Arte e Cultura - gruppocarige.it · La “Gerusalemme liberata” nella decorazione genovese tra...

4

Transcript of Arte e Cultura - gruppocarige.it · La “Gerusalemme liberata” nella decorazione genovese tra...

Page 1: Arte e Cultura - gruppocarige.it · La “Gerusalemme liberata” nella decorazione genovese tra ’500 e’600 di Marylinda Pacenti A fronte in alto a sinistra Lazzaro Tavarone,
Page 2: Arte e Cultura - gruppocarige.it · La “Gerusalemme liberata” nella decorazione genovese tra ’500 e’600 di Marylinda Pacenti A fronte in alto a sinistra Lazzaro Tavarone,

Arte e Cultura

La pittura che per decenni era rimasta imprigionata nei mi-

chelangioleschi “problemi della forma” tornava ora a misu-

rarsi con quella dimensione narrativa e di traduzione figura-

ta che le erano proprie2

. La pittura come la poesia tornava

così ad essere fonte d’istruzione oltre che di diletto. Una pre-

coce diffusione di questi soggetti tratti dai poemi epici si ve-

rificò, già all’inizio del Cinquecento, in Italia settentrionale gra-

zie al successo dell’Orlando Furioso, ma fu nella seconda me-

tà del secolo che il genere ottenne la sua consacrazione, con

l’interesse e le dispute che seguirono la pubblicazione, nel

1581, della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. La fa-

ma del poeta di Sorrento travalicò ben presto i confini dell’a-

rea ferrarese per diffondersi rapidamente in tutto il nord d’I-

talia. Fra le prime città che accolsero le novità dei temi tas-

seschi, vi fu Genova che, fin dal terzo quarto del secolo, di-

mostrò un singolare interesse per l’opera ma anche per l’au-

tore: nel 1587 l’Accademia degli Addormentati invitava il Tas-

so a leggere l’Etica e la Poetica di Aristotele, ed alcuni anni

più tardi (1590) veniva pubblicata la prima edizione della Ge-

rusalemme Liberata corredata dalle tavole tratte dei disegni

di Bernardo Castello (1557-1629). Il pittore nutrì, per tutta la

vita, una profonda ammirazione per il Tasso, tanto da intra-

prendere, dopo la lettura del poema, che gli avrebbe provo-

cato un “piacere mai provato prima”, il progetto di illustrare

le vicende più significative “facendovi le figure che per cia-

scun canto rappresentassero quello che in essi è contenu-

to”3

. Questi, definito dallo scrittore “muto poeta di Pittor ca-

noro”4, incarna il modello dell’artista letterato, che come ri-

cordava Leon Battista Alberti, doveva conoscere e coltivare

la compagnia di poeti e di storici, che potevano suggerirgli

idee interessanti e soggetti storicamente precisi.

Le illustrazioni del Castello, così diligentemente aderenti al

testo, furono giudicate con molto favore dal Tasso, e gli fe-

cero guadagnare la stima e il favore dei membri di quella

nuova aristocrazia che, sotto l’egida di letterati e poeti co-

me Grillo e Chiabrera, avevano dato vita in città a circoli ed

accademie letterarie. Se nelle tavole incise pari dignità è con-

cessa agli eventi guerreschi e agli episodi amorosi, nella gran-

de decorazione, alla narrazione delle gesta eroiche di Gof-

fredo di Buglione, il nostro sembra inizialmente preferire sog-

getti dove “l’elemento lirico è più marcato e la vena di te-

nera malinconia, peculiare del Tasso, trova libera espres-

sione”5. Bernardo, come molti altri artisti dopo di lui, viene

soggiogato dal fascino di “amori, cavallerie, venture e incan-

ti,” temi che divennero subito popolari non solo per la loro

intrinseca bellezza, ma anche perché rispondenti al prin-

cipio della pittura come puro diletto.

Fra la fine del XVI e i primi anni del secolo seguente Castel-

lo affresca alcune sale della villa Centurione a Sampierda-

rena. Sulla volta dell’atrio è dipinta una delle prime raffigu-

razioni dell’episodio di Erminia fra i pastori (VII, 14-22). I mo-

tivi che avranno spinto il Centurione a far eseguire quest’af-

fresco sembrano soprattutto di carattere letterario, anche se

non possiamo tralasciare il significato morale che tale vicen-

da rivestiva per i contemporanei. L’opera narra dell’incon-

tro nella foresta della figlia dell’emiro di Antiochia con una

famiglia di pastori che le offrono ospitalità. Qui, lontano dal

fragore delle armi, la fanciulla riesce a placare la sua ansia

d’amore nell’idilliaca pace di una natura incontaminata. L’ar-

Come già ricordava Mina Gregori, l’adagio oraziano ut pictura

poësis1 ebbe nuova fortuna nella seconda metà del Cinquecento

grazie alla ripresa di rappresentazioni ispirate ai più famosi poemi

epici antichi e moderni.

