La Lettera giugno 2016

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La lettera Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo GIUGNO 2016 anno XXX numero 2

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Bollettino Parrocchiale Palazzago giugno 2016

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La letteraBollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo

GIUGNO2016

anno XXXnumero 2

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La Lettera [2] giugno ‘16La Lettera[2] giugno ‘16

Orari Sante Messe Palazzago

Sabatoore 18.00 Beitaore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 09.00 Montebelloore 09.00 Beitaore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni FerialiLunedì ore 20.00 Brocchione (Cappella) Martedì ore 20.00 PrecornelliMercoledì ore 20.00 BeitaGiovedì ore 20.00 CimiteroVenerdì ore 20.00 Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo

Sabatoore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 09.00 Collepedrinoore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì ore 18.00 Chiesa ParrocchialeMartedì ore 18.00 AcquaMercoledì ore 18.00 Chiesa ParrocchialeGiovedì ore 20.00 CimiteroVenerdì ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe 035.550336-347.1133405Don Roberto 035.540059-348.3824454Don Giampaolo 338.1107970Don Paolo 035.550081

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.itparrocchia@[email protected]@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...

Giovanni è un uomo paradossale. In tutta la sua vita ha seguito vie che sono completamente opposte a ciò che normalmente cercano gli uomini. Ha preferito il deserto arido piuttosto che il luogo affollato. Ha scelto un linguaggio diretto e a volte duro e scottante. Ha sempre allontanato la sua vita, così ricca di segni di potenza divina, da ogni sorta di potere e politico e religioso; e non ha temuto di denunciare le ipocrisie e le maschere dell’uomo che cerca il potere. Ha avuto molti discepoli; ma vedendo passare Gesù, non ha esitato minimamente a indicare ai suoi discepoli che era proprio LUI, il Cristo, colui che dovevano seguire. Ha servito e annunciato fino in fondo il regno di Dio rivelato in Gesù, dando per lui la vita; eppure, in carcere, ha dovuto lui stesso convertire il suo modo di pensare il volto di Dio e accoglierlo nella compassione di chi guarisce e non nella severità di chi giudica. Ha accettato il ruolo scomodo di chi comunica la spada tagliente della parola; tutta la sua vita è racchiusa dalla esperienza intima della gioia A chi gli chiedeva :”Tu, chi sei?”, non ha risposto esibendo tutta la sua autorità o la sua missione ma ha preferito dire chi non era: “io non sono il Cristo [….]. Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete dritta la via del Signore”.Il Cristo, invece, se lo trova al battesimo, in fila con i peccatori. L’autore dell’affresco che vediamo sulla volta della Chiesa della Trinità a Montebello, ha isolato dalla folla questo momento, per catturare lo squarcio del cielo, con il Padre che con un ampio gesto del braccio dice sì al Figlio, l’Amato. E la colomba-Spirito parte tra quei raggi che diventano strada di incarnazione, epifania di un figlio vero Dio e vero uomo.

Battesimo di GesùChiesa della Trinità, Montebello: affresco settecentesco della volta.

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La Lettera [3]giugno ‘16

Secondo annuncio[Editoriale]

La Lettera

Così nell’ormai lontano 1979 si esprimeva Giovanni Paolo II, pronunciando per la prima volta l’espressione “secondo annun-cio” che oggi va per la maggiore.Ma non è solo una formula, bensì la realtà che sem-pre più si presenta anche nelle nostre comunità di an-tica tradizione cristiana.I percorsi dei genitori che a c c o m -p a g n a n o i figli per i sacra-m e n t i , non sono forse un “ s e c o n -do an-nuncio”? E l ’ i t inerar io per le coppie che decido-no di sposarsi nel Signore? E le riflessioni che tan-te persone ascoltano venendo in chiesa dopo tanto tempo per un funerale o perché invitati ad una festa?Questo “secondo annuncio” non è “altro” rispetto al primo, ma chiede di far diventare scelta personale quella fede ereditata o quasi subita, oppure di sce-glierla dopo averla abbandonata per i motivi più diversi.Ma la connotazione di “secon-

do” riferita all’annuncio ci ricorda che la fede non è mai acquisita una volta per tutte e che Dio è

sempre generoso di sorprese nei riguardi dell’uomo. Si apre il periodo estivo con la festa patronale di San Giovanni Battista a Palazzago e di Santa Eurosia a Burligo, figure che ci

riportano a quel primo annun-cio che è stato fatto nella nostra terra tanti secoli fa.Entriamo anche nel trentesimo anno della Lettera, il Bollettino

che accompagna e fa me-moria dei nostri passi,

rendendo ragione del-la vita comunitaria

e del movimen-to che nasce

dal l ’ incontro con il Signo-

re. La scelta di portarla a tutte le f a m i g l i e gratuita-mente va nell’oriz-zonte di una “chie-sa in usci-

ta”.Continuano

i lavori della casa parroc-

chiale che già dai primi progetti

(e sono stati tan-ti) abbiamo chiamato

Casa di Comunità, perché, se è bello che il parroco abbia

una casa (questo è l’ottavo anno senza), è ancora più bello che ognuno si senta a casa. A casa nella Chiesa.A casa nella Comunità.Non vogliamo restarne fuori, vero?

“E’ iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso.”

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La Lettera [4] giugno ‘16

Titolo Titolo Titolo

La Lettera[4] giugno ‘16

Titolo Titolo TitoloChe cosa ti è successo, Europa, paladina dei diritti dell’uomo?

E’ illuminante il Discorso di Papa Francesco per il conferimento del Premio Carlo Magno (venerdì 6 mag-gio 2016). Vale la pena leggerlo.

Illustri Ospiti,Desidero ribadire la mia intenzio-ne di offrire il prestigioso Premio, di cui vengo onorato, per l’Europa: non compiamo infatti un gesto celebrativo; cogliamo piuttosto l’occasione per auspicare insieme uno slancio nuovo e coraggioso per questo amato Continente. La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Eu-ropa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ri-cordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia. Le ceneri delle macerie non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro, che arsero nel cuore dei Padri fondatori del progetto europeo. Essi gettaro-no le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per im-posizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi. L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò final-mente sé stessa e iniziò a edifica-re la sua casa.Questa «famiglia di popoli»[1], lodevolmente diventata nel frat-tempo più ampia, in tempi re-centi sembra sentire meno pro-prie le mura della casa comune, talvolta innalzate scostandosi

dall’illuminato progetto architet-tato dai Padri. Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti; noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire re-cinti particolari. Tuttavia, sono convinto che la rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa e che anche «le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità»[2]. Nel Parlamento europeo mi sono permesso di parlare di Europa nonna. Dicevo agli Eurodeputati che da diverse parti cresceva l’im-pressione generale di un’Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Eu-ropa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice. Un’Europa tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclu-sione e trasformazione; un’Euro-pa che si va “trincerando” invece di privilegiare azioni che promuova-no nuovi dinamismi nella società; dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali (gruppi e persone) nella ricerca di nuove soluzioni ai problemi attuali, che portino frutto in importanti avvenimen-ti storici; un’Europa che lungi dal

proteggere spazi si renda madre generatrice di processi (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 223).Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Eu-ropa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?Lo scrittore Elie Wiesel, soprav-vissuto ai campi di sterminio nazisti, diceva che oggi è capi-tale realizzare una “trasfusione di memoria”. E’ necessario “fare memoria”, prendere un po’ di di-stanza dal presente per ascoltare la voce dei nostri antenati. La me-moria non solo ci permetterà di non commettere gli stessi errori del passato (cfr Esort. ap. Evan-gelii gaudium, 108), ma ci darà accesso a quelle acquisizioni che hanno aiutato i nostri popoli ad attraversare positivamente gli in-croci storici che andavano incon-trando.La trasfusione della memoria ci libera da quella tendenza attuale spesso più attraente di fabbri-care in fretta sulle sabbie mobili dei risultati immediati che po-trebbero produrre «una rendita politica facile, rapida ed effime-ra, ma che non costruiscono la

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La Lettera [5]giugno ‘16

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pienezza umana» (ibid., 224). A tal fine ci farà bene evocare i Padri fondatori dell’Europa. Essi seppero cercare strade alterna-tive, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra. Essi ebbero l’audacia non solo di sognare l’idea di Europa, ma osa-rono trasformare radicalmente i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione. Osarono cercare soluzioni multilaterali ai problemi che poco a poco diven-tavano comuni. Robert Schuman, in quello che molti riconoscono come l’atto di nascita della prima comunità eu-ropea, disse: «L’Europa non si farà in un colpo solo, né attraverso una costruzione d’insieme; essa si farà attraverso realizzazioni con-crete, creanti anzitutto una soli-darietà di fatto»[3]. Proprio ora, in questo nostro mondo dilaniato e ferito, occorre ritornare a quella solidarietà di fatto, alla stessa ge-nerosità concreta che seguì il se-condo conflitto mondiale, perché – proseguiva Schuman – «la pace mondiale non potrà essere salva-guardata senza sforzi creatori che siano all’altezza dei pericoli che la minacciano»[4].I progetti dei Padri fondatori, aral-di della pace e profeti dell’avve-nire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire pon-ti e abbattere muri. Sembrano esprimere un accorato invito a non accontentarsi di ritocchi co-smetici o di compromessi tortuo-si per correggere qualche tratta-to, ma a porre coraggiosamente basi nuove, fortemente radicate; come affermava Alcide De Ga-speri, «tutti egualmente animati dalla preoccupazione del bene co-mune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa», rico-minciare, senza paura un «lavoro costruttivo che esige tutti i nostri

sforzi di paziente e lunga coope-razione»[5]. Questa trasfusio-ne della memoria ci permette di ispirarci al passato per affrontare con coraggio il complesso quadro multipolare dei nostri giorni, ac-cettando con determinazione la sfida di “aggiornare” l’idea di Eu-ropa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialoga-re e la capacità di generare.

Capacità di integrare

Erich Przywara, nella sua magnifica ope-ra L’idea di Europa, ci sfida a pensare la città come un luo-go di convivenza tra varie istanze e livelli. Egli conosceva quella tendenza riduzioni-stica che abita in ogni tentativo di pensare e sognare il tessuto sociale. La bellezza radicata in molte delle nostre città si deve al fatto che sono riuscite a conser-vare nel tempo le differenze di epoche, di nazioni, di stili, di visio-ni. Basta guardare l’inestimabile patrimonio culturale di Roma per confermare ancora una volta che la ricchezza e il valore di un po-polo si radica proprio nel saper articolare tutti questi livelli in una sana convivenza. I riduzionismi e tutti gli intenti uniformanti, lungi dal generare valore, condanna-no i nostri popoli a una crudele povertà: quella dell’esclusione. E lungi dall’apportare grandezza, ricchezza e bellezza, l’esclusione provoca viltà, ristrettezza e bru-talità. Lungi dal dare nobiltà allo spirito, gli apporta meschinità. Le radici dei nostri popoli, le radici

dell’Europa si andarono consoli-dando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più di-verse e senza apparente legame tra loro. L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinami-ca e multiculturale. L’attività poli-tica sa di avere tra le mani questo lavoro fondamentale e non rin-viabile. Sappiamo che «il tutto è più delle parti, e anche della loro semplice somma», per cui si do-vrà sempre lavorare per «allar-gare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà

benefici a tutti noi» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 235). Siamo invitati a promuovere un’integra-zione che trova nella solidarietà il modo in cui fare le cose, il modo in cui costruire la storia.Una solidarietà che non può mai essere confusa con l’elemosina, ma come generazione di oppor-tunità perché tutti gli abitanti delle nostre città – e di tante al-tre città – possano sviluppare la loro vita con dignità. Il tempo ci sta insegnando che non basta il solo inserimento geografico delle persone, ma la sfida è una forte integrazione culturale. In questo modo la comunità dei popoli europei potrà vincere la tentazione di ripiegarsi su para-

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La Lettera [6] giugno ‘16La Lettera[6] giugno ‘16

digmi unilaterali e di avventurar-si in “colonizzazioni ideologiche”; riscoprirà piuttosto l’ampiezza dell’anima europea, nata dall’in-contro di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unione e chiamata a diventare modello di nuove sintesi e di dialogo. Il volto

dell’Europa non si distingue infatti nel contrapporsi ad altri, ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure.Senza questa capacità di inte-grazione le parole pronunciate da Konrad Adenauer nel passato risuoneranno oggi come profezia di futuro: «Il futuro dell’Occidente non è tanto minacciato dalla ten-sione politica, quanto dal pericolo della massificazione, della unifor-mità del pensiero e del sentimen-to; in breve, da tutto il sistema di vita, dalla fuga dalla responsabili-tà, con l’unica preoccupazione per il proprio io»[6].

