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1 Ileo biliare: caso clinico trattato con minilaparotomia e revisione della letteratura. I autore: dott. Petracca Giovanni, tel: 0963471517; [email protected] II autore: dott. Zappia Francesco, tel: 0963962252/4; [email protected] III autore: dott. Talarico Carlo, tel: 0963962252/4; [email protected] Ospedale Civile “G. Jazzolino” – Vibo Valentia Reparto di Chirurgia Generale. Abstract L’ileo biliare è una rara complicanza della calcolosi della colecisti e rappresenta l’1-4% di tutti i casi di occlusione intestinale. Il meccanismo fisiopatologico è rappresentato dalla presenza di una fistola bilio-enterica. L’incidenza di tale complicanza è meno dell’1% di tutte le colelitiasi. Gli Autori presentano un caso osservato in una donna di 81 anni con sintomatologia addominale tipica, ipertensione arteriosa e cardiopatia ischemica. L’esame TC dimostrava la presenza di aerobilia, dilatazione delle anse intestinali e calcolo ostruente in sede ectopica. L’intervento chirurgico di enterolitotomia ha consentito la rimozione di un calcolo di 5 cm situato a 20 cm dalla valvola ileocecale. L’enterolitotomia isolata è la tecnica chirurgica più diffusa in letteratura, mentre l’associazione con colecistectomia e/o fistulectomia è indicata solo in casi selezionati. Le manifestazioni cliniche sono in relazione alla sede di ostruzione e di norma comprendono dolore addominale, nausea e vomito. L’esame diagnostico di prima scelta è la TC. Parole chiave: ileo biliare, fistola colecisto-enterica, minilaparotomia ed enterolitotomia.

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Ileo biliare: caso clinico trattato con minilaparotomia e revisione della letteratura. I autore: dott. Petracca Giovanni, tel: 0963471517; [email protected] II autore: dott. Zappia Francesco, tel: 0963962252/4; [email protected] III autore: dott. Talarico Carlo, tel: 0963962252/4; [email protected] Ospedale Civile “G. Jazzolino” – Vibo Valentia Reparto di Chirurgia Generale.

Abstract

L’ileo biliare è una rara complicanza della calcolosi della colecisti

e rappresenta l’1-4% di tutti i casi di occlusione intestinale. Il

meccanismo fisiopatologico è rappresentato dalla presenza di una

fistola bilio-enterica. L’incidenza di tale complicanza è meno

dell’1% di tutte le colelitiasi.

Gli Autori presentano un caso osservato in una donna di 81 anni

con sintomatologia addominale tipica, ipertensione arteriosa e

cardiopatia ischemica. L’esame TC dimostrava la presenza di

aerobilia, dilatazione delle anse intestinali e calcolo ostruente in sede

ectopica.

L’intervento chirurgico di enterolitotomia ha consentito la

rimozione di un calcolo di 5 cm situato a 20 cm dalla valvola

ileocecale. L’enterolitotomia isolata è la tecnica chirurgica più

diffusa in letteratura, mentre l’associazione con colecistectomia e/o

fistulectomia è indicata solo in casi selezionati. Le manifestazioni

cliniche sono in relazione alla sede di ostruzione e di norma

comprendono dolore addominale, nausea e vomito. L’esame

diagnostico di prima scelta è la TC.

Parole chiave: ileo biliare, fistola colecisto-enterica,

minilaparotomia ed enterolitotomia.

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Introduzione

L’ileo biliare è un’occlusione intestinale causata

dall’incuneamento di uno o più calcoli biliari nel lume intestinale. Il

primo caso venne descritto da Bartholin nel 1654, ma fu Courvoisier

il primo a descriverne 131 casi nel 1890, quasi tutti sottoposti ad

intervento chirurgico con alto tasso di mortalità (44%). L’ileo biliare

rappresenta l’1-4% di tutti i casi di ostruzione intestinale, tale

percentuale sale al 24% se si considerano i pazienti di età superiore

ai 65 anni (1).L’ileo biliare, dunque, rappresenta un’evenienza molto

rara valutabile intorno a 3 casi su 10 milioni dei ricoveri ospedalieri,

con una incidenza tra tutti gli interventi chirurgici dello 0,0015% (15

su un milione) (2). È piùfrequentenelsessofemminile con un rapporto

F/M in media di 5/1 (3). Nonostante la colelitiasi rappresenti il

momento etiopatogenetico principale, soltanto lo 0,4% delle

colelitiasi si complica in ileo biliare (4).

