LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA...

14
LADOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 23 DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI e CIEPLY Ciak, si copia Tolkien o Dickens il cinema in crisi si affida ai libri La recensione NICOLA LAGIOIA Dalla zuppa all’adulterio l’arte del dettaglio di Alice Munro All’interno Straparlando ANTONIO GNOLI Ginevra Bompiani “Oggi ci manca un’intelligenza alla Calvino” Spettacoli BANDETTINI e MORETTI Frankenstein e Priscilla sotto l’albero musical e gospel La lettura BILL VIOLA La tecnologia può creare l’emozione dell’opera Pippo de Pippis, il più giovane degli ottantenni Spettacoli MARIO SERENELLINI e MICHELE SERRA L’ordinaria felicità di una mattina chiamata Natale Il racconto COLUM McCANN LONDRA L a prima è del 1909, scritta a suo padre da Bordighera, durante una vacanza in Italia, quando aveva solo nove anni: «Mamma e zia sono andate a Firenze, io sono ri- masta a giocare con un asinello di nome Margherita, gli abbiamo attaccato una carrozzella e mi porta in giro, è così carino». L’ultima è del 2001, inviata al nipote prediletto, il principe Carlo, da un castello in Scozia: «Qui splende il sole, splende il mare, splende tutto. Naturalmente fra cinque minuti la scena può cambiare com- pletamente, cielo di piombo, onde ruggenti e l’ululato del vento, me- scolato alle grida di gabbiani e foche». Racchiusa tra le due missive, c’è la vita lunga più di un secolo della regina d’Inghilterra più popo- lare di tutti i tempi: Elizabeth Angela Bowes-Lyon, il suo nome di na- scita nell’agosto 1900, Queen Elizabeth the Queen Mother, la Regi- na madre, com’era universalmente conosciuta quando morì, a 101 anni di età, il sabato di Pasqua del 2002. (segue nelle pagine successive) ENRICO FRANCESCHINI 28 FEBBRAIO 1921 C aro principe Bertie, devo scrivervi qualche riga per dirvi quanto io sia terribilmente dispiaciuta per ieri. Mi sento avvilita solo a ripensarci — siete stato mol- to gentile — e vi prego di perdonarmi. E per piacere, non vi preoccupate — capisco benissimo che cosa provate, provo grande simpatia per voi e detesto pensare di essere io la causa di tutto. In tutta sincerità, non so spiegarvi quanto sia enormemente dispiaciuta — e mi preoccupa tantissimo anche solo pensare alla vostra infelicità — ma spero che non siate così infelice. In ogni ca- so, potremo sempre essere buoni amici, non è vero? Vi prego di considerarmi una buona amica. Non dirò mai niente riguardo a quello che ci siamo detti, ve lo prometto e nessuno verrà mai a sa- perne niente. Cordialmente vostra, Elisabetta (Al futuro marito Re Giorgio VI autoinvitatosi a pranzo e respinto per la seconda volta) (segue nelle pagine successive) ELIZABETH BOWES-LYON DISEGNO DI MASSIMO JATOSTI LA REGINA MADRE NEL 1953. FOTO CECIL BEATON/CAMERA PRESS/CONTRASTO discorso Regina Il della La guerra, l’amore e poi un ultimo drink Le lettere e i diari della Queen Mother, l a sovrana più amata d’Inghilterra Repubblica Nazionale

Transcript of LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA...

Page 1: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICADIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012

NUMERO 407

CULT

La copertina

ASPESI e CIEPLY

Ciak, si copiaTolkien o Dickensil cinema in crisisi affida ai libri

La recensione

NICOLA LAGIOIA

Dalla zuppaall’adulteriol’arte del dettagliodi Alice Munro

All’interno

Straparlando

ANTONIO GNOLI

Ginevra Bompiani“Oggi ci mancaun’intelligenzaalla Calvino”

Spettacoli

BANDETTINI e MORETTI

Frankensteine Priscillasotto l’alberomusical e gospel

La lettura

BILL VIOLA

La tecnologiapuò crearel’emozionedell’opera

Pippo de Pippis,il più giovanedegli ottantenni

Spettacoli

MARIO SERENELLINI

e MICHELE SERRA

L’ordinaria felicitàdi una mattinachiamata Natale

Il racconto

COLUM McCANN

LONDRA

La prima è del 1909, scritta a suo padre da Bordighera,durante una vacanza in Italia, quando aveva solo noveanni: «Mamma e zia sono andate a Firenze, io sono ri-masta a giocare con un asinello di nome Margherita, gli

abbiamo attaccato una carrozzella e mi porta in giro, è così carino».L’ultima è del 2001, inviata al nipote prediletto, il principe Carlo, daun castello in Scozia: «Qui splende il sole, splende il mare, splendetutto. Naturalmente fra cinque minuti la scena può cambiare com-pletamente, cielo di piombo, onde ruggenti e l’ululato del vento, me-scolato alle grida di gabbiani e foche». Racchiusa tra le due missive,c’è la vita lunga più di un secolo della regina d’Inghilterra più popo-lare di tutti i tempi: Elizabeth Angela Bowes-Lyon, il suo nome di na-scita nell’agosto 1900, Queen Elizabeth the Queen Mother, la Regi-na madre, com’era universalmente conosciuta quando morì, a 101anni di età, il sabato di Pasqua del 2002.

(segue nelle pagine successive)

ENRICO FRANCESCHINI

28 FEBBRAIO 1921

Caro principe Bertie, devo scrivervi qualche riga perdirvi quanto io sia terribilmente dispiaciuta per ieri.Mi sento avvilita solo a ripensarci — siete stato mol-to gentile — e vi prego di perdonarmi. E per piacere,

non vi preoccupate — capisco benissimo che cosa provate, provogrande simpatia per voi e detesto pensare di essere io la causa ditutto. In tutta sincerità, non so spiegarvi quanto sia enormementedispiaciuta — e mi preoccupa tantissimo anche solo pensare allavostra infelicità — ma spero che non siate così infelice. In ogni ca-so, potremo sempre essere buoni amici, non è vero? Vi prego diconsiderarmi una buona amica. Non dirò mai niente riguardo aquello che ci siamo detti, ve lo prometto e nessuno verrà mai a sa-perne niente. Cordialmente vostra, Elisabetta

(Al futuro marito Re Giorgio VI autoinvitatosi a pranzo e respinto per la seconda volta)

(segue nelle pagine successive)

ELIZABETH BOWES-LYON

DIS

EG

NO

DI M

AS

SIM

O J

AT

OS

TI

LA

RE

GIN

AM

AD

RE

NE

L 1

953. F

OT

O C

EC

IL B

EA

TO

N/C

AM

ER

A P

RE

SS

/CO

NT

RA

ST

O

discorso Regina

Il

della

La guerra, l’amoree poi un ultimo drinkLe lettere e i diaridella Queen Mother,

la sovrana più amatad’Inghilterra

Repubblica Nazionale

Page 2: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 32

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

Di lei Hitler disse “è la donna più pericolosa d’Europa”

Ora che i diari e la corrispondenza privata di Elisabetta

per la prima volta vengono pubblicati, si capisce

il perché. Ecco l’autoritratto inedito di una regina molto fuori dal comune

La copertinaCastelli di carta

(segue dalla copertina)

Gli inglesi, che nonamano le ripetizio-ni, ne hanno asse-gnate due al suo no-me ufficiale, un dop-pio “Queen”, per di-

stinguerla da un’altra regina Elisabet-ta, sua figlia. In realtà era impossibileconfonderle. Sia perché la madre è statauna regina consorte, acquisendo il titolocome moglie di re Giorgio VI, mentre suafiglia, legittima erede al trono (non avevafratelli, solo una sorella minore, all’epocain cui si dava ancora la precedenza ai ma-schi nella successione), ci è salita nel 1952 enon ne è ancora scesa. Ma soprattutto non sipotevano confondere per un carattere com-pletamente diverso: tanto riservata e in appa-renza fredda l’Elisabetta figlia, quanto disini-bita e calorosa l’Elisabetta madre. Niente lo ri-vela come il libro pubblicato in questi giorni aLondra, a dieci anni dalla sua morte:Counting One’s Blessings — The selec-ted letters of Queen Elizabeth, theQueen Mother, ampia selezione dellasua corrispondenza privata, ottenutadagli archivi del castello di Windsor dovela Regina madre visse gli ultimi anni, suautorizzazione di Buckingham Palace, ov-vero di sua figlia, la regina in carica, che haaffidato il compito di curare il volume a Wil-liam Shawcross, biografo della Casa reale.

Un paio d’anni fa, a farla conoscere meglioal di fuori del Regno Unito, ha contribuito unfilm di successo, Il discorso del re, premiato conl’Oscar, in cui era interpretata da HelenaBonham Carter, che ha portato con bravura sulloschermo la devozione e la determinazione con cuiscelse un terapista anticonvenzionale per curarela balbuzie del marito: problema non da poco ne-gli anni della Seconda guerra mondiale, quando idiscorsi pubblici del re dovevano confortare espingere il paese alla vittoria contro il nazismo.Ora, per quanto la Regina madrenon lesinasse esternazioni,questa vasta collezione di let-tere fa finalmente sentire conpienezza la sua voce, rappre-sentando in un certo senso il“discorso della regina”: tuttoquello che non aveva potuto direpubblicamente, da viva.

Elisabetta appartiene alla no-biltà: ha dunque un’infanzia agia-ta, tra viaggi in Italia e Francia, isti-tutrici private, feste dell’aristocra-zia. Ma quando, pochi anni dopo laPrima guerra mondiale, il duca diYork, secondogenito di re Giorgio VI,comincia a farle la corte, il fatto suonarivoluzionario: era tradizione che imembri della famiglia reale, in partico-lare i figli del re, sposassero solo princi-pesse di altre dinastie europee. Pur nonessendo una commoner, una plebea, Eli-sabetta è dunque una scelta inconsueta.Ciononostante, anziché sentirsi onorata,lei lo rifiuta a lungo: «Mi dispiace così tanto ren-derti infelice, ma almeno possiamo essere amici,non è vero?», gli scrive nel febbraio 1921. Ma “Ber-tie”, come Albert era soprannominato, insiste e al-la fine lei cede. Pare che temesse le restrizioni del-

la vita a Palazzo reale: avrebbe preferito sentirsipiù libera (tra gli altri corteggiatori, che frequentòcontemporaneamente a Bertie, c’era lo scudierocapo del duca, un ufficiale di cavalleria). Nel 1923gli dice finalmente di sì: «Ti amo e sono sicura cheti amerò sempre di più». La coppia si rivela moltounita, e ce n’è bisogno: nel 1936 Edoardo VIII, fra-tello maggiore di Albert, abdica dal trono per po-ter sposare una divorziata americana, Wallis Sim-pson. Inaspettatamente, Albert diventa re, con ilnome di Giorgio VI, ed Elisabetta, quella che rifug-giva le limitazioni della vita a palazzo, si ritrova re-gina. Eppure non cambia stile. Rimane una figuravivace, aperta, anticonformista, sia fino alla mor-te precoce del re, nel 1952, sia dopo, quando con il

titolo di regina madre diventa il membro più an-ziano della famiglia reale, vigilando, consigliando,offrendo sostegno, come una vera matriarca.

