La Lettera Giugno 2015

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La lettera GIUGNO 2015 anno XXIX numero 2 Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago

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Bollettino Parrocchiale di Palazzago. Numero di Giugno 2015

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La letteraGIUGNO

2015anno XXIXnumero 2

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago

La Lettera [2] giugno ‘15

SORRISO DI PATRONO

Un quadro in cui tutti sorridono.Sorride Maria, al centro della lunetta, tra i due bambini.Sorride Gesù, che si trastulla con un agnello quasi fosse il suo giocattolo preferito.Sorride Giovanni, mentre ci guarda con complicità.Che bello! E’ così difficile trovare volti che sorridono nei quadri (e forse anche nella vita)…Ma non il riso sguaiato e grossolano, non il riso sarcastico o canzonatorio, non il sogghigno perfido: semplicemente il sorriso. Allora, anche se la tela non è antica, anche se l’ignoto pittore d’inizio ‘900 non è tra i grandi, l’effetto c’è tutto. Gesù e Giovanni, in certo modo figli di un Dio che sorride (come già significava il nome Isacco, regalato ad Abramo e Sara in condizioni di sterilità e anzianità) ci aiutano a entrare nel mistero, non con musi lunghi o arrabbiati, ma con il sorriso di chi sa che la vita è certamente qualcosa di serio, ma da affrontare con il sorriso.Giovanni, normalmente raffigurato con il segno distintivo dell’agnello, l’ha come già affidato a Gesù; non solo, ma lo indica con il dito della sua mano, altro segno di riconoscimento del precursore. E’ Gesù l’Agnello che toglie il peccato del mondo. E’ Dio che in suo figlio ci sorride.Anche l’agnello, in questo quadro, sembra abbozzare un sorriso.

Orari Sante Messe periodo estivo

Sabatoore 18.00 Beitaore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 08.00 Montebelloore 09.00 Beitaore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni FerialiLunedì ore 20.00 Brocchione (cappella)Martedì ore 20.00 PrecornelliMercoledì ore 20.00 BeitaGiovedì ore 20.00 CimiteroVenerdì ore 20.00 Ca’ Rosso

Recapiti Don Giuseppe 035.550336-347.1133405Don Lorenzo 035.540059-339.4581382Don Giampaolo 338.1107970Oratorio e Sagrestia 035.551005

www.oratoriopalazzago.itparrocchia@[email protected]@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...

Indice

[03] Più si fa...[04] Lo scandalo dell’Amore[06] La Pietà[09] Il restauro dell’Addolorata[10] Trentatré [11] Cerchi... [12] Cosa devo fare? [15] Oggi devo fermarmi a casa tua [16] Rimanere, potare, portare frutto[17] Sorgente[18] L’anno della Misericordia [19] Naufraghi [21] San Giuseppe a Precornelli [22] 8 marzo a Comonte [23] Battezzare [26] Effetto Francesco [28] Dunque, è arrivato il momento... [30] 1945 - 25 aprile - 2015[32] Artefede: Fontanella [34] Andare nel mondo con uno stile di pace [36] Tutti a tavola! CreGrest 2015[38] CruciPalio [40] Je suis Palazzago[41] Consiglio Affari Economici[42] Pillole[44] Anagrafe[47] Festa del Patrono

[Editoriale]

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Più si fa...

Chiesa di S. Filippo Neri, Salvano: Madonna con Gesù e San Giovannino.Autore ignoto d’inizio ‘900. Lunetta dell’altare.

Anche il tempo di Pasqua è sta-to molto ricco, con una cascata di grazia nei sacramenti della nostra fede e con un bel sentir-ci insieme nel XXVII Palio delle Contrade, nel mese di maggio, nella conclusione degli itinera-ri comunitari e nella prepara-zione delle proposte estive per ragazzi, adolescenti, giovani e famiglie. Poi le feste patronali e la festa di Comunità con la quale entreremo già nel nuovo anno pastorale. Sullo stile di tutto, ascoltate questo midrash della letteratura rabbinica.Racconta: Quando ero un ragaz-zino il signor Maestro stava in-

segnandomi a leggere. Una volta mi mostrò nel libro di preghiere due minuscole lettere, simili a due puntini quadrati. E mi disse: “Vedi, Uri, queste due lettere, una accan-to all’altra? È il monogramma del nome di Dio; e, ovunque, nelle pre-ghiere, scorgi insieme questi due puntini, devi pronunciare il nome di Dio, anche se non è scritto per in-tero”. Continuammo a leggere con il Maestro, finché non trovammo, alle fine di una frase, i due punti.Erano egualmente due puntini quadrati solo non uno accanto all’altro, ma uno sotto l’altro. Pen-sai che si trattasse del monogram-ma di Dio, perciò pronunciai il suo

nome. Il Maestro disse però; “No, no, Uri. Quel segno non indica il nome di Dio. Solo là dove i puntini sono a fianco l’uno dell’altro, dove uno vede nell’altro un compagno a lui uguale, solo là c’è il nome di Dio. Ma dove i puntini sono uno sotto e l’altro sopra, là non c’è il nome di Dio”. Dio non è là dove c’è dominio dell’uno sull’altro, là c’è solo paura. Dio è dove uno vede nell’altro un compagno a lui uguale e lo scioglie da ogni paura.Facciamo strada così.

Guardavo il quadrante dell’o-rologio del campanile con le lancette ferme sulle 8.41: il momento in cui, dopo il canto del Gloria nella messa in Co-ena Domini del Giovedì Santo, si sono “legate” le campane. Quindi erano le 20.41.Per alcuni giorni sono rimaste così, quasi che il tempo si fos-se fermato per dare la possi-bilità di vivere intensamente i giorni santi. Poi, ripartite al Gloria della Veglia Pasqua-le, verso le 22.30 del Sabato, han-no ripreso nor-m a l m e n t e , recuperando velocemente

la sintonia con l’orario. In alcu-ni giri le lancette hanno “com-presso” il tempo. Pensavo: è quello che succede nella settimana santa, dove c’è un concentrato: celebrazioni, preghiera, silenzio, emozioni, segni, perdoni, cammini…A volte mi chiedo se non sa-rebbe meglio “diluire” un po’

questa “abbuffata” per dare più spazio e tempo di parte-cipare… ma mi dò anche la risposta: forse non ci sarebbe tutto questo fermento, per-ché, come diceva il Cardinal Confalonieri citando Papa Pio XI ( quando ne era segretario) ”se devi chiedere qualcosa a qualcuno, chiedilo a chi ha già tanto da fare (perché significa che ne è capace e veloce)”.

E’ proprio così: meno si fa e meno si farebbe.

E più si fa…Allora sta bene

come è, anche se si arriva sfi-niti.

Ma contenti.

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[La Croce agli occhi del mondo è una sconfitta, ma Gesù diviene ”vincitore perché vittima”]

Tutte le testimonianze scritte sulla fine della vita terrena di Gesù sono concordi nel dichiarare che egli è morto in Croce. Per la Scrittura questa è la morte del maledetto da Dio (”Maledetto chi pende dal legno”: Deuteronomio 21,23; Lette-ra ai Galati 3, 13; appeso tra cielo e terra perché rifiutato da Dio e dagli uomini. Gesù, un galileo che aveva radunato attorno a sé una comunità di pochi uo-mini e alcune donne coinvolti nella sua vita itinerante, ritenuto rabbi e profeta da questi discepoli e da un numero più ampio di simpatizzanti, è stato condan-nato e messo a morte mediante la cro-cefissione a Gerusalemme, il 17 aprile dell’anno 30. Questa fine fallimentare è subito apparsa scandalo, ”lo scandalo della Croce” (cfr. Prima lettera ai corinzi 1,23) un grande ostacolo per la fede in Gesù, specialmente quando si cominciò a confessarlo Messia di Israele e figlio di Dio. Ecco perché, ancora all’inizio del II secolo, il giudeo rabbi Trifone afferma nel dialogo con il cristiano Giustino: ”Noi sappiamo che il Messia deve soffrire, ma che debba essere crocefisso e mo-rire in modo così vergognoso, non pos-siamo neppure arrivare a concepirlo”.Eppure per l’autentica fede cristiana è proprio il Crocefisso colui che ”ha rac-contato Dio” (cfr. Giovanni 1,18); anche sulla Croce, anzi soprattutto sulla Croce; Gesù ”ha reso testimonianza alla verità” (cfr. Giovanni 18,37), trasformando uno strumento di esecuzione capitale nel luogo della massima gloria. Ma com’è

stato possibile che un uomo appeso a una croce diventasse colui sul quale i cristiani tengono fissi lo sguardo come Salvatore e Signore? Per rispondere a questa domanda occorre innanzitutto guardarsi dalla tentazione di leggere Gesù a partire dalla Croce. Al contra-rio, come ha acutamente osservato il teologo Giuseppe Colombo, bisogna leggere anche la Croce a partire dal-la vita di chi vi è salito, l’uomo Gesù: questa morte è l’atto che ricapitola l’in-tera sua esistenza spesa nella libertà e per amore di Dio e degli uomini. Per giungere a tale comprensione gli autori del Nuovo Testamento hanno medita-to in profondità le Scritture dell’Antico Testamento, una meditazione che ha lasciato tracce soprattutto nei rac-conti della Passione di Gesù. In questi capitoli decisivi dei Vangeli si possono infatti cogliere, esplicitamente o impli-citamente, numerose citazioni dell’An-tico Testamento che concorrono a presentare la passione di Gesù come quella del giusto ingiustamente perse-guitato. Tra questi passi spiccano alcu-ni Salmi di supplica: ”Lo crocifissero e si divisero le sue vesti tirando a sorte su di esse “ (Marco 15,24; cfr. Salmi 22,19); ”uno corse ad inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una can-na e gli dava da bere” (Marco 15,36; cfr. Salmi69,22). Ma i testi più importanti per la Passio-ne di Cristo sono certamente i cosid-detti quattro canti del Servo sofferen-

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La Lettera [5]giugno ‘15

Lo scandalo dell’Amore[La Croce agli occhi del mondo è una sconfitta, ma Gesù diviene ”vincitore perché vittima”]

te del Signore, la misteriosa figura annunciata dal profeta (cfr. Isaia 42,1-9; 49,1-7; 50,4-11;52,13-53,12). Da sempre i cristiani hanno confessato che Gesù, il Crocefis-so Risorto, è il servo del Signore descritto in queste pagine, e non a caso gli strati più antichi della riflessione cristologica del Nuo-vo Testamento presentano Gesù Servo (cfr. Atti 3,13.26; 4,27.30). Un posto di particolare rilievo spetta all’ultimo di questi testi, che costituisce non solo l’apice dei quattro canti, ma anche uno dei luoghi rivelativi più elevati dell’intero Antico Testamen-to, al punto che la tradizio-ne cristiana lo ha letto come una sorta di “quinto vangelo”. Meditando su questo canto essa vi ha colto la dinamica di abbassamento ed esal-tazione del Servo Gesù (cfr. Lettera ai Filippesi2,6-11), vedendovi profeticamen-

te delineato il suo mistero pasquale. Nel Nuovo Te-

stamento si segnalano una cin-quantina tra citazioni e allusioni a questo brano. Ne ricordo solo due. Poco prima di essere arrestato, Gesù ha così istruito i suoi disce-

poli: “Deve compiersi in me questa parola della Scrittura: ‘E fu annove-rato fra i malfattori’ (Isaia 53,12)” (Luca22,37). E Filippo, interrogato dall’eunuco etiope sull’identità Del Servo (“Di quale persona il pro-feta dice questo?”), “partendo di quel passo gli annunciò la buona notizia di Gesù “ (Atti 8,34-35). In breve, leggere questo testo con intelligenza significa contempla-re la Passione di Cristo prima che avvenga, così come è effettiva-mente avvenuta: ecco perché la Chiesa proclama liturgicamente il brano di Isaia 53al Venerdì Santo, nel solenne ufficio in cui fa me-moria della Passione del Signore. Merita soffermarsi almeno su un suo versetto: “Al Signore è piaciuto prostrare il Servo con dolori” (Isa-ia 53,10). Affermazione che può turbare, lasciandoci sconcertati al pensiero che Dio si compiaccia di far soffrire il proprio Servo. Occorre però comprenderla in profondità, per non rischiare di attribuire a Dio un volto perverso: cosa veramente è piaciuto a Dio? Che il Servo su-bisse atroci tormenti fino a morire? Che suo Figlio patisse sulla Croce? No, a Dio è piaciuto che il servo fosse capace di compiere la sua

volontà, cioè di “amare fino alla fine” (cfr. Giovanni13,1), anche a costo di subire una morte in-giusta e ignominiosa! Il Servo Gesù non è morto per volontà di Dio, ma è morto perché noi uomini ci siamo scagliati con-tro di lui, accecati dal nostro egoismo che è giunto fino ad

una violenza omicida. È una neces-sità umana, inscritta nella storia: il giusto dà fastidio, va eliminato, poiché è di inciampo alla logica e all’operato dei malvagi; la sua vita , posta sotto il segno della radica-le obbedienza a Dio, è per essi una presenza intollerabile(cfr. Sapienza 2,10-20). Qui sta la responsabilità di noi uomini; a Dio invece è piaciu-to l’amore del Servo, fino alla sua capacità di amare per i nemici. È per questo che Benedetto di Chia-ravalle ha potuto scrivere : “ Non la morte del Figlio è piaciuto a Dio, ma la volontà libera del morente, di Gesù”.Si, Gesù è stato l’uomo che si è caricato delle sofferenze dei fra-telli, l’uomo che non si è difeso rispondendo con violenza alla vio-lenza che gli veniva inflitta, ma ha speso la vita per gli altri, offrendo se stesso “fino alla morte e alla morte di Croce” (Lettera ai Filippesi 2,8). Proprio in questa morte che agli occhi del mondo è una scon-fitta consiste la vittoria dell’amore di Gesù il Servo del Signore cro-cefisso, “vincitore perché vittima” (Agostino).

Enzo Bianchi

Grazie a don Andrea Mazzucconi, parroco di san Tomaso in città, per averci concesso per tutta la qua-resima il suo crocefisso riprodotto nella foto.

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[Storia di un capolavoro]La PietàMichelangelo Buonarroti (1475-1564) si dedicò a molteplici atti-vità - architettura, pittura, poesia -, ma la scultura tenne un posto assolutamente preponderante. Negli anni della maturità, ormai indiscusso vertice dell’arte del suo tempo, lasciò a Roma e a Firenze i suoi capolavori scultorei: la Pietà vaticana, il David, il Mosè, le tom-be medicee della Sagrestia nuova di San Lorenzo, i Prigioni e con tre Pietà chiude una straordinaria pa-rabola che lo aveva condotto dal virtuosismo tecnico delle prime prove alla drammaticità scabra ed essenziale degli ultimi lavori. Proprio sul genere della Pietà ci soffermiamo, collegando i lavori di restauro dell’Addolorata, pregevo-le opera di Grazioso Fantoni il gio-vane del XVIII secolo.La rappresentazione della Pietà come gruppo scultoreo era nata in Germania nel XIV secolo in base a un testo di Simeone Metafraste

del X secolo che narrava come la Vergine avesse tenuto il cadavere del Cristo sulle sue ginocchia ricor-dandosi di quando lo aveva cullato da bambino. L’iconografia si era poi

diffusa in Francia e nella seconda metà del Quattrocento era pe-netrata anche in Italia dove però aveva conosciuto maggior fortuna in ambito pittorico: vanno ricor-date la Pietà di Ercole de’ Roberti al museo di Liverpool, quella del Perugino agli Uffizi, quella di Francesco Botticini al Musée Jacquemart André di Parigi. In tutte que-ste opere però il vol-to stravolto dal do-lore della Vergine è quello di una donna anziana, mentre ciò non accade nella Pietà del Vaticano in cui l’effetto di pathos quasi straziante è ottenuto grazie al gesto di rassegnazione con cui la Madre indica il Figlio; l’espres-sività della mano ha un impatto superiore a quello di qualsiasi viso segnato dalle lacrime. Michelan-gelo fu criticato dai suoi contem-poranei per aver raffigurato Maria della stessa età del Figlio e si dife-se rispondendo che le donne caste mantengono un aspetto giovanile, e questo doveva essere particolar-mente vero nel caso della Vergine. Qualsiasi Pietà poneva al suo au-tore un problema e cioè come risolvere il contrasto fra le relati-vamente piccole dimensioni del corpo della Vergine e l’ingombran-te cadavere del Cristo che risulta-va sproporzionato. Michelangelo ha aggirato l’ostacolo grazie al panneggio che costituisce un uni-cum in tutta la sua carriera e che sul busto della Vergine ha un an-damento franto e spezzato, tale da ricordare analoghe soluzioni

della pittura ferrare se del Quat-trocento, ma dalla vita in giù ac-quista una tale massa e densità di pieghe da sembrare barocco. Secondo Vasari, Michelangelo si decise a firmare la scultura (un fat-to, questo, che non si ripeterà mai

più) perché aveva udito i discorsi di un gruppo di lombardi a Roma che l’avevano scambiata per un’o-pera di Cristoforo Solari. Il trattamento del nudo raggiunge livelli virtuosistici tali da preannunciare Bernini in particolari quali il braccio ab-bandonato con le

vene in rilievo, un dettaglio senza il quale sarebbe inoltre impensabile il Cristo della Deposizione di Ba-glioni di Raffaello. Fra il 1550 e il 1555 viene gene-ralmente datata la Pietà Bandi-ni oggi nel museo dell’Opera del duomo fiorentino ma in un primo momento concepita da Miche-langelo per la propria tomba. Il personaggio incappucciato che sostiene il Cristo è Nicodemo, cioè colui che secondo i testi sacri ave-va unto il cadavere del Redentore prima della sepoltura. Si è pensato che in esso Michelangelo avesse scolpito un suo autoritratto, ma non c’è alcuna prova a sostegno di quest’ipotesi. Fra tutte le opere non finite di Michelangelo questa è l’unica che egli danneggiò volon-tariamente perché - come riporta Vasari - insoddisfatto del risultato: difatti manca la gamba sinistra del Cristo, ma è un difetto che non si nota a prima vista, mentre risalta

