prima della serie scoperta dal Papadopoulos, che infatti non l'aveva ripubblicata, rinviando al testo già noto.

Nella stessa serie del Papadopoulos la seconda risultava pronunziata dieci giorni dopo la prima

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e la terza il Giovedì Santo precedente la stessa Pasqua, che gli studiosi ritennero di poter asse­gnare allo stesso anno 388.

Un problema a parte presentò la quarta Cate­chesi, già precedentemente nota attraverso un 'an­tica versione latina dell'inizio del V secolo e diffu­sa in Occidente anche perché inserita in una fa­mosa raccolta di trentotto omelie crisostomiane tradotte in latino: questa Catechesi corrispondeva sostanzialmente alla terza della nuova serie sco­perta dal Wenger, anche se risalente ad una diver­sa recensione.

Inspiegabilmente rifiutata come non autentica dal Montfaucon, questa Catechesi fu quindi senza alcun dubbio rivendicata al Crisostomo, e, ancbe se è difficile spiegare la sua appartenenza a due serie diverse, la si suppose pronunziata immedia­tamente dopo l'amministrazione del battesimo in un periodo compreso tra il 388 e il 390.

Intorno al 390 il Wenger faceva risalire la com­posizione delle altre sette Catechesi da lui scoper­te, ritenendo che le prime due, prebattesimali, si possano assegnare rispettivamente a dieci giorni dopo l'inizio della Quaresima e al periodo di poco precedente la Pasqua e che le altre cinque, postbattesimali, siano state pronunziate nei gior­ni della settimana successiva alla Pasqua, rispet­tivamente la domenica o il lunedì, il martedì, il mercoled~ il venerdì ed il sabato.

Si possono sintetizzare così nel seguente pro­spetto i vari dati relativi alle dodici Catechesi bat­tesimali, ai loro reciproci rapporti e alla proba­bile epoca di composizione, secondo l'ordine in cui compariranno anche in questa versione italia­na [cf. tabella p. 17].

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2. TEORIA E PRASSI BATIESIMALE . IN GIOVANNI CRISOSTOMO

Fin dall'inizio della sua attività pastorale, il Crisostomo rivela una chiara ed approfondita con­cezione del battesimo, dovuta sia alla sua persona­le esperienza, a cui spesso accenna nelle Cateche­si, sia alla tradizione presente nella Chiesa di An­tiochia.

Il suo stile semplice e vivo che, anche nella im­mediatezza del costante rapporto con il pubblico, conserva sempre le impronte della pura eloquenza attica, ci permette di cogliere senza difficoltà il suo pensiero.

Il primo fondamentale aspetto che il Crisostomo coglie nel battesimo è il senso del mistero che lo cir­conda e che lo stesso termine •sacramento», se inte­so nella sua accezione originaria, tuttora riflette.

La terminologia che indica la distinzione tra fedeli e catecumeni nella comunità cristiana del-1 'epoca è rivelatrice al riguardo: soltanto i fedeli (pistoi) sono gli "iniziati" (memuemenoi), mentre i catecumeni (k:atechoumenoi) sono i "non inizia­ti" (amuetoi).

E la separazione tra i due gruppi che avveniva all'inizio della liturgia eucaristica, a cui solo ife­deli potevano partecipare, mentre i catecumeni erano invitati ad uscire, è giustificata da quella "disciplina dell'arcano" profondamente radicata nella Chiesa di Antiochia e che il Crisostomo espri­me spesso con il ricorso a termini come "terribile': "tremendo': "ineffabile", di cui oggi purtroppo si è smarrita la genuina accezione.

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Il senso del mistero è suggerito al Crisostomo dalla viva fede che egli possiede nella nuova real­tà a cui è chiamato a partecipare il catecumeno: l'adesione piena e definitiva a Cristo, per esprime­re la quale il Crisostomo si seroe molto spesso del­l'immagine profondamente umana e suggestiva del matrimonio.

La nota citazione di Efesini 5,31-32, che sta alla base dell'interpretazione patristica del ma­trimonio, è ripresa e rielaborata originalmente dal Crisostomo con un realismo del tutto parti­colare che è un 'altra tipica caratteristica del suo pensiero.

E questo realismo che gli impedisce di cadere nel generico e nell'astratto, anche nei momenti di più alta tensione e proprio quando si sarebbe in­dotti a credere che la teoria sovrasti e annulli la prassi nella sua appassionata eloquenza.

Nonostante l'esaltazione del battesimo e dei suoi doni, nonostante le sue calde e ripetute esor­tazioni, egli sa benissimo che numerosi catecume­ni attendono a richiedere il battesimo soltanto in punto di morte e, fatto ancora più scoraggiante, che molti cristiani appena battezzati si assentano dalle riunioni liturgiche per seguire le corse dei cavalli e gli spettacoli del teatro!

Egli tuttavia non cessa di richiedere continua­mente ai catecumeni una seria preparazione mo­rale ed intellettuale, per meritare di ricevere il battesimo ed essere così dei "nuovi illuminati" (neophotistoi) che potranno cogliere con la fede la luce risplendente delle verità cristiane.

In questa visione si inquadrano i vari momen­ti che scandiscono la preparazione dei catecume­ni: la scelta dei fedeli che li accolgono come figli e

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ne diventano ''jJadri spirituali" (i futuri ''Padri­ni''), garanti della loro serietà; gli esorcisti a cui es­si vengono afffidati, coperti con la sola tunica da penitenza, con i piedi nudi e le mani levate al cie­lo come dei supplici o dei prigionieri.

L'ora nona del Venerdì Santo, che ricorda il tra­gico istante della morte di Cristo in croce, è il mo­mento culminante della liturgia battesimale.

Il Crisostomo, che spesso e a lungo ha insistito sullla piena libertà dell'uomo in contrasto con l'immutabilità della natura, richiama tutta l'at­tenzione dei catecumeni sull'importanza della scelta cbe essi debbono compiere.

La formula liturgica della rinunzia al demo­nio: ·lo rinunzio a te, Satana, al tuo fasto, al tuo servizio e alle tue opere• è un impegno solenne cbe il Crisostomo accosta alla scelta totale e defi­nitiva cbe si attua nel matrimonio.

Alla rinunzia a Satana la liturgia battesimale attestata dal Crisostomo faceva seguire l'unzione col segno della croce sulla fronte del catecumeno; poi, durante la funzione notturna, l'unzione di tutto il corpo, la professione di fede e la discesa nella piscina sacra per ricevere il battesimo dalle mani del vescovo o del sacerdote, che stendeva la mano sulla testa del battezzando e l'immergeva tre volte nell'acqua pronunziando la formula sa­cramentale: ·Il tale è battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo•.

Dopo il battesimo il Crisostomo menziona sol­tanto il rito del bacio di pace, a cui seguiva la partecipazione dei nuovi battezzati alla liturgia eucaristica.

Sette giorni si prolungavano ad Antiochia ife­steggiamenti per i nuovi battezzati, un periodo di

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tempo analogo alle feste per il Matrimonio e ogni giorno essi dovevano assistere alla riunione litur­gica a loro destinata, come testimoniano le ultime cinque Catechesi postbattesimali edite dal Wenger.

Così ci appare la concezione che il Crisostomo ha del battesimo e, dopo tanti secoli, la sua voce sembra conservare tuttora inalterata la sua fre­schezza e ispira un senso profondo di serenità e di fiducia di cui anche l'uomo di oggi ha bisogno, per rinnovare con piena libertà, come i catecume­ni di un tempo, la sua adesione a Cristo.

3. EDIZIONI E TRADUZIONI DELLE CATECHESI

Nell'esposizione della progressiva scoperta e del­la ricostruzione cronologica delle Catechesi bat­tesimali, fatta precedentemente, si sono già men­zionate le loro varie edizioni, nessuna delle quali tuttora completa: quella della prima e della secon­da a cura di B. De Montfaucon, della terza e del­la quarta, a cura di A. Papadopoulos-Kerameus, e delle successive, dalla quinta alla dodicesima, a cura di A. Wenger.

Di queste tre edizioni soltanto quella del Wen­ger approfondì l'indagine sulla tradizione mano­scritta, cbe complessivamente non è risultata mol­to ampia.

Di recente A. Piédagnel ha ripreso le ricerche sulla tradizione manoscritta delle prime quattro Catechesi e la sua nuova edizione antica con introduzione, versione e note comparirà nelle "Sources Cbrétiennes".

Per quanto riguarda le traduzioni, occorre an­zitutto ricordare quella latina delle prime due Catechesi, edite dal Montfaucon e ristampate dal

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Migne: la versione della prima (secondo la mia classificazione = Montf 2) è di un certo Bernardo di Brescia; quella della seconda ( = Montf 1) è del­lo stesso Montfaucon.

Di queste stesse prime due Catechesi comparve­ro una versione tedesca a cura di M. Schmitz nel­la Bibliothek der Kirchenvater, 1879, pp. 90-131; una versione inglese a cura di WR. Stephens e T.B. Brandram in A Select Library of the Nicene and Post-Nicene Fathers, 9, 1889, pp. 159-171, e, più recentemente, una versione francese a cura di M. jearnin nel volume Le bapteme d'après les Pères de l'Église. Textes choisis et présentés par A. Hamman, Paris 1962, pp. 171-200.

Nel 1957 uscì la versione francese di A. Wenger affiancata alla prima edizione delle otto Cate­chesi da lui scoperte.

Il volume citato Le bapteme d'après les Pères de l'Église, pp. 200-209, conteneva pure la versio­ne francese, curata da A. Hamman, della settima Catechesi ( = Wenger 3), della quale era comparsa precedentemente una versione anonima inglese col titolo A Newly Found Easter Homily by St. John Chrysostom, in· Worship•, 35 (1960), pp. 240-247.

Una traduzione francese della sesta Catechesi ( = Wenger 2) fu pubblicata da Fr. Papillon nel volume L'initiation chrétienne. Textes recueillis et présentés par A. Hamman, Paris 1963, pp. 89-100.

Nello stesso anno 1963 si ebbe la prima versio­ne completa di tutte le dodici Catechesi: è quella inglese di P. W. Harkins, preceduta da una sinte­tica introduzione e seguita da un ampio commen­to, accurata e fedele come quella parziale già ci­tata del Wenger.

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C. Brigatti, nel volume S. Giovanni Crisostomo. Catechesi battesimali, Alba 1975, curò la versione italiana delle otto Catechesi edite dal Wenger, pur­troppo con numerose imprecisioni, omissioni ed errori.

Nella presente versione di tutte le dodici Ca­techesi battesimali/arò spesso riferimento alle pre­cedenti, in particolare a quelle del Wenger e del­l 'Harkins, e, insieme alle seguenti opere, di con­sultazione indispensabile per la retta interpreta­zione della lingua e del pensiero crisostomiani: E. Schwyzer, Griechische Grammatik, I, Munchen 1953; II, ibidem, 1950; F Blass - A. Debrunner, Grammatik des neutestamentlichen Griechisch, Gottingen 1970; H.G. Liddell - R. Scott, A Greek­English Lexicon, Oxford 1968; G. WH. Lampe, A Patristic Greek Lexicon, Oxford 1968.

Amo CERESA - GASTALDO

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PRIMA CATECHESI1

«A coloro che stanno per essere illuminati, ed intorno alle donne che si adornano di ghirlande e d'oro ed a coloro che fanno uso di vaticini, di amuleti e di scongiuri, tutte cose estranee al cri­stianesimo•.

Lo SCOPO DELLA CATECHESI

1. Venni poco fa a richiedervi i frutti delle cose dette l'altro ieri al vostro amore: infatti non parlia­mo per questo motivo, perché voi ascoltiate sol­tanto, ma anche perché vi ricordiate delle cose dette e ce ne offriate la prova mediante le opere, anzi non a noi ma a Dio che conosce i segreti del­la mente. Per questo si chiama Catechesi, perché,

1 Questa Catechesi, che traduco dal Migne, PG 49, coli. 231-240, dovreb­be essere la prima in ordine cronologico poiché, secondo il Wenger (Introd., pp. 24-26 e 77) sarebbe stata tenuta ad Antiochia nel 387, dieci giorni dopo un'altra istruzione battesimale, ora perduta, che il Montfaucon a torto individuò nella prima Catechesi da lui edita, risalen­te invece all'anno successivo 388 (cf. la sua Praefatio, in PG 49, coli. 15-16 e il Monitum, ibid., coll. 221-222; pure al Montfaucon risale il titolo di questa e dell'istruzione seguente); secondo l'Harkins invece (Introd., p. 17), essa è posteriore al 387 ed il Finn (Introd., p. 10) l'as­segna al 390.

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anche durante la nostra assenza il discorso vi ri­suoni nella mente.

E non meravigliatevi se, trascorsi appena dieci giorni, venimmo a richiedervi i frutti dei semi, poi­ché in un sol giorno è possibile contemporanea­mente gettare i semi e raccogliere la messe: siamo spinti alla lotta fondandoci non solo sulla nostra forza ma anche sull'aiuto da parte di Dio.

Pertanto quanti accolsero le cose dette e le adempirono con i fatti, rimangano rivolti alle co­se che stanno davanti; invece quanti non si sono ancora accinti a questo buon lavoro, vi si accinga­no d'ora in avanti, affinché mediante lo zelo per queste cose respingano la condanna derivante dal­la trascuratezza.

È possibile, infatti, è possibile che anche chi è stato a lungo trascurato, dopo di ciò valendosi dello zelo, ricuperi tutto lo svantaggio del tempo trascorso. Per questo la Scrittura dice: Oggi se udite la sua voce non indurite i vostri cuori come nell 'irritazione 2•

Dice questo esortando e consigliando a non di­sperare mai, ma, finché siamo qui, a nutrire buo­ne speranze ed a rivolgersi alle cose che ci stan­no davanti e a mirare al premio della vocazione superiore di Dio.

IL NOME DI FEDELE

Facciamo dunque ciò e ricerchiamo i nomi di questo grande dono. Infatti come la grandezza

2 Sai 94,8 (la versione dei Settanta, sempre seguita dal Crisostomo, ha inteso l'ebraico m'riba non come nome proprio della località desertica di Meriba, secondo il racconto di Nm 20,1-13, ma come nome comune, parapikrasmos, equivalente a "contesa, lite, irritazione").

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ignorata di una dignità rende più trascurati coloro che sono oggetto di onore, così, una volta ricono­sciuta, fa diventare grati e rende più attivi.

Altrimenti sarebbe davvero cosa vergognosa e ridicola che coloro i quali godono di una tale glo­ria e onore da parte di Dio non sappiano neppu­re che cosa vogliono significare i suoi nomi.

Ma che dico di questo dono? Se tu riflettessi al nome comune della nostra razza, ricaveresti un grandissimo insegnamento ed esortazione alla vir­tù. Infatti noi non definiamo questo nome di uo­mo in base a coloro che sono del mondo, ma co­me ci prescrisse la divina Scrittura.

È uomo non chi ha semplicemente mani e pie­di di uomo e neppure chi è soltanto razionale, ma chi esercita apertamente pietà e virtù.

Ascolta che cosa dice di Giobbe. Affermando che c'era un uomo nella terra Ausitide, non lo de­scrive in base a queste caratteristiche come fanno i pagani e non dice neppure che aveva due piedi e grandi unghie, ma, volendo indicare i segni di­stintivi di quella pietà, diceva: Giusto, vero, timora­to di Dio, alieno da ogni cattiva azione, mostrando che in questo consiste un uomo. Allo stesso modo anche un altro dice: Temi Dio e custodisci i suoi co­mandamenti, perché questo è tutto per l'uomo.

Infatti se il nome di uomo contiene tale esorta­zione alla virtù, quanto di più il nome di fedele? Per questo sei chiamato fedele, perché hai fede in Dio e ti è stata affidata da lui la giustizia, la santi­tà, la purezza dell'anima, l'adozione filiale, il re­gno dei cieli. Avesti fede ed egli ti diede questi doni. A tua volta tu gli hai affidato e offerto altre cose, l'elemosina, le preghiere e ogni altra virtù.

E perché parlo di elemosina? Anche se gli darai

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un bicchiere di acqua fresca, non perderai neppu­re questo, ma te lo custodirà con cura per quel giorno e te lo restituirà con grande generosità, poiché in ciò consiste l'eccezionale, che egli non custodisce solo quanto gli è stato affidato, ma lo accresce con le ricompense.

Anche a te ordinò di fare questo secondo la tua capacità riguardo a ciò che ti fu affidato, di accre­scere la santità che ricevesti, di rendere più ri­splendente la giustizia derivante dal lavoro e più fulgida la grazia, come fece pure Paolo che riuscì ad accrescere tutti i beni che ricevette mediante le fatiche, la cura e lo zelo ad essi connessi.

E guarda la sollecitudine di Dio: non ti conces­se tutto qui né ti privò di tutto, ma ti diede alcu­ne cose, te ne promise altre. Per quale motivo non ti concesse tutto qui? Perché mostrassi la fiducia in lui, credendo a ciò che non ti era ancora stato da­to in base alla sola promessa. Per quale motivo poi non riservò tutto là, ma ti diede la grazia del­lo Spirito, la giustizia e la santificazione? Per alle­viarti le fatiche e renderti pieno di speranza ri­guardo ai beni futuri in base a quelli che già ti so­no stati concessi.

IL NOME DI NUOVO ILLUMINATO

Per questo stai per essere chiamato un nuovo il­luminato, perché possiedi la nuova luce per sem­pre, se tu lo vuoi, e non si spegne mai. Infatti a questa luce sia che lo vogliamo sia che non lo vo­gliamo succede la notte, ma l'oscurità non co­nosce quel raggio, perché la luce splende nell'o­scurità ma l'oscurità non l'accolse.

Il mondo certo non è così risplendente, dopo

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che è spuntato il sole, come l'anima è illuminata e diventa più fulgida per avere ricevuto la grazia dallo Spirito.

Bada più attentamente alla natura delle cose: quando incombe la notte e regna l'oscurità, spesso qualcuno, vista una piccola fune, pensò che fosse un serpente o lo fuggì di fronte ad un amico che si awicinava come a un nemico o, sentito un rumo­re, si spaventò: invece a giorno fatto nulla di ciò potrebbe accadere, ma tutto appare così come è.

La stessa cosa accade anche per la nostra ani­ma: infatti non appena la grazia sopraggiungendo ha cacciato l'oscurità dalla mente, impariamo la verità delle cose e diventa per noi privo di valore ciò che prima era oggetto di timore. Non temiamo più la morte, avendo appreso perfettamente da questa sacra iniziazione ai misteri che non è mor­te la morte, ma sonno e riposo temporaneo; non temiamo né povertà né malattia né alcun'altra di queste cose, sapendo che camminiamo verso una vita migliore, incorrotta ed immortale, libera da ogni simile imperfezione.

2. Non rimaniamo dunque più attaccati alle co­se mortali né al piacere della tavola né al lusso delle vesti; infatti possiedi una grandissima veste, possiedi una tavola spirituale, possiedi una gloria superiore e Cristo diventa per te tutto: tavola, ve­ste, casa, capo, radice.

Quanti foste battezzati in Cristo, vi siete rivesti­ti di Cristo (Gal 3,27): ecco come egli è divenuto per te veste.

Vuoi sapere come è divenuto per te pure tavo­la? Come io vivo per il Padre- dice Gesù -, così an­che colui che mangia di me vivrà per me (Gv 6,57).

E che è divenuto per te anche casa: Chi mangia

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la mia carne dimora in me e io in lui (Gv 6,56). E che è divenuto radice lo afferma a sua volta:

Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15,5). E che è divenuto fratello, amico, sposo: Non vi

chiamo più seroi ma vi ho chiamati amici (Gv 15,14-15).

E anche Paolo: Vi promisi a un solo sposo, per presentami quale vergine casta a Cristo; e ancora: Affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli.

E non siamo divenuti solo suoi fratelli, ma an­che figli, poiché dice: Ecco, io e i figli che mi die­de il Signore; e non soltanto questo, ma anche sue membra e suo corpo.

E come se non bastasse ciò che ha detto per mostrare l'amore e la benevolenza che rivela ver­so di noi, aggiunse un'altra prerogativa più gran­de e più intima di queste, chiamando se stesso nostro capo.

NECESSITÀ DI UNA CONDOITA ESEMPLARE

Conoscendo tutto ciò, o diletto, ricompensa il benefattore con un'ottima condotta e, riflettendo sulla grandezza del sacrificio, abbellisci le mem­bra del corpo.

Pensa che cosa tu ricevi con la mano e fa' in modo di non colpire mai nessuno e di non diso­norare con una tale colpa essa che è stata adorna­ta con un tale dono.

Pensa che cosa ricevi con la mano e custodisci­la da ogni avarizia e rapina.

Pensa che non ricevi soltanto con la mano, ma l'accosti pure alla bocca, e preserva la lingua pu­ra dalle parole turpi ed arroganti, dalla bestem­mia, dallo spergiuro e da ogni altra simile cosa.

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È dannoso infatti far servire per oltraggi, violen­ze e volgarità essa che è addetta a misteri così tre­mendi, è stata arrossata di un tale sangue ed è di­venuta una spada d'oro.

Abbi cura dell'onore che Dio le attribuì e non indurla alla facilità del peccato ma al contrario, ri­flettendo che dopo la mano e la lingua è il cuore a ricevere quel tremendo mistero, non tessere mai inganno contro il prossimo, ma custodisci la tua mente pura da ogni malvagità e così potrai pro­teggere anche gli occhi e l'udito.

Come non è assurdo dopo quella voce miste­riosa e discesa dal cielo, voglio dire dai cherubi­ni, macchiare l'udito con canti da prostituta e fiacche melodie? Come non è degno dell'estremo castigo mirare le prostitute con gli occhi con cui miri i misteri ineffabili e tremendi e commettere adulterio col pensiero?

Fosti chiamato a nozze, o diletto: non entrare indossando sudice vesti, ma metti un abito adatto alle nozze. Infatti se uomini invitati a nozze sensi­bili, anche se sono più poveri di tutti, si presenta­no a quelli che li hanno irivitati avendo spesso preso in prestito oppure acquistato una veste pu­ra, tu che sei stato chiamato a nozze spirituali e a un banchetto regale, pensa quale vestito corrispon­dente devi comprare: anzi, non c'è neppur biso­gno che lo compri, ma te lo dà gratuitamente quel­lo stesso che ti invita, perché tu non abbia neppu­re da addurre come pretesto la povertà.

Custodisci dunque la veste che hai ricevuto: se la perderai, non potrai più né prenderla in presti­to né acquistarla, poiché una simile veste non si vende in nessun luogo.

Hai sentito come si lamentarono coloro che

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erano stati iniziati un tempo ai misteri e si batte­vano il petto a causa della coscienza che allora li stimolava? Bada dunque, o diletto, di non subire anche tu ciò. E come non lo subirai, se non allon­tani la cattiva abitudine del male?

LA CORREZIONE DEI DIFETTI

Per questo lo dissi prima e lo dico ora e non cesserò di dirlo: se qualcuno non corresse i difet­ti dei costumi e non si acquistò facilmente la vir­tù, non sia battezzato.

Infatti il lavacro può cancellare i precedenti peccati, ma c'è timore non piccolo e pericolo non casuale che ritorniamo di nuovo agli stessi pecca­ti e la medicina si trasformi per noi in ferita. Infatti quanto più grande è stata la grazia, altrettanto più grave sarà il castigo per coloro che successiva­mente peccano.

3. Orbene per non ritornare al vomito di prima, educhiamo noi stessi già a partire di qui. E che sia necessario che noi, dopo esserci prima convertiti ed allontanati dai mali precedenti, ci accostiamo successivamente alla grazia, ascolta che cosa dice in merito Giovanni, primo fra gli apostoli, a colo­ro che stanno per essere battezzati; infatti egli di­ce: Fate opere degne di conversione e non inco­minciate a dire tra di voi: - Abbiamo come padre Abramo (Le 3,8). Diceva inoltre a chi lo interroga­va: Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battez­zare nel nome del Signore Gesù Cristo (At 2,38).

Chi si converte non aderisce più alle stesse co­se riguardo alle quali si convertì; per questo ci si comanda di dire: - Rinunzio a te, Satana -, per non tornare più a lui.

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Come dunque avviene per i pittori, così avven­ga pure ora. Infatti quelli dopo aver disposto le tavole, tirando linee bianche e tratteggiando im­magini regali, prima di passarvi sopra la vera gam­ma dei colori cancellano con la massima libertà al­cune cose e ne dipingono sopra altre correggen­do gli errori e cambiando i particolari mal riusciti; invece dopo aver dato il colore non sono più pa­droni di cancellare e di ridipingere, poiché reca­no danno alla bellezza dell'immagine e ciò diven­ta causa di rimprovero.

Anche tu fa' questo: ritieni che l'anima sia per te un'immagine. Prima dunque che sopraggiunga il vero colore dello Spirito, cancella le abitudini cattive che si sono formate in te: cioè se hai l'abi­tudine di giurare, di mentire, di essere violento, di parlar male, di compiere azioni ridicole o qualun­que altra di simili che non sono lecite, sradica l'abitudine, affinché non vi ritorni di nuovo dopo il battesimo.

Il lavacro cancella i peccati, tu correggi l'abitu­dine affinché, dopo che sono stati dati i colori ed è divenuta risplendente l'immagine regale, tu non la cancelli di nuovo e causi ferite e cicatrici alla bellezza a te concessa da Dio.

Reprimi dunque l'ira, placa il furore: se qualcu­no ha commesso ingiustizia, se qualcuno ha usa­to violenza deploralo, non sdegnarti, compiangi­lo, non andare in collera e non dire: - Subisco un'ingiustizia nell'anima -. Non vi è nessuno che subisca ingiustizia nell'anima, a meno che noi non commettiamo ingiustizia a noi stessi nell'anima, e ti spiego in che modo.

Ti sottrasse qualcuno il patrimonio? Non com­mise ingiustizia riguardo all'anima, ma, riguardo

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alle ricchezze; se tu invece serbi rancore hai com­messo ingiustizia verso te stesso nell'anima. Infatti le ricchezze sottratte non ti danneggiarono in nul­la, anzi ti giovarono: invece tu, non avendo depo­sto l'ira, renderai allora conto di questo rancore.

Qualcuno ti oltraggiò e ti maltrattò? Non com­mise affatto ingiustizia riguardo all'anima, ma nep­pure riguardo al corpo. Tu ricambiasti gli oltraggi e i maltrattamenti? Tu commettesti ingiustizia a te stesso nell'anima, dovendo rendere conto allora delle parole che pronunziasti.

Questo soprattutto voglio che voi sappiate, che nessuno può commettere ingiustizia nell'anima a un cristiano e credente, neppure il diavolo.

E non è solo mirabile questo fatto, che Dio ci fece invincibili contro ogni assalto, ma che ci rese pure idonei all'operazione della virtù e che non esiste alcun impedimento, se noi vogliamo, anche se siamo poveri, deboli nel corpo, perseguitati, senza nome e schiavi.

Infatti né povertà né debolezza né infermità di corpo né schiavitù né alcun'altra di tali cose po­trebbe mai divenire ostacolo alla virtù.

E perché mai dico povero e schiavo e senza nome? Anche se tu sei prigioniero, neppure que­sto diventa per te ostacolo alla virtù.

Ti dico in che modo. Uno dei domestici ti rat­tristò e ti irritò: perdonagli l'ira. Ma la condizione di servitù, la povertà e l'essere senza onore non sono forse impedimento a ciò? Perché mai dico impedimento? Anzi ti sono di aiuto e cooperano ad abbattere la superbia.

Vedi un altro felice? Non essere invidioso: nep­pure qui la povertà diventa un ostacolo.

Così pure quando bisogna pregare, fallo con

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mente sobria e vigilante, e non vi sarà ostacolo neppure qui.

Mostra ogni mitezza, equilibrio, moderazione, dignità: queste prerogative non hanno affatto bi­sogno di aiuti esteriori. E questa è soprattutto la caratteristica più notevole della virtù, che essa non ha bisogno né di ricchezza né di potenza né di gloria né di alcun'altra di simili cose, ma soltan­to di un'anima santificata, e non ricerca più nulla.

Guarda come anche per la grazia capita la stes­sa cosa: anche se qualcuno è zoppo o è leso ne­gli occhi o mutilato nel corpo o è caduto nell'in­fermità estrema, da nessuna di queste cose la gra­zia è impedita di sopraggiungere: infatti ricerca soltanto un'anima che l'accolga con buona predi­sposizione, e ogni cosa esteriore passa oltre.

Riguardo ai soldati stranieri coloro che hanno intenzione di arruolarli nell'esercito ricercano la misura del corpo e la buona disposizione del fisi­co, e chi si appresta a essere arruolato non deve possedere soltanto queste qualità, ma anche esse­re libero: infatti se uno è schiavo viene espulso. Invece il re dei cieli non ricerca niente di simile, ma anche lo schiavo viene accolto nel suo eserci­to, anche quelli vecchi e paralizzati nelle membra, e non ne ha vergogna. Che cosa ci potrebbe esse­re di più amabile, di più benigno di ciò? Questi ri­cerca solo le cose che ci appartengono, quelli in­vece quelle che non ci appartengono.

Infatti non è in nostro potere essere schiavo o libero, come pure essere alto e basso, vecchio e sano e cose simili; invece essere moderato o be­nigno e con qualità simili a queste dipende dalla nostra decisione. E Dio ci richiede queste sole co­se di cui noi siamo padroni, e con molta conve-

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nienza: non per propria utilità, ma per benevolen­za ci chiama alla sua grazia, i re invece per il lo­ro servizio, e quelli trascinano a una guerra mate­riale, questi a un combattimento spirituale.

Qualcuno potrebbe scorgere la stessa analogia non solo riguardo alle guerre esterne, ma pure ri­guardo alle gare: infatti chi sta per essere spinto a quello spettacolo non sèende in gara prima che l'araldo l'abbia preso e condotto in giro sotto gli occhi di tutti gridando e dicendo: - Qualcuno accusa costui? - Eppure là non si tratta di lotte dell'anima, ma dei corpi: per quale motivo esigi le prove della nobiltà?

Qui invece non c'è nulla di simile, ma tutto il contrario; poiché per noi le lotte consistono non nello scontro delle mani, ma nella sapienza del­l'anima e nella virtù della mente, il giudice di gara fa il contrario: non lo prende e porta in giro di­cendo: - Qualcuno accusa costui?, ma grida: -Anche se tutti gli uomini, anche se i demoni allea­tisi al diavolo lo accusano dei peggiori e più oc­culti misfatti, non lo respingo né detesto ma, do­po averlo sottratto agli accusatori e liberato dal male, lo conduco alle gare: e con grande conve­nienza. Infatti là il giudice di gara non contribui­sce in alcun modo alla vittoria per coloro che lot­tano, ma se ne sta in mezzo; qui invece il giudice di gara diventa compagno di lotta ed aiuto nelle gare della pietà, attaccando insieme con essi la battaglia contro il diavolo.

4. E non è mirabile soltanto questo fatto, che egli ci rimette i peccati, ma che né li svela né li ren­de manifesti e visibili, né costringe a presentarsi in mezzo e a rivelare le proprie mancanze, ma ordi­na di difendersi con lui solo e di confessarle a lui.

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Eppure se qualcuno dei giudici del mondo di­cesse a un furfante o a un ladro di tombe arresta­to di rivelare le proprie mancanze e di ritenersi libero dal castigo, con estrema propensione ac­cetterebbe ciò, disprezzando la vergogna per il desiderio della salvezza. Qui invece non c'è nulla di simile, ma egli rimette i peccati e non costrin­ge a rivelarli alla presenza di qualcuno, ma ricer­ca una cosa sola, che colui stesso che gode del condono apprenda la grandezza del dono.

Come dunque non è assurdo che, mentre in ciò in cui ci fa del bene egli si accontenta della sola nostra testimonianza, noi invece in ciò in cui gli rendiamo onore ricerchiamo altri testimoni e lo facciamo per ostentazione?

Ammirando dunque la sua benevolenza mani­festiamogli le nostre mancanze e prima di ogni altra cosa freniamo l'impeto della lingua, poiché nel molto parlare non manca la colpa.

Se dunque hai qualcosa di utile da dire, apri le labbra, ma se non ve n'è alcuna necessità, taci: è meglio davvero.

Sei operaio? Recita i Salmi da seduto. Non vuoi farlo con la bocca? Fallo con la mente: il Salmo è un grande compagno. Non sopporterai alcuna fa­tica, ma potrai stare seduto nel laboratorio come in un monastero: infatti non la comodità dei luoghi, ma l'onestà dei costumi ci procura la tranquillità.

Paolo esercitando la sua arte nel laboratorio non ricevette alcun danno per la sua virtù.

Non dire dunque: - Come potrò esercitare la sapienza pur essendo operaio e povero? Soprat­tutto per questo potrai esercitarla. Per noi la po­vertà più della ricchezza e il lavoro più dell'iner­zia è favorevole alla pietà, così come la ricchezza

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per chi non è accorto diventa anche un ostacolo. Infatti quando bisogna allontanare l'ira, smor­

zare l'invidia, frenare la passione, quando bisogna offrire la preghiera, l'onestà, la mitezza, la bene­volenza e l'amore, come potrebbe essere un im­pedimento la povertà?

Non è possibile conseguire ciò sborsando del denaro, ma mostrando una retta intenzione. L'e­lemosina soprattutto ha bisogno di ricchezze, ma anch'essa risplende di più con la povertà: colei che versò due oboli era più povera di tutti e su­però tutti.

Non riteniamo dunque che la ricchezza sia qualcosa di grande e non pensiamo che l'oro sia migliore del fango: il prezzo della materia non di­pende dalla natura, ma dalla nostra valutazione.

Se qualcuno ricercasse diligentemente vedreb­be che il ferro è molto più necessario dell'oro: l'uno non arreca alcuna utilità alla vita, questo in­vece ci procura la maggior parte delle cose neces­sarie, servendo ad infinite arti.

Ma perché faccio un confronto tra oro e ferro? Questi sassi sono più necessari delle pietre pre­ziose: infatti da quelle non potrebbe derivare al­cuna utilità, mentre da questi sorgono case, mura e città.

Mostrami quale guadagno potrebbe venire da queste perle o piuttosto quale danno non potreb­be nascerne! Per ricavarne una sola della dimen­sione di un granello, innumerevoli poveri sono strozzati dalla fame. Quale scusa dunque otterrai? Quale perdono?

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IL .VERO ORNAMENTO DELLA DONNA

Vuoi ornare il volto? Non farlo con le perle, ma con la modestia e l'onestà: così il marito scorgerà un aspetto più grazioso. Infatti quell'ornamento è solito indurre al sospetto di gelosia e ad inimici­zie, invidie e contese, e nulla è più spiacevole di un volto sospettoso. Invece l'ornamento dell'ele­mosina e della modestia caccia ogni malvagio so­spetto e attirerà il compagno più strettamente di ogni vincolo.

La natura della bellezza non rende così bello il volto come la condizione d'animo di chi lo con­templa e nulla è solito determinare la condizione d'animo così come la modestia e l'onestà.

Cosicché anche se una è bella ma il marito è ostile verso di lei, essa gli appare più brutta di tut­te; invece anche se una per caso non è bella ma è cara al marito, essa gli appare più bella di tutte: i giudizi si formano non in base alla natura di ciò che si vede, ma alla condizione d'animo di colo­ro che vedono.

Abbellisci dunque il volto con la modestia, l'onestà, l'elemosina, la benevolenza, l'amore, l'a­mabilità verso il marito, l'equilibrio, la mitezza, la tolleranza: questi sono i colori della virtù, per mez­zo di questi attirerai come amici gli angeli, non gli uomini; per mezzo di questi hai lo stesso Dio che ti loda e, quando Dio crederà, sottometterai a te completamente il marito.

Infatti se la sapienza di un uomo illumina il suo volto, quanto più la virtù di una donna illumina il suo aspetto.

Se tu pensi che sia grande questo ornamento, quale vantaggio, dimmi, ti verrà in quel giorno da

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queste perle? E che bisogno c'è di parlare di quel giorno, dal momento che è possibile mostrare tut­to ciò anche in base ai giorni presenti?

Quando coloro che erano incriminati di aver offeso il re venivano trascinati al tribunale e cor­revano gli estremi pericoli, allora le madri e le mogli, dopo aver deposto le collane, gli ori, le gemme, ogni ornamento e le vesti dorate ed aver indossato un indumento semplice e modesto, co­sparse di cenere e rotolandosi davanti alle porte del tribunale riuscivano a piegare in questo modo i giudici. Ora se per i tribunali di qui gli ori, le gemme e la veste adorna potrebbero diventare causa di ostilità e di tradimento, mentre invece l'equilibrio, la mitezza, la cenere, le lacrime e le vesti modeste conciliano meglio il giudice, molto più facilmente ciò potrebbe verificarsi per quel giorno inevitabile e terribile.

Infatti quale discorso potrai fare, dimmi, quale difesa, quando il Signore ti accuserà per queste perle e metterà in vista i poveri sfiniti dalla fame? Per questo Paolo diceva: Le tlonne non si adorni­no con trecce o con ornamenti d'oro o di perle o vesti preziose.

Di qui potrebbe provenire un assalto; ma anche se potessimo usufruire continuamente di esse, con la morte ci staccheremo da tutto.

Invece dalla virtù deriva ogni sicurezza, nessun cambiamento o sconvolgimento, ma anche qui es­sa ci rende più saldi e là a noi si accompagna.

Vuoi acquistare delle perle e non perdere mai questa ricchezza?

Levato ogni ornamento, deponilo mediante i poveri nelle mani di Cristo; egli ti custodirà tutta la ricchezza, dopo che avrà fatto risorgere il tuo

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corpo con grande splendore: allora ti conferirà una migliore ricchezza e un maggiore ornamen­to, mentre questo presente è insignificante e ridi­colo.

Pensa a chi vuoi piacere e per chi ti rivesti di questo ornamento, perché il cordaio, il fabbro e il mercante vedendoti ti ammirino: in seguito non ti vergogni e non arrossisci mostrandoti a quelli e facendo ogni cosa per costoro che tu non consi­deri neppure degni del tuo saluto?

LA RINUNZIA A SATANA

Come dunque disprezzerai questa vanità? Se ti ricorderai di quell'espressione che pronunziasti al momento di essere iniziato ai misteri: - Rinunzio a te, o Satana, al tuo fasto ed al tuo culto -; la fol­lia per l'ornamento delle perle è un fasto satanico.

Ricevesti dell'oro non per incatenare il corpo, ma per liberare e nutrire i poveri.

Di' dunque frequentemente: - Rinunzio a te, o Satana -; niente è più sicuro di questa espressio­ne, se la manifesteremo mediante le opere.

5. Ritengo che dobbiate impararla anche voi che state per essere iniziati ai misteri: questa e­spressione è un patto con il Signore.

E come noi, quando acquistiamo dei servi3, pri­ma interroghiamo coloro che li vendono, se essi vogliano servirci, così pure fa Cristo: quando sta per accoglierti al suo servizio, prima chiede se tu vuoi abbandonare quel tiranno crudele ed ostile

3 Al tempo del Crisostomo la condizione servile non era stata del tutto eliminata e inserita nella nuova concezione cristiana della persona, libe­ra nell'àmbito della società a cui appaniene.

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e accetta dei patti da parte tua, poiché la sua si­gnorìa non è fatta di costrizione.

E guarda la benevolenza di Dio: noi prima di versare il prezzo interroghiamo i venditori e, quan­do sappiamo ciò che essi vogliono, allora versia­mo il prezzo; Cristo invece non fa così, ma versò il prezzo per tutti noi, il suo prezioso sangue: Foste comprati a caro prezzo, dice infatti, e tutta­via non ci costringe se non vogliamo servirlo e di­ce: - Anche se non ringrazi e non vuoi da parte tua e spontaneamente che sia sottoscritta la signo­rìa, né ti costringo né ti faccio forza.

Inoltre noi non sceglieremmo di acquistare ser­vi malvagi e, anche se mai scegliamo in tale sen­so, li acquistiamo con una scelta infelice e versia­mo un prezzo corrispondente; Cristo invece com­prando dei servi stolti e malvagi versò il prezzo di un servo di prima qualità, anzi molto più grande e tanto più grande che né parola né pensiero può mostrarne la grandezza: ci comprò non dando il cielo, la terra e il mare, ma la cosa più preziosa di tutte queste cose, il suo proprio sangue, e dopo tutto ciò non ci richiede né testimoni né scritti, ma si accontenta della semplice espressione e, anche se tu la formuli col pensiero: - Rinunzio a te, o Satana, ed al tuo fasto -, accoglie tutto.

Diciamo dunque così: - Rinunzio a te, o Satana - come se stessimo per rendere conto di questa espressione in quel giorno, e custodiamola, per poter restituire allora incolume questo pegno.

Sono fasto satanico il teatro e gli ippodromi, ogni peccato, pronostico, auspicio e presagio.

Che cosa sono mai i presagi?, domandi. So­vente uno uscito di casa sua vide un uomo orbo da un occhio o zoppo, e considerò questo un pre-

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sagio. Questo è fasto satanico: infatti non l'incon­trare un uomo fa sì che la giornata sia cattiva, ma il vivere nei peccati.

Quando dunque uscirai, bada ad una cosa so­la, che il peccato non ti incontri: questo è ciò che ci fa cadere, ma senza di esso il diavolo non ci potrà danneggiare in nulla.

Che cosa dici? Vedi un uomo e lo consideri un presagio, e non vedi il laccio diabolico, come ti rende nemico con chi non ti ha fatto in nessun modo del male? Come ti rende ostile al fratello in base a nessun giusto motivo?

Dio ordinò di amare anche i nemici, tu invece avversi colui che non ha fatto alcun male senza avere nulla da accusarlo e non pensi qual è il ri­so, quale la vergogna? Anzi, qual è il pericolo?

Devo dirti anche una cosa più ridicola? Me ne vergogno e arrossisco, ma sono costretto a dirla ugualmente per la vostra salvezza.

Se si incontra una vergine, tu dici, la giornata diviene improduttiva; se si incontra invece una prostituta, la giornata è favorevole, buona e piena di grandi affari.

Vi nascondete, vi siete battuti la fronte e vi sie­te chinati a terra? Non ora che si dicono delle pa­role, ma quando avvengono i fatti lo dovete fare.

Vedi dunque anche a questo proposito come il diavolo occultò l'inganno, affinché proviamo avver­sione per la donna pura, salutiamo e amiamo quel­la impura? Poiché sentì Cristo che diceva: Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già com­messo adulterio con lei, e vide molti vincere l'im­purità, volendo per un'altra strada spingerli di nuo­vo al peccato, servendosi di questo presagio li in­dusse a considerare benevolmente le prostitute!

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Che direbbe qualcuno di coloro che usano canti e amuleti e legano intorno al capo e ai pie­di monete di bronzo di Alessandro il Macedone? Queste sono le nostre speranze, dimmi, affinché dopo la croce e la morte del Signore poniamo le speranze della salvezza nell'immagine di un re greco?

Non sai che cosa meritò la croce? Dissolse la morte, estinse il peccato, rese vano l'inferno, ab­batté la potenza del diavolo, e non è degna di fe­de per la salute del corpo? Richiamò in vita tutta la terra e tu non confidi in essa? E di che cosa tu saresti degno? Ti circondi non soltanto di amuleti ma pure di canti, introducendo in casa tua vec­chiette ubriache e dissennate, e non ti vergogni né arrossisci entusiasmandoti per queste cose dopo una tale sapienza? E, fatto più grave dell'errore, quando esortiamo in questo modo e dissuadiamo, credendo di scusarsi essi dicono: - È cristiana la donna che canta queste canzoni e non fa risuona­re null'altro se non il nome di Dio.

Proprio per questo soprattutto la odio e la re­spingo, perché abusa del nome di Dio per un ol­traggio, dal momento che, dicendo di essere cri­stiana, mostra le azioni dei greci.

Infatti anche i demoni facevano risuonare il no­me di Dio, ma erano demoni e così dicevano a Cristo: Ti conosciamo chi sei, il santo di Dio (Mc 1,24), e tuttavia li rimproverò e li cacciò.

Perciò vi esorto a purificarvi di questo errore e a considerare questa espressione come un soste­gno: e come senza calzari o vesti uno di voi non deciderebbe di scendere in piazza, così senza questa espressione non entrare mai in piazza, ma quando stai per oltrepassare le soglie dell'atrio fa'

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risuonare prima questa espressione: - Rinunzio a te, o Satana, al tuo fasto ed al tuo culto, e mi uni­sco a te, o Cristo-. E non allontanarti mai senza questa espressione: ciò sarà per te sostegno, ar­ma, torre invincibile.

E insieme con questa espressione imprimi sul­la fronte anche la croce: in questo modo non so­lo un uomo che ti viene incontro, ma neppure lo stesso diavolo potrà danneggiarti, vedendoti ap­parire dovunque con queste armi.

E già fin d'adesso istruisci te stesso in queste cose affinché, quando riceverai il suggello, sia un soldato preparato e, dopo aver innalzato il trion­fo sul diavolo, riceva la corona della giustizia: e possa avvenire che tutti noi conseguiamo ciò, per la grazia e la benevolenza del Signore nostro Ge­sù Cristo, con il quale sia gloria al Padre insieme con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Così sia.

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SECONDA CATECHESI1

·A coloro che stanno per essere illuminati e perché si parla di bagno di rigenerazione e non di remissione dei peccati; inoltre perché è perico­loso non soltanto spergiurare, ma pure giurare, anche se giuriamo bene•.

NELL'ATIESA DEL GRANDE DONO DEL BATTESIMO

1. Quanto desiderabile e amabile è per noi la schiera dei giovani fratelli! Io vi chiamo già fratel­li anche prima delle doglie, e prima del parto sa­luto la parentela con voi.

Lo so, lo so bene a quale onore, a quale carica state per essere innalzati. Tutti sono soliti onorare coloro che stanno per ricevere una carica anche prima della carica, volendosi accaparrare per il fu­turo la benevolenza mediante l'ossequio. Adesso anch'io faccio questo: infatti voi non state per es­sere innalzati a una carica, ma allo stesso regno;

1 Questa Catechesi, edita dal Montfaucon come prima Catechesi (ristam­pata in Migne, PG 49, coli. 223-232, da cui traduco) e pure considerata tale dal Papadopoulos, che però non la pubblicò, fu tenuta probabil­mente nel 388, trenta giorni prima di Pasqua (cf. in merito Wenger, Introd., pp. 26-27 e 64).

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anzi, non semplicemente a un regno, ma allo stesso regno dei cieli.

Per questo vi chiedo e supplico di ricordarvi di me, quando giungerete a quel regno, e ciò che Giuseppe diceva al capo dei coppieri: Ricordati di me, quando starai bene, anch'io lo dico a voi ora: - ·Ricordatevi di me quando starete bene.

Io non vi chiedo come lui questa ricompensa dei sogni, poiché non venni a spiegarvi dei sogni, ma a narrarvi le cose che sono nei cieli e a porta­re le buone notizie di questi beni, quelle cose che né occhio vide né orecchio udì né entrarono mai nel cuore degli uomini, queste cose ha preparato Dio per coloro che lo amano.

Giuseppe diceva a quel coppiere: Ancora tre giorni e il faraone ti ristabilirà nella tua carica di capo dei coppieri.

Io non dico: - Ancora tre giorni e sarete innal­zati alla carica di coppieri del tiranno; ma: -Ancora trenta giorni2 e non il faraone ma il re dei cieli vi ristabilirà nella patria superiore, nella libe­ra Gerusalemme, nella città celeste.

Quello diceva: Porgerai la coppa in mano al faraone; io invece non dico che porgerete la cop­pa in mano al re, ma che lo stesso re vi darà in mano la coppa terribile, piena di grande potere e più preziosa di ogni creatura. Coloro che sono stati iniziati conoscono la forza di questa coppa e la conoscerete anche voi tra poco.

Ricordatevene dunque, quando giungerete a quel regno, quando riceverete la veste regale, quando indosserete la porpora immersa nel san-

2 L'istruzione è quindi tenuta un mese prima della Pasqua, data del bat­tesimo.

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gue del Signore, quando vi cingerete di un dia­dema con bagliori che si riflettono ovunque più splendenti dei raggi del sole.

Questa è la dote dello sposo, più grande della nostra dignità, ma degna del suo amore per gli uomini.

PERICOLO DI CHI RINVIA IL BATIESIMO

ALLA FINE DELLA VITA

Per questo già ora e davanti a quelle sacre stan­ze nuziali vi dichiaro beati, e non solo vi dichiaro beati ma lodo pure la vostra saggezza, perché non come i più pigri degli uomini vi accostaste all'illu­minazione agli ultimi istanti della vita, ma già ora come saggi servitori, pronti con grande bontà a ubbidire al Signore, sottometteste al giogo di Cri­sto il collo dell'anima e accoglieste il giogo soave e riceveste il peso leggero.

Infatti se le condizioni della grazia sono uguali per voi e per quelli che vengono iniziati ai miste­ri alla fine della vita, non sono invece uguali le condizioni della scelta e neppure quelle della pre­parazione del rito.

Quelli lo ricevono nel letto, voi invece nel seno della Chiesa, madre comune di tutti; quelli afflitti e in lacrime, voi lieti ed esultanti; quelli gemendo, voi ringraziando; quelli storditi per la grande feb­bre, voi ripieni di molta letizia spirituale.

Perciò qui ogni cosa si accorda al dono, là in­vece tutto gli è opposto: grande è il lamento e il gemito di coloro che vengono iniziati, e stanno lo­ro intorno i bambini che piangono, la moglie che si graffia le guance, gli amici afflitti, i servi che ge­mono in lacrime, e tutto l'aspetto della casa imita

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un giorno invernale e tenebroso; se poi riuscirai a scrutare il cuore di colui che è coricato, lo trove­rai più cupo di costoro.

Come i venti, scagliandosi con grande forza contraria gli uni contro gli altri, separano in varie parti il mare, così pure i pensieri dei mali che ora incombono scagliandosi sull'anima dell'ammalato dividono la sua mente in molte preoccupazioni: se guarda i bambini, pensa al loro stato di orfani; se si volge alla moglie, considera la sua vedovan­za; se vede i servitori, scorge la solitudine di tutta la casa; se rientra in se stesso, si ricorda della vita presente e, stando per distaccarsene, riceve la pe­sante nube della costernazione. Tale è l'anima di colui che sta per essere iniziato ai misteri.

In seguito proprio tra lo stupore e la confusio­ne entra il sacerdote, che è più temibile della stes­sa febbre e per i parenti dell'ammalato più ostile della morte: infatti si pensa che l'ingresso del sa­cerdote sia causa di disperazione maggiore della voce del medico che sancisce la fine della sua vi­ta, e ciò che è argomento della vita eterna sembra essere simbolo della morte.

Ma non ho ancora posto fine ai mali: tra i pa­renti che fanno strepito e si preparano lì, spesso l'anima, lasciato solo il corpo, se ne andò ed in nulla giovò ai molti, anche quando era presente.

Quando non riconoscerà più gli astanti né udi­rà la voce né potrà rispondere a quelle parole con cui si assicurerà la beata alleanza con il comune Signore di noi tutti, ma come un pezzo di legno inutile o una pietra colui che s~ per essere illumi­nato giace senza distinguersi in nulla da un mor­to, qual è la utilità dell'iniziazione ai misteri in una tale privazione di sensi?

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2. Colui che sta per accostarsi a questi sacri e tremendi misteri, deve vegliare ed essere desto, deve essere privo di ogni cura terrena, ricco di molta temperanza, di molto ardore; deve allonta­nare dalla mente ogni pensiero estraneo ai miste­ri e preparare da ogni parte pura la casa, come se stesse per accogliere lo stesso re.

Questa è la preparazione della vostra mente, questi i pensieri da parte vostra, questa la scelta dell'anima.

Attendetevi dunque la degna ricompensa di questa ottima predisposizione da parte di Dio, che vince nel ricambiare coloro che mostrano l'ubbi­dienza verso di lui.

E poiché bisogna che i servi offrano ciò che è loro, offriremo anche noi ciò che è nostro, anzi neppure questo è nostro, ma anche questo è del Signore. Infatti che cosa hai - dice - che non hai ricevuto? E se lo hai ricevuto, perché te ne vanti co­me se non l'avessi ricevuto? (lCor 4,7)

Avrei voluto prima di ogni altra cosa dirvi: -Perché mai i nostri padri, trascurato tutto l'anno, stabilirono che in questo tempo fossero iniziati ai misteri i figli della Chiesa? E perché mai dopo il nostro insegnamento, fattivi togliere i calzari e le vesti, nudi e scalzi con la sola sottoveste vi indi­rizzano alle parole degli esorcisti?

Non fissarono certo semplicemente né inutil­mente questo abito e tempo, ma entrambe le cose posseggono un significato misterioso ed ineffabile.