Durante la Seconda guerra mondiale la suaspontaneità le guadagna immenso affetto da par-te dei sudditi. Si rallegra di un bombardamentonazista su Buckingham Palace, commentando:«Almeno adesso posso guardare in faccia quei po-veracci dell’East End di Londra colpiti dalle bom-be tutti i giorni». Perfino Hitler la giudica un avver-sario temibile: «È la donna più pericolosa per noiin tutta Europa», dice di lei il Fürher, di cui la regi-na ha letto il Mein Kampf, suggerendo però al mi-nistro degli Esteri britannico di non fare altrettan-to: «La lettura potrebbe farla impazzire, e ciò sa-

rebbe un peccato». Fa colazione con Franklin edEleanor Roosevelt alla Casa Bianca, apprezzando«gli hot dog», dopo la vittoria chiede al primo mi-nistro Churchill di organizzare una festa a Londraper i soldati di ritorno dal fronte, «che se lo merita-no», non si fida dei tedeschi, dopotutto le avevanoammazzato due fratelli nella Prima guerra mon-diale, ma è ben felice che sua figlia Elisabetta nesposi praticamente uno, Filippo, imparentato conl’aristocrazia germanica: «So che tu e Lilibeth (ilvezzeggiativo di Elisabeth, ndr) avrete un granderuolo da giocare per il nostro Paese». Non è statopiccolo neanche il suo, ultima regina d’Irlanda(prima che la parte meridionale dell’isola ottengal’indipendenza e proclami la repubblica), ultima

ENRICO FRANCESCHINI

The Queen, quello che le sovrane

I DOCUMENTI

Le lettere e le pagine di diario qui pubblicate sono tratte dal libroCounting One’s Blessings - The selected letters of Queen Elizabeth,the Queen Mother (William Shawcross, Mcmillan): in alcuni casisono corredate da disegni, come l’invito per il Natale del 1937(qui sopra) a sir Molyneux, fondatore del Windsor Wets, societàsegreta di cui la Regina è stata la madrina dal 1931

Quando respingeva la corte

del futuro marito:

“Possiamo essere

buoni amici, vero?”E quando difese i gay

di Buckingham Palace

dal licenziamento: “Si dovrà

organizzare un self-service”

Repubblica Nazionale

Page 3: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

■ 33

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

imperatrice dell’India (prima della decolonizza-zione), ma sempre capace di sorprendere e pre-correre i tempi. La definivano filo-conservatrice,ma una volta confessò a un amico: «Più di tutto mipiace il vecchio Partito laburista». Smentivano chescommettesse sui cavalli, ma si faceva comunica-re in diretta i risultati delle corse nella sua residen-za ed è stata proprietaria di purosangue che han-no vinto oltre 500 gare. Incoraggiava sua figlia du-rante il divorzio di Carlo e Diana e poi alla mortedella principessa («so quanto soffri e per conto mioti stai comportando in modo meraviglioso»), maera l’unico esponente della famiglia reale con cuilady D andasse d’accordo. Quando un ministroconservatore la ammonì a non assumere dipen-

denti omosessuali, rispose spavalda: «Allora aBuckingham Palace dovremmo organizzare unself-service». A un segretario secondo cui i paesi di«non-bianchi» non avevano nulla in comune conla civiltà europea, replicò stizzita: «Io adoro i paesidel Commonwealth, per me sono uguali a noi». Ela risposta migliore alle voci secondo cui alzava unpo’ il gomito (prendeva tutti i giorni un gin tonic acolazione, un martini come aperitivo e due bic-chieri di champagne a cena) la diede a un lunch uf-ficiale in cui l’arcivescovo di Canterbury, a tavoladi fianco a lei, provò a bere dal suo bicchiere di vi-no: «Questo è mio!» lo redarguì, scolandoselo conprontezza. Ed era già quasi centenaria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(segue dalla copertina)

9 FEBBRAIO 1927

Gli indigeni hanno danzato per noi la notte scorsa ed èstato bello e molto interessante assistere alla loro esibizione.Sono di pelle scura, gli uomini piuttosto di bell’aspetto, mamolto malati e muoiono giovani. Invece di essere forti e sanicannibali appartenenti a qualche strana religione e senzaabiti indosso, sono malaticci, tiepidi cattolici della Chiesa diRoma e vestono all’europea. Pare tutto sbagliato, ma le cosestanno così. […]

Panama è stata molto interessante e gli americani la am-ministrano in maniera straordinariamente efficiente. Sonostati davvero molto gentili con noi e non ci hanno fatti senti-re un disturbo. Tuttavia non so che cosa abbia riportato la lo-ro stampa, sicuramente la cosa peggiore che hanno in Ame-rica. Ci sentiamo terribilmente lontani da casa, non abbia-mo notizie a eccezione del solito bollettino, che parla sol-tanto di Cina e di risultati delle partite di calcio.

Spero che vi piaccia tenere con voi la bambina* e che con-tinui a stare bene e tranquilla, senza raffreddori, che posso-no arrecare grandi danni a un bambino piccolo: io sono sem-pre stata attenta che chiunque fosse raffreddato non si avvi-cinasse a lei

(alla Regina Maria dalle Isole Marchesi)

4 SETTEMBRE 1939

Mi sono svegliata presto, intorno alle 5.30. Mi sono detta cheavevo davanti a me ancora poche ore di pace, e a partire daquel momento e fino alle 11 in punto ogni momento è statouna vera agonia! L’ultima mia tazza di tè in tempo di pace!L’ultimo bagno rilassante! [...] Alle 10.30 sono andata nel sa-lottino del re e ci siamo seduti a chiacchierare tranquilla-mente fino a quando alle 11.15 il primo ministro ha manda-to in onda il proprio messaggio da Downing Street. [...] Hitlerquasi certamente sapeva che invadendo la Polonia avrebbedato inizio a una guerra terribile. Che razza di mentalità hamai? Mentre riflettevamo su queste cose, all’improvviso fuo-ri dalle finestre si è sentita l’orribile e agghiacciante sirenache preannuncia i raid aerei. Il re e io ci siamo guardati e cisiamo detti che non era possibile. E invece sì, e con il cuoreche batteva all’impazzata siamo corsi nel nostro rifugio sot-terraneo, sentendoci sgomenti e atterriti, e ci siamo seduti inattesa che le bombe cadessero.

(dal diario personale)

31 OTTOBRE 1940

Perché non hanno sganciato una bomba sull’ambasciata te-desca? Credo che i suoi interni siano diventati davvero mol-to volgari grazie a quell’orrendo Ribbentrop, e quindi nonsarebbe stata una gran perdita. Tutte quelle splendide casedella Corona a Regent’s Park devono essere ricostruite in sti-le Regency. Forse per una volta riusciranno ad abbinare bel-lezza e utilità! […] Che grandi problemi ci aspettano! Prima,però dobbiamo vincere la guerra.

(alla Regina Maria)

27 GIUGNO 1944

Mia adorata Lilibet, Soltanto un piccolo messaggio su una o due cose, nel caso incui io dovessi “restarci”, ed essere colpita dai tedeschi. Iopenso di aver lasciato ogni mia cosa divisa tra te e Margaret,ma sono sicura che tu le lascerai ogni cosa che riterrai op-portuna per lei, per esempio le perle di Mrs. Greville, in quan-to tu avrai quelle della Corona. Pare sciocco scrivere questogenere di cose, ma forse sarebbe più facile per te, mia cara,se io ti spiegassi dei gioielli. Sono sicura che troverai di gran-dissima utilità per qualsiasi difficoltà o problema CynthiaSpencer e Dorothy Halifax, e naturalmente la Nonna!! Spe-riamo che non ce ne sia bisogno, ma io sono certa che tu fa-rai sempre ciò che è giusto. Ricordati di tenere a freno il tuocarattere, di rispettare la parola data e di essere dolce e ama-bile.

Mamma(alla principessa Elisabetta)

28 MARZO 1964

Sono sempre molto sfortunata con i drink! Forse perché so-no considerata una fragile invalida, mi danno sempre deli-ziosi drink a base di frutta e così poco alcol che ci si sente su-bito male. E quando poi chiedo timidamente se possono dar-mi un goccetto di gin, ne versano troppo e devo chiedere al-tro ghiaccio per impedire che la gola mi bruci e si ricomincia!

(alla Principessa Margaret)Traduzione di Anna Bissanti

Se dovessi restarci secca,dividete così i miei gioielli

ELIZABETH BOWES-LYON

© RIPRODUZIONE RISERVATA

non diconoLE IMMAGINI

Dall’alto in senso orario:

la Regina madre

con i veterani di guerra

nel 1966; Albert ed Elisabetta

il giorno delle nozze,

con i genitori della sposa

(a sinistra) e dello sposo

(a destra); Giorgio VI

ed Elisabetta con le due

figlie a Windsor nel 1940;

Elisabetta a Loughton

nel 1923; una giovane

Elisabetta nel 1922

legge un telegramma

di congratulazioni

per il suo fidanzamento;

la coppia reale (al centro)

con Elisabetta e Margaret

bambine nel 1952; la Regina

madre a passeggio con amici

a Balmoral in Scozia nel 1963

IL PERSONAGGIO

L’INFANZIANona di dieci figli,

Elisabetta Bowes-Lyon

nasce nell’agosto

del 1900: educata

da una governante

fino a otto anni,

ama lo sport e la vita

all’aria aperta

L’AMOREDal 1921 il principe

Alberto inizia a farle

la corte. Lei lo rifiuta

a lungo insofferente

delle restrizioni

di palazzo. Lui insiste

e nel 1923 lei gli dice

finalmente sì

IL MARITO REQuando nel 1936

Alberto diventa re

col nome di Giorgio VI

Elisabetta sceglie

con determinazione

un terapista fuori

dalla norma per curare

la balbuzie del marito

LA GUERRADurante la Seconda

guerra mondiale

si rifiuta di lasciare

Buckingham Palace

anche sotto le bombe

Per Hitler è «la donna

più pericolosa

d’Europa»

IL CENTENARIORimasta vedova nel ’52

assume il titolo

di “regina madre”

Per il suo centesimo

compleanno viene

organizzata nel 2000

una grandiosa parata

Muore a 101 anni

Repubblica Nazionale

Page 4: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 34

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

L’attualitàSegni dei tempi

Adesso si chiamano emoti-con, smiley o anche faccet-te e li si data a trent’anni fa,nel 1982. Il mito fondativoviene ambientato alla Car-negie Mellon University di

Pittsburgh (Pennsylvania): il professorScott Fahlman propose la sequenza :—)per marcare i messaggi scherzosi nelle ba-cheche elettroniche pre-Internet. Lamancanza di segnali di ironia, infatti, ave-va già creato diversi equivoci e risenti-menti nell’informalità di quelle formepionieristiche di scrittura.

Con l’introduzione di :—) e del suo con-trario :—( il più era fatto: si era stabilito cheil segnale dovesse arrivare dopo il mes-saggio, come accade con gli interrogativie gli esclamativi (con l’importante ecce-zione spagnola) e si era trovata la conven-zione della rotazione di novanta gradi deltesto, o della testa (del lettore). In realtàora esistono anche emoticon che non ri-chiedono rotazioni, di provenienza sem-bra giapponesi: per significare “allegro” sifa così: (^—^).