La Lettera [7]giugno ‘15

con maggior evidenza il braccio sinistro che, dopo essere stato danneggiato, è stato reinserito malamente da Tiberio Calcagni al quale si deve il completamento del gruppo e tutta la figura della Maddalena. Di solito, nell’iconografia della Pietà, il cada-vere del Cristo veniva raffigurato disteso, ma esistono anche alcuni casi in cui esso appare sostenuto dalla Vergine o da san Giovanni, generalmente in posizione sedu-ta, come nelle Pietà di Giovanni Bellini; Michelangelo ha studiato la sua composizione in modo tale da offrire il miglior colpo d’occhio possibile del suo Cristo, contraria-mente a quanto era avvenuto nel-la Pietà di San Pietro dove la figura risulta solo parzialmente visibile. Nel corso della sua vita Miche-langelo ha affrontato il tema della Pietà più volte: la Pietà di Pale-strina, così chiamata perché proveniente da una cappella del palazzo Barberini di Palestrina viene oggi dalla maggior parte della critica ritenuta opera di un suo se-guace, forse dopo es-sere stata sbozzata dal maestro. La Pietà Rondanini è l’ultima della serie ed è rimasta incompiuta a causa della morte dell’artista. È stata più volte sottolineata l’esilità e la spiritualità dei personaggi, motivate forse da un nuovo interesse dell’artista per la plastica medievale e gotica in particolare. In primo piano è visibile parte di un braccio nudo dalla mu-scolatura abbandonata come può esserlo solo quello di un morto: si tratta con ogni evidenza di quanto rimane di una prima versione del Cristo, e poiché le proporzioni di questo arto sono assolutamente

normali, ciò significa che in questa prima prova la figura non aveva af-fatto un fisico così emaciato come quello della versione successiva. Evidentemente Michelangelo, dopo aver scolpito il Cristo una prima volta, non ne rimase soddi-sfatto e decise di eliminare questo tentativo: a quel punto però il bloc-co di marmo si era assai ridotto nelle dimensioni e di conseguenza egli fu costretto non solo ad as-sottigliare le due figure del Cristo e della Vergine, ma anche a raffigu-rare il corpo del Figlio quasi incas-sato nel corpo della Madre. Che poi da un problema di carattere tecni-co sia nata un’opera così toccante e cosi moderna è solo un’ulteriore prova del suo genio.Da una lettera di Daniele da Vol-terra del 12 febbraio 1564 risulta che ancora una settimana prima della sua

morte Michelange-lo stava lavorando a una Pietà che non poteva essere altro che la Rondanini. Essa diviene così erede naturale della più profonda medi-tazione sulla morte da parte di Miche-langelo, riguardata alla luce della fede nel mistero cri-

stiano della morte del Signore. Non abbiamo elementi per poter chiamare il non compiuto “incom-piuto”, spingendoci a interpretare la Pietà Rondanini in relazione a un immaginario “compimento”. Qui il non compiuto riguarda la gran parte del lavoro: la parte compiuta si concentra nella zona inferiore, e più precisamente nelle gambe di Gesù, e sfuma a partire dalla regio-ne inguinale. Vi è inoltre un braccio, non appartenente né a Gesù né alla donna alle sue spalle, perfet-

tamente compiuto nella parte ante-riore e ancora “im-prigionato” nella parte posteriore. Il blocco del braccio, che nella parte alta è isolato dalla mas-sa delle due figure, è però assicurato a esse da un ele-mento di raccordo conservato all’al-tezza del gomito; osservata di profilo la sagoma del blocco del braccio si inscrive perfettamente nella sago-ma a “falce di luna” che racchiude l’intera scultura. Il braccio appare rilasciato, abbandonato e non ha le stigmate, pur essendo perfetta-mente finita. Sempre osservando i profili no-tiamo che la “falce di luna” ha due punti di forza: uno rappresentato dal gravare della donna sulle spalle di Gesù, l’altro nella strana spinta verso l’alto esercitata dalle gambe di lui. Al di là di una prima impres-sione, noi non ci troviamo di fronte a una deposizione o a una Pietà: Gesù non è né deposto né sorret-to, anzi le sue braccia si portano dietro come ad avvolgere le gam-be di quella che da qui in poi chia-meremo “la madre”; questa, a sua volta, non sta sostenendo il Figlio, ma gli sta piuttosto gravando sul-le spalle. La madre si trova su un piano notevolmente superiore a quello su cui appoggiano i piedi del Figlio. Questi sembra germoglia-re dalla terra, che si apre a valva. La madre nella parte posteriore ha dei lacci allentati, come in diverse sculture di Michelangelo. Si deve constatare che i genitali di Gesù non sono semplicemen-te incompiuti, ma non potrebbero esserlo in nessun caso per man-canza di materia. Allo stesso modo

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il busto è già scavato oltre misura e in nessun caso potrebbe trasfor-marsi in uno di quei busti modellati in masse vigorose cui Michelange-lo ci ha abituati’. Anche in questo caso i tratti del volto della madre sono evidentemente quelli di una giovane donna. Il volto del Figlio richiama invece il volto di Miche-langelo stesso: il naso è indubi-tabilmente un naso schiacciato e non avrebbe potuto definirsi suc-cessivamente secondo un profilo più consueto. La sua “lettura” deve scorrere dal più finito al meno finito e precisa-mente a partire dal braccio sulla sinistra. E’ bello pensare che sia il braccio di Michelangelo, lasciato cadere, al termine dell’opera della sua vita. Il braccio che per tutta la

vita ha operato facendo di que-sta vita s t e s s a la sua d r a m -m a t i c a o p e r a d’arte; il b r a cc i o che ha

servito il riscatto della materia e con essa il riscatto dello spirito; il braccio che ha operato nella forma la fatica del concetto, che ha fat-to della passione per la forza che opera, per la dinamica dell’essere, il proprio assenso alla “parola” che lo ha consegnato all’esistere -, ora si abbandona, come esausto, per-fettamente compiuto nella morte, come lo Schiavo morente del Lou-vre sembra anticipare. Il polso ca-rico di tensione, capace di tutta la determinazione dell’azione deci-siva, che vediamo ad esempio nel Davide, è qui ormai definitivamen-te rilasciato. L’opera che si compie

ora è solo opera del Dio che si è con segnato alla morte, è l’opera della sua risurrezione che l’artista contempla confusamente dalle soglie della morte, forte della testi-monianza della Parola che dice che coloro che sono stati immersi in una morte simile alla Sua godran-no di una risurrezione come la Sua, perché il Risorto sia il primogenito tra molti fratelli. Così il miracolo, che nulla nella storia dell’uomo è in grado di produrre, si opera come di fronte al braccio abbandonato che ha terminato, consegnato, la sua opera. È come se gli germoglias-se di fronte, inatteso, senza alcun clamore, operando con una forza così diversa da quelle che hanno vigorosamente agitato la storia fino al poderoso clamore del suo ultimo atto”. È come la forza silen-ziosa ma implacabile di un germo-glio. La terra si apre per lasciarlo spuntare e questo sale, dispiegan-dosi verso una vita che ha raccolto nel mistero della morte, e che ora fiorisce, forza assoluta di rinnova-mento per la stanca vicenda della terra dell’uomo. E così, fragile, sor-ge dalla terra e dalla morte, di cui riprende e testimonia la memoria, la traccia indelebile nella bella de-finizione delle gambe ancor così vicine alla terra, per poi affermare l’ineffabilità di una Parola di vita nuova e definitiva, divina. Colui che risorge è Colui che era morto, è il Primogenito innanzitutto, ma è anche ogni suo fratello uomo che egli accomuna a sé nella sua vittoria redentrice. È Michelangelo stesso dunque, e i due volti, quel-lo dell’uomo della croce che risor-ge, che si leva, e quello di Miche-langelo, si richiamano a vicenda, nella medesima impronta, e non si possono trovare parole umane per significare questa visione, se non quelle parole così umane e così divine che l’Evangelo custodi-

sce, parole in cui risuona l’eco della promessa che, dopo aver chiesto di saper riconoscere il Figlio in cia-scuno dei suoi fratelli uomini, as-sicura che al compimento saremo simili a lui. Così sbocciando, il Risorto, e Mi-chelangelo con lui, si carica sulle spalle una donna, la madre. Abbia-mo qui una sorta di rovesciamen-to del senso della maternità, della nascita, dell’origine. La vita risorta non sorge dalla carne e dal san-gue”, non consegue naturalmente alla storia e alle sue generazioni; sorge da un miracolo divino di ri-creazione, che però si fa carico fin dalla radice della storia della carne, del suo grembo, del suo volto, del suo destino mortale. Tutta questa storia che Michelangelo ha vissu-to appassionatamente, in cui ha arso, di cui ha gustato l’immagine teologica profondamente impres-sa, sorprendentemente attuale nell’Amore e nella bellezza della maternità generatrice, affascinan-te nella giovinezza, dolorosa nella vecchiaia; tutta questa storia l’uo-mo nella propria risurrezione con Cristo si carica sulle spalle in un atto assoluto di redenzione. Ed ecco che dalla schiena di que-sta “madre” cadono gli ultimi lacci. La madre non teme di farsi cari-care sulle spalle del figlio e in que-sto - ben sanno le madri che pre-ferirebbero piuttosto riaccoglierlo in grembo - si compie la definitiva riconsegna. «Figlia del tuo figlio», cantava Dante. Il nuovo e defi-nitivo germoglio si fa carico così dell’antico tronco di Jesse. Questo fonda la speranza escatologica dell’artista che, se è certamente speranza della propria definitiva salvezza, è nondimeno speranza che l’intera opera della sua vita - e quindi le sue opere appassiona-te - sia consegnata a un destino eterno.

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Il restauro dell’Addolorata[a cura di Luciano Gritti]

L’opera raffigura la Pietà ed è stata realizzata nel XVIII secolo, uscita dalla bottega dei Fantoni, attribuita a Grazioso Fantoni il giovane. E’ realizzata in legno di tiglio e misura cm. 82 di larghezza, cm. 87 di profondità e cm. 130 di altezza. Le condizioni di conser-vazione erano piuttosto precarie. Per quanto concerne il legno vi erano alcune piccole fenditure. Inoltre vecchi attacchi di insetti xilofagi hanno indebolito parti-colarmente alcune zone. Sulle dita del piede destro sono anda-te perse due porzioni di dita. Nel basamento vi sono dei fori uti-lizzati per portare in processione la scultura. In corrispondenza di questi fori ci sono dei danni cau-sati dagli inserti metallici usati in tali occasioni. Più complessa era la situazione dello strato pittorico. Esternamente la statua appariva in alcuni punti eccessivamente lu-cida a causa di una vernice stesa in epoca recente. Il colore inoltre non era originale, ma è il risulta-to di un intervento di restauro. Vi erano alche alcuni sollevamenti e

distacchi dello strato pittorico.L’intervento di restauro, con il tra-sporto della scultura nella botte-ga di Bergamo dei Restauratori Gritti, dopo la pulitura iniziale, ha

scoperta una situazione abba-stanza complessa. Esternamente vi era uno strato di vernice in al-cune zone molto lucida. Al di sotto vi era la policromia visibile un po’ sporca e rovinata. C’erano anche numerosi ritocchi, in alcune zone molto ampi, tali da sembrare una vera e propria ridipintura. Il corpo del Cristo in particolare era ridi-pinto con un colore decisamente più freddo rispetto a quello sot-tostante. Al di sotto di tutti questi diversi livelli di colore c’era però uno strato di preparazione steso in un vecchio intervento di restau-ro sotto cui ho trovato delle trac-ce di colore originale. La prepara-zione a gesso è stata rimossa a secco con dei bisturi ed è molto spessa tanto che in alcuni punti raggiunge anche due/tre millime-tri di spessore. Contestualmen-te delle cromie originali si sono trovate solo piccole porzioni. Si è pertanto deciso di non recupera-re la policromia originale proprio in considerazione del fatto che questa scelta ci avrebbe restituito un’opera con poche tracce di co-

lore e direttamente il legno a vista.Purtroppo la stesu-ra di gesso è molto corposa e quindi modifica un po’ il modellato appiat-tendo le pieghe degli abiti ed alcuni particolari dei visi. Rimosse le vernici

e i pesanti ritocchi e ridipinture sul corpo del Cristo e sul basamento, è stata successivamente elimi-nata la patine di polvere presente sulle cromie. Il risultato ottenuto è

buono.Il basamento è certamente la parte che ha sofferto maggior-mente in considerazione del fatto che la scultura viene portata an-nualmente in processione. Al ter-mine della pulitura è stato steso un prodotto antitarlo con esclu-siva funzione preventiva a base di permatrina. Si sono ritoccate le lacune della policromia utilizzan-do terre naturali disperse inver-nice da ritocco. Si sono ricostruite le due porzioni di dita mancanti con una resina epossidica (araldi-te) modellata e intagliata. Anche questa integrazione è stata ritoc-cata con la medesima tecnica. In-fine si è stesa una vernice a base di cera. Il lavoro è stato seguito e diretto dalla Dott.ssa M. Gargiulo fun-zionario di zona della Soprinten-denza per i beni storico artistici e etnoantropologici di Milano.

La Lettera [10] giugno ‘15

Trentatré[Presentazione del restauro]

33 candele recuperate dalla cas-sapanca che le ha custodite per decenni, sono tornate ad ardere nella festa dell’Addolorata che ha assunto un carattere partico-lare per l’inaugurazione del re-stauro della scultura uscita nel 1700 dalla bottega dei Fantoni e così cara alla nostra Comunità.33 come le litanie dell’Addolora-ta recitate dai ragazzi in cerchio intorno al trono e poi dalle si-gnore nella sera della processio-ne, abbinate alle diverse candele con l’immagine di Maria trafitta dalle sette spade.Attraverso il cammino artistico della “pietà” portato in Italia da Michelangelo e poi diffusosi in molte Parrocchie, abbiamo pre-gato con lo Stabat Mater di Per-golesi (composto nel 1735 sulla preghiera scritta da Jacopone da Todi nel XIII secolo) proposto in una suggestiva interpretazione da Valentina della Chiesa, So-prano, Miriam Pievani, Contral-to accompagnate da Michele Gervasoni all’organo.Ad ogni passaggio entravano in assemblea i segni di questa devozione: la croce posta dietro l’Addolorata, il lenzuolo bianco, anticipo di risurrezione, la car-telletta con gli scritti raccolti nei mesi di restauro, due brocche a ricordare le tante preghiere da-vanti all’immagine (“le mie lacri-me nell’otre tuo raccogli” Salmo 55), un bouquet di fiori e ceri ac-cesi.La generosità di molte persone ha permesso di coprire la spesa del restauro. Anche l’Ammini-strazione Comunale ha stan-

ziato un contributo, ritenendo l’iniziativa espressione di un diffuso sentire comunitario. La celebrazione e la processione sono state presiedute da Padre Luca Zanchi, Superiore dei Sa-cramentini di Ponteranica, che ci ha fatto gustare la presenza di Maria data a noi come Madre ai piedi della croce.

La Lettera [11]giugno ‘15

[Triduo pasquale] Cerchi...

Un cerchio di sgabelli -quelli messi intorno alla tavola in Qua-resima- in mezzo all’assemblea. Lì si siedono dodici ragazzi per la lavanda dei piedi per significare i due fuochi dell’ultima cena: il pane spezzato e donato, antici-po della croce e la carità che si china suo piedi dell’umanità. Un grande abbraccio anche intorno al luogo della croce-fissione nel Venerdì Santo, in località Longa, in uno sce-nario suggestivo, culmine di un’intensa Via Crucis in cui i diversi momenti della passio-ne del Signore hanno incrocia-to la storia di Giulia Gabrieli. Anche i genitori, Sara e Antonio, con il fratello Davide e la nonna Rita, hanno camminato con noi e al termine hanno portato la loro testimonianza. Gli abbiamo donato due lampade accese: una per la loro famiglia nel ri-cordo di Giulia e una che hanno dato ai nonni di Elena: il giorno prima l’avevamo salutata nella fede, con una grandissima par-tecipazione.Cerchi di fiamme, fiori e edera anche nella solenne Veglia pa-squale e a Pasqua per conti-nuare il dinamismo della tavola alla quale siamo sempre invi-tati e della comunità che nasce e si vivifica a partire da lì: l’Eu-carestia dà forma alla chiesa.Ci si sente comunità proprio andando alla sorgente, come abbiamo fatto nella settima-na santa perché, più ci si av-vicina al centro, più i raggi del cerchio -la tavola- si avvici-nano tra loro.