Fatta eccezione per casi molto rari e ben selezionati nei quali una

vigile attesa della risoluzione spontanea è giustificata, la cura elettiva

di questa patologia è chirurgica. Esistono cmq disaccordi sulla

strategia da adottare pertanto alcuni chirurghi propendono per un

intervento di minima, altri per un approccio in due tempi, altri ancora

per un gesto più radicale.

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Caso clinico Paziente di sesso femminile, di anni 81, affetta da ipertensione

arteriosa e cardiopatia ischemica in trattamento farmacologico.

Nessuna storia di coliche epatiche né di calcolosi della colecisti. Da

circa una settimana sono comparsi dolori addominali associati a

vomito e nausea, ingravescenti associati a distensione addominale.

All’esame obiettivo l’addome si presentava di forma globosa,

disteso, dolente alla palpazione prevalentemente all’ipocondrio di

destra, ipertimpanico con alvo chiuso a feci e gas. Veniva

posizionato sondino naso-gastrico con fuoriuscita di materiale

enterale. La TC dell’addome eseguita in Pronto Soccorso

evidenziava presenza di aria nella colecisti e nelle vie biliari, grosso

calcolo in sede ileale, anse ileali distese con livelli idro-aerei

(Figg.1,2,3 e 4).

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Fig. 1 - TC preoperatoria che evidenzia aerobilia, distensione delle anse intestinali e

e grosso calcolo in sede ileale.

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Fig. 2 - TC preoperatoria che evidenzia aerobilia.

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Fig. 3 - TC preoperatoria che evidenzia livelli idro-aerei e distensione delle anse intestinali.

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Fig. 4 - TC preoperatoria che evidenzia un grosso calcolo in sede ileale.

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Gli esami ematici evidenziavano aumento dei Globuli Bianchi

(16.000/µL) con neutrofilia, aumento dell’azotemia e della

creatininemia, elettroliti nella norma. Sulla scorta delle indagini

preoperatorie che avevano individuato la natura dell’occlusione

intestinale, la sua sede e soprattutto permesso di evidenziare la

presenza di una fistola colecisto-enterica, non si riteneva opportuno

trattare la fistola bilio-enterica in quella sede sia per le condizioni

generali della paziente, compromesse da storia di sette giorni di

occlusione intestinale, sia per la situazione anatomica locale. Si

procedeva pertanto ad una minilaparotomia con incisione alla

McBurney di circa 10cm, si individuavano le anse ileali disabitate

poste a valle dell’occlusione e si procedeva in senso prossimale fino

all’identificazione del tratto ileale occupato dal calcolo. Si procedeva

all’esame di tutto l’ileo fino al legamento del Treitz per escludere la

presenza di altri calcoli. Riposizionate le anse in cavità, si

estrinsecava il tratto di ileo contenente il calcolo che si trovava a

circa 20 cm dalla valvola ileocecale e si procedeva a dislocare il

calcolo a monte nel tratto dilatato onde evitare di effettuare la

enterolitotomia nel tratto sofferente. Veniva quindi praticata

l’enterotomia longitudinale a circa 15 cm a monte del punto di

impatto e si estraeva il calcolo (Fig. 5 e 6).

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Fig.5 – immagine intraoperatoria che mostra l’estrazione del calcolo

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Fig. 6 - dimensioni del calcolo

Si effettuava la sutura della enterotomia trasversalmente. Si

posizionava drenaggio in aspirazione nel Douglas. Si chiudeva la

parete a strati (Fig. 7). Il decorso post-operatorio era regolare e la

paziente veniva dimessa in settima giornata post-operatoria.

