Io e Mr. Parkinson

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Stefania Basagni

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1° edizione 1° edizione 1° edizione 1° edizione OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

A Paolo

Indice Indice Indice Indice

RINGRAZIAMENTI 7

CAPITOLO I – LO SPECCHIO 9

CAPITOLO II – LA PRIMA VISITA 13

CAPITOLO III – IL TAGLIO DELLA TORTA 20

CAPITOLO IV – UNA VERA AMICA 25

CAPITOLO V – PET CON DATSCAN 29

CAPITOLO VII – L’AMICIZIA 45

CAPITOLO VIII - SALTAMARTINO 49

CAPITOLO IX - ROLLERBLADE 53

CAPITOLO X – SNOWBOARD 57

CAPITOLO XI – LA FEDE 60

CAPITOLO XII – VITA DI COPPIA 65

CAPITOLO XIII – STABILITÀ 67

7

RingraziamentiRingraziamentiRingraziamentiRingraziamenti

Questo racconto è un atto di ringraziamento nei confronti

della mia famiglia e di tutti quelli che mi sono stati accanto.

Mi chiamo Stefania, Stefy per gli amici. Quattro anni fa ho

scoperto di essere affetta dal Morbo di Parkinson. Adesso la

mia malattia sembra essersi stabilizzata e io sono in cura

presso la clinica San Gerardo di Monza, sotto la guida esper-

ta di una dottoressa che non finirò mai di ringraziare. È per

questo che sento la necessità di scrivere, in modo da condi-

videre quello che sento. Voglio raccontare quello che è stato,

quello che ho provato e provo ogni giorno, voglio trasmettere

questo mio dono, questa mia fortuna. Io so che se riesco a

parlare di me, di questa mia nuova realtà, riesco anche ad

accoglierla nella mia mente, a farla penetrare nei miei pen-

sieri e forse riuscirò a vivere al meglio ogni altra situazione.

Le malattie non sono tutte uguali, del resto gli individui non

sono tutti uguali.


Questa è la mia esperienza ed è un mio diritto raccontare

come ho deciso di viverla. Mentre scrivo, non sono mossa da

alcuna pretesa letteraria, ma esclusivamente dal desiderio

di narrare quanto mi è accaduto. Se avrò offeso qualcuno,

chiedo scusa.

La mia speranza è che possa aiutare a capire chi soffre per

una malattia, ma anche chi gode di ottima salute, ogni mo-

mento della sua vita, senza neanche rendersi conto davvero

di quale valore essa abbia. A chi soffre come me e a chi gioi-

sce come me, ma soprattutto a chi soffre. Scrivo anche per

spiegare alcuni silenzi o stati d'animo che altrimenti forse

non verranno mai compresi e rifletto di come si possa ma-

gnificare la vita insieme e di quanto ci sia di speciale nel

sentirsi umani.

Un ringraziamento speciale a Iris Cartia per la preziosa col-

laborazione per la sezione in inglese e a Gianluca Mezzina

per quella in italiano.

9

Capitolo ICapitolo ICapitolo ICapitolo I –––– Lo specchioLo specchioLo specchioLo specchio

Molte volte mi è capitato di guardarmi, di scrutarmi a fondo.

A volte si è come davanti ad uno specchio appannato e non

vedi davvero chi sei, cosa nasconde quell’immagine in cui ti

rifletti e che ti somiglia. Siamo abituati a pensare di cono-

scerci perfettamente, di riconoscere ogni singola ruga del

nostro viso, di riuscire a nascondere ogni difetto, conoscia-

mo ogni strategia da usare, per cercare di essere infallibili.

Io lavoro nella moda.

Nello showroom dove ricopro il ruolo di showroom manager,

ho visto passarmi davanti ragazze e ragazzi giovanissimi e di

ogni nazionalità. Li ho visti mille volte sfilare, prepararsi, in-

dossare abiti fatti apposta per loro. Sicuri di sé, con corpi

così sinuosi da animare intere collezioni. Quanti volti, quanti

book fotografici, quanto da fare ad ogni appuntamento con

le grandi passerelle milanesi della moda internazionale.

Flash, saluti, sorrisi, tanti visi conosciuti, tanti amici ed ami-

che, un’organizzazione direi perfetta.


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E appena lo show è terminato, le luci si abbassano e i sipari

si chiudono, si riprende già il lavoro per smontare tutto e ri-

cominciare con quello che sarà il nuovo prossimo grande

evento. Io ne vado fiera. Il mio lavoro mi ha sempre adde-

strata a iniziare ogni volta, a ripartire da capo, spesso da ze-

ro. Una lezione - quella del ricominciare - che non avrei mai

immaginato si sarebbe trasformata, un giorno, in una vera e

propria disciplina di vita.

La mia di vita.

Si trae sempre qualcosa da ciò che ci annienta ed io ho im-

parato che si può vivere anche quando niente è più come

prima. Perché c'é sempre qualcosa che possiamo apprende-

re, quando siamo colti di sorpresa e cioè chi siamo noi. Oggi,

guardo questa mia gamba tremare, la osservo, quasi con

ammirazione o con stupore.

A volte con rabbia, non lo so più. La fisso per così tanto

tempo che lo sguardo si perde, la mente si annulla nel trop-

po riflettere e alla fine l’unica domanda che mi viene in

Lo specchio

11

mente è: perché? Cos’é che fa tremare la mia gamba?

Quando, da dove é iniziato tutto quanto? Hai la sensazione

di essere in una centrifuga permanente.

Tu parli con qualcuno e intanto noti che la tua gamba sini-

stra, che potrebbe stare immobile e perfetta, si agita, come

in uno shaker per i cocktail in voga: Frozen Margarita, Bai-

leys, Mojito con o senza rametto di menta, non fa differenza.

