La Lettera Settembre 2015

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La lettera Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo SETTEMBRE 2015 anno XXIX numero 3

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Bollettino Parrocchiale Palazzago settembre 2015

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La letteraBollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo

SETTEMBRE2015

anno XXIXnumero 3

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La Lettera [2] settembre ‘15La Lettera[2] settembre ‘15

Orari Sante Messe Palazzago

Sabatoore 17.00 Beitaore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 08.00 Montebelloore 09.00 Beitaore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni FerialiLunedì ore 16.30 Brocchione Martedì ore 16.30 PrecornelliMercoledì ore 16.30 BeitaGiovedì ore 09.00 Chiesa ParrocchialeVenerdì ore 16.30 Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo

Sabatoore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 09.00 Collepedrinoore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì ore 17.00 Chiesa ParrocchialeMartedì ore 17.00 AcquaMercoledì ore 17.00 Chiesa ParrocchialeGiovedì ore 17.00 Chiesa ParrocchialeVenerdì ore 17.00 Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe 035.550336-347.1133405Don Roberto 035.540059-348.3824454Don Giampaolo 338.1107970Don Paolo 035.550081

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.itparrocchia@[email protected]@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00.Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...

[03] Lasciarsi precedere[04] Donne e uomini capaci di Carità[05] Un regalo inimmaginabile[06] Mons. Daniele Rota[08] San Giovanni Battista[10] Maria regina del creato[13] Chiusura mese di maggio e anno catechistico[16] Dimmi cosa mangi...[17] Due amici particolari...[17] Il Baby Cre[18] Biciclettata con i fioretti di S. Antonio[19] Tutti al mare...[20] Anniversari di Matrimonio 2015[22] Consigli Riuniti[23] Ce l’abbiamo fatta[24] Festa della Campagna a Burligo[25] Festa di san Rocco in Acqua[26] Uniti nel Corpo di Cristo[27] Pillole[28] Perle di santità[29] Don Lorenzo per san Lorenzo a Montebello[30] Laudato si’[31] Mese Ignazio[32] Artefede: Lodi[33] Tutto bene...[34] Messa al monte Linzone[35] Convegno di Firenze[36] Anagrafe

Davanti a questo volto si prega perché ci trasmette la dolcezza-pietà propria dell’icona antica ma, an-che, un realismo che abita la terra, quella che sta mandando al supplizio il suo Signore.Una luce schietta investe il Cristo, esaltando la for-ma del volto, mentre lo sguardo di dolore intensis-simo si carica di gocce di sangue, dello stesso co-lore della bocca semiaperta e degli occhi; c’è anche una lacrima che scende, quasi invisibile, non sai se per la passione che questo uomo sta vivendo o per l’incomprensione degli uomini. Sul lino rimane impresso il volto che ogni uomo porta scolpito nel cuore, un volto che innesta un dialogo che chiede altri sguardi; i suoi occhi cerca-no i nostri e si fanno domanda: perché?Occhi che mendicano il soccorso, muta implorazio-ne di un volto in cui si concentrano i debiti dell’u-manità.Solitario e dolente ma mai abbruttito, mai segnato da una violenza così scarnificante da far perdere le sembianze umane.Davanti a questo volto, paradossalmente proprio davanti a questo volto si prega e con il salmista di-ciamo: ”Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia”. (Sl 44)

Misericordiae VultusIl volto della Misericordia

Indice

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La Lettera [3]settembre ‘15

Lasciarsi precedere [Editoriale]

C’è un’espressione che circola ormai da anni nelle nostre Co-munità, suscitata dal titolo della lettera che il Vescovo Francesco invia all’inizio dell’anno pasto-rale: Donne e uomini capaci…Capaci di cosa?Capaci di Vangelo (2013-14)Capaci di Eucarestia (2014-15)Capaci di carità (2015-6)Ecco allora la prospettiva che si apre per il cammino comunitario, incrociando anche l’anno della mise-ricordia che si aprirà l’8 dicembre e l’icona che ci accompagnerà: il volto del Cristo sofferente, pre-zioso dono di Mons. Da-niele Rota alla Parrocchia di Palazzago (opera del-la bottega del Guercino, 1600).Mi piace unire le diver-se priorità di questi anni con una figura luminosa, Chiara d’Assisi, “pianticel-la di Francesco”, come lei ama definirsi, spesso raf-figurata mentre tiene tra le mani l’ostensorio per difen-dere le sue sorelle dall’assalto dei saraceni.Le Fonti francescane così de-scrivono l’episodio:“I saraceni giunsero presso San Damiano, dentro i confini del monastero, anzi fin dentro il chiostro delle vergini. I cuori delle “signore” si sciolgono dal timore, e le voci tremano dal-la paura e portano i loro pianti alla madre, la quale, pur essen-do malata, con cuore impavido

ordina che la conducano alla porta e che la pongano davanti ai nemici, facendosi precedere dalla cassa d’argento racchiu-sa nell’avorio ove si conservava con grande devozione il corpo del Santissimo”. Chiara si fa “precedere” dalla

presenza di Cristo nel povero e inerme segno dell’eucaristia mentre affronta l’assalto al monastero da parte di questi uomini che vengono da lonta-no. Il pane eucaristico non vie-ne impugnato come una spada contro i nemici, ma è come se aiutasse questi uomini temibili a essere ammansiti e disarma-ti dal segno proprio e più vero della nostra fede, che è quello di un Dio che si fa pane offerto e condiviso, incapace di imporsi e

sempre pronto a lasciarsi man-giare.Come già Francesco con il lupo di Gubbio e sotto la tenda do-rata del sultano, così Chiara si distanzia dal sentire comu-ne e non si lascia contaminare nemmeno dalla paura delle sue

sorelle. Nel momento del grande pericolo, si fa precedere dal segno dell’eucaristia e così si lascia aiutare dal miste-ro pasquale di Cristo a trovare i gesti, le parole, gli sguardi e i doni più adeguati per disarmare la furia degli assalitori, non prima di aver neu-tralizzato in se stessa il morbo della paura.Invece di pensare a Chia-ra armata dell’eucaristia è bello guardare a Chiara che si lascia “precedere” dall’eucaristia e se ne fa, con le sue sorelle, disce-pola amorosa e fedele.Donne e uomini capaci di carità perché prece-duti dal dono d’amo-

re –l’Eucarestia– e perché da questo dono si lasciano forgiare il cuore, non dimenticando che “avevo fame, avevo sete, ero ammalato, forestiero…”Visti i tempi che corrono, sarà una bella sfida vivere come “donne e uomini capaci di carità”. Ripartiamo…

Buon cammino

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La Lettera [4] settembre ‘15

Nell’anno 2015-2016, la Lettera Pastorale del Vescovo Francesco dal titolo “Donne e uomini capa-ci di carità” è il riferimento affinché nelle comunità cristiane della nostra Diocesi si rifletta intorno al tema della carità. L’icona biblica che ci aiuta a rileggere il modo in cui viviamo la carità è quella de Il Buon Samaritano (Luca 10, 25-37) e l’immagine artistica è l’opera di V. Van Gogh che ha lo stesso titolo della parabola lucana. Essa possiede la potenza coloristica che tutti riconoscono al grande pittore olandese. Si tratta quindi di un’immagine efficace per rappresentare il tema scelto. La sce-na, a differenza delle poche versioni classiche esistenti, contiene anche il riferimento ai personaggi religiosi della parabola che si allontanano indifferenti alla vista dell’uomo ferito. Nelle nostre Co-munità viene messo in evidenza anche il volto del Cristo, per non dimenticare che il vero buon sa-maritano è proprio Lui. Ecco allora come vivremo le diverse tappe che scandiscono l’anno liturgico:

• Prima tappa: Inizio anno VOLTO di misericordia

• Seconda tappa: Avvento e Natale PIEDI di misericordia

• Terza tappa: Pace e Vita SGUARDO di misericordia

• Quarta tappa: Quaresima MANI di misericordia

• Quinta tappa: Pasqua CUORE di misericordia

Nelle tappe approfondiremo anche le sette opere di misericordia: corporale e spirituale.

[Anno Pastorale 2015-2016]Donne e uomini capaci di Carità

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La Lettera [5]settembre ‘15

[La Veronica del Guercino donata da Mons. Daniele Rota]

Un regalo inimmaginabile

Non potevamo pensare ad un regalo più prezioso alla Parrocchia di Palazzago da parte di Mons. Daniele Rota.• Prezioso perché ci presenta il volto di

Cristo -raccolto secondo la tradizione dalla Veronica- centro della nostra fede;

• prezioso perché ci viene lasciato da un figlio della nostra terra che non ha mai dimenticato le sue radici, anche nei diversi ambiti del suo ministero sacerdotale e professionale, fino all’ombra del cupolone;

• prezioso perché di mano prestigiosa e di fattura decisamente interessante.

Le ultime mostre in America dove è stato apprezzato come uno dei pezzi migliori, lo hanno sempre presentato come “Veronica del Guercino” e, pur non essendo firmato, riflette sicuramente la maestria di Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino o della sua scuola. Così troviamo anche stampato sul volume “Vatican Splendors - A journey throught faith and art”, pubblicazione in inglese dove sono presentati capolavori di autori e epoche diverse.Grazie a Mons. Daniele da parte di tutta la Comunità. Un grazie che si trasforma in preghiera.

Giovan Francesco Barbieri, nasce a Cento, nel Ducato di Ferrara, il 2 febbraio 1591 ed il so-prannome di Guercino gli deriva dal notevole difetto agli occhi.Nel suo paese natale apprende da bambino le prime nozioni di disegno e di affresco, ma già a dieci anni viene mandato dalla famiglia, colpita dalla sua innata capacità di pittore, a Bologna, dove può osservare da vicino ed imi-tare le opere dei Carracci.Lo stile pittorico del Guercino, già all’inizio si distingue dallo stile barocco allora in voga che tendeva ad abbellire nelle forme e nei colo-ri il soggetto ripreso, preferendo dipingere in maniera più realista, utilizzando una forte luce che cade dall’alto e creando in sorpren-denti effetti chiaroscuri. Nel 1617 la sua fama e bravura è tale da poter aprire a Cento una propria Scuola. Il viaggio a Venezia e l’incon-tro con le opere di Tiziano Vecellio e Jacopo Bassano concludono la formazione giovanile del pittore.Nel 1621 si reca a Roma con l’incarico di decorare il casino di Villa Ludovisi, realizzando l’”Aurora” nella volta e le allegorie del “Giorno e della Notte” nelle lunette laterali. Sempre a Roma il pittore di Cento dipinge la monu-mentale pala della “Sepoltura di Santa Petronilla” (1622-1623), che misura più di sette metri per quattro, e che mostra un’attenzione particolare alla linea del disegno e un equilibrio compositivo di ascendenza classica, sug-gerendo il ritorno ad uno stile più tradizionale e idealizzante. Nel 1623 il Guercino lascia Roma; il questo periodo il gusto artistico del pittore si sposta verso il classicismo e l’e-leganza di Guido Reni. Da questo nuovo gusto nasce il capolavoro “Apparizione di Cristo alla madre” (1629), in cui il gruppo piramidale di Cristo e la Madonna mostra una precisione del designo e un’armonia, molto ammirate dai contemporanei. Molto lodata è anche la pala d’altare con “La visione di San Bruno” (1647), opera caratterizzata dalla potenza e bellezza del colore.Nel 1649 l’esistenza del pittore è immalinconita dalla scomparsa del fratello Paolo Antonio e nel 1661 Guercino subisce un infarto che anticipa il malore a causa del quale morirà a Bologna il 22 dicembre 1666.