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Fig. 5 - minilaparotomia alla Mc Burney

Discussione L’ileo biliare è una patologia rara e come tale pone dei problemi

sia di natura diagnostica che terapeutica. La sua incidenza è dell’1-

4% di tutti i casi di ostruzione intestinale, tale percentuale sale al

24% se si considerano i pazienti di età superiore ai 65 anni1.L’ileo

biliare, dunque, rappresenta un’evenienza molto rara valutabile

intorno a 3 casi su 10 milioni di ricoveri ospedalieri, con una

incidenza tra tutti gli interventi chirurgici dello 0,0015% (15 su un

milione)2. È piùfrequentenelsessofemminile con un rapporto F/M in

media di 5/13.

Il quadro d’esordio è rappresentato da una sintomatologia

dolorosa aspecifica e, pertanto, la diagnosi preoperatoria risulta

corretta in circa la metà dei casie viene di solito formulata su base

clinica e strumentale4, 5

.L’anamnesi di colelitiasi sintomatica presente

nel 50% dei casi esaminati e l’età avanzata del paziente devono

essere presi in considerazione. Bisogna tener conto, infatti, che nella

patogenesi delle fistole bilio-digestive spontanee, la causa

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determinante è rappresentata da ripetuti episodi di pericolecistite.

Questi portano dapprima alla formazione di aderenze tra la colecisti e

gli organi contigui (duodeno, colon, stomaco, coledoco) e

successivamente, per il persistere del processo flogistico e il decubito

dei calcoli, alla necrosi delle pareti dei due visceri contigui con

formazione della fistola6.

Anche la presenza di frequenti episodi di subocclusione intestinale

senza altra apparente etiologia nel periodo antecedente il ricovero

deve far sospettare l’ileo biliare. Infatti, questo può essere preceduto

da ripetuti episodi di subocclusione intestinale prima che il calcolo si

arresti definitivamente nel lume intestinale causandone l’ostruzione.

Nel nostro caso l’anamnesi non ci ha aiutato per la mancanza di

episodi pregressi di coliche epatiche e/o colangiti e/o episodi

subocclusivi.

Dalla revisione della letteratura si evince che la fistola è più

frequentemente colecisto-duodenale (69%) come nel nostro caso,

segue quindi quella colecisto-ileale (20,9%), colecisto-colica (8,5%)

e colecisto-gastrica (1,6%)7.

La sede più comune di arresto del calcolo è la valvola ileo-cecale

che rappresenta il punto più stretto, tuttavia, per motivi flogistici,

anatomici, neoplastici, il calcolo può arrestarsi in qualsiasi tratto del

lume intestinale. Oltre che il diametro del lume intestinale sono

altresì importanti le dimensioni del calcolo; è comunemente accettato

che i calcoli in grado di provocare ostruzione intestinale sono di

dimensioni superiori ai 2,5 cm di diametro. In letteratura tuttavia

sono descritti casi di ileo biliare causati da calcoli di dimensioni

inferiori ai 2,5 cm di diametro così come sono descritti casi di calcoli

di dimensioni superiori a 5 cm di diametro che transitano attraverso

tutto il lume intestinale e vengono eliminati con le feci8. Nel nostro

caso il calcolo aveva un diametro longitudinale di circa 5 cm (fig. 6).

Se l’ileo biliare si verifica nei pazienti anziani con comorbilità, i

sintomi spesso vaghi ed intermittenti possono ritardare la diagnosi di

giorni9. La presentazione è in genere aspecifica,spesso con sintomi

intermittenti quali nausea, vomito,distensione addominale e dolore.

Dovremmo prestare piùattenzione a quei pazienti che hanno storia di

colelitiasi e con sintomi quali nausea, vomito,distensione addominale

e dolore. Nel nostro caso non avevamo storia di colelitiasi pertanto

sospettare un ileo biliare non era scontato.

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In passato, fare diagnosi era difficile, ma l'avvento di CT

erisonanza magnetica hanno reso più facilediagnosticare l’ileo

biliare10,11

.

