In Arte novembre/dicembre 2013

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Poste italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% CNS PZ € 1,50 anno IX - num. 04 - novembre/dicembre 2013

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Periodico a diffusione nazionale - anno IX - num. 04

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Poste italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% CNS PZ € 1,50 anno IX - num. 04 - novembre/dicembre 2013

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EditorialeCapitali a confrontodi Giuseppe Nolé ......................................................... pag. 4

Redazione SommarioAssociazione di Ricerca Culturale e ArtisticaC.da Montocchino 10/b85100 - [email protected]

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Autorizzazione del Tribunale di Potenzan. 337 del 5 ottobre 2005

Iscrizione al ROCn. 19683 del 13 maggio 2010

Registrazione ISSNn. 1973-2902

Chiuso per la stampa: 4 ottobre 2013

In copertina:Fabiana Belmonte, Am I.

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EventiMurales a Castelluccio Inferioredi Luciana Travierso ..................................................... pag. 5Brueghel una dinastia di artisti di Mariarosa Sammartino ............................................. pag. 8Il Piccolo Principe, la materia di un sognodi Eleonora D’Auria ...................................................... pag. 10Un... “Balzo” sull’Arte!di Francesco Mastrorizzi ............................................. pag. 12

FotoCromieL’universo onirico di Fabiana Belmontedi Fiorella Fiore ............................................................ pag. 18RectoVersodi Rosanna D'Erario .................................................... pag. 20

DirezioniIncubi a Wonderland: la pittura pop surrealistadi Cristina Cagnazzo .................................................... pag. 22Zhang Huan: Anima e Materiadi Federica Amalfitano .................................................. pag. 24

MeteL’Italia dei centri scomparsi: San Pietro Infinedi Giuseppe Damone .................................................... pag. 29

CromieAndrea Albonetti: ombre tra i coloridi Luciana Travierso .................................................... pag. 15Francesco Samà e l’arte del movimentodi Giulia Smeraldo ........................................................ pag. 16

Agend'Arta cura di Annalisa Signore ........................................... pag. 30

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Capitali a confronto

di Giuseppe Nolé

Dopo Firenze nel 1986, Bologna nel 2000 e Genova nel 2004, nel 2019 l’Italia esprimerà per la quarta volta una “Ecoc” (European capital of culture). Ad oggi non c’è ancora un numero esatto di città aspiranti, ma solo un gruppo eterogeneo di capoluoghi pronti a contendersi il titolo assegnato dall’Unione Europea. Aosta, capitale dell’autonomia della regione alpina; Torino, “snodo della cultura europea”; Bergamo culla dell’innovazione industriale e Mantova la nuova “corte d’Europa”; Venezia, un monumento alla cultura e Ravenna “ponte fra Occidente e Oriente”. Nella Toscana dei Comuni è braccio di ferro fra Siena e Pisa, ma anche Perugia è in corsa con “i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria”; oltre Urbino, città delle utopie e patria di Raffaello, c’è anche l’Aquila che lega la sua candidatura alla ricostruzione. C’è un desiderio di riscatto nella candidatura di Caserta, non solo capitale della camorra; Matera, che ha scelto come motto «Futuro remoto», subito dopo Lecce, che si è alleata con Brindisi, e Taranto, cerniera del Levante. Scendendo ancora Palermo “capitale europea delle culture” e Siracusa con il tema “Oriente e frontiera”.

Un confronto serrato che speriamo possa premiare il progetto migliore con l’impegno, per le “capitali sconfitte”, così come voluto dall’Unione Europea, di realizzare tutto ciò che in questi anni si è progettato per questa candidatura. Uno strumento per rafforzare l’identità, ma anche un’occasione di crescita culturale.

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Eventi

Murales bagnati, murales fortunati! Nonostante la pioggia, la prima edizione di Murales a Castelluccio Inferiore ha riscosso notevole successo. La manife-stazione, che si è svolta dal 12 al 14 settembre, è stata organizzata da In Arte in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco, rien-trando nella rassegna Squarci, promossa con l’ob-biettivo di dare risalto al ridente paese alle pendici del Pollino grazie ad attività culturali ed artistiche. Il tema scelto è stato l’acqua, preziosa risorsa di Castelluccio Inferiore per la presenza di numerose sorgenti, come il torrente San Giovanni, situato nelle vicinanze dell’abitato, che anticamente alimentava un mulino, oggi ormai in disuso. Gli artisti sono stati selezionati su scala nazionale in una rosa di 35 candidati che, ospitati dall’organizza-zione, hanno avuto la possibilità di vivere un’espe-

rienza unica, immersi nel verde e circondati da gen-te cordiale e sorridente. Il giorno dell’arrivo, i pittori hanno avuto la possibilità di osservare attentamente gli spazi messi a disposizione da alcune famiglie lo-cali per mettersi poi subito al lavoro, dando sfogo alla loro fantasia e tecnica. Il giorno successivo, nonostante le condizioni me-trologiche avverse, quelle che inizialmente sembra-no solo macchie e linee confuse si trasformano ben presto in cascate, mulini e sorgenti. In particolare Antonino Izzo da Battipaglia (SA) sceglie di dipin-gere un tranquillo e sereno paesaggio locale, inter-rotto dal movimento di un mulino alimentato da una cascata. Autodidatta, Salvatore Damiano da Altavil-la Silentina (SA) interpreta il tema realizzando uno scenario montuoso, rigoglioso di fiori colorati e con un merlo in primo piano che sembra ammirare l’ac-

Murales aCastelluccio Inferiore

di Luciana Travierso

Antonino Izzo.

