La Garzetta - Giugno 2010

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Dies irae Ci sono giorni che restano impressi nella memoria. Segnati da eventi che cambiano il corso delle cose. Porte che si chiudono su una fase della storia e si aprono a una condizione nuova. Giorni belli e giorni brutti. Ogni popolo celebra i suoi. Spesso con significati opposti. Il giorno di una vittoria coincide sempre con il giorno di una sconfitta. Lʼ indipendenza americana fu un lutto per l ʼ Impero britannico. La cessazione della seconda guerra mondiale fu salutata dal mondo come la fine di un incubo, ma Hiroshima e Dresda sono date incise col fuoco nella memoria del popolo giapponese e di quello tedesco. Il significato della Rivoluzione francese fu controverso allora e lo è, per qualcuno, ancor oggi. Alcune interpretazioni divergenti su fatti storici sono destinate a ricomporsi successivamente, la Chiesa ha riconosciuto i suoi torti verso Galilei. Altre a non esserlo mai. Altre ancora a riaprirsi quando sembravano chiuse, come il significato del 25 aprile o del 2 giugno, ostentatamente ignorato dalla Lega per sminuirne il valore. Giugno 2010 - Numero 24 - Anno III www.ecodemravenna.it Dies irae pag 1-3 Morire di indigestione da petrolio pag 8-9 Le brevi dall'Italia pag. 9 Tutto gratis pag 3 Mobilità urbana: riflessioni per viaggiare più leggeri pag 6-7 L'amianto, un problema "rimosso" e sottovalutato pag 12 Il proverbio del mese pag 13 L'ecologia in pratica! pag 11 Lettere dai lettori pag 10 A proposito di Ravenna 2020 pag 4-5 Le brevi dall'Italia pag 5 segue a pag.2

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La Garzetta, il giornale online degli Ecologisti Democratici della provincia di Ravenna

Transcript of La Garzetta - Giugno 2010

Dies iraeCi sono giorni che restano impressi nella memoria.Segnati da eventi che cambiano il corso delle cose.Porte che si chiudono su una fase della storia e si aprono a una condizione nuova. Giorni belli e giorni brutti.Ogni popolo celebra i suoi.Spesso con significati opposti.Il giorno di una vittoria coincide sempre con il giorno di una sconfitta.L i̓ndipendenza americana fu un lutto per l̓ Impero britannico.La cessazione della seconda guerra mondiale fu salutata dal mondo come la fine di un incubo, ma Hiroshima e Dresda sono date incise col fuoco nella memoria del popolo giapponese e di quello tedesco.Il significato della Rivoluzione francese fu controverso allora e lo è, per qualcuno, ancor oggi.Alcune interpretazioni divergenti su fatti storici sono destinate a ricomporsi successivamente, la Chiesa ha riconosciuto i suoi torti verso Galilei.Altre a non esserlo mai.Altre ancora a riaprirsi quando sembravano chiuse, come il significato del 25 aprile o del 2 giugno, ostentatamente ignorato dalla Lega per sminuirne il valore.

Giugno 2010 - Numero 24 - Anno III www.ecodemravenna.it

Dies iraepag 1-3

Morire di indigestione da petrolio

pag 8-9

Le brevi dall'Italiapag. 9

Tutto gratispag 3

Mobilità urbana: riflessioni per

viaggiare più leggeripag 6-7

L'amianto, un problema "rimosso"

e sottovalutatopag 12

Il proverbio del mesepag 13

L'ecologia in pratica!

pag 11

Lettere dai lettoripag 10

A proposito di Ravenna 2020

pag 4-5

Le brevi dall'Italia pag 5

segue a pag.2

La GarzettaEcodemocratici Ravenna

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La GarzettaDirettore: A. MazzottiCaporedattore: M. RoncuzziRedazione: A. Borsotti, M. Cavallari, A. Mazzotti, P.Montanari, S. Patrizi, A. Rebucci, M.Turchetti, P. TurchettiGrafica: M. RoncuzziFoto: D. PavianiContributi: A.Cellini, F.Poggioli, A.Rinaldi, D.Sportelli, G.Tampieri.

Barbari.Un popolo è storia, è memoria, è cultura.Se le cancelli non resta niente.Solo consumatori, telespettatori, meraviglioso pubblico, mi consenta e miss padania.Va pensiero sull’ali mozzate…Dicono che l’ira sia un sentimento negativo.Probabilmente è vero.Per gli uomini è così.Per gli dei no, loro hanno diritto, spesso si adirano, quasi sempre con noi.Con qualche ragione.E’ un sentimento sbagliato ma è pur sempre un sentimento.Nel mondo orwelliano, passivo, sottomesso, pervaso dall’amore del Piccolo Padre, l’ira è fermento, passione, sprone, desiderio di un mondo migliore, è vita.“Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile – sostiene Aristotele - ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, e al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nella possibilità di chiunque e non è facile”.Per la legge bavaglio votata al Senato ci si può adirare, è facile, è nella possibilità di tutti, ci sono la persona giusta e lo scopo giusto.

Nella notte tra il 14 e 15 agosto 1947 Jawaharlal Nerhu pronunciò il discorso passato alla storia come il messaggio di mezzanotte: “Allo scoccare della mezzanotte, mentre il mondo dorme, l’India si sveglierà alla vita e alla libertà”.Il 10 giugno 2010, mentre il mondo dormiva, l’Italia si è svegliata spoglia della sua civiltà giuridica e di fondamentali libertà.Noi, gente comune che non teme la giustizia e ama la democrazia, siamo meno liberi; loro, ladri, criminali, cricche, corrotti, corruttori sono più liberi.Sulla legge che ammanetta i magistrati e imbavaglia l’informazione è stato detto tutto.Sulle ragioni che l’hanno ispirata, sui suoi significati è il caso di soffermarci ancora.La battaglia per contrastarla non è finita e non finirà neppure con la sua approvazione.C’è un’opinione pubblica che non è disposta a subire, c’è un fronte politico che la rappresenta e si oppone con forza, in Parlamento e nel Paese.

