La Lettera Giugno 2014

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Bollettino Parrocchiale della comunità di Palazzago. Giugno 2014

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INDICE03 Editoriale04 Opere segno in diocesi05 I care, prendersi cura...07 Gallo canente, spes redit08 Incontro genitori prima Riconciliazione10 Quo Vadis? - Cresima -12 La cura - Prima Comunione -14 La straordinaria bellezza della normalità17 San Giuseppe: giusto, custode e silenzioso18 Chi va in missione non ha mai un perché

ma solo un per chi19 Canonizzazione23 Madonna addolorata23 Innamorata, vedova e sposa26 Cre 2014: Piano Terra27 Le sett e lett ere dell’Apocalisse32 Gesù, uomo delle beati tudini34 Palio 201436 Maria donna dell’att esa38 Concorso Cartolandia39 Batt esimi40 Defunti 41 Anniversari43 Festa del Patrono

orArI SANTE MESSE DALL’1 GIUGNo

Sabatoore 18.00 Beitaore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 08.00 Montebelloore 09.00 Beitaore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni FerialiLunedì ore 20.00 Brocchione (cappella) Martedì ore 20.00 PrecornelliMercoledì ore 20.00 BeitaGiovedì ore 20.00 CimiteroVenerdì ore 20.00 Ca’ rosso

rECAPITI Don Giuseppe 035.550336-347.1133405Don Lorenzo 035.540059-339.4581382oratorio e Sagresti a 035.551005

[email protected]

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certi fi cati , prati che, richieste, fotocopie, riti ro materiale,...

STILL LEBENNon abbiamo mai messo un fiore in copertina.Lo facciamo con questa natura morta, ancora di Arcabas: Fleur de magnolia, pensando a tutte le pagine che in questa Lettera ci raccontano cosa è successo tra noi, nella Chiesa e nella famiglia umana in questi mesi.Un fiore, come quelli che dialogano nelle nostre celebrazioni con i riti, i simboli, il Mistero…Un fiore, come quello regalato alla mamma, all’innamorata, alla sposa, a Maria…Un fiore, come un “fioretto”, un impegno, una decisione…Un fiore, come quello posto accanto ai nostri cari che ci lasciano…E’ strano però che noi chiamiamo natura morta un soggetto di poetico naturalismo come questo!Gli artisti del Nord, lo chiamano invece still leben, vite silenziose.Bello, no?Vita silenziosa che sprigiona colore, profumo, festa.Vita silenziosa che obbliga alla contemplazione e allo stupore.Vita silenziosa come quella di tanti che non si impongono ma cambiano la storia.Che abbia qualcosa a che fare con la vita silenziosa del sepolcro scavato nel giardino?

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e d i t o r i a l e

Dice di avere un carissimo amico a cui da tem-po – da circa cinquant’anni – va dicendo di decidersi per una vera conversione ma senza successo alcuno, anzi peggiorando. E, alla fine, conclude rivolgendosi agli ascoltatori: “Chi è questo mio ami-co carissimo? Sono io!”. Così scriveva Giuliano di Veze-lay, monaco be-nedettino, nel lontano 1100 ma la verità del-le sue parole non è poi così lontana.Forse è anche la nostra consa-pevolezza guar-dando l’itine-rario che ci ha condotti alla Pa-squa. Ricordate?La cenere degli inizi, il deserto della tentazione, il monte della trasfigurazione, il pozzo della sete di verità, la piscina di Siloe, il cattivo odo-re di Lazzaro, l’osanna della folla e il crucifige della città, l’intimità della cena, il dono d’amo-re sulla croce, il silenzio della terra, l’alba della risurrezione?Ma anche la Via Crucis quotidiana delle tre del pomeriggio, quelle del venerdì sera, i ritiri, l’adorazione, la grande settimana santa con i suggestivi riti preparati e partecipati…Quaranta giorni e poi questi cinquanta nei quali viviamo della luce di Pasqua, sempre nel

grande abbraccio.Non ci siamo sentiti di togliere la croce che ci ha accompagnati; allora anche i sacramen-ti dell’iniziazione li abbiamo celebrati avvolti dalle braccia spalancate che di volta in volta ci

hanno detto: più di così… guarda come ti amo… ti voglio bene da morire… adesso capisci?... quan-do sarò elevato da terra attire-rò tutti a me… amore senza mi-sura…Qualcuno ha anche pian-to guardando e lasciandosi guardare. Mol-ti si sono me-ravigliati, tanti hanno scritto preghiere, pen-sieri, parole… Grazie, grazie a tutti perché ogni piccola te-stimonianza è un grande dono condiviso.Entriamo ora nel tempo dell’esta-te, carico di

iniziative e pro-poste, aperto dalle feste patronali: Giovanni il Battista, con quella mano alzata ci indica il cammino che non è mai fatto una volta per tutte, il cammino appassionato alla sequela di Gesù di Nazareth.

L’ABBrACCIo

Arcabas, Fleur de magnolia, 1997; 54x65 cm, olio su tela

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“Care sorelle, cari fratelli, donne e uomini di buona volontà di questa cara e generosa terra bergama-sca: il segno della cenere rimane del tutt o limitato, addiritt ura sterile, se non raggiunge la coscienza di ciascuno, se non ci sprona a uscire dai nostri ti -morosi e incancreniti egoismi, se non alimenta un modo di vivere capace di nutrire la speranza a par-ti re dai gesti più quoti diani di vicinanza, compren-sione e aiuto nelle nostre famiglie, tra le nostre famiglie, con le famiglie più povere, con coloro che non hanno più alcuna famiglia.La quanti tà, anche considerevole delle risorse, non può sosti tuire quella conversione dei cuori che è il vero moti vo di questo segno forte che la nostra Chiesa vuol off rire a tutti , perché si comprenda che la strada della risurrezione è essenzialmente la strada di un amore generoso, condiviso, che com-prenda tutti a cominciare dai più piccoli e dai più deboli.I gesti di solidarietà devono diventare espressione e insieme nutrimento di una mentalità risvegliata alle dimensioni della giusti zia, della solidarietà, della bellezza che ne scaturisce, e di modi di vivere che quoti dianamente realizzino questi orizzonti di speranza autenti ca.Si tratt a non solo di rinunciare e di mett ere a di-sposizione risorse economiche, di tempo, di com-petenze, ma di rinnovare i gesti quoti diani di aiuto vicendevole, di att enzione e accoglienza reciproca, proprio cominciando dalle nostre famiglie, dagli anziani e malati , dai piccoli e i poveri, dagli emargi-nati e i disprezzati .Non possiamo delegare a gesti eccezionali, seppur bellissimi, la costruzione di una comunità in cui ciascuno possa veramente ritrovarsi, cominciando da coloro che più concretamente rischiano di esse-re “scartati e dimenti cati ”. Si tratt a di una conver-sione a sti li e scelte di vita e non solo di un gesto nobile, ma isolato. In parti colare per noi cristi ani la conversione ad una carità veramente evangelica a dimensione personale e comunitaria è espressio-ne dell’autenti cità della fede in Cristo Gesù e nutre questa fede.Non possiamo pensare ad una fede separata dalla carità e neppure ad una carità separata dalla fede.

Allora la nostra gioia sarà grande, non per obietti vi e risultati raggiunti , ma perché i nostri cuori e le nostre esistenze potranno assaporare la bellezza della vita buona secondo il Vangelo di Gesù, off er-ta ad ogni persona umana e all’intera umanità resa veramente più fraterna ed ospitale.”

Nei giorni successivi sono state ufficialmente pre-sentate le “opere Segno”, progetti che la Diocesi di Bergamo vuole attuare a partire della Quaresi-ma 2014 che il Vescovo Francesco nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri aveva anticipato.Un percorso contrassegnato dalla vicinanza ai poveri, dalla condivisione con le famiglie che hanno perduto le sicurezze fondamentali del la-voro e della casa, da un rinnovato impegno edu-cativo in direzione della solidarietà ispirata dal Vangelo.Prima - OPERA SEGNO in HAITISoSTEGNo ECoNoMICo per tre anni alla gesti one della Scuola Edile “Papa Giovanni XXIII” presso i Pa-dri Monfortani ad haiti (realizzata e funzionante) Seconda - OPERA SEGNO in ALBANIA ChIESA E LUoGhI PASTorALI parrocchia di Shen-gjin (diocesi di LEzhE in Albania) Terza - OPERA SEGNO in BERGAMOrISTrUTTUrAzIoNE di un ‘luogo’ di accoglienza e di servizio ai più poveri, nel cuore della nostra citt à. Quarta - OPERA SEGNO in BERGAMO FoNDo ‘FAMIGLIA-LAVoro’ per promuovere spe-cifi che azioni di temporaneo sostegno economico e per incrementare la ricerca di posti di lavoro. Quinta - OPERA SEGNO in BERGAMOFoNDo ‘FAMIGLIA-CASA’ per promuovere speci-fi che azioni di temporaneo sostegno economico all’affi tt o per evitare la perdita dell’abitazione.Sesta - OPERA SEGNO nel MONDOProGETTo GIoVANI PEr IL MoNDo 2014 e BorSE di STUDIo pre-dott orato e post-dott orato.

Noi abbiamo cominciato a contribuire al fondo fa-miglia-lavoro nel giorno della Canonizzazione dei Papi; in Quaresima alle Missioni di Bolivia, Costa d’Avorio e Cuba e all’Isti tuto Eff ata di Betlemme.

Dall’omelia del Vescovo mercoledì delle ceneri 2014

OPERE SEGNO IN DIOCESI

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I CArE, PrENDErSI CUrA...Tuniche, vesti e lenzuolo: via crucis venerdì santo

Prendersi cura...E’ l’atteggiamento di un Dio che accetta la sfida di creare un uomo a sua immagine e somiglianza,di un Dio che non abbandona un solo istante le sue creaturedi un Dio che si prende cura di ciascuno di noicome una madre si cura di suo figlio,di un Dio che riveste l’uomo della sua tenerezza

Prendersi cura...E’ l’atteggiamento di un Dio che crea la vitae la ricrea continuamente,di un Dio che continuaad aver fiducia nell’uomo,di un Dio che crede nella bontà dell’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi,di un Dio che muore per amoree regala la sua vita per donarla ai suoi figli.

Prendersi cura...È l’atteggiamento di chi non giudica e non si scandalizza della nudità e fragilità dell’altro,di chi è cosciente della propria nuditàe del bisogno di essere coperti dall’amore dell’altro.

Prendersi cura...È l’atteggiamento di chi crea spazi di vita intorno a sé, di chi ama in silenzio la vita dell’altro,di chi ama gli squalificati della società, gli esclusi dai giochi del mondo senza possibili-tà di cambiare il corso della loro vita e della storia...

Prendersi cura...È l’atteggiamento di chi rischia di persona,di chi abbandona la propria casa e si mette in cammino, di chi diventa straniero a sé e agli altri,di chi perde la propria vita, il proprio sonno, le proprie risorse per chi incontra per la strada...

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La Lettera |6| Giugno 2014

Prendersi cura...È l’atteggiamento di chi entra nella vita dell’altro in punta di piedi, con delicatezza e tenerezza,di chi veglia e attende sempre che l’altro bussi alla porta, di chi ama e spera, giorni, mesi, anni che l’altro ritorni…

Prendersi cura...È l’atteggiamento di chi contempla il Misteroe non si lascia sopraffare dalla paura e dalla ragione, di chi riconosce la propria piccolezza di fronte al mistero della vita e della morte, del dolore e della malattia, di chi custodisce col cuore senza capire con la ragione, di chi accetta la sfida di lasciarsi portare dai venti della passione per la vita...

Prendersi cura...È l’atteggiamento di chi sa sperare contro ogni speranza, di chi vede una luce anche quando è notte fonda di chi lascia maturare i tempi di Dio, di chi respira la speranza e la pazienza di Dio…

I care Prendersi cura…È l’atteggiamento di chi ama,di chi è innamorato dell’Uomo fino a finire sulla croce.Prendersi cura è diventare come Lui…Va’ e anche tu fa lo stesso!

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C’era una volta un gallo che, tutte le mattine, si svegliava molto presto e diceva agli animali del pollaio: “Vado a cantare per far nascere il sole!”.In seguito saliva sul cocuzzolo del tetto, gonfiava il petto e faceva “Chicchiricchì! Chicchiricchì!”.Poi rimaneva in attesa, finché una palla rossa co-minciava ad apparire sopra le montagne ed ad illuminare tutto quanto.Il gallo tornava allora, orgoglioso, dagli animali e commentava: “Cosa vi avevo detto?”.E tutti rimanevano a bocca aperta e pieni di ri-spetto davanti ad un potere così straordinario conferito al gallo: cantare per far sorgere il sole! Nessuno dubitava. Era sempre stato così. An-che il gallo-papà aveva cantato per far nascere il sole, anche il gallo-nonno.C’era anche una grande ansietà tra gli abitanti del pollaio. Se il gallo diventasse roco? Se per caso dimenticasse la partitura? Chi canterebbe per far nascere il sole? Il giorno non verrebbe. Per questo motivo tutti si prendevano cura del gallo con la maggior premura. Lui sapeva di que-sto e minacciava il pollaio per essere trattato con sempre nuovi privilegi.Il gallo dal canto suo soffriva enormi oscillazioni emozionali: all’alba, dopo la nascita del sole, si sentiva come un Dio, onnipotente ed ammirato. Ma la sera, l’assalivano depressione e angoscia.Pensava: “Non posso arrivare tardi: se io non canto, il sole non nascerà!”.E così non riusciva a dormire un sonno tran-quillo.