Da lì le faccette si sono diffuse ovunque,la cosa è piaciuta molto: dal sorriso e dalbroncio si è passati a rappresentare ilpianto, la pernacchia, la vergogna, l’oc-chiolino, lo stupore, la perplessità, la noia,l’ira; quindi si è trovato l’equivalente di“cuore” (è questo: <3 e potrebbe valereanche per “cono gelato a due palle”) e si èpassati a oggetti e animali, su più righe econ uso di parecchio spazio. A quel livellodi complessità l’emoticon è partedell’“Arte ASCII” (dal nome dello stan-dard di codifica dei caratteri).

Internet è piena di liste che spiegano ilsignificato, spesso criptico, degli emoti-con. Se da un lato i programmi di scrittu-ra traducono automaticamente la se-quenza di caratteri in un’icona vera e pro-pria (per :—) il tipico sole che ride), a volteanche animata, e quindi di interpretazio-ne più semplice, dall’altro lato la quantitàdi emoticon esistenti rende necessarioavere prontuari che sciolgano i dubbi. Sequalcuno si rivolge a voi con l’emoticondel maiale :@) è il caso che lo sappiate.

Che gli emoticon prima o poi sarebbe-ro stati inventati se lo era già immaginatoJean-Jacques Rousseau che, nel suo Sag-gio sull’origine delle lingue, lamentaval’assenza di un «punto vocativo» (per di-stinguere dai casi in cui si nomina qualcu-no quelli in cui lo si chiama) e anche di unsegno grafico per manifestare l’ironia«quando il tono della voce non la fa senti-re». Più vicino, nel tempo, alla trovata diFahlman, Vladimir Nabokov nel 1969

aveva dichiarato di sentire la mancanza diun segno di «sorriso», che si immaginavaproprio come una parentesi «supina», perrispondere alla domanda di un intervista-tore: «Quale posizione assegna a se stessofra gli scrittori viventi e quelli del passatoprossimo?». Rousseau aveva notato: «Di-cendo tutto come se si scrivesse, non fac-ciamo altro che leggere parlando». Bene,è proprio quanto faceva Nabokov, che sidescriveva così: «Penso come un genio,scrivo come uno scrittore di prima scelta,parlo come un bambino», e infatti rila-sciava interviste solo per iscritto (anche intv! Costrinse Bernard Pivot a un’ora di in-tervista segretamente sceneggiata in anti-cipo).

Ma questo è anche l’esatto contrario diquanto facciamo noi, che scriviamo tuttocome se lo dicessimo. Tramite gli emoti-con e altri espedienti grafici cerchiamo difare passare le nostre inflessioni di vocedalla tastiera. Cantiamo, e allora allun-ghiamo le vocali («Caro aaaaamico tiscriiivooooo»). Urliamo, e allora SCRI-VIAMO A TUTTE MAIUSCOLE aggiun-gendo una fila di esclamativi!!!!!! Ridiamo,e allora ricorriamo a un “gesto” alfabetico,la sigla LOL che sta per “Laughing OutLoud”, “scoppiando a ridere”. Gli emoti-con si inseriscono in questa corrente diespressività grafica. Nei fumetti si usanoda sempre teschi e fulmini per simboleg-giare le imprecazioni e quando Tex fa apugni può comparire un angioletto chesuona l’arpa in un tripudio di uccellini at-torno all’avversario knock-out. Ma anchenello scritto si sono sempre usati espe-dienti del genere. Chiunque si ricordi diaver ricevuto un proprio compito corret-to dal professore ha ben presente le ine-quivocabili possibilità espressive insitenelle sottolineature, nei punti esclamati-vi o interrogativi raddoppiati o triplicati,nella profondità con cui la biro ha calcatole parole, segno dell’irritazione che prelu-de al votaccio.

Qualche anno prima che le bachecheelettroniche della Pennsylvania incomin-ciassero a grondare di strane accozzagliedi simboli (da interpretare mettendosistorti come guardando coste di libri rittisullo scaffale), negli zaini degli studentiitaliani comparve un’agenda: la Smemo-randa. Fra le ragioni del suo successo c’e-ra certamente il fatto di avere le pagine aquadretti: si era liberi di scrivere ingran-dendo o diminuendo i caratteri, le ragaz-ze trasformavano in cuori i punti sulle i oin facce ridenti i tondi delle o, si alterna-vano pennarelli a colori diversi; tutta unamicro-creatività verbovisiva, magari inparte già sperimentata nei tazebao o suimuri, trovava il suo supporto privato, giu-

L’invasionedegli emoticon

In principio furono soltanto sorrisi :-) e bronci :-(

Poi arrivarono lacrime, pernacchie, occhiolini, sguardi perplessi o annoiati,

vergogna e stupore. Oggi, a trent’anni dalla loro comparsa nelle nostrevite, le “faccette” sono entrate a far parte del linguaggio globale

delle tastiere. Peccato che non sempre si capisca quello che hanno da dire

STEFANO BARTEZZAGHI

Sì, sono io l’inventore delle fac-cine. O almeno uno degli in-ventori. Nei primi anni Ottan-

ta la comunità di informatica all’U-niversità Carnegie Mellon facevaun uso massiccio di bacheche vir-tuali. Buona parte dei messaggi era-no scherzosi, o cercavano di esser-lo. Il problema era che, se qualcunofaceva un commento ironico, queipochi che non coglievano lo scher-zo rispondevano con lunghissimepolemiche. Così pensammo cheforse sarebbe stata una buona ideaindicare esplicitamente i post danon prendere sul serio. Molti poihanno attaccato la mia trovata, so-stenendo che i grandi scrittori nonavrebbero mai avuto bisogno di eti-chettare i propri commenti sarca-stici. E in linea di massima sonod’accordo. Ma lasciatemi dire unpaio di cose in difesa: innanzitutto,non tutti quelli che scrivono posthanno l’abilità letteraria di Shake-speare e Twain, e anche quei genicomunque potevano incappare inuna giornata storta. Se Shakespea-re avesse dovuto buttar giù una ra-pida nota per lagnarsi della scarsez-za di parcheggi intorno al GlobeTheatre, l’avrebbe fatto nella no-stra stessa sciatta prosa. Secondo, epiù importante: se l’uno per centodei lettori di un racconto, stampatoal tempo in centomila copie, noncoglieva l’ironia e rimaneva offesoda ciò che aveva letto, non c’era nul-la che questi stupidi potessero fareper rovinare il divertimento all’al-tro 99 per cento. Pensate se avesse-ro invece potuto diffondere le lorostucchevoli repliche nella medesi-ma modalità dell’opera originale.E, inoltre, qui si parla di scritturainformale su Internet, mica di ca-polavori relativamente inaccessi-bili al grande pubblico.

(www.cs.cmu.edu/~sef/sefSmiley.htm)

Un paio di cosea loro difesa

SCOTT E. FAHLMAN

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’inventore

Repubblica Nazionale

Page 5: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

■ 35

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

Se qualcuno si rivolge a voi

con due puntini,

una chiocciola e la parentesi

beh, sappiateche vi sta dando

del maiale

sto in tempo per i prossimi rintocchi del ri-flusso. A questo “scrivere disegnando”corrisponde poi, e da sempre, il “disegna-re scrivendo” degli alfabeti figurati (neicapolettera dei manoscritti, per esem-pio), con lettere costituite da figurine dipiante, animali, persone nelle più inge-gnose posizioni (anche erotiche). Né vatrascurata l’arte di compiere opere usan-do la macchina da scrivere, che ha proba-bilmente il suo supremo interprete italia-no in Massimo Kaufmann: bellissimo ilsuo ritratto dattilografico di James Joyce.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ILLU

ST

RA

ZIO

NE

BR

AD

BU

RY

TH

OM

PS

ON

PE

R W

ES

TV

AC

O IS

PIR

AT

ION

, 1952. IN

FO

GR

AF

ICA

DI A

NN

ALIS

A V

AR

LO

TT

A

L’emoticon semplice, invece, è ancorain equilibrio tra scrittura e figura: tende algeroglifico e alla scrittura pittografica maritorna subito al codice verbale: il suocompito è fare la parte della voce nel dareforza emotiva all’invarianza dei caratterigrafici. Compare in quelle zone di confinein cui si scrive come si parlerebbe, in cuioccorre dare da vedere all’interlocutore ilsorriso che, de visu, lo rassicurerebbe sul-la benevolenza dei nostri scherzetti ver-bali. Un espediente umano, l’emoticon,alla fine dei conti.

Repubblica Nazionale

Page 6: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 36

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

Il raccontoColum McCann

Ogni mattina di Natale di oggi tra-bocca di ogni mattina di Natale diieri, e nell’antico misterioso di-spiegarsi della memoria non rie-sco a soffermarmi su un unico mo-mento nel quale tutto prese forma

— ma questa è la storia di un Natale di periferia,un Natale dublinese, un Natale in una casa conquattro camere da letto, nella quale ho trascorso iprimi vent’anni di vita e dove, a distanza di venti-tré anni, ritorno ancora, indipendentemente dadove mi capiti di essere. In questa storia non ci so-no campanili ricoperti di neve, o cavalli dalle zam-pe lunghe in campi recintati da muri di pietre, otempeste di neve che ci confinino in casa, o stu-fette elettriche, o terrificanti ascensori non fun-zionanti, o suicidi, o zie pazze che lasciano cade-re sigarette accese tra le plissettature del divano.Questa è la storia di un Natale ordinario in una ca-sa ordinaria in un ordinario periodo di quellostraordinario incantesimo chiamato infanzia.

Lo scrittore irlandese Ben Kiely una volta hadetto che ogni angolo è un mondo intero. Il miomondo all’epoca, agli inizi degli anni Settanta, erala casa all’angolo tra la Clonkeen Road e SouthPark, vicino a Deansgrange, nella quale ero solitopensare che non potesse accadere nulla di male o,che se mai fosse accaduto qualcosa di male, a menon m’avrebbe toccato granché. Ho avuto quellache suppongo sia la peggiore infanzia per unoscrittore. Un’infanzia felice.

Destandosi dalla fredda oscurità dei giorni in-vernali, la Vigilia si dischiudeva nel Giorno di Na-tale come il guizzo d’allegria di un delfino. Dal ce-spuglio del giardino davanti alla casa si tagliava-no rami d’agrifoglio. Si attaccava il vischio sullaporta d’ingresso con il nastro adesivo — a otto an-ni vi passavo sotto ma di lato, pensando che di-versamente avrei dovuto baciare le mie sorelle. Ilpostino arrivava recapitando di continuo bigliet-ti d’auguri da appendere. E li si appendeva afestoni di carta crespa tutti in giro per casa.Il tacchino, almeno lui, mi regalava un bri-vido d’avventura: per quanto fosse morto,era nondimeno indispensabile tagliargli ilcollo e per far ciò lo si portava nel giardinosul retro, lo si sistemava su un ceppo dilegno e di tutto il resto si occupava miopadre. Noi sbirciavamo giù dalla fessu-ra tra le tende del piano di sopra. Sus-surravo a mio fratello che sul ceppo dilegno in verità c’era il suo, di collo… Oera mio fratello maggiore a bisbigliar-melo? Finalmente il tacchino venivaportato in casa e lasciato cadere nel la-vello in cucina — a quel punto si scher-zava sul fatto che lo si dovesse farcire.