Ci son cause per le quali vale la pena di battersi, sempre.Non dobbiamo permettere che la nostra libertà venga amputata.La democrazia è il solo sistema politico che rispetta la dignità delle persone perché le riconosce capaci di decidere.Se ci sono abusi nel funzionamento dei poteri che tengono in equilibrio la società scongiurando l’arbitrio, vanno puniti coloro che li hanno commessi, non tutti i cittadini, resi, con questa legge, meno sicuri e meno liberi.Non c’è giustificazione, non c’è argomento tra quelli dichiarati capace di spiegare questa regressione civile.La persecuzione giudiziaria è sempre stata un pretesto per sottrarsi alle responsabilità.Delle sue vicende con la giustizia, Berlusconi si è abilmente giovato per recitare la parte della vittima, come un giocatore di basket si appoggia al suo marcatore per tirare meglio a canestro.La tutela della privacy, la difesa della sfera privata di ogni persona per evitare che il gossip, la diffusione arbitraria di notizie possano turbare esistenze di uomini e donne estranei ai reati su cui si sta indagando, è un problema reale.Ci devono essere limiti e garanzie.Per reagire all’uso pretestuoso che ne fa il Governo non si può cadere nell’eccesso opposto.La custodia della propria intimità personale rappresenta a sua volta una libertà. Un diritto.Ricorda Stefano Rodotà che l”uomo di vetro” è un immagine nazista, l’argomento con cui tutti i regimi totalitari vogliono impadronirsi della vita delle persone.Si può essere buoni cittadini, onesti, preservando uno spazio che è solamente nostro.Il fatto è che questa legge, facendo mostra di voler tutelare la privacy schiaccia la libertà d’informazione e il diritto alla giustizia.Il fatto è che questa non è una legge sulla riservatezza, è un provvedimento nato per occultare comportamenti privati che hanno un rilievo pubblico, per sottrarre i potenti ad ogni controllo.Questa legge ha due bersagli.Uno dichiarato, la Magistratura, e uno innominabile, più importante, l’opinione pubblica.Dopo aver cercato in tutti i modi di bloccare i tribunali veri si vuole mettere fuori causa il tribunale dell’opinione pubblica, impedita alla radice di formarsi.Questa legge non è pensata per difendere ma per offendere.Dietro di essa c’è un’idea anchilosata della democrazia, l’avversione per una società viva, vigile, che vuole

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Ecodemocratici RavennaLa Garzetta

Tutto gratisQualche giorno fa la pagina locale del Carlino titolava “Un metrò per il litorale” per sottolineare l’idea del sindaco di Ravenna Matteucci di un navetto gratis tra Porto Corsini e Lido Adriano a partire dall’estate 2011.

Ho subito pensato che bella idea anche se un po’ tardiva, sono anni che se ne sente l’esigenza, del resto in linea con la vocazione del sindaco che vuole far crescere tra i ravennati la cultura dei mezzi pubblici e della bici, come precisava l’articolo intervista dello stesso giornale.

Tuttavia un tarlo mi si era insinuato nella mente: perché gratis? già sono gratuite, per tutti i fine settimana estivi, le navette che fanno la spola da vari parcheggi alla spiaggia.

Il perché gratis è una domanda che mi si è presentata insistente da quando in questi mesi dovendo recarmi sovente a San Romualdo presso la casa protetta per anziani Villa Serena mi sono scontrato col carente servizio di trasporto pubblico, forse è meglio definirlo disservizio: l’unica corsa per recarvisi è nel primo pomeriggio e l’unica possibilità di rientro in città quattro ore dopo.

Il sindaco vi si è recentemente recato per festeggiare un ospite al suo centesimo genetliaco, mi sarebbe piaciuto che avesse tentato di andarci in autobus per vivere di persona il disservizio.

Tuttavia lo sconcerto maggiore l’ho vissuto quando, recatomi alla bigl ietteria ATM per l’acquisto dei biglietti mi sono sentito chiedere € 1,90 per ogni biglietto quindi € 3,80 andata e ritorno, che mi è sembrato un’enormità per un tragitto dalla stazione di Ravenna a San Romualdo di una decina di chilometri; costa molto meno andarci in auto.

Successivamente mi ci sono recato in bicicletta,

naturalmente neanche un metro di pista ciclabile e non solo, le strade sono anche totalmente prive di banchina transitabile ai lati per cui i rari ciclisti che vi si avventurano sono costretti a circolare sulla carreggiata riservata alle auto.

Ben venga la cultura dei mezzi pubblici, quando ci sono, e della bici, nel frattempo sarebbe utile un maggior equilibrio territoriale nell’erogazione dei servizi di trasporto e maggior equità nei costi che l’utenza deve sopportare, in attesa dell’estensione della rete di piste ciclabili.

Antonio Borsotti

essere informata, che avverte il dovere civile di esserlo, che rivendica il diritto di esserlo.Una società che sa, che ha rispetto delle Istituzioni perché sa che è responsabile perché è partecipe, perché conosce, misura, uomini e comportamenti.Che ragiona anziché gridare, che si indigna per ragioni vere, che separa il loglio dal grano.Una società così possiede gli anticorpi contro il degrado della politica, è la salute della democrazia, “è la democrazia”.Beato il Paese che non ha bisogno di demagoghi, di unti del Signore di destra e di sinistra, di comici riciclati, di politici inamovibili, di agitatori senza cervello, né rispetto, né cultura, né valori autentici.La legge bavaglio vuole togliere la corrente per farci rimanere al buio.Limitare la possibilità di indagare, inibire, intimidire, assoggettare la stampa significa, in una situazione di monopolio televisivo, far sì che ci sia in campo una sola verità.Non è una delle tante questioni che dividono gli schieramenti politici.Se si colpisce il diritto di essere informati, su tutto, non solo sul grande fratello, si recide un’arteria vitale della democrazia.La campana suona per tutti.Questo è ciò che Fini, mi pare, ha compreso.E con lui, mi auguro, tante altre

persone, fieramente, legittimamente avverse alla sinistra e tuttavia sinceri democratici, amanti dell’Italia, trepidi per il suo futuro.Racconteranno le cronache che giovedì 10 giugno 2010 con pubblica cerimonia, un partito, nato col pretestuoso appellativo di Popolo della libertà, ammainò la sua bandiera.Nessuno gli avrebbe più riconosciuto il diritto di fregiarsi di quella espressione.I suoi aderenti non si resero conto di ciò che stava accadendo.“Deus dementat quos vult perdere” dicevano i latini, Dio fa perdere la ragione a coloro che vuole abbandonare.Sembra che mentre celebravano la propria fine i presenti cantassero uno strano inno: “Meno male che Silvio c’è”.

Guido Tampieri

A proposito di “Ravenna 2020”La GarzettaEcodemocratici Ravenna

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Prima di intervenire a proposito del documento “Ravenna 2020”, pubblicato sul numero di aprile del “La garzetta”, riterrei utile una valutazione rispetto al contesto in cui le amministrazioni locali si muovono. In particolare rispetto alle azioni e ai provvedimenti del governo centrale che riguardano le modalità del costruire e il risparmio energetico, di cui tratta, fra l’ altro, “Ravenna 2020”.

Nel migliore dei casi, l’azione statale si è sostanziata in proclami a cui poi non hanno dato seguito gli effetti annunciati. Nel peggiore dei casi ha alimentato i soliti processi speculativi, riproponendo gli stessi meccanismi sui quali si è retta la produzione di rendita fondiaria degli anni precedenti.

