KRAV MAGA WUKAKrav Maga punta a una rapida neutralizzazione dell'avversario prima che questi possa...

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KRAV MAGA WUKA

DISPENSA PER ASPIRANTI MASTER

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a cura di:

Daniele Ramponi (Coordinatore Nazionale K.M. Wuka)

dott.ssa Sara Varone (membro del Comintato Scientifico Wuka)

Leo Brancati (Master Wuka)

STORIA DEL KRAV MAGA

Il fondatore Imi Lichtenfeld

« Non dite cosa non fare, dite cosa fare. »

(Imirich Lichtenfeld )

Imre Emerich Lichtenfeld, noto come Imi anche con il nome ebraico Imi Sde-Or (Budapest, 1910 – Netanya, 9 gennaio 1998), è stato un atleta e militare cecoslovacco, noto per essere stato il fondatore del metodo di combattimento e autodifesa Krav Maga.

Biografia

Imi nacque a Budapest, in una famiglia ebraico-ungherese e crebbe a Bratislava (a quel tempo chiamata Pozsony). Suo padre, Samuel Lichtenfeld, era un lottatore, acrobata in un circo ed, in seguito, ispettore capo di un dipartimento investigativo della polizia. Sin da piccolo si mostrò una persona

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polivalente e, grazie al padre, Imi si appassionò all'arte circense (a 13 anni entrò a far parte di un circo itinerante), al nuoto e agli sport da combattimento, praticando boxe e wrestling, ove ottenne notevoli risultati (nel 1928 vinse il campionato giovanile di lotta in Cecoslovacchia e nel 1929 fu campione nazionale di lotta nella categoria Seniores e campione internazionale di pugilato). Esercitò anche ginnastica acrobatica, arti marziali come Judo e Jujitsu e partecipò a vari spettacoli teatrali, dedicandosi all'arte drammatica.

Negli anni trenta, le persecuzioni naziste contro la popolazione ebrea di Bratislava imperversarono rapidamente e Lichtenfeld, assieme ad altri lottatori della sua estrazione etnica, si impegnò nell'affrontare gli aggressori. Fu proprio questa esperienza a far capire ad Imi che la lotta di strada è una situazione ben diversa dal confronto sportivo e, in base alla pratica in queste circostanze, iniziò a sviluppare un proprio sistema di combattimento, adatto per affrontare i pericoli della vita quotidiana. Imi, a seguito dell'occupazione nazista in Cecoslovacchia, fu costretto a fuggire assieme ad altri uomini in Palestina nel 1940, dopo un viaggio molto travagliato (rischiò di perdere la vita per salvare alcune persone cadute dall'imbarcazione ed essa fu distrutta poi da forti correnti d'aria mentre si stava dirigendo a Creta).

In Palestina, Lichtenfeld iniziò ad insegnare il suo metodo ai reparti del Haganah e del Palmach. Dopo la nascita dello stato di Israele nel 1948, divenne istruttore capo per l'addestramento fisico delle Forze di Difesa Israeliane. Proprio in questo periodo, Lichtenfeld, grazie alle sue esperienze di lotta maturate sia nelle competizioni sportive che per la strada, introdusse un sistema efficace e, allo stesso tempo, da apprendere in breve tempo: il Krav Maga.

Dopo essersi ritirato dal servizio militare nel 1964, Imi iniziò ad adattare il Krav Maga a metodo di difesa personale ed estendendolo anche alle forze di polizia e ai civili, a persone di ambo i sessi e di qualsiasi età. Per diffondere la sua disciplina, fece istituire due scuole a Tel Aviv e a Netanya, la città dove viveva. Nel corso degli anni, vennero aperte sempre più scuole di Krav Maga, in modo da diffonderlo in tutto il mondo. Nel 1978, Lichtenfeld istituì la I.K.M.A. (Israeli Krav Maga Association), associazione atta alla promozione e divulgazione di questo metodo in Israele e nel mondo. Dopo aver ricevuto numerosi riconoscimenti, Imi si spense a Netanya il 9 gennaio 1998.

Le caratteristiche del Krav Maga

Il Krav Maga è una "tecnica di combattimento" semplice e pratica (chi la insegna preferisce non chiamarla arte marziale).

Infatti è nata per essere appresa in breve tempo ed essere usata in un contesto bellico.

Il Krav Maga predilige un approccio offensivo, che caratterizza questo sistema di combattimento.

Se altre altri marziali tradizionali, soprattutto di matrice orientale, tendono ad associare oltre all'insegnamento delle tecniche un sistema filosofico e spirituale, il Krav Maga risponde a criteri di tipo militare quali l'efficacia e la rapidità con cui si arriva al risultato desiderato, che è la neutralizzazione dell'avversario.

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Dove spesso molte arti marziali (tra le quali anche quelle da cui il Krav Maga ha attinto, come Judo, Ju-Jitsu, Kung fu ecc...) prediligono una impostazione attendista che lascia all'avversario la prima mossa, il Krav Maga punta a una rapida neutralizzazione dell'avversario prima che questi possa diventare una minaccia, con un mix di colpi a mano aperta diretti a punti sensibili come naso e gola, pugni di stile pugilistico, leve agli arti del Judo e del Ju-Jitsu e calci e ginocchiate tipici della .

Questa impostazione, adatta ad ambienti ad alto rischio come i teatri operativi mediorientali, potrebbe essere fonte di problemi in situazioni di vita quotidiana: infatti l'approccio aggressivo e anticipatorio potrebbero portare a complicazioni di natura penale.

Per questa ragione, nell'ambito civile della difesa personale, il Krav Maga deve essere insegnato da istruttori qualificati ed esperti che formano il praticante in maniera adeguata, affinché lo stesso possa prima prevenire e, nel caso estremo, reagire secondo la pericolosità dell'aggressore o del contesto (violenza da strada, tentativi di stupro, aggressioni a mano armata ecc...).

La classificazione del Krav Maga come sistema di combattimento ravvicinato (come bene evidenzia la traduzione del nome) si evidenzia anche nella sua scarsa attitudine a essere praticato come sport da competizione.

Puntando soprattutto a zone del corpo (genitali, , occhi etc.), ritenute normalmente intoccabili per altri sport di contatto, il Krav Maga difficilmente può essere praticato in forma sportiva, come avviene per Karate e Tae Kwon Do e altri sport da combattimento. A ciò si aggiunga la grande attenzione che riveste la preparazione per fronteggiare nemici armati, anche con armi da fuoco come pistole e fucili, per comprendere l'elevata specificità di impiego di questo sistema di combattimento, in cui lo scontro fra due avversari a mani nude è solo una delle possibilità.

ll logo del Krav Maga

Il logo consiste nelle lettere K e M scritte in Ebraico, in un modo artistico e combinato per formare la forma del simbolo. La K e la M sono circondate da un cerchio aperto perché il sistema può sempre essere migliorato aggiungendo o cancellando tecniche, esercizi e tecniche di allenamento. Imi Lichtenfeld, the Grand Master of Krav Maga, disse a proposito del logo: "le buone cose possono continuare ad entrare nel sistema e le cose approssimative possono uscirne".

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I principi del Krav Maga di Imi Lichtenfeld

Non fatevi male

Significa arrivare ad un alto livello di competenza nell'autodifesa. Comunque, se vi fate male, dovete sapere come sostenere l'attacco e come agire correttamente nelle nuove condizioni che si sono create.

Siate modesti

Non vantatevi delle vostre capacità ed evitate i conflitti non necessari. Dominate il vostro ego e controllate il vostro stato mentale, in modo che non vi tradiscano durante un confronto. Siate pronti ad accettare le critiche e gli insegnamenti delle altre persone.

Agite correttamente

Fate la cosa giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Il vostro stato fisico e mentale danno indicazione alle vostre abilità per gestire un confronto fisico. Utilizzate appieno le vostre capacità, approfittate al massimo degli elementi e delle condizioni che prevalgono nel luogo dove vi trovate, in modo da affrontare la situazione efficacemente.

Diventate esperti, così non dovrete uccidere

Il praticante esperto di Krav Maga non ha bisogno di infliggere danni fisici non necessari ai propri avversari ed è capace di terminare il confronto fisico in breve tempo ed in maniera efficace. Abbiate rispetto delle altre persone, anche durante un incontro pericoloso. D'altro canto, date retta al vecchio adagio:

“Se qualcuno viene ad uccidervi, uccidetelo per primi”, con riferimento alla situazione in cui non avete altra scelta, perché si tratta della scelta tra “voi o lui”.

E' anche essenziale affinare la propria abilità nel riconoscere il livello di gravità di un possibile attacco. Ciò è particolarmente importante per i giovani, ai quali debbono essere insegnati i valori dell'autocontrollo e della necessità di evitare la violenza, ma che, allo stesso tempo, debbono acquisire la capacità di difendersi efficacemente. Questo atteggiamento significa: per prima cosa, cercate di evitare il confronto, ma, se siete aggrediti, rispondete con un livello appropriato di forza sufficiente a neutralizzare la minaccia ed a togliervi dalla situazione di pericolo.

Evitate i danni fisici

Calcolate attentamente i rischi di ogni specifica azione ed evitate il pericolo, se possibile. Le vostre azioni dovrebbero essere principalmente basate sull'autodifesa; il Krav Maga pone fortemente l'accento sull'uso delle tecniche di difesa.

Le tecniche del Krav Maga sono state sviluppate come ampliamento dei riflessi naturali del corpo. Queste risposte naturali sono state successivamente perfezionate, affinate ed indirizzate ad andare

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incontro alle esigenze di chi si deve difendere in una data situazione.

Difendetevi e contrattaccate nel modo più veloce e diretto possibile,

da qualsiasi posizione di partenza, prendendo in considerazione la sicurezza e l'opportunità della vostra azione. Rispondete correttamente, secondo e come richiesto dalle circostanze, valutando attentamente la natura della vostra risposta e la forza dell'attacco (allo scopo di evitare danni fisici non necessari).

Colpite correttamente in qualsiasi punto vulnerabile, nel modo necessario per prevalere sull'aggressore.

Utilizzate qualsiasi attrezzo od oggetto disponibile nelle vicinanze per la difesa ed il contrattacco.

Nel Krav Maga non ci sono regole, limitazioni tecniche o di correttezza sportiva.

Il principio che costituisce il fondamento dell'addestramento: l'avanzamento da capacità limitate a capacità più ampie (che includano “l'allenamento mentale”) e da una singola tecnica specifica ad un'azione improvvisata, secondo le dinamiche della situazione.

Punti vulnerabili del corpo umano

I punti vulnerabili o sensibili sono di tre categorie: 1ª Categoria - procurano danni irreversibili 2ª Categoria - procurano fratture*, lacerazioni e K.O. 3ª Categoria - procurano dolore senza K.O.

*Le fratture possono essere provocate oltre che da colpi violenti anche da leve articolari. Punti sensibili nella parte anteriore del corpo e relativa categoria: Occhi (1° cat.) il metodo migliore x colpire è il graffio perché è in grado di produrre cecità improvvisa e causare dolori intensi Tempia (1° cat.) Atlante (1° cat.)

Gola (1°/2° cat.) Genitali (1°/2° cat.) Plesso solare (1°\2°\3° cat.)

Fronte (2° cat.) Naso cartilagine (3° cat.) Punti sensibili nella parte laterale del corpo e relativa categoria:

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Lato del collo (1°/2° cat.) Ginocchio (2° cat.) Fegato (2° cat.) Reni (2° cat.) Quadricipite (3° cat.) Punti sensibili nella parte posteriore del corpo e relativa categoria: Cervelletto (1° cat)

Tendine d'Achille (2°\3° cat.)

Testa, collo e genitali appartengono alla 1°/2° categoria e in combattimento sono difficili da difendere contemporaneamente. A questi punti sensibili possiamo aggiungere altri punti chiamati di blocco neurologico che derivano dall’agopuntura. Sono grandi più o meno come una monetina e se stimolati in un certo modo possono guarire secondo la tradizione cinese ma se colpiti violentemente causano effetti devastanti. Vediamone alcuni: Punti del meridiano dello stomaco

S9 : punto altamente letale! Si trova a livello del III superiore -medio del collo anteriormente e bilateralmente. Funziona sempre ed in ogni condizione mettendo l’avversario KO o provocando blocco cardiaco. Si colpisce sferrando un colpo contro il collo dell’avversario con il taglio della mano, con il gomito (effetti devastanti), con un pugno, con le punta delle dita o facendo uno strangolamento. S5 o punto mentoniero :punto facilmente accessibile sul bordo della mascella con effetto KO. Si colpisce con il pugno o con il palmo. Indicato se l’avversario carica con violenza e cerca di afferrarvi con entrambe le braccia ;in questo caso usate la sua stessa forza per far rimbalzare i vostri palmi dalle sue braccia e poi colpirlo sui lati della mascella sfruttando la forza della sua carica

Punti del meridiano vaso governatore

VG 26: localizzato sotto il naso centralmente si può costringere una persona a rialzarsi e se colpito con forza provoca danni devastanti. Si colpisce con la base del palmo della mano o con una nocca del pugno soprattutto utilizzando la rotazione dell’intero corpo (metodo fa-jing). Il vaso governatore ha origine nel perineo,sale lungo l’interno della spina dorsale,passa sopra al cranio ,fino ad arrivare alla colonna nasale. Punti del meridiano vaso concezione

VC 22 : localizzato a livello della fossetta giugulare se colpito provoca KO dell’avversario. Si colpisce direttamente ed anteriormente o parallelamente con la base del palmo,con le punta delle dita,con il gomito soprattutto se si è agguantati da davanti ,con una nocca del pugno. E’ il meridiano che controlla l’energia yin di tutto il corpo; la sua funzione è di regolare la circolazione sanguigna ed energetica lungo i meridiani yin (tre della mano e tre del piede). Punto della mente

E’ un dei “punti straordinari” e si trova vicino al retro della mandibola appena davanti al lobo

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dell’orecchio ;se colpito mette a KO l’avversario. Si colpisce ad un angolo di 45° ,da davanti,verso la colonna vertebrale usando il pugno, la base del palmo, il taglio della mano longitudinalmente. Punto della tempia del meridiano vescica biliare

VB 1 e IT 23 :colpito direttamente provoca KO o morte dell’avversario. Si colpisce con una nocca del pugno. Punti di blocco neurologico

Area del bordo della mandibola che comprende anche parte dell’orecchio e del collo ; provoca caduta a terra dell’avversario. VB10: situato sul retro del collo e se colpito con il taglio interno della mano provoca perdita di coscienza(punto pericoloso). VG 20(Bahui): al centro del cranio se colpito provoca KO. IT 17: meridiano intestino tenue si trova sotto l’angolo posteriore della mandibola. Un colpo portato dal basso verso l’alto provoca KO. TR 23: localizzato sopra l’estremità esterna del sopracciglio ,lungo il margine del processo zigomatico dell’osso frontale. Se colpito dall’alto verso il basso con la base del palmo può causare KO o morte (pericoloso) perché provoca un drenaggio energetico del riscaldatore inferiore (organi addominali)e centrale(organi del torace cuore e polmoni). F14 (Fegato):localizzato sotto la piega inferiore del muscolo pettorale a circa 1 cm sotto il capezzolo .Ha effetti devastanti e pericolosi: provoca il collasso del polmone ,la perdita di sensi e probabilmente la morte dell’avversario. VC 14(vaso concezione): situato presso il plesso solare è uno dei punti più pericolosi per il cuore; deve essere colpito leggermente dal basso verso l’alto. VB24(vescica biliare): altro punto pericoloso che si trova a 5 cm o due dita sotto il capezzolo ; provoca perdita dei sensi o morte dell’avversario. MP 17 (milza –pancreas): localizzato sul bordo esterno del mm pettorale nel quinto spazio intercostale .Se colpito obliquamente dall’esterno all’interno con la punta del gomito causa forte dolore e blocco respiratorio. P5(polmone 5): localizzato sulla piega del gomito sul lato interno radiale e può essere colpito con estrema facilità causando danni al braccio ,al sistema nervoso centrale ed al sistema energetico del corpo. E’ un punto di drenaggio energetico. PC6 (neiguan del meridiano del pericardio): localizzato al centro dell’avambraccio ,a circa un palmo di distanza dalla piega del polso; se colpito causa sia drenaggio energetico con indebolimento della muscolatura del braccio e sia forte senso di nausea

Polmone 8 : a livello dell’osso stilodeo radiale . Pericardio 2 a livello del braccio anteriormente e nel tratto medio. Si colpisce direttamente con le nocca delle dita ,con il taglio della mano ,con il pugno. Gli effetti sono la perdita della forza muscolare,disfunzioni polmonari e cardiache.

Leve nel corpo umano

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Il sistema scheletrico ed i muscoli su cui si originano e si inseriscono possono essere considerati come una serie di leve meccaniche ossia dei segmenti rigidi che ruotano intorno ad un punto fisso (Fulcro). Oltre al Fulcro,in ogni sistema di leve del corpo umano bisogna considerare la Potenza (forza muscolare) e la Resistenza (forza peso). La Potenza è situata nel punto di applicazione del muscolo sull'osso da spostare; la Resistenza nel punto su cui si scarica la forza da vincere;il Fulcro è rappresentato situato nell'articolazione che rimane fermo rispetto alla Potenza e alla Resistenza. La distanza tra il Fulcro e il punto di applicazione della Resistenza viene chiamato Braccio della resistenza e la distanza tra il fulcro e il punto di applicazione della Potenza viene detto Braccio della potenza. Si classificano tre tipi di leve:

Leve di primo genere: il Fulcro è situato tra il punto di applicazione della Potenza e il punto di applicazione della Resistenza

Un esempio nel corpo umano è l'articolazione tra l'osso occipitale e la 1°vertebra cervicale.

Leve di secondo genere:

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la Resistenza è applicata tra il Fulcro e la Potenza. In questa leva (detta anche "interresistente" o "vantaggiosa") il Braccio della potenza è sempre maggiore del Braccio della resistenza.

Un esempio nel corpo umano è l'articolazione della caviglia.

Leve di terzo genere: la Potenza è applicata tra il Fulcro e la Resistenza. Il Braccio della potenza è sempre minore di quello della resistenza e quindi questa leva (chiamata anche "interpotente" o "svantaggiosa") sarà sempre svantaggiosa

Un esempio nel corpo umano è l'articolazione del gomito.

LE ARMI

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….Aspetti giuridico/normativi

· Nozione di arma

Nel significato corrente, è arma lo strumento, l’arnese o l’oggetto appositamente costruito che consente all’uomo di offendere o di difendersi in guerra, per difesa personale, per uso venatorio o per tutelare la collettività o i singoli nell’adempimento dei doveri.

La definizione tecnica di arma è altresì riconducibile a qualunque strumento atto ad offendere, per sua destinazione naturale o per modalità d’impiego.

Nella generalità, si distinguono le armi in: armi da fuoco, da getto, da taglio o da punta (le cosiddette “armi bianche”), corte e lunghe, batteriologiche e chimiche, automatiche e semiautomatiche.