Avvenne, come era da prevedere, che un mat-tino il gallo non si svegliò. Non cantò per far nascere il sole. E il sole… nacque senza il suo canto!?!Il gallo si svegliò con la confusione del pollaio. Tutti commentavano: “Il sole è nato senza il gal-lo… il sole è nato senza il gallo…”.Il povero gallo non poteva credere a quello che i suoi occhi vedevano: l’enorme palla rossa, là in cima alla montagna. Come era possibile? Ebbe allora un attacco di depressione, scoprendo che il suo canto non era così potente come pensava. Gli animali del pollaio scoprirono che non c’era necessità del gallo perché il sole nascesse. Il sole nasceva in ogni caso, con o senza gallo.Passò molto tempo senza che si udisse il canto del gallo, tanto lui era depresso e umiliato.Finalmente un bel mattino il pollaio fu sveglia-to di nuovo dal canto del gallo. Lui era là, come in passato, sul cocuzzolo del tetto, con il petto gonfiato.“Stai cantando per far sorgere il sole?” gli chiese il tacchino in mezzo ad una singhiozzante risata.Il gallo rispose “No, prima quando io cantavo per far nascere il sole, ero pazzoide. Ma adesso io canto perché il sole nasce. Il canto è lo stesso. E io sono diventato un poeta!”.

Abbiamo celebrato la Pasqua non per far risor-gere il Signore – lo ha già fatto Lui una volta per tutte – ma perché il Signore è risorto. E con Lui la speranza.

GALLo CANENTE, SPES rEDITCon il canto del gallo ritorna la speranza (Sant’Ambrogio)

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Quando perdi un’occasione viene spontaneo dire: che peccato!Quando si rompe qualcosa a cui tenevi dici: che peccato!Quando perdi qualcosa dici: che peccato!Quando si rovina un vestito dici: che peccato!Quando vedi una coppia che si rompe dici: che peccato!Quando sciupi un dono dici: che peccato!Quando su rigore la tua squadra prende il palo dici: che peccato!Quando per un soffio non vinci un premio dici: che peccato!Quando rovesci e sprechi qualcosa di buono dici: che peccato!Quando perdi una festa o una cena ti dicono: che peccato!

Curioso che questa espressione è la stessa in diverse lingue:in inglese si dice “what a pity”, in francese “quel domage”, in spagnolo “qué lástima”, in tedesco “schade”.

Insomma, diciamo “che peccato” per disparati dispiacerie non colleghiamo questa espressione al suo senso vero.Suona addirittura strano a dirlo. Proviamo:ho perso messa o non ho pregato: che peccato!ho detto volgarità o ho usato parole offensive: che peccato!ho trascurato di dare attenzione a chi ho vicino: che peccato!

Vi rendete conto che viene da sorridere? È tragicomico.

Però “che peccato!” ci insegna che il significato primario è quello di “occasione sprecata”.Ciò mette l’accento sul bello che ho perso prima che al male fatto o derivato.

PErChÉ CoNFESSArSI?Incontro genitori prima Riconciliazione 2014

Ogni anno il cammino dei genitori dei sacramenti prevede alcuni incontri di approfondimento di temati -che relati ve all’educare alla fede e uno di programmazione della celebrazione del sacramento, nel quale si commentano i testi della Scritt ura che saranno proposti , si guarda insieme il rito, si scelgono temi e

MANUEL ANDrEA MArTINA GAIA GIorGIA SoFIA MIChELE MATTIA LISA DANIEL DAVIDE LISA VALENTINA ANGELo VIoLA DhArMA ALISSA STEFANo SABrINA LUCA FrANCESCA ISMAELE AUrorA ELISA STEFANo ArIANNA GIULIA ALESSANDrA

Grazie alle catechiste: Maria, Giorgia, Sara, Mima e Chiara

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La Lettera |9| Giugno 2014

Nella Bibbia il significato originale della parola “peccato” non è quello di macchia, da mettere in lavatrice, ma è quello di sbagliare il bersaglio. Totalmente diverso. Paradossalmente più riprovo, sbagliando, più miglioro: è una concezione dinamica e migliorativa. La macchia è statica, blocca. Poi una lavata ed è tutto come prima.Da qui derivano 5 consigli o inviti:1. Accorgersi che il prete non è la cassiera del supermercato.Bip, bip, bip, bip. Totale: 3 Padre Nostro e 2 Ave Maria.Proviamo a riflettere sul “modo” in cui ci confessiamo.2. Ognuno confessi i peccati “suoi”.Quante volte capita di sentire quelli di figli, mariti o mogli, suocere, nuore o vicini di casa. Insomma, confessioni condominiali. L’unica cosa che manca è il cuore di chi è lì inginocchiato.3. La confessione non è una lavatrice, ma uno specchio.Proprio per questo l’invito che nasce è dire grazie.Cominciate col dire una cosa bella che state vivendo. È più difficile da trovare:i peccati e gli sbagli vengono a galla. Per cercare le perle bisogna tuffarsi nel profondo. Dio guarda nel cuore. Quindi se vede tutto, osserva bene tutto:vede le fragilità ma anche e soprattutto il bello, il buono e le attese.Per una manciata di male, non vediamo una montagna di bene.Per fortuna Dio non fa così. Impariamo da lui a sorridere alla vita.4. Non serve la lista della spesa, ma il punto della situazione.È facile sentire: Cosa mi confesso a fare? Ma cosa vado a dire? Se sono sempre le stesse cose, Dio è più solito e testardo di noi.Questo significa non dimenticare in chiesa l’assoluzione: funziona se diventa impegno fuori, cioè decisione concreta.Scelgo quale è la fragilità su cui ritengo sia più doveroso lavorare in questo preciso periodo e ne faccio un impegno reale giornaliero.5. Dio nella confessione non fa il meccanico, ma il benzinaio.Non è detto che ci sia qualcosa di rotto o che non funziona, ma semplicemente proprio perché ho fatto la strada del quotidiano ho bisogno di fermarmie di caricarmi, di fare il pieno per ripartire.Dio crede in me, sempre, anche se io non credo sempre in lui.

Nella Messa io dico che credo in Dio, nella confessione Dio dice che crede in me.

simboli che caratterizzano l’annata, si chiedono disponibilità per letture, preghiere, preparazione… Nor-malmente si invitano alcuni genitori a scrivere la preghiera che viene poi recitata dopo la Comunione. Riportiamo in queste pagine quelle composte per la festa di prima Comunione e della Cresima 2014.

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QUo VADIS?Cresima

Secondo il libro apocrifo degli Atti di Pietro, durante la persecuzione dei cristiani ordinata dall’im-peratore Nerone, san Pietro sta fuggendo da roma per evitare il martirio, quando sulla via Appia gli appare Gesù che cammina nella direzione opposta, verso la città. “Quo vadis, Domine?” (Signore, dove vai?) chiede l’Apostolo. “Eo romam, iterum crucifigi” (Vado a roma, per essere crocifisso nuovamente) gli risponde Gesù. L’apostolo capisce allora che Gesù, con questo segno, gli chiede di ritornare a Roma e accettare il martirio. Secondo la tradizione, sarà crocefisso a testa in giù, su sua richiesta, non sentendosi degno di morire nello stesso modo del suo Maestro.Avendo visitato, nella prima tappa del nostro pellegrinaggio a roma, le catacombe di San Callisto e la chiesetta del Quo vadis? lungo la via Appia, abbiamo preso a prestito questa domanda per il cammino della Cresima, pensandola riferita a noi dal Signore in questo momento particolare. E sull’altare, il giorno della Cresima, questa frase era ben evidente, insieme alla strada che partiva dal cuore del grande crocefisso e che si formava sul pavimento con mattoni e erba: lì, abbiamo pronun-ciato singolarmente il nostro Eccomi e lì abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Alcuni di noi hanno dato voce ai sentimenti provati:• Nel momento della Cresima mi sono sentita una persona più grande, più saggia.• In quel momento ho sentito di appartenere ad una grande famiglia.• Con il sacramento della Cresima mi sono sentita cristiana veramente, perché ho sentito che lo

Spirito Santo era in me.• Il giorno della Cresima ero molto agitata, avevo paura di sbagliare; però dopo è andato tutto

bene. Quando Monsignor Maurizio e don Giuseppe hanno imposto le mani sul capo, ho sentito molta forza. Sono anche stata contenta perché mia nonna mi ha fatto da madrina, quel giorno stava bene ed era molto felice.

• E’ stato molto emozionante ma anche molto vivace grazie alla simpatia di Monsignor Malvestiti.• ho provato molta felicità ed anche molta emozione durante l’unzione e l’imposizione delle mani

di Monsignor Malvestiti.• In quel giorno ero molto preoccupata di sbagliare e sono stata emozionata per tutta la cerimo-

nia, soprattutto durante la crismazione.• Quando Monsignor Malvestiti mi ha messo il crisma sulla fronte ho sentito freschezza, perché

il crisma era fresco e mi ha tolto tutta la tensione che c’era in me; sono stato anche molto con-tento che mia zia mi abbia fatto da madrina.

• Nel momento della crismazione ho sentito lo Spirito Santo entrare dentro di me e invadermi di gioia.

• E’ stato molto bello ed emozionante: un momento unico!

GIULIA SArA MArTINA ChIArA LISA ANDrEA LUCA MIChELE MArTINA FEDErICA ALICE rEBECCA LorENzo FrANCESCo MATTEo SErENA ANGELICA GIUDITTA rAFFAELE MArTA MArINA CrISTINA DIEGo ILArIA MAICoL CrISTINA

Grazie alle catechiste: Marta, Marialaura, Erika e Francesca

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La Lettera |11| Giugno 2014

Signore, ti presentiamo i nostri figli;con il loro “eccomi”

si sono incamminati sulla strada che porta fino a Te.

Sostienili perché cerchino Te, che sei “la Via, la Verità e la Vita”.

Il Tuo Spirito li renda capaci di compiere la Tua volontàaffinché la loro esistenza

possa essere testimonianza viva del Tuo amore.

Rendili forti nella prova, coraggiosi nelle scelte,

generosi nel dono di sé, perseveranti nella preghiera e nella ricerca della verità.

A Maria, la piena di Grazia, Sposa dello Spirito Santo,

affidiamo il compito di custodire i doni che oggi sono stati seminati

nei loro cuori. Amen.

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La Lett era |12| Giugno 2014

LA CUrA

Tanti oggetti di latta che vengono da lontano e dentro rose, tante rose e intorno lampade colorate accese. Si presenta così la chiesa per la prima Comunione, nella Domenica in cui Gesù nel Vangelo assicura che non ci lascia or-fani. Nella riflessione, dopo aver dato il nome ai diversi oggetti (annaffiatoi, secchi, mastelli, contenitori del latte, dello zucchero, del sale, vaschette per il bagnetto…) che significano at-tenzione e cura per il cibo, il vestito, la pulizia, la terra, don Giuseppe ci invita a pensare alle tre sole cose di cui ognuno ha veramente biso-gno: un pezzo di pane, un po’ d’affetto e sen-

tirsi a casa da qualche parte; se uno non trova queste tre cose impazzisce. La prima Comunio-ne ci regala quel pezzo di pane che è il Signore nel suo testamento d’amore; il comandamento di Gesù ci dice che non c’è amore più grande che dare la vita per gli amici; la chiesa, casa tra le case, continua la memoria del Signore rega-lando alle nuove generazioni il tesoro che lei stessa ha ricevuto. Emozionati, i ventisei bam-bini ricevono il corpo e il sangue del Signore e il piccolo dono della Comunità, il Vangelo con la dedica: Carissimo/a… leggi il Vangelo, incon-tra Gesù.

Prima Comunione

AUrorA GUIDo GIULIA LUCA MELISSA GIoVANNI BENEDETTA ELENA ELISA LorENzo DAVIDE GIorGIA FELICE GrETA GIADA MATTEo rICCArDo STEFANo CLAUDIA LUCA AUrorA GLorIA GIorGIo AUrorA ALESSANDro LorENzo PATrIC

Grazie ai catechisti: Elena, Arianna, Lucia e Leonardo

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La Lettera |13| Giugno 2014

Signore Gesù,oggi ci hai invitato nella Tua casa

e hai preparato la tavolaper i nostri bambini e per tutti noi.Grazie per il dono dell’Eucarestia,

è il segno più grande che ci vuoi benee non ci hai lasciato orfani di Te.

Noi, papà e mamme,Ti affidiamo i nostri figli,

proteggili dai pericolie rendili forti nelle difficoltà.

Aiutali a crescerenell’amicizia e nel servizio.

Resta nel loro cuore e,attraverso lo Spirito Santo che vi abita,

mostra loro il Bene che possono compiere,perché sboccino nella primavera della vitacome teneri fiori colorati del Tuo giardino.

Amen.