Emblematico è il "Piano casa", annunciato come strumento straordinario per rilanciare un settore in crisi, quello dell’edilizia, attraverso un rinnovamento del patrimonio edilizio privato del paese. Interventi che avrebbero dovuto consentire incrementi volumetrici a fronte di impegni nell'adeguamento in termini di efficientamento energetico degli immobili. Dato annunciato: 10 milioni di famiglie interessate dal provvedimento.

Il primo bilancio del Piano casa ridimensio-na drasticamente la portata del provvedi-mento: nella nostra regione sono state p r e s e n t a t e 3 0 domande, di cui 5 nella provincia di Ravenna, quasi tutte r i g u a r d a n o ampliamenti e solo 3 propongono interventi d i s o s t i t u z i o n e . L'ordine di grandezza del numero delle pratiche presentate è analogo anche nel resto del Paese, comprese le regioni governate dal centro-destra: in Sardegna le domande presentate sono 22 e una riguarda la villa del Premier Berlusconi (per la quale si chiede la realizzazione di nuovi bungalow!). Fortunatamente non c’è stato un nuovo saccheggio dei nostri centri urbani, che qualcuno temeva, ma la la legge non ha neanche portato quei benefici tanto proclamati, le uniche risposte sono arrivate a pochissimi privilegiati. Non c’è stato nessun contributo al rinnovamento del patrimonio edilizio esistente, al efficientamento energetico degli edifici. Se ci sono alcuni miglioramenti questi sono attribuibili ad Enti locali che hanno dato il via ad una nuova generazione di strumenti di pianificazione e regolamentazione che hanno introdotto e incentivato buone pratiche nel costruire.

Un contributo su questo versante continua ad arrivare dagli incentivi statali per le ristrutturazioni edilizie e il risparmio energetico; da diversi anni è questo uno stimolo importante nella rifunzionalizzazione e nell’efficientamento del patrimonio edilizio esistente.

E’ comunque sempre troppo poco per intervenire in un settore in cui il ritardo accumulato è molto pesante, ad esempio nella nostra provincia una parte rilevante del parco edifici è stato realizzato tra il 1946 e 1971 e sul quale, dopo la costruzione, non sono stati realizzati interventi di riqualificazione. Conseguenza di questo è un consumo energetico attribuito al settore civile particolarmente rilevante, che nella nostra regione si attesta al 34,5 % del fabbisogno complessivo (il dato è riferito al 2003). Per questo l’azione degli Enti Locali andrebbe sostenuta da un potenziamento della incentivazione statale su questo versante.

Per tornare alle proposte per “Ravenna 2020”, concordo sul riconoscimento della centralità dei temi della mobilità. In particolare, sperando di cogliere lo spirito della sollecitazione, mi sentirei di avanzare alcune azioni specifiche.

Rispetto all’attenzione al trasporto merci e alla relazione porto ferrovia, credo sia necessario partire da una lettura che coinvolga non solo questa connessione, ma tutto il sistema che riguarda Ravenna. Da tempo i nostri strumenti di pianificazione individuano un nuovo collegamento diretto fra i due scali merci, in destra e in sinistra canale, attraversando il canale Candiano. E’

questa una previsio-ne particolarmente onerosa e complessa, p e r l a q u a l e i l contributo pubblico richiesto è particolar-mente consistente, soprattutto di questi tempi. Al tempo stesso è necessario di superare la cesura c o s t i t u i t a d a l l a ferrovia che separa il centro storico dalla darsena; al riguardo il C o m u n e h a a n n u n c i a t o u n concorso per una

rifunzionalizzazione della stazione ferroviaria. In questa fase riterrei necessaria una riflessione che tenga conto delle due esigenze, per provare ad immaginare un adeguamento dell’attuale attraversamento ferroviario in città capace di ricucire la città alla darsena e al tempo stesso rispondente all’auspicabile incremento del traffico ferroviario prodotto dallo scalo portuale.

Sulla questione del trasporto extraurbano, anche in relazione al tema precedentemente toccato, credo sia sempre più necessario ribadire l’importanza del by pass sul Candiano. Non sto a ripetere l’importanza di quest’opera per il nostro territorio, mi piace parlarne in una discussione che riguarda i temi della sostenibilità per ribadire come quest’intervento si muova in una logica diametralmente opposta a quella delle “grandi opere”, capace di rifunzionalizzare il sistema esistente attraverso un intervento puntuale, una saldatura. Io credo che quest’opera meriti l’impegno, senza imbarazzi, anche di coloro che sono più impegnati sui temi della sostenibità ambientale e della salvaguardia del territorio.

Le Brevi dall’Italia

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"Si è parlato molto in questi giorni del decreto relativo alla manovra finanziaria del Governo che abolisce per il GSE il riacquisto dei certificati verdi in eccesso rispetto agli obblighi previsti delle società elettriche. Questo divieto sta creando gravi difficoltà a tutto il comparto delle rinnovabili, perché il valore dei certificati in questo modo calerà e soprattutto ciò sta producendo incertezza per il settore. E’ questo l’aspetto più pericoloso: in futuro gli investitori avranno grossi dubbi se investire nel nostro paese. In Italia sembra non esistere alcuna certezza sul valore di certi provvedimenti. Ad esempio, meno di due anni fa il Governo mise in discussione il 55% della detrazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici e anche se successivamente fece marcia indietro, creò una notevole turbativa nell’industria e fra gli operatori. Ci si augura quindi che si faccia marcia indietro anche in questo caso oppure si innalzino gli obiettivi degli obblighi annuali dei certificati verdi per i produttori di energia elettrica. È tuttavia oggi indispensabile rivedere i meccanismi degli incentivi, auspicando il passaggio a un sistema simile a quello tedesco in cui esiste uno specifico valore per ogni tecnologia. In questo modo si darebbe più certezza agli investitori e al mercato, accrescendo l’offerta di energia verde nel paese. La bufera dei certificati verdi potrebbe rivelarsi utile in Italia proprio per ripensare i meccanismi di incentivazione per le rinnovabili in vista degli obiettivi 2020."

L’opinione di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia.

La bufera dei certificati verdi

Mi trovano concorde anche le proposte sulla mobilità urbana avanzate da “Ravenna 2020”; mi sentirei però di intervenire con più decisione nel richiedere un impegno progettuale forte nel mettere a punto un sistema di trasporto pubblico per il capoluogo. Il PSC ha già definito i requisiti prestazionali per un sistema capace di connettere i parcheggi di interscambio già realizzati sulla corona della città, oltre ad individuarne uno nuovo, per poi attraversare e collegare il centro storico. Spetta a successivi approfondimenti definire un progetto e quindi stabilire percorsi più precisi e tipologie di vettori. Ovviamente è fondamentale pensare ad una modalità strutturata capace di garantire un elevata qualità del servizio, non necessariamente un opera futuribile, ma sicuramente con percorsi dedicati senza commistioni con il traffico privato. Questa previsione oltre che rappresentare un elemento fondamentale per perseguire quegli obbiettivi di riduzione del traffico privato che oggi accede alla città consentirebbe di attivare un profondo intervento di riqualificazione degli assi viari interessati.

