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Il teatro drammatico si riscatta da una concorrenza schiacciante del teatro d’opera,

cambia l’idea di spettacolo costruita non più intorno ad una funzione educatrice ma

decisamente d’intrattenimento, più vicina ai valori e alle aspirazioni della propria

realtà sociale, meno declamatoria, eroica e romantica e più intima e borghese. Sono gli

anni del teatro “naturalista” o “verista”, la stagione di d’Annunzio e di Eleonora Duse.

La produzione lirica, da grande fenomeno culturale di massa unificante la cultura e la so-

cietà italiane dell’Ottocento, si orienta verso forme sempre più elitarie che pongono in cri-

si irreversibile il modello gestionale dell’impresariato. È una crisi fondamentalmente cul-

turale legata all’esaurimento del ruolo sociale e politico del melodramma e alla conse-

guente difficoltà che incontrano i compositori. Puccini ottiene un travolgente successo nel

1904 con la Butterfly al Politeama Genovese ma le sue opere si succedono con estrema len-

tezza e il pubblico non può reggere se deve attendere sette anni per una nuova opera di

successo. Il teatro lirico si avvia a diventare progressivamente un museo dell’opera e del

balletto riscattato soltanto dalla fama e dal valore di grandi interpreti di canto, da qual-

che coraggioso ma sporadico “repechage” del passato, da ancora più isolati tentativi di

svecchiamento dell’arte della danza come la sfortunata presenza di una coreografia dei

“Ballets Russes” di Diaghjlev con il ballo Cleopatra di Michel Fokine presentato al Carlo

Felice nel gennaio del 1912. Forse sta proprio in questa condizione della cultura genove-

se la spiegazione del successo che il teatro di Wagner incontrerà a Genova dal 1900 al 1914,

accolto non sempre bene dal pubblico e dalla critica, osannato invece dai socialisti geno-

vesi de Il Lavoro, come l’autentico “teatro del popolo”, “rivoluzionario”.

L’interesse del pubblico borghese si orienta gradatamente sempre più verso il teatro leg-

gero, l’operetta, il café-chantant, la rivista, mentre il pubblico popolare va in visibilio per

i drammi tracciati con forte tinte patetiche e passionali, secondo lo stile dei drammi

d’appendice, accoglie con grande favore la nascita e lo sviluppo di un teatro filodramma-

tico indirizzato su linee politiche-pedagogiche di stampo socialista e verso il teatro dia-

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Con il nuovo secolo cambia la società e con essa la cultura teatrale,il gusto del pubblico e le forme dello spettacolo. Dopo la stagionerisorgimentale che ha visto il trionfo del melodramma verdiano e dell’edificio teatrale inteso come “tempio laico” della città e della cultura ottocentesca e prima della “resurrezione teatrale”genovese degli anni ‘90 del XX secolo, il periodo compreso fra il 1890e il 1915 vede la più straordinaria fioritura di sale e attività di spettacolo a Genova ed in Liguria.

Teatri e scene nell’età del Liberty in Liguria

di Franco Ragazzi

A fronteTeatro Eldorado di Genova della EsposizioneColombiana: manifestopubblicitario. Stampalitografica, 1892.Collezione privata.

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lettale che in questi anni giungerà alla sua autonomia e ai maggiori successi, affolla sem-

pre di più le sale cinematografiche. A Genova i teatri costruiti in questo periodo si ag-

giungono alla solida struttura teatrale ottocentesca che rispondeva egregiamente alle at-

tività del tempo. I nuovi locali vengono pertanto incontro ad una nuova qualità della do-

manda di spettacolo caratterizzata dall’affermazione del teatro leggero, dall’operetta al ca-

fé-chantant.

Si rinnovano secondo nuovi canoni estetici, funzionali (adattamento a sala cinematogra-

fica) e strutturali (sostituzione delle strutture in legno con il cemento armato) anche mol-

ti antichi teatri ottocenteschi come il Politeama Genovese (1895), la Sala Sivori dove nel

1896 vengono proiettati i primi film dei fratelli Lumière, il Colombo (1898), l’Apollo (1904),

il Paganini (1907).

