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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVI - N. 6 - 16 febbraio 2012 Lenin: non crogioliamoci nel nostro brodo. Andiamo tra gli operai PAG. 9 Il presidente del Consiglio al Tg5 e a Matrix MONTI: “ADDIO POSTO FISSO. L’ART. 18 NON È UN TABÙ” “È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi) sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di responsabilità” PRIMA CHE I PROVVEDIMENTI SUL “MERCATO DEL LAVORO” DIANO UN COLPO MORTALE AI DIRITTI DEI LAVORATORI E DEI GIOVANI Fermare subito Monti e la Fornero con lo sciopero generale PAG. 3 Oltre trenta vittime sulla coscienza di Monti STRAGE PER LA NEVE E IL GELO PAG. 2 PAG. 6 RAPPORTO ISTAT Disoccupati il 31% dei giovani Tra i più colpiti donne e Mezzogiorno PAG. 7 CRESCONO LA DISOCCUPAZIONE E I CONTRATTI A TERMINE IN TOSCANA CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDL E DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO Golpe piduista alla Camera nera sulla responsabilità civile dei giudici PAG. 13 Con il micidiale piano ospedaliero di Caldoro e i tagli del governo Monti LA SANITÀ PUBBLICA IN CAMPANIA È ALLO SFASCIO PAG. 11 Il senatore (PD) Lusi ha rubato 13 milioni all’ex Margherita PAG. 5 Da parte di studenti e precari CONTESTATA LA FORNERO A TORINO Cariche poliziesche contro un corteo improvvisato PAG. 3 PER “REPUBBLICA” MARX ERA UN SOCIALDEMOCRATICO NON UN COMUNISTA Lenin: marxismo e revisionismo PAG. 4 PAGG. 8-9 Scuderi: anticapitalisti confrontatevi col PMLI e uniamo le forze PAG. 16

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Fermare Monti e la Fornero con lo sciopero generale

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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVI - N. 6 - 16 febbraio 2012

Lenin:non

crogioliamocinel nostro

brodo.Andiamo tra gli operai PAG. 9

Il presidente del Consiglio al Tg5 e a Matrix

MONTI:“ADDIO POSTO FISSO.

L’ART. 18NON È UN TABÙ”

“È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi) sono molto riconoscente e lo ringrazio per il

senso di responsabilità”

PRIMA CHE I PROVVEDIMENTI SUL “MERCATO DEL LAVORO”DIANO UN COLPO MORTALE AI DIRITTI DEI LAVORATORI E DEI GIOVANI

Fermare subito Montie la Fornero con lo scioperogeneralePAG. 3

Oltre trenta vittimesulla coscienza di Monti

STRAGEPER LA NEVE E

IL GELO

PAG. 2

PAG. 6

RAPPORTO ISTAT

Disoccupati il 31% dei giovaniTra i più colpiti donne e Mezzogiorno PAG. 7

CRESCONOLA DISOCCUPAZIONE

E I CONTRATTIA TERMINE IN TOSCANA

CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDLE DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO

Golpe piduista alla Camera nera sulla responsabilità civile

dei giudiciPAG. 13

Con il micidiale piano ospedaliero di Caldoro ei tagli del governo Monti

LA SANITÀ PUBBLICA

IN CAMPANIA

È ALLO SFASCIO

PAG. 11

Il senatore (PD) Lusi ha rubato 13 milioni all’ex Margherita PAG. 5

Da parte di studenti e precari

CONTESTATA LAFORNERO A TORINO

Cariche poliziesche contro un corteo improvvisatoPAG. 3

PER “REPUBBLICA” MARXERA UN SOCIALDEMOCRATICO

NON UN COMUNISTA

Lenin: marxismoe revisionismo

PAG. 4

PAGG. 8-9

Scuderi:anticapitalisti confrontatevi col PMLI e uniamo le forze

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2 il bolscevico / monti vattene! N. 6 - 16 febbraio 2012

Prima che i provvedimenti sul “mercato del lavoro” diano un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e dei giovani

FERMARE SUBITOMONTI E LA FORNERO

CON LO SCIOPERO GENERALETutte le forze a cui stanno a

cuore gli interessi delle lavo-ratrici e dei lavoratori devono prendere atto e agire di conse-guenza subito, prima che sia troppo tardi. La “trattativa” go-verno, Confindustria, sindacati sui temi del “mercato del lavo-ro” di cui si è tenuta la secon-da riunione il 2 febbraio scorso, presenti i ministri Elsa Forne-ro, Passera, il sottosegretario al Welfare Martone, il presidente di Confindustria, Emma Mar-cegaglia e i segretari di CGIL, CISL, UIL Camusso, Bonan-ni e Angeletti aldilà di fumose e ingannevoli enunciazioni non potrà avere alcun esito positivo. Anzi, le conclusioni che si pro-spettano potrebbero essere disa-strose per i diritti dei lavoratori e dei giovani precari o disoccupati che siano. Perché non si tratta di una vera trattativa: è il governo a stabilire modalità, contenuti, finalità e tempi. Perché governo e Confindustria fanno fronte co-mune per raggiungere gli stes-si obiettivi. Perché a sostegno della controriforma liberista del “mercato del lavoro” è schie-rato quasi tutto il parlamento, i mass-media di regime, persino Scalfari ha imbastito una cam-pagna su “la Repubblica” per indurre la CGIL, utilizzando e strumentalizzando un’intervista di Lama del 1978, a cedere e a collaborare col governo per far digerire ai lavoratori la politica dei sacrifici richiesta dalla UE e dalla BCE. Perché i sindaca-ti non hanno consultato i lavo-ratori e non li hanno mobilitati per dare forza alle rivendicazio-ni avanzate.

D’altronde, le cose dette dal ministro Fornero, con un piglio thatcheriano, nella suddetta riu-nione, sono rivelatrici in questo senso. “La riforma sul merca-to del lavoro – ha affermato – si deve fare in due-tre settima-ne e senza risorse, ma se non ci sarà accordo con tutte le parti sociali, il governo andrà avanti da solo”. “L’Europa e i merca-ti ci dicono che è un’occasione

per fare una buona riforma, se non la cogliamo perdiamo tutti. Questo tavolo è un dialogo (non dunque una trattativa, ndr) ma il governo farà di tutto per pren-dere il treno e se lo facciamo in-sieme siamo contenti, altrimen-ti il governo cercherà comunque di farlo”. Per non lasciare dubbi, ha aggiunto: “Niente tavoli, il nome non mi piace, ma quattro punti da affrontare assieme… il governo è disponibile a parlar-vi congiuntamente o separata-mente”.

Gli obiettivi del governo

Sui contenuti della “riforma” che il governo intende persegui-re gli obbiettivi sono emersi, a questo punto, molto chiari; ciò aldilà di affermazioni di carat-tere generale come lotta alla di-soccupazione specie giovani-le, aumento dell’occupazione femminile (ma non è detto se a tempo indeterminato) e via di-scorrendo, che in questo ambi-to lasciano il tempo che trovano. Al primo posto c’è la flessibilità in uscita, ossia la liberalizzazio-ne dei licenziamenti attraverso l’abolizione o la modifica peg-giorativa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori introdu-cendo, per dire, il licenziamen-to individuale per ragioni eco-nomiche e la riduzione dei casi in cui si applica il reintegro nel posto di lavoro. Su questo c’è il consenso aperto di Confindu-stria e un’apertura recente del-la CISL di Bonanni. Un contrat-to d’inserimento per i giovani (si chiami unico, prevalente o di apprendistato nella sostanza non fa differenza) della durata di tre anni con diritti e salari ri-dotti e crescenti nel tempo, sen-za copertura dell’art. 18 e dun-que licenziabili con un piccolo rimborso economico, una man-cia. La “riforma” degli “am-mortizzatori sociali” fondata sulla sola cassa integrazione or-dinaria con una durata massima

Elsa Fornero e Mario Monti impegnati ad affossare l’art. 18 e più in generale i diritti dei lavoratori

Due momenti della manifestazione nazionale di Roma nell’ambito dello sciopero generale, il primo contro il governo Monti, indetto dai sindacati non confederali il 27 gennaio scorso

di 12 mesi e poi il licenziamen-to, e la cancellazione della cassa integrazione straordinaria e del periodo di mobilità da compen-sare con una indennità di disoc-cupazione imprecisata nella du-rata e in termini economici.

Quando la Fornero parla di “valorizzazione della flessibi-lità buona”, di “riordino degli ammortizzatori sociali”, di “for-ma tipica di ingresso dei giova-ni al lavoro” e di “contratti lega-ti ai cicli della vita”, pensa non al superamento delle 46 forme di contratto di lavoro precario esistenti nel nostro Paese ma al loro mantenimento, se non tut-te in larga parte. Pensa alla ri-duzione dei tempi in cui il lavo-ratore conserva il rapporto con l’azienda in crisi in cui era oc-cupato e alla conseguente ridu-zione dell’integrazione salaria-le prima di essere licenziato. Pensa a un contratto per i gio-vani sottopagato, supersfruttato, alla mercé del padrone, senza una vera garanzia per la stabi-lizzazione del posto del lavoro. Preoccupa e molto l’assenza di reazioni da parte dei vertici sin-dacali.

Niente di buonoper i giovani

e per l’occupazioneÈ questa la linea che proprio

alla vigilia dell’incontro gover-no, Confindustria e sindacati il presidente del consiglio, non-ché uomo della grande finanza e della UE, Mario Monti, ave-va dettato in varie interviste (al Tg5, Matrix, e “la Repubblica”) quando senza vergogna invitava i giovani a dire addio al “posto fisso” e a rassegnarsi a passare da un lavoro all’altro, inevitabil-mente precario e con periodi di disoccupazione tra un’assunzio-

ne e l’altra, cosa che già avvie-ne oggi; allorché affermava, sa-pendo di mentire, che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori non è un tabù e va eliminato perché, addirittura, costituisce un osta-colo per gli investimenti stra-nieri e la crescita economica in Italia; e sosteneva la tesi infame delle troppe tutele di cui bene-ficerebbero i padri, da ridurre per estenderle ai figli. Per ot-tenere, come è avvenuto anche in passato, una riduzione gene-ralizzate dei diritti per tutti. Ciò per rendere competitiva, è il ri-tornello del governo, nella glo-balizzazione dei mercati, l’Ita-lia capitalista con paesi quali la Cina e altri paesi dell’Asia e dell’Est europeo dove il “costo del lavoro” è più basso e i dirit-ti contrattuali e sindacali quasi inesistenti.

Nelle proposte di Monti e Fornero non c’è nulla che asso-migli a un piano straordinario, ampio e concreto per la creazio-ne di posti di lavoro e di buona occupazione. Almeno che non si voglia sostenere che la liber-tà di licenziamento porti a que-sti risultati. Eppure la situazione occupazionale Italia è peggiora-

ta e peggiorerà ancora, come te-stimoniano i dati ufficiali Istat con 2 milioni 243 mila disoccu-pati di cui oltre la metà giovani. Per non dire del lavoro precario e del lavoro sommerso. Per non dire dei 300 mila lavoratori, se-condo calcoli sindacali, che ri-schiano di perdere il posto di la-voro nelle aziende in crisi. Non c’è nulla che operi, magari at-traverso un alleggerimento del peso fiscale sul lavoro dipen-dente e sui redditi medio-bas-si, per aumentare il potere d’ac-quisto dei salari e delle pensioni ridotto all’osso, nulla sulla tas-sazione dei patrimoni e delle rendite finanziarie.

Come e peggiodi Berlusconi

Un attacco così pesante ai di-ritti e alle condizioni di lavoro dei lavoratori e alle condizioni di vita delle masse popolari non era stato capace di farlo nemme-no il governo del neoduce Ber-lusconi che pure aveva picchia-to duro per esempio approvando l’art. 8 della manovra economi-

ca dell’estate del 2011 che in-troduceva il padronale sistema delle deroghe (a livello azienda-le) sul contratto nazionale di la-voro e sulle leggi sul lavoro. Sì perché la “riforma” sul “merca-to del lavoro”, considerato dal governo Monti un tassello fon-damentale per superare la crisi economica in atto, seguirebbe la controriforma pensionistica attuata per la prima volta senza contrattazione con i sindacati, e la superstangata di 30 miliardi di euro quasi tutti a carico delle masse lavoratrici e popolari. En-tro il mese di febbraio il gover-no vuole varare, forse con una legge delega o più probabilmen-te con l’ennesimo decreto legge, la “riforma” del “mercato del la-voro” con o senza il consenso di uno o più sindacati. E lo farà si può starne certi. A meno che non venga fermato prima dalla mobilitazione di piazza. Mon-ti fin qui ha fatto quello che gli è parso non solo perché non ha trovato alcuna opposizione in parlamento, se si esclude quel-la di destra e strumentale della Lega di Bossi, ma anche perché gli è stata concessa una ingiu-stificata e assolutamente dele-teria “pace sociale” dai sindaca-ti confederali, CGIL compresa. Non i “sindacati di base” che un primo sciopero contro il gover-no lo hanno fatto ottenendo un certo successo.

I lavoratori, i precari, i giova-ni, i pensionati le masse popola-ri per fermare il governo Mon-ti e la sua politica di lacrime e sangue, di macelleria sociale, di deregulation neoliberista, per non pagare il debito pubblico e la crisi economica e finanzia-ria di cui non hanno alcuna re-sponsabilità e respingere le pre-tese della UE e della BCE, per difendere i loro interessi econo-mici e sociali, con in testa il di-ritto al lavoro, al reddito, alla sa-lute, allo studio, alla casa, non hanno altra strada che la lotta, la mobilitazione.

Per unire e far sentire for-te la volontà popolare ci vuo-le lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma per cacciare via que-sto governo della grande finan-za, della UE e del massacro so-ciale. Intanto auguriamo pieno successo alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici a Roma del 18 febbraio promos-sa dalla FIOM contro il model-lo Marchionne esteso a tutto il gruppo Fiat e in difesa del con-tratto nazionale di lavoro e delle libertà sindacali da questo mo-dello negati. In quell’occasio-ne i metalmeccanici potrebbe-ro gridare forte e chiaro: Monti vattene!

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N. 6 - 16 febbraio 2012 monti vattene! / il bolscevico 3Da parte di studenti e precari

CONTESTATALA FORNERO

A TORINOCariche poliziesche

contro un corteo improvvisato Davvero infuocato il clima

dell’inaugurazione dell’an-no accademico in una Torino blindata da centinaia di agenti, a protezione del ministro del lavoro e delle politiche socia-li Elsa Fornero, e del ministro della salute Renato Balduzzi, ospiti principali della cerimo-nia.

Il 6 febbraio all’esterno del Conservatorio, uno schie-ramento di “forze dell’ordi-ne” in assetto antisommos-sa ha impedito a centinaia di manifestanti, la maggior parte studenti, colpiti dai tagli alle borse di studio, e lavoratori precari della Regione, di ac-cedere alla sala dove avrebbe-ro parlato i ministri.

All’esterno i giovani hanno esposto diversi striscioni, tra i quali: “Fornero bella soluzio-ne: niente lavoro, niente pen-sione”. Il ministro del lavoro, scortato da decine di agenti, passa lontano dal concentra-mento, ma le grida e i fischi lo raggiungono ugualmente. Dopo il passaggio della For-nero, i manifestanti improv-

visano un piccolo corteo per le vie del centro, ma vengo-no proditoriamente aggrediti e manganellati dalle “forze del-l’ordine” tra Via Cavour e Via Accademia.

Nonostante l’imponente schieramento, diversi studenti riescono ad entrare alla ceri-monia, dove, mentre la Forne-

ro li attacca duramente, affer-mando che i giovani ormai se lo possono sognare l’artico-lo 18 ed il “posto fisso” per-ché “non ci si può più arrocca-re su posizioni antistoriche”, espongono dei cartelli, tra cui: “No ai tagli alla cultura, no al-l’abolizione dell’articolo 18, senza di noi Torino muore, siamo una risorsa e non uno spreco”. Gli studenti vengo-no accompagnati all’uscita e identificati dagli agenti del-la Digos. A quel punto anche la maggior parte dei senato-ri accademici eletti nelle liste studentesche lascia la sala, in-tonando in coro la parola d’or-dine “Siamo una risorsa, non uno spreco, senza di noi Tori-no muore”.

Torino, 6 febbraio 2012. La polizia reprime il corteo che ha contestato il ministro Fornero

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL TG5 E A MATRIX

Monti: “addio posto fissoL’art. 18 non è un tabù”

“È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi)sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di responsabilità”

Dalla padella alla brace! Que-sto ha rappresentato per i lavorato-ri, i pensionati e le masse popolari il passaggio dal governo del neo-duce Berlusconi al governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale, Monti. Il neo-liberismo e il neofascismo li ac-comuna, checché ne dica il nuo-vo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, e l’ascaro PD Bersani. Ciò è vero in particolare per quan-to riguarda la linea di questo ese-cutivo sui problemi del lavoro, fi-nalizzata alla distruzione dei diritti e delle libertà sindacali dei lavo-ratori, a partire dalla cancellazione del contratto nazionale di lavoro, lo Statuto dei diritti dei lavorato-ri e in questo ambito l’articolo 18 per liberalizzare i licenziamenti, senza dimenticare la mazzata sul-le pensioni assestata senza alcu-na contrattazione con i sindacati; cosa mai successa in passato.