Capacità di dialogo

Se c’è una parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci è questa: dialogo. Siamo invitati a promuo-vere una cultura del dialogo cer-cando con ogni mezzo di aprire istanze affinché questo sia pos-sibile e ci permetta di ricostruire il tessuto sociale. La cultura del

dialogo implica un autentico ap-prendistato, un’ascesi che ci aiuti a riconoscere l’altro come un in-terlocutore valido; che ci permetta di guardare lo straniero, il migran-te, l’appartenente a un’altra cultu-ra come un soggetto da ascoltare, considerato e apprezzato.

E’ urgente per noi oggi coinvolgere tutti gli attori sociali nel pro-muovere «una cultura che privilegi il dialogo come forma di incon-tro», portando avanti «la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoc-cupazione per una so-cietà giusta, capace di memoria e senza esclu-sioni» (Esort. ap. Evan-

gelii gaudium, 239). La pace sarà duratura nella misura in cui ar-miamo i nostri figli con le armi del dialogo, insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro e della ne-goziazione. In tal modo potremo lasciare loro in eredità una cultura che sappia delineare strategie non di morte ma di vita, non di esclu-sione ma di integrazione. Questa cultura del dialogo, che dovrebbe essere inserita in tutti i curriculi scolastici come asse trasversale delle discipline, aiuterà ad incul-care nelle giovani generazioni un modo di risolvere i conflitti diverso da quello a cui li stiamo abituando. Oggi ci urge poter realizzare “coa-lizioni” non più solamente militari o economiche ma culturali, edu-cative, filosofiche, religiose. Co-alizioni che mettano in evidenza che, dietro molti conflitti, è spesso in gioco il potere di gruppi econo-mici. Coalizioni capaci di difendere il popolo dall’essere utilizzato per fini impropri. Armiamo la nostra gente con la cultura del dialogo e dell’incontro.

Capacità di generare

Il dialogo e tutto ciò che esso comporta ci ricorda che nessuno può limitarsi ad essere spettatore né mero osservatore. Tutti, dal più piccolo al più grande, sono parte attiva nella costruzione di una società integrata e riconciliata. Questa cultura è possibile se tutti partecipiamo alla sua elaborazio-ne e costruzione. La situazione attuale non ammette meri osser-vatori di lotte altrui. Al contrario, è un forte appello alla responsabili-tà personale e sociale. In questo senso i nostri giovani hanno un ruolo preponderante. Essi non sono il futuro dei nostri popoli, sono il presente; sono quelli che già oggi con i loro sogni, con la loro vita stanno forgiando lo spirito europeo. Non possiamo pensare il domani senza offrire loro una reale partecipazione come agenti di cambiamento e di trasforma-zione. Non possiamo immaginare l’Europa senza renderli partecipi e protagonisti di questo sogno. Ultimamente ho riflettuto su questo aspetto e mi sono chie-sto: come possiamo fare partecipi i nostri giovani di questa costru-zione quando li priviamo di lavo-ro; di lavori degni che permettano loro di svilupparsi per mezzo delle loro mani, della loro intelligenza e delle loro energie? Come pre-tendiamo di riconoscere ad essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione e sot-toccupazione di milioni di giovani europei sono in aumento? Come evitare di perdere i nostri giovani, che finiscono per andarsene al-trove in cerca di ideali e senso di appartenenza perché qui, nella loro terra, non sappiamo offri-re loro opportunità e valori? «La giusta distribuzione dei frutti del-la terra e del lavoro umano non

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La Lettera [7]giugno ‘16

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è mera filantropia. E’ un dovere morale».[7] Se vogliamo pensa-re le nostre società in un modo diverso, abbiamo bisogno di cre-are posti di lavoro dignitoso e ben remunerato, specialmente per i nostri giovani. Ciò richiede la ri-cerca di nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, non orientati al servizio di pochi, ma al benefi-cio della gente e della società. E questo ci chiede il passaggio da un’economia liquida a un’econo-mia sociale. Penso ad esempio all’economia sociale di mercato, incoraggiata anche dai miei Pre-decessori (cfr Giovanni Paolo II, Discorso all’Ambasciatore del-la R.F. di Germania, 8 novembre 1990). Passare da un’economia che punta al reddito e al profitto in base alla speculazione e al pre-stito a interesse ad un’economia sociale che investa sulle persone creando posti di lavoro e quali-ficazione. Dobbiamo passare da un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mez-zo per ottenere profitti, a un’e-conomia sociale che garantisce l’accesso alla terra, al tetto per mezzo del lavoro come ambito in cui le persone e le comunità pos-sano mettere in gioco «molte di-mensioni della vita: la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei va-lori, la comunicazione con gli altri, un atteggiamento di adorazione. Perciò la realtà sociale del mondo di oggi, al di là degli interessi limi-tati delle imprese e di una discu-tibile razionalità economica, esige che “si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro […] per tutti”[8]» (Enc. Laudato si’, 127). Se vogliamo mi-rare a un futuro che sia dignitoso, se vogliamo un futuro di pace per le nostre società, potremo rag-giungerlo solamente puntando

sulla vera inclusione: «quella che dà il lavoro dignitoso, libero, cre-ativo, partecipativo e solidale».[9]Questo passaggio (da un’e-conomia liquida a un’economia sociale) non solo darà nuove pro-spettive e opportunità concrete di integrazione e inclusione, ma ci aprirà nuovamente la capacità di sognare quell’umanesimo, di cui l’Europa è stata culla e sorgente. Alla rinascita di un’Europa affati-cata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità, può e deve con-tribuire la Chiesa. Il suo compi-to coincide con la sua missione: l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattut-to nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e inco-raggiante. Dio desidera abitare tra gli uomini, ma può farlo solo attraverso uomini e donne che, come i grandi evangelizzatori del continente, siano toccati da Lui e vivano il Vangelo, senza cercare altro. Solo una Chiesa ricca di te-stimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa. In questo, il cammino dei cristiani verso la piena unità è un grande segno dei tempi, ma anche l’e-sigenza urgente di rispondere all’appello del Signore «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Con la mente e con il cuo-re, con speranza e senza vane no-stalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, «un costan-te cammino di umanizzazione», cui servono «memoria, coraggio, sana e umana utopia»[10]. So-gno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. So-gno un’Europa che si prende cura

del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arri-va in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e an-ziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inqui-nata dagli infiniti bisogni del con-sumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un proble-ma dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effetti-ve, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimen-ticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima uto-pia. Grazie.

[1] Discorso al Parlamento europeo, Strasburgo, 25 novembre 2014. [2] Ibid. [3] Dichiarazione del 9 Maggio 1950, Salon de l’Horloge, Quai d’Orsay, Parigi. [4] Ibid. [5] Discorso alla Con-ferenza Parlamentare Europea, Parigi, 21 aprile 1954. [6] Discorso all’As-semblea degli artigiani tedeschi, Düss-eldorf, 27 aprile 1952. [7] Discurso a los movimientos populares en Bolivia, Santa Cruz de la Sierra, 9 luglio 2015. [8] Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 32: AAS 101 (2009), 666. [9] Discurso a los movi-mientos populares en Bolivia, Santa Cruz de la Sierra, 9 luglio 2015. [10] Discorso al Consiglio d’Europa, Stra-sburgo, 25 novembre 2014.

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La Lettera [8] giugno ‘16

Anche i preti al GiubileoPiù di 500 preti si sono stretti in preghiera col vescovo Fran-cesco per il giubileo del 9 mar-zo. Dopo aver proposto una riflessione sulla figura del prete illuminata dal tema misericor-dia, il Vescovo ha rivolto una preghiera al Crocifisso, chie-dendo perdono dei peccati e delle mancanze della Chiesa di Bergamo e dei suoi preti.

«Signore Gesù, mi faccio eco sommesso della voce che è appena salita a Te, la voce di noi, i tuoi amici, i tuoi ministri, i tuoi messaggeri. È una voce rotta da un’interiore commozione, da un sospiro che Ti chiede pietà della tentazione di ritornare muta.È voce che aspira a raggiungere il cuore di ogni persona umana. Miserere, misericordia chiediamo a Te, al Tuo popolo, all’unanimità.Domandiamo insieme pietà per i nostri peccati nascosti e per quelli che stanno davanti agli occhi, per quelli personali e per quelli che ci han visto tristemente anche se inconsapevolmente complici. Domandiamo perdono e dichiariamo pentimento, per presunzione e sicumere, pigrizie affannate, per ipocrisie giustificate. Chiediamo misericordia e manifestiamo pentimento per superbe immunità, per sicurezze ostentate, per il sottile gusto del potere.Chiediamo pietà a Te, ai piccoli, a colori che Ti credono e coloro che non Ti credono per le infedeltà celate e quelle svelate, per gli scandali di nostre azioni devastanti, per le giustificazioni pretestuose e le difese ingiustificabili. Chiediamo il dono della misericordia a Te, alle nostre Comunità, a tutti. Chiediamo la forza della conversione a Te, al tuo Vangelo, ad una rinnovata, umile, gioiosa fedeltà. Chiediamo umilmente la pace, per essere uomini di pace».

Al termine della mattinata, insieme con il Ve-scovo al Battistero in piazza Duomo hanno rinnovato le promesse battesimali e sacerdo-tali, quindi preceduti da monsignor Beschi sono entrati processionalmente in Cattedrale attra-verso la Porta della Misericordia per celebrare il loro Giubileo.

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La Lettera [9]giugno ‘16

[Il giubileo dei ragazzi] La Città dei QuindicimilaBergamo, la Città dei Mille è di-ventata la Città dei Quindicimila.In un 25 aprile pieno di sole e di vento quattro cortei sono partiti dai parchi Suardi, Redona, Goi-sis e dal Seminario, per dirigersi verso lo stadio -dove solitamen-te gioca l’Atalanta - per il “Giubi-leo dei bambini e dei ragazzi” sul tema della Misericordia.L’evento è stato organizzato dalla diocesi di Bergamo, in col-laborazione con gli alpini dell’A-na, La Traccia, l’Atalanta, Framar e il Teatro Daccapo.Ogni corteo era contrassegnato da un foulard colorato al collo di ogni partecipante (rosso, gial-lo, blu e verde) che nello stadio creava un effetto coreografico

bellissimo quando, alzandosi e abbassandosi in modo sincro-nizzato, ogni settore riprodu-ceva l’idea di un moto ondoso. Il Giubileo si è aperto con uno spettacolo teatrale rivisitando la parabola del buon samarita-no con quattro domande scritte a caratteri cubitali su teli agitati sul campo verde. Il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, ha guidato la riflessione sottolineando l’invito di Gesù a

mettere «avanti» il prossimo, gli altri, e «farsi vicino a tutti, a chi ha più bisogno, ai disprezzati, agli abbandonati».Idealmente i quindicimila han-no attraversato la porta santa, la cui sagoma è stata tracciata dai cento ragazzi e giovani della coreografia sul campo di calcio, ricordando che tutti siamo “fatti di stoffa preziosa”.Anche i 65 di Palazzago che hanno partecipato.