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La Lettera |14| Giugno 2014

«Giorgio mi raccontò de la pas-seggiata fatta a febbraio e del “buon caffè” bevuto da “Mau-ro”, un bar di Palazzago. Per Giorgio il caffè non può che essere buono. AII’uscita dal bar fu sorpreso da uno spruz-zo di fiocchi di neve. Rievocan-do quegli attimi mi disse: “Che cosa posso volere di più della vita! Gustare un buon caffè e camminare per strada, mentre i fiocchi di neve mi baciano il viso ... Questo è il paradiso!”». Così Ambrogio Amati, il giorna-lista che ha sciacquato in Arno la storia lunga 400 pagine di Giorgio Previtali, presenta il protagonista. Giorgio è l’uomo che ha vinto la gara più bella e im-pegnativa della vita. Classe 1958, perito elettrotecni-co diplomato, fidanzato con Nicoletta, con un posto di lavoro alla Philco, appassionato di calcio, tifoso interista,guardava al futuro con speranza. Nel maggio del 1981 ,a 23 anni, durante la gara di un torneo aziendale, cominciò ad avvertire una insolita stanchezza; le gambe legnose e gli scatti lenti. C’era qualcosa che non andava. Erano i primi sintomi di un male che avrebbe presto rivelato il suo volto in-quietante: sclerosi progressiva. I medici se lo presero in cura, quel ragazzo dal volto gioviale e sereno, ma non alimentarono in lui speranze illusorie. «Ora lo curiamo e dovrebbe stare un po’ me-glio, ma fra dieci, quindici anni non si può escludere la sedia a rotelle». A dare forza alla speranza, fu la fidan-zata. La diagnosi non la spaventò. Gli voleva bene. Era l’uomo della sua vita. Insieme decisero per il matrimonio. Negli anni che seguirono gli effetti della sclerosi multipla cominciarono a farsi sentire. Dapprima lentamente, poi in modo più vistoso e invalidante. Gli anni più criti-ci tra il 1990 e il 1995. Fu un periodo durissimo, al limite delle possibilità. La malattia limitava di giorno in giorno il suo raggio di azione: ufficio di lavoro e casa, ma dalle scale doveva essere por-

LA STrAorDINArIA BELLEzzA DELLA NorMALITA’ tato su e giù dalla moglie e dai figli e doveva essere aiutato in alcune necessità quotidiane. Nel 1996 cessò di lavorare. Non ce la faceva più. Non vole-va però arrendersi alla sedia a rotelle. Lottò per due anni. Te-meva di non potersi alzare più da quella sedia. A malincuore dovette arrendersi. Ci resterà per dodici anni, fino al 2010, un tempo lungo, inter-minabile. Giorgio non muoveva le gambe e le braccia, li collo era rigido, sembrava come in-gessato. La moglie lo lavava, lo vestiva e lo imboccava. Così ogni giorno. Giorgio non era in grado di compiere i normali e

quotidiani atti della vita. Non riusciva nemmeno a schiacciare i tasti del telecomando per cambiare un canale della TV.Passava il tempo chiuso in casa. Ogni tanto in pizze-ria, d’estate qualche settimana in vacanza, con le dif-ficoltà fisiche e le tante complicazioni che facevano parte della sua quotidianità. Fu il 2005. Un giorno avvertì come un fremito nelle dita della mano destra. Gli pareva che la mano si stes-se risvegliando da un sonno profondo. Non capiva se quell’impercettibile movimento era lui a comandarlo o se invece era un moto involontario. Poi avvertì che qualcosa si stava risvegliando anche nel braccio. E

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La Lettera |15| Giugno 2014

gli venne desiderio di poter toccare gli spigoli’ del tavolo. Ogni giorno mille tentativi. Ogni giorno la li-nea di demarcazione tra la sua mano e l’obiettivo da raggiungere si spostava. Progressi lentissimi, tali da scoraggiare l’impresa. Ma Giorgio non mollò. Dopo sette lunghi mesi,oltre duecento giorni, segnò il pri-mo goal di una partita che era solo all’inizio. Quel primo risultato fu l’inizio di nuove conquiste. Così si prefisse di riuscire, con le proprie mani, a toccare le ruote della carrozzina, per potersi muovere da solo. E quando anche questo risultato fu raggiunto, aumen-tarono le sollecitazioni della vita quotidiana. Un gior-no Giorgio sul tavolo trovò un foglio bianco. Decise di provare a scrivere il suo nome. Cominciò a traccia-re la lettera G, ma la mano scivolava giù. Gli pareva di scrivere come un bambino dell’asilo. Ci riprovò non una ma mille volte, con uno sforzo inimmaginabile perché è nella normalità. Il sudore gli rigava perfino la fronte. E quando un nuovo goal comparve sul ta-bellone della storia della sua vita cominciò a giocare con la forchetta per acquisire una minima autonomia nel mangiare. Giorgio non si dava obiettivi precisi. Si lascia semplicemente prendere per mano dalla quo-tidianità che lo stimolava a tentare nuove esperienze per riapprendere quel “movimento” che aveva come dimenticato per tanti anni. Nel 2009, per la prima volta, dopo tanti anni, eccolo di nuovo in piedi, nella palestra di Ponte S. Pietro. Gli sembrava di trovarsi sulla luna, tanto non era più abituato a stare ritto in verticale. Da allora i miglioramenti furono sensibili, a vista d’occhio. Sempre più di frequente si staccava dalla sedia a rotelle per muoversi da solo e vivere

LA STrAorDINArIA BELLEzzA DELLA NorMALITA’ La storia semplice, eppure eccezionale, di Giorgio Previtali

la straordinaria bellezza della normalità. Giorgio rac-conta che il segreto della sua vittoria sta nell’affetto della famiglia: «Dalla mia famiglia mai una lamen-tela, vicinanza, cura e affetto sempre, solo qualche lacrima dentro la normalità di una quotidiana grossa fatica». Ma il peso si fa più lieve, quando chi porti sulle spalle è il marito o il padre. Ha poi trovato forza nella mente, sempre lucida, e soprattutto dal sereno del cielo della mia anima, nella fede respirata fin da piccolo e che lo ha allenato ad avere uno sguardo positivo su persone e cose: «È la quotidianità che mi fa conoscere qualcuno con cui poi nasce un rap-porto, uno scambio di affetti e di preghiere che poi vivo molto intensamente. Sai cos’è un boomerang? Le preghiere che ho offerto e offro per gli altri nella vita mi sono “tornate indietro” come beneficio im-previsto. Il mio è stato un percorso spirituale indi-viduale molto particolare. Non ho mai pregato per me. Mi sono piovute giù delle forze che sono state un grande dono. Senza questa storia sarei uguale a tanti altri, con i soliti pensieri quotidiani. Invece al mattino, quando mi alzo dal letto, allargo le braccia e ringrazio. So che cosa vuoi dire attendere la moglie che ti veste e ti mette di peso sulla sedia a rotelle. La normalità è per me una cosa molto speciale e la apprezzo come non avrei mai pensato».Giorgio continua la sua partita: «Ho in ballo un pro-getto nuovo: imparare a nuotare bene, e i risultati già li sto apprezzando. Devo dire solo grazie di tutto quello che sto vivendo in questo periodo, perché mi sembra di essere rinato una seconda volta e di esse-re come in un bel sogno».

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La Lett era |16| Giugno 2014

Martedì, 3 giugno 2014: anniversario del pio transito di Papa Giovanni, il primo dopo la canonizzazione. Qualche ora pri-ma della celebrazione a Sott o il Monte, con i Vescovi lombardi, presieduta dal Cardinal Scola, anche in San Pietro in Va-ti cano un folto gruppo di bergamaschi si è raccolto per ricordare Papa Giovanni in una messa presieduta dal Cardinale An-gelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santi tà per la Citt à del Vati cano, alla qua-le ha partecipato una rappresentanza della nostra Comunità di Palazzago.Bontà, umiltà e pace sono la sintesi del messaggio di San Giovanni XXIII sulle quali ha insisti to il Cardinale, rileggen-dole alla luce dello strett o legame con la famiglia e la comunità d’origine e propo-ste att raverso racconti della vita. Furono determinanti per tutt a la sua esistenza. La morte ne allargò al mondo l’esperien-za singolare, insieme alla straordinaria umiltà che tutti avverti rono, i vicini ma anche quanti si ritenevano o erano con-siderati lontani. Col cardinale Comastri hanno concelebrato cinquanta sacerdoti , molti di origine bergamasca e sei Presuli di cui tre Arcivescovi, che ne seguirono le orme come rappresentanti ponti fi ci in Bulgaria e Turchia, e altri di rito maronita e bizanti no. “Il cuore grande di Papa ron-calli- dice Monsignor Maurizio Malvesti -ti , sott osegretario della Congregazione per le Chiese orientali - seppe donarsi in modo tanto signifi cati vo a quell’oriente, che tutt ora è preoccupazione e speranza dell’umanità intera.”

Nella Messa si è pregato perché la docilità allo Spirito, che fu esem-plare in Papa Giovanni, faccia di ciascuno uno strumento di pace, chiedendo a Dio che sulla faccia della terra le chiese, le religioni e tutt e le nazioni vivano nella concordia e nella autenti ca libertà, nel rispett o vicendevole e nella solidarietà.Al termine, la piccola delegazione di Palazzago, con Giorgio Pre-vitali, ha fatt o dono al cardinale Comastri del libro dove è narrata la toccante fati ca interiore e fi sica per riconquistarsi la vita colpita dalla malatti a.Il giorno dopo, nell’udienza del mercoledì in piazza San Pietro, ol-tre trecento bergamaschi hanno incontrato Papa Francesco. Un momento intensissimo di spiritualità e emozioni, durante il quale abbiamo per tre volte incrociato il passaggio e gli occhi del Papa; Giorgio e Nicolett a hanno anche potuto abbracciarlo e fargli dono del libro dirett amente (anche questo grazie a Mons. Maurizio Mal-vesti ti che ringraziamo di cuore). Ma torneremo su queste giorna-te romane sulla prossima Lett era, con foto e pensieri.

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La Lett era |17| Giugno 2014

A don Lorenzo mancava di presiedere la festa di San Giuseppe a Precornelli, ed eccolo Domenica 16 marzo nella chiesa della frazione, addobbata a festa, dentro e fuori, con tante persone arri-vate per l’occasione e la amica del Coro dell’As-sunta di Bonate Sopra. In un clima familiare e sereno, ci ha tratteggiato la figura del Santo, proponendo la riflessione attorno a tre temi:

Giuseppe è uomo giusto (la sua giustizia va oltre… non espone Maria alla lapidazione… e quando l’angelo gli appare in sogno la prende come sua sposa… esponendosi magari ai sorri-setti di qualcuno…), una caratteristica impor-tante nel quadro biblico che ci fa capire come essere credenti e giusti voglia dire anche un po’ soffrire…

“San Giusep-pe viene pre-sentato come “uomo giusto” (Mt 1,19), fe-dele alla legge di Dio, disponi-bile a compie-

re la sua volontà. Per questo entra nel mistero dell’Incarnazione dopo che un angelo del Signo-re, apparsogli in sogno, gli annuncia: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è gene-rato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Abbandonato il pensiero di ripudiare in se-greto Maria, egli la prende con sé, perché ora i suoi occhi vedono in lei l’opera di Dio” (Benedet-to XVI, Angelus 19 dicembre 2010)

Giuseppe è custode. Papa Francesco, nell’ome-lia di inizio pontificato sottolineava molto que-sta dimensione: Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silen-zio, ma con una presenza costante e una fedeltà

totale, anche quando non comprende. Dal ma-trimonio con Maria fino all’episodio di Gesù do-dicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompa-gna con premura e tutto l’amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti se-reni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepi-danti e gioiose del parto; nel momento dramma-tico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità del-la casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha inse-gnato il mestiere a Gesù. Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aper-to ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio…

Giuseppe è uomo del silenzio.“Il silenzio di Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19), e l’esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cfr Lc 2,51), ci fanno entrare nel miste-ro pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia. (Benedetto XVI, Angelus 30 dicembre 2012)<<Lasciamoci “contagiare” dal silenzio di san Giu-seppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il rac-coglimento e l’ascolto della voce di Dio…Colti via-mo il raccoglimento interiore, per accogliere e cu-stodire Gesù nella nostra vita>> (Benedett o XVI, Angelus 18 dicembre 2005).

SAN GIUSEPPE:GIUSTo, CUSToDE E SILENzIoSo

Suor Mariagrazia Rota Bulò ha ricordato il 25° di professione religiosa. Auguri!!!

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La Lett era |18| Giugno 2014

Le parole del vescovo al Convegno diocesano <<Un viaggio speciale perché è un viaggio d’amore>>. Hanno partecipato 500 adulti e 1.400 bambini

Allenare nella vita piedi pronti a camminare, occhi limpidi e att enti e braccia generose e accoglienti : è l’augurio con cui si è aperta ieri la giornata centrale del 90° Convegno missionario.E’ l’invito che Claudia rota, ostetrica e volontaria del Centro missionario diocesano, ha rivolto, durante la meditazione biblica, ai circa 500 adulti presenti ne-gli spazi dell’Isti tuto Palazzolo. In contemporanea, all’esterno, si svolgeva l’11° Convegno missionario ragazzi e piedi, occhi e braccia di 1.400 bambini e ragazzi annunciavano concretamente alla citt à che essere missionari è possibile. Una partecipazione che ogni anno si fa crescente e coinvolge molti ssi-me parrocchie e gruppi missionari. Al matti no l’in-tervento di monsignor Giuseppe Fiorini Morosi-ni, arcivescovo di Reggio Calabria e membro della Commissione episcopale per l’Evangelizzazione, ha disegnato l’orizzonte di una Chiesa capace di uscire, di incontrare. <<L’evangelizzazione sia testi monian-za, sia una memoria che si racconta, che ha a che fare con noi stessi. Il credente deve essere colui che racconta la memoria di Dio nella storia umana, che racconta la propria esperienza di fede>>.Nelle parole dell’arcivescovo anche i racconti di un Sud ferito e spesso disperato. << Bisogna entrare nel vivo dell’esperienza delle persone, ascoltare, accompagnare senza giudicare. L’accoglienza verso

tutti è il primo passo del evangelizzazione>>. Adulti e ragazzi alle 11 hanno formato un lunghissimo cor-teo, accompagnato delle esecuzioni musicali della banda, e hanno lett eralmente invaso il Borgo San Leonardo e risalito via Sant’Alessandro, mentre la gente della citt à usciva dei bar e dai negozi, si apri-vano le imposte delle fi nestre ancora chiuse, i più piccoli batt evano le mani e le famiglie si fermavano ad ammirare quel passaggio festoso che ha raggiun-to la basilica di Sant’Alessandro in Colonna.<<La citt à possa accorgersi che ci sono ragazzi mis-sionari, vivi e felici>> ha dett o ai ragazzi il vescovo Francesco Beschi, che ha presieduto la celebrazione nella basilica. All’off ertorio i ragazzi hanno portato all’altare cinque grandi impronte di piedi a rappre-sentare i cinque conti nenti col le loro fati che e le loro speranze. I ragazzi in matti nata avevano prepa-rato una sorta di carta d’imbarco per il loro viaggio missionario. Anche al vescovo un piloto di linea in divisa ha consegnato una grande carta d’imbarco, chiedendogli di spiegare ai ragazzi perché tante per-sone partono per la missione. <<Non c’è un perché, ma un “per chi”. – ha risposto il vescovo -. I missio-nari sono parti ti per e con Gesù, e hanno vissuto la meraviglia di arrivare in una terra e là incontrare Gesù. La missione è un viaggio speciale perché è un viaggio d’amore. Da oggi quello che fate, fatelo per Lui, con Lui e perché altri ragazzi possano incontrar-lo. Se avete qualcosa di grande da portare, Gesù vi mett e le ali ai piedi>>. In chiesa è risuonato forte per tre volte la risposta di tut-ti <<Ci sto!>> all’invito a essere un cristi ano impegnato, a vivere quoti dianamente la preghiera e ad off rire ogni giorno un gesto d’amore. Prima di concludere la cele-brazione il vescovo ha consegnato il crocifi sso a sei gio-vani che all’inizio di aprile parti ranno come missionari laici in Bolivia.Il convegno è proseguito nel pomeriggio. I ragazzi han-no partecipato a laboratori di animazione in cui hanno sperimentato nel gioco le caratt eristi che della missione.