· Fonti normative

Giuridicamente la nozione di arma è riconducibile all’art. 585 del codice penale (C.P.), per il quale armi sono quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (armi proprie), nonché tutti gli strumenti atti ad offendere di cui la legge vieta il porto in modo assoluto o senza giustificato motivo (armi improprie), nonché, per assimilazione, andrebbero a ricomprendersi nel concetto le materie esplodenti e i gas asfissianti ed accecanti.

L’art. 704 C.P., ai fini contravvenzionali, indica una definizione di arma ripresa dall’art. 30 T.U.L.P.S. (Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza) in cui però manca il riferimento agli strumenti di cui è vietato il porto, pur ricomprendendo bombe o qualsiasi macchina o involucro contenenti materie esplodenti.

La definizione giuridica di arma si ricava, oltre che dal combinato disposto delle norme citate, anche dalla legislazione vigente in materia ed in particolare dalla legge 18 aprile 1975, n. 110 e successive modifiche ed integrazioni.

· CLASSIFICAZIONE DELLE ARMI

Le armi si distinguono in:

1- armi proprie

2- armi improprie

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1- armi proprie (la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona) che comprendono: armi da sparo, da guerra e tipo guerra, armi comuni, armi proibite e armi bianche, congegni esplodenti e aggressivi chimici.

· le armi da sparo (tra cui rientrano quelle da bersaglio da sala e quelle ad aria compressa) atte a lanciare proiettili [con riferimento alle armi ad aria compressa, la legge n.526 del 21 dicembre 1999 ha stabilito che le armi ad aria o a gas compressi, sia lunghe che corte, i cui proiettili sono dotati di un’energia cinetica misurata all’origine (vivo di volata) non superiore a 7,5 joule, sono armi con modesta capacità offensiva non assimilate alle armi comuni da sparo]; così chiamate perché utilizzano la forza espansiva del gas prodotto dalla combustione della sostanza esplosiva, per lanciare, a distanza, attraverso una canna, proiettili destinati a produrre, su di un bersaglio, un determinato effetto (fucili, pistole, lanciarazzi). Ad esse sono talvolta equiparate le armi che usano aria o gas compressi (armi a gas) anche se la maggior parte di esse sono strumenti sportivi. Si distinguono giuridicamente in:

· armi da guerra e tipo guerra;

· armi comuni e, fra queste, armi proibite (o vietate).

Nella categoria delle armi comuni non da sparo rientra anche il tonfa.

Il Tonfa

A

G

B

C

D

F

H

E

COMPOSTO DA CORPO- IMPUGNATURA MATERIALE: LEGNO, ALLUMINIO, POLICARBONATO

PESO DA GR 500 A GR. 600

LUNGHEZZA DA CM 55 A CM 60

A=LATO GRANDE-GRANDE SPALLA

B= LINEA DI TAGLIO

C= PICCOLA SPALLA

D= LATO PICCOLO

E= IMPUGNATURA

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F= TESTA IMPUGNATURA

G= PUNTA

H=TALLONE

Origini e utilizzo

Alcune fonti cinesi fanno derivare questa arma da una spada ad uncino che fece la sua comparsa durante l'epoca della dinastia Qin e quella della dinastia Han. Per il dottor Yang Jwing-Ming essa non è altro che l'evoluzione di una stampella. Per la tradizione del Kobudo, come avviene per la maggior parte delle armi che utilizza, il tonfa era in origine uno strumento agricolo, la manovella per azionare la macina del mulino, che i contadini impararono ad utilizzare per combattere dopo il decreto che proibiva il possesso di armi. Questo poteva essere facilmente estratto dalla macina e utilizzato per difendersi dai colpi, impugnandolo con la parte lunga del corpo (yoka) a protezione dell'avambraccio. I colpi erano portati con la parte corta del corpo (in affondo), con la parte terminale opposta (yoko nage) o imprimendo una rotazione all'arma con un movimento secco del polso. Il tonfa è da ritenersi un'arma a tutti gli effetti in quanto, se utilizzato senza l'adeguato addestramento e l'utilizzo di tecniche ad hoc, può infierire gravissime lesioni, quali traumi o ossa fratturate.

Sono armi da guerra (art.1, 1° comma, legge n.110 del 18 aprile 1975):

1. le armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico;

2. le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse;

3. gli aggressivi chimici, biologici, radioattivi;

4. i congegni bellici di qualsiasi natura;

5. le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari.

Pistola mitragliatrice Pietro Beretta, modello 12-S, calibro 9mm Parabellum

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Sono armi tipo guerra (art.1, 2° comma, legge n.110 del 18 aprile 1975):

1. tutte quelle che, pur non rientrando tra “le armi da guerra”:

a) possono utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra;

b) sono predisposte al funzionamento automatico per l’esecuzione del tiro a raffica;

c) presentano caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra.

Pistola marca CZ, Skorpion modello 61, calibro 7,65mmB

Sono armi comuni da sparo (art.2 legge n.110 del 18 aprile 1975):

1. i fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia;

2. i fucili con due canne ad anima rigata, a caricamento successivo con azione manuale;

3. i fucili, con due o tre canne miste, ad anime lisce o rigate, a caricamento successivo con azione manuale;

4. i fucili, le carabine, e i moschetti da una canna ad anima rigata, anche se predisposti per il funzionamento semiautomatico;

5. i fucili e le carabine che impiegano munizioni a percussione anulare, purché non a funzionamento automatico;

6. le rivoltelle a rotazione;

7. le pistole a funzionamento semiautomatico;

8. le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890, fatta eccezione di quelle a colpo singolo (comma modificato dall’art. 11 legge n.526 del 21 dicembre 1999);

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9. i fucili e le carabine che, pur potendosi prestare all’utilizzazione del munizionamento da guerra, presentino specifiche caratteristiche per l’effettivo impiego per uso di caccia o sportivo, abbiano limitato volume di fuoco e siano destinate ad utilizzare munizioni di tipo diverso da quelli militari;

10. le armi denominate “da bersaglio da sala”, o ad emissione di gas, nonché le armi ad aria compressa o a gas compressi, sia lunghe sia corte, i cui proiettili erogano un’energia cinetica superiore a 7,5 joule (le parole in corsivo sono state introdotte dalla legge n.526 del 21 dicembre 1999) e gli strumenti lanciarazzi, salvo che si tratti di armi destinate alla pesca ovvero di armi e strumenti per i quali la commissione consultiva di cui all’art. 6 della legge n.110/1975 escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche, l’attitudine a recare offesa alla persona.

Pistola semiautomatica, marca Pietro Beretta, modello 1935, calibro 7,65mm B.

In merito alle armi comuni da sparo proibite, i Decreti Legislativi 204/2010 e 121/2013 hanno introdotto la categoria delle armi comuni proibite, già prevista dalla direttiva europea e vi hanno aggiunto i caricatori che non sono ne armi, né parti di armi. Sono vietate in Italia le armi da fuoco corte in cal. 9x19mm o Parabellum se semiautomatiche o a ripetizione, ma non le cartucce in tale calibro. Sono vietate le armi lunghe non sportive con caricatore o serbatoio capace di più di 5 colpi, armi corte non sportive capaci di più di 15 colpi e i caricatori che superano dette capacità. Sono consentite le armi sportive autorizzate dalle Federazioni con un maggior numero di colpi. Le repliche possono avere serbatoio o caricatore fino a 10 colpi. Le armi e i caricatori vietati e già detenuti possono essere conservati senza alcuna nuova formalità, ma dopo il 5 novembre 2015 potranno essere ceduti solo se regolarizzati.

Pistola semiautomatica, marca Sig Sauer, modello P226 , calibro 9mm Parabellum

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Ancora più nello specifico, tra le armi comuni da sparo si distinguono:

• le armi comuni sportive, cioè, quelle già catalogate come tali e quelle che verranno classificate dal Banco di Prova; sono lunghe o corte a canna rigata (non era prevista la catalogazione di armi a canna liscia); i fucili da tiro a volo ricadono quindi tra le armi da caccia, da cui non si distinguono. Le armi sportive possono essere classificate con caricatori maggiorati;

Pistola semiautomatica, marca Pietro Beretta, modello 87 Target, calibro .22 L.R.

• le armi comuni da caccia, cioè, tutte le armi lunghe da fuoco usabili per cacciare in Italia e cioè quelle lunghe, sia a canna liscia (purché il calibro non sia più grande del 12; quindi non sono da caccia i calibri 8 e 10 che hanno un diametro superiore a 18,1 mm.), che rigata. Queste, se di calibro pari o inferiore a 5,6 mm, devono impiegare una cartuccia con bossolo di lunghezza superiore a 40 mm. In pratica fra quelli a percussione centrale rimangono esclusi il .221 Remington, il .22 Hornet e pochi rari calibri americani. Sono da caccia i calibri .222 Remington e .223 Remington. Non è da caccia il .221 Remington.

Sono armi da caccia quelle nei calibri 6 e 9mm Flobert.

Le armi a canna liscia devono essere ad una o due canne, salvo l’aggiunta di una canna rigata nei combinati. I semiautomatici, a canna liscia o rigata e i fucili a pompa devono avere un caricatore o serbatoio che non possa contenere, sul terreno di caccia, più di due cartucce (tre se la prima cartuccia non è camerabile manualmente. Nella sostanza, non si devono mai poter sparare più di tre colpi in rapida sequenza).

Se una delle canne è in calibro non consentito, essa deve essere resa inutilizzabile sul terreno di caccia. I fucili a ripetizione manuale possono contenere nel caricatore o serbatoio fino a 5 colpi. Anche moschetti militari o fucili d’assalto demilitarizzati sono armi da caccia. Le armi ad aria compressa sono vietate per la caccia (la legge non lo dice chiaramente, ma i cacciatori solitamente non usano queste armi).

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Fucile da caccia ad anima liscia, a due canne giustapposte, marca Franchi, calibro 20 Gauge, a cani interni, bigrillo

Fucile da caccia ad anima liscia, monocanna, marca Falco, calibro 9 Flobert

….. è sempre utile sapere che:

Sono armi antiche (art. 10, comma 7°, legge n.110 del 18 aprile 1975) quelle ad avancarica e quelle fabbricate anteriormente al 1890 (anche se costruite dopo. Esempio ne è il revolver mod. 1889, anche se costruito nel 1920), le armi da sparo artistiche o rare di importanza storica di modelli anteriori al 1890.

Sono armi liberalizzate tutte le repliche di armi ad avancarica monocolpo (quindi non i revolver e le armi con più canne o a ripetizione) e le armi ad aria o gas compressi, di potenza non superiore a 7,5 Joule, che sono liberamente acquistabili presso gli armieri e non vanno denunciate. Esse possono essere liberamente trasportate. Il privato le può cedere od acquistare da altro privato senza formalità. Con esse si può sparare in qualsiasi luogo non aperto al pubblico (luogo ben recintato a cui non possono accedere estranei se non autorizzati) e in poligoni pubblici e privati. Quelle ad avancarica già detenute prima del 2000 sono liberalizzate senza alcuna formalità; esse recano già marchio del fabbricante, matricola e sono provate al Banco di Prova. Non si può sparare in campagna, perché è luogo aperto al pubblico. È vietato ovviamente cacciare con esse: quindi occorre non far sorgere il sospetto che si sia in atteggiamento di caccia. Ad esse non si applicano i reati in materia di armi, ma solo sanzioni amministrative, salvo che per il porto al di fuori dei luoghi consentiti, punito come il porto di un coltello.

Il Decreto Legislativo 204/2010 ha introdotto la categoria degli strumenti riproducenti armi, in cui sono finiti:

- armi giocattolo che imitano armi vere ma non in metallo e che sparano solo cappette per giocattoli. Sono del tutto libere e non devono avere il tappo rosso;

- gli stessi, ma in materiale metallico. Essi devono avere il tappo rosso. Tra queste, vi rientrano quindi le armi disattivate;

- armi giocattolo in qualsiasi materiale che sparano proiettili con potenza inferiore a un Joule (softair). Il tappo rosso è previsto solo se confondibili con un’arma vera, altrimenti devono avere la parte anteriore colorata in rosso per almeno tre centimetri;

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- strumenti in metallo a forma di arma che possono sparare cartucce a salve. Si tratta di oggetti che pur simulando l’arma nel loro aspetto esteriore non hanno tuttavia idoneità ad offendere la persona ed hanno come destinazione naturale l’uso del gioco o comunque di attività ricreative e di divertimento (conf. Cass. 21 ottobre 1982 – Reina). Gli stessi, che devono recare i punzoni del Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia (BS), devono essere fabbricati in modo tale da non poter essere trasformati in armi da guerra o comuni da sparo o che possono utilizzare il munizionamento o comunque consentire il lancio di oggetti idonei all’offesa della persona. Devono, inoltre, avere la estremità della canna parzialmente o totalmente occlusa da un visibile tappo rosso incorporato (art. 5, 4° comma, legge n.110/1975). Con le armi a salve si può sparare liberamente (senza disturbare) perché, per definizione, non si tratta di spari pericolosi vietati.

E’ importante sapere che solo “chiunque produce o pone in commercio giocattoli riproducenti armi senza l’osservanza delle disposizioni del 4° comma dell’art. 5 della legge n.110/1975 è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa ……”.

Modifica di un’arma giocattolo

Quanto segue farà riferimento a due specifiche (ma non uniche) trasformazioni di una pistola giocattolo in arma comune da sparo a funzionamento semiautomatico.

Accade ormai sovente che una pistola da salve, originariamente allestita in calibro 8mm da salve, venga modificata nella sua struttura originale e trasformata in arma comune da sparo in calibro 6.35mm Browning o 7,65mm Browning (calibri più diffusi). In particolare, la modifica viene eseguita tagliando parzialmente la canna originaria, occlusa e in calibro 8mm da salve, e “intubando” alla parte restante, perfettamente sagomato, un cilindro metallico perforato (di norma, in acciaio). L’introduzione del tubo nella parziale canna originaria occlude, altresì, il foro di sfiato per i gas, doverosamente necessario nelle armi da salve, rendendo la nuova pistola idonea a camerare normali cartucce per armi comuni da sparo.

La nuova pistola, perfettamente funzionante, pur non garantendo caratteristiche balistiche paragonabili ad una vera arma, è senz’altro efficace per l’utilizzo a breve distanza, potendo provocare seri problemi a cose o persone.

Un’altra trasformazione molto diffusa e di facile applicazione consiste nel forare la canna originaria e nell’inserire, al suo interno, fino al vivo di culatta, un tubo metallico ad hoc sagomato all’altezza della camera di scoppio, in modo che l’arma sia predisposta a ricevere la normale cartuccia per arma comune da sparo.

Il reato di cui si risponde è quello di: “detenzione illegale o porto abusivo di arma comune da sparo clandestina” (artt. 2 e 23 legge n.110 del 22 aprile 1975).

Parti di armi

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Sono parti di armi (decreto legislativo 26 ottobre 2010 n.204) quelle parti insostituibili e indefettibili, in quanto senza di esse l’arma non può né essere ricomposta né essere immediatamente utilizzabile. Sono quindi da considerare parti di arma comune da sparo, ai fini della legge penale in generale e, in particolare, delle leggi di pubblica sicurezza, le seguenti parti:

1. per i fucili e carabine: la canna o le canne, la bascula (cioè la parte che contiene i meccanismi di scatto o di sparo e sui cui si innesta la canna), la carcassa e il castello (cioè la parte che contiene congegni di ripetizione o di chiusura e in cui si innesta la culatta della canna), il fusto in metallo (che è la parte del castello che in taluni tipi di fucile si prolunga a sostenere o contenere la canna), i serbatoi fissi, gli otturatori;

2. per le rivoltelle: la canna, il tamburo e il castello;

3. per le pistole: la canna, il castello, il carrello o l’otturatore, il serbatoio fisso;

4. ogni dispositivo progettato o adattato per attenuare il rumore causato da uno sparo di arma da fuoco.

Non costituiscono quindi parte di arma comune i caricatori, i serbatoi, le minuterie metalliche, le parti non essenziali come le guancette delle impugnature, i grilletti, i cani, le tacche di mira, i congegni di puntamento, le singole parti componenti l’otturatore o i meccanismi di sparo, ecc.. Non rientra nel concetto di parte essenziale l’astina dei fucili a canna liscia. Non vi rientrano neppure le parti in legno (calcio, fusto e cassa), nonostante un’erronea sentenza della Cassazione (che però probabilmente si riferiva al calcio in legno con la bascula).

Non sono parti di armi quelle che appartengono ad una pistola da salve o disattivata (calcio in legno, grilletto, minuterie, carrello, tamburo, ecc.).

Le parti essenziali di armi, che non facciano parte di un’arma intera, devono essere denunciate (canne aggiuntive).

In merito ai caricatori occorre fare delle precisazioni. Infatti, solo il serbatoio fisso (es.: quello di un fucile a canna liscia a funzionamento semiautomatico) deve essere considerato parte di arma a norma dell’art. 19 della legge n.110/1975.

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Bascula di fucile da caccia ad anima liscia, a due canne sovrapposte, calibro 12 Gauge

Pistola semiautomatica, marca Pietro Beretta, modello 98 FS, calibro 9x21mm, smontata nelle parti essenziali (castello, carrello-otturatore, canna)

Acquisto e possesso di armi

Ogni cittadino sano di mente, che non si ubriachi o non si droghi e che non sia pregiudicato o malfamato o obiettore di coscienza ha diritto di acquistare armi. Chi è munito di una qualsiasi licenza di porto d’armi può acquistare armi e munizioni di ogni genere, nei limiti consentiti. Chi ha licenza di porto di fucile può acquistare armi corte, e viceversa. I limiti per la detenzione di armi sono:

- armi da caccia, senza limiti;

- armi sportive, 6 pezzi;

- armi comuni in genere, 3 pezzi.

Entro tali limiti si possono detenere più esemplari dello stesso modello di arma.

Chi non ha una licenza di porto d’armi deve invece richiedere apposito nulla osta per ogni operazione di acquisto di una o più armi. Va richiesto alla Questura indicando i motivi (caccia, difesa, sport) e il tipo di armi che si intendono acquistare; occorre presentare un certificato di sanità mentale da cui risulti che si è sani di mente, non si faccia uso di sostanze stupefacenti o di bevande alcoliche. Esso viene rilasciato dal medico di base. Occorre inoltre l’idoneità al maneggio delle armi. Tale idoneità è presunta per chi ha prestato servizio militare, ma solo per dieci anni dal congedo; dopo occorre andare al Tiro a Segno Nazionale (TSN).

Il nulla osta è gratuito, non si pagano bolli, e vale trenta giorni per tutto il territorio italiano. Esso autorizza a trasportare le armi acquistate fino al luogo di detenzione.

Denuncia e custodia di armi

Chi è in possesso di armi o loro parti essenziali deve denunciarle entro 72 ore dalla ricezione. La detenzione di armi non richiede il possesso di licenze di porto. La denuncia viene fatta in duplice copia e in carta libera, e contiene i dati indicativi delle armi e il luogo di loro futura custodia. La denuncia

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viene presentata alla Questura o Commissariato del comune di custodia. In mancanza dei detti Uffici di P.S., la denuncia viene presentata ai Carabinieri.