La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[12] giugno ‘15

Cosa devo fare? [Via Crucis del Venerdì Santo]

GIULIA GABRIELI è nata a Bergamo il 3 mar-zo 1997. Nel maggio del 2009 riceve il sacra-mento della Confermazione e nell’estate dello stesso anno si ammala. Per due anni ha tena-cemente combattuto contro un sarcoma tra i più aggressivi, trasformando la sua malattia in un inno alla vita e proponendo coraggiosa-mente la sua esperienza in numerose testimo-nianze pubbliche rivolte ai giovani. A giugno del 2011 ha su-perato l’esame di terza media con la votazione di 10 e lode. La sera del 19 agosto dello stesso anno è morta, nella sua casa di Bergamo, proprio mentre alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid si concludeva la Via Crucis dei giovani. Il giorno prima di morire aveva terminato di scrivere il testo di una coroncina di “puro ringraziamento” al Signore.

“Con la Cresima mi hai chiamata ad essere testimone del tuo pro-getto… ma mi domandavo… come?Due mesi dopo (con la malattia) scopro che tu mi chiami ad essere testimone del tuo amore e il tuo progetto lo porto fino in fondo!”

Così scriveva nel maggio 2009 Giulia Gabrieli. La sua storia, conosciuta in particolare attraverso il libro da lei scritto “Un gancio in mezzo al cielo”, ha ispirato il gruppo gio-vani nella preparazione dei testi per la Via Crucis itinerante del Venerdì Santo. E’ ormai una bella tradizione che coinvolge le di-verse Associazioni e i gruppi del paese, riunitisi un mese prima per guardare insieme la proposta e suddividersi i diversi compiti :Gruppi Adolescenti , Bambini e genitori 3 elementare, Banda, Gruppo Calcio Oratorio, Lettori, Alpini Proloco, Aido, Polispor-tiva, Giovani, Fanti e Protezione Civile. Così, ogni gruppo ha in-terpretato e preparato il luogo della propria stazione partendo dalla chiesa parrocchiale e raggiungendo la collina nella località Longa. Tutto il percorso guidato da migliaia di lumini accesi.

La Lettera [13]giugno ‘15

Via Crucis Palazzago“Sogno di scrivere un libro per raccontare una storia. La mia storia.”Con queste parole Giulia inizia il suo libro, dove pagina dopo pagina, racconta il suo personale crescendo umano e spirituale che la porterà in modo libero e sereno a dialogare con la morte mantenendo sempre il suo gioioso sorriso.E già in queste prime parole, c’è in Giulia la volontà non solo di rac-contarsi, ma soprattutto il voler essere una testimone del suo incontro con il Padre ed in modo speciale con la Madonna, la Mammina Celeste come li definiva lei.In questo suo cammino, o meglio, in questa sua personale Via Crucis, Giulia nel portare la sua Croce, ha sempre preso per mano noi familia-ri e amici, e giorno dopo giorno, stazione dopo stazione, ci ha indicato il cammino, la via. Anche quando ha dovuto sperimentare l’umanissimo grido “Dio mio, Dio mio dove sei? Perché mi hai abbandonato?”Le risposte a questo grido, Giulia le ha trovate nella preghiera e nell’abbraccio alla volontà del Padre, e in questo suo abbraccio e affido al Padre, Giulia ha trovato la forza e la gioia di vivere i giorni della sua Passione con lo sguardo rivolto in Alto, alla Resurrezione. Per noi genitori e per Davide, questo particolare cammino è stato un grande dono, che ci permette di vivere nella pienezza e nella bellezza di ciò che ci è stato donato e non nella disperazione di ciò che ci è stato tolto.

Giulia ha saputo trasformare la sua malattia in un Inno alla Vita e ha condensato la pienezza del suo percorso spirituale in queste parole “Fare la volontà di Dio è vivere la Sua parola. La Sua parola è amore. Fare la Sua volontà è vivere nel Suo Amore.”

Mamma e papà di Giulia

La Lettera [14] giugno ‘15

La Lettera [15]giugno ‘15

[Prima Riconciliazione]Oggi devo fermarmi a casa tua

Ti racconto la festa della pri-ma Confessione, quando an-che noi siamo scesi dall’albe-ro, sentendo pronunciare da Gesù il nostro nome:”…oggi devo fermarmi a casa tua”.Così l’abbiamo accolto, pieni di gioia, bruciando poi quel ramo intorno al quale avevamo ar-rotolato i nostri “peccati”.Ma ascoltiamo Gesù e Zac-cheo che ci hanno condotti all’incontro.

Gesù:Gerico! Città di commercio, dimora del funzionario, casa del ricco.Ti attraverso, non ti giro alla larga. Che folla Padre! La guardo come ho guardato i miei discepoli: “Beati voi, chiamati al Regno, alla sazietà, alla gioia... “ La guardo come ho guardato Pietro, non per rinfacciargli iltradimento ma per dirgli il mio amore. Zaccheo:Da tempo sentivo parlare di Gesù. Così mi ritrovai a cercare, schiacciato tra la folla, il volto di quell’uomo. Quante persone… tutti per vedere Gesù. ‘ Inquieto cercavo di farmi avanti anche con spintoni… ma ero troppo piccolo per poterlo vedere. Cosi sono salito su un sicomoro e…Gesù:Scendi da quell’albero, Zaccheo! E’ il momento del contatto diretto, del parlarci a quattr’occhi. Solo così puoi incontrarmi veramente Non fer-marti alle opinioni degli altri su di me.A proposito degli altri, parlano alle tue spalle come parlano anche alle mie.Non preoccuparti di questo: preoccupati solo di fare quei passi che possono portarti alla vera gioia. Zaccheo:Signore, tu sei venuto qui e ti sei interessato a me. Questo tuo gesto mi ha sconvolto! Ecco io do tutto quello che mi è possibile a chi ne ha veramente bisogno, a chi non ha avuto la mia intrapren-denza, la mia fortuna. Grazie a te Signore, la mia vita non sarà più la stessa. Una gioia incontenibile ha invaso il mio cuore, la mia casa. Non posso più trattenere ... solo donare!

Gior-gia Luca Lorenzo

Sara Christian Mi-

chele Andrea Anna Beatrice

Martina Davide Mattia Asia

Lorenzo Marta Bryan Loris

Matteo Lorenzo Desiree Mattia

Salvatore Francesco Pie-

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MattiaMarta Mar

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a Franc es ca Pe tya

Così mi ritrovai a cercare, schiacciato tra la folla, il volto di quell’uomo. Quante persone… tutti per

La Lettera [16] giugno ‘15

[Cresima]Rimanere, potare, portare frutto

Uno, due, tre.Tre verbi ci ha consegnato don Davide Rota, delegato del Ve-scovo per la nostra Cresima, presi dal Vangelo della vite e i tralci. Dovevate vedere che bella vite c’era accanto all’al-tare, circondata dai cesti con i sapori del giardino e dell’orto, profumo dei doni dello Spirito. E sullo sfondo la creazione di Michelangelo che avevamo vi-sto a Roma con i nostri occhi a dicembre.

1 RIMANERE… e noi che pensavamo che con la Cresima fosse tutto finito. Rimanere, per far scor-rere la linfa che arriva dalla vite che è Gesù.2 POTARE… e noi che pensavamo che i no detti da chi ci vuole bene fossero punizioni. E invece bisogna lavorare per tagliare comodità, vizi, difetti, brutti caratteri, il superfluo…3 PORTARE FRUTTO… e noi che pensavamo che bastasse avere tante foglie. No, sono i frutti che contano e non solo i bla bla…Allora si riparte. Con lo Spirito che ci è stato regalato, anche noi “siam pronti alla…vita”.

Preghiera dei genitoriO Signore Gesù, Ti ringraziamo per questo grande dono che è stato effuso sui nostri figli, lo Spirito Santo,Come genitori ci rivolgiamo ancora a Te, affinché mediante la nostra presenza Tu abbia uno sguardo vigile e attento su questi nostri figli. Possano camminare nel percorso della loro vita con l’orecchio attento alla tua Parola, con il cuore aperto al tuo disegno,con le mani capaci di impegnarsi per ciò che è vero, bello e buono,Lasciandosi guidare ininterrottamente dall’azione dello Spirito Santo,ne siano fedeli testimoni,strumento di unità,strumento di comunione,strumento di condivisione.Giorno dopo giorno sentano l’azione dei doni dello Spirito Santoche li aiuta ad essere veri figli,impegnati in famiglia , in comunità, nella società. Amen

Mar-

tina Laura

Alessandra Laura Alice

Martina Giulia Paola Gloria

Nicholas Lisa Sephora Sofia

Giada Daniele Valentina Da-

niele Manuel Maria Celeste

Raffaela Alessia Lorenzo

Serena Elisa

Paola Sim

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l’azione dei doni dello Spirito Santo

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La Lettera [17]giugno ‘15

Sorgente[Prima Comunione]

Se ti dico che l’Eucarestia è fons et culmen della vita della chiesa, forse dici: Cosa? (anche se è scritto nei documenti del Concilio Vaticano II). Ma se vedi una bella fontana che fa sgorgare acqua da quat-tro lati, in mezzo ai bambini della prima Comunione, lo ca-pisci subito. L’Eucarestia è la sorgente (fons) e noi, come anfore modellate dall’artista, ci lasciamo riempi-re da Lui. Non solo nella prima Comunione, ma anche nella se-conda, nella terza, nella centesima…perché “ogni Domenica la messa e ogni messa la Comunione”.

Preghiera dei genitoriSignore, ti ringraziamo per il dono fatto a tutti questi nostri figliche oggi hanno celebrato la loro prima comunione.Dal nostro amore sono venuti al mondo.Dopo la nascita, li abbiamo portati a Te per il battesimo.Abbiamo così riconosciuto che c’è un Amore più grande,dal quale veniamo tutti: Tu Dio, Creatore e Padre!Ora, Signore, i nostri figli sono cresciuti;nel loro cammino, con l’aiuto delle catechiste, dei sacerdoti e di noi genitori,hanno imparato a conoscerti e ad amartie sono giunti con emozione all’incontro con Te.Nel cammino hanno conosciutoil dono del Tuo perdono e la grandezza del mistero dell’Eucarestia.Oggi, Domenica, giorno in cui Gesù ha vinto la morte,nella nostra Comunità celebriamo la loro prima Comunione.I nostri figli, rispondendo con entusiasmo al tuo invito,e con il sostegno di tutta la Comunitàsono venuti all’incontro con Te Padre buono,Tu che sei il “PANE VIVO”,cibo che nutre e fonte che disseta.Grazie a loro anche noi ravviviamo la nostra fede,con la gioia di poterli ancora aiutare nel cammino della vita,perché sappiamo che questo giorno non è un traguardo,ma una tappa importante e la sorgente di ciò che li attende.A tutti noi qui riuniti dona, Signore,la forza di accompagnarli con amore all’incontro settimanale con Te,perché possiamo conservare sempre la fede e la gioia in Gesù Risorto,perché senza la Domenica non possiamo vivere. Grazie, Signore!

Paola Sim

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er ica G iu l ia Sa-brina Gaia Giorgia Sofia Luca Michele Francesca Mattia

Lisa Daniel Davide Ismaele Lisa Valentina Aurora Angelo Viola Elisa Stefano Dharma

Arianna Alissa Stefano Giulia Alessandra

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conda, nella terza, nella centesima…perché “ogni Domenica la messa e ogni messa la Comunione”.

nel loro cammino, con l’aiuto delle catechiste, dei sacerdoti e di noi genitori,

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La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[18] giugno ‘15

L’anno della Misericordia

Sabato 11 aprile 2015 nella Basilica di San Pietro in Va-ticano, in occasione dei Primi Vespri della Domenica della Divina Misericordia, il San-to Padre Francesco ha reso pubblica la Bolla d’Indizione del Giubileo della Misericor-dia.Il Papa ha consegnato la Bol-la ai Cardinali Arcipreti delle

quattro Basiliche Papali in Roma, ad alcuni rappresen-tanti della Chiesa sparsa nel mondo e ai Protonotari apo-stolici. Successivamente, al-cuni brani sono stati letti da-vanti alla Porta Santa della Basilica Vaticana.Il 13 marzo, durante l’ome-lia della celebrazione peni-tenziale con la quale il Papa

ha aperto l’iniziativa “24 ore per il Signore”, sottolineava la ricchezza della misericor-dia di Dio evidenziando “con quanto amore ci guarda Gesù, con quanto amore guarisce il nostro cuore peccatore”. Poi, nella sorpresa generale, ac-colta con un applauso, risuo-navano le parole con le quali il Papa annunciava:

“Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della mise-ricordia. E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale; e dobbiamo fare questo cammino. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signo-re: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo specialmente per i confessori! Tanta misericordia!Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’u-niverso e volto vivo della mise-ricordia del Padre. Affido l’orga-nizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promo-zione della Nuova Evangelizzazio-ne, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chie-sa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia.Sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ricevere misericordia, perché siamo peccatori, potrà trovare in questo Giu-

bileo la gioia per riscoprire e rendere fecon-da la misericordia di Dio, con la quale tutti

siamo chiamati a dare con-solazione ad ogni uomo

e ad ogni donna del nostro tempo. Non

d i m e n t i c h i a m o che Dio perdo-

na tutto, e Dio perdona sem-pre. Non ci s t a n c h i a m o di chiede-re perdono. A f f i d i a m o fin d’o-ra questo Anno alla Madre del-la Miseri-cordia, per-ché rivolga a noi il suo

sguardo e ve-gli sul nostro

cammino: il nostro cammi-

no penitenziale, il nostro cammino

con il cuore aperto, durante un anno, per ri-

cevere l’indulgenza di Dio, per ricevere la misericordia di Dio.”

La Lettera [19]giugno ‘15

[don Giacomo Panfi lo]Naufraghi

ANIME PIE, ATTENZIONE!Di fronte all’immensa tragedia dell’ultimo naufragio nel Mediter-raneo che è costato la vita a centi-naia e centinaia di persone, il Papa ha chiamato alla preghiera. Ma sarebbe brutto se le anime buone si limitassero a dire con rassegna-zione al Signore: “Sia fatta la tua volontà!”. Il primo ad offendersi per un simile tipo di rassegnazio-ne, sarebbe Dio stesso, chiamato in causa come praticamente co-lui che ha voluto o permesso tale tragedia, mentre nel libro della Sa-pienza Dio è definito in modo mi-rabile come “Signore amante della vita“, che non ha creato la morte e non è l’autore delle tragedie.Possiamo seriamente immagi-nare che Dio stia su a distribuire a pioggia casuale, o peggio con intenzione mirata le cose brutte della vita? E che noi, per giunta, gli diciamo: “Sia fatta la tua volontà”? INTERROGATIVI INELUDIBILIMa allora s’impone inevitabile un interrogativo: Dio vede? Dio sa? Anche il semplice uso della ra-gione ci offre una risposta: “Ra-gionate, insensati. Chi ha formato l’orecchio, forse non sente? Chi ha plasmato l’occhio, forse non guar-da?” (Sal 94). Dio, per prima cosa, non è né sordo, né cieco.L’angoscia però non si placa anco-ra e ci rode dentro. Se Dio vede, se Dio sa, che fa in quei momenti? Il credente si sente come stritolare le ossa dalla domanda dei beffar-di: “Dov’è il tuo Dio?”. (Sal 42, 11). Davanti all’oppressione del popo-lo e alle ingiustizie verso i poveri, i maligni insinuano con perfidia:

“Dio non se ne cura”. (Sal 94). È “la divina indifferenza” di cui parla an-che Montale.Invece, lo scittore ebreo Elie Wie-sel, sopravvissuto allo sterminio dei lager, ci dà una testimonian-za illuminante. “Ad Auschwitz, mentre i prigionieri assistevano impotenti all’impiccagione di tre loro compagni, tra cui un bambi-no, dietro di me udii un uomo do-mandare: Dov’è Dio? e io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo, è appeso lì, a quella forca”. DIO SUL BARCONE DEL NAUFRA-GIODio il 18 aprile scorso, se vogliamo proprio saperlo, era su quella car-

retta del mare in mezzo a quella povera gente finita tra i flutti men-tre andava alla disperata ricerca di una qualche felicità.I pochi superstiti hanno testimo-niato che quei naufraghi finendo tra le onde pregavano, ognuno con le preghiere della sua religio-ne invocando Dio, l’Onnipotente. Solo che l’onnipotenza di Dio non

Il LOGO DEL GIUBILEO rappre-senta una summa teologica del-la misericordia.Nel motto, tratto da Lc 6,36, Misericordiosi come il Padre, si propone di vivere la misericor-dia sull’esempio del Padre che chiede di non giudicare e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono sen-za misura (cfr Lc 6,37-38). Il logo è opera di p. M. I. Rupnik. L’im-magine, molto cara alla Chiesa antica, perché indica l’amore di Cristo che porta a compimento il mistero della sua incarnazio-ne con la redenzione, propone il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito. Il disegno è realizzato in modo tale da far emergere che il Buon Pastore tocca in profon-dità la carne dell’uomo e lo fa con amore tale da cambiargli la vita. Un particolare, inoltre, non può sfuggire. Il Buon Pastore con estrema misericordia si ca-rica l’umanità, ma i suoi occhi si confondono con quelli dell’uo-mo. Cristo vede con l’occhio di Adamo e questi con l’occhio di Cristo. Ogni uomo quindi scopre in Cristo la propria umanità e il futuro che lo attende. La scena si colloca all’interno della mandorla, anch’essa fi-gura cara all’iconografia antica e medioevale che richiama la compresenza delle due nature, divina e umana, in Cristo. I tre ovali concentrici, di colore pro-gressivamente più chiaro verso l’esterno, suggeriscono il movi-mento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. D’altra parte, la profondità del colore più scuro suggerisce an-che l’imperscrutabilità dell’amo-re del Padre che tutto perdona.

