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Arte e Cultura

Lisandro, addestratore, e cantore della tradizione gaúcha,si avvicina per declamare dalla sella i versi di un famosopoeta e musicista uruguagio:«e dico alle pietre di confineperché tutti lo sappiano, questi sono i campi dei miei avi,parte della mia carne, fiume appassionato che mi arde nel-le vene, gridando ai venti spiranti di America, che qui nonfinisce il mio amore per la Terra». Quando si allontana, ilcavallo corre leggero sull’erba, mentre l’eco dei versi è an-cora nell’aria. Un sentimento di profondo rispetto per la natura e una cul-tura condivisa, al di là delle frontiere, accomuna chi vivenel Pampa. In quechua, lingua aborigena dell’America delSud, significa “regione piana”, per le estese pianure coper-te da una bassa vegetazione, che coprono due terzi dellostato brasiliano del Rio Grande do Sul, l’Uruguay e alcuneprovince dell’Argentina. Il Pampa (in spagnolo, la Pampa e gaucho) è uno dei seibiomi terrestri del Brasile, al pari dell’Amazzonia. Un ecosi-stema naturale con una straordinaria diversità biologica, ta-le da renderlo unico al mondo. Lungo le sponde dei fiumicresce fitta e intricata la mata ciliare, la foresta vergine. Vipuò capitare di affacciarvi dal ciglio di un poggio e rimane-re attoniti di fronte allo spettacolo della vita così intensa, in-tricata e sterminata, da rievocare i giorni della creazione. IlBioma Pampa ospita 3000 piante vascolari, 385 uccelli, 90mammiferi. Chi abita questi territori, vi dirà di sentirsi non ilpadrone, ma solo il custode della meraviglia creata da Dio.

Diverse specie endemiche nel regno vegetale e animale so-no state classificate solo di recente, o attendono di esserlo.Un paesaggio dagli orizzonti sconfinati, percorso dai gaúchosa cavallo, dove i capi bovini e ovini pascolano indisturbati.Su questi campi nativi, così ricchi in ogni stagione di moltevarietà differenti di leguminose e graminacee, si alleva un be-stiame di eccellenza, perché la razza deriva da una geneti-ca di primo lignaggio ed è allevato sul campo, producendodalla natura per la natura, utilizzando un pasto nativo che èlo stesso Bioma Pampa. Piatto tipico gaúcho, il churrascoesalta il sapore succulento delle carni, cosparse di sale e cot-te alla brace su grandi spiedi.La presenza del bestiame è tratto distintivo della storia edella geografia economica del paesaggio. Nel secolo XVIIi missionari gesuiti in queste terre, segnate dalla presenzaindigena, introdussero i cavalli e l’allevamento, tuttora pri-maria fonte di reddito. Nel 2010 la fiera Expointer, a Esteio,ha contato 561.000 visitatori e un giro di affari di mezzomiliardo di euro. L’habitat pampeano è fragile. Una specie su cinque di fau-na campestre nel Rio Grande do Sul è minacciata di estin-zione. Limitandosi all’avifauna, il numero di specie a rischioè lo stesso dell’Amazzonia, che occupa una superficie ven-ti volte maggiore e possiede una quantità di uccelli tre vol-te superiore. È triste immaginare nel futuro una “primave-ra silenziosa”, come paventava nel 1962 Rachel Carson,allarmata dall’indiscriminato impiego sul pianeta del DDT.Negli ultimi decenni più di metà dell’ambiente originario delPampa ha visto mutare il suo paesaggio originale. A mettere in pericolo la biodiversità sono molteplici fattori. Unodei più devastanti è la monocoltura di alberi esotici, introdot-ta dalle multinazionali della cellulosa su estensioni di centi-

I gaúchos cavalcano con innata eleganza,

sullo sfondo di un cielo incendiato dal rosso

del tramonto.

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Il bioma Pampa

e il Deserto verdedi Paolo Giardelli

Sopra Un bel fiore di Mandevilla Coccinea.