La denuncia deve contenere anche l’elenco di tutte le armi possedute e già denunciate, anche se presso altri uffici. Le munizioni possono essere denunciate assieme alle armi o separatamente. Le munizioni possono anche essere non pertinenti alle armi denunciate e si possono detenere anche senza avere alcuna arma.

Le armi possono essere detenute e denunciate in luoghi diversi dalla residenza ed anche in più luoghi diversi (casa di abitazione, ufficio, negozio, cassetta di sicurezza in banca, seconda abitazione). Unica cosa da tener presente è che il luogo in cui si trovano dia sufficienti garanzie di adeguata custodia e che ad esso il proprietario dell’arma possa accedere liberamente per controllarle. Nel luogo di denuncia, le armi possono essere detenute cariche e pronte all’uso, perché sono destinate anche alla difesa abitativa; non devono essere conservate smontate o chiuse in cassaforte. Importa solo che esse siano al sicuro da furti quando nessuno è in casa e che non le usino bambini o minorati. Nel momento in cui una persona capace è in casa, non occorre alcuna misura di custodia perché la sorveglianza umana è la miglior custodia possibile. Una casa con finestre non accessibili e con robusta porta e serrature è un luogo idoneo per impedire furti. In una casa di campagna, che rimane disabitata per parecchi giorni, è consigliabile una cassaforte. L’obbligo di custodia non riguarda le parti di armi, perciò l’arma privata di una parte essenziale non richiede un particolare dovere di custodia. E’ doveroso, comunque, adottare tutte le attenzioni possibili. Le armi non vanno mai lasciate all’aperto in auto, se non custodite da una persona.

Porto di armi

Le armi proprie possono uscire dal luogo in cui sono custodite e sue adiacenze solo in mano di persona munita di licenza di trasporto o di porto d’armi. Adiacenze di una abitazione sono i luoghi esterni direttamente collegati ad essa e di uso esclusivo del proprietario (aia, cortile, orto, giardino, atrio, garage, stalle, ecc.) poiché ad essi è logico estendere le esigenze di difesa abitativa. Per ottenere una di queste licenze bisogna non aver commesso reati gravi ed aver fatto il militare oppure avere il certificato di idoneità al maneggio delle armi, rilasciato dal TSN. Il certificato è generico e non ha importanza se sia stato conseguito con armi lunghe o corte. Inoltre occorre produrre il certificato di idoneità psicofisica rilasciato dalla ASL o da medico militare o della polizia.

Alcune persone, salvo gli obiettori, possono portare armi senza licenza e senza idoneità al maneggio: prefetti, ufficiali di PS, magistrati ordinari, giudici di pace, magistrati onorari ed amministrativi, dirigenti di carceri. Altri, appartenenti a corpi militari o dipendenti da enti pubblici, portano le armi senza licenza durante il servizio e secondo i propri regolamenti. Gli ufficiali delle FF.AA. in servizio permanente attivo hanno diritto alla licenza di porto d’armi gratuita. Altre categorie possono ottenere licenza gratuita se il richiedente è esposto a particolare rischio.

Le licenze di porto d’arma sono:

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• licenza di porto di arma corta per difesa personale: viene rilasciata dal Prefetto della provincia di residenza o domicilio a chi ha dimostrato bisogno di difendersi (frequente trasporto di danaro, pericolo di sequestro, possesso di preziosi, professione a rischio, politici, ecc.). Deve essere rinnovata ogni anno, ma il libretto con la foto viene rilasciato con la validità di cinque anni; ogni anno va inserito il foglietto intercalare che avrà valore per un anno dalla data del rilascio. Autorizza al porto di armi corte, anche di modello sportivo, in ogni tempo e luogo salvo che in riunioni pubbliche (comizi, partite di calcio, discoteche affollate) e su aeromobili; su treni e mezzi di trasporto pubblico terrestre statali o regionali e su traghetti delle ferrovie devono essere scariche e smontate (per le pistole basta togliere il caricatore) poiché è norma diretta solo a prevenire infortuni.

Autorizza a sparare con arma corta, per sport o per difesa, ovunque al di fuori di luoghi abitati. Nell’abitato si può sparare per diletto, ma solo in luoghi chiusi ove sia esclusa la fuoriuscita di proiettili e inquinamento acustico.

La licenza rilasciata alle guardie giurate è una normale licenza di porto d’armi a tariffa scontata, non soggetta a limitazioni temporali (non possono però andare in riunioni pubbliche, ecc., se non in specifico servizio). Nel caso di licenziamento, può essere sospesa dal Prefetto;

• licenza di porto di fucile (anche) per uso di caccia: Originariamente la licenza di porto di fucile per difesa personale non richiedeva dimostrazione del dimostrato bisogno; chi intendeva usarla anche per caccia doveva pagare una ulteriore tassa; da ciò la dicitura.

Il Decreto 17 aprile 2003 del Ministero degli Interni ha introdotto un unico libretto di porto di fucile che verrà rilasciato o per caccia o per tiro a volo o per difesa personale. Secondo la Cassazione, l’uso dell’arma per uno scopo diverso da quello specifico (ad es. cacciare con licenza per tiro a volo) non comporta sanzioni penali; può comportare però il ritiro della licenza stessa. Si ricorda che la licenza di caccia assorbe quella per il tiro a volo.

La licenza per difesa con arma lunga è annuale e deve essere rinnovata ogni anno, anche se il libretto rimane valido per 5 anni; quindi è regolata come la licenza per arma corta. La licenza per caccia o tiro a volo è valida per sei anni, non occorre il foglietto intercalare, ma basta pagare le tasse. Il fatto di non pagare la tassa annuale di Concessione Governativa non comporta la sua inefficacia, ma solo sanzioni amministrative e fiscali; quindi anche se non si pagano le tasse, il libretto autorizza a comperare armi e al trasporto di armi e all’esportazione mediante Carta Europea e chi porta il fucile non commette alcun reato (Cassazione costante). In questo caso infatti ha comunque valore di licenza di tiro a volo, per l’appunto gratuita (e finché si ha la licenza di caccia non si può ottenere anche la licenza di tiro a volo).

La licenza abilita al porto di ogni arma lunga comune da caccia, purché non per difesa personale, osservata la normativa venatoria (ad esempio anche per tiri di prova o gare). È però praticamente impossibile stabilire se un’arma lunga è portata per difesa o per caccia, salvo che lo chiarisca lo stesso autore del fatto. Non avendo certezza normativa, si può discutere, invece, se sia o meno consentito

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portare un'arma lunga sportiva. In pratica, bisognerebbe far conto che non sia consentito e ci si risparmia, così, sicuri problemi.

I limiti al porto sono gli stessi di cui alle armi corte. Inoltre, vanno osservati i divieti venatori che vietano di portare fucili carichi e fuori custodia in tempo e luoghi di caccia non consentita e di osservare determinate distanze (violazioni punite con sanzioni amministrative) e di usare determinati tipi di armi. Ciò comporta che in alcuni luoghi e giorni non si può sparare liberamente con l’arma lunga, salvo che ciò avvenga in luoghi attrezzati (poligoni, anche privati) oppure sotto il diretto controllo dell’autorità amministrativa (ad es. gare estemporanee di tiro, prova di fucili, esami di cacciatori, ecc.) la quale constati che non si fa del bracconaggio. Il cacciatore può portare con sé più di un fucile. Competente al rilascio della licenza è il Questore della provincia in cui si ha la residenza o il domicilio.

Vi sono poi licenze di trasporto limitate e sono:

- la licenza di trasporto di armi sportive: essa viene rilasciata dal Questore, è gratuita ed ha validità di un anno. Occorre il certificato di idoneità psicofisica, ma non è richiesto il certificato di abilità al maneggio delle armi; occorre invece l’attestazione del TSN o di altra federazione sportiva di tiro affiliata al CONI, da cui risulti la partecipazione ad attività sportiva. La licenza non deve elencare le armi da trasportare perché le armi sportive possono essere prese in comodato.

La licenza autorizza al solo trasporto di un massimo di sei armi sportive su tutto il territorio italiano, senza limitazioni (non solo per andare ad un poligono). Non autorizza all’ acquisto in armeria di armi o munizioni;

- la cosiddetta carta verde: chi frequenta il TSN ha diritto di ottenere la licenza di trasporto di armi ad un TSN. Si tratta di una carta di riconoscimento rilasciata dal Presidente e vidimata dal Questore; autorizza esclusivamente a trasportare al poligono a cui si è iscritti, o a quelli in cui si vada per gare sociali, armi del tipo consentito nel poligono, anche se non sportive.

Vendita o cessione di armi

Il privato può cedere armi solo a persona legittimata ad acquistare e quindi munita di nulla osta all’acquisto o di porto d’armi.

La cessione temporanea o prestito, si chiama comodato. Esso può essere fatto solo per le armi sportive o da caccia. Colui che riceve l’arma in comodato deve farne denuncia entro 72 ore, se non la restituisce prima.

È vietato ai privati acquistare armi da sparo per corrispondenza senza licenza del Prefetto. Ciò significa che non si possono spedire armi ad un privato se questi non ha la licenza del Prefetto che lo autorizza a riceverle. In caso contrario, l’acquirente deve venirsi a prendere l’arma, oppure il venditore spedisce l'arma (con avviso di trasporto) ad un armiere che poi la consegna all'acquirente. Il divieto non vale per le parti di arma, ma non è consigliabile spedire un'arma suddivisa in due o più pacchi.

Segni distintivi

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Le armi devono recare dei marchi che consentano di identificarle. Un’arma priva di matricola o marchio del produttore, nei casi in cui sono prescritti, è arma clandestina.

La matricola deve comparire su tutte le armi comuni, anche quelle ad aria compressa, solo se prodotte dopo il 1920. Se la matricola non è obliterata, la sua mancanza è la prova migliore che l’arma è anteriore al 1920. Può essere apposta, per una o più volte, su una qualsiasi parte essenziale dell’arma, canna compresa. La canna, anche se mobile, non deve necessariamente recare la matricola. È possibile che vi sia una matricola sul corpo dell’arma e una diversa sulla canna, ciascuna valida e sufficiente. Solo le canne intercambiabili prodotte dopo il 1920 debbono recare un numero. Sono tali le canne ulteriori di un’arma, rispetto a quella di base. Una canna non riferibile come canna aggiuntiva ad un arma specifica non deve avere la matricola. Spesso, invece, la matricola è nascosta sotto le parti in legno. Dal 2011, sulle nuove armi, essa dovrà essere visibile.

Il marchio o sigla (nome o simbolo) che individua il produttore od importatore. Essi devono essere apposti solo sulle armi poste in commercio dopo il 1° ottobre 1979. Dal gennaio 2012 le nuove armi dovranno recare anche anno e paese di fabbricazione e, almeno sulla canna, il calibro. Le armi poi, ma non tutte, recano i punzoni del Banco di Prova. Tali marchi non rientrano tra i segni distintivi la cui mancanza rende clandestina l’arma. Un tempo armi importate per uso privato ne erano legittimamente prive, così come le armi ex militari.

Le armi prive di un segno distintivo (marchio di fabbrica o matricola), se prescritto, sono dette clandestine e non possono essere regolarizzate.

Matricola impressa su pistola semiautomatica (superficie destra del castello)

Modifica di armi

È vietato alterare le armi da sparo mediante alterazione della meccanica in modo da aumentarne in modo rilevante la potenzialità oppure mediante modifica delle dimensioni per facilitarne porto od occultamento. Quindi, è vietato accorciare notevolmente la canna, ma è consentito un taglio di qualche centimetro per riparazioni. E’ vietato aumentare il calibro, trasformare l’arma da semiautomatica a raffica e non si può rendere il calcio pieghevole. Non è vietato montare accessori quali cannocchiale, variatore di strozzatura, freno di bocca, contrappesi, congegni di mira, silenziatore. Non è quindi

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vietato filettare la canna per montare tali accessori. Non sono vietate alterazioni che non incidano sulla meccanica e alterazioni che non aumentino potenza o occultabilità. È consentito alesare e ritubare una canna perché ciò ne diminuisce la potenzialità. La modifica del calibro va però denunciata. La lunghezza delle canne delle armi a canna liscia non risulta da nessun atto ufficiale e molte sono costruite su misura. Pertanto, la lunghezza delle canne può essere variata in misura più ampia purché non si giunga a creare una “lupara”. Con l’abolizione del Catalogo Nazionale delle Armi Comuni da Sparo non verrà neppure resa nota la lunghezza della canna di un'arma e sono perciò consentite variazioni rilevanti. Il reato di alterazione di arma è ascrivibile solo a chi ha modificato l’arma. Non commette alcun reato il detentore, salvo che abbia concorso nel reato di alterazione o abbia commesso ricettazione.

Rinvenimento di armi

Chi rinviene armi o loro parti nascoste da lungo tempo, di cui si ignora chi fosse il detentore recente, deve denunciare il rinvenimento all’Autorità di P.S. che può prendere in custodia le armi oppure affidarle a chi le ha rinvenute. Questi è il proprietario delle armi rinvenute secondo le norme del Codice Civile e ha diritto di averle in restituzione se le armi non risultano essere corpo di reato. Perciò, l’Autorità di P.S. ha due possibilità: o individua dei reati a carico di qualcuno ed allora sequestra le armi e le invia all’autorità giudiziaria che poi provvederà sulla loro destinazione, oppure, fatte le indagini, le restituisce al rinvenitore che potrà disporne a suo piacimento. Non può trattenerle per la demolizione se non con il consenso del rinvenitore che rinunzia ad esse.

Sparare in campagna

In via molto generale chi ha licenza di porto di un dato tipo di arma può sparare con esse all’aperto, dove gli pare, osservate certe regole. Ovviamente può sempre sparare in luoghi chiusi (cantina di casa, magazzino, ecc.). Non vi sono norme che vietino di aprire poligoni privati e si ritiene (è ormai prassi usuale) che in poligoni chiusi o all’aperto possa sparare con pistola anche chi ha solo la licenza per fucile. Inoltre, se spara sotto il controllo di una persona capace, lo può fare anche colui che è del tutto privo di una licenza. In un locale chiuso può sparare chiunque. Come già indicato in precedenza, uniche norme da osservare per lo sparo con armi lunghe fuori da poligoni sono quelle venatorie. È vietato sparare all’aperto negli abitati, salvo che per legittima difesa (anche sparare in aria a palla per far scappare un ladro è legittima difesa. Se si spara a salve non si commette alcun reato). Non è vietato sparare in luogo chiuso, se non si inquina o disturba. Con la licenza per il tiro a volo è consigliabile, per rispettare la legge venatoria, non sparare fuori dai campi attrezzati.

Lo sparo di armi ad aria compressa non è considerato “sparo pericoloso” ma solo “getto pericoloso di cose” se compiuto dove passano persone.

Non si può andare e sparare nei campi: lo può fare solo chi ha licenza di porto di pistola oppure chi ha licenza di caccia, ma anch’egli può sparare ad un bersaglio solo se in quel momento potrebbe sparare anche ad un selvatico. È consentito a chiunque sparare nel cortile o nell’orto dietro casa, fuori dell’abitato. E’ comunque importante che si osservino tutte le misure di sicurezza possibili e immaginabili.

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Sparare in poligoni

Chi è iscritto ad un TSN può sparare in esso con ogni tipo di arma, osservate le disposizioni vigenti per quel poligono. Inoltre, il soggetto può acquistare munizioni dal poligono, ma deve consumarle al suo interno. Lo stesso può prendere in prestito le armi del poligono, anche se non sportive, e può usare le armi di altri tiratori, anche se non sportive. Egli deve osservare le disposizioni impartite dal direttore o dall’istruttore di tiro. Questi ultimi sono muniti di licenza gratuita triennale rilasciata dal Sindaco in base a dichiarazione del Presidente della sezione che dichiara che essi potranno svolgere i loro compiti nel poligono.

Secondo una prassi ormai accettata, e del tutto conforme allo spirito della legge, è consentito sparare in un poligono privato, specie se chiuso, con armi ricevute sul posto o trasportatevi legittimamente, anche se si è privi della specifica licenza di porto, purché sotto il controllo di persona esperta (es.: prova di arma in un’armeria). Non vi è limite minimo di età per sparare in poligoni privati purché sotto controllo di persona capace e con autorizzazione dei genitori. Non è previsto per ora alcun tipo di licenza di P.S. per l’apertura di un poligono, salvo quelle del Sindaco in materia urbanistica e ambientale. In futuro sarà necessaria una licenza di P.S., ma si deve attendere un regolamento ministeriale (D. L.vo 204/2010).

Distinzione secondo la possibilità di ripetizione dell'azione di sparo

Armi a colpo singolo: che sparano un solo colpo per poi dover essere ricaricate manualmente colpo per colpo inserendo nell'arma una nuova cartuccia dopo ogni sparo. Rientrano in questa categoria anche i fucili a due canne giustapposte (doppiette) o sovrapposte (sovrapposti) per uso caccia o per tiro al piattello, in quanto la possibilità di sparare più colpi (in questo caso due) è dovuta alla presenza di più canne da ricaricare manualmente e non a sistemi di ripetizione.

-Armi a ripetizione manuale: sparano anch'esse un colpo alla volta, però, essendo dotate di un magazzino con più colpi e di un dispositivo meccanico che "incamera" una nuova cartuccia ad ogni azione manuale di riarmo, i colpi vengono sparati in successione più velocemente in quanto già disponibili nell'arma. Ne sono un esempio i revolver ed i fucili con otturatore girevole-scorrevole (chiamati ad azione "bolt-action", come lo erano i fucili Mauser 98 o gli italiani Modello 91) o con azione di ripetizione a leva (come i fucili Winchester) od "a pompa".

-Armi a ripetizione semiautomatica: possono sparare un colpo solo a ogni pressione del grilletto come nel caso delle armi a ripetizione manuale, però a differenza di queste, incamerano una nuova cartuccia prelevandola da sole dal proprio magazzino senza l'intervento del tiratore, per essere pronte a spararne un'altra alla successiva pressione sul grilletto.

-Armi a ripetizione automatica: sono in generale tutte le armi che sparano a raffica come mitragliatori, pistole mitragliatrici (compresi i fucili d'assalto moderni che possono avere anche dispositivi per selezionare modalità di fuoco con raffica controllata a pochi colpi).

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Distinzione secondo il tipo di canna utilizzata

-A canna liscia: sono tipici i fucili da caccia, da tiro al piattello così come erano a canna liscia la quasi totalità dei fucili ad avancarica fino a circa il 1870. Normalmente i proiettili sparati da una canna liscia sono di forma sferica (pallini o pallettoni) contenuti in munizioni di plastica o cartone con fondello metallico anche se possono essere caricate con munizioni a palla singola.