La Lettera [20] giugno ‘15

è, come dice Ernest Bloch, di tipo faraonico o zeusico (Dio, come lo conosciamo noi, non è come un grande faraone, o come il Giove dei pagani). Dio noi lo conoscia-mo attraverso Gesù Cristo, che ha salvato gli altri e non ha po-tuto, non è riuscito a salvare se stesso, e ha gridato al Padre: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Gesù ha condiviso tutto della no-stra condizione umana, eccetto il peccato; ha condiviso gioie, dram-mi e tragedie. Ecco perché siamo certi che era là su quel barcone e ha gridato e pregato con quei po-veretti.”Salvami, o Dio: l’acqua mi giunge alla gola, l’onda mi travol-ge. Sono sfinito dal gridare, i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio”. (Sal 69). LA VOLONTÀ DI DIO PER CUI PREGAREQui incomincia per quei poveretti e per noi sopravvissuti la neces-sità dell’invocazione: “Sia fatta, Signore, la tua volontà”. E la vo-lontà di Dio, ripetiamolo bel chia-ro ancora una volta, non è quella tragedia, ma è che nella tragedia e dopo la tragedia tutti siano come Dio vuole per il loro bene. Per le vittime la volontà di Dio è che non vadano perduti in fondo al mare e non finiscano nel nul-la. Gesù, vicino a loro, in mezzo a loro, ha sicuramente ripetuto la sua promessa nel vangelo: “Veni-te a me, voi tutti, che siete affati-cati e stanchi e io vi darò riposo”, e in un unico immenso abbraccio li ha introdotti in quella vita che

più nessuno potrà loro togliere. E noi, insieme con Gesù, possiamo davvero pregare il Padre, perché si avveri per loro questa promessa del suo Figlio.La volontà di Dio in quel momento e per lungo tempo è che i fami-liari delle vittime siano confortati da angeli consolatori come da un angelo consolatore fu confortato Gesù nel Getsemani quando sudò sangue per l’angoscia. Ma poi la volontà di Dio, che dev’essere fat-ta senz’altro, è che tutti facciano la loro parte, perché sia resa giu-stizia a queste e a tutte le vittime dell’ingiustizia. E qui si va dalle au-torità a tutti i livelli (ONU, Europa, paesi di provenienza, paesi d’arri-vo, enti di assistenza e protezione civile, volontariato, intellettuali, politici – governanti e legislatori -, religioni e chiese – autorità e sin-goli fedeli-)… Volontà di Dio da compiere senz’altro è che non ci si fermi al buonismo (nelle idee e nelle paro-le), ma nemmeno che ci si perda in un populismo becero, facilone ed egoista. Volontà di Dio è infine che gli ope-ratori di iniquità si convertano, e che comunque siano puniti e messi in condizione di non nuo-cere. PER FINIREOgni volta che diciamo: “Sia fatta la tua volontà”, mettiamo da par-te il collo torto di una malintesa e fuorviante rassegnazione e, anzi, ben in piedi, a braccia alzate, di-ciamo al Signore: “Da’ a tutti noi fame e sete di giustizia, perché ci impegniamo a raddrizzare le stra-de storte, ad abbassare le monta-gne dell’orgoglio, della prepotenza e dell’autosufficienza, e a riempire con l’amore le vallate, gli enormi vuoti creati dall’egoismo”.

Il campanile della chiesa di Precornelli è stato per un po’ ingabbiato, ed ora si presen-ta nella sua veste rinnovata, ma nel solco della tradizione, abbinato nei colori alla chiesa e anche illuminato di notte. La frazione ha impegnato di-verse risorse economiche, ma ne valeva la pena. Grazie alle Signore di Precornelli e a tutti coloro che hanno reso possi-bili questi lavori, in particolare alla Ditta Benedetti Egidio e figli che ha regalato il proprio intervento.

La Lettera [21]giugno ‘15

San Giuseppe a Precornelli

Domenica 22 marzo si è tenu-ta nella frazione di Precornelli la tradizionale festa di san Giu-seppe. Come sempre la parte-cipazione è stata alta e attenta, sia nei preparativi (fiori, pulizia, rinfresco), sia nella celebrazio-ne eucaristica. Quest’anno a presiedere è stato mons. Ubal-do Nava, che spesso aiuta la nostra comunità per le confes-sioni. Nella sua omelia ha sot-

tolineato la vita travagliata di Giuseppe di fronte a Gesù, che lo ha reso veramente uomo di fede. Questo bambino fa cam-biare direzione ai suoi progetti

Le poche notizie sulla vita di Berlinghiero si ricavano dalle firme apposte su due sue opere (la Croce di Lucca e il Crocifisso di Fucec-chio), in cui si cita come volterrano, e da un documento lucchese del 1228, in cui il pittore si dichiara figlio di Melanese il vecchio, assieme ai propri figli Bonaventura, Barone, Marco e altri cittadini lucchesi, durante il giuramento di pace con i pisani[1].Il fatto che nel 1228 avesse almeno due figli maggiorenni (Barone e Bonaventura) ha fatto ipotizzare che fosse nato circa una cinquan-tina d’anni prima, magari verso il 1175, e che fosse attivo come pittore dal 1200 circa.Probabilmente si formò tra Volterra e Pisa, dove esisteva una scuo-la di miniatura, aggiornata sulla cultura umbro-romana di quegli anni, ma dotata anche di contatti di prima mano con la contempo-ranea arte costantinopolitana e siculo-normanna.Le sue opere sono emblematiche di come nella prima metà del XIII secolo la pittura toscana fosse ancora legata alla scuola bizantina. La sua opera fu uno dei primi passi nella transizione tra l’arte bizan-tina e l’arte occidentale. Nella croce cui Carlo Bombardieri si è ispirato, la posa è ancora quella del Christus triumphans, statica e priva di drammaticità, con gli occhi aperti, senza corona di spine, che comunica l’idea del dono d’amore che lì si è realizzato, ma già nella luce della risurrezione.

e inoltre crea molti dubbi nel cuore del falegname di Naza-reth. Quel figlio, che è Figlio di Dio, non mostrerà segni prodi-giosi davanti al padre putativo, facendolo anche dubitare. Ma una cosa ha abitato la vita di Giuseppe e che è invito anche

per noi cristiani di oggi: il guar-dare e l’ascol-tare Gesù nella vita di tutti i giorni. Nella sua q u o t i d i a n i t à la fede di Giu-

seppe è stato rafforzata da quel bambino e quindi è mo-dello anche per noi oggi.La festa di quest’anno è

[Davide Invernizzi]

8 marzo a Comonte[Consorelle Vedove]

E’ stata una domenica molto si-gnificativa quella dell’ 8 marzo. Festa della donna? Certo, ma vissuta da un bel gruppo delle nostre consorelle vedove, in oc-casione della festività della no-stra patrona, Santa Francesca Romana, con l’incontro diocesa-no, organizzato dall’Associazio-ne, presso le suore della Sacra Famiglia a Comonte di Seriate e che ha visto presenti più 200 vedove. Una giornata intensa di riflessione e preghiera.La mattina è stata animata dalla dott.ssa Anna Aceto, anch’ella

vedova, proveniente da Nova-ra. La Signora ci ha introdotte a ripensare la nostra vedovan-za, gradualmente ci ha guidate a comprendere il nostro essere persone singole, dopo lo spez-zarsi della vita coniugale. Perché tutto ciò? Che cosa ci chiede il Signore? Come possia-mo entrare nel disegno divino? Ci ha ricondotti alla nostra fede e alla speranza cristiana, con leggerezza e sapienza del cuo-re. Ci ha molto stimolate ed in-coraggiate, promettendoci di continuare la sua riflessione in un’altra occasione in seguito, anche per rispondere alle tan-te domande che ha suscitato in noi.Ha fatto poi seguito la celebra-zione della S. Messa presiedu-ta da Mons. Vittorio Nozza con il nostro assistente diocesano, don Mario Perletti, nella chiesa di Comonte; lì abbiamo anche sostato davanti all’urna di Santa

Paola Elisabetta Cerioli, Fonda-trice delle Suore e dei Padri della Sacra Famiglia.Un pranzo delizioso, con un menù ricco di gustose ricette e ben preparato e… I molti discorsi e battute ci hanno permesso anche di co-noscerci meglio e di sentirci maggiormente unite in questa ricorrenza.Il pomeriggio è stato animato da una maxi-tombola giocata nella palestra dell’Istituto e guidata dalla nostra Presidente diocesa-na signora Elvira Scaravaggi, co-adiuvata da alcune volenterose vedove. Le impressioni che ab-biamo raccolte sul pulmino nel nostro viaggio di ritorno sono state molto positive; auspichia-mo che l’anno prossimo si ripeta questa esperienza, magari allar-gata ad altre nostre consorelle.

Alla prossimaAntonietta

stata impreziosita dalla inau-gurazione del crocifisso per la chiesa di Precornelli. Richiama il Cristo dell’abbraccio che ci ha permesso di pregare lo scorso anno avvolti per tutta la Qua-resima e il tempo pasquale. Un nuovo elemento per alimentare la fede di chi passa in questa piccola chiesa, perché la bellez-za di quest’opera aiuterà la pre-ghiera e lo sguardo verso il cro-cifisso. Don Giuseppe ha inoltre annunciato altri lavori per ren-dere sempre più bella e prezio-sa la chiesa di questa frazione.

La Lettera [22] giugno ‘15

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La Lettera [23]giugno ‘15

Battezzare

Probabilmente nessuno di noi pensa al battesimo come a un rito magico, qualcosa che ac-cade a prescindere dalla pro-pria coscienza e volontà, an-che se capita ancora, a volte di trovarsi di fronte a richieste sconcertanti: <<Mio figlio ha due anni, è un mese che di not-te piange sempre, ho pensato che gli succede perché non è ancora battezzato. Me lo può battezzare subito Padre? >>. O anche: << Il bambino è sem-pre malato, mia suocera mi ha detto di battezzarlo subito perché è colpa del demonio. Come devo fare?>>. Ma, al dì la dei casi estremi, la percezione di un gesto differente nella for-ma e nella sostanza dall’opera di un buon prestigiatore è pian piano maturata nella coscien-za del popolo di Dio. Il controllo sociale, in una città ma anche nei nostri paesi si è molto ab-basso: nessuno si sente più di tanto spinto a scegliere di bat-tezzare un bambino. C’è a volte l’insistenza di qualche parente, altre volte il desiderio di omo-logare le scelte per il figlio a quelle della maggioranza degli amici, ma tutto si può lasciar cadere senza preoccupazioni

eccessive.

PERCHE’ BATTEZZARE UN FIGLIO?Rimane tuttavia un proble-ma aperto e non è problema da poco. Molte delle famiglie spesso chiedono il battesimo per il figlio come legame a una tradizione nella quale si ricono-scono al di là di una <<pratica>> scarsa o quasi inesistente, ma non hanno una reale percezio-ne di ciò che questa scelta si-gnifichi. C’è un desiderio anco-ra confuso, eppure realissimo, di una benedizione che scenda dall’alto. E’ come se un padre e una madre, davanti al mistero di un figlio che tengono tra le braccia, alzassero lo sguardo al cielo e dicessero: <<Pensaci tu, Dio: guarda questo bambi-no e proteggilo, mettigli una mano sul capo, accompagnalo nella vita>>. Vuol dire molto, certamente, portarsi nel cuo-re un desiderio così, ma forse non è ancora abbastanza. Il più delle volte questo desiderio si consuma nello spazio del rito, la domenica tra pochi parenti e amici. Poi, le fatiche della vita, le preoccupazioni quotidiane, gli affanni delle cose di ogni giorno ricacciano in un angolo questo anelito, lo nascondono e lo perdono in stanze sempre più ingombrate di ansie e di problemi. Il battesimo non vuole essere soltanto questo. Nutre la pre-tesa di essere non soltanto un rito da celebrare, ma di apri-re alla vita, alla vita cristiana e a quella di tutti giorni, visto

che le due cose non si ostacolano a vicenda, ma cammi-nano con il medesimo passo.Un prete non fa figli, ma questo non signi-fica che sia estraneo al miracolo della vita che si apre. Non c’è nulla di au-tenticamente umano che sia estraneo alla fede. Credere è innanzitutto lasciarsi sorpren-dere dalla vita; la gioia di un genitore che porta un bambino al fonte battesimale non è lon-tana dalla gioia di un prete che sperimenta la grazia di gene-rare alla fede. Ci si accorge che la vita e la fede sono più forti delle nostre paure e che Dio apre un futuro e promette an-cora di condurre la storia verso il bene; per questo battezzare per un prete è un gesto di ser-vizio alla Chiesa, ma anche un segno di grazia che lo ricolloca al cuore del ministero e della sua possibile fedeltà.

BATTEZZARE SIGNIFICA<<CELEBRARE>>Normalmente tutto quanto ri-guarda il battesimo di un bam-bino è come scandito in tre tempi: quello della preparazio-ne, quello della celebrazione e quello dell’accompagnamento successivo. Qualche genitore arriva a chiedere il battesimo del proprio figlio un po’ preoc-

La Lettera [24] giugno ‘15

cupato: <<Quanti incontri dob-biamo fare? Dobbiamo uscire di sera? Possiamo portare con noi il bambino? Non possiamo permetterci una baby – sit-ter!>>.Forse noi preti rischiamo di ca-dere nell’illusione che una buo-na preparazione al battesimo sia direttamente proporziona-le al numero degli incontri che chiediamo ai genitori. A volte addirittura cadiamo in una sor-ta di accanimento riproducen-do all’infinito gli appuntamenti per le coppie che ci sembrano le più fragili: divorziati rispo-

sati, coniugi abitualmen-te lontani dalla pratica r e l i g i o s a … L’effetto ri-schia di es-sere quello di una <<me-g a t a s s a > > da pagare, terminata la quale è pra-t i c a m e n t e certo l’ab-b a n d o n o

della prassi di fede fino al figlio successivo. E’ evidente che an-che l’estro opposto non può funzionare e che non a senso trovarsi di fronte, nel giorno del battesimo, a dei genitori com-pletamente ignari di quanto sta per accadere. L’attenzione pastorale ci do-manda innanzitutto di curare bene gli inizi ed è un buon eser-cizio ascetico quello di predi-sporci bene anche agli incontri che iniziano nel modo peggio-re. La nostra prima reazione di fronte alla richiesta del batte-simo non può esser soltanto quella dettata dall’esigenza di

rivelarsi degli attenti funziona-ri, quanto quella di far perce-pire la nostra alleanza gioiosa con i genitori e la nostra par-tecipazione cordiale alla loro felicità per il dono della vita. Il passo successivo potrà essere allora un sguardo approfondito per comprendere più da vicino la loro condizione dii fede e la fatica della loro vita, spirituale e non. Si parte da dove ciascu-no si trova.Il momento celebrativo è spesso contrappuntato dalle urla e dai pianti dei bambini. Purtroppo, a volte, anche dal-le chiacchiere degli adulti che sembrano di esser capitati in una chiesa quasi per caso. La fatica della celebrazione, d’altra parte, ne rivela anche la bellezza. La famosa scena descritta dal Vangelo di Mar-co del<<lasciate che i piccoli vengano a me>> non ricorda certamente l’ordine di una pa-rata militare. I bruschi richiami che continuamente vogliono riportare all’ordine somigliano pericolosamente alle parole dei discepoli che pretendono di allontanare i bambini da Gesù.Celebrare un battesimo è so-prattutto restituire la semplici-tà e la trasparenza dei gesti e delle parole di bene che Gesù ha regalato ai piccoli. Tutto il rito è segnato da un continuo <<toccare>> e <<benedire>> il bambino: dal segno della cro-ce alle unzioni, dal prenderlo in braccio per l’infusione dell’ac-qua al momento dell’Effatà, dal segnare con il crisma al rivestire il neonato con l’abi-to battesimale. Un tocco fatto con grazia vuole esprimere la carezza di Dio, come Gesù sa-peva fare.Il passaggio forse più difficile

è legato al dopo. Nonostante le buone intenzioni del pre-te e delle stesse famiglie, non è così facile tenere il legame esile che l’incontro per la cele-brazione ha fatto nascere. C’è la fatica della vita: le giovani coppie vivono uno dei momen-ti più complicati della parabola matrimoniale. Conciliare l’ar-rivo di un figlio con il lavoro, la conduzione della casa, situa-zioni a volte difficili all’interno della cerchia parentale, spesso senza poter contare su qual-che rete di collaborazioni, non è certo impresa semplice. Una fede un po’ esile corre il rischio di perdersi subito.Sul versante del prete e della comunità, occorre riconoscere che spesso i ritmi parrocchia-li non lasciano troppo tempo, purtroppo, per la cura e l’ap-profondimento delle relazioni, eppure non siamo completa-mente senza risorse.Da una parte, ci possiamo e ci dobbiamo fidare di più della grazia e del sacramento. L’ef-ficacia reale dell’azione della grazia va molto al di là di quel-lo che possiamo immaginare e non passa necessariamen-te sempre dalla nostra ope-ra; dall’altra parte, proprio per assecondare la grazia e non spegnere lo Spirito, ci viene data l’opportunità di tessere una rete di incontri, amicizie e contatti che aiutino i genitori del battezzato a sentirsi meno soli.