Un aspetto invece sul quale non ho trovato riferimenti è quello del verde cittadino. La città di Ravenna dal 1993, attraverso i suoi strumenti di pianificazione, ha individuato una cintura verde quale limite per la crescita edilizia del capoluogo e al tempo stesso infrastruttura ambientale. Il PSC ha poi definito le modalità per attuare i parchi Baronio e Cesarea. Sono infatti noti gli effetti benefici del verde quale filtro per l’ abitato rispetto a polveri e rumori, per la sua funzione termoregolatrice e per la capacità delle aree boscate di intervenire nella tutela delle diversità biologiche. L’ attuazione della

cintura verde sta procedendo, con risultati già apprezzabili. E’ importante continuare con l’ acquisizione delle aree (cedute attraverso meccanismi perequativi dai privati) della cintura e dei due parchi urbani, ma soprattutto nella loro realizzazione. Occorre lavorare a dei progetti che attribuiscano a queste infrastrutture verdi un ruolo sempre più caratterizzato in termini ambientali, anche a scapito della fruizione, così da contenere i costi realizzativi, e di gestione, e procedere nella realizzazione di interventi così importanti per la vivibilità della nostra città.

Fabio PoggioliServizio Ambiente e Territorio Provincia di Ravenna

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MOBILITA’ URBANA: Riflessioni per viaggiare più leggeri

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I trasporti pesano per il 34% sui consumi di energia e il 23% sulla “dieta” di CO2.

Nelle città ci sono 8 auto per bambino, presenti in strada; le macchine hanno ormai scacciato i giochi dei bambini dagli spazi pubblici.

Nessuno di noi è però riducibile a una sola categoria, sia essa quella di pedone, automobilista, ciclista, motociclista, o utente di mezzi di trasporto pubblico: siamo invece esseri umani che, con le più diverse esigenze, gradirebbero avere la più grande libertà di movimento. Gli unici limiti debbono essere determinati dalla libertà degli altri a muoversi, respirando aria pulita e godendo degli stessi spazi.

Ognuno di noi compie più di tre spostamenti al giorno, percorrendo 36 km in più di un’ora. Ovviamente è una media, visto che una parte crescente della popolazione (soprattutto anziani) non si muove.

L’automobile è usata malissimo: mediamente con 1,16 persone a bordo. Una tonn. di ferro e plastica per spostare meno di 100 kg di peso. Non c’è quindi da stupirsi se la “dieta” di CO2 nei trasporti è quantificabile in tonnellate: per ogni km di un automobile, si emettono 160 gr. di CO2.

La domanda da farsi è questa: esiste un’alternativa che ci sgravi degli inconvenienti, ma flessibile rispetto alle esigenze individuali e amichevole nel trovare soluzioni?

Non è facile, ma è di sicuro possibile. Probabilmente con costi paragonabili a quelli dell’automobile e di tutti i servizi e gli investimenti che, sia il cittadino privato sia il pubblico, stanno pagando oggi per il trasporto “proprietario”.

Primo: tutte le città in cui è cresciuto il numero di ciclisti e pedoni hanno tolto spazio alle auto e hanno allargato quello per la mobilità dolce. Quando pedoni e ciclisti sono considerati una parte importante della mobilità, tendono a difendere il loro spazio dalle invasioni delle auto.

Secondo: anche i pedoni e le biciclette richiamano investimenti.

Terzo: favorire il noleggio e la condivisione.

Quarto: il trasporto pubblico deve essere più duttile, come dimostrano i successi, anche nelle nostre città, di sistemi di mobilità alternativa.

Quinto: il trasporto pubblico va messo al primo posto per investimenti e priorità nelle scelte politiche.

La politica nazionale e quella locale debbono salvaguardare il ruolo strategico del trasporto pubblico, pianificando insediamenti attrattivi del traffico lungo le linee di forza del trasorto, coordinando le offerte dei diversi operatori, integrando biglietti, servizi di abbonamento, coincidenze e fermate.

Eccola allora, l’alternativa al trasporto basato su garage famigliari pieni di mezzi proprietari, con il loro fardello di costi privati, pubblici, sociali e ambientali: uscire di casa al mattino con le nostre scarpe e un abbonamento integrato che ci consenta di viaggiare leggeri, sapendo che si potrà tornare in orario e onorare tutti gli impegni, spendendo meno e facendolo più comodamente che in auto.

L’alternativa ha dunque la forma di un abbonamento, ricaricabile o implementabile, su una carta magnatica e/o un cellulare, che faccia da navigatore per servizi di mobilità, come fermate, orari, noleggio bici, parcheggi e car sharing.

Il vero progresso non è avere strade più larghe e parcheggi più ampi per permettere l’ingresso di più macchine in città, ma poterne fare a meno. A Londra, il nuovo grattacielo di 66 piani progettato da Renzo Piano non prevede parcheggi per auto, ma solo 40 posti per disabili, consegne o auto pubbliche (taxi in sharing).

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Particolare è il caso di municipalità che scelgono di eliminare cartelli stradali, semafori e marciapiedi in centro. A Drachten, città di 45.000 abitanti, le auto circolano con gli stessi diritti e doveri di pedoni e biciclette. Si tengono presenti solo due regole fondamentali: 1) bisogna dare la precedenza a destra (anche se pedone o ciclista) e 2) è impossibile parcheggiare su suolo pubblico, perchè ciò che ostacola gli altri sarà subito rimosso. L’idea di un ingegnere tedesco, che ha dichiarato guerra alla segnaletica basandosi su un paradosso: per aumentare la sicurezza occorre rendere le strade più pericolose. Se i segnali proliferano, nessuno presta loro attenzione. Ma soprattutto, la scelta di togliere i cartelli è accompagnata da tecniche di traffic calming per limitare le auto che entrano nei centri. Così, l’automobilista si deve sentire ospite in un ambiente che non gli appartiene e, quindi, appena può smette di usare l’auto.

Nel 1991 è nata a Francoforte la prima centrale di mobilità, in Germania ce ne sono più di 60. Si tratta di uffici, che forniscono servizi, aiuto e consulenza sulla mobilità, anche via web, e telefono. Lo scopo è rendere amichevole e facile l’accesso agli strumenti di accoglienza e mobilità, informando su servizi di prossimità, sulle combinazioni di trasporti e orari con le altre funzioni come il teatro, i musei o servizi pubblici: le centrali dispongono di biglietterie, registrano e rinnovano abbonamenti, attivano convenzioni ed effettuano prenotazioni. Nella competizione globale tra città, accogliere l’ospite, è considerato marketing urbano. È un modo per dirgli: mi interessi tu (non la tua automobile). La politica dell’accoglienza nelle città italiane è imperniata sulla contrapposizione tra la difesa dallo straniero e solidarietà caritatevole: nelle città del mondo si vince integrando con servizi aperti ed efficienti.