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[60º di Ordinazione Sacerdotale]

La Lettera [6] settembre ‘15

Mons. Daniele Rota

L’affascinante avventura ebbe inizio con la Ordinazione presbi-terale, il 4 giugno 1955. Mons. Giuseppe Piazzi, giovane vesco-vo, da poco approdato da Cre-ma a Bergamo, votato a morte prematura, quella mattina nel Duomo di Ber-gamo, non lesse l’omelia, lasciò parlare il cuo-re a fronte dei quaranta ordi-nandi prostrati e stipati su un presbiterio ca-piente, ma che li conteneva a stento. Gli anni i m m e d i a t a -mente a seguire, tra Fara Oliva-na e Filago, ove fui curato, segnarono un sus-seguirsi di accadimenti epocali per la Chiesa e per il mondo che investirono il nostro sacerdozio con impeto travolgente. Primo, in ordine di tempo e d’importan-za, l’elezione al soglio pontificio di Angelo Giuseppe Roncalli, pri-mo Papa bergamasco, paterna figura a noi familiare anche a motivo del nipote Gianbattista Roncalli, già compagno di clas-se. Sapevamo tutto o quasi del cardinale, nunzio a Parigi poi pa-triarca di Venezia, con aggiorna-menti in diretta e di prima mano. Imago ipsa bonitatis. Poi il Con-cilio Vaticano Il che ci cambiò la vita: c’è stato un prima e c’è un dopo quel 28 ottobre 1958. A partire da ciò che per un prete è assai importante: la liturgia e, in

particolare, la celebrazione della Messa. Adusi a un rito eucaristi-co quasi solitario, volti verso il muro, con formule incompren-sibili agli astanti, pronunciate per lo più a bassa voce, mentre i fedeli, per conto loro, recitava-

no coralmente il rosario fino al Sanctus e poi intonavano a gran voce le lita-nie della Vergine per giungere alla Comunione. All ’ improvviso irruppe nella Chiesa un clima di primavera che rinnovò il nostro sacerdozio e il modo di viverlo. Il post-Concilio,

dapprima sotto l’incomparabile magistero del beato Paolo VI e poi dei suoi illuminati successori, giorno dopo giorno, ha sintoniz-zato la Chiesa e noi, con i “segni dei tempi”. Conoscerlo anche di persona il beato Paolo VI rimane un vissuto sempre emozionan-te: era il 20 novembre 1958, la data fissata per la discussio-ne della tesi di Licenza in Sacra Teologia presso il Seminario arcivescovile di Venegono, Ma-gnifico Rettore della Facoltà Te-ologica era l’Arcivescovo di Mila-no Giovan Battista Montini che presiedette la seduta e diresse da par suo l’esame. Mezz’ora di conversazione dotta sull’unione ipostatica della Trinità, ‘che mise in evidenza soprattutto la sua sconfinata cognizione dogma-

tica non meno della sensibilità pastorale e umana. Poi la sua inconfondibile firma sul diplo-ma magna cum laude. Dopo la licenza in teologia a Venegono, la laurea in lettere all’Università del Sacro Cuore di Milano, aven-do modo d’incrociare quasi quo-tidianamente P. Agostino Ge-melli, il carismatico fondatore e primo grande rettore magnifico dell’Ateneo cattolico. San Gio-vanni Paolo Il accompagnò gran parte dei nostri anni di dedizione alla Chiesa. I suoi innumerevoli viaggi sulle vie di tutto il mondo, le stimolanti quattordici encicli-che, le esuberanti giornate della gioventù, l’attentato in Piazza S. Pietro, la filiale devozione a Maria, la sua lunga, dolente in-fermità, per non dire di molto altro, lo resero a noi modello di donazione incondizionata a Dio, alla Chiesa e alla Vergine Santa. A seguito della sua nota enci-clica Centesimus Annus, in col-laborazione con il cardinale Josè Castillo Lara, suo stretto colla-boratore, abbiamo istituito la Fondazione vaticana appunto Centesimus Annus pro Pontifi-ce per dar seguito immediato e concreto al suo profetico inse-gnamènto in ambito etico-eco-nomico. Una provvida Istituzio-ne anni duemila, sulle frontiere avanzate del vivere solidale se-condo il Vangelo. In precedenza c’erano stati gli anni pure intensi della mia Pre-sidenza nella scuola media in-feriore e superiore del nostro Seminario. Correva l’anno 1973. I tempi sembravano maturi per

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La Lettera [7]settembre ‘15

un’iniziativa scolastica radicale che prevedesse la sostituzione della tradizionale e benemerita scuola umanistica in atto da de-cenni, ma scarsamente signifi-cativa per aspiranti al sacerdozio e sprovvista di ogni riconosci-mento legale. La surroga avven-ne con l’introduzione globale di corsi sperimentali adeguati e legalizzati a tutti gli effetti dal Ministero della Pubblica Istru-zione. Una nuova scuola media inferiore e superiore del Semi-nario per il Seminario, con tutti i carismi dell’ufficialità, con propri programmi e percorsi formativi, oltre che informativi. Fu un’im-presa che coinvolse l’intera Diocesi e non solo. Il Seminario di Bergamo, primo in Italia, nel contesto innovativo del Concilio Vaticano Il, poneva in atto una proposta scolastica collegiale di docenti, famiglie e alunni che lo collocò ai vertici del rinnova-mento educativo, susseguen-te alle note turbolenze del ‘68 e divenne punto di riferimento programmatico non solo per le scuole legalmente riconosciute, ma dell’intero plesso formativo nazionale. Fra i tanti, la profetica penna di Don Lorenzo Milani, re-centemente nobilitato da Papa Francesco, ne scrisse al Preside tre pagine autografe, agli atti, di ammirata considerazione. La re-alizzazione sul monte Linzone, a quota 1300 m.s. nella vecchia baita di famiglia, del Santuario della Santa Famiglia di Naza-reth, benedetto e inaugurato dal compianto nostro Vescovo S.E. Mons. Roberto Amadei il 20 agosto 1994, ha donato al culto familiare una della località più affascinanti delle nostre Preal-pi. La lunga docenza universita-ria in sedi pubbliche ove mai mi

sono trovato a disagio, ebbe pure momen-ti di commo-vente par-t e c i p a z i o n e , come quando, a l l ’ indomani della laurea, il discepolo del giorno prima, varca la soglia del Seminario e diventa pre-te. Non una volta sola, non un caso per caso. Saluto con commo-zione grande questo manipolo di preti felici, menti elette, uscite dal crogiolo delle concitate aule universitarie e sparsi nel mondo per l’avvento del Regno. Infine, da quasi cinquant’anni, nella cappellania del Monastero di S. Benedetto in Bergamo, la presa di servizio risale all’ormai lontano 4 ottobre 1966.Un primato assoluto e un’occa-sione sublimante che si rinno-va di giorno in giorno. A diretto contatto con anime tese verso le più alte vette della santità, sotto la guida di abbadesse che meri-terebbero non-stop la causa di beatificazione, quali Madre Ma-ria Assunta Ghedini, M. Augusta Pirovano, M. Adelaide Bianchet-ti, M. Luigia Tresoldi, già tutte nell’eterno abbraccio. È come trovarsi su una mongolfiera che sale quotidianamente, verso stratosfere sempre più rarefat-te. Per approdare ora a tempi di inedita eccellenza ecclesiale. Quando mai la Chiesa, in po-chi mesi ha innalzato alla gloria degli altari tre Papi contempo-ranei? Giovanni XXIII e Giovanni

Paolo Il, santi; Paolo VI, beato. Papi che noi abbiamo conosciu-to e amati teneramente. Espe-rienze uniche e forse irrepetibili nel pur variegato divenire del Regno di Dio. Per vivere i nostri tardi giorni in una Chiesa che, ancora per la prima volta nella sua storia, può contare sull’as-sistenza simultanea di due Pon-tefici viventi: Papa Francesco in prima linea, sulle frontiere avan-zate di una evangelizzazione di periferia, all’insegna della mi-sericordia, Benedetto XVI, che ha volontariamente scelto le retrovie del silenzio e della pre-ghiera, nuovo Mosè sul monte dell’invocazione, con le braccia alzate sull’esercito dei credenti, impegnato nelle ardue battaglie del Vangelo che santificano le anime e nobilitano la Chiesa. Un tramonto del seminatore che, come nell’omonimo capolavoro di Van Gogh, a sera naufraga in un mare di bagliori con ancora la semente tra le mani, sul finire di una giornata in cui tutto è dono, tutto è grazia.

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La Lettera [8] settembre ‘15

[Festa del Patrono]San Giovanni Battista

Stava la parola,murata dentro.

Fino a quel giorno, quando la donna fu madre, e la casa, casa di profeti.

Benedetto è il Signore, ancora è venuto, ancora viene

a ricomporre sogni di futuro.Ha risvegliato uomini

e parole che portano vita.E tu bambino, figlio mio bambino,

figlio senza parole,tu parlerai le parole di Dio,

tu sarai profeta. Tu camminerai,

e farai strade che nessuno ha fatto maie Dio verrà dietro di te.

Tu sarai voce, solo voce.E un grido.

Come fosse un sole sorgeràl’alba della vita.

E guiderà i nostri passifinché saranno danza

sulla strada che porta alla pace,al tuo Shalom.

(Ermes Ronchi)

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La Lettera [9]settembre ‘15

Nel maggio del 2014, al termine della Cresima amministrata da Mons. Maurizio Malvesti-ti, don Giuseppe, salutando il sacerdote bergamasco in servizio presso la Santa Sede, gli aveva detto che, appena fatto Vescovo, non poteva non tornare a fare festa anche con noi. E così è stato. Il papa l’ha nominato Vescovo di Lodi e, ancora fresco di ordinazione, “in silentio et spe”, è arrivato nella nostra comunità per presiedere la concelebrazione eucaristica e la proces-sione di San Giovanni Battista, benedicendo anche il cantiere della casa parrocchiale. Nella settimana patronale abbiamo vissuto alcuni appuntamenti significativi, quali gli anniversari di Matrimonio, la memoria del Battesimo, la Promessa d’impegno dei ragazzi di terza media, il mandato agli animatori del Cre e del Baby, il pomeriggio della terza età e un concerto d’organo.

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La Lettera [10] settembre ‘15

[Mese di Maggio]Maria regina del creato

Il dipinto ci colpisce subito per la luminosità dei colori e per la ric-chezza della veste e della corona di Maria, lavorate in pastiglia do-rata. L’autore ha appo-sto la sua firma proprio sul parapetto che sta di fronte a Maria che sorregge il Bambino: Carlo Crivelli, venezia-no. Si tratta di un pit-tore che ha conosciuto ed è stato a bottega da Giovanni Bellini, il pittore della Madonna di Alzano, e che poi ha trovato mercato e for-tuna soprattutto nelle zone dell’Adriatico, in particolare le Marche.La sua pittura man-tiene un gusto forte per l’oro e la bellez-za, non si discosta del tutto dal Gotico inter-nazionale che tende a idealizzare le figure. Il nostro dipinto pre-senta Maria che sta in uno spazio ristretto tra un parapetto e uno schienale che pare decorato di velluto ros-so. Dietro lo schienale ci presen-ta un paesaggio che si estende

a perdita d’occhio. Sopra il capo di Maria che porta una corona e anche l’aureola, sta un fastone costituito da prugne, forse una

pesca o da due mele e nocciole. Le prugne sono tre e così anche le nocciole. Davanti alla Madon-na, sul davanzale del parapetto,

troviamo in evidenza un cetrio-lo e una ciliegia. Infine, anche se non è commestibile e non è cibo, vediamo un garofano rosso la cui

posizione non è per niente casuale.C’è ancora un frutto commestibile nel di-pinto tenuto in mano da Gesù che sembra avere un viso triste: si tratta ancora di una mela, la terza (oppure la seconda) di tutta la raffigurazione.Anche questa volta il pittore non ha vo-luto semplicemente raffigurare una scena semplice. Nei frutti e nei fiori ci sono richia-mi profondi alla teolo-gia e alla spiritualità. Prima di tutto guardia-mo al paesaggio che fa da sfondo e da scena: se osserviamo bene ci accorgiamo che alla nostra destra è molto più spoglio della parte

che sta alla sinistra. L’albero che campeggia nel brano paesag-gistico di destra è quasi total-mente spoglio mentre quello che

Carlo Crivelli (1430/35-1494/5) Madonna col Bambino – Madonna Lochis, 1475 circa

A maggio, pensando ad alcuni eventi, quali la riapertura dell’Accademia Carrara a Bergamo, l’Expo a Milano, il tema del mangiare legato al Cre 2015 e la lettera “Donne e uomini capaci di Eucarestia”, abbiamo vissuto gli appuntamenti delle celebrazioni serali in diversi luoghi delle nostre comunità, Burligo e Palazzago, guidati dal tema: Maria e il cibo. Ogni sera la Parola di Dio veniva commentata a partire da un quadro dell’Accademia, dove, accanto alla figura di Maria, troviamo anche del cibo: latte, brodo, selvaggina, frutta, verdura… Ne è usci-to un percorso interessante che, unito alla bella partecipazione, ha fatto di maggio un mese davvero fiorito.In questa pagine riprendiamo l’approfondimento di un quadro, Madonna col Bambino (Madonna Lochis) 1475 circa, di Carlo Crivelli ricordando così lo stile di tutti gli altri. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, ai catechisti e alle famiglie che ci hanno ospitato.