ChI VA IN MISSIoNE NoN hA MAI UN PErChE’ MA SoLo UN PEr ChI

di Monica Gherardi

Anche alcuni ragazzi della nostra Comunità si son lasciati contagiare dall’entusiasmo, aprendo così la strada ad un appuntamento che vogliamo mettere in calendario sempre.

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La Lett era |19| Giugno 2014

Libri, foto, quadri, statue…raffiguranti Papa Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati portati nella Domenica della Canonizzazione (27 aprile 2014) e disposti all’altare della Santa Croce nella chiesa parrocchiale, dove abbiamo collocato i ritratti dei due papi e le loro reliquie, giunte da Roma e da Bergamo.E’ stata anche esposta la pianeta in saglia dorata con il completo per la messa (copricalice e borsa tabernacolo) inviate a Palazzago da Giovanni XXIII nel 1961.Questi segni vogliono essere di stimolo a seguire la strada percorsa dai due nuovi santi. Ci accom-pagnano qui le parole di papa Francesco scritte a L’Eco di Bergamo e quelle del Vescovo Francesco a conclusione della festa.In Piazza San Pietro c’erano anche alcuni della nostra Comunità.Ai tre seminaristi –Davide, Leonardo e raffaele- abbiamo chiesto alcune impressioni.

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La Lett era |20| Giugno 2014

Cari amici bergamaschi,

avvicinandosi il giorno

della canonizzazione del beato Giovanni XXIII,

ho sentito il desiderio di inviare questo saluto al

vostro Vescovo Francesco, ai sacerdoti, ai reli-

giosi e alle religiose, ai fedeli laici della Diocesi

di Bergamo, ma anche a coloro che non appar-

tengono alla Chiesa e all’intera comunità civile

bergamasca.

Inizia così la lettera che Papa Francesco ha

scritto a tutti i bergamaschi a due giorni dalla

cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII:

«Affido - prosegue il pontefice - questo mio

messaggio a L’Eco di Bergamo, di cui il giova-

ne sacerdote Don Angelo Roncalli fu apprezzato

collaboratore.

Vi invito a ringraziare il Signore - scrive Papa

Bergoglio - per il grande dono che la sua santità

è stata per la Chiesa universale, e vi incorag-

gio a custodire la memoria del terreno nel quale

essa è germinata: un terreno fatto di profonda

fede vissuta nel quotidiano, di famiglie povere

ma unite dall’amore del Signore, di comunità

capaci di condivisione nella semplicità.

Certo, da allora il mondo è cambiato, e nuove

sono anche le sfide per la missione della comu-

nità cristiana. Tuttavia, quell’eredità può ispira-

re ancora oggi una Chiesa chiamata a vivere la

dolce e confortante gioia di evangelizzare, ad

essere compagna del cammino di ogni uomo,

«fontana del villaggio» alla quale tutti possono

attingere l’acqua fresca del Vangelo. Il rinnova-

mento voluto dal Concilio ecumenico Vaticano

II ha aperto la strada, ed è una gioia speciale

che la canonizzazione di Papa Roncalli avven-

ga assieme a quella del beato Giovanni Paolo II,

che tale rinnovamento ha portato avanti nel suo

lungo pontificato.

Sono certo che anche la società civile potrà

sempre trovare ispirazione dalla vita del Papa

bergamasco e dall’ambiente che lo ha generato,

ricercando modalità nuove ed adatte ai tempi

per edificare una convivenza basata sui valori

perenni della fraternità e della solidarietà.

Cari fratelli e sorelle, affido questo mio messag-

gio a L’Eco di Bergamo, di cui il giovane sacer-

dote don Angelo Roncalli fu apprezzato collabo-

ratore. Quando poi il ministero lo portò lontano,

egli ricevette sempre dalle pagine del L’Eco la

voce e il richiamo della sua terra. Vi chiedo di

pregare per me, mentre assicuro il mio ricordo

e la preghiera per tutti voi, in particolare per i

sofferenti, per gli ammalati - ricordando l’ospe-

dale cittadino che avete voluto dedicare a Papa

Giovanni - e per il Seminario diocesano, tanto

caro al suo cuore. A tutti invio, nelle feste pa-

squali, la Benedizione Apostolica

Vaticano, 25 aprile 2014

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La Lett era |21| Giugno 2014

Caro Papa Francesco, tanto grande è la gioia al-trett anto la riconoscenza. Benediciamo il Signore per il dono della santi tà di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II. La proclamazione di questo dono davanti alla Chiesa e al mondo alimenta la spe-ranza che scaturisce dal Vangelo e da coloro che lo testi moniano in modo luminoso; nello stesso tempo ci sprona a ricercare, appassionatamente e con inti -ma gioia, di raccogliere la seminagione di Vangelo che avviene att raverso i suoi testi moni e di colti vare quanto è stato seminato nella vita di ciascuno di noi, nella sua specifi ca vocazione e missione e nella vita di tutt e le nostre comunità.

Gioia e riconoscenza desideriamo coralmente espri-merle a Lei, caro Papa Francesco, come comunità bergamasca. Con grande e delicata amorevolezza, Lei ha voluto rivolgerci un messaggio parti colare, che att raverso il nostro quoti diano locale, profon-damente radicato nella vita della nostra comunità ed espressione della vitalità secolare della diocesi di Bergamo, ha raggiunto tutti . Con parole che vengo-no dal suo grande cuore, Lei ha fatt o brillare ai nostri occhi in modo ancor più luminoso, il grande esempio e la preziosa eredità del Papa, nato, cresciuto, vissu-to nella nostra terra e nella nostra Chiesa diocesana che ha tanto amato. Ci ha consegnato alcuni tratti della sua santi tà che ciascuno di noi e noi insieme vogliamo ridisegnare nelle nostre esistenze. Già nell’incontro avvenuto in occasione del Pellegrinaggio diocesano in occasio-ne del 50^anniversario della sua morte, Lei ci aveva off erto indicazioni spirituali ed ecclesiali da seguire alla luce della testi monianza del Santo Papa: in par-ti colare, rifacendosi al suo mott o “Oboedienti a et Pax”, ci aveva invitato ad una ricerca personale e co-munitaria della volontà di Dio e alla sua att uazione coraggiosa e fi duciosa. Da questa obbedienza della fede scaturirà sempre il dono della pace: un dono da colti vare e custodire nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, nei nostri paesi e citt à e in tutt e le relazioni personali e sociali.

Caro Papa Francesco, nel messaggio di questi giorni, mentre condivide la nostra gioia, lei ci affi da un’ere-dità che è per tutt e le donne e gli uomini del mondo, ma che desidera abbia una parti colare accoglienza nel popolo di questa terra.Il primo invito è a custodire la memoria del terreno nel quale essa è germinata: “un terreno fatt o di profon-da fede vissuta nel quoti diano, di famiglia povere, ma unite dall’amore del Signore, di comunità capaci di

condivisione nella semplicità”. Desidero sappia che questo terreno esiste ancora; ancora è il grembo di una fede che si incarna nel quoti diano, di famiglie buone e generose, di gente disposta alla generosità concreta, senza esibizioni. Ma desidero che sappia anche del nostro impegno a fare del grande dono della Canonizzazione di Papa Giovanni un moti vo in-teriore di un rinnovato e convinto slancio per alimen-tare quelle esperienze che riteniamo una ricchezza della nostra storia.Il secondo invito è ad accogliere il cambiamento e le provocazioni che comporta per chi vuol essere fedele al Vangelo. Papa Giovanni è stato capace di ricono-scere e corrispondere ai “segni dei tempi”. Questo è il compito che senti amo di dover adempiere senza pigrizia anche noi, oggi. Solo così potremo essere una Chiesa che off rendo e testi moniando il Vangelo, si fa “compagna del cammino di ogni uomo e fon-tana del villaggio alla quale tutti possono atti ngere l’acqua fresca del Vangelo”stesso.

Il terzo invito che raccogliamo è quello di conti nuare a camminare con convinzione lungo la strada trac-ciata dal Concilio. E’ una strada di rinnovamento della vita della Chiesa e di ogni cristi ano, perché la fedeltà non sia uno sguardo rivolto all’indietro, ma piutt osto il desiderio e la responsabilità di incarnare il messaggio evangelico nelle condizioni e nell’oriz-zonte del mondo in cui sti amo vivendo.Infi ne l’invito a tutt a la società bergamasca, a perse-guire i valori della fraternità e della solidarietà che in maniera profonda e forte ne hanno disegnato una fi sionomia che possiamo conti nuamente rigenerare se li poniamo come tratti indiscuti bili e impegnati vi della nostra convivenza civile.

Caro Papa Francesco, lei ci sorprende ogni giorno. Anche il suo messaggio parti colare è stata una sor-presa che non solo ci rallegra, ma incita il nostro cammino. La ringraziamo per il ricordo che in nome di Papa Giovanni ha rivolto a L’Eco di Bergamo, all’ec-cellente Ospedale, così caro alla nostra comunità, al Seminario ancora vivace e ci auguriamo arricchito di giovani orientati al sacerdozio. Raccogliamo con tut-to il cuore e con rinnovata riconoscenza il suo invito a pregare per Lei e ancora chiediamo con fede la sua Benedizione Apostolica. Bergamo, 27 aprile 2014

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La Lettera |22| Giugno 2014

Dal 24 al 27 Aprile di quest’anno, tutto il nostro Seminario di Bergamo si è recato a roma in occasione della canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II.ogni comunità del Seminario (Medie, Biennio, Triennio, Teologia) ha seguito un itinerario specifico nei gior-ni precedenti alla Domenica vivendo anche un momento di gita scolastica.Per quanto riguarda la mia di comunità, il biennio, abbiamo avuto il piacere di visitare la zona più ai confini di roma, quella dei castelli romani, raggiungendo le città di Sutri, Nemi e di Frascati.ora, non vi farò la cronaca dettagliata di tutti i luoghi che abbiamo visitato (anche perché se no il mio inter-vento durerebbe un’eternità) ma, indicativamente, le tappe più importanti sono state: Il museo delle navi romane a Nemi, dove vi erano modelli in scala di due grosse navi romane le quali originali furono perdute in un incendio negli anni ’90; La necropoli etrusca, una vera e propria “città dei morti” con tanto di tumuli e tombe decorate; Le catacombe di S. Sebastiano, luogo dove i primi cristiani pregavano i loro morti; La via Appia antica, che abbiamo percorso quasi tutta per arrivare fino al santuario del Divino Amore nel quale abbiamo potuto celebrare la Messa.Il momento centrale, però, di tutta la “gita” era proprio quello di Domenica, la canonizzazione dei due papi.Il gran giorno ci svegliammo di buon ora a Sutri (erano circa le 5:30) per poi riuscire a prendere il treno e ad arrivare in Vaticano alle 7:35.Quei cinque minuti di ritardo furono fatali: infatti dovevamo esser lì entro le 7:30 per occupare i posti nel coro ma, ahimè, fummo in ritardo. Tuttavia un vescovo/cardinale gentilissimo di cui non ricordo il nome ci riuscì a rimediare dei posti proprio sotto la foto di Giovanni Paolo II assieme ai rappresentanti delle varie religioni.Era curioso assistere alla Messa circondati da persone così tanto diverse le une dalle altre: chi parlava ingle-se, chi tedesco, chi polacco, chi italiano (e poi le vesti! Alcune erano davvero strane a vedersi).Comunque, avemmo la fortuna di assistere a tutta la celebrazione a un passo da Papa Francesco. E’ stata un’esperienza memorabile, è stato poi molto bello e impressionante ammirare anche tutta piazza S. Pietro gremita di persone (polacchi soprattutto). Nell’insieme la gita in sé mi è davvero piaciuta, considerando che era la mia prima volta a roma e la parte più divertente penso sia stata il verificare un po’ quello che avevo studiato in questi mesi di storia romana sul campo.