[Il giubileo del mondo del lavoro] Lavorare

Lavorare bene, lavorare insieme e lavorare davanti a Dio. Tre im-perativi morali che il vescovo di Bergamo, Monsignor Francesco Beschi, ha voluto ricordare nella messa celebrata all’interno dell’a-zienda Gildemeister in occasione del Giubileo del mondo del lavo-ro. Centinaia le persone –diverse anche da Palazzago- che hanno affollato gli spazi lavorativi dell’a-zienda di Brembate Sopra, salu-tate dall’amministratore delegato

Mario Stroppa e da don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavo-ro. “In questo Giubileo, che è occa-sione di festa- ha sottolineato lo stesso don Re- non dimentichia-mo le fatiche di questo mondo, i tanti disoccupati, le molte storie tristi. Occorre continuare a semi-nare con coraggio gesti e parole di speranza, mettendoci qualcosa di nostro per il bene di tutti”.Alla cerimonia hanno partecipato,

oltre ai dirigenti e ai dipendenti dell’azienda con le loro famiglie, i rappresentanti delle istituzioni, i segretari provinciali dei sindacati confederali, esponenti dell’asso-ciazionismo: una vera celebra-zione di comunità per la festa dei lavoratori. Per questo il vescovo Beschi ha voluto inizialmente sa-lutare e ringraziare personalmen-te “tutti coloro che lavorano in questa azienda”, senza dimentica-re “le persone che hanno concluso

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La Lettera [10] giugno ‘16

il loro iter lavorativo, ora possano godere in salute e serenità la loro pensione” e anche “coloro che sono rimasti feriti o che sono mor-ti sul lavoro, a volte a causa del loro lavoro”. Nell’omelia il vescovo ha ricordato come “evocare la Mi-sericordia significhi evocare la mi-seria, in quanto la parola stessa è composta dalle parole “miseria” e “cuore”: si evoca la miseria umana, che può essere materiale, cultu-rale, relazionale o spirituale. Non possiamo quindi dimenticarci le miserie che attraversano il mondo del lavoro, di chi lo vive con preca-rietà, di chi vive la responsabilità lavorativa con fatica, sofferenza e incomprensione, né possiamo di-menticarci i tanti fallimenti, vera-mente impensabili a volte, e le mi-serie che hanno a che fare con lo sfruttamento. Lo immaginiamo in paesi diversi dai nostri, ma la pos-sibilità dello sfruttamento è reale anche nel nostro: esistono giovani, donne, anziani che subiscono que-sta condizione. A fronte di questo è necessario evocare in noi un senso profondo della giustizia, che viene arricchito dalla misericordia. Chie-diamo quindi perdono per i pecca-ti del mondo del lavoro, in questo quadro ricordo alcune vicende che

segnano il nostro territorio, che a volte ci fanno pensare che le per-sone che lavorano rappresentino una variabile tra le altre, la variabile più fragile nell’organizzazione del lavoro. Le preoccupazioni di ordine umano e sociale sono determina-te non da autentiche verità, ma da problemi di immagine, ordine pubblico, rapporti di forza. Il vesco-vo Beschi ha quindi voluto donare tre prospettive legate al modo di lavorare dei bergamaschi: “In que-sto luogo avvertiamo l’importanza e la bellezza umana del lavoro: in queste settimane sto percorren-do la nostra Diocesi e uno dei temi emergenti è proprio quello del la-voro. Una delle caratteristiche che ci appartiene è quella di lavorare bene, aspetto che connota il nostro modo di concepire il lavoro e che ci ha qualificato rispetto ad altri terri-tori. Il nostro lavoro è riconosciuto perché continuiamo ad alimentare questa qualità che tro-va la sua espressione nel “lavorare bene”: non è solo una qualità pro-duttiva, ma morale. In questo senso assume particolare rilievo anche il “lavorare insieme”: sempre più spesso si

sente parlare di necessità di cre-are sinergie, di fare squadra, ma lavorare insieme significa capaci-tà di creare coesione, solidarietà, che non sono destinate solo a una maggiore efficienza o produttività, ma ad alimentare la dignità uma-na, che non può essere alimentata quando affermiamo diritti di indole individuale, dimenticando l’altro, lasciando perdere l’altro, che ma-gari fa più fatica. Per questo lavo-rare bene e lavorare insieme sono imperativi morali che alimentano la speranza nei momenti difficili. E voglio infine ricordare, a chi cre-de e a chi non crede, la bellezza di lavorare davanti a Dio. Durante l’Offertorio, nella Messa, si mette in evidenza l’unità tra natura, re-sponsabilità umana e dono di Dio. Quando questa unità si compie an-che nel nostro ambito lavorativo, il nostro lavoro crea veramente vita e non solo prodotti”.

Ringraziamo don Elio per il dono che ha fatto alla no-stra Comunità : una tela con il volto di Cristo, opera dei primi anni del ‘900, di Nazareno Conte, pittore spez-zino. Per ora è esposto nell’ingresso della sagrestia. Entrerà quindi tra le molte opere d’arte che si possono ammirare nel museo parrocchiale, per il quale don Elio ha fatto davvero molto.

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La Lettera [11]giugno ‘16

[Triduo dell’Addolorata] Mani di Madre

Le mani della madre trattengono, proteggono, curano. Ma le mani della madre devono anche lasciar andare, perché accoglienza significa rispetto della libertà del figlio, dell’altro. Amore autentico è fare tutto perché l’altro possa decidere di sé. Maternità è fedeltà, perdono, speranza…Sono questi i tre passaggi che hanno guidato la riflessione nel triduo dell’Addolorata, nella cui festa abbiamo anche “inaugurato” la sistemazione dell’altare dove è custodito il simulacro ligneo del Fan-toni restaurato lo scorso anno. I Fanti hanno guidato la cordata che ha visto diverse collaborazioni e donazioni per restituirci un luogo decoroso, pulito, bello. Grazie a tutti. In una bottiglia collocata sotto la lastra di marmo abbiamo anche inserito i molti messaggi fatti di invocazioni, preghiere, ringrazia-menti…scritti da coloro che guardano a Maria Addolorata come “segno di sicura speranza”.Affidiamo ad un’opera e a due preghiere il racconto di quei giorni.

Le mani della madre sono quelle che accolgono e accudiscono; sono il segno di una vicinanza senza se e senza ma; sono il simbolo di un essere sem-pre dalla parte della vita del figlio. La vita del fi-glio per la madre è centrale. L’amore dice dunque che la vita dell’altro è più importante della propria. All’inizio vita significa sopravvivenza, poi sempre più ampia conoscenza del mondo e, un po’ più in là nel tempo, diventa possibilità di decidere di sé, essere liberi, scegliere la propria strada. A quel punto la madre deve saper lasciar andare; aprire le mani per non trattenere. In realtà la dimensio-ne del riconoscimento del mistero della libertà dell’altro deve abitare sempre le mani, le azioni, i gesti della madre. Ma ci sono dei momenti della vita del figlio in cui questo amore della sua libertà è chiamato a rendersi evidente. Uno di questi mo-menti è certamente l’adolescenza e poi la giovi-nezza. Per questo motivo, spesso l’adolescenza è indicata come una nuova nascita. C’è un’artista di origine argentina, Silvia Levenson, nata a Buenos Aires nel 1957, che è affascinata da questo mi-stero della vita come strada da intraprendere con la propria libertà. Per esprimere il suo stupore e il fascino che questo tema esercita in lei ha realiz-zato un’opera che intitola È volata via. Il materiale usato è vetro e resina e l’opera consiste in un’alta-lena sotto la quale sta un paio di scarpe da bam-bina. Seguendo la metafora che l’artista propone, possiamo vedere che l’infanzia è il tempo in cui un piccolo uomo, una piccola donna vengono messe sull’altalena della vita sotto lo sguardo vigile dei genitori. Ma poi arriva il momento in cui il figlio

si avvia per la sua strada, lascia l’alta-lena su cui era stato posto per prendere un altro cammino, un altro saliscen-di, un altro impegno di vita e per dare ad esso il suo ritmo, la sua velocità. Arriva il momento di spicca-re il volo e uscire dal nido. Tutto ciò che la madre, il padre han-no fatto è l’eredità con la quale affron-terà il mondo, l’ere-dità di cui farà l’uso che ne vorrà. Quel momento è un pas-saggio delicato per il figlio e delicato per i genitori. Per il figlio perché è il momento in cui si troverà a prendere la vita in piena responsabilità; senza più potersi giustificare eventuali suoi errori perché altri hanno scelto per lui. Per i genitori che si troveranno, in una situa-zione che per molti aspetti - cominciando dalla casa e dalla stanza del figlio che diventerà vuota - simile a quella di prima, quella di prima di diven-tare genitori. Dovranno interpretare il loro ruolo di genitori, di padre e di madre in modo nuovo, di-verso da prima, di quando il figlio abitava ancora con loro.

UN’OPERA D’ARTE CONTEMPORANEA

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La Lettera

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[12] giugno ‘16

PREGHIERA PER UN FIGLIOdi Douglas Mac Arthur Dammi un figlio Signore, che sia abbastanza forte da riconoscere la sua debolezza, e abbastanza coraggioso da affrontare se stesso di fronte alla paura.Dagli la forza di restare in piedi, dopo una sconfitta onorevole,così come la forza di restare umilee semplice dopo la vittoria.Dammi un figlio, Signore,in cui i desideri non rimpiazzino le azioni,un figlio che ti conosca e sappiaconoscere se stesso.Fa che percorra, Ti pregonon il sentiero dell’agiatezza e della comodità,ma quello dello sforzo e della sfidanella lotta contro le difficoltà. Insegnagli a tenersi diritto nella tempesta, ma anche ad avere comprensione per coloro che sono deboli.Dammi un figlio che abbia un cuore puroe un ideale elevato,un figlio che sappia dominarsi prima di voler dominare gli altri,un figlio che sappia rideresenza dimenticarsi come si fa a piangere,senza dimenticarsi del passato.E dopo tutto questo, Signore, dagli, Ti prego,il senso dell’umorismo, così che viva con serietà, ma sappia guardare se stesso senza mai prendersi troppo sul serio.Donagli l’umiltà, che gli ricordi semprela semplicità della vera grandezza;l’apertura di spirito della vera sapienza,e la dolcezza della vera forza.E allora io, suo padre, potrò sussurrare:“Non ho vissuto invano”.

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La Lettera [13]giugno ‘16

PREGHIERA A MARIA CHE RICEVE GESÙ DEPOSTO DALLA CROCEdi Italo Alighiero Chiusano

Ecco, Maria, rimettiamo fra le tue braccia tuo figlio Gesù. Ricordi quando lo hai allattato per la prima volta, nella stalla di Betlemme?Quando lo stringevi a te, trotterellando sull’asino durante la fuga in Egitto?Quando lo hai abbracciato felice dopo averlo ritrovato, fanciullo, nel tempio?Tu sai che cosa Gesù è venuto a fare, in questo mondo, nascendo da te.Hai sentito spesso i suoi discorsi, hai assistito ad alcuni suoi miracoli, cominciando da quello di Cana che tu stessa gli hai suggerito per amor nostro.Oggi infine lo hai visto patire e morire.Ora te lo trovi morto fra le braccia dopo il trattamento che gli hanno inflitto gli uomini.Non ti disconoscerò al punto d’implorarti: “Per favore, non odiarci!”.So abbastanza chi tu sei per chiederti invece:“Perdonaci, e amaci ancora di più”.

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La Lettera

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[14] giugno ‘16

Volto e mani [Settimana Santa]

Sembra un forno, la piccola stanza del Cenacolo dove l’artista Sieger Köder dipinge la sua Cena. Un forno caldo e accogliente attraversato però da un’ombra improvvisa.Attorno alla tavola ci sono i Dodici, anzi gli Undici perché Giuda se n’è già andato, se ne sta andando in quel momento. Lo scopriamo d’im-provviso perché tra i volti degli apostoli ce n’è uno colto nell’atto di voltarsi ver-so un uscio nascosto nell’area più oscu-ra della stanza. Giuda è lì, confinato fra la tavola e la porta. Ha appena preso il boccone dalla tavola, ha udito le parole del Maestro: «Quello che devi fare fallo presto» ed eccolo sull’uscio, pronto per essere inghiottito da quella notte che prima di essere un’annotazione tem-porale descrive lo stato dell’anima del traditore.Gli altri restano lì: undici teste che ruo-tano attorno alla mensa più gravida di senso e di storia che si sia mai potuta raccontare.Un carosello di mani e di volti in cui si declinano tutti i sentimenti umani ver-so il Mistero: gesti e volti imploranti, pensosi, sor-presi, impauriti, oranti...Una mano tocca la tavola, una sola, ed è dell’apo-stolo che si piega in contemplazione. Cosa vede? Cosa guarda? Vede i segni posti sulla tavola, vede l’ombra della croce stagliarsi sul biancore della to-vaglia e su quella croce ecco il pane, segno di un corpo dato, quello di Cristo. Il pane ha la forma del mondo: è un corpo dato per la moltitudine, quella di ieri e di oggi, quella dei secoli a venire. È un pane che, così disposto, lascia intravvedere la forma di due lettere greche: Chi Ro. Cristo Redentore, un acronimo che per i cristiani della prima ora ave-va tutto il senso profondo della risurrezione. Quel corpo, dato per la nostra salvezza sulla croce, ri-sorgerà.Ed ecco allora il significato della bianca tovaglia, di quel telo in cui riposa tutta la luce del quadro: è preannuncio del telo sindonico, testimone silen-zioso della Risurrezione di Cristo.

C’è un’altra mano appoggiata, quasi distratta-mente, sulla tovaglia è quella dell’apostolo che at-tende quel pane. Chi glielo porge ha gli occhi pieni di luce, guarda verso di noi. Guarda verso quel ca-lice che sta al centro della scena e della tavola. È il calice di Cristo, sorretto dalle mani stesse del Sal-

vatore. È qui Köder ci rivela il suo sguardo mistico, indagatore, capace di sottrarre alla polvere della memoria le bellezze antiche e mai tramontate. In quel calice, e solo in quel calice, ci è dato di vedere il volto del Signore. Gesù, infatti, non lo si vede , ciò che vediamo di lui è solamente il volto sigillato in quel vino.Köder ci racconta la dimensione sacramentale del Giovedì Santo. Nel cuore del cenacolo si consuma quell’offerta totale del Cristo che diventerà vita, storia e sacramento nei giorni seguenti. A noi è dato di incontrare questi stessi eventi solo attra-verso il Santissimo Sacramento. Di Gesù vediamo il volto riflesso nel vino e le mani, perché è questo che noi vediamo in ogni Eucaristia: le mani di un uomo preso tra gli uomini che ci restituiscono in-tatto e vivo l’incontro con lo sguardo e il corpo del Signore.Tutto questo sigillato nel Triduo Pasquale che ab-biamo vissuto con intensità e partecipazione.