Arrivava la vigilia di Natale, e l’oscu-rità cadeva con un rumore sordo. Si do-vevano lucidare le scarpe. I pudding fat-ti in casa dovevano passare dalla menso-la superiore alla mensola inferiore. Lemince pie (tortine tradizionali di Natale,ndt) venivano disposte nelle scatole deibiscotti. Dalla stanza sotto le scale si tiravafuori la torta accuratamente glassata. Io do-vevo fare il bagno, chi l’avrebbe mai detto, ilsecondo in una settimana, e senza mugugna-re. Poi, a passi felpati, scendevo le scale avvoltonel mio caldo e soffice pigiama per scrivere la let-tera a Babbo Natale. Caro Babbo Natale, voglio lamaglia degli Stoke City e la pace nel mondo. La-sciavamo tre mince pie su un piattino, un po’ ditorta, e versavamo una dose abbondante di whi-sky. A me piaceva moltissimo l’etichetta di quellabottiglia, con tre cigni in volo, e mentre risalivo lescale riflettevo: avevo capito perché Babbo Nata-le era grasso, ma come faceva a non ubriacarsimai? Erano domande come queste a tenere occu-pata la mia mente, a farmi andare a letto abba-stanza sicuro che mai e poi mai mi sarei addor-mentato, mai, perché fuori i campanelli tintinna-vano, mai, perché al piano di sotto le assi di legnoscricchiolavano, mai, perché… mai, mai…

Il giorno di Natale sorgeva da una sottile coron-cina di stelle sulla nostra periferia. Tirate via le len-zuola, camminavo in punta di piedi sul freddo pa-vimento della camera da letto. Fuori l’erba era ba-gnata di rugiada e non c’era traccia di neve, ma cheimportanza aveva? «Mamma! Papà! È Natale!».Nello scendere le scale io e mio fratello più picco-

L’AUTORE

Colum McCann,

47 anni, di Dublino,

è considerato

uno dei più

importanti scrittori

di lingua inglese

Con Questo bacio

vada al mondo intero

(Rizzoli) ha vinto

il National Book

Award 2009

Un felice Natalenon ho mai volutoniente di piùCOLUM McCANN

Repubblica Nazionale

Page 7: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

■ 37

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

“La pancetta sfrigolava, i caloriferi facevano un rumore

secco, il pavimento di legno scricchiolava, la casa iniziava

a scaldarsi, e noi bambini saltellavamo ovunque

come preghiere durante un raid aereo”

Dalla periferia di Dublino ai grattacielidi Manhattan uno scrittore ricorda i suoi ordinari e incredibili giorni di festa

DIS

EG

NO

DI R

ICC

AR

DO

MA

NN

ELLI

© RIPRODUZIONE RISERVATA

to tirava fuori una sciarpa dei Bay City Rollers, chil’avrebbe mai detto.

Non esistono giorni più pieni di quelli ai qualitorniamo con la memoria. Tutti quei Natali con-fluiscono uno nell’altro e la mia memoria è ad-dobbata da una serie di specchi che diffondono laluce in camere di suoni e colori — il blu del cielo(anche quando non era blu sembrava blu), i pen-tolini di legno che lanciavano striature rosse sulfuoco, il fruscio dei ridicoli cappellini gialli di car-ta all’ora di cena, mia madre che canta ai fornelliThe Boys Are All Mad About Nelly, il tavolo della sa-la da pranzo perfettamente apparecchiato, le po-sate d’argento che vedevamo soltanto una voltal’anno, gli scherzi dentro le buste dei petardi, e lealtre burle via via che la cena andava avanti, la lu-ce fuori che poco alla volta si smorzava, le battutee le risate che infine si spegnevano in un silenziodenso verso le tre del pomeriggio, quando ci ap-poggiavamo gli uni agli altri come vecchi coper-toni, satolli di tacchino e salsa e zuppa inglese eDio solo sa quante fette di pudding di prugne. Etuttavia, c’era ancora abbastanza spazio per rom-pere il sigillo della scatola delle caramelle QualityStreet, e poi inserire le batterie nel gioco delle cor-se dei cavalli, e la giornata pareva allungarsi anco-ra, farsi di così tante ore che quello sembrava ungiorno senza fine, interminabile, elastico.

Come l’immagine persistente di una luce cheriesco a vedere soltanto chiudendo gli occhi,guardo di sfuggita la mia infanzia così come fu, efu buona, e fu viziata, e fu sicura, e fu generosa,quando non ci mancava l’armonia delle cosesemplici, quando la felicità veniva da noi senzache la chiamassimo, quando non c’era fine a ciòche potevamo immaginare, e perfino Babbo Na-tale ci portava una speranza di pace. Risaltano ebrillano ancora adesso quei giorni di Natale, sen-za spiegazione, senza disperazione, o rivelazioneo dubbio… Forse, descrivere tutta quella felicità èun po’ come diminuirla, basti dire che al terminedella serata ci addormentavamo e sognavamo.

I miei Natali ora sono diversi, naturalmente. Vi-vo a New York e sposandomi sono entrato a farparte di una famiglia che mantiene tradizioni ita-liane. Alla vigilia di Natale impastiamo la pasta amano, formiamo piccole palline per i capiletti (icappelletti, ndt), ripieghiamo la pasta in piccolicappellini e facciamo il brodo. Si tratta di qualco-sa che ho imparato a perfezionare e festeggiare. Imiei Natali si sono dilatati. Includono un altrove.Suppongo che da questo punto di vista siano sem-plicemente un riflesso della vita stessa. Eppure, inqualche modo, la mia memoria torna sempre in-dietro, all’essenziale.

Mio padre un giorno mi disse che il più bel re-galo che avesse mai ricevuto da bambino, neglianni Trenta, era stato un asino bianco. Però vive-vano in una piccola casetta a Foxrock e non ave-vano posto per tenere quella bestia. Tre giorni do-po Natale l’asino era stato rivenduto. Fu un rega-lo soltanto per tre giorni, ma a mio padre questonon interessava, e non era interessato neanchequando i soldi della vendita andarono a finire nel-le tasche di mio nonno. Quanta bellezza e tristez-

za passeggera: un mondo intero in ogni ango-lo. Tuttavia non ho mai pensato che quel re-galo, o quella storia, o persino quell’asinosiano semplicemente finiti così. Al contra-rio, mia madre e mio padre ci hanno porta-to quello stesso dono tutti i Natali che ci han-

no regalato. Mi sono chiesto a lungo come possa ringra-

ziare i miei vecchi per quei giorni nei sobborghiperiferici senza problemi di Dublino, ma negli ul-timi anni ho capito che non esiste un modo perringraziarli davvero, se non cercare di far vivereNatali così ai miei figli, in quelli che spero saran-no (per lo meno per loro) i grattacieli senza pro-blemi di New York, così che si piantino nella loromemoria e siano poi tramandati…

Talvolta, nelle fredde giornate nevose, sono si-curo di sentire gli zoccoli di un asino bianco che facloppeti-cloppete all’estremità di Central Park, eperché non dovrebbe essere così? Ogni mattina diNatale di oggi trabocca di ogni mattina di Nataledi ieri…

Traduzione Anna Bissanti © Colum McCann, 2012. All rights reserved

benedica, non soltanto si era mangiato le tortine,ma si era preso anche debita cura del bicchierecolmo di Powers. Babbo Natale aveva anche la-sciato un biglietto di ringraziamento, e io iniziavoa spiccare salti di gioia tutto intorno con addossola mia maglia degli Stoke City, strillando che erostato un bravo bambino, dopo tutto, chi l’avreb-be mai detto, lo ero stato davvero.

La mattina di Natale i caloriferi bianchi faceva-no un rumore secco, e la casa iniziava a scaldarsi.Saltellavamo ovunque come preghiere duranteun raid aereo, il che ci rammentava, purtroppoche dovevamo andare a messa prima di aprire glialtri regali. Gesù Bambino era stato deposto nelpresepe. I tre re magi posizionati. Indossavamogli abiti migliori, accuratamente stirati, e usciva-mo in massa nel mattino ancora buio, in un fred-do tale da rendere insensibili le nostre guance.Tutti e sette saltavamo a bordo della Vauxall Vic-tor dorata, senza cinture di sicurezza, senza seg-giolini per bambini, e sì, con quei sogni da delfinosul resto di quella giornata. Era una messa moltomattutina, a Cabinteely, alle otto in punto. PadreGeorge era famoso per velocità fulminea e scon-trosità e per tutto il tempo dell’omelia noi sogna-vamo i regali sotto l’albero. Il prete borbottava convoce monotona parole che non capimmo mai.Più tardi, la luce aveva quella qualità che nessunaoscurità potrebbe mai uguagliare. Ce la svignava-mo attraversando Cabinteely Village diretti allamacchina, saltavamo dentro e chiacchieravamoe scherzavamo per tutto il tragitto fino a casa.

A colazione, a Natale, era tempo di fissare le lan-cette dell’orologio. La pancetta sfrigolava. Le uo-va. Il tè fumante. Il pane spalmato con troppo bur-ro. Ma stranamente non c’erano calci sotto al ta-volo, nessun rutto tra un piatto e l’altro, nessunaleccatina per dispetto al cucchiaino del fratello odella sorella seduti di fronte; in casa c’era armo-nia, perché ci libravamo nell’aria nell’attesa deiregali disposti uno sull’altro in questo o quel mo-do sotto l’albero dai rami spioventi. «Andiamo!».E ci radunavamo tutti in cerchio, aprendo i regaliuno alla volta. La felpa arancione di gran moda(così per lo meno credevo). L’abbonamento an-nuale alla rivista di calcio The Shoot!, e il libro sulcalcio Roy of the Roverse una nuova squadra per ilSubbuteo. Una bicicletta per Ronan. Un profumoper Siobhan e una piccola tiratina d’orecchie perdirle che avrebbe emanato un buon odore. Unbuono per Sean da spendere da Dolphin Discs. El’urlo di gioia di Oonagh mentre dal suo pacchet-

lo, Ronan, saltavamo almeno diciotto gradini allavolta… Bella impresa davvero, tenuto conto chece n’erano soltanto quattordici. E poggiavamo ipiedi sul freddo linoleum della cucina, senzascarpe, senza calze, senza pantofole. Intorno a noitutta la casa crepitava risvegliandosi. Mio fratellomaggiore Sean scivolava giù lungo la balaustradelle scale. Le mie sorelle più grandi, Siobhan eOonagh, di lì a poco si sarebbero messe a litigarefino alle lacrime contendendosi il bagno, ma peril momento giocavano ancora a nascondino conil sonno. Ronan e io salivamo le scale per spaven-tarle. «Svelte! Svelte! È Natale!».