Se qualcuno aveva qualche dubbio in proposito, dopo le di-chiarazioni rilasciate da Mario Monti al Tg5 e a Matrix su Canale 5, oltretutto alla vigilia del secon-do incontro tra il ministro Fornero, sindacati e Confindustria sui temi del “mercato del lavoro”, dovreb-be averli fugati definitivamente.

Su due punti il tecnocrate bor-ghese picchia duro con un’arro-ganza che lascia allibiti e indigna: il posto fisso, cioè l’assunzione a tempo indeterminato che i giova-ni, a suo dire, devono dimentica-re per rassegnarsi alla precarietà, e l’art. 18, vera e propria ossessio-ne di questo governo, che va can-cellato, come gli richiede insisten-temente la Confindustria, con o senza l’accordo dei sindacati, per-ché rappresenterebbe addirittura un freno agli investimenti nel no-stro Paese e dunque alla ripresa e alla crescita economica. “I giova-

ni devono abituarsi – ha afferma-to in proposito – all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che mono-tonia. È bello cambiare e accetta-re delle sfide”. Detto da uno che è stato da poco nominato senatore a vita queste dichiarazioni suonano ancor più ipocrite e provocatorie. Buttando olio bollente sul fuoco, ha aggiunto: “la finalità principa-le della riforma (sul ‘mercato del lavoro’, ndr) è quella di ridurre l’apartheid che esiste tra chi per caso e per età è già dentro e chi fa fatica ad entrare”. Tradotto in pa-role povere: i lavoratori con con-tratto a tempo indeterminato e le tutele sindacali e di legge sono i responsabili dell’emarginazione dei giovani nel precariato; perciò bisogna ridurre le tutele ai primi per “estenderle” ai secondi. “Bi-sogna dare meno tutele – esplicita – a chi oggi ne ha troppe ed è qua-si blindato nella cittadella e dar-ne di più a chi è in forme estreme di precariato o è fuori dal mercato del lavoro”.

Quando parla di troppe tutele il pensiero di Monti torna sempre all’art. 18 che, secondo lui “non è un tabù. Può essere pernicioso - sostiene senza temere il ridicolo - per lo sviluppo dell’Italia e il futu-ro dei giovani”. Tradotto, in Italia non si investe non per problemi di infrastrutture, credito, burocrazia e non per ultimo corruzione e ma-fie o perché si preferisce la specu-lazione e la rendita finanziaria, ma perché c’è l’articolo 18 e le azien-de italiane non crescono, non per mancanza di ricerca e innovazione del prodotto e del modo di produ-zione, ma perché non si può licen-ziare anche quando non “c’è giu-sta causa”.

Siamo all’assurdo. In un mo-mento di grave crisi economica

La “massoneria” di Davos elogia Monti“The Economist”: Monti come Thatcher

Il governo Monti piace sem-pre di più ai grandi circoli finan-ziario-massonici internazionali, che ormai lo paragonano aperta-mente alla “Lady di ferro” Mar-garet Thatcher, in quanto a spie-tatezza e determinazione nel far pagare ai lavoratori e alle mas-se popolari il fallimento del ca-pitalismo.

Nel corso del vertice dei lea-der e dei magnati dell’economia e della finanza internazionale a Davos, si sono sprecati infatti gli elogi al governo del tecnocrate borghese: che fosse per il “cam-bio di passo” impresso all’Italia, come lo ha chiamato il finanzie-re americano Soros, lui che con le sue speculazioni fece quasi af-fondare la lira nel 1992; o per “le cose impegnative che sono state fatte”, come ha detto il ministro del Tesoro Usa, Tim Geithner; o addirittura perché con lui “l’Italia

è tornata sulla scena” e“l’Europa si appoggia sulle spalle di Mon-ti”, come titolava l’autorevole quotidiano economico britanni-co Financial Times.

Ma più di tutti, ad elogiare il nuovo governo italiano è stato il suo connazionale The Econo-mist, che ha apprezzato soprat-tutto le sue misure sulle libera-lizzazioni e il piglio decisionista con cui Monti le sta imponendo al Paese, paragonandolo per que-sto alla Thatcher, tanto da conia-re per lui l’appellativo “the iron Monti” (“Il Monti di ferro”) con cui gli ha intitolato un artico-lo nell’edizione cartacea del 27 gennaio. Il primo ministro ita-liano “si accinge a diventare la Margaret Thatcher dell’Italia”, scrive infatti il settimanale eco-nomico. “Ma chi saranno - si chiede – i minatori il cui sciope-ro pose la sfida più seria alle ri-

forme di mercato della Lady di ferro”?

Per adesso “le arrabbiate vit-time delle leggi di Monti han-no fatto la fila per assumere tale ruolo”, ma “almeno per ora le sue riforme risultano gradite al-l’opinione pubblica”, lo incorag-gia l’Economist, sottintendendo che come la Thatcher anche lui riuscirà ad averla vinta suoi suoi “minatori”.

Dalla Thatcher a Cavour: per lo storico trotzkista Paul Gin-sburg sarebbe questo invece il paragone da fare per Monti, come ha dichiarato in un’inter-vista a il manifesto del 29 gen-naio. Un accostamento che per il premier italiano suona in casa altrettanto lusinghiero di quan-to suona nel Regno Unito essere paragonati alla “Lady di ferro”: “Forse Monti è un novello Ca-vour, sicuramente è il rappresen-

tante della destra storica”, dice infatti Ginsburg al quotidiano trotzkista. E spiega: “I primi atti di governo sono molto lontani dall’equità sociale, ma comun-que hanno un’idea molto preci-sa dell’Italia. Ad esempio la bat-taglia sulla semplificazione delle procedure burocratiche fatta in questo modo – non alla Brunetta, per intenderci – può portare un vasto consenso, nel paese euro-peo in cui i cittadini sono afflitti dalla burocrazia più farraginosa. È Monti che ha costruito in poco tempo una vera destra classica”.

Come si vede il giudizio di Ginsburg su Monti non è poi tanto diverso da quello dell’Eco-nomist, a parte lo scambio Tha-tcher-Cavour. Ciò conferma che se la “sinistra” borghese rinnega-ta e riformista lo sostiene aperta-mente, quella trotzkista quanto-meno lo copre.

Lo chiede “La CGIL che vogliamo”

LA CGILCONVOCHI IL DIRETTIVO

SUL CONFRONTOCON IL GOVERNO

“No a qualsiasi rimaneggiamento dell’art. 18”

“Come ampiamente previsto, - è scritto nella nota del coordina-tore nazionale de ‘La CGIL che vogliamo’, Gianni Rinaldini - il confronto a Palazzo Chigi lun-gi dall’affrontare le vere questio-ni che riguardano la creazione di nuovi posti di lavoro e il supera-mento della precarietà, si sta con-centrando sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Di inaudi-ta gravita – prosegue la nota – la decisione assunta dal governo, e avallata da Confindustria, di pro-cedere anche senza l’intesa con le parti sociali”.

La CGIL che vogliamo ribadi-

sce l’assoluta contrarietà non solo all’abolizione dell’art. 18 “ma an-che a qualsiasi suo rimaneggia-mento o manutenzione e ritiene urgente – conclude - la convoca-zione del Comitato Direttivo Na-zionale che faccia il punto sul tavolo aperto a Palazzo Chigi e as-suma le iniziative necessarie”.

La richiesta, sottoscritta an-che da Fabrizio Burattini, Giorgio Cremaschi, Eva Mamini, Anna Zavaglia, facenti parte del Diretti-vo Nazionale, appare del tutto le-gittima e necessaria, visto che fin qui ha gestito tutto senza mandato la Segreteria nazionale CGIL.

e di recessione produttiva che si protrarrà quanto meno per tutto il 2012, dove la disoccupazione au-menta spaventosamente (a dicem-bre 2011 erano 2 milioni 243 mila i senza lavoro ufficiali di cui oltre la metà giovani), i posti di lavo-ro a rischio si contano a centinaia di migliaia, i giovani in stragran-de maggioranza rimangono confi-nati nel precariato o nell’inattività e Monti non indica progetti e mi-sure atte a creare posti di lavoro ma racconta la storiella delle trop-pe tutele, spara a zero ancora una volta sui diritti dei lavoratori, su quello che resta di essi per essere esatti, conquistati a prezzo di dure lotte, invita i giovani ad arrendersi e accettare questa situazione crea-ta e gestita dal capitalismo.

Più che opportuna la rispo-sta della “Rete dei precari” che in una nota ha scritto: “Che monoto-nia i nostri governanti che alter-nano gaffe ad alti proclami e nel frattempo non affrontano la vera emergenza sociale di questo pae-se: la precarietà e la disoccupa-zione giovanile di massa. Noi, i giovani di questo Paese, abbiamo

il diritto di trovare un lavoro che valorizzi la nostra formazione e la nostra professionalità, retribuito con un stipendio decente, che ga-rantisca quei diritti a cui, lontani dalla monotonia ma molto vicini all’ansia e all’incertezza, non ab-biamo mai avuto accesso”. Non è togliendo l’art. 18 che si danno ri-sposte ai giovani. “La vera mono-tonia per noi - prosegue - si chia-ma contratto in scadenza, partita Iva falsa, stipendi da fame, disoc-cupazione”.

Per la CGIL “parlare di troppe tutele per chi è ‘blindato nella sua cittadella’ è non solo sbagliato, non vero, ma anche un po’ offen-sivo verso questi lavoratori. Mon-ti conosce la condizione reale del lavoro? In tre anni abbiamo perso centinaia di migliaia di posti di la-voro”. E che dire della perdita del potere d’acquisto dei salari a favo-re dei profitti e delle rendite, della enorme concentrazione della ric-chezza nella mani di una minusco-la minoranza di super-privilegiati borghesi?

Monti si muove in perfetta sin-tonia con Berlusconi e gli è gra-to “per il suo senso di responsa-bilità”. “Trovo che l’appoggio di Berlusconi al governo – afferma infatti il capo del governo – sia fondamentale. Venendo da chi ri-copriva il ruolo di presidente del Consiglio è un appoggio partico-larmente significativo e questo credo che dia anche internazional-mente il segno di una continuità”. C’è un legame personale tra lui il neoduce. “In fondo se mi sono av-vicinato alla cosa pubblica – ricor-da con riconoscenza - è perché nel 1994 Berlusconi, appena nomina-to presidente del Consiglio mi ha chiesto se volevo fare il commis-sario europeo”.

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4 il bolscevico / regime neofascista N. 6 - 16 febbraio 2012

CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDL E DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO

Golpe piduista alla Camera nerasulla responsabilità civile dei giudici

Il governo Monti e la “sinistra” borghese accettano il fatto compiuto. L’ANM:“una mostruosità giuridica per intimidire i magistrati che il Senato dovrà cancellare”

Quello che non era riuscito al governo del neoduce Berlusconi è successo con il governo del tecno-crate borghese Monti sponsorizza-to dal rinnegato Napolitano e te-nuto in piedi dal PD: il 2 febbraio, con un blitz a scrutinio segreto alla Camera nera, è passato un emen-damento della Lega sulla respon-sabilità civile dei giudici che attua uno dei punti cardine del program-ma della P2 attentando gravemen-te all’indipendenza dei magistrati.

L’attacco è stato sferrato dalla Lega, attraverso un emendamento alla legge Comunitaria 2011 pre-sentato dal maroniano Gianluca Pini, lo stesso che tentò un iden-tico blitz a giugno dell’anno scor-so, che però allora non ebbe suc-cesso. Con questo emendamento, con la motivazione capziosa che “è l’Europa che ce lo chiede”, è stato aggiunto alla legge che re-cepisce alcune norme comunitarie un articolo, il 30 bis, che amplia la responsabilità civile dei giudi-ci prevista dalla legge Vassalli del 1988 in caso di “dolo o colpa gra-ve” nell’emissione di una sentenza riconosciuta errata. Al dolo e alla colpa grave viene aggiunto infatti anche il caso di “violazione mani-festa del diritto”, una formulazio-ne che apre le porte a una possibi-lità di impugnazioni virtualmente illimitata per imputati “eccellenti” dotati di mezzi e avvocati adegua-ti, poiché investe l’interpretazio-ne stessa delle leggi da parte del giudice. Inoltre, a differenza della normativa attuale con cui il citta-dino viene risarcito dallo Stato, il quale poi si rivale sul magistrato con una pesante sanzione pecunia-ria, l’imputato che si ritiene ingiu-stamente condannato può rivalersi anche direttamente contro il giu-dice, oltre che contro lo Stato. Il che rafforza ulteriormente i gravi

elementi di dissuasione e intimi-dazione preventivi già contenuti nell’estensione della casistica alla “manifesta violazione del diritto”, e capaci perciò di minare alla base l’autonomia di giudizio del magi-strato.

Quale pm si sentirà più di in-quisire, e quale giudice si sentirà più di condannare un politico o un imprenditore ricco e influente, sa-pendo in partenza di rischiare pro-babili sanzioni milionarie? E quale giudice si arrischierà più a tentare interpretazioni coraggiose di leggi, come quelle per esempio che do-vrebbero tutelare la sicurezza sul lavoro (vedi strage della Thyssen), invece di scegliere la via più co-moda e meno rischiosa dell’appli-cazione pedissequa e ripetitiva di sentenze già ampiamente confer-mate dalla giurisprudenza passa-ta? È forse un caso che la respon-sabilità civile dei magistrati così definita compaia anche nel “Piano di rinascita democratica” della P2 di Gelli per sottomettere la magi-stratura al potere esecutivo?

Vendettadel parlamento nero contro i magistrati Ma ciò che rende ancor più

grave e allarmante questo colpo di mano è anche il modo con cui è stato messo a segno: non sol-tanto perché i 6 deputati radica-li, eletti in parlamento nelle liste del PD, hanno ancora una volta retto il sacco alla destra neofasci-sta, appoggiando dichiaratamente l’emendamento leghista e facen-do da mosche cocchiere per trai-nare la voglia di vendetta di un parlamento nero pieno di inqui-siti, ladri, corrotti e mafiosi, nei confronti dei magistrati troppo im-

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suoi parlamentari, così commenta-va trionfante su Twitter il voto di Montecitorio: “A sinistra grande indignazione, però a scrutinio se-greto almeno 50 di loro hanno vo-tato a favore della norma. Chi sba-glia paga, anche i magistrati”.

“Dopo il voto di oggi è evi-dente che esiste una P2 parla-mentare”, ha dichiarato invece Antonio Di Pietro. “C’è una mag-gioranza alla Camera – ha aggiun-to il leader dell’IDV richiaman-do a quanto pare la coincidenza con lo scandalo dei milioni ruba-ti dal senatore PD ed ex Marghe-rita, Lusi - che non ha il coraggio di farsi vedere e si nasconde dietro il voto segreto. E opera una ven-detta proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuto parlare, magari, di riforma della legge sui rimborsi elettorali”. Durissime le reazioni dell’Associazione nazionale ma-gistrati (ANM), che ha messo al-l’ordine del giorno la decisione su un possibile sciopero delle toghe se la norma, definita “incostituzio-nale”, un “atto di piena ritorsione contro la magistratura” e “una mo-struosità giuridica” dal suo segre-tario, Giuseppe Cascini, non verrà ritirata al Senato.

Anche per il presidente del-l’ANM “questo emendamento va tolto di mezzo”, e perfino il presi-dente della Cassazione, Lupo, sot-tolinea che “la responsabilità del giudice limita sempre l’indipen-denza, è fuori di dubbio”. Il per-ché lo spiega bene il procuratore aggiunto di Roma e membro del “parlamentino” dell’ANM, Nel-lo Rossi, facendo notare in un’in-tervista a la Repubblica del 3 feb-braio che nell’attuale legge si specifica che nel ricorrere contro un giudice “per dolo o colpa grave nell’esercizio del sue funzioni ov-vero per diniego di giustizia”, non può in ogni caso “dar luogo a re-sponsabilità l’attività d’interpreta-zione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle pro-ve”: principio che viene invece ca-povolto con l’emendamento Pini, col quale si intende evidentemente – sottolinea il pm - “aprire la stra-da ad un numero potenzialmen-te illimitato di giudizi per respon-sabilità civile contro i magistrati. Pensiamo agli imputati eccellenti o milionari ansiosi di farla paga-re ai propri accusatori e, in caso di condanna, ai propri giudici”.

Le gravi responsabilità della “sinistra” borgheseTanto dura e allarmata la rea-

zione dei magistrati quanto debole e ridicola quella del PD, che pure porta la responsabilità principale di questo golpe piduista, come mi-nimo per averlo sottovalutato con criminale leggerezza, nonostan-te le avvisaglie fossero state già chiare almeno fin dal giorno pre-cedente. Invece Bersani e France-schini si sono fidati scioccamen-te delle rassicurazioni ufficiali del governo e del PDL che non avreb-bero fatto passare l’emendamento. Decine di deputati del PD non si sono neanche presentati in aula, compreso, chissà perché, il rinne-gato D’Alema. Nemmeno hanno protestato quando il fascista ripu-lito Fini non ha voluto concede-re il voto palese reclamato da un parlamentare dell’IDV. E per fini-re, dopo essere stati così clamoro-samente gabbati, hanno anche vo-tato la legge Comunitaria “cavallo di Troia” della responsabilità ci-vile dei giudici: “per senso di re-sponsabilità, ma è stata dura”, si è giustificato il capogruppo del PD, Franceschini.