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Eventi

gelo Iuliano da San Giorgio a Cremano (NA), che, con pennellate rapide e decise, riesce a nascondere una porta murata. La forza dell’acqua, che colpisce le rocce schizzando ovunque, sembra avere più ampio respiro, lasciando piacevolmente sorpresi gli osservatori. Chiamato dai colleghi “il Maestro”, An-tonio Loffredo da Polla (NA) preferisce definirsi un “lavoratore del cavalletto”, anche se ha alle spalle una lunga esperienza nel campo. Egli sceglie come soggetto un fiume che scorre accanto ad un macina-

qua limpida e spumosa che scorre sotto di lui. Inoltre l’artista dipinge su una pergamena una poesia, de-dicandola al paese e all’elemento naturale così raro e prezioso. Per Enzo Baldi, anche lui proveniente da Battipaglia, è la prima esperienza coi i murales, poiché solitamente dipinge su tele di piccole dimen-sioni. Nonostante l’arte sia un hobby, raffigura con grande attenzione ai particolari uno scorcio montuo-so e selvaggio con liane e arbusti incolti. Diventerà sicuramente un punto di riferimento l’opera di An-

Enzo Baldi.

Antonio Loffredo

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toio, sormontato da un paesaggio familiare: si tratta proprio di Castelluccio Superiore. Animano il mura-le colorati fasci di luce, come se fossero riflessi che brillano nell’acqua colpita dal sole.

Salvatore Damiano.

Sopra: Antonino Izzo al lavoro alla sua opera.A sinistra: il murale di Angelo Iuliano.

Ognuno dei partecipanti ha interpretato il tema scel-to in maniera personale ed originale, raccogliendo intorno a sé gli abitanti locali di passaggio o riuniti apposta per l’evento, incuriositi da questi “forestieri”. Infatti, adulti e bambini si sono complimentati con gli artisti, scattando fotografie e offrendo caffè e vino. Sotto un sole splendente, la manifestazione si è con-clusa sabato 14 settembre nella tarda mattinata, con la rifinitura da parte degli artisti degli ultimi particolari e la stesura del fissativo, il quale permetterà ai dipinti di vivere a lungo, lasciando ai castelluccesi una trac-cia d’arte duratura.

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Eventi

Con la mostra Brueghel. Meraviglie dell'arte fiammin-ga il Chiostro del Bramante ha ospitato, per la prima volta a Roma, i capolavori della famiglia Brueghel, la dinastia che domina la scena dell'arte fiamminga per circa centocinquant'anni, tra il XVI e il XVII secolo, interpretando, attraverso tecniche e soggetti diversi, lo spirito e le tendenze di un'epoca. Capostipite della stirpe è Pieter il Vecchio (1525-1530 ca.), nelle cui opere domina il tema della na-tura e del rapporto che intercorre tra essa e l'uomo. La visione della vita che emerge nei suoi dipinti è disincantata, lo stile è realistico, le scene ritratte sono episodi di vita quotidiana, nei quali vediamo contadini, donne e bambini muoversi nei contesti più familiari: la campagna e il villaggio. I figli di Pieter, Pieter il Giovane (1564-1638) e Jan il

Bruegheluna dinastia di artisti

di Mariarosa Sammartino

Vecchio (1568-1625), proseguono la propria ricerca artistica in direzioni diverse; mentre il primo continua e approfondisce i temi e lo stile del padre, il secondo se ne discosta, intraprendendo percorsi espressivi innovativi e inaugurando una tendenza stilistica che sarà poi imitata da numerosi artisti coevi. Pieter il Giovane, in effetti, proprio come il padre, racconta la realtà del suo tempo. Nelle sue opere tornano le scene di vita quotidiana e i personaggi umili. Il gesto umano è colto sul nascere, nella sua immediatezza, la fragilità e la caducità della vita sono illustrate con spirito oggettivo, ma sempre con benevolenza. Jan il Vecchio, invece, sviluppa una tecnica raffinata e originale, per la quale si guadagnerà l'appellativo “dei velluti”. I suoi soggetti preferiti sono i fiori e, in

Pieter Brueghel il Giovane, Le sette opere di misericordia, 1616-1618 ca., olio su tavola, 44x57,5 cm, Bruxelles, collezione privata.

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Eventi

opere i fiori diventano simbolo della vanità umana, i riferimenti ai personaggi mitici, in-

vece, evocano un mon-do esotico e lontano.

La mostra prosegue poi non solo illustrando con

precisione l'intricata ramifica-zione della genealogia dei Brue-

ghel, ma anche dedicando spazio agli artisti che entrano nella loro cer-

chia. È il caso di Jan van Kassel il Vecchio, che si dedica allo studio minuzioso di farfalle e insetti, e Abraham, ultimo erede ideale della famiglia, che però si discosta radicalmente dalla tradizione.

generale, le nature morte, ma si dedica anche alla riflessione sulla natura attraverso lo studio del paesag-gio. Vasi, cesti e ghir-lande sono ritratti con un impressionante amore per il dettaglio, i colori brillano, e colpisce l'insetto che pare po-sarsi sulla foglia madida di rugiada all'improvviso. Lo stile e i temi di Jan il Vecchio sono poi svi-luppati e approfonditi dal figlio, Jan il Giovane. Quest'ultimo si concentra però in particolare sulle nature morte e sulle allegorie mitologiche. Nelle sue

Pieter Brueghel il Giovane, Danza nuziale all'aperto, 1610 ca., olio su tavola, 74,2x94 cm, U.S.A., collezione privata.