Mamma e papà iniziavano a muoversi in queldelizioso silenzio che li avvolgeva ogni mattina diNatale, e scendevano le scale in vestaglia, per ac-compagnare me e Ronan accanto al caminetto.Ce n’era uno solo, ma aveva due aperture in stan-ze diverse. All’inizio c’era un po’ di commedia,perché Babbo Natale aveva il vizio di cambiare la-to ogni anno — «Oh, no! Babbo Natale non è ve-nuto!» — ma poi giravamo l’angolo, dove, dio-lo-

Repubblica Nazionale

Page 8: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 38

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

SpettacoliBuoni a tutto

© RIPRODUZIONE RISERVATA

opolinoè un topo, Paperino un papero, Pluto un cane. Mache diavolo è Pippo?». Il dubbio è tardivo: l’interrogativo diGordie in Stand by Medi Rob Reiner scocca nel 1986, quan-do il personaggio, nato ottant’anni fa, ha già supera-to il mezzo secolo di vita a matita. Personaggioquasi subito plurale, d’identità elastica, multi-pla, mimetica, al di là del ruolo da sempre uf-

ficiale di amico fedele di Topolino, Pippo è l’eterno mutante nel-l’immobile universo Disney. A partire dalla doppia anagrafe: tra2012 e 2013, Pippo festeggia due volte ottant’anni. Nato il 25maggio 1932 dalla matita di Wilfred Jackson (quattro cartoon inpochi mesi, riproposti a Torino da “Sottodiciotto” per una fe-sta coi fiocchi), è rinato, l’8 gennaio 1933, nei fumetti, disegna-to dal grande Floyd Gottfredson. Non è che un primo sdop-piamento, seguito da continui singulti dell’io e infiniti trave-stimenti, culminati nel 1976 nella serie Pippo scopre... diHoward-Urtiága, dove entra nella pelle di big della storia: Co-lombo, Newton, Galileo, Beethoven, Gutenberg, Casanova.In uno dei periodici ritorni al grande schermo, nel 1983, Pip-po diventa nel Natale di Topolino, da Un canto di Natale diDickens, addirittura il fantasma di Jacob Marley: a modosuo, con cialtronerie da brivido. È in questi viavai con il pas-sato e la letteratura che Pippo mette su famiglia: anch’essacangiante e mobile, spesso del tutto occasionale, a diffe-renza dei definitivi nuclei domestici di Casa Disney, co-me la coppia Topolino-Minnie («Nella finzione fannoi fidanzati, ma nella vita reale sono sposati», assicura-va Walt Disney) o la solida genealogia Paperon de’ Pa-peroni/ Paperino-Paperina/ Qui Quo Qua (che avevasollevato le comiche perplessità di Claudio Bisio —tutti zii: e i genitori? — in un monologo degli esordi).

Nella moltiplicazione di sé, Pippo, più che un cuccio-lone, è una chioccia. Eccolo, ai tempi di Indiana Jones, af-fiancato di colpo da un cugino avventuriero, Indiana Pipps,nell’omonima striscia del 1988 di Sarda-Uggetti. I fumetti rigur-gitano di cugini scapicollati e parenti terribili, tra cui un fratello selvaggio nel Pip-potarzan di Romano Scarpa. E le fidanzate? Qui, come c’era da aspettarsi, Pippo èun S. o. s. Ai primi palpiti del cuore, tenta di sedurre una polena nei Costruttori dinavi (1938) o la statua del tempo nei Pulitori di pendole (1937), dove finisce comeHarold Lloyd sospeso alle lancette nel vuoto. Dal 1966, per un decennio, riesce aavere persino una fidanzata, Gloria, che gli hanno trovato i disegnatori Del Con-nell e Gottfredson: una topina più antropomorfica di Minnie, che diraderà però

sempre più le visite, fino a sparire nel 1995. In assenza apparente di dolci metà, non mancano figli e nipotini: la cucciolata,

sia di cartoon che a fumetti, è rigogliosa. Forse più cloni che prole, moltiplicazionefatale dell’everyman, l’uomo qualunque. Al figlio che gli gironzola attorno dagli ini-zi, s’aggiunge nel 1954 un nipote, Gilbert, cui segue, nel 1979, mandato allo sbara-

glio da Disney nelle campagne pubblicitarie di sport, un cugino che nel 2000 fi-nirà per far tutt’uno con il prototipo. Altro figlio, Max, in una serie tv anni

’90, sviluppata in due lungometraggi, Pippo e Max(1995) e Pippo e Max2: Gli sport estremi (2000). Ma fin dal 1942, a soli dieci anni dalla na-

scita, Pippo gioca a baseball, il film della serie How to... (Comesi fa a...), ne inaugura la riproduzione collettiva: i perso-

naggi sono tutte varianti del protagonista. Un intero po-polo di Pippi, riverbero e epidemia dell’uomo senzaqualità: sposato, padre di famiglia, assediato dai pro-blemi quotidiani. Tocca ai disegnatori italiani ridare alsub-eroe autonomia e unicità (sia pure comiche): Lu-ciano Bottaro nella serie con la strega Nocciola, Giam-piero Ubezio in Il nome della mimosada Umberto Eco.Anche da protagonista, resta però una funzione: l’ami-

co di Topolino (suo solo rivale Pluto, altro cane), dili-gente capro espiatorio nei corti di propaganda anti-nazi

nella Seconda guerra mondiale, fantasmagorico istrutto-re-cavia nei corti didattici (lo spassoso ralenti di Come si fa

a... cavalcare, con tutte le posizioni possibili tranne quella giu-sta, perfetta dimostrazione di come non si fa), eterno Dr. Wat-

son nelle numerose indagini condotte da Topolino. In que-sto ruolo perennemente vicario c’è lo zampino dello stes-

so Disney, al quale Pippo non è mai andato giù per la suapersonalità slabbrata, d’evanescente realismo: secon-do il biografo Neal Gabler, a persuaderlo era stata la ri-sata stupidona appiccicatagli da Pinto Colvig e avevarinunciato a cancellarlo dal suo bestiario di cartoon so-

lo per non togliere lavoro ai suoi animatori. Inviso apapà Disney, Pippo è andato avanti imperterrito, ob-bediente e placido, costruendosi nell’omologazionela sua diversità, nella moltitudine la sua solitudine.

Palpebre a mezz’asta, andatura flip-flop, dentro pan-taloni cascanti al ginocchio nel vano tentativo di coprire i

calzini, risata stupidona inventata dall’attore Pinto Colvig, Pippo ha alla fine mes-so perfettamente a fuoco la sua natura sbilenca ma inafferrabile, perché appartie-ne a tutti e a nessuno. Filosofo alla giornata, avrebbe potuto far parafrasare Sartre:«Pippo est un autre».

«T

L’anti-eroeche Disneynon amò

È l’eterno mutante nell’immobile

universo di Topolino

ma in ottant’anni

s’è costruito un ruoloEuna famiglia indecifrabile

e sconclusionata quanto lui

MARIO SERENELLINI

Repubblica Nazionale

Page 9: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

■ 39

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

EVOLUZIONI

Nelle immagini qui sopra in senso orario: Pippo, Topolino

e Paperino in Gli scacciafantasmi (1937); Pippo in Due

settimane di vacanza (1952); con Paperino nel Far West (1965);

con Topolino e Paperino nel film I tre moschettieri di Donovan

Cook (2004). Infine, Pippo “sballato” nelle celebri strisce

in bianco e nero di Andrea Pazienza

BIANCO E NERO

I disegni che illustrano

queste pagine

sono presi dal libro

The Illusion of Life:

Disney Animation

di Frank Thomas

e Ollie Johnston

Nella pagina accanto

al centro, Pippo

in versione primitiva

all’esordio nel mondo

dei fumetti

Pippo Cocusantenato

Pippus Augustusantenato

Timoteo De Pippistrisavolo

Sport Goofycugino

Maxfiglio

Gilbertonipote

Nel suo essere, al tempo stesso, un aso-ciale e un mite, un trasgressore e un bo-naccione, Pippo è una specie di pionie-

re delle “good vibrations” degli anni Sessanta,un fricchettone ante-litteram. Lo aveva capitoAndrea Pazienza (“Perché Pippo sembra unosballato”) che, con immaginabile sconfortodella Disney e del suo perbenismo, lo incor-porò d’arbitrio nel Movimento, lo ridisegnò ag-giungendogli sul viso un fitto reticolo di rughee gli fece fumare di tutto.

Pippo non ne avrebbe avuto bisogno. Era già“sballato” di suo fin dalla nascita. Un america-no non abbiente, incapace di tutto, dalla logicaincongrua (ai limiti della demenza), un vero an-ti-eroe come i grandi comici, ma nella sostan-za un vincente (a differenza di Paperino, l’altrogrande disadattato del mondo Disney) capacedi passare indenne attraverso ogni genere dirovesci e pericoli. Non perché più forte del de-stino contrario, ma perché non se ne accorge.La simpatia istintiva, travolgente che Pippo su-scita in chiunque discende dalla sua serenitànella catastrofe. Non si ha memoria di un Pip-po triste o depresso. Pippo è la dimostrazioneche ogni crisi può essere messa in fuga con unostratagemma formidabile: non riconoscerla.

Ognuno di noi ha almeno un amico, a volteirritante a volte prezioso, che assomiglia a Pip-po, che ragiona e vive come Pippo. Uno che secade il governo non lo sa, che non legge i gior-nali, che ha la mail fuori uso, che se scoppia laTerza guerra mondiale è sicuramente a pesca-re, e quando la Bomba cadrà tu vivrai con an-goscia tutte le breaking news che ne accompa-gnano la traiettoria, lui non ne saprà niente, vi-vrà felice e ignorante. Quel vostro amico pip-poide, nove volte su dieci, lo maledite. Pensateche la sua asocialità sia insopportabile, e col-pevole. Ma alla decima, vedendolo del tuttoimmune alle ansie comuni, largamente al di so-pra o al di sotto del livello medio di cattivo umo-re, vi viene il dubbio che abbia ragione lui.

Pippo non ha coscienza sociale di Topolino),non si oppone come Paperino alla sorte avver-sa: Pippo ha la smisurata umiltà (o forse pre-sunzione) di bastarsi, di vivere nel suo mondofatto di “yuk yuk!”, di braghe deformi, scarpebucate, gilet striminziti. In una casa minima,disordinata, con l’abat-jour cadente e le tenderappezzate, ma forte della sua invincibile di-strazione. Non partecipa, Pippo, alla corsa albenessere, è disinteressato alla rispettabilitàsociale, e la famosa e nobile raccomandazionekennediana («Non chiederti che cosa fa il tuoPaese per te, chiediti che cosa fai tu per il tuoPaese») nel suo caso non ha senso, perché luinon si è mai sognato di chiedere qualcosa al suoPaese né lo sfiora l’idea di dovergli dare qualco-sa. Pippo non ha debiti e non ha crediti.

Il Pippo che è in noi ci induce a sospettare, al-meno ogni tanto, che viviamo troppo carichi dibisogni e di responsabilità. Nella migliore del-le ipotesi, Pippo è un eccellente testimonialdella decrescita felice, uno che del Pil e dellospread neppure sospetta l’esistenza. Nellapeggiore è un caso umano, un drop out che nonlascerà tracce, se non nella sua propria conta-giosa allegria di stare al mondo..