I VARI NOMI DEL BAlTESIMO

Questo avrei voluto dirvi, ma vedo che ora il discorso ci spinge a un altro argomento più ne-

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cessario: bisogna dire che cosa è mai il battesimo e per quale motivo si inserì nella nostra vita e quali beni presenta.

Ma, se volete, discutiamo prima della denomi­nazione di questa misteriosa purificazione.

Essa non possiede un solo nome, ma molti e vari.

Questa purificazione si chiama bagno di rige­nerazione: infatti ci ha salvati mediante un lava­cro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spi­rito Santo.

Si chiama pure illuminazione e anche questo a sua volta Paolo definì: Ricordatevi dei primi giorni, in cui, dopo essere stati illuminati, sopportaste una grande e penosa lotta, e di nuovo: È impossibile che quelli che una volta sono stati illuminati e che hanno gustato il dono celeste, se sono caduti una seconda volta è impossibile portarli a conversione.

Si chiama pure battesimo: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.

Si chiama sepoltura: Siamo stati sepolti infatti insieme con lui - dice - nella morte.

Si chiama circoncisione: In lui siete stati pure circoncisi con una circoncisione non fatta con mani di uomo, nella spoliazione del nostro corpo di carne.

Si chiama croce: Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, affinché fosse annientato il cor­po del peccato.

IL BATTESIMO COME LAVACRO DI RIGENERAZIONE

Si potrebbero addurre in più anche altri nomi, ma per non passare tutto il tempo nelle denomi­nazioni del dono, orsù, rifacendoci al primo nome

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e rivelandone il significato, interrompiamo il di­scorso; e intanto riprendiamo l'insegnamento di poco precedente.

C'è un lavacro comune a tutti gli uomini, quel­lo delle sale da bagno, che è solito detergere lo sporco del corpo; c'è pure un lavacro giudaico, più nobile di quello, ma molto inferiore al lavacro della grazia: questo infatti deterge lo sporco del corpo, e non semplicemente quello del corpo, ma pure quello relativo alla coscienza debole.

Infatti, ci sono molte cose che per natura non sono impure, ma lo diventano per la debolezza della coscienza. E come per i bambini le masche­re e gli. spauracchi per natura non sono temibili, ma ad essi sembrano esserlo a causa della debo­lezza della loro natura, così anche a proposito di ciò di cui parlai: ad esempio, toccare i corpi mor­ti non è cosa impura per natura, ma se càpita a una coscienza debole, rende impuro colui che lo tocca.

E che la cosa non sia impura per natura lo ri­velò lo stesso Mosè che emanò la legge, portando con sé intatto il corpo morto di Giuseppe e rima­nendo puro.

Per questo anche Paolo discutendo con noi di questa impurità che si attua non per natura ma per debolezza della coscienza così dice: Nulla è impuro di per sé, se non per chi pensa che qualco­sa sia impuro.

Vedi l'impurità che si attua non per la natura della cosa, ma per la debolezza del pensiero? E di nuovo: Tutto è puro, ma è male per l'uomo man­giare dando scandalo. Vedi che non il mangiare, ma il mangiare a causa dello scandalo è causa di impurità?

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3. Il bagno giudaico purificò questa macchia; invece quello della grazia purificò non questa, ma la reale impurità, la grande macchia che dopo il corpo si pone anche sull'anima: rende puri non coloro che hanno toccato i corpi morti, ma questi che hanno avuto contatto con cattive azioni.

Anche se uno è effeminato, fornicatore, idola­tra ed ha commesso qualsiasi male, anche se è pieno di ogni malvagità umana, dopo essere di­sceso nella piscina delle acque, risale dalle divine sorgenti più puro dei raggi del sole.

E perché tu non creda che sia vanto ciò che si dice, ascolta Paolo che sulla potenza del lavacro afferma: Non illudetevi: né idolatri né fornicatori né adulteri né effeminati né sodomiti né avari né ubriaconi né maldicenti né rapaci erediteranno il regno di Dio.

E per quale motivo afferma ciò in relazione a quanto si è detto? Per mostrare ciò che si ricerca, se la potenza del lavacro purifica tutte queste co­se. Ascolta dunque il seguito: E tali eravate alcu­ni, ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore nostro Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (lCor 6,11).

Noi promettiamo di mostrarvi che coloro che si accostano al lavacro divengono puri da ogni for­nicazione, ma il discorso mostrò ben di più: che essi sono divenuti non solo puri, ma anche santi e giusti. Infatti non disse soltanto: Siete stati lava­ti; ma anche: Siete stati santificati e giustificati. Che cosa potrebbe esserci di più straordinario di questo, che senza fatiche, sforzi e buoni risultati viene attuata la giustizia? Una tale benevolenza del dono divino rende giusti senza sforzi.

Infatti se una lettera di re, pochi segni resi pub-

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blici, rimanda liberi i responsabili di infinite accu­se, eleva altri ad un grandissimo onore, quanto più lo Spirito Santo di Dio e che può tutto ci libe­rerà da ogni male, ci donerà una grande giustizia e ci riempirà di ogni fiducia.

E come una scintilla cadendo in mezzo all'im­menso mare si spegnerebbe subito o svanirebbe, sommersa dalla massa delle acque, così pure ogni malvagità umana, una volta discesa nella piscina delle acque divine, viene sommersa e scompare più rapidamente e più facilmente della scintilla.

E come mai, dice, se il lavacro ci rimette tutti i peccati, non si chiama lavacro di remissione dei peccati né lavacro di purificazione, ma lavacro di rigenerazione? Perché non ci rimette soltanto i peccati né li purifica soltanto dagli errori, ma in modo tale come se fossimo generati di nuovo.

Infatti ci crea e ci forma di nuovo, non pla­smandoci ancora dalla terra, ma creandoci da un altro elemento, dalla natura delle acque. Non de~ terge semplicemente il vaso, ma lo fonde di nuo­vo integralmente. Infatti gli oggetti detersi, anche se puliti con cura, conservano le tracce della qua­lità e portano i resti della macchia; invece quelli portati in fonderia e rinnovati dal fuoco, deposta ogni macchia, ridanno lo stesso splendore alle nuove forme che escono dalla fornace.

Ora come uno, dopo aver presa e messa in fon­deria una statua d'oro macchiata per il tempo, fu­mo, polvere e ruggine, ce la restituisce pulitissima e splendente, così Dio, presa la nostra natura ro­vinata per la ruggine del peccato, piena del mol­to fumo derivante dagli errori e senza la bellezza che ottenne da lui all'inizio, la rifuse di nuovo, e immettendo le acque come in una fonderia e fa-

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cendo spirare la grazia dello spirito anziché il fuo­co, ci riconduce, rifatti e rinnovati con grande splendore, a mirare d'ora innanzi i raggi del sole, avendo abbattuto l'uomo vecchio e preparato il nuovo, più fulgido del primo.

4. Il Profeta, accennandoci enigmaticamente questa contrizione e questa misteriosa purificazio­ne, un tempo diceva: Come suppellettile di vasaio li spezzerai.

E che il discorso riguarda i credenti ce lo dimo­strano chiaramente le espressioni precedenti; in­fatti dice: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato; chiedimi e ti darò le genti come tua eredità e i confini della terra come tuo possesso (Sal 2,7-8).

Vedi. come fece menzione della Chiesa delle genti e parlò del regno di Cristo diffuso dovun­que? In seguito dice di nuovo: Li pascolerai con una verga di ferro, non pesante ma forte; come suppellettile di vasaio li spezzerai (Sal 2,9).

Ecco come il lavacro è inteso in senso alquan­to misterioso: non disse semplicemente vasi di ter­ra, ma vasi di un vasaio.

Fate attenzione: nessuno potrebbe più restaura­re i vasi di terra spezzati, a causa della durezza a loro definitivamente attribuita dal fuoco; invece le suppellettili del vasaio non sono di terra, ma di ar­gilla, per cui, anche se sformati, potrebbero facil­mente ritornare all'aspetto primitivo per l'abilità dell'artista.

Ora quando parla di evento irrimediabile, non dice vasi di vasaio, ma vasi di terra. Infatti quan­do voleva indicare al Profeta e ai giudei che ave­va destinato la città a un evento irrimediabile, or­dinò di prendere una brocca di terra, di spezzarla davanti al popolo e di dire: Così spezzerò questo

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popolo e questa città (Ger 19,11). Quando invece vuole offrire loro buone speranze, conduce il Profeta da un vasaio e non gli mostra un vaso di terra, ma gli fa vedere un vaso di argilla che, men­tre si trova nelle mani del vasaio, cade a terra, e prosegue dicendo: Se questo vasaio, dopo aver ri­preso il vaso caduto, lo restaurò, non potrò io agi­re con voi come questo vasaio?

È possibile dunque a Dio non soltanto restau­rare noi che siamo di argilla mediante il bagno di rigenerazione, ma, dopo aver ricevuto la forza dello spirito ed essere ricaduti, mediante una per­fetta conversione riportarci allo stato primitivo.

LA LOTIA DEI CATECUMENI

CONTRO IL DEMONIO

Non è il momento però per voi di ascoltare i di­scorsi intorno alla conversione: anzi non venga mai il momento di trovarvi nella necessità di quel­le medicine, ma possiate sempre conservare la splendida bellezza che state per ricevere ora, cu­stodendola immacolata.

E perché possiate conservarla sempre, discutia­mo un po' con voi della condizione di vita.

In questa palestra le cadute non sono pericolo­se per gli atleti: la lotta si svolge con le persone di casa e ogni esercizio si apprende dal corpo dei maestri. Quando invece sopraggiunge il tempo delle gare, quando si apre lo stadio, quando gli spettatori sono seduti in alto, quando è presente il giudice di gara, è necessario allora o cadere da deboli e allontanarsi con grande vergogna o da forti conseguire le corone ed i premi.

Così anche per voi questi trenta giorni rasso-

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rriigliano a una palestra, a dei ginnasti e a una esercitazione. Impariamo già di qui a vincere quel malvagio demonio: dopo il battesimo stiamo per spogliarci, per fare a pugni e lottare contro di lui.

Impariamo dunque già di qui le sue prese, in che modo egli è malvagio, in che modo può facil­mente danneggiarci, affinché al sopraggiungere delle gare non ne rimaniamo frastornati né turba­ti, vedendo le nuove mosse, ma, essendoci già prima esercitati ed avendo imparato tutte le sue finte, con coraggio ci accingiamo alla lotta contro di lui.

IL PERICOLO DELIA LlNGUA

Dovunque è solito tentarci, soprattutto median­te la lingua e la bocca. Nessun organo è così adat­to per lui in vista del nostro inganno e della no­stra rovina. Di qui nascono per noi molti falli, di qui gravi accuse.

Ed un tale indicando la facilità delle cadute a causa della lingua diceva: Molti caddero per la spada, ma non tanti quanti per la lingua. E lo stesso rivelando la gravità della caduta diceva di nuovo: È preferibile la scivolata sul pavimento che la caduta a causa della linsua.

Ciò che dice significa: - E meglio cadere e che sia sfracellato il corpo piuttosto che proferire una parola tale che rovini la nostra anima.

E non parla solo di cadute, ma esorta pure ad aver molta cura per non essere fatti cadere, così dicendo: Fa' per la tua bocca porte e sbarre, non perché prepariamo porte e sbarre, ma perché con grande cautela chiudiamo la lingua di fronte alle cose sconvenienti.

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E altrove mostrando di nuovo che con grande nostra cura e prima del nostro agire abbiamo bi­sogno dell'aiuto divino, per poter imprigionare questa fiera, tendendo le mani a Dio il Profeta di­ceva: L'elevazione delle mie mani sia come un sa­crificio della sera; poni, o Signore, una guardia alla mia bocca ed una porta di recinzione alle mie labbra.

E colui che prima aveva esortato di nuovo anch'egli dice: Chi porrà una guardia alla mia bocca e un valido suggello alle mie labbra?

Vedi come ciascuno teme queste cadute e ge­me e dà consigli e supplica di adibire ogni caute­la per la lingua?

E per quale motivo, dice, se quest'organo pro­voca tale rovina, Dio ce lo fornì dall'inizio? Perché possiede pure una grande utilità: e se facciamo at­tenzione, arreca soltanto utilità e nessun danno. Ascolta dunque che cosa dice colui che fece le precedenti affermazioni: In potere della lingua so­no vita e morte. E Cristo indica la stessa cosa di­cendo: Dalle tue parole sarai condannato e dalle tue parole sarai giustificato.

Infatti la lingua è come posta in mezzo rispetto all'uso di entrambe le possibilità: tu sei il padrone.

Così pure anche la spada sta in mezzo: se la impiegherai contro i nemici diventa per te stru­mento di salvezza; se invece infliggerai a te stes­so una ferita, non la natura del ferro ma la tua vio­lazione della legge è causa della piaga.

Pensiamo così anche della lingua: essa è una spada posta in mezzo; affilala dunque per l'accu­sa dei tuoi peccati e non infliggere una ferita al fratello. Per questo motivo Dio la circondò di un doppio piccolo muro, della fila dei denti e del cer-

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chio delle labbra, perché non proferisca facilmen­te ed inconsultamente parole sconvenienti.

Frenala dentro. Ma non lo tollera? E allora ca­stigala con i denti, come affidando il suo corpo a questi carnefici e facendola loro mordere: è me­glio che essa ora mentre pecca sia morsicata dai denti piuttosto che allora, mentre ricerca una goc­cia d'acqua ed è riarsa, non ottenga conforto.

Essa è solita peccare in molte altre occasioni, quando oltraggia, bestemmia, proferisce parole turpi, calunnia, giura e spergiura.

IL PERICOLO DEI GIURAMENTI

5. Ma perché, dicendo a voi oggi tutto in una volta, non ingombriamo la vostra mente, stabilia­mo frattanto per voi una sola legge a proposito della cautela per i giuramenti, anticipando ed af­fermando questo, che se non fuggirete i giura­menti, non dico soltanto gli spergiuri, ma anche quelli fatti per un giusto motivo, noi non parlere­mo più con voi di un altro argomento.

È assurdo che, mentre i maestri di lettere non forniscono un secondo insegnamento ai fanciulli finché non vedono ben impresso nella loro me­moria il primo, noi che non siamo in grado di pre­sentarvi con cura le precedenti nozioni ve ne in­culchiamo a nostra volta delle altre: ciò è niente altro che attingere da una botte forata.

Perché dunque non ci chiudiate la bocca, fate molta attenzione alla cosa.

Questo è un grave peccato, e molto grave: è molto grave perché non sembra essere grave, e per questo lo temo, perché nessuno lo teme. Per questo è una malattia incurabile, perché non sem-

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bra neppure essere una malattia. E come il sem­plice discorrere non è una colpa, così neppure questo sembra essere una colpa, ma si osa com­piere con molta libertà una simile violazione del­la legge. E se qualcuno per caso oserà rimprove­rare, ne segue subito riso e grande scherno, non per chi rimprovera a proposito dei giuramenti, ma per chi vuole curare la malattia.

Per questo estendo a lungo il discorso su simi­li argomenti: voglio strappare una profonda radi­ce e respingere un lungo male, non intendo dire solo gli spergiuri, ma anche gli stessi giuramenti.

Ma il tale, dice, è un uomo retto, consacrato al sacerdozio, e vive con molta temperanza e pietà. Non parlarmi di quest'uomo retto, temperante, pio, consacrato al sacerdozio. Se vuoi, metti pure che questi sia Pietro o Paolo o anche un angelo disce­so dal cielo: neppure in tale caso io bado alla di­gnità delle persone. Per i giuramenti io scorgo non una legge servile, ma regale: e quando si scorgono le lettere di un re, ogni dignità dei servi scompaia.

Infatti se tu sei in grado di dirmi che Cristo or­dinò di giurare o che Cristo non punisce ciò quan­do avviene, mostramelo e mi persuaderò; se inve­ce egli con tanta cura ce ne allontana e si preoc­cupa tanto di questo da accomunare chi giura al maligno (infatti ciò che è in più di queste due pos­sibilità, del sì e del no, proviene dal diavolo) per­ché mi metti davanti il tale e il tal altro?

Infatti non in base alla negligenza dei compa­gni di servitù Dio formulerà per te questo giudi­zio, ma in base all'ordine delle sue leggi: se or­dinò, bisognava ubbidire e non addurre l'altro e immischiarsi in altri mali.

Dal momento che il grande Davide commise

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un grave peccato, è dunque per questo per noi senza pericoli il peccare?, dimmi. Perciò bisogna badare a questo ed ammirare soltanto le buone azioni dei santi. Se in qualche parte c'è negligen­za e violazione della legge, bisogna fuggirla con grande cura. Il nostro discorso non riguarda i compagni di servitù, ma il Signore e a lui rende­remo conto di tutte le azioni compiute in vita.

Prepariamoci dunque a quel tribunale: anche se colui che viola questa legge sarà infinitamente ammirevole e grande, pagherà totalmente il fio do­vuto alla violazione, poiché Dio non fa preferen­ze di persone.

COME EVITARE I GIURAMENTI

Come dunque e in che modo è possibile fug­gire il peccato? Non bisogna soltanto mostrare la gravità della colpa, ma pure consigliare come pos­siamo liberarcene.

Hai moglie, domestici, figli, amici, congiunti, vi­cini? Affida a tutti costoro il compito di vegliare su queste cose. È una cosa difficile l'abitudine: è du­ro troncarla ed arduo evitarla e spesso ci assale anche senza volerlo e senza saperlo? Allora come conosci la forza dell'abitudine, così sforzati di li­berarti dalla cattiva abitudine e rivolgiti all'altra più utile.

Come quella poté spesso sorprendere te che ti sforzavi e facevi attenzione, ti preoccupavi e te ne davi pensiero, così potrai darti alla buona abitudi­ne di non giurare e né senza volerlo né per tra­scuratezza, potrai mai cadere nelle colpe dei giu­ramenti: è realmente una cosa grande l'abitudine e possiede la forza della natura.

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Ora, per non affaticarci ininterrottamente, dia­moci a un'altra abitudine e tu chiedi questa gra­zia a ciascuno di quelli che stanno insieme e vi­vono con te, che ti consigli ed esorti a fuggire i giuramenti e ti rimproveri se sei colto sul fatto.

La vigilanza su di te esercitata da parte loro è anche per essi esortazione e consiglio a ben fare. Chi accusa un altro per i giuramenti non cadrà fa­cilmente lui stesso in questo baratro: la frequenza dei giuramenti è un baratro non comune, non sol­tanto quando avviene per minime cose, ma pure per grandissime.

Noi, quando compriamo verdura, litighiamo per due oboli, ci adiriamo e minacciamo i domestici, dovunque chiamiamo a testimone Dio, mentre tu non avresti mai osato chiamare a testimone sulla piazza un uomo libero, fornito di una semplice di­gnità, ma, se per caso l'avessi fatto, pagheresti il fio dell'offesa: chiami invece a testimone il re dei cie­li e il Signore degli angeli quando discorri di co­se venali, di ricchezze e di cose comuni? Come si può sopportare ciò? Come potremo dunque libe­rarci da questa cattiva abitudine? Se avremo fissato i custodi di cui parlai, se avremo stabilito per noi stessi il tempo predetto per la correzione ed avre­mo imposto una ammenda se, trascorso questo tempo, non raggiungessimo questo utile risultato.

Quanto tempo allora ci basterà per questo? Per coloro che sono molto sobri e desti e vigilanti per la loro salvezza, non penso che ci sia bisogno più di dieci giorni per liberarsi dalla cattiva abitudine dei giuramenti. Se dopo dieci giorni ci si vede giu­rare, imponiamo a noi stessi un castigo e fissiamo una grandissima pena ed ammenda per la tra­sgressione.

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Qual è dunque l'ammenda? Io non ve la stabi­lisco ancora, ma lascio voi stessi padroni della de-cisione. ·

Amministriamo così le cose che ci riguardano non solo per i giuramenti, ma anche per le altre mancanze e, stabilendo il tempo a noi stessi con gravissime ammende, se per caso vi ricadessimo, ce ne andremo puri al nostro Signore, saremo li­berati dal fuoco della geenna e staremo davanti al tribunale di Cristo con fiducia: possa avvenire che tutti noi riusciamo a conseguirla per la grazia e la benevolenza del nostro Signore Gesù Cristo, col quale è al Padre la gloria insieme con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Così sia.

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TERZA CATECHESI1

«Dello stesso. Dopo aver trattato nella prece­dente Catechesi dei giuramenti, pronuncio questa di nuovo sullo stesso argomento, mostrando che non solo lo spergiurare, ma anche il giurare meri­ta il castigo, e che convenientemente Cristo risu­scitò dopo tre giorni• .

.ANCORA SUUA NECESSITÀ DI NON GIURARE MAI

1. Dunque avete cacciato dalla vostra bocca la malvagia abitudine dei giuramenti?

Infatti non mi sono dimenticato né di ciò di cui io stesso parlai con voi né di quanto voi mi pro­metteste su questo argomento: io parlai e voi pro­metteste, se non a parole, certo però con l'appro­vazione di quanto avevo detto.

Questa promessa è più grande di quella che av­viene a parole: colui che promette a parole spes­so assente con la lingua, ma non con la volontà;

1 Questa Catechesi, edita dal Papadopoulos, op. cit., pp. 154-166 (da cui traduco), fu pronunziata dieci giorni dopo la seconda durante la Quaresima del 388 (cf. la nota 1 della seconda Catechesi e Wenger, Introd., pp. 28-29 e 64); il titolo è quello offerto dal codice della Biblioteca Sinodale di Mosca n. 129, del X secolo.

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invece colui che approva le cose dette, attua il consenso con l'anima.

Dunque avete pulito la lingua dalla grave macchia? Avete bandito l'onta dalla vostra santa anima?

Io immagino che l'abbiate pulita: state per ac­cogliere un grande re ed approfittare di un inse­gnamento grande e spirituale di padri più esperti.

Il tempo è adatto ed il termine fissato per la correzione è ormai alla fine e voi siete docili e arrendevoli: Ubbidite e siate sottomessi ai superio­ri (Eb 13,17), dice l'Apostolo, e in ogni cosa pre­state loro ascolto.

Basandomi su tutto ciò, penso che vi siate cor­retti in tutto. Io non volevo però soltanto immagi­narlo e pensarlo, ma saperlo bene: e allora avrei tenuto con maggior piacere discorsi più mistici, ri­nunziando alla preoccupazione riguardo ai giura­menti, e con più sicurezza vi avrei guidati per ma­no verso questa tremenda iniziazione, vi avrei in­trodotti nello stesso santuario e vi avrei mostrato il Santo dei Santi e tutto ciò che vi è in esso, non un'urna d'oro che possiede la manna, ma il corpo del Signore, il pane celeste; vi avrei mostrato non un'arca di legno che ha tavole di pietra e la leg­ge, ma una carne immacolata e santa che com­prende lo stesso legislatore; vi avrei mostrato den­tro non una pecora immacolata uccisa, ma l'agnel­lo di Dio immolato, mistico sacrificio, al vedere il quale tremano gli stessi angeli; vi avrei mostrato non Aronne che entra con una veste d'oro, ma l'Unigenito che entra avendo la primizia della no­stra natura e rivelando allo stesso Padre la gran­dezza del suo successo: infatti Cristo non è entra­to in un santuario fatto da mani d'uomo, figura

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di quello vero, ma nello stesso cielo, per apparire ora al cospetto di Dio.

Là non c'è una cortina simile a quella che pos­sedeva il tempio giudaico, ma una molto più tre­menda. Ascolta dunque quale è questa cortina, af­finché impari quale è quel Santo dei Santi e qua­le questo, avendo - dice - piena libertà di entra­re nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per quella via nuova e vivente che egli ha inaugu­rato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne.

Hai visto come questa cortina è più tremenda di quella? Oggi io volevo iniziarvi a tutte queste cose.

2. Ma che farò? Il pensiero dei giuramenti non mi abbandona, consumandomi l'anima.

E so bene che molti condanneranno l'esagera­zione delle mie parole, sentendo dire che mi con­suma l'anima: essi ritengono che sia un piccolo peccato, mentre io per questo mi affliggo di più. Gli altri peccati sono gravi e si ritiene che siano gravi: ad esempio, l'omicidio e l'adulterio sono gravi e si ritiene che siano gravi; il giuramento invece è grave ma non si ritiene che sia grave. Per questo motivo mi affliggo e temo il peccato: questo è proprio dell'astuzia del diavolo, introdur­re il peccato in forma nascosta e così, come me­scolando del veleno al cibo solito, egli macchina di inserire occultamente il giuramento tra i pre­concetti degli uomini.

Che cosa dunque? Impiegheremo tutto l'inse­gnamento ed il tempo per il giuramento? Affatto: so bene che ci sono alcuni che si sono corretti.

Infatti come non tutto il seme di colui che è usci­to a seminare cadde tra le spine e neppure tutto tra le pietre, ma molto andò a finire nella buona terra,

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così anche ora è impossibile che, dopo che si è compiuto questo insegnamento, tra tale folla non ci sia nessuno in grado di mostrare il frutto.

Ora dal momento che molti si sono corretti ma non ancora tutti, dividiamo anche noi il discorso. Era necessario che coloro che non si sono corret­ti non ascoltassero interamente le misteriose paro­le, ma perché quelli non siano danneggiati siamo condiscendenti ai più negligenti grazie ai più dili­genti: è molto meglio accondiscendere a quelli grazie a questi che non danneggiare i più diligen­ti mediante i più negligenti.

IL TEMPO DEL BATIESIMO

3. Voglio ricordarvi la promessa che feci nella precedente conversazione, ma che non mantenni poiché il discorso ci stimolava a cose più neces­sarie.

Quale è dunque quella promessa? Cercavo di dirvi per quale motivo i nostri padri, dopo aver trascorso tutto il periodo dell'anno, stabilirono che in questo tempo fossero iniziate ai misteri le vo­stre anime. E dicevo che la determinazione del tempo non era avvenuta né semplicemente né a caso. La stessa grazia è per sempre e non viene limitata dal tempo, perché essa è divina ed an­che la determinazione del tempo ha qualcosa di misterioso.

Per quale motivo dunque i padri stabilirono ora questa festa? Ora il nostro re vinse la guerra con­tro i barbari: sono barbari e più selvaggi dei bar­bari tutti i demoni. Ora distrusse il peccato, ora annientò la morte, sottomise il diavolo e fece dei prigionieri.

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Noi richiamiamo dunque nel giorno presente il ricordo di quelle vittorie. Per questo i padri stabi­lirono che si distribuissero ora i doni regali: infat­ti questa è una legge delle vittorie. Così fanno an­che i re stranieri: circondano di molti onori i gior­ni delle vittorie.

Ma il tipo di quell'onore è pieno di disonore: quale onore infatti rappresentano i teatri e le co­se che si fanno e si dicono nei teatri? Non sono forse tutte piene di vergogna e di molto ridicolo? Quest'onore è degno invece del grande dono di colui che l'ha conseguito.

Per questo stabilirono ora, per ricordarti me­diante il tempo la vittoria del Signore, perché sia­no tra i vincitori alcuni che portano vesti splen­denti e partecipano dell'onore del re. Non soltan­to per questo, ma anche perché in questo tempo ti unisca al Signore.

BATIBSIMO E CROCE

Egli - dice - fu crocifisso sul legno: sii crocifis­so anche tu mediante il battesimo; infatti croce e morte è il battesimo - dice - ma morte del pecca­to, croce dell'uomo vecchio.

4. Ascolta dunque che cosa dice Paolo, come egli affermi a proposito del battesimo entrambe le cose, che è morte del peccato e croce: Ignorate forse che quanti siete stati battezzati in Cristo siete stati battezzati nella sua morte? E successivamen­te: Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, affinché fosse annientato il corpo del peccato.

Ora affinché, sentendo parlare di morte e di peccato, non avessi timore, aggiunse che la croce è morte del peccato.

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Hai visto in che modo il battesimo è una croce? Impara come Cristo abbia chiamato anche la cro­ce battesimo, dandoti in cambio e ricevendo in cambio il nome di battesimo.

Chiamò croce il tuo battesimo. La mia croce -dice - chiamo battesimo. E come afferma questo? Ho un battesimo con cui devo essere battezzato, che voi non conoscete.

Donde risulta che egli parla della croce? Gli si avvicinarono i figli di Zebedeo, anzi la madre dei figli di Zebedeo dicendo: Di' che questi due miei figli siedano uno a destra e l'altro a sinistra nel tuo regno. È la domanda di una madre, anche se inopportuna.

Che cosa dice ora Cristo? Potete bere il calice che io sto per bere ed essere battezzati col battesi­mo con cui io sto per essere battezzato? Vedi come chiamò battesimo la croce?

Donde risulta ciò? Potete - dice - bere il calice che io sto per bere? Chiama calice la passione e per questo dice: Padre, se è possibile, si allontani que­sto calice da me.

Vedi come chiamò battesimo la croce e la pas­sione calice? Le chiamò così non perché egli veni­va purificato (come avrebbe potuto, infatti, egli che non commise peccato né c'era inganno nella sua bocca?), ma perché il sangue che di là scorre­va purificava tutta la terra abitata.

Per questo anche Paolo dice: Se siamo stati uniti a lui con una morte simile alla sua. Non dis­se: Alla morte, ma si_mile alla sua morte. Morte è quella e questa, ma non uguale: quella è del cor­po, questa del peccato; per questo è somiglianza della morte.

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SEPOL1URA E RISURREZIONE DI CRISTO

5. Che cosa dunque? Moriamo soltanto con il Signore e ci accomuniamo a lui soltanto nelle co­se tristi? Anzitutto neppure questa è una cosa tri­ste, accomunarci alla morte del Signore. Piuttosto attendi un poco e vedrai che ti accomuni a lui an­che nelle cose liete: Se infatti siamo morti con lui - dice - crediamo che vivremo anche con lui.

Sepoltura e risurrezione si trovano insieme con­temporaneamente nel battesimo: depone il vec­chio uomo, prende il nuovo e risorge, come Cristo risuscitò mediante la gloria del Padre.

Vedi come parla nuovamente della risurrezio­ne? Ma perché avvengono contemporaneamente la nostra risurrezione, la sepoltura e la morte - in­sieme infatti siamo sepolti e risorgiamo-, mentre quella del Signore avviene gradualmente? Risorse dopo tre giorni. Perché dunque la nostra risurre­zione è una cosa istantanea, quella del Signore in­vece è più lenta?

Certo ciò avvenne utilmente, affinché tu impa­ri che la lentezza non è dovuta alla debolezza: colui che poté far risorgere il servo in un breve tratto di tempo, molto più avrebbe potuto far ri­sorgere se stesso.

Per quale motivo dunque la lentezza? Per qua­le motivo la sepoltura di tre giorni? Affinché, ral­lentando la morte, anche mediante la lentezza di­venisse inconfutabile la prova della risurrezione.

Dal momento che anche ora dopo una tale pro­va ci sono degli uomini i quali dicono che patì al­l'apparenza, se non ci fosse stata una tale lentez­za che cosa potrebbero dire quelli? Infatti il diavo­lo voleva tendere insidie non soltanto al racconto

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della risurrezione, ma anche alla credibilità della morte: egli sapeva benissimo che la morte del Salvatore era rimedio generale dell'universo e si sforzava di sottrarlo alla credibilità degli uomini per eliminare la salvezza.

Per questo il Signore ritarda nella risurrezione e sopraggiungono i giudei dicendo: Dacci dei sol­dati affinché custodiamo il sepolcro.

Quale sfrontatezza! Quando mai vedesti un morto custodito, o giudeo? Se il crocifisso era un morto comune ed un semplice uomo, perché compì delle azioni strane e paradossali? Perché hai paura e tremi e riunisci dei custodi?

Anzi, il Signore non impedì neppure questo, ma permise che fosse custodito affinché il pecca­tore fosse sorpreso nelle opere delle sue mani. Quelli infatti dicevano: Dacci dei soldati affinché i suoi discepoli non lo sottraggano e dicano che è risorto.

Accadde invece il contrario: presero dei soldati affinché, quando egli risorse, non dicessero che l'avevano sottratto i suoi discepoli e non era risor­to, e gli intrighi contro la risurrezione divennero a favore della risurrezione e Cristo rese testimoni della risurrezione gli stessi avversari, per infrange­re la loro difesa presentata in quel giorno.

IL SIGNIFICATO DELL'ESORCISMO

6. Dunque per quale motivo in questo tempo i padri ordinarono di essere iniziati ai misteri ve l'ho mostrato sufficientemente - almeno io credo - con quanto ho detto.

Voglio ora saldare anche un altro debito con voi, se non siete stanchi ad ascoltare, e dirvi per-

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ché vi indirizziamo nudi e scalzi alle parole di coloro che pronunziano l'esorcismo a partire da questo momento. Infatti anche ora appare lo stes­so motivo, che cioè il re, vinta la guerra, prese dei prigionieri. E questo è l'abito dei prigionieri.

Ascolta dunque che cosa dice Dio ai giudei: Nel modo in cui è andato il mio seroo Isaia nudo e scalzo, così andranno i figli di Israele in prigio­nia nudi e scalzi. Volendo ricordarti la preceden­te tirannia del diavolo mediante l'abito, ti indiriz­za al ricordo dell'antica mancanza di nobiltà della tua nascita.

Per questo voi state non soltanto nudi e scalzi, ma tenendo pure le mani rivolte all'indietro, per confessare anche in questo modo la signoria di Dio, a cui ora vi avvicinate.

Voi tutti siete preda e bottino. Ed Isaia fa men­zione di questa preda molto prima della attuazio­ne di queste cose così predicendo: Egli spartirà il bottino del forte. E successivamente: Venne ad annunziare la liberazione ai prigionieri. In segui­to Davide, profetizzando questa prigionia, diceva: Sei salito in alto conducendo prigionieri.

Non affliggerti sentendo parlare di prigionieri, poiché nessuna cosa è più felice di questa prigio­nia. La prigionia degli uomini porta dalla libertà alla schiavitù, questa invece fa passare dalla schia­vitù alla libertà; quella degli uomini priva della pa­tria e porta alla terra straniera, questa prigionia in­vece allontana dalla terra straniera e porta alla pa­tria, la Gerusalemme celeste; la prigionia degli uo­mini priva della madre, questa invece ti porta alla madre comune di tutti noi; quella divide dai con­giunti e dai concittadini, questa invece porta ai concittadini del cielo.

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Dice infatti: Siete concittadini dei santi. L'abito dunque ha questo significato.

7. Per quale motivo le voci degli esorcisti, quel­le temibili e terribili voci, ti ricordano il comune Si­gnore, il castigo, la punizione, la geenna? Per la sfrontatezza dei demoni. Infatti il catecumeno è al­bergo solitario, rifugio senza porte aperto comple­tamente a tutti, luogo esposto alle scorrerie dei mal­viventi, rifugio delle fiere, abitazione dei demoni.

Poiché dunque parve bene al re per la sua grande amabilità che questo albergo solitario, sen­za porte, rifugio dei malviventi diventasse un pa­lazzo regale, per questo mandò a preparare l'al­bergo noi che insegniamo e quelli che esorcizza­no. E noi che insegniamo rendiamo solide le pa­reti che sono cadenti mediante l'insegnamento; dice infatti: Chiunque ascolta queste parole e le mette in pratica sarà considerato simile a un uo­mo saggio che costrnì la sua casa sulla roccia.

Poniamo salde le fondamenta fino a quando sopraggiunga il re. Se per caso vediamo qualche macchia o traccia di sporco, eliminiamola: tale è l'abitudine del peccato, fetida e impura.

Ascolta come Davide definisce la natura di es­sa: Come pesante fardello mi hanno oppresso; pu­tride e fetide sono le mie pieghe a causa della mia stoltezza.

Noi eliminiamo il fetore ed offriamo il profumo spirituale, gli esorcisti a loro volta mediante quel­le terribili parole badano che non si presenti in qualche parte una fiera o una vipera o uno scor­pione: dopo aver udito quella terribile voce, an­che se la fiera è pericolosa non può introdursi né nascondersi, ma si leva e fugge anche se non voleva.

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NUOVA ESORTAZIONE CON'IRO I GIURAMENTI

8. Intendevo dirvi anche un'altra cosa che non vi avevo promesso. Era necessario spiegare per quale motivo noi siamo dei fedeli, i non iniziati in­vece dei catecumeni. Sarebbe infatti davvero ver­gognoso e ridicolo che colui che riceve un onore non conosca nemmeno il nome dell'onore.

Che fare? Mi si presentò di nuovo il pensiero dei giuramenti, mi rimproverò la lentezza e richia­mò su di sé l'attenzione.

Perciò rimandando questi discorsi al giorno se­guente volgiamoci all'ammonizione intorno ai giu­ramenti.

È una cosa terribile il giuramento, o mio dilet­to, una cosa terribile e dannosa: rimedio funesto, veleno pericoloso, ferita nascosta, piaga invisibile, pascolo celato nell'ombra e che porta infezione all'anima; dardo satanico, lancia infuocata, pugna­le a doppio taglio, spada affilata, peccato scono­sciuto, colpa senza attenuante, baratro profondo, pendìo scosceso, lacciuolo potente, rete spiegata, legame che non si può sciogliere, cappio da cui non si sfugge.

Ora basta tutto questo e credete che il giura­mento è una cosa terribile e più pericolosa di tut­ti i peccati?

Credetemi, credete, vi supplico. Ma se qualcu­no non crede, ho già pronta anche la dimostrazio­ne: questo peccato ha ciò che nessun altro pecca­to possiede.

Infatti se non violiamo gli altri comandamenti siamo liberati dal castigo, sovente invece sia che osserviamo sia che violiamo il giuramento siamo ugualmente puniti.

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Non avete capito subito ciò che è stato detto? Non è necessario dunque ripeterlo più chiara­mente.

Spesso un tale giurò di compiere un'azione il­legale e cadde in un nodo inestricabile: è neces­sario che egli ormai o viola la legge osservando il giuramento o sia riconosciuto colpevole di sper­giuro non osservando il giuramento.

Da entrambe le parti il pendìo si presenta sco­sceso, da entrambe le parti la morte è inevitabile sia per coloro che osservano il comandamento sia per coloro che non l'osservano. C'è dunque qual­cosa di più funesto di quest'errore sia che lo si compia sia che non lo si compia?

IL GIURAMENTO DI ERODE

9. E affinché sappiate che le cose stanno così e molti spesso non solo violando il giuramento ma anche osservandolo si resero meritevoli di puni­zione, vi esporrò questo racconto.

Un tempo Erode festeggiava il compleanno e celebrava il giorno in cui era nato.

Volendo renderlo splendido, invitò a danzare la figlia della regina, senza sapere che l'avrebbe co­sì piuttosto disonorato. Mentre era necessario rin­graziare Dio amante degli uomini che l'aveva creato dal nulla, gli aveva dato un'anima, l'aveva inserito in questo maestoso spettacolo della crea­zione, l'aveva reso spettatore di questa bellissima e meravigliosa opera, mentre era necessario ono­rare il giorno con inni e ringraziamenti al Signore egli invece lo onorò con il disonore.

Infatti che cos'è più disonorevole della danza? In questo giorno danzò la figlia di Erode.

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Ascoltate, uomini e donne, quanti in base a ta­li danze e tali canti stimate il vostro sommo bene. Questi non sono piccoli mali, anche se sembrano essere indifferenti: per questo sono grandi mali, perché sembrano essere indifferenti e non richie­dere neppure molta precauzione.

Infatti la malattia grande e che ha ricevuto la cura scompare; quella invece che sembra essere piccola, proprio per questo tenuta in poco conto diventa grande.

Che dici? Uno osa introdurre nella casa di un fedele la danza e non teme che un fulmine cadu­to dall'alto bruci tutto?

Dico ciò anche alle donne affinché rendano sag­gi gli uomini e li allontanino da un tale diverti­mento.

In questo giorno entrò e danzò la figlia del re. Dio benedetto! A quale temperanza indirizzò la nostra vita! Sentite, o fedeli, a quale sposo andate incontro, a colui che adornò di pudore, di tempe­ranza e santità la nostra vita che era indecorosa prima di questo: ciò che non si vergognò di fare allora la regina ora non accetterebbe di sopportar­lo una vile servetta.

Quella dunque danzò e dopo la danza commi­se un altro più grave peccato: persuase quello stolto a prometterle con giuramento di darle ciò che avesse chiesto.

Vedi come il giuramento rende pure stolti? Ciò che avesse chiesto giurò semplicemente di dar­glielo.

Che cosa dunque sarebbe avvenuto se avesse chiesto la tua testa? Che cosa se avesse chiesto tut­to il regno?

Ma quello non si rese affatto conto di ciò: si era

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accostato il diavolo facendo un potente lacciuolo e, dopo che ebbe valutato il giuramento, messo il lacciuolo e tesa da ogni parte la rete, allora sug­gerì quella domanda affinché la cattura fosse ine­vitabile. Dammi - dice - su un vassoio la testa di Giovanni Battista.

Spudorata la domanda, insensato e dannoso il dono: responsabile di entrambi il giuramento.

Che cosa dunque bisognava fare? Vi ricordate di me, di che cosa dissi, che sia osservando il giuramento sia trasgredendolo siamo ugualmente puniti?

Bisognava dare la testa del Profeta? Insoppor­tabile sarebbe stato il castigo. Bisognava non dar­la? Avrebbe riportato l'accusa di spergiuro.

Hai visto come è da entrambe le parti il pen­dìo? Dammi - dice - qui su un vassoio la testa di Giovanni Battista.

O esecrabile domanda! Tuttavia egli era convin­to e pensava di ridurre al silenzio quella santa lin­gua che invece grida fino ad ora: in ogni giorno, anzi in ogni chiesa, sentite Giovanni che median­te i Vangeli grida e dice: Non ti è lecito tenere la moglie di Filippo tuo fratello.

Recise la testa, ma non recise la voce; ridusse al silenzio la lingua, ma non ridusse al silenzio il rimprovero.

10. Vedete che cosa fa il giuramento? Recide le teste dei Profeti. Hai visto l'allettamento, temi la rovina; hai visto la rete, non caderci.

Ma ormai è necessario trattenersi, in modo che il taglio non diventi più profondo; è necessario sollevare la mano e l'arma insanguinata e far tace­re il discorso riguardo alle ferite dello spergiuro.

Ricordatevi di questo e non peccherete mai,

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cioè che sia osservando il giuramento sia non os­servandolo siete ugualmente puniti.

Dove sono ora quelli che dicono: - E se io giu­rerò per il giusto? - Come può essere giusto que­sto dal momento che è violazione della legge? Come è giusto, se Dio lo punisce e tu lo fai?

Ma lasciateci ormai fasciare le ferite. Anche il fasciare ha qualche aspetto doloroso: è pesante il castigo dello spergiuro e del giuramento prima del nostro insegnamento, ed è più pesante ancora do­po il nostro insegnamento.

Se non fossi venuto - dice - e non avessi loro parlato non avrebbero colpa; ora invece non han­no scusa per la colpa.

Anche questo si deve dire a vostro riguardo, che se sbagliate non esiste ormai per voi più nes­suna scusa.

Ora dunque il battesimo se troverà spergiuro o giuramento o fornicazione o adulterio o qualun­que altro male, lo laverà e purificherà con ogni cura: possa avvenire pure in seguito che anche voi compiate questa purificazione, liberati da ogni macchia, e conseguiate una confidenza certa nel­le vostre suppliche. Vi è permesso d'ora innanzi supplicare anche in favore dei maestri: e tra bre­ve dai cieli state per apparire a noi risplendenti in modo più fulgido degli stessi astri.

Avvenga dunque che grazie alle vostre suppli­che noi tutti possiamo ottenere confidenza davan­ti al tribunale di Cristo, per il quale e con il quale è al Padre la gloria insieme con lo Spirito Santo ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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QUARTA CATECHESI1

·Dello stesso, ultima Catechesi per coloro che stanno per essere illuminati".

IL BATI'ESIMO COME SPOSALlZIO

1. Il giorno di oggi è l'ultimo della Catechesi: per questo io, ultimo di tutti, sono giunto all'ulti­mo giorno e sono giunto per ultimo ad annunziar­vi che tra due giorni giunge lo sposo.

Levatevi dunque, preparate le lampade e acco­gliete con luce splendente il re dei cieli.

Alzatevi e vegliate: infatti lo sposo giunge a voi non di giorno, ma nel mezzo della notte, poiché questa è l'usanza del corteo nuziale, che le spose siano consegnate agli sposi a sera inoltrata. E non trascurate alla leggera la parola sentendo dire che giunge lo sposo. E una parola veramente grande e piena di benevolenza: egli non ordinò alla natu­ra degli uomini di andare da lui, ma egli stesso giunse presso di noi, poiché questa è la legge delle nozze, che lo sposo si accosti alla sposa,

1 Pubblicata dal Papadopoulos (op. ctt., pp. 166-175, da cui traduco), anche questa Catechesi fu tenuta nel 388, il Giovedì Santo (cf. Wenger, Introd., pp. 30 e 64); il titolo, come per l'istruzione precedente, è quel­lo attestato dal codice della Biblioteca Sinodale di Mosca n. 129.

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anche se egli è ricchissimo ed essa di poco valo­re e ripudiata.

Ma che ciò avvenga per gli uomini non desta alcuna meraviglia: ammesso pure che la distinzio­ne del valore sia molta, nulla è la differenza della natura, perché anche se lo sposo è ricco e la spo­sa povera e insignificante, entrambi però appar­tengono alla stessa natura. Invece per Cristo e per la Chiesa desta meraviglia il fatto che, pur essen­do Dio e dotato di quella beata e pura sostanza -ben sapete quale sia la differenza di Dio rispetto agli uomini-, egli si degnò di accostarsi alla no­stra natura e, lasciata la casa paterna, non con un semplice cambiamento ma mediante la via dell'in­carnazione corse verso la sposa.

Dunque lo stesso beato Paolo, ben esperto di questo e pieno di meraviglia per la sovrabbon­danza della sollecitudine e dell'onore, esclamò a gran voce e disse: Per questo l'uomo abbandone­rà suo padre e sua madre e si unirà alla sua don­na: questo mistero è grande; lo dico di Cristo e della Chiesa.

ABBIGLIAMENTO DELLA SPOSA

2. E che meraviglia se andò dalla sposa, se non rifiutò di esporre anche la vita per lei? Eppure nes­suno sposo espone la vita per la sposa: nessuno infatti, nessun innamorato, anche se completa­mente pazzo, brucia a tal punto per la sua inna­morata come Dio brama la salvezza delle nostre anime. - Anche se fosse necessario essere coper­to di sputi - dice -, essere schiaffeggiato, salire sulla stessa croce, non rifiuterò di essere crocifis­so per poter accogliere la sposa.

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Questo soffrì e sopportò senza meravigliarsi del­la sua bellezza: nulla era più brutto e orribile di es­sa prima di questo.

Ascolta dunque come Paolo descrive la sua defor­mità e bruttezza: Eravamo infatti un tempo anche noi insensati, ribelli, sviati, schiavi delle varie pas­sioni e piaceri, detestati, odiandoci gli uni gli altri.

Ci odiavamo gli uni gli altri - questo era il col­mo della malvagità -, ma Dio non odiò noi che ci odiavamo gli uni gli altri: invece salvò costoro che si trovavano in tale bruttezza, in tale deformità di anima.

Quando giunse e trovò colei che stava per es­sergli condotta in sposa nuda e brutta, le impose un mantello puro la cui fulgidezza e gloria nessu­na parola né mente potrà mai raffigurare.

Come posso dire? Impose se stesso a noi come un mantello: infatti quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete anche rivestiti di Cristo.

Avendo visto fin dal principio con occhi profe­tici questo mantello Davide gridava e diceva: La regina si pose alla tua destra.

La povera e perseguitata divenne regina e in­sieme si pose vicino al re, e il Profeta indica la Chiesa e Cristo come uno sposo e una sposa che si trovano in una sacra stanza nuziale: Cinta di una veste ricamata in oro, tutta adorna.

Ecco, ti indicò anche il mantello. Poi affinché, sentendo parlare di oro, non precipiti nelle cose sensibili, egli solleva la tua mente e la conduce al­la contemplazione delle cose intelligibili aggiun­gendo e dicendo: Tutta la gloria della figlia del re è all'interno.

Vuoi conoscere pure i suoi calzari? Neppure questi sono tessuti di materia sensibile né fatti di

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pelli comuni, ma di vangelo e di pace. Dice: Cal­zate i vostri piedi con la prontezza del vangelo della pace.

Vuoi che ti mostri pure lo stesso spettacolo ri­splendente della sposa, dotato di una bellezza ir­resistibile, e la grande moltitudine di angeli e di arcangeli intorno ad essa? Allora afferriamo la ma­no di Paolo che conduce alla sposa, il quale fen­dendo la folla ci potrà introdurre da essa.

Che cosa dice dunque costui? Voi mariti, ama­te le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla purifi­candola con il lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola.

Hai visto il suo corpo puro e splendente? L'hai vista bella che risplende più dei raggi del sole? Quindi soggiunse: Affinché sia santa ed irrepren­sibile senza avere macchia o difetto o qualcosa di simile.

Hai visto lo stesso fiore della giovinezza, lo stesso fulgore dell'età? Vuoi anche imparare il suo nome? Si chiama fedele e santa; dice infatti: Paolo, apostolo di Cristo Gesù ai santi che sono in Efeso ed ai fedeli in Cristo Gesù.

IL SIGNIFICATO DEL NOME DI FEDELE

3. Ma avendo udito il nome della sposa mi ri­cordai di un debito antico: intendevo spiegarvi per quale motivo siamo chiamati fedeli.

Per quale motivo dunque siamo chiamati così? A noi fedeli sono state affidate cose che gli occhi del nostro corpo non possono vedere: così gran­di sono e terribili e superiori alla nostra natura. Infatti né un ragionamento potrà trovarle né un

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discorso umano potrà spiegarle, ma il solo inse­gnamento della fede le conosce bene. Perciò Dio ci fece due tipi di occhi, quelli della carne e quel­li della fede.

Quando sarai introdotto alla sacra iniziazione, gli occhi della carne vedono l'acqua, gli occhi del­la fede scorgono lo spirito; quelli vedono il corpo immerso nell'acqua, questi l'uomo vecchio sepol­to; quelli la carne lavata, questi l'anima purificata; quelli il corpo che risale dalle acque, questi scor­gono l'uomo nuovo e risplendente che risale da questa sacra purificazione.

E quelli vedono il sacerdote che dall'alto impo­ne la mano destra e tocca il capo; questi scorgo­no il grande sommo sacerdote che tende dal cie­lo la destra invisibile e tocca il capo: infatti non è un uomo colui che battezza, ma lo stesso unige­nito Figlio di Dio.

E quanto accadde alla carne del Signore, que­sto accade anche alla nostra. Come Giovanni trat­teneva quella all'apparenza per il capo, mentre in­vece Dio Verbo la conduceva e l'immergeva nelle acque del Giordano e dall'alto la voce del Padre diceva: Questo è il mio figlio diletto, così agiva an­che lo Spirito Santo con la sua venuta.

Lo stesso accade anche alla nostra carne: il bat­tesimo avviene nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Per questo anche Giovanni, istruendoci che non un uomo ci battezza ma Dio, diceva: Dietro di me viene uno più forte di me, del quale io non sono degno di sciogliere i legacci dei suoi calzari; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

Per questo anche il sacerdote che battezza non dice: - Io battezzo il tale, ma: - Il tale è battezza-

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to nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo-, volendo indicare che non è lui che bat­tezza ma il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, dei quali viene invocato il nome.

Per questo anche il nostro discorso di oggi si chiama fede e non vi concediamo di dire niente altro prima finché non avrete detto: - Io credo. Questa parola è un fondamento immobile e regge una costruzione dalla cima incrollabile. Per questo anche Paolo dice: Bisogna infatti che chi si acco­sta a Dio creda che egli esiste.

Perciò anche tu accostandoti a Dio prima credi e poi fai risuonare questa parola: se non sarà così, non potrai né dire né pensare alcuna delle altre.

Ma, per lasciar da parte quella generazione ineffabile e senza testimoni, volendo addurre que­sta che avvenne quaggiù e della quale molti furo­no testimoni, ti convincerò con la stessa prova dei fatti che senza fede non è possibile comprendere neppure questa.

Colui che non ha spazio, che tutto abbraccia e governa venne in un utero verginale.

Come, dimmi, e in che modo? Non è possibile dimostrarlo. Ma se giungerai alla fede, quella po­trà convincerti: infatti bisogna affidare all'insegna­mento della fede le cose che sorpassano la debo­lezza dei nostri ragionamenti.

Neppure lo stesso Matteo che ne scrisse cono­sce questo modo di generazione: infatti disse che fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo, ma non rivelò il modo.