Ti chiedi il perché e non sai darti risposta. Cerchi allora di

giustificare quella vibrazione e di darti mille spiegazioni. Non

sarà mica lo stress da lavoro? In fondo sto solo lavorando

non-stop da giugno.

Ma è sempre così. Non ti fai troppe domande per non avere

anche troppe risposte. Guardo mio figlio che ha solo sette

anni ed è tutto quello che amo. Lo guardo sfrenarsi con i

suoi amici, tutti della stessa età.

Vorrei essere come loro per non pensare perennemente alle

conseguenze di tutto quello che accade.

Per fortuna manca poco all’estate, ah le vacanze!


12

Trascorrere tutto il tempo con mio figlio e con mio marito,

con gli amici in riva al mare, magari a fare le stesse cose,

ma in un contesto diverso. Prometto che nuoterò e mi rilas-

serò, anche se non sarà facile staccare la spina. In fondo

non la stacco mai davvero. Non mi è consentito e mi sta be-

ne così. Ora penso alle vacanze. Mi chiedo ancora il perché

di questo tremore, ma rimando la visita mirata a settembre.


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AcknowledgementsAcknowledgementsAcknowledgementsAcknowledgements I wrote this story as an act of gratitude towards my family

and everyone who has been at my side.

My name is Stefania, Stefy to my friends. Four years ago I

was diagnosed with Parkinson’s Disease. Now my condition

seems to have stabilized, and I am in the care of the San

Gerardo Hospital, in Monza, under the watchful eye of a doc-

tor I will never thank enough. This is why I feel this urge to

write, so as to share what I feel. I want to tell what has been,

what I felt day after day, I want to share this gift, my good

fortune. I know that if I can talk about myself, this new reali-

ty I face, I can also learn to embrace it in my mind, let it

penetrate my thoughts, and maybe I’ll be able to make the

most of any other circumstance. Illnesses are not all the

same, after all individuals are not all the same, either.


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This is my experience and it is my right, to want to convey

how I decided to live it. As I write I am not moved by any lit-

erary aspiration, but only by the desire to narrate the things

that have come about in my life. If, in doing so, I may have

offended anyone, I ask for your understanding.

My hope is that I may be able to help those who suffer from

a serious illness, but also anyone who is in perfect health, to

help them grasp the importance of each moment of their

life, which we often live without fully realizing its value. This

is to anyone who, with me, rejoices, but even more to any-

one who is suffering. I am writing to explain my silences and

my state of mind, reflected in some of my actions, which

could never be understood otherwise. I think about how to

find ways to honor and elevate life, together, and how spe-

cial it is to feel human.

A special thanks to Iris Cartia for the invaluable collabora-

tion in the English section and to Gianluca Mezzina for the

Italian.

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Chapter I Chapter I Chapter I Chapter I –––– The mirrorThe mirrorThe mirrorThe mirror I have looked at myself many times, studying every detail of

me. Sometimes it’s like standing before a clouded mirror,

and you can’t really see who you are, what hides behind the

image you see yourself reflected in, and looks so much like

you. We are used to think that we know ourselves perfectly,

recognize every single wrinkle on our face, and conceal eve-

ry blemish, we know all the strategies we can use, to try and

be infallible. I work in fashion.

In the showroom where I work as showroom manager, I

have seen a countless number of young men and women of

every nationality. I have seen them a thousand times walk

the runway, get ready, wear clothes custom made to fit

them. Confident, their bodies so lithe as to enliven entire col-

lections. So many faces, so many modeling portfolios, so

much to do at every appointment with the international

runways of Milan’s high fashion. Flashes, greetings, smiles,


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endless familiar faces, friends and acquaintances, a virtually

flawless organization.

And as soon as the show is over, the lights dim and the cur-

tain closes, the new work of dismantling everything and set-

ting up the new big event has already started. I am proud of

it. My work has always trained me to start all over again, to

build up from scratch, sometimes from nothing. A lesson –

to get up and start all over again – which I had never

thought one day would turn into a discipline for life.

My life.

We can always gain something from that which annihilates

us, and I have learned that you can go on even when nothing

is like it used to be. Because there’s always something we

can learn, when we are caught off-guard: we learn who we

really are. Today I look at my leg shaking, I take time to ob-

serve it, almost with admiration, or wonder.

Sometimes with anger, I’m not sure anymore. I stare at it so

intently and for so long my eyes wander away, the mind

The mirror

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shuts in an effort to think too hard and eventually the only

question that comes to me is: why? You have the feeling you

got stuck in a permanent spin-cycle.

You’re talking to someone and meanwhile your left leg,

which should just sit there, still and perfect, stirs up, like a

shaker for some trendy cocktail: Frozen Margarita, Baileys,

Mojito with or without mint leaves, doesn’t really matter. You

ask yourself why and you can’t find an answer. So you try to

justify that vibration and give yourself a thousand explana-

tions. Could it be work-related stress? After all I have been

working non-stop since June.

But it’s always like this. You don’t ask too many questions so

you won’t hear too many answers. I look at my son who is

only three years old, and he’s everything I love. I look at him

as he runs excitedly with his friends, all children of the same

age.

I wish I were like them so I wouldn’t constantly be thinking

of the consequences of everything that is happening.

Luckily the summer is almost here, ah, the holidays!


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Spending all day with my son and my husband, with my hol-

iday friends, probably doing the same old things as every

summer, but in a different context, this time. I promise I will

swim and I will unwind, though it won’t be easy to unplug my

mind off things. Deep down I know I never really unplug. I

am not allowed, but I’m ok with it. Now I focus of the holi-

days. I still wander about my shaking, but I’m postponing a

specialist visit to the doctor until September.

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