La realizzazione della “Esposizione colombiana” del 1892 sulla spianata del Bisagno deter-

mina la scomparsa del Politeama Alfieri. Demolito l’Alfieri del Bisagno ne sorge un altro in

Carignano sull’area dell’Arena Alessi. Il nuovo teatro chiamato Arena Politeama Alfieri vie-

ne inaugurato nel 1893 e presenta programmi orientati prevalentemente verso le operette e

il varietà. A pochi passi, fra via Corsica e via Nino Bixio, sorge l’Alcazar, un monumentale

complesso con bagni, piscina, ristorante, caffè-concerto. Viene inaugurato dopo ben otto

anni di lavori, dalla compagnia Ferravilla nel 1892 e si rivela il senso straordinario degli af-

fari e dello spettacolo di Daniele Chiarella, un impresario nato dal nulla che giunge a dete-

nere il monopolio pressoché assoluto delle scene genovesi. Uno dopo l’altro acquista, ri-

struttura, gestisce un gran numero di locali: suoi sono il Balilla che trasforma nel primo e

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Genova, Lido d’Albaro:il Salone in unacartolina del 1908.Collezione privata.

Aldolfo Coppedé,“Grand RestaurantOlimpia” a Genova.Cartolina del 1912 circa.Collezione privata.

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secondo Alfieri, suo è l’Andrea Doria che diventa il Politeama Margherita, suoi sono l’Alca-

zar e l’Alfieri di Carignano, nel 1889-90 assume anche l’impresa del Carlo Felice. Dal 1886

s’impone anche a Torino con l’Alfieri e il Carignano e con il teatro che porterà il suo nome.

I suoi figli Achille e Giovanni amplieranno ancora l’impresa paterna al Paganini e al Giar-

dino d’Italia. L’ultima impresa teatrale di Daniele Chiarella è un nuovo Andrea Doria co-

struito sulla spianata del Bisagno. Forse si tratta proprio di quel “Padiglione presso Porta Pi-

la” che nel 1898 diventa il primo cinematografo stabile della città e uno dei primi in Italia:

una ulteriore conferma delle capacità del Chiarella nell’anticipare i gusti del pubblico. Nel

1895 nasce il Teatro Podestà decorato da Giuseppe Mazzei.

Il simbolo teatrale del nuovo secolo, come sottolinea il voluminoso numero unico Genova

Nuova, è il Teatro Verdi, il primo teatro sotterraneo costruito sotto un grande edificio di via

XX Settembre, la via che si affermerà come il centro della società dello spettacolo genovese.

Una sala elegantissima con due ordini di palchi inaugurata il 25 febbraio 1902 da Eleonora

Duse con la Gioconda di d’Annunzio. I suoi proprietari, gli impresari Cavagnaro e Rovere,

gli unici concorrenti di un certo spessore del grande Chiarella, ne fanno un locale impor-

tante per la clientela chic e per la qualità degli spettacoli, ma la concorrenza del cinema co-

stringeranno anche la nuova sala ad adeguarsi al gusto del pubblico.

L’anno precedente era stato aperto, fra i padiglioni della “Esposizione Industriale” del 1901,

il Teatro Iris progettato, come il quartiere fieristico, da Venceslao Borzani e Bregante secon-

Gino Coppedé, l’interno del Teatrodell’Esposizione di Marina e IgieneMarinara di Genova.Cartolina del 1914.Collezione privata.

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Gino Coppedé, “Nave antica”, esterno del Teatrodell’Esposizione di Marina e IgieneMarinara di Genova.Cartolina del 1914.Collezione privata.

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do una precoce assimilazione dell’Art Nouveau di ricca sug-

gestione floreale di cui è testimone anche il nome del teatro

inaugurato il 18 giugno con il balletto Coppelia di Léo De-

libes. Sempre di Venceslao Borzani, uno degli architetti più

significativi del Novecento genovese, è l’architettura per mol-

ti aspetti straordinaria del Cinema-Varietà Excelsior di Sam-

pierdarena aperto nel dicembre 1921, uno dei migliori esem-

pi genovesi del concetto di integralità delle arti peculiar-

mente “modernista”.

Nell’estate del 1902 l’impresa Chiarella riapre, trasforma-

to, il Giardino d’Italia. Si tratta di un locale elegantemente

decorato da Aurelio Craffonara e Pipein Gamba, un curioso caffè-birreria-sala biliardi-tea-

tro che in poco tempo si afferma come la sede della vita spensierata d’inizio secolo, ritro-

vo di viveur e “sciantose tutto pepe”, compagnie di operette, artisti di varietà e di cafè-chan-

tant, nonché delle performance dei futuristi e dei fermenti letterari e culturali del tempo.