Neppure Gabriele lo sa, poiché anch'egli dice soltanto questo: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra, ma neppure lui sa come e in che modo.

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4. Ma lasceremo il discorso sulla fede al mae­stro e potremo parlarvene in un'altra occasione, quando saranno presenti molti dei non iniziati: in­vece ciò che è necessario che voi soli udiate e non è possibile parlarne se quelli sono mescolati con voi, questo bisogna oggi dirvi2.

RINUNZIA A SATANA E ADESIONE A CRISTO

Di che cosa dunque si tratta? Domani venerdì, all'ora nona, è necessario che vi siano richieste al­cune parole e stringiate dei patti con il Signore. E non vi richiamai semplicemente alla memoria né il giorno né quest'ora, ma è possibile pure ap­prendere qualcosa di misterioso da ciò.

Il venerdì, all'ora nona, il ladrone entrò in pa­radiso e l'oscurità scese dall'ora sesta sino all'ora nona e la luce sensibile ed intellegibile si diffuse allora sopra la terra come sacrificio quando Cristo disse: Padre, alle tue mani affido il mio spirito.

Allora questo sole sensibile, avendo visto il so­le della giustizia che risplendeva dalla croce, al­lontanò i suoi raggi.

Quando dunque starai per essere introdotto an­che tu nell'ora nona, ricordati anche tu della gran­dezza dei risultati e calcola questi doni in tuo pos­sesso, e non sarai più ormai sulla terra, ma avrai mutato condizione e con l'anima toccherai gli stes­si cieli.

Perciò bisogna che tutti voi allora in comune, una volta introdotti - nota infatti anche questo,

2 Al tempo del Crisostomo vigeva ancora la netta distinzione tra battez­zati e catecumeni e questi ultimi non venivano ammessi alla celebrazio-ne dell'Eucaristia. '

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che tutto è dato a voi tutti in comune affinché né il ricco disprezzi il povero né il povero ritenga di avere qualcosa di inferiore al ricco, poiché in Cristo Gesù non c'è né maschio né femmina né scita né barbaro né giudeo né greco: è tolta ogni disuguaglianza non soltanto di età e di natura, ma pure di ogni valore; c'è una sola dignità per tutti, un solo dono, un solo vincolo di fratellanza per voi: la stessa grazia -; bisogna perciò che tutti voi allora in comune, una volta introdotti, pieghiate il ginocchio, non rimaniate diritti e, levando le ma­ni al cielo, ringraziate Dio per questo dono.

Le sacre leggi ordinano di stare in ginocchio così da confessare anche mediante l'atteggiamen­to la sovranità; e riguardo al fatto che piegare il gi­nocchio è proprio di coloro che confessano la schiavitù, ascolta che cosa dice Paolo: A lui si pie­gherà ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto terra (Fil 2,10).

Ora coloro che iniziano ai misteri ordinano di piegare le ginocchia e di dire queste parole: -Rinunzio a te, o Satana.

S. Mi sorpresi ora a piangere e rimasi confuso nel pensiero e gemetti amaramente.

Per quale motivo mi ricordai di quella sacra se­ra in cui fui ritenuto degno di pronunziare questa beata espressione, grazie alla quale fui introdotto nella terribile e santa iniziazione ai misteri? Mi sov­venni della purezza d'allora e dei peccati, quanti ne commisi da quel giorno sino al presente.

Ora come quelle donne che dalla ricchezza e dal benessere sono cadute nell'estrema povertà, quando vedono altre fanciulle che vanno a nozze, sono consegnate a ricchi sposi, ricevono grande onore e vengono accompagnate con cura e fa-

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sto, si addolorano e si affliggono non perché invi­dino i beni altrui, ma perché nella prosperità del­le altre avvertono più chiaramente le proprie sventure, qualcosa di simile provo anch'io in questo momento.

Tuttavia perché, raccontando i miei mali, non renda troppo austero il mio discorso, orsù, tornia­mo di nuovo a voi.

6. - Rinunzio a te, o Satana -. Che cosa avven­ne? Che c'è di strano e paradossale? Tu che avevi paura, che tremavi ti ribellasti al tiranno? Disprezzi la sua crudeltà? Chi ti spinse a tale follia? Donde ti venne il coraggio?

- Ho un'arma potente, dici. Quale arma, quale aiuto? Dimmelo.

- Mi sono schierato con te, o Cristo -, dici. -Per questo ho coraggio e mi ribello: posseggo un potente rifugio. Questo rese superiore al diavolo me che davanti a lui avevo paura e tremavo. Per questo motivo rinunzio non soltanto a lui, ma an­che a tutto il suo fasto -.

Fasto del diavolo è ogni fortuna di peccato: gli spettacoli di empietà, gli ippodromi, le riunioni piene di riso e di turpiloquio. Fasto del diavolo sono gli auspici e i vaticini, i presagi e le previ­sioni dei tempi, le coincidenze, gli amuleti e gli scongiuri.

La croce possiede l'efficacia di un mirabile amuleto e di un grandissimo scongiuro, e beata l'anima che pronunzia il nome di Gesù çristo cro­cifisso: invocalo ed ogni malattia fuggirà, ogni subdolo piano satanico ti lascerà.

Ricordati dunque di queste parole: questi sono i patti per lo sposo. Come per le nozze è neces­sario che si completino i documenti relativi alla

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dote e al corredo, così accade anche ora prima delle nozze. Ti trovò nuda, povera e deforme e non se ne andò: ha bisogno solo del tuo consen­so. Al posto della dote offri quindi queste parole e Cristo le riterrà una grande ricchezza se, le man­terrai pienamente: infatti la salvezza delle nostre anime è la sua ricchezza. Ascolta come dice Paolo: Ricco verso tutti coloro che l'invocano.

L'UNZIONE CON IL SEGNO DELLA CROCE

7. Dopo queste parole, dopo la rinuncia al dia­volo, dopo l'adesione a Cristo, come divenuti or­mai suoi congiunti e non avendo più nulla in co­mune con quello, egli ordina che tu sia subito con­trassegnato e ti imprime sulla fronte la croce.

Infatti poiché evidentemente quella fiera, udite queste parole, vuole diventare sempre più selvag­gia, impudente come è, ed assalire lo stesso aspet­to; reprime tutto il suo furore imprimendo con l'unzione sul tuo volto la croce: così non oserà più ormai mirare tale aspetto, ma come scorgen­do dei raggi allontanarsi di là con gli occhi acce­cati se ne va.

Viene impressa la croce mediante l'unzione e questa unzione è insieme olio e profumo: profu­mo per la sposa, olio per l'atleta.

E che inoltre non sia un uomo ma lo stesso Dio che ti unge con la mano del sacerdote ascolta Paolo che dice: È Dio stesso che ci conferma, in­sieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione.

Una volta che questa unzione avrà unto tutte le membra, con coraggio potrai frenare il drago e non subirai alcun male.

IL BATTESIMO

8. Quindi dopo questa unzione resta da entra­re nella piscina delle sante acque. Allora il sacer­dote, tolti dalle tue spalle i vestiti, ti introduce lui stesso tra i flutti.

E perché nudo? Vuole ricordarti la precedente nudità, quando eri nel paradiso e non provavi vergogna. Dice infatti: Adamo ed Eva erano nudi e non si vergognavano, finché presero il mantello del peccato, pieno di molta vergogna.

Tu dunque non vergognarti neppure là, poiché la piscina è molto migliore del paradiso: là non c'è il serpente, ma c'è Cristo che ti inizia ai misteri verso la rigenerazione dall'acqua e dallo spirito.

Là non ci sono alberi belli e rigogliosi da vede­re, ma ci sono grazie spirituali; là non c'è un albe­ro della conoscenza del bene e del male e neppu­re legge e comandamenti, ma grazia e doni: In­! atti il peccato non vi dominerà più, poiché non siete più sotto la legge ma sotto la grazia.

9. Ma quando con tale gioia avrete udito le co­se dette, vi chiederò un solo contraccambio di gioia, quella che vi chiesi già all'inizio.

Quando sarete discesi nella piscina delle sante acque, ricordatevi della mia pochezza.

Questo vi chiesi anche all'inizio, quando vi ri­cordai Giuseppe che diceva al capo dei coppieri: Ricordati di me quando starai bene.

Anch'io vi dissi all'inizio: - Ricordatevi di me quando starete bene -. Ora invece non dico: -Ricordatevi di me quando starete bene, ma: -Ricordatevi di me poiché state bene -. E quello di­ceva pure: Ricordati che non commisi alcun ma­le. Io invece dico: - Ricordatevi di me perché commisi molti e gravi mali.

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Voi tutti ora avete una grande confidenza con il re: noi vi mandiamo come pubblici ambasciatori a favore della natura degli uomini. Non gli offrite una corona d'oro, ma una corona di fede: egli vi accoglierà con molta benevolenza.

Pregate dunque per la comune madre di tutti, in modo che essa sia tranquilla e sicura, e per il sommo sacerdote, mediante le cui mani e la cui voce voi ottenete questi beni. E discutete a lungo con lui a favore dei sacerdoti che siedono insie­me con noi, a favore del genere umano, in mo­do che ci rimetta non i debiti di ricchezza ma di peccati.

Siano comuni i doveri: voi avete molta confi­denza con il Signore ed egli vi accoglierà dopo il bacio.

IL SANTO BACIO

10. Ma dal momento che mi ricordai del bacio, voglio ora parlarvi anche di questo.

Quando stiamo per accostarci al sacro convito ci si ordina di salutarci l'un l'altro e di scambiarci un santo bacio.

Per quale motivo? Dal momento che siamo di­visi nei corpi, noi uniamo reciprocamente le ani­me in quella circostanza mediante il bacio, in mo­do che la nostra adunanza sia tale quale fu quel­la degli apostoli, quando uno solo era il cuore ed una sola l'anima di tutti i fedeli. Così infatti uniti gli uni agli altri bisogna accostarci ai sacri misteri.

Ascolta che cosa dice Cristo: Se presenti il tuo dono all'altare e là ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, va', riconciliati prima con il tuo fratello e poi presenta il tuo dono.

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Non disse: Prima presenta, ma: Prima riconci­liati e poi presenta.

Per questo motivo anche noi, mentre il dono ci sta davanti, riconciliamoci prima gli uni con gli al­tri e poi accostiamoci al sacrificio.

C'è poi anche un altro aspetto misterioso di questo bacio.

Lo Spirito Santo ci rese templi di Cristo. Ora ba­ciandoci gli uni gli altri la bocca .noi baciamo con affetto l'ingresso nel tempio. Nessuno dunque fac­cia questo con coscienza cattiva, con mente sub­dola, poiché il bacio è santo: Salutatevi gli uni gli altri - dice infatti - con un santo bacio.

Ricordandoci di tutto ciò custodiamo sempre queste cose, l'adesione, la rinunzia, la confidenza che ora il Signore ci dona, e conserviamola imma­colata e pura affinché con grande gloria possiamo andare incontro al re dei cieli e siamo ritenuti de­gni di essere rapiti sulle nubi e considerati merite­voli del regno dei cieli: possiamo tutti noi conse­guirlo per la grazia e la benevolenza del nostro Signore Gesù Cristo, a cui va la gloria nei secoli. Così sia.

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QUINTA CATECHESI1

«Prima Catechesi per coloro che stanno per essere illuminati».

IL BA1TESIMO COME MATRIMONIO SPIRITUALE

1. Tempo di gioia e di letizia spirituale è quello presente: ecco infatti che sono giunti per noi i gior­ni ambìti e desiderati delle nozze spirituali. Ora non sbaglierebbe qualcuno se chiamasse nozze le cose che ora avvengono, e non soltanto nozze ma anche un mirabile e straordinario reclutamento.

E non creda qualcuno che siano contrastanti le cose dette, ma ascolti il beato Paolo, maestro del­l'universo, che si serve di entrambi gli esempi ed una volta dice: Vi ho promessi ad un solo sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo; altro­ve invece come a soldati che stanno per partire in guerra impone le armi e così dice: Indossate l'ar­matura di Dio per essere in grado di resistere agli inganni del diavolo.

1 Corrisponde alla prima delle Catechesi scoperte dal Wenger nel codice Athos Stavronikita 6, dell'inizio dell'XI secolo, e tenute dal Crisostomo probabilmente ad Antiochia nella Pasqua del 390 (cf. Wenger, Introd., pp. 63ss.); come risulta dal titolo, si tratta di una Càtechesi prebattesi­male. Traduco dal testo del Wenger, pp. 108-132.

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2. Oggi c'è gioia in cielo ed in terra. Se per un solo peccatore che si converte c'è tale esultanza, per una folla così grande che tutta unita disprez­za le insidie del diavolo e si affretta ad arruolarsi nel gregge di Cristo quanta maggiore gioia c'è fra gli angeli, gli arcangeli, fra tutte le potenze celesti e quelle terrestri!

3. Ebbene dunque come ad una sposa che sta per essere introdotta nella sacra stanza nuziale parliamo anche a voi, mostrandovi la ricchezza sovrabbondante dello sposo e l'ineffabile bontà che rivela per lei, e ad essa indichiamo da quali mali è stata liberata e quali beni sta per gustare. E, se credete, sveliamo le sue caratteristiche e vedia­mo in quali condizioni e in quale disposizione si trovi quando lo sposo le si accosta.

In questo modo soprattutto apparirà l'infinita bontà del comune Signore di tutte le cose. Egli l'accolse non innamorato né della sua grazia né della sua bellezza né della freschezza del suo cor­po, ma anzi, sia pure deforme, brutta, turpe, com­pletamente sporca e per così dire rotolantesi nel­lo stesso sudiciume dei peccati, egli la introdusse nella camera nuziale.

4. Ma nessuno tra di noi, udendo ciò, si lasci andare a una interpretazione materiale, poiché il nostro discorso riguarda l'anima e la sua salvezza. Neppure il beato Paolo, quell'anima sublime co­me il cielo, quando diceva: Vi ho promessi ad un solo uomo come una vergine pura da presentare a Cristo, a nient'altro volle alludere per noi se non che egli aveva promesso a Cristo come una vergi­ne pura quelle anime che si sono indirizzate alla pietà.

5. Ben sapendo dunque ciò, apprendiamo ac-

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curatamente la sua precedente bruttezza, per po­ter così ammirare la bontà del Signore.

Che cosa potrebbe esserci più deforme di que­sta che ha abbandonato la propria dignità, si è di­menticata della nobile origine celeste, si mostra pronta a servire pietre, legni, esseri senza ragione e cose ancora più indegne di queste ed accresce la propria bruttezza a causa del grasso, del bagno di sangue e del fumo?

Di qui derivano poi la varia moltitudine dei pia­ceri, le orge, le ubriachezze, le dissolutezze e tut­ti i vergognosi costumi di cui si rallegrano pure i demoni che vengono da essi serviti.

6. Ma il buon Signore, avendola vista in tale condizione e, per così dire, trascinata nell'abisso del male, nuda e deforme, non avendo considera­to né la sua bruttezza né l'eccesso della sua mise­ria né la grandezza dei mali l'accolse, mostrando la sua sovrabbondante bontà. Ed egli rivela tale disposizione dicendo mediante il Profeta: Ascolta, o figlia, guarda e piega il tuo oreccbio, dimentica­ti del tuo popolo e della casa di tuo padre e il re bramerà la tua bellezza.

7. Vedi come fin dall'inizio dimostra la propria bontà degnandosi di chiamare figlia colei che si è così sfrenata e si è concessa ai demoni impuri; non solo, ma né le chiede conto degli errori né esige la riparazione, ma la esorta soltanto e la in­vita a porgere ascolto e ad accogliere il consiglio e l'ammonizione e l'induce a dimenticare ciò che ha commesso.

8. Vedi l'ineffabile bontà? Vedi l'eccesso della sollecitudine? Di questo parlò il beato Davide co­me riguardo a tutto l'universo che si trovava in questa cattiva condizione.

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Ed ora è il tempo adatto perché noi, davanti a coloro che bramano il giogo di Cristo e corrono a questo reclutamento spirituale, proclamiamo que­ste parole e diciamo a ciascuno di coloro che so­no qui presenti, mutando un poco la sentenza profetica: - Dimenticate, voi giovani soldati di Cristo, tutte le cose di prima, scordatevi dei catti­vi costumi: ascoltate e piegate il vostro orecchio ed accogliete questa ottima ammonizione -.

9. Ascolta - dice -, o figlia, guarda e piega il tuo orecchio e dimenticati del tuo popolo e della casa di tuo padre.

Vedi come anche il Profeta raccomandò a tutto l'universo le stesse cose che oggi anche noi rac­comandiamo alla vostra carità.

Infatti dicendo: Dimenticati del tuo popolo, par­lò alludendo all'idolatria, all'errore e al culto dei demoni; e della casa di tuo padre, dice, cioè di­menticati della condotta precedente che ti portò a tale vergognosa condizione.

Dtmentica tutto ciò ed allontana dalla tua men­te tutti quei pregiudizi.

Se tu farai anche soltanto questo e rinuncerai al tuo popolo e alla casa di tuo padre, cioè al vec­chio lievito e al male in cui hai sprecato e dissi­pato la freschezza della tua anima insieme con quella del corpo, il re bramerà la tua bellezza.

10. Vedi, o diletto, che il discorso riguarda l'ani­ma? La bruttezza fisica del corpo non si potrebbe mai cambiare in bellezza, poiché il Signore pre­scrisse che le proprietà della natura fossero immo­bili ed immutabili. Per l'anima invece ciò è possi­bile e molto facile. Come e perché? Perché tutto riguarda la libera scelta e non la natura: perciò è possibile che l'anima brutta e molto deforme, non

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appena lo voglia, si trasformi e raggiunga il culmi­ne della bellezza e diventi nuovamente bella e graziosa, come invece ricada nella peggiore brut­tezza, se è negligente.

Dunque il re bramerà la tua bellezza se tu di­menticherai quelle cose precedenti, il tuo popolo, dice, e la casa di tuo padre.

IL GRANDE MISTERO DEL MATRIMONIO

11. Vedi la bontà del Signore? Non invano né senza ragione cominciando il discorso chiamò nozze spirituali ciò che qui avviene.

Infatti anche a proposito di queste nozze sensi­bili non è possibile altrimenti alla giovane ine­sperta di nozze unirsi al marito se non ha dimen­ticato chi l'ha generata e allevata e non ha rivol­to tutta la sua volontà allo sposo che sta per con­giungersi a lei.

Per questo il beato Paolo, venuto a trattare di questo argomento, definì il fatto un mistero. Dopo aver detto: Perciò l'uomo abbandonerà suo padre' e sua madre e si unirà a sua moglie ed i due di­venteranno una carne sola, avendo colto la gran­dezza del fatto ed essendo pieno di stupore escla­mò dicendo: Questo mistero è grande.

12. È davvero veramente grande. Quale ragio­namento umano potrà comprendere la natura di ciò che avviene quando uno pensi come una fan­ciulla allattata, custodita in casa, oggetto di tale sollecitudine ed educazione da parte dei genitori, una volta giunta al momento delle nozze, imme­diatamente in un istante dimentica i dolori della madre, ogni altra cura e abitudine, i vincoli del­l'amore e ogni cosa assolutamente, e rivolge tut-

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ta la sua volontà a colui che non vide mai se non quella sera2, ed è tale ormai il cambiamento della situazione che per lei quello è tutto e lo conside­ra padre, madre, sposo e tutto ciò che qualcuno potrebbe dire, e non resta più alcun ricordo di co­loro che l'hanno allevata in tutti questi anni: tale è la loro unione che essi non sono ormai più due ma uno solo.

13. Prevedendo con occhi profetici questo stes­so fatto il primo uomo diceva: Questa si chiame­rà donna perché fu tratta dal suo uomo: perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.

La stessa cosa si potrebbe dire anche dell'uo­mo, perché anch'egli, dimenticandosi dei suoi ge­nitori e della casa di suo padre si unisce e si strin­ge a colei che a lui quella sera si congiunge.

E la Sacra Scrittura per mostrarci la profondità del legame non disse: Si unirà alla donna, ma: Si unirà a sua moglie.

E non si accontentò di questo ma aggiunse: Ed i due diventeranno una carne sola. Perciò anche Cristo, citando questa testimonianza, diceva: Co­sicché non sono più due, ma una sola carne.

Tale, dice, diventa l'unione e il legame che i due diventano una sola carne. Dimmi, quale ra­gionamento potrà immaginarsi ciò, quale pensie­ro comprendere ciò che avviene? Questo beato maestro dell'universo non diceva dunque bene che è un mistero? E non disse semplicemente mi­stero, ma: Questo è un grande mistero.

14. Se dunque per le realtà sensibili è un miste-

' Secondo l'usanza di cercare la fidanzata alla sera, a casa dei suoi geni­tori.

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ro e un grande mistero, come si potrebbe parlare degnamente di questo matrimonio spirituale?

Osserva dunque attentamente come, dal mo­mento che qui tutto è spirituale, le cose si svolga­no all'opposto delle realtà sensibili. Infatti per le nozze sensibili nessuno mai accetterebbe di esse­re condotto ad una donna senza prima essersi ac­certato della sua bellezza e della freschezza del suo corpo, e non solo di ciò, ma prima ancora, dell'abbondanza delle sue ricchezze.

15. Qui invece nulla di simile. Per quale moti­vo? Perché ciò che si compie è spirituale e il no­stro sposo, spinto dalla bontà, accorre a salvezza delle nostre anime. Ed anche se qualcuno è defor­me e brutto a vedersi, anche se versa nell'estrema povertà, anche se è di oscura condizione, anche se è schiavo, anche se è emarginato, anche se ha una tara nel corpo, anche se regge pesi di pecca­ti, egli non sottilizza né indaga né chiede conto.

Si tratta di dono, di generosità, di grazia sovra­na ed una sola cosa egli ci richiede, la dimenti­canza del passato e la buona disposizione per il futuro.

IL CONTRATIO E I DONI DEL MATRIMONIO SPIRITUALE

16. Vedi l'eccesso della grazia? Vedi a quale sposo si uniscono quelli che rispondono alla chia­mata?

Ma consideriamo, se ti pare, anche il seguito di queste nozze spirituali.

Come per le nozze sensibili si stabilisce un con­tratto di dote e si offrono dei doni, questi li porta l'uomo e quelli colei che sta per essergli unita, an-

che qui bisognava giustamente che avvenisse qual­cosa di simile. Occorre trasferire il pensiero dalle cose materiali a quelle più divine e spirituali.

Qual è dunque in questo caso il contratto di dote? Che cos'altro se non la sottomissione e i pat­ti che stanno per essere stretti con lo sposo?

E quali sono i doni che lo sposo porta prima delle nozze?

Ascolta il beato Paolo che ce lo indica e così parla: E voi mariti, amate le vostre mogli come Cri­sto ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa purificandola con il lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, allo scopo di farsi comparire davanti la sua Chiesa, senza al­cuna macchia o rnga o qualcosa di simile.

17. Vedi la grandezza dei doni? Vedi l'eccesso ineffabile dell'amore?

Come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei: chi accetterebbe mai di fare questo, di versare il sangue per colei che sta per essergli unita? Invece il Signore amorevole, agendo ad imitazione della propria bontà, accettò questo fat­to grande e paradossale per la sollecitudine verso di lei allo scopo di renderla santa mediante il pro­prio sangue e, dopo averla purificata con il lava­cro del battesimo, porre accanto a sé la Chiesa gloriosa.

Per questo versò il sangue e sopportò la croce, per dare anche a noi in questo modo la grazia del­la santificazione, per purificarci mediante la rige­nerazione del lavacro e pori·e accanto a sé glorio­si, senza alcuna macchia o ruga o qualcosa di si­mile, coloro che prima erano indegni e non pote­vano avere alcuna fiducia.

18. Vedi come dicendo: Per purificare e porre

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accanto a sé la Chiesa gloriosa senza macchia o ruga, ci volle indicare l'impurità in cui prima essa si trovava?

Riflettendo a tutto ciò, voi nuovi soldati di Cristo, non guardate alla grandezza dei vostri ma­li e non pensate all'eccesso delle vostre colpe; piuttosto, calcolando con cura ciò, non siate così dubbiosi ma, ben conoscendo la generosità del Signore, la sovrabbondanza della grazia e la gran­dezza del dono, quanti foste ritenuti degni di es­sere iscritti· in questa città, accostatevi con grande buona volontà e, dopo aver rinunciato a tutto ciò che avete già precedentemente compiuto, mostra­te con una perfetta disposizione il cambiamento.

LA PROFESSIONE DI FEDE NELLA TRINITÀ

19. E poiché avete ben appreso in quale stato ed in quali condizioni vi accoglie il Signore, sen­za chiedere conto degli errori né esigere spiega­zioni delle colpe, anche voi offrite il vostro contri­buto confermando la professione di fede in lui non soltanto con la lingua ma anche con la men­te. Dice infatti: Col cuore si crede per ottenere la giustizia, con la bocca si professa la fede per ave­re la salvezza. Bisogna quindi che il pensiero sia saldamente radicato nella fede pia e che la lingua mediante la professione di fede annunzi la con­vinzione del pensiero.

20. Ora poiché la fede è il fondamento della pietà, ebbene discorriamo un po' con voi intorno ad essa affinché, dopo aver posto il fondamento saldo, costruiamo in seguito con sicurezza tutto l'edificio.

Conviene dunque che coloro che si sono iscrit-

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ti a questa particolare milizia spirituale credano nel Dio dell'universo, padre del nostro Signore Gesù Cristo, causa di tutto, ineffabile, incompren­sibile, che non può essere spiegato né con la pa­rola né con la mente, che tutto ha creato con be­nevolenza e bontà.

21. E credano nel nostro Signore Gesù Cristo fi­glio suo unigenito, in tutto uguale e simile al Pa­dre, che possiede una perfetta somiglianza con lui, consustanziale e manifestatosi secondo una propria persona, che procede in modo ineffabile da lui, superiore ai tempi e creatore di tutti i se­coli, che negli ultimi tempi per la nostra salvezza prese forma di schiavo, divenne uomo, visse se­condo la natura umana, fu crocifisso ed al terzo giorno risorse.

22. Bisogna che voi abbiate ben impresse nella vostra mente queste verità, per non divenire suc­cubi degli inganni diabolici.

E se i discepoli di Ario3 vorranno farvi cadere, sappiate bene che dovete chiudere le orecchie a ciò che viene detto da essi, ribattendo loro con li­bertà e mostrando che il Figlio secondo la sostan­za è uguale al Padre. È lui stesso che ha detto: Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole, e in tutto di­mostra che egli ha una potenza uguale al Padre.

Se poi Sabellio4 a sua volta vuole corrompere le sane verità confondendo le persone, chiudi le orecchie anche a quello, o diletto, insegnando che una sola è la sostanza del Padre, del Figlio e del­lo Spirito Santo, ma sono tre le persone: infatti né

3 Ario ammetteva le tre persone distinte, ma negava la divinità del Figlio. • Sabellio non ammetteva la distinzione delle tre persone.

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il Padre potrebbe essere mai chiamato Figlio né il Figlio Padre né lo Spirito Santo altro che questo, ma ciascuno rimanendo nella propria persona pos­siede la stessa potenza.

23. Bisogna che anche questa verità sia impres­sa nella vostra mente, che lo Spirito Santo possie­de la stessa dignità, come anche Cristo diceva ai di­scepoli: Andate e ammaestrate tutte le genti, bat­tezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spìrito Santo.

24. Vedi la perfetta professione di fede? Vedi l'insegnamento senza alcuna ambiguità? Nessuno più ti turbi, tentando di sostituire le invenzioni dei propri ragionamenti alle verità della Chiesa e volendo intorbidare le sane dottrine. Fuggi la compagnia di costoro come i veleni delle medici­ne. Anzi costoro sono più pericolosi di quelli: quelli infatti possono recar danno solo al corpo, questi invece nuocciono alla stessa salvezza del­l'anima.

Perciò conviene fuggire sin dall'inizio questi lo­ro ragionamenti e soprattutto fino a quando con il passar del tempo, bene equipaggiati come con ar­mi spirituali, mediante le testimonianze della divi­na Scrittura potrete chiudere la bocca alla loro lin­gua impudente.

IL GIOGO DI CRISTO MITE E UMILE DI CUORE

25. Ed intorno alle dottrine della Chiesa noi vo­gliamo che voi mostriate questa conoscenza e conserviate queste verità ben fisse nella mente.

Poiché è necessario che coloro che hanno tale fede risplendano anche per la condotta delle azio­ni, ed è importante istruire intorno a ciò anche co-

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loro che stanno per essere ritenuti degni del do­no regale, perché sappiate che non esiste alcun peccato tale da poter vincere la generosità del Signore.

E anche se uno è impuro, adultero, effeminato, sodomita, fornicatore, ladro, avaro, ubriacone, idolatra, è tale la potenza del dono e la bontà del Signore da provocare la scomparsa di tutto ciò e da rendere più splendente di tutti i raggi del sole chi ha mostrato anche soltanto la buona volontà.

Considerando dunque il dono sovrabbondante del buon Dio, preparatevi già in anticipo con la ri­nunzia al male e l'esercizio delle buone azioni. Questo vi consiglia anche il Profeta dicendo: Allon­tanati dal male e fai il bene.

E lo stesso Cristo parlando all'intera natura uma­na diceva: Venite a me voi tutti che siete affatica­ti e oppressi e io vi conforterò; prendete il mio gio­go su di voi ed imparate da me, perché sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime.

27. Vedi l'abbondanza della bontà? Vedi la ge­nerosità dell'invito?

Venite - dice - a me voi tutti che siete affaticati e oppressi: benevolo è l'invito, ineffabile la bontà.

Venite a me voi tutti, non solo i capi, ma anche i sudditi, non solo i ricchi ma anche i poveri, non solo i liberi ma anche gli schiavi, non solo gli uo­mini ma anche le donne, non solo i giovani ma an­che i vecchi, non solo i sani di corpo ma anche gli storpi e i mutilati nelle membra. Venite tutti, dice.

Tali sono i doni del Signore: non conobbe di­stinzione di schiavo e libero né di ricco e povero, ma viene respinta ogni simile disparità: Venite tut­ti, dice, voi che siete affaticati e oppressi.

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28. Vedi chi chiama? Coloro che si sono rovi­nati nelle iniquità, che sono rimasti accasciati nel­le colpe, che non possono più levare il capo, che sono pieni di vergogna, che hanno perso ogni fiducia.

E perché li chiama? Non per chiedere conto e stabilire il tribunale. Perché allora? Per sollevarli dalla fatica, per togliere il pesante fardello.

Che cosa potrebbe esserci di più pesante del peccato? Anche se siamo del tutto insensibili e vo­gliamo sfuggire al mondo, esso ridesta la coscien­za conti-o di noi, quel giudice incorruttibile, e que­sti, levandosi continuamente, rende ininterrotto il nostro dolore, come un aguzzino che dilania e sof­foca il pensiero e mostra la grandezza del peccato.

- Coloro dunque - dice - che sono aggravati da questo e come curvati da un peso, questi io conforterò donando la remissione delle colpe: ve­nite soltanto a me! -.

Chi è così duro, chi così ostinato da non acco­gliere questo invito così benevolo?

29. Quindi, volendoci insegnare anche il modo del conforto aggiungeva: Prendete il mio giogo su di voi. Sottomettetevi al mio giogo, dice. Non te­mete sentendo parlare di giogo: infatti questo non sfrega il collo né fa abbassare lo sguardo a terra, ma insegna a pensare alle cose superiori e inse­gna la vera filosofia.

Prendete il mio giogo su di voi ed imparate: sottomettetevi soltanto al giogo ed imparerete: imparate, cioè porgete ascolto per poter impara­re da me.

Non vi richiedo qualcosa di pesante. Voi che siete servi imitate me che sono il padrone, voi che siete terra e cenere emulate il vostro creatore che

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ha fatto il cielo e la terra. Imparate da me, dice, perché sono mite e umile di cuore.

L'IMITAZIONE DI CRISTO

30. Vedi la condiscendenza del Signore? Vedi l'irresistibile bontà? Non ti richiese nulla di pesan­te o di molesto, poiché non disse: - Imparate da me perché opero dei prodigi, perché risuscito dei morti, perché faccio dei miracoli, prerogative che erano della sola sua potenza.

Che cosa invece? Imparate da me perché sono mite e umile di cuore e troverete riposo per levo­stre anime.

Vedi qual è il guadagno di questo giogo, qual è l'utilità?

Chi dunque fu ritenuto degno di sottoporsi a questo giogo e fu in grado di apprendere dal Signore ad essere mite e umile di cuore, otterrà ogni riposo per la sua anima. Questo è il punto essenziale della nostra salvezza: chi avrà acquista­to questa virtù potrà, pur essendo implicato nel corpo, lottare con le potenze incorporee e non aver nulla in comune con le cose presenti.

31. Chi imita la mitezza del Signore non si adi­rerà, non si leverà contro il prossimo.

E se qualcuno gli infliggerà dei colpi dirà: Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene perché mi percuoti?

E se uno lo chiamerà indemoniato risponde: Io non ho un demonio, e nulla di ciò che l'assale po­trà toccarlo.

Costui disprezzerà ogni gloria della vita presen­te e nessuna delle cose visibili lo attirerà: avrà or­mai altri occhi.

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Chi è divenuto umile di cuore non potrà mai invidiare i beni del prossimo: costui non ruberà, non sarà avaro, non bramerà ricchezze, ma ab­bandonerà pure quelle che possiede mostrando grande compassione per il suo simile; costui non infrangerà il matrimonio altrui.

Chi si sottopose al giogo di Cristo e imparò ad essere mite ed umile di cuore mostrerà dovunque ogni virtù e seguirà le orme del Signore.

32. Sottoponiamoci dunque al giogo amorevo­le e prendiamo il peso leggero per poter trovare così il riposo. Chi si sottopose a questo giogo de­ve dimenticare del tutto l'antica condotta ed aver cura degli occhi. Infatti chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore, cosicché bisogna fare atten­zione alle impressioni della vista perché la morte non entri attraverso di esse.

E bisogna fare molta attenzione non solo agli occhi, ma anche alla lingua. Infatti molti sono ca­duti a filo di spada, ma molti di più caddero per mezzo della lingua.

Bisogna frenare pure le altre passioni che si presentano e porre in pace la mente, bandire la collera, l'ira, il rancore, l'ostilità, l'invidia, i deside­ri perversi, ogni licenza, tutte le opere della carne che sono - dice - adulterio, fornicazione, impuri­tà, licenza, idolatria, sortilegio, ostilità, discordia, gelosie, ubriachezze, bagordi.

33. Bisogna dunque eliminare tutto ciò e sfor­zarsi di possedere il dono dello Spirito: l'amore, la gioia, la pace, la magnanimità, l'amabilità, la bon­tà, la mitezza, la padronanza di sé.

Se purificheremo così la nostra mente rieccheg­giando nei cantici i pii insegnamenti, potremo fin

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d'ora disporre bene noi stessi e renderci degni di accogliere il dono nella sua grandezza e di custo­dire i beni ricevuti.

IL VERO ABBIGilAMENTO DEUA DONNA

34. Non sia ormai più rivolto il pensiero agli or­namenti esteriori né alla sontuosità delle vesti, ma ogni preoccupazione sia trasferita all'ornamento dell'anima, cosicché la sua bellezza diventi più splendente. E neppure agli abiti di seta, ai tessuti operati e alle collane d'oro. Infatti il maestro del­l'universo conoscendo benissimo la mollezza del­la natura femminile e la fragilità del suo volere, non esitò a dare disposizioni anche intorno a ciò.

Perché dico che egli non si rifiutò di insegnare a proposito di questo? Esortando riguardo alle trecce esclama e dice: Non adornarti con trecce e ornamenti d'oro o perle o vestiti sfarzosi, come se volesse insegnare: - Vuoi adornarti, o donna, e far­ti lodare da quelli che ti vedono? -. Io attirerò alla lode e all'ammirazione per te non soltanto gli uo­mini tuoi simili, ma anche il Signore dell'universo.

35. Poiché respinse quell'ornamento derivante dalle trecce, dagli ori, dalle perle e dai vestiti sfar­zosi, vediamo ora quale altro ornamento le attri­buisce.

Infatti questo ornamento proveniente dagli ori e dai vestiti, anche se per un po' allieta chi l'in­dossa, col tempo si deteriora. Che dico, si deterio­ra? Anche prima del deterioramento del tempo ec­cita gli occhi degli invidiosi e spinge i malvagi al furto.

Invece l'ornamento che egli le conferisce è in­corruttibile, inesauribile, durevole, ci sta a fianco

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di qui, ci accompagna di là e ci procura una gran­de libertà.

36. Ma è necessario ascoltare le stesse parole dell'Apostolo. Che dice dunque? Ma come si con­viene a donne che fanno professione di bontà, con opere buone.

Compi cose degne della professione di pietà, adorna te stessa con le opere buone.

La pratica del bene corrisponda alla prof essio­ne di pietà; tu professi la pietà verso Dio: compi le cose che gli piacciono, le opere buone.

Che significa mediante opere buone? Intende tutto il complesso delle virtù: il distacco dalle co­se presenti, il desiderio di quelle future, il disprez­zo delle ricchezze, la liberalità verso i poveri, la modestia, la mitezza, l'amore della sapienza, il di­sporre in pace e tranquillità l'anima, il non lasciar­si attrarre verso la gloria della vita presente, ma il possedere lo sguardo rivolto in alto, il preoccu­parsi costantemente delle cose di lassù e l'aspira­re alla gloria di lassù.

37. Ma poiché ora il mio discorso riguarda so­prattutto le donne, voglio fare loro qualche altra raccomandazione, cosicché oltre al resto esse si astengano pure dalla funesta abitudine di spalma­re il loro volto e di aggiungervi qualcosa, come se la creazione fosse carente, e di recare oltraggio al creatore.

Che cosa fai infatti, o donna? Con i cosmetici e i trucchi puoi forse aggiungere qualcosa alla tua bellezza naturale o mutare la tua bruttezza natura­le? Con questi mezzi non riuscirai ad aggiunger­vi nulla e rovinerai la bellezza dell'anima., Infatti questa preoccupazione è segno della mollezza interiore.

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Inoltre con ciò attizzi un grande fuoco contro te stessa eccitando gli sguardi dei giovani, attiran­do gli occhi dei dissoluti ed incoraggiando gli adulteri, e fai ricadere la rovina di quelli sul tuo capo.

38. È dunque conveniente ed utile astenersi completamente da ciò. Ma se non lo volessero quelle che sono ormai prese da questa abitudine, almeno non lo facciano quando vengono alla ca­sa della preghiera.

Per quale motivo, dimmi, ti acconci in tale mo­do quando vieni in chiesa?

Cerca forse questa bellezza colui che tu vieni ad adorare e a cui stai per confessare i peccati?

Egli ricerca la bellezza interiore, la pratica del­le buone opere, l'elemosina, la temperanza, la compunzione, la fede profonda.

Tu invece, tralasciate queste cose, tenti di fare cadere molti sconsiderati proprio in chiesa. Quali fulmini merita ciò?

Stai per giungere al porto e prepari a te stessa un naufragio; vai dal medico per curarti le ferite e . ritorni rendendole ancora più gravi. Quale perdo­no ormai ci sarà per te?

Ma se anche prima alcune erano così sconsi­deratamente disposte alla loro salvezza, ora alme­no si convincano ad allontanarsi da questa rovina: se l'Apostolo vietò di servirsi di vestiti sontuosi, quanto più dei cosmetici e dei trucchi.

CON1"RO I PRESAGI, I SORTILEGI E GLI SPETTACOLI

39. Esorto, quindi, gli uomini e le donne a fug­gire completamente i presagi e i sortilegi.

Queste sono chiacchiere dei greci e di coloro

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che sono ancora in preda all'errore, il preoccupar­si del grido del corvo, del rumore del topo e dello scricchiolìo della trave; l'accogliere con piacere l'in­contro di persone che vivono turpemente e il fug­gire invece come causa di infiniti mali l'incontro di quelle che vivono devotamente e santamente.

Guarda quante sono le astuzie del diavolo: non vuole soltanto renderci privi della virtù e farci in­clinare al male, ma si dà da fare per istillarci l'odio e farci fuggire coloro che seguono la virtù.

Inoltre non solo vuole che noi acconsentiamo alle cose cattive, ma si sforza e si industria di fa­miliarizzarci con esse, inducendoci ad accoglierle con piacere.

40. Non pensate che queste cose siano piccole e neppure insignificanti, ma sufficienti per far sommergere la vostra anima e spingerla al fondo stesso del male.

Questa è la subdola intenzione del malvagio demonio, di farvi cadere anche per piccole cose.

Ma voi nuovi soldati di Cristo, uomini e donne - dal momento che questo esercito di Cristo non conosce distinzione di natura-, stroncando fin da questo momento ogni abitudine di questo genere come coloro che stanno per accogliere il re del­l'universo, purificate la vostra mente in modo tale che nessuna macchia ottenebri i vostri pensieri.

41. Ma se qualcuno ha un nemico si rappacifi­chi, pensando ciò che sta per ricevere da parte del Signore, sommerso com'è in tali peccati, e condo­ni al prossimo le colpe commesse nei suoi con­fronti.

Dice infatti: Nessuno di voi trami il male del suo prossimo nel proprio cuore.

Se uno dunque ha dei contratti ed un cumulo

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di interessi, li annulli. Dice: Annulla il contratto ingiusto. E, per dirla in breve, prelevando ciò che è suo si comporti in modo da ricevere con gran­de abbondanza ciò che è del Signore.

42. E anzitutto educate la lingua ad astenersi dai giuramenti: non parlo dei falsi giuramenti, ma anche dei giuramenti che si fanno sconsiderata­mente ed inutilmente e con danno di coloro che giurano. Dice infatti: Fu detto: Non giurerai falsa­mente; io invece vi dico di non giurare affatto.

Hai sentito: Di non giurare affatto, e quindi non permetterti più di discutere le leggi stabilite dal Signore, ma ubbidisci a chi comanda e purifi­ca in tutto la tua mente.

43. Non discorrere delle corse dei cavalli e del­lo spettacolo di teatri empi, poiché anche quelli sono eccitamenti alla dissolutezza, e neppure del crudele piacere delle lotte con le fiere.

Dimmi: quale piacere c'è nel vedere il tuo si­mile e colui che partecipa alla stessa tua natura dilaniato da bestie selvagge? E non terni né hai il terrore che un fulmine disceso dall'alto bruci il tuo capo?

Tu affili, per così dire, i denti della fiera: per parte tua con la tua stessa voce anche tu commet­ti il delitto, se non con la mano, con la lingua.

IL RJSPETIO PER IL NOME DI CRISTIANO

44. Non comportatevi, vi supplico, così legger­mente riguardo alla vostra salvezza.

Pensa alla tua dignità e abbine rispetto. Infatti se uno a proposito di una dignità umana ne va or­goglioso e rinunzia a compiere qualcosa per non recare offesa ad essa, tu che stai per conseguire

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un simile onore non devi dimostrarti rispettoso di te stesso?

La tua dignità è tale che ti accompagna nel tem­po presente e ti segue nella vita futura. In che consiste questa? Nel fatto che ti senti ormai chia­mare cristiano e fedele per la benevolenza di Dio5•

Ecco, non c'è una sola dignità ma due: stai per rivestire tra non molto Cristo e conviene che tu faccia ogni cosa e ti comporti come se quello sia dovunque presente con te.

45. Non vedi forse come i responsabili degli af­fari politici quando indossano una veste che por­ta le insegne regali ne sono orgogliosi e per que­sto vogliono essere oggetto di maggiore onore e godono di una scorta?

Se dunque quelli che hanno impressa un'inse­gna sull'abito vogliono per questo essere degni di rispetto, molto di più tu che stai per rivestire lo stesso Cristo. Dice infatti: Abiterò tra di voi e cam­minerò in mezzo a voi e sarò il vostro Dio.

46. Fuggite dunque tutti questi allettamenti mal­vagi del diavolo e nulla sia per voi più apprezza­bile dell'ammissione alla Chiesa.

E dopo l'astinenza dal cibo e l'astensione dal male abbiate molta cura per la virtù. E passiamo tutto il tempo della giornata sia in preghiere e ren­dimenti di grazie sia nella lettura e compunzione dell'anima e tutta la nostra sollecitudine sia rivol­ta a far sì che per noi le conversazioni riguardino le cose spirituali.

Dobbiamo usare molta attenzione per non ca-

5 Crisostomo e il suo pubblico ben sapevano che il termine "cristiano" era stato dato per la prima volta ai discepoli di Cristo proprio ad Antiochia, secondo la testimonianza di At 11,26.

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dere nelle insidie del malvagio. Se dobbiamo ren­dere conto di una parola inutile, quanto più delle chiacchiere inopportune e delle conversazioni ter­rene.

47. Se dunque avrete questa cura e vi preoccu­perete della salute della vostra anima, disporrete Dio ad una maggiore benevolenza, voi stessi go­drete di una maggiore fiducia e noi con grande zelo proseguiremo l'insegnamento, sapendo che facciamo cadere questi semi spirituali in orecchie ben disposte e in un terreno grasso e fertile.

Possa avvenire che anche voi siate ritenuti de­gni del dono abbondante da parte di Dio e che noi meritiamo la sua benevolenza, per la grazia e la misericordia del suo unigenito Figlio, con il quale al Padre insieme con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore adesso e sempre e nei se­coli dei secoli. Così sia.

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SESTA CATECHESI1

·Continuazione dello stesso autore per coloro che stanno per essere illuminati e chiara dimostra­zione di ciò che si compie in modo di simbolo e di figura nel divino battesimo».

LA STRAORDINARIA GENEROSITÀ DI Dro

1. Orsù dunque discorriamo ancora un po' con coloro che si sono iscritti come parte della pro­prietà di Cristo mostrando loro la potenza delle armi che stanno per ricevere e l'ineffabile bontà dell'amorevole Dio rivolta al genere umano affin­ché, accostatisi con molta fede e convinzione, gu­stino più abbondante la sua generosità.

Considera, o mio diletto, dagli stessi inizi la so­vrabbondanza della bontà.

Infatti se ritiene degni di un tale dono noi che non ci siamo ancora affaticati né abbiamo mostra-

1 È la seconda Catechesi prebattesimale edita dal. Wenger (op. cit., pp. 133-150, da cui traduco), probabilmente l'ultima della serie tenuta per la Pasqua del 390, e presenta numerose rassomiglianze con la tena e quarta, edite dal Papadopoulos (cf. Wenger, Introd., p. 40); come per le precedenti, il titolo non è del Crisostomo, e risulta difficile indicare la provenienza (cf. in merito la lunga nota 1 del Wenger a p. 133),

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to qualcosa di buono e rimette le mancanze com­messe in ogni tempo, qualora voi, divenuti ben disposti dopo tanta generosità, vogliate offrire la vostra collaborazione, di quale ricompensa è giu­sto che voi siate ritenuti degni da parte del buon Dio?

2. Ora nelle cose umane niente di simile è pos­sibile scorgere che accada, ma molti spesso dopo molte fatiche ed affanni a cui si sottopongono con la speranza delle ricompense, ritornano a casa a mani vuote sia perché coloro che si credeva ri­cambiassero sono divenuti ingrati verso coloro che hanno sopportato molte fatiche, sia perché spesso sono stati tolti di mezzo prima e non han­no potuto raggiungere il loro scopo.

Invece del nostro Signore non solo non si può sospettare mai nulla di simile, ma anzi prima an­cora che noi diamo inizio alle nostre fatiche ed of­friamo la nostra collaborazione, egli prevenen­doci mostra la propria generosità per spingerci con i suoi numerosi benefici alla cura della nostra salvezza.

LA BONTÀ DI DIO VERSO IL PRIMO UOMO

3. Così dunque fin dal primo istante continuò a beneficare il genere umano. Infatti nello stesso tempo creò il primo uomo e subito fin dall'inizio lo fece abitare nel paradiso donandogli una vita senza affanni e permettendogli il godimento di tutti i beni del paradiso ad eccezione di un solo albero. Ma quello, per intemperanza ingannato dal­la donna, calpestò il precetto ricevuto e oltraggiò un tale onore.

4. Ma guarda anche qui la grandezza della bon-

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tà. Pur essendo necessario non ritenere più degno di alcun perdono ed escludere dalla sua Prov­videnza colui che si era mostrato così ingrato di fronte ai benefici ricevuti in anticipo, non solo non fece questo ma come un padre amorevole che ha un figlio insubordinato, spinto dalla natu­rale tenerezza non commisura i rimproveri alla colpa e neppure d'altra parte lo perdona del tut­to, ma lo castiga con moderazione in modo da non spingerlo ad un male peggiore, allo stesso modo anche il buon Dio, poiché quello commise una grave disobbedienza lo escluse da quella condizione di vita e, frenando in seguito il suo orgoglio, in modo che non si ribellasse ancora di più, lo condannò alla fatica ed all'affanno di­cendogli pressappoco così:

5. La grande rilassatezza e la licenza ti spinsero a tale disobbedienza e fecero sì che ti dimenticas­si dei miei precetti, e il non aver nulla da fare ti indusse a pensare in modo superiore alla tua pro­pria natura: infatti l'ozio insegna ogni male. Per questo ti condanno alla fatica ed all'affanno, affin­ché lavorando la terra abbia un ricordo continuo della disobbedienza e della pochezza della tua na­tura.

Infatti poiché ti sei fantasticato cose grandiose e non hai voluto rimanere nei tuoi limiti, per questo ti ordino di ritornare a quella terra dalla quale sei stato tratto; dice infatti: Sei terra ed alla terra ritornerai.

6. E per procurargli un prolungamento del do­lore e far sì che avesse coscienza del proprio fal­lo non lo stabilì lontano, ma vicino al paradiso, dopo avergliene sbarrato l'ingresso affinché, ve­dendo in ogni momento di quali beni si era priva-

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to per negligenza, ne ricavasse una continua am­monizione e divenisse più stabile in futuro nell'os­servanza dei precetti ricevuti.

Infatti quando ci troviamo nel godimento dei beni non ci rendiamo conto come si deve del be­neficio, ma, quando ne siamo rimasti privi, allora acquistandone maggiore coscienza dalla sua man­canza proviamo anche un maggiore dolore. E ciò accadde allora pure al primo uomo.

7. Ma affinché apprenda sia il proposito ostile del malvagio demonio sia la saggezza e l'avvedu­tezza del Signore nostro, considera che cosa il dia­volo si accinse a fare dell'uomo mediante l'ingan­no e quale bontà dimostrò per lui il suo Signore e protettore.

Infatti quel malvagio demonio, invidiandogli il soggiorno nel paradiso, con la speranza di una più grande promessa, lo privò anche di ciò che posse­deva poiché, indottolo a fantasticare sulla ugua­glianza con Dio, lo spinse alla pena della morte.

Tali sono i suoi allettamenti e non solo ci priva dei beni che possediamo, ma mira a farci cadere in un più grande precipizio.

Invece il buon Dio neppure allora abbandonò il genere umano, ma dimostrando al demonio co­me si fosse accinto a cose vane ed all'uomo qua­le cura avesse di lui, mediante la morte gli donò l'immortalità.

Guarda infatti: quello lo cacciò dal paradiso, il Signore l'introdusse nel cielo; il profitto è più grande della perdita.

8. Ma, come dicevo all'inizio, e per questo fui indotto a fare queste affermazioni, poiché egli ri­tenne degno di una tale sua bontà colui che era stato ingrato di fronte a simili benefici, se voi sol-

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dati di Cristo, vi sforzerete di essere grati per que­sti doni ineffabili che vi si offrono e sarete vigilan­ti nel conservarli, dopo che vi sono stati offerti, quale generosità meriterete da parte sua, ditemi, per averli custoditi?

È lui stesso infatti che ha detto: A chi ha sarà dato e sarà in abbondanza. Colui che si mostra degno di ciò che gli è stato dato è giusto che go­da anche di beni più grandi.

GLI OCCHI DELIA FEDE

9. Ora tutti quanti foste ritenuti degni di essere iscritti in questo libro celeste, apportate una fede ricca ed una convinzione forte.

Infatti ciò che qui avviene ha bisogno di fede e degli occhi dell'anima, per non pensare soltanto a ciò che si vede ma di qui immaginarsi anche ciò che non si vede.

Tali sono gli occhi della fede: infatti come quel­li del corpo possono vedere solo ciò che cade sot­to i sensi, così al contrario di quelli gli occhi del­la fede non vedono nulla delle cose visibili, ma vedono le cose invisibili così come se stessero da­vanti ad essi.

In questo consiste la fede, nel pensare alle co­se invisibili come se fossero visibili; dice infatti: Fede è sostanza di cose sperate, dimostrazione di cose che non si vedono.