La radiografia dell’addome, che viene di routine effettuata quando

si sospetta un’occlusione intestinale, può evidenziare una triade

patognomonica descritta per la prima volta da Rigler nel 1941 e

caratterizzata da pneumobilia, livelli idroaerei e calcolosi ectopica.

L’occlusione intestinale è evidente nel 70% dei casi, la pneumobilia

nel 34% dei casi e il calcolo ectopico nel 35% dei casi7, 8

. L’esame

radiologico del digerente con contrasto idrosolubile può evidenziare

la caratteristica immagine del serpent a teteclairee, nei casi più

fortunati, direttamente la fistola bilio-enterica12

. L’ecografia

addominale può evidenziare la presenza di anse distese, la

pneumobilia e la presenza di una o più formazioni iperecogene in

sede ectopica, endoluminale con netto cono d’ombra posteriore.

L’utilizzo diffuso della TC con una sensibilità complessiva,

specificità, e accuratezza diagnostica rispettivamente del 93%, 100%

e 99%, ha aiutato a fare diagnosi13

. Nel nostro caso la diagnosi è stata

fatta con la TC addominale che ha evidenziato i segni tipici dell’ileo

biliare: aerobilia, distensione intestinale, calcolo in sede ectopica.

Nel 50% dei casi, la diagnosi è fatta solo con la laparotomia9.

Il trattamento dell’ileo biliare è controverso e comprende:

l’enterotomia con l’ estrazione del calcolo; l’enterotomia con

estrazione del calcolo, colecistectomia e chiusura della fistola; la

sola resezione intestinale;la resezione intestinale con chiusura della

fistola14, 15, 16

.

Un approccio aggressivo viene preferito da alcuni che considerano

l’enterolitotomia con colecistectomia e riparazione della fistola in

solo tempo, l’intervento ideale, capace di risolvere non solo

l’occlusione intestinale, ma anche di prevenire una serie temibile di

complicanze quali le recidive di ileo biliare, le sequele colangitiche e

le riacutizzazioni flogistiche della colecisti ed il maggior rischio di

carcinoma della cistifellea, tutte gravate da elevata mortalità8, 17, 18, 19

.

Al contrario la maggior parte degli autori predilige, come

soluzione terapeutica più idonea, l’enterolitotomia semplice

soprassedendo ed eventualmente demandando ad un secondo tempo

la correzione della patologia biliare e della fistola bilio-digestiva20, 21,

22, 23.

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Il presupposto teorico di tale atto chirurgico sta nella bassa

invasività dell’intervento, nella bassa incidenza di ileo biliare

recidivo nonché nella possibilità di guarigione spontanea della fistola

stessa2.

Se la diagnostica preoperatoria ha chiarito la natura e

sededell’occlusione e fafortementesospettare la presenza di tenaci

aderenze colecisto-enteriche, l’atto chirurgico può, come nel nostro

caso, essere eseguito con una minilaparotomia al solo fine di

risolvere l’occlusione intestinale. Questo intervento di minima può

essere seguito da una seconda operazione in elezione per trattare la

patologia biliare24

.

È questa ad esempio la strategia scelta allorchè persistano sintomi

bilio-digestivi oppure si accerti una calcolosi colecistica residua o in

presenza di fistole complicate da una flogosi, in cui è meno lecito

attendersi una risoluzione spontanea25

.

Conclusioni

L’ileo biliare è una forma particolare di occlusione intestinale

meccanica di raro riscontro.