La Lettera [25]giugno ‘15

Se poi il battesimo è l’inseri-mento in una comunità cri-stiana, è fondamentale che chi battezza i propri figli non in-contri soltanto il prete. Si apre qui un compito, diremmo un <<mistero specifico>>, di chi condivide la cura pastorale a partire da una vocazione di tipo familiare.

CHE COSA DICE A UN PRETE UN BAMBINO CHE NASCE?Cosa dice un prete ai genitori che si preparano al battesi-mo? Forse la domanda è più seria: che cosa dice a un prete la grazia di un figlio che nasce? Un primo tratto che imparia-mo dalla grazia della vita che nasce lo leggiamo semplice-mente nel volto dei genitori. Portano i loro bambini tutti presi da un incanto e da uno stupore quasi infantile. Mentre ti parlano sono rapiti dalla bel-lezza del bambino e insieme concentrati dal timore che su-scita la fragile vita di un figlio. E noi stessi, preti, impariamo da capo lo stupore e il timore che dispongono a guardare la vita in modo nuovo.Anche un prete conosce l’in-canto per la bellezza e il tre-more di fronte al miracolo della generazione. Battezzare una creatura ci ricorda l’invito di Gesù a tornare bambini perché il regno dei cieli è di chi è come loro.Un’altra cosa possiamo impa-rare ed è una delle più difficili: la fiducia di fronte al futuro. Fare un figlio oggi è un atto di co-raggio e tutto sembra concor-rere a impedire la fiducia verso il futuro: un figlio costa, non c’è tempo per seguirlo, troverà un mondo brutto e difficile… Ep-pure i bambini nascono ancora.

Tutte queste considerazioni e queste paure sono spazzate via dal sorriso di un bambino.Un prete che battezza un ne-onato è lui stesso invitato ad avere più fiducia e a vincere le paure del futuro perché ci sono paure che sono dentro di noi e sono difficili da sciogliere; ve-diamo invecchiare inesorabil-mente le nostre assemblee, sperimentiamo la fatica nella trasmissione della fede alle nuove generazioni e ci sentia-mo scossi dagli scandali che attraversano la vita della Chie-sa. E ci chiediamo: ci sarà un futuro? Il battesimo ci invita a fidarci dell’opera della grazie che assume il corpo e il volto di un bambino. Basta un ger-moglio e possiamo ancora as-sistere al miracolo di un inizio, come il vecchio Simeone che tiene tra le braccia un bambi-no e già scorge in lui il volto del Messia benedetto.Ci piace ricordare un ultimo aspetto che possiamo impa-rare dal battesimo dei bambi-ni. Li accogliamo nella Chiesa, facciamo loro posto nella co-munità, e sappiamo quanto è importante, ma anche fragile, questo legame. Oggi forse è il lato più esile del rito, non è certamente sentito come un momento della propria appar-tenenza alla vita della Chiesa, quanto piuttosto come un rito personale. Eppure, di questo un figlio ha bisogno: di una casa, di una rete di affetto che circola nell’aria e gli permette di muovere i primi passi nella vita in un mondo addomesti-cato. Un prete condivide con i genitori l’avventura di <<fare casa>> e di disporre luoghi e tempi di fraternità e familiarità perché tutti si sentano accuditi

e accolti in una casa comune: la parrocchia.Per concludere, ci piace ricor-dare un nostro grande educa-tore, Don Luigi Serenthà. Un suo cavallo di battaglia era il rimarcare come il prete, prima di tutto, fosse un credente: la storia di una vocazione sacer-dotale è quella di un uomo che scopre la sua fede nel diven-tare prete. Ci fa bene ritornare alla coscienza battesimale, al sacerdozio battesimale, come alla sorgente della nostra vo-cazione, Essa ci riporta alla condizione comune, quella che condividiamo con tutto il po-polo di Dio: l’essere <<sem-plicemente>> dei credenti, il vivere la nostra fede come relazione di figli con il Padre e di fratelli nella sua Chie-sa. Certo, in questa Chiesa ci siamo come preti, presie-diamo la vita della comunità, ma mai stando <<sopra>> o <<fuori>> da quella condizio-ne comune che è il medesimo sacerdozio, il comune batte-simo.

La Lettera [26] giugno ‘15

[Convegno liturgicoa cura di Ivana]

Effetto Francesco

Scusate se inizio questo arti-colo con un ricordo personale, poi capirete perché.Ricordo la prima volta che ho visto da vicino il Vescovo Fran-cesco, ero in chiesa a Mozzo, a uno dei primi incontri vica-riali. Mi è passato vicino, con un giaccone e nessun “segno” viola. Quasi non lo riconosce-vo! La seconda volta, sempre a Mozzo, la sera che hanno elet-to Papa Francesco. E’ entrato al bar dell’oratorio e ha appe-so il giaccone e la borsa, sugli appendini sul muro, vicino a me. Quella sera c’è stata una gran festa! E così è stato elet-to Papa Francesco, noto per le sue scarpe nere e la borsa che porta “da solo”!Confesso che sono andata a questo convegno un po’ per “dovere di partecipazione”, ma da subito ho capito che il clima era diverso, come ha poi com-mentato lo stesso Vescovo Francesco, sono state relazio-ni “profondamente appassio-nate” (se vi interessano i testi completi li trovate sul sito del-la Diocesi “Convegno liturgico “eucarestia ...”).

Tema della giornata: a) “l’Eucarestia forma della co-munità cristiana”b) “l’Eucarestia come dà forma ai nostri vissuti nella società”.

a) Qui vi riassumo quello che mi ha colpito, iniziando da al-cune premesse fatte:

1) Il termine “convegno” si-

gnifica convenire, essere tutti raccolti dall’appartenenza alla Chiesa e la formazione che si riceve deve avere una ricaduta nella propria parrocchia.

2) Riunirsi nell’Eucarestia è una dimensione ecclesiale. Quello che crediamo e cele-briamo dovrebbe essere un tutt’uno con quello che vivia-mo.

3) L’assemblea celebra ma poi la comunità vive nella storia, è il popolo regale, che vive nella carità, nell’amore al prossimo.

4) I ministeri (gli incarichi che svolgiamo) devono essere espressione della propria co-munità, ogni ministero è a ser-vizio della comunità, perché il servizio è una chiamata all’in-terno della comunità

Parlando di Eucarestia è stato detto:sull’invito del Signore, la co-munità fa memoria del Signo-re risorto, mistero di morte e resurrezione.Si raccoglie nell’ascolto della Parola e nello spezzare il pane, nell’attesa della domenica senza tramonto, nella tensio-ne definitiva. Dobbiamo vivere con questa speranza.Per questo la comunità con-viene dalle proprie case, con-vocata dal Signore, chiede per-dono e celebra la Parola. Poi....si mette in servizio!Il popolo sacerdotale, profeti-co, regale è fatto da persone

(noi) che si lasciano interpel-lare e coinvolgere.

Parlando di ministeri (es. ca-techisti e ministri straordinari della Comunione, che ricevono un mandato) è stato detto:I ministeri assumono una con-formazione diversa, collegata alla propria realtà territoriale.Il costituirsi della comunità, l’essere in comunione, scopre nella celebrazione l’identità più profonda. La fonte e il culmine! Fondamentale è la relazione/incontro col crocifisso.La ministerialità che si vede in una celebrazione, dà senso alla partecipazione.Il ministro si plasma, per poi plasmare a sua volta quella specifica comunità.Il catechista si impegna ad istruire i fratelli. Chi si offre per il servizio della catechesi deve essere in grado di suscitare il desiderio in chi lo ascolta di di-ventare a sua volta catechista. Deve suscitare il desiderio di mettersi a sua volta a servizio, affinché diventi anche lui parte della comunità.I ministri straordinari dell’Eu-carestia devono essere anche ministri della carità. Devono rispettare il dono che viene messo loro nelle mani, ma de-vono anche essere compagni di viaggio a nome della co-munità, nella cura agli infermi. Gesù ha detto “che vi amiate l’un l’altro come io ho amato voi”.Ciascuno si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che è di

La Lettera [27]giugno ‘15

sua competenza.L’assemblea viva la celebrazio-ne lasciandosi plasmare, for-mare dalla celebrazione stes-sa, per vivere in rendimento di grazie.Questo tempo ritrovato ci aiu-ta a ritrovare il tempo Altro.Non dobbiamo lasciarci ruba-re la festa, la gioia. Dobbiamo scuoterci dall’accidia spiritua-le(pigrizia) che a volte ci pren-de.La comunità ci chiama ad es-sere non semplici figure, ma un coro!Ricordiamoci che non assistia-mo alla Messa, ma celebriamo!

b) Come bisogna comportarsi rispetto alla laicità? A chi non crede?Come si fa a contribuire a rin-novare la società?Come si può agire in modo co-erente e maturo tra credenti e non credenti?Quanto sono uomo/donna di parola?Non è la preparazione alla confessione! Sono domande di senso della vita.Un tempo il credente faceva offerte per ingraziarsi un Dio che non conosceva bene.Già i profeti dicevano “detesto e respingo i vostri doni” - “ces-sate di fare il male, fate il bene”.La strada del culto può trarre in inganno, Gesù fu preso da viscerale passione perché le pecore erano senza pastore “voi stessi date da mangiare”.Celebrare senza vivere è il tra-dimento del Dio delle strade, delle case, delle malattie....Bisogna cambiare il mondo, non solo dentro ma anche fuori.

E’ apparsa una patologia nella celebrazione, perché il com-portamento non è coerente. E’ un mangiare la propria cena personale, in totale assenza di incontro.Quando Gesù dirà “voi non so di dove siete, voi tutti opera-tori di ingiustizia” noi da che parte saremo?Detto chiaramente, bisogna impegnarsi nel sociale, nella politica, per migliorare il mon-do, rispettando le diversità. Altrimenti diventiamo un club, dove si va d’accordo tra di noi e si lascia il resto del mondo fuori!Ricordiamoci che esiste la Mi-sericordia, che non vuol dire essere dei “mollaccioni”. Ri-cordiamo la parabola del fico. La potatura fa crescere. E’ una scelta, chi non si rigenera de-genera. E’ una legge di natura. Dobbiamo avere ilo coraggio di smenarci qualcosa! Di lasciarci potare!Capisco che riassunto così è un po’ difficile da capire, ma Don Cristiano ha usato un gergo giovanile, di cui difficilmente si riesce a comunicare la for-za. Quale responsabile della Direzione dell’ufficio pastorale del lavoro evidentemente vive quotidianamente a contatto con i problemi sociali.

Il Vescovo Francesco ha poi concluso l’incontro con le sue considerazioni personali:“Nella liturgia siamo intro-dotti alla sorpresa di Dio, la sorpresa di Dio alimenta le sorprese umane. La missio-ne della Chiesa è annunciare il Vangelo. Bisogna continua-re a tornare alla sorgente, al

magistero del Papa.Noi vorremmo che gli altri paesi scoprissero la bellezza del Vangelo, ma noi dobbia-mo dare l’esempio. Il Papa dice di leggere il Vangelo tutti i giorni.Nei paesi poveri, il sacerdote passa una volta al mese per l’Eucarestia.Noi che abbiamo l’Eucarestia corriamo il rischio di non sen-tire il bisogno di vita cristiana!Se entra nella nostra chiesa, adesso, uno che non ci co-nosce avverte che cosa sta succedendo?La nostra celebrazione è par-tecipata? Stiamo celebrando tutti?”

Concludendo, dobbiamo darci da fare! In qualsiasi posto noi ci troviamo a vivere, dobbiamo essere testimoni credibili, farci riconoscere in mezzo agli altri con la nostra testimonianza. Per essere forte bisogna at-tingere alla Parola e essere in comunione con la comunità di appartenenza.Cose semplici, alla portata di tutti. Sono cose risapute per chi frequenta regolarmente la Parrocchia, ma si sa che tra il dire e il fare...Allora prendiamo esempio da loro! Da questi due testimoni della fede.Prendiamo esempio per di-ventare umili, coerenti, giusti.Ricordiamoci della loro sem-plicità e della loro allegria (il Vescovo Francesco ama rac-contare aneddoti della sua vita, così come fa il Papa).E allora non lasciamoci rubare la Speranza!

Effetto “Francesco”!

La Lettera [28] giugno ‘15

[Michail e Vanessa intervistano don Lorenzo]

Dunque, è arrivato il momento...

E’ arrivato, anche se fino al 10 Settembre rimarrò parro-co di Gromlongo. Il giorno del mio compleanno, 27 Febbraio, sono stato chiamato dalla se-gretaria del vicario generale, non per gli auguri, ma per un colloquio. E il 3 Marzo il Vica-rio, a nome del Vescovo, mi ha chiesto di andare a fare il par-roco in tre parrocchie diverse: Solto Collina, Esmate e Zorzi-no. Ho accettato, non avevo motivo per non farlo: diven-tando sacerdoti ci mettiamo al servizio della Chiesa di Ber-gamo, non di una parrocchia particolare.

Ci puoi raccontare le tue tap-pe, dall’ordinazione ad oggi?Sono stato curato ad Osio Sopra per otto anni, dove era parroco don Eliseo Pasinelli. Nel Settembre del 2004 sono diventato parroco di Gromlon-go e curato di Palazzago.

Dunque una bella sfida, tre parrocchie… lì avrai il titolo di

“arciprete”, vero?Sì, ma non cambia niente! E’ solo un ti-tolo legato alla storia di alcune parrocchie, tra cui Solto Collina, che per prime eb-bero il fonte batte-simale e divennero così pievi. Di qui il ti-tolo di “arciprete ple-bano”. Delle tre par-rocchie, Solto Collina è la più grande (circa 1500 “anime”), e poi ci sono le più piccole

comunità di Esmate (200 abi-tanti) e Zorzino (300 abitanti).

Il cambiamento è anche tem-po di bilanci. Ci sono dei “frut-ti” che ti pare di vedere cre-scere nella comunità? E quali i punti su cui ancora insistere?Ci sono state delle soddisfa-zioni, il lavoro svolto ha pro-dotto dei risultati. Ma è sem-pre difficile giudicare: se ci sono dei frutti, li vedranno il Signore e la comu-nità. Negli anni ho cercato di l a v o r a r e sul senso di appar-t e n e n z a a questa c o m u n i -tà, visto che molte persone abitano a Gromlongo da poco tempo. E’ molto importante – e spe-ro si continui su questa stra-

da – il lavoro svolto con le vicine comunità di Palazzago, Barzana, Burligo e Roncallo Gaggio. Quando sono arriva-to, questa collaborazione non c’era ancora. Ci siamo avvici-nati tra parroci e, con qualche iniziale resistenza di “campa-nile”, alla fine questo lavoro è stato accolto e apprezzato. Non dimentichiamo che que-sta collaborazione nasce da una precisa volontà espressa dai vescovi Roberto e France-sco.

Come hai vissuto l’essere Vi-cario parrocchiale anche a Pa-lazzago?Ho cercato di vivere il servizio di vicario con la disponibili-tà verso i parroci, prima don Elio e poi don Giuseppe, com-patibilmente con il mio ruolo a Gromlongo. Lavorare con i parroci di Palazzago è sta-to come salire su un tandem: ognuno ha la sua gamba, ma bisogna sforzarsi di andare in-

sieme. Ho cercato di “pedalare” insieme a loro, e loro hanno ac-cettato di p e d a l a r e con me, c e rc a n d o l’uno la v e l o c i t à

dell’altro. Per questo li ringra-zio. Ho potuto vivere esperienze in comune, come le gite del

La Lettera [29]giugno ‘15

CRE, i campi inver-nali e le vacanze estive. Inizialmen-te si è trattato di un “accorpamento” dovuto, costretto dalla necessità di essere presente per entrambe le parroc-chie. Ma con il tem-po, questo ha faci-litato la capacità di stare insieme e non chiudersi nel proprio piccolo, soprattut-to per i ragazzi delle due diverse comu-nità. E alcune cose, fatte insieme, sono risultate anche più belle.

Cosa ti mancherà di questi posti?Ormai ci conosciamo vera-mente un po’ tutti, anche a

Palazzago. Dopo undici anni trascorsi insieme, saluti qual-cuno perché lo conosci, per-

ché c’è una storia condivisa. Quando invece si entra in una nuova parrocchia, si salutano degli sconosciuti, che a loro volta salutano un parroco sco-

nosciuto. Mi mancheranno le relazioni, mi mancherà una storia vissuta insie-me alle per-sone.