23

La “Gerusalemme liberata” nella

decorazione genovese tra ’500 e ’600di Marylinda Pacenti

A fronte in alto a sinistra

Lazzaro Tavarone, I balestrieri genovesi guidati da Guglielmo Embriaco

all’assalto di Gerusalemme, Genova, Palazzo Cattaneo Dalla Volta.

A destra Bernardo Castello, Guglielmo Embriaco che espugna

Gerusalemme, Genova, Palazzo Imperiale,

(distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale).

In basso Bernardo Castello, Storie della Gerusalemme Liberata,

Genova, Palazzo di Bernardo e Giuseppe De Franchi.

Page 3: Arte e Cultura - gruppocarige.it · La “Gerusalemme liberata” nella decorazione genovese tra ’500 e’600 di Marylinda Pacenti A fronte in alto a sinistra Lazzaro Tavarone,

24 Arte e Cultura

tista, parallelamente a quanto formulava in quegli anni Gio-

van Battista Agucchi, coglie “con piena coscienza l’ispira-

zione bucolica dell’episodio della Gerusalemme, […] inse-

rendolo in una scena di paesaggio pastorale, un locus amoe-

nus verosimile per la vicenda”6. La scelta di abbandonare

le “inique corti” per una vita povera ma felice, poteva altre-

sì essere interpretata come un invito a coloro che varcava-

no quella soglia a trovare, nella pace della villa suburbana,

un sicuro rifugio dalla vita cortigiana sofisticata e corrotta.

Fin dal principio del Seicento la crescente popolarità del poe-

ma dà luogo a un moltiplicarsi di figurazioni tratte dalle vicen-

de amorose e più patetiche della Liberata: gli amori di Rinal-

do e Armida, Tancredi che battezza Clorinda, il sacrificio di

Olindo e Sofronia, momenti che mantengono la loro imme-

diatezza e modernità, pur raccontati con stili diversi e diffe-

renti sfumature a seconda dei tempi. Se gli episodi di Ermi-

nia fra i pastori o di Rinaldo e Armida avranno anche a Ge-

nova numerosi estimatori, sia fra i committenti sia fra i pitto-

ri, più infrequente appare la ripresa della storia di Olindo e

Sofronia, giudicata dai contemporanei marginale ed appa-

rentemente slegata dal racconto principale. In una sala di

palazzo Grimaldi di vico San Luca si trova l’affresco, ancora

oggi ben conservato, che raffigura Clorinda mentre libera i due

giovani cristiani accusati ingiustamente di furto e condanna-

ti al rogo dal re Aladino (II, 33-38). L’opera è stata dipinta ver-

so il 1615 da Lazzaro Tavarone (1556-1640). Non sembra

che la scelta del soggetto effettuata dal Grimaldi abbia un ca-

rattere di razionalità, ma sembra corrispondere ad un desi-

derio di vedere rappresentati uno degli episodi più edifican-

ti del poema. Al di là di quello che può essere stata infatti l’e-

splicita volontà del committente, in questo caso appunto non

verificabile, il riferimento all’episodio tassesco da parte del Ta-

varone ben si inserisce in quel ricorrere di molti artisti al te-

sto della Gerusalemme Liberata come

ad un repertorio di racconti, ad una fon-

te di storie e di immagini d’inesauribi-

le ricchezza per il gusto del tempo. L’ar-

tista mostra di aver attentamente letto

il brano poetico descrivendo con singo-

lare maestria “l’alta beltà” dell’eroina che

si manifesta nell’”onesta baldanza” e

nell’”altero aspetto” e l’ardore dell’inna-

morato Olindo che, con coraggio e de-

vozione, compie la scelta assoluta che

conduce entrambi incontro morte.

Lo stesso Tavarone tornerà ancora ad

utilizzare come fonte d’ispirazione la Ge-

rusalemme Liberata, ma per palazzo

Cattaneo Adorno preferirà proporre una

rilettura del poema in chiave genovese, raffigurando sulla vol-

ta del salone a piano terreno Guglielmo Embriaco e i bale-

strieri genovesi che sferrano l’attacco finale a Gerusalemme

(1624). Qui, secondo il gusto del tempo, l’artista manifesta

un’iperbolica dilatazione di scenografie militari che privilegia

spostamenti di masse, sfilate di eserciti con il gusto della para-

ta più che della conquista.