Leonardo Serban

Il 27 Aprile c’è stata la canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II.E’ stato bello essere presenti in Piazza S.Pietro per la celebrazione della S. Messa ed era strano e allo stesso tempo unico vedere due Papi (Papa Francesco e Papa Benedetto XVI) che canonizzano altri due Papi.E’ ancora bello pensare di essere stato lì, a roma in quel momento così importante.

raffaele

ogni fatto storico è unico e irripetibile. Alcuni eventi restano indelebili nella storia degli uomini. Ecco la considerazione fondamentale di ciò che è accaduto domenica 27 aprile in piazza S. Pietro a roma. La “do-menica dei quattro papi” è stata definita, grande festa non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero. È stata davvero un’emozione grande esserci, partecipare a un evento di fede così unico, assistere alla cano-nizzazione di due uomini e pastori che hanno dato speranza al mondo del loro tempo, insieme con altri due uomini (Francesco e Benedetto XVI) che continuano a servire il popolo di Dio nella carità. “roma imprati-cabile, come mai visto nelle mie visite precedenti, ma unica” rispondevo a chi chiedeva del pellegrinaggio. Storie di tante persone che si sono incrociate per un unico evento, nonostante le divisioni linguistiche e culturali. Accomunati dalla gioia di essere fratelli nella fede, bello e gioioso lo scambio di saluti tra due terre diverse: quella polacca e quella bergamasca (son testimoni diretti i ragazzi delle medie del Seminario, che hanno scambiato oggetti con delle signore polacche).L’emozione di essere lì segna il corso della tua storia incrociata da tante storie diverse che guardano alla santità di due uomini. Evento unico che come si dice di solito non si scorderà più.

Davide

INNAMorATA, VEDoVA E SPoSA

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La Lett era |23| Giugno 2014

Insieme all’immagine della Madonna Addolorata di scuola fantoniana (1700) venerata nella nostra Parrocchia, abbiamo in questa pagina anche un quadro di Giovanni Bellini, Pietà (o Cristo morto sorrett o da Maria e Giovanni, 1465-1470) della Pi-nacoteca di Brera, Milano.Il moti vo? Don Giampaolo Tironi, Dirett ore dell’IS-SA e dei preti dei primi quindici anni di messa, ha snodato la rifl essione dell’Addolorata, dopo la processione, facendo dialogare la Parola di Dio con questa suggesti va immagine.

Al grazie a lui, uniamo anche quello a don Luca Della Giovanna che nelle celebrazio-ni del matti no ci ha proposto le rifl essio-ni sulla fede, speran-za e carità, partendo dalla Prima Lett era di Pietro, quella che po-

tremmo defi nire la prima enciclica della chiesa.In essa l’apostolo invita i cristi ani a ricordarsi chi sono e da dove nascono e il moti vo per cui esisto-no: “per una speranza viva, per una eredità incor-rutti bile che non si macchia e non marcisce”.Pietro poi elenca quatt ro realtà su cui fondare la vita, introducendole con il COME:• come fi gli obbedienti • come agnelli• come fratelli• come pietre vive.Si è protagonisti della fede, ma a parti re dalla pie-tra viva. Questo dà la possibilità di aff rontare an-che “l’incendio di persecuzione scoppiato” sapen-do di partecipare alle soff erenze del Cristo.Gesù non è scappato, Gesù non ha usato violenza, Gesù non è venuto meno nella fi ducia.Sì, come Gesù e Maria, l’Addolorata, il cristi ano è chiamato ad essere profeta nel dolore, testi mone di un amore ferito, off erto fi no in fondo, testi mo-ne di speranza. Pietra viva.

MADoNNA ADDoLorATA

INNAMorATA, VEDoVA E SPoSAIl brano di vangelo che abbiamo ascol-tato questa sera in cui sti amo celebran-do la memoria dell’Addolorata è stato quello di Gv 19,25-27; quello in cui Gesù dalla croce consegna Maria, la Madre, al discepolo amato. Nel v. 27 troviamo scritt o: da quell’ora il discepolo l’accol-se con sé. Gli esegeti ci spiegano che quell’espressione con sé può essere tra-dott a più lett eralmente con: l’accolse tra le sue cose. Dobbiamo intendere, spie-gano sempre gli studiosi, che le cose di cui si parla sono le cose essenziali per la vita, quelle da cui non ci si allontana mai. Dunque Maria, e Maria sott o la croce, è una di quelle realtà che un discepolo di Gesù che vuole rimanere fedele alla pro-

di don Giampaolo Tironi

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La Lett era |24| Giugno 2014

pria chiamata non può lasciare, non può abban-donare. Pena il suo mancare di fedeltà al disce-polato. Se leggiamo il contesto degli ulti mi brani del vangelo di Giovanni ci rendiamo conto che le cose che il Signore Gesù lascia come un’eredità da non perdere non sono molte: il comandamen-to dell’amore, il Paraclito - e cioè lo Spirito Santo - e appunto lei, Maria. Dunque la celebrazione che sti amo vivendo ci porta a qualcosa di essenziale della nostra fede e del nostro stare con il Signore Gesù. Poiché è posta proprio negli ulti mi giorni prima della celebrazione della Grande Setti ma-na, la Setti mana Santa, ci aiuta ad entrare in essa con una compagnia necessaria, la compagnia di Maria. Chiediamo dunque a Maria di esserci compagna di viaggio, riproponiamoci di rimanere legati a lei, di tenercela strett a in modo di avere lo sguardo giusto, quello che ci permett e di com-prendere la misura dell’amore che Gesù ci mostra proprio nella sua passione, morte e risurrezione. Don Giuseppe, il vostro parroco, mi ha spiega-to che il vostro cammino di comunità in questo anno pastorale è caratt erizzato da un’att enzio-ne speciale all’essere Chiesa. Avete scelto di ri-leggere le lett ere alle sett e chiese che si trovano all’inizio del libro dell’Apocalisse e confrontarvi con esse per cercare un modo più autenti co di essere comunità del Signore, Chiesa secondo la sua volontà. Proprio questo mi ha fatt o pensare a come è suggesti vo e sti molante pensare proprio a Maria come una delle realtà essenziali della no-stra sequela e come potremmo guardare a lei per riconoscere in lei un’immagine della Chiesa.Pochi giorni fa, in compagnia di un amico prete, ho potuto visitare una mostra allesti ta alla Pina-coteca di Brera a Milano e organizzata att orno a un bellissimo dipinto di un pitt ore veneziano del rinascimento, Giovanni Bellini, che raffi gura una Pietà. L’opera è datata att orno al 1475 e raffi gura Gesù con gli occhi chiusi, un pallore diff uso in tut-to il corpo e ancora tra i capelli la corona di spine, ma ritt o in piedi dentro un sepolcro di marmo. Il

suo corpo può stare in quella posizione perché è rett o da Maria che appoggia teneramente la sua guancia a quella del fi glio e da Giovanni, il disce-polo amato, che apre la bocca come a esprime-re il suo dolore e guarda dalla parte dove Gesù non c’è; ma dove potrebbe esserci qualcun altro, magari noi che guardiamo il dipinto e che siamo come ‘ti rati dentro’ proprio da quello sguardo e dalla sua espressione di dolore che sembra cer-care un aiuto. L’immagine di Maria è struggente. Da essa possiamo cogliere alcuni parti colari che ci aiutano a rifl ett ere, a pregare e a far sì che il nostro accogliere Maria tra le nostre cose ci porti a crescere nella fede in Lui.Maria è mostrata in un guancia-a-guancia che ci fa pensare a lei come all’innamorata di Gesù. Sì, ci fa venire alla mente alcuni passaggi del Canti co dei Canti ci dove l’amata parla del suo fi danzato e dice: Io sono del mio amato e il mio amato è mio (Ct 6,3). Possiamo proprio pensare che Maria sia stata innamorata di Gesù? Sì, e non si tratt a di un’aff ermazione esageratamente “romanti ca”. Possiamo pensare che Maria sia stata innamorata di Gesù come una madre si innamora di suo fi glio, quel fi glio che le occupa il cuore e al mente, che le chiede tutt e le forze e le energie. Ce la imma-giniamo guardare e contemplare il suo bambino, “stravedere” per lui, abbracciarlo e coccolarlo. Gli anti chi greci dicevano che l’innamoramento è come un impazzimento, un diventare pazzi, per-ché è come vedere in una realtà, in una persona - che ha anche dei limiti - il tutt o. ogni amore uma-no in eff etti deve fare i conti con il fatt o che l’altro - che sia il fi glio, oppure il marito o la moglie - non è tutt o e non può tutt o. Ma l’amore per Gesù è proprio ciò che coglie nel suo senso più profondo quel senso di impazzimento che l’amore mostra e che i greci un po’ irridevano: nel piccolo Gesù, in quel piccolo frammento di umanità, in quel pic-colo cucciolo d’uomo c’era e c’è davvero il Tutt o! L’immagine di Maria innamorata di Gesù può por-tarci a pregare per una Chiesa davvero innamo-rata del suo Signore, per una comunità - la vostra - fatt a di persone che riconoscono per davvero che Gesù è il loro Tutt o. Preghiamo stasera insie-me perché la nostra comunità sia innamorata di Gesù, della sua umanità: innamorata di Lui che amava la vita e sapeva cogliere ogni cosa ed ogni creatura come un dono del Padre; innamorata di Lui che sapeva accostare ogni uomo con smisura-ta misericordia, senza farlo senti re giudicato; in-namorata delle sue parole di amore ad oltranza, perfi no di amore per il nemico, parole che Lui per primo mett erà in prati ca proprio nella sua passio-ne; innamorata della Scritt ura che fa riecheggia-

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re la sua vita e le sue azioni quando la leggiamo insieme e innamorata dell’Eucaristi a, sacramento della sua presenza nell’oggi. Nel dipinto di Giovanni Bellini, Maria è presenta-ta in un modo che ci può infasti dire e far inter-rogare: è vesti ta da vedova. Sì, Maria, proprio in quanto l’Addolorata, è come vedova di Gesù! Glielo hanno portato via. Ella non è riuscita e non ha potuto tenerlo con sé. È vero che Gesù già da ragazzo le aveva dett o di non essere suo. Le aveva ricordato che le sarebbe stato sempre un po’ più avanti nel cammino, dentro, così potremmo dire, un’altra dimensione, quella data da una relazione ancora più originaria e fondante per Lui, la rela-zione con il Padre. Proprio durante la processione che abbiamo da poco terminato abbiamo ricor-dato alcuni di quelli che una buona tradizione ci consegna come i Sett e dolori della Madonna, e tra questi proprio quello del ritrovamento di Gesù nel tempio, quando Egli dice a sua madre di es-sere nelle cose del Padre suo (cfr Lc 3,59). Ora però Gesù è proprio morto. È davvero in un’altra dimensione... Cosa signifi ca che Maria è vedova di Gesù? In che senso possiamo assumere questa immagine? Nel senso che ella non può guidare la vita di Gesù, nel senso che anche lei è chiamata a seguirlo anche dove non avrebbe voluto. Nel sen-so che Maria ha dovuto imparare a lasciare spazio a Gesù così come Lui ha voluto essere; uno spa-zio di mistero, il mistero della sua libertà, del suo volere morire per amore nostro, del suo rivelarci l’amore di Dio suo Padre, salendo sullo strumen-to di morte più orribile, segno incomprensibile per noi uomini: la croce. E stasera ci potrebbe far bene pregare perché possiamo anche noi vivere con intensità il giorno meno compreso della Set-ti mana Santa e cioè il Sabato Santo, il giorno in cui Maria è vedova di Gesù, il giorno in cui tutti i discepoli diventano ‘vedovi’ del Signore. Pre-gare per questo signifi ca chiedere di essere una Chiesa che è innamorata di Gesù ma non pensa di conoscerlo a tal punto da non avere più nulla da imparare da Lui, da pensare di non essere da Lui sorpresa e messa alla prova. Una Chiesa vedova di Gesù è una Chiesa che sa aff ermare che Dio rimane il Mistero per eccellenza e che lo si può comprendere solo se lo si accoglie proprio quan-do Egli compie ciò che noi non immagineremmo mai. A volte rischiamo di parlare di Dio con una tale convinzione che sembriamo degli ‘specialisti ’ di Lui. Non è così che siamo discepoli, non è così che lo testi moniamo. Così lo trasformiamo in idee nostre, in concetti che ci danno sicurezza: ma così non saremmo più al servizio del suo essere sem-pre oltre i nostri desideri, oltre le nostre misure

umane; del suo essere il Trascendente.Infi ne, questa sera, possiamo contemplare Ma-ria come sposa. Sì, come sposa serena; sposa che ha vissuto la prova dell’amore e ha imparato la fedeltà. Una fedeltà che è una vita che si lega sempre più profondamente a Colui che ha scelto e da cui è stata scelta, una fedeltà che, proprio perché tale, è virtù che si gioca nella quoti dianità. Per questo, potremmo stasera pregare perché la nostra comunità sia capace di mostrare nel quo-ti diano il suo legame con Gesù, perché sia capace di trasmett ere agli uomini che è possibile vivere le cose di ogni giorno come la vita in famiglia, con gli amici e nel proprio paese; il lavoro e la festa; l’impegno del prendersi cura dei malati e dei più poveri; il costruire una società migliore; tutt o questo con fede; e cioè con la capacità di “met-tere dentro” ogni azione un po’ di amore, quello che viene da Gesù.Termino facendovi notare uno stravolgimento delle cose di natura: ho parlato di Maria come innamorata, vedova e sposa e così ho invitato a pregare per una Chiesa innamorata, vedova e sposa. Su questa terra noi vediamo che una don-na prima si innamora, poi diventa sposa e, sem-mai solo dopo, rimane vedova. Ma la pasqua di Gesù scambia gli ulti mi due passaggi del proces-so: l’esperienza della vedovanza da Gesù, e cioè l’esperienza della prova e del mistero non è quel-la defi niti va. Quella compiuta è quella della spo-sa. Proprio l’Apocalisse, ulti mo libro della Bibbia, termina con l’immagine della Chiesa/sposa che, con lo Spirito, dice allo sposo/Gesù: Vieni!. Ed Egli risponde: Sì, vengo presto! (cfr Ap 22,17.20). La Chiesa è, a immagine di Maria, la comunità di uomini e donne discepoli di Gesù che lo invoca-no perché la grande storia del mondo trovi il suo compimento in un incontro di amore che dà sen-so e risana ogni piccola storia che lì si è consu-mata. Dio ci doni di diventare sempre più Chiesa che invoca e att ende fi duciosa la sua venuta che salva!