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Eventi

amicizia, il testo, edito nel 1944, indaga con poetica innocenza temi che colmano l’animo umano di inter-rogativi. Laura riesce nel difficile compito di rendere con altrettanta evidenza tali problematiche, senza alterare la leggerezza e quel soffio di innocenza che pervade il libro. La storia del piccolo principe caduto sulla terra alla ricerca di amici, il suo costante bisogno di una ri-sposta, trova nelle opere di Mazzella il canale pre-ferenziale per una immediata ricezione del testo in opera figurata. Nella continua urgenza di cogliere il significato della vita stessa, il piccolo principe non ha timore di porre domande né teme ciò che ne po-trebbe derivare, non teme la morte. La Mazzella ha intrapreso il medesimo viaggio. E lo ha fatto con una dose di umiltà e di laboriosa fiducia tale da prestarsi come ottima interprete del testo. Le opere, realizzate in ceramica smaltata, si offrono allo sguardo del visitatore come sfere dai variegati colori in grado di dialogare tra loro per unità compo-

C’è chi immagina, chi legge, chi crea. E c’è chi riu-nisce in sé tutte le categorie appena elencate. L’ar-tista Laura Mazzella ne è un esempio. In grado di trasmutare in opera scultorea il racconto di Antoine de Saint-Exupéry Il Piccolo Principe, emblema stes-so della condizione umana, Laura si pone ad inter-pretare il ruolo di mediatore tra due linguaggi diversi eppur potentemente efficaci: la scrittura e la realiz-zazione plastica. La mostra, aperta dal 16 novembre al 1 dicembre 2013 presso la Galleria Arti Decorative di Napoli, introduce il visitatore in un viaggio che non riguar-da solo la fantasiosa creatività dell’artista. Il Picco-lo Principe è la matrice e la valvola ideativa che ha dato corso alla realizzazione di queste sorprendenti opere. Il protagonista del viaggio, simbolo della con-dizione umana e della propria ricerca di felicità, tro-va nella mano di Laura la possibilità di arricchire il proprio messaggio di una ulteriore valenza artistica. Specchio della realtà e del bisogno di amore e di

Laura Mazzella, Baobab, ceramica. Laura Mazzella, Asteroide B612, ceramica.

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dettagli, le sfere trovano identificazione con il testo per mezzo di una serie di frasi, una per ciascuna di esse, capaci di offrire un immediato rimando all’ope-ra letteraria. La sottile bellezza delle figure, il model-lato preciso ma privo di fredda rigidità, l’attenzione al dettaglio, permettono il raggiungimento di un livello qualitativo alto nella realizzazione delle superficie trattata. Gli smalti evidenziano, nella sapiente mi-scela dei colori, la capacità di padroneggiare la mo-dulazione dei toni cromatici, rispecchiamento visivo dell’opera scritta. Avvertibile la eco di una compo-nente scultorea che rimanda alla tradizione cerami-sta napoletana, dal magistero di Macedonio a Diana Franco.

Indubbiamente innovativa nel rendere il testo, l’ana-lisi operata da Laura Mazzella permette di affermare come la sensibilità, unita alle doti artistiche ereditate da una tradizione familiare, siano capaci di far rag-giungere livelli sorprendentemente alti.

sitiva, senza per questo perdere l’unicità caratteriale ed espressiva che le contraddistingue.«La motivazione che mi ha spinto a trattare questo tema mi è stata offerta proprio dalla rilettura del libro in un giorno qualsiasi in libreria – spiega Laura – ep-pure quel giorno qualcosa ha allarmato la mia vena creativa: una frase che sprigiona le necessità di eva-dere da un mondo non capace di cogliere la vera essenza della vita: “Animati dal sentimento dell’ur-genza”».Ed è l’urgenza ad aver condotto la mano di Laura e a far intravedere la condizione necessaria per comprendere la difficoltà patita dalla società attuale. Un’urgenza che in Laura si trasforma in opera d’arte. “L’essenziale è invisibile agli occhi”, dirà il Piccolo Principe, eppure Laura riesce nel difficile tentativo di restituire quel soffio vitale all’argilla, trasformandola in opera d’arte. Le ceramiche dimostrano la prodigalità con la qua-le ha intrapreso il suo lavoro. Curate fin nei minimi

Il Piccolo Principe La materia di un sognodi Eleonora D'Auria

Laura Mazzella, Incontro con una personcina straordinaria, ceramica.

Laura Mazzella, Quando si è molto tristi si amano i tramonti, ceramica.

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Eventi

Il progetto espositivo di In Arte denominato In Arte Exhibit si articola in un ciclo di appuntamenti, dedi-cati all’arte contemporanea e ai suoi protagonisti, che si susseguono durante l’anno in diverse località del territorio lucano. Lo scopo è quello di dare ampia visibilità alla Basilicata sul piano nazionale e di inco-raggiare un turismo di alto profilo qualitativo, facen-do giungere quanti più visitatori nei centri lucani inte-ressati dalle iniziative, per far scoprire e conoscere le ricchezze che essi possono offrire. Tra i luoghi più affascinanti della Basilicata c’è sicu-

ramente Venosa, una città ricca di storia e cultura, di cui uno dei tanti simboli è il Castello Ducale “Pirro del Balzo”, in passato residenza del principe Carlo Gesualdo di Venosa (1566-1613), celebre musicista e compositore ricordato quest’anno per i 400 anni dalla sua morte. Nello scorso mese di luglio proprio il Castello di Venosa è stato sede per tre settimane della prima mostra-concorso Un Balzo sull’Arte, nata per dare vita ad un connubio tra diverse esperien-ze creative all’interno di una location suggestiva e prestigiosa. In esposizione le opere di undici artisti,

Andrea Albonetti, Attento che ti prendo, 2013, olio su tela, cm. 80x80.

Un... “Balzo” sull’Arte!

di Francesco Mastrorizzi

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Eventi

selezionati tra gli oltre trenta candidati, provenienti da diverse regioni d’Italia: Basilicata, Puglia, Emilia-Romagna, Lazio, Campania. Il vernissage del 10 luglio ha avuto come appendice

Silvia Ferrara, La clessidra, 2013, acrilico su tela, cm. 90x120.

Andrea Albonetti, Il dolce carillon, 2012, olio su tela, cm. 80x80. Silvia Ferrara, La sposa beduina, 2013, acrilico su tela, cm. 110x110.

la performance poetica La voce in movimento, rea-lizzata dall’artista multidisciplinare Nicola Frangione, che ha fornito un’interessante testimonianza della sua ricerca nell’ambito della cosiddetta “poesia so-

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nora”, disciplina che mette in stretta fusione tra loro testo, voce e musica.In occasione della chiusura della mostra, il comita-to di redazione di In Arte ha consegnato una targa premio ai tre artisti partecipanti ritenuti più meritevoli sulla base di criteri di qualità, ricerca e originalità. Il terzo posto è stato assegnato ad Antonio Esposito di Avellino, le cui due opere presentate in concorso si sono distinte per un vivo cromatismo capace di ren-derle luminose e vibranti di energia. Silvia Ferrara di

Antonio Esposito, Frantumazione dell'io esteriore, 2013, tecnica mista su tela, cm. 120x100.