Colpisce soprattutto la popolazione più anziana con una

predominanza del sesso femminile. La diagnosi non è semplice per

l’aspecificità della sintomatologia e la difficoltà di mettere in

evidenza, mediante l’impiego di indagini strumentali di uso comune

come la radiografia diretta dell’addome e l’ecografia, i due segni

fondamentali: la pneumobilia e la colcolosi in sede ectopica. La

tomografia assiale computerizzata è l’esame di scelta per la sua

elevata specificità e sensibilità. La terapia è chirurgica se si

escludono i rari casi in cui il calcolo viene eliminato spontaneamente

o si riesce ad estrarlo per via endoscopica nel caso abbia una

localizzazione piloro-duodenale. Il problema più dibattuto è

sicuramente rappresentato dagli orientamenti non univoci in tema di

tattica operatoria, e cioè se sia più corretto trattare

contemporaneamente l’ostruzione e la fistola biliare (one stage)

oppure effettuare la correzione della fistola in un secondo momento

(trattamento in due tempi) o non correggerla affatto.

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L’intervento in un tempo dovrebbe essere riservato ad un gruppo

selezionato di pazienti: età non molto avanzata, assenza di patologie

gravi concomitanti, condizioni generali soddisfacenti. Tuttavia questi

sono i casi meno frequenti, infatti l’enterolitotomia semplice

rappresenta il 73% di tutti gli interventi per ileo biliare e ciò perché

l’ileo biliare colpisce prevalentemente pazienti con età avanzata e

gravi patologie associate spesso con squilibri metabolici al momento

dell’intervento chirurgico. In accordo con la maggior parte degli

autori, sembra che l’approccio più razionale sia rappresentato da un

intervento chirurgico di minima, anche con minilaparotomia, volto a

risolvere l’occlusione intestinale astenendosi da atti chirurgici

potenzialmente dannosi in presenza di estese e tenaci aderenze

infiammatorie. Il decorso clinico generalmente benigno può

consentire una tattica astensionistica che deve essere abbandonata nel

caso in cui si presentino sintomi biliari o bilio-digestivi che

obblighino alla risoluzione di una persistente fistola bilio-enterica e/o

di una calcolosi residua.

Riassunto

Gli Autori presentano un caso di ileo biliare, osservato in una

donna di 81 anni con sintomatologia addominale tipica, perdurante

da circa sette giorni, ipertensione arteriosa e cardiopatia ischemica.

L’esame TC dimostrava la presenza di aerobilia, dilatazione delle

anse intestinali e calcolo ostruente in sede ectopica.

Non si riteneva opportuno trattare la fistola bilio-enterica in prima

istanza sia per le condizioni generali della paziente, compromesse da

storia di sette giorni di occlusione intestinale, sia per la situazione

anatomica locale.

Si procedeva pertanto ad una minilaparotomia con incisione alla

McBurney . Si esaminava tutto l’ileo fino al legamento del Treitz per

escludere la presenza di altri calcoli. Si estrinsecava il tratto di ileo

contenente il calcolo che si trovava a circa 20 cm dalla valvola

ileocecale e si procedeva a dislocare il calcolo a monte nel tratto

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dilatato onde evitare di effettuare la enterolitotomia nel tratto

sofferente. Veniva quindi praticata l’enterotomia con estrazione del

calcolo

La terapia è chirurgica se si escludono i rari casi in cui il calcolo

viene eliminato spontaneamente o si riesce ad estrarlo per via

endoscopica nel caso abbia una localizzazione piloro-duodenale. Il

problema più dibattuto è sicuramente rappresentato dagli

orientamenti non univoci in tema di tattica operatoria, e cioè se sia

più corretto trattare contemporaneamente l’ostruzione e la fistola

biliare (one stage) oppure effettuare la correzione della fistola in un

secondo momento (trattamento in due tempi) o non correggerla

affatto.

L’enterolitotomia semplice rappresenta il 73% di tutti gli

interventi per ileo biliare e ciò perché l’ileo biliare colpisce

prevalentemente pazienti con età avanzata e gravi patologie associate

spesso con squilibri metabolici al momento dell’intervento

chirurgico. In accordo con la maggior parte degli autori, sembra che

l’approccio più razionale sia rappresentato da un intervento

chirurgico di minima, anche con minilaparotomia, come nel nostro

caso, volto a risolvere l’occlusione intestinale astenendosi da atti

chirurgici potenzialmente dannosi in presenza di estese e tenaci

aderenze infiammatorie.

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