10. Che significa dunque ciò che io dico e per­ché si afferma questo da parte mia, di non pensa­re alle cose visibili ma di possedere occhi spiritua­li? Perché quando tu vedi la piscina delle acque e la mano del sacerdote distesa sul tuo capo non pensi che quella sia semplicemente solo acqua né

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che solo la mano del gran sacerdote sia distesa sul tuo capo.

Infatti non è un uomo chi compie tali riti di ini­ziazione, ma è la grazia dello Spirito che santifica la natura delle acque e con la mano del sacerdo­te si distende sul tuo capo.

Non ebbi ragione di dire che abbiamo bisogno degli occhi della fede per credere nelle cose invi­sibili, senza considerare nulla di sensibile?

11. Infatti il battesimo è sepoltura e risurrezio­ne, poiché il vecchio uomo è sepolto insieme con il peccato e il nuovo risorge rinnovato a imma­gine del creatore.

Ci spogliamo e ci rivestiamo: ci spogliamo del vestito vecchio insozzato dalla moltitudine dei peccati e ci rivestiamo di quello nuovo libero da ogni macchia.

Ma che dico? Ci rivestiamo dello stesso Cristo; dice infatti: Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.

Lo SCOPO DELL'ESORCISMO

12. Ma poiché è ormai vicino il tempo in cui state per godere di tali doni, orsù insegniamo a voi, nel modo in cui è possibile, le ragioni di cia­scun atto, affinché possiate conoscerle e possiate andarvene di qui dopo aver raggiunto una mag­giore certezza.

Bisogna dunque che voi sappiate per quale motivo dopo l'istruzione quotidiana noi vi indiriz­ziamo alle parole di coloro che vi esorcizzano.

Ciò non avviene semplicemente a caso, ma poiché state per accogliere come ospite il re cele­ste, per questo dopo la nostra esortazione coloro

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che sono stati assegnati a tale compito, come se stessero per apparecchiare una casa al re che sta per venire, così purificano la vostra mente me­diante quelle terribili parole mettendo in fuga ogni macchinazione del maligno e rendendola de­gna della presenza del re.

Infatti non è possibile, anche se il demonio è selvaggio e feroce, che dopo quelle terribili pa­role e l'invocazione del comune Signore di ogni cosa egli non si allontani da voi in gran fretta.

Dopo questo lo stesso atto dispone nell'anima una grande pietà e la spinge a una grande com­punzione.

13. Ed è mirabile e straordinario il fatto che ogni disparità e differenza di dignità non è qui di ostacolo: se qualcuno si trova in una condizione di onore nel mondo, se è nello splendore della ricchezza, se va orgoglioso dei suoi natali e per la gloria della vita presente, è posto anche lui sullo stesso piano del mendicante e di chi è rivestito di cenci, spesso anche di colui che è cieco e storpio, e non si rammarica di queste situazioni poiché sa che nelle realtà spirituali tutto ciò è tenuto lonta­no e si ricerca soltanto la buona disposizione del­l'anima.

14. Quelle parole ed invocazioni terribili e me­ravigliose hanno questo vantaggio; invece l'atteg­giamento della nudità dei piedi e dell'alzata delle mani ci rivela qualcos'altro.

Come coloro che subiscono questa prigionia corporale anche mediante il loro atteggiamento mostrano il dolore della sciagura che si è abbattu­ta su di essi, così pure anche costoro che sono di­venuti prigionieri del diavolo, poiché stanno per essere liberati dalla sua tirannia e giungere al gio-

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go benigno, dapprima mediante l'atteggiamento ricordano a se stessi la loro precedente condizio­ne, perché possano conoscere dalle mani di chi sono liberati, a chi si accostano e questo stesso fatto diventi per essi motivo di maggiore ringrazia­mento e buona disposizione.

IL COMPITO DEI PADRINI DEL BA1TESIMO

15. Volete che rivolgiamo il discorso a coloro che garantiscono per voi, affinché anche quelli abbiano a sapere quali ricompense meritino se avranno mostrato molta cura di voi, quale con­danna invece li segua se saranno stati negligenti?

Considera, o diletto, coloro che si rendono ga­ranti di alcuni a proposito di denaro, come deb­bano sottoporsi a un rischio maggiore di colui che ne è responsabile e riceve il denaro.

Infatti se colui che ha avuto il prestito si dimo­stra benevolo alleggerisce il peso a chi ha dato garanzia, ma se diventa malevolo gli prepara una catastrofe più grande.

Per questo un saggio esorta dicendo: Se hai ga­rantito, preoccupati di soddisfare.

Orbene se coloro che garantiscono per alcuni a proposito di denaro si rendono responsabili di tutto, quanto più coloro che garantiscono per al­cuni a proposito delle cose spirituali e sul tema della virtù devono mostrare molta vigilanza esor­tando, consigliando, correggendo e rivelando af­fetto paterno.

16. E non pensino che ciò che accade sia ca­suale, ma sappiano bene che essi avranno in co­mune la buona fama se mediante la loro persona­le ammonizione li condurranno sulla via della

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virtù, mentre una grave condanna incomberà su di loro se qulli saranno stati negligenti.

Per questo è consuetudine chiamare costoro padri spirituali, affinché imparino . quale affetto per essi devono mostrare con le loro stesse azioni nell'insegnamento delle cose spirituali.

Se è bello spingere allo zelo della virtù coloro con cui non abbiamo alcun rapporto, quanto più dobbiamo adempiere il precetto riguardo a colui che noi accogliamo a titolo di figlio spirituale.

Così voi che li accogliete avete appreso che un rischio non piccolo vi sovrasta se sarete stati ne­gligenti.

IL SENSO DELLA RINUNZIA A SATANA

17. Orsù dunque discutiamo con voi anche di questi misteri e dei patti che stanno per essere sti­pulati tra voi ed il Signore.

Infatti come negli affari della vita qualora uno voglia affidare i propri beni a qualcuno si deve re­digere un contratto tra chi affida un deposito e chi lo riceve, allo stesso modo anche ora, poiché sta­te per ricevere in deposito da parte del Signore di ogni cosa non dei beni fragili né corruttibili né destinati a perire, ma spirituali e celesti.

Per questo motivo si chiama fede, perché non riguarda nulla di visibile, ma tutto quanto può es­sere colto con gli occhi dello Spirito.

Infatti è necessario che si rediga un contratto tra le parti non su carta né con inchiostro ma in Dio con lo Spirito, poiché le· parole che qui pro­ferite sono scritte nel cielo e i patti che stipulate mediante la lingua rimangono incancellabili pres­so il Signore.

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18. Guarda ora l'atteggiamento della prigionia: i sacerdoti che vi introducono dapprima vi ordina­no, piegando le ginocchia e levando le mani al cielo, di pregare in questo modo e di ricordare a voi stessi con tale atteggiamento da chi siete libe­rati e a chi state per dedicarvi.

In seguito accostandosi a ciascuno il sacerdote richiede i patti e le professioni di fede e vi predi­spone a dire quelle parole tremende e piene di terrore: - Rinunzio a te, Satana.

19. Ora mi viene da piangere e da gemere a lungo, poiché mi ricordai di quel giorno in cui anch'io fui ritenuto degno di pronunziare questa parola e, ripensando al peso dei peccati che ac­cumulai da quel giorno sino ad ora, sono sbi­gottito nell'animo e rattristato nel pensiero veden­do quale vergogna mi sono procurato a causa della mia negligenza successiva.

Perciò esorto tutti voi di mostrarmi un po' di generosità e, poiché state per incontrare il re - vi accoglierà con grande premura, vi rivestirà di quell'abito regale e vi offrirà doni, quanti e quali ne vorrete poiché ricerchiamo dei beni spirituali -vi esorto a domandare una grazia anche per me, cosicché non ci chieda conto dei peccati ma, con­cedendoci il perdono, ci consideri degni in futu­ro del suo aiuto.

20. Orsù dunque atteniamoci al seguito del di­scorso. Allora il sacerdote vi spinge a dire: -Rinunzio a te, Satana, al tuo fasto, al tuo servizio e alle tue opere.

Piccole sono le parole, ma grande è la loro for­za. Infatti gli angeli che sono accanto e le poten­ze invisibili, rallegrandosi per la nostra conversio­ne, ricevono le parole dalla nostra lingua e le

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portano al comune Signore di tutto ed esse ven­gono scritte nei libri celesti.

21. Vedete quali sono le condizioni dei patti? Dopo la rinunzia al maligno e a tutto ciò che ri­guarda il maligno vi induce di nuovo a dire: - Mi unisco a te, o Cristo.

Vedi la sovrabbondanza della bontà? Accoglien­do da te soltanto le parole, ti affida un tale tesoro di cose dimenticandosi di tutta l'ingratitudine pre­cedente e senza richiamarti alla memoria il passa­to, ma si accontenta di queste brevi parole.

UNZIONE E BATIESIMO DEI CATECUMENI

22. In seguito, dopo la rinunzia e l'impegno, poiché hai confessato la sua sovranità e mediante le parole della lingua ti sei sottomesso a Cristo, or­mai come un soldato ed uno destinato allo stadio spirituale, il sacerdote unge sulla fronte con l'olio spirituale imponendoti il suggello e dicendo: - Il tale è unto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

23. Infatti poiché conosce ormai che l'avversa­rio è furioso, digrigna i denti e va intorno come un leone ruggente, vedendo che coloro che prima erano sotto la sua tirannia tutti insieme si rivolta­no contro di lui, rinunciano a lui, passano a Cristo e mostrano di essersi arruolati con lui, per questo motivo il sacerdote unge sulla fronte ed impone il sigillo, affinché quello allontani gli sguardL

Infatti non osa più guardare in faccia vedendo lo splendore che rifulge al di là e acceca la sua vista.

Da quel momento nasce una lotta e un'oppo­sizione contro di lui e per questo come atleti di

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Cristo vi introduce mediante l'unzione nello stadio spirituale.

24. In seguito dopo questo rito nel tempo not­turno, fattivi deporre tutti i vestiti e come se stes­se per introdurvi nello stesso cielo mediante gli at­ti che vengono compiuti, si accinge a ungere tut­to il corpo con quell'olio spirituale, cosicché tutte le membra siano rafforzate dall'unzione e diventi­no invulnerabili ai dardi scagliati dall'avversario.

25. Inoltre dopo questa unzione vi fa scendere nelle sacre acque, contemporaneamente seppel­lendo l'uomo vecchio e risuscitando quello nuo­vo, rinnovato a immagine ·di colui che lo creò.

Proprio allora attraverso le parole del sacerdo­te e mediante la sua mano discende a volo la pre­senza dello Spirito Santo e risale uno al posto di un altro, dopo aver lavato ogni macchia dei pec­cati, deposto il vecchio abito della colpa ed indos­sato il vestito regale.

26. E affinché sappia che anche qui è una sola la sostanza del Padre, del Figlio e dello Spi­rito Santo, così avviene l'amministrazione del bat­tesimo.

Mentre il sacerdote esclama: - Il tale è battez­zato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per tre volte fa abbassare e sollevare il ca­po, disponendolo mediante questa mistica inizia­zione ad accogliere la presenza dello Spirito.

Infatti non è il sacerdote solo che gli tocca il ca­po, ma anche la destra di Cristo. E ciò è dimostra­to dalle stesse parole di colui che battezza. Infatti non dice: - Io battezzo il tale, ma: Il tale è battez­zato -, indicando che egli è soltanto il ministro della grazia e presta la sua stessa mano, poiché a questo è stato ordinato da parte dello Spirito.

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Chi compie tutto è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, la Trinità indivisibile: ora, questa fede pro­cura la remissione dei peccati e questa conf essio­ne ci dona l'adozione filiale.

27. Gli atti che seguono ciò bastano ad inse­gnarci da chi sono stati liberati e che cosa hanno ottenuto coloro che sono stati ritenuti degni di questa misteriosa iniziazione.

Subito, appena risalgono da quelle sacre acque, tutti i presenti li abbracciano, li salutano, li bacia­no, si congratulano e si rallegrano con loro per­ché essi, che prima erano schiavi e prigionieri, in un istante sono divenuti liberi e figli e sono stati invitati alla tavola regale.

Infatti dopo essere risaliti di là, subito sono condotti alla tavola terribile e piena di infiniti be­ni, gustano il corpo e il sangue del Signore, di­ventano dimora dello Spirito e si muovono in tut­to come coloro che hanno rivestito lo stesso Cristo, apparendo dovunque come angeli terrestri e riflettendo i raggi del sole.

ESORTAZIONI FINALI

28. Anticipando tutto questo, volli insegnarlo alla vostra carità, non invano né a caso, ma affin­ché anche prima di gustarlo possiate ricavarne una grande gioia, sollevandovi già a volo con le ali della speranza, ed assumere un atteggiamento degno di ciò che accade e, come esortò il beato Paolo, pensiate alle cose di lassù e trasferiate la vostra mente dalla terra al cielo, dalle cose visibi­li a quelle invisibili.

29. Ma poiché siete giunti vicino alle soglie del palazzo reale e state per accostarvi al trono su cui

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siede il re che distribuisce i doni, mostrate ogni ri­guardo nelle richieste non domandando nulla di terreno, nulla di umano, ma ciò che è degno di colui che lo offre.

Uscendo dunque da quelle acque divine ed in­dicando con la vostra risalita da esse il simbolo della risurrezione, chiedete l'alleanza con lui in modo da mostrare una grande premura nel custo­dire ciò che vi è stato donato e diventare invulne­rabili alle insidie del maligno.

Pregate per la pace delle Chiese, supplicate per quelli che sono ancora erranti, cadete in ginoc­chio per coloro che si trovano nei peccati, cosic­ché noi siamo ritenuti degni di qualche perdono.

Infatti colui che vi ha dato tale sicurezza, vi ha annoverati tra i primi degli amici e vi ha elevati all'adozione filiale, voi che prima eravate prigio­nieri, schiavi e privi di sicurezza, non respingerà le vostre suppliche ma tutto vi offrirà, imitando anche in questo la sua personale bontà.

30. Specialmente in questo modo lo spingerete a una più grande benevolenza.

Infatti quando vedrà che voi vi prendete tale cura delle vostre membra2 e vi preoccupate della salvezza degli altri, anche per questo egli vi riter­rà degni di acquistare una grande sicurezza, dal momento che nulla lo allieta quanto il fatto che noi siamo compassionevoli con le nostre membra, mostriamo grande affetto ai fratelli e teniamo in grande considerazione la salvezza del prossimo.

31. Ora sapendo ciò, o diletti, disponetevi con gioia e letizia spirituale ad accogliere la grazia, af­finché anche voi possiate gustare il dono abbon-

2 È evidente l'allusione al corpo mistico di Cristo (cf. lCor 12,12ss).

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dante e tutti insieme, mostrando una condotta di vita degna della grazia, possiamo meritare di con­seguire i beni eterni ed ineffabili, per la grazia e benevolenza del nostro Signore· Gesù Cristo, per mezzo del quale al Padre insieme con lo Spirito Santo sia la gloria, la potenza e l'onore, ora e sem­pre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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SE'ITIMA CATECHESI1

«Dello stesso, omelia pronunziata per i nuovi illuminati•.

l NUOVI BATIEZZATI COME NUOVI ASTRI

1. Benedetto sia Dio. Ecco, anche dalla terra appaiono degli astri, astri più fulgidi di quelli del cielo. Appaiono sulla terra degli astri a causa di colui che dai cieli è apparso sulla terra.

E non ci sono soltanto sulla terra degli astri, ma anche di giorno: questa è una seconda meraviglia!

Ci sono di giorno astri più fulgidi degli astri nella notte.

Quelli si eclissano quando è apparso il sole, questi invece risplendono maggiormente quando è apparso il sole della giustizia.

1 Questa Catechesi corrisponde alla terza delle otto edite dal Wenger (pp. 151-167, da cui traduco) e, a differenza delle altre sette, era già stata pubblicata dal Papadopoulos in base al codice di Mosca 129 (cf. op. cit., pp. 176-183); essa inoltre aveva avuto una straordinaria diffusione mediante un'antica versione latina dell'inizio del V secolo, nota ad Agostino e a Giuliano d'Eclano, che conobbero pure il testo greco. Il Montfaucon la poté leggere nel codice Parigino 700, del X secolo, ma inspiegabilmente non la ritenne autentica e non l'accolse tra le opere crisostomiane, mentre il Wenger ne ha difeso giustamente l'autenticità e, dopo il testo greco, ha pubblicato pure l'antica versione latina (op. ctt., pp. 168-181); secondo il Wenger (Introd., p. 76) sarebbe stata pro­nunziata nella notte pasquale del 388: cf. tuttavia le più recenti indagi­ni del Bouhot, Ver.5ton inédite, pp. 40-41.

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Vedesti mai degli astri che sono apparsi con il sole?

2. Quelli scompaiono quando appare la fine, questi invece risplendono maggiormente quando è sopraggiunta la fine.

E di quelli il Vangelo dice: Gli astri del cielo ca­dono come cadono le foglie dalla vite; di questi in­vece: I giusti brilleranno come il sole nel regno dei cieli.

3. Che significa l'espressione: Come cadono le foglie dalla vite così cadranno gli astri dal cielo?

Come la vite finché alimenta i grappoli ha biso­gno della protezione delle foglie, ma quando ha deposto il frutto depone anche la chioma delle sue foglie, così pure finché il mondo trattiene in se stesso la natura degli uomini il cielo trattiene anche gli astri, come la vite le sue foglie, ma quando allora non ci sarà più la notte, non ci sarà neppure più bisogno di astri.

4. La natura di quegli astri è di fuoco e anche la sostanza di questi astri è di fuoco, ma là c'è un fuoco sensibile, qui un fuoco intelligibile. Egli vi battezzerà - dice - in Spirito Santo e fuoco.

Vuoi sapere anche i nomi di entrambi? Tra que­gli astri ci sono questi nomi: Orione, Arturo, Ve­spero e Lucifero; tra questi astri invece non c'è nessun Vespero, ma tutti sono Lucifero.

I NUMEROSI DONI DEL BATTESIMO

5. Benedetto sia Dio - diciamo di nuovo -l'unico che compie prodigi, egli che tutto crea e tutto rinnova.

Quelli che prima di ieri erano prigionieri ora sono liberi e cittadini della Chiesa; quelli che pri-

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ma erano nella vergogna dei peccati ora sono nel­la libertà e nella giustizia.

Infatti non sono soltanto liberi ma pure santi, non solo santi ma pure giusti, non solo giusti ma pure figli, non solo figli ma pure eredi, non solo eredi ma pure fratelli di Cristo, non solo fratelli di Cristo ma pure coeredi, non solo coeredi ma pu­re membra, non solo membra ma pure tempio, non solo tempio ma pure strumento dello Spirito.

6. Benedetto sia Dio, l'unico che compie prodi­gi. Vedi quali sono i doni del battesimo? Anche se a molti sembra che il dono consista soltanto nella remissione dei peccati, noi invece abbiamo conta­to dieci prerogative.

E per questo motivo che noi battezziamo anche i bambini, sebbene non abbiano peccati2, affinché sia aggiunta la santificazione, la giustizia, l'adozio­ne filiale, l'eredità, la fratellanza, l'essere membra di Cristo, il diventare dimora dello Spirito.

7. O amatissimi fratelli- se mi è lecito chiamar­vi fratelli, poiché partecipai con voi alle stesse do­glie del parto, ma in seguito per trascuratezza per­si la perfetta ed autentica affinità -, concedetemi ugualmente di chiamarvi fratelli per il grande amo­re e di esortarvi perché dimostriate tanta maggio­re cura quanto maggiore è l'onore che ricevete.

LA TATTICA DELIA LOTI'A CON1RO IL DEMONIO

8. Il tempo anteriore a questo era palestra e

2 Sulle incertezze del Crisostomo intorno alla natura del peccato origina­le, evidenti anche soltanto da questa affermazione a proposito delle colpe dei bambini e nonostante le precisazioni dello stesso Crisostomo al c. 21, (cf. Wenger, nota 2 di p. 154 e Harkins, Chrysostom's Sermo ad neophytos, op. cit., pp. 113-114); per i passi corrispondenti dell'antica versione latina cf. Wenger, nota 2 di p. 170 e Bouhot, op. cit., p. 34.

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ginnasio e le cadute ottenevano indulgenza. A partire da oggi invece è stato aperto lo stadio, è stata fissata la gara, il pubblico siede in alto, non soltanto la natura umana ma anche la moltitudine degli angeli assiste alle lotte e Paolo scrivendo ai Corinzi grida: Siamo diventati spettacolo al mon­do, agli uomini e anche agli angeli.

Gli angeli dunque assistono, il Signore degli angeli è giudice della gara: ciò non è soltanto un onore, ma anche una garanzia.

Infatti se colui che ha offerto la sua vita per noi giudica i combattimenti, quale onore e quale ga­ranzia non è questo fatto per noi?

9. Nelle gare olimpiche l'arbitro si pone in mez­zo ai combattenti senza parteggiare né per questo né per quello, ma attendendo la fine: per questo motivo si pone in mezzo, perché anche nella sen­tenza è in posizione mediana.

Invece tra di noi e il diavolo Cristo non si po­ne in mezzo ma è tutto per noi. E che egli non si ponga in mezzo ma sia tutto per noi vedilo di qui: entrando in gara ci unse, mentre legò quel­lo; unse noi con l'olio dell'esultanza, legò quello con vincoli indissolubili per impedirlo nelle sue mosse.

E se anche mi succedesse di scivolare egli mi tende la mano, risolleva chi cade e lo fa cammi­nare di nuovo. Dice infatti: Voi camminate su ser­penti e scorpioni e su ogni potenza del nemico.

10. A quello dopo la vittoria minacciò la geen­na; io, se vincerò, sarò incoronato, mentre quello, se vincerà, sarà punito.

E affinché tu sappia che viene punito di più se vince, ecco, te lo mostrerò con i fatti.

Vinse Adamo e lo fece cadere. Quale fu allora il

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premio della vittoria? Striscerai sul petto e sul ven­tre e mangerai te1Ta tutti i giorni della tua vita.

Se punì così il serpente sensibile, con quale ca­stigo punirà il serpente intelligibile? Se tale è la condanna dello strumento, è chiaro che un casti­go molto maggiore attende l'artefice.

Infatti come un padre affettuoso avendo trova­to chi ha ucciso suo figlio non soltanto si vendica del delitto, ma spezza pure la stessa arma, così anche Cristo, dopo aver trovato il diavolo che ha ucciso l'uomo non punì soltanto il diavolo, ma ruppe pure la stessa arma.

11. Dunque con coraggio spogliamoci per i combattimenti. Infatti egli cinse intorno a noi armi più splendenti di ogni oro, più forti di ogni acciaio, più incandescenti di ogni fuoco, più leg­gere di ogni aria.

La natura di queste armi non appesantisce le gi­nocchia ma rende alate le membra e, anche se tu desideri volare al cielo con queste membra, nien­te te lo impedisce.

Nuova è la natura delle armi perché anche nuo­vo è questo tipo di combattimento: essendo uomo sono costretto a lottare contro i demoni, rivestito di carne mi batto contro le potenze incorporee.

Per questo Dio mi fece una corazza non di ferro ma di giustizia, per questo egli mi preparò uno scudo non di bronzo ma di fede. Posseggo una spada aguzza, la parola dello spirito.

Quello lancia dardi contro di me, io ho una spada; quello è un arciere, io un oplita. Anche di qui impara la sua tattica: l'arciere non osa avvici­narsi, ma scaglia di lontano.

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IL SANGUE DI CRISTO COME ARMA INVINCIBILE

12. Che dunque? Preparò soltanto le armi? No, ma allestì anche una tavola più potente di ogni ar­ma, affinché tu combatta senza stancarti e vinca abbondantemente il maligno.

Infatti se quello ti vedrà anche soltanto tornare dal banchetto del Signore, come uno che ha visto un leone spirante fuoco dalla bocca così fugge più veloce di ogni vento.

E se gli mostrerai la lingua intrisa del prezioso sangue non potrà resistere; se gli farai vedere la bocca tinta di porpora, come una fiera impaurita volterà di corsa le spalle.

13. Vuoi dunque conoscere la forza di questo sangue? Risaliamo alla sua figura, alle antiche nar­razioni dei fatti svoltisi in Egitto.

Dio stava per infliggere la decima piaga agli egiziani: voleva sopprimere i loro primogeniti perché trattenevano il suo popolo primogenito.

Che fece dunque perché non avvenisse che i giudei fossero coinvolti con gli egiziani, dal mo­mento che un solo luogo li comprendeva? Impara la potenza della prefigurazione per conoscere pu­re la forza della verità.

La piaga inviata da Dio stava per abbattersi dal­l'alto e lo sterminatore si aggirava per le case.

14. Che fece allora Mosè? Egli dice: Sacrificate un agnello immacolato e spargete il suo sangue sulle porte.

Che dici? Il sangue di un animale irragionevole può salvare gli uomini dotati di ragione? Sì, egli dice, non perché è sangue, ma perché è figura del sangue del Signore.

Infatti come le statue regali pur essendo inani-

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mate e insensibili salvano gli uomini sensibili e animati che si rifugiano presso di esse, non per­ché sono di bronzo ma perché sono immagine del re, così pure quel sangue insensibile e inanima­to salvò gli uomini dotati di anima non perché era sangue, ma perché era figura di questo sangue.

15. Allora lo sterminatore vide il sangue sparso sulle porte e non osò entrare.

Ora se il diavolo vedrà non il sangue della fi­gura sparso sulle porte, ma sulla bocca dei fedeli il sangue della verità sparso sulle porte del tem­pio che ospita Cristo, non si tratterrà ancora di più? Se l'angelo, vista la figura, . ne ebbe timore, quanto di più il diavolo, vista la verità, fuggirà.

LA CHIESA NATA DAL COSTATO DI CRISTO IN CROCE

16. Vuoi conoscere anche sotto un altro aspet­to la forza di questo sangue?

Bada da dove sgorgò all'inizio e donde ebbe la fonte: dall'alto della croce, dal fianco del Signore.

Infatti essendo Cristo già morto - dice - e tro­vandosi ancora sulla croce, un soldato avvicinato­si trafisse il fianco con la lancia e ne uscì acqua e sangue- l'una è simbolo del battesimo, l'altro dei misteri.

Perciò non disse: Uscì sangue e acqua, ma prima uscì l'acqua e poi il sangue, poiché prima viene il battesimo e poi i misteri3•

3 il Wenger (nota 1 di p. 160) rileva giustamente come nel racconto di Gv 19,33-34 si parli dell'uscita di sangue ed acqua, non di acqua e sangue: l'inversione è dovuta non ad un errore del Crisostomo, che altrove cita esattamente il passo, ma alle esigenze della sua Catechesi secondo cui l'acqua, cioè il battesimo, precede il sangue, cioè l'eucaristia (qui defi­nita con il termine "misteri", familiare al Crisostomo e presente tuttora nell'espressione "Santo Sacramento".

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Quel soldato trafisse dunque il fianco, perforò la parte del santo tempio4 e io trovai il tesoro e guadagnai la ricchezza.

Così avvenne pure per l'agnello: i giudei sgoz­zarono la pecora e io ottenni la salvezza dal sa­crificio.

17. Uscì dal fianco acqua e sangue. Non sorvolare semplicemente, o diletto, il mi­

stero, perché io ho ancora un'altra interpretazione mistica da esporre.

Dissi che quel sangue e quell'acqua sono sim­boli del battesimo e dei misteri.

Da questi due è stata generata la Chiesa, me­diante il bagno di rigenerazione e di rinnova­mento dello Spitito Santo, mediante il battesimo e i misteri.

I simboli del battesimo e dei misteri derivano dal fianco: dal fianco dunque Cristo formò la Chiesa, come dal fianco di Adamo formò Eva5.

18. Per questo motivo anche Mosè, trattando del primo uomo, dice: Osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne, volendoci indicare miste­riosamente il fianco del Signore.

Infatti come allora il Signore prese dal fianco e formò la donna, così ci diede sangue e acqua dal suo fianco e formò la Chiesa.

E come allora prese dal fianco durante il son­no, mentre Adamo dormiva, così pure ora dopo la sua morte diede il sangue e l'acqua, prima l'acqua

4 È indicata in questo modo l'umanità di Cristo. • Secondo il Wenger (nota 2 di p. 161) questa interpretazione della nasci­

ta della Chiesa dal fianco di Gesù in croce, come Eva dal fianco di Adamo (cf. Gn 2,2lss), ispirerà l'analoga interpretazione del Traci. 120 in]ob. (PL 35, 1953) di Agostino, che conobbe nel testo originale e nel­l'antica versione latina questa Catechesi del Crisostomo.

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e poi il sangue. E la morte ora è stata ciò che fu allora il sonno, affinché tu sappia che ormai que­sta morte non è altro che un sonno6.

19. Vedete come Cristo congiunse a se stesso la sposa? Vedete con quale cibo nutre tutti noi? È dallo stesso cibo che siamo stati formati e venia­mo nutriti.

Infatti come la donna nutre colui che ha gene­rato con il proprio sangue e latte, così anche Cri­sto nutre continuamente col proprio sangue colui che egli stesso generò.

20. Dunque poiché beneficiammo di tale dono mostriamo molta cura e ricordiamoci dei patti che abbiamo stretto con lui.

Dico a voi che siete stati iniziati oggi e a co­loro che lo sono stati anche molti anni prima.

Il mio discorso è comune per tutti voi, poiché tutti stringemmo con lui dei patti che sottoscri­vemmo non con l'inchiostro ma con lo spirito, non con la penna ma con la lingua.

Con questa penna si sottoscrivono i patti con Dio; per questo Davide dice: La mia lingua è penna di scriba veloce.

Confessammo la sua 'sovranità, rinnegammo la tirannia del diavolo: questo fu il documento, que­sto il patto, questa l'obbligazione.

21. Badate di non divenire nuovamente sotto­posti alla precedente obbligazione.

Venne una volta Cristo, trovò il nostro docu­mento paterno che scrisse Adamo. Quello diede

6 L'equivalenza "morte"= "sonno", con l'eccezionale mutazione semanti­ca, deriva coerentemente dal confronto istituito dal Crisostomo tra Cristo e Adamo; l'innovazione linguistica più evidente sarà offerta dal termine "cimitero", luogo dove i morti "dormono" in attesa della risur­rezione.

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inizio al debito, noi facemmo crescere l'interesse con i peccati successivi. Là c'era maledizione, peccato, morte e condanna della legge; tutto ciò Cristo eliminò e condonò.

E Paolo grida dicendo: Annullando il docu­mento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ba tolto di mezzo, in­chiodandolo alla croce.

Non disse: - Cancellandolo, né disse: - Ra­schiandolo, ma: - Inchiodandolo alla croce, af­finché non ne rimanesse più traccia.

Perciò non lo cancellò, ma lo stracciò: infatti i chiodi della croce lo stracciarono e distrussero perché divenisse ormai inutile.

22. Ed operò la conciliazione non in un ango­lo o di nascosto, ma al centro dell'universo sull'al­to del patibolo.

Guardino gli angeli, dice, guardino gli arcange­li, guardino le potenze superiori, guardino anche i demoni cattivi e lo stesso diavolo, essi che ci resero responsabili dei debiti verso i creditori: il documento è stato stracciato perché in seguito non ci aggrediscano più.

L'USCITA DEGU EBREI DALL'EGITTO

COME FIGURA DEL BATTESIMO

23. Poiché dunque il primo fu stracciato faccia­mo in modo che non ci si presenti di nuovo un altro documento: non esiste infatti una seconda croce né una seconda remissione mediante il ba­gno di rigenerazione.

C'è ancora una remissione ma non c'è una se­conda remissione mediante il bagno.

Non siamo troppo negligenti, vi supplico. Usci-

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sti dall'Egitto, o uomo, non ricercare più l'Egitto e i mali dell'Egitto; non ricordarti più dell'argilla e dei mattoni: le cose presenti della vita sono argil­la e mattoni, dal momento che lo stesso oro prima di diventare oro non è altro che terra.

24. I giudei videro dei prodigi, ma tu ora vedrai cose più grandi e molto più splendide di quelle che videro allora i giudei all'uscita dall'Egitto.

Non vedesti il faraone soffocato con le armi, ma il diavolo annegato con le armi. Quelli attra­versarono il mare, tu attraversasti la morte; quelli furono liberati dagli egiziani, tu fosti liberato dai demoni; i giudei abbandonarono la schiavitù dei barbari, tu quella molto più penosa del peccato.

25. Vuoi sapere anche in altro modo come fo­sti ritenuto degno di beni più grandi?

I giudei non poterono guardare il volto di Mosè glorificato, pur essendo loro compagno di schia­vitù e di stirpe; tu invece vedesti il volto di Cristo nella sua gloria. Paolo esclama dicendo: Noi a vi­so scoperto riflettiamo come in uno specchio la gloria del Signore.

Quelli avevano allora Cristo che li seguiva, ma egli ora a maggior ragione segue noi. Allora il Signore li seguiva per la grazia di Mosè, ora segue noi non soltanto per la grazia di Mosè ma pure per la vostra propria docilità.

Per quelli dopo l'Egitto ci fu il deserto; per te dopo l'esilio il cielo·. Quelli avevano come guida e comandante l'ottimo Mosè; anche noi abbiamo un altro Mosè, Dio che ci guida e ci comanda.

26. Quale era la caratteristica di quel Mosè? Mosè - dice - era il più mite di tutti gli uomini che sono sulla terra.

Chi avesse detto ciò anche di questo Mosè non

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si sarebbe sbagliato, poiché anche in questo era presente il mitissimo spirito come a lui consostan­ziale e congenito.

Allora Mosè tese le mani al cielo e fece scende­re il pane degli angeli, la manna; questo Mosè tendendo le mani al cielo reca il nutrimento eter­no. Quello colpì la pietra e fece uscire fiumi di ac­qua; questi tocca la tavola, colpisce la mensa in­telligibile e fa scaturire le fonti dello spirito.

Per questo motivo la tavola è posta al centro co­me una fonte, affinché da ogni parte le greggi af­fluiscano a essa e attingano alle acque salvatrici.

27. Poiché dunque c'è qui una tale fonte, una tale vita e la tavola è piena di infiniti beni e da ogni p~rte trabocca per noi di doni spirituali, ac­costiamoci con cuore sincero, con coscienza pura per ricevere la grazia e la misericordia in opportu­no aiuto, per la grazia e la benevolenza del Figlio unigenito, il nostro Signore salvatore Gesù Cristo, per mezzo del quale e con il quale sia gloria, ono­re e potenza al Padre e allo Spirito vivificante, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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OTIAVA CATECHESI1

«Dello stesso ai nuovi illuminati e sul detto dell'Apostolo: Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le vecchie cose passarono, tutto divenne nuovo».

LA GIOIA DELLA CHIESA PER I NUOVI BATTEZZATI

1. Oggi vedo l'adunanza più vivace del solito e la Chiesa di Dio che si rallegra per i suoi figli.

Infatti come una madre affettuosa scorgendo i suoi figli che la circondano si esalta ed esulta e si esalta per la gioia, allo stesso modo anche questa madre spirituale scorgendo i suoi figli gode e si rallegra vedendo se stessa come un campo pieno di frutti che si adorna di queste spighe spirituali.

Considera, o diletto, la sovrabbondanza della

' Secondo il Wenger Ontrod., pp. 41ss), il gruppo costituito da questa ottava e dalle seguenti quattro Catechesi postbattesimali apparterrebbe alla stessa epoca di composizione, la settimana successiva alla Pasqua del 390, ed esse potrebbero essere così distribuite: ottava, la domenica o il lunedì (Wenger, pp. 182-199); nona, il martedì (Id., pp. 200-214); decùna, il mercoledì (Id., pp. 215-228); undicesùna, il venerdì (Id., pp. 229-246); dodicesima, il sabato (Id., pp. 247-260).

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grazia. Ecco, in una sola notte, quanti contempora­neamente diede alla luce questa madre spirituale! 2•

E non stupirti: tali sono le doglie spirituali; non hanno bisogno di tempo e di un periodo di mesi.

2. Orsù dunque anche noi rallegriamoci con lei e partecipiamo alla sua gioia.

Se per un peccatore che si converte c'è gioia in Cielo, quanto più conviene che noi per una tale moltitudine esultiamo e ci rallegriamo e glorifi­chiamo il buon Dio per il suo indescrivibile dono.

Davvero la grandezza dei doni di Dio supera ogni discorso. Quale mente, quale pensiero, qua­le ragionamento potrà comprendere la sovrab­bondanza della benevolenza di Dio e la grandez­za dei doni ineffabili che sono stati dati alla natu­ra umana?

3. Infatti coloro che ieri e precedentemente erano schiavi del peccato, senza libertà, sottopo­sti alla tirannia del diavolo e come prigionieri sospinti e trascinati in questo modo, ecco oggi sono stati accolti nel· novero dei figli e, dopo aver deposto il peso dei peccati e aver indossato l'abi­to regale, gareggiano quasi in splendore con lo stesso cielo e rifulgendo di una luce più splen­dente di questi astri colpiscono la vista di coloro che guardano ad essi.

Quelli appaiono soltanto di notte e non potreb­bero mai risplendere di giorno; questi invece bril­lano ugualmente di giorno e di notte, poiché so­no astri spirituali e rivaleggiano con la stessa luce del sole, anzi sorpassano in qualche misura anche questa.

2 Poiché il battesimo era riservato alla notte pasquale, si comprende facil­mente come dovesse essere grande il numero dei neofiti.

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Ora se Cristo Signore si servì di questa immagi­ne per mostrare lo splendore dei giusti nel secolo futuro dicendo: Allora i giusti brilleranno come il sole, non è perché essi risplendano soltanto così, ma poiché non era possibile trovare un altro esempio sensibile più evidente di questo, egli ac­costò a questa immagine la condizione dei giusti.

4. Dunque anche oggi abbracciamo costoro che possono risplendere più degli astri, che ga­reggiano con i raggi del sole, e non circondiamo­li soltanto con queste braccia materiali, ma me­diante consiglio spirituale dimostriamo l'affetto ver­so di essi ed esortiamoli a considerare l'eccesso della generosità del Signore e lo splendore della veste che furono ritenuti degni di indossare - di­ce infatti: Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo facendo ormai tutto e com­portandosi come se avessero per compagno Cristo, il creatore di ogni cosa e il padrone della nostra natura. E quando dico Cristo intendo an­che il Padre e lo Spirito Santo; egli stesso infatti promise dicendo: Se uno mi ama, osserverà i miei comandamenti, io ed il Padre verremo e dimore­remo presso di lui.

5. Costui ormai, anche se cammina in terra, sa­rà così disposto come se vivesse nei cieli, pen­sando le cose di lassù, rappresentandosi le cose di lassù, senza più temere le insidie del malva­gio demonio.

Infatti il diavolo quando vedrà tale cambiamen­to e che coloro che prima erano sotto il suo do­minio sono stati elevati a tanta altezza e ritenuti degni di tale benevolenza da parte del Signore, confuso se ne va e non osa guardare in volto per­ché non sopporta i bagliori che di qui si sprigio-

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nano, ma, accecato nella vista dallo splendore della luce che di qui deriva, si allontana volgendo le spalle.

6. Voi dunque, nuovi soldati di Cristo, che og­gi siete stati iscritti come cittadini in cielo, invitati a questo banchetto spirituale e pronti a godere della tavola regale, mostrate uno zelo degno del­la grandezza dei doni, affinché possiate ottenere una grazia celeste anche più grande.

Il nostro Signore, essendo benevolo, quando vedrà che siamo divenuti grati per i beni già ri­cevuti e abbiamo mostrato molta cura per la grandezza dei doni, ci elargirà in abbondanza la grazia e, anche se avremo contribuito in poco, egli stesso ci arricchirà di grandi doni.

PAOLO MODELLO DEL NUOVO BATI'EZZATO

7. Anche Paolo, il maestro dell'universo, che prima perseguitava la Chiesa, si aggirava dovun­que, trascinava uomini e donne, confondeva e turbava tutto e mostrava un grande furore, quan­do ebbe provata la benevolenza da parte del Signore e, illuminato dalla luce intelligibile, ebbe abbandonate le tenebre dell'errore, fu guidato alla verità e mediante il battesimo si deterse da tutti i peccati prima commessi, egli, che prima faceva tutto per i giudei e devastava la Chiesa, confondeva i giudei che abitavano a Damasco, annunziando che il Crocifisso è lo stesso Figlio di Dio.

8. Vedi la realtà? Vedi che egli ci dimostra con le stesse azioni che anche prima agiva per igno­ranza? Vedi come mediante la stessa esperienza delle sue azioni insegnò a tutti noi che giustamen-

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te fu ritenuto degno della benevolenza celeste e fu guidato sulla via della verità?

Il buon Dio, quando vede l'anima ben disposta ma sviata per ignoranza, non la disprezza e non la lascia a lungo senza il suo soccorso, ma mostra tutto il suo interessamento e nulla trascura di ciò che mira alla nostra salvezza, purché noi ci ren­diamo degni di attirare con abbondanza la grazia celeste, come questo beato.

9. Poiché tutto ciò che prima aveva fatto l'ave­va fatto per ignoranza e, ritenendo di difendere con il suo zelo la legge, si era reso colpevole di confusione e di turbamento per tutti, dopo che ebbe imparato dallo stesso legislatore che cammi­nava su una via opposta e non si accorgeva di precipitare in un abisso, non indugiò né rimandò ma subito, appena la luce intelligibile l'illuminò, abbandonato ogni errore, divenne annunziatore della verità e voleva condurre per primi sulla via della pietà quelli a cui portava le lettere che ave­va ricevuto da parte dei sommi sacerdoti, come egli stesso diceva parlando alla folla dei giudei: Come anche il sommo sacerdote mi è testimone e tutto il sinedrio che, ricevute delle lettere da parte loro, andai a Damasco dai sommi sacerdoti per portare a Gernsalemme incatenati anche quelli che là si trovavano.

10. Lo vedi che infuria come un leone e si ag­gira dovunque? Vedilo ora all'improvviso passare alla mitezza di una pecora e colui che prima met­teva in catene, cacciava in prigione, assaliva e per­seguitava tutti coloro che credevano in Cristo, ec­colo improvvisamente calato entro una cesta lun­go le mura per sfuggire alle insidie dei giudei; in seguito di notte fatto partire a Cesarea e di là in-

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viato a Tarso per non soccombere al furore dei giudei.

Vedi, o diletto, quale cambiamento? Vedi quale trasformazione è avvenuta? Vedi come, dopo ave­re esperimentato la generosità celeste, egli ha of­ferto con abbondanza il suo contributo, intendo lo zelo, il fervore, la fede, il coraggio, la pazienza, la grandezza d'animo, la fermezza inflessibile. Perciò fu ritenuto degno di un aiuto anche maggiore, co­me egli scrivendo diceva: Ho faticato più di tutti loro, non io, ma la grazia di Dio che è con me.

11. Vi scongiuro, imitatelo anche voi che ora foste ritenuti degni di sottoporvi al giogo di Cristo ed esperimentaste l'adozione a figli, e subito fin dall'inizio mostrate tale fervore e fede in Cristo da meritare una maggiore grazia celeste, rendere più splendente il vestito che oggi vi fu donato e ot­tenere ampia benevolenza da parte del Signore.

Se egli vi ritenne degni di tali doni, pur non avendo voi ancora fatto del bene ma essendo ap­pesantiti da tali peccati, egli che, imitando la pro­pria bontà, non solo vi liberò dalle colpe e vi do­nò la grazia, ma vi rese pure santi e vi concesse l'adozione a figli, se dunque egli prevenendovi vi elargì tali doni, qualora vi preoccupiate di offrire il vostro contributo a tali doni e con la cura di ciò che già avete ricevuto mostriate anche la coeren­za della vostra condotta, come non sarete ritenuti degni di una generosità ancora più grande?

IL BATIESIMO COME NUOVA CREATURA

12. Udiste oggi il beato Paolo, l'accompagnato­re della Chiesa sposa, che scrive e dice: Così se qualcuno è in Cristo è una nuova creatura. E per-

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ché non pensiamo che ciò che è detto sia riferito a questa creatura sensibile, perciò aggiunse: Se uno è in Cristo, volendoci insegnare che, se qual­cuno passò alla fede in Cristo, rivela a noi una nuova creatura.

Quale interesse c'è infatti, dimmi, nel vedere questo cielo nuovo e le altre parti della creazione, quale profitto scorgere un uomo passato dal vizio alla virtù, convertito dall'errore alla verità!

E questo ciò che questo beato chiamò nuova creatura, perciò subito aggiunse: Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove, volendo quasi mostrare che coloro che furono liberati dal­l'errore ed illuminati dalla luce della giustizia, co­me se avessero deposto come un vestito vecchio il peso dei peccati mediante la fede in Cristo in­dossarono questo vestito nuovo e splendente e l'abito regale; perciò disse: Se uno è in Cristo è una nuova creatura: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.

13. Come non è cosa nuova e straordinaria il fatto che colui che ieri e prima viveva nella mol­lezza e nella gozzoviglia, all'improvviso predilige la padronanza di sé e la frugalità della vita?

Come tutto ciò non è nuovo e straordinario, se colui che prima era dissoluto e si perdeva nei piaceri della vita presente, divenuto d'un tratto superiore alle passioni, come se non possedes­se più neppure un corpo, coltiva la temperanza e la castità?

14. Vedi come è veramente nuova creatura ciò che è avvenuto? La grazia di Dio appena interve­nuta plasmò e trasformò le anime e le rese altre rispetto a quelle che erano, non cambiando la so­stanza ma trasformando la loro capacità di scelta

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e non permettendo che il criterio di giudizio degli occhi della mente si esprimesse ormai in modo opposto riguardo alla realtà, ma come se avesse eliminato un impedimentò dagli occhi gli permise di vedere esattamente la bruttezza e la deformità del vizio, la grande bellezza e lo splendore della virtù.

15. Vedi come ogni giorno il Signore produce una nuova creatura?

Chi altri, dimmi, persuase colui che spesso si perdeva nei piaceri della vita, adorava pietre e le­gni e li riteneva dèi, a mirare all'improvviso a tale altezza di virtù, come se disprezzasse e deridesse tutti quegli oggetti e considerasse le pietre pietre e i legni legni; ad adorare il Signore dell'universo e a preferire la fede in lui a tutte le cose della vi­ta presente?

16. Vedi come la fede in Cristo e il ritorno alla virtù si chiama nuova creatura?

Dunque ascoltiamo, vi supplico, sia chi è già stato iniziato sia chi recentemente ha sperimenta­to la generosità del Signore, l'esortazione dell'A­postolo che dice: Le cose vecchie sono passate, ec­co ne sono nate di nuove e, dimenticandoci di tut­te le cose precedenti, come vivendo in una nuo­va vita, trasformiamo così la nostra esistenza, e considerando la dignità di colui che abita in noi così parliamo e agiamo in ogni cosa.

LO SPLENDORE DEL NUOVO BATTEZZATO

17. Infatti se gli uomini che assumono incarichi pubblici terreni e spesso sul vestito che indossano portano l'impronta delle immagini regali e per questo appaiono degni di fede a tutti gli altri, non

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accetterebbero mai di compiere qualcosa che fos­se indegno di quel vestito che reca le impronte re­gali, ma anche se si accingessero a farlo, hanno molti che lo impedirebbero loro, e anche se altri volessero trattarli male, hanno nel vestito che in­dossano una sufficiente sicurezza di non subire nulla di spiacevole, quanto più coloro che hanno lo stesso Cristo che dimora non sul vestito ma nel­la loro anima e il Padre di questo e la presenza dello Spirito Santo è giusto che dimostrino molta fermezza e manifestino a tutti con la diligente condotta e la cura della vita che essi portano l'im­magine regale.

18. Come quelli, mostrando nel vestito sul pet­to le immagini regali diventano visibili a tutti, co­sì anche noi, se lo vogliamo, noi che una volta ab­biamo rivestito Cristo e siamo stati ritenuti degni di averlo come ospite, potremo con la perfezione della vita anche tacendo mostrare a tutti la poten­za di colui che abita in noi.

E allo stesso modo con cui ora l'abbigliamen­to del vostro vestito e lo splendore degli abiti attira gli sguardi di tutti, così e per sempre, se voi vorrete, custodendo più efficacemente di a­desso lo splendore del vestito regale, con la con­dotta secondo Dio e la molta cura potrete attirare tutti coloro che vi vedono allo stesso zelo ed alla glorificazione del Signore.

19. Per questo infatti Cristo diceva: Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.

Vedi come esorta a fare risplendere la luce che è in noi non con i vestiti ma con le opere? Infat­ti dopo aver detto: Risplenda la vostra luce, egli

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soggiunse: Affinché vedano le vostre opere buone. Questa luce non si ferma alle sensazioni mate­

riali, ma illumina anche le anime e la mente di co­loro che vedono e, dopo aver disperso l'oscurità del male, spinge coloro che la ricevono verso il proprio splendore e all'imitazione della virtù.

20. Risplenda - dice - la vostra luce davanti agli uomini.

Disse bene: Davanti agli uomini. La vostra lu­ce sia tale - dice - che non solo illumini voi ma appaia anche davanti agli uomini che hanno bi­sogno della sua guida.

Come dunque questa luce sensibile caccia l'o­scurità e fa camminare diritti coloro che percorro­no questa via sensibile, così pure la luce spiritua­le che deriva dall'ottima condotta illumina coloro che per l'oscurità dell'errore hanno la vista della mente intorbidata e non riescono a scorgere esat­tamente la via della virtù, toglie gli ostacoli dagli occhi della mente, guida sulla retta strada e fa in seguito camminare sulla via della virtù.

21. Affinché vedano le vostre opere buone e glo­rifichino il Padre vostro che è nei cieli. La vostra virtù - dice -, la cura nella condotta e il felice esi­to delle buone azioni spingano coloro che vi vedo­no alla glorificazione del comune Signore di tutti.

Ora ciascuno di voi, vi scongiuro, si sforzi di vi­vere con tale cura, affinché da parte di tutti quel­li che vi vedono si levi la benedizione verso il Signore.

22. Perciò anche questo beato imitatore di Cristo, il maestro della perfetta condotta, colui che si aggira dovunque e fa di tutto per la salvezza de­gli uomini, scriveva dicendo: Se qualcuno è in Cristo, è una nuova creatura, le cose vecchie sono

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passate, ecco ne sono nate di nuove, come se ci esortasse e dicesse: - Deponesti il vestito vecchio e ricevesti quello nuovo che ha un tale splendore da superare gli stessi raggi del sole: fa' in modo di conservare in questo stesso fulgore la bellezza del vestito.

Infatti finché quel demonio cattivo e nemico della nostra salvezza vedrà risplendere questo no­stro vestito spirituale non oserà neppure avvici­narsi, tanto ha paura del suo fulgore, poiché la luce che di qui promana acceca i suoi sguardi.

23. Perciò, vi scongiuro, fin dal primo istante mostrate un grande sforzo e una grande decisio­ne rendendo più fulgida e splendente la bellezza di questo vestito, e non sfugga alcuna parola dal­la lingua a caso e invano, ma prima esaminiamo se offra qualche utilità e possa arrecare qualche edificazione a coloro che ascoltano. Allora con grande timore proferiamo le parole come se qual­cuno fosse presente e le affidasse alla scrittura, ri­cordando il detto del Signore: Vi dico che di ogni parola inutile che avranno proferito gli uomini, renderanno conto nel giorno del giudizio.

24. Non vi sia dunque presso di voi una con­versazione terrena, futile e senza alcuna utilità, poiché ormai scegliemmo una condotta nuova e diversa, e conviene che noi compiamo azioni coe­renti alla condotta, per non diventarne indegni.

Non vedete come nelle cariche terrene coloro che si sforzano di raggiungere quello che presso di essi si chiama senato sono impediti dalle leggi umane a compiere alcune di quelle azioni che agli altri sono permesse senza timore?

Allo stesso modo anche noi, sia che veniamo iniziati ora sia che siamo già stati prima ritenuti

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degni di questa grazia, è giusto che, una volta iscritti in questo senato spirituale, non ci permet­tiamo le stesse azioni degli altri, ma mostriamo cura della lingua e purezza di mente ed educhia­mo ciascuna delle nostre membra a non intra­prendere nessuna azione che non procuri molta utilità all'anima.

25. Che cosa dico? Di occupare la lingua soltan­to· in inni, in lodi, nella lettura delle sentenze di­vine e nei discorsi spirituali. Dice infatti: Se c'è qualche parola buona ad edificazione, giovando a quelli che ascoltano; e non vogliate rattristare lo Spirito di Dio in cui foste segnati.

Sapete che il non fare questo mira a contrista­re lo Spirito Santo? Perciò, vi scongiuro, sforzia­moci di non compiere nulla di ciò che contrista lo Spirito Santo e, se fosse necessario uscire, non frequentiamo le riunioni pericolose né gli incon­tri irragionevoli e pieni di sciocchezze, ma su tutto niente sia per noi preferibile alla Chiesa di Dio, alle case di preghiera e alle riunioni di col­loqui spirituali.