“Non possiamo assistere ad una situazione in cui rispunti la vecchia maggioranza. Il gover-no chiarisca, non può esserci chi è leale e chi si prende queste li-bertà”, si è limitato a bofonchia-re a sua volta il liberale Bersani. Che poi è andato a lamentarsi da Napolitano piagnucolando che “noi continuiamo a votare misu-re che non ci convincono al cen-to per cento. Per lealtà al gover-no. Il PDL invece ricrea alleanze con la Lega e vota contro l’esecu-tivo com’è successo sulla respon-sabilità civile dei giudici. È un at-teggiamento pericoloso. Mette in difficoltà noi e Monti”. Ma più di questo si è guardato bene dal fare. Anzi, è apparso subito chiaro che la sua linea è quella di accettare il fatto compiuto e cercare al massi-mo di metterci una toppa al Senato per salvare in qualche modo la fac-cia, come si è capito dalle dichia-

razioni della capogruppo PD a Pa-lazzo Madama, Anna Finocchiaro: “La norma è sbagliata. Inopportu-na, intimidatoria, forse incostitu-zionale. Va cambiata”. Cioè non respinta del tutto, ma solo “aggiu-stata” per rendere più digeribile il rospo da ingoiare.

Del resto non pare proprio che, come dice Bersani, il governo Monti si sia sentito messo in diffi-coltà da questo voto, stando se non altro alla ministra della Giustizia, Paola Severino, che si è limitata a commentare seraficamente: “Il parlamento ha votato ed è sovra-no, ma confidiamo che in seconda lettura si possa discutere qualche miglioramento perché interven-ti spot su questa materia posso-no rendere poco armonioso (sic) il quadro complessivo”. Dunque non c’è nessuna intenzione, né da parte della “sinistra” borghese né tanto meno da parte del governo, di sbarrare la strada alla maggio-ranza trasversale piduista e difen-dere i magistrati, ma si dà ormai il golpe per acquisito e si negozia solo per una sua eventuale edulco-razione, anche perché al Senato la maggioranza fascio-leghista è an-cora più schiacciante che alla Ca-mera.

Non è difficile, inoltre, scorge-re in questo colpo di mano della vecchia maggioranza, un segnale del nuovo clima di intesa idillia-ca che si è instaurato, con la be-nedizione del nuovo Vittorio Ema-nuele III, Napolitano, tra il nuovo Mussolini e il tecnocrate borghe-se Monti, che fanno ormai a gara nel rivolgersi complimenti e rico-noscimenti reciproci, e che stan-no facendo asse per stringere alle corde il rimbambito e arrendevole Bersani per farlo capitolare anche sull’articolo 18. C’è da scommet-tere che tra i due furboni e Napo-litano (non per nulla il neoduce ha avuto un incontro riservato al Qui-rinale da lui definito “molto co-struttivo, molto positivo”) sia sta-to stretto un patto segreto in cui in cambio di lasciar governare Monti fino al 2013 il neoduce avrà avuto garanzie di impunità nei suoi pro-cessi in corso e sull’intangibilità del suo monopolio mediatico.

piccioni; non soltanto perché, pur essendosi il governo pronuncia-to contro l’emendamento, e così abbiano fatto ufficialmente tutti i partiti che lo sostengono, i deputa-ti del PDL hanno invece votato in massa a favore del provvedimen-to, rendendo palese che l’asse tra il partito del neoduce e quello di Bossi e Maroni è ancora ben vivo e operante al di là delle dichia-razioni ufficiali, e che riemerge inossidabile ogni volta che sono in ballo le questioni che contano – si tratti di spartirsi il controllo della Rai o di assestare un colpo ai ma-gistrati - come le disgustose scene di tripudio nei banchi della destra dell’aula hanno eloquentemen-te mostrato; ma anche perché se l’emendamento leghista è potuto passare è anche grazie a una cin-quantina di voti di “franchi tirato-ri” annidati tra i banchi del centro e della sinistra dell’emiciclo, tra cui diversi provenienti sicuramen-te anche dal PD.

Su 476 presenti l’emendamento è passato infatti con 264 voti a fa-vore contro 211 contrari e un aste-nuto. Sulla carta, escludendo Lega, PDL, il gruppo dei “Responsabili” e i radicali, i no di PD, Terzo polo e IDV avrebbero dovuto essere al-meno 245, quindi come minimo sono 34 i no che sono mancati al-l’appello e che hanno fatto capo-volgere il risultato. E questo è un fatto incontrovertibile, malgrado che il liberale Bersani abbia cerca-to di addossarne tutta la colpa agli altri partiti, definendo “una cazza-ta” l’ipotesi che vi fossero stati dei “franchi tiratori” tra le file del PD. Smentito peraltro dal suo princi-pale “partner” della maggioranza, Angelino Alfano, che senza preoc-cuparsi di nascondere la soddisfa-zione, pur avendo dato ufficial-mente indicazione di votare no ai

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N. 6 - 16 febbraio 2012 corruzione / il bolscevico 5

Il senatore (PD) Lusi ha rubato13 milioni all’ex Margherita BERSANI E RUTELLI NON POTEVANO NON SAPERE

Il segretario del PD Bersani in allegra compagna con l’ex tesoriere della Mar-gherita e senatore del PD Luigi Lusi

A fine gennaio, proprio nelle ore in cui il senatore del PD Lui-gi Lusi rendeva conto ai magistra-ti della distrazione dei fondi della ex Margherita, la procura di Roma ha aperto un’inchiesta sulla com-pravendita della nuova sede della cassa previdenziale degli psicolo-gi che in un solo giorno ha frutta-to al senatore PDL, Riccardo Con-ti, ex Udc, braccio destro di Rocco Buttiglione e ex democristiano, un guadagno di 18 milioni di euro.

Il palazzo storico in via del-la Stamperia a Roma, 4mila me-tri quadri su cinque piani, accanto alla fontana di Trevi, è stato ac-quistato da Conti (amministrato-re unico della srl bresciana “Esta-

te due”) a 26,5 milioni dalla Fimit e rivenduto, lo stesso giorno, il 31 gennaio 2011, all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli psicologi (Enpap) a 46,5 milioni.

Si tratta in sostanza di una sporca speculazione edilizia che ha fruttato a Conti un plus valore da record su un valore complessi-vo dell’immobile che arriva a sfio-rare i 14mila euro a metro quadro e che, aggiungendo l’Iva, ha com-portato per l’ente un esborso com-plessivo di 54 milioni di euro.

Lo stesso immobile nel 2004 era iscritto nei bilanci della ban-ca San Paolo di Torino, poi fusa con Intesa, a meno di 10 milioni. Il Fondo Omega gestito da Massi-

mo Caputi lo compra nel dicem-bre 2008 per 17,4 milioni. A gen-naio 2011 Omega gira la palazzina a Conti per 26, 5 milioni. E a stret-to giro di posta arrivano gli psico-logi dell’Enpap che comprano per 44 milioni.

Dunque l’immobile, nel giro di tre anni, è passato da un valore di 17,4 milioni a 44 milioni di euro. Una rivalutazione abbastanza in-credibile su cui la magistratura ha deciso di indagare anche per capi-re come è possibile che l’Enpap, gestita da Angelo Arcicasa, non poteva al momento della stipu-la non sapere l’“origine” di quel-la proprietà, e dunque non poteva ignorare che quello stesso immo-

bile era passato di mano lo stesso giorno a un prezzo inferiore di ben 18 milioni.

Soprattuto se si pensa che, già due mesi dopo l’acquisto e poi ancora a settembre 2011, la new-sletter-web “Infoenpap”, che trat-ta tematiche relative all’ente pre-videnziale degli psicologi, poneva domande su quel vistoso investi-mento immobiliare costato “cir-ca il dieci per cento del patrimo-nio dell’ente”, che peraltro aveva già acquistato una nuova sede nel 2000 (4,5 milioni di euro per 1.150 metri quadri). Arrivando nel numero di dicembre a rivelare che il palazzo era stato comprato da una società che l’aveva a sua vol-

ta acquistato lo stesso giorno. Ma non rivelando l’importo della pri-ma compravendita.

Il fascicolo processuale è nel-le mani dei pm Corrado Fasanelli, del pool di reati finanziari, già al lavoro sulle perdite dell’Enpap le-gate a una serie di investimenti in derivati e Erminio Amelio. I rea-ti ascrivibili sono: finanziamento illecito ai partiti, qualora l’Enpap consapevolmente avesse pagato di più. Oppure truffa allo stesso ente, se tutto fosse stato architettato da Conti.

Inoltre la procura indaga anche sulla vendita del patrimonio Siae. Il fascicolo affidato al pm Caper-na riguarda i sette immobili ceduti

a due fondi gestiti dalla Sorgente Group. È stata chiesta un’informa-tiva alla Gdf sulla dismissione del patrimonio dell’ente per un valo-re che potrebbe essere la metà di quello reale.

Insomma mentre milioni di famiglie stentano a mettere in-sieme il pranzo con la cena, i boss delle cosche parlamenta-ri, di cui Conti è ovviamente un degno rappresentante, grazie ai loro lauti stipendi, al potere che detengono e alle attività lavora-tive che comunque portano avan-ti infischiandosene di qualsiasi conflitto di interessi, continuano a fare affari d’oro e a diventare sempre più ricchi.

IL SENATORE PDL CONTI LUCRA 18 MILIONINELLA COMPRAVENDITA DI UN IMMOBILE

Tra il 2008 e il 2011, l’ex teso-riere della Margherita e attuale se-natore del PD Luigi Lusi ha rubato 13 milioni di fondi pubblici dalle casse della disciolta Democrazia e Libertà - Margherita.

Per questo motivo, il procu-ratore aggiunto di Roma Alberto Caperna ha iscritto il suo nome sul registro degli indagati con l’accu-sa di appropriazione indebita.

Interrogato il 17 gennaio da-gli inquirenti, Lusi non ha potuto fare altro che ammettere le pro-prie responsabilità e ha candida-mente confessato di aver volon-tariamente sottratto il denaro per interessi “privatissimi” e “immo-biliari”; in tutto poco meno di 13 milioni di euro, prelevati dal conto del partito su cui ha tutt’ora dirit-to ad operare anche l’ex segreta-rio Francesco Rutelli (attuale lea-der di Alleanza per l’Italia ApI) e su cui è continuato ad affluire la montagna di denaro pubblico ru-bato al popolo e girato sotto for-ma di rimborso per le spese eletto-rali alle varie cosche parlamentari senza alcun controllo da parte del-lo Stato.

L’inchiesta è partita nel no-vembre scorso grazie a una segna-lazione della Banca d’Italia che aveva notato alcuni movimenti so-spetti sul conto corrente bancario intestato a “Democrazia e Liber-tà - Margherita”, partito che, nel-l’ottobre del 2007 è confluito nel PD, ma che è sopravvissuto come fondazione e ha dunque conserva-to insieme a tutto il suo patrimonio mobiliare e immobiliare, anche il “diritto” ai rimborsi elettorali.

Secondo i dati forniti da Banki-talia risulta che tra il gennaio del 2008 e l’agosto del 2011 ci sono stati almeno 90 bonifici in usci-ta per un totale di 12 milioni 961 mila euro. Tutti con un identi-co beneficiario, la “T. T. T. srl.”, e una medesima quanto curiosa causale: “Prestazioni di consulen-za”. Di più: la Finanza ha appurato che quasi tutta la somma sottrat-ta è frutto dei lauti rimborsi elet-torali riconosciuti all’ex Marghe-rita nel 2008 e dei versamenti del PD pattuiti in seguito alla fusione coi DS.

Case e ville coi soldi rubati al popolo

Dall’inchiesta è emerso che la “T. T. T. srl”, destinataria dei 12 milioni 961 mila euro, è una so-cietà “direttamente riconducibile a Luigi Lusi” che, guarda caso, di professione fa l’avvocato penali-sta specializzato in “contratti d’af-fari e real estate”. Dunque la “TTT Srl” e le presunte “prestazioni di consulenza” non sono altro che una copertura per “giustificare” il trasferimento di fondi da un con-to di cui Lusi è amministratore ad un altro di cui è proprietario. La riprova sta nel fatto che la società lavora proprio nel business di cui Lusi tiene a segnalare la compe-tenza, il real estate. E infatti - do-cumenta la Finanza – coi soldi dei rimborsi elettorali la Srl di Lusi ha acquistato un prestigioso immobi-le a Roma, in via Monserrato 24, per 1 milione e 900 mila euro più una villa a Genzano (Roma), dove risiede, e bonifica in due distinte occasioni, 1 milione 863 mila e 2 milioni 815 mila euro alla “Para-diso Immobiliare”.

Non solo. Con il denaro pub-blico “succhiato” al popolo dal-la Margherita, la “TTT” e quindi Lusi bonifica 270 mila euro alla “Luigia Ltd.”, società di diritto canadese, “riconducibile anch’es-sa allo stesso Lusi”; gira 49 mila euro sul suo conto personale e 60 mila su quello del suo studio lega-le a titolo di “fondo spese” e im-piega 5 milioni e 100 mila euro per saldare imposte che, eviden-temente, non sono quelle dovute al Fisco dal disciolto Partito. Ol-tre a destinare 119 mila euro allo studio di architettura “Giannone-Petricone” di Toronto (Canada). Una coincidenza definitivamente rivelatrice, visto che l’architetto canadese Pina Petricone è la mo-glie di Lusi.

Gli inquirenti avrebbero an-che appurato che negli ultimi due anni si sono registrati almeno altri due movimenti “sospetti” effettua-ti con lo scudo fiscale di Tremon-ti e inerenti un rientro di capitali dall’estero intestati alla moglie di Lusi, Pina Petricone, e uno in capo alla “TTT srl.”, la società control-

lata dalla scatola canadese dell’ex tesoriere e utilizzata per mettere in piedi il sistema di fatture per ope-razioni inesistenti necessario a far sparire i 13 milioni.

Messo con le spalle al muro dalle prove schiaccianti, il senato-re del PD, oltre ad ammettere tutte le accuse, si è laconicamente im-pegnato a “restituire in tempi bre-vissimi” una parte del denaro che ha sottratto al partito e a patteggia-re circa un anno di pena. “Avevo bisogno di soldi e li ho presi, ora posso restituire cinque milioni” ha confessato beffardamente Lusi ai giudici.

Rutelli “cieco” Bersani “muto”

Di fronte a tutto ciò si stenta a capire come sia stato possibile che nessun esponente della Marghe-rita o del PD, in un arco di tem-po così lungo (2008-2011), abbia mai sospettato della falsificazione dei bilanci. Com’è possibile che nessuno, a cominciare dall’ex se-gretario Rutelli e da Bersani, abbia mai avuto sentore delle spericolate operazioni finanziarie che Lusi fa-ceva sul conto del partito?

Dove erano i membri del Co-mitato di Tesoreria: Giuseppe Vac-caro (emanazione di Letta) Ivano Strizzolo (fedelissimo di Mari-ni) e il suo presidente Gianpiero Bocci (luogotenete di Fioroni)? Cosa faceva il collegio dei Revi-sori contabili composto da: Gio-vanni Castellani, Mauro Cicchelli

e Gaetano Troina? E l’assemblea federale? E il controllo finale del-la Camera?

Insomma come è possibile che tutti i “quattro livelli di controllo” di cui ciancia Rutelli siano stati elusi?

Tra l’altro nel giugno dello scorso anno, Arturo Parisi aveva segnalato, in seno all’Assemblea federale chiamata ad approvare il bilancio, “opacità di bilancio che imponevano risposte dettagliate”.

“Ricordo voci in uscita per mi-lioni di euro - dice Parisi - giusti-ficate come ‘attività di partito’... Peccato che la Margherita non esisteva più da 4 anni”. Cionono-stante, l’“organismo di verifica” chiamato a una revisione su quel-le opacità (ne facevano parte tra gli altri Rosy Bindi, Dario Fran-ceschini, Giuseppe Fioroni, Enri-co Letta) non solo non ha mai ec-cepito nulla ma addirittura non si è mai riunito per discutere della questione.

In riferimento a ciò gli inqui-renti vogliono anche verificare che fine abbia fatto il denaro, girato da Lusi a Dario Franceschini, per “contrastare l’ex diessino Bersani nelle corsa alle primarie PD”. Nel rendiconto di bilancio figurano 4 milioni di euro spesi per “attività politica”. Ossia, 3 milioni e 750 mila euro in più del tetto di spesa prescritto dal regolamento interno del PD e fissato a 250mila euro.

Insomma, che fine hanno fatto i soldi? Li ha intascati solo Lusi op-pure se li sono spartiti anche gli ex

dirigenti della Margherita poi con-fluiti nel PD, nell’Udc e in ApI, per le loro “legittime attività po-litiche”?

Tra i beneficiari dei finanzia-menti elargiti da Lusi figurereb-be anche il neopodestà di Firenze Matteo Renzi (PD, ex democri-stiano) che per bocca del suo por-tavoce Marco Agnoletti ammette di aver ricevuto solo un appog-gio “politico” ma si rifiuta ostina-tamente di chiarire se Lusi abbia appoggiato anche finanziariamen-te la convention dei “rottamatori” nel novembre scorso o altre inizia-tive simili, ivi compreso le campa-gne elettorali per le primarie del PD e poi quella per le elezioni am-ministrative.