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La Lettera [15]giugno ‘16

Nel dipinto di Sieger Koder vediamo Gesù e Pie-tro che s’inchinano profondamente l’uno verso l’altro. Gesù è inginocchiato, quasi prostrato davanti a Pietro in un gesto assoluto, non si vede nemmeno il suo volto. In questo momen-to Gesù è soltanto servizio per quest’uomo davanti a lui. E così vediamo il suo volto rispec-chiato nell’acqua, sui piedi di Pietro.Pietro s’inchina verso Gesù. La sua mano sini-stra ci parla di rifiuto: “Tu Signore vuoi lavare i piedi a me?” (Gv 13,6). La sua mano destra

e il suo capo, in contrasto, si ap-poggiano con tut-to il loro peso sul-la spalla di Gesù. Pietro non guarda al Maestro, non può vedere nep-pure il suo volto che appare nel catino.Nel Vangelo di Giovanni Gesù ri-sponde alla do-manda esitante di Pietro: “Quello che faccio tu ora non lo capisci ma lo capirai dopo” (Gv 13,7). E’ que-

sta parola che si rispecchia nell’immagine.

Adesso, in questa situazione, non conta il ca-pire ma l’incontro, l’accettare un’esperienza. Il corpo di Pietro è un corpo che vive un proces-so, un incontro dalla testa ai piedi, una persona che scopre il suo bisogno di essere lavato, una persona che scopre allo stesso tempo la sua dignità. Sono bisognoso che il Maestro mi lavi i piedi, sono degno che lui mi lavi i piedi... Di con-seguenza non è il volto di Gesù che è al centro dell’immagine, ma il volto luminoso di Pietro sul quale si riflette il segno della dignità riac-quistata. Lo sguardo di Pietro è diretto verso i piedi di Gesù. Questi piedi sono smisurati, soltanto all’occhio di chi guarda l’immagine. Dallo sguardo di Pietro ci lasciamo condurre a questi piedi e scopriamo con lui che nell’e-sperienza che sta vivendo, intuisce una chia-mata ad un servizio. “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. (Gv 13,15). Pietro capisce in questo momen-to che il suo impegno sarà quello di ripete-re gli stessi gesti di Gesù, non solo verso di lui, ma anche verso ogni fratello. Se stiamo cercando il volto di Cristo, dobbiamo lasciarci condurre ai piedi degli altri, impegnarci in un servizio che riconosce la dignità, che accetta il bisogno dell’altro. Dietro i personaggi, vediamo sul tavolo un calice con il vino e un piatto con il pane spez-zato, elementi non relegati sullo sfondo, ma avvicinati all’evento che si vive al centro dell’immagine.

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La Lettera [16] giugno ‘16

[Via Crucis del Venerdì Santo]E tu?

Nell’anno in cui la nostra Diocesi di Berga-mo ci interpella con “Donne e uomini capaci di carità” la Via Crucis del Venerdì Santo si è svolta a partire dalle opere di misericordia. Il Vangelo del buon samaritano ha aperto il nostro cammino con l’appello di Gesù: ”Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. Poi, di stazione in stazione, ci siamo messi dalla parte di Gesù, affamato, assetato, malato...lungo la strada del Calvario. Sotto la croce lui stesso ci ha chiesto: “Avevo fame, avevo sete, ero malato…” E tu?

• Assetato per dissetarci Dar da bere agli assetati

• Affamato per sfamarci Dar da mangiare agli affamati

• Prigioniero per liberarci Visitare i carcerati

• Pellegrino per accoglierci Alloggiare i pellegrini

• Ammalato per guarirci Visitare i malati

• Morto per salvarci Vestire chi è nudo

• Sepolto per darci vita Seppellire i morti

Grazie ai Gruppi e alle Associazioni che hanno collaborato:Giovani, Gruppi Adolescenti con Animatori, Lettori, Alpini, Bambini Genitori e Catechisti 3 Elementare, Aido, Proloco, Banda, Grup-po Calcio Oratorio, Polisportiva, Gruppo Festa Campagna Burligo, Protezione Civile, Vigili, Servizio d’Ordine, Case Ospitanti… e tutti coloro che hanno acceso centinaia di ceri lungo il percorso e alle abitazioni cre-ando un suggestivo contesto di parteci-pazione. E’ stata anche la prima Via Crucis preparata e vissuta con le due Parrocchie, Burligo e Palazzago: questo l’ha resa ulte-riormente significativa. Collaborazione an-che tra Beita e Gromlongo nel solco della tradizione.

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La Lettera [17]giugno ‘16

L’ha elaborata Le Corbusier, riprendendo gli studi dell’Uomo Vitruviano di Leonardo: l’altezza dell’uomo ideale, 183 cm, con un braccio alzato, per un totale di 226 cm, il tutto inse-rito in un quadrato. 226 cm: altezza, larghezza e profondità, a comporre un cubo a misura d’uomo, perfetto, ideale, simbolo apocalittico della Gerusalemme Celeste, della Terra rinnovata dalla venuta di Dio.Lasciamoci attrarre dalla luce che filtra dalle 4 croci, una per punto cardinale, per salire la scala della preghiera ed entrare nel Mistero. Troviamo il coraggio di guardare attraverso le croci, perché solo la croce ci consegna Gesù come Figlio di Dio. Prendiamo in braccio i bimbi. Da soli non sono in grado di guardare attraverso la croce, è troppo alta per loro: soste-nuti dal nostro abbraccio, aiutiamoli a vedere e ad amare. 226 cm: l’uomo ideale in una Terra ideale. Noi tutti siamo come viandanti in cammino verso una meta: l’incontro con il Signore Gesù che in mezzo a noi per compiere insieme a noi il pellegrinaggio dalla Terra al Cielo. I passi da percorrere ce li indica Gesù stesso: avevo fame, avevo sete, ero nudo...

226 CM: UNA DIMENSIONE ARMONIOSA PERCHÉ A MISURA D’UOMO.

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La Lettera [18] giugno ‘16

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La Lettera [19]giugno ‘16

[Chiesa PreposituraleSan Giovanni Batti sta

in Palazzago]Mi Presento

Normalmente, quando uno entra per la prima volta qui, dice: “Che bella, che grande!”. E io sono contenta, ma non devi dimenticare il motivo per cui io sono stata costruita così. Lo trovi scritto sulla mia elegante facciata, come su quella di tutte le chiese: D.O.M. ossia A Dio (Deo) Buonissimo (Optimo) e Grandissimo (Maximo). Sì, se ci sono è per Lui, altrimenti sarei soltanto un museo.

Già dagli inizi poi, la comunità che qui si costituì il 20 luglio 1344, volle affidarsi al più grande tra i nati di donna, Giovanni Battista (anche questo lo trovi scritto sulla

facciata: “Non sorexit major Joanne Bapta”) e pensò di prendere come patrono il pre-cursore. Pensa che tra tutti i santi solo per lui c’è la festa della nascita (24 giugno) e quella del martirio (29 agosto). Ora ti conduco a conoscere qualcosa della mia storia

e ciò che qui puoi ammirare.

Innanzitutto la pianta. Venne disegnata a tavolino dal capomastro Candido Micheli che con que-sta opera divenne anche architetto. Era il tempo in cui a Roma andavano per la maggiore artisti e architetti del calibro di Bernini e Borromini e in bergamasca i Caniana. La fabbriceria del tempo vol-le che io fossi ottagonale, inscrivendo anche nei muri il senso del cammino su questa terra (sette) verso l’eternità (ottavo giorno). Era il 3 agosto del 1728 e veniva posata la mia prima pietra, sosti-tuendo la più antica chiesa che era ormai troppo piccola. Ci vollero ben 27 anni per la benedizione dei miei muri anche se già la gente si riuniva qui riempiendo di canti e di preghiere il grande spazio che man mano andava formandosi nel modo che vedi oggi: bello, luminoso, equilibrato come un grande abbraccio che va verso la grande volta ellittica dipinta da Giuseppe Simone Paganelli (Ber-gamo 1750) con il trompe l’oil (si dice così in francese l’illusione ottica) che rialza lo spazio di due ordini, con cupola e cupolino. Qui si stagliano 4 grandi medaglioni con la scena del diluvio universa-le (sopra l’altare), del serpente di bronzo (a sinistra), della Regina Ester alla presenza del re Assuero (a destra) e di Giuditta che taglia la testa a Oloferne, generale di Nabucodonosor.Alcune di queste scene sono riprese dalle 8 grandi statue collocate successivamente nelle nicchie lungo il perimetro della chiesa: 4 donne, la fi glia di Iefte, Ester, Giaele e Giuditta, e 4 uomini, re Da-vide, Mosè, Aronne e Daniele. Tenendo però lo sguardo ancora un momento verso l’alto, ecco gli otto pennacchi (i triangoli che raccordano il corpo della chiesa alla volta) che raffigurano i quattro evangelisti: Matteo (Angelo), Marco (leone), Luca (toro) e Giovanni (aquila) e quattro padri della chiesa: San Gerolamo,Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Gregorio Magno. Sopra il presbiterio c’è il trionfo della fede sull’eresia (rappresentata questa come una donna rinsecchita, dai capelli di serpenti) e in fondo la gloria di San Giovanni. Non si può non notare il capocielo, opera in legno scolpito e intagliato con la colomba dello Spirito Santo che aleggia sopra l’altare.In epoca più recente (1980) il presbiterio venne adattato alle esigenze della liturgia del Concilio Va-ticano II, scolpendo nel marmo la mensa e l’ambone, i luoghi in cui si spezzano la parola e il pane. Dietro è rimasto il prezioso altare maggiore in marmo rosso e nero (1750) con il tabernacolo e il ciborio nel quale si espone il Santissimo Sacramento nelle circostanze più solenni, quando viene montato l’apparato del triduo, opera in legno dorato (1800) con centinaia di candele. La consacrazione avvenne “con solenni cerimonie” molto più tardi, l’8 settembre 1839, quando era vescovo di Bergamo Carlo Gritti Morlacchi e parroco don Rocco Rudelli. Di lì a poco (1842) venne collocata la grande pala d’altare con la predicazione di Giovanni Battista, opera di Giovanni Scara-muzza e nel 1893 le altre due pale, quella a sinistra (nascita di S. Giovanni e imposizione del nome)

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La Lettera [20] giugno ‘16

e quella a destra (decapitazione di S. Giovanni) del pittore Abramo Spinelli. Ora c’era proprio tutto e le celebrazioni erano ancora più solenni con le note del prestigioso organo. La canna maggiore porta incisa questa scritta: “Fratelli Serassi di Bergamo, 1852”. Gli altari laterali, che ormai non vengono più utilizzati per le celebrazioni, rimangono a te-stimonianza delle devozioni legate ai Santi ai quali sono dedicati. A destra del presbiterio, l’altare con l’opera più prestigiosa, l’Assunta di Giovan Battista Moroni (1564), terza delle quattro tele dipinte dall’artista bergamasco. Al centro l’altare della Madonna del rosario, la cui processione vene celebrata la prima di ottobre, portando la statua del 1750 rivestita di un prezioso e antico abito. A destra dell’ingresso l’altare laterale più recente ma con il simu-lacro più antico e prezioso dell’Addolorata, opera di Fantoni Grazioso il Giovane (1781), re-staurata nel 2015, altare cui la preghiera popolare si rivolge spesso, soprattutto attraverso la voce e il cuore delle mamme. A sinistra del presbiterio, l’altare del patrono con la sta-tua di Giovani Battista con gli inconfondibili simboli: bastone con cartiglio Ecce Agnus

Dei, e agnello, opera di Ghislandi Alessandro del 1940. Viene portata in processione per la festa patronale. Al centro, l’altare con la reliquia della Santa Croce che giunse a Palazzago nel 1590, donata dal papa Sisto V. Per la canonizzazione di papa Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II (2014) sono stati aggiunti i loro ritratti e nel 2015 una copia del preziosissimo quadro del ‘600 , “La Veronica del Guercino” donato alla Parrocchia da Mons. Daniele Rota e custodito nel Museo Diocesano Bernareggi, a Bergamo. A sini-stra dell’ingresso, l’altare con la statua di San Giuseppe. Pregevoli anche la acquasantiere che richia-mano gli altri due luoghi che si incontrano appena entrati: il Battistero (fons vitae) e la penitenzieria (fons gratiae).Non mancano opere in legno, scolpite in diverse epoche: il coro di noce e radica (1800), i bancali del presbiterio (1800) che hanno inglobato una credenza più antica (1600), il pulpito maggiore (metà 1700) e quello mobile (1800), gli armadi della sagrestia (1700) il bancone paratorio e le cassapanche con schienale (1800).