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La Lettera [11]settembre ‘15

sovrasta il paesaggio dall’altra parte è fronzuto e tutto sembra verdeggiare di vita. Il Crivelli ha voluto così indicare un primo se-gno riferito al Bambino che Maria porta in braccio: Egli è il Salvatore, Colui che fa risorgere, fa rivivere, fa rinverdire. La Pasqua è la pri-mavera perenne, è la primavera dello spirito, è la primavera defi-nitiva che vince ogni inverno che spoglia e impoverisce. Pasqua è anche quando un uomo trova la forza di cambiare, di convertirsi; quando una persona si ritrova perdonata e si apre a un futuro pieno di riscatto e di speranza.Maria è dunque la regina della creazione e della nuova creazio-ne che Gesù è venuto a portare con la sua morte e risurrezione. Tutto sembra segnato da bellez-za e da un movimento di rinasci-ta. Il Bambino e Maria però han-no un volto triste. Il piccolo sa che per operare la risurrezione dovrà passare attraverso la passione e altrettanto Maria intuisce e pre-sagisce il suo cammino che do-vrà passare per il Calvario. Gesù tiene tra le mani una mela per ricordarci che Egli è venuto a sal-varci dal peccato per eccellenza, il peccato delle origini, che ogni volta che commettiamo pecca-to anche noi, uomini e donne di oggi, riproponiamo. La mela è il frutto che più facilmente è riferito all’albero della vita e della cono-scenza del bene e del male anche per il suo nome. Infatti ‘mela’ as-somiglia molto a ‘malum’ e mol-ti commentatori antichi hanno pensato che l’albero del peccato originale non potesse essere che un melo. Sant’Ambrogio nel suo 45° sermone, mentre commen-ta il libro della genesi, scrive: “Eva ci portò ad essere condannati per una mela dell’albero, Maria por-tò il perdono attraverso il dono

dell’albero; perché Cristo fu so-speso all’albero come un frutto”.Anche il cetriolo e la ciliegia ci possono far pensare al tema del-la redenzione. Il fatto che siano posti uno vicino all’altra è ancora più indicativo. Infatti, il solo ce-triolo richiamava la storia di Gio-na che si arrabbia con Dio perché ha permesso che il sole seccasse la pianta di ricino alla cui ombra aveva trovato ristoro. Questo ri-cino, qiqajon in ebraico, era visto come una pianta simile al cetrio-lo e a tutte le cocurbitacee come le zucche, le zucchine, il cocome-ro e il melone. La storia di Giona è una storia di peccato e perdono, di misericordia e di conversione. L’ultimo a convertirsi, forse, sarà proprio Giona. Inoltre la vicenda di Giona che è rimasto tre giorni nel pesce è stata spesso vista come metafora e immagine del miste-ro pasquale. In un altra lettura, il cetriolo potrebbe significare i peccati di questo mondo. Riferito alla Vergine, però, indicherebbe il mistero della sua preservazione dal peccato (possiamo dire che il dogma dell’Immacolata Con-cezione è il punto di arrivo della riflessione su questo mistero). La ciliegia vicina rimanda alla pas-sione di Gesù: infatti se si spre-me una ciliegia ne esce un succo che assomiglia molto al sangue. Così, la ciliegia rimanda al sangue che Gesù ha dovuto versare per ‘guadagnare’ il perdono del pec-cato del mondo.Forse il pittore Carlo con questo quadro ha voluto parlare un po’ di sé. Sappiamo infatti che egli aveva dovuto fuggire da Venezia, la sua città, perché aveva avuto dei comportamenti cattivi e in-decenti. Dipingendo cetriolo e ci-liegia forse vuol affidare anche la sua vita alla misericordia di Dio. Il fatto che si firmi come veneziano

fa pensare che questo sia un di-pinto che vuole indicare chi è lui che ora vive nelle Marche e come voglia anche indicare il suo desi-derio di conversione e riscatto.Tornando al serto, o fastone di frutta che sta sopra il capo di Maria, vale la pena ricordare che le prugne, per il loro colore, ri-mandano alla passione di Gesù e le nocciole, per la loro forma che le unisce a tre a tre, rimandano al mistero di Dio, alla Trinità. Tre sono anche i frutti sferici - che siano tre mele o due mele più una pesca -: anche qui il rimando è al mistero trinitario. Gesù tiene in mano una mela che sta più in basso: ci ricorda che solo lui ha sofferto nella Trinità perché solo Lui si è incarnato. Lui, il Figlio, la Seconda Persona della Trinità.Da questo punto di vista pos-siamo guardare a Maria come la sposa della Trinità. Santa Ca-terina da Siena (1347-1380) ha guardato a Maria come la sposa della Trinità, come Colei di cui Dio si è addirittura invaghito, come fa un giovane per una ragazza a cui poi ‘fa la corte’. Gesù è stato tratto dal seno della Trinità attra-verso il passare il seno di Maria.Concludiamo con il garofano: il suo nome greco è dianthos che significa fiore di Dio. Esso indi-ca nel nostro quadro che il pro-tagonista è Dio, che Gesù viene da Dio, che Maria ha detto di sì al progetto di salvezza che Dio realizza con suo Figlio. Nei Paesi Bassi, una tradizione vuole che un garofano fosse nascosto nel vestito delle spose e che lo sposo dovesse trovarlo tra le maglie del vestito: il garofano così richiama anche il matrimonio, quello tra Dio e l’umanità, che viene sim-boleggiato nel ‘Sì’ che Maria dice all’angelo il giorno della sua an-nunciazione.

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La Lettera [12] settembre ‘15

TEMPIO DELLA TRINITÀ

O Maria, tempio della Trinità;Maria portatrice del fuoco, terra fruttifera.Tu, Maria, sei quella pianta novella,dalla quale abbiamo ricevuto il fiore odoriferodel Verbo unigenito Figliolo di Dio.O Maria, carro di fuoco, tu portasti il fuoco,nascosto e velato sotto la cenere della tua umanità.In te ancora, o Maria, si dimostrala fortezza e la libertà dell’uomo, perché dopo chel’Angelo fu mandato a te per annunciartiil mistero del consiglio divino,non discese nel ventre tuo il Figliolo di Dioprima che tu acconsentissi con la tua volontà.Egli aspettava alla porta della tua volontàche tu gli aprissi, perché giammai vi sarebbe entrato,se tu non gli avessi aperto.Bussava, o Maria, alla tua porta la deità eterna;ma, se tu non avessi aperto,Dio non si sarebbe incarnato in te...A te ricorro, Maria, a te offro la mia supplicaper la dolce sposa di Cristo e per il suo vicario in terra, affinché gli sia dato lume per reggere con discernimento e prudenza la Santa Chiesa.

Santa Caterina da Siena

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La Lettera [13]settembre ‘15

Chiusura mese di maggio e anno catechistico

GRUPPO DI CATECHESI: 1º ANNOQuest’anno noi bimbi di prima abbiamo imparato a conoscere un grande amico, Gesù. Come facciamo con i nostri amici, an-che con lui parliamo: dicendo le preghiere, cantando e lodando le creature che ci ha donato, rac-contandogli tranquillamente del-la nostra giornata, delle nostre paure, dei nostri sogni, ringra-ziandolo per tutti i doni che ci fa.Così abbiamo conosciuto la sto-ria di Bernadette e la Madonna di Lourdes, San Francesco d’As-sisi, don Bosco e alcune parabole come il Buon Samaritano, il Se-minatore, la Parabola dei Talenti.Come facciamo con i nostri amici, andiamo anche a trovarlo: abbia-

mo imparato i gesti più significati-vi della Santa Messa, come si sta in chiesa, cosa è il tabernacolo.

GRUPPO DI CATECHESI: 2º ANNOAbbiamo cominciato il cammino del nostro anno di catechismo come un pesciolino rosso in fon-do al mare: PICCOLO, IMPAURITO E INDIFESO. Uniti e rimanendo

insieme ci sentiamo: PIU’ GRAN-DI, PIU’ FORTI E PIU’ SICURI. Ab-biamo scoperto che: insieme è

bello, insieme ci si aiuta, insieme si superano le difficoltà. Ci guida però sempre l’occhio di Gesù che: ci ama, ci protegge, ci perdona.

GRUPPO DI CATECHESI: 3º ANNOGrazie Signore che ci inviti a se-derci a mensa con Te. Hai scelto

il pane, alimento semplice, per farci nutrire di Te e ci in-segni che la nostra anima, proprio come il corpo, ha bi-sogno di nutrimento. Il pane e il vino ci ricordano il Tuo immenso dono d’amore: hai donato la Tua vita per la no-stra salvezza.

Grazie Signore per avere riempito la brocca della nostra vita con l’AC-

QUA VIVA del Tuo amore. Abbiamo imparato che Tu ci disseti ogni do-menica con la messa che è fonte e

culmine di ogni cristiano.Signore, Tu chiami ognuno di noi e per tutti c’è un po-sto vicino a Te. La presen-za di ognuno di noi alla Tua mensa è fondamentale. Con il sacramento dell’Eucarestia ci prendiamo l’impegno di venire tutte le domeniche a

messa e tutte le messe faremo la comunione.

GRUPPO DI CATECHESI: 4º ANNOIl primo di Marzo di quest’anno noi bambini di quarta elemen-

tare, insieme a tantissimi altri ragazzi della Diocesi, abbiamo partecipato al dodicesimo Con-vegno Missionario a Bergamo.

Abbiamo conosciuto tante cose della vita in Africa. Per questo nelle settimane successive abbiamo deciso di impegnarci a stare a ta-vola in un modo un po’ di-verso dal solito e di essere più rispettosi del cibo che

Non poteva mancare la conclusione del mese di maggio a Brocchione, serata che da alcuni anni è diventata anche il grazie per l’anno catechistico, con la presentazione dei simboli che riassumo-no il percorso di ogni gruppo. Ritroviamo una ricchezza di proposte, contenuti e vissuti che sono il senso del nostro cammino comunitario.

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La Lettera [14] settembre ‘15

la maggior parte di noi, fino ad oggi, ha in abbondanza e dei no-stri genitori che lavorano e fanno sacrifici per non farcelo mancare.Con il mese di maggio abbiamo appreso che esiste un rosario missionario e che anche pregan-do possiamo essere vicini a tutti i nostri fratelli.

GRUPPO DI CATECHESI: 5º ANNOIl nostro gruppo di 5ª ha cono-sciuto alcune figure importanti della Bibbia; abbiamo commen-tato la loro vita e l’abbiamo para-gonata alla nostra di oggi.

GRUPPO DI CATECHESI: 6º ANNO (1ª media)Quest’anno noi ragazzi di prima media abbiamo parlato della nascita della Chiesa e abbiamo letto i primi capitoli degli Atti de-gli Apostoli, come avvio per la preparazione alla cresima. Han-no ispirato il nostro cammino la scultura di Grimaldi, l’acquerello di Tarantini e la Lettera alla Chie-sa di Palazzago.

GRUPPO DI CATECHESI: 7º ANNO (2ª media)Noi ragazzi di seconda media portiamo come simbolo del nostro percorso una scatola, che contiene i sette doni dello Spirito Santo ricevuti nel giorno della Cresima. La Cresima ci ha permesso di accogliere questi doni per conservarli e coltivar-li nel nostro cuore. Ora, nella scatola, vogliamo aggiungere ai doni, i frutti dello Spirito San-to: frutti di amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, frutti di bontà e di fede. Portiamo inol-tre la vite, ricordo della celebra-zione della Cresima. Così come

i tralci rimangono attaccati alla vite e portano frutto, anche noi vogliamo rimanere attaccati a Gesù per vivere una vita pie-na di carità e di amore. Gesù, a volte la mia vita è priva di gu-sto, tutto mi sembra insipido e noioso. Tu dici: “Io sono la vite e voi i tralci”, a pensarci bene significa: io sono legato a te come il tralcio alla vite, il respiro che sento in me non è soltanto aria, in esso il Tuo amore scor-re dentro di me, mi dà un gusto nuovo, il gusto dell’amore. Tu ce l’hai promesso: chi rimane in Te, darà molti frutti. Ti prego fa che la mia vita porti frutto. Non voglio condurre un’esistenza inutile e sterile. Per questo ti preghiamo, Gesù

GRUPPO DI CATECHESI: 8º ANNO (3ª media)A conclusione di questo anno trascorso insieme, abbiamo scelto come simbolo il cerchio perché rappresenta l’unione che ci ha caratterizzato in que-sto nostro percorso. Il cerchio è formato da diversi spicchi, ogni spicchio identifica il carattere e la personalità di ognuno di noi; ma allo stesso tempo rappresenta anche i vari momenti di aggre-gazione che hanno contribuito a rafforzare il nostro gruppo, come: la giornata trascorsa con i ragaz-zi della comunità di Villanterio, la raccolta missionaria a novembre,

il raduno adolescenti e ter-za media a Curno, la lettura della passione e distribuzio-ne degli ulivi durante la do-menica della Palme.Oppure i momenti più di-vertenti come il sabato sera al cinema e le due giornate trascorse insieme in Ronco-la.Il cerchio è anche simbolo di continuità, capacità che

cercheremo di esercitare anche l’anno prossimo nelle varie at-tività parrocchiali… come primo passo ci attende la “promessa di

impegno” il 14 giugno.Ma alla fine il simbolo del cerchio ci riporta anche alle nostre piz-zate del sabato sera in oratorio… che anche loro hanno contribuito sicuramente alla nostra unione.I consigli di Gesù, nel discorso

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La Lettera [15]settembre ‘15

della montagna, ci hanno fat-to riflettere su come dobbiamo comportarci e sulle scelte di vita che è meglio fare. Noi ragazzi di terza media ci impegniamo a proseguire la nostra formazio-ne e a seguire le proposte che ci verranno fatte.