-A canna rigata: sono quelle armi che sparano un proiettile cilindrico-ogivale che viene stabilizzato per ottenere maggiore precisione anche a lunghe distanze. Per fare questo, la canna ha una rigatura elicoidale interna che imprime al proiettile che avanza nell'aria un moto rotatorio che lo stabilizza (effetto giroscopico) permettendogli di procedere sempre con la punta in avanti. Ricadono in questa categoria anche i grossi cannoni.

Ci sono fondamentalmente due tipi di rigature: la classica, che consiste in solchi scavati all'interno della canna, ha andamento elicoidale e può essere destrorsa o sinistrorsa (a secondo della direzione dei solchi) e avere un numero variabile di solchi (3, 4, 5...); la seconda è la rigatura poligonale, che consiste in una canna con un'anima a sezione non perfettamente circolare ma poligonale, anch'essa con andamento elicoidale destrorso o sinistrorso. Vi sono, in alcuni casi, canne semirigate in cui per un tratto la canna è liscia e per il rimanente tratto è rigata.

Sistemi di alimentazione

L'utilizzo della cartuccia metallica e dei sistemi di chiusura nelle armi a retrocarica, ha posto le basi per una successiva evoluzione: l'uso dei sistemi di alimentazione, che ha comportato la possibilità di avere più cartucce già pronte per il cameramento in canna e direttamente già presenti all'interno dell'arma, con conseguente abbassamento dei tempi di ricarica.

In effetti, l'uso di un sistema di alimentazione è la differenza base tra un'arma a colpo singolo ed una a ripetizione (anche manuale).

Un sistema di alimentazione è costituito dall'unione tra un qualche tipo di "serbatoio" contenente le cartucce con il giusto sistema di chiusura/apertura (eventualmente modificato rispetto a quelli utilizzati per armi a colpo singolo, in modo da prelevare una cartuccia dal serbatoio ed incamerarla ad ogni azione manuale od automatica esercitata sull'otturatore).

Il serbatoio può assumere diverse forme e modi di funzionamento: in particolare può essere fisso e fare parte integrante dell'arma oppure può essere "staccabile" dando la possibilità di averne a disposizione diversi già riempiti di munizioni e conseguentemente di sostituire un serbatoio "vuoto" con uno "pieno".

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serbatoio a tamburo detto anche "a rotazione", in quanto le cartucce vengono presentate per il caricamento (o direttamente per l'azione di sparo) tramite un movimento circolare dell'intero serbatoio o di parte di esso (comprese le munizioni). Un esempio di serbatoio parte integrante dell'arma che presenta le cartucce direttamente per l'azione di sparo, è il tamburo del revolver le cui camere sono insieme il magazzino e la camera di scoppio della munizione.

serbatoio tubolare quando è costituito da un tubo nel quale le cartucce sono alloggiate una di seguito all'altra (dove quindi la parte frontale di una munizione è a contatto con la parte posteriore della cartuccia successiva). In genere è una molla a generare la spinta sulle cartucce affinché queste vengano ad essere "presentate" per l'incameramento. Tipici serbatoi tubolari sono quelli presenti sotto la canna dei fucili semiautomatici da caccia ad anima liscia o sotto la canna delle carabine a canna rigata con azionamento a leva (tipo Winchester). .

serbatoio-magazzino : è parte integrante dell'arma e ricavato nella stessa. Raramente "staccabile" ed a volte non è nemmeno accessibile dall'esterno (se non durante le operazioni di smontaggio dell'arma). È tipico di diverse carabine (anche moderne) o di fucili dotati di otturatore girevole-scorrevole. Normalmente si carica inserendo le cartucce una ad una o aiutandosi con un "caricatore a piastrina".

-caricatore a piastrina : trattasi sostanzialmente di una guida metallica che trattiene insieme le cartucce nel numero previsto per una determinata arma. Non viene inserito nell'arma, ma funge da aiuto per poter spingere le cartucce nel serbatoio riempiendolo. L'utilità sta nell'avere insieme il numero di cartucce esatto per la ricarica e nella velocizzazione del caricamento del magazzino che viene eseguito con una unica operazione per l'insieme di cartucce inserite, anziché l'inserimento di ogni singola munizione per volta. Attualmente, si usa anche per caricare velocemente i caricatori-magazzino staccabili di cui sono dotate le armi più moderne, oltre ad essere stato il sistema di caricamento di riferimento per i fucili "bolt-action" ed il sistema principe per caricare la pistola Mauser C96. Un tipo particolare di caricatore che può essere inserito in questa categoria è l'attrezzo (in Italia chiamato gergalmente "carichino"; in inglese: speedloader) che serve a caricare velocemente i revolver a tamburo: in questo caso, il caricatore è dotato di forma circolare e dotato di tante cartucce quante ne sono previste nel tamburo da caricare (generalmente cinque o sei): quando si vuole ricaricare il tamburo, lo si fa basculare, lo si scarica togliendo i bossoli delle munizioni sparate, si avvicina il "carichino" affinché presenti le cartucce nuove allineate con le relative camere, quindi si rilasciano tutte le cartucce che prenderanno sede nelle rispettive camere con un unico movimento. Richiudendo il revolver, questo risulta ricaricato e pronto allo sparo.

-caricatore a pacchetto : derivazione dei caricatori a piastrina, sono più complessi nella foggia e più avvolgenti nei confronti delle cartucce che contengono, in quanto è previsto che vengano inseriti direttamente all'interno dell'arma da ricaricare per essere espulsi una volta esploso l'ultimo colpo presente. Tipico rappresentante di questa tipologia di caricatore è il pacchetto da 8 colpi del fucile semiauto Garand M1, che viene inserito verticalmente dall'alto nel suo alloggiamento avendo aperto preventivamente l'otturatore.

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magazzino-caricatore : è un magazzino scatolato che non fa parte integrante dell'arma a cui può essere agganciato esternamente (es: fucili d'assalto moderni o fucili mitragliatori come il Bren inglese od il BAR americano della seconda guerra mondiale) o inserito internamente (come nel caso della maggioranza delle pistole semiauto in cui viene inserito dalla parte inferiore del calcio)

caricatore a nastro : è il sistema più utilizzato per alimentare le mitragliatrici. Le cartucce sono inserite una di fianco all'altra in nastro di tela o tra maglie metalliche.

Meccanismo di sparo

Il meccanismo di sparo è il complesso meccanico costituito dalle varie parti componenti la catena cinematica di scatto, tramite la quale si comanda l'inizio della azione di sparo: grilletto, leve, molle, percussore ed eventuale cane. Spesso questo meccanismo interagisce con il sistema di chiusura/apertura anche per il suo stesso funzionamento.

Il grilletto è il dispositivo primario con il quale si comanda l'azione di sparo. Premendolo si attivano le funzioni dei dispositivi direttamente collegati (leve di rinvio) che a loro volta agiscono sull'elemento terminale che scatena effettivamente l'azione di sparo: il percussore.

Il percussore può essere di diversi tipi:

Percussore fisso : quando è parte integrante dell'otturatore ed è il movimento di quest'ultimo che determina l'azione di percussione. È tipicamente il percussore presente sulle armi a chiusura labile che iniziano l'azione di sparo ad otturatore aperto (dette anche armi a massa battente). Se la massa dell'otturatore è consistente, può essere presente una piccola molla di ammortizzazione tra il percussore (che in questo caso è un pezzo a sé) e l'otturatore per evitare lo sfondamento della capsula d'innesco presente sul bossolo.

Percussore lanciato : quando è il suo movimento a determinare la percussione dell'innesco: in questi casi, il percussore è trattenuto all'interno dell'otturatore in quanto, pur sottoposto all'azione della sua molla, è intercettato dal sistema di scatto a riposo. Appena si preme il grilletto, le leve di rinvio del sistema di scatto liberano il percussore, il quale verrà spinto in avanti dalla molla e quindi percuoterà l'innesco. Un esempio esemplificativo di percussore lanciato è quello utilizzato nei fucili "bolt action" ad otturatore girevole-scorrevole.

Percussore comandato (o "guidato") : quando per effettuare la percussione deve essere a sua volta percosso da un altro elemento, che normalmente è il cane. Tipico è il caso della stragrande maggioranza delle pistole semiautomatiche. Il cane, a sua volta, può essere:

-esterno : quando sporge dall'arma permettendone l'armamento manuale agendovi direttamente. In questo caso sono visibili (anche lateralmente) i movimenti del cane sia nelle sue fasi di armamento che

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di abbattimento. Esempio: pistola semiauto Colt M1911, Beretta Mod. 70 o revolver come lo Smith & Wesson Mod. 19 o il Colt Python.

-interno : quando è completamente coperto dalla cassa dell'arma (come nel caso del fucile semiauto Garand M1) o dal carrello (come nella pistola Browning 1903). Esistono armi a cane interno che mantengono sporgente una piccola porzione della "cresta" per permetterne comunque l'armamento manuale (classico esempio il revolver Smith & Wesson Bodyguard).

La modalità con la quale si comanda l'azione di sparo (chiamata anche modalità di scatto) può essere:

ad azione singola (o Single Action SA) : premendo il grilletto si libera solamente e direttamente il percussore (o il cane). Prima dell'azione di sparo, quindi, il percussore deve essere preventivamente "armato" tramite un'altra azione (manuale o automatica). I revolver ad avancarica Colt Army 1860 ed i revolver a retrocarica Colt 1873 sparavano solo in questa modalità: ad ogni colpo occorreva prima "armare" il cane. Anche la quasi totalità delle pistole semiautomatiche sparano in questo modo: in questo caso il cane può anche essere armato manualmente per sparare il primo colpo (se precedentemente si era provveduto ad abbatterlo dopo la fase di incameramento) e comunque lo è (così come lo è il percussore lanciato nel caso di semiautomatiche prive di cane) dall'arretramento del carrello-otturatore (sia per i colpi successivi al primo, sia durante l'operazione di incameramento della prima cartuccia).

a doppia azione (o Double Action DA): premendo il grilletto, il cane (o il percussore) si arma e poi si libera: la "corsa" del grilletto è più lunga e richiede maggiore sforzo ma garantisce maggiormente contro spari accidentali dovuti a contrazioni involontarie del dito sul grilletto per cause emotive e di stress. La maggior parte dei revolver moderni adotta la doppia azione per le azioni di ripetizione veloce dei colpi. Esistono modelli di moderne pistole semiauto che sparano solamente in doppia azione.

ad azione mista SA/DA : le armi moderne (soprattutto quelle corte come pistole semiauto e revolver) adottano sia la modalità in azione singola che doppia: nelle pistole semiautomatiche, questo permette di tenere l'arma carica con il colpo in canna ed il cane disarmato e di sparare il primo colpo in doppia azione (i successivi saranno sparati in azione singola) con maggiori vantaggi nella sicurezza di maneggio e sulla rapidità di inizio dell'azione di fuoco. La possibilità di doppia azione permette anche di ripetere l'azione di scatto nel caso in cui una cartuccia faccia "cilecca".

Secondo le modalità di funzionamento del meccanismo di sparo e secondo l'iterazione con il gruppo di chiusura/apertura, si determinano le caratteristiche per l'eventuale utilizzazione in armi automatiche e semiautomatiche.

Armi automatiche

Il termine può essere usato impropriamente in riferimento alle armi semi-automatiche, le quali esplodono un proiettile per ogni pressione del grilletto. Tecnicamente, è corretto utilizzarlo per le armi

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full-auto ("completamente automatiche"), che continuano a caricare ed esplodere munizioni fino a che persiste la pressione sul grilletto. In genere, è possibile discernere dal contesto quale modalità si intende: spesso per "pistola automatica" o "fucile da caccia automatico" (a canna liscia) si intende in realtà un meccanismo semi-automatico.

Armi semiautomatiche

Le armi semiautomatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche: ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare solamente un colpo ad ogni pressione del grilletto.

Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a differenza delle armi a ripetizione manuale che necessitano ad ogni colpo anche dell'azione manuale di ricameramento di una nuova cartuccia.

Le armi automatiche e semiautomatiche possono essere caratterizzate da una preventiva azione di caricamento iniziale e manuale oltre, ovviamente, al normale inserimento del caricatore: per poter rendere l'arma offensiva (pronta al fuoco) si dovrà scarrellare, cioè arretrare manualmente il carrello-otturatore per permettere alla prima cartuccia di entrare nella canna e di armare il percussore (nelle armi che iniziano l'azione di sparo ad otturatore chiuso) o per predisporre la "massa battente" ad eseguire la sua funzione qualora venisse premuto il grilletto (nelle armi che iniziano il ciclo di fuoco ad otturatore aperto) .

Munizioni

Munizioni sono le cartucce a palla, intera o spezzata, o a salve, destinate a caricare armi da fuoco. Una cartuccia é costituita da quattro elementi: il bossolo, l’innesco, la carica di lancio e la palla (termine tecnico che risale dalla sua primordiale forma). Il bossolo Il bossolo si puo definire l'elemento piu importante della cartuccia, infatti svolge una doppia funzione: 1) mantiene assemblate le varie parti che la compongono; innesco,polvere e palla; 2) funge da “collegamento” tra tutti questi elementi e l’arma che dovra spararla, determinando la chiusura ermetica della camera di cartuccia e la culatta. Quando il percussore colpisce l’innesco, posto alla base del bossolo, la sua fiammata accende la carica di lancio contenuta nel bossolo. La gran massa di gas che si sviluppano per la combustione spingono istantaneamente la palla, posta alla sommita del bossolo, che viene prima scrimpata dal bossolo e poi spinta attraverso l’anima di canna verso la volata. La pressione dei gas non si esercita pero solo verso il proiettile ma in tutte le direzioni. Per contenere la pressione nell’arma intervengono: posteriormente

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la culatta dell’otturatore e sui lati le pareti della camera di cartuccia, quindi il bossolo dilatandosi va ad aderire perfettamente, nell’attimo di sviluppo della pressione, contro le suddette parti dell’arma e ne garantisce la tenuta ermetica, sigillando ogni via di fuga ai gas ed impedendo pericolose fuoruscite posteriori. Allorche le pressioni dello sparo si esauriscono il bossolo riprende parte della sua forma originale distaccandosi dalla camera di cartuccia, consentendone un’agevole estrazione. La scelta dell’ottone come metallo per produrre i bossoli e dovuta alle sue caratteristiche di robustezza, elasticita e duttilita, proprie di questo metallo, al quale viene aggiunta una piccola percentuale di piombo per introdurre una lieve dote autolubrificante Solo nelle armi a canna liscia sono ancora oggi utilizzati dei bossoli prodotti con il corpo in cartone o di plastica, ma cio e dovuto principalmente alle caratteristiche tecnico-balistiche delle stesse munizioni e delle armi che le impiegano, che non necessitano di un corpo del bossolo interamente di metallo. I moderni bossoli si dividono in tre tipi principali:

1) Tronco-conico (es. 9 mm. Parabellum); 2) Cilindrico (es. 44 Remington magnum); 3) A bottiglia (es. 30.06 Springfield).

Inoltre, al di la della sua forma generale, tutti i bossoli si possono suddividere nelle seguenti parti: fondello, corpo, e colletto. Il colletto, e la parte superiore del bossolo, dove s’inserisce e viene trattenuta la palla. Generalmente la sua lunghezza e determinata all’incirca dal tratto di palla che entra nel bossolo. Il colletto e la parte piu sottile del bossolo e questa sua caratteristica permette anche il “crimpaggio” della palla, ossia un restringimento attuato meccanicamente, che va ad interessare il corpo della palla o un solco presente sulla stessa (quando e presente), ideato appositamente per rendere piu salda l’unione tra queste due parti. Questa e una necessita delle cartucce utilizzate in alcune armi automatiche e nei revolver, le cui sollecitazioni che si verificano durante il ciclo funzionale e durante lo sparo, possono talvolta causare l’incassamento o la fuoriuscita della palla dal bossolo. Il fondello e invece la parte posteriore (o finale) del bossolo ed anche la piu robusta. Infatti e la zona che deve sopportare maggiormente la pressione dei gas generati dalla combustione della carica di lancio ed inoltre e il punto in cui “lavorano” l’otturatore e l’estrattore. L’Innesco L’innesco e costituito da una piccola quantita di esplosivo detonante, contenuta all’interno di una coppetta di metallo o supportato dal bossolo stesso, che ha lo scopo di determinare l’accensione della carica di lancio a seguito dell'urto del percussore. Negli inneschi moderni vengono usate delle miscele basate sullo Stifnato di piombo, sensibilizzato con Tetrazene, oppure all’Azoditrato di piombo. Vengono inoltre usati anche “Sali di Bario”. Gli inneschi si suddividono in due famiglie: 1) a percussione anulare;

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2) a percussione centrale. Nell’innesco di tipo anulare, usato soprattutto per cartucce di piccolo calibro (es. la .22 Long Rifle raffigurata a lato) l’esplosivo detonante e contenuto nel perimetro interno del fondello del bossolo ed il percussore ne causa la detonazione colpendo direttamente sul bordo esterno del fondello. La carica esplosiva degli inneschi a percussione anulare viene posizionata durante la fabbricazione, con un sistema particolare definito “a centrifugazione”, che permette all’esplosivo di disporsi lungo il perimetro del bordo del fondello. Negli inneschi a percussione centrale, che sono i piu diffusi, la piccola carica d'esplosivo detonante e racchiusa in un piccolo contenitore, definito anche capsula, che e a sua volta alloggiata in un’apposita sede ricavata al centro del fondello del bossolo. INNESCHI NELLE CARTUCCE DA CACCIA PER FUCILI AD ANIMA LISCIA

Apriamo ora una piccola parentesi per quanto concerne gli inneschi per le cartucce dei fucili a canna liscia. Questi inneschi sono di concezione differente da quelli precedenti per carabina e pistola. Le cartucce a pallini hanno, generalmente, il corpo del bossolo di cartone o di plastica ed hanno alla base solo un sottile rivestimento esterno d'ottone. Dato che tale rivestimento non e abbastanza robusto per reggere un innesco dei tipi summenzionati, si utilizza quindi uno specifico innesco, quasi interamente di ottone a se stante, che contiene la capsula con l’innesco e l’incudinetta. La carica di lancio Nelle cartucce moderne la carica di lancio e composta da una determinata quantità di esplosivo deflagrante che bruciando, per effetto della detonazione dell’innesco e l’immediata trasmissione del dardo di fiamma attraverso il foro di vampa, sviluppa dei gas ad alta temperatura e pressione che forniscono una spinta accellerativa alla palla, che viene scrimpata dal bossolo e spinta attraverso l’anima di canna e poi fuori di essa, sino al bersaglio. Le moderne polveri da sparo sono dette anche “polveri senza fumo”, ma non per l’assenza di fumo al momento dell’esplosione ma perché la quantità di fumo prodotta dalla loro combustione e minima rispetto alla “vecchia” polvere nera. Inoltre le polveri senza fumo bruciano senza lasciare residui solidi all’interno della canna. Le attuali cartucce delle armi portatili impiegano una tipologia di polvere da sparo che costituisce un tipo di esplosivo specifico, ossia delle nitrocellulose gelatinizzate. Queste polveri sono ottenute mediante la nitrazione della cellulosa pura, tratta con dell’ acido nitrico e del acido solforico concentrato, il quale non partecipa alla reazione, ma svolge un’azione mordente sulla massa della cellulosa, consentendo l’attacco da parte dell’acido nitrico. Questo ultimo cede azoto ed ossigeno alla cellulosa, trasformandola quindi in un composto che possiede gia tutti gli elementi necessari alla sua combustione e quindi, non richiede la presenza di altri agenti ossidanti. Le moderne polveri da sparo si suddividono in due tipi principali: “a base singola” (se ottenute dalla sola cellulosa pura) o “a doppia base” (quando alla nitrocellulosa e unita nitroglicerina), chiamata anche Balistite