Ti vogliamo dire il nostro grazie per la tua testimo-nianza e il la-voro pastora-

le compiuto in mezzo a noi. Ci puoi lasciare un augurio?Gesù ci ha detto: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Auguro che Gesù Cristo rimanga sempre tra voi e che queste comuni-tà, partendo dal Vangelo, non smettano mai di viverlo, con le possibilità e le fatiche che oggi comporta credere. Tra voi ho trovato molte testimonianze di fede: vi ringrazio perché mi hanno aiutato a vivere meglio la mia fede e il servizio sacer-dotale.

Sarà don Roberto Plebani, attualmente parroco di Grignano, a succedere a don Lorenzo. Già da ora gli assicuriamo la nostra amicizia, accoglienza e preghie-ra per un fecondo ministero nella nuova Parrocchia e nella Zona Pastorale.

La Lettera [30] giugno ‘15

[Non muoio neanche se mi ammazzano!Giovanni Guareschi]

1945 -25 aprile- 2015

Nel 70° anniversario della Liberazione don Giampaolo ha presieduto l’Eucarestia, affidando all’assemblea alcune riflessioni che riprendiamo qui.

È da poco uscito un libro di un giornalista attento osservato-re della storia del nostro pae-se e della società italiana, Aldo Cazzullo, che racconta tanti avvenimenti e presenta figure diverse di persone che hanno sognato e atteso con tutte le loro forze questo giorno, il 25 aprile, il giorno della fine del-la Seconda Guerra Mondiale. Alcune di loro lo hanno potu-to vivere, questo giorno della liberazione, altre – non poche – sono morte prima. Hanno inteso e vissuto la loro morte come un dono, un segno, una testimonianza. Tra questi il comandante Franco Balbis di cui abbiamo appena ascoltato l’ultima lettera da lui scritta prima di morire davanti al plo-tone d’esecuzione.Non era un comunista, il ca-pitano Franco Balbis. Era un soldato che guardando a ciò che stava accadendo, non ha

coperto la sua coscienza, l’ha lasciata par-lare. Così che, dopo l’8 set-tembre 1943, ha preso po-sizione, ha compreso che i tedeschi por-tavano un’idea di uomo e di potere che era contro la ve-rità dell’uomo

stesso.Così ha trovato un bel motivo per poter morire. Queste per-sone credo che ci dicano pro-prio questo: non possiamo far tacere la nostra coscienza di uomini, non possiamo costru-irci ragioni false che ci giusti-fichino nel non essere per la libertà, per il bene dell’uomo, chiunque egli sia. Queste per-sone ci ripetono, 70 anni dopo, che se non si ha un motivo per morire, significa che non si ha nemmeno un motivo per vi-vere e forse una delle grandi fatiche che abbiamo noi, uo-mini del secondo decennio del Duemila, è proprio que-sto: non sapere per che cosa vivere, per che cosa dedicare l’esistenza. Il nostro tempo è stato chiamato tempo del-le passioni tristi (Bensayag e Schmit) o anche tempo del disicanto (Taylor): epoca in cui niente ci convince del tutto,

ci prende e rapisce l’assenso, orienta il cuore. Sembra ap-punto che non ci possa esse-re nessuna ragione talmente valida da essere perseguita con tutto se stessi. Sembra di dover avere sempre una via di uscita verso qualcosa d’altro che ci sembra al momento più rassicurante, più gratificante. Rischiamo di non sentire più la questione della verità e del senso da dare all’intera vita, al complesso della propria esi-stenza.I tanti uomini e donne che hanno rischiato la vita ci dico-no che invece non può essere così, a una persona umana è dato di essere segno di una realtà che lo supera e che in-sieme può vivere in lui, nella sua libertà, nelle sue scelte. Scelte che chiedono fedeltà, affidabilità.La vita di chi è preso dalle passioni tristi si riduce al vive-re il mero presente. Gli uomi-ni e le donne che sono morti per un’Italia libera e onorata lo hanno fatto perché sognava-no un futuro, perché sapeva-no che era il futuro a dare un orizzonte alla loro libertà...Un ricordo anche per gli I.M.I., i militari italiani internati dai te-deschi... Erano circa 800.000. Tra loro più di 600.000 dissero “No” ai tedeschi che gli pro-ponevano di diventare soldati della Repubblica di Salò. Tra questi ci fu anche mio padre...

La Lettera [31]giugno ‘15

Babbo adorato, il tuo unico figlio si allontana da te.Non perderti d’animo e accetta quest’ultimo volere di Dio. Ti raccomando la mamma: anche per lei devi essere forte. Muoio con la grazia di Dio e con tutti i conforti della nostra religione. Nel momento supremo tu sarai nel mio cuore e nel mio labbro. Arrivederci, babbo, ti stringo a me nel virile abbraccio degli uomini forti e chiedo la tua benedizione.Babbo adorato, se la mia vita fu serena e facile io lo devo a Te, che mi hai guidato col tuo amore, col tuo lavoro, col tuo esempio.Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero.Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura.Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi pre-sento davanti al plotone d’esecuzione con cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.Possa il mio grido “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepitio dei moschetti che mi da-ranno la morte; per il bene e l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice.

Franco BalbisTorino, 5 aprile 1944

Dal Diario partigiano di Ada Prospero Gobetti:Per quanto fossi stanchissima, non mi riusciva di dormire. Pensavo a tutto quel che era accaduto in quella lunghissima giornata; ma pensavo soprattutto al domani. I colpi d’arma da fuoco che sentivo ancora lontano, di quando in quando, mi ricordavano che, nonostante l’esaltazione festo-sa di quel giorno, la guerra non era ancora finita; e sapevo che grosse forze tedesche erano an-cora a poca distanza da Torino. Ma non era questo in fondo che mi preoccupava. La lotta cruenta – anche se si potevano avere ancora degli episodi terribili – era virtualmente terminata... Presto sarebbero giunti gli Alleati. Non ci sarebbero più stati bombardamenti, incendi, rastrellamenti, arresti, fucilazioni, impiccagioni, massacri. E questa era una grande cosa. E neanche mi spaven-tavano le difficoltà pratiche, materiali, che bisognava affrontare per ricostruire un paese disorga-nizzato e devastato: ché le infinite risorse del nostro popolo avreb-bero trovato per ogni cosa le più impensate e impensabili soluzioni. Confusamente intuivo però che incominciava un’altra battaglia: più lunga, più difficile, più estenuante anche se meno cruenta. Si trat-tava ora di combattere non più contro la prepotenza, la crudeltà e la violenza – facili da individuare e da odiare -, ma contro interessi che avrebbero cercato subdolamente di risorgere, contro abitudini che si sarebbero presto riaffermate, contro pregiudizi che non avrebbe-ro voluto morire: tutte cose assai più vaghe, ingannevoli, sfuggenti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la no-stra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono im-piccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.

Piero Calamandrei, Discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria,

Milano, 26 gennaio 1955

La Lettera [32] giugno ‘15

[Sorpresa 2]Artefede: Fontanella

Dopo Pontida, ecco la seconda proposta di Artefede, con tappa a Fontanella di Sotto il Monte, nella chiesa romanica di S. Egidio e negli spazi del chiostro e della Rettoria.

Nutrito anche questa volta il gruppo di partecipanti che, at-traverso la storia presentata da don Giampaolo, ha fatto un tuffo nei secoli passati, quan-do, dopo l’anno 1000, il 13 gennaio 1080, venne fondato il priorato di Sant’Egidio. Esso nacque dalla pietas di un po-tente e del suo consortium familiare, S. Alberto da Prez-zate. L’intento è espresso dal-lo stesso Alberto: pro anime mee et Teiperge et Isengarde seu Johanni mercedem; attra-verso quest’opera cercava la salvezza dell’anima per sé e i suoi cari. E proprio su Teiperga si concentrarono la curiosità e la fantasia degli storici locali, che la identificarono con la re-gina Teutberga, moglie ripudia-

ta del re Lotario lI, vissuta nel IX secolo e dunque anteriore di due secoli alla benefattrice e fon¬datrice del monastero, come viene definita Teiperga in due documenti dei 1308 e 1536, qui sepolta in un sar-cofago, collocato sin dal 1479 entro un’edicola di recupero, addossata al lato meridionale della chiesa. Il monastero, for-se originariamente femminile e dipendente da S. Giacomo di Pontida, fondato solo quattro anni prima dallo stesso Alberto, divenne un priorato autonomo nel 1095 e per tutto il XII se-colo svolse un’azione socio-e-conomica importante nell’isola, come testimoniano numerosi atti di acquisto, permuta e do-nazione di terre da parte del-la nobiltà locale. Nelle antiche carte anche le terre di Palaz-zago risultano possedimento del monastero. Ma già nel XIII secolo andava decadendo, se bisognava nominare un prio-re proveniente dall’Alvernia, e così nel XIV secolo i documenti segnalano tristemente debiti e difficoltà economiche del ce-nobio, sino alla decisione finale di papa Sisto IV, che nel 1473 decise di annetterlo alla basi-lica di S. Marco a Venezia. (...) Dalla seconda metà del XVII secolo la chiesa tornò in pos-sesso della diocesi bergama-sca, diventando parrocchia del distretto, mentre il monastero con tutte le sue dipendenze, divenne proprietà privata dei

principi Giovannelli, apparte-nenti al patriziato veneziano. Negli anni trenta fu costrui-ta la nuova parrocchiale ed in essa furono trasportati tutti gli arredi sacri e suppelletti-li della chiesa monastica. Gli edifici monastici, con i relativi possedimenti, nel 1914 ven-nero ceduti alla famiglia Ra-daelli che li tenne fino al 1948.Non potevamo non far risuo-nare alcune parole di Padre Turoldo, rapiti dai severi ep-pur suggestivi affreschi del catino absidale con il Cristo Pantocrator assiso in trono, circondato dai quattro evan-gelisti e dai rispettivi simbo-li. David Maria visse qui per molti anni, da quando l’allora Vescovo di Bergamo, Clemen-te Gaddi, gli diede ospitalità. Alla sua tomba, nel piccolo cimitero del paese, abbiamo fatto visita prima del ritorno.

La Lettera [33]giugno ‘15

DIALOGO DELLA CHIESA

E l’Abside dice Io sono il confine della tenebra. E la Facciata dice Io sono la muraglia del cielo.E la Navata maggiore dice Io sono la via lattea del Signore.e le Colonne dicono Noi siamo la selva immobile.E la Volta sopra l’altare dice Io sono l’arcobaleno eterno.E la Cripta dice Io sono la stiva dei corpi che dormono nel Signore.E l’Altare maggiore dice Io sono la mensa della vita. E il Tabernacolo dice Io sono l’arca del silenzio.E un Capitello dice Io sono un nido di angeli.E un altro Capitello dice Io sono un fascio di palme.E un terzo Capitello dice Io sono un nodo di sole.E il Tetto dice Io sono il limite dello spazio.E il Chiostro dice Io sono l’anello della sposa.E una Cella dice Io sono la camera segreta dell’amore.E la Sacrestia dice Io sono il vestibolo delle nozze.E un Arco romanico dice Io sono la rotondità della terra.E un Arco gotico dice Io sono la verticalità del verbo.e il primo Arco dice Io sono la perfezione della luce.e il secondo Arco dice Io quella del Mistero.

Archi, capitelli, colonnevoi non siete che forme dello spirito,la sintesi; Egli si è fatto in noidi carne, noi ci siamo fatti in voidi pietra, per essere tutti insieme l’Unità.E come ogni mattone ha bevuto una gocciadel suo sangue, cosi ognuno canti orala nota della sua misurata libertà.Perché voi siete tutti insieme l’Armonia.E quando forse gli uomini non parlerannopiù di lui, continuate a parlare voi, o pietre.

Porto negli occhitre esili finestre sorelle del silenzionel grembo di un’abside,fessure dell’infinito:spiano nella nottel’intenerirsi del cielo,sognano ad occhi socchiusiil ritorno del Signore.

(Angelo Casati)

La Lettera [34] giugno ‘15

Titolo Titolo Titolo[Convegno Missionario Ragazzi]

Andare nel mondo con uno stile di pace

Ogni anno cresce la partecipazione delle comunità parroc-chiali al Convegno diocesano missionario, giunto alla sua 91a edizione: quasi un centinaio le parrocchie rappresentate in Città Alta, Domenica 1 marzo, alla presenza di 1.600 bam-bini e ragazzi e da più di 600 adulti. Un fiume colorato che ha intersecato i percorsi dei turisti, che ha abitato gli spazi dell’oratorio del Seminarino per i momenti di riflessione e di attività e che ha inondato la cattedrale per la celebrazione eucaristica. Dalla nostra Comunità, come programmato lo scorso anno, sono invitati a partecipare gli amici di 4 e 5 ele-mentare e di 1 media: le annate in cui non ci sono i sacramen-ti e alle quali si chiede un’attenzione particolare alla missio-ne. Patrizia, che ha accompagnato i ragazzi insieme ad altri cate-chisti e genitori, ci racconta così la giornata.

UN PANE GRANDE, GRANDEL’esperienza del convegno missionario è stata un’occa-sione di amicizia, di condivi-sione e di solidarietà vera-mente bella…l’entusiasmo è andato crescendo man mano che arrivavano al seminarino di Città Alta i numerosi grup-pi di ragazzi provenienti dalle parrocchie della nostra dioce-si, sembrava un flusso infini-to, eravamo davvero tantis-simi… Ogni gruppo ha potuto ascoltare la testimonianza di

qualche laico missionario che ha coinvolto i ragazzi con il racconto della sua esperien-za, portandoli a riflettere sul valore del dono offerto e rice-vuto e sulla necessità di avere del cibo per sfamarsi, in parti-colare del pane, un nutrimento semplice, essenziale, povero di ingredienti che è frutto del lavoro dell’uomo e che richie-de tempo e pazienza nella sua lavorazione. Il pane può esse-re spezzato per essere condi-viso con gli altri ed è questo che ci chiede di fare Gesù alla mensa eucaristica, invitandoci a fare comunione con Lui e ad essere in comunione tra noi. Ci siamo quindi incamminati per l’atteso incontro con il Ve-scovo e la celebrazione della s. Messa. Ognuno di noi aveva in mano una fascia colorata, ros-sa, verde, bianca, blu o gialla che rappresentavano i colori dei cinque continenti. Dopo la festosa e calorosa accoglienza

al Vescovo e il saluto in varie lingue, siamo entrati in catte-drale. La chiesa era stracolma di gente, ovunque c’erano ra-gazzi sorridenti, volti gioiosi e uno sventolio di colore. Ogni gesto è stato carico di signi-ficato: al momento dell’atto penitenziale è stato chiesto a tutti di coprirsi gli occhi con la banda colorata perché il male, il peccato ci offusca, ci fa ca-dere nelle tenebre, mentre il perdono ci ridà la luce e l’amo-re. La gioia dell’annuncio della parola di Dio è stata seguita da manciate di coriandoli lan-ciate dai pulpiti che ci hanno inondato come la pioggia che fa germogliare la terra sulle note del canto; al momento dello scambio della pace tutti hanno avvolto la fascia intor-no al polso e hanno stretto la mano al vicino come invito a creare relazioni di pace tra i vari continenti. Al termine, un canto missionario in spagnolo

La Lettera [35]giugno ‘15

ha introdotto la riflessione del Vescovo che è stata precedu-ta dal racconto di un aneddoto della vita di San Francesco, il quale doveva recarsi con un fratello in chiesa a predicare, ma la strada è diventata per loro il luogo dove annunciare e testimoniare il Vangelo di Gesù compiendo gesti d’amo-re verso chi era sul loro cam-mino. Alla domanda su come annuncia il vangelo oggi, il Ve-scovo ha risposto così: ASCOLTARE PER PARLARE cioè ascoltare la parola di Dio e ascoltare le persone; ascol-tare è faticoso, ma solo se ascolto bene e tanto, posso poi parlare. VEDERE E MOSTRARE, cioè solo se vedo le necessità de-gli altri, solo se vedo come vi-vono, posso mostrare e dare testimonianza di una vita cri-stiana. STARE PER ANDARE, cioè solo se sto in mezzo agli altri e se sto con Gesù nella preghiera, nell’Eucarestia, nei sacramen-ti, posso partire per portare l’ annuncio del Vangelo. Dopo questo breve pensiero è stato donato al Vescovo Francesco

Il vescovo nel pomeriggio, nel teatro del Seminarino gremito di persone, ha parlato agli adulti sul tema della missione e dell’Eucaristia. «La missione è annunciare il Vangelo, senza mai stancarci di ritornare al Vangelo. Missione è avere parole e vita che parlano di Vangelo. Ci viene chiesto di percepire, di vivere e di trasmetterne la bellezza, perché si possa vedere la gioia che ha conqui-stato la nostra vita». Nella sua riflessione ha tracciato alcuni tratti dell’Eucaristia. «L’Eucaristia è il modello della mis-sione e vivendo l’Eucaristia prendo la forma di Gesù missionario. È sempre un gesto comunitario, così come lo è la missione. Non si impone, ma è una proposta. Questa è la missione, che non av-viene per costrizione o seduzione, ma per attrazione che porta a Dio. La missione è un annuncio di pace che risuona ancora più forte in questi tempi in cui ciò che avviene può far nascere sen-timenti di rivalsa e di vendetta. La missione che prende forma dall’Eucaristia ci chiede di andare nel mondo con uno stile di pace». Il Convegno è stato caratterizzato anche dal progetto« Un euro per ... ». Con quella piccola cifra si può provvedere al cibo di un giorno per un bambino o un adulto delle comunità dei sacerdoti fidei donum a Cuba. Le molte persone presenti al convegno hanno sostenuto con generosità il progetto, che ha voluto essere un segno concreto di comunione con quella terra.