L’omertàdei boss politici

Gli inquirenti sospettano che Lusi avendo in mano i cordoni della borsa era in realtà il vero pa-drone del partito e poteva decidere quale corrente finanziare e i candi-dati da eleggere. In sostanza Lusi aveva mano libera sui fondi, come egli stesso ha confessato in un me-moriale redatto dai suoi avvoca-ti agli inizi di dicembre 2011. Ed è proprio in base a questo potere e confidando sull’omertà dei vari capibastone politici a cui pagava le campagne elettorali, che Lusi ad un certo punto si è sentito quasi in “credito” col partito e ha deciso di saldarlo appropriandosi di tutto il denaro che gli serviva senza nes-sun controllo e senza rendere con-to a nessuno.

Insomma un vero e proprio “si-stema Lusi” attraverso cui le varie cosche parlamentari e i vari boss politici facenti capo all’ex Mar-gherita, PD e ApI si finanziava-no le campagne elettorali coi sol-di pubblici estorti ai contribuenti e calpestando la volontà popolare che al referendum del ’93 decretò a stragrande maggioranza l’aboli-zione del finanziamento pubblico ai partiti parlamentari reintrodot-to dal governo D’Alema sotto for-ma di contributo per le spese elet-torali.

Non a caso Lusi al termine del suo interrogatorio sibillinamente

ha detto agli inquirenti: “Sono re-sponsabile di tutto e per tutti?”

Fatti dunque che chiamano di-rettamente in causa Rutelli il qua-le, di fronte all’ostinazione del suo fidato tesoriere di tenere i conti del partito nascosti, non è mai interve-nuto per fare chiarezza e non si è nemmeno degnato di risponde-re alle lamentele interne che chie-devano più trasparenza nei bilanci della Margherita.

Interrogato il 16 gennaio dalla Procura in qualità di persona in-formata dai fatti, Rutelli con per-fetta faccia di bronzo ha affermato di essere stato all’oscuro di quan-to Lusi combinava e si è coperto di ridicolo quando, al termine del-l’interrogatorio, ha detto ai croni-sti di non poter entrare nel merito della questione, perché tenuto al “rispetto del segreto istruttorio”.

In sostanza Rutelli, che addi-rittura si dice “incazzato e addo-lorato” per quanto è successo, vor-rebbe far credere che: pur essendo cointestario di un conto dove ci sono 30 milioni di euro che fan-no gola a tutti e sono contesi col coltello fra i denti fra le varie fa-zioni che fanno capo agli ex Mar-gherita del PD, ex nell’Udc ed ex nell’ApI, egli non si è mai preoc-cupato di controllare perché, ha affermato alla trasmissione televi-siva Otto e mezzo “Di Luigi Lusi mi fidavo ciecamente... Siamo sta-ti ingannati, è stata tradita la no-stra fiducia. È evidente che è un furto”.

Mentre Bersani, in un primo momento ha cercato di minimiz-zare affermando che: “Noi non sappiamo nulla di questa vicenda e aspettiamo di avere chiarezza. Poi, se verranno accertate respon-sabilità individuali, il PD prenderà provvedimenti secondo le regole” ovvero la sospensione dal partito che è stata decisa solo quando la posizione di Lusi, in seguito alla sua piena confessione, era diven-tata ormai indifendibile.

Insomma se questi sono gli “ef-fetti benefici” del famigerato “Co-dice etico” e del “Manifesto dei valori” con cui il PD si vanta di “aver regolato in modo autonomo la propria vita interna” c’è poco da sperare.

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6 il bolscevico / interni N. 6 - 16 febbraio 2012

Oltre trenta vittime sulla coscienza di Monti

STRAGE PER LA NEVEE IL GELO

L’inadeguatezza se non, in talu-ni casi, la totale assenza di soccor-si per la popolazione dei territori colpiti dal maltempo ha fatto in Italia ben 36 morti in questi gior-ni, la maggior parte dei quali sen-za dimora, appartenenti a quelle migliaia di immigrati, disoccupati, anziani, rom, che affollano in nu-mero sempre maggiore le stazioni ferroviarie, dormono sulle panchi-ne, sui treni abbandonati, in vecchi tuguri fatiscenti. Tra i morti anche diverse persone bloccate per not-tate intere in mezzo alla neve e al gelo sulle autostrade e lasciate senza soccorso, altre che sono ri-maste sepolte sotto il crollo di fati-scenti impalcature che non hanno retto al peso della neve, altre anco-ra che sono rimaste vittime di in-fortuni sul ghiaccio mentre tenta-vano di spalare la neve davanti le loro case.

Il governo Monti, come anche le amministrazioni regionali e lo-cali hanno brillato per latitanza di fronte al problema maltempo che era stato annunciato con grande anticipo, ma che, non affrontato a nessun livello, ci ha messo poco a trasformarsi in una calamità per la popolazione. Interi paesi del Sud sono rimasti senza luce e ri-scaldamento, i passeggeri di di-versi treni sono stati abbandonati a se stessi in mezzo alle campa-gne gelate.

Si può avere solo un’idea del-l’estensione del dramma che ha colpito migliaia di famiglie an-che solo considerando il fatto che in questi giorni in migliaia han-no chiesto soccorso alle associa-zioni di volontariato in più parti d’Italia. Tra queste molte di origi-ne Rom che tentano di trovare un posto caldo dove riparare i bambi-

UN INACCETTABILE ATTACCO SENZA PRECEDENTI ALL’AVVOCATURA E ALLE MASSE DA PARTE DEL GOVERNO MONTI

Il decreto sulle “liberalizzazioni” fa a pezzi il diritto di difesa democratico-borghese

Proteste degli avvocati all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Confermato lo sciopero per il 23 e 24 febbraio

Una vera e propria rappresaglia contro ciò che rimane dell’art. 24 della Costituzione democratico-borghese del 1948 che scolpisce l’ormai defunto “diritto di dife-sa” è stata scatenata dall’esecuti-vo del tecnocrate borghese Mon-ti, sull’onda nera delle misure del precedente governo del neoduce Berlusconi. Un pretesto volgare quello che accompagna l’enne-simo decreto legge, ossia il varo della “liberalizzazione delle pro-fessioni per attaccare la casta de-gli avvocati”: in realtà si tratta di un inaccettabile e senza preceden-ti attacco non solo all’avvocatura democratica, ma anche alle masse popolari.

La “liberalizzazione” dell’avvocatura

Fin dall’insediamento del go-verno Berlusconi vi era nella te-sta di neofascisti e reazionari di ogni risma l’obiettivo di affossare definitivamente ciò che resta del-l’avvocatura democratico-borghe-se liberalizzando il settore, neutra-lizzando le regole che garantivano controllo e professionalità, nel-l’ottica di destinare completamen-te al mercato il ruolo dell’avvoca-to. Ciò che è rimasto nel perimetro degli intenti della casa del fascio, sta diventando realtà con l’enne-sima decretazione d’urgenza (si tratta del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante il titolo “Dispo-sizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”) che introduce la libera concorrenza, l’abolizio-ne totale delle tariffe stabilite per legge, l’affossamento di qualsiasi percorso formativo per il giovane avvocato.

Il decreto, inoltre, introduce la privatizzazione degli studi le-gali con l’introduzione del socio di capitale, trasformando la vec-

chia concezione delle “società di avvocati” (una controriforma a dir poco fallimentare) in una STP (Società Tra Professionisti) che potranno avere la forma di società per azioni e, magari una volta con-solidate, quotate in borsa. In ulti-mo si introduce l’insidioso e sci-voloso “preventivo obbligatorio” che deve essere pattuito al mo-mento del conferimento dell’in-carico professionale tra il cliente e l’avvocato, pena la segnalazione al Consiglio dell’Ordine e la com-minazione di una sanzione disci-plinare. Una norma assolutamente ambigua per l’impossibilità logi-ca di determinare onorari e contri-buti da versare, stante l’incertezza dell’esito della causa; impossibili-tà che diventa vuoto legislativo se lo stesso decreto rimanda ad altri e successivi decreti (?) la configu-razione dei “parametri” da segui-re. Vuoto legislativo che metterà in difficoltà anche i giudici quan-do in sentenza dovranno decidere come liquidare le spese o i risarci-menti: a quale elenco normativo si dovranno rivolgere?

Un ladrocinio ai danni delle masse popolari

L’aspetto più vergognoso del-l’intero impianto del decreto è la conferma degli intenti del gover-no sull’inasprimento dei contribu-ti da versare per le masse popolari per far valere i propri diritti nella cause azionate davanti al Tribuna-le. Per la prima volta è stato intro-dotto, nel settore civilistico, il co-siddetto “contributo unificato” per i giudizi in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, per le controversie individuali di lavo-ro, per i giudizi relativi alle sepa-razioni personali. Per le restanti controversie vi è stato un aumen-to del contributo da versare allo Stato fino alla metà per i giudizi

di impugnazione, aumento che si raddoppia se qualcuno ha l’ardire di difendersi dinanzi alla Corte di Cassazione.

Nell’ambito amministrativo di-venterà quasi impossibile difen-dersi, atteso l’enorme aumen-to del contributo per azione una causa (di valore indeterminabile) davanti al Tribunale competente da 450,00 a 600,00 euro. Duro il commento degli avvocati, bissato dalle associazioni dei consuma-tori, che ritengono “ingiustifica-to ed esorbitante aumento dei co-sti ha trasformato la giustizia in un esercizio per ricchi, deprimendo ed ignorando le ragioni dei meno abbienti”.

L’introduzionedel “tribunale delle imprese”: un regalo

ai padroni?L’art. 2 del decreto istituisce il

fantomatico “Tribunale delle im-prese”, ossia una sezione specia-lizzata in materia di proprietà in-tellettuale e industriale che gestirà sia le class actions (la cui legisla-zione che doveva favorire i “con-sumatori” si è rilevata un buco nel-l’acqua) sia le controversie relative alle società e alle imprese.

Secondo le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Paola Se-verino, si dovrebbe accelerare i processi che vedono protagoniste le imprese in tutela delle stesse: di certo, per il momento, vi è la mag-giorazione del contributo unifica-to addirittura del 400% nell’ottica complessiva di aumenti smisurati per chi vuole azionare il diritto di difesa che dovrebbe costituzional-mente essere garantito e protetto. Il decreto legge rinvia al solito re-golamento ministeriale per stabi-lire tutte le intercapedini normati-ve; sta di fatto che il governo della

grande finanza e della Ue, nel-l’esiguità e ambiguità della lettera del decreto, ha fatto un gran regalo ai padroni per contenere le cause che possano dar fastidio a società e imprese “in crisi”.

Un durissimo attacco all’indipendenza e

all’autonomia dell’avvocatura

Già durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, lo scorso 28 gennaio, gli avvocati si sono pre-sentati imbavagliati, in piedi in segno di protesta: “le riforme in tema di ordinamento professiona-le - hanno affermato gli avvoca-ti - limitano la nostra autonomia violando il precetto costituziona-le dell’esercizio del diritto di di-fesa”.

Molto duri anche i praticanti e i praticanti abilitati che, dopo aver denunciato l’annunciata e poi ritirata scandalosa abolizione del valore legale della laurea da parte dell’esecutivo Monti, hanno contestato il “nuovo” tirocinio, che non tocca di una virgola le condizioni di totale precariato e senza alcun tipo di diritto dei gio-vani professionisti. In una nota destinata direttamente al capo del governo e al ministro Seve-rino, il Consiglio dell’Ordine de-gli Avvocati di Napoli ha chiesto di “eliminare le disposizioni già attuate e di non assumere quelle preannunziate (…) non in dife-sa di presunte ed inesistenti po-sizioni di privilegio, ma perché al momento si mettono a rischio l’autonomia e l’indipendenza dell’Avvocatura e si mette in di-scussione la stessa esistenza del-lo Stato di diritto e l’affermazione della democrazia”.

Gli avvocati sciopereranno il 23 e 24 febbraio.

ni, dal momento che gli accampa-menti nomadi sono completamen-te all’addiaccio in ogni parte della penisola.

Gli anziani poveri sono tra le vittime principali di questa si-tuazione. In Irpinia e ad Ancona due anziani sono morti assiderati a causa del cattivo riscaldamento delle loro abitazioni. Ma il numero maggiore delle vittime si riscontra tra gli immigrati e la Milano del pupillo della “sinistra” borghese, Pisapia non fa eccezione: il corpo di un senzatetto immigrato, è sta-to trovato rannicchiato in una co-perta, sotto un cespuglio, in piaz-zale Kennedy. Un uomo di origine tedesca è stata trovato morto nelle vicinanze della rocca medievale di Castiglione del Lago, località sul-le rive del Trasimeno. Una donna ucraina è stata trovata morta vicino alla capitale. Un altro immigrato, è stato trovato morto in un casolare abbandonato nelle campagne del Mantovano. Una senzatetto è sta-ta trovata morta dentro la stazione Termini di Roma, un uomo è stato invece trovato in un parco a Ostia,

una donna di 66 anni è morta as-siderata nella sua casa fatiscente a Palestrina, vicino Roma.

Nel materano un automobilista è morto per un incidente causato dal ghiaccio sull’asfalto, mentre un camionista di 62 anni è dece-duto a causa di un malore dopo es-sere rimasto bloccato col proprio mezzo a causa del ghiaccio in lo-calità Cartiera del comune di Pia-noro (Bologna).

La lista è lunghissima e rischia di allungarsi ancora, dal momento che il freddo durerà ancora diversi giorni e né il governo né le ammi-nistrazioni pubbliche dei Comu-ni colpiti stanno mettendo in atto piani efficaci. Un esempio per tut-ti: il Comune di Milano ha deciso soltanto di tenere aperto anche di notte il mezzanino delle metropo-litana della Stazione Centrale: “Le persone senza casa - si legge sul sito del Comune - troveranno rico-vero dalle 20 alle 8 in una zona del mezzanino che sarà inibita al pas-saggio del pubblico”. E tra le 8 e le 20 dove andranno? In mezzo al gelo, per strada?

L’inflazione falcidia i salari dei lavoratoriI lavoratori italiani si stan-

no impoverendo sempre di più. L’inflazione sta falcidiando i loro già magri salari ulterior-mente massacrati dalla politica da macelleria sociale imposta dal governo Berlusconi prima e da Monti.

Insomma i salari sono fermi e i prezzi aumentano. Così ine-sorabilmente, mese dopo mese, si allarga la forbice tra il (man-cato) aumento dei salari e l’in-flazione. Il nuovo record è stato toccato a dicembre: 1,9 pun-ti percentuali di divario. Men-tre l’inflazione si è attestata al +3,3% l’aumento delle retribu-zioni contrattuali orarie è stato dell’1,4% e quelle per dipen-dente dell’1,5%. Si tratta dello scarto più forte dal 1995. Ciò significa che a dicembre l’in-flazione si è mangiata qualco-sa come l’1,8-1,9% delle buste paga dei lavoratori. Per una re-tribuzione lorda di 2 mila euro mensili si tratta di una sforbi-ciata di oltre 36 euro.

Anche per i salari c’è un re-cord negativo. Le retribuzioni contrattuali orarie nella media del 2011 aumentano dell’1,8%, la crescita media più bassa dal 1999. Se questo dato lo acco-stiamo all’inflazione media an-nua che è al 2,8% non ci vuol molto a capire che il caro-vita ha eroso il potere d’acquisto dei salari dell’1%. E questa è solo una media visto che per alcune categorie come la scuo-la dove gli “aumenti” degli sti-pendi si sono attestati allo 0,2% la perdita del potere d’acquisto è stata di oltre il 2,5%.

E la lista delle notizie nefa-

ste per i lavoratori non è finita, visto che la stessa Istat sottoli-nea che “nel mese di dicembre, per l’insieme dei contratti mo-nitorati dall’indagine, non è sta-to ratificato alcun accordo”. In-somma il modello Marchionne sta facendo scuola tra le varie associazioni padronali e i con-tratti nazionali non si firmano più. Sempre l’Istat rileva infatti come sia notevolmente salita la media dei mesi di attesa per i la-voratori con il contratto scadu-to. A dicembre 2011 supera la soglia dei due anni (24,9 mesi) in aumento rispetto allo stesso mese del 2010 (14,5). Sempre a dicembre 2011 risultano in at-tesa di rinnovo 30 accordi con-trattuali di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a 4,1 milioni di dipen-denti (circa 3 milioni nel pub-blico impiego) pari al 31,4% dei lavoratori dipendenti.

Fa da paio ai dati dell’Istat il rapporto “Italia 2012” presen-tato il 26 gennaio dall’Eurispes che restituisce l’immagine di un paese bloccato, sfiancato e im-potente, dove ben il 60% degli italiani, tra i 18 e i 34 anni, di-chiara di essere disposto ad an-dare all’estero, dove pensano di trovare maggiori opportunità di lavoro e di vita; un paese dove la situazione economica è net-tamente peggiorata negli ulti-mi 12 mesi per il 67% degli ita-liani (il peggior dato dal 2004 e in forte aumento, +15,2%, ri-spetto all’anno scorso), dove il 48,5% deve usare i propri ri-sparmi per arrivare a fine mese e il 70% non riesce a mettere da parte più nulla.

Comunicato Slai Cobas Alfa Romeo

L’ON. CONTI FA AFFARI D’ORO CON LA SPECULAZIONE

IMMOBILIARE EI LAVORATORI FIAT SONO BUTTATI SULLA STRADA

Che fi ne hanno fatto gli accordi per fare ad Arese il polo dell’auto ecologica?Riceviamo e pubblichia-

mo estratti del comunicato dello Slai Cobas dell’Alfa di Arese del 2 febbraio 2012.