Numerose opere (tele, quadri, arredi liturgici, paramenti, mobili…) di diverse epoche sono custodite nel museo parrocchiale adiacente alla chiesa, mentre gli affreschi più antichi dipinti da Baschenis sono visibili nella volta del campanile, una

Due bozzetti del “Centro Aletti” (Padre Rupnik) per il mosaico del battistero.

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La Lettera [21]giugno ‘16

torre quattrocentesca rialzata nel 1901 fino agli attuali 49,50 metri. Al centro c’è l’affresco con San Giovanni Battista e ai quattro angoli si riconoscono Santi e scene evangeliche. Si notano pure tracce di affreschi successivi, di chiaro gusto barocco.

“Bene, ti sarai accorto che mi sono lasciata prendere la mano. Sai, come tutte le mamme anch’io sono orgogliosa di ciò che i fi gli han fatto lungo i secoli e che continuano a fare oggi, vivendo insieme come comunità, perché io come chiesa vivo proprio di questo.”

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La Lettera [22] giugno ‘16

Chi di voi?... [3 Aprile 2016Prima Riconciliazione]

Il tempo di Pasqua si caratterizza dalla cascata di grazia che il mistero di morte e risurrezione riversa sull’umanità. Per questo è il tempo segnato dai sacramenti dell’iniziazione cristiana che abbiamo preparato, vissuto e celebrato con intensità. Certo, vedendo bambini e ragazzi normalmente emozionati e presi da ciò che stan vivendo, si impone una domanda: E dopo? Una piccola consolazione: contenti di aver fatto un percorso significativo. Il dopo è nelle loro mani e in quelle dello Spirito.In queste pagine ci sembra bello riportare ancora una volta le impressioni dei ragazzi.

Una benda sugli occhi che, unita alle altre, diventa strada. Il dono della Comunità: una croce di metal-lo e ulivo messa al collo dai padrini e dalle madrine. Riproduce la croce pettorale di papa Francesco con il Cristo Buon Pastore che porta sulle spalle la pecora smarrita. Sarà quella che i bambini porteranno alla Prima Comunione

Caro Gesù il 3 aprile ho fatto la confessione e questa settimana mi sono impegnata a non dire le parolacce. (Stella)

Il giorno della mia Prima Confessione: - un pizzico di paura;- un poco di timidezza;- una marea di gioiaHo dimenticato qualche ingrediente? (Federica Nava)

Caro Gesù, alla Prima Confessione ho provato: emozione, felicità e alla fine orgoglio.

Ero emozionatissima ma così tanto che mentre parlavo con don Giuseppe mi tremavano le gambe. Mi sono sentita felicissima quando ho finito.Ho fatto la mia Prima Confessione… ho provato: gioia, felicità ed ero molto emozionato.Domenica 3 aprile 2016 per me è stata una bella giornata. Il momento che mi è piaciuto di più, è stato quando la mia catechista mi ha bendato, mamma e papà mi hanno accompagnato all’altare, dove c’era il parroco che mi aspettava per confessarmi. Finita la confessione siamo andati al rinfresco dove ho assaggiato delle torte buonissime preparate con amore dalle mamme e dai papà. E’ stato bellissimo. (Giulia)Quel giorno sin dalla mattina, provavo agitazione perché avevo paura di non saper rispondere alle domande che mi avrebbe fatto il don. Invece, quando sono arrivata in oratorio e ho visto le mie catechiste e i miei compagni, mi sono tranquillizzata. Più tardi, invece, quando è iniziata la cerimonia ero ancora un po’ emozionata ma ho aspettato di essere confessata da don Giuseppe, ed è andato tutto bene. La mia madrina Katia mi ha messo la croce al collo, mentre la mia madrina Giusi mi ha accompagnato all’altare. Alla fine abbiamo fatto un gustoso rinfresco. (Elena)

Gaia, Chiara, Andrea, Mattia, Giorgia, Caterina, Giulia, Paolo, Davide, Giorgia, Noah, Riccardo, Alessandro, Davide, Valentina, Tommaso, Martina, Giulia, Elena, Alessandro, Cristian, Samuel, Stella, Davide Giovanni, Licia, Federico, Paolo, Giacomo, Mariachiara, Andrea, Matteo, Angelica, Elisa, Daniele.Grazie alle catechiste: Mariangela, Tabita, Giorgia, Raffaele, Rita, Mariangela, Martina.

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La Lettera [23]giugno ‘16

[24 aprile 2016 Cresima]

Sto alla porta e busso

Delegato del Vescovo: Mons. Gianni Carzaniga. Le 16 formelle della porta santa in S. Pietro (at-traversata dai cresimandi nel dicembre 2015), abbinate ai volti dei ragazzi, ai sette doni e ai nove frutti dello Spirito Santo. Il dono della Comuni-tà: una bottiglia-lampada, per imparare l’ascol-to come lasciarsi riempire e per diffondere luce come testimoni.

L’esperienza della cresima è stata meravigliosa! E’ stato bello ricevere i sette doni dello Spirito in questa età in cui bisogna decidere cosa fare nella vita e scegliere la via più giusta e buona per noi. E’ stato bello incontrare il delegato del vescovo e ricevere da lui il sigillo dello Spirito. Sono contenta di aver fatto la cresima! (Michela C.).E’ stata una bellissima cerimonia, mi è piaciuto molto monsignor Gianni. Il momento che ho sentito più importante è stata l’imposizione delle mani. Dal 24 aprile sono un testimone di Cristo, chiedo che lo Spirito Santo mi aiuti ad essere forte e a superare tutte le difficoltà (Michele).Il giorno della cresima ero molto emozionato e felice perché sapevo di ricevere lo Spirito Santo. Questo dono speciale illumina il mio cammino e le scelte che farò nella mia vita! (Lorenzo).Questa esperienza della cresima è stata bellissima. Mi è piaciuto tanto stringere la mano al delegato del vescovo e poi cantare insieme il canto della nostra cresima. Sono veramente tanto contenta. (Zoe)La cresima è stata un’esperienza emozionante (Daniele).E’ stata un’esperienza molto bella e significativa specialmente durante l’imposizione delle mani e l’unzione con l’olio (Carlotta).E’ stata un’esperienza bellissima (Marco).E’ stato un momento molto emozionante e importante (Nicole).E’ stata un’esperienza emozionante ricevere lo Spirito Santo (Luana).Mi è piaciuta molto l’imposizione delle mani; alla predica ero un po’ teso perché sapevo che dopo avrei ricevuto l’unzione ed ero emozionato (Leonardo).Ricevere lo Spirito Santo è stata un’esperienza unica (Massimo).

Giorgia, Francesca, Sara, Sofia, Carlotta, Michela, Luca, Massimo, Eleonora, Mirko, Leonardo, Sara, Giorgia, Zoe, Luana, Christian, Nicole, Mattia, Marco, Lorenzo, Isabella, Michele, Andrea, Daniele. Grazie alle catechiste: Patrizia e Giovanna.

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Titolo Titolo Titolo [8 maggio 2016Prima Comunione Palazzago

5 maggio 2016Prima Comunione Burligo]

Ho una notizia grande, buona e forte…

Le mani. Quelle dei bambini impresse nella pasta di sale, quelle di San Tarcisio, a custodire il te-soro prezioso dell’Eucarestia, ritrovate nel ritiro e due giganti sotto l’altare con una lettera per il gruppo di Palazzago e una per quello di Burligo. Il dono della Comunità: due mani a forma di leggio con il Vangelo e l’augurio: Prendi in mano il Vangelo.

LETTERA AI BAMBINI

E’ difficile farele cose difficili:parlare al sordo,mostrare la rosa al cieco.Bambini, imparatea fare le cose difficili:dare la mano al cieco,cantare per il sordo,liberare gli schiaviche si credono liberi.

Gianni Rodari

Mi è piaciuta la lettera consegnata da don Giuseppe “IMPARA A FARE LE COSE DIFFICILI”, soprattutto la frase “MOSTRARE UNA ROSA A UN CIECO” (Mattia R., Bryan, Lorenzo, Nicholas).

Ero emozionata prima di ricevere per la prima volta Gesù, subito dopo felice (Beatrice, Anna, Marta).

Mi è piaciuta la canzone finale “HO UNA NOTIZIA” perché era piana di gioia trasmessa alla comunità (Marta, Mattia S., Anna, Lorenzo, Andrea).

Quando ho ricevuto Gesù ero molto concentrato a comunicare con Lui la mia grande felicità (Cristian, Pietro, Lorenzo, Nicholas).

Ero agitato mentre facevamo il corteo che ci portava alla celebrazione della nostra Prima Comunione (Cristian, Andrea, Bryan, Lorenzo).

Mi ha colpito il proverbio ricordato da don Giuseppe “GIOCHI DI MANI, GIOCHI DI VILLANI”, ma trasformata, perché se le mani sono quelle di Gesù, allora tutto cambia… (Marta, Cristian, Bryan, Anna, Beatrice).

Mi è piaciuto vedere le nostre maestre venire a farci gli auguri (Mattia R., Cristian, Beatrice, Marta, Lorenzo, Nicholas).

Luca, Lorenzo, Sara, Zchele, Andrea, Anna, Beatrice, Martina, Davide, Mattia, Asia, Lorenzo, Marta, Bryan Loris, Matteo, Lorenzo, Mattia, Mattia, Salvatore, Francesco, Pietro, Nicholas, Lorenzo. Grazie alle catechiste: Marta, Maria Laura, Anna, Asya, Ivana, Petya

Page 25: La Lettera giugno 2016

La Lettera [25]giugno ‘16

Cristo non ha maniha soltanto le nostre maniper fare oggi il suo lavoro.Cristo non ha piediha soltanto i nostri piediper guidare gli uominisui suoi sentieri.Cristo non ha labbraha soltanto le nostre labbraper raccontare di sé agli uomini di oggi.Cristo non ha mezziha soltanto il nostro aiutoper condurre gli uomini a sé oggi.Noi siamo l’unica Bibbiache i popoli leggono ancorasiamo l’ultimo messaggio di Dioscritto in opere e parole.

Anonimo fiammingo del XIV secolo.

Il Vangelo è una storia di mani, un amore di mani. Mani di pastore forte contro i lupi, mani tenere impigliate nel folto della mia vita, mani che proteggono il mio lucignolo fumigante, mani sugli occhi del cieco, mani che sollevano la donna adultera a terra, mani sui piedi dei discepoli, mani inchioda-te e poi ancora offerte: Tommaso, metti il dito nel foro del chiodo! Mani piagate offerte come una carezza perché io ci riposi e riprenda il fiato del coraggio.

Giorgia, Giorgio, Alessandro, Benedetta, Alex, Sofia. Grazie alla catechista Sara.

Page 26: La Lettera giugno 2016

La Lettera [26] giugno ‘16

[Mese di Maggio 2016]Maria Porta del Cielo

Dopo la Cresima, anche per il mese di maggio abbiamo preso a prestito le formelle della Porta Santa in S. Pietro, collegando la Parola di Dio alle immagini proposte dall’opera. Così, di serata in serata, in diversi luoghi del paese, abbiamo ripercorso la storia della salvezza, invocando Maria Porta del cielo.

La Porta Santa ha un significato ben preciso: è il simbolo del passaggio che ogni cristiano deve fare dal peccato alla grazia, pensando a Gesù che dice «Io sono la porta» (Giovanni 10, 7). Fino al 1975 la Porta Santa di San Pietro veniva murata alla chiusura di ogni Giubileo e smurata all’inizio di quello successivo. Dal Giubileo del 2000, Papa Giovanni Paolo II decise di modificare l’usanza e di non murare più la porta, che da quell’anno dunque viene semplicemente chiusa e riaperta. La Porta Santa attuale è opera dello scultore Vico Consorti (1902-1979), che vinse il concorso per la realizza-zione della Porta per il Giubileo del 1950. Esegui-

ta in 11 mesi, fu inaugurata la vigilia di Natale del 1949 e donata da Mons. Francesco Von Streng, vescovo di Lugano e Basilea e dai suoi fedeli come omaggio al Papa della pace Pio XII, in ringrazia-mento al Signore per aver preservato la Svizzera dagli orrori della guerra. Il ciclo scultoreo narra la storia umana dall’alba ai giorni nostri in sedici for-melle. Il Giubileo inizia con l’apertura della Porta Santa di San Pietro e si conclude con la sua chiu-sura. Per il Giubileo Straordinario della Misericor-dia le date sono quelle dell’8 dicembre 201 5 e del 20 novembre 2016.