Antonio Esposito, Il percorso della vita, 2013, tecnica mista su tela, cm. 70x50.

Melfi (PZ), classificata al secondo posto, ha colpito la giuria con le particolari e preziose decorazioni uti-lizzate per adornare le donne protagoniste delle sue tele, raffigurate dai tratti inequivocabilmente medio-rientali. I dipinti di Andrea Albonetti di Forlì, procla-mato al primo posto, sono stati apprezzati, invece, per i molteplici elementi, tra cui un uso accurato dell’olio su tela e una sapiente e attenta prospettiva, in grado nel loro insieme di coinvolgere nel profondo l’animo dello spettatore.

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Cromie

Andrea Albonetti, forlivese trasferitosi a Milano, è capace di sorprendere ad ogni opera, sempre in modo diverso. Ne sono un esempio le due tele pre-sentate a Venosa (PZ) durante la manifestazione Un Balzo sull’Arte, dal titolo Attento che ti prendo e Il dolce carillon, caratterizzate da un accurato uso dei colori ad olio e da una sapiente prospettiva, capaci di coinvolgere nel profondo l’animo dello spettato-re. L’opera Attento che ti prendo fa parte di un ciclo di otto tele avente come tema il circo e raffigura un

giullare strisciante, il cui sguardo diretto è tale da ip-notizzare l’osservatore, dando l’impressione di usci-re dal quadro per afferrarlo. Tutto ciò è intensificato dalla scelta cromatica (rosso e nero) e dal fascio di luce proveniente da sinistra, che crea intense ombre nella restante metà del quadro. In eguale maniera la ballerina ne Il dolce carillon, in una tipica posizio-ne da ballo, è ritratta ornata da rose scarlatte su un succinto abito bianco, mentre sembra attendere che qualcuno riavvii il carillon per poter ballare ancora. In più è colpita da una luce abbagliante che proietta la sua sagoma sullo sfondo. Di conseguenza il caril-lon, comunemente dolce nella sua musica, sembra presagire qualcosa di funesto. Forse è metafora di

Andrea Albonetti:ombre tra i colori

di Luciana Travierso

una certa passività del mondo d’oggi nel relegare le nostre responsabilità al prossimo?Sorprendentemente nella realtà Albonetti svolge un altro tipo di lavoro: il manager d’azienda, apparente-mente lontano dal mondo dell’arte. Ma la passione è tale che, da autodidatta, inizia a disegnare per dilet-to fin dai tempi dell’università, per poi sperimentare nuove tecniche e colori con le copie d’autore, per giungere infine a vere e proprie opere originali. Ab-bandonata la tempera, è con i colori ad olio che tro-

va lo strumento giusto per appagare materialmente i suoi desideri artistici. Per lui dipingere è un viaggio che, nel bene o nel male, va vissuto a pieno attra-verso la potenza dei colori che danno vita ai soggetti ritratti. Grazie alla semplice passione, Albonetti è riu-scito a partecipare con grande successo a numerosi concorsi e mostre di pittura in tutta Italia.Inoltre il pittore-manager ha creato una pagina Face-book, dal titolo “Pittore Curioso di Andrea Albonetti” dove egli aggiorna i suoi fan riguardo ad artisti più o meno conosciuti, alle diverse notizie intorno al mon-do dell’arte e pubblica le sue opere altrettanto insoli-te che egli usa descrivere semplicemente come “tele imbrattate”.

Tristezza, 2011, olio su tela, cm. 80x80. That's me, 2011, olio su tela, cm. 80x80.

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Cromie

Francesco Samàe l’arte del movimento

di Giulia Smeraldo

Non sempre la scena contemporanea ci offre giova-ni artisti capaci di rendere con un semplice gesto il movimento dell’animo: Francesco Samà arricchisce il panorama romano con i suoi quadri, vera e propria testimonianza della vita dell’artista.Guardando i suoi acrilici ci si rende conto di quan-to la pittura sia parte integrante dell’essere di Fran-cesco. La scelta dei colori deriva dal momento che l’artista vive e si completa con i movimenti del suo corpo, che lasciano sulla tela una prova tangibile dello stato del suo animo. Gli occhi sono rapiti dai percorsi creati dal pittore romano il quale, senza un apparente significato, ci regala insiemi di sfumature che sentiamo già nostre, perfettamente integrate nel nostro mondo. Le opere che presentiamo in questo numero copro-no sono alcuni dei temi preferiti da Samà. Gocce, ad esempio, è quanto di più dolce possa offrire l’ar-te astratta contemporanea; una compenetrazione di morbide forme e caldi colori, dove, attraverso la stesura stessa degli acrilici e l’andamento delle pen-nellate, l’artista riesce a farci sentire il suo cuore. È un ragazzo ricco di entusiasmo Francesco Samà; la gestione di alcuni dei locali più alla moda del lido di

Factory of colors, acrilico su tela, cm. 70x100.

Ostia non ferma la sua passione per l’arte, anzi la arricchisce di nuovi spunti. Senza Titolo (Anta) è invece un’opera nata dall’incon-tro casuale di Francesco e di un’anta (di un armadio!): la voglia di buttar fuori tutto il suo talento ha fatto in modo di trasformare, alla maniera dei grandi artisti d’avanguardia, un oggetto del nostro quotidiano in un acrilico dove è evidente sia la rabbia vissuta in quel momento per l’impossibilità di dedicarsi come avreb-be voluto alla pittura sia la sua passione per i colori e il movimento delle forme. Proprio la forte personalità di Francesco, il suo modo di fare e il suo lavoro lo porta-no a sperimentare tecniche e forme sempre differenti, dimostrando la sua capacità di alzare il livello della pittura astratta contemporanea romana.Non è un caso se alla vista delle pitture di Samà non possiamo che entusiasmarci a nostra volta o arrab-biarci o rattristarci: grazie alla puntuale gestione del-le forme e dei colori il giovane artista romano riesce, come da sempre fa la musica, ad accompagnare ogni momento che viviamo, dimostrando che la sua arte penetra l’animo, al pari delle opere che fanno parte della grande pittura italiana di ogni secolo, per il proprio secolo.