On. Riccardo Conti: ha “guada-gnato” 18 milioni di euro in un sol giorno con una compravendita di un palazzo a Roma. Quante cen-tinaia di milioni di euro ha “gua-dagnato” con la speculazione sul-l’area dell’Alfa Romeo di Arese?

L’on. Riccardo Conti nel 2000, con la società Immobiliare Estate sei, ha “comprato” da due “socie-tà veicolo” della FIAT (Segepark e Belfiore) tutta l’area dei 2mi-lioni e 350mila mq dell’Alfa Ro-meo di Arese versando - disse al-l’epoca - 500 miliardi di vecchie lire. A quanto ha venduto? Conti, all’epoca braccio destro di Butti-

glione dell’UDC, era Amministra-tore unico di Immobiliare Estate sei.

L’on. Riccardo Conti ha anco-ra oggi una piccola quota nella so-cietà AGLaR, società che qualche anno fa ha preso il posto di Immo-biliare Estate sei.

In tutti questi anni Riccardo Conti, pur essendo parlamentare, non ha mai detto i nomi di chi si nascondeva dietro le varie fiducia-rie che controllavano Immobiliare Estate sei e AGLaR.

Conti nel 2003 e 2004 fece ac-cordi in Regione Lombardia con lo Slai Cobas e gli altri sindacati per fare ad Arese il Polo dell’auto ecologica e la mobilità sostenibi-le, ma tutto è rimasto sulla carta. Nel frattempo Conti e soci hanno fatto mega affari di compravendita immobiliare. E i lavoratori FIAT sono stati buttati sulla strada.

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N. 6 - 16 febbraio 2012 interni / il bolscevico 7RAPPORTO ISTAT

Disoccupati il 31% dei giovaniÈ un vero e proprio disastro per

l’occupazione, giovanile in par-ticolare, quello fotografato di re-cente dall’Istat per l’Italia (record negativo dal 2004) nell’ambito di una ricerca continentale compiuta da Eurostat.

La disoccupazione, infatti, sale all’8,9%, con oltre 2,2 milioni di senza lavoro. Le statistiche uffi-ciali non tengono però conto di al-tri dati che farebbero svettare ul-teriormente il già preoccupante e inaccettabile tasso di disoccupa-zione: come fa notare la CGIL, i disoccupati salgono a 3 milioni se si aggiungono i cassintegrati, che invece vengono considerati “occu-pati” a pieno titolo.

Il dato più grave è quello del-la disoccupazione dei giovani fra i 15 e i 24 anni, che ha raggiun-to il 31% a dicembre 2011, con un costante aumento annuo del 3%. Secondo la Cgia di Mestre il tasso supera il 38% se si tiene conto anche dei cosiddetti “sco-raggiati”, cioè coloro che hanno persino smesso di cercare lavoro. E comunque bisogna tener conto

Tra i più colpiti donne e Mezzogiorno

Disoccupati di Salerno occupano il Duomo il 13 gennaio 2012. Accanto, i precari in lotta del call-center dell’Inps-Inail di Bari

IL PMLI E “IL BOLSCEVICO” ADERISCONO ALL’APPELLO

PER L’IMMEDIATA SCARCERAZIONE DEI NO TAV ARRESTATI

Il PMLI e “Il Bolscevico”, in data 7 febbraio 2012 han-no sottoscritto l’appello per l’immediata scarcerazione dei No Tav arrestati il 26 gennaio scorso attraverso l’e-mail che qui di seguito pubblichiamo.

Il PMLI e “Il Bolscevico”, suo organo, sottoscrivono ben

volentieri l’appello per la scar-cerazione immediata di tutti gli arrestati NO TAV. Essi sono uni-camente colpevoli di aver lottato con abnegazione esemplare per evitare la devastazione ambien-tale di Val di Susa. L’esperienza del movimento NO TAV è un im-portante esempio per tutti i movi-menti di lotta. Un motivo in più per difendere i suoi militanti ai quali va la piena e attiva solida-

rietà dei marxisti-leninisti italiani.Al contempo condanniamo il go-verno del tecnocrate liberista bor-ghese Monti che pratica la stessa politica repressiva del precedente governo del neoduce Berlusconi verso le masse in lotta.

Emanuele Sala,per il PMLI

Monica Martenghi,per “Il Bolscevico”

Dal 1 al 25 febbraio

UN MESE DI MOBILITAZIONE PERDIRE NO AI CACCIA F-35

Non si arresta la mobilitazione contro gli F-35. Dal 7 al 25 feb-braio associazioni e gruppi antim-perialisti, antimilitaristi e pacifi-sti si attiveranno a sostegno della campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Sbilanciamoci!, Ta-vola della Pace e Rete Italiana per il Disarmo per chiedere al gover-no Monti di non procedere all’ac-quisto di 131 caccia bombardieri Joint Strike Fighter F-35. Le varie iniziative sfoceranno nella mani-festazione nazionale a Roma per la “consegna delle firme” al go-verno.

La data di inizio di questa nuo-

va fase della campagna, che è atti-va dal 2009 e ha già raccolto oltre 45 mila firme, è stata fatta coinci-dere con il giorno in cui, nel 2007, il sottosegretario Forcieri firma-va l’accordo per la partecipazio-ne dell’Italia alla seconda fase del programma bellico.

“In un momento di grave cri-si per tutto il Paese troviamo fuo-ri luogo che il ministro-ammira-glio Di Paola nei suoi monologhi televisivi continui imperterrito a difendere l’F-35, promettendo al massimo qualche sforbiciata”, de-nuncia Massimo Paolicelli della Rete Italiana per il Disarmo.

Gli stessi soldi stanziati per i caccia, 15 miliardi di euro, potreb-bero essere impiegati in mille altri modi più utili sia economicamente che socialmente, sostengono i pro-motori della mobilitazione, come ad esempio costruire 45 mila asi-li nido pubblici creando oltre 200 mila posti di lavoro, oppure mette-re in sicurezza 13 mila scuole ita-liane.

Le giornate di sostegno alla campagna (che si annunciano nu-merose e creative) culmineran-no sabato 25 febbraio, data scelta per le “100 piazze d’Italia contro i caccia F-35”.

NON BASTA DEFINANZIARLO

Il progetto del Ponte sullo Stretto va cancellatoDal nostro corrispondente della Sicilia

La recente delibera del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) del 20 gennaio 2012 ha definan-ziato il progetto del Ponte sullo Stretto, sottraendogli quel mi-liardo e 624 milioni assegnatigli nel 2009 dal Berlusconi IV.

Una valutazione politica di questo atto del governo Monti va fatta alla luce della storia recen-te dell’iter burocratico dell’ope-ra, del suo attuale stato e dei re-centi decreti di liberalizzazione, riguardanti anche la costruzione e la gestione di opere di interes-se pubblico.

Va ricordato, anzitutto, che non è la prima volta che il pro-getto della mostruosa ed inutile opera viene definanziato. È già successo durante il governo del democristiano Prodi, quando il CIPE con delibera del 10 aprile

2006 stabilì in tal senso. Fu l’al-lora ministro dei Trasporti, Anto-nio Di Pietro (IdV), insieme al-l’opposizione di “centro-destra”, a battersi in prima persona per mantenere in piedi l’intero appa-rato della Società Stretto di Mes-sina Spa e il progetto. Inoltre, è presto per abbassar la guardia. Bisogna attendere le prossime tappe dell’iter burocratico che prevede, entro febbraio 2012, il parere del CIPE sul progetto de-finitivo presentato dalla Stretto di Messina SpA. Il CIPE, dunque, dovrà pronunciarsi e nulla vieta che esprima parere favorevole.

Se il megaprogetto speculati-vo verrà approvato ci sarà il con-testuale avvio della gara per il re-perimento dei finanziamenti, la stesura del progetto esecutivo e l’apertura dei cantieri principa-

li, ancora prevista a partire dalla metà del 2012.

C’è un terzo indizio che ci in-duce a pensare che il Ponte possa essere un affare lucroso per mol-ti, nonostante il definanziamento pubblico.

Basta andare a dare un’oc-chiata al Decreto legge 24 gen-naio 2012, n. 1, “Disposizio-ni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, con cui il gover-no Monti ha messo in campo una serie di misure per incrementa-re il project financing e project bond nella costruzione e gestio-ne delle infrastrutture di interes-se pubblico. Il project financing, esiste già da oltre un decennio in Italia. Le pubbliche amministra-zioni ricorrono a capitali privati per la realizzazione di progetti e

infrastrutture ad uso della collet-tività, concedendo all’investitore privato lo sfruttamento economi-co dell’opera realizzata. Ora già da tempo le società private in project financing potevano emet-tere obbligazioni (project bond). Monti rilancia lo strumento di fi-nanza creativa, in due modi: si consente di derogare, ma solo nel caso in cui le obbligazioni siano destinate alla sottoscrizione solo da parte di “investitori qualifica-ti”, cioè autorizzati a operare sui mercati finanziari, come banche, assicurazioni, fondi pensione, alla regola dell’articolo 2412 del codice civile, il quale impone di garantire le obbligazioni tramite ipoteca se il loro importo supe-ra il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riser-ve disponibili. Inoltre, le obbli-

gazioni possono essere garantite anche durante la fase di costru-zione dell’opera, e non solo da quando l’opera entra in eserci-zio. Gli strumenti per finanzia-re il Ponte e anche velocemente con fondi privati, trasformando il progetto in una delle più grandi speculazioni finanziarie degli ul-timi decenni ci sono tutti.

Intanto al pubblico rimango-no i 500 milioni di fondi già spe-si, il mutuo di 12 milioni acceso poche settimane fa per spostare un chilometro di binari a Canni-tello (Reggio Calabria).

Noi chiediamo che il mega-progetto speculativo del Pon-te non venga approvato, che la Società dello Stretto Spa venga sciolta e che lo Stato non paghi alcuna penale alle imprese ag-giudicatrici dell’appalto. Inoltre

chiediamo che i 1.624 milioni di euro vengano destinati a risol-vere la crisi idrica che affligge la Sicilia e anche la Calabria, a potenziare e modernizzare i tra-sporti ferroviari e marittimi della Sicilia e della Calabria, ad incen-tivare gli interventi contro il dis-sesto idrogeologico, (sono trop-po pochi i 670 milioni stanziati il 20 gennaio dal CIPE su questo fronte).

Si tratta di rivendicazioni che noi avanziamo da anni e che si sono levate anche dai recenti mo-vimenti di protesta che agitano il Mezzogiorno, troppe volte scip-pato dei fondi ad esso destinati. Il governo Monti non è diverso da quelli che lo hanno preceduto e sta riducendo all’osso le regio-ni del Sud. Liberiamoci dal go-verno della grande finanza della UE e della macelleria, nella con-sapevolezza che i problemi del Mezzogiorno potranno essere ri-solti solo nel socialismo.

Chiudere la Ponte sullo Stretto Spa. Non pagare alcuna cauzione.Investire i soldi in mobilità pubblica e risanamento idrogeologico

del fatto che moltissimi di questi giovani lavoratori hanno a che fare con contratti precari.

Per il solo Mezzogiorno, la di-soccupazione giovanile era al 31% già a novembre.

C’è poco da vantarsi anche per il presunto “aumento” dell’occu-pazione femminile, che è in real-tà una conseguenza statistica della

diminuzione dei maschi occupati e che non cambia i livelli altrettan-to allarmanti della disoccupazio-ne fra le donne e le penalizzazio-ni retributive. Nel Sud, peraltro, le donne senza lavoro sono poco al di sotto del 40%.

Non consola nemmeno il sem-pre presunto “calo” degli inattivi, dovuto puramente al fatto che sva-

riati anziani hanno superato “l’età da lavoro” (che andrà comunque ridimensionata in base alla “ri-forma” delle pensioni) e non sono stati sostituiti da giovani. Anziani che, peraltro, ora si trovano non solo senza lavoro ma anche, gra-zie alla suddetta “riforma”, senza pensione.

Parole vuote, quelle della For-

nero che assicura che garantire la-voro è la sua prima occupazione, perché accompagnate dalle ben più spregiudicate e gravi paro-le di Monti contro la “monotonia del posto fisso” e l’articolo 18, in-dicato come fonte di tutti i mali, mentre invece, come nota Ful-vio Fammoni (Segreteria nazio-nale CGIL), negli ultimi sei anni

i licenziamenti sono cresciuti del 35%. A ciò si aggiunge la macel-leria sociale imbastita dal governo che, con la recessione che incalza, non farà che aggravare le sempre più insopportabili condizioni di vita delle masse lavoratrici e po-polari. Non convince nemmeno l’invio di una “task-force” dalla Commissione europea per risolve-re il problema.

Ci vorrebbero misure urgenti per garantire lavoro stabile, a sala-rio intero, a tempo pieno e sinda-calmente tutelato a tutti, a partire dai giovani e dalle donne, lotta al precariato per la sua abolizione (e non per la sua “normalizzazione” come prevede il “contratto unico” alla Ichino-Fornero), atti concre-ti per impedire la chiusura degli stabilimenti e la delocalizzazione delle imprese e della produzione. Tutte cose che il governo Monti, impegnato a salvaguardare gli in-teressi della grande finanza e della borghesia, non ha nessuna inten-zione di fare. Ecco perché dob-biamo liberarcene con una grande mobilitazione popolare.

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8 il bolscevico / marxismo e revisionismo N. 6 - 16 febbraio 2012

LE BALLE DEGLI ANTICOMUNISTI

Per “Repubblica” Marxera un socialdemocratico,

non un comunista RISPOLVERATA UNA TESI

DEGLI ANTICHI REVISIONISTINumerosi intellettuali bor-

ghesi, stanno riscoprendo l’utili-tà di leggere Marx per compren-dere il predominio del capitale finanziario nell’economia capi-talistica (imperialismo), le radi-ci della attuale crisi economica, le misteriose cause del “debito pubblico”, ecc.

Altri invece si stanno però specializzando in una finta opera

di “rivalutazione” del marxismo, che intende in realtà svuotarlo della sua essenza vitale, ossia della teoria e della pratica della lotta di classe del proletariato, e del suo obiettivo storico: abbat-tere il capitalismo e conquistare il socialismo, per via rivoluzio-naria. A questa linea ideologi-ca e politica appartiene l’artico-lo pubblicato l’8 gennaio scorso sul quotidiano della “sinistra” borghese e filo-governativo, “la Repubblica” dal titolo: “Marx arrivano gli inediti”, a firma di Andrea Tarquini.

La tesi dell’autore è che Marx, in realtà, non sarebbe stato un rivoluzionario ma un innocuo, per quanto arguto, pensatore democratico-borghe-se. Per supportare una simile, ridicola, scempiaggine, cita un progetto dell’Accademia delle scienze di Berlino, sponsoriz-zato a suo tempo dal cancellie-re Kohl e denominato “Mega” (Marx-Engels GesamtAusga-be). Coordinato da un certo Prof. Hubmann, in collabora-zione con “la schiuma” dell’in-tellighenzia arci-revisionista tra Berlino, Mosca, Pechino e Amsterdam, questo lavoro ha lo scopo di “rivedere la opera di Marx ed Engels e preparar-ne la pubblicazione comple-ta in 114 tomi”. Dalla rilettura

dei suoi scritti Marx riemerge-rebbe, secondo Tarquini, “dal passato come un moderno new-labourista, un progressista te-desco o un liberal americano” (sic). Spiega il Prof. Hubmann: “un volume dopo l’altro noi cu-ratori di Mega scopriamo un al-tro Marx”, visto che “frugando nelle carte consunte dal tempo si scoprono cose che i contem-

poranei di Marx vollero ignora-re, e che il marxismo-leninismo ufficiale preferì censurare”.

A cosa si riferisce il catte-dratico tedesco? Egli cita un paio di esempi. Primo. “Le Tesi su Feuerbach” – a suo dire - non furono all’inizio parte de “L’ideologia tedesca”. Vi furo-no inserite solo dopo, benché quell’opera secondo Marx, fos-se “solo una collezione di ap-punti ‘destinata ai topi’”. Da questo fatto vero costui trae la seguente stupefacente conclu-sione: “la teoria secondo cui

l’esistenza materiale determi-na la coscienza, base del mate-rialismo storico, era un’idea in cui Marx non credeva” (sic!). In verità la vicenda era ben nota e ben descritta dallo stesso Marx quando spiegò che quel mano-scritto era già pronto per esse-re pubblicato, quando “un mu-tamento di circostanze non ne permetteva la stampa. Abban-donammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente cri-tica dei topi, in quanto aveva-mo già raggiunto il nostro sco-po principale che era di veder chiaro in noi stessi”. Dov’è, dunque, la mirabolante scoperta storica che dimostrerebbe la sua stupefacente conclusione?

Secondo esempio: “ai marxi-sti-leninisti ufficiali non sono

piaciuti gli appunti (quali non specifica, ndr) sull’esigenza del-la libertà di parola e del libero confronto tra forze politiche e sociali” e “meno che mai scopri-re che Marx ed Engels avevano scritto molto più di Lenin e non teorizzavano un totalitarismo né tantomeno i gulag”. È evidente, in questo caso il ritorno alle so-lite manovre dei falsi comunisti

per spezzare il doppio filo ros-so che lega Marx-Engels-Lenin-Stalin-Mao e negare che esiste una indissolubile continuità sto-rica nella vita e nell’opera dei 5 grandi Maestri del proletaria-to internazionale i quali han-no speso per intero la loro vita per distruggere il capitalismo e costruire il socialismo. Occorre forse dimostrare che si tratta di revisionismo storico? Del resto l’accortezza dei pennivendoli di “Repubblica” è una sola: na-scondere il loro anticomunismo di fondo, disseminando l’artico-lo con pelosi omaggi al “Marx giornalista”: “corrispondente acuto del New York Daily Tri-bune”, al “Marx ricercatore”: “un uomo che continuò a ricer-care con curiosità fino alla vec-chiaia e seppe vedere e prevede-re le radici della crisi di oggi”, al “Marx comunicatore”: “Marx ed Engels, nell’Europa del capitali-smo senza internet né jet di li-nea, crearono una rete di scambi epistolari internazionali che fu il primo socialnetwork e funzionò per anni”.