Spetta ai sindaci, agli amministratori e alle organizzazioni sociali delle città cogliere l’opportunità e trasformare una tendenza in un piano per un futuro più gradevole e sostenibile. Anche sulla strada, nelle scelte di mobilità, può prevalere il buon senso fondato sull’”egoismo lungimirante” per, aprire la strada a una “moderna carità”.

La superficie destinata a isola pedonale è di 0,30 mq per abitante! Lo spazio regalato all’auto, è invece dieci volte tanto: oltre 4 mq a testa. Vuol dire che per far posto alle auto, la città sacrifica oltre il 10% del proprio territorio. Tutto spazio sottratto all’uso pubblico, destinato ad abitacoli privati fermi ed inutilizzati per gran parte della giornata. Nelle vie trafficate i vicini si conoscono meno, non ci si ferma a chiacchierare e i negozi chiudono. I bambini non giocano più all’aperto. L’auto ha ucciso la piazza, prima luogo di ritrovo della comunità, il traffico ha ucciso la socialità. Le vie diventano uguali, anonime, trasmettono insicurezza, nessuno ha voglia di farsi una passeggiata. E così la nostra vita si trincera al chiuso. Persino la spesa, il passeggio, lo struscio sono fatti privati, chiusi, coperti. Ci rechiamo con la nostra auto al centro commerciale che simula un centro cittadino: l’auto si posteggia fuori, ma dentro ci sono i viali pedonali coperti, le vetrine, la

pizzeria con i tavolini, gli alberi finti, l’edicola, la farmacia e il parco giochi per i bambini. Manca solo la chiesa: ma di quella non c’è bisogno, nel tempio si entra col carrello e si esce pagando alla cassa. Senza accorgersene, il cittadino nel centro commerciale perde le libertà democratiche: provate a chiedere spazio per raccogliere firme, distribuire un volantino, indire una riunione o manifestare. Vogliamo sottolineare la perdita in quantità e in qualità, dello spazio pubblico, che l’auto ha provocato. Vogliamo denunciare questa: rapina di socialità, perchè troppo spesso l’attenzione dei mass media e della politica considera solo le conseguenze sulla salute pubblica del mostruoso tasso di motorizzazione.

Come se il problema del traffico si risolvesse solo con la chimera dell’auto pulita. È attraverso la scelta intelligente e conveniente di un nuovo stile di mobilità, solo con la voluta riduzione delle

auto circolanti, la rinuncia liberatoria alla proprietà individuale di tutti i mezzi di locomozione che cominceremo a intravvedere la soluzione al problema. Ci piacerebbe che le strade e le piazze del nuovo secolo tornassero a popolarsi di pedoni, luoghi d’incontro e di gioco, e che fossero percorse da mezzi di trasporto più piccoli, flessibili, pubblici o in condivisione.

Arch. Marco [email protected]

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Quanto sta succedendo nel mar dei Carabi ha davvero dell’incredibile. La più preziosa delle risorse energetiche sta letteralmente soffocando uno dei mari più belli del pianeta.

Il petrolio, quella cosa che tutti cercano, chi l’ha in abbondanza oltre le sue necessità lo cede a caro prezzo. Interi Paesi, l’Arabia Saudita, la Libia, il Venezuela e pochi altri hanno su di esso fondano la loro monoeconomia portante. Altri lo usano come simbolo di potere, leva di ricatto verso i più deboli. Non m a n c a n e m m e n o c h i , p u r disponendone in gran quantità, non ha le tecnologie per estrarlo e lo cede in cambio di armamenti e di opere di dubbia utilità per il loro sgangherato Paese (vedi Sudan, Nigeria).

Da quella emorragia non ancora domata stanno sgorgando quotidianamente migliaia di litri di greggio che dopo un viaggio di 1500 m verso l’alto arrivo alla superficie. Sarà poi la forza delle correnti a guidare quella marea nera vero spiagge e lagune costiere. Il tutto comincia il 20 aprile quando un drammatico incidente provoca l’esplosione di una delle tante piattaforme petrolifere. Muoiono 11 persone, operai e tecnici che su di essa lavoravano. Da più di un mese da quel dramma, le immagini che i media ci mostrano sono sempre le stesse; un tubo rotto sul fondale e una nube nera che sgorga. Passano i giorni ma la scena è sempre la stessa, nessuno riesce a fermarla. Dalle stime fatte dalle autorità statunitensi pare che le quantità di petrolio disperso siano state superate di ben 12 volte. Questo indubbiamente stupisce, anche perché il tutto avviene non in Nigeria o al largo della Costa d’Avorio, in paesi dimenticati dagli uomini e da Dio, ma subito sotto lo Stato della Louisiana, vicino alla Florida, negli Stati Uniti d’America.

Quello che pero più sconcerta è stato l’appello lanciato

d a l l a B P q u a l c h e settimana fa, una sorta di concorsi di idee, una disperata richiesta di aiuto rivolta al mondo per trovare una soluzione al p r o b l e m a . U n a s t r a o r d i n a r i a d i m o s t r a z i o n e d i impotenza di questa s t o r i c a c o m p a g n i a petrol i fera, un vero colosso le cui tecnologie vengono quotidianamente messe a sistema per e m u n g e r e p e t r o l i o ovunque esso si trovi. Bizzarra la risposta di alcuni: un mandriano t e x a n o p r o p o n e d i distribuire balle di paglia lungo la costa, il loro potere spugna potrebbe a s s o r b i r e p a r t e d i quell’inquinante. Pare che

i russi abbiano proposto, in quanto già sperimentata con successo, una forte esplosione nei pressi della fuoriuscita di greggio. In queste ore sta facendo breccia l’ipotesi della cappa di fango sparata ad alta pressione poi coperta da cemento dopo chi i vari tentativi fatti con campane e relativo tubo di suzione hanno fallito. I sistemi di sicurezza e di pronto intervento per incidenti a quelle profondità pare non esistano, quanto sta avvenendo ne è la prova. A questo punto non ci resta che pensare ad una triste verità; pur di aggiudicarsi quella preziosa risorsa si va oltre ad ogni ragionevole rischio – ci serve e lo prendiamo dove si trova … speriamo non succeda nulla. E se succede, pazienza questo è il costo di questa sorta di progresso drogato ove le parole astinenza, declino, recessione non debbono essere pronunciata nemmeno sottovoce. Questo è anche quanto traspare dagli interventi di Obama, fa la voce grossa, si ripete, minaccia, ma nonostante la sua elevatura di uomo dal pensiero innovativo e nel contempo potente, mostra tutta la sua dipendenza da un bene primario del quale è impossibile

fare ameno.