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Le polveri sono prodotte con diverse graniture, ossia con diverse forme di ogni singolo grano e possono essere: pulvirenti (dette anche a microgranuli), a lamelle, a sferette, a dischetti, a tubetti o altre particolari e speciali forme) e con diversa “progressività” per quanto attiene la velocità di combustione in relazione alla forma e grossezza del grano, cioè dalla sua forma geometrica e dimensione. La palla La palla, comunemente definita anche proiettile, e l’elemento destinato a portare l’offesa sul bersaglio. Il piombo fuso costituisce il principale metallo per proiettili da oltre 500 anni di storia delle armi da fuoco. Attualmente le più moderne palle in lega, molto in uso nelle cartucce per il tiro sportivo, sono generalmente realizzate sempre con del piombo, legato con l’antimonio e lo stagno, insieme che conferisce alla palla più compattezza. Solo con l’avvento delle polveri infumi e della canne rigate, che impressero alle palle delle velocità più elevate, facendo ruotare la palla sul proprio asse durante il suo moto verso il bersaglio, si impose la necessita di rivestire le palle di piombo con una lega di materiale piu duro, al fine di evitare il rilascio di residui di piombo nella rigatura della canna e mantenere costanti le doti di precisione. Questo rivestimento e generalmente denominato “camiciatura” o “blindatura”, ma non bisogna confondersi con le palle Perforanti, le quali hanno delle caratteristiche costruttive ben diverse. Per il rivestimento delle palle vengono solitamente usate vari tipi di leghe formate da una grossa percentuale di rame con l’aggiunta di stagno e zinco, oppure di solo rame, o di Maillecort una lega di rame e nichel. Le palle destinate all’impiego nelle armi automatiche sono in genere totalmente o parzialmente rivestite in modo da garantire determinate caratteristiche tecnico-balistiche e cioè: - Fare presa perfettamente nella rigatura della canna; - Proteggere il nocciolo di piombo dagli urti dovuti all’automatismo dell’arma e dalle possibili deformazioni; - Impedire il deposito di scorie (comunemente detta “impiombatura”) nella canna. -Le palle cosi rivestite sono definite, in gergo, blindate o semi-blindate. La camiciatura o il rivestimento parziale della palla può servire inoltre a determinare un’espansione della palla più o meno controllata, al momento dell’impatto e della penetrazione del bersaglio, aumentando cosi gli effetti di balistica terminale. La denominazione delle cartucce Dopo aver analizzato i vari elementi che compongono una cartuccia, vediamo come ed in base a cosa le cartucce assumono ciascuna una precisa denominazione. Generalmente le cartucce assumono denominazioni che fanno riferimento, sia alle dimensioni della palla, sia a quelle del bossolo, oppure a delle speciali particolarità della casa costruttrice. Il metodo in ogni caso più seguito e quello di identificare la munizione attraverso una o più misure, riguardanti generalmente il diametro del proiettile e la lunghezza del bossolo. In Europa queste misure sono espresse in millimetri, mentre nei paesi di lingua inglese in sottomultipli di pollice (1 Inch. = 2,54 mm.). Talvolta la medesima cartuccia trova più denominazioni, a secondo di dove viene commercializzata e

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ciò causa non poca confusione. Il caso degli “europei” 8x57JS, 6,35 Browning, 7,65 Parabellum e 9mm. Parabellum, denominati negli U.S.A. rispettivamente 8mm. Mauser, .25 ACP, .30 Luger e 9mm. Luger, rende bene l’idea del caos in cui talvolta ci si imbatte. In Europa vengono utilizzati due sistemi di denominazione. Il Sistema Metrico Tradizionale, detto anche metodo tedesco, in cui una cartuccia che viene identificata come “9x19” fa riferimento ad una munizione che ha il proiettile di calibro 9 mm. ed un bossolo lungo 19 mm., l’arcinota 9 mm. Parabellum. In certi casi anche a tali cifre possono essere aggiunte altre sigle che forniscono informazioni accessorie sulla foggia del fondello, o del proiettile, o della casa costruttrice, come ad esempio la cartuccia 5,6x57 R, dove “R” sta per “Rand” (collarino), la 8x58R Sauer, la 8mm Lebel e via dicendo. Oppure il Sistema Metrico Semplificato, dove la lunghezza del bossolo e sostituita del nome del produttore o dell’inventore, come ad esempio il 7mm. Von Hofe, il 7mm. Remington Magnum ecc., un sistema adottato anche da alcune ditte americane per la produzione di cartucce nate in Europa. Il sistema d’identificazione nei paesi anglosassoni, specialmente nel Nord- America, e invece assai piu complesso. Qui generalmente le cartucce sono suddivise attraverso il diametro del proiettile, espresso in centesimi di pollice. A tale indicazione sono anche aggiunte altre indicazioni, con riferimento alla casa costruttrice o all’ideatore, come nei casi del .38 S. & W. Special (il cui diametro della palla e sempre .357), o del .416 Rigby; oppure all’arma a cui la munizione e destinata, come nel caso del .45 ACP (Automatic Colt Pistol), o del .45 Long Colt, ovvero con indicazioni facenti riferimento al peso della carica di lancio o della palla in grani, vedasi la cartuccia .44-40, in cui il “40” indica i 40 grani di polvere della sua carica di lancio. Altri riferimenti possono indicare l'anno di adozione da parte dell’U.S. Army, com’e il caso della cartuccia .30-06 Springfield: .30 il calibro (7,62) e 06 l’anno di adozione della cartuccia (1906). A tutto questo ampio e fantasioso glossario vi sono poi anche dei riferimenti puramente commerciali com’e il caso dei .22/30-30 Improved o del .221 Remington Fireball. In ogni caso e utile per tutti avere ben chiara questa tabella di comparazione tra le varie misure dei diametri delle palle. Calibro in millimetri Calibro in pollici 5,56 .22 6,35 .25 7,62 .308 7,65 .312 8 .323 9 .355 9,1 .357 10 (10,16) .40 10,41 .41 10,98 .44 11,48 .45 12,7 .50

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Un discorso a parte riguarda invece il munizionamento per i fucili ad anima liscia, la cui denominazione relativa al calibro (calibro 12, calibro 16, ecc. ecc.) fa riferimento al vetusto uso di designare il “calibro” in termini di numero di palle in piombo, di uguale diametro, che si riuscivano a produrre fondendo una libbra (1 libbra = 0,4536 Kg.) di piombo. Quindi, in un fucile calibro 12 il diametro della canna era tale da poter accogliere una palla di piombo del peso di 1/12 di libbra e corrispondente ad un diametro di circa 18,5 millimetri. In pratica si producevano 12 palle uguali dalla stessa libbra di piombo. Questo sistema di definizione dei calibri non riguarda le dimensioni dei pallini o dei pallettoni contenuti in queste cartucce, che invece corrisponde ad altri pesi e parametri. Paradossalmente le dimensioni dei pallini e dei pallettoni non sono uguali in tutto il mondo e varia da paese a paese. Solo la cosiddetta “palla unica” o “palla singola” sempre si adatta, ovviamente, al diametro della canna dell’arma in cui viene utilizzata.

Le munizioni quindi possono essere:

- per arma lunga (la legge parla di armi da caccia, ma quando la norma è stata scritta nel 1940 tutte le armi lunghe erano tutte da caccia e infatti non esiste norma che regoli le munizioni per armi lunghe non da caccia. L’allegato B al Reg. T.U.L.P.S. ha ora eliminato la nozione di munizione da caccia), sono quelle nate per essere usate in fucili o carabine;

- per arma corta, sono quelle nate per essere usate in pistole, ma possono essere sparate anche in una carabina (es.: cartuccia calibro .22 L.R.);

- a palla, sono quelle che montano un proiettile unico;

- a munizione spezzata o a pallini, quelle che contengono nel bossolo più palle di piombo o altro materiale (la legge ignora la distinzione commerciale fra pallini e pallettoni).

La legge vieta per ogni uso i proiettili a punta cava (detti ad espansione. Bisogna fare attenzione perché alcuni proiettili hanno un forellino di stabilizzazione in punta il quale non rende ad espansione la palla), a nucleo perforante, traccianti, incendiari, a carica esplosiva. I proiettili a punta cava non sono di derivazione o destinazione militare, non sono da guerra, e manca una sanzione per il loro impiego. Per la Cassazione si considerano da guerra ai fini della pena.

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Cartucce per armi corte in calibro

9x21mm

Cartucce a palla per fucili da caccia Cartuccia a pallini per fucili da caccia

Acquisto: come per le armi. Chi è iscritto al TSN può acquistare da esso, liberamente, le munizioni per sparare, ma deve consumarle entro il poligono.

Denuncia: non va denunciato l’acquisto, ma la detenzione. Colui che compera munizioni (o polvere da sparo) e le usa entro 72 ore non deve denunciarle. Nel caso in cui l’acquirente che ha denunciato le munizioni, le spara o le usa altrimenti, non deve denunciare che sono diminuite e non deve denunciare il reintegro del quantitativo iniziale (Cassazione costante, accolta da circolare del Ministero degli Interni). Non si è tenuti a dimostrare dove sono sparati i colpi mancanti.

Le cartucce a munizione spezzata per fucile (non quelle per pistola) sono esenti da denuncia fino ad un massimo di mille purché si abbiano armi da fuoco denunciate. Se si supera il numero di mille, alcuni ritengono che tutte le cartucce a munizione spezzata vadano denunciate. Forse non è l’interpretazione giusta, ma per evitare problemi è meglio denunciarle tutte. Le cartucce a palla devono essere denunciate in qualsiasi quantitativo.

Quantitativi: non occorre licenza di deposito, ma solo la semplice denuncia all’Autorità di P.S., per detenere un quantitativo massimo di 200 cartucce per arma corta + 1500 cartucce per arma lunga a palla o a munizione spezzata (come già indicato in precedenza, fino a 1000 cartucce a munizione spezzata si possono detenere senza alcuna denuncia, mentre le cartucce per arma lunga a palla sono sempre soggette a denuncia) oppure 5 kg di polvere da sparo. Colui che detiene sia cartucce che polvere deve conteggiare la polvere entro le cartucce (una cartuccia per arma lunga = gr 1,785 gr. di polvere; una per arma corta = 0,25 gr). In tal caso, è consigliabile non detenere più di 200 colpi per arma corta + 1000 per arma lunga + 3 kg di polvere. Chi vuol detenere quantitativi superiori deve richiedere al Prefetto licenza di deposito di esplosivi. Viene rilasciata ai tiratori agonisti e ad altre categorie che ne abbiano necessità, senza bisogno di controllo dei locali. La licenza viene rilasciata per l’intero quantitativo detenibile di materie esplodenti (ad es. 1500 cartucce per fucile + 1500 per arma corta + 5 kg polvere) e il quantitativo massimo effettivamente detenuto va denunciato. Per modesti quantitativi di cartucce e polvere (ad. 1500 per fucile e 1500 per pistola e polvere entro i 5 kg) non si richiedono particolari misure di sicurezza. È opportuno precisare che la licenza di deposito autorizza

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anche al trasporto di quanto in deposito. Una circolare autorizza chi ha licenza di deposito al trasporto di 600 cartucce alla volta per arma corta.

Per quanto riguarda il trasporto di munizioni e polvere, esse possono essere liberamente trasportate dal loro detentore nelle misure sopra indicate. Si ritiene che più persone su di un’auto possano trasportare ciascuna il quantitativo consentito, ma tenendo i singoli quantitativi separati.

Ricarica: le munizioni possono essere caricate in casa. Non devono essere denunciati bossoli, inneschi, bossoli innescati, proiettili ed altri componenti diversi dalla polvere. Chi ha denunciato la polvere non deve denunciare le cartucce caricate. Se le cartucce si consumano entro 72 ore non vanno sicuramente denunciate e non è facile per chi solleva contestazioni di dimostrare che sono trascorse più ore.

Impiego: per difesa personale può essere utilizzato qualsiasi tipo di proiettile, salvo quelli a punta cava. Possono essere usate anche munizioni spezzate o con palla di gomma. Munizioni da guerra: sono ormai molto poche e ne è vietata la detenzione. Il calibro 9 Parabellum o Luger è ormai comune sia totalmente camiciato che in piombo, anche se, attualmente, l’argomento, molto delicato, si presta ad ampie interpretazioni e pareri contrastanti. Solo le pistole semiautomatiche in tale calibro sono armi vietate (si veda la parte relativa alle armi comuni da sparo proibite).

Tra le munizioni sono da guerra quelle nei calibri in uso alla NATO e, in particolare, il 7,62 Nato e il calibro 9 Parabellum recanti, però, sul fondello i marchi e i simboli Nato. Con riferimento al calibro 7,62 Nato, identiche cartucce sono però in vendita come il .308 Winchester, mentre riguardo al calibro 9 Parabellum, sono in vendita cartucce calibro 9 Luger con palla camiciata in teflon. Le scritte sul bossolo non sono rilevanti e perciò bossoli marchiati con simboli Nato possono essere ricaricati con palle consentite.

Sono ovviamente da guerra le munizioni per mitragliatrici o artiglierie. Il Ministero ha correttamente stabilito che i bossoli di munizioni da guerra sparati non sono praticamente ricaricabili (secondo i protocolli Nato) e sono perciò liberamente detenibili.

Munizionamento per armi da guerra, rispettivamente, in calibro 7,62x51 Nato, 5,56x45

Cartuccia calibro .308 Winchester Cartuccia calibro 9 Luger, con palla teflonata

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Nato e 9mm Parabellum

Munizioni a salve: quelle nei calibri per arma comune da sparo (ad es. 9x21mm, 7,65mm Browning, .45 ACP) sono soggette allo stesso regime delle munizioni cariche. Quelle, invece, per armi di libera vendita o per attrezzi (cal. 6mm, 8mm, 9mm) sono liberalizzate.

Cartuccia a salve calibro 7,65mm Blank, marca Fiocchi

Cartuccia a salve calibro 9mmx19 Blank, marca Fiocchi

Cartuccia a salve calibro 8mm Blank, marca Fiocchi

Munizioni disattivate: per disattivare le munizioni comuni è sufficiente praticare un forellino sul corpo del bossolo per eliminare polvere. Tutti gli altri componenti sono di libera detenzione.

Cartuccia per arma corta, disattivata

….Qualche importante aspetto tecnico

· Il revolver e la pistola semiautomatica ….pregi e difetti

§ Revolver

Il revolver o rivoltella è l’arma da fuoco costruttivamente più semplice. Si compone di un telaio chiuso che ospita un tamburo, ruotante intorno al proprio asse e basculante sul lato sinistro, al cui interno

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sono ricavate le camere cilindriche che alloggiano le cartucce. La pressione del grilletto determina la rotazione del tamburo e contemporaneamente (doppia azione) l’inarcamento del cane che, giunto alla sua massima estensione (punto morto), si abbatte sull’innesco della cartuccia o sul percussore. Per sparare di nuovo occorre ripetere l’operazione. Per un tiro più preciso, è quasi sempre possibile armare manualmente il cane, riducendo così drasticamente la corsa del grilletto e lo sforzo sul medesimo. Al riguardo, la maggior parte dei revolver dispone di doppia azione selettiva, consente cioè di sparare sia in doppia sia in singola azione. Alcuni revolver sono solo a singola azione (modelli prettamente sportivi o repliche dei vecchi Colt S.A.A.), mentre altri solo a doppia azione (modelli compatti tipicamente da difesa a cane interno o carenato).

Revolver, marca Smith&Wesson, modello 36, calibro .38 Special

Pregi

Pregi essenziali del revolver, rispetto ad una semiautomatica, sono:

§ l’estrema facilità d’utilizzo, anche con una sola mano, non essendoci carrelli da arretrare;

§ la sicurezza di porto e custodia (quasi tutti sono privi di sicura manuale, inutile perché per sparare occorre una trazione del grilletto decisa e quindi intenzionale);

§ l'immediata possibilità di verificare se è carico o meno, basta guardare il tamburo di profilo o anteriormente;

§ la possibilità di utilizzare, a parità di calibro (ed entro certi limiti) munizioni di varia potenza, essendo quest’ultima ininfluente sul ciclo di sparo;

§ la possibilità, in caso di difettoso funzionamento della cartuccia, di esplodere subito un altro colpo, premendo nuovamente il grilletto, in quanto le cartucce sono già inserite in altrettante camere di scoppio indipendenti;

§ il minor numero di parti in movimento e, conseguentemente, le minori probabilità di guasti e rotture e le minori esigenze di manutenzione e lubrificazione;

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§ una maggior precisione teorica, stante l’assenza di parti in movimento durante lo sparo che possono ingenerare vibrazioni parassite;

§ la totale insensibilità alle variazioni atmosferiche e climatiche.

Difetti Principali difetti, invece, sono:

§ un minor numero di colpi, generalmente sei, ma spesso cinque, sette e talvolta otto, in stretta relazione al calibro;

§ l’elevato ingombro laterale, a causa del tamburo, necessariamente cilindrico;

§ il secco rinculo dei calibri più potenti, che si scarica interamente sul polso, non venendo neppure parzialmente assorbito da meccanismi di riarmo;

§ la propensione a sporcarsi dopo ogni seduta di tiro, a causa dello sfiato di gas combusti tra tamburo e canna;

§ le operazioni di espulsione dei bossoli e di rifornimento del tamburo sono lente e macchinose, specialmente in momenti di concitazione;

§ non poter essere silenziato.

§ Pistola semiautomatica

La pistola a funzionamento semiautomatico, detta anche "pistola scarrellante", si basa su un principio di funzionamento concettualmente semplice: il primo colpo va introdotto manualmente nella camera di scoppio, arretrando il carrello per prelevare una cartuccia dal caricatore ed armare il cane. Al momento dello sparo, l'energia cinetica creata dall’espansione dei gas, prodotti dalla rapidissima combustione della carica di lancio, spinge la pallottola attraverso la via che offre minore resistenza, cioè la canna. Parte di tale energia (rinculo) viene utilizzata per far arretrare nuovamente il carrello, espellere il bossolo sparato e riarmare il cane. Sotto l'azione della molla di recupero il carrello ritorna in sede, prelevando una nuova cartuccia dal caricatore ed introducendola nella camera di scoppio. Per esplodere i colpi successivi basterà fare pressione ogni volta sul grilletto, sparando in singola azione (cane già armato).