1. EMISIT EUM DOMINUS DEUS DE PARADISO EDEN - Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden2. QUOD HEVA TRISTIS ABSTULIT - Ciò che l’infelice Eva ci tolse…3. TU REDDIS ALMO GERMINE - …ce lo restituisci nel tuo Figlio4. MISSUS EST ANGELUS GABRIEL - Fu mandato l’Angelo Gabriele

Una porta si chiude nel giardino, una porta si apre nella storia con un annuncio straordinario: Dio farà casa in Maria.

5. TU VENIS AD ME? - Tu vieni da me?

Si apre il Giordano, si apre il cielo, si apre l’avventura di Gesù in mezzo all’umanità. E come Giovanni a chiedere: ”Tu vieni da me?”

6. SALVARE QUOD PERIERAT - E’ venuto il Figlio dell’uomo a salvare ciò che era perduto10. SEPTUAGIES SEPTIES - Settanta volte sette

Un avverbio -sempre- a ricordare che la misura del perdono è di non avere misura: porta di perdono, da accogliere e donare.

Page 27: La Lettera giugno 2016

La Lettera [27]giugno ‘16

7. PATER PECCAVI IN COELUM ET CORAM TE - Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te11. CONVERSUS DOMINUS RESPEXIT PETRUM - Il Signore, voltatosi, guardò Pietro

Da lontano il padre lo vide… Pietro lo seguiva da lontano…Un “lontano” che si fa corsa per una porta sempre restata aperta, quella della casa e un “lontano” per Pietro che, ricordando le parole di Gesù, piange ama-ramente. Dono di lacrime.

12. HODIE MECUM ERIS IN PARADISO - Oggi sarai con me nel Paradiso15. SUM JESUS QUEM TU PERSEQUERIS - Io sono Gesù, che tu perseguiti

E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! (Padre Christian de Chergé) Porta di cielo per il ladrone, porta dei gentili per il persecutore.

8. TOLLE GRABATUM TUUM ET AMBULA - Prendi il tuo lettuccio e cammina13. BEATI QUI CREDIDERERUNT - Beati quelli che hanno creduto

Come si può prendere in mano la propria esistenza e camminare? Con una fiducia che riconosce tra le ferite il gesto d’amore che salva. Ed è fede: “Mio Signore e mio Dio!” Mio porto di salvezza!

9. REMITTUNTUR EI PECCATA MULTA - Le sono perdonati i suoi molti peccati14. ACCIPITE SPIRITUM SANCTUM - Ricevete lo Spirito Santo

Un profumo buono apre orizzonti di vita per disperdere puzza di morte e di meschinità.Profumo come crisma di salvezza per una nuova effusione dello Spirito che apre a tutti la porta della vita.

16. STO AD OSTIUM ET PULSO - Sto alla porta e busso

Gli abbiamo aperto la porta quest’anno? A conclusione del mese di maggio e nel grazie per l’anno catechistico abbiamo celebrato l’Eu-carestia a Brocchione, riscrivendo la porta santa con i percorsi dei di-versi gruppi. Questa è la nostra porta santa.

Page 28: La Lettera giugno 2016

La Lettera [28] giugno ‘16

Titolo Titolo TitoloCasa di Comunità:adesso non si scherza più!Correva l’anno pastorale 2008/2009 quando si prese la de-cisione definitiva di dare inizio allo studio di fattibilità delle opere di ri-strutturazione della Casa di Comu-nità. Iniziò il calvario della burocra-zia. Tutto sommato a livello locale il disbrigo fu abbastanza veloce; così non fu nei rapporti con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali Re-gionale e con i tecnici incaricati dalla Diocesi d Bergamo. Difficile per noi accettare tante modifiche richieste da questi Enti preposti ma le scel-te furono obbligate. Finalmente,

in data 28 luglio 2014 L’Ordinario della Diocesi ci comunicò ufficial-mente il nulla osta a procedere su benestare del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e per il Ter-ritorio datato 10 luglio 2014. Ab-bastanza velocemente si stilò un computo metrico ed un capitolato che vennero posti all’attenzione di diverse Ditte che inviarono la loro offerta. Le scelte si fecero valutan-do la reale autonomia lavorativa, il prezzo e l’appartenenza all’am-bito parrocchiale. I lavori iniziaro-no nell’ottobre 2015 e si presume

che finiranno per la Pasqua 2017, sperando così di poter inaugurare nelle feste patronali di San Giovan-ni Battista (giugno 2017). Sabato 27 agosto, all’interno della Festa di Comunità, faremo un incontro di presentazione dei lavori, seguito dalla visita al cantiere, con la guida dei tecnici e dei membri del Consi-glio Affari Economici. Qui sotto tro-vate il bilancio di previsione e, nella pagina accanto, due grafici con lo stato avanzamento lavori e il piano di estinzione del mutuo. Ne avremo fino al 2023…

[A cura di Alessandro e Franco]

La valutazione delle poste non comprende eventuali variazioni in corso d’opera.Gli interessi passivi saranno rimborsati in ragione del 1% dalla Diocesi.La maggior preoccupazione è riuscire a rimborsare le rate mensili di € 5.885,00 per un totale di €70.620,00 annuali del finanziamento.Le offerte precedenti per la ristrutturazione della Casa di Comunità sono state utilizzate:• per i molti interventi fatti alle chiese, all’Oratorio e al patrimonio artistico, come sempre documen-

tato dal Consiglio Affari Economici e nei resoconti annuali inviati alla Curia e pubblicati sulla Lettera.• e in parte depositate sul C/C.

Con tanta fiducia speriamo nella sensibilità e nella generosità dei parrocchiani, delle Ditte e delle realtà associative. E, come sempre termina l’aggiornamento lavori sulla Lette…Rina e sul sito: Avanti, forza e coraggio.

Casa di Comunità: adesso non si scherza più… Correva l’anno pastorale 2008/2009 quando si prese la decisione definitiva di dare inizio allo studio di fattibilità delle opere di ristrutturazione della Casa di Comunità.

Iniziò il calvario della burocrazia. Tutto sommato a livello locale il disbrigo fu abbastanza veloce; così non fu nei rapporti con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali Regionale e con i tecnici incaricati dalla Diocesi d Bergamo. Difficile per noi accettare tante modifiche richieste da questi Enti preposti ma le scelte furono obbligate. Finalmente, in data 28 luglio 2014 L’Ordinario della Diocesi ci comunicò ufficialmente il nulla osta a procedere su benestare del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e per il Territorio datato 10 luglio 2014.

Abbastanza velocemente si stilò un computo metrico ed un capitolato che vennero posti all’attenzione di diverse Ditte che inviarono la loro offerta. Le scelte si fecero valutando la reale autonomia lavorativa, il prezzo e l’appartenenza all’ambito parrocchiale.

I lavori iniziarono nell’ ottobre 2015 e si presume che finiranno per la Pasqua 2017, sperando così di poter inaugurare nelle feste patronali di San Giovanni Battista (giugno 2017).

Sabato 27 agosto, all’interno della Festa di Comunità, faremo un incontro di presentazione dei lavori, seguito dalla visita al cantiere, con la guida dei tecnici e dei membri del Consiglio Affari Economici.

Qui sotto trovate il bilancio di previsione e, nella pagina accanto, due grafici con lo stato avanzamento lavori e il piano di estinzione del mutuo. Ne avremo fino al 2023…

La valutazione delle poste non comprende eventuali variazioni in corso d’opera.

Gli interessi passivi saranno rimborsati in ragione del 1% dalla Diocesi.

La maggior preoccupazione è riuscire a rimborsare le rate mensili di € 5.885,00 per un totale di €70.620,00 annuali del finanziamento.

Le offerte precedenti per la ristrutturazione della Casa di Comunità sono state utilizzate

70.344,00

Page 29: La Lettera giugno 2016

La Lettera [29]giugno ‘16

STATO AVANZAMENTO LAVORI IMPEGNO TOTALE € 918.000 di cui 218.000 LIQUIDATI

18.000 100.000 100.000 100.000 100.000

100.000 100.000 100.000 100.000 100.000

FINANZIAMENTO DI € 564.960 - NR.8 RATE ANNUE DI € 70.620

70.620 70.620 70.620 70.620

70.620 70.620 70.620 70.620

anno 2023anno 2022anno 2021anno 2020

anno 2019anno 2018anno 2017anno 2016

Page 30: La Lettera giugno 2016

Palio 2016 [Manuel e Isaia]

Il Palio si è svolto in forma ridotta per l’impraticabilità del campo dell’Oratorio, occu-pato dal cantiere della casa di Comunità. Ma non è stato ridotto l’impegno e lo slan-cio da parte degli organizzatori, delle frazioni e dei capitani. Sentiamo le impressioni della frazione vincitrice.Il Ventottesimo Palio delle Contrade ha visto partecipi tutte sei le frazioni e, per il secondo anno consecutivo, ha vinto la squadra dei blu. Con estremo orgoglio la no-stra frazione porta a casa il trofeo ricordando gli anni passati quando a malapena si riusciva a partecipare e l’ultimo posto in classifica era diventato di routine. Secondo me, quello che ha determinato la svolta è stata l’idea di “fare gruppo” e per questo devo ringraziare il mio vice che mi ha sostenuto nel mantenere unita la squadra che, seppur composta da pochi elementi, ha riconquistato forza e motivazione per poi essere ripagata con la vittoria. Questo può essere di esempio a tutte le frazioni, in particolare a quelle in difficoltà…. Provato sulla nostra pelle, quando c’è un gruppo affiatato è molto più semplice riuscire a portare gente nuova e farla sentire a casa. Un grazie al comitato organizzatore che come ogni anno dedica tempo e passione alla preparazione delle iniziative.

Page 31: La Lettera giugno 2016

La Lettera [31]giugno ‘16

La Lettera[31]giugno ‘16

[Catechesi Adulti di Ivana e Antonio]

Il Secondo Annuncio“Non si può più dare per scontata la fede, nè in chi pra-tica, nè in chi incontra saltuariamente le parrocchie, nè tantomeno in chi si è allontanato dalla Chiesa.La fede, prima di essere educata, va proposta: è il tem-po della semina, tempo di primo annuncio. Il primo annuncio è in senso stretto la proposta della fede a chi non crede. Esso intende portare all’adesione a Gesù nella comunità ecclesiale, alla conoscenza del vangelo, a una vita secondo lo Spirito. Le nostre parrocchie de-vono dunque preparare dei tempi di ingresso alle fede. Ma il loro problema fondamentale riguarda i battez-zati, siano essi praticanti regolari, saltuari o battezzati che hanno lasciato la fede.Il nostro problema è quello del secondo annuncio, o del “secondo primo annuncio”. Il secondo annuncio tie-ne conto della storia delle persone, delle loro rappre-

sentazioni religiose, delle loro esperienze più o meno negative. Li aiuta a disimparare prima di imparare. Il secondo annuncio segue la via inversa rispetto alla catechesi. Partendo dalla testimonianza del credente, dall’ “amen” di una persona e di una comunità animate dallo Spirito, giunge a riconoscere lo Spirito del Signore Gesù e porta a rivolgersi a Dio come Padre. E’ allora che la persona può dire il suo “io credo”, nell’ordine dell’esposizione con cui la comunità lo professa.E’ tempo di secondo annuncio, non preoccupandoci troppo delle condizioni che gli altri devono avere, ma di quanto per grazia possiamo loro donare. Il seme della Parola ha in sè la sua forza”.

Da “Il secondo annuncio - La grazia di ricominciare” di Enzo Biemmi Ed. EDB

Le parole di questo brano ci sono sembrate rappre-sentative dei contenuti del corso biennale proposto dall’Ufficio Catechistico Diocesano. Durante gli incontri, a cui abbiamo partecipato, ci è stato illustrato il metodo elaborato da fratel Enzo Biemmi, fsf. Abbiamo ritro-vato nel metodo la medesima struttura (vita, parola, vita) già incontrata all’interno delle schede di approfon-dimento alla lettera pastorale del Vescovo (le schede utilizzate durante gli incontri nelle case). Interessante è stato constatare come il metodo possa essere de-

clinato in varie forme in modo da offrire lo strumento di condivisione più adeguato al contesto. Pressante è stato l’invito ad una presa di coscienza, vera e sentita, che la realtà in cui siamo chiamati ad operare è l’oggi, con tutti gli aspetti che lo contraddistinguono. Aspet-ti che possiamo interpretare come problemi oppure accogliere come risorse per un confronto da cui trarre spunto per rilanciare un nuovo modo di essere Chie-sa... A tutti noi cristiani l’invito a raccogliere la sfida nella certezza che “il seme della Parola ha in sè la sua forza”.