Uno sforzo vano, quello di glorificarne aspetti “secondari” della vita per nascondere l’in-tento di mettere “Marx contro Marx”, perché esso trasuda da molti pori. Basta leggere il se-guente sconfortante passaggio: “Karl aveva rinunciato alla poli-tica, annotava la sua fiducia nel libero dibattito e confronto tra idee e forze politiche. E prese a studiare le scienze: geologia, fisica, scienza nucleare”, oppu-re la seguente spudorata men-zogna: “La sua svolta democra-tica avvenne dopo avere scritto Il Capitale”. O ancora le oppor-tunistiche conclusioni, degne di un Kautsky o di un Bernstein: “bentornato allora caro vecchio Marx, e scusaci: troppi opposti estremismi del Ventesimo seco-lo ti avevano tramandato male. Arrivederci al 2020. Forse ci servirai quando chi sa che volto avrà il capitalismo”.

Il manoscritto dell’“Ideologia tedesca” di Marx ed Engels pubblicato postumo per la prima volta in Unione Sovietica nel 1932. Accanto una delle pagine originali del manoscritto

LENIN: MARXLo scritto di Lenin che pub-

blichiamo di seguito smasche-ra il revisionismo che falsifica e deforma il marxismo. Si trova nelle Opere complete di Lenin, Editori Riuniti, vol. XV, pagg. 231-33.

I titolini sono redazionali.

Un noto adagio dice che, se gli assiomi della geometria urtas-sero gli interessi degli uomini, si cercherebbe senza dubbio di con-futarli. Le teorie storico-naturali, che colpiscono i vecchi pregiudizi della teologia, hanno provocato e provocano tuttora la lotta più furi-bonda. Non meraviglia quindi che la dottrina di Marx, la quale serve direttamente a educare e organiz-zare la classe d’avanguardia della società moderna, addita i compiti di questa classe e dimostra che, in virtù dello sviluppo economico, la sostituzione del regime attuale con un ordine nuovo è inevitabile, non meraviglia che questa dottrina ab-bia dovuto farsi strada lottando a ogni passo.

Non parliamo della scienza e della filosofia borghesi, insegna-te ufficialmente da professori uffi-ciali per istupidire la giovane ge-nerazione delle classi possidenti e “aizzarla” contro i nemici ester-ni e interni. Questa scienza non vuole nemmeno sentir parlare del marxismo, che proclama smentito e annientato; e i giovani scienzia-ti, che fanno carriera confutando il socialismo, e le vecchie caria-tidi, che stanno di guardia ai co-mandamenti di tutti i possibili “si-stemi” decrepiti, attaccano Marx con lo stesso zelo. Lo sviluppo del marxismo, la diffusione e il con-solidamento delle sue idee in seno alla classe operaia rendono inevi-tabilmente più frequenti e furiosi questi attacchi borghesi contro il marxismo, che tuttavia, dopo ogni “colpo di grazia” infertogli dalla scienza ufficiale, diventa più vigo-roso, più temprato e più vitale.

L’avanzatadel marxismo

Ma anche fra le dottrine lega-te alla lotta della classe operaia, e diffuse prevalentemente in seno al proletariato, il marxismo non ha affatto conquistato di colpo le sue posizioni. Nei primi cinquant’anni di vita (dagli anni quaranta del se-colo scorso) il marxismo si è battu-to contro teorie che gli erano radi-calmente ostili. Nella prima metà degli anni quaranta Marx e Engels hanno fatto i conti con i giovani hegeliani radicali, che si trovava-no sulle posizioni dell’idealismo filosofico. Verso la fine degli anni quaranta ha avuto inizio, nel cam-po delle dottrine economiche, la lotta contro il proudhonismo. Ne-gli anni cinquanta questa battaglia è coronata dalla critica dei partiti e delle dottrine venuti alla luce nel tempestoso 1848. Negli anni ses-santa dal campo della teoria gene-rale la lotta si sposta in un cam-po più immediatamente vicino al movimento operaio: si ha allo-ra l’espulsione del bakuninismo dall’Internazionale. All’inizio de-gli anni settanta, per un breve pe-riodo, si fa avanti in Germania il proudhoniano Mühlberger; alla fine degli anni settanta il positivi-sta Dühring. Ma l’influenza del-l’uno e dell’altro sul proletaria-

to è già del tutto insignificante. Il marxismo ha ormai trionfato in-condizionatamente su tutte le altre ideologie del movimento operaio.

Negli anni novanta questa vit-toria era, nel complesso, un fatto compiuto. Persino nei paesi latini, dove le tradizioni del proudhoni-smo hanno resistito più a lungo, i partiti operai hanno di fatto co-struito i loro programmi e la loro tattica su un fondamento marxista. La rinnovata organizzazione inter-nazionale del movimento operaio - sotto la forma di congressi in-ternazionali periodici - si è posta subito e quasi senza lotta sul ter-reno del marxismo in tutte le que-stioni essenziali. Ma, non appena il marxismo ha soppiantato tutte le dottrine a esso ostili, dotate di qualche consistenza, le tendenze che trovavano espressione in que-ste dottrine hanno preso a ricerca-re altre strade. Le forme e i pre-testi della lotta sono cambiati, ma la lotta è continuata. E il secondo cinquantennio di vita del marxi-smo ha avuto inizio (negli anni novanta) con la lotta di una cor-rente ostile al marxismo in seno al marxismo stesso.

L’ex marxista ortodosso Bern-stein ha dato il nome a questa cor-rente, perché ha fatto più rumore e formulato più organicamente le correzioni da apportare a Marx, la revisione di Marx, il revisionismo. Persino in Russia, dove, natural-mente, - in forza dell’arretratezza economica del paese e a causa del predominio della popolazione con-tadina, schiacciata dalle sopravvi-venze della servitù della gleba, - il socialismo non marxista si è man-tenuto più a lungo, persino in Rus-sia, esso si trasforma sotto i nostri occhi in revisionismo. Sia nella questione agraria (programma di municipalizzazione di tutta la ter-ra) che nelle questioni generali del programma e della tattica i nostri socialpopulisti sostituiscono sem-pre più con “correzioni” a Marx gli ultimi residui, ormai in decom-posizione, del loro vecchio siste-ma, a suo modo coerente e radical-mente ostile al marxismo.

Il socialismo premarxista è sconfitto. Esso prosegue la lotta non più sul suo proprio terreno, ma sul terreno generale del marxi-smo, come revisionismo. Vedia-mo dunque quale sia il contenuto ideale del revisionismo.

L’essenzadel revisionismoNel campo della filosofia il re-

visionismo si è messo a rimorchio della “scienza” professorale bor-ghese. I professori “ritornano a Kant”, e il revisionismo si trascina sulle orme dei neokantiani; i pro-fessori ripetono le trivialità prete-sche, rimasticate mille volte, con-tro il materialismo filosofico, e i revisionisti, sorridendo in tono di condiscendenza, borbottano (pa-rola per parola, secondo l’ultimo Handbuch) che il materialismo è stato già “confutato” da un pezzo; i professori trattano Hegel come un “cane morto” e, predicando essi stessi l’idealismo, ma un ideali-smo mille volte più meschino e tri-viale di quello hegeliano, stringo-no le spalle con disprezzo davanti alla dialettica, e i revisionisti stri-sciano sulle loro orme nel pantano dell’involgarimento filosofico del-la scienza, sostituendo alla dialet-tica “sottile” (e rivoluzionaria) la

“semplice” (e pacifica) “evoluzio-ne”; i professori si guadagnano i loro stipendi adattando i loro siste-mi idealistici e “critici” alla “filo-sofia” medievale dominante (cioè alla teologia), e i revisionisti li se-guono sforzandosi di fare della re-ligione un “fatto privato”, non già nei confronti dello Stato moderno, ma nei confronti del partito della classe d’avanguardia.

Non occorre dire, perché la cosa è chiara di per sé, quale sia il reale significato di classe di que-ste “correzioni” a Marx. Rilevia-mo soltanto che l’unico marxista che nella socialdemocrazia inter-nazionale abbia criticato dal punto di vista del materialismo dialetti-co conseguente le inverosimili tri-vialità spacciate dai revisionisti è stato Plekhanov. Questo fatto deve essere sottolineato tanto più ener-gicamente oggi, cioè nel momen-to in cui si fanno dei tentativi pro-fondamente sbagliati di spacciare il ciarpame filosofico reazionario per una critica dell’opportunismo tattico di Plekhanov(*).

Nel passare all’economia po-litica bisogna anzitutto osservare che in questo campo le “correzio-ni” dei revisionisti sono state as-sai più varie e circostanziate. Ci si è sforzati di influire sul pubblico con i “nuovi dati dello sviluppo economico”. Si è detto che la con-centrazione della produzione e la sostituzione della grande alla pic-cola produzione non avvengono affatto nel campo dell’agricoltura e avvengono con estrema lentezza nel campo del commercio e del-l’industria. Si è detto che le crisi sono oggi divenute più rare, meno acute, e che con ogni probabilità i trusts e i cartelli daranno al capi-tale la possibilità di eliminarle del tutto. Si è detto che la “teoria del crollo” verso cui marcia il capita-lismo è una teoria inconsistente, perché le contraddizioni di classe tendono ad attenuarsi, ad attutirsi. Si è detto, infine, che non è male correggere la teoria del valore di Marx secondo gli insegnamenti di Böhm-Bawerk.

Lo sviluppo della lotta

antirevisionistaLa lotta contro i revisioni-

sti su questi problemi ha impres-so al pensiero teorico del socia-lismo internazionale un impulso tanto fecondo quanto quello su-scitato dalla polemica di Engels contro Dühring venti anni prima. Le argomentazioni dei revisio-nisti sono state analizzate con i fatti e le cifre alla mano. Si è di-mostrato che i revisionisti idealiz-zano sistematicamente la piccola produzione moderna. Il fatto del-la superiorità tecnica e commer-

Marx al lavoro, Londra, seconda metà dell’800

(*) Si vedano i Saggi intorno alla filosofia del marxismo di Bo-gdanov, Bazarov e altri. Non è que-sta la sede per analizzare tale libro e per il momento devo limitarmi a dichiarare che in un prossimo futu-ro dimostrerò, in una serie di arti-coli o in un opuscolo a sé, che tutto quanto viene detto nel testo a pro-posito dei revisionisti neokantiani è valido, nella sostanza, anche per questi “nuovi” revisionisti neohu-miani e neoberkeleyani.

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N. 6 - 16 febbraio 2012 marxismo e revisionismo / il bolscevico 9

XISMO E REVISIONISMOciale della grande produzione sul-la piccola, non solo nell’industria ma anche nell’agricoltura, è at-testato da dati inconfutabili. Ma nell’agricoltura la produzione di merci è sviluppata molto più de-bolmente, e i moderni economi-sti e statistici non sanno in gene-re mettere in evidenza quei settori (e talora persino quelle operazio-ni) speciali dell’economia agrico-la da cui risulta che l’agricoltura viene attratta progressivamente nell’orbita degli scambi econo-mici mondiali. La piccola produ-zione resiste sulle macerie del-l’economia naturale mediante

l’illimitato peggioramento del-l’alimentazione, la carestia cro-nica, il prolungamento della gior-nata lavorativa, il peggioramento qualitativo del bestiame e dell’al-levamento, in breve, con gli stessi mezzi con cui la produzione arti-giana ha resistito alla manifattura capitalistica. Ogni progresso del-la scienza e della tecnica scalza in modo inevitabile e inesorabile le fondamenta della piccola produ-zione nella società capitalistica, e l’economia politica socialista ha il compito di analizzare questo pro-cesso in tutte le sue forme, spesso intricate e confuse, ha il compito di dimostrare al piccolo produtto-re che gli è impossibile resistere in regime capitalistico, che l’econo-mia contadina non ha sbocchi in questo regime e che il contadino deve porsi di necessità sulle posi-zioni del proletario. In questa que-stione i revisionisti peccano sotto il profilo scientifico, perché gene-ralizzano superficialmente dei fat-ti isolati, avulsi dalla connessione con tutto il regime capitalistico, e peccano sul piano politico, per-ché incitano inevitabilmente, lo vogliano o no, il contadino o lo spingono a far proprie le posizio-ni del proprietario (cioè della bor-ghesia), invece di spingerlo verso le posizioni del proletariato rivo-

luzionario.Le cose sono andate anche peg-

gio per i revisionisti riguardo alla teoria delle crisi e alla teoria del crollo. Solo per un periodo mol-to breve e solo chi aveva la vista corta poteva pensare di rivedere i principi della dottrina di Marx sot-to l’influsso di alcuni anni di ri-presa. e prosperità industriale. La realtà ha mostrato ben presto ai re-visionisti che le crisi non avevano fatto il loro tempo: alla prosperità è subentrata la crisi. Sono cambia-te le forme, l’ordine di successio-ne, la fisionomia delle singole cri-si, ma le crisi continuano a essere

parte integrante del regime capita-listico. I cartelli e i trusts, mentre hanno unificato la produzione, ne hanno accentuato al tempo stesso, e sotto gli occhi di tutti, l’anarchia, aggravando l’insicurezza del pro-letariato e l’oppressione del capi-tale e inasprendo così oltre ogni limite le contraddizioni di classe. Che il capitalismo proceda verso il crollo - sia nel senso delle sin-gole crisi politiche ed economi-che che nel senso della catastrofe completa di tutto il regime capi-talistico - l’hanno dimostrato con singolare evidenza e in dimensio-ni particolarmente ampie i gigan-teschi trusts contemporanei. La re-cente crisi finanziaria in America, il terribile aggravarsi della disoc-cupazione in tutt’Europa, per non parlare dell’imminente crisi indu-striale, annunciata da molti sin-tomi, tutto questo ha fatto si che le recenti “teorie” dei revisionisti venissero dimenticate da tutti e, a quanto sembra, persino da molti revisionisti. L’importante è di non dimenticare gli insegnamenti che questa instabilità propria degli in-tellettuali ha dato alla classe ope-raia.

Riguardo alla teoria del valore basterà dire che, a parte le lamen-tazioni e le allusioni, assai nebulo-se, alla Böhm-Bawerk, i revisioni-

sti non hanno dato un bel niente e non hanno quindi lasciato traccia alcuna nello sviluppo del pensiero scientifico.

Sul piano politico il revisioni-smo ha tentato di rivedere il fon-damento reale del marxismo, la dottrina della lotta di classe. La libertà politica, la democrazia, il suffragio universale, ci è stato det-to, distruggono le basi stesse della lotta di classe e confutano la vec-chia tesi del Manifesto comunista secondo cui gli operai non han-no patria. In regime di democra-zia, dove domina la “volontà della maggioranza”, non si può più con-

siderare lo Stato come un organo del dominio di classe e non ci si può più sottrarre all’alleanza con la borghesia progressista, propu-gnatrice di riforme sociali, contro i reazionari.

È incontestabile che queste obiezioni dei revisionisti danno vita a un sistema abbastanza or-ganico di idee, cioè al sistema già noto da un pezzo delle concezio-ni liberali borghesi. I liberali han-no sempre sostenuto che il parla-mentarismo borghese distrugge le classi e la divisione in classi, per-ché tutti i cittadini senza distinzio-ne hanno diritto al voto, hanno di-ritto di partecipare agli affari dello Stato. Ma tutta la storia dell’Euro-pa nella seconda metà del XIX se-colo, tutta la storia della rivoluzio-ne russa all’inizio del secolo XX dimostrano chiaramente quanto siano assurde queste concezioni.

Con la libertà del capitalismo “democratico” le differenze eco-nomiche non si attenuano, ma si accentuano e si inaspriscono. Il parlamentarismo non elimina ma mette a nudo l’essenza delle re-pubbliche borghesi più democra-tiche come organi dell’oppressio-ne di classe. Aiutando a illuminare e ad organizzare masse popolari infinitamente più grandi di quel-le che partecipavano prima atti-

Marx ed Engels durante uno dei numerosi incontri di lavoro comune che si tenevano a casa di Marx a Londra

LENIN:NON CROGIOLIAMOCI NEL NOSTRO BRODO.

ANDIAMO TRA GLI OPERAII comunisti non debbono crogiolarsi nel loro brodo, ma imparare ad agire, senza arrestarsi dinanzi a certi sacrifici e senza temere gli errori inevitabili all’inizio di qualsiasi impresa nuova e difficile, in modo da penetrare nel locale chiuso dove i rappresentanti della borghesia esercitano la loro influenza sugli operai.