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Bolle, acrilico su tela, cm. 70x50.

Senza titolo, disegno digitale, cm. 40x30. Senza Titolo (Anta), acrilico su tela, cm. 70x50.

Foresta, pennarelli acrilici, cm. 60x40.

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fotoCromie

dedicato agli Amori in posta elettronica, interpretan-do la surreale situazione di due amanti che vivono la loro passione in una dimensione virtuale: un’opera, questa, che conferma la predilezione della fotografa per le ambientazioni oniriche. Appassionata di fotografia da sempre, fondamental-mente autodidatta, la Belmonte ha iniziato a cimen-tarsi con l’obiettivo nell’età dell’analogico e sin dai primi scatti ha cercato di instaurare un rapporto con l’immagine che andasse al di là della sola rappre-sentazione, curando con molta attenzione la post-produzione: una caratteristica, questa, che è dive-nuta la sua “firma” e ha trovato terreno fertile nelle molteplici possibilità offerte dal digitale. Un’esigenza

Due amanti che si sfiorano, intrecciano i loro sguar-di, immersi un’atmosfera sognante e leggiadra: ma nulla è reale, perché avviene attraverso lo schermo di un computer. Potere dell’amore, ma anche dell’im-maginazione, che Fabiana Belmonte ha espresso sapientemente nella foto vincitrice del contest (in collaborazione con In Arte Multiversi) dedicato allo spettacolo C’eravamo tanto armati. Variazioni ama-re sull’amore, a cura della Compagnia Teatrale L’Al-bero di Melfi (testo di Raffaele Flore, regia di Ales-sandra Maltempo, assistente alla regia Cristina Pa-lermo), incentrato su cinque differenti visioni dell’a-more, sulle quali diversi fotografi sono stati invitati a confrontarsi. Fabiana Belmonte ha scelto il tema

Urban solitude.

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L’universo oniricodi Fabiana Belmontedi Fiorella Fiore

che probabilmente deriva dal background della Bel-monte, che si è confrontata in passato con la tecni-ca dell’acquaforte e dell’acquatinta, cui è seguito un vero e proprio studio delle opere di grandi fotografi, da Francesca Woodman, capace di rendere corpo e ambiente un tutt’uno con la tecnica della lunga espo-sizione, a Man Ray, il primo a manipolare la fotogra-fia per renderla qualcosa di completamente diverso con le sue celeberrime Rayographs. Fabiana Belmonte, artista “emergente”, ma che si sta affermando sempre più sulla scena lucana e non solo (ricordiamo tra i vari riconoscimenti il prestigio-so Premio Cascella, di cui è stata finalista), ha un percorso artistico in piena evoluzione, come dimo-strano i suoi lavori, molto diversi tra loro: dalle scene surreali del ciclo Visionarie a quelle dal sapore un po’ dark di Eva+Eva. Le opere più recenti sono il frutto di una ricerca ancora diversa: lo sguardo è divenuto infatti più malinconico, la composizione più pulita. In Animus anima interpreta l’universo femminile: esili corpi ritratti in paesaggi lunari o nella periferia indu-striale, ancora una volta legati ad un’atmosfera sur-reale come nelle opere di Solitudini Urbane (come non ricordare Gli amanti di Magritte?), cui si unisce, però, un’introspezione lirica che porta ad una rifles-sione anche sulla drammatica cronaca relativa alla violenza sulle donne. Il risultato finale è quello di un omaggio all’universo femminile, alle sue fragilità ma, anche, alla sua forza. Ed è la rappresentazione di un’evoluzione del linguaggio artistico di Fabiana Belmonte, di cui sarà interessante seguire i futuri sviluppi.

Animus anima. Panta rei.

Animus anima III.

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fotoCromie

un’accurata osservazione tradotta in installazioni dai forti contenuti, spesso anche provocatori e sfocianti in tematiche esistenziali.A tal proposito, non si può non ricordare Ordinarie Ipocrisie della Gibilisco, il gigantesco cactus collo-cato nella Sala della Musica, dove gli enormi aculei della pianta facevano da contrasto con gli stucchi ed i decori ottocenteschi, regalando una sottile ma forte provocazione su quanto i valori borghesi con-dizionino ancora i nostri giudizi, creando a volte dei pregiudizi; ciò che dovrebbe contare è la sostanza e non l’apparenza. La Gibilisco, che ama definirsi un’instancabile viag-giatrice e un’instancabile ricercatrice dei dettagli det-tati dalla natura, ancora una volta ha preso in presti-to la natura per tradurre il suo pensiero. La fotografa siciliana, che ha racchiuso la sua arte in oltre trenta-mila scatti, nei suoi pezzi di natura si incentra sulla

Dal 23 agosto al 14 settembre le Sale Nobili del Palazzo d’Avalos di Vasto (CH) hanno ospitato la mostra RectoVerso. Ancora una volta il Comune di Vasto si è fatto promotore di scelte culturali signifi-cative, collocandosi tra le istituzioni più attente al settore. La bipersonale, ideata e curata da Mario Cipollini, ha visto protagoniste le artiste Miranda Gi-bilisco ed Emanuela Barbi, due donne capaci con il loro lavoro di dare una doppia valenza – di docu-mento e di opera d’arte – all’immagine offerta allo spettatore. Le due artiste, pur essendo contrastanti tra loro e con esigenze narrative diverse, pongono al centro della loro arte la natura e l’esplorazione del paesag-gio; un paesaggio che si riflette nelle loro opere toc-cando i più variegati argomenti.L’esposizione si è incentrata sul rapporto tra “la na-tura delle cose e le cose della natura”, grazie ad

RectoVerso

di Rosanna D'Erario

Miranda Gibilisco, Arizona, 2009, stampa lambda su carta, cm. 29x39.