26. E ciascuna delle nostre azioni possegga molto decoro.

Dice infatti: L'abbigliamento di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano ciò che egli è.

Chiara immagine della condizione dell'anima può essere l'attitudine esteriore ed il movimento delle membra rivela in modo particolare la bellez­za di quella.

E se andremo in piazza, tale sia il nostro ince­dere e tale serenità e compostezza possegga da ri­volgere alla nostra vista coloro che incontriamo, e l'occhio non si smarrisca né i piedi camminino di-

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sordinatamente, e la lingua proferisca le parole con tranquillità e dolcezza; tutto insomma l'atteg­giamento esteriore indichi la bellezza interiore del­l'anima e la nostra condotta sia ormai come stra­niera e trasformata, poiché nuove e straniere sono le cose da noi intraprese, come mostra il beato Paolo dicendo: Se qualcuno è in Cristo, è una nuova creatura.

27. E affinché tu sappia che nuovo e straordi­nario è ciò che ci è stato donato, noi che prima di questo eravamo più vili del fango e, per così dire, ci trascinavamo per terra, all'improvviso siamo di­venuti più fulgidi dell'oro e abbiamo ottenuto il cielo al posto della terra.

Perciò tutto quanto ci è stato donato è spiritua­le: infatti il nostro vestito è spirituale, il nostro ci­bo è spirituale e la nostra bevanda è spirituale; di conseguenza dovranno essere spirituali anche le nostre opere e tutte le nostre azioni.

Queste sono il frutto dello Spirito Santo, come dice anche Paolo: Il frutto dello Spirito è l'amore, la gioia, la pace, la magnanimità, la benignità, la bontà, la fedeltà, la mitezza, la temperanza: per queste cose non esiste la legge, egli afferma.

Ha ragione di dire così, perché coloro che pos­siedono la virtù sono superiori alla legge e non sottostanno alla legge. Dice infatti: La legge non è fatta per il giusto.

28. In seguito, dopo averci spiegato il frutto dello Spirito, soggiunse: Coloro che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue pas­sioni e i suoi desideri, come se qualcuno dicesse: la mostrarono incapace di compiere cattive azio­ni, la resero inattiva, la combatterono in modo ta­le che fosse superiore alle passioni e ai desideri.

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A ciò alluse dicendo: Crocifissero. Come chi è inchiodato alla croce e trafitto da quei chiodi, sfi­nito per i dolori e per così dire trapassato da una parte e dall'altra, non potrà mai essere assalito da un desiderio carnale, ma tutte le passioni e ogni desiderio malvagio è messo in fuga perché il do­lore non lascia alcuno spazio a quelle passioni, al­lo stesso modo anche coloro che si consacrarono a Cristo furono crocifissi con lui e disprezzarono a tal punto le necessità materiali come se avessero crocifisso se stessi con le passioni e i desideri.

29. Noi dunque che siamo divenuti di Cristo, lo abbiamo rivestito e siamo stati ritenuti degni del suo cibo spirituale e della sua bevanda, regoliamo noi stessi così da non aver più nulla in comune con le cose della vita presente.

Abbiamo ricevuto ufficialmente un'altra cittadi­nanza, quella della Gerusalemme celeste. Perciò, vi scongiuro, mostriamo le opere degne di quella cittadinanza affinché sia perché noi stessi prati­chiamo la virtù sia perché esortiamo altri alla glo­rificazione del Signore, meritiamo molta benevo­lenza celeste.

Quando il nostro Signore è glorificato, an­ch'egli con grande generosità riversa su di noi i suoi doni, perché accoglie la nostra buona volon­tà e sa che non offre i suoi benefici a persone ingrate e senza buone intenzioni.

30. So che ho tratto in lungo il discorso. Ma per­donatemi: la grande tenerezza per voi mi fece pro­lungare l'insegnamento. Vedendo la vostra ricchez­za spirituale e conoscendo il furore del malvagio demonio e che ora soprattutto avete bisogno di circospezione e cautela, per questo vi esortai a essere sobri, a vigilare e a praticare ogni giorno

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una costante sorveglianza e attenzione a questo vostro tesoro spirituale, affinché il nemico della nostra salvezza non possa trovare alcuna breccia.

31. Custodendo dunque saldi e inalterati i pat­ti che stringeste con il Signore, sottoscrivendoli non con l'inchiostro né sulla carta ma con la pro­fessione di fede, sforzatevi di rimanere per tutto il tempo della vita nello stesso splendore.

E possibile, se vogliamo arrecare costantemen­te il nostro contributo, non soltanto rimanere nel­lo stesso splendore, ma rendere ancora più fulgi­do l'aspetto di questi abiti spirituali, dal momento che anche Paolo dopo la grazia del battesimo, a mano a mano che il tempo passava, tanto più splendente e radioso appariva per la grazia che fioriva in lui.

32. Noi dunque sforziamoci ogni giorno di fare attenzione che questa nostra veste splendente non accolga qualche macchia o ruga, ma badiamo con molta cura sino alle cose che si considerano pic­cole, affinché possiamo evitare i grandi peccati.

Infatti se cominceremo a trascurare alcune co­se come insignificanti, in breve camminando su questa via arriveremo anche alle gravi cadute.

Perciò vi esorto a tenere sempre presente il pen­siero dei patti e a fuggire costantemente il conta­gio di queste cose alle quali tutti avete rinunciato, intendo dire i fasti del diavolo e tutti gli altri ingan­ni del maligno, e a custodire inalterati i patti con Cristo, affinché gustando continuamente di questi conviti spirituali e rafforzati da questo cibo3 dive­niate invulnerabili alle' macchinazioni del diavolo.

33. E con l'ottima condotta possiate attirare ta-

3 I conviti e il cibo alludono cWaramente all'Eucaristia.

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le grazia dallo Spirito cosicché siate invincibili e la Chiesa di Dio esulti e si rallegri per il vostro pro­gresso, il nostro comune Signore sia glorificato e tutti noi siamo ritenuti degni del regno dei cieli per la grazia e la misericordia e la benevolenza dello stesso FigUo unigenito, il nostro Signore Gesù Cristo, con il quale al Padre insieme con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore, ora e sem­pre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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NONA CATECHESI1

·Esortazione dello stesso ad astenersi dalla mol­lezza, dal lusso e dall'ubriachezza ed a preferire a tutto la moderazione; e ai nuovi illuminati ...

LA SOBRIETÀ MATERIALE E SPIRITUALE

1. Anche se il digiuno passò, o diletti, rimanga però la pietà. Se trascorse il tempo della santa Qua­resima non respingiamo però il suo ricordo. Ma nessuno si sdegni, vi supplico, per l'esortazione.

Infatti non vi dico di nuovo ciò per costringer­vi a digiunare, ma volendo che voi vi rilassiate e piuttosto pratichiate ora con maggior zelo il vero dig!-uno.

E possibile digiunare anche senza digiunare. In che modo? Ve lo dico: se prendiamo dei cibi ma ci asteniamo dai peccati.

Questo infatti è il digiuno veramente utile e grazie ad esso avviene pure l'astinenza dai cibi, affinché corriamo con maggiore speditezza verso la virtù.

1 Questa Catechesi fu tenuta probabilmente il martedì di Pasqua del 390, il giorno successivo alla precedente.

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Se dunque vogliamo avere la cura conveniente del corpo e mantenere l'anima pura dai peccati, facciamo così convinti.

2. Questo sarà per noi il modo più facile del digiuno, poiché a proposito di quel digiuno, in­tendo l'astinenza dai cibi, sentivo molti dire che mal sopportavano il peso della privazione di cibo, accusavano debolezza di corpo, si lamentavano sotto molti altri aspetti e dicevano di stare male per la mancanza del bagno e il bere soltanto acqua.

A proposito invece di questo digiuno non si può addurre nulla di simile. Infatti si può appro­fittare di tutte queste cose, offrire al corpo la cura corrispondente e prendersi a cuore conveniente­mente dell'anima. Io non esorto per il momento ad astenersi da nessuna di queste cose. Rifuggi soltanto dal peccato e mostra di astenerti costan­temente da quello: così potrai in ogni momento della tua vita praticare il vero digiuno.

Infatti non è impedito l'uso moderato di quelle cose che abbiamo elencato: è bandito invece ogni peccato, e questo da nessuna parte nasce se non dalla mollezza, dalla avidità del cibo e dalla disso­lutezza.

Perciò, vi supplico, conoscendo bene ciò non serviamoci di ingiusti pretesti a scusa della trascu­ratezza.

3. Ciò che spesso vi dissi, ve lo dico anche ora: come l'uso moderato del cibo procura molto van­taggio alla salute del corpo e allo stato dell'ani­ma, così pure la sregolatezza sotto entrambi gli aspetti rovina l'uomo.

Infatti l'eccesso nel mangiare e nel bere allenta l'energia del corpo e corrompe la salute dell'ani-

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ma. Perciò fuggiamo la sregolatezza e non siamo trascurati riguardo la nostra salvezza ma, sapendo che là si trova la radice di tutti i mali, stronchia­mola con cura.

Come da una fonte, così dall'intemperanza e dall'ebbrezza derivano tutte le specie dei peccati, e ciò che il materiale infiammabile è per il fuoco, altrettanto sono l'intemperanza e l'ebbrezza per il rischio dei peccati; e come là l'abbondanza del materiale attizza più grande il fuoco e leva in alto la fiamma, così qui l'abbandonarsi all'intemperan­za e all'ebbrezza fa sì che aumenti l'incendio dei peccati.

4. Io so che voi, essendo ragionevoli, dopo la nostra esortazione non vi permetterete di supera­re i limiti del bisogno.

Ora io vi consiglio opportunamente di fuggire non soltanto questa ebbrezza, ma anche quella che avviene senza vino, poiché questa è ancora più funesta.

E non vi disorienti ciò che io dico: è possibile diventare ebbri anche senza vino. E che ciò sia possibile, ascolta il Profeta che dice: Ubriacatevi, ma non di vino.

In che consiste dunque l'ebbrezza senza vino? È molteplice e varia: provocano ebbrezza l'ira, la vanagloria, l'insensatezza e ciascuna delle funeste passioni che nascono in noi, così da destare in noi una specie di ebbrezza e di sazietà e da ottene­brare la nostra ragione.

Infatti nient'altro è l'ebbrezza se non l'aliena­zione dei sentimenti naturali, lo sviamento dei pensieri e la perdita della coscienza.

5. In che cosa, dimmi, sono meno diversi dagli ubriachi per il vino coloro che si adirano, sono

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ebbri per l'ira e mostrano tale intemperanza al punto da scagliarsi indifferentemente contro tutti, senza controllare le parole e fare distinzione di persone?

Infatti come i pazzi e i forsennati non si accor­gono di buttarsi nei precipizi, allo stesso modo anche coloro che si adirano e sono assaliti dalla collera.

Per questo un saggio volendo mostrare la rovi­na di una simile ebbrezza, dice: L'impeto della sua ira è una caduta per lui. Vedi come con una breve espressione ci indicò l'enormità di questa rovinosa passione?

6. Ora anche la vanagloria e l'insensatezza sono un'altra forma di ebbrezza, ancora più funesta del­l'ebbrezza. Chi è afferrato da queste passioni per­de, per così dire, il criterio delle percezioni sensi­bili e non è meno diverso dai pazzi.

Tormentato ogni giorno da queste passioni non se ne accorge finché, trascinato nello stesso abis­so del vizio, si è ormai lasciato prendere da incu~ rabili mali.

Fuggiamo dunque, vi scongiuro, sia l'ebbrezza che proviene dal vino sia l'ottenebramento dei pensieri che avviene in noi a causa delle assurde passioni, e ascoltiamo il maestro comune dell'u­niverso che dice: Non ubriacatevi col vino, che porta alla dissolutezza.

7. Vedi come rese per noi evidente mediante questa espressione che è possibile diventare ebbri in altro modo? Se non ci fosse un'altra ebbrezza per quale motivo dopo aver detto: Non ubriaca­tevi, aggiunse: col vino?

Vedi la sovrabbondanza della sua sapienza e la precisione dell'insegnamento mediante l'aggiunta;

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dopo aver affermato: Non ubriacatevi col vino, prosegue: che porta alla dissolutezza, quasi volen­do indicare che l'eccesso di questo diventa per noi causa di tutti i mali.

Che porta alla dissolutezza, dice: cioè a causa del quale perdiamo la ricchezza della virtù.

8. E affinché tu sappia che allude a ciò, cer­cherò di rendervelo manifesto in base agli stessi termini.

Noi siamo abituati a chiamare dissoluti quei giovani che vediamo dilapidare sconsideratamen­te ed inutilmente la sostanza paterna, senza alcu:­na necessità, e che senza conoscere né il momen­to opportuno per la spesa né la misura della pro­digalità, in breve tempo dissipano tutta la ricchez­za paterna e si riducono all'estrema povertà.

Tali sono pure quelli che vengono presi dal­l'ebbrezza del vino: non sanno più amministrare come si deve la ricchezza della mente, ma come i giovani dissoluti anche costoro, sommersi dal­l'ubriachezza, sia che si tratti di lasciarsi sfuggire delle parole o di dire qualcosa di sconveniente e che arreca molto danno, dicono e fanno ogni cosa senza ritegno, e peggio di quei dissoluti che dila­pidano il patrimonio delle ricchezze precipitano se stessi nell'estrema povertà della virtù, non si accorgono di rivelare spesso i segreti della mente e, dopo aver perso tutta la ricchezza del loro pen­siero, si riducono contemporaneamente alla priva­zione e alla totale mancanza di ogni pietà e virtù.

IL PERICOLO DELL'UBRIACHEZZA

9. Chi è ubriaco non sa disporre le sue parole con discernimento, ma come una casa aperta da

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ogni parte e che si presenta accessibile a chi la insidia, così la mente di costui è spalancata e tor­mentata dalle funeste passioni.

Infatti l'ebbrezza non è nient'altro che tradi­mento dei pensieri, sventura, oggetto di riso e ma­lattia, oggetto di scherno. L'ebbrezza è un demo­nio scelto deliberatamente, l'ebbrezza è un otte­nebramento dei pensieri, l'ebbrezza è privazione di coscienza, l'ebbrezza è eccitamento delle pas­sioni carnali.

Spesso noi commiseriamo chi è tormentato da un demonio, mentre ci sdegniamo e ci adiriamo con costui. Per quale motivo? Perché là si tratta di un'iniziativa del demonio, qui è indice di pigrizia e di grande mollezza; là è un'insidia del diavolo, qui un'insidia dei propri pensieri.

10. E affinché tu sappia che le cose stanno così, osseiva come costui sopporta gli stessi mali di chi è indemoniato, ed anche più gravosi.

Infatti come l'indemoniato emette schiuma dal­la bocca, cade a terra e spesso rimane immobile al suolo non riconoscendo i presenti ma dilatan­do le pupille degli occhi, allo stesso modo l'ubria­co, una volta che l'eccesso del vino penetrato in lui avrà annientato la capacità critica dei suoi pen­sieri, simile a quello non solo fa uscire schiuma dalla bocca e giace abbattuto peggio dei morti, ma spesso emette dalla bocca un fiotto immondo. Di qui poi diventa ripugnante agli amici, disgu­stoso alla moglie, ridicolo ai figli, spregevole ai setvi, in una parola è oggetto di vergogna e di derisione per tutti quelli che lo vedono.

11. Vedi come costoro sono più infelici degli indemoniati? Vuoi sapere dopo tutto ciò anche il primo dei mali? Infatti, dopo aver parlato di tali

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cose, non ti ho ancora detto il colmo: l'ubriaco diventa estraneo al regno dei cieli.

Ascolta il beato Paolo che dice: Non illudetevi: né fornicatori né idolatri né adulteri né sodomiti né ubriaconi avranno in sorte il regno di Dio.

Ma qualcuno potrebbe dire: - Perché? Anche l'idolatra, l'adultero e l'ubriaco sono ugualmente esclusi dal regno?

Non voler sapere ciò da me, o diletto. lo non feci che constatare che la legge divina così dispo­ne: non preoccuparti dunque di ciò, se l'ubriaco subisca lo stesso castigo di quelli, ma considera invece il fatto che subisce ugualmente la perdita del regno; e chi ne è estraneo, quale conforto poi avrà?

12. E dico ora questo senza condannare i pre­senti, non sia mai! Sono convinto che voi siete immuni da questa passione per la grazia di Dio e adduco come miglior prova di ciò il vostro accor­rere qui con fervore e la sollecitudine per l'ascol­to di questo insegnamento spirituale. Non è pos­sibile che colui che non è sobrio e non vigila brami le parole divine.

Dico questo volendo per mezzo vostro educa­re pure tutti gli altri e rendervi più saldi così da non essere più presi da questa passione.

13. Infatti tali persone possono essere più irra­gionevoli degli stessi esseri irragionevoli. Ed in che modo? Ve lo dico: gli esseri irragionevoli quando hanno sete limitano il desiderio al biso­gno e non si permetterebbero mai di oltrepassare il bisogno. Invece gli uomini ragionevoli non mirano a questo scopo, cioè a soddisfare la sete ma, una volta sommersi, a rendere per se stessi ancora più grave il naufragio.

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Come un battello divenuto sovraccarico ben presto affonda, così un uomo che oltrepassa i limiti del bisogno e impone un peso maggiore al ventre fa naufragare la sua mente e oltraggia la nobiltà della sua anima.

14. Perciò conviene che abbiate molta cura, o diletti, nel correggere il prossimo e nel sottrarlo a questo flutto, affinché possiate ottenere una gran­de ricompensa non solo per la vostra salvezza ma anche per quella degli altri.

Così diceva anche Paolo: Nessuno ricerchi il proprio interesse, ma quello del prossimo. E di nuovo: Edificatevi l'un l'altro.

Non badare dunque soltanto a questo, a stare bene e a tenerti lontano dalla malattia, ma abbi molta cura e preoccupazione perché anche colui che è tuo membro sia liberato da questo danno e si sottragga alla malattia: infatti, noi siamo mem­bra gli uni degli altri e se un membro soffre biso­gna cbe soffrano insieme tutte le membra, e se un membro viene onorato bisogna che ne gioiscano tutte le membra.

15. Non c'era bisogno per voi di esortazione e consiglio al tempo della santa Quaresima quanto ora. Allora l'opportunità del digiuno vi rendeva temperanti anche senza volerlo; ora invece sono preoccupato e temo la sicurezza e la trascuratez­za generata da questa, poiché rispetto a nulla la natura umana è sprovveduta quanto rispetto al rilassamento: perciò il Signore amorevole, avendo posto fin dall'inizio come un freno al genere umano, punì l'uomo con la fatica e la sofferenza, prendendosi molta cura della nostra salvezza.

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LA RILASSATEZZA DEGLI EBREI

16. Infatti abbiamo bisogno continuamente di un freno per camminare rettamente, dal momen­to che anche i giudei per questo motivo si attira­rono la collera dall'alto.

Quando poterono godere di un grande rilassa­mento e giunsero allo stato di sicurezza, liberatisi dalla dura schiavitù in Egitto, avrebbero dovuto mostrare maggiore riconoscenza, elevare con più cura la lode al Signore ed essere grati a chi aveva fatto loro tali benefici.

Essi invece fecero il contrario e furono abbattu­ti dal grande rilassamento; per questo accusan­doli la divina Scrittura dice: Giacobbe ha mangia­to e si è saziato, s~ ti sei ingrassato, impinguato, rimpinzato.

17. Dopo quei prodigi e segni mirabili, dopo il passaggio del mare, lo sterminio degli egiziani e il cibo straordinario e nuovo della manna, avendo ancora fresco il ricordo dei benefici, poiché ven­nero a trovarsi in un grande rilassamento, dimen­ticatisi di tutto ciò, si fecero un vitello e l'adoraro­no dicendo: Questi sono i tuoi dèi, o Israele, che ti hanno fatto uscire dall'Egitto.

Quale ingratitudine, quale grande insensibilità! Tale è sempre il loro costume: quando raggiun­gono il rilassamento, si lasciano andare nei preci­pizi e si dimenticano del benefattore; non appe­na si trovano nelle angustie, allora si deprimono e si umiliano. Per questo il beato Davide indican­do ciò diceva: Quando li faceva perire, allora lo ricercavano.

18. Tale era il costume degli ingrati servitori e degli insensibili giudei.

Noi invece, vi supplico, rivolgendo continua-

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mente nell'animo il pensiero dei doni di Dio eri­cordando la grandezza e la moltitudine dei suoi benefici siamone grati, riconosciamo sempre chi è la causa dei nostri beni, mostriamo una condotta degna dei benefici e ogni giorno realizziamo la salvezza della nostra anima.

Soprattutto voi che da poco tempo otteneste la divina iniziazione ai misteri, dopo aver deposto i pesi dei peccati e indossato la veste splendente: che dico la veste splendente, voi che vi siete rive­stiti dello stesso Cristo e avete accolto come ospi­te in voi il Signore di tutte le cose!

Mostrate una condotta degna di chi abita in voi, affinché possiate ottenere una maggiore grazia dal­l'alto ed aspiriate a divenire imitatori di chi prima era persecutore e poi diventò apostolo.

PAOLO E SIMON MAGO

19. Questi non appena fu battezzato e illumi­nato dalla luce della verità, subito divenne così grande e ancora di più lo diventò col passare del tempo.

Infatti quando portò il suo contributo, cioè lo zelo, il fervore, la decisione coraggiosa, il deside­rio ardente, il disprezzo delle cose presenti, allo­ra su di lui si riversò con grande profusione il dono della grazia di Dio.

Ed egli che prima mostrava un furore inconte­nibile, correva da ogni parte e con ogni mezzo combatteva la causa della pietà, non appena co­nobbe la via, della verità subito confuse gli ingrati giudei e fu calato attraverso una finestra in una cesta, affinché potesse sfuggire alla crudeltà dei giudei infuriati.

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Vedete l'improvviso cambiamento? Vedete la grazia dello Spirito come trasformò la sua anima, come mutò la sua disposizione? Come, simile a un fuoco che si abbatte sulle spine, così riversan­dosi su di lui la grazia dello Spirito distrusse le spine dei peccati e lo rese più duro dell'acciaio?

20. Imitatelo anche voi, vi supplico, e potrete chiamarvi nuovi illuminati non solo per due, tre, dieci e venti giorni, ma anche dopo il trascorrere di dieci, venti, trent'anni ed anche, per così dire, per tutta la vita potrete essere ritenuti degni di questo appellativo.

Infatti se ci sforzeremo con la pratica delle buone opere di rendere più fulgida in noi la luce, intendo dire la grazia dello Spirito, così che non si spenga mai, godremo per tutto il tempo di que­sto nome.

E come è possibile che sia continuamente un nuovo illuminato colui che è sobrio, vigilante e mostra una degna condotta, così pure è possibile che anche dopo un solo giorno colui che è stato trascurato diventi indegno di questo nome.

21. Ora il beato Paolo, avendo conseguito un maggiore aiuto dall'alto con la virtù in seguito mo­strata, rimase costantemente in questo splendore, rendendo in sé più fulgida la luce della virtù.

Invece quel Simon Mago, dopo che, pentitosi, corse al dono che si ottiene con il battesimo e gustò la grazia e la generosità del Signore, ma non offrì una degna disposizione e mostrò grande tra­scuratezza, all'improvviso divenne privo di tale dono così da ricevere dal primo degli Apostoli il consiglio di curare con il pentimento l'enormità dell'errore: Pèntiti - dice infatti - di questa tua iniquità, e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero.

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22. Non possa mai avvenire che qualcuno dei presenti qui riuniti compia di nascosto qualcosa di simile, ma come il beato Paolo possano tutti pro­gredire in tale virtù da meritare una più abbon­dante generosità da parte del Signore.

Infatti, o diletto, non sono cose occasionali quelle di cui fummo ritenuti degni: la grandezza dei doni oltrepassa ogni considerazione umana, supera il nostro pensiero.

Fammi il piacere di considerare a quale carica sei stato assegnato e quale dignità hai ricevuto dal re di ogni cosa.

Tu che prima eri schiavo, prigioniero, decadu­to, sei stato subito elevato alla condizione di fi­glio. Non essere dunque trascurato, non permet­tere che ti sia sottratta questa dignità e non dive­nire privo di questa ricchezza spirituale: infatti se tu non vorrai, nessuno mai potrà privarti di ciò che ti è stato donato da Dio.

23. Certamente questo non è possibile nelle cose umane. Quando uno ottiene qualche carica da parte dei re della terra, la privazione di essa non dipende dalla sua decisione, ma chi ha offer­to la carica è lui stesso arbitro della privazione di essa e, quando vuole, spoglia della carica chi l'ha ottenuta, lo rende subito cittadino privato e lo congeda dal comando.

Tutto il contrario avviene per il nostro re: la dignità a noi concessa una volta per la sua bontà, intendo dire la figliolanza, la santificazione, la gra­zia dello Spirito, nessuno potrà mai sottrarcele se non saremo trascurati. Che dico, sottrarcele? Se ci vedrà riconoscenti per ciò che abbiamo già rice­vuto provocherà in noi un accrescimento e con grande generosità aumenterà ancora i suoi doni.

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NECESSITÀ E POSSIBILITÀ DI UNA CONTINUA CONVERSIONE DEI BATfEZZATI

24. Sapendo dunque che con la grazia di Dio tutto dipende da noi e dalla nostra sollecitudine, siamo riconoscenti per i doni già ricevuti affinché ci rendiamo degni anche di maggiori.

Vi esorto perciò, voi che poco fa siete stati rite­nuti degni del dono divino, fate molta attenzione e custodite puro e immacolato l'abito spirituale a voi concesso, e noi che abbiamo ricevuto un tempo questo dono mostriamo un grande cambia­mento di vita.

È possibile infatti, è possibile un ritorno, se vogliamo, e si può tornare alla precedente bellez­za e splendore, purché offriamo il nostro contri­buto.

25. Riguardo alla bellezza del corpo è impossi­bile che l'aspetto, una volta che sia divenuto brut­to ed abbia perso la primitiva bellezza per vecchia­ia o per malattia o per qualche altra circostanza materiale, ritorni di nuovo al suo massimo fulgore.

Ciò che ha subìto è secondo natura e per que­sto è impossibile ritornare al primo splendore del­la bellezza.

Riguardo all'anima, invece, se noi vogliamo, anche questo è possibile grazie all'ineffabile bon­tà di Dio, e l'anima, una volta macchiatasi e dive­nuta deforme e brutta per la moltitudine dei pec­cati, può tornare rapidamente alla sua primitiva bellezza se noi mostriamo una profonda e seria conversione.

26. lo dico questo per me e per coloro che un tempo furono ritenuti degni del battesimo. Ma voi, nuovi soldati di Cristo, credetemi e sforzatevi in ogni modo di mantenere puro il vostro abito.

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Infatti è molto meglio avere ora preoccupazio­ne e cura per il suo splendore, così da persistere ininterrottamente nella purezza e non accogliere alcuna macchia, piuttosto che dopo essere stati negligenti, continuare a piangere e a battersi il petto per purificarsi della macchia sopraggiunta.

Non vogliate subìre le stesse cose che capitaro­no a noi, ma la negligenza dei vostri predecesso­ri diventi per voi motivo di fermezza.

27. E come soldati spirituali, coraggiosi e vigili, così ogni giorno pulite le vostre armi spirituali affinché il nemico, scorgendo il fulgore delle armi, stia lontano e non creda di potersi avvicinare.

Infatti se vedrà non soltanto le armi splendenti ma anche voi protetti da ogni parte e il tesoro della vostra mente difeso con cura come una casa, nascondendosi se ne andrà, ben sapendo che non ne ricaverà nulla anche se tentasse di assalirvi infi­nite volte.

Anche se è spudorato, insolente e crudele più di ogni fiera, vedendo la vostra armatura spiritua­le e la forza datavi dallo Spirito si ritirerà con gran­de vergogna, riconoscendo più esattamente la sua debolezza, condannando se stesso e consapevole di voler tentare l'irrealizzabile.

28. Siamo dunque tutti sobri, vi supplico, anche noi che un tempo siamo stati ritenuti degni di questo dono, così da poter ritornare alla primitiva bellezza e purificare la macchia sopraggiunta; e voi che poco tempo fa esperimentaste la genero­sità regale, mostrate molta vigilanza e fermezza così da permanere in una costante purezza e non accogliere alcuna macchia o difetto dall'insidia del diavolo, ma, quasi come se questi fosse presente e si trovasse vicino e scagliasse i dardi della sua

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malvagità, così difendiamoci da ogni parte e resi­stiamogli con grande cura, tenendo in gran conto la nostra salvezza in modo da poter sfuggire alle sue insidie e, restando incolumi, attirare su di noi il soccorso dall'alto, per la grazia e la bontà del Signore nostro Gesù Cristo, con il quale sia al Padre insieme con lo Spirito Santo gloria, poten­za, onore, adesso e sempre e per i secoli dei seco­li. Così sia.

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DECIMA CATECHESI1

·Rimprovero dello stesso per coloro che hanno abbandonato la riunione e se ne sono andati alle corse dei cavalli ed agli spettacoli; quale cura si deve mostrare per i fratelli negligenti, e per i nuovi illuminati».

DOLORE E RIMPROVERO

PER CHI PREFERISCE GLI SPETIACOU ALIA CHIESA

1. Di nuovo corse dei cavalli e spettacoli sata­nici, e la riunione diventa per noi più ridotta di numero2•

Per questo motivo anch'io, temendo la negli­genza che deriva dal rilassamento e dall'assenza di paura, all'inizio esortai e supplicai il vostro amore di non disperdere la ricchezza accumulata mediante il digiuno e di non subìre l'onta degli

1 Anche questa Catechesi fu tenuta probabilmente nella stessa settimana di Pasqua del 390, il mercoledì.

• L'immediatezza dello stile rivela la spontaneità del Crisostomo, la cui Catechesi trae lo spunto da situazioni concrete, in questo caso dalla tra­scuratezza del suo pubblico.

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spettacoli satanici: ma, come pare, nessun guada­gno ci è venuto dall'esortazione.

Ecco che oggi alcuni ascoltatori della nostra istruzione, lasciatisi trascinare ed abbandonata questa lezione spirituale, sono corsi là, tutto cac­ciando via in una volta dal loro spirito, il ricordo della santa Quaresima, la festa salutare del giorno della risurrezione, la comunione terribile e ineffa­bile dei santi misteri, la continuazione del no­stro insegnamento.

2. Ora con quale coraggio, dimmi, proseguirò la solita istruzione vedendo che essi non traggono alcun profitto da ciò che noi diciamo ma, quanto più prolunghiamo l'insegnamento, tanto più, per così dire, la negligenza aumenta, fatto che a noi provoca maggior dolore e a loro procura una più grave condanna: anzi non soltanto il dolore, ma anche lo scoraggiamento si fa per noi più grande.

Infatti come un agricoltore, quando vede che dopo molte fatiche ed affanni la terra non offre nulla degno dei suoi sforzi ma è simile a una pie­tra sterile, diventa più lento nel lavorarla con­statando di essersi affaticato invano e senza alcun frutto, allo stesso modo anche il maestro, quando vede che dopo la grande cura e la continua istru­zione, i suoi discepoli rimangono nella stessa ne­gligenza, non può certo proseguire il suo insegna­mento spirituale con lo stesso zelo, anche se in questo caso per la trascuratezza degli ascoltatori non diminuisce certo per lui la ricompensa delle sue fatiche.

3. Ciò che si può notare a proposito della terra non si verifica per l'istruzione spirituale. Là, quan­do la terra delude, l'agricoltore torna a casa a mani vuote senza trovare alcun conforto per le

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fatiche; qui mvece non è così, ma anche se i discepoli rimangono nella stessa negligenza e nessuno trae vantaggio da ciò che viene detto, qualora il maestro non abbia da parte sua trascu­rato nulla di ciò che conviene, raccoglie ugual­mente con abbondanza le ricompense delle fati­che, poiché il buon Dio non annulla i premi dei suoi sforzi per la negligenza di quelli ma, sia che ascoltino sia che non ascoltino, offre abbondanti rimunerazioni.

4. Ma poiché non miriamo soltanto a questo, al fatto cioè che i premi e le ricompense restino inte­gri per noi, ma teniamo pure in grande stima il vostro vantaggio e la vostra utilità, considerando un danno personale la vostra negligenza, per que­sto pensiamo che venga diminuita per noi la gioia soprattutto quando pensiamo che questa stessa circostanza diventa motivo di più grave condanna dopo tale esortazione per coloro che rimangono nella stessa negligenza e non vogliono trarre al­cun vantaggio dalla continua istruzione.

5. Ciò che anche Cristo diceva dei giudei: Se non fossi venuto e non avessi parlato loro non avrebbero colpa; ora invece non hanno scusa per il loro peccato, questo ci converrà dire ora di colo­ro che hanno preferito alla presente riunione il divertimento mondano, gli incontri dannosi, le corse dei cavalli e gli spettacoli del diavolo.

Se non avessimo rivolto in anticipo tale esorta­zione facendola risuonare in ogni occasione, con­sigliandoli come piccoli fanciulli indirizzandoli in tal modo ogni giorno mediante il continuo inse­gnamento sulla strada della virtù, mostrando l'on­ta del vizio, stimolando alla correzione delle colpe già commesse, se dunque non avessimo fatto in

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anticipo tutto ciò forse qualcuno li avrebbe ritenu­ti degni di perdono.

6. Ora invece quale scusa avranno? Chi conce­derà loro il perdono quando non soltanto essi subiscono il grave danno di tale negligenza, ma diventano motivo di scandalo ad altri e il vecchio non solo non tiene conto del tempo della sua età, dell'imminenza della fine, della grandezza del pe­so delle colpe già commesse, ma ogni giorno au­menta i suoi falli e diventa con la sua età maestro di negligenza per i giovani?

Come potrà costui, dimmi, correggere la negli­genza del fanciullo e rendere assennato il giova­ne disordinato, quando egli non è reso saggio neppure dal tempo della sua età e sta per rende­re conto non soltanto della sua condotta ma pure del fatto che diviene maestro di negligenza per altri, e neppure in tale condizione si astiene da questa malvagia abitudine?

7. Come colui che pratica la virtù non solo rice­ve la ricompensa per le proprie fatiche, ma racco­glie pure il premio dell'utilità degli altri, spingen­do molti allo zelo e all'imitazione della propria virtù, allo stesso modo coloro che praticano il ma­le devono rendere un conto maggiore anche per essere divenuti motivo di negligenza per altri.

Che rimprovero faremo ormai ai giovani quan­do i vecchi cadono in tale negligenza e non ascol­tano neppure l'esortazione dell'Apostolo che dice: Non siate motivo di scandalo né ai giudei né ai greci né alla Chiesa di Dio?

ESORTAZIONE A RENDERE IN TIJTTO GLORIA A DIO

8. Vedi quale consiglio ha dato il cuore del-

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l'Apostolo, temendo molto e tremando per coloro che ricevono danno dalla nostra negligenza e sa­pendo che si presenterà un non piccolo pericolo a coloro che inducono alla negligenza gli altri?

Per questo motivo esortando anche altri racco­mandava di preoccuparsi sempre della virtù: Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualcos'altro, tutto fate a gloria di Dio.

Considera l'accuratissima esortazione. Tutto ciò che ti accingi a fare e compi, dice, abbia questo unico fondamento, di mirare alla gloria di Dio, e nulla avvenga da parte tua che non abbia questo movente: Dunque sia che mangiate, sia che be­viate, sia che facciate qualcos'altro, fate tutto a gloria di Dio.

9. E come è possibile, dici, mangiare e bere a gloria di Dio? Quando seduto a tavola rendi gra­zie al donatore, quando riconosci il dispensatore, quando non introduci nessuna conversazione ter­rena ma, dopo aver soddisfatto con grande tem­peranza all'esigenza del corpo e aver eliminato l'eccesso e la voracità, alzandoti rendi grazie a chi ha offerto il nutrimento per la nostra sussistenza, allora hai compiuto ogni cosa a gloria di Dio.

Dice infatti: Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualcos'altro, fate tutto a gloria di Dio.

10. Vedi come con questa breve espressione abbracciò tutta la nostra vita? Dicendo: Sia che facciate qualcos'altro comprese in una sola paro­la tutta la nostra vita, volendo che noi dovunque non compiamo alcuna azione virtuosa mirando alla gloria umana.

E non soltanto questo, ma dicendo: Sia che fac­ciate qualcos'altro, fate tutto a gloria di Dio, allude anche a un'altra cosa, all'astenersi completamen-

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te dalle azioni cattive e al non compiere nulla che non arrechi gloria al comune Signore di tutti.

Se dunque pratichiamo la virtù, a questo miria­mo anzitutto, a procurarci la lode da parte del solo Dio, e non terremo affatto conto della consi­derazione da parte degli uomini; se poi siamo negligenti, questo ti spaventi e freni la nostra mente, intendo dire il giudizio imparziale, l'avvici­narsi di quel giorno temibile e il fatto che le no­stre azioni portano all'oltraggio di Dio.

Ora come dice a coloro che praticano la virtù: chi mi onorerà, anch'io l'onorerò, così ascolta il Profeta che a sua volta dice: Guai a voi perché per causa vostra è oltraggiato il mio nome tra le genti.

11. Vedi quale indignazione c'è in questa paro­la? Come è possibile rendere gloria a Dio? Viven­do per la gloria di Dio e facendo così risplendere la nostra vita, come anche altrove diceva: Risplen­da la vostra luce davanti agli uomini affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Pa­dre vostro che è nei cieli.

Niente può così glorificare il nostro Signore come un'ottima condotta.

Infatti come la luce del sole con i propri raggi illumina i volti di chi la vede, così anche la virtù, attirando alla contemplazione di sé tutti coloro che la guardano, spinge a rendere gloria al Si­gnore coloro che sono retti.

Dunque tutto ciò che facciamo facciamolo in modo da indurre a rendere gloria a Dio chiunque ci veda. Dice: Sia che facciate qualcos'altro, fate tutto a gloria di Dio.

12. Ad esempio, che ti dico? Se per caso vuoi frequentare qualcuno, non cercare di guadagnarti coloro che godono delle ricchezze e della fama

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del mondo, ma quelli che sono nelle afflizioni, nei pericoli, nelle prigioni, soli da ogni parte e privi di ogni conforto.

Tieni in grande considerazione la loro compa­gnia poiché riceverai un grande guadagno da essi, diventerai più saggio e tutto farai a gloria di Dio.

E se bisognerà visitare qualcuno, preferisci gli orfani e le vedove e quelli che sono molto mo­desti a coloro che sono circondati di gloria e di fama. È lui stesso che ha detto: /o sono il padre degli orfani e il difensore delle vedove; e ancora: Rendete ragione all'orfano e difendete la vedova, venite qua e discutiamo, dice il Signore.

13. E se vorrai anche soltanto andare in piazza, ricordati dell'esortazione dell'Apostolo che dice: Sia che facciate qualcos'altro, fate tutto a gloria di Dio.

Non perdere il tempo in compagnie inutili e dannose, ma affrettati alla casa di Dio affinché il corpo e l'anima possano ricevere un grandissimo vantaggio.

E se discorriamo con qualcuno facciamolo con modestia e con grande dolcezza e non sopportia­mo che si tengano conversazioni terrene e senza alcuna utilità, ma che si discorra soltanto di ciò che può arrecare un grande vantaggio a chi ascol­ta e liberare noi da ogni biasimo.

GRAVITÀ DELLO SCANDALO

E DOVERE DELLA CORREZIONE FRATERNA

14. Non senza motivo ho proposto ora questi argomenti alla vostra carità, ma perché sappiate quale cura noi dobbiamo avere se vogliamo tene­re in qualche conto la nostra salvezza e di quale

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condanna siano degni coloro che preferiscono alla presente riunione e a questo insegnamento spirituale i trattenimenti mondani, gli incontri dis­sennati e dannosi, le corse dei cavalli e gli spetta­coli satanici e funesti e non ascoltano il beato Paolo che dice: Non siate motivo di scandalo né ai giudei né ai greci né alla Chiesa di Dio.

15. Infatti quale perdono rimane a costoro, quale scusa quando il cristiano che riceve questo insegnamento e partecipa ai terribili ed ineffabili misteri vive continuamente in compagnia del giu­deo e del greco e gode di quelle cose di cui quel­li godono?

Come potremo mai, dimmi, guidare alla verità chi erra ed attirare alla pietà chi si è dato a tale negligenza? Invece non converrà forse anche a noi dire a costoro ciò che il beato Paolo diceva a coloro che in Corinto entravano nei templi degli idoli dopo aver ricevuto la parola della pietà? Se uno vede te che hai scienza seduto a mensa in un tempio di idoli, egli dice.

16. Noi diremo modificando un po' il testo: Se qualcuno vedrà te che hai la scienza della pietà trascorrere l'intera giornata in quelle compagnie dissennate e dannose, la coscienza di colui che è debole non sarà forse indotta ad occuparsi con più cura di queste cose?

Ciò che diceva quel beato, trattenendo coloro che sconsideratamente dopo aver accolto la scien­za della pietà si accostavano ai templi degli idoli e diventavano oggetto di scandalo per gli altri, anche noi ora lo diremo opportunamente a coloro che corrono a quegli incontri illeciti e preferiscono i trattenimenti mondani alla presente riunione.

17. Ma quale è il vantaggio di questi rimprove-

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ri quando i responsabili né ascoltano né sono pre­senti a ciò che si dice?

Anzi, neppure così la nostra esortazione sarà inutile. È possibile che mediante la vostra intelli­gente comprensione essi vengano a sapere con precisione tutto, fuggano l'allettamento del diavo­lo e ritornino al nutrimento spirituale.

Così fanno anche i medici: quando visitano gli ammalati non discorrono soltanto con essi della cura, ma espongono tutto anche ai presenti, ai . sani e ai congiunti dell'infermo e, dato loro l'in­carico di queste cose, se ne vanno come dopo aver disposto bene ogni cosa.

Noi dunque, anche se non sono presenti gli ammalati, affidiamo ugualmente a voi sani ciò che riguarda la cura di quelli e sveliamo il dolore della nostra anima, affinché voi vi preoccupiate ormai della salvezza delle vostre proprie membra e por­tiate a compimento con le opere l'esortazione del­l'Apostolo che dice: Sia che mangiate, sia che be­viate, sia che facciate qualcos'altro, fate tutto a gloria di Dio.

18. Quando, uscendo di qui, ti prenderai cura della salvezza del fratello e non solo lo accuserai e lo rimprovererai, ma lo consiglierai, lo esorterai, gli mostrerai il danno del trattenimento mondano e il vantaggio e l'utiità di questo insegnamento, avrai fatto tutto a gloria di Dio e preparato un doppio premio per te, sia perché tu stesso hai provveduto in tal modo alla tua salvezza sia per­ché hai cercato di guarire il tuo membro.

Questo è il vanto della Chiesa, questo il coman­damento del Salvatore: non mirare solo al proprio interesse, ma pure a quello del prossimo.

19. Pensa a quale dignità si eleva colui che tiene

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in grande considerazione la salv.ezza del fratello: costui imita Dio, per quanto è possibile all'uomo.

Ascolta che cosa dice per mezzo del Profeta: Colui che sa trarre ciò che è prezioso da ciò che è vile sarà come la mia bocca.

Chi si preoccupa di salvare il fratello negligen­te, dice, e di strapparlo dalle fauci del diavolo mi imita, per quanto è possibile all'uomo.

Che cosa potrebbe esserci di simile a questa azione? Questa è la più grande di tutte le buone opere, il colmo di ogni virtù.

20. E davvero a ragione: se Cristo versò il suo sangue per la nostra salvezza e Paolo a proposito di quelli che procurano scandali e feriscono la coscienza di coloro che li vedono, esclama dicen­do: Perisce a causa della tua scienza il fratello debole per cui Cristo morì; se dunque il Signore versò per lui il sangue come non sarebbe giusto che ciascuno di noi arrecasse se non altro l'esor­tazione mediante le parole e tendesse la mano verso coloro che per negligenza sono caduti nelle reti del diavolo?

Ma io sono pienamente convinto che voi fare­te questo, essendo pieni di affetto per le vostre membra, e con grande sollecitudine ricondurrete i vostri fratelli alla madre comune, poiché so che per la grazia di Dio siete prudenti e potete correg­gere anche gli altri.

LA PERENNE FRESCHEZZA DEL BATTESIMO

21. Voglio ormai indirizzare il discorso ai nuovi illuminati: e chiamo nuovi illuminati non quelli che furono ritenuti degni poco tempo fa del dono spirituale, ma quelli già da un anno e da molto

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più tempo. Se vorranno, anche questi potranno gioire continuamente di questo nome.

Questa nuova giovinezza non conosce vecchia­ia, non soggiace a malattia, non cede a scoraggia­mento, non si oscura col tempo, non soccombe a nulla, non è vinta da nulla se non soltanto dal peccato: la sua pesante vecchiaia è il peccato.

22. E affinché tu sappia che questo è più pe­sante di tutto, ascolta il Profeta che dice: Come un grave peso pesarono su di me.

E non solo è pesante, ma anche fetido. Ag­giunse: Putride e fetide sono le mie piaghe. Vedi come il peccato non soltanto è pesante, ma pure fetido. E mediante ciò che segue impara anche da dove nasce: Per la mia stoltezza, dice. La stoltez­za dunque è per noi la causa di tutti i mali.

È possibile quindi che uno che è vecchio se­condo l'età del corpo sia giovane e nuovo illumi­nato per la freschezza della grazia, e che uno che è giovane secondo il corpo diventi vecchio per la moltitudine dei peccati. Là dove riesce ad entra­re il peccato produce una grande macchia e un grande danno.

23. Perciò esorto sia coloro che furono ritenuti degni poco fa del battesimo sia coloro che otten­nero precedentemente il dono, questi di detergere mediante il riconoscimento delle colpe, le lacrime e la più accurata conversione la macchia contratta, quelli di custodire fresco lo splendore e di fare attenzione che la bellezza dell'anima non accolga alcuna goccia che possa cagionarle una macchia.

Non vedete coloro che indossano un vestito splendente quale cura mettono nel camminare in piazza, perché una goccia di fango sprizzando non insudici la bellezza dell'abito, anche se di qui

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non deriverebbe all'anima alcun danno: il vestito viene corroso dalla tignuola e consumato dal tem­po, ma tuttavia, anche se viene macchiato, può essere facilmente lavato dall'acqua. All'anima inve­ce, se per caso avvenisse, non avvenga mai!, che essa riceva una macchia o attraverso la lingua o attraverso i pensieri che nascono dalla mente, subito sopraggiunge un grande danno, un enorme peso, un grave fetore.

24. Per questo motivo temendo anch'io le insi­die del nemico vi rivolgo continua l'esortazione a custodire immacolata la veste nuziale ed a presen­tarvi sempre con essa a queste nozze spirituali.

Che quanto qui si compie sia un matrimonio spirituale deducilo dal fatto che come per queste nozze umane le feste vengono allestite sino a sette giorni, così anche noi per altrettanti giorni prolun­ghiamo per voi questa festa spirituale imbanden­dovi la mistica tavola, piena di infiniti beni.

E che dico sette giorni? Se vorrete essere sobri e vigilanti queste feste spirituali rimarranno allesti­te per sempre, purché conserviate il vostro abito nuziale immacolato e splendente.

25. Così attirerete ad un amore più intenso lo sposo e, col passare del tempo, apparirete più luminosi e splendenti, poiché la grazia crescerà ulteriormente con la pratica delle buone opere.

Possa avvenire che tutti noi mostriamo di custodire degnamente il dono già ricevuto e meri­tiamo la benevolenza dall'alto, per la grazia e la misericordia dello stesso Figlio unigenito e nostro Signore Gesù Cristo, col quale sia al Padre insie­me con lo Spirito Santo gloria, potenza ed onore ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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UNDICESIMA CATECHESl1

·Dello stesso, sul fatto che sono per noi occa­sione di grandissima utilità le reliquie dei santi martiri e che bisogna trascurare tutte le cose terre­ne e mirare a quelle spirituali; quale bene siano la preghiera e l'elemosina, e per i nuovi illuminati».

I NUOVI BATTEZZATI PRESSO I SEPOLCRI DEI MARTIRI

1. Il buon Dio mostrando al genere umano la grande e varia sua provvidenza non soltanto ordi­nò tutta la creazione, spiegò il cielo, distese il ma­re, accese il sole, fece brillare la luna, donò la ter­ra per abitazione e offrì tutte le risorse della ter­ra per cibo e sostentamento dei nostri corpi, ma donò pure le reliquie dei santi martiri e, dopo aver preso lui le anime - le anime dei giusti, dice infatti, sono nelle mani di Dio - ci lasciò frattanto i loro corpi come esortazione e conforto affinché, accostatici ai sepolcri di questi santi, siamo spinti allo zelo e all'imitazione e vedendoli conserviamo

1 Successiva alla precedente, questa Catechesi fu probabilmente tenuta il venerdì della settimana di Pasqua del 390 (cf. nota 1 della ottava Catechesi).

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il ricordo delle loro buone opere e delle ricom­pense che sono a queste collegate.

2. Di qui deriva una grande utilità alle nostre anime, se siamo sobri, poiché la parola non può educarci e condurci alla saggezza ed al disprezzo dei beni presenti così come le sofferenze dei mar­tiri, che hanno una voce più squillante di una tromba e mostrano mediante le loro opere la grandezza della ricompensa per le pene di quag­giù e la sovrabbondanza del premio. Tanto la parola è inferiore all'azione quanto le cose dette da noi sono inferiori all'insegnamento che pro­viene da questi santi.

3. Quando dunque tu vieni qui, o diletto, riflet­ti con la mente che tutta questa folla si affretta a correre con tanta cura per baciare la polvere e ottenere la benedizione che proviene da questo luogo.

Come non ti sentirai allora esaltato nella mente e non ti affretterai a mostrare lo stesso zelo del martire, così da essere ritenuto anche tu degno delle stesse ricompense?

Pensa che se da parte nostra, che siamo loro compagni di schiavitù, ricevono tale onore, quale e quanta fiducia otterranno da parte del Signore in quel terribile giorno quando staranno per risplen­dere più fulgidi dei raggi del sole! Infatti - dice -allora i giusti risplenderanno come il sole.

4. Conoscendo dunque la grandezza della loro fiducia, ricorriamo sempre ad essi e accogliamo il loro aiuto.

Se gli uomini che godono fiducia presso il re della terra possono procurare molti e grandi van­taggi a quelli che ricorrono a loro, quanto di più questi santi che hanno ottenuto la fiducia presso

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il re dei cieli ci procureranno grandissimi vantag­gi mediante le loro sofferenze, purché noi appor­tiamo il nostro contributo: allora soprattutto la lo­ro assistenza ci potrà giovare se non saremo ne­gligenti, ma ci sforzeremo con l'assiduità e con la cura della nostra condotta di attirare su di noi la benevolenza del Signore.

I MARTIRI COME MEDICI SPIRITUALI

DELL'ANIMA E DEL CORPO

5. Ricorriamo dunque costantemente a questi come a dei medici spirituali.

Per questo motivo il buon Signore lasciò a noi i loro corpi, affinché accostatici ad essi e abbrac­ciatili con la disposizione dell'anima ne ricaviamo una perfetta guarigione delle malattie dell'anima e del corpo: se ci accostiamo con fede, sia che ab­biamo una sofferenza spirituale sia materiale ce ne ritorniamo dopo aver ricevuto una guarigione corrispondente.

6. Eppure riguardo alle sofferenze materiali è possibile spesso dover intraprendere un lungo viaggio per trovare le mani di un medico, spende­re denari e pensare a molti altri mezzi capaci di persuaderlo ad offrire l'abilità della sua arte e a trovare un sollievo alla sofferenza.

Qui invece non abbiamo bisogno di niente di tutto ciò, né di un lungo viaggio né di fatica né di un grande giro né di dispendio di denaro, ma ba­sta che si porti una fede sincera e si versino calde lacrime con l'anima compunta per trovare subito la guarigione per l'anima ed ottenere la salute del corpo.

7. Vedi la potenza dei medici? Vedi la loro ge-

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nerosità? Vedi l'arte che non è vinta dalle malattie? Spesso riguardo le sofferenze materiali la gravi­

tà della malattia vinse l'arte del medico. Qui inve­ce non c'è da supporre niente di simile, ma se ci accostiamo con fede subito otteniamo il vantaggio.

E non stupirti, o diletto: il buon Signore, poiché i martiri per lui e per la confessione in lui soppor­tarono ogni cosa e, spogliatisi, si opposero sino al sangue al peccato, volendo farli apparire anche per questo più fulgidi e accrescere ulteriormen­te la loro gloria anche in questa vita mortale, in loro onore offre generosamente i doni a quelli che si accostano ad essi con fede.