A differenza delle altre grandi scuole pittoriche del periodo

nelle quali si prediligono i temi dell’amore, della morte o del-

la pace ritrovata in seno alla natura, la pittura genovese de-

dica ampio spazio alla rappresentazione delle vicende epi-

che e finanche liturgiche del poema. Parallelamente alla pub-

blicazione delle diverse edizioni con le illustrazioni di Ber-

nardo Castello la società colta genovese intravede nelle ge-

sta eroiche di Goffredo di Buglione e dei suoi comandanti

un insuperabile mezzo per celebrare il prestigio passato e

presente della Repubblica.

Se, infatti, il Castello nell’elaborare le illustrazioni delle prime edi-

zioni della Liberata si era mantenuto aderente al testo, negli af-

freschi dei palazzi cittadini arriva “arditamente a capovolgere

In alto Bernardo Castello, Guglielmo Embriaco costruisce la torre

d’assalto, Genova, Palazzo di Bernardo e Giuseppe De Franchi.

In basso Marca Stemma di Savona, sec. XVII. Sottocoppa in maiolica

bianca istoriata in blu cobalto, Goffredo accoglie le armi di Rinaldo

ritenuto morto, Genova, collezioni d’arte di Banca Carige.

Page 4: Arte e Cultura - gruppocarige.it · La “Gerusalemme liberata” nella decorazione genovese tra ’500 e’600 di Marylinda Pacenti A fronte in alto a sinistra Lazzaro Tavarone,

25Arte e Cultura

il concetto iniziale di prevalenza del poema sulla storia”7. Il pit-

tore, interpretando le parole del Tasso che nell’Allegoria pre-

messa alla prima edizione, indicava nella poesia eroica il per-

fetto strumento per istruire gli uomini, dipinge sulle volte delle

dimore genovesi le storie degli eroi che avevano offerto la pro-

pria vita per la difesa della cristianità: uomini che anteponeva-

no il bene comune al proprio interesse particolare.

Dalla seconda metà del Cinquecento le principali famiglie uti-

lizzarono le favolose ricchezze, accumulate con l’attività mer-

cantile e bancaria, per promuovere opere di rinnovamento nel-

l’architettura e nella decorazione della città, “gareggiando aper-

tamente, e senza risparmio di mezzi, nel rendere più mirabi-

li le loro residenze, o nell’adornare con ostentata ricercatezza

le cappelle gentilizie”8. Gli Imperiale furono fra i primi a com-

prendere l’importanza non solo letteraria ma anche politica che

tale poema poteva assumere in un momento estremamente

delicato per la Repubblica, ansiosa di dimostrare la propria ade-

sione alla politica spagnola, ma anche protesa nella strenua

difesa della propria autonomia e indipendenza. Verso la fine

del secolo, il Castello affresca per Giacomo Imperiale il salot-

to del secondo piano del palazzo di piazza Campetto con al-

cuni episodi che il Tasso aveva appena sfiorato nella Libera-

ta, quali la partecipazione dei genovesi alla prima Crociata e

le tattiche militari elaborate dal loro ammiraglio Guglielmo Em-

briaco detto Testadimaglio. La piccola volta scompartita in ri-

quadri svela il ruolo giocato dai genovesi nella presa di Ge-

rusalemme, con l’Embriaco che entra trionfalmente nella cit-

tà espugnata grazie alle macchine da guerra e le torri d’as-

salto, costruire con il legname ricavato dalle navi in preceden-

za smontate per non farle cadere in mano nemica.

L’artista, al quale spetta il primato di aver fornito la prima in-

terpretazione in chiave genovese del poema del Tasso, pro-

pone, attraverso il recupero o per meglio dire la scoperta di

un personaggio che a Genova aveva goduto di un prestigio

indiscusso, un campione dell’autonomia e della grandezza del-

la Repubblica. Ed è proprio sul piano della celebrazione che

la scelta della storia dell’Embriaco può trovare una giustifica-

zione plausibile, considerando il richiamo a una vicenda che

nella tradizione cittadina aveva assunto valore di simbolo. Al-

cuni anni più tardi il figlio di Giacomo, Gio Vincenzo, pubbli-

cando gli “argomenti” alla Gerusalemme Liberata (1604), sot-

tolineerà il valore edificante di questi personaggi “attivi nella

compagnia civile” e operanti per il bene della Repubblica9.

Se i presenti affreschi non possono essere letti come una

manifesta opposizione alla politica filo-spagnola propugna-

ta dagli Spinola e dalle altre antiche famiglie, sono tuttavia

il segno di un’incessante elogio della libertà, che alcuni an-

ni più tardi avrebbe trovato voce nei versi di Ansaldo Cebà

(La regina Ester, 1615) e negli scritti di Raffaele della Tor-

re (Descrizione dell’origine della libertà di Genova, 1625).