Un altro locale notissimo e famoso per gli spettacoli leggeri e la clientela colta ed esigente sa-

rà il Teatro al Lido d’Albaro, un complesso balneare-teatrale costruito da Giuseppe Garibaldi

Coltelletti, figlioccio del generale, in stile moresco-floreale. La sala viene inaugurata il 16 set-

tembre 1908 con uno “attraente spettacolo di varietà”, ma diventa noto e discusso per la rivi-

sta, una delle prime prodotte in Italia, La Colombeide presentata nell’estate del 1909 con mu-

siche di Apollo Gaudenzi, scene di Pipein Gamba, testi (forse) di Ernesto Bertollo o di Mario

Maria Martini. Evidente testimone del costume del suo tempo ospita il “fior fiore” della città

ma anche ospiti illustri come d’Annunzio, Ettore Petrolini, Filippo Tommaso Marinetti.

Ai Coppedè, gli architetti che più di altri progettisti hanno legato il loro nome alla cultura

floreale genovese, risalgono alcuni teatri significativi. Il Teatro Olimpia viene costruito nel-

l’ambito del complesso faraonico della “Nuova Borsa” progettato da Dario Carbone. La

sala teatrale, posta immediatamente al di sotto del Salone delle contrattazioni, è ricchissi-

ma di decorazioni, in una ricerca di eccesso e di parossismo originalissima: fregi “robbia-

ni”, protomi gigantesche, colonne d’onice con capitelli “mostruosi”, ghirlande, cornici, me-

daglioni, borchie, lampade. Il progetto realizzato fra il 1909 e il 1912 consacra il successo

di Adolfo Coppedè tanto che la stampa del tempo giungerà ad affermare che “dopo l’Opé-

ra e il mondiale ritrovo di Montecarlo del grande Garnier, nulla di simile è venuto alla lu-

ce che possa paragonarsi a quest’opera”. Anche questo è un ristorante-teatro per lo spetta-

Don Chisciotte, libretto di CeccardoRoccatagliata Ceccardi,scene e costumi di Pipein Gamba.

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colo di varietà, poi sarà quasi esclusivamente un fastosissi-

mo cinematografo.

Un fratello di Adolfo, l’architetto Gino Coppedè, progetta

una delle sale teatrali più curiose e originali della storia cit-

tadina dello spettacolo. Nel 1914 Genova ospita la grande

“Esposizione di Marina e Igiene Marinara” e fra i numero-

si padiglioni del quartiere fieristico allestito nella spianata

del Bisagno, Gino Coppedè realizza anche un teatro. Ogni

padiglione è risolto con un linguaggio, una simbologia e

una carica di allusioni adatti alle varie tematiche, per il tea-

tro si sceglie una architettura che si presenta all’esterno co-

me una “gigantesca galea sormontata da una cupola turri-

ta con merli sotto i quali occhieggiano, fra l’ilare e il tre-

mendo, visi mostruosi”. La grande e spigolosa “nave-teatro”

di gesso e calcestruzzo è robustamente ancorata da catene

di legno nel fondo del laghetto artificiale che la circonda, la

“vasca delle rane”. Nel suo ventre rotondo trova posto una

sala capace di duemila posti. Lo stile è composito e fanta-

sioso fra suggestioni e citazioni che spaziano dall’orienta-

le all’assiro-babilonese, dal neoclassico al repertorio deco-

rativo della Secessione viennese. Il teatro viene inaugurato

nel maggio del 1914 con l’operetta il Conte di Lussemburgo

di Lehar presentato dalla Compagnia di Gino Vannuttelli

con Emma Vecla acclamata protagonista. Il teatro soprav-

vive alla chiusura della Esposizione fino al 1928 quando ver-

rà demolito per la realizzazione di piazza della Vittoria.

I teatri aperti in questo momento non si inaugurano più, come invece accadeva per le sa-

le anche modeste del secolo precedente, con l’opera lirica, ma bensì con riviste, varietà ed

operette senza eccezioni fra i locali più piccoli e quelli più prestigiosi. Fra i teatrini si ri-

cordano: l’Eldorado di via Ugo Foscolo (1903), il Belloni, poi Varietà Imperia, e il Varietes

di via XX Settembre (entrambi del 1908), l’Eden di via Innocenzo Frugoni (1910), il più

noto e meglio frequentato fra i locali di varietà, diventato nel 1922 “Bomboniera”, il mal-

famato Alcazar di vico Casana noto per un pubblico “abituato alla massima libertà, sca-

miciato, urlante, pernacchiante”. Nel 1915 viene inaugurato con il film L’Aiglon il cinema-

teatro Orfeo di via XX Set-

tembre decorato dal De Al-

bertis. Nel 1922 è la volta

dell’Eliseo di piazza Tom-

maseo dalla raffinatissima

volta affrescata da Deme-

trio Ghiringhelli.