GRUPPO DI CATECHESI: 1º ANNO ADOLESCENTIQuest’anno noi gruppo adole-scenti del primo anno abbiamo lavorato sul conoscersi, fare

gruppo e fidarsi. Insieme abbia-mo formato un gruppo di per-sone che si vogliono bene e che interagiscono tra di loro per in-staurare nuovi rapporti. Le mani unite ci aiutano a creare un rap-porto stabile e a conoscerci me-glio fino ad arrivare a dire: “mi fido di te!”

GRUPPO DI CATECHESI: 2º ANNO ADOLESCENTIQuest’anno abbiamo riflettuto sull’affettività. “Amare” e “voler bene” sono due momenti della vita, diversi e necessari. Duran-

te l’adolescenza queste parole prendono un significato nuovo: si inizia ad amare e a distingue-re l’amore dal voler bene. Amia-mo fidanzate e fidanzati, siamo sempre più legati agli amici, ci capita di non volere più così tanto bene ai genitori. A volte, non riu-sciamo neanche a dare un nome a quello che proviamo. In questi anni cambiamo anche all’ester-no; iniziamo a dire “ti amo” o “ti voglio bene” anche con i gesti del nostro corpo. Un abbraccio, un bacio, due mani che si intreccia-no… possono volere dire molte cose, diversissime tra loro. Ab-biamo racchiuso qui il significato di quest’anno: cercare nuovi si-gnificati, non solo nuovi gesti.

GRUPPO DI CATECHESI: 3º, 4º ANNO ADOLESCENTIStrada facendo Giulia ha tro-vato il gancio in mezzo al cielo, noi come lei attraverso il nostro percorso, abbiamo scoperto che Dio è un gancio anche per

noi, sta a noi decidere se affer-rarlo. Abbiamo appreso anche che possiamo trovare appoggio negli altri, come gli anelli di una catena, che si sostengono a vi-cenda restando sempre uniti.

GRUPPO DI CATECHESI:GIOVANI “Un gancio in mezzo al cielo” è un passaggio di una canzone di Baglioni che ha dato il titolo al

libro scritto da Giulia Gabrieli, in cui la ragazza, proprio nell’anno della Cresima, racconta la sto-ria della sua malattia. La forza di questa testimonianza è stata proposta nelle diverse stazio-ni della Via Crucis del Venerdì Santo, preparata dai giovani coinvolgendo i gruppi e le asso-ciazioni della nostra comunità. È stata un intreccio tra le tap-pe di Gesù sulla via del Calva-rio e alcuni momenti della vita di Giulia, giunta nella luce della risurrezione nel 2011 con un inno di grazie.

GRUPPO DI CATECHESI:ADULTINegli anni in cui la diocesi di Bergamo chiede di ri-pensare e proporre la ca-techesi agli adulti, abbiamo aperto le nostre case per i gruppi di riflessione e pre-ghiera. Presentiamo perciò sette lanterne, quelle acce-se nelle sere degli incontri:

“Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino”.

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La Lettera [16] settembre ‘15

Dimmi cosa mangi...

Affidiamo il ricordo del Cre a due articoli (uno dei quali ci ha fatto vincere una televisione) che sono stati mandati a L’Eco di Bergamo. Nelle pagine estive dedicate agli oratori sono comparse anche diverse foto delle nostre attività.

Ogni giorno, bambini e ragazzi del Cre di Palazzago si sfidano al “giramondo”, un tour attraverso i cinque continenti per conoscere i piatti tipici dei diversi paesi. È il tormentone d’inizio giornata.Ogni squadra sceglie un suo cuo-co che si mette il grembiule di-pinto con il logo dei diversi gruppi - proteine, vitamine, sali minerali e carboidrati - e risponde alle do-

mande culinarie. Poi, sfida un’al-tra squadra armato di… cucchiaio, cercando di trovare nella marmit-ta colma di penne crude, le rarissi-me rosse: ognuna vale 2 punti che si sommano così a quelli guada-gnati con le risposte esatte pre-cedenti. Ma bisogna stare molto attenti, perché le penne gialle corrispondono a meno due pun-ti. Da ultimo deve fare canestro

in tre secchi, nei quali può trovare forchetta (0 punti), coltello (meno 4 punti) o cucchiaio (più 4 punti). Gli animatori tirano le somme dei punti per la propria squadra e così il pasto è servito. Ma, ahimè, non sempre si riesce a portarne a casa. Allora insieme si canta e si balla l’inno del Cre, e la giornata inizia davvero alla gran-de: Tuttiatavola.

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La Lettera [17]settembre ‘15

Due amici particolari...

Il Baby CreIl baby - Cre è tra le iniziative del-la Parrocchia che in questi anni vede una buona partecipazione di bambini, alcuni dei quali prove-nienti anche dai paesi limitrofi. I piccoli durante il mese di luglio si sono impegnati nelle varie attivi-tà proposte realizzando lavoretti, cimentandosi in balletti e nella scenetta finale inerente al tema “TUTTI A TAVOLA!”, lo stesso su cui erano basate tutte le nostre attività: esponiamoci, terra - cibo e vita, che ci rimanda al grande evento... quello dell’expo. Infatti attraverso i giochi, le gite e i rac-conti i bambini hanno scoperto il valore, l’importanza e il rispetto del cibo ma non solo... anche le problematiche relative alla nutri-zione. Questo mese trascorso veloce-mente ha visto realizzate le fina-lità dello stare insieme per socia-lizzare, giocare, imparare nuove attività e mettersi alla prova. Gio-

cando insieme si impara a cono-scere l’altro e a rispettarlo. Ai momenti di pittura, prepara-zione lavoretti e disegno si sono alternati momenti di svago molto attesi dai bambini: il bagno nelle piscine poste nell’ampio terraz-zo sopra la sala banda, i balletti, i giochi organizzati e le gite.

Concludendo possiamo definire l’esperienza del “baby - cre” una bella prova che ci ha arricchiti moralmente, oltre che a diver-tirci. Un grazie a tutti coloro che hanno collaborato, in vari modi, a rendere più vivace e animata tale iniziativa.

Maria e animatrici

Tra proteine, carboidrati, vitamine e sali minerali, ecco spuntare, al CRE di Palazzago, due strani per-sonaggi: Sale e Zucchero! Come “diavolo e acqua santa”, voi direte, ma qui, da buoni amici, ci accom-pagnano alla scoperta del tema di ogni settimana. Per fortuna le loro storie, che iniziano con litigi e scaramucce, sono sempre a lieto fine, insegnandoci tutte le volte qualcosa di nuovo. Per esempio, settimana scorsa era il comple-anno di Zucchero, ma Sale se ne

era dimenticato offendendo così l`amico. Pensate: per farsi perdo-nare organizzò una grande festa ma non invitò nessun altro e Zuc-chero non fu per nulla contento: da soli ci si annoiava troppo! Allo-ra convinse Sale ad INVITARE altri amici alla festa e, da quel momen-to, il compleanno di Zucchero fu un giorno davvero speciale. Certo che non ho mai capito come pos-sano andare d`accordo due tipi così diversi, magari la prossima volta che li vedo glielo chiedo, così

mi svelano il loro segreto. È bello averli con noi, sapete? A me piac-ciono perché sono simpaticissimi ma penso sia anche importante non perdere mai di vista le paro-le-chiave del nostro CRE perché non rimangano a margine rispet-to a tutte le attività, i giochi, i labo-ratori ecc... Insomma, se un gior-no vi trovate vicino al mio paese, vi aspetto all’oratorio per presen-tarveli. Vi piaceranno di sicuro!

A presto, Leo.

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La Lettera [18] settembre ‘15

Titolo Titolo TitoloBiciclettata con i fioretti di S. Antonio

Da Peschiera a Venezia: questo il percorso della biciclettata 2015 che ci ha fatto toccare alcune città, patrimonio dell’umanità, nel giro di pochi giorni. È vero che la stanchezza dopo chilo-metri in sella si fa sentire, ma questo non ci ha tolto l’incanto nell’ammirare Verona, Vicenza, Padova, Venezia e raccogliere il cammino intorno ai fioretti di Sant’Antonio da Padova.Abbiamo così conosciuto alcuni fatti delle vita del Santo (così è chiamato e così è indicata la Basilica nella quale abbiamo ce-lebrato)che è tra i più invocati al mondo, preparando l’arrivo nella città dove Antonio, che era nato a Lisbona il 15 agosto del 1195, morì il 13 giugno 1231.Uno dei fatti che più ci ha fatto pensare è: Il cuore dell’avaro. Sentite: Mentre frate Antonio predicava a Firenze, morì un uomo molto ric-co che non aveva voluto ascoltare le esortazioni del Santo. I parenti

del defunto vollero che i funera-li fossero splendidi e invitarono frate Antonio a tenere l’elogio funebre. Grande fu la loro indi-gnazione quando udirono il santo frate commentare le parole del Vangelo: «Dove è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore» (Mt 6,21), dicendo che il morto era stato un avaro ed un usuraio. Per rispondere all’ira dei parenti ed amici il Santo disse: “Andate a vedere nel suo scrigno e vi troverete il cuore”. Essi anda-rono e, con grande stupore, lo tro-varono palpitante in mezzo al de-naro e ai gioielli. Chiamarono pure un chirurgo perché aprisse il petto al cadavere. Questi venne, fece l’o-perazione e lo trovò senza cuore. Dinanzi a tale prodigio parecchi avari e usurai si convertirono e cercarono di riparare al male com-piuto. Non cercare le ricchezze che rendono l’uomo schiavo e lo met-tono in pericolo di dannarsi, ma la virtù, la sola accetta a Dio. Per tale motivo, la cittadinanza lodò con entusiasmo Dio e il suo Santo.

E quel morto non fu deposto nel mausoleo preparatogli, ma trasci-nato come un asino sul terrapieno e colà sotterrato.L’organizzazione della biciclet-tata è stata impeccabile, grazie anche ai sopralluoghi fatti pre-cedentemente da Angelo & co, assicurando così il percorso tra piste ciclabili, città e sentieri pa-noramici e l’accoglienza presso gli oratori per il pernottamento. E mentre il caldo andava cre-scendo, sostenuti dai viveri che i membri dell’equipaggio non lasciavano mancare, anche la mèta si avvicinava. La laguna si apriva davanti a noi e con una guida d’eccezione, fra Angelo, dei Padri Domenicani, abbiamo ammirato e conosciuto la Basi-lica dei Santi Giovanni e Paolo. Troppo lunga la coda per entrare in San Marco: ci siamo “accon-tentati” dell’esterno, inserito nella magnifica Piazza, con il campanile, il Palazzo Ducale, le Procuratie e quel clima che si re-spira solo a Venezia, passando tra calli, ponti e… piccioni. Dopo città patrimonio dell’uma-nità che ci manca ancora? Lo ve-dremo nella prossima edizione.

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La Lettera [19]settembre ‘15

[In vacanza con famiglie e ado] Tutti al mare...