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mutevolezza delle cose, individuando nuovi codici espressivi. Il suo lavoro si sviluppa su duplici registri: grandi dimensioni e spazi sconfinati da fotografare, con un’evidente e costante assenza della presenza umana.Diversi i soggetti esposti in mostra: la pietra, che sfi-dando i secoli si fa testimone di un paesaggio che ha attraversato tragiche vicissitudini, immagini lumi-nose, paesaggi desertici o singolari light box. Spazi che abbandonano il superfluo per incentrarsi sulla vera essenza dello spirito. Dunque non una sempli-ce mostra fotografica, ma un’esposizione in grado di condurre a nuovi linguaggi, per allargare la cono-scenza attraverso una ricerca introspettiva. Queste le parole del curatore Mariano Cipollini: «È sempre di paesaggio che si parla, anche se i confini del ter-mine, soprattutto in questa mostra, sono talmente dilatati da contenere completamente e senza alcuna censura tutto quello che il pensiero, messo in condi-zione di generare, può restituirci».

Sopra: Miranda Gibilisco, Ordinarie ipocrisie, installazione in pvc, cm. 37x250.Sotto Miranda Gibilisco, Senza titolo, 2013, ligth box, cm. 12,2x27.

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Direzioniartisti della portata di Jonathan Viner, Ron English, Sas & Colin Christian, Alex Gross, Camille Rose Garcia, Tara McPherson, Joe Sorren, Travis Louie e James Jean. La rivista americana Juxtapoz l’ha inserita tra le 100 gallerie e musei più importanti del mondo. A farle da contraltare, la romana Mondo Biz-zarro, che vanta dal 1995 una profonda familiarità con urban art e pop surrealismo. I primi aneliti si consumano oltreoceano, portando alla ribalta Ray Caesar, Miss Van, Mark Ryden. Ma anche l’Oriente muove passi a grandi falcate, con le fantasmagorie bianchissime di Kazuki Takamatsu e di Kwon Kyungyup, che scelgono una presunta fred-dezza – nel primo caso – o si aggrappano a un tanto sapiente quanto estraniante iperrealismo. Tra gli ita-liani spiccano Marco Palmieri, la sognante Nicoletta Ceccoli, il leccese dall’onirico descrittivismo Paolo Guido e l’espressionista nell’anima Saturno Buttò. Tra cieli e nuvole memori di Tiepolo, tra rosa e cele-sti cui nessun Alma Tadema darà voce neoclassica, si stagliano paesi delle meraviglie ad ospitare sog-getti macabri, nonché vallate silenziose – in cui vigo-no sovvertite leggi fisiche – a fare dell’ombra l’unica

L’illustrativismo ad effetto e i grafismi da illustrazione d’infanzia che si fondono in un’atmosfera da lucido sogno compulsivo. Il facile appeal dell’essenzialità pubblicitaria e l’onirismo surrealista che cercano di strappare un primato visivo ad ambientazioni fiabe-sche. Le nette campiture di colore pop e il lirismo tonale settecentesco strumentalizzati in giochi dalla dolcezza agghiacciante. E una profonda malinconia che attinge alle sabbie mobili della vacante contem-poraneità culturale. Laddove la minuzia sposa l’auto-matismo psichico di antica ed inflazionata memoria, si erge a stendardo figurativo dell’oggi il Pop Surre-alismo, al cui filone pittorico attingono i furbi colossi dell’editoria onde garantirsi copertine accattivanti. Perché sì, questo trascina l’osservatore, recuperan-do la figurazione, scavalcando ogni avanguardia e piegando persino la digital art a una rinnovata pas-sione evocativa, che bandisce i concettualismi fini a se stessi. Tra le fucine del movimento, oscillante tra poetico e grottesco nell’immediatezza dell’inconscio, spicca la Dorothy Circus Gallery, spazio espositivo e cornice scenica allestita nel cuore di Roma per promuovere

Kwon Kyungyup, Elegy, 2013, olio su tela, cm. 73x61. Courtesy of Dorothy Circus Gallery.

Nicoletta Ceccoli, Olympia. Courtesy of Dorothy Circus Gallery.

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Impianti fiabeschi volti a riscoprire la figurazione in senso stretto – benché discesa dal marketing – e avvinti da un insperato portato semiotico. Da qui il dilemma se non sia più commerciale una pittura che recuperi la tradizione narrativa, pur parlando una lin-gua pop, o un ormai abusato “far di maniera” con-cettuale.

compagna dei soggetti in primo piano, fra dettagli horror, volti alieni, melanconici occhi, giganti o pic-colissimi, a cavallo tra il senso del grottesco e quello del macabro. Questa pittura ha i suoi topoi: cerbiatti, volti spropor-zionati, vermi antropomorfi, giocattoli animati e tutto uno stravolgimento cupo dell’immaginario infantile.

Incubi a Wonderland:la pittura pop surrealistadi Cristina Cagnazzo

Paolo Guido, Titor, ed. di 100 stampa giclée su carta firmata e numerata, cm 31x31. Courtesy of Dorothy Circus Gallery.