8. E che quanto diciamo non siano soltanto pa­role ma venga testimoniato dalla stessa esperien­za dei fatti, so bene che anche voi lo confermere­te e lo attesterete.

Quale donna che aveva il marito lontano ed era afflitta per la separazione, giunta qui e presentata mediante i santi martiri la sua supplica al Signore dell'universo, non riuscì a farlo ritornare più rapi­damente dal lungo viaggio?

E un'altra vedendo a sua volta il proprio figlio colpito da una grave infermità, abbattuta e per così dire trafitta nelle sue viscere, giunta qui, do­po aver versato calde lacrime ed essere riuscita a spingere questi santi alla preghiera in suo fa­vore, intendo dire questi campioni di Cristo, non respinse subito la malattia e fece sì che il mala­to riottenesse la salute?

9. Molti imbattutisi in circostanze difficili e ve­dendo dei pericoli inevitabili gravare su di essi, giunti qui e levata la loro costante supplica evita­rono l'esperienza di quei terribili mali.

E perché parlo di malattie corporali e di circo-

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stanze difficili? Molti oppressi dallo stesso diavolo ed assaliti da sofferenze dell'anima, dopo essersi presentati a questi medici spirituali, dopo aver ri­cordato le proprie colpe e aver denudato per co­sì dire con la parola le loro piaghe, ricavarono di qui tale conforto che ne ebbero immediatamente la sensazione, avvertirono più leggera la loro co­scienza e se ne ritornarono a casa con una gran­de certezza.

10. Il Signore ci ha donato i sepolcri dei santi martiri come delle fonti spirituali che possono ver­sare copiose acque.

E come le fonti delle acque sono a libera dispo­sizione di tutti coloro che vogliono attingere dalle loro correnti e, quanto è la capacità del vaso di riceverne, altrettanto ne attinge chi vuole e se ne va, allo stesso modo si può vedere che accade per queste fonti spirituali.

Queste fonti sono aperte a tutti e qui non vi è alcuna distinzione di persone, ma sia uno ricco o povero, schiavo o libero, uomo o donna, tanta quantità riceve da queste acque divine quanta grandezza di zelo si sforza di apportare.

11. Ciò che là sono i vasi per la raccolta dell'ac­qua, qui è lo spirito, l'ardente zelo e il sobrio comportamento.

Chi si accosta in questo modo ottiene subito in­finiti beni, poiché la grazia di Dio invisibilmente rende lieve la sua coscienza, una grande sicurez­za sopraggiunge in lui e lo dispone in seguito a distaccarsi dalla terra e a dirigersi verso il cielo.

È possibile a chi è ancora imprigionato nel cor­po non aver nulla in comune con la terra, raffigu­rarsi tutto ciò che è in cielo e contemplare costan­temente quei beni.

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ESORTAZIONE AD ASPIRARE COME I MARTIRI

SOLTANfO ALLE COSE CELESTI

12. Per questo 'motivo Paolo, scrivendo a uomi­ni presi nella carne, immischiati nelle cose del mondo e preoccupati di mogli e figli diceva: Pen­sate alle cose di lassù.

In seguito affinché impariamo che cosa signifi­ca per lui questa esortazione e che cosa vuol dire pensare alle cose di lassù aggiunse: Là dove c'è Cristo assiso alla destra di Dio. Io voglio, dice, che voi pensiate a ciò che può trasferire là il vostro pensiero e a ciò che può distaccarvi dalle cose del­la terra. Infatti la vostra cittadinanza è nel cielo.

Dunque dove siete iscritti come cittadini - dice - là sforzatevi di trasferire tutta la vostra mente e risolvetevi pure di compiere ciò che potrà render­vi degni di quella cittadinanza.

13. E affinché non pensiamo che egli ci ordina delle cose impossibili e superiori alla nostra natu­ra, ripete di nuovo l'esortazione e dice: Pensate alle cose di lassù, non a quelle terrene.

Che cos'è ciò che egli vuole insegnarci? Non pensate - dice - a queste cose degne del­

la terra. Che cosa sono le cose degne della terra? Quelle che non hanno niente di stabile, che si di­leguano prima ancora di apparire, che non pos­siedono niente di solido e di immutabile, che sva­niscono con la vita presente, appassiscono prima ancora di fiorire, sono soggette alla corruzione. Tali sono tutte le cose umane sia che tu parli di ricchezza o di potenza o di gloria o di bellezza del corpo o della completa felicità della vita.

14. Perciò si servì di una tale espressione dicen­do: Non pensate alle cose terrene, volendo indica­re con il nome della terra il loro infimo valore.

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Non pensate dunque a ciò - dice - ma alle co­se di lassù: al posto delle cose terrene, di queste cose vili ed effimere, pensate alle cose di lassù -dice -, a quelle celesti immutabili, che si estendo­no al secolo durevole, si vedono con gli occhi della fede, non conoscono fine né successione, non hanno termine. Voglio che a quelle rivolgiate continuamente il pensiero, poiché la cura per es­se distacca dalla terra e trasporta al cielo.

15. Per questo motivo anche Cristo diceva: Dove è il tesoro dell'uomo, là c'è pure il suo cuore.

Una volta che l'anima ha concepito l'idea di quei beni ineffabili, come sciolta dai legami del corpo diventa per così dire aerea e, raffigurando­si ogni giorno il godimento di quelli, non può concepire l'idea delle cose terrene ma le supera come sogno e ombra, avendo il pensiero teso continuamente là, pensando quasi di vedere quei beni con gli occhi della fede e mirando ogni gior­no al loro godimento.

16. Ascoltiamo dunque l'esortazione di questo beato ed ammirevole maestro dell'universo, del perfetto pedagogo e coltivatore delle nostre ani­me e pensiamo a ciò che egli stesso ci consigliò: così potremo gustare i beni presenti e ottenere quelli futuri. Se cercheremo a preferenza quelli, avremo in aggiunta anche questi. Dice infatti: Cer­cate il regno di Dio e la sua giustizia e tutto que­sto vi sarà dato in più.

Non cerchiamo dunque a preferenza ciò che egli promise di darci in aggiunta, affinché, com­piendo le cose contrarie all'esortazione del Signo­re, le perdiamo entrambe.

Forse che il Signore attende un cenno di ricor­do da parte nostra ed allora egli ci darà i suoi do-

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ni? Egli sa ciò di cui abbiamo bisogno prima an­cora che noi glielo chiediamo.

Se dunque vedrà che noi abbiamo cura di quel­li, egli ce ne concederà il godimento e con gene­rosità ci darà pure questi che promise di offrirci generosamente in aggiunta.

Cerchiamo dunque preferibilmente, vi suppli­co, le cose spirituali e pensiamo alle cose celesti, non a quelle terrene, affinché possiamo consegui­re quelle e godere di queste.

17. Infatti anche questi santi martiri, poiché pensarono alle cose di lassù, disprezzarono le ter­rene e ricercarono quelle, per questo le ottennero in abbondanza e godono pure ogni giorno del­l'onore di quaggiù, anche se non ne hanno biso­gno avendolo disprezzato una volta per sempre: tuttavia accettano l'onore da parte nostra per il nostro vantaggio, pur non avendone bisogno, af­finché noi possiamo raccogliere il frutto della lo­ro benedizione.

18. E affinché tu sappia come essi disprezzaro­no tutto ciò che appartiene alla vita presente per poter conseguire quei beni eterni, considera, o mio diletto, col pensiero come, pur vedendo con gli occhi corporali il tiranno che spirava fuoco, aguzzava i denti, mostrava un furore più violento di un leone, preparava fuoco, pentole e caldaie bollenti e faceva di tutto per dominare e abbatte­re la loro intenzione, essi invece, abbandonata ogni cosa terrena, con gli occhi della fede con­templavano il re dei cieli e la moltitudine degli angeli e si raffiguravano quei beni ineffabili.

19. Trasferita là la loro mente, non la rivolsero più a nessuna cosa visibile ma, pur vedendo le mani dei carnefici che scorticavano le loro carni,

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scorgendo questo fuoco materiale acceso e i car­boni che schioppettavano, essi si raffiguravano il fuoco della geenna e così, tendendo fortemente il loro pensiero, si slanciarono per così dire verso i tormenti, non tenendo conto del dolore presente che sopravveniva al loro corpo ma mirando al ri­poso senza fine.

E pensando alle cose di lassù secondo l'esorta­zione di questo beato, soggiornavano là dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. E non erano atterriti da nessuna delle cose visibili, ma supera­vano ogni cosa ritenendola ombra e sogno, poi­ché il loro pensiero si levava in alto per il deside­rio delle cose future.

IL BATIESIMO COME MORTE

RISPETIO ALLE COSE TERRENE

20. Perciò questo beato, conoscendo la forza di un simile consiglio, diceva: Pensate alle cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio.

Osserva la perspicacia del maestro, dove indi­rizzò subito coloro che gli ubbidiscono.

Infatti dopo aver oltrepassato angeli, arcangeli, troni, dominazioni, signorie, principati, tutte quel­le potenze invisibili, i cherubini ed i serafini, fissò i pensieri dei fedeli davanti allo stesso trono rega­le e con il proprio insegnamento convinse coloro che camminavano sulla terra a distaccarsi dai le­gami del corpo e a porsi con la mente davanti allo stesso Signore dell'universo.

21. E affinché quelli che ascoltano ciò non pen­sino a loro volta che il consiglio sia superiore al­le loro forze, che i precetti siano impossibili e che accogliere questo modo di pensare sia al di sopra

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della capacità umana, dopo aver detto: Pensate alle cose di lassù, non a quelle terrene, aggiunse: Infatti siete morti.

Che anima ardente e piena di grande desiderio di Dio! Infatti siete morti, afferma, come se dices­se: - Che cosa avete ormai in comune con la vita presente? Siete morti, cioè siete divenuti come dei cadaveri rispetto al peccato, quando una volta per sempre avete rinunciato alla vita presente -.

22. In seguito perché non si turbino sentendo dire: Siete morti, subito aggiunse: E la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.

La vostra vita - dice - ora non appare perché è nascosta: non comportatevi dunque come vivi rispetto alle cose della vita presente, ma dispone­tevi come morti e cadaveri.

Dimmi, è possibile che uno che sia morto a questa vita prenda ancora parte alle cose presen­ti? Affatto. Così - dice - anche voi che siete mor­ti una volta per sempre e siete divenuti cadaveri rispetto al peccato mediante il battesimo, non do­vete avere nulla in comune con le passioni della carne e con le cose terrene. Dice infatti: Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui e sepolto mediante il battesimo.

Non prendete parte dunque alle cose terrene e non comportatevi come viventi nelle cose pre­senti. La vostra vita ora è nascosta ed è invisibile agli infedeli, ma verrà il tempo in cui diventerà visibile.

Ora il tempo non è vostro: perciò, essendo morti una volta per sempre, non pensate alle co­se terrene. La grandezza della vostra virtù appare soprattutto quando, dopo aver combattuto il mo­do di pensare della carne, divenuti come morti al-

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la vita, così vi comportate rispetto a tutte le cose del mondo.

23. Ascoltino ciò coloro che poco tempo fa furo­no ritenuti degni del dono del battesimo e tutti noi che da tempo partecipiamo a questa grazia acco­gliamo il consiglio del maestro dell'universo e pen­siamo quali vuole che siano coloro che sono dive­nuti una volta per tutte partecipi dei misteri ineffa­bili, come essi debbano essere estranei alla vita presente non perché abitino in un certo senso fuo­ri e lontano da questo mondo, ma perché vivendo in mezzo ad esso non si distinguano affatto da quelli che ne sono lontani, ma brillino come astri e con le azioni mostrino agli infedeli che essi si sono trasferiti in un'altra patria e non hanno più nulla in comune con la terra e con le cose della terra.

LA PREGHIERA E L'ELEMOSINA INDISPENSABILI

PER CONSERVARE LO SPLENDORE DEL BATTESIMO

24. E come ora siete oggetto di ammirazione a tutti per la veste splendente e il fulgore degli abi­ti mostra la sovrabbondanza della purezza del­l'anima che è in voi, così sia coloro che lo saran­no prossimamente sia coloro che poco fa sono stati ritenuti degni del dono, sia tutti coloro che hanno già approfittato come voi della stessa gene­rosità è giusto che diventino visibili a tutti per la loro ottima condotta ed illuminino come una fiac­cola tutti coloro che li vedono.

Questa vostra veste spirituale, purché vogliamo conservarne lo splendore, a mano a mano che passa il tempo manda maggiore fulgore e una grande intensità di luce, ciò che non può mai ac­cadere alle vesti materiali.

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E anche se ci prendiamo infinite volte grande cura di esse, col tempo si consumano, invecchian­do si rovinano, non usate sono rose dalle tarme e vi sono molti altri fattori che deteriorano queste vesti materiali.

Invece l'abito della virtù, se ci sforziamo di ar­recare il nostro contributo, non accoglierà mai una macchia né subirà l'esperienza della vecchia­ia, ma quanto più trascorre il tempo tanto più ful­gida e fresca mostra la bellezza della sua luce.

25. Vedi la potenza della veste? Vedi lo splen­dore dell'abito che non cede al tempo, non si oscura per la vecchiaia? Vedi la straordinaria bel­lezza? Sforziamoci dunque, vi supplico, di custo­dire fiorente questa bellezza e impariamo con cu­ra quali sono le cose che possono conservare il fulgore di questa bellezza.

Quali sono dunque? Anzitutto la preghiera con­tinua e il ringraziamento per ciò che ci è già stato dato e la invocazione per la stabilità delle cose concesse. Qui sta la nostra salvezza, qui la medi­cina delle nostre anime, qui il rimedio delle pas­sioni che nascono nell'anima.

La preghiera è baluardo dei fedeli, la preghiera è la nostra arma invincibile, la preghiera è la pu­rificazione della nostra anima, la preghiera è per­dono delle nostre colpe, la preghiera è fondamen­to di infiniti beni, la preghiera non è nient'altro che dialogo con Dio e conversazione con il Si­gnore dell'universo.

Che cosa potrebbe esserci di più felice di colui che viene ritenuto degno della continua conversa­zione con il Signore?

26. E affinché tu sappia quanto grande è que­sto bene pensa a coloro che sono tutti presi dalle

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cose presenti e non si distinguono in alcun modo più da un'ombra.

Questi se vedono qualcuno che si intrattiene costantemente con il sovrano della terra, quale grande vantaggio ritengono sia questo! Lo procla­mano l'essere più felice, lo attorniano come un personaggio mirabile e ritenuto degno di un altis­simo onore.

Se dunque costui, anche se si intrattiene con un suo simile che ha in comune con lui la sua stessa natura e si occupa di cose terrene e mortali, è ri­tenuto essere così ragguardevole, che cosa si po­trebbe dire di colui che è stato ritenuto degno di discorrere con Dio non di cose terrene ma della remissione dei peccati, del perdono delle colpe, della custodia dei doni già ricevuti e di quelli che stanno per essere concessi, dei beni eterni? Questi potrà essere più felice anche di colui che si cinge del diadema, se mediante la preghiera si attirerà l'aiuto dall'alto.

27. Questa preghiera anzitutto potrà custodire costantemente per noi lo splendore di questo abi­to spirituale e, insieme con essa, l'abbondante ele­mosina, il più importante dei nostri beni, la sal­vezza delle nostre anime.

L'unione di queste virtù può procurarci infiniti beni celesti, spegnere l'incendio dei peccati del­le nostre anime e offrirci una grande sicurezza. Servendosi di questa unione di virtù Cornelio ele­vava le sue preghiere al cielo; perciò sentì dire da parte dell'angelo: Le tue preghiere e le tue elemo­sine salirono come memoriale davanti a Dio2•

• At 10,4: il "memoriale" ('azkara) era la parte del sacrificio che il sacer­dote offriva bruciandola sul fuoco (cf. Lv 2,2ss).

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L'ESEMPIO DEL CEN1URIONE CORNELIO

28. Hai visto quale sicurezza ottenne di qui un uomo che indossò per tutta la vita una tunica e una cintura?

Ascoltino coloro che sono arruolati nell'eserci­to ed imparino come nessun ostacolo si presenti per la virtù a chi vuole essere sobrio, ma è possi­bile anche a colui che si cinge di tunica e di cin­tura, ha moglie, pensa ai figli, si preoccupa dei domestici e detiene un potere prendersi molta cura della virtù.

Ecco quest'uomo mirabile che si cinge di tuni­ca e cintura, comandante di soldati - era centurio­ne -, poiché volle, fu sobrio e vigilante di quale sollecitudine celeste è ritenuto degno!

E affinché sappia bene che la grazia celeste scende su di noi quando noi stessi portiamo pri­ma il nostro contributo, ascolta la stessa storia.

Quando, cominciando per primo, ebbe fatte molte e abbondanti elemosine e perseverato nelle continue preghiere, all'ora nona - narra la Scrit­tura - un angelo presentatosi a lui che pregava dis­se: O Cornelio, le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, davanti a Dio.

29. Non passiamo sopra facilmente a questa espressione, ma consideriamo con cura la virtù dell'uomo e allora comprenderemo la bontà del Signore, come egli non disprezzi nessuno, ma là dove egli scorga un'anima sobria fa scendere in abbondanza la sua grazia.

Un soldato privo di qualsiasi istruzione, tutto preso dalle cose del mondo, con infiniti ostacoli che lo premevano e lo impedivano, non spende­va la sua vita in banchetti, ubriachezza e gozzovi-

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glie, ma in preghiere ed elemosine e mostrava sin dall'inizio tale sollecitudine, perseverava tanto nelle preghiere e faceva abbondanti elemosine al punto da mostrarsi degno di una simile visione.

30. Dove sono ora quelli che imbandiscono sontuosi banchetti, versano abbondante vino pu­ro, passano il loro tempo nei conviti, rifiutano spesso di pregare prima del pasto e dopo non of­frono il ringraziamento, ma pensano che sia loro concesso fare tutto senza timore perché occupano cariche, sono arruolati nell'esercito ed indossano tunica e cintura?

Considerino l'assiduità di questo Cornelio nelle preghiere, la sua generosità nelle elemosine e si nascondano per la vergogna.

31. Probabilmente questo maestro diventerà credibile non soltanto a quelli, ma anche a tutti noi ed a quegli stessi che hanno scelto la vita di monaci e si dedicano al servizio della Chiesa.

Chi di noi potrà mai vantarsi di aver mostrato tale assiduità nelle preghiere o di essere stato nel­l'elemosina così generoso da divenire degno di una simile visione?

Perciò, vi supplico, se non prima almeno ora, emuliamo tutti costui, sia chi è arruolato nell'eser­cito sia chi conduce vita civile ed è stato ritenuto degno di tali doni, e non siamo inferiori a chi ha mostrato tale virtù in tunica e cintura.

Allora potremo pure custodire fiorente la bel­lezza di questo nostro abito spirituale, se mostre­remo con cura l'unione di queste virtù.

32. Se lo volete, a queste aggiungiamo anche altre virtù che possono contribuire alla conserva­zione e alla incorruttibilità di questo vestito, inten­do dire la temperanza e la santificazione.

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Dice l'Apostolo: Ricercate la pace e la santifi­cazione, senza di cui nessuno vedrà mai il Si­gnore. Perseguiamo quindi con cura questa pace, scrutando ogni giorno i nostri pensieri e non per­mettendo che la nostra anima riceva qualche mac­chia o difetto dalle cattive considerazioni.

33. Se purificheremo così la nostra mente e metteremo ogni cura nel dedicarci ad essa, avre­mo più facilmente ragione anche delle altre pas­sioni e così arriveremo a poco a poco allo stesso vertice della virtù e, dopo aver messo in serbo già qui per noi molte riserve spirituali, potremo esse­re ritenuti degni anche di quei beni ineffabili che sono destinati a coloro che lo amano: e possiamo tutti noi ottenerli per la grazia e la bontà del no­stro Signore Gesù Cristo, col quale al Padre insie­me con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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DODICESIMA CATECHESI1

«Dello stesso, accoglienza e lode di coloro che sono giunti dai dintorni e sul fatto che, mentre tut­ti i giusti hanno ricevuto promesse materiali e, al posto di queste, aspirano a quelle spirituali, noi invece, pur avendo ricevuto promesse spirituali, ci lasciamo affascinare da quelle materiali; inoltre sul fatto che conviene al mattino e alla sera, recando­si in chiesa, farvi le preghiere e la professione di fede, e per i nuovi illuminati•.

ELOGIO DEL PUBBLICO VENUTO DALIA CAMPAGNA

1. Nei primi giorni i buoni maestri 2 vi hanno sufficientemente ristorati e voi avete goduto del­la continua loro esortazione spirituale, prenden­do parte all'abbondante benedizione derivante dalle reliquie dei santi martiri. Ma poiché oggi co­loro che sono accorsi verso di noi dalla campa­gna hanno reso il pubblico più vivace, anche noi

1 Quest'ultima Catechesi chiude la serie e fu probabilmente tenuta dopo la precedente, il sabato della settimana di Pasqua del 390 (cf. la nota 1 della ottava Catechesi).

2 Sono il vescovo del luogo ed i sacerdoti incaricati di preparare i cate­cumeni al battesimo.

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imbandiamo loro un banchetto spirituale più son­tuoso, pieno del grande amore che essi mostraro­no per noi.

Offrendo dunque ad essi questa ricompensa ed accettando la manifestazione della loro buona di­sposizione verso di noi, sforziamoci di tributare loro una generosa ospitalità.

Se essi non si rifiutarono di percorrere un così lungo cammino per procurarci una grande gioia mediante la loro presenza, molto di più è giusto che noi oggi offriamo loro più ricco questo nutri­mento spirituale, affinché dopo aver ricevuto dei mezzi di viaggio sufficienti se ne possano tornare di qui a casa.

2. Sono nostri fratelli e membra del corpo del­la Chiesa. Abbracciandoli dunque come nostre membra mostriamo così il sincero amore per loro e non badiamo al fatto che essi abbiano un modo di parlare diverso, ma consideriamo con cura la saggezza delle loro anime, non il loro linguaggio barbaro, cerchiamo di comprendere il loro intimo pensiero e ciò che noi, saggi a parole, ci sforzia­mo di insegnare, essi lo dimostrino con le azioni, adempiendo con le opere il precetto dell'Aposto­lo il quale ordina di procurarsi il nutrimento gior­naliero con il lavoro delle mani.

3. Infatti sentirono dire il beato Paolo: Ci affa­tichiamo lavorando con le nostre proprie mani. E di nuovo: Ai miei bisogni e a quelli che sono con me hanno provveduto queste mani.

Sforzandosi di adempiere questo con le stesse opere, emettono una voce più importante delle parole, mostrandosi con le azioni degni della bea­titudine proclamata da Cristo; dice infatti: Beato chi ha fatto e insegnato.

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Quando precede l'insegnamento con le opere, non c'è più bisogno dell'istruzione con le parole.

Tu potresti vedere ciascuno di questi ora ritto presso la sacra soglia imparare le leggi divine e istruire i suoi uditori, ora affaticarsi nella cura del­la terra sia tirando l'aratro sia dividendo i solchi, gettandovi i semi ed affidandoli al suo grembo, ora invece maneggiando l'aratro dell'insegnamen­to e deponendo il seme delle divine lezioni nelle anime dei discepoli.

4. Dunque senza badare semplicemente all'ap­parenza e al discorso della loro lingua non trascu­riamo la loro virtù, ma cerchiamo di comprende­re accuratamente la loro vita angelica, la loro sag­gia condotta.

Infatti ogni lusso ed eccesso di cibo è bandito presso di questi, e non soltanto ciò ma anche gli altri aspetti di mollezza che regnano nelle città, ed essi si cibano soltanto di ciò che può loro bastare al sostentamento della vita, per tutto il resto del tempo applicano la loro mente in inni e in pre­ghiere continue e imitano in questo il modo di vita degli angeli.

5. Infatti come quest'unico compito spetta a quelle potenze incorporee, di lodare sempre il Creatore dell'universo, allo stesso modo anche questi uomini mirabili soddisfano alla necessità del corpo perché sono legati alla carne e dedica­no tutto il resto del tempo alle lodi e alle preghie­re, dopo essersi distaccati dalle immaginazioni terrene, e con la loro ottima condotta si sforzano di condurre alla imitazione di sé i loro uditori.

Chi potrà dunque felicitarsi adeguatamente con questi per il fatto che, senza ricevere alcuna istru­zione dal mondo, appresero la vera saggezza mo-

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strando realizzato, mediante le opere, quel detto dell'Apostolo: Ciò che è stoltezza di Dio è più sa­piente degli uomini?

6. Quando dunque vedrai quest'uomo comune e incolto, che non conosce nulla tranne che le co­se dell'agricoltura e la cura della terra, il quale non tiene in alcun conto le cose presenti ma ele­va la sua mente ai beni che si trovano nei cieli, possiede la sapienza che riguarda quei beni inef­fabili e conosce con precisione tutte queste cose che i filosofi, pur superbi per la barba e il basto­ne, non sono mai riusciti neppure a immaginar­si, come non scorgerai evidente la dimostrazione della potenza di Dio?

Da quale altro luogo, dimmi, è venuta a costo­ro una così grande saggezza della virtù e la capa­cità di non attaccarsi alle cose visibili, ma di pre­ferire le cose non manifeste, invisibili e consisten­ti nella speranza a quelle che appaiono e sono nelle nostre mani?

In ciò sta la fede, quando qualcuno ritiene più credibili delle cose che appaiono e cadono sotto i nostri occhi quelle che sono state promesse da Dio, anche se non si manifestano a questi occhi del corpo.

LA FEDE DI ABRAMO NEI BENI SPIRITUALI

7. Così tutti i giusti ebbero fama e furono rite­nuti degni di quei beni ineffabili. Così il patriarca Abramo fu pubblicamente esaltato da parte del Signore, avendo superato la debolezza della natu­ra umana e orientata tutta la sua mente alla po­tenza di colui che aveva fatto la promessa.

Perciò viene annunziato pubblicamente dalla

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Sacra Scrittura: Abramo credette a Dio - dice - e gli fu imputato a giustizia. Così fin dall'inizio avendo sentito dire: Esci dalla tua terra, dalla tua famiglia e dalla casa di tuo padre e vai nella ter­ra che ti mostrerò, con grande prontezza ubbidì,· mise in pratica l'ordine, lasciò la propria terra do­ve aveva stabilito la sua tenda e se ne andò sen­za sapere dove si sarebbe fermato. Ma alle cose manifeste e sicure preferiva ciò che gli era stato ordinato dal Signore e non solo non discusse il comando né si turbò nella mente, ma mirando al­la dignità di colui che aveva comandato, dopo aver superato tutti gli ostacoli umani, si preoccu­pava di una sola cosa, di non trascurare nulla di ciò che gli era stato ordinato.

8. Ciò avvenne non soltanto per il giusto, af­finché si rivelasse la grandezza della sua fede, ma perché anche noi diventassimo emuli del patriarca.

Infatti, quando ebbe visto la sua anima genero­sa, per questo volle trasferirlo, come un luminare ignorato e nascosto, nel paese di Canaan, affinché conducesse sulla via della pietà quelli che là era­no erranti e avevano la mente ancora indebolita dalla tenebra dell'ignoranza.

Così avvenne e per mezzo di lui in seguito non solo gli abitanti della Palestina ma anche quelli dell'Egitto appresero la provvidenza di Dio a suo riguardo e la virtù del giusto.

Vedi la grandezza della sua magnanimità, come levato in alto dal desiderio verso Dio non si fer­mò ai beni visibili e non mirò soltanto a quelli promessi, ma si rappresentò quelli futuri! E poiché il Signore aveva promesso una terra al posto di un'altra ed aveva detto: Esci dalla tua terra e vai

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nella terra che ti mostrerò, egli, abbandonate le cose sensibili, aspirò a quelle intelligibili.

9. Forse ciò che è stato detto vi sembra essere un enigma? Non preoccupatevi: ve ne do la spie­gazione affinché sappiate come il giusto che ave­va accolto la promessa dei beni sensibili aveva de­siderio di quelli intelligibili. ·

Come dunque sapremo esattamente questo? A­scoltiamo lui che parla, anzi il beato Paolo, il mae­stro dell'universo, che conosce con precisione tut­to ciò e tratta di lui e non soltanto di lui, ma an­che di tutti i giusti.

Volendo ricordare l'elenco dei giusti come A­bramo, Isacco e Giacobbe dice: Tutti questi mori­rono nella fede, senza ricevere i beni promessi, ma avendoli visti e salutati di lontano, confer­mando di essere stranieri e pellegrini sulla terra.

10. Che cosa dici, o beato Paolo? Non ricevet­tero le promesse? Non occuparono tutta la Pa­lestina? Non sono divenuti signori della terra?

Certo, egli dice: hanno ricevuto la Palestina e il possesso della terra, ma con gli occhi della fede avevano il desiderio rivolto ad altro.

Soggiunse quindi dicendo: Infatti chi dice così dimostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero alluso a quella da cui erano partiti a­vrebbero avuto il tempo di ritornaroi ma ora ne bramano una migliore, cioè celeste.

Vedi la loro brama? Vedi il loro desiderio? Vedi come, avendo Dio promesso in ogni momento cose sensibili e parlando della terra, essi ricerca­rono quella patria e bramarono quella celeste? Perciò aggiunse: Della quale architetto e costrnt­tore è Dio.

Vedi come desideravano cose intelligibili e si

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raffiguravano quelle che non appaiono agli occhi del corpo, ma sono percepite dalla fede?

LA VANITÀ DEI BENI MATERIALl

11. Ma qui la mia mente si turba ed il mio pen­siero si confonde, quando considero che noi ci comportiamo in modo opposto a tutti questi. Co­me questi giusti, ricevuta una. promessa di beni sensibili, rivolgevano il desiderio ai beni intelligi­bili, così noi, ricevuta la promessa di beni intelli­gibili ci lasciamo attirare verso i beni sensibili e non porgiamo ascolto al beato Paolo che dice: Le cose visibili in/ atti sono transitorie, quelle invisibi­li eterne.

E ancora in un altro passo, volendo mostrare che tali sono i beni preparati a quelli che lo ama­no, dice: Ciò che occhio non vide e orecchio non udì e non entrò nel cuore dell'uomo.

Noi invece anche dopo tutto questo siamo sug­gestionati dalle cose presenti, intendo dire la ric­chezza, la gloria della vita presente, il lusso, gli onori da parte degli uomini, poiché queste sem­brano essere le cose brillanti della vita presente. Sembrano, ho detto, poiché in realtà non si distin­guono in nulla da un'ombra o da un sogno.

12. Infatti la stessa ricchezza spesso non dura neppure fino a sera per quelli che credono di pos­sederla, ma còme un disertore ingrato passa da uno all'altro e lascia nudi e soli quelli che la cir­condavano con tanta cura: e che spesso faccia precipitare in pericoli insopportabili coloro che hanno un grande desiderio di essa la stessa espe­rienza dei fatti lo insegna a tutti.

Qualcosa di simile è pure la gloria umana: co-

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lui che oggi appare illustre e insigne a tutti al­l'improvviso diventa per tutti disonorevole e de­gno di disprezzo.

13. Che cosa dunque potrebbe esserci più insi­gnificante di questi beni che, io dico, svaniscono prima ancora di apparire, non sono mai saldi ma sfuggono così facilmente a coloro che ne sono suggestionati? ·

Come è possibile non vedere mai una ruota che resti fissa sullo stesso punto della circonf eren­za, ma gira continuamente e si muove su e giù, la stessa cosa si può riscontrare per i beni. Repen­tino è il cambiamento delle cose umane, la loro perdita è veloce e senza alcuna stabilità e immo­bilità, ma tutte sono facilmente mutevoli e posseg­gono una grande tendenza al loro contrario.

Che cosa dunque potrebbe essere più ridicolo di costoro che si lasciano incantare ed avvincere dalle cose presenti, stimandole più onorevoli dei beni che sussistono continuamente e durano sem­pre?

14. Per questo motivo anche il Profeta, lancian­do una grave accusa contro chi si lascia prendere da questi beni, dice: Li ritennero come stabili e non come fuggitivi.

Guarda come con una parola ha voluto presen­tare la loro nullità: non li definì transitori, non li chiamò mutevoli, non li disse passeggeri, ma co­me li chiamò? Fuggitivi, volendo indicare la loro rapidità, il grande ed improvviso loro cambiamen­to e insegnarci a non rimanere mai attaccati alle cose visibili, ma ad aver fiducia e a fondarci sol­tanto su quelle che promette il Signore.

15. Anche se ci si presentano davanti infiniti ostacoli non è possibile che falliscano le promes-

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se da parte di Dio, poiché come egli è inalterabi­le, immutabile, sempre e continuamente sussisten­te, così pure le sue promesse sono infallibili e in­crollabili, a meno che in qualche modo noi non impediamo loro di attuarsi.

L'opposto accade per le cose umane: come la natura degli uomini è corruttibile e mortale, così anche le promesse da parte degli uomini sono corruttibili e destinate a perire. E giustamente, perché tutti noi uomini siamo corruttibili e la na­tura dei doni degli uomini imita la nostra natura.

Invece non è possibile supporre mai niente di · simile delle promesse di Dio, ma soltanto quelle promesse hanno stabilità, immobilità, durevolezza e costanza.

I DOVERI DEI NUOVI BATTEZZATI

16. Dunque, vi supplico, cerchiamo quelle co­se che rimangono sempre e non subiscono muta­mento.

Perciò appositamente ho approfondito questo discorso, per rendere l'esortazione comune a tut­ti, sia a quelli che da tempo sono stati iniziati sia a quelli che dopo sono stati ritenuti degni del do­no del battesimo.

Poiché dunque nei giorni trascorsi, riunitici fre­quentemente presso le tombe dei santi martiri, ot­tenemmo da essi una grande benedizione e ap· profittammo di un ricco insegnamento, ma ora la continuazione delle riunioni sta per essere inter­rotta, ritengo necessario suggerire al vostro amo­re di mantenere fresco il ricordo di tale insegna­mento e di considerare le cose spirituali più ono­revoli di tutte le cose della vita.

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17. Vi suggerisco inoltre di offrire venendo qui al Dio dell'universo con molta cura le preghiere e la professione di fede del mattino, di ringraziarlo per quanto vi è già stato dato e di supplicarlo di poter meritare un grande aiuto per conservare ciò in futuro; e così uscendo di qui di dedicarvi cia­scuno con grande prudenza ai suoi compiti.

E uno si dedichi al lavoro manuale, un altro si affretti ad occupare il suo posto nell'esercito, un altro si dia agli affari pubblici: ma ciascuno si ac­cinga al lavoro con timore ed ansia e trascorra il tempo del giorno come se dovesse alla sera tor­nare di nuovo qui, rendere conto al Sigqore di tut­ta la giornata e chiedere perdono per i suoi falli.

Infatti non è possibile, anche se prendessimo infinite precauzioni, non renderci responsabili di molte e svariate colpe: o abbiamo detto qualcosa inopportunamente o abbiamo ascoltato vani di­scorsi o abbiamo avuto in mente un pensiero sconveniente o abbiamo rivolto sguardi avventati o abbiamo perso il tempo invano, sconsiderata­mente e in qualcosa in nessun modo necessaria.

18. Per questo conviene che noi ogni sera chie­diamo perdono al Signore di tutto questo e ricor­riamo ed invochiamo la bontà di Dio. E, dopo aver trascorso nella temperanza il tempo della notte, accorriamo così di nuovo alla professione di fede del mattino affinché ciascuno di noi, rego­lando in questo modo la propria vita, possa solca­re senza pericoli il mare della vita presente ed es­sere ritenuto degno della bontà del Signore.

E quando chiama l'ora della riunione, siano preferiti a tutto i beni spirituali e questa adunan­za, affinché anche quelli che già possediamo ven­gano amministrati con prudenza.

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19. Infatti se questi beni saranno da noi scelti come primi, non impiegheremo per quegli altri nessuna fatica, dal momento che il buon Dio ce li concederà con molta facilità; invece se, trascuran­do i beni spirituali, mireremo solo a quelli e, sen­za tenere alcun conto dell'anima, aspireremo co­stantemente alle cose terrene, subiremo la perdita di questi e non trarremo più alcun vantaggio da­gli altri beni.

Non invertiamo dunque l'ordine, vi supplico, ma conoscendo la bontà del nostro Signore, rimet­tiamo tutto a lui e non lasciamoci prendere dalle preoccupazioni terrene.

Colui che per sua propria bontà ci trasse dal non essere all'essere, a maggior ragione ci accor­derà in seguito tutta la sua provvidenza. Dice in­fatti: Il Padre vostro celeste conosce tutto ciò di cui avete bisogno prima ancora che glielo chiediate.

20. Per questo motivo egli vuole che noi ci li­beriamo da ogni simile preoccupazione e ci dedi­chiamo completamente alle cose spirituali.

Ricerca le cose spirituali - dice - e io con ge­nerosità ti darò tutte le cose materiali. Di qui tutti i giusti ricavarono una buona fama e dalla loro virtù si sviluppò questo nostro discorso: dicevamo che quelli pur avendo ricevuto la promessa dei beni sensibili, ricercarono i beni intelligibili, men­tre noi facciamo il contrario di quelli e, pur aven­do ricevuto la promessa dei beni intelligibili, ci la­sciamo attirare da quelli sensibili.

21. Perciò, vi supplico, anche se noi ora ci tro­viamo nello stato di grazia, imitiamo quelli che con i loro mezzi e prima della legge in base all'in­segnamento innato nella natura riuscirono a rag­giungere un così alto grado di virtù, trasferiamo

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ogni sforzo nella cura dell'anima, mutiamo le no­stre occupazioni, riduciamo la tensione e prendia­moci cura noi stessi della nostra anima, perché questa è la parte più importante in noi; rimettia­mo invece al comune Signore di tutti ogni preoc­cupazione e affanno per il corpo.

22. Anche questa è una chiarissima prova della sua sapienza e della sua ineffabile bontà, l'aver messo nelle nostre mani la cura della parte miglio­re di noi, dell'anima intendo dire, insegnandoci con gli stessi fatti che egli ci ha resi padroni di noi stessi e lasciò che dipendesse da noi e dalla no­stra decisione sia scegliere la virtù sia passare dal­la parte del male; e promise di provvedere lui stesso a tutte le cose materiali, volendo indirizza­re anche in questo modo la natura umana a non confidare nelle proprie forze e a non pensare di poter contribuire in qualcosa al sostentamento della vita presente.

23. Per questo motivo, dopo averci onorati con la ragione e ritenuti degni di tale privilegio, ci spinge all'imitazione degli esseri irragionevoli e dice: Guardate gli uccelli del cielo: non seminano né mietono né raccolgono in granai e il Padre ce­leste li nutre, come se dicesse: - Se io mi prendo una tale cura di uccelli privi di ragione da procu­rare ad essi ogni cosa senza che venga seminata e coltivata, a maggior ragione mi prenderò più cura di voi esseri ragionevoli se sceglierete di preferire le cose spirituali a quelle materiali.

Se per voi realizzai queste cose e l'intera crea­zione e provvedo in tale modo a questi esseri, di quale cura io non riterrò degni voi per i quali è stato realizzato tutto questo!

24. Confidiamo dunque, vi supplico, nella pro-

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messa di Dio, tendiamo tutta la nostra mente al desiderio delle cose spirituali e riteniamo tutto se­condario rispetto al godimento dei beni futuri, af­finché possiamo ottenere con abbondanza anche i beni presenti, possiamo essere ritenuti degni dei beni a noi promessi ed essere liberati dal castigo della geenna.

Non si sprechi il tempo intero nella pigrizia, nelle vane dispute, nelle riunioni pericolose, nei banchetti e nella ebbrezza quotidiana, per non provocare la perdita di quanto di bene abbiamo raccolto a causa della successiva trascuratezza, ma custodiamo con cura tutto ciò che ci è stato elar­gito da parte della bontà di Dio.

25. E soprattutto voi che di recente avete rive­stito Cristo e ricevuto la visita dello Spirito, custo­dite ogni giorno, vi supplico, lo splendore del ve­stito in modo che non accolga mai macchia o di­fetto né con parole inopportune né con l'ascolto di cose insensate né con discorsi cattivi né con gli occhi che si lasciano andare facilmente ed inutil­mente su quanto cade sotto di loro.

Da ogni parte dunque poniamo come baluardo intorno a tutti noi il ricordo continuo di quel ter­ribile giorno, affinché perdurando nello splendo­re e custodendo senza macchia e senza difetto la veste dell'incorruttibilità veniamo ritenuti degni di quei doni ineffabili: possiamo tutti noi ottenerli per la grazia e la bontà del nostro Signore Gesù Cristo, con il quale al Padre insieme con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore, adesso e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.

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PARTE II

Cirillo e Giovanni di Gerusalemme

LE CATECHESI AI MISTERI

Introduzione

1. Le catechesi del IV secolo della nostra èra si erano ormai configurate con un particolare signi­ficato: le istruzioni che il vescovo teneva durante la quaresima a quelli che si erano iscritti per il battesimo alla prossima Pasqua. Un genere lette­rario che rispondeva alla etimologia stessa del ter­mine. Esse non esauriscono tutta la dottrina per­ché prima di queste catechesi c'era stata una vera e propria scuola. Mi riferisco al catecumenato che aveva un suo programma e una sua durata. Diversa era la scuola del catecumenato prima della comunità allargata che si ebbe verso la fi­ne del Il secolo, da quella del III secolo, e questa dall'altra del periodo successivo alla pace di Costantino. Gli studi non hanno ancora appro­fondito le diverse fasi che caratterizzano storica­mente il catecumenato. Le ricerche che in questi ultimi anni sono in continuo progresso ci faran­no tra breve conoscere molte cose che riguardano l'antico catecumenato. Oggi possiamo parlare con fondamento, della dottrina, del metodo che si aveva in quell'insegnamento e del linguaggio simbolico usato per comunicare i contenuti dot­trinali stessi.

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Molte sono state le risultanze acquisite in questi ultimi tempi. Il libro che si seguiva era la Sacra Scrittura, il vero testo formativo del futuro cristia­no. Come libro di intelligenza spirituale, aveva bisogno di ogni approfondimento. Gesù leggendo nei profeti l'avvenire, spiegava ciò che la Bibbia faceva intendere. Per Gesù la Bibbia era da me­ditare parola per parola: ·Come sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?., (Le 10,26).

L'esortazione a saper leggere nei Sacri Testi fu l'obiettivo di tutta la scuola del catecumenato. Anche san Paolo esorta Timoteo alla lettura bibli­ca attenta (lTim 4,13-14). Aggiunge poi nella let­tera ai Colossesi (3,16) che occorre un impegno assiduo perché la parola di Cristo viva in noi. Come tesoro di sapienza e di scienza, la Bibbia è considerata una sorgente inesauribile della vera vita. Origene, un grande catecheta, paragona ogni parola della Bibbia al seme che più frutti produce quanto più l'agricoltore ha lavorato nel preparare il terreno adatto. Libro di preghiera e di vita, la Sacra Scrittura insegnava a seguire Gesù Cristo maestro che trasmise la sapienza con la parola e conformò la dottrina all'azione.

Il principio dell'identità della fede con la con­dotta di vita doveva essere perfettamente attuato. Lattanzio, infatti, coglie nella frattura tra pensie­ro e azione la crisi della scuola pagana, mostran­do i motivi profondi che ispirano i metodi d'inse­gnamento della scuola del catecumenato. Lo scru­tinio di questa scuola non serviva a saggiare il grado d'istruzione religiosa raggiunto, bensì ad accertare che il catecumeno si sarebbe comporta­to in coerenza alla dottrina insegnata e da solda­to di Cristo. Gli inetti, che non sapevano domina-

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re le loro passioni, venivano allontanati per sem­pre dal catecumenato. La comunità poteva ram­maricarsi della loro triste sorte, poteva pregare per un migliore ritorno, ma non rinunziava mai agli scrutinii secondo la norma costante da osservare nella pratica dei princìpi evangelici. Solo chi trae­va profitto dagli insegnamenti, e lo mostrava con i progressi nella vita quotidiana, veniva iscritto nel numero degli illuminandi, cioè i battezzandi. Col cristianesimo, del resto, non esiste dottrina che non diventi pratica. Perciò tutta la Sacra Scrittura diviene fonte di sentenze e di proverbi, come gui­da di ogni nostro momento.

Quelli che avevano frequentato la scuola del catecumenato si erano abituati a recepire i valori dell'esegesi biblica e potevano proficuamente se­guire le catechesi prebattesimali nel loro linguag­gio simbolico. I simboli orientavano lo spirito dove il linguaggio umano non arrivava direttamente. Secondo il sistema di approfondimento del mondo antico, aiutavano la mente a risalire dal mondo visibile a quello invisibile, un tramite per intuire i misteriosi rapporti che avvincono l'uomo alla di­vinità. L'uso dei simboli fu per i cristiani antichi una necessità comunicativa a fine catechetico. Basti pensare alla formazione di uno dei simboli, la croce, che operò uno dei più profondi capovol­gimenti delle idee correnti. Ai cristiani era conna­turale l'interiorità con la quale valutavano gli uomini, il mondo e le sue cose. Essi cercavano ovunque le ragioni spirituali sempre riportandosi alla figura del Cristo. Le ricerche attuali hanno messo in luce perché fosse simbolico il linguaggio delle catechesi ai battezzandi che si tenevano durante la quaresima. Era il linguaggio della

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comunicazione a largo raggio della cultura cri­stiana antica.

2. Abbiamo un corpo di 24 catechesi di cui una di base chiamata protocatechesi e 18 battesimali che sono di Cirillo di Gerusalemme e 5 mistagogi­che, attribuite ora a Cirillo, ora a Giovanni II pure di Gerusalemme, ora all'uno e all'altro insieme. La tradizione manoscritta greca delle 5 mistagogiche che è stata molto approfondita da Piédagnel, ha dato appunto questi risultati. Poiché non si posso­no forzare le risultanze della tradizione mano­scritta e in particolare non si può non tener conto del codex Monacensis 394, occorre veder chiaro nell'attribuzione. Senza dubbio le 24 catechesi hanno una linea comune. Per quanto riguarda i contenuti non vi sono contraddizioni. I legami sono continui e i riferimenti vengono fatti diretta­mente come: cat. 18,22 e mist. 1,9 ove a proposito del -credo nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo e in un solo battesimo di penitenza• l'autore dice che dell'argomento ha a lungo parlato nelle cate­chesi precedenti. Così per la trasformazione del pane e del vino eucaristici con la invocazione della Trinità: cat. 3,3; mist. 1, 7. Inoltre, per la cre­sima che rende partecipi del nome di Cristo: cat. 18,33; mist. 3,5, il Touttée, nella sua grande edi­zione in folio di cui parleremo più avanti, oltre alla rassegna di tutte le altre edizioni precedenti, ha fatto un rilievo molto utile riportando appunto i riferimenti per così dire correlati. Dal punto di vista dei contenuti non si può avere alcun dubbio di una stretta dipendenza delle une dalle altre. Si aggiunga, e l'ha notato il Cross, ma il testo è molto chiaro, l'annuncio nella cat. 18,33 di quello che

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l'autore avrebbe detto nelle catechesi mistagogi­che. Egli avrebbe, cioè, parlato dei riti compiuti e del loro significato con le prove addotte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento; della adozione del nome di Cristo, del sigillo e della partecipazio­ne dello Spirito Santo; dei misteri che si compiono sull'altare del Nuovo Testamento secondo le Scritture; infine del comporlamento da osseroare per raggiungere il possesso della vita eterna. La programmazione fu mantenuta e realizzata.

La linea esegetica delle catechesi prebattesimali è la stessa di quelle mistagogiche, esegesi mistica e letterale a un tempo, attraverso l'interpretazio­ne tipologica che allora era comune alla patri­stica orientale e occidentale. Seroiva d'altra par­te alla difesa contro i giudei per dimostrare che l'Antico Testamento si è realizzato nel Nuovo, e contro gli gnostici e i manichei, in parlicolare, per affermare la continuità dei due testamenti. Inol­tre, quello che più conta, poiché aiuta a compren­dere l'anima di queste catechesi, è lo spirito antia­riano diffuso sia nelle prebattesimali che in quel­le mistagogiche. Non appare in tono polemico, poiché esse si svolgono nella massima distensione invitando alla preghiera e al raccoglimento per meditare senza astio e rancori i grandi misteri. Nella cat. 16, 4 è detto espressamente che la nostra speranza è nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo e non predichiamo tre dèi poiché non divi­diamo la Santa Trinità come fanno alcuni. Egli non li nomina, ma sono gli ariani che accusa­vano appunto i cattolici di venerare tre dèi. In/ at­ti ad evitare fraintendimenti subito ,dopo Cirillo aggiunge: ·Né confondiamo le tre divine persone con Sabei/io».

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Il battesimo legato alla Pasqua di Risurrezione aveva ormai nella prima metà del W secolo una collocazione liturgica che impegnava clero e fede­li. Era lo sviluppo di una tradizione che può, dopo la pace di Costantino, fornire la Chiesa di edifici di culto più capaci e appositamente costruiti, co­me appunto i battisteri di cui abbiamo continui riferimenti nelle mistagogiche. Il linguaggio sim­bolico d'ambiente dei secoli precedenti sta cercan­do anche la sua adesione alla forma stessa del luogo in cui si amministra il battesimo. Passarono solo pochi decenni e si ebbe una ricca fioritura di battisteri che denunziavano nella pianta ottago­nale l'appartenenza del battezzato al regno del­l'eterna ogdoade: il cielo. Dalla lettura si ricava che le catechesi prebattesimali furono tenute nella grande basilica della Risurrezione fatta costruire da Costantino; le mistagogiche, invece, nella cap­pella del Sepolcro.

L'autore non dimentica mai l'uditorio che ha davanti. È l'attenzione che a esso rivolge a ren­dere le catechesi vive e spontanee. Tra l'uditorio non ci sono solo battezzandi e neobattezzati, ma anche altri fedeli. Sono uditori fortunati quelli di Gerusalemme, perché non a tutti è concesso sentir parlare della corona del Signore sul Golgota che si può toccare con mano (cat. 13,12). L'oratore cerca da Gesù Cristo la grazia per sé di parlare senza errori e per gli uditori di ascoltare con l'in­telligenza che occorre per non sentire una cosa e comprenderne un'altra (cat. 16,2). Nel passaggio da una catechesi all'altra, si cerca una specie di pausa. Alla fine della XVI, Cirillo dice che potreb­be aggiungere anche molti altri testi del Vecchio Testamento per spiegare la dottrina dello Spirito

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Santo, ma il tempo è breve e non vuole annoiare gli . uditori. Si passerà ai brani del Nuovo Testa­mento nella prossima catechesi (16,32). L'argo­mento, infatti, viene ripreso nella catechesi succes­siva, la XVII. Per non stancare gli uditori si è po­sto un limite all'entusiasmo sebbene dello Spirito Santo non si parli mai abbastanza (cat. 17, 1). Inoltre, si avverte che la distinzione delle cateche­si non porta mai la divisione degli argomenti di fede il cui obiettivo è sempre uno (cat. 17,2). Ci siamo fermati un po' su questa analisi degli udi­tori delle prebattesimali per comprendere meglio la vivacità del discorso sempre più diretto e sempre più intimo che troviamo nelle mistagogiche. An­che questo sta a marcare maggiormente la linea unitaria delle une e delle altre con l'impressione che siano state raccolte dagli stenografi.

Tuttavia, nonostante la stessa linea esegetica, e lo stesso linguaggio simbolico, nonostante lo stesso intento della difesa antiariana della Trinità, no­nostante la stessa sensibilità antropologica nell'in­dicare i princìpi di vita morale da eseguire; nono­stante la stessa forma letteraria, le catechesi mista­gogiche non si presentano come quelle prebattesi­mali. Esse hanno avuto un rimaneggiamento che spiega le attribuzioni ai due autori della tradizio­ne manoscritta.