Intanto cosa succede; scene di un film già visto; muoiono i pellicani e le tartarughe, la pesca, l’acquacoltura e il turismo subiranno rilevanti danni. Truppe di volontari e militi della guardia civile raccolgono con badili quanto finisce sulla spiaggia, in mare una flotta di battelli antinquinamento stendono panne galleggianti per raccattare quanto possibile. Molto di quel materiale finirà sui fondali non appena volatilizzate le frazioni più leggere. Rimarranno sul fondo per anni. Da quei grumi un perenne stillicidio di sostanze pericolose passerà nelle acque e n e g l i o r g a n i s m i m a r i n i , p o i , irrimediabilmente, nei piatti dei consumatori.

Per noi “adriatici” questo caso ci porta alla memoria quell’evento che accadde ad una

Morire di indigestione da petrolio

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Le Brevi dall’Italia

Ammonta a più di 3 miliardi di Euro la spesa degli italiani nell'arco di un anno per acquistare prodotti a Km zero. A rivelarlo un’indagine promossa da Coldiretti. Negli ultimi anni si è creata una vera e propria rete, fatta di 500 mercati agricoli, 18 mila agriturismi e 1200 distributori di latte fresco. Grazie a questa tendenza Coldiretti ha presentato anche il primo prototipo di “bancomat del Km zero”, un selfservice di prodotti freschi, tutti rigorosamente locali. In pratica un modo nuovo di fare la spesa, 24 ore su 24. Acquistare a Km zero, sottolinea sempre Coldiretti, significa innanzitutto avere la certezza della freschezza e della genuinità di un prodotto, oltre che ridurre in maniera considerevole l’impatto ambientale dovuto al trasporto dei prodotti ortofrutticoli.

Agli italiani piace il km

Il comparto industriale legato al riciclaggio delle materie seconde fornisce ormai il 50% della materia prima necessaria per le industrie dell' acciaio, dell' alluminio, della carta e del vetro. Lo scrive Chistian Benna su Economia Italiana del quotidiano La Repubblica.

Nonostante gli effetti della crisi che hanno ridotto circa il 10% nei quantitativi prodotti, i numeri del riciclo di materia seconda derivante da rifiuti per lo più raccolti in modo differenziato sono in Italia davvero importanti e confermano il peso crescente dell'economia verde, con effetti importanti sulla sostenibilità dello sviluppo: 20 milioni di tonnellate di metalli; 5,5 milioni di tonnellate di carta; 4,8 milioni di tonnellate di legno; 1,8 milione di tonnellate di vetro.

Anche percentualmente i dati sono molto interessanti: la percentuale di materia seconda è dell' 80% per l'alluminio, oltre il 60% per l' acciaio, quasi il 60% per la carta e circa il 40% per il vetro. 

Il nord (Emilia-Romagna compresa) produce la gran parte delle materie seconde(70%), il centro il 18%, il sud il 12%. In Italia 6.000 impianti per il riciclo, con capacità complessiva di trattamento di 150 milioni di tonnellate.

Riciclo e Materie Seconde: numeri importanti

piattaforma dell’ENI al largo della costa ravennate nel lontano 29 settembre 1965. Si chiamava “Paguro” esplose in una notte nera con il mare mosso, morirono in tre: Pietro Peri, Arturo Biagini e Bernardo Gervasoni. La trivella aveva intaccato un giacimento di metano con una pressione non prevista. Il pozzo cedette e si incendiò. Oggi quella struttura è ai più nota come una meta per subaquei. Quelle lamiere contorte sono nel tempo diventate dimora di organismi marini appartenenti a tutte le classi faunistiche marine, li il pesce abbonda. Un artficial reef di straordinaria bellezza divenuto nel 1995 per volontà di molti Zona di Tutela Biologica e nel 2009 Sito di Interesse Comunitario.

Al largo delle coste dell’Emilia–Romagna sono circa 45 tra pozzi e piattaforme di perforazione le strutture che emungono metano. Una importante risorsa per un Paese come il nostro eternamente affamato di energia. Il petrolio ci manca. Lo estraiamo in piccole quantità nel

meridione, il resto lo importiamo. Ad alcuni, anche a fronte degli e v e n t i i n c i d e n t a l i c h e periodicamente si verificano, verrebbe da esultare. Va comunque ricordato che se in questo un po’ di verità può esservi, non siamo scevri da rischi di questo genere. Il fragile Adriatico è percorso da decine di petroliere e navi chimichiere che settimanalmente lo percorrono in lungo e in largo. Speriamo nella buona sorte e nelle capacità dell’uomo di ridurre i rischi al minimo affinché incidenti di

questo genere non si possano mai verificare. Sarebbe una catastrofe dai contorni davvero inquietanti. In questo caso la differenza la farebbero la dimensione del nostro piccolo mare, le sue basse profondità e le sue deboli correnti.

Attilio Rinaldi

Presidente Centro Ricerche Marine di Cesenatico

Spettabile Redazione,

trovo apprezzabile che la Garzetta si presti al dibattito sulle tecnologie agricole.

Desidero contribuire replicando a quanto scritto nell'articolo, firmato da Antonio Borsotti (OGM in agricoltura: l'ora del made in Italy?).Il concetto di biosicurezza può essere applicato agli OGM, a differenza dei prodotti di altre tecnologie tradizionali, proprio perché la modifica apportata è nota e controllabile.

Tutti gli OGM destinati al consumo umano devono sottostare alla stessa procedura di approvazione prevista per i farmaci, che include prove di tossicità e allergenicità. In generale, passano più di dieci anni tra lo sviluppo di un OGM e la sua commercializzazione, per valutarne la prestazione agricola, la stabilità della modifica genetica, e l'assenza di effetti negativi sulla salute umana.

Ciò non vale per le piante selezionate, ad esempio, in seguito ad impollinazione libera o mutagenesi indotta (in cui le modifiche del genoma sono casuali), né per le specie coltivate introdotte ex-novo, come il kiwi.

Incidentalmente, le patate GM recentemente autorizzate per la coltivazione in Europa hanno uso tecnologico (produzione di carta), eventualmente zootecnico, ma non alimentare umano.

Non è corretto affermare che gli OGM progettati per resistere ad insetti ed erbicidi comportino un uso intenso di trattamenti. Al contrario, le piante resistenti ad insetti permettono di non trattare contro di essi; quelle resistenti ad erbicidi permettono di risparmiare sulle lavorazioni del terreno, con beneficio sia per il coltivatore, sia per microflora e fertilità del suolo.