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Pistola semiautomatica,marca Pietro Beretta, modello 98 FS, calibro 9x21mm

Pregi

Pregi essenziali della pistola semiautomatica, rispetto al revolver, sono:

§ maggior capacità di fuoco, generalmente da 7 a 17 colpi, secondo il calibro, con caricatore bifilare;

§ maggior celerità teorica di tiro, sia perché la velocità del moto rettilineo del carrello è superiore a quella di rotazione del tamburo, sia perché i colpi successivi al primo vengono sparati in singola azione, con minore sforzo;

§ possibilità di sostituire rapidamente il caricatore esaurito con un altro di riserva. Generalmente, quando un caricatore è esaurito l'arma rimane aperta col carrello arretrato. Basta, quindi, introdurre un altro caricatore, sganciare il carrello e la cartuccia è già camerata;

§ minor spessore e quindi, a parità delle altre dimensioni e di peso, maggior occultabilità e comodità di porto;

§ minore sensazione di rinculo, a parità di calibro, per l’azione ammortizzante della molla di recupero;

§ possibilità di silenziare l'arma tramite l'applicazione di un silenziatore o soppressore sulla volata, cosa impossibile per quasi tutti i revolver dato che lo sfogo dei gas avviene, oltre che dalla canna, anche nel castello nella zona che ospita il tamburo.

Difetti

I principali difetti, invece, sono:

§ la maggior complessità costruttiva, che comporta una maggiore usura delle parti e, nei modelli più economici, può dar luogo a malfunzionamenti, guasti e rotture;

§ la necessità di servirsi di entrambe le mani per arretrare il carrello e incamerare la prima cartuccia del primo caricatore, a meno che non la si porti con il colpo in canna, cosa consigliabile solo

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se l’arma dispone di adeguati sistemi di sicurezza che bloccano il percussore oltre che il cane e il grilletto;

§ l'impossibilità di sapere subito se il caricatore è pieno o no;

§ la difficoltà di sapere se la camera di cartuccia è vuota o meno;

§ l'elevato grado di addestramento necessario per padroneggiarla con sicurezza (probabilità di ferirsi durante lo scarrellamento dell'arma, se si hanno problemi di coordinamento psico-motorio) ed efficienza;

§ la complessità, specie per taluni modelli, delle operazioni di smontaggio e pulizia;

§ la necessità di utilizzare cartucce di una determinata potenza, sulla quale è stato tarato il cinematismo di sparo: variazioni in meno possono causare inceppamenti o mancato riarmo, variazioni in aumento possono risultare pericolose per l'integrità degli organi meccanici e per il tiratore;

§ la necessità, in caso di inceppamento, di liberare l'unica camera di cartuccia scarrellando nuovamente (che poi sostanzialmente dà lo stesso risultato dell'analogo procedimento della rivoltella);

§ la sensibilità alle variazioni climatiche (il freddo intenso può gelare l’olio di lubrificazione) e alle infiltrazioni di sporco (che sulle rivoltelle è comunque assai sentito, specie la sensibilità alla polvere che dalle pistole non a tamburo è meno avvertita);

§ la possibilità di malfunzionamenti se il caricatore viene lasciato a lungo pieno di munizioni, a causa dell'anomala compressione cui viene sottoposta la molla del caricatore stesso: essa si deforma e non è più in grado di fornire la necessaria spinta verso l'alto alle cartucce, che non vengono incamerate correttamente (anche se attualmente con l'impiego di tecniche e materiali innovativi questi problemi sono parzialmente risolti).

BALISTICA

La balistica è il ramo della fisica meccanica che nasce per lo studio del moto di un “proietto”, inteso come un corpo inerte sottoposto alla forza di gravità e all’attrito viscoso del fluido in cui si muove. La balistica si è poi differenziata in varie branche di studio che mantengono il prefisso “balistica”, in quanto correlate alle armi da fuoco.

Può essere suddivisa in quattro branche principali:

Balistica interna: studia il comportamento del proietto quando esso si trova ancora all’interno della bocca da fuoco e sottoposto alle forze generate dall’accensione della carica di lancio.

Balistica esterna: studia il moto parabolico del proietto dopo che esso è stato sparato o lanciato.

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Balistica terminale: studia la reazione di un corpo che entra in contatto con il proietto. In altri termini studia gli effetti provocati dal proietto sul bersaglio colpito.

Balistica intermedia: studia il moto del proietto nelle immediate vicinanze del vivo di volata. Essa consiste nello studio dei fenomeni intermedi tra balistica interna ed esterna

Sicurezza nel maneggio delle armi da fuoco

La prima e fondamentale tecnica che occorre imparare prima di approcciarsi alle armi è la sicurezza! Le sue norme vanno sempre rispettate! Le armi da fuoco non sparano mai da sole e gli incidenti accadono solo a causa di negligenza nel seguire queste norme.

Dobbiamo tener presente che le sicure sono di 3 tipi:

Sicura Meccanica, che altro non è che la leva di sicura ordinaria che troviamo su alcune armi (alcune armi ne sono sprovviste) o i sistemi di sicurezza che si trovano all’interno dell’arma stessa; Sicura Fisica, che è la buona abitudine di tenere il dito indice fuori dal ponticello (la guardia del grilletto); Sicura Mentale, la più importante delle tre, quella che ci permette di mettere in atto, in modo razionale e intelligente, la Sicura Fisica e la sicura Meccanica.

Pistola con leva di sicura ordinaria

Pistola senza sicura

Impugnatura con dito fuori dal ponticello

Qualche anno fa, un signore di nome John Dean “Jeff” Cooper (ex Colonnello del US Marine Corps e Padre Fondatore del Tiro Operativo Moderno) formulò le 4 Regole di Sicurezza

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Universali e Fondamentali per il corretto maneggio delle armi da fuoco, sia per l’utilizzo delle armi corte (pistole o revolver) sia per l’utilizzo delle armi lunghe (pistole mitragliatrici, fucili, carabine). Queste regole dette e ribadite più volte da tutti gli istruttori che si rispettano, al punto da risultare scontate ed essere violate o parzialmente osservate.

1. Maneggia un'arma come se fosse sempre carica

Anche se abbiamo provveduto personalmente allo scarico dell’arma, bisogna maneggiarla come se fosse pronta a sparare. Questa forma mentis deve essere radicata in tutte le persone che, a qualsiasi titolo, maneggiano qualsiasi tipo d’arma da fuoco.

2. Non dirigere mail il vivo di volata* (parte terminale della canna)verso qualcosa che non si ha intenzione di colpire

Quando teniamo un’arma in mano, è imperativo sapere dove è rivolta la sua canna e, in base alle situazioni che si verificano, dirigere la canna stessa in una zona sicura. Per zona sicura intendiamo un luogo dove, in caso di partenza accidentale di un colpo, non si arrecherà nessun danno. L’arma va puntata solo se si ha intenzione di colpire o intimare in caso di imminente e reale pericolo. Indicare o gesticolare con il vivo di volata è assolutamente un comportamento da sprovveduti.

3. Tenere il dito indice fuori dal ponticello fino a quando non si è deciso di fare fuoco. Manipolare un’arma avendo il dito sul grilletto significa mettere in condizione di estremo pericolo se stessi e/o la gente che ci circonda anche ad una certa distanza (i proiettili viaggiano e fanno male anche a parecchie centinaia di metri). Una caduta, una contrazione involontaria o un banale spavento, può causare il famosissimo “colpo accidentale” o “colpo dell’idiota”. Una leggerezza del genere può causare un incidente, molto spesso, irrimediabile. E’ buona norma entrare nell’ordine di idea che quando si sta per toccare un’arma si pensi subito al dito indice che deve rimanere fuori dal ponticello, sempre!

4. Prima di fare fuoco, sii certo del tuo bersaglio e di quello che c'è dietro ed in prossimità di esso. Sparare a casaccio, senza aver identificato il proprio bersaglio, è sicuramente un’azione imprudente e molto pericolosa. Sparando più o meno in direzione del bersaglio, qualche proiettile potrebbe colpire persone innocenti nelle vicinanze del bersaglio stesso. Non dobbiamo trascurare che se spariamo su un bersaglio, attingendolo in modo corretto, ci potrebbe essere una sovrapenetrazione del bersaglio da parte del proiettile e creare gravi danni a chi si trovasse dietro il bersaglio in questione. Per cui la cosa più responsabile da fare è proprio quella di assicurarsi di aver esattamente identificato il bersaglio e valutare se in prossimità o dietro di esso ci sono persone o cose estranee.

Alle sopra citate Regole Fondamentali, vanno aggiunte delle Regole Complementari o Specifiche che vanno ad ampliare il livello di sicurezza nel maneggio delle armi. 1. Conosci il funzionamento dell'arma che stai utilizzando

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La prima cosa da fare, quando si deve utilizzare un’arma, è quella di conoscere il suo corretto funzionamento, i suoi sistemi di sicurezza e come caricare e scaricare l’arma, che si deve adoperare, in totale sicurezza. Per sapere come fare è semplicissimo, si leggono le istruzioni che troveremo sul suo libretto d’uso e manutenzione rilasciato dal costruttore dell’arma. In mancanza del libretto si chiede la cortesia ad un esperto (realmente esperto) d’armi. E’ importante sapere che alcune armi hanno dei procedimenti diversi per la messa in sicurezza e quindi andare per tentativi può essere molto pericoloso.

2. Conoscere le munizioni che si stanno utilizzando

Un altro elemento da tenere in considerazione, quando dobbiamo sparare con un’arma da fuoco, sono le munizioni che utilizzeremo. Le cartucce devono essere idonee all’arma che si sta utilizzando, non devono presentare ammaccature o usura causate per esempio dal tempo e soprattutto non devono essere di dubbia provenienza.

3. Verificare sempre il perfetto stato dell'arma.

Prima di utilizzare un’arma da fuoco bisogna accertarsi del suo perfetto stato operativo. Sporcizia, ruggine, usura o parti mancanti sono la causa di malfunzionamenti, a volte molto rischiosi. A proposito della manutenzione di un’arma, essa va pulita, lubrificata e controllata periodicamente specialmente quando non viene utilizza per molto tempo.

4. Non maneggiare mail armi quando si è fatto uso di alcool, medicinali o droghe

Questa regola si spiega da sola, droga e alcool non si sposano molto bene con le armi da fuoco (per quanto mi riguarda non si sposano bene con nulla). Alcuni medicinali invece possono provocare incapacità di concentrazione o euforia per cui è impensabile credere di utilizzare armi da fuoco se non si è in perfetto stato psicofisico.

5. Non sparare mai su specchi d'acqua, rocce o superfici dure

Sparare con una certa angolazione su specchi d’acqua, rocce o comunque su superfici dure, può causare la deviazione del proiettile in maniera imprevedibile, con pericoli non calcolabili e a volte sorprendenti.

6. Rispettare le leggi e le regole

E’ responsabilità giuridica, del possessore di armi, rispettare scrupolosamente le leggi che disciplinano la detenzione, il trasporto e l’utilizzo delle armi stesse. E’ suo dovere informarsi periodicamente, presso gli uffici competenti delle Forze dell’Ordine, delle eventuali variazioni delle sopra citate leggi. E’ altrettanta sua responsabilità rispettare i regolamenti delle aree dove utilizzerà le armi da lui detenute o adottate. Vorrei inoltre evidenziare che è responsabilità giuridica e morale del possessore di armi da fuoco, la scrupolosa custodia delle armi da fuoco, assicurandosi personalmente che non finiscano facilmente nelle mani di incapaci, inesperti, tossicodipendenti e minori.

7. Proteggi occhi e orecchie

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Quando si decide di fare una sessione di tiro, per attività ludica o per addestramento, è obbligatorio proteggere gli occhi con degli occhiali specifici, per evitare che bossoli di rimbalzo o proiezione di piccole schegge possano danneggiare l’apparato visivo. E altrettanto salutare e obbligatorio utilizzare delle protezioni per le orecchie, come tappi o cuffie auricolari, per non causare lacerazioni al timpano. Se nelle immediate vicinanze ci sono degli spettatori, bisogna fare indossare obbligatoriamente gli stessi dispositivi di protezione. E’ consigliato utilizzare anche un cappellino con visiera, tipo quelli da baseball, per evitare che i bossoli si infilino tra occhio ed occhiali.

· le armi bianche; così chiamate, un tempo, probabilmente per la lucentezza del metallo con cui venivano costruite (riferendosi alle spade, sciabole o pugnali), hanno come destinazione naturale l’offesa alla persona. Sono armi bianche quelle da punta e taglio (le spade, i pugnali, le baionette), e gli strumenti non da punta e taglio la cui destinazione naturale è sempre l’offesa alla persona (i tirapugni, i bastoni animati, le mazze ferrate, i manganelli, gli storditori elettrici, le bombolette lacrimogene non approvate dal Ministero dell’Interno.

Non sono considerate armi bianche le bombolette contenenti olio di peperoncino liberalizzate a seguito dell’esame da parte della Commissione Consultiva Armi (Circ. Min. Interno, 9 gennaio 1998 n.559/C – 50.005 – A – 77 e succ.), se contengono non più di 20 ml (20 gr.) di liquido, altrimenti sono armi proprie.

Per la Cassazione sono armi proprie i coltelli a scatto e persino i temperini con il blocco di lama in apertura. Per le questure essi sono giustamente di libera vendita e si trovano in ogni coltelleria. Nel dubbio, almeno per i coltelli a scatto, è meglio non acquistarli oppure acquistarli con porto d’armi e denunciarli, senza mai portarli. Si tenga presente che molte armi bianche sono in libera vendita in negozi sportivi o su internet (es.: bastone estensibile) senza che nessuna Autorità intervenga e che è cosa ingiusta denunciare il detentore senza procedere anche contro il venditore o importatore. La Cassazione ha detto che non è arma propria una sciabola puramente ornamentale o il pugnale da subacqueo. Questa decisione, anche se allo stato bisogna essere molto cauti, apre la porta a considerare strumenti sportivi certe armi proprie usate nelle arti marziali; l’importante è che esse, al di fuori delle palestre, vengano solo trasportate e mai portate e che siano chiaramente destinate ad allenamento sportivo.

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Baionetta Pugnale Tirapugni o noccoliere

· i congegni esplodenti, dirompenti o incendiari, che realizzano la loro efficacia lesiva a mezzo dello scoppio di un esplosivo, della proiezione di schegge o della diffusione di sostanze incendiarie (le relative sostanze debbono trovarsi in appositi involucri che servono a determinare l’esplosione o a renderla micidiale);

· gli aggressivi chimici e cioè quegli strumenti che diffondono sostanze chimiche nocive (es.: gas lacrimogeni, asfissianti, ecc.).

All’interno delle armi proprie si devono distinguere quelle il cui porto è vietato in modo assoluto e quelle per cui il porto è vietato in modo relativo, essendo concedibile licenza di porto (cfr. art. 699 c.p.).

2- armi improprie (art.4 della legge n.110/1975)

oggetti e strumenti aventi una destinazione naturale primaria diversa dall’offesa alla persona, che non possono essere portati fuori dalla propria abitazione senza giustificato motivo.

L’espressione “arma impropria”, in realtà, è stata creata dalla dottrina per indicare tutti quegli oggetti o strumenti che, pur avendo una particolare idoneità all’offesa, hanno una destinazione naturale diversa, così distinguendosi dalle armi proprie.

In effetti, non sono armi ma strumenti che non possono essere portati fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, senza giustificato motivo (bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere – i coltelli di qualsiasi genere e dimensioni -, mazze, tubi, punteruoli, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, archi, balestre, fucili da pesca subacquea, accette, forbici, punteruoli, ecc.), nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona.

In definitiva, gli strumenti sopra descritti sono liberamente acquistabili e trasportabili; possono essere portati solo per giustificato motivo, cioè per essere usati per la loro destinazione primaria.

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Mazza da baseball Balestra Forbici

Non sono armi, le spade, le katane, le sciabole non particolarmente affilate o appuntite, da considerare o strumenti sportivi o da arredamento o da uso scenico, o completamento di divisa. Esse quindi vengono liberamente importate e vendute e non vanno denunciate. Però ogni tanto qualche appartenente alle Forze di Polizia, ignorando quanto indicato sopra, sequestra e denuncia a sproposito, dimenticandosi che i negozi sportivi sono pieni di questi oggetti e che è lo stesso Stato a dare agli allievi ufficiali la spada come oggetto da parata.

Non sono né armi né strumenti, ma oggetti qualsiasi, le pistole e i fucili da salve, i giocattoli a forma di arma, le riproduzioni inerti di armi, le armi disattivate nelle parti essenziali, i giocattoli soft-air; questi oggetti sono liberi del tutto; se confondibili con armi vere, devono essere messi in commercio con un tappo o cerchio rosso al vivo di volata della canna.

Il coltello

Terminologia e classificazione

Il coltello è un utensile creato dall’uomo per tagliare materiali non troppo duri mediante una lama fissata ad un manico. Si distingue in ciò da quelle armi bianche studiate per penetrare nel corpo umano, come il pugnale.

Un coltello è composto da due parti fondamentali: il manico od impugnatura e la lama.

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La lama è generalmente una striscia di acciaio piatta, con facce parallele, che su di un lato viene affilata in modo da creare il cosiddetto tagliente che può essere liscio oppure a sega, ondulato, seghettato, ecc..

I pugnali si differenziano dai coltelli per avere due taglienti e due fili e una punta a lancia, vale a dire simmetrica su entrambi i lati.

Esistono coltelli a lama fissa e coltelli a lama pieghevole o a serramanico o da tasca.

I Coltelli a lama fissa sono quelli in cui la lama è rigidamente fissata in modo permanente all’impugnatura. Rientrano in questa categoria i coltelli da cucina, i coltelli da tavola, i coltelli da sopravvivenza (survival, anche noti come tipo Rambo), i coltelli da caccia e da pesca, ecc..

I coltelli a lama pieghevole sono quelli in cui la lama è mobile ed incernierata nell’impugnatura entro cui può essere serrata (da ciò il nome a serramanico). La maggior parte di essi sono muniti di un bloccaggio di sicurezza (dente o lamina di arresto, ghiera girevole), che blocca la lama una volta aperta per evitare che essa si pieghi durante l’uso e tranci le dita dell’utilizzatore.

Coltello a serramanico

I coltelli da tasca di modeste dimensioni vengono chiamati temperini.

Molti coltelli da tasca sono muniti di lame di diversa lunghezza o di vari accessori (lima, seghetto, cacciavite, punteruolo, ecc.).

Nella categoria dei coltelli pieghevoli si distinguono:

· coltelli allungabili;

· coltelli balisong;

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· coltelli con apertura a scatto;

· coltelli a lama scorrevole o a gravità.

- I coltelli allungabili sono dei coltelli pieghevoli alquanto rari in cui la lama è più lunga del manico.

- I coltelli balisong o a farfalla sono coltelli tipici delle Filippine in cui il manico è diviso per il lungo in due metà entro cui si trova la lama come in un astuccio, incernierata al tallone con esse.