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Abbiamo letto in Comunità le sette lettere che l’Apocalisse invia all’Angelo delle chiese dell’Asia minore: Efe-so, Filadelfia, Tiatira, Pergamo, Smirne, Sardi e Laodicea. Le abbiamo approfondite nella predicazione e ne-gli incontri-nelle frazioni il pomeriggio e nel coro della chiesa parrocchiale la sera- guidati da don Maurizio rota. I ragazzi le hanno raccolte in un portalettere e alcuni artisti le hanno interpretate con tecniche miste su tavola. Le ritroviamo, stampate su ampi tessuti, nella processione del Patrono che riassume e significa il cammino dell’anno pastorale. Ne abbiamo uno sguardo unitario nel cammino di fede che è la visita alle sette chiese del 2 giugno, in attesa dell’ottava lettera, quella all’Angelo della chiesa di Palazzago, che sarà la guida dell’anno pastorale 2014-2015.In diverse occasioni abbiamo attinto al libro dell’Apocalisse, in particolare nell’adorazione del giovedì santo, contemplando la Gerusalemme celeste e nella conclusione della Via Crucis del venerdì santo. Uno dei primi libri usciti all’indomani dell’elezione di Papa Francesco riporta le riflessioni che l’allora Car-dinale aveva fatto in diversi ritiri; una delle quattro parti presenta il commento alle sette lettere dell’Apoca-lisse. Anche nella Evangelii Gaudium (dato a roma, presso San Pietro, alla chiusura dell’Anno della fede, il 24 novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo re dell’Universo, dell’anno 2013, primo del Pontificato) il Papa fa riferimento alla Gerusalemme celeste così:

71. La nuova Gerusalemme, la Città santa (cfr Ap 21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umani-tà. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. La presenza di Dio accompa-gna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso.

Una delle curiosità suscitate da un primo approccio telematico cliccando Palazzago ed entrando in Wikipedia è dato dalla “cappella del Diavolo”. Così si legge: “Molto importante è la chiesa di San Giovanni Battista, co-struita a partire dal XV secolo e che si caratterizza per la sua imponenza. Tra i dipinti, la splendida pala dell’Assunta, eseguita da Giovan Battista Moroni e altre tele di Abramo Spinelli e Giovanni Scaramuzza. Decisa-mente da segnalare è la cosiddetta “cappella del diavolo”, estremamen-te suggestiva, sul cui soffitto è rappresentato appunto Satana.” Che sarà mai? L’arcano è presto svelato, guardando la volta della “chiesina” a sinistra della parrocchiale, su cui è dipinta la Donna dell’Apocalisse (o Immacolata Concezione). Ai piedi di Maria troviamo un drago che spira fuoco e che, nell’immaginario collettivo dei ragazzi che si preparavano alla confessione sotto tale spettacolo, poteva rapirti da un momento all’altro se non dicevi tutto. Passati i tempi della paura rimane la sugge-stiva interpretazione di ciò che l’Apocalisse (12, 1-4) dice:

“Poi apparve nel cielo un gran segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incin-

ta e gridava per le doglie e i dolori del parto. Nel cielo apparve anche un altro segno: un gran dragone rosso che aveva sette teste e dieci corna, e sulle sue teste vi erano sette diademi. La sua coda trascinava dietro a sé la terza parte delle stelle del cielo e le gettò sulla terra; poi il dragone si fermò davanti alla donna che stava per partorire, per divorare suo figlio quando lo avesse partorito.”

“BEATo ChI LEGGE, BEATI CoLoro ChE ASCoLTANo…” AP 1,3

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Emilio Belotti, Acrilico e grafite su carta e legno

Invito ad entrare.In profondità.A togliere il velo perché sia Apocalisse, rivelazione.Di Lui,Alfa e grande o – omega della storia.Una storia fatta di luci e ombre ma sempre abitata dall’uno, simile a figlio di uomo,con un abito lungofino ai piedie cinto con una fascia d’oro...

Quella porta in cui tu sei invitato ad entrareè la stessa dalla quale esce Luiper una parola di verità alla Chiesa– sette stelle e sette candelabri – .Sarà una parola – spada, una parola – sole, una parola – fiammeggiante.Sarà una Parola da... vedere.

Federico Rocchi, Tecnica mista su tavola

L’amore dell’origine, fuoco che brucia.Ora contorno e cornice ad una chiesa avvolta dal manto dell’abitudine.Oro - nel fasto della città- da passare nel crogiuolo di “colui che regge le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri”. Efeso “lumen asiae” ricorda,convertiti,ritorna, perché sia ancora amore; costanza,fatica,decisione perché sia ancora il primo amore.

Il tuo candelabro non sarà rimosso: splenderà con l’albero della vita.In mezzo al giardino

PROEMIO ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI EFESo SCrIVI...

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Belotti Elena Graziella, Olio su tavola

Freme una battaglia:il Giardino degli inizi,l’ordine della creazioneè attanagliato dal male.Lo vedi? Sta entrando prepotentemente in scena per stringere nella sua morsa la cittàe vincere sul bene.Chi potrà resistere?Chi non si lascerà guardare dall’occhio che gronda sangue?Chi potrà uscire vittorioso dalla grande tribolazione dei dieci giorni?Chi sfuggirà alla seconda morte?

“Non temere”, Smirne!E non temere, uomo di sempre!

All’orizzonte, quasi astri nascenti,l’occhio del “primo e ultimo”, di “colui che era morto ed è tornato a vivere” e, perle incastonate nel volto, gli occhi della donna vestita di sole.

“Non temere”, Smirne!E non temere, fedele di sempre!

Guglielmo Clivati, Tempera su legno

Si parte da lì in basso,dalla pietruzza bianca promessa,quasi un ritorno nel grembo,gestazione di una scelta non facile:a Pergamo “Satana ha il suo trono”.Come si fa a non lasciarsi afferrare?E’ qualcosa che si impone: è più di una culla, è una voragine che ingoia la fedeltà di una comunità.

Idoli, pregiudizi, chiusure, egoismi...Paradigma di ogni tempo nel quale si fatica ad accogliere la luce.Eppure all’orizzonte già brilla:termine fisso di ogni ricerca,traguardo ad ogni tentazione superata,regalo per ogni uomo che lotta.

“Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo...”.Che sia il mio nome, quello?Ma anche il nome in cui, solo, c’è salvezza: Gesù di Nazareth.

“Tu tieni saldo il mio nome”.

ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI SMIrNE SCrIVI... ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI PErGAMo SCrIVI...

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La Lettera |30| Giugno 2014La Lettera |30| Giugno 2014

Vincenzo Rocchi, Olio su tavola preparata

Una chiesa viva:Opere, carità, fede, servizio, costanza. Ma...“ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabele la donna che si spaccia per profetessa...”.E lei è lì, a prendere forma nel groviglio di stoffe, ricami e colori:il letto delle sue prostituzioni.Da lì il suo sguardo invita, interroga e seduce anche te.

Tiatira continuerà ad essere una chiesa viva se saprà lasciarsi sedurre da un’altro sguardo: da colui che scruta i reni e il cuore – affetti e pensieri – e darà la stella del mattino.

Una chiesa viva che non lascia fare a Iezabele, ma si lascia fare: da Lui.

ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI SArDI SCrIVI...ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI TIATIrA SCrIVI...

Belotti Marilisa, Tecnica Mista su tavola

Un resto.Un piccolo restoche non ha macchiato le vesti.Ciò che è promessa - “Il vincitore sarà vestito di bianche vesti” – è qui già realizzato.E soprattutto Luiche possiede i sette spiriti di Dioe le sette stelle,realizza la promessa.Nella notteIrrompe con il legno,misura di ogni uomo e di ogni comunitàche non si accontenta di sopravviverema vuole vivere in pienezza.

A Sardi, l’attivismo maschera il vuoto:ma a Lui nulla è nascostoperché Egli scruta il cuore.Il suo sguardo di Sposointravede una debole vitalità:si parte da lì, per rendere saldo l’amore.

Nel libro della vita c’è ancora posto!

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Mino Marra, Tempera su tavola

Uno squarcio, una porta il misterosi è fatto storia: “La forza della tua destra mi sostiene”.Una città, piccola ma fedele: Filadelfia o Gerusalemme nuova?Filadelfia e Gerusalemme ogni città che custodisce la parola con perseveranza.Linee e colori: originalità e apertura per una risposta che si rinnova ogni giorno: non è questa “fedeltà”?Una colonna nel tempio vivo: l’uomo custodito dal suo Dio, fondamento della famiglia umana.Un angelo catapultato sulla terra: una parola per te: ecco la chiave della storia.

Ecco la chiave della tua storia.

ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI LAoDICEA SCrIVI...ALL’ANGELo DELLA ChIESA DI FILADELFIA SCrIVI...

Pino Viscusi, Tecnica Mista su Legno

Un arco ti introduce a Laodicea:parole piene di luce perchégiungono dalla luce.Laodicea: l’ultima lettera.Ultima perché arriva dopo sei.Ma ultima anche perché sintesi di tutte.E quindi mai solamente ultima.Anche oggi è Laodicea:se ti basta vivacchiare,se ti basta la scorza esteriore,se non ami più.Anche oggi è Laodicea:se pensi di vederci bene con i tuoi soli occhi,se le tue cose ti chiudono in una torre,se pensi di salvarti da solo.Lettere: quelle alle chiese.Lettere: per un alfabeto di libertà.Riunisci le lettere sparse, con il filo dorato dello Spirito che parla alle chiese.Troverai il desiderio di Dio: Incontrarti per fare festa.

“Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta io verrò da lui”.

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Dal 9 al 15 novembre del 2015 si svolgerà a Firenze il quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana. Esso si collega agli orientamenti pastorali del decennio, dedicati al teme dell’educazione e all’att ua-le <<emergenza educati va>>. L’argomento del conve-gno proposto a credenti e non credenti , è espresso in un’aff ermazione impegnati va: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Questo sarà il quinto Convegno ecclesiale nazionale. Molti ricorderanno, nel 2006, il grande incontro di Verona, dedicato alla speranza. Il suo ti tolo era infat-ti Testi moni di Gesù risorto, speranza del mondo. Era una speranza che att raversava gli ambiti , i modi in cui quoti dianamente viviamo: la dimensione degli aff etti , del lavoro e della festa, l’esperienza della fragilità, il desiderio di educarsi a vicenda e di convivere nel ri-spett o di regole democrati camente stabilite.Quello di Verona era solo l’ulti mo di una serie di eventi ecclesiali che, celebrati circa ogni dieci anni, avevano accompagnato il cammino della Chiesa italiana dopo il Concilio Vati cano II. ricordiamo, nel 1976, il Conve-gno di Roma su Evangelizzazione e promozione uma-na, poi nel 1985, quello di Loreto su Riconciliazione

cristi ana e comunità degli uomini, e ancora, nel 1995, quello di Palermo su il Vangelo della carità per una nuova società in Italia. I temi dei Convegni non solo avevano sviluppato alcuni aspetti dell’eredità conci-liare, ma si erano intrecciati , di volta in volta, con gli orientamenti che la Chiesa si era data per la sua azio-ne nella società.In tutti questi casi, comunque, sia nei vari orienta-menti pastorali che nei temi scelti per i Convegni, al centro dell’att enzione era sempre l’essere umano: considerato nei modi in cui la sua umanità può com-piutamente promossa (roma), al fi ne d’isti tuire una comunità rinnovata nel profondo (Loreto), a parti re da ciò che può off rire, per un ripensamento dell’umano, il richiamo alle dimensioni della carità e della speranza (Palermo e Verona). In altre parole, si tratt ava sempre di mett ere l’accento, per <<comunicare il Vangelo in un modo che cambia>>, sulla <<questi one antropolo-gica>>. Il che vuol dire domandarsi che cosa signifi ca essere davvero, oggi, esseri umani, che cosa permett e pienamente di realizzarci come tali, che cosa può dir-ci, in proposito, il messaggio cristi ano. E’ urgente tutt o questo. Lo è tanto più nella situazione in cui viviamo. oggi, infatti , predominano, e per lo più sono pacifi -camente accett ate, concezioni ridutti ve, unilaterali e sbagliate di ciò che siamo e possiamo essere.C’è, ad esempio, l’idea per cui donne e uomini sono anzitutt o individui, tendenzialmente isolati , dediti a colti vare i propri interessi, e solo in seguito, se a loro conviene, sono disposti a formare una comunità. In-vece noi siamo anzitutt o esseri in relazione; lo siamo proprio come esseri umani, fi gli e padri, appartenenti a una tradizione, inseriti in una società. E’ fi n troppo diff usa, poi, la convinzione che uomini e donne ub-bidiscono in primo luogo ai propri interessi, che il loro principale comandamento è quello dell’uti le, e che per ott enere un vantaggio sono disposti a tutt o. E invece non è vero. Anzi, tanti più in tempi di crisi, la solidarietà – come dice anche un recente rapporto del Censis – torna a essere un modello diff uso di com-portamento. S’impone ancora, acriti camente condivisa, la conce-zione per cui l’umanità dell’uomo s’identi fi ca con le funzioni del suo corpo, che il corpo è fatt o di parti in-tercambiabili, quasi fosse una macchina, e che perciò può essere manipolato a piacimento. E invece sulla li-ceità di queste manipolazioni arbitrarie, che le tecno-