3. L'autore della protocatechesi e delle altre diciassette prebattesimali è senza dubbio Cirillo di Gerusalemme. L'autore delle cinque catechesi mistagogiche è in parte lo stesso Cirillo e in parte il suo successore all'episcopato, Giovanni Il. Il vescovo Giovanni II ha fatto una revisione ope­rando una maggiore reductio per le prime quat-

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tro, e una minore per la quinta. Le cinque mista­gogiche sono ridotte all'essenziale nella forma di genus dicendi sublime, a'dirla con i critici lettera­ri del mondo classico pagano e cristiano antico. Era la nobiltà dell'argomento stesso a richiedere questo stile. La lunghezza delle catechesi prebatte­simali non risponde alla necessità della materia. Anche quelle mistagogiche si potevano protrarre per continuare altri argomenti non trattati prima. L 'epitomatore si è, invece, preoccupato della brevi­tas, che era sentita dai cristiani come una neces­sità per una comunicazione dei concetti più rapi­da. Basti pensare alla brevità della narratio evan­gelica. La brevità era considerata saggezza. In­fatti, l'autore degli Atti degli apostoli mçtte sulla bocca di san Paolo la frase che egli dice parole di saggezza (26,25). La Vulgata felicemente ha tradotto: «Sobrietatis verba loquor». La brevità di Marco rispetto a Matteo, di Matteo rispetto a Luca, e di Luca rispetto a Giovanni fu pienamente com­presa dagli autori cristiani. San Girolamo usò la massima brevità nei prologhi, per non confondere e annoiare il lettore.

Giovanni di Gerusalemme, nel ridurre in for­ma breve le prime quattro catechesi mistagogiche, cercò di conseroare i contenuti, eliminando quel­lo che gli sembrava meno necessario. Per quanto riguarda la quinta si avverte l'operazione dell'ac­corciamento, ma in misura minore. Non per via della quantità, per così dire materiale, perché delle mistagogiche è la più lunga, ma per il taglio apportato alle singole parti che in realtà sembra­no avere uno svolgimento più ampio. Anche la fine con cui termina la quinta mistagogica è come tronca per uno sviluppo d'immagini all'in-

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finito. Ed è diversa dallo stile della fine della pro­tocatechesi e di quelle prebattesimali. Uno stile che non è richiesto dalla materia che più non continua, ma dalla personalità stessa del revisore Giovanni che in molto si è sostituito a Cirillo. Che il revisore Giovanni riduca le catechesi mistago­giche di Cirillo non deve sorprendere. Il mondo antico compendiava le opere di scienze morali e quelle che noi chiamiamo di scienze esatte. La­sciando da parte i libri che riguardano l'archi­tettura, la medicina e la matematica, Pompeo Sesto riduce la voluminosa opera lessicale di Verrio Fiacco che aveva raccolto tutto il patrimo­nio linguistico dell'antichità romana. Egesippo riduce e traduce le Antichità di Giuseppe Flavio. Accanto ai sette libri delle Divine Istituzioni di Lattanzio, abbiamo anche un compendio che va sotto il nome di Epitome. Altra cosa sono gli excerpta che sono veri e propri estratti, o l'altro genere di miscellanea, un insieme di brani di vari autori. Non è escluso che nell'epitome si avessero talvolta gli excerpta.

Non va dimenticato che i contenuti delle ca­techesi prebattesimali e mistagogiche investivano una concezione religiosa che partiva, come avreb­be detto Basilio Magno, da nozioni comuni. Non si può marcare la linea ove finisce l'interesse litur­gico e ove incomincia quello esegetico e teologi co; l'uno è compenetrato nell'altro. Nella nostra opinione moderna si ritiene che le catechesi mi­stagogiche, in particolare, più di quelle prebattesi­mali hanno interesse liturgico. E un documento questo delle nostre catechesi su cui calvinisti, lute­rani, anglicani e cattolici, convergono nel dire che è uno dei più importanti del mondo cristiano

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antico per l'alto valore che hanno nella storia dei dogmi e del culto cristiano.

L'unità del linguaggio delle catechesi prebatte­simali e di quelle mistagogiche denotano l'acqui­sizione di una materia comune che è di larga rispondenza popolare. Perciò la convivenza dei due autori non solo non può essere contestata, ma viene a spiegare molte cose che diversamente lascerebbero insoluti molti problemi. Queste nostre catechesi si vengono ad inserire mirabilmente nel solco delle otto catechesi battesimali di san Giovanni Crisostomo di recente scoperte e delle sedici Omelie catechetiche di Teodoro di Mopsue­stia, che hanno rivisto la luce nel 1932.

4. A dimostrare l'unità della materia trattata, l'unità del linguaggio simbolico e nel contempo la diversità con cui si svolge lo stile sublime abbia­mo fatto precedere le catechesi mistagogiche dalla XVIII prebattesimale. È del resto quella che le an­nuncia e in certo qual modo fa da cerniera. Al­tri forse avrebbe preferito far precedere le mista­gogiche dalla protocatechesi, che come sappiamo è quella di base, ma sarebbe rimasta troppo lonta­na e il collegamento non immediato.

La data di composizione delle catechesi prebat­tesimali e di quelle mistagogiche è incerta. Si ritie­ne da alcuni che sia il 348 o il 350, e che quando Cirillo le pronunziò non fosse ancora vescovo. Ma non abbiamo per queste tesi riferimenti sicuri per­ché tutti discutibili. È molto verosimile, invece, che Cirillo le abbia pronunziate di ritorno dall'esilio o comunque quando era già vescovo.

Ma chi era Cirillo, chi era Giovanni II? Non abbiamo molti dati biografici a disposizione, ma

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quello che si sa di loro è da desumere dalle opere come per Cirillo, o dai riferimenti e dagli scritti dei contemporanei come per Giovanni. Daremo solo brevi cenni, desunti dalle migliori ipotesi sinora fatte, per orientare meglio il lettore.

Cirillo nacque a Gernsalemme o nei dintorni tra il 313-315. Studiò intensamente la Sacra Scrittura e se vogliamo dar credito a un riferi­mento in cat. 12,33, pare che fosse monaco. Si suppone che tra il 343-345 fosse ordinato sacerdo­te dal vescovo Massimo di Gerusalemme e che tra il 348-350 divenisse vescovo di Gerusalemme. Alcuni sostengono che Cirillo fosse stato succube di Acacia l'ariano metropqlita della Palestina, tanto da ripetere l'ordinazione sacerdotale fatta da Massimo. Fu poi frustrata la designazione di Eraclio a vescovo di Gerusalemme e al suo posto nominato Cirillo. Altri ammettono che Acacia e Patrofllo di Scitopoli avrebbero cacciato Massimo e messo al suo posto Cirillo. Altri ancora che alla morte di Massimo, Cirillo, perché molto conosciu­to per i suoi meriti, fu eletto vescovo di Gerusa­lemme.

Un fatto certo è l'urto tra Cirillo e Acacia. Acacia riunì un concilio nel 357 e fece deporre Cirillo che nel 358 fu in esilio ad Antiochia e a Tarso. Nel 362 fece ritorno a Gerusalemme che dovette nel 367 di nuovo lasciare per l'esilio che durò sino al 378. Dopo la morte dell'imperatore Valente (9 agosto 3 78) e l'elezione di Graziano fu richiamato dall'esilio. Il 19 gennaio del 379 rien­tra a Gerusalemme e vi rimane sino alla sua morte nel 386. Partecipò nel 381 al primo conci­lio ecumenico di Costantinopoli ove ebbe a eser­citare una forte influenza. I vescovi che conti-

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nuarono l'azione di questo concilio nel 382 ebbe­ro a scrivere a Papa Damaso, quasi a dissipare ogni dubbio sulla persona di Cirillo, che egli era stato eletto canonicamente da tutti i vescovi del­la provincia ecclesiastica e si era comportato da grande atleta nella lotta contro gli ariani.

Oltre le catechesi abbiamo una epistola all'im­peratore Costanzo, l'omelia sul miracolo del para­litico e alcuni frammenti di opere a noi non per­venute.

Alla morte di Cirillo (386) successe nel/ 'episco­pato di Gerusalemme Giovanni Il. Era monaco e divenne vescovo all'età di 30 anni come c'infor­mano le fonti. Come origeniano subì gli attacchi di Epifanio e fu alleato di Rufino. Girolamo pole­mizzò in un libro: Contro Giovanni di Gerusa­lemme (395-396). Ebbe notorietà per la questione origeniana che si dibatté in Palestina dal 393 al 398, e per l'altra pelagiana dal 415 al 417. Mori agli inizi del 417.

Non abbiamo suoi scritti. Di lui parlarono san Girolamo, sant'Epifanio, sant'Agostino e Papa Innocenzo I.

5. È superfluo fermarsi sulla tradizione mano­scritta delle catechesi mistagogiche dopo lo studio attento fatto dal Piédagnel per le Sources chrétien­nes n. 126. Si attende ora una edizione critica delle catechesi prebattesimali più aggiornata. La prima edizione a stampa (editio princeps) di tutte le 24 catechesi si ebbe a Parigi nel 1608 a opera di Johannes Prevotius. Ad Oxford nel 1703 si ebbe l'edizione di Tbomas Milles che oltre alle edizioni anteriori si servì per molte correzioni del codice Bodleianus Roe 25 (sec. XI). Nel 1720 si ebbe a

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Parigi l'edizione del maurino A. Touttée che fruì di tre nuovi codici: Ottobonianus gr. 86 (sec. Xl); Ottobonianus gr. 220 (sec. XVI); Coslinianus 227 (sec. Xl). A Monaco nel 1848 furono pubblicate le protocatechesi e le prime undici prebattesimali a cura di W. K. Reischl; nel 1860 tutte le rimanenti a opera di]. Rupp. Ambedue gli editori studiaro­no nuovi manoscritti dei quali hanno un parti­colare valore il Vindobonensis 55 (sec. Xl) e il Monacensis 394 (sec. X).

A Bonn nel 1909 furono pubblicate dal Rauschen le cinque catechesi mistagogiche in Florilegium Patristicum, fase. VII, che segue il Touttée e il Rupp; nel 1935 sono state ripubblicate dal Quasten nella stessa collezione.

Allo stato attuale resta fondamentale l'edizione critica del Reischl-Rupp, per le prebattesimali, e quella del Piédagnel apparsa nel 1966 a Parigi, come sappiamo, nelle Sources chrétiennes.

Nella nostra traduzione abbiamo seguito per la XVIII prebattesimale l'edizione critica del Rupp e per le mistagogiche quella del Piédagnel.

Le 24 catechesi hanno avuto una grande fortu­na, specialmente negli ultimi due secoli. Sarebbe lungo enumerare tutte le edizioni parziali e le ver­sioni avutesi in Oriente e in Occidente. Per le ita­liane abbiamo le traduzioni di L. Lazzareschi (Saluzzo 1898), di G. Carrara (Vicenza 1942) e di E. Barbisan (Alba 1966).

Per quanto riguarda gli studi molti sono quelli che concernono punti particolari, ma non abbia­mo ancora una ricerca esauriente su san Cirillo di Gerusalemme secondo le indagini più aggior­nate. Rimangono ancora fondamentali quelli del Touttée che precedono la sua edizione del 1720 e

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riprodotti dal Migne (PG 33). Utile per lo studio d'insieme, ma fermo al 1938, è il lungo attico/o di X. Le Bachelet apparso in Dictionnaire de Théo­logie Catholique (III, 2, 2527-2577), da integrare, per la patte catechetica, con altre risultanze.

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CATECHESI XVIII PREBATTESIMALE

Diciottesima catechesi dei battezzandi tenuta a Gerusalemme su [Credo] ·in una chiesa santa cat­tolica e nella risurrezione della carne e nella vita eterna». Lettura da Ezechiele: ·La mano del Signo­re fu su di me e il Signore mi rapì nello spirito e mi depose nel mezzo della pianura che era piena di ossa umane», ecc.

LA SPERANZA DEIJA RISURREZIONE

l. La radice di ogni opera di bene è la speran­za della risurrezione. L'attesa della mercede, infat­ti, rafforza l'anima nella buona azione. Ogni ope­raio è pronto ad assoggettarsi alle fatiche se vede un guadagno delle fatiche stesse. Per quelli che lavorano senza la mercede scade l'anima con il corpo. Il soldato che si aspetta il premio del com­battimento è pronto alle guerre. Nessuno militan­do per un re senza giudizio e che non riconosce i premi delle fatiche, è pronto ad affrontare la morte per lui. Così anche ogni anima che crede nella risurrezione giustamente ha cura di sé; quel­la che, invece, non crede nella risurrezione è con­segnata alla rovina. Chi crede che il corpo atten-

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de la risurrezione ha cura della veste e non lo contamina con la fornicazione. Chi non crede alla risurrezione si dà alla fornicazione abusando del suo corpo come se fosse di un altro.

Grande dottrina e lezione della santa Chiesa cattolica è la fede nella risurrezione dei morti. Grande e necessaria dottrina oppugnata da molti e comprovata dalla verità. I greci la combattono, i samaritani1 la negano, gli eretici la scherniscono. La contraddizione è multiforme, ma la verità è uniforme.

LA DECOMPOSIZIONE DEL CADAVERE

2. I greci e ugualmente i samaritani adducono contro di noi questi motivi. L'uomo che è morto cade, si decompone e tutto si dissolve in vermi che anche muoiono. Tanta putredine e decompo­sizione riceve il corpo! ... In che modo dunque risorge? I pesci hanno mangiato i naufraghi ed i pesci stessi vengono mangiati. Orsi e leoni maciullandole hanno divorato anche le ossa di quelli che combattono contro le belve. Avvoltoi e corvi, beccando le carni di cadaveri giacenti per terra, volano per tutto il mondo. Dove si ricompo­ne quel corpo? Può darsi che degli uccelli che l'hanno mangiato chi muore in India, chi in Per­sia, chi nella terra dei goti. Vento e pioggia disper-

1 I samaritani abitavano la Samaria e discendevano dall'incrocio degli israeliti con i coloni assiri (2Re 17,24). All'epoca di Gesù i loro rappor­ti con gli israeliti erano molto tesi (Gv 4,9). La parola stessa samarita­no suonava ingiuria (Gv 8,48). I galilei per recarsi a Gerusalemme pre­ferivano seguire la valle del Giordano piuttosto che attraversare la Sa­maria. Gesù fu con loro benevolo, come sappiamo dalla parabola del buon samaritano (Le 10,30-37).

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dono la stessa cenere di quelli che vengono cre­mati. Dove si ricompone il corpo?

A Dio TIITTO È VICINO

3. Per te che sei piccolo uomo e debole, l'India è lontana dalla terra gotica e la Spagna dalla Persia. A Dio, invece, che tiene tutta la terra in un pugno, tutto è vicino. Non accusare Dio d'impo­tenza dalla tua debolezza, piuttosto considera la sua potenza. Il sole che è una piccola opera di Dio con la semplice diffusione dei raggi riscalda tutto il mondo e l'aria che Dio fece circonda quan­to è nel mondo. Dio artefice del sole e dell'aria è lontano dal mondo?

Supponi che siano stati mischiati insieme semi diversi per natura (a te che sei debole nella fede propongo esempi di poco momento) e che questi diversi semi siano racchiusi in un solo tuo pugno. Per te che sei uomo è arduo o facile distinguere nel tuo pugno riunire e assegnare al suo genere ciascuno dei semi diversi, secondo la propria natura? Dunque se tu sei capace di distinguere ciò che è contenuto nella tua mano, Dio non può distinguere e assegnare quanto è nel suo pugno? Considera ciò che dico: è empio negarlo.

LA GIUSTIZIA DI DIO

4. Segui lo stesso criterio di giustizia ed entra in te stesso. Hai diversi domestici, alcuni sono buoni, altri cattivi. Tu rispetti i buoni e castighi i cattivi. Se tu sei giudice lodi i buoni e punisci gli scellerati. Se in te che sei uomo mortale si salva il senso del giusto, in Dio che è il re di tutto senza

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successore non c'è il rimunerativo della giustizia? È empio negarlo. Considera ciò che dico. Molti omicidi sono morti impuniti nel [loro] letto. Dove la giustizia di Dio? Spesso a un assassino reo di cinquanta omicidi venne solo per una volta taglia­ta la testa. Dove sconterà la pena per i quaranta­nove? Se dopo questo mondo non ci fosse un giu­dizio e una retribuzione, tu accuseresti Dio di ingiustizia.

Non ti meravigliare per il differimento del giu­dizio. Chi è in gara dopo la fine della competizio­ne è incoronato o vituperato. Mai l'arbitro incoro­na quelli che sono in gara, ma attende che tutti finiscano di gareggiare perché dopo la graduato­ria distribuisca il premio e la corona. Così anche Dio, mentre il combattimento dura nel mondo aiuta parzialmente i giusti, poi li ricompensa pie­namente, alla fine.

LA COSCIENZA DELIA RISURREZIONE

5. Se la risurrezione dei morti per te non esiste perché condanni i violatori dei sepolcri? Se il corpo si dissolve e la risurrezione è senza speran­za, perché chi viola il sepolcro incorre in una pena? Vedi che anche se tu neghi con le labbra, rimane piena in te la coscienza della risurrezione.

MORTI RISORGEREMO

6. Un albero abbattuto rifiorisce e l'uomo abbattuto non rifiorisce? Ciò che è stato seminato e mietuto rimane sull'aia e l'uomo reciso da que­sto mondo non rimane sull'aia? I tralci della vite e i rami degli alberi completamente tagliati, trapian-

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tati ri}:evono la vita e portano frutto, l'uomo, poi, per il quale le piante esistono, una volta sotterra­to non risorgerà? Al confronto delle fatiche quale è più grande, plasmare una statua che da princi­pio non c'era, o rifare di nuovo con la stessa forma una che si era rotta? Dio che ci fece dal nulla, non potrà di nuovo far risorgere quelli che c'erano e sono morti?

Ma tu non credi a quanto è scritto sulla risur­rezione perché sei greco. Contempla dalla natura questo e rifletti sulle cose che sino ad oggi si vedono. Si semina il frumento, se piace, o qualsia­si genere di semi. Appena cade, come se morisse, va in putrefazione ed è inutile al nutrimento. Ma quello putrefatto risorge verdeggiante e caduto piccolo risorge bellissimo. Il frumento è fatto per noi. Per il nostro uso il frumento e i semi sono fatti, non per se stessi. Quelle cose che per noi sono state create, morte rivivono, e noi, motivo per i quali esse vivono, morti non risorgeremo?

DIO OGNI ANNO OPERA lA RISURREZIONE

7. È tempo d'inverno come vedi. Gli alberi sono come morti. Dove sono ora le foglie del fico? Dove i grappoli della vite? Nell'inverno questi sono morti e nella primavera verdeggianti e quan­do viene il tempo, allora, come dalla morte, rina­sce la forza della vita. Dio guardando la tua infe­deltà in queste cose fenomeniche opera ogni anno la risurrezione perché, vedendo ciò nell'ina­nimato, lo ritieni anche sull'animato. Le mosche e le api spesso annegate nell'acqua dopo un po' risorgono, e il genere delle lamprede d'inverno rimane immobile e d'estate poi risorge. A te che

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pensi cose umili e vili ti vengono dati simili esem­pi. Ora chi concede ad esseri irragionevoli e de­precabili la vita oltre natura, egli stesso a noi, per i quali fece quelle cose, non la concederà?

LA FENICE

8. Ma i greci cercano una evidente risurrezione dei morti e dicono che anche se queste cose risor­gono, non del tutto sono andate in putredine. Essi cercano di vedere apertamente l'animale putrefat­to che risorge. Dio conosceva tale incredulità degli uomini e per questo creò l'uccello chiamato fenice2• Esso, come scrive Clemente e i più n~rra­no, è unigenito e venendo nella terra d'Egitto a intervalli di cinquecento anni dimostra la risurre­zione. [Lo dimostra] non nei luoghi deserti, ma perché sia conosciuto il mistero che avviene, in una città illustre in modo che l'incredibile sia toc­cato con mano.

Costruitosi un nido di mirra, di incenso e di altri aromi in un ciclo completo di anni, entrato­vi, agli occhi di tutti muore e imputridisce. Poi, dalla putrefazione della carne morta, nasce un verme e questo crescendo prende la forma di un uccello. Credi alla cosa. Come del genere delle api così vedi formarsi dai vermi e dalle liquidissi­me uova penne di uccelli, ossi e nervi che spun-

2 Intorno alla fenice, l'uccello considerato sacro in Egitto, erano sorte molte leggende ed una, appunto, concerneva la sua risurrezione. Gli antichi cristiani, al di fuori di ogni spirito di classicismo pagano, si ser­vono delle leggende popolari per una comunicazione dei loro princìpi più rapida ed immediata. Per l'unità del linguaggio simbolico, la fenice si trova rappresentata anche nelle arti figurative. La si trova dipinta nella cappella greca di Priscilla, nella catacomba "ad decimum di via Latina" e poi a Ravenna, ad Aquileia e dovunque.

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tano. Poi la suddetta fenice, mettendo le penne e divenuta perfetta quale era la prima fenice, vola nell'aria, come anche quella che era morta, mo­strando agli uomini apertamente la risurrezione dei morti.

Meraviglioso uccello è la fenice, ma uccello irragionevole che mai canta a Dio. Vola neil'aria, ma non sa chi sia l'unigenito figlio di Dio. A que­sto animale irrazionale che non conosce il suo creatore è data la risurrezione dai morti. A noi, poi, che glorifichiamo Dio e osserviamo i suoi precetti non è data la risurrezione?

LA VITA E LA RISURREZIONE

9. Ma poiché è lontano e raro l'esempio della fenice, e non ancora lo credono, prendi una dimostrazione di quelle cose che ogni giorno accadono. Cento o duecento anni prima, tutti quelli che parliamo e ascoltiamo dove eravamo? Ignoriamo forse il principio della costituzione dei nostri corpi? Non sai che siamo nati da elementi deboli, informi e uniformi? L'uomo è formato da questo elemento uniforme e debole; e ciò che è debole divenuto carne si muta nella robustezza dei tendini e nello splendore degli occhi, nell'ol­fatto del naso, nell'udito degli orecchi, nella lin­gua che parla, nel cuore che palpita, nell'opero­sità delle mani, nella velocità dei piedi e in tutte le membra. E ciò che è debole diviene un fabbri­catore di navi, costruttore di case, architetto e operaio di arte, soldato, principe, legislatore e re. Dio che, pertanto, ci fece da vili elementi non può farci risorgere quando siamo morti? Chi ha dato corpo a una cosa vilissima non può far di

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nuovo risorgere un corpo che è morto? Chi ha creato ciò che non c'era, morto non lo fa risor­gere?

LE DIMOSTRAZIONI RAZIOCINANTI

10. Eccoti una dimostrazione evidente della risurrezione dei morti nel cielo e tra gli astri atte­stata ogni mese. Infatti il corpo della luna comple­tamente esaurito, in modo che nulla si vede più, di nuovo aumenta e si stabilisce in ciò che era prima. Per una dimostrazione perfetta della cosa, la luna, dopo una serie di anni sparita, si cambia manifestamente in sangue e di nuovo prende il corpo splendente. Dio ha preparato ciò perché tu uomo che sei formato dal sangue credessi alla risurrezione dei morti e ciò che vedi nella luna lo credessi anche per te. Con i greci usa queste argo­mentazioni. Con quelli che non recepiscono le Scritture, combatti con armi non scritturistiche, [ma] prese solo dalle dimostrazioni raziocinanti. Da loro non è recepito né chi è Mosè, né chi Isaia, né il Vangelo, né Paolo.

IL DIO DI ABRAMO, DI ISACCO E DI GIACOBBE

11. Passa ora ai samaritani che accettano solo la Legge e non ammettono i profeti. Ad essi è inefficace come sembra la presente lettura di Ezechiele. Non accettano, come dicevo, i profeti. Come persuaderemo i samaritani? Veniamo ora agli scritti della Legge. Dio dice a Mosè: «Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe", che ci sono e sussistono. Se Abramo, Isacco e Giacobbe fossero morti, egli sarebbe Dio di quelli che non

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esistono. Quando mai un re ha detto di essere il re dei soldati che non ha? Quando mai uno ha mostrato la ricchezza che non possiede? Bisogna che Abramo, Isacco e Giacobbe esistano perché Dio di quelli che sono sia Dio. Non disse ero di quelli, ma sono. Si tratta del giudizio. Abramo dice al Signore: .. chi giudica tutta la terra non pra­ticherà il giudizio? ...

ANALOGIE DEL VECCHIO TESTAMENTO

12. I samaritani insensati contestano e dicono: ammesso che le anime di Abramo, di Isacco e di Giacobbe rimangono, i loro corpi, però, non pos­sono risorgere. Se fu possibile che la verga di Mosè, il giusto, divenisse drago non è possibile che i corpi dei giusti vivano e risorgano? Ciò che è avvenuto contro natura, non può ricostituirsi secondo natura? Anche la verga di Aronne recisa e morta germogliò senza umore di acqua. Pur tro­vandosi al coperto, tuttavia, germogliò [come] nei campi. Era in luoghi aridi e in piena notte diede i frutti delle piante da tempo irrigate. Se la verga di Aronne risuscitò dai morti, non può risuscitare Aronne? Dio che per conservargli il sommo sacer­dozio compì il miracolo nel legno, non può dare la risurrezione ad Aronne? Una donna contro natura diventò sale. Se la carne si muta in sale, la carne non si può ricostituire in carne? La moglie di Lot divenne una statua di sale e non può risorgere la moglie di Abramo? Da quale potenza fu cambiata la mano di Mosè che in un'ora divenne come neve e poi ritornò come prima? Certamente per comando divino. Allora il comando divino era efficace, ora non più?

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Gu INCREDUU

13. O samaritani, i più stolti di tutti, sin da prin­cipio come fu fatto l'uomo? Andate al primo libro della Scrittura che anche voi accettate: ·E Dio formò l'uomo con polvere del suolo". La polvere fu mutata in carne, e la carne non si può ricosti­tuire di nuovo in carne? Bisogna chiedervi come furono fatti i cieli, la terra e il mare? Come il sole, la luna e gli astri? Come dalle acque gli uccelli e i pesci? Come dalla terra tutti gli animali? Tante mi­riadi di creature passarono dal non essere all'esse­re e noi uomini che abbiamo l'immagine [di Lui] non risorgeremo? Veramente la cosa è piena di incredulità e grande è la condanna contro gl'in­creduli. Abramo chiama il Signore giudice di tutta la terra e quelli che imparano la Legge sono incre­duli. È scritto che l'uomo viene dalla terra ma quel­li che leggono non credono.

NELLA VITA TERRENA IL TEMPO DEL PENTIMENTO

14. Questo per gli infedeli, ma per noi che cre­diamo [vale] ciò che risulta dai profeti. Alcuni che ricorrono ai profeti non credono alle Scritture e ci adducono:

Non si alzeranno gli empi nel giudizio; Se l'uomo scende nell'Ade non ne risale più; Non ti lodano i morti, o Signore.

Essi fanno cattivo uso di quello che è scritto bene.

Ma conviene andare incontro anche ad essi come è permesso.

Se si dice che gli empi non risorgono nel giu-

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dizio significa questo: che risorgeranno non nel giudizio, ma nella condanna. Dio non ha bisogno di molte indagini; nel momento in cui gli empi risorgono li seguirà la condanna. Se si dice che i morti non lodano te, o Signore, significa che solo in questa vita c'è spazio per la penitenza e il per­dono. Quelli che lo utilizzano ti loderanno. Dopo il decesso non è lecito a quelli che muoiono nei peccati, come beneficati, lodare, bensì rimpiange­re. La lode è di coloro che sono grati, il pianto è dei fustigati. Allora i giusti loderanno e quelli che sono morti nei peccati non hanno più tempo utile per il pentimento.

LE PROFEZIE DEI PROFETI SULLA RISURREZIONE

15. Per quanto concerne: .. se l'uomo scende nell'Ade non ne risale più" vedi il seguito. È scrit­to infatti: .. Non ne risale più né ritorna alla propria casa". Tutto il mondo passerà e ogni casa sarà distrutta. Come potrà tornare alla sua casa se ci sarà poi un'altra terra nuova? Bisognava che aves­sero ascoltato Giobbe che dice: .. Per l'albero c'è la speranza. Se fu tagliato, di nuovo germoglierà e il suo virgulto non cessa. Se la radice invecchia nel terreno e il tronco perisce al suolo, germoglierà dall'umore dell'acqua e farà la chioma come una pianta giovane. L'uomo che muore scompare? Il mortale deceduto non c'è più?". Per infondere pudore e rossore (così è da leggere interrogativa­mente non c'è più) dice che il legno muore e risorge. Ma l'uomo per il quale gli alberi sono fatti, non risorgerà?

Perché tu non creda che io forzi [il testo] leggi il seguito. Dopo aver detto, interrogando: .. L'uomo

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deceduto non c'è più?·, aggiunge: ·Se l'uomo che muore potesse rivivere•. E subito dice: ·Aspetterei finché arrivi per me l'ora del cambio•. E altrove ancora: ·Egli risusciterà sulla terra la mia pelle che sopporta queste cose•.

Il profeta Isaia dice: ·I morti risorgeranno e risu­sciteranno quelli che sono nelle tombe•. Aperta­mente il profeta Ezechiele che ci sta vicino, dice: ·lo aprirò i vostri sepolcri e vi porterò via da essi•. E Daniele dice: ·Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno, alcuni per la vita eterna, altri per l'obbrobrio eterno•.

LA RISURREZIONE DEI MORTI NELLA SACRA SCRITTIJRA

16. Molti passi scritturistici testimoniano la ri­surrezione dei morti. Molte altre proposizioni ab­biamo al riguardo. Solo a ricordarla tralasciamo la risurrezione di Lazzaro al quarto giorno; tralascia­mo per brevità di tempo il figlio della vedova che risorse. E solo per ricordo si presenti la figlia del­l'arcisinagogo. Si dica anche che le pietre si spac­carono e molte salme di santi risuscitarono dalle tombe aperte. In primo luogo si ricordi che Cristo risuscitò dai morti.

Ho tralasciato Elia e il figlio della vedova da lui risuscitato ed Eliseo che due volte risuscitò duran­te la vita e dopo essere morto. Da vivo operò la risurrezione con un suo soffio. E perché non solo siano onorate le anime dei giusti, ma si creda che nei corpi dei giusti c'è una forza, un morto getta­to nella tomba di Eliseo, appena ebbe a toccare il corpo del profeta, riprese la vita. Il corpo morto del profeta compì un'opera dell'anima. Egli gia­cendo morto diede la vita a un morto, e diede la

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vita rimanendo ugualmente tra i morti. Perché? Se fosse risorto Eliseo la cosa si sarebbe ascritta alla sola sua anima. Per dimostrare che anche se l'ani­ma non è presente, c'è una forza nel corpo dei santi, per l'anima giusta che tanti anni abitò in lui ed era al suo servizio. Non siamo increduli da sciocchi come se la cosa non fosse avvenuta. I sudari e i grembiuli che sono esteriori, accostati ai corpi dei malati, facevano sorgere le forze ai deboli. A più forte ragione il corpo del profeta poté risuscitare un morto.

PIETR,O E PAOLO

17. Molte cose sono da dire su questo se vo­gliamo seguire il meraviglioso di ciascun fatto ac­caduto. Per la precedente stanchezza, il digiuno di venerdì e la veglia, le cose saranno dette di corsa. Con lo spargere poche parole ricevete co­me buona terra il seme facendolo fruttificare in abbondanza. È da ricordare che anche gli aposto­li risuscitarono i morti. Pietro risuscitò Tabita a loppe e Paolo Eutico nella Troade, così tutti gli altri apostoli, per quanto non siano stati scritti i miracoli operati da ciascuno. Ricordate tutte le cose dette nella prima ai Corinzi che Paolo scris­se contro quelli che dicevano: «In che modo i morti risorgono? In quale corpo vengono?•. Inoltre: «Se i morti non risorgono neanche Cristo è risorto» e chiamò stolti quelli che non credono. Ivi è esposta tutta la dottrina della risurrezione dei morti. Inoltre, anche nella lettera ai Tessa­lonicesi scrisse: «Non vogliamo, fratelli, che igno­riate [quanto concerne] quelli che sono morti per­ché non abbiate ad affliggervi come gli altri che

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non hanno speranza· e tutte le cose che seguono, specialmente: "Per prima risorgeranno i morti in Cristo•.

LO SPLENDORE DEL CORPO RISORTO

18. Ricordate soprattutto questo che dice Paolo quasi mostrandolo col dito: "Bisogna che questo [corpo] corruttibile si rivesta d'incorruttibilità: e che questo [corpo] mortale si rivesta d'immortali­tà•. Questo corpo risorgerà, non rimanendo debo­le quale è, ma esso stesso risorgerà. Si trasforme­rà rivestendosi della incorruttibilità, come il ferro accostato al fuoco diventa fuoco, o meglio come sa il Signore che lo risuscita.

Questo corpo risorgerà. Non rimarrà tale, ma eterno. Non avrà bisogno di cibi per vivere, né di scale per la salita. Diviene spirituale, qualche cosa di mirabile e non siamo capaci di dire quale. Al­lora i giusti, dice, splenderanno come il sole, la luna e quasi splendore del firmamento. Dio pre­vedendo la infedeltà degli uomini, concesse a pic­colissimi vermi di estate di emettere raggi lumino­si dal corpo, perché da ciò che si vede si crede a quello che si aspetta. Chi appresta una parte può anche dare tutto. Chi ha fatto risplendere di luce il verme, molto più farà risplendere l'uomo giusto.

IL CORPO DELLA RISURREZIONE

19. Dunque risorgeremo tutti avendo corpi e­terni ma non simili. Ma se uno è giusto riceve un corpo celeste perché possa degnamente muoversi tra gli angeli. Se qualcuno è peccatore riceve un corpo eterno capace di sopportare la pena dei pec-

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cati, perché bruciando nel fuoco eterno non si con­suma mai. E giustamente Dio si comporta in que­sto modo con l'una e l'altra categoria. Nulla da noi viene fatto senza il corpo. Bestemmiamo con la bocca e preghiamo con la bocca. Fornichiamo col corpo, col corpo siamo puri. Rubiamo con la mano, diamo l'elemosina con la mano ed altre cose simili. Poiché ad ogni cosa serve il corpo, anche nel futuro esso partecipa di quello che ha fatto.

NON PERDERE LA SALVEZZA CELESTE

20. Risparmiamo, dunque, il corpo e non a­busiamone come di cosa altrui. Non diciamo co­me gli eretici che la veste del corpo è estranea, ma rispettiamola come propria. Dovremo rendere conto al Signore di tutte le cose fatte mediante il corpo. Non dire nessuno mi vede; non credere che non vi sia testimone per le cose fatte. Spesso non è presente l'uomo, ma il Creatore è un testi­mone leale, rimane fedele nel cielo e osserva quanto avviene. Le macchie del peccato rimango­no nel corpo. Come per una piaga estesa nel corpo, anche se c'è stata una cura, rimane la cica­trice, così anche il peccato ferisce l'anima e il corpo, e i segni delle cicatrici rimangono in tutti. Si cancellano solo in quelli che ricevono il lava­cro. Dio sana le antiche ferite dell'anima e del corpo mediante il battesimo. Contro le future pre­muniamoci noi stessi, tutti in comune, per custo­dire pura la veste del corpo e non perdere la real­tà, la salvezza celeste, per una vile fornicazione o lascivia o qualche altro peccato, ma per ereditare il regno eterno di Dio, di cui con la sua grazia renda degni tutti voi.

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LA PROFESSIONE DI FEDE

21. Ciò sia detto a dimostrazione della risurre­zione dei morti. La professione di fede da noi ripetuta per voi, con ogni diligenza, con le stesse parole sia da voi pronunziata e si fissi nella vostra memoria.

LA SPIEGAZIONE DELLA FINE DEL SIMBOLO

22. La fede professata è contenuta dal seguito: ·E in un solo battesimo di penitenza per la remis­sione dei peccati e nella santa Chiesa cattolica, e nella risurrezione della carne e nella vita eterna ... Sul battesimo e sulla penitenza si è parlato nelle catechesi precedenti. Le cose dette sulla risurre­zione dei morti sono state dette per [spiegare]: ·E nella risurrezione della carne... Le cose che riman­gono sono dette per: •Nell'unica santa Chiesa cat­tolica... Di questa si potrebbe dire molto, ma lo diremo in breve.

LA CmESA CATIOLICA

23. Si chiama cattolica perché si diffonde per tutto il mondo da un confine all'altro della terra; perché insegna universalmente e con esattezza tutti i princìpi che giovano alla conoscenza degli uomini nelle cose visibili ed invisibili, celesti e ter­restri; perché è subordinato al suo culto tutto il genere umano, capi e sudditi, dotti e indotti; per­ché sana e cura da per tutto ogni specie di pecca­ti dell'anima e del corpo che si commettono. Essa ha in sé ogni conclamata virtù nelle opere, nelle parole e in ogni carisma spirituale.

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LE RADICI DEL TERMINE CHIESA

24. È chiamata appropriatamente Chiesa perché convoca e raccoglie insieme tutti, come nel Le­vitico dice il Signore: "Riunisci tutta la comunità all'ingresso del tabernacolo del convegno". Degno di nota che il termine EXXÀricrlacrov (cioè convo­ca) per la prima volta si legge qui nelle Scrittu­re, quando il Signore costituì Aronne sommo sa­cerdote. Nel Deuteronomio Dio dice a Mosè: .. Ra­dunami il popolo ed io farò udire le mie parole, perché imparino a temermi". Di nuovo ricorda il nome di Chiesa quando parla delle tavole. In que­ste erano scritte tutte le parole che il Signore disse per voi sul monte, in mezzo al fuoco, nel giorno della riunione. Quasi dicesse più apertamente: uNel giorno in cui chiamati dal Signore vi riuniste•. Il salmista canta: uTi loderò nella grande assem­blea, in mezzo a un popolo numeroso".

LA CHIESA NON PIÙ ASSEMBLEA DI ISRAELE

25. Prima il salmista aveva cantato: .. Nella adu­nanza benedite il Signore, dalle sorgenti di Israele". Per le insidie tese contro il Salvatore, i giudei sono stati allontanati dalla grazia. Il Salvatore costruì per i gentili una seconda santa Chiesa di cristiani, sulla quale disse a Pietro: uE su questa pietra edi­ficherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". Di entrambe chiara­mente profetando parlò Davide. Della prima [Chie­sa] che fu abbandonata: .. Qdio il convegno dei malvagi". Della seconda che fu edificata dice nello stesso Salmo: .. signore, ho amato il decoro della tua casa".

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Subito di seguito: «Nelle adunanze ti loderò, Signore... Ripudiata quella che era in Giudea, per tutto il mondo le Chiese di Cristo si estesero, delle quali si dice nei salmi: «Cantate al Signore un canto nuovo, la sua lode nell'assemblea dei santi ... Il profeta dice ai giudei cose consentanee: •Non c'è per me volontà in voi, dice il Signore onnipo­tente... Subito continua: «Perché dal sorgere del sole sino al tramonto il mio nome è glorificato tra le genti". Di questa santa Chiesa cattolica scrive Paolo a Timoteo: «Perché tu sappia in che modo devi comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa di Dio vivo, colonna e fondamento della verità ...

LA CHIESA CATIOUCA E LA CHIESA DEGU ERETICI

26. Il nome di Chiesa si addice a cose diverse, come della moltitudine nel teatro degli efesini è scritto: «Dopo aver detto ciò, sciolse l'adunanza ... Giustamente qualcuno potrebbe chiamare, e con fondamento, Chiesa dei malvagi le adunanze degli eretici. Mi riferisco ai marcioniti3, manichei4 ed altri.

3 Marcioniti sono i seguaci di Marcione lo gnostico, nato a Sinope nel Ponto verso la fine del I secolo della nostra èra, e morto circa il 160. Contro di lui Tertulliano scrisse un'opera in 5 libri che ci informa di molti particolari della sua dottrina. Marcione aveva costituito per i suoi seguaci un canone che comprendeva solo il Vangelo di Luca e alcuni estratti delle Lettere di Paolo. Compose pure le antitesi per cogliere il contrasto tra il Vecchio e il Nuovo Testamento e dimostrare la loro diversa origine. Egli è per un dualismo. Accanto a una materia increata vede il Dio giusto ma duro del Vecchio Testamento, mentre il Dio buono è quello del Vangelo, della grazia e della carità. Di tutti gli gno­stici tendenti sempre a divisioni e suddivisioni Marcione ha uno spirito molto organizzato e i suoi adepti resistono sino al V secolo.

• I manichei sono i seguaci di Mani (sec. III d.C.) che fondò in Persia la sua religione. Essi assorbirono molto dello gnosticismo e in particolare da Marcione. Ispirandosi al dualismo Bene-Male, Luce-Tenebre, Mani

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Perciò ti è data saldamente la fede •nell'una santa Chiesa cattolica» perché, fuggendo le riunio­ni degli abominevoli, tu aderisca in tutto alla santa Chiesa cattolica, nella quale sei rinato.

Se poi passi per le città non chiedere semplice­mente dov'è il x;upLax6v (casa del Signore). An­che le eresie degli empi pretendono di chiamare XVPLUXU le loro spelonche. Né dove si trova la Chiesa, ma dove è la Chiesa cattolica. Questo è proprio il nome di quella santa e madre di noi tutti. Essa è la sposa di nostro Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio. È scritto infatti: ·Come Cristo amò la Chiesa e si è sacrificato per essa" e il resto che segue. Essa è figura ed imitazione di quella in alto, Gerusalemme, che è libera e madre di tutti noi. Prima era sterile ed ora è di molta prole.

LA PACE, CONFINE DELLA CIDESA

27. Fu ripudiata la prima, nella seconda Chiesa cattolica, come dice Paolo: ·Dio al primo posto stabilì gli apostoli, al secondo i profeti, al terzo i dottori, poi le potenze, poi i carismi delle guari­gioni, le assistenze, i governi, i generi delle lin­gue" e ogni specie di virtù. Mi riferisco alla sag­gezza e all'intelletto, alla temperanza e alla giusti-

fonda un sincretismo religioso che include molti princìpi cristiani e una morale che è una minuta precettistica in relazione alla natura intesa ani­misticamente. Ultimamente sono state scoperte due lettere di Serapione e un Eucologio che porta il suo nome con preghiere battesimali ed eucaristiche. Nel secolo N si ebbero opere polemiche con gli Atti di Arche/ao per cogliere in una disputa immaginaria le insufficienze di Mani. Sempre nel N secolo il vescovo Tito di Bostra scrisse l'opera Contro i Manichei in 4 libri a noi pervenuti in siriaco, mentre è andato perduto l'originale greco del libro N e parte del terzo.

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zia, all'elemosina e alla misericordia, e alla pazien­za invitta nelle persecuzioni. Questa Chiesa, con le armi della giustizia nella destra e nella sinistra, con la gloria e l'ignominia, per prima nelle perse­cuzioni e nelle tribolazioni ha cinto i santi martiri di corone intrecciate dei vari fiori della pazienza. Ora in tempo di pace per grazia di Dio riceve il dovuto onore dai re, dalle autorità e da uomini di ogni ceto e nazione. I re delle nazioni che abita­no le singole regioni hanno i limiti del loro domi­nio. La sola vera santa Chiesa cattolica ha, per tutto il mondo, un potere infinito. Dio pose -come è scritto - la pace come confine ad essa. Se sulla Chiesa volessi parlare di ogni cosa mi occor­rerebbero molte ore per il discorso.

L'IMPEGNO PER LA VITA ETERNA

28. Se siamo istruiti e ci comportiamo bene in questa Chiesa cattolica, avremo il regno dei cieli ed erediteremo la vita eterna, per la quale tutto sopportiamo a riceverla come guadagno dal Si­gnore. Non è un obiettivo di piccole cose, ma l'impegno per la vita eterna. Perciò nella profes­sione di fede impariamo che dopo le parole "e nella risurrezione della carne . ., cioè dei morti, di cui abbiamo parlato, .. crediamo nella vita eterna .. per la quale noi cristiani lottiamo.

LA VITA ETERNA

29. Realmente e veramente il Padre è la vita che per mezzo del Figlio fa scaturire nello Spirito Santo doni celesti per tutti. Per la sua misericordia verso noi uomini, sono stati promessi infallibil-

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mente quelli della vita eterna. È da credere che questo è possibile. Bisogna credere non per la nostra debolezza ma guardando la sua potenza: ·Tutto è possibile a Dio». Che ciò sia possibile e che aspettiamo la vita eterna lo dice Daniele: ·Tra i giusti molti come gli astri per i secoli", ecc. Dice Paolo: «Così saremo sempre col Signore". Essere sempre col Signore significa vita eterna. Chiara­mente il Salvatore dice nel Vangelo: «Quelli an­dranno al supplizio eterno; i giusti, invece, alla vita eterna".

LE VIE PER LA VITA ETERNA

30. Molte sono le prove della vita eterna. Noi desideriamo acquistare questa vita eterna e le Sacre Scritture ci mostrano i modi dell'acquisto. Per la lunghezza dei discorsi addurremo poche testimonianze, lasciando le altre alla ricerca dei volenterosi. Ora [la si acquista] mediante la fede. È scritto, infatti: «Chi crede nel figlio ha la vita eterna .. , ecc. Di nuovo egli stesso dice: .. 1n verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a chi mi ha mandato ha la vita eterna·., ecc. Ora mediante la predicazione· del Vangelo. Dice infat­ti: .. chi miete riceve la mercede e porta il frutto per la vita eterna». Ora per il martirio e la confes­sione di Cristo. Dice infatti: .. chi odia la sua anima in questo mondo la salverà per la vita eterna». E ancora con l'anteporre Cristo alle ricchezze e alla parentela: "E chiunque ha lasciato fratelli e sorel­le, ecc., erediterà la vita eterna". Ora per l'osser­vanza dei precetti: «Non fornicare, non uccidere" e il resto che segue, come [Gesù] rispose a chi gli si era avvicinato chiedendogli: "Maestro buono, che

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debbo fare per avere la vita eterna?•. Ora receden­do dalle cattive azioni e servendo Dio. Dice infat­ti Paolo: ·Liberàti dal peccato e divenuti servi di Dio avete il vostro frutto nella santificazione, e per fine la vita eterna•.

LE VIE ALLA VITA ETERNA

31. Molti sono i modi e li ho tralasciati per l'ab­bondanza della materia, nella ricerca della vita eterna. Il Signore è molto misericordioso. Non una, non due ma molte vie d'entrata aprì alla vita eterna perché tutti ne fruissero liberamente per quanto era in lui. Le cose che ci sono state dette in modo conveniente sulla vita eterna riguardano l'ultimo precetto, la fine di quelli che professiamo nel Credo. Potessimo noi tutti, quelli che insegna­no e quelli che ascoltano, per grazia di Dio con­seguirla.

PREPARARE L'ANIMA AI CARISMI CELESTI

32. Del resto, fratelli carissimi, la parola di inse­gnamento vi esorta a preparare l'anima a riceve­re i carismi celesti. Sulla santa e apostolica fede a voi tramandata per la diffusione, abbiamo tenuto nei passati giorni della quaresima quante istruzio­ni per grazia di Dio ci erano lecite. Non che solo questo avremmo dovuto dire; molto è stato omes­so e forse meglio da maestri più validi si sarebbe proposto alla riflessione. Il giorno della santa Pasqua si avvicina e la nostra carità in Cristo sa­rà illuminata dal lavacro della rigenerazione. Di nuovo sarete istruiti, Dio volendo, su cose appro­priate: con quale pietà e ordine è necessario che

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i chiamati entrino; per quale motivo si compie cia­scuno dei sacri misteri del battesimo; con quale devozione e ordine dopo il battesimo si deve andare al santo altare di Dio, e lì gustare i misteri spirituali e celesti, perché la vostra anima, prima illuminata dalla parola d'insegnamento, conosca la grandezza di ogni carisma elargito da Dio.

LE CATECHESI MISTAGOGICHE

33. Dopo il santo e salutare giorno di Pasqua, subito dal secondo giorno dopo il sabato, nei sin­goli giorni seguenti della settimana, dopo la sinas­si, entrando nel luogo santo della risurrezione, ascolterete, Dio volendo, altre catechesi. In esse di nuovo sarete istruiti sui motivi di ciascuna delle cose avvenute ricevendo le prove del Vecchio e del Nuovo Testamento. Prima su ciò che è stato fatto antecedentemente al battesimo; poi in che modo siete stati purificati dai peccati, per mezzo del Signore, con il lavacro d'acqua nella parola; poi come siete divenuti sacerdotalmente partecipi del nome di Cristo, come vi è stato dato il sigillo della comunione dello Spirito Santo; dei misteri sull'altare del Nuovo Testamento, che qui hanno avuto inizio; che cosa di essi hanno tramandato le Sacre Scritture, e quale sia la loro efficacia e come avvicinarsi ad essi, il modo e quando è necessario riceverli. Alla fine di tutto [vi dirò] come nell'avve­nire bisogna comportarsi con le opere e le paro­le, nella dignità di grazia perché tutti voi possiate conseguire la vita eterna. E ciò, se Dio vuole, vi sarà spiegato.

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LA REDENZIONE È VICINA

34. Per il resto, fratelli, rallegratevi sempre nel Signore, lo ripeto, rallegratevi. La vostra redenzio­ne è vicina e il celeste esercito degli angeli atten­de la vostra salvezza. Già [si sente] la voce di chi grida nel deserto: «Preparate la via del Signore ... Grida il profeta: «Voi che avete sete venite all'ac­qua... E subito il seguito: «Ascoltatemi e mangiate ciò che è buono e la vostra anima godrà nei beni .. E non molto dopo ascolterete la bella lettura che dice: «Sii raggiante, nuova Gerusalemme, poiché arriva la tua luce ... Di questa Gerusalemme il pro­feta disse: «Dopo sarai chiamata città della giusti­zia; Sion città fedele» per la Legge che venne da Sion e la parola del Signore che venne da Ge-· rusalemme. Di qui si sparse come la pioggia su tutta la terra.

Il profeta per voi ad essa dice: «Gira intorno i tuoi occhi e vedi riuniti i tuoi figli ... Essa risponde: «Chi sono questi che come nubi e come colombe con i colombini volano su di me? ... Le nuvole per la parte spirituale, le colombe per la semplicità. E di nuovo: «Chi udì tali cose? O chi vide così? La terra ha partorito in un sol giorno ed è nato il popolo d'un tratto? Sion partorì e diede alla luce i suoi figli ... Tutto sarà pieno di gioia ineffabile per il Signore che dice: «Ecco farò di Gerusalemme una gioia, e del suo popolo un gaudio•.

LA MISERICORDIA DI DIO

35. Sia lecito dire a voi anche questo: «Ralle­gratevi cieli ed esulti la terra•, ecc. perché «Dio ha avuto misericordia della sua gente e ha consola-

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to i poveri del suo popolo• .. Questo avverrà per la misericordia di Dio che vi dice: ·lo farò sparire le tue iniquità come nuvola e come nebbia i tuoi peccati•. Voi che siete degni del nome di fedeli (e per voi è scritto: ·Ai miei servi si impone un nome nuovo, che sarà benedetto sulla terra .. ) direte con gioia: ·Benedetto Dio e Padre di nostro Signore Gesù Cristo che ha benedetto noi con ogni bene­dizione spirituale tra i cieli in Cristo, nel quale abbiamo la redenzione del suo sangue, il perdo­no dei peccati secondo la ricchezza della sua gra­zia che sovrabbondò in noi .. , ecc. E di nuovo: ·Dio che è ricco di misericordia per la sua grande cari­tà con la quale ci amò pur essendo noi morti per le cadute, ci ravvivò in Cristo•>. Così ancora lodate il Signore, l'autore dei beni, dicendo: •Quando apparve la benignità e la misericordia del Salvato­re nostro Dio, non per le opere di giustizia che noi facemmo, ma per la sua misericordia ci salvò, mediante il lavacro della rigenerazione e del rin­novamento dello Spirito Santo che diffuse abbon­dantemente su di noi per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, perché giustificati dalla sua grazia divenissimo eredi nella speranza della vita eterna•.

Lo stesso Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il padre della gloria vi dia lo spirito della sapienza e della rivelazione nella sua conoscenza. Vi custodisca con gli occhi della mente illuminati per tutto il tempo nelle opere, nelle parole e nei buoni pensieri. A lui gloria, onore e potenza per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo con lo Spirito Santo ora e sempre e per tutti i secoli infiniti.

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CATECHESI I MISTAGOGICA1

Prima catechesi mistagogica ai neo-battezzati e lettura della prima lettera cattolica di Pietro da: «Siate sobri, vegliate• (lPt 5,8-11) sino alla fine dell'epistola, dello stesso Cirillo e del vescovo Giovanni.

RIFLETIERE SUL BATIESIMO

1. Desideravo da tempo, o veri e amati figli della Chiesa, di parlarvi di questi misteri spirituali e celesti. Ma ben sapendo che l'occhio ha più cre­dibilità dell'orecchio, ho atteso la presente circo­stanza. Vi guiderò trovandovi più disponibili alle cose da dire per questa serata, nel prato del para­diso più luminoso e odoroso. Siete nelle condizio­ni migliori e più sensibili ai misteri divini, per il battesimo divino e vivificante. Dunque, bisogna ormai imbandire la tavola degli insegnamenti di perfezione. Ve li daremo con molta cura perché voi possiate percepire ciò che è avvenuto per voi in questa sera del battesimo.