Bellaria, Miramare, Lignano Sabbiadoro. Cominciamo a do-ver tenere il conto delle località che da un mare all’altro accolgo-no i giorni della vacanza stile fa-migliare che anche quest’anno ha visto una folta partecipazio-ne, anche di altri paesi, tra i quali spicca Barzana.La grande struttura del Ge.Tur. ospitava centinaia e centinaia di vacanzieri – gruppi, famiglie,

centri estivi, disabili - e tutta-via non abbiamo rinunciato ai momenti insieme, nei pasti, nei tornei in spiaggia, nelle lunghe passeggiate e nelle celebrazio-ni nell’antica chiesetta in pine-ta (non proprio così gettonate come il resto, in verità).Certo, un po’ abbiamo rimpian-to i turni in cucina, dove la fan-tasia e l’intraprendenza crea-vano piatti squisiti e sorprese.

Quest’anno l’abbiamo trovata pronta.Qualcuno non ha perso il vizio di deliziare la compagnia e an-che le vie di Lignano con trave-stimenti ad effetto che poi ha ripreso anche nel clima della fe-sta di Comunità, confondendosi con i ballerini della scuola che si esibivano sulla pista vestiti di tutto punto.

Prendete trentacinque adolescenti, tra Gromlongo e Palazzago, l’ultima settimana di Luglio. Sono stanchi: dopo un intenso anno sui libri, c’è stato anche un intensissimo mese di CRE. Sono stres-sati: vorrebbero fuggire il caldo, che quest’anno li ha messi a dura prova. Cosa fanno? Scappano al mare, a Cesenatico! Ma anche qui, finiscono per “spiaggiarsi”... il caldo li ha seguiti fino in Roma-gna (l’unico tempo-reale è finito in tempo-record). Li segue pure don Lorenzo, che ogni mattina cerca di riportarli “Tuttiatavola”. Non quella dell’Eurocamp, ma quella del CRE appena concluso, meditando un po’ - senza esagerare - sue parole-guida, gentili e nutrienti: invitare, ringraziare, condividere, gustare. Avevamo solo una settimana, ma le abbiamo assaggiate tutte!

PS: grazie don Lorenzo, per questa e le altre vacanze, con gli ado-lescenti di oggi e quelli degli ultimi 11 anni.

PS2: caro don Roberto, anche se non la conosciamo, vorremmo che pensasse a una meta per l’anno prossimo!

Michail

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2015Anniversari di Matrimonio

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La Lettera [22] settembre ‘15

[9 giugno 2015a cura di Patrizia]

Consigli Riuniti

Dopo il momento di preghiera, don Giuseppe chiede ai membri del consiglio di dare uno sguar-do all’anno pastorale 2014/15 alla luce della Lettera alla Chiesa di Palazzago e alle cinque tappe che hanno ritmato il cammino della comunità. In particolare la riflessione dovrebbe partire dal-la frase guida “Un cuor solo e un’anima sola…” e dalle parole di papa Francesco: “ non lasciar-ti rubare il Vangelo, la Speranza, la Comunità e l’Amore fraterno, la gioia dell’Evangelizzazione e la forza missionaria” per fare un bilancio su come ci siamo sen-titi parte della comunità e della chiesa, su come abbiamo cam-minato insieme e vissuto la no-vità del vangelo con l’annuncio e la testimonianza, passando attraverso le diverse iniziative e proposte nei vari ambiti: cate-chesi, carità, liturgia e momen-ti di festa e di ricreazione. Per quanto riguarda i gruppi nelle case, è stata un’esperienza bella ed arricchente, anche se un po’ impegnativa per gli animatori. I partecipanti avevano età diverse e vi è stata una certa alternan-za, in generale erano persone praticanti e non destinatari di una seconda evangelizzazione. Come proposte migliorative, si ritiene utile fare qualche incontro di formazione per gli animatori, scegliere un sussidio o un testo per la catechesi di facile lettura e comprensione e ritrovarsi in un incontro finale in cui si possano condividere le difficoltà incontra-te, i contenuti presentati, le rea-zioni del gruppo, la gestione degli

interventi….in modo che ognuno possa prendere degli spunti, del-le idee nuove, una metodologia di spiegazione più efficace per una crescita insieme. Anche i tre appuntamenti di “Arte&fede” all’Abbazia di Pontida, all’Abbazia di Fontanella e alla mostra di Ar-cabas con visita in città alta han-no visto una buona partecipa-zione ( più di cento persone), una bella sorpresa! Si è sperimentato un percorso nuovo e interessan-te di avvicinare le persone alla fede attraverso l’arte. Altre oc-casioni per coinvolgere gli adulti in un percorso di fede sono stati gli incontri dei genitori in prepa-razione ai sacramenti, i ritiri, la preparazione della celebrazione e gli altri impegni e appunta-menti previsti. Due membri del consiglio hanno frequentato il corso di formazione per la cate-chesi degli adulti a Terno d’Isola, che si è svolto in sei incontri con la presenza di circa 200 persone; il prossimo anno continueran-no con il secondo corso, men-tre sarà attivato un altro primo corso in alta Valle Seriana. I ca-techisti del nostro vicariato con-tinueranno i corsi di formazione a Brembate di Sopra nei mesi di ottobre e novembre ( 4 incon-tri) scegliendo tra i vari percor-si proposti. Anche i genitori dei ragazzi di terza media e degli adolescenti saranno impegna-ti in alcuni incontri su tematiche legate al mondo dell’adolescen-za nel mese di ottobre. Un’altra iniziativa per l’approfondimento del proprio percorso di fede è stata offerta durante il periodo

della Quaresima a livello di zona pastorale con tre incontri su te-matiche legate all’anno pastora-le o di attualità; quest’anno si è scelto di affrontare il “Dio nell’I-slam”, “Dio nell’ebraismo” e “Dio nel cristianesimo” e la frequen-za è stata più numerosa degli scorsi anni. Anche le celebrazioni nelle contrade del paese duran-te il mese di maggio sono state sentite e partecipate dai ragazzi della catechesi e dalle famiglie. Quest’anno il tema “Maria e il cibo” è stato svolto intrecciando la Parola di Dio con alcuni qua-dri dell’Accademia Carrara. Don Giuseppe ritiene che anche le celebrazioni preparate con cura e ben partecipate possano essere un veicolo di risveglio o appro-fondimento della fede; soprat-tutto la preparazione per i sacra-menti può diventare una forma di secondo annuncio per i geni-tori. Infine il pellegrinaggio alle sette chiese del 2 giugno è stato un altro bel momento di cammi-no comunitario. Don Giampaolo, che ha tenuto in ogni chiesa del-le frazioni un breve momento di riflessione sulla Chiesa a partire dagli Atti degli Apostoli, è stato molto contento di questa inizia-tiva. Seguiranno nel mese di giu-gno la festa del Corpus Domini e del S. Patrono San Giovanni Bat-tista, due altre festività che riu-niscono la comunità nella fede. Nel complesso quindi i membri del consiglio, dopo avere passa-to in rassegna tutte le proposte dell’anno pastorale, concordano nel ritenere che le persone si la-sciano coinvolgere e si sentono

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La Lettera [23]settembre ‘15

Ce l’abbiamo fatta[Casa di Comunità]

parte di una comunità a cui de-dicano tempo, energie e passio-ne per portare avanti l’annuncio cristiano e creare terreno fertile per le nuove generazioni. Tutto quanto programmato e realizza-to ha funzionato da collante nel riunire le persone, un’aggrega-zione non certo favorita dalla di-

sposizione geografica del nostro paese. L’incontro procede con lo sguardo al prossimo anno pasto-rale, all’anno della misericordia, alle feste patronali, alle iniziative estive e alla festa di comunità. Si informa il Consiglio anche dell’i-ter della ristrutturazione della casa parrocchiale i cui lavori do-

vranno iniziare entro l’8 agosto per non perdere il contributo Cei. Il Consiglio degli affari economici sta lavorando molto per l’asse-gnazione dei diversi appalti e per predisporre tutto ciò che servirà per coinvolgere tutti in questa importante impresa.

Dopo sette anni, dopo sette progetti, dopo tante domande, la ristrutturazione della casa è partita. Durante la festa di Co-munità è stata montata in mez-zo alle tavolate l’ormai familiare casetta che non conteneva più giochi o banca-relle, ma i pro-getti e il rende-ring della casa all’esterno e l’iter dei diversi ap-palti con precise indicazioni delle Ditte che si sono aggiudicati i la-vori, all’interno. Ciò che è stato fatto con coscienza, passione e trasparenza nel Consiglio degli Affari Economici è stato espo-sto a tutta la Comunità. Nella

festa patronale abbiamo fatto la benedizione del cantiere, suc-cessivamente è stata issata la gru e ora cominceremo a vede-

re impalcature, camion, operai e movimento. Ci auguriamo che il movimen-to continui an-che per finan-ziare l’opera, il cui ammontare complessivo è di 995.000 €. Nel frattempo ab-biamo già aper-to un mutuo di 535.000 € e un fido di 65.000

€. Ora gli sforzi comunitari sono concentrati qui, ringraziando tutti coloro che in questi anni si sono ricordati della casa, anche se tutto taceva e coloro che con

l’inizio dei lavori, non lasceran-no mancare il loro contributo. Grazie anche alla Cei (Conferen-za Episcopale Italiana) che ha stanziato un contributo a fondo perduto di 150.000 € (metà all’i-nizio e metà a fine lavori). A quando l’inaugurazione? Natale 2016? Pasqua 2017?Settembre 2017?Ai posteri l’ardua sentenza…

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La Lettera [24] settembre ‘15

Titolo Titolo Titolo[Trentaduesima edizione]

Festa della Campagnaa BurligoDa “sacrum” (sacro) il termine sagra ha origine latina di chiaro significato. Le sagre nascono infatti come feste religiose ed hanno origini antichissime. Veni-vano celebrate dinanzi ai Templi prima, e poi, in epoca cristiana, dinanzi alle Chiese, in quello spa-zio che sarà chiamato “sagrato”. Le varie stagioni, i vari prodotti della terra venivano festeggiati con ringraziamenti alle divinità. Quindi, in un forte legame tra Sacralità e Natura, le sagre erano momenti di grande e significati-va aggregazione. In epoca mo-derna, e soprattutto in comunità parrocchiali come la nostra, resta il senso di un rituale di aggrega-zione, di richiamo a prodotti lo-cali, in una semplice e umile sa-cra unione tra natura e divino, tra divertimento e sacralità.Diffuse in tutta Italia, unisco-no al momento gastronomico anche quello ludico. Giochi per grandi e bambini, pesche di be-neficenza, spettacoli musicali e canori rallegrano il pubblico, in una semplice allegria antica.La Sagra però non deve essere solo un semplice momento di divertimento. Abbiamo sì biso-gno di fermarci e far festa, ma anche dare spazio alla vita sem-plice, con spontaneità e senza fretta, per favorire l’incontro di-retto fra persone di ogni estra-zione sociale, per dire una pa-rola, ascoltare in libertà e verità la vita degli altri e raccontare la propria. Spesso si è dominati dalla paura di aprirsi agli altri, come se gli altri costituissero

una minaccia alla nostra tran-quillità e alle nostre certezze; il dialogo, invece, è una forma di arricchimento reciproco e di co-noscenza nella condi-visione, di crescita per la comunità stessa.La festa patronale è un momento di forte aggregazione e una straordinaria occasio-ne per aprirci recipro-camente a rapporti nuovi, superando pre-giudizi e ostilità che si possono creare tra vi-cini.Da non dimenticare la dimen-sione religiosa della Sagra: il fat-to di ritrovarsi in una parrocchia nel nome della stessa fede, fa crescere in noi il senso dell’ap-partenenza alla comunità.Anche la nostra Festa della cam-pagna nasce nel lontano 1982 come forma di aggregazione e unione e per il sostentamento economico della parrocchia.Quest’anno giunta alla 32esima edizione, la Festa della campa-gna continua ad essere un suc-cesso, anche dopo un anno di pausa “forzato”. Gente nuova, abituè e affezionati che vengo-no al nostro paesello con un uni-co obiettivo; stare in compagnia al fresco delle nostre montagne, ma soprattutto per mangiare e bere cibi buoni e genuini.Sono sempre tanti anche i vo-lontari (quest’anno78) che con un cenno sono subito pron-ti con preparativi. E sappiamo tutti quanto lavoro c’è dietro tra

montaggio struttura, permes-si, acquisti, pulizie, ecc. E tutto questo per 4 week-end tra alti e bassi meteorologici e non solo…

ma sempre con il sor-riso, perché non si può non sorridere alla vita! Che dire di più se non di sperare di continuare così e migliorarci sem-pre di più?L’obbiettivo è di esserci, essere disponibili uniti e affiatati con un unico scopo: vedere il nostro paese sempre più orgo-

glioso di “fare per essere uniti”. La festa è ormai finita da più di un mese, ma i preparativi per la 33° Festa della Campagna sono già partiti… per ora nella nostra testa, per stupire e far stare bene noi e i nostri amici che ogni anno vengono a trovarci.Si sa, un anno passa veloce-mente, tra riconferme e cam-biamenti che servono per mi-gliorarci e non per dividerci, e noi saremo pronti per tutto quello che “Dio vorrà mandarci”.Per finire, visto che questo ar-ticolo è stato concluso il 10 agosto, giorno di San Lorenzo e notte di stelle cadenti, il nostro desiderio è che i 32 palloncini luminosi volati in cielo nell’ulti-ma notte della festa siano arri-vati a destinazione… voi vi chie-derete... quale? Quella nel cuore di chi, anche solo per un attimo, li ha potuti vedere e ammirare.Arrivederci all’anno prossimo!