[Alice e Sara] Esercizi Spirituali AdoSiamo due ragazze di Palazzago che per il secondo anno consecu-tivo hanno partecipato con gioia agli esercizi spirituali proposti nel Seminario di Bergamo, due gior-ni insieme a molti altri ragazzi provenienti da tutte le Parroc-chie della bergamasca. Abbiamo vissuto questi due giorni come una sfida con noi stesse, in soli-tudine, senza cellulare, in camere singole, guidate dal desiderio di essere avvolte nel clima di pre-ghiera. Il momento più difficile è

stato sicuramente quello di cu-stodire il silenzio, anche durante i pasti (ogni tanto comunque nei corridoi si sentiva qualche risa-ta). La giornata si divideva in due momenti alternati: uno di rifles-sione comune proposta e uno di riflessione personale, riprenden-do i testi di Vangelo.Anche la notte portava consiglio. A gruppetti di 3\4 ragazzi ci si trovava nella cappella del Semi-nario ad orari diversi e per circa un’ora si pregava insieme. Può

sembrare strano, per ragazzi della nostra età, abituati a sta-re 24 ore su 24 con il cellulare e la musica sempre a portata di mano (magari per non pensare alle proprie insicurezze e pau-re); eppure per noi due giorni nel silenzio immersi nel mistero di Dio sono stati una sfida che ci ha riempito di gioia, tranquillità e ci ha arricchito interiormente. E’ un esperienza che consigliamo a tutti e che speriamo di rivivere ancora l’anno prossimo.

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La Lettera [32] giugno ‘16

Estate 2016

Negli ultimi anni, un invisibi-le filo rosso ha sempre cercato di tenere legati fra loro i temi delle diverse estati. I temi del 2007-2008-2009 erano vicini alle attenzioni che i Vescovi ita-liani proponevano per le giovani generazioni: veniva suggerito l’‘ascolto’ e ci siamo inventati Musica maestro; si continuava con la ‘missione’ ed uscì Apriti-sesamo; si chiudeva con la ‘cul-tura’ ed ecco Nasinsù. Quelli del 2010-2011 invece - con il tema della ‘terra’ in Sottosopra e del ‘tempo’ in Battibaleno - ave-vano voluto essere in continui-tà con il 2009 perché – come il cielo – anche la terra e il tem-po sono elementi fondamentali per la vita del pianeta. I temi del 2012-2013-2014 - la paro-la con Passpartù; il corpo con Everybody; l’abitare con Piano Terra - trovavano la loro ragion d’essere nei primi versetti del Prologo dell’evangelista Gio-vanni. Il 2015 invece, era andato un po’ per conto suo con il tema del mangiare di Tuttiatavola: ma non poteva essere diversa-mente visto l’evento mondiale

dell’Expo a Milano! Nel 2016 sia-

mo arrivati a questa scel-ta: il viaggio! Perché questo

tema?

IL TEMA?Due sono gli eventi

importanti da cui l’e-state 2016 è caratte-

rizzata: l’Anno Santo della Misericordia indetto da Papa Francesco e l’incontro di tutti i giovani del mondo a Cracovia, in occasione della XXXI Giorna-ta Mondiale della Gioventù. Non da ultimo, il tema del viaggio ci è sembrato capace di incrociare e dare voce a quel grande feno-meno migratorio che da diverso tempo sta interessando l’Euro-pa e anche le nostre comunità cristiane.

CHE COSA È UN VIAGGIO?- Il viaggio è ‘metafora’ della vita.Benché apparentemente di-verse, le parole ‘vita’ e ‘viaggio’ sono facilmente accostabili. La vita, proprio perché movimen-to che si dispiega nel tempo, è spesso stata interpreta-ta come un viaggio. Si-curamente come un viaggio che va dalla nascita alla morte, ma certamente anche oltre e per tan-to altro. - Il viaggio è m o v i m e n t o ‘da - a’.

Parlando dal punto di vista let-terale, il dizionario non lascia scampo: viaggiare significa per-correre un determinato spa-zio in un determinato tempo. Quanto fondamentale diventa allora sapere dove ci si trova o almeno a che punto ci si trova del cammino. - Il viaggio è ‘obbligo’.Nella vita non è possibile stare fermi! In genere, se si crede di poter restare tali, si muore. Ov-vero: il movimento rimane un passaggio obbligato! Non nel senso moralistico del termine ma per un’evidenza difficilmen-te contestabile. E se non ci si vuole muovere invano, occorre ovviamente dare senso e dire-zione al movimento.

CHI È UN VIAGGIATORE?- Vagabondo: colui che si muove senza avere particolari punti di partenza, punti di riferimento e soprattutto senza meta.- Pellegrino: colui che si muove con una meta (in genere la di-vinità) e ha un motivo serio per mettersi in viaggio (purificazio-ne-conversione).- Turista: colui che va alla sco-

Negli ultimi anni, un invisibi-

dell’Expo a Milano! Nel 2016 sia-

mo arrivati a questa scel-ta: il viaggio! Perché questo

tema?

IL TEMA?Due sono gli eventi

importanti da cui l’e-state 2016 è caratte-

rizzata: l’Anno Santo della

to che si dispiega nel tempo, è spesso stata interpreta-ta come un viaggio. Si-curamente come un viaggio che va dalla nascita alla morte, ma certamente anche oltre e per tan-

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La Lettera [33]giugno ‘16

perta di cose nuove (esploratore) o semplicemente è alla ricerca di svago e tranquillità (divertimento: andare lontano da ciò che conta e/o pesa).- Migrante: colui che va in cerca di salvezza e/o di migliori condizioni di lavoro e di vita.- Studente: nel caso di un viaggio-studio, colui che va per imparare una lingua e conoscere nuove cul-ture.- Missionario: colui che va per annunciare/portare/testimoniare una verità che non è sua.- Pendolare: colui che si assume la fatica – spesso quotidiana/settimanale/mensile - di ripeterecostantemente lo stesso tragitto.- Conquistatore: colui che va per appro-priarsi di qualcosa che non suo.

E IL LOGO?“Perdiqua”. Sono proprio le parole del titolo che gonfiandosi, riempiono di aria il pallone della nostra mongolfiera e ci permettono di volare in alto. Ma se guar-diamo bene, il cestello che ospita i nostri compagni di viaggio ricorda anche una nave… stiamo volando o stiamo navigan-do? Sono nuvole quelle intorno a noi op-pure onde del mare? Scrutiamo l’orizzonte, allunghiamo lo sguardo oltre le nuvole e adocchiamo la cartina: siamo pronti per la-sciarci trasportare, con la fiducia e il coraggio dei

viaggiatori, in questa nuova avventura estiva? “Perdiqua”. Una parola che ci invita anche a lasciare qualcosa di noi

prima di intraprendere il cammino: per partire più leggeri e lasciare che siano i nuovi passi che

stiamo per compiere e i nuovi volti che stia-mo per incontrare a riempire i nostri sguar-di, i nostri ricordi, le nostre giornate.

Ecco qui:soltanto alcune riflessioni per partire nel viaggio dell’estate 2016, con il Cre (27 giugno-22 luglio), il Baby Cre (4-29 luglio), il mare adolescenti (Igea Marina 24-28 luglio), la biciclettata (1-5 agosto Vicenza-Jesolo), la vacanza stile familiare (14-21 agosto, Villa Paola, Igea Marina),…e poi la festa di comunità (26 agosto-11 settembre).

viaggiatori, in questa nuova avventura estiva? “Perdiqua”. Una parola che ci invita anche a lasciare qualcosa di noi

prima di intraprendere il cammino: per partire più leggeri e lasciare che siano i nuovi passi che

Ecco qui:

Page 34: La Lettera giugno 2016

La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[34] giugno ‘16

I Consigli Pastorali

Terza seduta del Consiglio Pasto-rale Parrocchiale a Burligo per verificare il percorso di Quaresima e di Pasqua e programmare i suc-cessivi appuntamenti comunita-ri: giornate eucaristiche, mese di maggio e festa della campagna, con un pensiero anche ai possibili interventi alla chiesa, dopo il so-pralluogo dei tecnici della Curia.Si sottolinea una partecipazione più attenta e attiva alle diverse celebrazioni, vissute bene grazie anche agli itinerari proposti. La set-timana santa è stata intensa, sco-prendo alcuni aspetti nuovi; i sa-cerdoti presenti ampliano questo

aspetto evidenziando alcune at-tenzioni che andranno coltivate, in particolare per l’adorazione all’al-tare della reposizione (ex sepolcro), la preghiera comunitaria dei giorni santi e la preparazione delle diver-se liturgie. La Via Crucis del Venerdì Santo con Palazzago, animata dai giovani e dai molti gruppi e associa-zioni è stata un momento intenso, anche con la fattiva preparazione di diverse persone di Burligo, così come la Veglia Pasquale con i due cori riuniti.Si stende poi il calendario per il mese di maggio, evidenziando come i diversi appuntamenti serali

del martedì e giovedì siano per tut-ta la comunità e non solo per le fa-miglie che ospitano. Il Corpus Do-mini sarà vissuto di giovedì, con la messa e la processione, raggiun-gendo poi la chiesa di Precornelli dove salirà anche la processione da Palazzago per la benedizione finale.Pensando agli aspetti pratici si pre-disporranno alcuni disegni per la bussola della chiesa parrocchiale e del portale, così come si procederà con il preventivo per il restauro della Madonna Addolorata e alcuni banchi segnati da “graffitari”.

Anche nel Consiglio Pastorale di Palazzago viene dedicata la prima parte alla verifica dell’itinerario quaresimale, rilevando una buona partecipazione alle proposte: via crucis quotidiana delle ore 15.00, via crucis dei venerdì sera e iti-nerante del venerdì santo, unita-mente a Burligo; settimana santa con i momenti forti della cena, della morte e della Veglia Pasqua-le; stracolma la partecipazione il giorno di Pasqua. Belli anche i tre incontri fatti con le parrocchie della zona pastorale sulla miseri-

cordia vissuta da alcuni santi della nostra terra.Per quanto riguarda la situazione e le prospettive per l’accoglienza diffusa, vi sono stati incontri a li-vello vicariale e l’argomento è sta-to ampiamente discusso e analiz-zato nel Consiglio Presbiterale e Pastorale diocesano. La nostra diocesi si è presa a carico 1300 profughi, però per i nuovi arrivi si è chiesto l’appoggio della provin-cia. Don Giuseppe distribuisce ai membri del consiglio una bozza della Lettera “Per un’evangeli-ca accoglienza”, una storia e una scelta di chiesa, e legge alcune parti più significative:..in questo anno straordinario della miseri-cordia occorre vincere la barriera dell’indifferenza.., l’accoglienza dello straniero è una nuova sfi-da per la chiesa e la società..,è un fenomeno strutturale e irreversi-bile…, le parrocchie che hanno co-nosciuto l’esodo dell’emigrazione all’estero dei propri figli, possono

apprendere da questa memoria un miglior approccio alla mobili-tà umana…, tutte le parrocchie e tutte le realtà ecclesiali andranno aiutate a manifestare e a crescere nell’interessamento, nella cono-scenza, nella disponibilità all’acco-glienza e all’accompagnamento di questi fratelli rifugiati e richiedenti asilo…,ciò esige il passaggio ad azioni di interazione tra molteplici volti e storie di vita per costruire e promuovere insieme un futuro condiviso..,occorre passare da una pastorale di servizi a una pasto-rale di relazioni… Papa Francesco chiede di essere una chiesa in uscita..,nelle nostre parrocchie è fondamentale una comunicazione ampia che contrasti la diffusione di notizie distorte e distorcenti, che sappia fare chiarezza e non confusione, una comunicazio-ne che favorisca il passaggio da “pancia, cuore, testa” all’incontro e alla relazione personale con lo straniero. Due membri del consi-

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La Lettera [35]giugno ‘16

glio sono stati agli incontri vica-riali su questo tema e relazionano brevemente quanto emerso, tra cui la necessità di creare un grup-po caritas in ogni parrocchia che si impegni ad integrare chi viene accolto sulla base di un progetto.Don Giuseppe presenta poi il pro-getto per gli oratori di Bergamo che sarà declinato con la formula del- l’équipe. Agli incontri di pre-sentazione hanno aderito anche dieci persone di Palazzago.Il Consiglio continua con uno sguardo alle prossime propo-ste pastorali: il mese di maggio

“Maria, porta del cielo”, il pelle-grinaggio vicariale a Brembate di Sopra, le giornate eucaristiche e la processione del Corpus Do-mini, la messa di ringraziamento dell’anno catechistico. E poi il Pa-lio, le iniziative del periodo estivo e i lavori della casa di comuni-tà. Per il prossimo anno, in vista dell’inaugurazione della casa di Comunità, si prospettano le Mis-sioni parrocchiali come spinta per il cammino. Infine si presenta al consiglio il Sermig- Servizio Mis-sionario Giovani- nato nel 1964 da un’intuizione di Ernesto Olivero

per sconfiggere la fame con ope-re di giustizia e di sviluppo, vive-re la solidarietà verso i più poveri e dare una speciale attenzione ai giovani cercando insieme a loro le vie della pace. Dai “sì” di giovani, coppie di sposi e famiglie, mona-ci e monache è nata la Fraternità della Speranza, per essere vicini all’uomo del nostro tempo e aiu-tarlo ad incontrare Dio. All’inizio del nuovo anno pastorale sarà invitato Ernesto Olivero; gli incon-tri per i genitori degli adolescenti saranno probabilmente guidati dall’equipe del Sermig.