Tra le raccomandazioni d'uso, fornite dagli stessi distributori delle sementi GM resistenti, c'è quella di

prevedere "isole" (parcelle di seminato non-GM) dove parassiti e patogeni possano rifugiarsi, senza essere forzati ad evolvere contro-resistenze.

Dal punto di vista sociologico, il costo di produzione di una derrata alimentare in condizioni non adatte equivale a quello di importazione da una regione in cui la sua produzione sia più agevole. Pertanto lo sviluppo di colture (che generino reddito e non necessariamente cibo) adatte anche a condizioni difficili, eventualmente per via transgenica, ha perfettamente senso.

Paesi tra cui Cina, India, Brasile e Sudafrica, con grandi regioni agricole spesso arretrate, fanno largo uso di OGM, ed (non solo, ma) anche grazie a questi se possono contenere il problema della fame.

L'adozione degli OGM non determina l'omologazione varietale: esistono centinaia di varietà GM per ogni coltura. Inoltre, la stessa salvaguardia di varietà locali può passare dalla transgenesi: è l'esempio del pomodoro San Marzano, pressochè estinto da un virus, di cui è stata creata una variante resistente, ma mai

approvata per la coltivazione proprio perchè G M . ( I l S a n Marzano che si t r o v a comunemente in realtà un ibrido.)

L e s t e s s e multinazionali p r i v a t e commercializzano la grande maggioranza delle sementi, sia GM sia non-GM. I limiti alla sperimentazione e coltivazione d i O G M i n

Europa hanno piuttosto tagliato le gambe allo sviluppo di piante transgeniche da parte di enti pubblici e per scopi di utilità pubblica (come nel caso del San Marzano, prodotto da un'università statale). Nel caso cinese, tutti gli OGM coltivati derivano dalla ricerca pubblica.

In conclusione, va ricordato che le biotecnologie sono uno strumento in grado di risolvere problemi ben definiti (come la resistenza ad un patogeno, piuttosto che la fame nel mondo), e la cui utilità può essere discussa, ma esclusivamente su casi specifici. Infatti il termine OGM non indica né una tipologia di prodotti, né delle qualità intrinseche, quanto piuttosto la tecnologia con cui sono stati ottenuti.

Sarebbe infine utile che i temi di carattere ambientale perdessero una connotazione "di destra" o "di sinistra" e contribuissero allo sviluppo sociale e politico in base al relativo valore scientifico.

Dr. Antonio Cellini(biotecnologo vegetale)

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Lettere dai lettori Chiunque volesse mandare lettere o articoli può farlo a [email protected]

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Una vacanza "contro" il

consumo di territorio.

L'ALBERGO DIFFUSO

Come spiegato nella presentazione di Giancarlo Dall’Ara, Presidente Associazione Nazionale Alberghi Diffusi, sul sito internet www.alberghidiffusi.it, la nascita e la diffusione dell’Albergo Diffuso rientra in una tendenza generale di evoluzione/esplosione dell’offerta turistica, che ha fatto parlare di trend da “verticale a orizzontale”.

Il modello dell’albergo diffuso, messo a punto negli anni ’80, si è sviluppato rapidamente ed è oggi riconosciuto da 13 Regioni italiane.

L’albergo diffuso è in primo luogo un albergo "orizzontale", che non si costruisce, ma che nasce mettendo in rete case vicine tra loro, che diventano le camere di una struttura in grado di offrire tutti i servizi alberghieri, dall’assistenza alla ristorazione, agli spazi comuni per gli ospiti.

Non è una semplice sommatoria di case, ma una vera e propria struttura ricettiva alberghiera originale. Gli edifici che lo compongono sono di norma case di pregio, o almeno abitazioni tipiche, di sapore locale appunto, in un contesto di interesse storico e culturale, ristrutturate e ammobiliate in modo tale da coniugare i comfort dei servizi con l’autenticità della proposta.

Non solo: il centro storico, o il borgo nel quale sorge l’Albergo Diffuso, si caratterizza per un numero di abitanti tale da garantire agli ospiti la possibilità di avviare relazioni, di avere rapporti interpersonali con i residenti e gli altri ospiti. L’idea di base è che, più che clienti di un albergo, si è per qualche giorno parte di un vero e proprio vicinato, qualcosa che ha a che vedere con la vita di una comunità “temporanea”.

Ma un albergo diffuso è anche un modello di sviluppo turistico territoriale, e proprio per questo può essere utile considerarlo come un esempio di sviluppo locale sostenibile; un modello di sviluppo del territorio anche perché i suoi confini non coincidono con quelli della struttura, degli edifici, ma si allargano al territorio circostante che è parte integrante dell’offerta.

Attualmente in Italia gli alberghi diffusi sono una quarantina, ed hanno dato vita all’Associazione Nazionale che è attualmente impegnata ad esportare il modello nei paesi del mediterraneo, con il vincolo di continuare ad utilizzare la definizione in italiano.

Il 27 giugno 2008 l'Albergo Diffuso è stato premiato come migliore pratica trasferibile per stimolare la

crescita delle economie regionali nei Paesi in via di sviluppo da parte dell’United Nations Development Programme delle Nazioni Unite, e, in occasione dell’ultima edizione della BIT di Milano, ha ricevuto il premio “Turismo Responsabile”.

Un pó casa e un pó albergo, l'albergo diffuso si é rivelato particolarmente adatto per valorizzare borghi e paesi con centri storici di interesse artistico od architettonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare, vecchi edifici chiusi e non utilizzati ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni.

Questa formula, che non conoscevo, l'ho scoperta in un soggiorno in Basilicata, a Pietrapertosa, un paesino di 1.200 anime, adagiato su una parete rocciosa di guglie e picchi nelle Dolomiti Lucane.

Un paesino che probabilmente non offre moltissime possibilità di lavoro e ha voluto provare a rivitalizzarsi aggiungendo alla bellezza del panorama e delle passeggiate il Volo dell'angelo: due cavi di acciaio agganciati alle pareti di Pietrapertosa e Castelmezzano, permettono di volare a 500 metri di altezza, percorrendo la distanza tra i due paesi in andata e ritorno.

La scommessa è riuscita, i visitatori sono aumentati, e così la richiesta turistica.

Per il pernottamento, però, invece di costruire un bell'albergo, magari a valle, nuovo e “di serie” si è deciso di creare un albergo diffuso, recuperando immobili esistenti, alcuni anche incastonati nella roccia, che diversi proprietari hanno messo in comune creando una sorta di cooperativa.

I proprietari, a rotazione, mettono a disposizione un po' del loro tempo (svolgendo quasi tutti anche un altro lavoro) per accogliere e accompagnare i turisti, fornire loro informazioni di ogni tipo, comprese quelle storico-architettoniche-culinarie e rimanere a disposizione per ogni evenienza.

La sensazione del soggiorno è quella di andare a trovare degli amici che ti mostrano orgogliosi il loro paese natio...