Andrea, Marzia, Betty

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La Lettera [25]settembre ‘15

Festa di san Rocco in AcquaLa festa di San Rocco ci ha riu-niti Domenica 16 agosto nella chiesa in Acqua a lui dedicata per la concelebrazione e la pro-cessione. Nella riflessione don Giuseppe ha evidenziato come l’iconografia del Santo porti im-mediatamente a riconoscerlo. Diversi i segni che lo caratteriz-zano: l’abito da pellegrino, il cap-pello a larghe tese, il bastone, la conchiglia e la zucca-borraccia, la piaga alla gamba, il cagnolino con il pane in bocca.Ora, se questi segni ci fanno dire: questa statua è di San Roc-co, quali sono i segni che fan dire: questo è un cristiano? • Innanzitutto il credente è

sempre in cammino, pelle-grino della verità sulle stra-de del mondo.

• È colui che sa andare alla sorgente: non si perde e non annega in pozzanghere ma va al cuore, va a Dio, attinge

da lui.• È colui che non teme di fare

i conti con le ferite, con i se-gni della fatica, le contraddi-zioni, perché sa che le ferite possono diventare feritoie cui guardare con occhi di misericordia.

• È colui che non ha paura di farsi aiutare, di accogliere una correzione, di ricevere sostegno. Per questo si nu-tre del pane vivo disceso dal cielo.

San Rocco, sulle orme del mae-stro è stato un seme diventato spiga e, anche, grano passato attraverso il fuoco per diventare pane.Con questi sentimenti abbiamo percorso il cammino della pro-cessione, invocando San Rocco.Grazie a tutti coloro che custodi-scono la chiesa di Acqua e a co-loro che hanno preparato tutto per la festa.

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La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[26] settembre ‘15

[Solennità del Corpus Domini]Uniti nel Corpo di Cristo

Ore 20.30 di giovedì 4 giugno: due celebrazioni, due proces-sioni, due baldacchini, due gruppi di banda, due comunità, Burligo e Palazzago che facen-do strada, si incontrano nel se-gno dell’unità. Abbiamo vissu-to così il Corpus Domini, nella quiete della sera, in sintonia con il papa a Roma e il vescovo a Bergamo, mettendo l’Euca-

restia al centro. Anche il colpo d’occhio di questa prima volta era suggestivo, con lumini ac-cesi nel percorso e i due cortei che man mano si avvicinavano fino a congiungersi a Precor-nelli, nella piazzetta parata a festa. Certo, l’Eucarestia non è uno spettacolo in cui celebria-mo la nostra presenza (così ci ha ricordato con voce tonante don Alex nell’omelia). Occorre uscire dalla logica del fare per entrare nella logica del pren-dere: “prendete e mangiate, prendete e bevete”. Cosa pren-diamo? Un dono, Gesù che si fa

dono. Allora, quella stanza che il Signore nel Vangelo chiede di preparare sono proprio io. Non possiamo affittare questa stanza ad altri, non possiamo affittare la vita! Nel Corpus Domini i nostri pae-si sono diventati concretamen-te questa stanza in cui abbiamo accolto in dono l’Eucarestia, impegnandoci a “mangiare in-

sieme”.M a n -g i a r e insieme i n f a t t i , non è la s t e s s a cosa che m a n -g i a r e contem-porane-amente. Se que-sta dif-ferenza s b i a d i -

sce, la convivialità è persa. Noi siamo impegnati a costruire questa convivialità. Essa re-stituisce al simbolo del nutri-mento il suo contesto più pro-prio, che è quello dell’umanità ospitale, senza il quale nessu-no viene al mondo e nessuno ci può rimanere. La convivialità rafforza anche il giusto senti-mento della dipendenza reci-proca, che siamo fatalmente tentati di rimuovere. Ma nello stesso tempo, ci riconcilia con il fatto che, non appena pren-diamo coscienza di non bastare a noi stessi, riceviamo doni in-

sostituibili di fraternità: e siamo messi in grado di farne a nostra volta. La convivialità accende l’espe-rienza - altrimenti incredibi-le - di un legame al quale non possiamo sottrarci, come il pane quotidiano. E la trasforma in un’esperienza di libertà alla quale non potremmo rinunciare senza perdere l’anima. Il legame con il Signore non per caso fu affidato al contesto del-la Cena con gli amici: che grazie al miracolo del pane e del vino non dovranno sentire nemme-no la morte come una perdita del legame. Consumare la Cena con Lui per imbandire la propria vita come un nutrimento e rimanere gli uni per gli altri come un nutri-mento: questo il suo comanda-mento. Ripetere questa convi-vialità, scambiando sempre di nuovo parole con Lui, crocifisso e risorto, è il modo per non ren-dere vano il suo sacrificio e cu-stodire il sacramento nel quale esso ci nutre per la vita eterna. La convivialità del Signore ci tie-ne in vita, già ora, letteralmen-te. Miracolo di Dio nel miracolo dell’umana ospitalità, come a Emmaus. Miracolo che riscat-ta il tradimento consumato nel segno del mangiare insieme. Perdere la convivialità affamerà il pianeta: del pane come della parola. Tradirla rende gli uomini spregevoli. Ma se la custodia-mo, tutto ridiventa possibile. Corpus Domini insieme: per una convivialità possibile e neces-saria.

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La Lettera [27]settembre ‘15

A proposito di vacchetta (pel-le di vacca con cui si facevano un tempo i registri per le fir-me).Su una di esse, quella che va dal 1 settembre 1817 al 14 marzo 1821, abbiamo trova-to la firma di don Luca Passi, fondatore delle Suore di S. Dorotea, beatificato il 13 apri-le 2013 a Venezia, dove morì il 18 aprile 1866. Era nato a Bergamo il 22 gennaio 1789 e il suo “quartier generale” è Calcinate (dove è curato don Emiliano).Venne nella nostra parroc-chia il 24 giugno 1829, sicu-ramente per la festa patronale. Dal momento che la concelebrazione non era ancora prevista, avrà sicuramente celebrato in uno degli altari laterali, come gli altri sacerdoti che risultano dalle firme.Ringraziamo Suor Tarcisia che ci ha “regalato” questa scoperta, scor-rendo in archivio molti dei registri conservati, sui passi del fondatore delle Suore Orsoline di Gandino, don Francesco Della Madonna.Prossima ricerca su vacchette più recenti, per vedere se il sacerdote Angelo Giuseppe Roncalli (poi Papa Giovanni XXIII) sia passato di qui.

Pillole

Work in progress, non ci si ferma mai! Poco prima del Cre sono stai realizzati alcuni lavori nel piano delle aule dell’Orato-rio, creando un collegamen-to con l’ex appartamento del curato. Così abbiamo ricava-to due aulette e una veran-da-salone che, in attesa di una sistemazione più consona e funzionale, serviranno già per i gruppi di catechesi e i diversi incontri lungo l’anno pastorale. Va da sé che già nel Cre sono state utilizzate come laboratori. Grazie a coloro che hanno sistemato, imbiancato, pulito e cucito le tende. Sarà l’ala lilla e come nelle altre aule, il colore che incornicia la porta, sarà lo stesso delle se-die, del cestino e della zoccolatura. Cose fatte bene…

L’avevamo messo sul Bol-lettino del Patrono -par-ticolare e intero- l’abbia-mo preso a prestito per le locandine delle feste di San Giovanni Battista e disegnato sulla vacchetta (il libro delle firme in sa-grestia), abbiamo scoperto che è una copia dell’af-fresco di Bernardino Luini (1530) conservato a Lu-gano, ma dal vivo bisogna andare a vederlo nella chiesina di Salvano.Volevamo portarlo in chie-sa parrocchiale per i 15 giorni delle feste patronali, ma Salvano ha detto no! Il quadro non si muove.Che strano, però: da quan-do una figlia (frazione) dice no alla madre (Parrocchia) vecchia di 671 anni?Cose dell’altro mondo… o di quel piccolo mondo che vuol essere Salvano…

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La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[28] settembre ‘15

[La festa di Santa Margherita a Carosso]Perle di santità

Una Domenica molto calda di inizio luglio non ha scoraggia-to tante persone a partecipare alla festa di Santa Margherita a Carosso. Don Giampaolo ha pre-sieduto per la prima volta messa e processione e, pur provato dal sudore, ha proposto una rifles-sione partendo dai testi della liturgia e collegandoli alla figura della Santa.Eccone alcuni stralci:Santa Margherita di Antiochia che oggi veneriamo ci insegna che la logica del Vangelo è lo-gica che dà senso, dà pienezza e compimento alla vita. Cono-sciamo bene l’episodio della sua storia che la porta a vincere sul drago: mentre lei, giovane don-na, era stata imprigionata ingiu-stamente, le apparve nella cella un drago che la inghiottì. Ma si salvò con il crocifisso che aveva in mano, squarciando il ventre della bestia. Mi sembra che potremmo az-zardare una lettura simbolica di questo episodio: la prigione e l’ingiustizia che lei, giovane credente nel vero Dio, stava su-bendo erano il segno della cat-tiveria degli uomini, della logica di potere e pretesa che abitava il cuore di molti del suo tempo. Qualcosa di inaccettabile per lei, per chi è buono. Perché l’ingiu-stizia, perché la vittoria dei pre-potenti, perché i carnefici non scontano il male delle loro azioni cattive? Perché ci sono le vitti-me? Queste domande possono portare alla prova radicale della fede: se le cose stanno così al-lora Dio non esiste e se esiste

non è onnipotente, perché non può nulla su coloro che fanno il male, infatti non li punisce, non li ferma. Margherita aveva in mano un crocifisso: che cosa può fare il Crocifisso? Un Uomo che è in-chiodato mani e piedi, un Uomo che è torturato e che sta per morire? Secon-do una logica m e r a m e n t e umana non può nulla: anch’Egli è in balia della cattiveria e del-la prepotenza umane. Ma ecco la rivelazione: la debolezza dell’Uomo Gesù, la debolezza e la fragilità del Cro-cifisso può di più di ogni altra forza e poten-za. Il Crocifisso è il Risorto! Margherita entra dentro la prova più grande della sua vita non invocando altra for-za se non quella dell’amore che splende nella croce di Gesù. Ella è debole, ma nella sua debolez-za si consegna. San Paolo, nel-la seconda lettura che abbiamo ascoltato oggi, ci parla proprio di questa debolezza: anch’egli sapeva di essere un uomo, solo un uomo chiamato ad annun-ciare il Vangelo di Gesù. Molti lo criticavano ed Egli si difendeva sì, ma non con armi ma con la parola, una parola che parlava di amore e di persuasione con la carità. Sentiva l’ingiustizia del-

le accuse che gli muovevano. Ma a un certo punto, comprese: era chiamato ad affidarsi a Dio come fece Gesù sulla croce. Così scoprì ancora una volta e più di ogni altra volta che: quando sono debole è allora che sono forte (2Cor 12,10). Altrettanto noi celebriamo e ricordiamo in

Margherita. Santa Marghe-rita è santa che intercede per le madri. Pro-vate a pensare se un parto non riporta la legge della croce in un modo provocan-te: è quando la mamma non ce la fa più, soffre e grida, è allo stre-mo e debole che nasce una nuova vita. Non è nel-la potenza che

nasciamo ma nel grido e nella fatica. Nasciamo piccoli e fragi-lissimi, eppure, in quella fragili-tà c’è presente una vita che ha qualcosa di bello da dire a tutti e, forse, anche da dare. La fede ci dice che il mistero della croce non è proprio così lontano dal mistero stesso della vita, della fede, dell’amore.Anzi: lo reinterpreta e ne mostra la vera grandezza e il compi-mento pieno. La processione è salita e scesa: salita verso la parte più alta del-la frazione e scesa verso il cimi-tero, tra case e ringhiere parate a festa.