- I coltelli ad apertura a scatto sono coltelli in cui la lama, incernierata sul manico, viene aperta automaticamente, con la pressione di un bottone di scatto, ad opera di una molla. Di regola, un meccanismo blocca poi la lama in posizione di apertura.

- I coltelli a lama scorrevole sono coltelli in cui la lama non è incernierata o fissata sul manico, ma scorre all’interno di esso e ne esce per forza di gravità o centrifuga o perché proiettata in avanti da una molla, fino ad essere bloccata in posizione di apertura. Sono poco frequenti e più usati come arma che come strumenti, in quanto la lama manca della necessaria stabilità per lavori manuali.

Coltello balisong o a

farfalla

Coltello a scatto Coltello comunemente

chiamato “a molla” o

“molletta”

Natura giuridica

Sotto l’aspetto giuridico, non vi è dubbio che il coltello, avendo la funzione primaria diversa dall’offesa alla persona, deve essere qualificato come strumento atto ad offendere. Questo è sempre stato l’orientamento della giurisprudenza la quale ha fatto un’unica eccezione solo per i coltelli a scatto e, di recente, anche per i coltelli pieghevoli con blocco della lama.

In definitiva, si può tranquillamente affermare che “i coltelli sono da considerare sempre strumenti atti ad offendere salvo che in concreto le loro caratteristiche specifiche, e in particolare, quelle della lama, dimostrino che essi non sono idonei ad alcun uso ragionevole diverso da quello dell’offesa alla

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persona”. Si deve presumere, quindi, che un coltello sia uno strumento, salvo che particolari caratteristiche lo facciano identificare come arma propria.

Una breve riflessione meritano i coltelli a scatto o a molletta, ritenuti armi proprie a seguito di unanimi pareri in tal senso espressi dalle diverse Sezioni della Cassazione. La Cassazione ha basato il suo giudizio in considerazioni di coltelli a scatto o a molletta più diffusi, a forma di stiletto, che hanno la lama con punta a lancia e con doppio filo.

Il vero problema, con altrettanta confusione, lo hanno, invece, causato le recenti sentenze della Cassazione che hanno dichiarato armi proprie i coltelli pieghevoli con blocco della lama. Di fatto, il blocco della lama è stato inventato non per poter utilizzare il coltello come arma, ma per vere ragioni di sicurezza, impedendo che la chiusura improvvisa della lama, magari a seguito di una manovra sbagliata o di un urto, potesse tagliare le dita dell’utilizzatore.

E’ corretto osservare che le distinzioni tra coltello e pugnale, e tra coltello a lama fissa e a lama pieghevole, sono pure invenzioni esclusivamente italiane e che in nessun altro paese europeo vengono fatte tali distinzioni.

I quesiti a cui più volte ho dovuto rispondere, oltre che nel corso della mia attività lavorativa, anche a privati, sono stati: quali sono i coltelli di libero porto? … quanto deve misurare la lama per poter portare un coltello senza problemi? …

Il problema non è di facile risoluzione, anche se così, su due piedi, si può affermare che, giuridicamente, nessun coltello può essere portato se non se ne giustifica il porto.

Il legislatore nel 1940, nell’articolo 80 del Regolamento al T.U. di P.S., aveva escluso dal novero degli strumenti atti ad offendere, liberalizzandoli ad ogni effetto:

a) i coltelli acuminati o con apice tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri di lunghezza, non superava i sei centimetri, purché il manico non accedeva in lunghezza gli otto centimetri e, in spessore, i nove millimetri per una sola lama e i tre millimetri in più per ogni lama affiancata;

b) i coltelli e le forbici non acuminati o con apice non tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri, non superi i dieci centimetri di lunghezza.

La scelta del legislatore, molto tecnica, si basò sul fatto che al di sotto di un certo livello di lesività un coltello non si distingueva da un qualsiasi altro oggetto appuntito o tagliente (chiodo, pezzo di vetro, ramo spinoso, ecc.). Pertanto, non vi fu motivo di sottoporlo ad un particolare regime giuridico.

L’articolo 4 della legge n.110/1975, nello stabilire nuove norme per il porto degli strumenti atti ad offendere, abrogò il secondo comma dell’articolo 42 del T.U. di P.S. che vietava il porto di strumenti atti ad offendere senza giustificato motivo. Abrogato tale comma, la Cassazione affermò che doveva ritenersi abrogato anche l’articolo 80 del Regolamento che ne chiariva il contenuto. Tale decisione ha creato una lacuna giuridica incolmabile e un’incertezza nel diritto non trascurabili.

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Nozioni di Psicologia

Il gruppo

Con il termine gruppo generalmente indichiamo un insieme di individui legati da relazioni, i quali si percepiscono come appartenenti ad una collettività (il gruppo è qualcosa di diverso dalla somma dei suoi membri!). Partendo da questa definizione, risulta quindi evidente che il gruppo sociale consista in una serie di persone in interazione tra loro dove l’obiettivo finale risulta essere la soddisfazione dei bisogni individuali. Ovviamente non esiste solamente il gruppo sociale, ne esistono di diversi tipi tra i quali il gruppo di lavoro. Esso rappresenta il tipo di gruppo con cui si interfaccia l’insegnante, e di cui contemporaneamente fa lui stesso parte, nel momento in cui tiene dei corsi di qualsivoglia disciplina. In particolare, ciò che li distingue è che il gruppo di lavoro ha un obiettivo “lavorativo” condiviso , una sorta di compito da portare a termine integrando i contributi dei diversi partecipanti.

Ogni gruppo di lavoro attraversa le seguenti fasi di sviluppo:

1. Formazione: si forma il gruppo; fase di conoscenza tra i membri; periodo di orientamento; influenza del leader

2. Conflitto: emergono le divergenze; i membri devono negoziare, si forma una maggioranza in grado di persuadere tutti

3. Evoluzione: emergono unità ed armonia; definizione di un’identità positiva; senso di sicurezza

4. Esecuzione del compito: stadio esecutivo; standard di produttività

5. Conclusione e scioglimento: alcuni gruppi si sciolgono perché hanno esaurito il loro ‘ciclo di vita’, altri si sciolgono perché hanno raggiunto gli obiettivi; il venir meno del gruppo porta a una ridefinizione dell’identità.

Le dinamiche di gruppo

Quando si entra in contatto con il gruppo e quindi con la sua cultura, indipendentemente dal ruolo con il quale vi si entra, è importante tenere presente che esistono dei particolari fenomeni psico-sociali visibili solo in questo tipo di assetto che, a seconda di come vengono gestiti, possono favorire o ostacolare l’apprendimento: tali fenomeni prendono il nome di dinamiche di gruppo.

I principali fenomeni di cui è necessario tener conto nell’insegnamento agli allievi sono:

· le difese

· la competizione

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· la leadership

1. LE DIFESE. Con il termine “meccanismi di difesa” si intende una sorta di sistema immunitario psicologico che si attiva quando l’individuo viene posto di fronte a situazione che sente di non riuscire a fronteggiare o quando viene messo davanti a ricordi molto spiacevoli che si riferiscono, per esempio ad un’aggressione subita. L’insegnante di Krav Maga viene a contatto, proprio per la natura del suo compito, con una serie di persone che hanno alle spalle ognuno una storia diversa: è bene quindi che, nei limiti delle sue conoscenze e competenze, tenga conto del fatto che si potrebbero creare una serie di dinamiche apparentemente individuali e sconnesse rispetto alla lezione che però avranno degli effetti su di essa. Parliamo, ad esempio, delle difese psicologiche. Qualsiasi persona entri a far parte di un gruppo, sarà pervasa da due sentimenti contrapposti, da una lato il sentimento di gratificazione e di motivazione dovuto al graduale raggiungimento dell’obiettivo, dall’altro la frustrazione, inconscia, dell’appartenere ad un gruppo come una totalità che frustra il proprio bisogno di affermazione individuale. Ecco che, allora, si potrebbero verificare dei fenomeni di difesa rispetto al gruppo come per esempio la formazione di chiacchierii in coppia ( accoppiamento) o la fuga all’esterno ( si nota nel momento in cui gli allievi non si attengono alle istruzioni date dall’insegnante nell’eseguire una tecnica inventandone varianti quando non richiesto), o la fuga nel passato ( è evidente quando un allievo proveniente da esperienze passate di altri corsi simili, mette in atto gli insegnamenti già appresi sfuggendo quindi al presente) o ancora la confusione di ruolo in cui uno o più membri del gruppo tentano di sostituire l’insegnante in diversi modi (es. spiegare qualcosa ad altri compagni). Tali difese, sono quindi modi per affermare la propria individualità.

2. LA COMPETIZIONE. All’interno di ogni gruppo si possono venire a creare delle dinamiche competitive e il gruppo di iscritti al corso di Krav Maga sicuramente non ne è esente. La competizione può avere due declinazioni, essa può rappresentare un fattore positivo e di crescita nel momento in cui si esplica attraverso l’impegno costante dei membri del gruppo, la partecipazione attiva di questi all’intera lezione volta al raggiungimento di risultati, oppure può rappresentare un fattore negativo (che potrebbe anche sfociare nel conflitto) nel momento in cui si esplica attraverso la lotta e lo scontro fisico tra gli allievi o, peggio ancora, tra insegnante e allievo/i.

3. LA LEADERSHIP. Le dinamiche competitive di cui sopra, richiamano immediatamente l’insegnante al problema della loro risoluzione, ecco che interviene qui il processo di leadership. Molto spesso la leadership è intesa e pensata in un’accezione negativa, si pensi al comando e al controllo che certi leader hanno sui gruppi generando obbedienza e sottomissione. Ciò che interessa invece il ruolo di insegnante è la leadership intesa nel senso positivo del termine in base al quale viene definita come quel processo per il quale ad alcune persone all’interno del gruppo (anche ad una sola), viene dato il permesso di mobilitare e di guidare il resto del gruppo per aiutarlo a conseguire degli obiettivi. Esistono ovviamente diversi stili di leadership, si va da quello autoritario (sottomissione al leader e aggressività tra i membri), a quello democratico (coesione elevata e buon orientamento al compito) fino ad arrivare a quello eccessivamente permissivo. Lo stile auspicato per l’insegnante di Krav Maga (leader) è quello democratico: ciò permette all’insegnante di portare il gruppo al raggiungimento degli obiettivi preposti ( imparare a difendersi) e di favorire all’interno dello stesso il coinvolgimento delle persone

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conquistandone la fiducia e dando prova di competenza e di lealtà nei confronti del gruppo.

STILE DI LEADERSHIP COMPORTAMENTI DEL GRUPPO

AUTORITARIA

Decisioni prese da 1 responsabile

Decisioni non giustificate

Criteri di valutazione non esplicitati

Mancanza di aiuto dal leader

Apatia e aggressività interne

Coesione debole

Prestazione buona ma in presenza del leader

Tendenza all’uniformità

DEMOCRATICA

Decisioni in seguito a discussioni

Giudizi giustificati

Integrazione del leader nel gruppo e aiuto in

caso di problemi

Soddisfazione elevata e buon clima

Coesione forte

Aggressività esplicitata

Prestazioni elevate e costanti anche senza il

capo

Espressione di differenza

LASCIAR FARE

Leader passivo (no giudizi, valutazioni e/o

interventi)

Libertà totale del gruppo

Clima pessimo

Scarsa soddisfazione

Coesione molto debole

Gruppo improduttivo

Gli elementi del gruppo

Per un’adeguata formazione di un insegnante di Krav Maga, è importante conoscere gli elementi fondamentali di un gruppo e quali caratteristiche questi devono soddisfare.

Gli elementi principali sono: gli obiettivi, l’accettazione delle differenze, i ruoli, la comunicazione e il clima.

· OBIETTIVI: come precedentemente spiegato, i gruppi, ed in particolare il gruppo di lavoro, è caratterizzato dalla presenza degli obiettivi. Essi determinano la direzione del lavoro di gruppo e devono essere definiti in termini di risultato, espliciti, perseguibili, articolati in compiti e valutabili.

· ACCETTAZIONE DELLE DIFFERENZE: i gruppi di persone che si iscrivono ai corsi di Krav Maga sono eterogenei per quanto riguarda l’età, la cultura, lo stato economico e sociale e il genere dei partecipanti, per questo è necessario accettare le diversità tra gli allievi e anche rispetto all’insegnante: in questo senso il dissenso deve essere visto come un valore e non come un limite al lavoro.

· RUOLI: all’interno del gruppo è bene che vengano definiti dei ruoli, tra tutti quello di leader il quale dal punto di vista formale è dato all’insegnante. Può accedere però che all’interno del gruppo si venga a creare la figura di un leader informale cioè scelto dal gruppo in base alle sue caratteristiche e ciò potrebbe cozzare con il ruolo formale dell’insegnante. Per tale motivo è auspicabile utilizzare uno

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stile di leadership democratica in modo che la nel caso in cui la “sostituzione del leader” avvenga, l’insegnante possa aprirsi al resto del gruppo cercando di capire come mai questo abbia eletto un altro leader ed eventualmente trovare soluzioni insieme. È importante ricordare che anche gli allievi spesso assolvono dei ruoli: abbiamo per esempio l’esperto ( colui che conosce bene l’argomento), il dominante (colui che credendo di sapere tutto non lascia la possibilità di avviare un confronto all’interno del gruppo) e il timido ( colui che è bloccato dalla sua timidezza). Un buon insegnante dovrebbe essere in grado di capire quali ruoli sono presenti nel gruppo e da chi vengono ricoperti in modo da poter sfruttare al meglio questo potenziale.

La differenziazione dei ruoli nel gruppo

1. Permette una vita di gruppo più ORDINATA e PREVEDIBILE, in cui le attività sono organizzate ed i comportamenti regolamentati.

2. E’ funzionale al raggiungimento degli OBIETTIVI del gruppo grazie alla divisione del lavoro al suo interno.

3. Può determinare CONFLITTI:

- di tipo intrapersonale (ad es. conflitto e incompatibilità tra ruoli diversi che una stessa persona ricopre, sentimento di inadeguatezza rispetto ad un ruolo assegnato…)

- di gruppo (ad es. disaccordo da parte del gruppo a proposito dell’assegnazione di ruoli o sull’interpretazione di un certo ruolo..)

4. Spiega la possibilità di cambiamento nella relazione individuo-gruppo nel corso del tempo

· COMUNICAZIONE: la comunicazione è il processo di scambio di informazioni e di influenza, essa prevede esposizione (per esempio la spiegazione dell’insegnante), ascolto (da parte sia degli allievi che dell’insegnante), confronto e scambio (il valore del dissenso e possibilità di fare domande) e feedback (è auspicabile che ogni tanto l’insegnante dia agli allievi una restituzione su quanto stanno facendo). È infine importante segnalare che lo stile comunicativo di un insegnante non deve essere né aggressivo, né passivo ma sostanzialmente assertivo ( rispetto dell’idea dell’altro, apertura al confronto, capacità di dare il proprio giudizio senza prevaricare e svalutare l’altro).

Assiomi della comunicazione

1. Non è possibile non comunicare

2. Ogni comunicazione ha 2 aspetti: uno di contenuto (digitale) e uno di relazione (analogico) di modo che il secondo classifica il primo

3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti (es. «io mi chiudo in me stesso perché tu mi sgridi, VS, io ti sgrido perché tu ti chiudi in te

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stesso»)

4. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza (es. relazione insegnante-allievo, one up-one down, in cui ciascuno si comporta in un modo che presuppone il comportamento dell’altro in base ai rispettivi ruoli)

· CLIMA: il clima è l’insieme delle percezioni dei membri che colgono la qualità dell’ambiente del gruppo, esso ci dà la “temperatura” e la distanza delle relazioni all’interno del gruppo, il rapporto con il compito, l’accettazione o il rifiuto del leader. Il clima è ottimale quando c’è il riconoscimento dei ruoli, una comunicazione aperta e trasparente, quando c’è sostegno tra i membri e quando l’insegnante fornisce feedback chiari sui comportamenti tenuti dagli allievi e sui loro risultati più o meno raggiunti.

Per eventuali domande o chiarimenti: [email protected]

NOTE

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Adolescenza: fasi, caratteristiche e dinamiche

Il periodo di transizione tra l’infanzia e la vita adulta prende il nome di adolescenza e corrisponde ad un arco di anni piuttosto ampio ma variabile da individuo ad individuo sia per quanto riguarda l’entità e le caratteristiche dei cambiamenti che l’attraversano, sia per i limiti temporali che ne scandiscono l’inizio e la conclusione.

In termini strettamente cronologici, l’inizio dell’adolescenza può essere collocato all’incirca tra i 10 e i

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12 anni nelle femmine, e tra gli 11 e i 13 nei maschi, mentre la conclusione viene fatta coincidere per entrambi con i 18 anni, allorché l’individuo acquisisce le competenze e i requisiti necessari per assumere la responsabilità di adulto.

In ambito psicologico Hall (1904) ha contribuito ad identificare nelle trasformazioni fisiche e biologiche e nei turbamenti emotivi che ne conseguono il punto di avvio del passaggio dal mondo del bambino a quello dell’adolescente, fase questa non omogenea ma costituita a sua volta da sotto-fasi quali preadolescenze, adolescenza, pubertà e tarda adolescenza: a questo proposito una prima distinzione fondamentale è quella tra pubertà, fenomeno universale che segnala il passaggio dalla condizione fisiologica di bambino a quella di adulto, e adolescenza, passaggio dallo status sociale del bambino a quello dell’adulto che varia per durata, qualità e significato da una civiltà ad un’altra e da un gruppo sociale ad un altro.

Un secondo punto su cui esiste accordo riguarda l’esistenza di differenze fisiche e psicologiche tra ragazzi della fascia di età tra 11 e 14 anni, che si trovano nella preadolescenza, e quelli tra i 15 e i 18 anni che si trovano nella fase dell’adolescenza vera e propria. Tali differenze concernono i processi di maturazione e modalità di elaborazione della propria identità e delle relazioni interpersonali. Nella preadolescenza vengono affrontati problemi nuovi e del tutto diversi rispetto a quelli tipici dell’infanzia, tra cui quelli legati alla crescita fisica, all’identità corporea, alla definizione sessuale; nell’adolescenza la maturazione delle capacità di analisi e di introspezione, la definizione della propria identità, dei valori e delle scelte, consentono una progressiva riorganizzazione.

Un terzo aspetto della transizione adolescenziale è il suo carattere “relativo” e non universale, dovuto al fatto che essa viene diversamente rappresentata a seconda della cultura e dell’appartenenza sociale.

La letteratura scientifica ha raggiunto quindi una visione concorde nel ritenere come la fenomenologia adolescenziale sia influenzata dalle interconnessioni tra fattori biologici, psicologici, culturali e sociali. Indubbiamente le difficoltà legate alla crescita fisica e psicologica, a volte, proprio nell’adolescenza, trovano fertile terreno per manifestarsi in forme devianti e/o provocatorie, nonostante ciò i cambiamenti nella gran parte dei casi fortunatamente non si esprimono in forme negative, dirompenti o problematiche.