Una personalità di notevo-

le interesse è quella di Pi-

pein Gamba, al secolo Giu-

seppe Garuti (Modena

1868-Genova 1954), pitto-

re, caricaturista, illustrato-

re, cartellonista teatrale,

scenografo. Nel mondo del-

le scene ha legato il suo no-

me, oltre alle sale citate, in

particolare alla Colombeide

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“Wanda”, grandestabilimento di bagni di Savona. Manifestodel 1907. Treviso,Collezione Salce.

Politeama “Wanda” di Savona. Cartolina del 1902. Collezioneprivata.

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(Lido di Albaro 1909) e al Don Chisciotte su libretto del Cec-

cardi (Carlo Felice 1916).

La condizione teatrale della regione non è diversa da quella

del capoluogo. Nuovi teatri si aggiungono alla solida strut-

tura teatrale ottocentesca rispondendo fondamentalmente

ad una domanda di spettacolo caratterizzata dall’afferma-

zione del teatro leggero, dall’operetta al café-chantant.

Si aprono nuove sale un po’ ovunque e si rinnovano se-

condo nuovi canoni estetici, funzionali (adattamento a

sala cinematografica) e strutturali (sostituzione delle strut-

ture in legno con il cemento armato) molti antichi teatri

ottocenteschi. Fra questi il Politeama Garibaldi di Savona

(1908), il Politeama Duca di Genova della Spezia (1906),

il Principe Amedeo di Sanremo (1913), il Sampierdarene-

se (1913)

Fra i nuovi teatri: l’Eldorado di Chiavari

(1894), il Politeama di Voltri (1894), il Na-

poleone Rossi di Campo Ligure (1897), il

Nettuno, teatro e chalet sulla spiaggia di Se-

stri Levante (1898), il Politeama Sestrese

di Sestri Ponente (1898), i Teatri dei Casi-

nò di Bordighera e Ospedaletti (fine XIX

sec.), il Wanda di Savona (1902), il Civico

di Pieve di Teco (1904), l’Arte Moderna di

Sampierdarena, centro del teatro socialista

(1905), il Gambrinus di Chiavari (1906), il

Pro Chiavari di Chiavari (1910), il Teatro

del Casinò di Alassio (1911), l’Eden di Chia-

vari (1912), lo Zeni di Bordighera (1912), il

Trianon della Spezia noto per le performance

dei futuristi (1913), il Grifone di Rapallo

(1913) e numerose altre sale.

Di particolare interesse architettonico e de-

corativo sono: il Teatro del Club Filarmonico e Dramma-

tico di Altare progettato da Gussoni, allievo del viennese

Wagner nel 1904; il famosissimo Teatro dell’Opera del Ca-

sinò di Sanremo realizzato nel 1905 da Eugéne Ferret guar-

dando al Garnier; il Teatro Comunale di Ventimiglia idea-

to da Francesco Sappia e Antonio Capponi nel 1905.

Anche se realizzati in un momento in cui cominciano ad

affermarsi modalità Déco e novecentiste, si collocano an-

cora perfettamente nel clima e nelle suggestioni del gusto

Liberty altri teatri come il Cozzani della Spezia progetta-

to da Franco Oliva con decorazioni scolpite da Augusto

Magli e i grandi affreschi di Luigi Agretti (1920) o il Can-

tero di Chiavari con gli stucchi floreali di Roberto Ersa-

nilli (1931). Ma l’esempio più significativo resta quello

del Centrale di Sanremo (1924) con l’annesso Tabarin Flo-

rida (1929), dove si ripetono stilemi e staff progettuale e

decorativo delle Terme Belzieri di Salsomaggiore: l’archi-

tetto Guido Tirelli, i ferri battuti di Mazzucotelli, la straor-

dinaria pittura della cupola di Galielo Chini.

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Da sinistra a destra,dall’alto in basso

Francesco Sappia e Antonio Capponi, il Teatro Comunale di Ventimiglia del 1905.Cartolina d’epoca. Collezione privata.

Otello (Il moro di Venezia), 25 dicembre 1914:locandina dellospettacolocinematografico con orchestra sinfonica.Chiavari, CinematografoCentrale. ArchivioCantero.

Luigi Agretti, fregiodell’interno del TeatroCozzani. La Spezia,1920. Fotografiad’epoca.

Galileo Chini, Sanremotrionfante, 1924,affresco della cupola del Cinema TeatroCentrale di Sanremo.

A fronte, dall’alto in basso

In tre cartoline d’epocadi collezione privata:

Il Teatro del ClubFilarmonico e Drammatico di Altaredel 1904.

Eugène Ferret, Casinò di Sanremo del 1905.

Les Oberlander,omaggio-ricordo delCinema Teatro Radiumdi Chiavari del 1911.