Lenin

(Da “Abbiamo pagato troppo”, 9 Aprile 1922, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 33, pag. 301)

vamente alle vicende politiche, il parlamentarismo non contribuisce per questa via a eliminare le crisi e le rivoluzioni politiche, ma contri-buisce a rendere più acuta la guer-ra civile nel corso di queste rivo-luzioni. Gli avvenimenti di Parigi nella primavera del 1871 e quel-li di Russia nell’inverno del 1905 hanno dimostrato nel modo più chiaro come si giunga inevitabil-mente a questo inasprimento del-la guerra civile. La borghesia fran-cese, per soffocare il movimento proletario, non ha esitato un istan-te ad accordarsi con il nemico di tutta la nazione, ad accordarsi con l’esercito straniero, che le aveva saccheggiato la patria.

Combattere le posizioni revisioniste

Chi non comprende l’inevita-bile dialettica interna del parla-mentarismo e della democrazia borghese, che porta a risolvere i conflitti ricorrendo a forme sem-pre più aspre di violenza di massa, non saprà mai condurre nemmeno sul terreno del parlamentarismo un’agitazione e una propaganda di principio, che preparino realmente le masse operaie a partecipare vit-toriosamente a questi “conflitti”. L’esperienza delle alleanze, degli accordi e dei blocchi con il libe-ralismo socialriformistico in Occi-dente e con il riformismo liberale (cadetti) nella rivoluzione russa ha dimostrato persuasivamente che questi accordi possono solo an-nebbiare la coscienza delle masse, non accentuando ma attenuando il significato reale della loro lotta, legando i combattenti agli elemen-ti più inetti alla lotta, più instabili e inclini al tradimento. Il milleran-dismo francese - cioè l’esperienza più significativa nell’applicazione della tattica politica revisionistica su vasta scala, su una scala real-mente nazionale - ha dato del revi-sionismo un giudizio pratico che il proletariato del mondo intero non dimenticherà mai.

Il naturale coronamento delle tendenze economiche e politiche del revisionismo è stato il suo at-teggiamento verso l’obiettivo ulti-mo del movimento socialista. “Il fine è nulla, il movimento è tut-to”: queste alate parole di Ber-nstein esprimono meglio di tan-te lunghe disquisizioni l’essenza del revisionismo. Determinare la propria linea di condotta caso per caso; adattarsi ai fatti del giorno e alle svolte dei piccoli fatti politi-ci; dimenticare gli interessi fon-damentali del proletariato e i tratti essenziali di tutto il regime capi-talistico, di tutta l’evoluzione del capitalismo; sacrificare questi in-teressi fondamentali ai reali o pre-sunti vantaggi del momento: ecco la politica revisionistica. Dalla so-stanza stessa di questa politica ri-sulta chiaramente che essa può as-sumere forme infinitamente varie e che ogni problema in qualche misura “nuovo”, ogni svolta più o meno inattesa e imprevista, pur se modifica in misura infima e per un periodo assai breve il corso fonda-mentale degli eventi, deve suscita-re inevitabilmente questa o quella variante del revisionismo.

Il revisionismo è reso inevita-bile dalle sue radici di classe nella società moderna. Il revisionismo è un fenomeno internazionale. Per

ogni socialista in qualche modo esperto e capace di riflettere non può esistere il minimo dubbio che i rapporti tra gli ortodossi e i bern-steiniani in Germania, tra i seguaci di Guesde e quelli di Jaurès (e oggi soprattutto i seguaci di Brousse) in Francia, tra la Federazione social-democratica e il Partito laburista indipendente in Inghilterra, tra de Brouckère e Vandervelde in Bel-gio, tra integralisti e riformisti in Italia, tra bolscevichi e mensce-vichi in Russia sono dappertutto, nella loro essenza, omogenei, no-nostante l’immane varietà di con-dizioni nazionali e situazioni sto-riche di questi paesi nel momento attuale. La “divisione” in seno al socialismo internazionale del no-stro tempo già oggi si produce in sostanza secondo una linea unica nei diversi paesi, attestando così l’immenso progresso realizzato ri-spetto a trenta o quarant’anni fa, quando nei diversi paesi lottavano tra loro in seno al socialismo inter-nazionale unico tendenze eteroge-nee. Anche il “revisionismo di si-nistra”, che si è delineato oggi nei paesi latini come “sindacalismo ri-voluzionario”, si adatta al marxi-smo “correggendolo”: Labriola in Italia, Lagardelle in Francia si ri-chiamano senza tregua a un Marx ben compreso contro un Marx male inteso.

Non possiamo indugiare qui sull’analisi del contenuto ideale di questo revisionismo, che è ancora ben lontano dall’essersi sviluppa-to come il revisionismo opportu-nistico, che non è ancora diventato un fenomeno internazionale, che non ha ancora affrontato nessuna battaglia pratica importante con il partito socialista in nessun paese. Ci limiteremo quindi a parlare del “revisionismo di destra” che ab-biamo descritto sopra.

Che cosa rende inevitabile il revisionismo nella società capita-listica? Perché esso è più profondo delle particolarità nazionali e dei gradi di sviluppo del capitalismo? Perché in ogni paese capitalistico, accanto al proletariato, esistono sempre larghi strati di piccola bor-ghesia, di piccoli proprietari. Il ca-pitalismo è nato e nasce continua-mente dalla piccola produzione.

Tutta una serie di “strati interme-di” viene creata immancabilmen-te dal capitalismo (appendici della fabbrica, lavoro a domicilio, pic-coli laboratori che sorgono in tut-to il paese per sovvenire alle ne-cessità della grande industria, di quella automobilistica e delle bi-ciclette, per esempio). Questi nuo-vi piccoli produttori vengono ine-vitabilmente respinti nelle file del proletariato.

È quindi assolutamente natura-le che le concezioni piccolo-bor-ghesi penetrino di nuovo nelle file dei grandi partiti operai. È asso-lutamente naturale che così deb-ba avvenire e avvenga sino allo sviluppo della rivoluzione prole-taria, perché sarebbe un grave er-rore pensare che per compiere questa rivoluzione sia necessaria la “completa” proletarizzazione della maggioranza della popola-zione. Ciò che noi sperimentia-mo oggi soltanto sul piano ideale, le polemiche contro gli emenda-menti teorici a Marx, ciò che si manifesta oggi nella pratica solo a proposito di certi problemi par-ticolari del movimento operaio, le divergenze tattiche con i revisio-nisti e le scissioni che si produ-cono su questo terreno, tutto que-sto la classe operaia dovrà subirlo immancabilmente e in proporzio-ni infinitamente più grandi quan-do la rivoluzione proletaria avrà acuito tutte le questioni controver-se, concentrato tutte le divergenze sui punti che assumono un signi-ficato immediato nel determinare la linea di condotta delle masse e imposto, nel fuoco della lotta, di discernere i nemici dagli amici, di respingere i cattivi alleati per vi-brare al nemico colpi decisivi.

La lotta ideale del marxismo rivoluzionario contro il revisioni-smo alla fine del secolo XIX è sol-tanto il preludio delle grandi batta-glie rivoluzionarie del proletariato, che avanza verso la vittoria com-pleta della sua causa, nonostante tutti i tentennamenti e le debolez-ze della piccola borghesia.

Scritto nella prima metà di apri-le (seconda metà di marzo) del 1908. Pubblicato nella raccolta Karl Marx (1818-1883), Pietro-burgo 1908. Firmato Vl. Ilin.

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10 il bolscevico / PMLI N. 6 - 16 febbraio 2012

VIVA LA NUOVA SEDEDE “IL BOLSCEVICO” A NAPOLI

I compagni del-la Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI hanno ultima-to il trasloco nella nuova sede della Re-dazione partenopea de Il Bolscevico, più spaziosa, più confor-tevole e adeguata.

Essa, situata in una zona del capo-luogo campano an-cor più centrale della precedente, si trova in Vico S. Maria del-l’Aiuto n. 5.

La Redazione centrale de Il Bolsce-vico e il Partito tut-to salutano con gioia la rossa conquista marxista-leninista a Napoli.

LA BANDIERA DEL PARTITO INIZIAA SVENTOLARE IN PROVINCIA DI CATANZARO

Primo volantinaggiodel PMLI a Cropani

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Cropani del PMLINei giorni scorsi, con grande

gioia e impegno militante, l’Or-ganizzazione di Cropani (Catan-zaro) del PMLI ha diffuso per la prima volta i volantini del Parti-to, in piazza Casolino.

La bandiera del PMLI è stata

tenuta alta mentre venivano di-stribuiti decine di volantini con la posizione del Partito che in-vita a liberarsi del governo ca-peggiato dal tecnocrate borghe-se Monti.

È così iniziato il duro ma ineludibile lavoro per far cono-scere e radicare il PMLI in que-sto comune della Calabria.

PERCHE’ NON AVETE SCRITTO UN RIGO SULLA SCOMPARSA DEL LEADER

NORDCOREANO?Cari compagni,seguo sempre con molta at-

tenzione e assiduità i vostri com-menti alla situazione politica inter-na ed estera.

Ho notato però che nessun accenno (salvo una mia svista, ma non credo, avendo visitato tutti i vostri spazi di analisi) sia stato fatto circa la scomparsa di Kim Jong Il, leader nordcoreano. Non riesco a darmene una spie-gazione logica visto che comun-que ne ha parlato la stampa di tutto il mondo.

Ora, si può dare qualsivo-glia giudizio storico e critico sul “caro leader”, ma non credo che il silenzio totale possa essere un metodo di informazione seria e giusta, soprattutto per chi come il sottoscritto cerca dei punti di riferimento politici in grado di aiu-tarlo a capire il criterio marxista-leninista di giudizio su di un per-sonaggio con luci ed ombre, che comunque ha ricoperto un ruolo nello scacchiere internazionale pur con tutti i limiti della sua azio-ne politica per me molto contrad-dittoria. In particolare mi riferisco all’egemonia dinastica che in un paese che si definisce democra-tico-popolare non può concepire che la guida dello Stato e del par-tito avvenga per linea ereditaria di padre in figlio.

Spero tanto di leggere un giorno una vostra analisi politica e scientifica di quello che è stata e potrà essere la RPDC anche per mettere dei punti fermi al giudizio storico e politico da dare a quel partito comunista e al ruolo che quel paese deve svolgere nel mo-vimento internazionale. Non con-sidero dunque la morte di Kim Jong Il un fatto suo personale e familiare o, peggio, interno alla Corea del Nord.

Le stesse manifestazioni di massa legate al suo funerale sono e devono essere un elemento di riflessione; indipendentemente dai commenti della stampa bor-ghese occidentale occorre ca-pire e interrogarsi su quale sia il cammino di quel popolo e di quel partito e quale sia il nostro giudi-zio critico su quello che ha tutti i

caratteri del culto della persona-lità. Basta vedere il passaggio di “consegne” a suo figlio Kim Jong Hun che fra i tanti meriti e incari-chi è stato subito fatto Capo delle forze armate.

Su questo e su tanti altri aspet-ti di quella realtà politica occorre svolgere un’ampia e severa anali-si (non necessariamente integral-mente negativa).

Saluti comunisti.Max, via e-mail

Caro compagno,siamo contenti che ti sei rifat-

to vivo dopo tanto tempo. Ma più che una domanda ci aspettava-mo che tu ci dicessi che hai deci-so di darci una mano per il trionfo della causa del proletariato, del socialismo e del PMLI. Invece te ne stai alla finestra per vedere cosa pensa e fa il PMLI. Ma ciò a che serve? Solo per soddisfare la tua curiosità politica? Troppo poco, ci pare, e di nessuna utilità per le masse e la lotta di classe. Non ti sembra?

Comunque, dal momento che ci segui da tempo e attentamente, saprai anche della nostra posizio-ne sulla RPDC: un paese antim-perialista ma non socialista. Non a caso il Partito del lavoro non sta col PMLI ma con i partiti revisio-nisti dei vari paesi. Qui in Italia sta col PdCI e persino col nuovo partito dell’imbroglione trotzkista Rizzo che improvvisamente si è scoperto marxista-leninista, ecc.

Per tutto questo non abbiamo detto una parola sulla scomparsa di Kim Jong Il. Il nostro silenzio parla chiaro. È già una posizione, condivisibile o meno. In segui-to potremo anche ritornare sulla RPDC, ma non ritenevamo op-portuno intervenire in occasione della morte del suo leader. Del re-sto ci sembra che tu abbia le idee chiare in proposito.

Ti ritieni un comunista e noi ne siamo contentissimi. Ma i comunisti, come sai bene, sono dei combattenti, degli elementi di azione. Forse lo sei anche tu. Ma al servizio di quale partito?

Saluti militanti.

Il PMLI produce un grosso sforzo per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neofascista e per l’Italia unita, rossa e socialista. I militanti e i simpatizzanti attivi del Par-tito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare.

Il PMLI fa quindi appello ai since-ri fautori del socialismo per aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi finanziari. Nel supremo inte-resse del proletariato e della causa del socialismo.

Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale guidato da Monti.

Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una coscienza, una men-talità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di ab-battere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuo-re per tutto quello che potrete fare.

Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a:

PMLIvia Gioberti, 10150121 FIRENZE

HO SOLO COMPIUTO IL MIO DOVERE DA

MARXISTA-LENINISTAÈ un onore e un impegno

di vita l’aver scelto di milita-re nel PMLI, quindi studiare, mettere in pratica e diffondere il marxismo-leninismo-pen-siero di Mao. Errori e con-traddizioni sono all’ordine del giorno e ho compreso che il vero problema non sono tanto le difficoltà quanto l’approc-cio che si ha nel superarle. Ho trovato nel marxismo una scienza esatta che risponde ai miei tanti dubbi e perché, nel centralismo democratico una potente arma di disciplina ri-voluzionaria e, nel contatto diretto con le masse, l’esame da affrontare dopo lo studio, il concretizzarsi di tutto quel-lo che dei Maestri ho letto.

Gli eventi mi hanno col-to di sorpresa, si sente chia-ramente che i tempi stanno maturando e sarebbe stato un grave errore perdere l’occa-sione di penetrare tra le masse in lotta. È particolarmente in-teressante analizzare le varie testimonianze che ho raccolto e di cui presto spero di poter scrivere in un rapporto detta-gliato su cosa, come e perché è successo a Palermo nei gior-ni della rivolta.

Gli elogi mi fanno sicu-ramente sentire meglio e mi

danno la forza per continua-re con spirito di sacrificio. Il tempo che ho sottratto allo studio è stato necessario e re-puto di aver compiuto solo il mio dovere da marxista-leni-nista. Senza il vostro appog-gio, il costante contatto con la compagna Giovanna Vitrano e le sue direttive non avrei po-tuto fare molto. E c’è ancora tanto da fare e sento come un peso che mi limita l’impegno universitario che, comunque, come ben mi dite voi compa-gni, è prioritario nell’interes-se mio e del lavoro che potrò svolgere nel Partito.

Vi ringrazio per le parole di sostegno e per la costante cura che il Partito si prende di me! E un abbraccio partico-lare al compagno Scuderi cui sono legato particolarmente per i grandi insegnamenti e le risposte che ogni giorno sco-pro tra i suoi discorsi.

Che altro dire se non che sono orgoglioso e felice di aver reso un servizio così im-portante al Partito senza nem-meno rendermene conto.

Marco

Da un rapporto interno della Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di Palermo del PMLI

LuttoErnesto Volpi è deceduto, il 3 gennaio 2012, per problemi car-

diologici mentre veniva trasportato dall’ospedale di Paola (Co-senza) a quello di Cetraro. Aveva 87 anni.

Ne ha dato notizia in questi ultimi giorni la moglie Angela alla quale abbiamo espresso il fraterno cordoglio del PMLI e de “Il Bolscevico”.

Volpi era un simpatizzante del PMLI dai primi anni ’80 quan-do risiedeva a Salsomaggiore (Parma).

Nel passato è stato collaboratore de “Il Bolscevico”. Ha par-tecipato alla manifestazione pubblica in piazza in occasione del 30° Anniversario della fondazione del PMLI. Successivamente si è recato a visitare la tomba di Nerina “Lucia” Paoletti, una dei primi quattro pionieri del PMLI e cofondatrice del Partito.

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Dal nostro corrispondente della CampaniaIl settore della sanità pubblica

in Campania ha accumulato, ne-gli ultimi anni, un deficit stratosfe-rico. Con l’intermediazione della società di “cartolarizzazione”, la Soresa Spa, “il debito” è stato messo nelle mani delle banche. Con la scusa di ripianare questo “pozzo senza fondo”, e assecon-dare i creditori della sanità privata convenzionata, si susseguono, spietati, e senza soluzione di continuità, i tagli dei governi, che stanno mettendo in discussione l´esistenza stessa del servizio sa-nitario napoletano e campano.

Come se non bastasse sulle ossa fracassate degli ammalati sta piombando anche il carro-armato del governatore Stefano Caldoro. Il piano sanitario ospe-daliero varato dalla sua giunta il 31 luglio del 2010, sulla scia del precedente predisposto dalla giunta Bassolino, prevede infatti la dismissione di altri 1.297 po-sti letto, di cui ben 765 solo nel-la città di Napoli. Si tratta di un provvedimento inaccettabile che fa precipitare la media regionale ad appena 3 posti letto per mille abitanti (fanalino di coda in Italia e Europa), di cui appena 0,43 per 1.000 per la lungo-degenza e la riabilitazione (settore interamente nelle mani dei predoni della sani-tà privata).