Tabella riassuntiva caratteristiche di ogni fase

ANNI FASE CARATTERISTICHE

10-12 (femmine) 11-13 (maschi)

Pubertà e inizio adolescenza Cambiamenti fisici e fisiologici, dalla condizione di bambino a quella di adulto

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Circa 11-14 Preadolescenza Crescita fisica, problemi legati all’identità corporea e alla definizione sessuale

Circa 15-18 Adolescenza Definizione dell’identità, definizione di valori e scelte e capacità di introspezione

Tabella riassuntiva dei cambiamenti degni di nota nel macro periodo dell’adolescenza

TIPI DI CAMBIAMENTO

EVENTI DINAMICHE

Somatici Scatto di crescita, maturazione dei caratteri sessuali

Corpo come sconosciuto ma anche come motivo di soddisfazione. Bisogno di comprendere e assimilare le modificazioni fisiche (cfr allo specchio e con altri). Rischio di Dismorfofobia, convinzione di avere qualcosa di anomalo e di apparire brutti.

Identitari Ricerca dell’identità personale

Ricerca di situazioni in cui mettersi alla prova, spiccato interesse per la vita relazionale mentre recedono sullo sfondo le attività note e la sicurezza familiare.

Cognitivi Comparsa del “pensiero operatorio formale”

Capacità di ragionare in termini di ipotesi e per astrazione. Capacità di combinare le variabili per fare deduzioni. Capacità di narrarsi e di narrare. Bisogno di confrontarsi, raccontarsi, capacità di adottare la prospettiva altrui e di riflettere sul sé.

Morali Sviluppo di una moralità indipendente dall’autorità adulta

Passaggio da una moralità convenzionale ad una post-convenzionale (le leggi vanno rispettate ma essendo create dall’uomo possono essere modificate e interpretate). Importanza di pari, mass media e famiglia nell’interiorizzazione delle norme e nell’assunzione di responsabilità.

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Relazionali Importanza del gruppo dei pari e del sostegno familiare

Bisogno di individuazione (autonomia dai familiari). Funzione protettiva di genitori e delle agenzie educative. Gruppo di pari: bisogno di affiliazione (indifferenziato) e di appartenenza (scelta selettiva di attività e riferimenti valoriali congrui all’immagine di sé). Importanza dei gruppi formali (es. sport). Amicizie come fattore di protezione dal disagio psicosociale.

Alla luce della conoscenza di tali cambiamenti, sarà compito dell’istruttore utilizzare un linguaggio ed un approccio educativo e relazionale in grado di mettere in risalto le risorse dell’allievo adolescente ponendolo però sempre di fronte alla realtà dei fatti.

Aspetti motivazionali

Nella pratica sportiva di qualsiasi tipo in cui siano rilevanti gli aspetti di impegno, costanza e confronto con sé stessi e con gli altri (avversari e/o compagni), acquisisce importanza il discorso circa gli aspetti motivazionali della pratica, un argomento spesso sottovalutato e/o utilizzato da chi insegna o dai genitori come modo per additare il ragazzo di mancanza di voglia.

Con il termine motivazione facciamo in genere riferimento alla spinta psicologica, che determina la quantità ed il mantenimento dell’impegno nel tempo nello svolgere una determinata attività.

I bambini fino ai 9/10 anni di età basano la pratica sportiva sui motivi primari come gioco, divertimento e piacere, ciò consente loro di sperimentarsi in varie attività grazie alle quali giungono a costruirsi un senso di competenza e di autodeterminazione (base dell’autostima e dell’autoefficacia) fino poi a giungere all’interesse per l’agonismo, inteso come confronto e competizione con gli altri.

All’incirca dopo i 12 anni, i bambini diventati ormai preadolescenti in genere preferiscono basare la scelta e la continuità della pratica sportiva su motivi secondari, in questa fase di vita acquisiscono infatti importanza aspetti precedentemente nemmeno presi in considerazione quali: desiderio e piacere nell’affiliazione ad una società sportiva, desiderio di potere e di notorietà, consenso sociale, importanza dell’appartenere ad una squadra e di vincere e raggiungere traguardi, infine acquisisce molta importanza l’amicizia nell’ambiente sportivo e talvolta il praticare per tenersi in forma.

Un aspetto motivazionale importantissimo per tutti gli allievi ed in particolare per gli adolescenti, riguarda il fatto che questi siano mossi da motivazione intrinseca e non estrinseca.

Per motivazione intrinseca s’intende la volontà di impegnarsi e di imparare sulla base della piacevolezza che l’attività genera nel praticante. Tale piacevolezza non è solo da intendere nel senso edonico (emozioni positive) del termine. In questo contesto assume piuttosto grande importanza l’aspetto eudemonico (auto-accettazione, relazioni positive con gli altri, autonomia, padronanza ambientale, scopi di vita e crescita personale). In tal senso, quindi, essere motivati intrinsecamente fa riferimento sia ad aspetti emotivi (gioia, piacere ecc) sia ad aspetti psicologici quali autorealizzazione,

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raggiungimento degli obiettivi ecc.

In opposizione alla motivazione intrinseca troviamo il concetto di motivazione estrinseca: essa riguarda la pratica di un attività prevalentemente o esclusivamente legata a motivi che non riguardano il piacere o l’interesse: ne sono un esempio la retribuzione economica, la notorietà dell’appartenere ad un certo gruppo ecc.

Tra gli aspetti motivazionali, è infine importante conoscere il principio del ribasso valido dopo i 12 anni. Tale principio evidenzia che soprattutto in fase adolescenziale, più il praticante, il maestro e/o la famiglia punteranno su aspetti di motivazione estrinseca, più si abbasseranno i livelli di motivazione intrinseca, ne sono un esempio gli atleti che percepiscono compensi economici molto elevati, alcuni di questi spesso arrivano a praticare il proprio sport più per lo stile di vita e lo status che questo gli consente che per il piacere e la passione.

Per accompagnare il praticante, soprattutto se adolescente, allo sviluppo di motivazioni intrinseche e quindi al piacere psico-emotivo della pratica è importante effettuare un’adeguata definizione degli obiettivi, altrimenti detta Goal Setting. Secondo la tecnica elaborata diversi psicologi dello sport, un efficace goal setting si baserebbe in prima battuta sulla definizione congiunta degli obiettivi tra atleta, maestro, eventuale preparatore atletico ed eventuale psicologo dello sport, nonché sulla distinzione in termini di tempi. Si avranno così obiettivi a breve, medio e lungo termine. Inoltre si avrà una distinzione tra 3 tipologie di obiettivi: fisici, tecnici e psicologici.

OBIETTIVO A BREVE

TERMINE

A MEDIO

TERMINE

A LUNGO

TERMINE

TECNICO

FISICO

PSICOLOGICO

Affinché il goal setting sia efficace, è necessario seguire la regola S.M.A.R.T.: gli obiettivi devono infatti essere Specifici, Misurabili, Ambiziosi, Realistici e Tempificati.

Infine, è sempre opportuno focalizzarsi su obiettivi di prestazione anziché di risultato.

Altri elementi che concorreranno a determinare la motivazione del praticante saranno anche la relazione instaurata con il maestro ed il gruppo di lavoro, la capacità dell’insegnante di proporre allenamenti stimolanti, i feedback dell’insegnante, il supporto familiare ed il gruppo di pari.

Per eventuali domande o chiarimenti: [email protected]

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NOTE

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Antiaggressione femminile: progetto “Sicuramente Donna©”

Il progetto Sicuramente Donna nasce a seguito dell’esperienza di lavoro di tecnici e professionisti dei

settori medico, psicologico e legale, i quali per anni hanno lavorato in diversi comuni del nord Italia fino

alla stesura di un protocollo condiviso e basato sull’analisi di un buon numero di questionari.

Una premessa doverosa e indispensabile riguarda la spinta motivazionale che porta un tecnico di Krav

Maga a desiderare di intraprendere l’avventura di un corso così potenzialmente delicato e particolare

come quello in oggetto. Sebbene, infatti, un insegnante dovrebbe sempre essere mosso primariamente

da motivazione intrinseca ( a cui normalmente se ne affiancano altre), ancor di più nel caso del progetto

“Sicuramente Donna©” è bene che il tecnico abbia bene in mente che le motivazioni dovrebbero

riguardare:

1. La volontà di promuovere la cultura della difesa personale nel pubblico femminile

2. La volontà di attivare un corso che sia anche una risorsa locale

3. Il piacere di creare un gruppo di lavoro che possa continuare oltre le poche date che

solitamente caratterizzano questo tipo di progetti.

Elementi di forza e di debolezza del progetto

Vi sono una serie di motivi per i quali chi ha ideato questo progetto sostiene che l’utenza debba essere

prettamente femminile.

I principali motivi riguardano:

1. La minor probabilità di essere soggette a corteggiamenti non desiderati da parte di

corsisti uomini

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2. Possibilità di avere un confronto alla pari in termini fisici e psicologici

3. Possibilità di trattare tematiche più femminili che maschili

4. Maggiore probabilità di apertura e di condivisione rispetto a certe tematiche e/o

problematiche

5. Possibilità di instaurare dinamiche simili all’auto-mutuo aiuto

Come normale che sia, il progetto presenta anche dei punti di debolezza, o meglio necessita di

accortezza verso i seguenti aspetti:

1. L’insegnante dovrà porre attenzione al proprio comportamento: in particolare dovrà

essere estremamente sensibile e rispettoso nei confronti di tutte le donne, con la

consapevolezza che all’interno del gruppo potrebbero esservi dei casi di donne

maltrattate o che hanno subito violenza in diversi modi (evitare assolutamente di

chiedere informazioni in merito almeno che non sia la persona stessa ad esporsi)

2. Il tecnico dovrà adoperarsi affinché durante il corso non si sviluppi o non aumenti il

livello generale di ansia e di eccessiva attivazione

3. In queste tipologie di progetti manca il confronto con il genere maschile sia dal punto di

vista fisico che psicologico-relazionale. Sarà pertanto cura del docente decidere, in base

all’utenza, quando e se inserire anche una o più presenze maschili per determinate

esercitazioni

4. Infine è necessario evitare di proporre lezioni con ritmi troppo alti o, al contrario, troppo

bassi (tendenza tipica nei casi in cui la maggior parte dell’utenza abbia un’età sopra i 40

anni)

A fronte della potenziale complessità relazionale di un corso simile, si consiglia al tecnico di evitare di:

1. Addentrarsi in spiegazioni di cui non si abbia piena conoscenza

2. Fornire dati statistici errati

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3. Fornire soluzioni troppo semplicistiche e/o errate

4. Utilizzare termini specifici in modo inopportuno

5. Minimizzare, colpevolizzare e/o allarmare le partecipanti

6. Farsi carico di tutti gli aspetti del progetto (es. leggi, psicologia, ecc.)

Si specifica pertanto che per questo tipo di progetto è indispensabile il lavoro d’equipe con altre figure

professionali adeguatamente preparate circa gli argomenti specifici da trattare.

In particolare il ruolo del tecnico di Krav Maga sarà quello di insegnare alle allieve gli elementi tecnici e

preventivi adeguati ai casi specifici. Egli ricoprirà inoltre il ruolo di facilitatore del processo di

apprendimento delle utenti e dovrà adottare un leadership democratica tenendo conto sia dell’alta

probabilità che le allieve non conoscano le regole tipiche di una palestra di Krav Maga, sia della

necessità di guidare il gruppo al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Sarà pertanto indispensabile che il tecnico e organizzatore del corso abbia le seguente competenze:

tecniche, di ascolto, di accoglienza, sensibilità e pazienza, nonché la capacità di promuovere il progetto

ai comuni nei modi e nei tempi adeguati.

Dovendo svolgere un lavoro d’equipe è poi necessario che il tecnico si circondi di professionisti

qualificati e che soprattutto abbiano formazione specifica rispetto agli argomenti da trattare. Essi

inoltre dovranno avere buone competenze formative, disponibilità e sensibilità verso gli argomenti

trattati.

Specificità del progetto “Sicuramente Donna©”

Affinché il progetto possa ottenere la denominazione di “Sicuramente Donna©” è necessario che la

strutturazione sia la seguente:

Programmare un lavoro d’equipe con un numero di tecnici (e/o aiutanti) consono alla

numerosità dell’utenza, con uno psicologo, un avvocato o un rappresentante delle forze

dell’ordine.

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(possibilità di programmare una serata di presentazione del corso in accordo con il

comune che sia gratuita e aperta a tutti, accertarsi che tra i relatori della serata vi siano

gli stessi che seguiranno il corso)

Prevedere un percorso di 6/8 lezioni di un’ora e mezza ciascuna

Dedicare la prima lezione del corso alla compilazione del questionario pre-corso (vedi

allegato) e agli aspetti preventivi (sicurezza in luoghi pubblici e privati, tipologie e uso di

spray, ecc.)

Programmare adeguatamente in termini di date le lezioni dei professionisti con cui si

collabora

Utilizzare l’ultima lezione anche per la compilazione del secondo questionario (vedi

allegato) e per dare un feedback alle partecipanti

Progettare l’intero progetto tenendo in considerazione la possibilità di creare un gruppo

di lavoro stabile e duraturo nel tempo.

REFERENTI DEL PROGETTO:

Osvaldo Angelini: mailto:[email protected]

Daniele Ramponi: mailto:[email protected]

Sara Varone: mailto:[email protected]

ALLEGATO 1

Breve manuale da allegare alla somministrazione delle due schede

Il presente manuale ha lo scopo di evitare che eventuali differenze nella spiegazione e nella consegna

dei questionari possano inficiare i risultati ottenuti.

Indicazioni per la scheda iniziale

Per quanto riguarda la scheda iniziale è di fondamentale importanza che questa venga consegnata al

termine della prima lezione del corso. In particolare è necessario che l’istruttore riservi qualche minuto

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per l’adeguata spiegazione che avverrà prima della consegna del questionario. Egli dovrà presentarlo

come un questionario a scopo conoscitivo che non intende giudicare coloro che rispondono. L’istruttore

dovrà leggere la scheda iniziale (consegna e domande) accertandosi che sia tutto chiaro per l’intero

gruppo senza dare risposte esemplificative e/o interpretative. Dovrà infine premunirsi di penne in

numero sufficiente e preparare un apposito luogo sorvegliato (cassetta, scrivania ecc.) dove ognuna

potrà depositare il questionario piegato in modo da rispettarne la privacy.

Indicazioni per la scheda finale

Per quanto riguarda la scheda finale è importante che questa venga consegnata l’ultima lezione del

corso e pertanto che venga compilata in loco dall’intero gruppo di partecipanti al corso. L’istruttore è

tenuto a riservare circa 20 minuti in cui dovrà:

1. provvedere alla lettura della scheda finale (consegna e domande) assicurandosi che

tutto sia chiaro;

2. lasciare il tempo necessario alle allieve di rispondere alle domande.

N.B. è fondamentale che l'istruttore provveda a procurarsi il materiale necessario per la corretta

consegna e compilazione dei questionari (es. penne, scatola dove consegnare i questionari).

L’istruttore dovrà infine ringraziare l’intero gruppo per la loro preziosa collaborazione.

ALLEGATO 2

Scheda iniziale

Le proponiamo qui di seguito una scheda che avremmo piacere Lei compilasse. Trattandosi di domande

puramente a scopo conoscitivo, La informiamo che non esistono risposte giuste o sbagliate e che non vi sarà

alcuna valutazione. Le ricordiamo, infine, che tali schede verranno trattate nel rispetto della privacy (D.Lgs

196/2003) e che rimarranno totalmente anonime. Grazie per la collaborazione. COM'É VENUTA A CONOSCENZA DELL'ESISTENZA DI QUESTO

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CORSO?____________________________________________________________________________

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PERCHÉ HA DECISO DI SEGUIRLO?__________________________________________________________________________

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___________________________________________________________________________________

COSA SI ASPETTA DI IMPARARE?_________________________________________________________________________

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___________________________________________________________________________________

CI SONO DELLE TEMATICHE (TEORICHE E/O PRATICHE) IN PARTICOLARE CHE

GRADIREBBE VENISSERO TRATTATE? SE SI, QUALI?

___________________________________________________________________________________

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HA AVUTO DEI DUBBI IN MERITO ALL’INTRAPRENDERE QUESTO CORSO? SE SI, QUALI?_____________________________________________________________________________

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Le chiediamo ora di fornirci cortesemente alcuni dati: GENERE____________________________________________________________________________

MESE E ANNO DI NASCITA______________________________________________________________

PROVINCIA DI RESIDENZA______________________________________________________________

ANNI DI SCOLARITÁ___________________________________________________________________

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Grazie per la Sua preziosa collaborazione.

ALLEGATO 3

Scheda finale

Al fine di conoscere eventuali punti di forza e/o di miglioramento del corso che ha seguito, Le proponiamo

qui di seguito una scheda che avremmo piacere compilasse. Anche in questo caso La informiamo che non

esistono risposte giuste o sbagliate e che quanto da Lei scritto verrà trattato nel rispetto della privacy (D.Lgs. 196/2003). RITIENE CHE L’INTERO CORSO SIA STATO COERENTE CON LE SUE

ASPETTATIVE?_______________________________________________________________________

PERCHÉ?

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C’É STATO QUALCHE ARGOMENTO (TEORICO E/O PRATICO) CHE L’HA INTERESSATA

PARTICOLARMENTE?__________________________________________________________________

PERCHÉ?____________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

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___________________________________________________________________________________

COME GIUDICHEREBBE LA PREPARAZIONE DEI TECNICI CHE HANNO SEGUITO IL CORSO?

(1= gravemente insufficiente; 2= insufficiente; 3=sufficiente; 4= buona ; 5= ottima) 1 2 3 4 5

COME GIUDICHEREBBE IL LIVELLO DI PROFESSIONALITÁ CON LA QUALE È STATO SVOLTO

IL CORSO? (1=gravemente insufficiente; 2= insufficiente; 3= sufficiente; 4= buono; 5= ottimo) 1 2 3 4 5

QUALE LIVELLO DI DIFFICOLTÁ MOTORIA RITIENE CHE ABBIANO GLI ESERCIZI CHE LE

SONO STATI PROPOSTI? (1=nessuna difficoltà; 2= poca; 3= abbastanza; 4= molta; 5=moltissima) 1 2 3 4 5

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CI SONO STATI DEGLI ESERCIZI IN PARTICOLARE CHE L’ HANNO MESSA IN DIFFICOLTÁ DAL

PUNTO DI VISTA MOTORIO E/O EMOTIVO? SE SI, QUALI E PERCHÉ?

___________________________________________________________________________________

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___________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

Le chiediamo ora di fornirci gentilmente alcuni dati: GENERE

___________________________________________________________________________________

MESE E ANNO DI NASCITA______________________________________________________________

PROVINCIA DI RESIDENZA ______________________________________________________________

ANNI DI SCOLARITÁ___________________________________________________________________

Grazie per la Sua preziosa collaborazione.