Il nostro amicosballato e contento

MICHELE SERRA

PRIMO

Sotto, Pippo in una scena

del primo film in bianco

e nero del 1932

Pippilde De Pippis Pippone Pipps Filiberta Pipps

Dakota Pippstrisavolo

Ebenezer De Pippis

Pippart, Tessy, Peppazie

Amos de Pippispadre

Pilberta Pippsmadre

Texas Pilippa Nasovolfzia

Indiana Pippscugino

Pippandasorella

Pappofratello

Georgefiglio

Pippo

nonni

SUPER

A destra, in versione

Superpippo e con il figlio

Max in una serie tv anni ’90

FO

TO

EV

ER

ET

T

FO

TO

MO

ND

AD

OR

I

© RIPRODUZIONE RISERVATA

nonni

Repubblica Nazionale

Page 10: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 40

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

NextNel carrello

LE 4 CATEGORIE

«Per te, John Anderton, il 40per cento di sconto su tuttigli articoli!». «Quello che tiserve, John Anderton, è unabella vacanza». Andrà cosìtra qualche anno? Entrere-

mo in un centro commerciale, come il protagoni-sta di Minority Report, il film di Steven Spielbergtratto da un racconto di Philip Dick, i cartelli pub-blicitari interattivi ci faranno una scansione dellaretina, e a quel punto partiranno a raffica le offertepubblicitarie personalizzate? Nel 2002, anno diuscita del film, uno scenario di questo tipo era pu-ra fantascienza. Oggi ancora non c’è la scansionedella retina, ma in diversi supermercati Auchan inFrancia è stata avviata la sperimentazione del pa-gamento attraverso l’impronta digitale. Ma ciòche sta rivoluzionando veramente le modalità del-lo shopping è la sempre maggiore personalizza-zione dell’offerta: la clientela viene accuratamen-te segmentata e riceve direttamente sullosmartphone sconti, coupon e volantini digitalicoerenti con il proprio reddito e le proprie abitu-dini di spesa. «Le nostre app permettono al gesto-re del punto vendita di lanciare l’offerta al clientevia mobile prima, durante e dopo la fase d’acqui-sto. È il couponing la nuova frontiera, l’obiettivosul quale ci concentreremo il prossimo anno —spiega Alessandro Tiretta, fondatore e Ceo di Re-tAPPs, una società che produce applicazioni evo-

lute per lo shopping —Perché le offerte sianosempre più personalizza-te, occorre incrociarle conla profilazione. Io, rivendi-tore, devo sapere in anticipose a quel cliente interessano ipannolini o la birra, cosicché,quando entra nel mio supermer-cato, devo fargli arrivare lo scontosul prodotto giusto. Ma la nostra appè anche in grado di dire al cliente che inquel momento sta per comprare le patati-ne, e le carica nella sua lista della spesa sullosmartphone, che se ne compra un altro paccosubito avrà un’ulteriore riduzione».

La forte personalizzazione dell’offerta dovreb-be far sparire anche i volantini che inondano le no-stre cassette postali: «Ogni anno se ne stampanootto miliardi — assicura Giuseppe Zuliani, diret-tore marketing Conad, professore a contratto al-l’Università di Parma e docente dell’Istao (IstitutoAdriano Olivetti) — ma il marketing del futuro ten-de alla smaterializzazione del volantino: diventeràdigitale e personalizzato. E darà modo al gestore disapere quanto tempo spende ogni cliente a con-sultarlo, quanto si ferma su ogni singolo prodotto.Queste informazioni, combinate con altre, per-metteranno di indirizzare le offerte: se tu giochi agolf e ami i vini, ti mando un volantino con lochampagne da 80 euro a bottiglia e la nostra sele-zione di caviale per il Natale».

L ’ e s i -genza di dare aogni cliente un’offertasu misura può arrivare persino allavendita del prodotto “fai-da-te”. La stanno speri-mentando in Francia, dove attraverso il networkQuirky, partner di Amazon, ai clienti di una catenadi supermercati è stata lanciata la proposta di sug-gerire e inventare i prodotti da vendere. A marzodovrebbero esserne messi in vendita una cin-quantina. Quirky lo fa già da tempo negli Stati Uni-ti: dal 2009 a oggi ha sviluppato 250 nuovi prodot-ti sulla base dei suggerimenti dei clienti.

Personalizzazione non significa smaterializza-

ROSARIA AMATO

Il 90 per cento degli utenti

“evoluti”, quelli cioé collegati

a Internet, si informa online

prima di procedere

con l’acquisto: una metà lo fa

sistematicamente, un’altra

metà di tanto in tanto

L’informazione

Confronta i prezzi su siti

ad hoc (RisparmioSuper.it,

KlokkaPromo.it), o con app

su smartphone in grado

di scaricare i volantini digitali

dei negozi di zona attraverso

la geolocalizzazione utente

Il confronto

Decide se ordinare e pagare

online, e far arrivare i prodotti

direttamente a casa,

oppure andarli a ritirare

presso il punto vendita

O se andare nel punto vendita

senza ordinare in anticipo

La scelta

Nel punto vendita, può

fotografare il codice a barre

dei prodotti che gli interessano

e sapere con una app

qual è il prezzo migliore

per quel prodotto e dove

trovarlo nei negozi di zona

Il prezzo

In alcuni punti vendita

si può pagare senza usare

la carta di credito,

ma avvicinando direttamente

il telefono al Pos contactless

Nfc (Near Field

Communication)

Il pagamento

Il supermercato fatto su misura

OGGI

Per acquistare utilizzano il pc, il mobile e i social network

Sono i consumatori “multicanale”e hanno sorpassato

gli acquirenti tradizionali. È per loro che gli esperti

di marketing stanno sperimentando nuove

formule sempre più personalizzate

E invasive

Old style surferHanno un approccio

al web “vecchio stile”

e strumentale, finalizzato

solamente all’acquisto

e al risparmio di tempo

Ne fanno parte

7,7 milioni di consumatori

Multicanalità

LA PAROLA

Uso combinato di più

canali per l’acquisto

di beni o servizi. Oltre

al canale fisico (negozio

o supermercato) ci sono:

pc (o tablet), smartphone

e social network

Newbie, Social shopper,

Hyper reloaded e Old style

surfer: le quattro categorie

di compratori sono state

elaborate dall’Osservatorio

Multicanalità, condotto

da Nielsen Connexia

e School of Management

del Politecnico di Milano

4

Repubblica Nazionale

Page 11: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

■ 41

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

cina, responsabile della Ricerca dell’OsservatorioB2C Netcomm-Politecnico di Milano, sarà senzadubbio il consumatore “multicanale”, che cioèutilizza contemporaneamente pc, mobile e socialnetwork per i propri acquisti. E infatti nel 2012 perla prima volta i consumatori multicanale hannosorpassato gli acquirenti tradizionali, con un 53per cento conquistato grazie al +13 per cento del2012 (dati Osservatorio Multicanalità 2012 di Niel-sen, Connexia e School of Management del Poli-tecnico di Milano). «La grande differenza rispetto

al passato — spiega Mangiaracina— è che le quattro fasi della vendi-ta (prevendita, selezione di acqui-sto, pagamento, post-vendita)non vengono effettuate quasi maisu un unico canale: è proprio sul-l’incrocio tra fasi e canali che sistanno sviluppando i modelli piùinnovativi di shopping. Per comin-ciare, è un’abitudine consolidatadegli utenti quella di confrontaremodelli e prezzi su Internet primadi scegliere il prodotto o il servizioda acquistare: lo fa il 90 per centodegli utenti della Rete (dato Con-tactlab-Netcomm). Ma esiste an-che il modello speculare: vado avedere nel negozio, e poi realizzol’acquisto su Internet, magari per-ché nel negozio non trovo la tagliao il colore. Oppure perché utilizzo

l’app di eBay su smartphone che mi permette diconfrontare tutti le offerte su quel bene, permet-tendomi di scegliere quella più conveniente onli-ne o tra i negozi di zona: fotografo il codice a barredel prodotto, parte la ricerca, ordino nella sezioneshopping e me lo faccio portare a casa. Ancora di-versa l’ipotesi della vendita social: lì è d’obbligo es-sere in Rete, le vendite magari partono la mattinaalle 7, quando io sono in treno, mi collego e com-pro». Al miglior prezzo, naturalmente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

zione a tutti i costi del punto ven-dita. Anzi, all’Università di Delft, inOlanda, un team di studiosi ha inventatoun software che indirizza l’attività dei commessinei negozi, attraverso telecamere speciali che so-no in grado di interpretare il comportamento deiclienti. Se qualcuno appare particolarmente in-certo, confuso, la direzione del supermercato in-via prontamente un consulente pronto a dareconsigli e suggerimenti. Ma il protagonista delloshopping del futuro, assicura Riccardo Mangiara-

Veri esperti della spesa,

la Rete ha un forte ruolo

nel loro shopping

Fanno acquisti intelligenti

e con un elevato rapporto

qualità/prezzo

Sono 10,7 milioni

I neofiti dell’approccio

multicanale: in Italia

sono 5,3 milioni

tra giovanissimi e over 55

che si avvicinano

lentamente

alle nuove tecnologie

In un futuro molto prossimo

l’acquirente “avvertito”

riceverà via Mobile

offerte pubblicitarie

personalizzate, basate

su un’accurata “profilazione”

della clientela

L’informazione

Una volta entrato nel punto

vendita, riceverà altre offerte:

per esempio se carica

via smartphone nel suo carrello

“virtuale” un prodotto, riceverà

in tempo reale l’offerta legata

a quel bene specifico

Il confronto

Se si aggira disorientato

tra gli scaffali, un software

che interpreta i comportamenti

usando le immagini

delle telecamere lo segnalerà:

arriverà un commesso pronto

a dargli suggerimenti

La scelta

Cartelli pubblicitari

“intelligenti” saranno in grado

di riconoscere il sesso

e l’espressione del volto

passante, al quale indirizzare

spot “mirati”: ci sono software

già allo studio

Il prezzo

Attraverso la tecnologia Nfc,

lo smartphone prende nota

degli acquisti ed effettua

il pagamento all’uscita

Una possibilità che dal 2013

sarà gradualmente estesa

a diversi punti vendita

Il pagamento

Per mandargli

l’offerta giusta

devo sapere

in anticipo

se a quel cliente

interessano

i pannolini

o la birra

Riccardo Mangiaracina

Responsabile ricercaN2C Netcomm-Politecnicodi Milano

DOMANI

Newbie

Hyper reloadedI consumatori multicanali

più evoluti sono 7,6

milioni, hanno una vita

sociale intensa e per fare

acquisti utilizzano molto

l’e-commerce e il mobile

(smartphone e tablet)

Social shopper

‘‘

1

2

3

Repubblica Nazionale

Page 12: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 42

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

I suoi magnifici otto ingredienti restano imprescindibili,

ma il dolce natalizio per eccellenza affronta senza timore

il futuro: basta farcirlo con un po’ di fantasiae magari farlo rivivere a feste finite