LE IMPRESSIONI DEI RAGAZZI:-L’anno prossimo tornerò an-cora al convegno perché mi è piaciuto urlare il nome del no-stro Vescovo Francesco che ci ha accolto. Elisa-Mi è piaciuto il racconto di Francesca sulla sua missione in Africa. Greta-La messa è stata bella e alle-gra. Giorgio-Mi ha colpito la nostra anima-trice che ci ha raccontato del suo viaggio in Africa. Mi ha molto emozionato vedere il vescovo Francesco e ascoltare le sue pa-role. Ho capito che tanti ragazzi ci mettono davvero il cuore a es-sere missionari. Michela-Mi ha colpito il sentire come i bambini in Etiopia rispettino le loro cose. Elena-E’ stato bello suonare tutti in-sieme in chiesa lo strumento musicale costruito dai bambini del Malawi per noi. Alice

un pane grandissimo che lui ha mostrato a tutta l’assem-blea, commentando che l’a-vrebbe sicuramente condiviso e ha invitato i partecipanti a rispondere: “Ci sto” al manda-to missionario, che è accet-tare di condividere, di donare, di testimoniare e annunciare la fede in Gesù. L’Eucarestia ci affida la missione, perché dall’Eucarestia viene la forza di annunciare il Vangelo e di vivere la carità. Come presen-te è stato distribuito a tutti un oggetto realizzato dai bam-bini in terre di missione, una specie di strumento musicale che creava tintinnio e ciò ha contribuito a riempire il clima di festa. La giornata è prose-guita con il pranzo insieme, con i giochi nel pomeriggio e la scambio dei cartoncini su cui ciascun ragazzo aveva scritto le belle cose che vorrebbe do-nare agli altri: un sorriso, l’a-micizia, l’affetto, un aiuto…alla fine ci siamo di nuovo radunati tutti insieme per il saluto fina-le, la preghiera del Padre No-stro e la partenza verso casa con l’impegno ad essere dei PICCOLI MISSIONARI!

La Lettera [36] giugno ‘15

Non c’è alcun dubbio: è l’appuntamento più atteso dell’estate da bambini e ragazzi. È un momento di aggregazione e di divertimento, di giochi, di storie, di colori, di balli e di canzoni; ma è anche un momen-to di riflessione e di preghiera. È il Cre. Ecco, in 10 punti, quello che sarà il Cre in versione 2.015.

1) Il Tema. Quest’anno al CreGrest si starà “Tutti a Tavola”. Quale altro poteva essere il tema prescelto nell’anno dell’Expo? Forse non ci abbiamo mai pensato, ma l’atto del mangiare può essere capace di dire chi è l’uomo, di raccontarne l’identità più profonda. L’uomo che mangia mostra di avere una necessità, l’uomo che mangia è una persona che ha bisogno di qualcosa che da solo non può darsi. Inoltre, la ne-cessità del mangiare mette l’uomo in una rete di relazioni e rapporti, con il resto del Mondo ma anche con il prossimo. Mangiare (e mangiare bene) vuol dire anche incontrarsi, uscire da se stessi. Mangiare è quindi mettersi in relazione con sé stessi e con gli altri, compresi, ovviamente, coloro che sono diversi.

2) Le canzoni. Anche quest’anno il Cregrest avrà un Cd con tutte le canzoni (quindici) che sapranno ac-compagnare, ma soprattutto rendere più movimentate, le giornate negli oratori. Nel Cd ci saranno an-che delle canzoni dedicate ai bambini della scuola dell’infanzia, una dimostrazione in più dell’attenzione particolare che quest’anno il mondo del Cre ha scelto di dare ai più piccoli. Non solo. Nel Cd ci sono anche degli speciali contenuti multimediali (i testi delle canzoni con gli accordi musicali, suonerie, sfondi per il desktop del computer, e molto altro).

3) I balli. Per i balli ci si deve spostare su YouTube: nell’apposito canale “Divertiballi” si potranno trovare i video di “Tutti a Tavola” (ovviamente l’inno di quest’anno), “Not my bread alone” e “Buon appetito”. Ma ci si poteva accontentare dei video di quest’anno? Certo che no! E allora ecco pronti per ballare tutti i video delle coreografie dei Cregrest dal 2000 fino a oggi. E poi anche i videokaraoke per cantare le canzoni di quest’anno.

4) La storia. Ogni Cre ha una storia. Quella di quest’anno prende spunto da “La torta in cielo” di Gian-ni Rodari, ma viene riproposta e riadattata appositamente per l’occasione dalla scrittrice bergamasca Giusi Quarenghi.

5) Vero Pane. Il Cre deve essere anche momento di riflessione e di preghiera. Ecco allora la canzo-ne-preghiera di questa nuova edizione.

La Lettera [37]giugno ‘15

CALENDARIO ESTIVO• Feste Patronali dal 13 al 24 giugno.• C.R.E. “Tuttiatavola” dal 22 giugno al 17 luglio in Oratorio.• Dopo la formazione animatori CRE di maggio, full-immersion 10 giugno.• BABY-C.R.E. dal 6 al 31 luglio alla Scuola dell’Infanzia.• Vacanza estiva ADO e 3 media a Cesenatico:

dal 20 al 26 luglio (iscrizioni entro il 31 maggio)• Biciclettata “Dal lago al Mare” (Peschiera-Venezia)

dal 3 al 7 agosto (aperta dai ragazzi di seconda media in poi).• Mare stile familiare dal 9 al 16 agosto,

presso il Villaggio turistico Ge.Tur. di Lignano Sabbiadoro.• Festa di Comunità dal 21 agosto al 6 settembre.

6) Gustare e condividere. Questi sono i due verbi chiave, quelli che racchiudono l’esperienza del Cre di quest’anno. Gustare, perché il Cre è un’esperienza che deve far venire l’acquolina in bocca, e condividere, perché insieme tutto è più bello (e, quest’anno è proprio il caso di dirlo, più buono).

7) Dai bambini agli adolescenti. Chi pensa che il Cre sia “roba da poppanti” deve ricredersi: qui non ci sono solo attività per i più piccoli, ma anche tantissime cose da fare per i più grandi. E quest’anno sono ben 27 le attività (di ogni genere) pensate appositamente per gli adolescenti.

8) Cre 2.0. Anche il Cre sta al passo con i tempi. Oltre alla pagina YouTube per i balli e alla pagina Facebook dove trovare tutte (ma proprio tutte) le informazioni, c’è, anche quest’anno, una app da scaricare sul cellulare (su ogni tipo di cellulare!), per tenere a portata di mano tutta l’esperienza del Cre.

9) Opportunità. Il Cre è un’opportunità per stare insieme, per divertirsi, per imparare qualcosa. E da quest’an-no è anche qualcosa in più: tutte le scuole della Provincia di Bergamo, proprio da quest’anno, offrono la possi-bilità di equiparare l’attività come animatore a uno stage. Le attività in oratorio da quest’anno valgono doppio!

10) Divertimento. Questo punto non ha bisogno di nessuna spiegazione, vero?

ONORANZE FUNEBRIDELL’ISOLA s.r.l.

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La Lettera [38] giugno ‘15

[A cura di Stefano Nava]CruciPalio

ORIZZONTALI1 Nota famiglia di Organari che costruì nel 1851

l’organo della chiesa prepositurale di Palazza-go

8 Località della contrada dei BLU17 Artista la cui scuola scolpì l’Addolorata che si

trova a Palazzago24 Veste liturgica costituita da un panno di lino

bianco e rettangolare munito di due nastri in tessuto, che viene indossato dai sacerdoti con la funzione di coprire il collo.

25 Dario drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore e scenografo italiano.

26 Album dei The Beatles del 196627 Intelligenza artificiale29 Toro greco30 Allegra, contenta31 Montagna delle Prealpi Bergamasche alta

1.392mt. circondata da boschi e la cui sommi-tà è ricoperta da un ampio prato erboso

33 Uccello passeriforme della famiglia dei fringil-lidi residente nell’Italia Settentrionale

36 Un medievale patrono… delle contrade37 Valutazioni dei beni immobili e delle relative

rendite38 Santi…40 Lo sono spesso i gemelli41 Colore di frazione44 Argilla espansa

46 Marmoreo… Toscano

49 Nel gergo di internet…neofita50 La vita nei prefissi52 Popolare sito di commercio elettronico53 Famosa marca di batterie tampone55 Giuseppe in Arabia56 Il metallo che può provocare... la febbre58 Risplende in appositi tubi59 Porgere, offrire60 Vento caldo e asciutto, e porta cielo sereno e

visibilità ottima.63 Era una famosa compagnia aerea americana64 S’adorava in Egitto66 Il colore che porta contraddistingue anche la

Li nea 5 della metropolitana milanese69 Sigla di una città campana70 Asiatica di Damasco72 Si alternano in mare73 Pianta della famiglia delle palme che cresce

solo in Amazzonia75 Lavoro ma senza loro76 L’immagine della ricorsività77 La C cerchiata anglosassone78 E’ Purple in una famosa canzone79 All’inizio dell’evento80 Un angolo di mondo quieto e silenzioso82 Velivolo passeggeri a medio raggio83 La provincia di Bitonto

La Lettera [39]giugno ‘15

84 Ripetuto indica lo sferragliare dei treni a vapore86 Nella punta e nel tacco87 Una società che appartiene al gruppo Mediaset88 Brodaglia o cibo dal sapore sgradevole92 C’è quella di don Todeschini, di don Ceroni e

persino del Barlinèt e degli alpini96 Uno dei profeti minori di Israele, le cui profezie

sono riportate nell’omonimo libro biblico.99 Il centro di Biella100 Roccia filoniana basica, del gruppo dei lamprofiri102 I cori... delle api in volo103 Isotopo radioattivo del radon105 Iniziali del “Liga”106 Torrente che da il nome ad una Reale squadra

di calcio108 Lo attraversa un ponticello110 Nella forma e nella sostanza111 Una tipologia di file per CAD113 Feci riprendere i sensi115 Denota... presenza di spirito116 Famoso animale di contrada inglese

VERTICALI1 Parte di Frazione Verde2 Dimezza il valore3 Rifatto, riadattato, rimaneggiato4 Il cuore del gatto5 Svuotato di energie6 Capoluogo al centro della Valtellina (sigla)7 Fino al 1996 aveva il colore Viola8 Quelli Rossi abitano qui9 Sono sede di dolorosi calcoli10 Le seleziona l’enologo11 Provincia dell’Emilia Romagna12 Cuore di mela13 Estensione per file video14 Lega Europea delle Università di Ricerca15 Lo studio e la descrizione delle montagne16 Il suo nome risuona nella banda18 Un “ma” virgiliano19 Esposi i fatti con dovizia di particolari20 Lo è ciò che hai pagato

21 Amalgamate armonicamente22 Network Operation Center23 Linea che congiunge i punti nei quali si registra

la stessa nuvolosità media in un determinato periodo di tempo

25 Federazione Italiana Sci Nautico28 Associazione Nazionale Lavoratori Anziani31 Città della Spagna settentrionale32 Iniziare in centro34 Grido che incita35 Lo Stato con Cork38 Uno dei patroni delle Parrocchie di Palazzago39 L’autore della pala centrale dell’altare maggio-

re della chiesa Prepositurale di Palazzago42 Formato compresso di Roshal43 Il Nino dei Mille, braccio destro di Garibaldi

(iniz.)44 Sono utilizzati nelle moderne lampade dei fari

delle auto45 Altro modo anglosassone di dire sì47 Prime lettere in Russo48 Sportello per l’orientamento del 51 In binario 1054 Li dilata il calore57 Chiusura di porta nei fumetti58 Nostro in breve61 In India e in Spagna62 Burligo ne racchiude l’arte65 Una protezione per l’automobilista67 Passa... quando è seccata68 Oratorio Palazzago70 La città del matematico e fisico Archimede (sigla)71 La... rete72 Famoso artista bergamasco in chiesa a Palazzago74 Telegramma trasmesso per cavo sottomarino81 Console avversario di Mario84 L’organismo che si occupa delle Olimpiadi85 Un caratteristico 150 Yamaha88 Sostanza secreta da ghiandole89 Un diario pubblico90 Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologi-

ca91 Il simpatico Marcorè della tivù92 Procedura Civile93 La rivale di Amneris94 Scrisse la Critica della ragion pura95 Da’ aria alle baghet97 Con eoli e dori fra le antiche stirpi greche98 Fu parroco a Palazzago101 Ha la sede in un palazzo di vetro (sigla)104 Istituto Internazionale di ricerca107 Sono pari nella prova109 Ultime in teoria112 Attuale parroco di Palazzago114 Sindaco di Palazzago

La Lettera [40] giugno ‘15

Je suis Palazzago[Palio delle contrade 2015]

Il Ventisettesimo Palio delle Contrade ha visto protago-niste tutte sei le frazioni e ha decretato la vittoria della squadra Blu.Sempre numerose le pro-poste. Interessante è stato aggiungere alla corsa cam-pestre la camminata, alla quale hanno potuto parte-cipare tutte le persone con i propri animali per contribuire

all’assegnazione dei punti alla propria squadra. E’ stata sicu-ramente una bella novità per promuovere e pubblicizzare il palio, ai nuovi residenti ma anche a chi è sì di Palazzago ma ancora non è nell’ottica del vivere attivamente il paese. Avrebbe potuto rivelarsi un’ot-tima attività anche il gioco notturno, che purtroppo non si è svolto causa mal tempo.La nostra squadra è risulta-ta vincitrice per soli due punti dai secondi classificati: questo dimostra che tutti i parteci-panti della nostra frazione si sono rivelati fondamentali per il successo. Per giungere alla vittoria un po’ di fortuna serve, ma la cosa più importante è che le persone si mettano in gioco, non perché costrette, ma perché credono

in quello che fanno, lascian-dosi coinvolgere dallo spirito di squadra e cercando di dare il meglio di sé. La vittoria di questo palio è stata per noi un’enorme soddisfazione per-ché dopo sette anni di scon-fitte finalmente anche i Blu sono tornati alla ribalta con una squadra giovane, allegra e motivata. Un grazie al comitato organiz-zatore del Palio che come ogni anno si impegna per program-mare le varie attività, met-tendoci tempo e passione per pensare a qualcosa di nuovo, che renda questo appunta-mento sempre più interes-sante e competitivo.

Il Capitano e la squadra dei Blu

La Lettera [41]giugno ‘15

[a cura di Fabrizio]Consiglio Affari Economici

RENDICONTO ENTRATE ANNO 2014 Rendite Immobiliari € 2.001,66

Offerte festive Parrocchia Offerte festive chiese frazioni

€ 20.962,47 € 12.000,00

Offerte Celebrazione Sacramenti € 8.790,00 Offerte per candele € 4.908,77 Offerte raccolte straordinarie € 8.191,81 Offerte varie € 13.171,42 Erogazioni libere deducibili (per Casa) € 36.723,50

Totale offerte € 101.576,55 Contributi da Enti Pubblici e altri € 6.000

Feste Oratorio (Serate, feste patronali, Festa di Comunità..)

€ 120.053,47

Iniziative estive Oratorio (Cre, Baby Cre,Mare ado, Biciclettata…)

€ 51.526,5

Totale entrate attività Parrocchiali e Oratoriali

€ 171.579,97

Entrate Bar e sale Oratorio € 21.806,15 Alienazione terreno Montebello € 110.000,00

TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE € 413.960,66

RENDICONTO USCITE ANNO 2014 Assicurazioni € 2.670,00

Imposte e tasse € 4.561,16 Remunerazioni professionali € 16.598,38

Spese Generali e Amministrative € 38.279,01 Bar Oratorio € 17.803,41 Feste Oratorio € 92.204,97 Iniziative estive Oratorio € 39.515,82 Carità – Missionari € 7.690,77

Totale Uscite Attivita’ Pastorali Oratoriali € 157.214,97 Manutenzione ordinaria e straordinaria € 35.656,18

Tributi Curia € 6.962,00 TOTALE USCITE ANNO CORRENTE € 261.941,70

Confrontando gli ultimi tre anni, si ha questo prospetto: anno 2011 entrate € 235.883,83 uscite € 219.435,34 anno 2012 entrate € 282.232,54 uscite € 310.618,98 anno 2013 entrate € 243.224,09 uscite € 242.137,57 anno 2014 entrate € 413.960,66 uscite € 261.941.70 Sulla Lette…Rina , lungo l’anno, vengono indicate le entrate e le uscite di Comunità. Una volta l’anno, sulla Lettera, pubblichiamo il bilancio, quello economico, perché, si sa, quello più importante della sequela del Signore lo conosce Lui. Qui stiamo ai numeri che, certamente, dicono qualcosa di noi, del sentirsi parte, di alcune scelte, di un aiuto che giunge attraverso vie diverse: nell’obolo alle messe, nella discrezione e nell’anonimato, in forme più manifeste, attraverso le classiche buste o l’aggiungi un posto a tavola (vd sacramenti), nelle sorprese che a volte ci sono.