[a cura di Antoniett a]Un compleanno speciale

Il giorno 9 Marzo 2016 è il gior-no in cui si festeggia San Fran-cesca Romana, la Patrona della nostra associazione. Fondata grazie allo stimolo e al sostegno di don Angelo Ron-calli, allora semplice sacerdote, poi Giovanni XXIII, che coinvolse un gruppo di vedove dell’Azione Cattolica riunitasi nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Bergamo, proprio il 9 marzo 1926. Quest’anno si festeggia il 90° compleanno, è un traguardo che merita di essere valorizzato. E così è stato per l’annuale festa di S. Francesca Romana che ri-unisce tutte le associate della diocesi, accolte nell’auditorium del Seminario di Bergamo. Già nell’ultimo numero del “Messaggero” era stato an-nunciato questo grande avve-nimento a cui un bel gruppo di vedove di Palazzago ha parteci-pato, gratificate dalla presenza

e dal sostegno premuroso del nostro Vescovo Francesco Be-schi che ha concelebrato la San-ta Messa per tutte noi. Nell’omelia ci ha esortato a rida-re fiducia e coraggio alla nostra associazione che tanto bene ha fatto e che continua ad operarsi a favore delle numerose fami-glie deboli, demoralizzate e so-vente dimenticate; ci ha sprona-te ad essere persone capaci di Vangelo e quindi di Misericordia, tema tanto caro al nostro Papa Francesco. La giornata è stata bella e inten-sa, eravamo circa 450 persone, con una delegazione giunta da Roma, la quale ci ha invitate per il Giubileo a Roma, che faremo nel mese di Ottobre. Abbiamo iniziato la giornata con una profonda relazione propo-sta dalla dott.ssa Anna Aceti, dove ha esplicitato alcune tappe dolorose che la vedovanza chie-

de di affrontare ponendo tanti spunti seguiti da tante nostre domande. Alla fine la giornata si è conclusa con un bel recital sulla vita di Papa Giovanni XXIII, molto apprezzato. Siamo torna-te a casa con il cuore colmo di gioia e ricco di tanti buoni pro-positi, proponendo ci di ritrovar-ci ancora. Intanto vorrei ringra-ziare le signore di Palazzago per la loro disponibilità, le porterò tutte nel mio cuore davanti al Signore e ancora una volta dico “alla prossima”.

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La Lettera [36] giugno ‘16

Corpus Domini

“Ma quando arriva la processione da Burligo?” Ci si chiedeva nella sera del giovedì del Corpus Do-mini a Precornelli, dove la proces-sione che saliva da Palazzago era già arrivata da un po’. Finalmente ecco sbucare la croce con le lam-pade e poi la gente, il baldacchino con il Santissimo portato da don Giampaolo e don Paolo. “Predi-ca lunga di don Giampaolo” viene subito detto a giustificazione. Ma ora cantiamo il Tantum ergo so-lenne e riceviamo la benedizione del Signore da parte di don Mat-teo Bartoli che ha celebrato nella Parrocchia di Palazzago con sobria solennità. Poi le note della Banda

con i cori a concludere con il can-to Pane di vita nuova. Il profumo delle torte ci attira, dopo aver an-nusato per tutto il percorso quel-lo dei petali di rosa, riversati ab-bondantemente sulle strade dai ragazzi della prima Comunione. Sempre sudore per i portatori dei baldacchini e delle lampade (papà e mamme dei ragazzi), come sem-pre tantissimi i lumini accesi nel percorso. E mentre ci si rifocilla si chiariscono le cose: è vero che don Giampaolo si lascia prendere dalla passione per la Parola, ma siamo proprio sicuri che anche altri non abbiamo contribuito al ritardo? Anche per le liturgie occorre met-tersi d’accordo per tempo, sapen-do chi fa cosa…Quindi, a ognuno il suo… Nel complesso comunque è stata una serata intensa per le due Co-munità. Certo, l’adorazione delle giornate eucaristiche deve en-trare di più, anche negli adulti. In questo i bambini e i ragazzi con le catechiste e le mamme nei tempi loro indicati sono stati di esempio. Altrimenti come avremmo potuto accendere le 191 candele e le 46 luci dell’apparato montato nella chiesa parrocchiale? Ogni cande-la accesa infatti deve poter corri-spondere alla luce che accendia-mo con l’esserci all’adorazione.

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La Lettera [37]giugno ‘16

In morte del Cardinal Loris Francesco Capovilla

All’età di 100 anni, giovedì 26 maggio solennità del Corpus Domini, è morto il cardinale Loris Francesco Capovilla. Per dieci anni è stato il segretario di Papa Giovanni XXIII. Nato a Pontelongo, in provincia di Pa-dova, il 14 ottobre 1915 dal 15 aprile 2015 era il più anziano vescovo d’Italia. È stato creato

cardinale da papa Francesco il 22 febbraio 2014 a 98 anni, ricevendo il titolo presbiterale di Santa Maria in Trastevere e divenendo in tal modo il mem-bro più anziano del collegio car-dinalizio. La sua figura rimane nella memoria collettiva come il segretario di Papa Roncalli, il pontefice che ha spalancato la

Chiesa al mondo con il Concilio Vaticano II. Anche nella terra di Bergamo sono molte le perso-ne che lo ricordano e che l’han-no incontrato di persona nella sua residenza a Sotto il Monte, dove ha continuato ad essere il testimone della vita di Papa Roncalli, il «custode» del Papa bergamasco.

Abbiamo chiesto ad Alessandro Quasimodo, figlio del Premio No-bel, che abita tra noi, un ricordo del Cardinale. Lo ringraziamo per questo contributo.

Ho perso un amico, un fratello, una parte preziosa ed insostituibile della mia vita. Per me lui era semplicemente “Loris”: non ha mai voluto che lo chia-massi in altro modo, al massimo “don Loris”. Nei nostri incontri, nelle nostre conversazioni non c’è stato nessun riferimento, mai, al ruolo che ricopriva né ai titoli di cui poteva fregiarsi: talmente grande era la sua umiltà e tanto intensa la sua umanità che in ogni occasione era sempre lui quello che consolava, quello che confortava e riu-sciva a riportare il sereno anche dopo le peggiori tempeste. Ho conosciuto Loris Capovilla a metà degli anni ’80, e subito è nata tra di noi una confidenza fatta di racconti fitti, scambi di battute e affettuosità, piccoli doni (ricordo ancora la sua espressione dolcissima quando gli feci avere una copia del vangelo secondo Giovanni nella traduzione di mio padre), in-contri brevi ma intensi. Quando lo invitai a inaugurare la chie-setta di S. Spiridione a Palazzago, rispose con un entusiasmo disarmante…ecco, la sua allegria, la sua voglia di vivere era-no tali che quando si era in sua presenza si sentiva un’aria di freschezza e giovinezza per così dire “eterna”. In risposta ai miei complimenti per tutto quello che riusciva a fare e per il piglio che riusciva a mettere in ogni decisione, Loris era solito ripetere: “Io sono niente”. Nulla di più lontano dal vero! Loris era “qualcosa di speciale”, uomo tra gli uomini sì…ma dotato di una sensibilità e bontà d’animo che erano certamente dono di Dio. Per me, per Bergamo, per Sotto il Monte che lo ha ospitato in questi anni, infine per tutti coloro che hanno avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo, l’amico Capovilla è stato quanto di più autentico e vicino al senso profondo della Fede si possa immaginare.

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Battesimi

Domenica 17 aprile ore 15.00Alice Perico di Matteo e Cisana Carolina,

nata a Bergamo il 16 novembre 2015Gaia Arioli di Marco e Colleoni Sarah,

nata a Bergamo il 9 ottobre 2015Nathan Rossi di Alfredo e Patutucci Filomena,nato a Ponte San Pietro il 23 settembre 2015Daniel Rota di Giampietro e Cisana Marlene,

nato a Ponte San Pietro il 14 novembre 2015

Domenica 8 maggio ore 12.00Giusy Palladino di Leonardo e Francesca Carpentieri,

nata a Bergamo il 16 ottobre 2015

Matrimonio

Moussa Michele e Mandaletti Delia13 maggio 2016

Chiesa della Visitazione in Brocchione, Palazzago

Domenica 22 maggio ore 10.30Diego Ghislandi di Gianluca e Eleonora Ghilardi,

nato a Ponte San Pietro il 3 gennaio 2016

Uscita al Vivaio ColleoniI bambini della scuola statale dell’infanzia di Palazzago, gruppo mezzani con le insegnanti, si sono recati in visita all’azienda Florovivaistica Colleoni Angelo dove hanno potuto vedere tanti

tipi di piante e fiori oltre a sperimentare manualmen-te come si interrano nei vasi, portando anche a casa il frutto della loro esperienza. Prima di questa uscita, i bambini si erano già impegnati come piccoli agricoltori nella semina dell’orto adiacente alla scuola, seguendo giornalmente i progressi e le varie fasi di crescita.

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DefuntiROTINI ANNA MARIAdi anni 71,deceduta l’8 maggio 2016e funerata l’11 maggio

Ci hai lasciati all’improvviso, ma la fede ci aiuta a sentirti ancora vicina e continu-iamo ad amarti e a pregare per te. Il tuo ricordo vivrà sempre nel nostro cuore.

I tuoi cari

ARMANDO ROSSIdi anni 77deceduto a Bergamo il 29 aprile 2016e funerato il 2 maggio 2016

Resterai sempre nel cuore di quanti ti vollero bene…

I tuoi cari

AGAZZI RODOLFO “CARÈTA”di anni 87deceduto il 30 aprile 2016e funerato a Burligo il 2 maggio

Il ricordo del grande amore per la tua famiglia che era tutto il mondo, rende ancor più vivo il nostro dolore.

I tuoi cari

EMANUELA CIMADORO in PANZAdi anni 56deceduta a San Giovanni Bianco il 20 aprile 2016e funerata il 23 aprile

“Signore datele in felicità eterna ciò che essa ci diede in amore” (S.Agostino).

I tuoi cariMARIA ANGELA MAGNO detta LINA ved. CLIVATIdi anni 79,deceduta il 2 giugno 2016e funerata a Burligo il 4 giugno

Ricordatemi così... con un sorriso, con una preghiera.

I tuoi cari

TERESA LOMBONI ved. Rotinidi anni 88,deceduta il 9 giugno 2016e funerata l’11 giugno

Ricordatemi così... con un sorriso, con una preghiera.

I tuoi cari

GIUSEPPINA MAZZOLENI ved. Accardidi anni 81,deceduta il 10 giugno 2016e funerata il 13 giugno

“La fede la illuminò nel suo cammino, la speranza la sorresse verso gli ideali più nobili, l’amore è il frutto della sua vita”. I tuoi cari

ROTA STABELLI SEVERINO

(1977 – 2016)

ROTA STABELLI

Un grande grazie ai nostri genitori per i valori che ci hanno insegnato, e noi abbiamo trasmesso ai nostri figli e nipoti. Vi ricordiamo con immutato affetto e amore.

I vostri cari

MAZZUCOTELLI MARIA

(2002 – 2016)

LAZZARI ROSA ved. TIRONI(15-08-2006 15-08-2016)

Ci manchi, ma il tuo ricordo ci dà la for-za per affrontare la vita!

I tuoi cari

CEFIS DAVIDE(14-05-2011 14-05-2016)

Vivi ogni giorno nel cuore di chi ti ha amato e che tu hai tanto amato.

La tua famiglia

AnniversariMAZZOLENI FRANCESCO(30-06-2000 30-06-2016)

Il tempo passa, ma non cancella il tuo caro ricordo che vive in noi.

I tuoi cari

MEDOLAGO GEROLAMO (29-01-2005 29-01-2016)

Ti ricordiamo sempre con tanto amo-re, sei con noi nel più dolce pensiero di ogni giorno, aiutaci nel nostro cammi-no.

I tuoi cari

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