I sapori

«Tartufon, c’est bon!», urlava a squarciagola il protagonista di una celebre pubblicità deglianni Ottanta. L’antesignano di Eddie Murphy — scelto per il colore della pelle, richiamoalla farcitura di cioccolato — incarnava la prima, vera trasgressione dopo mezzo millen-nio di fedeltà assoluta alla ricetta tradizionale. Dalla sua prima apparizione sulla tavola delduca Ludovico il Moro, infatti, l’assemblaggio barocco del panettone non aveva subito al-cun oltraggio modernista. Che l’invenzione si richiamasse al leggendario garzone di cuci-

na Toni — lesto nel sostituire il dolce bruciato dal capo cuoco con l’impasto di avanzi golosi destinato alla ser-vitù — o che, più probabilmente, fosse dovuta all’elaborazione collettiva e successiva di una semplice pastalievitata, poco importava: gli elementi della ricetta erano scontati e obbligati. Ma la cucina non può permet-tersi chiusure né snobismi: il palato, signore assoluto della tavola, approva, governa, sentenzia. Così dopo tan-to non osare, almeno a livello commerciale — nella cucina di casa, la fantasia è al potere da sempre — negli an-ni della Milano da bere anche il panettone abbandonò la sua specchiata ortodossia alimentare. A sessant’an-ni dall’inizio della produzione industriale (datata 1919 e firmata Motta, come la versione al cioccolato), il pande Toni divenne festaiolo a 360 gradi, vestito e farcito come mai prima. Oggi, il panettone continua a piacere in uguale misura, sia nella dimensione classica — oggetto di infinite di-scussioni tra i puristi della lievitazione naturale — sia nelle cento varianti che abbracciano l’universo delle coc-

cole gourmand per il sollucchero di gran-di e piccini. Purtroppo, il ventaglio infini-to di coperture e farciture spesso serve amascherare gli ingredienti scadenti deldolce-base, con il rischio di mangiare unpanettone men che mediocre, truccatocon ritocchi ruffiani, a loro volta di bassaqualità. Come sempre, l’etichetta dicemolto, anche se non tutto. Per esempio, lalegge impone gli otto ingredienti di base —farina, burro, zucchero, uova, sale, canditi,uvetta, lievito naturale, elencati in mododecrescente per quantità — a fronte delladizione panettone, ma nulla specifica supercentuali e additivi. Malgrado i magnificiotto siano più che sufficienti a preparare unpanettone meraviglioso, le produzioni se-riali abbondano di ingredienti «altri»: deri-vati dello zucchero sotto forma di sciroppi,aromi artificiali, emulsionanti, conservanti,coloranti (la biochimica Gianna Ferretti neha individuato uno — il biossido di titanio,E171 — per sbiancare la farcitura al mascarpo-ne...). Nota di merito, invece, per i grandi pasticce-ri del sud, De Riso in primis, che si sono cimentati nel-la ricetta più milanese elaborando panettoni golosissimi eprivi di scorciatoie chimiche. Acquistato un panettone fatto co-mediocomanda, svuotatelo tenendo da parte il fondo, mettetelo infreezer per un paio d’ore, poi riempitelo con del gelato alla cassata e chiu-detelo col suo tappo. Sopra, colata di fondente sciolto a bagnomaria e, pri-ma che si rapprenda del tutto, scorzette candite e cioccolato bianco a scagliette.Un’ora di camminata svelta nel pomeriggio rimetterà in pace glicemia e bilancia.

a chi?

BudinoStampo foderato con fette

di panettone spruzzate

di rum. Dentro, un composto

di latte, uova, zucchero

e cannella. Cottura

a bagnomaria per un’ora

Classico

SAINT VINCENT (AO)

PASTICCERIA

MORANDIN

Via Chanoux 105

Tel. 0166-512690

TORINO

PERINO

Via Cavour 10

Tel. 011-0686056

MILANO

MARCHESI

Via Santa Maria

alla Porta 13

Tel. 02-876730

BRESCIA

PASTICCERIA

VENETO

Via Salvo D’Acquisto

Tel. 030-392586

SARMEOLA (PD)

IN.GREDIENTI

Via Liguria 2 35030

Tel. 049-635366

Gli indirizzi

Come trasformarlo

SAN MINIATO (PI)

IL CANTUCCIO

DI FEDERIGO

Via Maioli 67

Tel. 0571-418344

ROMA

PANIFICIO

BONCI

Via Trionfale 36

Tel. 06-39734457

PESCARA

CAPRICE

Piazza Garibaldi 29

Tel. 085-691633

S. EGIDIO DEL MONTE

ALBINO (SA)

PASTICCERIA PEPE

Via Nazionale 2

Tel. 081-5154151

CASTELBUONO (PA)

PASTICCERIA

FIASCONARO

Piazza Margherita 10

Tel. 0921-677132

Se il panettone fa il pieno

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LICIA GRANELLO

Modificati

SpiediniCubetti tostati in forno,

infilzati e tuffati

in una fonduta di cioccolato

(200 gr. di fondente sciolto

a bagnomaria con 100

di panna fresca e poco rum)

Repubblica Nazionale

Page 13: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

■ 43

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

TartufoneIl padre di tutti i panettoni

farciti, lanciato dalla Motta

negli anni Ottanta,

prevede gocce

e glassatura

di cioccolato fondente

al posto di uvetta e canditi

BicoloreDue creme pasticcere

da alternare — vaniglia

e cioccolato (o caffè) —

nel panettone diviso

in tre parti orizzontali

Decorazione

con scorzette candite

Ricottae mandorleTorsolo tagliato in dischi,

spalmati in alternanza

con crema (ricotta, rum,

panna montata e mandorle

in lamelle) e caffè

Far riposare in frigo

MascarponeTuorli e zucchero montati,

poi mascarpone, rum,

amaretti sbriciolati

e i bianchi a neve,

da unire con delicatezza

Per guarnire,

chicchi di caffè

FarcitoPanettone con glassa

di cioccolato ripieno

di ricotta e rum

con aggiunta di uvetta

e amarene candite

e con scaglie

di cioccolato fondente

Ho ripensatoil panettone, simbolo di Milano e delNatale, in quattro varianti. La quinta, pur essen-do, forse, la prima, non l’ho ancora realizzata.

Sapete che il nome panettone deriva dal pan del To-ni. A me, questa definizione non evoca tanto il fornaioche l’ha inventato, quanto il fatto che si parla di pane eche il nome è anche quello di mia moglie.

Volevo renderle omaggio, un pensiero da innamora-to, e avevo pensato a una pagnotta, alta sette otto cen-timetri e lunga quanto un filone da mezzo chilo, circaquaranta centimetri. Un panettone, appunto, orizzon-tale con tre bei tagli obliqui che, a parte l’aspetto senti-mentale, sarebbe stato più facile da tagliare.

Le versioni, invece, che hanno poi visto la luce sono:lo sformato, nato dall’idea di nobilitare gli avanzi recu-perando il panettone del giorno prima; il tiramisù di pa-

nettone che, in piccolo e in dolce, è una riedizione delLombardo-Veneto, vista l’origine dell’uno e dell’altro;il semifreddo di panettone e il soufflé di panettone, na-ti per contrasto. Se il primo è freddo e acquista in con-sistenza, il secondo è caldo e sposa la leggerezza.

Per tutti e quattro la farcitura è quella rigorosamen-te tradizionale a base di uva passa e pezzetti di cedro earancia canditi. Cambiano, invece, sia l’aspetto sia laconsistenza. I primi tre tendono al cremoso, sono fattiper il cucchiaio, e il quarto ha nella sofficità la sua ra-gion d’essere.

Il gioco delle consistenze e delle forme è il sommo di-vertimento che può offrirsi un cuoco. L’importante è di“commemorare” le feste e i piatti che la tradizione ci of-fre perché non siano né sciupati né dimenticati.

GUALTIERO MARCHESI

A tavola

Semifreddo o soufflé: il mio regalo da innamorato

LA RICETTAIl tradizionale

ZabaioneTuorli, zucchero e marsala

montati a bagnomaria

Panettone svuotato

del cilindro centrale

tagliato a dischi,

farcito e reinserito

all’interno del dolce

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CrostataImpasto della frolla steso

in teglia e punzecchiato

Sopra, qualche cucchiaio

di marmellata d’arancia,

fette di pera e di panettone,

crema pasticcera

TiramisùZuccheri e tuorli montati

e arricchiti con mascarpone

e panna montata

da spalmare sulle fette

di panettone inzuppate

nel caffè. Sopra cacao amaro

CrumbleTocchetti di mela spadellati

con poco burro,

poi zucchero scuro e uvetta

rinvenuta nel rum. Sopra,

panettone sbriciolato

e fiocchi di burro: 30’ in forno

Ingredienti primo impasto

g. 230 di lievito naturale g. 250 di zuccherog. 400 di acquag. 180 di tuorlig. 240 di burrog. 800 di farina 00 Manitoba MolinoGrassi

Mettere nell’impastatrice farina, lievito e acqua e lavorare gli ingredienti. Dopo un quarto d’ora,aggiungere lo zucchero, poi il burro ammorbidito e, una volta assorbito, i tuorliImpastare fino a ottenere un impasto liscioma non troppo lavorato (25’ circa)Mettere a lievitare a 24, 25 gradi in ambiente umido(per esempio, nel forno spento con una vaschettad’acqua tiepida appoggiata sul fondoe la luce accesa) per circa 10 ore, e comunquefino a che il volume sia triplicato

Ingredienti secondo impasto

g. 200 di farina 00 Torte e BiscottiMolino Grassiaromi da miscelareil giorno precedente:50 g. di miele d’acacia1 bacca di vanigliamezzo limonela buccia di mezza arancia biog. 220 di zuccherog. 14 di saleg. 320 di tuorlig. 430 di burrog. 6 di maltog. 460 di uva sultaninag. 200 di arancia a cubetti canditag. 100 di cedro a cubetti candito

Aggiungere al primo impasto la farina e lavorareper circa 15’, poi lo zucchero e dopoil suo assorbimento la metà dei tuorli, il sale, gli aromiFar incorporare il tutto fino a ottenere una pasta lisciae omogenea. Unire la rimanenza dei tuorli e il burromorbido (ma non sciolto), impastando bene. Versarenell’impasto 30 gr di burro fuso, quindi la fruttaDistribuirla uniformemente. Porre in un contenitore e lasciare riposare mezz’ora. Formare le pagnotte,appoggiarle su tavolette di legno e far lievitare a 28°per 35, 40’ Arrotondarle nuovamente, aggiustarlenelle apposite fasce e prolungare la lievitazione per 6,7 ore. Cuocere in forno a 180° per 35’ (mezzo kg d’impasto), 55’ (1 kg), 75’ (1 kg e mezzo)Dopo la cottura, girare subito il panettone con le apposite pinze e lasciarlo capovolto per 10 ore

(Maestro pasticcere Piergiorgio Giorilli)

ILLU

ST

RA

ZIO

NE

DI C

AR

LO

ST

AN

GA

Repubblica Nazionale

Page 14: LA DOMENICAdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2012/23122012.pdfLA DOMENICA DIREPUBBLICA DOMENICA 23DIC EMBRE 2012 NUMERO 407 CULT La copertina ASPESI eCIEPLY Ciak, si copia Tolkien

LA DOMENICA■ 44

DOMENICA 23 DICEMBRE 2012

La maledizione del disimpegno

lo ha segnato a lungo: “Ho commesso

parecchi errori pur di assomigliare

a ciò che non ero”. Ma da tempo

il cantautore ha fatto finalmente

pace con se stesso:

“Anche se conservo

ancora un rapporto

doloroso con le parole,

mi hanno sempre fatto

dannare. Quanto ho invidiato De Gregori,quanto vorrei saper scriverecome Erri De Luca...”