Confrontando gli ultimi tre anni, si ha questo prospetto:anno 2012 entrate € 282.232,54 uscite € 310.618,98anno 2013 entrate € 243.224,09 uscite € 242.137,57anno 2014 entrate € 413.960,66 uscite € 261.941.70

Come leggere il rendiconto della Parrocchia ?La prima osservazione, guar-dando le entrate, potrebbe es-sere: “La chiesa ha i soldi” (lo si sente spesso in giro questo di-scorso…). Se poi si guardano le uscite devo dire: ”Ne entrano, ma ne escono anche!”Vedo poi la vendita di un terre-no:110.000 €. Capita raramen-te, ma nel 2014 è successo: quel gruzzolo rimane per poter iniziare i lavori della Casa di Co-munità.Leggo le diverse voci e trovo tanta generosità: nelle elemo-sine, nelle celebrazioni, nelle ini-ziative parrocchiali e oratoriali, nell’intraprendenza e disponibi-lità di tante persone e volontari.Più che i numeri - o comunque insieme e dentro questi- mi me-raviglia il “sentirsi parte”.Sì, perché uno dà se si sente di qualcuno, se vede che “le cose si fanno”.Allora ha senso raccogliere per sistemare l’Oratorio e le Chiese, per restaurare un’opera d’arte, per dare una mano a chi non ha niente e alle realtà che dicono di una chiesa aperta alle missioni, alle emergenze, alla cultura, alla formazione…Preparare il rendiconto annua-le - che viene inviato alla Curia, insieme agli estratti conto, fir-mato dai membri del Consiglio Affari Economici e pubblicato - significa avere la consapevolez-za di dover rendere-conto.Rendere conto perché i soldi di una Comunità entrano ed esco-no.Rendere conto perché si è am-

ministratori e non padroni.Rendere conto perché si è a ser-vizio del Regno vedendo scorre-re tra le mani anche i soldi, mai fine, ma mezzi con i quali si può

fare qualcosa.Qualcosa abbiamo fatto anche nel 2014 e molto ci attende in questo anno. Ma è bello vedere che non sono solo numeri.

La Lettera [42] giugno ‘15

Pillole

Abbiamo continuato, anche nella Quaresima 2015, l’alfabeto inizia-to con le Parrocchie della zona pastorale alcuni anni fa, ritrovandoci a Barza-na, Palazzago e Grom-longo per declinare la D di Dio. Questi incontri di catechesi sono stati mol-to partecipati, dando un quadro interessante delle tre religioni monoteiste: Dio nell’Islam con don Massimo Rizzi, Dio nell’e-braismo con Mons. Patri-zio Rota Scalabrini e Dio nel cristianesimo con don Giovanni Gusmini.Continueremo ancora: dopo le tre A (assemblea), le tre T (tesoro) , le tre C (credo), e le tre S (santità), e… le tre D, cosa ci aspet-terà?

Cresimandi del Vicariato, a rapporto! Centinaia di ragazzi si sono incontrati con catechisti, genitori e sacerdoti a Pontida, per un pomeriggio di festa con il Vescovo Francesco. Davanti alla Basilica una colomba ha tracciato il volo dello Spirito che nel tempo pa-squale raggiunge le nostre Comunità. Poi la preghiera e le doman-de rivolte da alcuni cresimandi al Vescovo, ascoltato con attenzio-ne. Foto di rito dei vari gruppi, merenda e animazione. Ma quali sono gli altri simboli dello Spirito?

“Pensa come sarebbe bella una cascata di fiori da quel muro in pietra…” Qualcuno ha sentito ed ecco vasi di terracotta riempiti di gerani, pronti a ravvivare il centro storico nel caldo dell’estate e biglietto da visita della maestosa chiesa parrocchiale. Del resto per fare di Palazzago una “piccola Svizzera” si può partire anche dai fio-ri…Grazie alla coppia che ha donato e a coloro che hanno messo in sicurez-za i vasi. Ah, se qualcuno avesse intenzione di ri-fornirsi lì di gerani, faccia prima un sorriso alla te-lecamera (in Svizzera ci sono anche queste).

Davide Invernizzi, il nostro seminarista più grande, ha rice-vuto il Lettorato il 7 maggio nella celebrazione delle 7 del mattino (un tempo si sposavano presto le ragazze in stato interessante): questi sono gli orari della messa quotidiana in Seminario. Qualcuno ha chiesto: adesso può leggere in chiesa? Anche, ma il Lettorato è un ministero che ritma il cammino di preparazione al sacerdozio, con tutta la passio-ne, lo studio e l’annuncio della Parola. Davide è in teologia, al quarto dei sei anni necessari per l’ordinazione. Poi ci sarà l’Accolitato, il Diaconato e il Presbiterato. Buon cammino verso il fatidico 2017.

La Lettera [43]giugno ‘15

Cosa c’è di bello a Verdello? Che è vicino a Po-gnano -ombelico del mondo- che fino al 2000 aveva come curato don Giampaolo, che… L’ab-biamo capito il 1 maggio, quando, con il pelle-grinaggio delle Parrocchie della zona pastorale, abbiamo raggiunto il Santuario della Annun-ciata. Non poteva che presiedere l’Eucarestia don Lorenzo, visto che da un po’ di tempo sta celebrando le sue “ultime” messe tra noi. Ma-gari, il prossimo anno andremo verso il lago. Là ci sarà un santuario? (per ora sappiamo che ci sono tre case parrocchiali. Della serie: chi trop, chi mia…).

Altra “ultima volta” di don Loren-zo: l’incontro dei gruppi missiona-ri, di cui lui è il referente vicaria-le. Ci siamo trovati all’Oratorio di Curno. Don Arturo Bellini ha trat-teggiato la figura di don Alessan-dro Dordi, sacerdote bergamasco che sarà beatificato il prossimo novembre in Perù, dove abbrac-ciò il martirio con le armi “della croce, della Bibbia e della carità”. Così disse di lui nel processo il capo di Sendero Luminoso. Il libro da poco uscito si intitola “Sandali che profumano di Vangelo”. L’autore è don Arturo che è stato parroco a Verdello.

“Nonostante i vari inconve-nienti che abbiamo incontrato (appartamento libero dalle ore 17,00; maltempo; Leo che ci ha scaricato il film previsto in lingua inglese, le poche ore di sonno…) è andato tutto bene. Don Maurizio, ci ha fatto visita alle 9.00 mentre facevamo co-lazione e ha detto che non ci ha per nulla sentito… sarà vero??? Comunque lo abbiamo invitato a pranzo e ha gustato un piat-to di lasagne preparato dalle mamme . Peccato proprio per il brutto tempo che ci ha costretti a trascorrere il pomeriggio della domenica in casa... non che i ra-gazzi fossero dispiaciuti... anzi... erano ben contenti di stare al calduccio...”Così Erika -la catechista- sin-tetizzava in una mail i due giorni vissuti con il gruppo di terza media in Roncola. Non l’ha scritto, ma sono andati anche a messa.

Festa degli amici di Clack-son in Seminario, con un concentrato di ostensori. Era infatti questo l’og-getto liturgico che è stato costruito dai chierichetti delle diverse parrocchie della Diocesi per l’incon-tro annuale. Volevamo portare la nostra raggie-ra delle Quarantore, ma avremmo stravinto. Allo-

ra ne abbiamo presentati due: uno “umano” (con un ragaz-zo vestito) e uno fatto di pasta pazientemente assemblato per il riferimento al grano e all’Eucarestia. Sul palco si è vi-sto anche Davide (vedi sopra) nelle vesti di un chierichetto in fuga con un ostensorio…

Battesimi

Domenica 19 aprile, ore 11.30Nicolò Di Lecce di Lucio e Mariapia Cavallo, nato il 3 dicembre 2014

Celeste Mendolaro di Giuseppe e Micaela Preda, nata il 20 aprile 2013Greta Hayani di Jalal e Sara Arrigoni, nata il 24 novembre 2014

Nicolò

Celeste

Domenica 17 maggio, ore 10.30Oscar Panza di Alex e Battaglia Rita, nato il 18 gennaio 2015

Paolo Pellegrinelli di Romeo e Pezzoni Anna Maria, nato il 30 agosto 2008Andrea Pellegrinelli di Romeo e Pezzoni Anna Maria, nato l’11 ottobre 2014

Leo Spiranac di Dalibor e Jerkic Spiranac Sladana, nato il 31 gennaio 2015

Oscar

Paolo

Andrea

Leo

Greta

Sabato 14 marzo(al Papa Giovanni XXIII, Bergamo)Gabriele Pedrettidi Matteo e Locatelli Daniela,nato il 7 febbraio 2015

La Lettera [44] giugno ‘15

La Lettera [45]giugno ‘15

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Gianbattista Riceputi e Michela RotaSantuario San Donato, Osio Sotto, 24 aprile 2015

Gianbattista Riceputi Michela Rota Marta Benedetti e Andrea Vanghichiesa della Visitazione, Brocchione, 25 aprile 2015

Marta Benedetti Andrea Vanghi

DefuntiLOCATELLI GIOVANNIdi anni 73,deceduto il 10 febbraio 2015

Sempre è vivo il tuo ricordo nel cuore dei tuoi cari.

VISCONTI AMALIAved. Invernizzi di anni 90,deceduta il 15 febbraio 2015

“La salverò, perché a me si è affidata;la esalterò perchéha conosciuto il mio nome.Mi invocherà e le darò risposta;presso di lui sarò nella sventura,la salverò e la renderò gloriosa.La sazierò di lunghi giorni E le mostrerò la mia salvezza”.

Un ricordo dai tuoi cari

MAZZOLENI CATERINA detta Pieradi anni 100,deceduta il 18 febbraio 2015

Così come hai vissuto, silenziosa-mente te ne sei andata.Porteremo nel nostro cuore i tuoi in-segnamenti di bontà e semplicità.

I tuoi cari

ROSSI VALENTINOdi anni 83,deceduto il 2 marzo 2015

Nessuno muore sulla terra finchè vive nel cuore di chi resta.

I tuoi cari

ISACCHI MAFALDAved. Tironi di anni 83,deceduta il22 marzo 2015

Le persone ce le portia-mo dentro quando non possiamo averle accanto.

I tuoi cari

BENEDETTI ENIOdi anni 71, deceduto il24 marzo 2015 a Seriate,funerato e tumulatoa Palazzago

Chi resta nel cuore vive per sempre.

I tuoi cari

ROTA CARLO BATTISTAdi anni 76,deceduto il29 marzo 2015

Le persone che amiamo e che abbiamo perduto, non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo.

(Sant’Agostino)

PELLEGRINELLI ELENAdi anni 22,deceduta il31 marzo 2015

Quante domande, quanti perché.Cara Elena aiutaci a com-prendere le mille rispo-ste.

Ora rivedrai il volto del tuo amato papà e dei tuoi cari, veglia sulla tua mamma e su tutti noi.

La Lettera [46] giugno ‘15

AnniversariPELLEGRINELLI DONATO(16.03.2008 - 16.03.2015)

Il tempo passa, ma nel nostro cuore vive ogni giorno il tuo dol-ce ricordo.

Moglie e figli

PERICO ALESSANDROdi anni 66,deceduto il 10 aprile 2015

Dallo stabat Mater:“O Cristo, nell’ora del mio pas-saggio fa’ che, per mano a tua madre, io giunga alla meta glo-riosa. Aprimi, Signore, le porte del cielo, accoglimi nel tuo re-gno di gloria”.

I tuoi cari

TIRONI FELICINAved. Benedettidi anni 88,deceduta il 2 maggio 2015

Signore rendete a lei in felicità tutto quello che ha dato a noi in amore e tenerezza.(Sant’Agostino)

I tuoi cari

CASTELLI PRIMO(6.03.2014 - 6.03.2015)

Ad un anno di distanza dalla tua morte non possiamo fare altro che convivere con il vuoto incol-mabile che hai lasciato, ci man-chi tanto.

I tuoi cari

MAZZOLENI FRANCESCO(30.06.2000 - 30.06.2015)

Il tempo passa, ma il ricordo di te rimane sempre vivo in noi.

I tuoi cari

GUALANDRIS LUCIAved. Rota Caremoli(21.04.2003 - 21.04.2015)

Il tuo infinito amore è sempre vivo in noi, quale esempio di vita che ci accompagna ogni giorno. Grazie Mamma, grazie Nonna.

La comunità di Palazzago ricorda il suo medico Dott.Giovanni Agazzi che per anni ha svolto la sua professio-ne con grande umanità e dedizione, accanto la moglie Helene.

CEFIS DAVIDE(2011 - 2015)

Non si dice mai addio a chi por-tiamo dentro al nostro cuore, è a te che va il pensiero di ogni giorno con l’amore di sempre.

I tuoi cari

FINAZZI CAROLINA(23.08.1980 - 23.08.2015)

Il tempo non cancella, ma rav-viva nei nostri cuori ciò che sei stata per ognuno di noi.

La tua famiglia

FUMAGALLI ALDO(18.02.2007 - 18.02.2015)

Il tuo ricordo è sempre vivo nei nostri cuori.Da lassù veglia su di noi e pro-teggici.

GIOVANNI AGAZZI(1988 - 2015)

HELENE KIRKEBNER(1985 - 2015)

FESTA DEL PATRONONATIVITA’ DI GIOVANNI BATTISTA

Sabato 13 giugno• Ore 19.00 Festa contadina sulla piazza don Battista Ceroni

Domenica 14 giugno• Ore 09.00 apertura Sagra del Prodotto Tipico• Ore 10.30 Santa Messa con anniversari di matrimonio• Ore 15.00 spettacoli di magia con il Mago Benny

e laboratori per bambini • Ore 17.00 degustazione di polenta, salame e formaggio

offerto dalla Proloco• Ore 18.00 Santa Messa

con promessa d’impegno Terza Media

Mercoledi 17 giugno• Nel Pomeriggio Festa Anziani

nella tensostruttura dell’Oratorio

Giovedi 18 giugno• Ore 20.30 Concerto d’organo

del Maestro Marco Giovanardi in Chiesa Parrocchiale

Sabato 20 giugno• Ore 21.00 Concerto Banda Musicale

Gioacchino Rossini

Domenica 21 giugnoFesta patronale Natività San Giovanni Battista• Corsa Mountain bike organizzata da Malvestiti Cerchi• Ore 10.30 Santa Messa con Memoria del Battesimo• Ore 18.00 Santa Messa e Processione

presiedute da Monsignor Maurizio Malvestiti, Vescovo di Lodi e Mandato animatori del C.R.E. e baby C.R.E. 2015

Lunedi 22 giugno • Inizio C.R.E 2015 “Tuttiatavola”

Mercoledì 24 giugno: Nativita’ di San Giovanni• Ore 20.30 Santa Messa del Patrono

con Festa Genitori C.R.E.• A seguire lancio delle lanterne volanti

SAGRA DEL PRODOTTO TIPICODOMENICA 14 GIUGNO 2015

Centro di Palazzago - Via Ca’ Curti(in caso di maltempo: Area Feste)

Ore 9.00: apertura Sagra con esposizione di commercianti e hobbisti. Formaggi, salumi, vino, olio, marmellate, dolciumi,... oggetti di artigianato locale fatti a mano (vasi dipinti, lavori a maglia

e uncinetto, mobili d’epoca)

Ore 15.00: spettacoli di magia con il Mago Benny e laboratori per bambini

Durante l’intera giornata: Vendita libri usati

(il ricavato sarà devoluto Onlus Domiti lla Rota)Ricco buffet offerto dai nostri

ristoratori locali

Ore 19.00 Festa contadina sulla piazza don Battista Ceroni

Ore 10.30 Santa Messa con anniversari di matrimonioOre 15.00 spettacoli di magia con il Mago Benny

Ore 17.00 degustazione di polenta, salame e formaggio

del Maestro Marco Giovanardi in Chiesa Parrocchiale

Nella settimana patronale ci saranno gli ultimi appuntamenti di incontro e preghiera nelle case e...

...FINALMENTE l’inizio ufficiale dei lavori di ristrutt urazione della CASA DI COMUNITA’!

IL GIORNO PRIMA DELLA FESTA Col cavaI di Francesco,quale nobil destriero, scende Mario, il sacrista, giù per l’erto sentiero, ché diman c’è la festae oggi c’è un gran daffare, di buon grado s’appresta, va la chiesa ad ornare; don Giuseppe, assistendo, mani in man non sa stare, lui consiglia, aiutando chi non sa come fare; quadri, lampade, ceri, stoffe multicoloritra le panche e, agli altari, un tripudio di fiori; ci son Franca e Fernanda che li sanno accostaree alla fin non v’è “banda”

ove possan mancare. Della Vergin la statua, col vestito più bello, per posarla sul trono tolta l’han dal “sacello” la Giselda e “comari”con i lor buoni intenti, rivestiti han gli altari di tovaglie splendenti;e c’è poi Margheri tache con scope e scopini fatto ha piazza pulita anche negli angolini. Or che l’opera è conclusa e il bel tempio risplende, tutti tornano a casa mentre Sera già scende.

Palazzago, 14 Marzo 2015 Umberto Varani

Prime Comunioni 17.05.1970

era il 1956