GESÙ, UoMo DELLE BEATITUDINIdi Adriano Fabris

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logie rendono possibili in ogni fase della vita, stanno nascendo sempre più dubbi. L’esistenza umana, infat-ti , non è aff att o un campo di esperimenti .Potrei conti nuare ancora. Credo però che quanto ho dett o basti a far comprendere perché la questi one an-tropologica – la domanda su chi siamo veramente e su come dobbiamo comportarci nei confronti del mon-do, dei nostri simili, di noi stessi – è una domanda oggi centrale, e perché è necessario dare a essa risposta.E’ quello che intende fare il Convegno di Firenze. Lo intende fare rilasciando con forza l’idea che bisogna proporre nuovamente, proprio da Firenze, proprio dalla culla dell’umanesimo, una concezione dell’esse-re umano che si contrapponga a tutt o ciò che lo può isolare e morti fi care nelle sue potenzialità. Il riferi-mento al nuovo umanesimo, espresso nel ti tolo, indi-ca una prospetti va completamente diversa da quella oggi predominante: l’idea per cui l’essere umano è pensato e si realizza sono nelle sue relazioni. Il Con-vegno vuole poi indicare il modello di questa umanità nuova, e insieme la via che bisogna seguire per rea-lizzarla: la fi gura di Gesù Cristo. La fede cristi ana – su ci viene posto ora l’accento, dopo che nei Convegni precedenti erano state privilegiate la carità e la spe-ranza – diviene dunque ciò che moti va e sosti ene la realizzazione dell’umano.Tutt o ciò è dett o nell’Invito al Convegno cercando in primo luogo, quali interlocutori, i Consigli presbiterali e pastorali, le Facoltà teologiche e gli Isti tuti di scienze religiose, le Consulte laicali, le associazioni e i movi-

menti . In questo scritt o, però, vi è non solo l’annun-cio di un tema, ma una richiesta di collaborazione. Non si tratt a di un documento che cala dall’alto, ma di un modo per intraprendere un cammino insieme. Alla fi ne ci sono domande ben precise, per favorire la rifl essione e il contributo delle Chiese locali. A esse si può rispondere narrando esperienze positi ve o se-gnalando nodi problemati ci. Lo sti le, quello sti le a cui papa Francesco ci ha ormai abituato, mira a promuo-vere dialogo e condivisione. Come aff erma lo stesso Invito, nella sua parte conclusiva, bisogna <<smett ere di fare calcoli e (tornare a) fare Eucaresti a>>.Il filo conduttore che abbiamo scelto per avvicinarci al Convegno di Firenze è il Vangelo delle Beatitu-dini, Come dice papa Francesco – che ha scelto di mettersi alla <<scuola delle Beatitudini per definire il tema delle prossime tre Giornate Mondiali della Gioventù – non c’è bisogno d’altro. Il Discorso della montagna, infatti non indica solo la via seguendo la quale l’essere uma-no può essere davvero felice. Le Beatitudini sono invece, prima di tutto, il modo in cui uomini e don-ne possono attuare pienamente la loro umanità. Sono l’indicazione concreta, che Gesù stesso ci offre, per pensare e porre in opera un nuovo umanesimo. Sono – l’espres-sione è ancora di papa Francesco – il <<piano d’azione>> che ci per-mette di realizzarlo.

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LA VITA È… UNA GrANDE BELLEzzA: PALIo 2014Domenica 18 maggio, con i giochi nel campo, si è conclu-sa la XXVII edizione del Palio delle Contrade con cinque frazioni partecipanti: Lilla, rosa, Blu, Verdi e Arancioni, che hanno coraggiosamente difeso le sorti di altrettan-ti nuclei abitativi del nostro paese. (manca Gromlongo che tutti sperano di rivedere già dall’anno prossimo.) Nel solco tracciato dalle precedenti edizioni, il Palio è iniziato nel settembre 2013 con la gara di ballo durante la festa di Comunità, vinta dai Lilla. Il 2014 si è poi aperto con il torneo di pallavolo disputato presso la palestra della scuole medie di Almenno S. Bartolo-meo. Tre serate all’insegna di battute, ricezioni e schiacciate che hanno inco-ronato per l’ennesima volta campione la fortissima squadra dei Verdi in una finale comunque lottata con i rosa. La chermesse di carnevale ha poi consen-tito ad ogni frazione di sbizzarrirsi con la fantasia nel proporre e allestire ma-schere e carri. Grazie a loro domenica 2 marzo si è colorato il paese durante la sfilata partita dalla piazzetta di Precor-nelli e conclusasi in oratorio. Si è arri-vati così a sabato 26 aprile, inizio delle tre settimane finali. La consueta prova culturale in teatro ha lasciato spazio ad uno spassoso gioco dell’oca gigante creato nel campo, dove ha trionfato la squadra dei Lilla. Martedì 29 è iniziato il tanto agognato torneo di calcio che dopo ben 13 partite disputate tra le varie frazioni in modo agguerrito ma sempre nello spirito del divertimento ha visto il successo della squadra degli Arancioni. La finale, giocata domenica 18 alle ore 21.30 e preceduta da una spettacolo pirotecnico degno del Palio di Palazzago, è stata combattuta fino all’ultimo e si è conclusa con il risul-tato di 2 a 1. Mercoledì 30 è stata la volta del torneo di ping pong svolto nel teatro: vittoria dei Blu. Sabato 3 mag-gio si è dato vita alla seconda novità di quest’anno: il torneo di dodgeball. Questa disciplina riprende nel suo

svolgimento principale le regole della tanto amata palla prigioniera a cui tutti, almeno una volta, hanno giocato. La vittoria finale è andata ex equo a i Lilla e ai rosa. Il giorno seguente, in un pomeriggio all’insegna di bambini e ragazzi, si sono svolte le mini olimpiadi. I partecipanti, in età compresa tra i 6 e 13 anni, si sono impegnati ma soprattutto divertiti nello sfidarsi in vari giochi fino alla vittoria dei Verdi, ma tutti sono stati ricompensati de-gli sforzi con una grande e deliziosa merenda. Lo stesso giorno, dalle ore 18.30, una giuria esterna ha viaggiato

lungo tutto il paese per valutare gli splendidi striscioni allestiti per colora-re il paese. Quest’anno l’originalità e la cura nei dettagli hanno premiato la contrada dei rosa che hanno allestito una vera e propria stazione di benzina presso l’ex distributore lungo via Mag-giore. La seconda settimana è trascor-sa con le avvincenti sfide di calcio, fino al Sabato della staffetta campestre. Il percorso di 11 Km diviso in quattro step (2 maschi e 2 femmine) si svilup-pava dalla chiesa di Gromlongo fino al campo dell’oratorio, passando per la chiesetta della Beita, attraversando i sentieri di Salvano, Montebello e Ca-rosso, salendo per Brocchione ed infi-ne scendendo da via Verzella. La vitto-ria finale, dopo una rimonta condotta dalle due ragazze è andata alla frazio-ne dei rosa. L’ultima settimana ha vi-sto la disputa delle semifinali del tor-neo di calcio e della finale per iI 3° e 4° p osto. Si è giunti cosi, Sabato 17, alla serata più affascinate ed emozionante di ogni edizione, con lo spettacolo e la gara di canto. In un teatro gremito in ogni ordine di posto, le frazioni hanno sviluppato ed interpretato a loro modo il tema proposto che rendeva omaggio agli ultimi due film italiani vincitori del premio oscar: “La vita è bella” e “La grande bellezza”. In una sorta di crasi, il tema era “La vita è una grande bel-lezza”. Il livello raggiunto dalle frazioni,

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LA VITA È… UNA GrANDE BELLEzzA: PALIo 2014testimoniato anche dalle parole della giuria, è stato al-tissimo e tutti gli spettacoli hanno catturato l’attenzione del pubblico. La vittoria finale è andata alla contrada dei Rosa mentre la gara di canto è stata vinta dalla frazione dei Lilla. Domenica 18 maggio, ore 14.30, campo dell’ora-torio: la resa dei conti. In un pomeriggio assolato le cin-que frazioni si sono affrontate in cinque entusiasmanti giochi che hanno decretato la contrada vincitrice. Le gare hanno visto un incredibile equilibrio ed in certi casi sono stati addirittura i centesimi di secondo a fare la differen-za. Alla fine la gioia più grande è spettata alla contrada dei rosa, che con 71 punti complessivi e solo quattro di vantaggio sulla contrada dei Lilla si è aggiudicato il Palio 2014. AI terzo posto è giunta la frazione dei Verdi con 60 punti, seguita dagli Arancioni con 53 punti e dai Blu con 48 punti. Grandi festeggiamenti alla conclusione delle premiazioni, con il capitano dei Rosa che ha potuto sol-levare al cielo il Palio 2014. Il nuovo Palio, data la vittoria del 2013 da parte dei Verdi che si sono aggiudicati per la terza volta il trofeo e quindi il diritto di conservarlo, è stato realizzato da Franco Colombo, un artista di Trezzo sull’Adda che ha intarsiato nel legno il campanile della nostra chiesa parrocchiale. Il trofeo è stato offerto dal-la Famiglia Nava Giuseppe alla memoria. Specialmente quest’anno il clima sereno e gioioso ha accompagnato tutto il percorso fino alla conclusione. ogni competizione è stata vissuta con la voglia di mettersi alla prova e di con-dividere gioie e dolori con tutta la cittadinanza. Lo spiri-to con cui si deve affrontare una manifestazione che ha come finalità quella di favorire l’unione e l’amicizia tra le persone contribuendo alla loro crescita umana e spiritua-le deve essere di gioia e allegria, senza dover in ogni caso raggiungere la vittoria. E’ ovvio che vincere fa piacere a tutti, ma vedere i vari partecipanti sorridere dopo una sconfitta anche bruciante o in altri casi scontata, cre-do sia la vittoria più bella che il Palio possa dare a tutti coloro che vi partecipano. Un ringraziamento speciale e doveroso a tutti i capitani delle frazioni e a coloro che hanno partecipato alle varie competizioni. L’ultimo ringraziamento è obbligo rivolgerlo a chi, in modo ap-passionato, ha reso possibile la riuscita anche quest’an-no del Palio: il Comitato organizzatore. Nella speranza che questa bellissima tradizione popolare continui fino a coinvolgere sempre più persone, ci salutiamo con un Arrivederci al Palio 2015.

di Alberto Bonacina

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MArIA DoNNA DELL’ATTESAAvvento? No, mese di maggio, sempre con Maria. Nelle celebrazioni serali, in giro per il paese, molto par-tecipate e sentite nonostante la lotta con la pioggia, ab-biamo costruito un piccolo itinerario, vedendo le diverse “attese” di cui Maria è stata protagonista.5 maggio: Nella località Grumello, dove per la prima vol-ta abbiamo celebrato, Maria è stata invocata come “Figlia di Sion”, “bat zijjon”, figlia di un popolo che attendeva il Messia. Importanti vaticini messianici sono rivolti a que-sta figura che la tradizione cristiana lega poi alla Madon-na. Non a caso a lei si riferiscono simboli cari a Israele: arca, tabernacolo, roveto ardente, città madre, sposa…7 maggio: Siamo partiti dalla Cappella della Longa, tappa obbligata in maggio, per arrivare alla Chiesa di Precornel-li, spinti dalla pioggia che cominciava a cadere: abbiamo guardato a Maria in attesa di Gesù. Qui, la figlia di Sion, attende un figlio in carne ed ossa, meravigliandosi che un evento così grande (non conosco un uomo così) avvenga proprio in lei. Sta conoscendo il Dio dell’impossibile.12 maggio: nel verde del Golf, ci siamo fatti compagni di strada di Maria che raggiunge in fretta una città di Giuda, dove si trova la casa di Zaccaria ed Elisabetta, attenden-do, con loro, la nascita di Giovanni. La fede si fa condivi-sione dei momenti dell’esistenza, proprio come in molti hanno condiviso in questi giorni il saluto a tre persone care della Comunità.14 maggio: il forte vento non ha scoraggiato la parteci-pazione alla Cappella della Casella, trovando Maria che attende alla crescita di Gesù. I venti contrari non devo-no scoraggiarci nel far crescere le nuove generazioni; la famiglia e la comunità devono poter offrire motivi per vivere, sperare e amare. Così anche i nostri figli possono “crescere e fortificarsi, pieni di sapienza, con la grazia di Dio”.19 maggio: un parcheggio, tra case costruite da poco in via Longoni, invocando Maria come Madonna del buon consiglio, che attende alla crescita di Gesù. Consiglio, uno dei doni dello Spirito Santo, ricevuto il giorno prima da 26 ragazzi di seconda media. Il consiglio ci aiuta a vi-vere dei due pellegrinaggi: quello verso il tempio (Geru-salemme) e quello dentro il tempo (Nazareth) con l’arte di saper unire l’eterno e il quotidiano.21 maggio: abbiamo raggiunto i Pradei camminando sul-la strada immersa nel verde e recitando il Rosario. Nella

Mese di Maggio

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celebrazione fatta lì per la prima volta, abbiamo guarda-to a Maria che attende l’ora di Gesù, a Cana di Galilea, nel segno dell’acqua trasformata in vino. Ma la Madre sarà presente anche nel compimento dell’ora.26 maggio: nel giardino della Palma, tripudio di fiori, siepi e giochi d’acqua, ci siamo messi sotto la croce, lì dove Maria e Giovanni si accolgono nel segno della ma-ternità e della figliolanza. Anche Maria ha atteso la ri-surrezione, come realizzazione della promessa di Gesù. La morte non può tenere prigioniero Colui che ha amato così. I ragazzi di terza elementare hanno ricevuto la loro seconda Comunione.28 maggio: Maria era già casa piena di Spirito Santo, ep-pure attende nel cenacolo, con i discepoli, l’effusione che crea la Chiesa. Lì ci insegna almeno due cose: la perse-veranza (che è sorella stretta della speranza) e la concor-dia (l’andar d’accordo, il volersi bene…) Maria c’era nella nascita, nell’infanzia e nella crescita di Gesù. C’è anche nella nascita, nell’infanzia, nella crescita della Chiesa. A Salvano, con il raggio dello Spirito che ha allargato il cuore di San Filippo Neri (cui è dedicata la chiesa) nella Pentecoste del 1544 (scoprendo nel quadro di Salvano una copia fedele della pala di Guido Reni a Roma).