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La Lettera [29]settembre ‘15

Titolo Titolo Titolo Don Lorenzo persan Lorenzo a Montebello

L’estate 2015 è stata caratte-rizzata dal “conto alla rovescia” che in modo simpatico abbiamo fatto con don Lorenzo, scan-dendo diverse “ultime volte” che da parroco di Gromlongo saluta il Cre, celebra per San Lorenzo a Montebello, festeggia la Madon-na della Salette alla Beita, vive la festa di Comunità, anche se sarà

sempre il benvenuto tra noi.Nella riflessione a Montebello ha fatto una mirabile sintesi con Elia, il profeta che in un momento di sconforto arriva a dire basta, ma che si sente invitato a continuare il cammino; San Lorenzo che ha scritto una pagina straordina-ria di carità nei primi tempi della chiesa e Gesù che nel Vangelo si

rivela come pane disceso dal cielo per la fame di ogni uomo. Pane e cielo, per il cammino che chiede un fuoco che bruci dentro. Il cam-mino è stato concretizzato dalla processione scesa su Via Lon-goni, fino al n° 129, tra festoni e addobbi preparati dalla passione e dalla cura dei volontari della frazione.

Al termine sono andate a ruba le immaginette con la foto del trono della Santa e la preghiera, fatte stampare dalla Signora Emma che ringraziamo: è il suo modo per essere riconoscente alla frazione che l’ha vista bambina. Ecco la preghiera a Santa Margherita:

Ci rivolgiamo a te,Santa Margherita di Antiochia,

perla di santità, raccolta dalla grazia per il tesoro del cielo.Per tua intercessione chiediamo al Padre

la grazia per vincere le forze del male.Con il tuo sostegno chiediamo al Figlio Gesùla capacità di amare come Lui ci ha amati.

Con la tua protezione chiediamo allo Spirito Santola forza di affrontare le avversità della vita.

Dona a tutti noi di sentirci sempre in cammino come unica famiglia,

animata da fede, speranza e carità.Amen

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La Lettera [30] settembre ‘15

[L’Enciclica di papa Francesco]Laudato si’

“Laudato sì mi Signore”, can-tava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: “Laudato sì, mi Signore, persora nostra matre Terra, laquale ne sustenta et governa,et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”» (LS 1).

«Non voglio procedere in que-sta Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. (...) Egli manifestò un’attenzione parti-colare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbando-nati. Amava ed era amato per la

sua gioia, la sua dedizione ge-nerosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono insepa-rabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i pove-ri, l’impegno nella società e la pace interiore» (LS 1O).

«La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso catego-rie che trascendono il linguag-gio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’es-senza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guar-dava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predica-

va persino ai fiori e “li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione”. La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vin-coli di affetto. (...) Se noi ci ac-costiamo alla natura e all’am-biente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguag-gio della fraternità e della bel-lezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse natu-rali, incapace di porre un limi-te ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spon-tanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esterio-re, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di do-minio» (LS 11).

«La sfida urgente di protegge-re la nostra casa comune com-prende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci ab-

Il 18 giugno è stata pubblicata la nuova Enciclica di papa Francesco “Laudato si’”: quasi duecento pagine dedicate alla cura del creato. Chiari, fin dal titolo, i rimandi a san Francesco e alla sua visione della natura e dell’essere umano. Vi proponiamo alcuni stralci del documento, tratti dall’introduzione.

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La Lettera [31]settembre ‘15

bandona, non fa mai marcia in-dietro nel suo progetto di amo-re, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (LS 13). «Rivolgo un invito urgente a rin-novare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un

confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. (...) Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale. (...) Tut-ti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza,

le proprie iniziative e capacità» (LS 14).

«Spero che questa Lettera en-ciclica, che si aggiunge al Ma-gistero sociale della Chiesa, ci aiuti a riconoscere la grandez-za, l’urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta» (LS 15).

Alla fine della prima settima-na di CRE ho annunciato la mia partenza per il mese ignaziano ad Ariccia e le domande sono state tante: cosa? Igna…che? Devi pregare un mese? Devi fare silenzio un mese? Ma sei matto? Provo a spiegare cosa è questa esperienza che giudico inten-sa, ma veramente bella. Il mese ignaziano si chiama così perché lo ha introdotto Sant’Ignazio di Loyola nel 1500 e consiste in un mese suddiviso in quattro setti-mane di preghiera e di silenzio, in rapporto stretto con il Signo-re. Il dialogo deve essere con il Signore affidando la tua vita e metterla in relazione con quella proposta dal Vangelo. Tutta la vita di Gesù (dalla nascita alla risurrezione) nella tua vita, per riconoscerlo Signore della sto-ria universale e della tua sto-ria personale. Naturalmente ci sono alcune guide, in particolare padri gesuiti che aiutano a com-piere il percorso. A cosa serve? Cinquecento anni fa, come oggi è un metodo per far luce nella tua vita, a “discernere” per usare

Mese Ignaziano[A cura di Davide]

una parola tanto cara a sant’Igna-zio. Il mese igna-ziano è proposto a tutti, ma per un seminarista o consacrato/a è veramente un modo per met-tersi nelle mani di Dio con tutte le nostre fragilità e confidare che lui possa tra-sformare le vite in strumenti di fede. Per quanto riguarda la mia esperienza personale posso dire che è stato un momento parti-colare della mia vita, dove alcuni interrogativi o desideri hanno trovato risposta o uno sbocco. Lo scetticismo un po’ iniziale il Signore lo ha cambiato in gioia e soddisfazione. Con l’esperien-za del mese ignaziano, posso dire ai ragazzi e adulti, che la preghiera è importante per la propria vita. La fede in Gesù porta ad avere luce, a chiarire le diverse situazioni che la vita propone. La preghiera cambia in meglio, cambia i nostri occhi

e li aiuta a vedere con il cuore, cioè con amore. La preghiera è allora un grande strumento per avvicinarci a Dio. A tal proposi-to, mentre stavo pensando a questo articolo, mi passa sotto mano una lettera pastorale del 1958 di Montini (Paolo VI) che sto studiando, proprio sulla pre-ghiera e lo consegno come in-vito: “(…) Dio si è degnato di farci di Sé, mettendo sulle nostre lab-bra, per l’insegnamento di Gesù, il semplicissimo e ineffabile nome di Padre; ed è preghiera. Bisogna che i nostri rapporti riprendano capacità di colloquio, come si con-viene a figli, con pienezza di spirito e verità (…)”.

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La Lettera [32] settembre ‘15

[Sorpresa 4]Artefede: Lodi

Suor Leontina ha raggiunto i 100 anni e noi siamo andati a trovarla, a Lodi, nella casa del-le Suore della Sacra Famiglia di Spoleto che la ospita, insieme ad altre suore native delle no-stre comunità o che sono state a Palazzago nei tempi dell’a-silo. Sono i nomi che a volte emergono dai racconti delle persone che ricordano la suora che seguiva il coro, quella più dolce, quella più severa, quella che curava la biancheria della chiesa, quella che ha fatto cre-scere i figli, la cuoca… La giornata vissuta a Lodi ci ha fatto anche conoscere que-sta cittadina a misura d’uomo,

dove è Vescovo Mons. Maurizio Malvestiti (che era stato da noi poco prima, per la festa patro-nale). È stato lui a presentarci la cattedrale e a darci alcu-ne notizie della Diocesi di San Bassiano nel suo stile caratte-ristico che abbiamo percepito apprezzato sia dai preti che dai laici della chiesa lodigiana.La prima tappa –poiché era an-che il quarto appuntamento di Artefede- ci ha fatto ammirare Lodi Vecchia, la basilica dei Do-dici Apostoli, che testimonia i primi tempi della presenza cri-stiana in quella terra, distrutta dai milanesi e poi riedificata. Da lì, al centro, con la suggesti-

va Piazza maggiore, il Duomo con la caratteristica facciata asimmetrica in cotto, il Brolet-to, con i busti in marmo dei due padri fondatori: Gneo Pompeo Strabone (Laus Pompeia) e Fe-derico Barbarossa (Laus Nova), la chiesa della Beata Vergine Incoronata, gioiello rinasci-mentale a pianta ottagonale con numerosi affreschi, tavole e tele, anche del Bergognone.Insomma, una bella giornata vissuta nel caldo dell’estate, tra ricordi, arte, amicizia. Ab-biamo anche celebrato nella cripta del Duomo.

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La Lettera [33]settembre ‘15

[L’esempio di Elena Pellegrinelli] Tutto bene...

Era una splendida giornata di luglio del 1992 e all’improvviso dalla sala parto uscì un acuto va-gito: era nata Elena Pellegrinelli. Quanta gioia sprizzavano gli occhi di mamma Monica; se lo mangia-va con lo sguardo quell’esserino che era arrivato a rallegrare la sua vita e quella del papà Domenico. Ben presto la piccola Elena mos-se i suoi primi passi e cominciò ad esplorare tutto ciò che la circon-dava, le sue risate rallegravano le stanze di casa. Tutto però cambiò il 17 novembre del 1994, quan-do a Elena fu diagnostica una terribile malattia: la leucemia. Il mondo degli adulti crollò, mentre la bambina cominciò ad mostrare quanto lei fosse più “grande” di tutti. Scoprì un mondo nuovo, pieno di sofferenza: con immenso corag-gio affrontò lunghe cure, intermi-nabili ricoveri, isolamenti forzati a causa dei valori bassi e soprat-tutto non trascorse giornate se-rene con altri bambini alla scuola materna. Lei iniziò ad esplorare questo universo così sconosciu-to e doloroso e ne uscì carica di sorrisi. Inondava di sorrisi tutte le persone che incontrava: medici, infermieri, volontari, compagni di avventura, amici, e soprattutto i suoi cari. Quando si pensava di aver superato il tutto, ecco la ri-caduta... Quanto dolore! Bastava però guardare la serenità di Elena per sentirsi pieni di forza e pronti ad andare avanti insieme. Da quel momento non ci fu più una bam-bina malata, ma una famiglia uni-ta che affrontava un trapianto ed insieme superava pian piano tutti

gli ostacoli che giorno per giorno si incontravano. Elena diventò il collante di tante persone... tutti quelli che la conobbero ricevette-ro da lei tanta voglia di vivere e di amare ogni attimo della vita. Finalmente dopo mesi chiusa con la mamma in un repar-to di oncologia arrivò il giorno del ritorno a casa. Incominciò una nuova avventura: la scuola! Lei voleva impara-re, voleva stare con i compagni mai cono-sciuti, insomma voleva vivere come tutti i bambini di sei anni... Dopo un anno di attesa ar-rivò il gran giorno! I compagni a scuola aspettava-no quella bambina “tanto sco-nosciuta e tanto attesa”. Fin dal primo giorno di lezione si capì che tutto sarebbe stato semplice, perché Elena, nascondendo la ti-midezza in fondo al tremolio delle sue lunghe ciglia, elargiva sorrisi a tutti. E il sorriso diventò la sua arma di seduzione... In pochissimo tempo conquistò tutti: maestri, compagni, bidel-le e alcuni bambini particolar-mente vivaci che accanto a lei si trasformavano in teneri fanciul-li. Durante l’intervallo spesso si sentivano le sue allegre risate; un compagno la spingeva con la carrozzina per il corridoio e lei felice esclamava: Vai, vai, più ve-loce! Con grande forza di volontà studiò, si impegnò a fondo e per la sua determinazione stupì tutti i professori che la conobbero. Ogni qualvolta che si poneva una meta da raggiungere lei con decisione e

fermezza superava ogni ostacolo e conquistava il traguardo prefis-sato. Purtroppo la mattina del 23 no-vembre del 2010 un dolore im-menso la travolse: il suo adorato papà tragicamente scomparve.