A fronte in alto Bestiame allo stato brado nei dintorni di Santana do Livramento.

Sotto Tramonto nel Pampa.

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naia di migliaia di ettari in questo come in altri Stati del Bra-sile. Si tratta di un fenomeno mondiale, esteso dal Cile al SudAfrica, dall’India all’Indonesia, nato negli anni Cinquanta conil sostegno della FAO in nome della Rivoluzione Verde e del-la riduzione di CO2 nell’atmosfera. Altri organismi internazio-nali, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, ONU,hanno contribuito a diffondere questo modello.Alberi clonati e transgenici non sono foreste. La foresta rap-presenta uno straordinario pullulare di energie e voci dif-ferenti, dove ogni essere che vi risiede segue un peculia-re ciclo biologico. Qui tutto vive e si esprime, mentre nel-le artificiali fabbriche agricole regna morte e silenzio. In Bra-sile e Uruguay li hanno chiamati deserti verdi, soldati pian-tati li definiscono i leggendari Mapuches del Cile o dell’Ar-gentina. Corsi e ricorsi della storia, la parola deserto fu giàapplicata nel secolo XVIII a questi territori per lamentare laformazione di immensi latifondi, scarsamente popolati.Le piantagioni omogenee, sorte dove le condizioni climati-che favoriscono una rapida crescita e le leggi sono più per-missive, modificano l’ambiente e la vita delle persone. L’eucaliptocoltura è dominante, insieme al pino e in misuraminore all’acacia nera. La biologa Maria Carmen Sestren Ba-stos lavora in un’unità di conservazione della capitale del Rio

Grande do Sul, Porto Alegre, e appartiene alla ONG Ingá, im-pegnata nella tutela ambientale:«La riduzione degli animaliè accertata. Ci sono ricerche sulla scomparsa di rettili, i qua-li sono molto dipendenti dall’insolazione. Le piantagioni so-no molto grandi, vi sono specie che possono morire tentan-do di attraversare o fare il giro degli alberi, perdono l’orien-tamento. La vegetazione fittamente arborea modifica l’alimen-tazione a cui gli animali sono abituati in una vegetazione bas-sa. La fauna non vive lì dentro, c’è erosione, meno acqua.È tutto verde, ma in verità è un deserto». Si possono percorrere chilometri in auto circondati da unafitta rete di strani alberi tutti eguali. Dal 2001 l’area occu-pata dai monocoltivi è cresciuta nel Rio Grande do Sul da400.000 a 700.000 ettari. Un ettaro è poco meno di un cam-po di calcio. Una delle conseguenze più gravi è l’erosionedel suolo e il prosciugamento delle risorse idriche. Nella Pam-pa argentina il flusso d’acqua si è ridotto della metà. Alcu-ne cifre sono più efficaci delle parole. Un albero adulto diEucaliptus saligna, il più coltivato, consuma 19,6 milioni dilitri d’acqua all’anno. Un ettaro di 2200 alberi consuma 49,6miliardi di litri d’acqua. Non essendo sufficiente la pioggiaa placarne la sete, la differenza è ricavata dal suolo e sot-tosuolo. Quanto alle fabbriche di cellulosa, ogni impianto