Il mese di maggio, apertosi con il pellegrinaggio alla Madonna del Monte Perello con le parrocchie della zona pastorale (Burligo, Palazzago, Barzana, Gromlongo e Roncallo Gaggio)si è concluso a Brocchione, con la celebrazione nella quale ab-biamo detto grazie per l’anno catechistico (i vari gruppi hanno riassunto il loro percorso in un sim-bolo presentato a tutti che metteremo sulla pros-sima Lettera).La sintesi è stata più o meno così: il piccolo Mattia, come tutti i ragazzi della catechesi, ha ricevuto il cartoncino del mese di maggio, un semplice stru-

mento per invitare alla recita di almeno una de-cina del Rosario al giorno. Ma era già il 5 maggio -Domenica- e la griglia riportata sul foglio su cui indicare “Sì” (recitata la decina) partiva dall’1. Si è detto: devo recuperare l’1, il 2, il 3 e il 4 maggio e prima ha recitato quattro decine. Un po’ quello che avviene con i “debiti” scolastici: bisogna recu-perare il tempo perduto; oppure ciò che dovrebbe caratterizzare la “penitenza” alla confessione: re-cupero il cammino che non ho fatto, causa il mio peccato. Può sembrare un po’ semplicistico: ep-pure ce ne vorrebbero di semplici come Mattia…

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I bambini verdi e rossi di anni 4 della scuola dell’In-fanzia Statale di Palazzago hanno partecipato al concorso “Cartolandia” indett o dall’Eco di Bergamo. I lavori realizzati , insieme a quelli delle altre scuole della provincia che hanno aderito al progett o, sono stati esposti a marzo presso la fi era di Bergamo. I bambini accompagnati dalle loro insegnanti hanno partecipato a questo evento e, nei laboratori, han-no potuto svolgere alcune interessanti atti vità.Gli elaborati realizzati dalla nostra scuola dell’infan-zia gruppo mezzani, avevano per ti tolo “Storia e cul-tura sulla originaria società rurale”.Finalità di questo progett o è stato avvicinare i bam-bini alla scoperta di un mondo contadino che ormai non c’è più e mantenere vivo il ricordo del nostro passato, sopratt utt o per non dimenti care i valori della vita contadina che i nostri nonni ci hanno tra-mandato.Per approfondire queste temati che è stata orga-nizzata un’uscita al museo della Parrocchia (arredi sacri e utensili /oggetti per la casa – stanza da lett o /cucina). Il progett o è stato possibile anche grazie alla partecipazione di alcune nonne che hanno rac-contato il loro vissuto ai bambini rendendo più co-involgente ed immediata la comprensione dei vari argomenti tratt ati .Un grazie a Don Giuseppe per la collaborazione e disponibilità dimostrate nell’approfondire con mae-stria questo argomento.

CoNCorSo CArToLANDIAScuola dell’infanzia statale di palazzago

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Battesimi

Viganò Agata

BenedettiFrancesco

Milesi Nicola

Panza Elia

Monti Agnese BenedettiFrancesco

Capelli Lorenzo Prussiani Sofi a Salvi Oscar

Domenica 4 maggio ore 15.00

Viganò Agata di Francesco e Bianzina Sonia, nata il 16 novembre 2013

Benedetti Francesco di Marco e Cortinovis Emanuela, nato il 9 febbraio 2014

Milesi Nicola di Andrea e Butta Sara, nato il 13 gennaio 2014

Panza Elia di Alex e Battaglia Rita, nato il 30 ottobre 2013

Domenica 1 giugno 2014, ore 10.30

Monti Agnese di Daniele e Bonaldi Paola, nata il 21 ottobre 2013

Benedetti Francesco di Giovanni e Brena Elena, nato il 4 ottobre 2013

Capelli Lorenzo di Omar e Togni Roberta, nato il 19 ottobre 2013

Prussiani Sofi a di Ivan e Bonacina Jessica, nata il 17 febbraio 2014

Salvi Oscar di Roberto e Ferrari Paola, nato il 15 dicembre 2013

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FLORIANA SALVI in MAGNO di anni 45,deceduta il 10 maggio 2014

I giorni passano e la tua mancanza si fa sentire sempre di più.Non possiamo vederti sorridere, sentire la tua voce e tanto meno prenderti per mano ma sappiamo che sarai sempre al nostro fi anco e non ci abbandonerai mai.Ti vogliamo bene,

i tuoi cari

CASTELLI PRIMO detto Giuanì di anni 87,deceduto il 6 marzo 2014

Te ne sei andato da poco, ma noi non smettiamo un attimo di cercarti, di incrociare il tuo dolce sguar-do, di godere delle tue attenzioni, di riempirci il cuore del tuo amore… quello che non ci hai mai fatto mancare. Da lassù proteggi tutti noi…Con infi nito affetto

Tua moglie, le tue fi glie, i tuoi nipoti e tutta la famiglia

CLEMENTINA MAZZOLENI vedova MALVESTITI di anni 93,deceduta il 6 aprile 2014

La nostra cara mamma si è spenta serenamente.Ci lascia il ricordo di una vita esemplare e di un amore grande e discreto, ma anche un vuoto infi nito nel nostro cuore.

I tuoi cari

CAROZZA BRUNA di anni 57,deceduta il 3 marzo 2014

La tua unicità ha riempito le nostre vite di ricordi meravigliosi ed indimenticabili, ci hai insegnato tanto senza che tu te ne rendessi conto: l’importanza di un sorriso, la gioia di un regalo, l’entusiasmo per le piccole e grandi cose di ogni giorno. Ci mancherà la tua spontaneità…Ti vogliamo bene Bruna! Un dolce abbraccio.

Per sempre… i tuoi cari.

IOLE MARIA GABRIELLAVICENSINI vedova LOCATELLIdi anni 91,deceduta il 4 marzo 2014,sepolta a Capizzone

Il tuo caro ricordo è con noi ogni gior-no, dall’alto dei cieli veglia su di noi.

i tuoi cari

LOMBONI GABRIELLA in POMA di anni 74,deceduta il 9 maggio 2014

Cara nonna, per noi sei stata come un angelo custode: ogni giorno e ogni momento ci avevi nel tuo cuore, non vedevi l’ora di poterci incontrare per sentire se avevamo fatto qualche progresso, qualche buona azione. Eravamo fi eri di poterti raccontare le nostre piccole cose che fi nivano sempre con un tuo buon consiglio e con un tuo bacio.Ti vogliamo bene, dal cielo continua a proteggerci.

ROTA MARIAvedova DONIZETTI di anni 89,deceduta l’8 marzo 2014

Con la tua semplicità e la tua dol-cezza ci sei sempre stata vicino, sarai sempre nei nostri ricordi

I tuoi cari

Defunti

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CEFIS DAVIDE (14/05/2011 - 14/05/2014)

Ci manchi nella vita di tutti i giorni, ma non manchi nei pensieri dei no-stri cuori.

I tuoi cari

MAZZOLENI FRANCESCO(30/06/2000 – 30/06/2014)

È nel silenzio quotidiano che il ri-cordo di te vive sempre con noi.

I tuoi cari

CRIPPA GIANLUIGI(15/06/2004 – 15/06/2014)

Il tempo non lenisce il dolore del vuoto incolmabile che hai lasciato, ma il tuo dolce ricordo continua a vivere nel nostro cuore con l’amore di sempre.

I tuoi cari

LUIGI ROTA(2011 – 2014)

Nel nostro cuore è sempre vivo il tuo ricordo.

I tuoi cari

ROTA MARTIR ANNA(23/04/2013 – 23/04/2014)

Ogni giorno c’è un momento, un ricordo che parla di te.Sei stata la nostra guida, la nostra certezza e la nostra forza.Grazie di cuore per l’amore che ci hai donato. Ci manchi tanto!

I tuoi cari

BONAITI GIUSEPPE(25/06/2001 – 25/06/2014)

Un ricordo non si sente, non si vede, non si tocca, è in fondo al cuore e non se ne va.

I tuoi cari

PROF. ACCARDI GIROLAMOdi anni 87,deceduto l’11 maggio 2014

Caro nonno Mimmo con la tua co-stante presenza e con la tua profon-da saggezza sei sempre stato per noi esempio di vita e di amore.Rimarrai sempre nei nostri cuori.

I tuoi nipoti e tutti i tuoi cari

Anniversari

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Valter Magri Luca Mangili

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La Lett era |42| Giugno 2014

JoANNES EST NoMEN EIUS… LC 1,63

Domenica pomeriggio, 4 maggio, dopo il Batt esimo di Elia, Nicola, Francesco e Agata.Arriva in sagresti a un signore che dice di avere qualcosa da dare alla Parrocchia di Palazzago. Esce e arriva dopo alcuni minuti con altre persone, portando un pacco. Lo scarto e trovo un quadrett o incorniciato, sott o vetro, il cui soggett o mi è decisamente familiare: raffi gura la scelta del nome di Giovanni Batti sta da parte di zaccaria. E’ il bozzett o di uno dei grandi quadri dell’abside, dipinto da Abramo Spinelli nel 1893.La storia è riassunta nella targhett a che è stata messa dietro:Olio su cartone, 30x40 del pitt ore Abramo Spinelli. Bozzett o originale per la tela realizzata dallo stesso nell’abside della chiesa parrocchiale di Palazzago. Bozzett o pervenuto ai fratelli Amadio e Patrizio Mariani di Bergamo, dalla nonna Roncalli Clarice, nati va di Albegno, inti ma nella famiglia Spinelli (le fu donato in memoria del pitt ore, deceduto ancora giovane).Donato al museo parrocchiale, maggio 2014.E’ un bozzett o vivo, fresco, più immediato della realizzazione molto grande, con soltanto alcuni parti colari diversi dalla tela che ammiriamo. Dopo tanti anni è tornato qui. Ci sarà in giro anche il bozzett o dell’altra tela di Spinelli che abbiamo sulla destra, con la de-capitazione del Batti sta?Grazie alla Famiglia Mariani che ce lo ha fatt o avere. Verrà esposto nel museo. Lo uti lizziamo subito per le locan- dine della setti mana patronale 2014.

SANTITÀ: “DUC IN ALTUM”L’alfabeto della formazione con le parrocchie della zona Pastorale si sta man mano allungando. Così, dopo la A (assemblea, altare, ambone), la T (tesoro della presenza, della rigenerazione, della miseri-cordia), e la C (Io Credo-Noi Crediamo) abbiamo declinato la S di Santità, conoscendo la spiritualità di Papa Giovanni XXIII con don Ezio Bolis a roncallo Gaggio, di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo con Mons. Gianni Carzaniga a Gromlongo e di Giovanni Paolo II con Mons. Achille Sana a Burligo. Buona la partecipazione e il coinvolgimento già dal primo incontro, nel quale don Ezio è partito citan-do il Card. Lercaro che nel 1965 diceva: “Per capire Papa Giovanni bisogna conoscere roncalli”. E noi l’abbiamo conosciuto a partire dalle sue radici nella terra di Bergamo. Per molti è stata una sorpresa la conoscenza di S. Teresina e interessante la sintesi del lungo pontificato di Giovanni Paolo che ci lascia l’invito: ”Duc in altum” prendi il largo.

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FESTA DEL PATroNoNATIVITA’ DI GIoVANNI BATTISTA

Sabato 14 giugno• In matti nata: arrivo fi accolata da Madonna di Lourdes • Ore 19.00 Festa contadina

sulla piazza don Battista Ceroni con la musica di Rosalino e con il balletto eseguito dal gruppo School Ballet

Domenica 15 giugno S.S Trinità• Ore 09.30 apertura Sagra del Prodotto Tipico• Ore 10.30 Santa Messa con anniversari di matrimonio• Apertura pomeridiana del Museo Parrocchiale

Ore 16.00 visita guidata• Ore 18.00 Santa Messa

con promessa d’impegno Terza Media

Mercoledì 18 giugno• Nel Pomeriggio Festa Anziani

nella tensostruttura dell’oratorio

Giovedì 19 giugno: Corpus Domini• Ore 20.30 Santa Messa e Processione

Sabato 21 giugno• Ore 21.00 Concerto Banda Musicale

Gioacchino Rossini

Domenica 22 giugnoFesta patronale Natività San Giovanni Battista• Corsa Mountain bike organizzata da Malvestiti Cerchi• Ore 10.30 Santa Messa con Memoria del Battesimo• Ore 18.00 Santa Messa e Processione

presieduta dal Vicario locale, don Luigi Paris• Mandato animatori del C.R.E. e baby C.R.E. 2014

Lunedì 23 giugno • Inizio C.R.E 2014

Martedì 24 giugno: Natività di San Giovanni• Ore 20.30 Santa Messa del Patrono• A seguire lancio delle lanterne volanti

Lunedì 30 giugno• Inizio Baby C.R.E. 2014

SAGrA DEL ProDoTTo TIPICoDoMENICA 15 GIUGNo 2014

Piazza Don Todeschini, Piazza Don Ceroni, Via Ca’ Curti, Via Maggiore, Via Al Forno

(in caso di maltempo: Area Feste)

Ore 9.00: apertura Sagra con esposizione di commercianti e hobbisti. Formaggi, salumi, vino, olio, marmellate, dolciumi,... oggetti di artigianato locale fatti a mano (vasi dipinti, lavori a maglia

e uncinetto, mobili d’epoca) Ore 14.30: Esibizione delle Junior Band(Associazione Bergamasca Bande Musicali)

Durante l’intera giornata: Vendita libri usati

(il ricavato sarà devoluto onlus Domiti lla rota)Ricco buffet offerto dai nostri

ristoratori locali e dalla Parrocchia

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