1 Mistagogia, dal greco, significa letteralmente "iniziazione ai misteri".

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RINUNZIA A SATANA, IL FARAONE

2. Siete prima venuti nella parte esterna dove si amministra il battesimo e rivolti verso Occidente avete ascoltato e vi è stato ordinato di stendere la mano rinunziando a satana come se fosse presen­te. È necessario per voi sapere che questo nella storia antica era una figura. Quando il Faraone, tiranno aspro e crudele, angariava il popolo libero e generoso degli ebrei, Dio mandò Mosè a farli uscire da questa dura schiavitù degli egiziani. Le porte furono unte col sangue dell'agnello perché lo sterminatore risparmiasse le case che avevano il segno del sangue, e il popolo degli ebrei fu ina­spettatamente liberato. Mentre li inseguiva, dopo che si erano liberati, vide che straordinariamente il mare si apriva davanti a loro. Tuttavia andò avan­ti, calcando orma su orma e improvvisamente fu sommerso e inghiottito in mezzo al Mar Rosso.

MOSÈ E CRISTO

3. Trasferìsciti con me ora dalle cose antiche al­le nuove, dal simbolo alla realtà. Lì era Mosè, da Dio mandato in Egitto, qui Cristo, mandato nel mondo dal Padre. Lì per far uscire dall'Egitto il po­polo oppresso, qui perché Cristo liberasse quelli che nel mondo sono oppressi dal peccato. Lì il sangue dell'agnello fu la deviazione dello ster­minatore, qui il sangue dèll'Agnello immacolato Gesù Cristo è il rifugio contro i demoni. Il tiranno inseguì l'antico popolo sino al mare, e il demonio audace, turpe e principe del male li inseguì sino alle stesse sorgenti della salvezza. Quello fu som­merso nel mare, questo scomparve nell'acqua del­la salvezza.

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LA RINUNZIA A SATANA

4. Tu poi ti senti ordinare di stendere la mano e dire come ad uno che ti è presente: «Rinunzio a te, satana ... Voglio anche spiegarvi perché vi siete voltati ad Occidente. È opportuno. L'Occidente è il luogo delle tenebre visibili, una oscurità che essendo tenebrosa nelle tenebre ha il potere. Per questo simbolicamente guardando verso Occiden­te, avete rinunziato a quel principe oscuro e tetro. Che cosa, stando in quella posizione, disse ciascu­no di voi? «Rinunzio a te, satana, cattivo e crudele tiranno e non temo più la tua forza. Cristo l'ha distrutta, partecipando con me al sangue e alla carne. Egli ha abolito mediante le sofferenze la morte con la morte in modo che io non sia più soggetto alla schiavitù. Rinunzio a te serpente ingannevole e capace di tutto. Rinunzio a te che sei insidioso e simulando amicizia hai compiuto ogni malvagità. Tu hai ispirato ai nostri protopa­renti l'apostasia. Rinunzio a te, satana, autore e complice di ogni malvagità ...

LE OPERE DI SATANA

5. Nella seconda parte della formula poi tu impari a dire: "E alle sue opere .. 2• Le opere di sata­na sono tutti i peccati, dai quali bisogna stare lon­tano, come chi fugge per sempre dal tiranno getta anche le sue armi. Ogni specie di peccato si inse-

2 Sant'Ambrogio (Sacr. 1,5) riporta sempre per intero la formula dialoga­ta. ·Quando ti è stato chiesto: Rinunzi a satana e alle sue opere? Hai risposto: Rinunzio. Rinunzi al mondo e ai suoi piacen? Hai risposto: Rinunzio•. I Padri esortano sovente i fedeli a ricordarsi di questa formu­la battesimale quale atto di nascita del cristiano. Dimenticarla significa ricadere nella schiavitù del peccato.

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risce nelle opere del diavolo. Inoltre sappi che quanto tu dici soprattutto in quel terribile momen­to viene scritto lettera per lettera nei libri invisibi­li di Dio. Dunque commettendo qualche cosa che sia, invece, contraria, sarai giudicato come sper­giuro. Rinunzia perciò alle opere di satana, dico; a ogni opera e pensiero che siano contrari alla parola promessa.

LA POMPA DEL DIAVOLO

6. Poi tu dici: ·A ogni sua pompa". La pompa del diavolo è la manìa del teatro, delle corse dei cavalli, della caccia e di ogni simile vanità, da cui pregando di essere liberato il santo chiede a Dio: ·Distogli i miei occhi dal guardare le cose vane". Non ti sia gradita la passione per il teatro, ove si hanno gli spettacoli dissoluti dei mimi, che sono di violenze e di ogni indecenza, e le danze furio­se di uomini effeminati. Né la passione di quelli che nella caccia si espongono alle fiere per lusin­gare il loro sventurato stomaco. Per prendersi cura dei cibi per il ventre, diventano veramente cibo del ventre di bestie feroci. A dirla esplicita­mente, per il dio ventre espongono la loro vita in combattimenti sui precipizi. Fuggi le corse dei cavalli, spettacolo frenetico che fa scadere le anime. Tutto questo è la pompa del diavolo.

LA CONTAMINAZIONE

7. Ma anche quello che si appende nei templi degli idoli e nelle feste, come carni, pani e altre simili cose contaminate dalla invocazione di de­moni infami, è da inserire nella pompa del diavo-

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lo. Il pane e il vino dell'eucaristia prima della santa epiclesi dell'adorabile Trinità, erano pane e vino comuni. Dopo l'epiclesi, invece, il pane di­venta corpo di Cristo e il vino sangue di Cristo. Allo stesso modo gli alimenti della pompa di sata­na, che sono per loro natura comuni, con l'invo­cazione dei demoni diventano impuri.

IL CULTO DEL DIAVOLO

8. Dopo ciò tu dici: "E al tuo culto•. Il culto del diavolo è la preghiera nei templi pagani e tutto ciò che si fa ad onore degli idoli insensibili: accendere le lampade e bruciare incenso alle sor­genti dei fiumi, come alcuni ingannati dai sogni o dai demoni.

Si arriva a questo credendo di trovare la guari­gione dei mali corporali. Puoi partecipare a cose siffatte. Gli auspici, la divinazione, gli auguri, gli amuleti, le scritte sulle lamine, le magie, ed altri malefici e altre pratiche simili sono culto del dia­volo. Fuggine dunque lontano. Se vi ricadi, dopo esserti allontanato da satana per aderire a Cristo, tu sperimenterai un tiranno più crudele. Egli pri­ma ti trattava come un familiare e ti risparmiava una dura schiavitù, ora invece è molto inferocito contro di te. E tu sarai privato di Cristo e proverai quello. Non hai ascoltato la Storia antica che ci racconta di Lot e delle sue figlie? Non fu salvato con le figlie raggiungendo la montagna, mentre la moglie divenne una colonna di sale, immobilizza­ta per sempre nel ricordo della cattiva intenzione e del voltarsi indietro? Attenzione dunque a te stesso e non ritornare indietro, dopo aver messo la mano all'aratro, all'amara consuetudine di que-

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sta vita. Ma fuggi sulla montagna verso Gesù Cristo, la pietra non tagliata con le mani che ha riempito l'universo.

LA PROFESSIONE DI FEDE VERSO ORIENTE

9. Quando tu rinunzi a satana, cancellando ogni patto con lui, tu distruggi le vecchie alleanze con l'inferno. Ti si apre il paradiso di Dio, che piantò a Oriente3 da dove per la disubbidienza fu esiliato il nostro primo genitore. E simbolo di ciò è il tuo voltarti da Occidente4 a Oriente, re­gione della luce. Allora ti si disse di pronunziare: «Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo e in un solo battesimo di penitenza». Di questo, ti è stato largamente parlato, nelle catechesi prece­denti, come la grazia di Dio ci ha concesso.

Su VIGILE

10. Rafforzato da queste parole, sii vigile. Infatti il nostro avversario il diavolo, come si è letto prima, si aggira come un leone, cercando chi di­vorare. Nel passato la morte che aveva il soprav­vento divorava. Dopo il sacro lavacro della rige­nerazione, Dio ha tolto il pianto da ogni volto. Non piangerai più, spogliato dell'uomo vecchio,

3 Cf. Gen 2,8. Presso gli antichi la preghiera era fatta sempre secondo una direzione. I greci nel tempio si rivolgevano verso il simulacro del dio; fuori del tempio alzavano gli occhi al cielo. I romani, se invocavano Giove, si orientavano verso il tempio di Giove Capitolino. Gli ebrei si rivolgevano verso il sole nascente, cioè l'Oriente. Per i cristiani, secon­do Origene (Or. 32) la preghiera ad Oriente era il simbolo dell'anima che cerca la vera luce.

• La regione delle tenebre visibili è l'Occidente. Anche i greci ponevano a Occidente le porte dell'Ade.

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ma festeggerai, avendo indossato l'abito della sal­vezza Gesù Cristo.

IL SANTO DEI SANTI

11. Questo è avvenuto nell'edificio esteriore5.

Dio volendo, quando per ordine con i discorsi mistagogici entreremo nel Santo dei Santi6, allora conosceremo i simboli delle cose che si compio­no. A Dio gloria, potenza e grandezza con il Figlio e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.

' Il riferimento è al battistero. 6 Il Santo dei Santi era la parte più interna del tempio di Gerusalemme.

Di forma quadrata, m. 8,80 x m. 8,80, non aveva finestre e chiudeva l'ar­ca dell'Alleanza con i Cherubini (lRe,23,28). Il gran sacerdote vi pene­trava una volta l'anno nel giorno delle Espiazioni (Lev 16,2-16) asper­gendolo con il sangue del sacrificio. Fu profanato da Pompeo che vi entrò il 63 a.e. ma con una grande contestazione da parte dei Giudei. Il 29 agosto del 70 d.C. fu profanato da Tito. Un soldato vi gettò una torcia e il tempio fu distrutto dall'incendio.

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CATECHESI II MISTAGOGICA

Seconda catechesi mistagogica sul battesimo e lettura dell'epistola ai Romani da: ·Ignorate che noi tutti battezzati in Gesù Cristo siamo stati bat­tezzati nella sua motte?· sino a: •Voi non siete più sotto la Legge, ma sotto la grazia· (Rm 6,3-4).

LA SPIEGAZIONE DEI RITI DEL BATIESIMO

1. Sono a voi utili queste istruzioni quotidiane sui misteri e i nuovi insegnamenti che proclama­no nuove situazioni tanto più che voi siete stati rigenerati dal vecchio al nuovo. Per questo è ne­cessario che io per ordine vi esponga il seguito della mistagogia di ieri per comprendere la sim­bologia dei riti che si sono svolti su di voi nell'in­terno dell'edificio.

SPOGLIARSI DELLA TIJNICA

2. Appena entrati vi siete tolti la tunica. Ciò per la raffigurazione che si eliminava l'uomo vecchio con le sue abitudini. Spogliati siete rimasti nudi, imitando in ciò Cristo nudo sulla croce. Egli nella nudità spogliò i principati e le potestà trionfando

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a fronte alta sulla croce. Poiché nelle vostre mem­bra si nascondevano le potenze avverse, non vi è più permesso portare la vecchia tunica. Non vi parlo minimamente della tunica visibile, ma del­l'uomo vecchio che si corrompe nelle passioni ingannatrici. L'anima che una volta se ne sia spo­gliata non se ne rivesta di nuovo, ma dica con la sposa di Cristo nel Cantico dei Cantici: ·Mi sono spogliata della tunica, perché indossarla?... Che meraviglia! Siete stati nudi davanti agli occhi di tutti e non vi siete arrossiti. Portavate veramente l'immagine del primo uomo Adamo, che nel para­diso era nudo e non si vergognava.

L'UNZIONE

3. Poi svestiti siete stati unti con l'olio esorciz­zato, dalla cima dei capelli sino all'estremità del corpo 1, divenendo partecipi del buon ulivo che è Gesù Cristo. Recisi dall'oleastro siete stati innesta­ti nell'ulivo buono e siete divenuti partecipi del­l'abbondanza dell'ulivo. L'olio esorcizzato simbo­leggia la partecipazione all'abbondanza del Cristo che mette in fuga ogni traccia di potenza avversa. Come le insufflazioni dei santi e la invocazione del nome di Dio, quasi fiamma ardente brucia e caccia i demoni, così questo olio esorcizzato per l'invocazione di Dio e la preghiera, riceve una tale forza che non solo purifica bruciando le tracce dei peccati, ma anche insegue le potenze invisibili del maligno.

1 Per le donne provvedevano all'unzione le diaconesse ricordate da auto­ri contemporanei a Cirillo e a Giovanni di Gerusalemme come Epifanio di Salamina (Contro le eresie 79 ,3) e dalle Costituzioni Apostoliche (3, 15-16) che pur trasmettono usi e riti dei secoli precedenti.

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MORTE E VITA

4. Dopo per mano siete stati condotti alla santa piscina del divino battesimo come il Cristo dalla croce alla tomba che vi è davanti. Ognuno è stato interrogato se crede nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Avete fatto la confes­sione salutare e vi siete immersi per tre volte nel­l'acqua e di nuovo siete risaliti simboleggiando la sepoltura di tre giorni del Cristo. Come il nostro Salvatore passò tre giorni e tre notti nel cuore della terra, così anche voi con la prima emersione avete imitato il primo giorno del Cristo sottoterra e nella immersione la notte. Colui che è nella notte più non vede e chi, invece, è nel giorno vive la luce, così nella immersione, come nella notte, nulla vedete ma nella emersione di nuovo vi trovate come nel giorno. Nello stesso tempo sie­te morti e rigenerati. Quest'acqua salutare fu la vostra tomba e la vostra madre. Ciò che disse Sa­lomone per altre cose si può adattare a voi. Nel passo infatti disse: "C'è il tempo di nascere e il tempo di morire•. Per voi l'inverso: il tempo di morire e il tempo di nascere. Un solo tempo ha conseguito le due cose: la vostra nascita ha coin­ciso con la morte.

LA REALTÀ DELLA SALVEZZA

5. O cosa strana e paradossale! Non siamo vera­mente morti, né veramente seppelliti, né vera­mente crocifissi e risuscitati, ma l'imitazione in immagine è salvezza nella realtà. Il Cristo è stato realmente crocifisso, realmente seppellito e real­mente è risorto. Ogni grazia ci è stata elargita per-

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ché partecipando alle sue sofferenze lo imitiamo guadagnando in realtà la salvezza. O misericordia senza misura! Cristo ha ricevuto i chiodi nelle sue mani pure e ha sofferto; a me, invece, senza sof­frire e penare, per la partecipazione è donata la salvezza.

SIMBOLO DELLA PASSIONE DI CRISTO

6. Nessuno creda che il battesimo conferisca solo la remissione dei peccati e la grazia dell'ado­zione di figlio, come il battesimo di Giovanni che procura soltanto la remissione dei peccati. Ma noi sappiamo esattamente che come è la purificazio­ne dei peccati e l'intermediario del dono dello Spirito Santo, così è simbolo della passione di Cristo. Per questo Paolo poco fa ha proclamato altamente: ·Ignorate che quanti siamo stati battez­zati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? Noi siamo stati sepolti con lui mediante il battesimo... Questo diceva forse per alcuni che ammettevano il battesimo come intermediario del­la remissione dei peccati e della figliolanza del­l'adozione e non la partecipazione in figura della vera passione di Cristo.

UNA STESSA PIANTA

7. Sappiamo dunque che quanto Cristo soppor­tò, l'ha sofferto in realtà e non in apparenza per noi e per la nostra salvezza, e noi diveniamo par­tecipi della sua passione. Paolo lo proclama con tutta franchezza: ·Se siamo divenuti una stessa pianta con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione... Ben detto: •una

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stessa pianta». Qui fu piantata la vera vigna e noi, per la partecipazione al battesimo della morte, siamo divenuti una stessa pianta con lui. Ap­profondisci con molta attenzione le parole del-1' Apostolo. Non dice: se siamo divenuti una mede­sima pianta con lui per la morte, ma per la somi­glianza alla sua morte. In realtà in Cristo c'è stata la morte vera, l'anima si è separata dal corpo, la sua sepoltura fu vera e il suo santo corpo fu avvolto in un lenzuolo puro. In lui tutto è vera­mente avvenuto. Per noi è solo una somiglianza di morte e di sofferenze, ma per la salvezza non è somiglianza, ma verità.

UNA NUOVA VITA

8. Abbastanza istruiti in queste cose vi prego di ritenerle a memoria perché io indegno vi possa dire: .Vi amo perché sempre vi ricordate di me, ritenendo le tradizioni che vi ho trasmesso". Dio è potente. Egli che da morti vi ha reso vivi vi con­cede di condurre una nuova vita. A lui la gloria e la potenza ora e per i secoli. Amen.

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CATECHESI III MISTAGOGICA

Terza catechesi mistagogica: la cresima e lettu­ra della prima lettera di Giovanni da: «Voi avete ricevuto da Dio l'unzione e voi comprendete tutto• sino a: ·E non abbiamo da arrossire alla sua venuta• (lGv 2,20-28).

L'UNZIONE

1. Battezzati nel Cristo e di Lui rivestiti siete divenuti conformi al Figlio di Dio. Infatti Dio che ci ha predestinati all'adozione di figli, ci ha resi conformi al corpo glorioso di Cristo. Ormai dive­nuti partecipi di Cristo, siete naturalmente chia­mati Cristi. Di voi dice il Signore: •Non toccate i miei consacrati•. Siete divenuti Cristi ricevendo il sigillo dello Spirito Santo. Tutto si è compiuto in voi figuratamente, poiché siete le immagini di Cristo.

Egli dopo che fu battezzato nel fiume Giordano e comunicò alle acque il contatto della sua divini­tà, ne risalì e su di lui scese lo Spirito Santo nel suo essere. Il simile si posava sul simile. Anche per voi ugualmente quando siete saliti dalla pisci­na delle sacre acque, ci fu la cresima, l'immagine

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di cui fu crismato il Cristo. È lo Spirito Santo di cui il beato Isaia nella prof e zia parla in persona del Signore: «Lo Spirito del Signore Dio è su di me. Perché il Signore mi ha consacrato a portare il lieto annunzio ai miseri ...

L'UNZIONE DELLO SPIRITO SANTO

2. Cristo non fu unto di olio o di profumo mate­riale dall'uomo, ma il Padre, avendolo designato Salvatore di tutto il mondo, lo unse di Spirito San­to, come Pietro disse: ·Dio unse Gesù di Nazaret di Spirito Santo•.. Il profeta Davide esclamava: «Il tuo trono, o Dio, è per i secoli dei secoli. Lo scet­tro di giustizia è lo scettro del tuo regno. Tu hai amato la giustizia e odiato l'iniquità. Per questo Dio, tuo Dio, ti ha unto dell'olio di letizia sopra i tuoi eguali ...

Come il Cristo fu veramente crocifisso e sepol­to e risuscitò, anche voi, per il battesimo, in simi­litudine siete stati degni di essere con lui crocifis­si, sepolti e risuscitati. Così per il crisma. Egli è stato unto dell'olio spirituale di esultazione, cioè dello Spirito Santo chiamato olio di esultazione perché è l'autore della gioia spirituale. Voi siete stati unti di balsamo divenendo partecipi e com­pagni di Cristo.

Lo SPIRITO SANTO VIVIFICATORE

3. Attento però a non pensare che quello sia un semplice balsamo. Come il pane dell'Eucaristia, dopo l'invocazione dello Spirito Santo non è più semplice pane, ma corpo di Cristo, così anche questo sacro balsamo, dopo l'invocazione, non è

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più semplice balsamo, o come si potrebbe dire comune, ma carisma di Cristo, divenuto efficace della sua divinità per la presenza dello Spirito Santo. Ti vengono unti simbolicamente di quel balsamo la fronte e tutti gli altri sensi. Il corpo è unto di questo balsamo visibile, ma l'anima è san­tificata dallo Spirito Santo vivificatore.

L'UNZIONE DELLE DIVERSE PARTI DEL CORPO

4. Per prima siete stati unti sulla fronte per essere liberati dalla vergogna che il primo uomo prevaricatore portava ovunque, e per contempla­re col viso scoperto la gloria del Signore come in uno specchio. Poi sugli orecchi perché abbiate gli orecchi di cui ebbe a dire Isaia: ·Il Signore mi ha dato un orecchio per intendere•. E il Signore nei vangeli: .. chi ha orecchi per intendere, intenda•. Poi sulle narici affinché, ricevendo il profumo di Dio, possiate dire: •Noi siamo per Dio il buon odore di Cristo tra quelli che sono salvi•. Poi sul petto perché: .. Rivestiti della corazza della giustizia possiate resistere agli inganni del diavolo•. Come il Salvatore, dopo il battesimo e la discesa dello Spirito Santo, uscì a combattere contro l'avversa­rio, così anche voi dopo il santo battesimo e la mistica unzione, rivestiti della intera armatura dello Spirito Santo, resistete alla potenza avversa­ria e combattetela dicendo: «Posso tutto in Cristo che mi dà la forza•.

IL NOME CRISTIANO

5. Giudicati degni di questa santa cresima siete stati chiamati cristiani, inverando per la vostra

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rigenerazione anche il nome. Infatti, prima di es­sere degni del battesimo e della grazia dello Spi­rito Santo, non eravate sufficientemente meritevo­li, ma v'incamminavate per divenire cristiani2•

LE PREFIGURAZIONI BIBLICHE

6. Bisogna sapere che il simbolo della cresima si trova nell'antica Scrittura. Infatti, quando Mosè comunicò al fratello l'ordine di Dio di costituirlo sommo sacerdote, lo lavò nell'acqua e lo unse. Fu chiamato Cristo per questa unzione naturalmente simbolica. Così il sommo sacerdote elevando Sa­lomone a Re lo unse dopo che si bagnò nel Ghi­con3. Ma queste cose avvenivano loro simbolica­mente. Invece, per voi non è in figura ma in veri­tà, perché di chi fu unto in realtà dallo Spirito Santo è il principio della vostra salvezza. Egli è come la primizia e voi [siete] la massa di pasta. Se la primizia è santa, la santità si trasmetterà certa­mente a tutta la pasta.

CONSERVARE L'UNZIONE

7. Conservate in voi senza macchia l'unzione che avete ricevuto e non avrete bisogno che alcu­no vi ammaestri, come avete ora ascoltato le paro-

z Cirillo in Cat. 10,16 aveva già detto che Gesù Cristo per la magnificen­za divina ha reso noi partecipi del suo nome. Un nome nuovo, se si vuole, ma si è diffuso per tutto il mondo ed è benedetto su tutta la terra. I giudei arrivano sino ai confini del loro paese, mentre i cristiani sono dovunque, per l'annunzio dell'unigenito figlio di Dio.

3 lRe, 1,38-39,45. Il Ghicon è uno dei quattro fiumi che circondano il paradiso terrestre secondo la simbolica della geografia della Genesi, 2, 13: ·Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese di Etiopia•.

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le del beato Giovanni che ha fatto molte conside­razioni sull'unzione. Essa è la santa e spirituale salvaguardia del corpo e la salvezza dell'anima.

Di questa unzione sin dai tempi antichi il beato Isaia profetizzava dicendo: "Il Signore opererà per tutti i popoli su questo monte•. Egli chiama monte la Chiesa anche altrove come quando dice: «Negli ultimi giorni sarà visibile il monte del Signore»; «Berranno vino, berranno allegria, si ungeranno di balsamo ... Per esortarti a comprendere questo bal­samo, come mistico, dice: «Dai tutto questo ai po­poli; il disegno del Signore è su tutti i popoli•.

Unti di questo sacro balsamo, custoditelo puro e irreprensibile in voi progredendo nelle buone opere e divenendo accetti all'autore della nostra salvezza, Gesù Cristo cui sia la gloria nei secoli dei secoli.

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CATECHESI IV MISTAGOGICA

Quarla Catechesi mistagogica: il corpo e il san­gue di Cristo e lettura dell'Epistola ai Corinzi: ·Ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta ho tra­smesso a voi• (lCor 11,23), ecc ...

L'EUCARISTIA

1. Questa istruzione del beato Paolo vi rende pienamente consapevoli dei divini misteri di cui siete considerati degni, divenuti un solo corpo e un solo sangue con Gesù Cristo. Ora egli ha pro­clamato: •Nella notte in cui nostro Signore Gesù Cristo fu tradito, prese il pane e dopo aver reso grazie lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicen­do: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Poi prese il calice e reso grazie, disse: Prendete e bevete, questo è il mio sangue". Gesù stesso si è manifestato dicendo del pane: •Questo è il mio corpo". Chi avrebbe ora il coraggio di dubitarne? Egli stesso l'ha dichiarato dicendo: •Questo è il mio sangue". Chi lo metterebbe in dubbio dicen­do che non è il suo sangue?

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LE NOZZE DI CANA

2. Egli di sua volontà una volta cambiò a Cana di Galilea l'acqua in vino, e non è degno di fede se muta il vino in sangue? Invitato alle nozze fisi­che, fece questo miracolo strepitoso. E noi non lo testimonieremo, avendo dato ai figli dello sposo la gioia del suo corpo e del suo sangue?

PORTATORI DI CRISTO

3. Con ogni sicurezza partecipiamo al corpo e al sangue di Cristo. Sotto la specie del pane ti è dato il corpo, e sotto la specie del vino ti è dato il sangue perché tu divenga, partecipando al cor­po e al sangue di Cristo, un solo corpo e un solo sangue col Cristo. Così diveniamo portatori di Cri­sto spandendosi il suo corpo e il suo sangue per le nostre membra. Così, secondo il beato Pietro noi diveniamo «partecipi della natura divina•.

IL FRAINTENDIMENTO DEGLI EBREI

4. Una volta Cristo parlando ai giudei disse: .. se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avrete in voi la vita•. Quelli non inten­dendo spiritualmente le sue parole, se ne andaro­no scandalizzati, credendo che il Salvatore li invi­tasse alla sarcofagia.

IL PANE E IL LOGOS

5. C'erano nell'Antico Testamento i pani della proposizione, i quali proprio perché dell'Antico Testamento sono terminati. Nel Nuovo Testamen-

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to è un pane celeste e un calice di salvezza che santificano l'anima e il corpo. Come il pane è proprio per il corpo, così il Logos è proprio per l'anima.

LA FEDE, NON I SENSI

6. Non ritener[li] come semplici e naturali quel pane e quel vino; sono invece, secondo la dichia­razione del Signore, il corpo e il sangue. Anche se i sensi ti inducono a questo, la fede però ti sia salda. Non giudicare la cosa dal gusto, ma per fede abbi la piena convinzione tu che sei giudica­to degno del corpo e del sangue di Cristo.

IL CALICE CHE INEBRIA

7. Il beato Davide te ne spiega la forza dicendo: ·Tu hai preparato davanti a me una tavola di fron­te ai miei oppressori". Questo è ciò che dice. Prima della tua venuta i demoni apprestavano agli uomini una tavola che era insozzata e inquinata e piena di forza diabolica. Ma dopo la tua venuta, o Signore, hai preparato una tavola davanti a me. Quando l'uomo ha detto a Dio: ·Hai preparato davanti a me una tavola» che altro significa se non la mensa mistica e spiritua,le che Dio ci preparò di fronte all'avversario, cioè in opposizione ai demo­ni? E molto ragionevolmente. Quella tavola aveva la comunione con i demoni, questa la comunione con Dio. ·Tu mi ungesti la testa di olio". Con l'olio ti unse la testa sulla fronte mediante il sigillo di Dio, perché tu divenissi impronta del sigillo, tem­pio di Dio. ·Com'è delizioso il tuo calice che mi inebria!». Tu vedi che qui si parla del calice che

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Gesù prese tra le mani e rendendo grazie disse: .. Questo è il mio sangue sparso per molti in remis­sione dei peccati ...

LE TIJE VESTI SIANO SEMPRE BIANCHE

8. Per questo anche Salomone alludendo a tale grazia dice nell'Ecclesiaste: .. Mangia qui il tuo pa­ne con gioia·., il pane spirituale cioè. "Qui .. indica la chiamata di salvezza che beatifica. "E bevi il tuo vino di buon cuore•., il vino spirituale. •Versa l'olio sulla tua testa... Non vedi che si allude al crisma mistico? E .. 1e tue vesti siano sempre bianche per­ché il Signore si è compiaciuto delle tue opere ... Ora il Signore si è compiaciuto delle tue opere. Prima che ti avvicinassi alla grazia, «Vanità delle vanità .. erano le tue opere.

Ora che ti sei spogliato delle vesti antiche e hai indossato spiritualmente quelle bianche, bi­sogna che sempre tu sia vestito di bianco. Non diciamo assolutamente questo, che tu vesta sem­pre di bianco, ma occorre che tu sia rivestito di candore, di splendore e di spiritualità, perché tu possa dire con il beato Isaia: .. si rallegri la mia anima nel Signore; mi ha rivestito delle vesti di salvezza, e mi ha ricoperto con il manto della giu­stizia ...

IL PANE SPIRI11JALE

9. Avendo appreso queste cose, hai piena co­scienza che ciò che ti pare pane non è pane, an­che se al gusto è tale, ma corpo di Cristo, e il vino che pare vino non è vino, anche se il gusto l'av­verte come tale, ma sangue di Cristo. Di ciò anti-

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camente Davide cantando disse: "Il pane fortifica il cuore dell'uomo, e l'olio fa brillare il suo volto•. Fortifica il tuo cuore, prendendo il pane come spi­rituale e si rallegri il volto della tua anima. Il tuo volto, ricoperto in una coscienza pura, possa riflettere come in uno specchio la gloria del Signore e possa essere trasformato in quella medesima immagine di Cristo Gesù nostro Si­gnore al quale sia gloria nei secoli dei secoli.

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CATECHESI V MISTAGOGICA

Quinta catechesi mistagogica e lettura dell'epi­stola cattolica di Pietro: ·Deponendo ogni cattive­ria, inganno e ipocrisia· (lPt 2,1), ecc.

PASSAGGIO AD ALTRI ARGOMENTI

1. Per la misericordia di Dio, nelle precedenti riunioni avete sentito parlare sufficientemente del battesimo, dell'unzione e della comunione del corpo e del sangue di Cristo. Ora si deve passare al seguito. Oggi si pone la corona all'edificio spi­rituale del vostro profitto.

LA PURIFICAZIONE DA OGNI PECCATO

2. Avete visto il diacono che dava da lavare al celebrante e ai presbiteri che stavano intorno all'altare di Dio. Non dava certamente l'acqua per lo sporco materiale che non c'era. All'inizio siamo entrati in chiesa senza avere lo sporco materiale. Ma lavarsi è simbolo che noi dobbiamo purificar­ci da ogni peccato e mancanza. Le mani sono sim­bolo dell'azione e noi lavandole alludiamo natu­ralmente alla purezza e alla irreprensibilità delle

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azioni. Non hai sentito il beato Davide che ha spiegato questo mistero: «Lavo le mie mani nell'in­nocenza e giro attorno al tuo altare, Signore .. ? Dunque lavarsi le mani è non essere soggetto alla imputazione dei peccati.

IL BACIO DEL PERDONO

3. Poi il diacono avverte a voce alta: «Pren­detevi l'un l'altro e salutiamoci scambievolmente ... Non pensare che questo bacio sia l'abituale bacio di quelli che avvengono sulla piazza tra amici comuni. Non è nulla del genere. Questo bacio unisce le anime tra loro e le induce a ogni perdo­no. Il bacio è segno dunque che le anime si uni­scono e cacciano ogni rancore. Per questo il Cristo disse: ·Se tu stai facendo la tua offerta sul­l'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta sull'altare e va' prima a riconciliarti con tuo fratello e poi vieni a presentare la tua offerta... Dunque il bacio è riconciliazione e, per questo, santo, come dice ad alta voce il beato Paolo: «Salutatevi l'un l'altro con il bacio santo ... E Pietro: .. salutatevi l'un l'altro con il bacio della carità ...

IN ALTO I CUORI

4. Poi il sacerdote esclama: «In alto i cuori .. 1.

Veramente in quel terribile momento bisogna

1 In alto I cuori traduce anche l'espressione latina ·sursum corda· che è di introduzione all'anafora. Il preambolo dialogato del prefazio è anti­chissimo e lo si riscontra con poche varianti nelle vecchie liturgie e in Occidente è attestato dalla Tradizione Apostolica (par. 4 sulle offerte). Dopo che i fedeli si erano preparati, il celebrante rivolgeva loro il salu-

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avere in alto il cuore verso Dio e non sulla terra e le cose terrene. Coti. forza il sacerdote ordina a quel punto di allontanare dalla mente tutti gli af­fanni della vita, le sollecitudini di casa, e di rivol­gere il cuore al cielo, a Dio misericordioso. Allora voi rispondete: «L'abbiamo rivolto al Signore•, ob­bedienti a ciò che voi confessate. Nessuno vi sia che quando con la bocca dice «l'abbiamo rivolto al Signore•, abbia per distrazione la mente negli affanni terreni. Sempre bisogna ricordarsi di Dio. Se ciò è impossibile per la debolezza umana, al­meno in quel momento bisogna desiderarlo.

RENDIAMO GRAZIE AL SIGNORE

5. Dopo il sacerdote dice: «Rendiamo grazie al Signore•. Veramente dobbiamo rendere grazie perché, pur essendo indegni, ci ha chiamato a tanta grazia, perché ci ha riconciliato da nemici, perché ci ha fatto degni dello spirito di filiazione. Allora voi rispondete: «È cosa degna e giusta•. Nel rendere grazie noi facciamo una cosa degna e giu­sta. Egli ha compiuto una cosa più che giusta e ci ha beneficato degnandoci di siffatti beni.

to: ·Il Signore sia con voi• e li invitava ad elevare il loro cuore. Alla risposta affermativa dei fedeli che il loro cuore era già rivolto a Dio, il celebrante li esortava a rendere insieme grazie al Signore. Nel dialo­go il celebrante esorta i fedeli a compiere, degnamente, il grande mi­stero dell'Eucaristia. Il popolo risponde con un'acclamazione: È cosa degna e giusta! Ne parla anche san Cipriano (Orazione del Signore 31) in un brano di grande valore artistico, in cui l'alternarsi delle silla­be quantitative e accentuative riesce a rendere le sfumature di que­sto dialogo liturgico.

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~ANTO, SANTO, SANTO IL SIGNORE SABAOT

6. Dopo di ciò ci ricordiamo del cielo, della terra, del mare, del sole e della luna, delle stelle, di tutto il creato ragionevole e irragionevole, visi­bile e invisibile, degli angeli, degli arcangeli, delle virtù, delle potenze, delle signorìe, dei principati, dei troni, dei cherubini dalle molte facce dicendo fortemente con Davide: ·Magnificate con me il Si­gnore•. Ci ricordiamo anche dei serafini che Isaia contemplò nello Spirito Santo mentre stavano in­torno al trono di Dio. Con due ali nascondevano il volto, con due i piedi, e con due volavano dicendo: ·Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti•. Perciò noi diciamo la dossologia che ci è stata trasmessa dai serafini, perché partecipi dell'inno siamo partecipi delle schiere celesti.

SPIRITO SANTO E SANTIFICAZIONE

7. Poi santificatici mediante gli inni spirituali, invochiamo Dio misericordioso di inviare lo Spi­rito Santo sulle offerte perché trasformi il pane in corpo di Cristo e il vino in sangue di Cristo. Ciò che lo Spirito Santo tocca viene santificato e tra­sformato.

PREGHIERE PER LE VARIE INTENZIONI

8. Poi, dopo che si è compiuto il sacrificio spi­rituale, il rito incruento, su questa vittima di pro­piziazione, noi invochiamo Dio sulla pace comu­ne delle Chiese, sul buon ordine del mondo, sui re, sugli eserciti e gli alleati, sui malati e sugli af­flitti. In una parola, su tutti quelli che hanno biso-

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gno di aiuto noi tutti preghiamo, offrendo questo sacrificio.

PREGHIERA PER I DEFUNTI

9. Ci ricordiamo di quelli che sono morti, prima dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei mar­tiri perché Dio per le loro preghiere e mediazioni accolga la nostra supplica. Poi dei nostri santi padri e vescovi defunti e di tutti quelli che natu­ralmente si sono addormentati prima di noi. Cre­diamo che ci sia un grande vantaggio per le ani­me, per le quali viene offerta la supplica, quando è presente la santa e tremenda vittima.

DIO MISERICORDIOSO

10. Vi voglio persuadere con un esempio. So che molti dicono: Quale vantaggio ha un'anima dopo che esce da questo mondo con i peccati o senza, se viene ricordata durante il sacrificio? Am­mettiamo che un re abbia esiliato alcuni che l'han­no offeso. Se alcuni parenti intrecciando una co­rona gliela offrono per i condannati, il re non darà forse il perdono delle pene? Così noi, presentan­do a Lui le preghiere per i defunti anche se pec­catori, non intrecciamo la corona, ma presentiamo il Cristo immolato per i nostri peccati, rendendoci propizio Dio misericordioso per loro e per noi.

PADRE NOSTRO

11. Poi tu reciti la preghiera che il Salvatore tra­smise ai suoi discepoli. Con coscienza pura chia­mando Dio Padre dici: •Padre nostro che sei nei

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cieli•. O grande misericordia di Dio. A coloro che l'avevano abbandonato e si erano trovati all'estre­mo dei mali egli ha concesso un tale perdono e partecipazione di grazie da essere chiamato anche Padre. Padre nostro che sei nei cieli. I cieli potreb­bero essere anche quelli che hanno l'immagine del cielo tra i quali Dio abita e si muove.

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME

12. «Sia santificato il tuo nome•. Santo per natu­ra è il nome di Dio, sia che lo diciamo sia che non lo diciamo. Tra i peccatori, talvolta, è profanato secondo il detto biblico: «Per voi il mio nome è sempre bestemmiato tra le nazioni•. Noi preghia­mo che in noi sia santificato il nome di Dio. Certo non preghiamo che dal non essere santo passi ad esserlo, ma che diventi santo in noi che ci santifi­chiamo e facciamo cose degne di santità.

VENGA IL TUO REGNO

13. «Venga il tuo regno•. È dell'anima pura dire con libertà: «Venga il tuo regno•. Chi ha sentito Paolo: «Che il peccato non regni nel vostro corpo mortale· e si è conservato puro nell'azione, nel pensiero e nella parola, potrà dire a Dio: «Venga il tuo regno•.

SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ

14. «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra•. Gli angeli beati e divini fanno la volontà di Dio come cantando Davide diceva: «Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, potenti esecutori

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della sua parola». Pregando dunque con intensità dici: Come negli angeli si fa la tua volontà, così anche sulla terra la si compia in me, o Signore.

IL PANE SOSTANZIALE

15 ... Dacci oggi il nostro pane sostanziale». Il pane comune non è sostanziale, ma il pane santo è sostanziale, cioè ordinato per la sostanza del­l'anima. Questo pane non ha posto nel ventre e non va a finire nel cesso, ma si estende per tutta la tua persona a vantaggio dell'anima e del corpo. "Oggi" sta per ogni giorno, come dice Paolo: .. finché dura quest'oggi».

E RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI

16. "E rimetti i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Abbiamo molti pec­cati perché sbagliamo in parole e in pensiero e facciamo molte cose degne di riprovazione ... se diciamo che non abbiamo peccato, siamo men­zogneri», come dice Giovanni. Noi stabiliamo un patto con Dio, pregandolo di perdonare i peccati, come anche noi i debiti al prossimo. Sapendo quali cose riceviamo in cambio, non siamo inde­cisi né indugiamo a perdonarci a vicenda. Le man­canze commesse verso di noi sono piccole, legge­re e conciliabili, mentre quelle da noi fatte a Dio sono grandi e abbiamo bisogno solo della sua misericordia. Guarda dunque che per le offese piccole e leggere verso di te tu non abbia ad impedire il perdono da Dio dei tuoi gravissimi peccati.

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E NON C'INDURRE IN TENTAZIONE

17. "E non c'indurre in tentazione•, Signore. C'insegna forse il Signore a pregare di non essere mai tentati? Perché dice altrove: "L'uomo che non ha avuto delle prove, non conosce• e di nuovo: .. considerate, fratelli, perfetta letizia quando subi­te ogni sorta di prove•. Però entrare in tentazione non è farsi sommergere dalla tentazione. Infatti la tentazione sembra come un torrente di difficile passaggio. Alcuni che nelle tentazioni non si lasciano sommergere, l'attraversano. Sono bravi nuotatori che non si fanno trascinare dal torrente. Gli altri che tali non sono, entrati ne vengono sommersi. Così, ad esempio, Giuda entrato nella tentazione dell'avarizia non la superò, ma som­merso materialmente e spiritualmente si impiccò. Pietro entrò nella tentazione di rinnegamento, ma superandola non ne fu sommerso. Attraversò [il torrente] con coraggio e non ne fu trascinato.

Senti ancora in un altro passo il coro di santi perfetti, che ringrazia di essere scampato alla ten­tazione. "Tu ci hai provato, o Dio, come l'argento ci hai passato al fuoco. Tu ci hai fatti cadere in un agguato, tu hai posto sulle nostre spalle un peso; tu hai fatto passare gli uomini sulle nostre teste. Ci hai fatto attraversare il fuoco e l'acqua, ma poi ci hai sospinto verso il refrigerio•. Vedi che parlano· della loro traversata senza essere andati a fondo? E tu "ci hai sospinto al refrigerio•. Entrare nel refri­gerio è essere liberato dalla tentazione.

MA LIBERACI DAL MALIGNO

18. "Ma liberaci dal maligno•. Se il "non indurci

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in tentazione" significa non essere per nulla tenta­ti, [Gesù] non avrebbe detto: ·Ma liberaci dal mali­gno ... Il maligno è il nostro avversario, il demonio, dal quale preghiamo di essere liberati.

Al termine della preghiera dici: •Amen·., sottoli­neando con l'amen che significa •così sia" ciò che è nella preghiera da Dio insegnata.

LE COSE SANTE AI SANTI

19. Dopo il sacerdote dice: •Le cose sante ai santi•. Sante sono le offerte che hanno ricevuto la venuta dello Spirito Santo. Santi anche voi che siete stimati degni dello Spirito Santo. Le cose sante si addicono ai santi. Poi voi dite: ·Uno solo è santo, uno solo Signore, Gesù Cristo ... Veramen­te egli solo per natura è santo. Noi, tuttavia, siamo santi non per natura, ma per partecipazione, per esercizio e per preghiera.

LA COMUNIONE DEI SANTI MISTERI

20. Dopo ascoltate un cantore che con melodia divina vi invita alla comunione dei santi misteri e dice: ·Gustate e vedete quanto è buono il Si­gnore". Non giudicate dalla laringe corporale ma dalla fede indubitabile, voi che mangiaste non il pane e il vino che gustate, ma quello che rappre­senta il corpo e il sangue di Cristo.

PRENDERE CON CURA IL PANE, CORPO DI CRISTO

21. Avvicinandoti non procedere con le palme delle mani aperte, né con le dita separate, ma con la sinistra fai un trono alla destra poiché deve rice-

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vere il re. Con il cavo della mano ricevi il corpo di Cristo e di': ·Amen ... Con cura santifica gli occhi al contatto del corpo santo e prendilo cercando di non perdere nulla di esso. Se tu ne perdi è come se fossi amputato di un tuo membro. Dimmi, se qualcuno ti regalasse delle pagliuzze d'oro non le prenderesti con molta cura guardandoti dal non perdere nulla di esse e dal non rovinarle? Non sal­vaguarderai maggiormente ciò che è più prezioso dell'oro e più stimato delle pietre preziose perché non cada neanche una mollichetta?

IL SANGUE DI CRISTO

22. Dopo la comunione del corpo di Cristo, avvicìnati al calice del sangue. Senza stendere le mani, ma inchinandoti e con un gesto di adorazio­ne e di venerazione di': "Amen .. e santificati pren­dendo il sangue di Cristo. Sino a quando l'umido è sulle labbra toccalo con le mani e santifica gli occhi, la fronte e gli altri sensi. Poi, in attesa della preghiera, rendi grazie a Dio che ti ha degnato di tali misteri.

SANTIFICARSI ALLA VENUTA DEL SIGNORE

23. Conservate intatte queste tradizioni e voi stessi conservatevi irreprensibili. Non separatevi dalla comunione, e per macchia del peccato non privatevi di questi sacri e spirituali misteri. Il Dio della pace vi santifichi totalmente. Il vostro corpo, l'anima e lo spirito siano in ogni parte salvaguar­dati alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo a cui la gloria per i secoli dei secoli.

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INDICE

Prefazione di Giuliano Vigini Introduzione .

................... pag. 5

1. Le Catechesi battesimali di Giovanni Crisostomo .

2. Teoria e prassi battesimale in Giovanni Crisostomo

3. Edizioni e traduzioni delle Catechesi

Parte I

LE CATECHESI BATTESIMALI di Giovanni Crisostomo

PRIMA CATECHESI

Lo scopo della catechesi . Il nome di fedele Il nome di nuovo illuminato Necessità di una condotta esemplare .. La correzione dei difetti ..... I(vero ornamento della donna La rinunzia a Satana

SECONDA CATECHESI

Nell'attesa del grande dono del battesimo Pericolo di chi rinvia il battesimo alla fine della vita

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I vari nomi del battesimo .. . . . . . . . .. .. . . . . . . . . . . . 48 Il battesimo come lavacro di rigenerazione . . . . . 49 La lotta dei catecumeni contro il demonio . . 54 Il pericolo della lingua . . . . . . . . . . . . . 55 Il pericolo dei giuramenti . . . . . . . . . . . . . . . 57 Come evitare i giuramenti . . . . . 59

TERZA CATECHESI

Ancora sulla necessità di non giurare mai . Il tempo del battesimo . . .......... . Battesimo e croce ............... . Sepoltura e risurrezione di Cristo .. Il significato dell'esorcismo. Nuova esortazione contro i giuramenti Il giuramento di Erode ....................... .

QUARTA CATECHESI

Il battesimo come sposalizio Abbigliamento della sposa . . . . ........... . Il significato del nome di fedele .......... . Rinunzia a Satana e adesione a Cristo L'unzione con il segno della croce ................. . Il battesimo ....................... . Il santo bacio

QUINTA CATECHESI

Il battesimo come matrimonio spirituale ... Il grande mistero del matrimonio ... Il contratto e i doni del matrimonio spirituale La professione di fede nella Trinità .. Il giogo di Cristo mite e umile di cuore L'imitazione di Cristo . . . ..................... . Il vero abbigliamento della donna ....... . Contro i presagi, i sortilegi e gli spettacoli . Il rispetto per il nome di cristiano .......... .

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SESTA CATECHESI

La straordinaria generosità di Dio . La bontà di Dio verso il primo uomo . Gli occhi della fede ............. . Lo scopo dell'esorcismo .. . Il compito dei padrini del battesimo ..... Il senso della rinunzia a Satana Unzione e battesimo dei catecumeni . Esortazioni finali .

SETIIMA CATECHESI

I nuovi battezzati come nuovi astri .... I nunierosi doni del battesimo La tattica della lotta contro il demonio . Il sangue di Cristo come arma invincibile . La Chiesa nata dal costato di Cristo in croce . L'uscita degli ebrei dall'Egitto come figura del battesimo .

OrrAVA CATECHESI

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. ... 119 120 122 124

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La gioia della Chiesa per i nuovi battezzati 139 Paolo modello del nuovo battezzato.. . . . . . . . . . . . . 142 Il battesimo come nuova creatura . . . 144 Lo splendore del nuovo battezzato . 146

NONA CATECHESI

La sobrietà materiale e spirituale 155 Il pericolo dell'ubriachezza............ . . . . . . . . . . . . . 159 La rilassatezza degli ebrei 163 Paolo e Simon Mago . . . . . . . . . . . . . . . . 164 Necessità e possibilità di una continua conversione dei battezzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167

DECIMA CATECHESI

Dolore e rimprovero per chi preferisce gli spettacoli alla Chiesa 170

Esortazione a rendere in tutto gloria a Dio ...... pag. 173 Gravità dello scandalo e dovere della correzione fraterna . La perenne freschezza del battesimo .

UNDICESIMA CATECHESI

176 179

I nuovi battezzati presso i sepolcri dei martiri 182 I martiri come medici spirituali dell'anima e del corpo 184 Èsortazione ad aspirare come i martiri soltanto alle cose celesti 187 Il battesimo come morte rispetto alle cose terrene .. 190 La preghiera e l'elemosina indispensabili per conservare lo splendore del battesimo . 192 L'esempio del centurione Cornelio 195

DODICESIMA CATECHESI

Elogio del pubblico venuto dalla campagna . 198 La fede di Abramo nei beni spirituali . 201 La vanità dei beni materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204 I doveri dei nuovi battezzati . . 206

Parte II

LE CATECHESI AI MISTERI di Cirillo e Giovanni di Gerusalemme

Introduzione .

CATECHESI XVIII PREBATIESIMALE

La speranza della risurrezione La decomposizione del cadavere .. A Dio tutto è vicino . La giustizia di Dio .. La coscienza della risurrezione Morti risorgeremo ..

213

227 228 229 229 230 230

Dio ogni anno opera la risurrezione . 231 La fenice 232 La vita e la risurrezione 233 Le dimostrazioni raziocinanti 234 Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe 234 Analogie del Vecchio Testamento . . . 235 Gli increduli 236 Nella vita terrena il tempo del pentimento 236 Le profezie dei profeti sulla risurrezione 237 La risurrezione dei morti nella Sacra Scrittura . 238 Pietro e Paolo . 239 Lo splendore del corpo risorto . 240 Il corpo della risurrezione . 240 Non perdere la salvezza celeste . . . . . . . . . . . . 241 La professione di fede . 242 La spiegazione della fine del simbolo . 242 La Chiesa cattolica . . 242 Le radici del termine Chiesa . 243 La Chiesa non più assemblea di Israele . 243 La Chiesa cattolica e la Chiesa degli eretici 244 La pace, confine della Chiesa 245 L'impegno per la vita eterna . 246 La vita eterna . . 246 Le vie per la vita eterna . 247 Le vie alla vita eterna . 248 Preparare l'anima ai carismi celesti . 248 Le catechesi mistagogiche . 249 La redenzione è vicina 250 La misericordia di Dio . 250

CATECHESI I MISTAGOGICA

Riflettere sul battesimo Rinunzia a satana, il Faraone . Mosè e Cristo . La rinunzia a satana

252 253 253 254

Le opere di satana .. .. . . . . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. . .. .......... . 254 255 255 256 257 257 258

La pompa del diavolo ..... . La contaminazione . Il culto del diavolo La professione di fede verso Oriente .................. . Sii vigile ...................... . Il Santo dei Santi . . . ....................... ..

CATECHESI Il MISTAGOGICA

La spiegazione dei riti del battesimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259 Spogliarsi della tunica .. .. .. . .. .. . .. .. .. .. .. .. .. 259 L'unzione . . . . . . 260 Morte e vita .. .. . 261 La realtà della salvezza . . .. .. .. . . .. .. .. . 261 Simbolo della passione di Cristo . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. 262 Una stessa pianta.. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. 262 Una nuova vita .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . 263

CATECHESI III MISTAGOGICA

L'unzione . . . . . . . .. .. . . 264 L'unzione dello Spirito Santo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265 Lo Spirito Santo vivificatore . .. . .. .. .. . .. .. .. .. .. .. .. .. . 265 L'unzione delle diverse parti del corpo . . . . . . . . . . . . . . . 266 Il nome cristiano . . .. .. .. .. .. 266 Le prefigurazioni bibliche . . . . . . . . . . . . . . . 267 Conservare l'unzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267

CATECHESI IV MISTAGOGICA

L'Eucaristia Le nozze di Cana Portatori di Cristo

..... 269 270 270 270 270 271 271

Il fraintendimento degli ebrei ........... . Il pane e il Logos . . .. .. . . . . . . . .. .................... . La fede, non i sensi .................. . Il calice che inebria ......................................... .

Le tue vesti siano sempre bianche Il pane spirituale ..

CATECHESI V MISTAGOGICA

Passaggio ad altri argomenti La purificazione da ogni peccato . Il bacio del perdono . In alto i cuori Rendiamo grazie al Signore . . . ............... .. Santo, Santo, Santo il Signore Sabaot Spirito Santo e santificazione . Preghiere per le varie intenzioni Preghiera per i defunti Dio misericordioso .. Padre nostro . Sia santificato il tuo nome . Venga il tuo regno .. Sia fatta la tua volontà .. Il pane sostanziale . . . . ............ . E rimetti a noi i nostri debiti ............ . E non c'indurre in tentazion~ Liberaci dal maligno Le cose sante ai santi La comunione dei santi misteri ................ . Prendere con cura il pane, corpo di Cristo Il sangue di Cristo ........... . Santificarsi alla venuta del Signore ............ .

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