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necessita di enormi quantità al giorno e inquina il bacinod’acqua su cui si affaccia. I danni sono molteplici, dai pe-sticidi impiegati nelle piantagioni alle emissioni di gas no-civi delle fabbriche, dalla tossicità al suolo delle foglie di eu-calipto al pericolo d’incendio. La carta marrone non piace,ma se si conoscessero i costi ambientali e alla salute uma-na provocati dal processo chimico di sbiancamento, forsesi potrebbe rinunciare al colore bianco.Al negativo impatto ambientale si somma quello sociale, cheinteressa la regione con la maggior concentrazione di agri-coltura familiare dell’America Latina. Queste imprese espor-tano più del 90% della produzione all’estero e non dannoimpiego, essendo un lavoro altamente meccanizzato. Unasola macchina taglia, sfronda, scorteccia e riduce in pezzi60 piante all’ora. La poca manodopera saltuaria è terzieriz-zata e sottopagata. I contadini, accerchiati dalla silvicoltu-ra, con i coltivi perennemente oscurati da un muro di albe-ri, invasi dagli animali in fuga, si trovano isolati, senza piùvicinato e scuole per i figli. Finiscono per cedere: vendonola loro terra e finiscono nelle periferie urbane senza lavoro.Insieme a loro vanno scomparendo le sementi native.Il Pampa è la terra del gaúcho, “colui che canta triste”, il mi-tico mandriano che segue a cavallo le mandrie allo stato bra-do sparse su enormi praterie. Dove si piantano alberi clona-ti, non può esserci bestiame, e, dove manca questo, non esi-ste il gaúcho. La massa compatta di alberi chiude orizzontidi vita. La cultura gaúcha - nella quale confluiscono radiciazoriane, influssi lusitani e spagnoli - scompare. Il sacrificiodi tante generazioni di emigranti europei, tra i quali nume-rosi di origine italiana, rischia di andare perduto. Ancora peg-giore la minaccia alle etnie più fragili come i Quilombolas,gli afrodiscendenti degli schiavi fuggiti per dare vita a comu-nità libere, e gli Indios, che già conobbero la violenza dellacolonizzazione. Gli Indios non possono esercitare caccia eraccolta, né crescere il grano delle loro sementi, indispen-sabile alle cerimonie religiose.

ONG, organizzazioni sociali e ambientaliste, movimenti co-me la Rete di Vigilanza sul Deserto Verde, sindacati e as-

sociazioni religiose si sono schierati con decisione a favo-re della salvaguardia dell’ambiente e degli uomini del cam-po, consapevoli degli enormi interessi in gioco, a partire dal-la riforma agraria e quella, attualmente in discussione, delcodice forestale. Vi sono riserve ecologiche come il ParcoNaturale Morro do Osso, a Porto Alegre, nato vent’anni fada una presa di coscienza collettiva di istituzioni e sogget-ti diversi, al fine di proteggere la biodiversità e svolgere ini-ziative di studio e educazione ambientale. Un recente progetto riguarda l’area di protezione ambienta-le (APA) di Ibirapuitã, e abbraccia quattro comuni della par-te meridionale del Rio Grande do Sul: Alegrete, Quaraí, Ro-sario do Sul e Santana do Livramento. Sostenuto dall’Unio-ne Europea, attraverso i fondi URB-AL, vuole coniugare pre-servazione dell’ambiente e sviluppo sostenibile, nella prospet-tiva di creare un parco internazionale transfrontaliero. L’uomo deve rimediare alla fragilità della natura di cui si èreso responsabile. Cleo è un agricoltore familiare, nel cui san-gue scorre sangue spagnolo, portoghese, italiano e tedesco.Il suo lavoro ha trasformato un terreno desolato e pietroso inun paradiso. Mi dice che il compito di ogni uomo è lasciarequalcosa di buono a chi verrà dopo di noi. Ma su di lui e lasua famiglia si allungano le ombre della piantagione di eu-calipto che sta circondando la sua fattoria.

Bibliografia

Campos Sulinos, conservação e uso sustentável da biodiversidade,Brasília/DF 2009Lavouras de Destruição: a (im)posição do consenso, organicação A.Texeira Filho, Pelotas 2009O Latifúndio dos Eucaliptos, Via Campesina, Rio Grande do Sul 2006P. A. Zarth, Desertos verdes e latifúndios na história da campanhado Rio Grande do Sul, s.d.

In alto a sinistra Addestramento del cavallo crioulo, Bagé, Chàcara da Roseiras.A destra Prova a cavallo nel Freio de Ouro.

A fronte in senso orarioCosta do Camaquã, panorama sulla mata ciliare.In direzione di Canguçu. Fattoria circondata da una piantagione di alberi.Sant’Antonio (Caxias do Sul), competizione con il lazo in un rodeo.Encruzilhada do Sul, paesaggio.

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