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Direzioni

orientale che con alcune delle sei braccia sembra voler ringraziare qualcuno lassù del creato e con le altre tocca il suolo, indice di una necessità tutta umana. Eroi, soldati e uomini che hanno segnato la storia dell’umanità sono riconoscibili in Palazzo Vecchio. Confucius, collocato nel salone dei Cinquecento e realizzato in marmo di Carrara, rappresenta l’omag-gio dell’artista alla città e alla sua tradizionale lavo-razione marmorea. Le Sale degli Elementi e delle Udienze ospitano diversi lavori dell’artista, ma è la Sala dei Gigli la vera protagonista. Materiale prefe-rito dello scultore è la cenere, una cenere lavorata, compatta, carica di molteplici significati. «La cenere d’incenso non è solo cenere, né solo materia, ma è l’anima collettiva delle nostre memorie e delle nostre speranze», afferma l’artista. La celebre Giuditta e

Si è da poco conclusa a Firenze una straordinaria mostra di uno dei maggiori artisti orientali della sce-na contemporanea, il cinese Zhang Huan. Il titolo dell’esposizione, Anima e Materia, focalizza da su-bito il tema della raccolta: l’uomo. La caducità della vita, la complessità del genere umano, così infinita-mente sfaccettato, ma allo stesso tempo piccolo e fragile, è il filo rosso della mostra, che si snoda fra le stanze del Museo di Palazzo Vecchio e il Forte del Belvedere e sarà visitabile fino al prossimo 13 ottobre. Campeggia a Forte del Belvedere la monumenta-le scultura polimaterica Three heads, six arms (tre teste, sei braccia), un’imponente opera d’acciaio e rame simbolo dell’unione del divino e dell’umano, dell’anima e della materia appunto. Un “Cerbero”

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Zhang Huan: Anima e Materia

di Federica Amalfitano

Oloferne di Donatello è offuscata dalla monumen-talità di due figure scultoree: Gesù e Buddha. I due colossi della spiritualità dell’Oriente e dell’Occidente sono qui collocati l’uno di fronte all’altro, in un dialo-go silenzioso sui temi della fede, dell’uguaglianza e della pace. Non stupisce allora la scelta di Firenze per l’esposi-zione. Firenze, la culla del Rinascimento, momento storico-culturale che pone al centro l’uomo, la sua grandezza che lo rende simile al creatore, rappre-senta la naturale madrina di una mostra di un artista orientale capace di toccare tutte le corde di una spi-ritualità che non conosce confini.

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Nell’angolo settentrionale della provincia di Caserta, in un luogo dal forte impatto naturale, sono visibili le rovine del centro di San Pietro Infine, mute testi-moni della storia che gli passa d’innanzi. Realtà do-cumentata sin dal Medioevo, diventa ben presto un articolato centro abitato arroccato su uno sperone di roccia, con la chiesa di San Michele e della Ma-donna dell’Acqua, con l’Arco dei Baroni e con le sue

strade strette e gradonate. Ma, quando si parla di San Pietro Infine, la mente corre subito al secondo conflitto mondiale. Il piccolo paese è infatti situato sulla linea Reinhard ed è occu-pato dalle truppe tedesche. Si trova così ad essere il luogo di numerosi combattimenti, subisce violen-ti bombardamenti e rappresaglie, che hanno come

conseguenza la morte di diversi abitanti e la quasi totale distruzione del borgo. I poveri e impotenti cit-tadini cercano di sottrarsi all’orrore della guerra, che a San Pietro non si ascolta solo alla radio o si legge sui giornali, ma si vive nella quotidianità. Terrorizzati fuggono e trovano ripari di fortuna in alcune grotte, tra la calma della natura e il boato delle bombe che distruggono le loro case, la loro chiesa, i loro ricordi. Il 17 dicembre 1943 le prime pattuglie americane en-

trano nel paese e la scena che si offre ai loro occhi è di totale distruzione. Sembra quasi impossibile una ricostruzione. Per questo, finita la guerra, il centro è ricostruito in maniera delocalizzata più a valle, forse anche per allontanarsi dai ricordi di quei momenti drammatici. Oggi San Pietro Infine è ancora lì, inerpicato sulla montagna, a documentare le atrocità della guerra.

Lentamente la natura ha riconquistato i suoi spazi, il cromatismo delle architetture si è mescolato e fuso con quello dell’ambiente naturale circostante. Il si-lenzio aleggia tra le case, rotto a volte dal vociare di qualche turista attratto da queste testimonianze del passato o dal vento che s’infrange tra le pietre delle case.

Nel 1959 è stato set cinematografico per alcune scende del film La Grande Guerra del regista Mario Monicelli, mentre oggi ospita il Parco della Memoria Storica, un percorso nato per raccontare gli orrori della guerra che San Pietro Infine ha veramente vis-suto.Le macerie del centro abitato non sono state mai ri-mosse e dal 2008 il paese disabitato è stato dichia-rato Monumento Nazionale.

L’Italia dei centri scomparsi:San Pietro Infine

di Giuseppe Damone

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risce quel forte potere differenziale tanto ricercato. Unica a Napoli specializzata in modernariato e in arti decorative del Novecento, dispone di una vasta ma mirata varietà tra ceramiche, design, oggetti da col-lezione Lenci ed Essevi. Malgieri spiega come sia necessario compiere nella città di Napoli uno sforzo maggiore rispetto ad altre realtà cittadine: «La città, troppo spesso sopraffatta da una morsa di latente e potenziale apatia, ha con-tinuo bisogno di stimoli culturali e motivazioni. Il mio scopo è proprio quello di fornire alle persone la pos-sibilità di avvicinarsi al mondo dell’arte non solo dal punto di vista del mercato antiquariale». È per que-sto che ha puntato, con successo, su una scommes-sa: utilizzare l’intimo ambiente della galleria per cicli di conferenze e temporanee esposizioni. Sono cosi state avviate numerose iniziative, corredate da cata-loghi curati in ogni minuto particolare: da Da Andlo-vitz a Zaccagnini, mostra ricognitiva sulla storia della