A riprova della nostra ipotesi è la scelta della famiglia De Fran-

chi di far decorare dal Castello, nel primo decennio del XVII

secolo, la volta del palazzo di Piazza della Posta Vecchia con

alcuni episodi della Gerusalemme Liberata. Gli affreschi, che

sono stati spesso liquidati come pedissequa ripetizione di

quelli di piazza Campetto, offrono alla luce di queste con-

siderazioni lo spunto per alcune riflessioni. All’inizio del se-

colo Federico De Franchi, uno dei più insigni membri del-

la cosiddetta nobiltà “nuova”, dopo aver ricoperto importan-

ti ruoli all’interno del governo genovese, si adoperò per il po-

tenziamento della flotta marinara e mercantile della Repub-

blica. Egli come gli altri “navalisti” riteneva che solo tale po-

litica potesse garantire un’effettiva autonomia di Genova dal-

la Spagna e una concreta opportunità di sviluppo economi-

co. La spedizione di Guglielmo Embriaco in Terrasanta, che

segnò l’affermazione dell’identità cittadina e dette un con-

creto slancio alle fortune economiche della Repubblica, po-

trebbe così alludere all’intenzione del De Franchi di rinno-

vare i successi di Testadimaglio, ma potrebbe essere anche

l’auspicio di una nuova stagione di concordia per la città,

come lo era stata quella conseguente alla prima Crociata.

L’apprezzamento che il poema del Tasso godè a Genova e

in Liguria determinò l’uso delle stampe di Bernardo Castel-

lo anche per la decorazione di maioliche. Dalla metà del XVII

secolo alcune manifatture savonesi utilizzarono le incisioni

o alcuni temi per ornare piatti, sottocoppe e bacili. Di que-

sto gruppo fa parete una sottocoppa, conservata nella col-

lezione della Banca Carige, nella quale è raffigurato la vi-

cenda, tratta dal canto VIII, di Goffredo che accoglie le ar-

mi di Rinaldo ritenuto morto10. Seppur con alcuni adatta-

menti, imposti dalle ridotte dimensioni del manufatto, il de-

coratore mostra di interpretare lo spirito del pittore dando

risalto al sentimento di pietà e sconcerto dei protagonisti at-

traverso una gestualità caricata e un’espressività commos-

sa. Il pezzo, che fa parte forse di un più ricco servito di maio-

liche, testimonia come gli episodi della Gerusalemme Libe-

rata fossero ormai diventati dei leitmotive -piacevoli sogget-

ti ornamentali- distanti dalle finalità etiche e religiose che

avevano animato il suo creatore.

Note

1 La famosa similitudine oraziana “così è la pittura, così la poesia”, in-terpretata poi dai critici d’arte “così com’è la poesia, così è la pittura”,(Ars Poetica, 361) è comunemente usata per confrontare l’arte dellapittura con quella della poesia. 2 M. Gregori, Ut pictura poësis: rappresentazioni fiorentine della Ge-rusalemme Liberata e della Divina Commedia, in “Paragone”,34,1983, 401-403, pp.107-121.3 G. Biavati, in Torquato Tasso tra letteratura musica teatro e arti figu-rative, a cura di A. Buzzoni, catalogo mostra Ferrara, 1985, p.209.4 T. Tasso, La Gierusalemme Liberata con figure di Bernardo Castello ele annotazioni di Scipio Gentili e di Giulio Guastavini, Genova 1590, p.6.5 R. Lee, Ut pictura poësis, Sansoni, 1974, p.81.6 A. Vannugli, Ludovico Carracci, un’Erminia ritrovata e un riesame del-le committenze romane, in “Storia dell’arte”, 59, 1987, p.59.7 G. Biavati, op.cit., p.217.8 R. Martinoni, Gian Vincenzo Imperiale politico, letterato e collezioni-sta genovese del Seicento, Editrice Antenore, Padova, 1983, p.153. 9 Gli affreschi eseguiti dal Castello, all’inizio del 1600, nella villa Im-periale-Scassi di Sampiedarena non sembrano raffigurare, come giu-stamente sostiene Giuliana Biavati, episodi del ciclo tassesco, quan-to forse la celebrazione di un’altra importante vittoria dell’Embriaco,la presa di Cesarea che consentì ai genovesi di impadronirsi della pre-ziosa reliquia del “sacro catino”.10 Cfr. Il patrimonio artistico di Banca Carige. Uculture, ceramiche, stam-pe, arredi, a cura di G. Rotondi Terminiello, Silvana editoriale, 2010, p.105.