Pure da questa di-sgrazia trasse forza: lei non chinò il capo, anzi riprese a camminare apprezzando sem-pre più la vita, anche quando la malattia la colpì nuovamente. Visse ogni giorno come l’opportunità di

donare serenità e gioia a tutti. Spesso chi l’avvicinava le chiede-va: “Come stai?”. Elena prontamente rispondeva: “Tutto bene!” E sorrideva. Nel corso degli anni, anche quan-do fisicamente non riusciva a creare con le proprie mani i lavori che a lei piacevano tanto, cercava e trovava un’alternativa e coin-volgeva nelle sue iniziative le per-sone che le stavano vicine. Tutti quelli che andavano a trovarla o la incontravano, non dovevano temere l’imbarazzo di trovarsi di fronte una ragazza malata, per-ché se ne andavano con un’im-mensa serenità nel cuore. E solo le persone speciali, come Elena, sanno trasmettere tanto amore. Elena ha saputo regalarci la cer-tezza che donare vale molto di più di ricevere. Ora ci basta vedere il sorriso di Elena affacciarsi sulle labbra del-la mamma Monica per esclamare “Grazie Elena, tutto bene!”.

zia Paola e maestra Purissima

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La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[34] settembre ‘15

[Nel 60° di Mons. Daniele Rota]Messa al monte Linzone

Sabato 22 agosto alle 11.00 si è celebrata la messa alla cappella della Sacra Famiglia sul Monte Linzone per il XXI anniversario della sua benedizione. A presie-dere l’Eucarestia è stato mons. Daniele Rota, che ha ricordato anche il 60° anniversario del-la sua ordinazione sacerdotale. Nell’omelia ha posto attenzione a due ricordi: uno legato a mons. Amadei e l’altro a Lourdes. Ventuno anni fa mons. Ama-dei benediceva questa cappella nell’anno internazionale della famiglia e proprio lui volle dedi-carla alla Sacra Famiglia, come attenzione e protezione per le famiglie in tempo di crisi. E que-

sto anche oggi ci ricorda che la famiglia è il pilastro portante della società, perché non la la-scia cadere nel branco. La fami-glia deve essere forte della spe-ranza del Vangelo, nonostante le minacce che arrivano da più parti. Per intercessione di Gesù, Giuseppe e Maria, mons. Da-niele ha chiesto una fede salda e attenta per tutte le famiglie in difficoltà.L’altro ricordo è legato a una sua esperienza vissuta a Lourdes, con una grande provocazione che mons. Daniele ha fatto a se stesso e ai presenti. Ricor-dava la preghiera di un amma-lato grave, che in una preghiera

dei fedeli ringrazia il Signore per i mali che non ha. È un invito a non cedere alla lamentela, ma a ringraziare per le cose belle che abitano le nostre vite e ci spin-gono a guardare al mondo con fiducia. È davvero un augurio per tutti, soprattutto se viene da un sacerdote, che sente forte que-sto richiamo dopo tanti anni di sacerdozio, di servizio al Signore e alla Chiesa. La celebrazione si è conclusa con un dono del fe-steggiato ai presenti e l’augurio e il ringraziamento da parte di tutti.

Davide

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Page 35: La Lettera Settembre 2015

La Lettera [35]settembre ‘15

Titolo Titolo Titolo In Gesù Cristoil nuovo um anesimo:Convegno di Firenze

Tra il 9 e il 13 novembre 2015 si terrà a Firenze il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale. Dopo Evan-gelizzazione e promozione uma-na (Roma 1976), Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini (Loreto 1985), Il Vangelo della carità per una nuova società in Ita-lia(Palermo 1995) e Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo (Verona 2006), titoli dei convegni ecclesiali precedenti, i Vesco-vi italiani hanno voluto questo nuovo Convegno In Gesù Cristo il nuovo umanesimo.Di fatto nel nostro Paese i cin-quant’anni dal Concilio Vaticano II sono stati cadenzati da questi eventi ecclesiali, quasi a rimar-care con anniversari decenna-li l’eredità conciliare. In questa luce, il tema di ogni Convegno ha incrociato di volta in volta quello degli Orientamenti pastorali del decennio entro cui il Convegno stesso si collocava: Evangeliz-zazione e sacramenti per il pri-mo decennio (gli anni Settanta), quindi Comunione e comunità (gli anni Ottanta), Evangelizzazione e testimonianza della carità (gli anni Novanta), Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2000-2010) ed Educare alla vita buona del Vangelo per il decennio in cor-so.Il 5° Convegno affronta il tra-passo culturale e sociale che ca-ratterizza il nostro tempo e che incide sempre più nella mentali-tà e nel costume delle persone, sradicando a volte principi e va-lori fondamentali per l’esisten-za personale, familiare e socia-

le. L’atteggiamento che deve ispirare la riflessione è quello a cui richiama quotidianamente papa Francesco: leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell’amore che Gesù ci ha inse-gnato. Solo una Chiesa che si rende vicina alle persone e alla loro vita reale, infatti, pone le condizioni per l’annuncio e la co-municazione della fede.In tale cammino di rinnovamen-to non è difficile scorgere alcune costanti che complessivamente delineano il percorso delle no-stre Chiese. Al centro dell’atten-zione è sempre rimasta l’evan-gelizzazione, attuata in spirito di dialogo con il contesto sociale italiano. Rispetto a questa mis-sione, dopo il Vaticano II, le no-stre comunità si sono interpre-tate come segno della presenza salvifica del Signore sul territo-rio. La Chiesa, infatti, esiste non per parlare di sé né per parlarsi addosso, bensì per annunciare il Dio di Gesù Cristo, per parlare di Lui al mondo e col mondo. La missione vive di questo «collo-quio» - come scriveva Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam - tramite il quale la Chiesa annun-cia la ricapitolazione di tutti e di tutto in Cristo Gesù, decifrando-ne gli indizi nella storia degli uo-mini e argomentandone i motivi alla luce del Vangelo.Di conseguenza, sempre desta è stata anche l’attenzione nei riguardi dell’humanum, chiamato insistentemente in causa: il Van-gelo annunciato dalla Chiesa illu-mina di senso il volto dell’uomo

e permette di intuire le risposte meno scontate ai suoi interro-gativi più profondi (cf. Gaudium et spes 41).Per questo, ancora una volta, a quasi dieci anni dal Convegno di Verona, torniamo a sentire il bi-sogno di “convenire”, di rimetter-ci in cammino per incontrarci in un luogo in cui esprimere sinfo-nicamente la comune e, insieme, sempre peculiare esperienza credente di ogni Diocesi; per veri-ficare la strada percorsa a partire dall’evento conciliare e valutare seriamente i risultati dei proces-si di cambiamento, sapendo che «nel mistero del Verbo incarnato viene chiarito il mistero dell’uo-mo. […] Cristo, che è l’Adamo definitivo e pienamente riuscito, mentre rivela il mistero del Padre e del suo amore, pure manifesta compiutamente l’uomo all’uomo e gli rende nota la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes 22).Solamente fidandoci di Gesù Cri-sto, conosciamo che il destino dell’uomo è partecipare della sua stessa figliolanza; è chiamata a oltrepassarsi incessantemen-te, non per divenire altro da sé, bensì per assumere la propria identità grazie alla relazione con l’Altro. «La fede è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro “io” isolato ver-so l’ampiezza della comunione» (Lumen fidei 4).Dall’Invito di Mons. Cesare Nosiglia

Presidente delComitato preparatorio del

5º Convegno Ecclesiale Nazionale

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La Lettera [36] settembre ‘15

BattesimiDomenica 7 giugno, ore 11.30

Samantha-Jennifer D’Amitodi Gianluca e Lopez Meneses Maribel, nata il 15 dicembre 2014

Daniele Barrile di Roberto e Mangili Manuela, nato il 14 gennaio 2015Diego Rota di Stefano e Gualandris Marika, nato l’8 novembre 2014Mirko Perucchini di Stefano e Mazzoleni Elena, nato il 9 marzo 2015

Silvia De Ponti di Manuel e Gambirasio Mariangela, nata il 26 settembre 2014Raffaele Rota Martir di Manuel e Visconti Veruska, nato l’11 febbraio 2015

SamanthaJennifer

Daniele

Domenica 26 luglio 2015, ore 16.00Giacomo Gambirasio di Davide e Elisa Cadei, nato il 22 settembre 2014

Anita Viganò di Francesco e Sonia Bianzina, nata il 22 gennaio 2015Vittoria Rota Martir di David e Cinzia Corna, nata il 3 febbraio 2015

Leonardo Paninforni di Andrea e Sara Cicognani, nato l’8 marzo 2015Loris Giacobbo di Giorgio e Maria Pislariu, nata il 2 maggio 2015

Michael Vecera di Domenico e Daniela Carrara, nato il 26 novembre 2014

Giacomo

Anita

Vittoria

Leonardo

Diego

Mirko SilviaSilvia RaffaeleRaffaele

LorisLorisMichaelMichael

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La Lettera [37]settembre ‘15

Matr

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Cristiano Monti e Oksana PorchukS. Anna Storozynec, Leopolitana, Ucraina,

23 maggio 2015

Cristiano Monti Oksana Porchuk Mattia Pellegrinelli e Eva MagniChiesa S. Giorgio, Almenno S.S., 30 maggio 2015

Mattia Pellegrinelli Eva Magni

Francesco Benigni e Jessica CortinovisChiesa Parrocchiale, 13 giugno 2015

Francesco Benigni Jessica Cortinovis Andrea Boffetti e Barbara LeidiChiesa Parrocchiale, 26 giugno 2015

Andrea Boffetti Barbara Leidi

Gianpaolo Benedetti e Martina PirozekovaChiesa Parrocchiale 4 luglio 2015

Gianpaolo Benedetti Martina Pirozekova Cristian Rota e Laura PanzaChiesa Parrocchiale,18 luglio 2015

Cristian Rota Laura Panza

Maurizio Sesini e Alessandra CastelliChiesa Collepedrino, 2 agosto 2015

Maurizio Sesini Alessandra Castelli Gianpietro Morlotti e Silvia NataliChiesa Parrocchiale, 8 agosto 2015Gianpietro Morlotti Silvia Natali

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DefuntiLUIGI PELOSIdi anni 63,deceduto il 17 giugno 2015

Il ricordo del grande amore per la tua famiglia che era tutto il mondo rende ancor più vivo il nostro dolore. I tuoi cari

ROBERTO MAZZOLENIdi anni 71,deceduto il 29 giugno 2015

“Alla fine della sera, ciò che con-ta è aver amato”.Il tuo ricordo vive in noi.

I tuoi cari

ALESSANDRO CONSONNIdi anni 56,deceduto il 2 luglio a Gorlago,funerato a Ponte San Pietro

Nessuno muore mai completa-mente, qualcosa di lui rimane sempre vivo dentro di noi.

I tuoi cari

SILVANO BENEDETTIdi anni 60,deceduto il 26 luglio 2015

Ciao Silvano, hai raggiunto la pace.Ora sei lassù con mamma e papà che tanto ti hanno amato.Ci mancherà il tuo sorriso e la gioia che sapevi infondere nei nostri cuori.

I tuoi cari

MARIA EMMA ROTAin TIRONIdi anni 78,deceduta l’8 agosto 2015

Dalla tua amata famiglia un semplice grazie per tutto l’amo-re che ci hai saputo trasmettere.

I tuoi cari

MARIO PARAVISIdi anni 49, deceduto il29 agosto 2015 a Trento,funerato a Burligoil 3 settembre

Sia dolce il tuo sorriso... ora non ti accadrà più nulla; sei protet-to dai ricordi, possa una lacrima dirti addio.

Noemi e Andrea

AnniversariGIUSEPPE BONAITI(25.06.200125.06.2015)

Tu non sei un ricordo, ma una presenza.Ti sentiamo sempre vi-cino in mezzo a noi.

I tuoi cari

GIOVANNI CEFIS(1.08.2011 - 1.08.2015)

Siamo sicuri che sei accanto a noi e lo sarai sempre perché il tuo ricordo è rac-chiuso nei nostri cuori: l’amore per te non finirà mai.

I tuoi cari

GIUSEPPE VISCONTI(30.08.2006 - 30.08.2015)

La vita dell’uomo buono e onesto non fi-nisce mai con la sua morte, ma continua nel ricordo di chi lo ha amato.

I tuoi cari

KATIUSCIA CANDEAGO(15.09.199315.09.2015)

Cara Kati oggi avre-sti quarant’anni, avrei potuto essere nonna e tu mamma, ma non ci è stato possibile re-alizzare questo sogno

ed io ti ricordo ancora adolescente con tanta voglia di vivere, che purtroppo a diciott’anni la tua vita ha cessato di vivere, ma io ti porto nel cuore e nella mente sempre, non ho mai avuto un istante senza il tuo ricordo. Grazie di esserci stata per un breve periodo ma molto intenso, grazie di aver riempito la mia vita.

La tua mamma

GIUSEPPE ROTA CAREMOLI(28.9.1979 - 28.9.2015)

La sofferenza sempre ben celata ti ha comunque consentito di trasmettere a tutti noi i principi fondamentali della vita e del vivere cristiano.

Grazie, i Tuoi cari

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benedizionecampane

foto di gruppocon don Todeschini

1955

Prima Comunionea Burligo

1955 1959

benedizionecampane

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