Tappa imperdibile per intenditori o semplici appas-sionati d’arte, la Galleria Arti Decorative di Napoli non delude di certo le aspettative di quanti inten-dano trascorrere del tempo tra oggetti d’epoca e di raffinato arredo. Il titolare della nota galleria sita in Vicolo Ischitella 8, traversa di via Carlo Poerio, Ales-sandro Malgieri, conduce con passione la propria at-tività nonostante la fisiologica difficoltà di un settore che più di ogni altro sembra subire le conseguenze di una crisi non facilmente gestibile. «La maggiore difficoltà – specifica Alessandro di ritorno dalla prestigiosa mostra dell’antiquariato di Parma Mercante in Fiera – è stata proprio quella di creare nel corso degli anni uno specifico bacino di utenza in grado di conferire alla galleria quella nota caratterizzante capace di renderla unica nel suo genere». E a vedere i risultati non si può che dar credito alle sue parole. La Galleria Arti Decorative dispone infatti di un repertorio unico che le confe-

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ceramica italiana dai primi anni del Novecento agli anni Sessanta inaugurata nel 2010, a Giuseppe Ma-cedonio, disegni e bozzetti del 2012, passando per Scatole e non solo scatole, innovativa mostra di pre-giate scatole di ceramica da collezione, per giungere a quella più recente realizzata quest’anno in colla-borazione con il Museo “Città Creativa” di Rufoli di Ogliara (SA): La Negritude della ceramica vietrese. La scelta di supportare l’intero lavoro espositivo con la collaborazione di esperti critici d’arte come Stefano Causa, Maria Grazia Gargiulo e Giorgio Napolitano contribuisce a consolidare la posizione della galleria, non solo nel contesto cittadino. Senza tralasciare la possibilità a quanti ne facciano richie-sta di utilizzare l’intimo ambiente della galleria per raffinati salotti letterari o presentazioni di libri, il cui calendario, in via di definizione per il nuovo anno, è organizzato dagli stessi curatori. La presenza ormai continuativa a Mercante in Fiera suggella, se ce ne fosse bisogno, l’alta garanzia di qualità che caratte-rizza l’attività della Galleria Arti Decorative.

(Galleria Arti Decorative, Vicolo Ischitella, 8, 80121 Napoli. Si effettuano su richiesta e previa prenota-zione servizio di consulenza e stime).

La Galleria Arti Decorativedi Napoli

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ARTagenda cura di Annalisa Signore

Rovereto (TN)Antonello da Messina

5 ottobre 2013 - 12 gennaio 2014MART, Rovereto (TN)Info: www.mart.trento.it

ll Mart e la casa editrice Electa presentano una mostra dedicata ad Antonello da Mes-sina. Il progetto espositivo propone un’in-dagine articolata e uno sguardo originale sulla figura del grande pittore del Quattro-cento e sul suo tempo, attraverso lo studio degli intrecci storico-artistici e delle con-troversie ancora aperte, presentati come punti di forza attraverso i quali approfondi-re nuovi percorsi di interpretazione critica. Questa rilettura di Antonello da Messina non offre solo la ricerca della collocazio-ne cronologica delle opere e l’analisi dei rapporti con i maestri a lui contemporanei, ma anche una profonda disamina dell’in-telligenza poetica di un artista “inumano”, come lo definì il figlio Jacobello, che ha saputo cogliere le sfumature psicologiche e le caratteristiche più intime dell’esistere. La mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione di importanti istituzioni culturali, tra cui i musei della Regione Sici-lia, la Galleria Borghese di Roma, i Musei Civici di Venezia, la Fundación Colección Thyssen Bornemisza di Madrid, il Phila-delphia Museum of Art e il Metropolitan Museum di New York.

RomaGli anni settanta. Arte a Roma

11 ottobre 2013 - 2 febbraio 2014Palazzo delle Esposizioni, RomaInfo: www.palazzoesposizioni.it

Le opere di circa ottanta autori italiani e internazionali saranno raccolte nel nome di un decennio e di una città. Un binomio, anni settanta e Roma, che ricondurrà a una realtà vitalizzata dall'intreccio di linguaggi differenti, teatro di sperimentazioni, acco-gliente bacino di culture visive diverse. Una realtà densa di avvenimenti di portata inter-nazionale, dotata, al tempo stesso, di una sua propria identità. Il Palazzo delle Espo-sizioni con questa iniziativa porta a compi-mento la ricerca intrapresa nel 1995 con il volume e la mostra documentaria intitolati Roma in mostra 1970-1979. Materiali per la documentazione di mostre, azioni, per-formance, dibattiti.Gli anni settanta del secolo scorso sono stati un decennio controverso. Identificato, generalmente, per i suoi conflitti, potreb-be, invece, essere inteso come fertile e costruttivo, segnato, soprattutto a Roma, dall'adesione ai valori visivi, di autonomia e di portato universale dell'opera. La mostra, sulle basi della ricerca che l'ha preceduta, lo testimonia con una posizione di bilancia-mento tra indagine storica e interpretazio-ne.

PratoDa Donatello a Lippi.Officina Pratese

13 settembre 2013 - 13 gennaio 2014Museo di Palazzo Pretorio, PratoInfo: www.officinapratese.com

Nel Quattrocento a Prato accade qualcosa di miracoloso: i migliori artisti dell'epoca si riuniscono tra le sue mura, realizzando ca-polavori insuperati del primo Rinascimento e gettando le basi per i grandi maestri del Cinquecento. Donatello, Michelozzo, Maso di Bartolomeo, Paolo Uccello e Filippo Lippi trasformano Prato in un vero e proprio labo-ratorio artistico: la gloriosa Officina pratese. I bravi maestri sperimentano nuove idee e soluzioni, sviluppando un innovativo stile scenico, teatralizzante e spettacolare, che farà scuola nei secoli a venire. La grande mostra Da Donatello a Lippi. Officina pra-tese fa rivivere questa magica atmosfera cittadina, riunendo per la prima volta ol-tre sessanta opere provenienti da tutto il mondo, per testimoniare uno dei momenti più alti della storia dell'arte di tutti i tempi. L'esposizione è una lente d'ingrandimento ideale per cogliere le ricerche degli artisti visionari del laboratorio pratese e per ap-prezzare al meglio i capolavori racchiusi nei più bei monumenti di Prato. Un percorso affascinante alla scoperta di come quei de-cenni hanno influenzato la storia dell'arte, per sempre.

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