Insomma, un'esperienza da ripetere e da consigliare!

Mara Roncuzzi

L’ecologia in pratica!Ecco a voi una piccola

rubrica con consigli pratici o suggerimenti

per vivere concretamente in

maniera ecologista!

La Garzetta

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L’ amianto, un problema “rimosso” e sottovalutato

Il giudice Riverso è tornato a parlare di amianto. Ha ricordato come in provincia di Ravenna si contino già oltre 200 morti. Ha detto che il picco delle morti, dato i tempi di latenza delle malattie correlate, avverrà fra il 2018 e il 2020. Ha rilevato come ancora non sia stato istruito un processo in sede penale per le evidenti responsabilità di molte aziende ed ha accusato i sindacati di non avere fatto abbastanza.

Negli ultimi dieci anni di lavoro al sindacato, nella mia funzione di direttore provinciale dell’Inca, sono stato testimone di questa tragedia. Posso dire che il giudice ha ragione. I sindacati si sono occupati molto della vicenda, ma pressoché esclusivamente per il r iconoscimento dei benefic i previdenzial i (pensionamenti anticipati e rivalutazione delle pensioni in essere per gli esposti) con cause contro l’Inps. Con costi a carico del sistema previdenziale, quindi degli stessi lavoratori. Nulla o quasi per azioni volte direttamente contro le imprese, molte volte responsabili acclarate di responsabilità dirette delle morti per avere costretto/consentito i lavoratori di maneggiare l’amianto senza adeguate protezioni, pur sapendo dei possibili danni. Questo è stato particolarmente evidente dove più esteso si è rilevato il problema, come nell’area portuale e industriale di Ravenna. Probabilmente la ragione sta nel conflitto di interessi fra socio – lavoratore – sindacato per i lavoratori portuali e delle cooperative e nello storico consociativismo fra sindacato e azienda nel caso dell’Enichem.

Essendo stato, come ho detto, testimone di questa tragedia, ho continuato ad occuparmene anche negli anni della mia esperienza di assessore dove ho potuto ancora una volta toccare con mano quanto sia arduo mettervi il naso dentro. A mio parere, il nodo della vicenda è costituito dalla volontà, o meno, di individuare la vera essenza del problema e, conseguentemente, di risolverlo. Certo, indennizzare le persone colpite o i superstiti con un po’ di soldi, chiamare a rispondere delle proprie responsabilità le aziende sono certamente obbiettivi da realizzare.

Ma il vero problema è la rimozione dal territorio delle centinaia di migliaia di tonnellate di amianto/eternit, tutt’ora presente. Per la ragione che questo materiale col tempo si decompone, permettendo, se non trattato con vernici o rimosso, che le f i b r e s i v o l a t i l i z z i n o nell’ambiente e che quindi possano essere respirate da chiunque.

Questo è il vero problema che tutti, sindaci e amministratori in testa, sanno esistere.

Dicevo della mie esperienze di amministratore. Appena delegato ricevetti la segnalazione di alcuni cittadini con la quale mi rendevano partecipe delle preoccupazioni loro derivate dallo stato di incuria di alcuni capannoni coperti di eternit.

Segnalai il fatto all’Ausl che fece subito i rilievi del caso. In poco tempo rispose che era in essere una situazione di pericolo reale e intimò la proprietà di rimuovere l’amianto in un tempo dato. Cosa che puntualmente avvenne. Fui contento di avere promosso un’azione di tutela della salute pubblica e del risultato ottenuto. Pensai che quell’azione potesse essere l’inizio di un lavoro su larga scala, ma al posto verificare entusiasmo captai attorno a me freddezza. Colsi che forse il problema non era chi inquinava il territorio, ma chi denunciava questo inquinamento. Successivamente proposi in ambito provinciale, come azione dei Piani per la Salute, che fosse definito un progetto per la rimozione dell’eternit; un alto dirigente dell’Ausl rispose quasi negando il problema e adducendo al pericolo di ingiustificato allarmismo. Non se ne fece nulla.

Allora che fare? Capisco la portata del problema, tutte le sue sfaccettature, ma se sta a cuore la tutela della salute dei cittadini dal pericolo amianto, bisogna intervenire. La prima proposta è parlarne, seriamente. Ad esempio, la provincia potrebbe coordinare i comuni, lʼAusl ed Hera per definire un progetto che preveda:

1.lʼindividuazione delle modalità di smaltimento univoche sul territorio provinciale; 2. l'informazione capillare a tutte le famiglie e attività produttive circa i danni da amianto e come intervenire; 3. lo schema di una ordinanza sindacale con la quale imporre in un tempo dato il trattamento o lo smaltimento dellʼamianto in decomposizione.

Domenico Sportelli

Ma il vero problema è la rimozione dal territorio delle centinaia di migliaia di tonnellate di amianto/eternit, tutt’ora presente.

D’zogn la vida l’è in fiòrE ta la sent da l’udor

(In giugno la vite è in fioreE la senti dall’odore)

E, anche

D’zogn l’uva la ligaE u s’madura la spiga.

(In giugno l’uva allega,e matura la spiga)

Giugno!

Mese importante per i lavori nei campi.

Il solstizio d’estate, il 21 giugno, pone quasi un divisorio fra quello che è stata la preparazione e quello che sarà la raccolta, il frutto finale.

Solitamente è proprio il giorno 24 giugno, S. Giovanni – ne abbiamo parlato abbondantemente l’anno passato – che si inizia la mietitura del grano, invocando S. Giovanni, e infatti si suole dire:

San Zvan l’è sora i mdur,San Pir sora ai sgadur(San Giovanni è sopra (protegge) i mietitoriSan Pietro (protegge) i falciatori).

Infatti appena finita la mietitura si inizia a falciare il fieno D’zogn

Bat la felza ch’u ngn’è bsogn(In giugno

Batti la falce che ce n’è bisogno).Poi, importante

29 giugno – festa di San Pietro e Paolo

E’ questa una festa che è da osservarsi scrupolosamente, sebbene più per sottointeso interesse che per manifesta devozione. Perché a quegli che non rispetta il suo giorno, san Pietro non aprirà la porta del Paradiso al suo presentarsi nell’eternità dei beati; anzi dalla divina soglia lo ricaccerà via, menandogli sulla faccia le chiavi d’oro da cui il famoso detto: u i sbattè la cie^v int la fazza. (Luciano De Nardis)

Come vedete il mese di Giugno è pieno di usanze, impossibile rispettarle tutte ma, la mattina del 24 giugno se vi cospargerete gli occhi con la rugiada della notte, i vostri occhi ne trarranno un beneficio incredibile (meno, molto meno, le tasche degli oculisti)

La ricettina al prossimo mese

Ciao e buon solstizio d’estate a tutti

Paolo Turchetti

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Il proverbio del mese

La Garzetta