ROMA

Certe volte si sta al mondocome dentro una rincor-sa. «Avevamo una paren-te che lavorava a servizio

ai Parioli, la domenica i signori usciva-no, lei ci apriva la porta e ci mostravacom’erano le case dei ricchi». ClaudioBaglioni adesso passeggia su una ter-razza da cui s’ammira in modalità pa-norama una vita di successo. Dentro,un divano chiaro dà su una vetrata chesquadra l’immortalità di Roma; nel-l’angolo destro un piano, due chitarre eun filo di note partito dai quartieri Mon-tesacro e Centocelle a fine anni Sessan-ta. Quando la felicità aveva i colori delgiorno di Natale e le canzoni in ingleseerano per i bambini dei suoni scono-sciuti. «La radio era la mia manopola sulmondo. Il lentissimo bollettino dei na-viganti. Il listino della Borsa. E poi al-l’improvviso spuntavano dei ritornelliallegri in lingue che non capivo, da po-sti che non sapevo dove fossero. Do-mandavo a mio padre: ma che cantano,che significa? Eh, mi rispondeva, dico-no buon Natale, buon Natale».

Sarà per via di questo ricordo e della«nostalgia del futuro» che ha voluto unalbum a tema (Un piccolo Natale inpiù) su una certa idea di questi giorni.«Il Natale una volta portava con sé lapromessa di un futuro migliore, i film inbianco e nero in tv, il lieto fine. Veniviaccompagnato come da un senso di ri-costruzione, una rinascita. Era l’Italiache si rialzava e ricostruiva. Oggi non sicostruisce più nulla. Siamo tra i Paesiche producono meno architettura, aldomani non pensa più nessuno». Allespalle una libreria da cui sporgono vo-lumi coi lavori di Calatrava. È stato ilsuo percorso di studi, chiuso otto annifa con la laurea in architettura, una tesisul gazometro di Roma, altro luogo fa-tato dell’infanzia, fatato e misterioso:lui che si chiede come farà mai a starciil gas chiuso lì dentro, pa’ dimmelo tu,e il padre gli racconta che quel cilindroè magico.

È la stessa magia che Baglioni ha in-contrato in una vita spesa in mezzo alleparole, compagne di un viaggio bene-detto. In quarantadue anni di carrierane ha scritte 41.487, perlopiù consacra-te a quella leggerezza che gli è stata rin-facciata, e dietro la quale c’erano peròuno sforzo e una tensione allo studio ri-masti sommersi. «Negli anni Ottanta,per scrivere Strada facendo, mi prepa-rai con i testi della Beat Generation. Pri-ma d’allora avevo vissuto una fase d’in-namoramento per Pasolini. Il Pasolinipoeta di Monteverde, dico. Ero attrattodal post neorealismo, dai racconti del-le periferie, dalle opere d’arte partoritefra il ’55 e il ’60, quelle prima del boom,prima di Capri e Palma de Maiorca. Epoi il richiamo dei poeti francesi, il fa-scino di Ezra Pound e Eliot, che ho rilet-to in lingua originale perché la poesiavive anche delle suggestioni del signifi-cante». Fino al Garcia Lorca omaggiatoin uno dei suoi pezzi più felici, Fotogra-fie(1981), l’orizzonte di cani che abbaiada lontano e una lei sporca di baci e sab-bia, come la sposa infedele.

È stata questa la filigrana insospetta-bile e intima nel lavoro di un cantauto-re accusato di troppa dolcezza, e che asessantadue anni confida la sua sogge-zione al cospetto delle parole. «Quandoavevo 16-17 anni, tra i compagni chefrequentavo ce n’era uno che chiama-vamo “il letterato”. Credo che oggi ab-bia un’agenzia pubblicitaria. Al “lette-rato” nel nostro gruppetto veniva rico-nosciuta una certa abilità nel compor-re testi. Ma in fondo io mi dedicavo allamusica per non essere trasparente,cantavo e suonavo per farmi guardareun po’ di più dalle ragazzine e farmi in-vidiare dai ragazzi alle feste. E farsi scri-vere le parole dal “letterato” sarebbestato come avere una bella macchina elasciarla guidare a un altro». Cantauto-re per caso. Per orgoglio. Baglioni sus-surra perfino per superbia. «Eppureconservo un rapporto doloroso, quasischizofrenico con la scrittura. Scriverein italiano, poi, è complicatissimo. Pro-va ne sono i libretti delle opere liriche, inmolti casi veri obbrobri. Un amico so-stiene che si canti di proposito con voceimpostata perché non sia riconoscibileil senso. Il testo perfetto esiste, come no:penso a La curaoppure a Povera patriadi Battiato, anche se non so riconoscer-ne uno bello slegandolo dalla sua musi-ca. A maggior ragione se parliamo diBattiato. E poi c’è l’intera opera di DeGregori a confermarlo. Negli anni ’70,

dopo una baruffa iniziale, di Francescosono diventato amico. Ho sempre invi-diato la sua capacità di scrivere, glieloho ripetuto spesso. A me le parole han-no fatto dannare». Lo dice lui, che unanno fa ha messo in musica gli articolidella Costituzione. «Ho il timore di chi èbravo a maneggiarle. Poeti, giornalisti,avvocati. Una volta dovevo incontrareAlberto Bevilacqua, ne ero terrorizzato.Stessa cosa prima di un appuntamentocon Erri De Luca. Da cantautore mi sen-to un cuginetto povero dinanzi a quelliche sanno scegliere l’esattezza del ter-mine. A Erri, dopo aver letto il suo Soloandata, feci una proposta: dovrestiscrivere testi per canzoni». Baglioniconfessa di aver avuto pure la tentazio-ne di cercarsi un Mogol. «L’ho pensato.Poi tornavano in mente il letterato e lasolita macchina da far guidare a qual-cun altro».

Le parole più usate da Baglioni neglianni Settanta sono: me, te, amore e an-cora. Poi vengono gli Ottanta, e le paro-le più frequenti diventano: cielo, notti,

adesso. «Intorno a me c’erano i cantau-tori dell’impegno. Io ero indicato comel’esempio di ciò che non si doveva fare.Una cosa che ho sofferto». L’ambienteesigeva che con cuore e amore facesserima cassa integrazione. «Ho commes-so anche degli errori per assomigliare aciò che non ero». L’etichetta del disim-pegno s’è poi dissolta negli anni No-vanta (parole usate più di frequente:mai, senza, dentro, domani), quandonei pezzi di Baglioni finiscono Cher-nobyl e l’Heysel, Tienanmen e Gilga-mesh; quando la canzone Noi no di-venta un grido di ribellione contro lamafia durante un concerto a Palermo,oppure con l’arrivo della musica socia-le e del festival dell’accoglienza a Lam-pedusa, ogni settembre, dal 2003. «A di-mostrazione che di luoghi comuni, pri-ma o poi, moriremo tutti».

Eppure c’era anche il giovane Clau-dio a Valle Giulia, a occupare le aule inassemblea. Solo che dagli scontri si te-neva lontano, per via del papà carabi-niere. Finanche il cliché del disimpe-gno avrebbe potuto non nascere mai.Baglioni oggi ne parla sorridendone.«Questo piccolo grande amore avevauna parte introduttiva in cui racconta-vo di una manifestazione di piazza. Unaporzione di testo era anti-bellica, anti-militarista. Ma il direttore artistico d’al-lora della Rca, Ennio Melis, volle che latagliassi. Mi disse: una volta tanto che sitrova uno bravo a parlare d’amore... maperché vuoi mischiare i due piani? For-se aveva ragione lui. All’epoca ero unidolo nell’Europa dell’Est. Avevo vintoun festival in Polonia, in una sera gua-dagnavo dieci volte quello che mettevain tasca un ingegnere in un mese. In Ita-lia non ero niente, uno sconosciuto,con il pezzo Notte di Nataleero arrivatodue volte ultimo alla Gondola d’argen-to di Venezia e al premio Caravella d’o-ro di Bari. Allora telefono a mia madredalla Cecoslovacchia e le dico: guardache non torno più, rimango qui. L’al-bum Questo piccolo grande amore ri-schiò di non uscire. Toto Torquati, ilpianista cui si deve la celebre introdu-zione, mi tenne a parlare fino alle 6 delmattino per convincermi. Alla fine ce-detti: va bene, gli risposi, finiamolo que-sto disco, andrà malissimo e sarà la pro-va che non mi avete compreso».

Invece il disco entra in classifica a Na-tale — rieccolo, il Natale — rimane al se-condo posto per un mese, poi una in fi-la all’altra arrivano E tu, Poster, Sabatopomeriggio, insomma succede che

Claudio diventa Baglioni. «Non ho avu-to per genitori delle persone che con-trastavano il figlio canzonettiere. Anzi.Mia madre ripeteva: ti conviene canta-re, così non ti rovini gli occhi sui libri. Poigli occhi me li sono rovinati lo stesso.Ma ai concorsi canori che si tenevanosu ai Castelli arrivavano i parenti del-l’Umbria con la corriera per farmi la cla-que. I miei avevano investito perché cela facessi. Una volta un tipo fece capirea mio padre che si dovevano tirar fuori80mila lire se volevo incidere un disco.Quella cifra era un terzo del suo stipen-dio, eppure mio padre fu tentato, cipensò. Per dire quanto a casa ci tenes-sero. Del resto, ci pensò pure quandodovette fare le cambiali per comprarmiil primo pianoforte».

Quarantunomila parole dopo, tra isette concerti natalizi di Roma (Dieci di-ta, 26 dicembre-3 gennaio) e i sette inprogramma a Milano (10-16 gennaio),Baglioni s’è rimesso a comporre. «Conla matita e il pentagramma. Non regi-stro più. La musica la scrivo, perché latecnologia d’oggi con i suoni campio-nati e gli arrangiamenti precotti rendetutto accettabile. Invece voglio che siimpongano solo gli spunti davvero feli-ci: allora scrivo le note e chiedo ad altridi eseguire quel che c’è sul pentagram-ma. Non compongo neppure più in si-lenzio. Il silenzio è come la tecnologia.Rende tutto migliore di quel che è.Quando scrivo, adesso, tengo la tv ac-cesa. Così per affermarsi le idee devonoessere più forti, devono saper superarela barriera di quel rumore». Dice che ilprossimo album sarà una serie di bio-grafie di personaggi pubblici, forse ri-conoscibili, ma senza nome, camuffati.«Personaggi che partono tutti insiemed’estate per un’avventura comune.Una sorta di Easy Rider in musica. Allaricerca di un significato. Sarà un discointeramente inedito. Dopo dieci anni.Con la voglia di proiettarsi in avanti. C’èla superbia di una nuova sfida e c’è l’u-miltà di sapere che la canzone popola-re ha la sua forza in quest’aggettivo.Umiltà e superbia insieme. Di questo,alla fine, noi cantautori siamo fatti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’incontroPiccoli grandi

FO

TO

ALE

SS

AN

DR

O D

OB

ICI

Mia madre

mi diceva sempre:

ti convienecantare, cosìnon ti rovini gli occhi sui libri

Claudio Baglioni

ANGELO CAROTENUTO

‘‘

‘‘

Repubblica Nazionale