Per quanto riguarda la città di Napoli, alla fine del 2009 è stato chiuso l’ospedale Gesù e Maria di Piazza Mazzini, con annesse strutture universitarie: centinaia di pazienti, compresi i trapiantati di fegato, nonché il personale dei reparti, degli ambulatori e dei ser-vizi è stato costretto ad elemosi-nare ospitalità in altre strutture cittadine. È stata poi la volta del

N. 6 - 16 febbraio 2012 campania / il bolscevico 11Con il micidiale piano ospedaliero di Caldoro e i tagli del governo Monti

LA SANITA’ PUBBLICA IN CAMPANIA E’ ALLO SFASCIO

COMUNICATO DEL PMLI.CAMPANIA

Il PMLI condanna le cariche e le manganellate di Monti

contro i lavoratori edili dell’interporto di Marcianise

Non solo lacrime e sangue; ma anche cariche e violente man-ganellate a chi osa protestare.

Il PMLI condanna le dure e vergognose cariche poliziesche avvenute a Caserta martedì 31 gennaio nei confronti dei lavo-ratori edili St e della Cogepi di Marcianise.

I settanta lavoratori dovreb-bero essere impiegati dall’Inter-porto per la realizzazione di nuo-vi cantieri nell’area che fa capo al comune di Marcianise. L’am-ministrazione, però, non ha an-cora provveduto a sbloccare le licenze e, dunque, l’Interporto ha deciso di metterli in cassa in-tegrazione. Da qui la giusta pro-testa dei lavoratori per difendere il posto di lavoro.

Un atto che non è stato gra-dito dal governo del tecnocrate e borghese Monti che ha calza-to l’elmetto e indossato l’orbace tipico del regime fascista e ordi-nato alle “forze dell’ordine” di caricare selvaggiamente i lavo-ratori in lotta.

Insomma le manganellate e

lo squadrismo di regime tanto care a Mussolini e a Berlusconi, evidentemente non dispiaccio-no nemmeno a Monti. A confer-ma che dal neoduce Berlusconi al tecnocrate liberista borghese nulla è cambiato nel comporta-mento del governo della clas-se dominante borghese verso le masse popolari. Stessa politica interna, stessa politica estera e stesso manganello fascista.

Per il PMLI occorre subi-to fermare il massacro socia-le in atto e portare fino in fondo la lotta contro il governo Mon-ti, fino ad abbatterlo, e sostenere e unificare tutte le lotte in corso, da quelle dei lavoratori e disoc-cupati a quelle degli studenti, da quelle dei piccoli agricoltori, dei pescatori e dei pastori a quelle dei camionisti, da quella dei mo-vimenti per la ripubblicizzazione dell’acqua a quella dei No Tav, ecc.

Franco Di Matteo,Responsabile

per la Campania del PMLINapoli, 2 febbraio 2012

In piazza i Comitati per la difesa della salute e l’ambiente di Pozzuoli e Quarto (Napoli)

SEIMILA IN CORTEO PER DIRE NO ALLA DISCARICA DEL CASTAGNARO E AL CRIMINALE PIANO RIFIUTI DELLA REGIONE Presente al corteo una rappresentanza

della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLIDal nostro corrispondente della Campania

Sabato 4 febbraio si è svolta una combattiva manifestazione, tra Pozzuoli e Quarto (Napoli), in località Montagna Spaccata. Oltre seimila manifestanti hanno espresso tutto il loro dissenso e la loro determinazione a protestare contro il piano regionale dei rifiu-ti della giunta regionale Caldoro (PDL), che prevede l’apertura di discariche in disuso e di quattro inceneritori in Campania. Infatti, proprio in questa area, circonda-ta dal verde e da numerose abita-zioni e popolato da coltivazioni e vigneti, la giunta regionale vuole attuare in tempi brevi il suo piano criminale di scempio ambientale. Un nuovo crimine in un territo-rio già ulteriormente martoriato e danneggiato dalle precedenti “emergenze” e dove, da decenni, si chiede l’inizio della raccolta dif-ferenziata con annesso riutilizzo del rifiuto.

Il lungo corteo si è dipanato dalla Villa Comunale di Quarto fino a raggiungere via Campana nei pressi della zona del Casta-gnaro; qui, secondo gli intendi-menti della regione Campania, sarebbe previsto il riempimento della cava con il “compost-fuo-

A Napoli liste d’attesa infi nite, lavoratori super-stressati; Cardarelli, Loreto Mare e Vecchio Pellegrini al collasso, ovunque affollamento e

caos, pazienti in barella e condizioni igieniche da Terzo Mondo

LE MASSE POPOLARI IN PIAZZA: “NO ALLO SMANTELLAMENTO DEL SSN”

Napoli, novembre 2011. Una delle proteste popolari contro la chiusura del pron-to soccorso dell’ospedale San Gennaro

Quarto (Napoli), 4 febbraio 2012. Manifestazione contro la discarica

Pronto Soccorso (PS) dell’Ospe-dale Ascalesi (nel pieno centro di Napoli).

Nell’autunno scorso le masse popolari partenopee esasperate sono scese in strada per oppor-si alla chiusura anche del pronto soccorso dell’Ospedale San Gen-naro, presidio nevralgico per il popoloso quartiere “Sanità”: una raffica di manifestazioni e presidi assedia la sede regionale in Via S. Lucia. Occupate per alcuni giorni le strutture della clinica conven-zionata “Villa Russo” di Miano e dell’importante poli-ambulatorio dell’ex-distretto 42, anch’essi destinati alla “dismissione”. Bloc-chi stradali si registrano anche a Torre del Greco, per opporsi alla chiusura del PS dell’Ospedale Maresca. Qualche mese prima all’Ospedale S. Paolo di Fuori-grotta: una indimenticata infer-miera muore dopo una protesta estrema contro il mancato paga-mento degli stipendi mentre pre-sidi e sit-in di lavoratori e pazienti si susseguono contro la chiusura

dell’apprezzato e molto frequen-tato ambulatorio di agopuntura e fitoterapia (il commissario straor-dinario e la giunta Caldoro prima impongono ai pazienti il paga-mento diretto delle prestazioni poi decidono di tenere fuori le “medicine non convenzionali” dai “Lea regionali”).

Situazione insostenibileIl quadro che emerge da que-

ste coraggiose lotte è che la si-tuazione sia dei servizi sanitari territoriali che ospedalieri a Na-poli e in Campania è insosteni-bile e attraversa ogni comune, quartiere, distretto, presidio. È un vero proprio inferno: medici e operatori che vanno in pensione non vengono sostituiti da nuovi assunti, prestazioni e ricoveri si basano sul lavoro straordinario, pazienti sballottati da una strut-tura all’altra, liste di attesa che si accorciano solo per chi ha “le co-

noscenze giuste”. Anche i lavora-tori delle ditte di pulizie, lavande-ria e guardiania (lavoro semi-nero e quasi sempre in subappalto), sempre più spesso non ricevono gli stipendi, mentre quasi quoti-diane sono le proteste per ritardi nei soccorsi ed errori diagnostici e terapeutici.

Al Cardarelli, al Loreto Mare e al Vecchio Pellegrini, i tre princi-pali ospedali cittadini, la cui ge-stione quotidiana è sempre stata drammatica, l’affollamento ha toccato livelli spaventosi che non si registrano neanche nei Paesi del Terzo mondo. Nell’ospedale di Via Marina giungono notizie di ammalati sistemati sul pavimento per mancanza di barelle, di pa-zienti costretti a firmare liberato-rie che sollevano i medici da ogni responsabilità su possibili infezio-ni causate dallo stato di sporcizia in cui versano le sale operatorie, di sospensioni delle attività ordi-narie del presidio per mancanza dei requisiti minimi di igiene e sicurezza. I reparti dell’ospedale collinare sono un lazzaretto, dove persino i corridoi sono occupati quotidianamente dalle barelle. In-tanto, il mastodontico Ospedale del Mare, progettato dal “geniale” architetto Renzo Piano in piena “zona rossa” alle falde del Vesu-vio, è ancora un sogno. O meglio, uno scheletro, a fronte di un ulte-riore lievitamento dei costi per 44 milioni di euro.

In questo contesto di diritto alla salute quotidianamente cal-pestato, l’accisa regionale è altis-sima e le addizionali Irpef e Irap sono ai massimi livelli consentiti dalla legge. Anche gli odiosi tic-ket, nonostante le incredibilmen-te lunghe liste d’attesa, stanno

schizzando alle stelle. Sono au-mentati a 50 euro per la prima visita e a 25 euro per la seconda, più il “contributo di solidarietà” di 10 euro per i non-esenti e 5 per gli esenti (disoccupati e familiari sotto 800 euro mensili, pensiona-ti con il minimo, nucleo familiare sotto 1.000 euro). Sempre più spesso i pazienti (chi può permet-terselo) per un esame urgente o per non interrompere una terapia a causa di chiusure improvvise e attese infinite, sono costretti a ri-volgersi ai centri privati, i soli che dal collasso degli ospedali cam-pani hanno tutto da guadagnare.

Arretra la lottaalle patologie tumoraliLa condizione più disperata la

vivono le persone colpite da pato-logie tumorali, cresciute esponen-zialmente negli ultimi anni, grazie alla politica del Commissariato rifiuti, fondata sulle mega-discari-che, i Cdr, le ecoballe e gli incene-ritori. Mancano i registri dei tumori, la prevenzione è all’anno zero! Al-tro scandalo: all’Istituto Nazionale per la cura dei tumori “Fondazione Pascale” da luglio scorso non si eseguono più terapie alle pazienti affette da tumori alla mammella, per lo smantellamento di quasi tutto il reparto di Radioterapia. Motivazione? I macchinari obso-leti sarebbero pericolosi. Non du-bitiamo, peccato però che - come ha denunciato il “Movimento di lotta per la Sanità Pubblica” - il direttore del dipartimento, Paolo Muto è socio di una catena di cen-tri radioterapici sparsi per Napoli e per tutta la Regione!

Emblematici sono anche i dati dell’emigrazione sanitaria,

concentrata come sempre sulla direttrice Sud-Nord. In Campania 11 ammalati su 100 intrapren-dono il “viaggio della speranza” fuori regione (con annesso trasfe-rimento di finanziamenti pubblici verso la regione ospitante), solo 3 provengono invece da altre zone del Paese per avere assistenza e cura nella regione.

Le responsabilità di tutto ciò sono dei governi, delle istituzioni borghesi in camicia nera a tutti i livelli, dei politici di tutti i partiti del regime neofascista, dei manager, ma anche degli sciacalli della sa-nità privata, che costituiscono il vero governo occulto della sanità in Campania, e possono essere definiti a pieno titolo “borghesia mafiosa”.

Incurante di tutto ciò e del fatto che in dieci anni sono ta-gliati dallo Stato ben 2 miliardi alla sanità campana, il governo Monti e il ministro della salute Renato Balduzzi, promettono che se i governatori, con i cosiddetti “piani di rientro regionali, di Asl ed ospedali”, non riusciranno a ridurre l’entità dei debiti (7,5 mi-liardi per l’intero Paese, di cui circa 750 milioni spettano alla Campania), sono in arrivo nuove stangate. L’aumento dei ticket in Campania – secondo notizie non smentite da Palazzo S. Lu-cia - potrebbe essere pari al 20 per cento per recuperare risorse aggiuntive per 200 milioni in due anni: per le visite specialistiche si pagherebbero tra 66 e 70 euro; per i codici bianchi si passerebbe da 50 a 60 euro; la ricetta per le cure termali salirebbe a 12 euro mentre in media tra ricetta e far-maco si spenderebbero circa 4 euro contro i 3,50 di oggi.

ri specifica”, materiali che sono ritenuti nocivi per la salute e per l’ambiente. Presenti al corteo i comitati campani che si battono per un piano rifiuti alternativo, provenienti da Napoli, da Chiaia-no ma anche da Acerra, Taverna del Re e Afragola. Numerose le studentesse e gli studenti del-l’area flegrea presenti al corteo ma anche tante le bandiere rosse tra cui quelle della Cgil.

Il grido di lotta dei manifestan-ti: “il piano regionale rifiuti è da criminali!”, “Siamo qui per la re-voca della scelta delle cave come siti per lo sversamento del com-

post-fuori specifica e in partico-lare della cava del Castagnaro e per chiedere le dimissioni subito del Commissario straordinario Vardè e dell’ingegnere Giovanni Perillo della Sapna, ribadendo anche la nostra avversione alla conversione del decreto legge 25 gennaio 2012, n. 2 – asseriscono i manifestanti - il Commissario straordinario Vardè e i dirigen-ti della Sapna in un anno di ben retribuite attività hanno saputo soltanto individuare nella provin-cia di Napoli sei cave da riempire con un rifiuto denominato com-post-fuori specifica gravemente

dannoso per la salute che neppu-re viene prodotto dagli impianti in Campania, senza alcuna garan-zia per i cittadini e contrabban-dando questa operazione come una fantomatica e impresentabile riqualificazione ambientale. In un anno hanno individuato sei siti dove realizzare una vera e propria montagna di rifiuti. Nessun’altra e più seria attività hanno compiuto per affrontare il problema rifiuti. È tempo che chi lautamente retri-buito ha svolto male i propri com-piti vada a casa e non continui a far danni”.

La giornata di lotta si è con-clusa con un’assemblea popola-re in cui ha cercato di intervenire pure il sindaco di Quarto (PDL) che però è stato duramente con-testato dalla popolazione.

Al corteo erano presenti alcuni compagni della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI che hanno portato ai manifestanti e alle popolazioni di Pozzuoli e Quarto tutto il sostegno alla lot-ta in corso contro la discarica del Castagnaro.

I nostri compagni hanno par-tecipato attivamente al corteo insieme al “Comitato campano per l’acqua pubblica” e alla “Rete campana per la difesa della salu-te e l’ambiente”.

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12 il bolscevico / cronache locali N. 6 - 16 febbraio 2012

Nella Toscana del governatore Rossi (PD)

CRESCONO LA DISOCCUPAZIONEE I CONTRATTI A TERMINE

Dal nostro corrispondente della Toscana

La crisi del mercato capitali-stico imperversa in Toscana. I dati che emergono dall’analisi espres-sa dall’Irpet sull’anno 2011 danno una fotografia agghiacciante e non può certamente consolare se la no-stra regione riesce a contenere la disoccupazione rispetto ad altre regioni italiane.

La situazione economica della Toscana conferma un calo vertigi-noso nella produzione con -1,7% nell’industria e addirittura un -6,4% nell’agricoltura. L’unico set-tore in crescita riguarda i servizi con un +1,8%.

Il rapporto afferma che sareb-bero ben 30 mila i posti di lavoro

in più rispetto all’anno 2010, sal-vo poi chiarire che l’incremento c’è stato perché sono aumentate le assunzioni con contratti a termi-ne. I lavoratori atipici rappresen-tano circa l’11% degli occupati in Toscana e sono soprattutto donne. Insomma più lavoro ma precario e flessibile, proprio come vuole il governo Monti.

Il rapporto evidenzia poi come le aziende per scongiurare la chiu-sura abbiamo addirittura “aggiu-stato la forza lavoro” riducendo l’orario di lavoro dei propri dipen-denti.

Il tasso di disoccupazione to-scano si colloca al 6,3% arrivando addirittura al 10% se si includo-no i lavoratori in cassa integrazio-ne e quelli scoraggiati nel trovare

un’occupazione.I più colpiti dalla disoccupa-

zione sono i giovani. Dal 2009 al 2010 tra gli under 25 sono stati persi oltre 18mila posti di lavoro con un tasso di disoccupazione del 25,3%, tra i 25-34 anni persi inve-ce quasi 34mila posti. Va somma-to il 16% dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavo-rano. Dati impressionanti.

In questa amara fotografia oc-cupazionale della Toscana c’è un esponenziale aumento di per-sone, sia italiane che immigra-te, che si rivolgono alla Caritas. Come emerge da un rapporto del-la stessa Caritas il 27,8% di chi chiede aiuto è nella fascia di età tra i 35 e i 44 anni e che il 66% è disoccupato. La problematica

principale per la quale si rivolgo-no alla Caritas è la povertà eco-nomica, segue poco sotto la man-canza del lavoro.

Di fronte a questi dati lo stes-so governatore Enrico Rossi (PD) ha dovuto affermare che non ci si può “autoconsolare”. Ci doman-diamo in concreto cosa fa e vuo-le fare per le numerose situazioni di crisi aziendali ancora aperte in Toscana, vedi l’Ansaldo-Breda. La questione è che Rossi e il suo partito non vogliono ammettere che la crisi è frutto del capitalismo e anzi, approvano un welfare del tutto improponibile, rincarando la “dose” con una vera e propria stangata fatta di aumenti Irpef, ac-cisa sulla benzina, tariffe di treni e autobus.

Trasporti da Terzo mondo

UN PO’ DI NEVE MANDA KOLE FERROVIE IN LOMBARDIAI pendolari costretti a viaggiare su carrozze senza riscaldamento e con il ghiaccio sui sedili

MENTRE ASSIEME A PISAPIA E FORMIGONI STANGA LE MASSE E

PROSEGUE CON LA MACELLERIA SOCIALE

Monti trova i soldiper alzare all’11%

i finanziamenti statali per Expo 2015

Redazione di MilanoIl governo della grande fi-

nanza, della Ue e della macel-leria sociale di Mario Monti ha formalizzato la sua prima azio-ne di sostegno a Expo 2015, al-zando il tetto dei finanziamenti statali per le spese di funziona-mento della ArEXPO Spa dal 4 all’11%.

L’innalzamento, incluso nel Decreto Semplificazioni appro-vato nella giornata di venerdì 27 gennaio, è un atto vergogno-so che dimostra chiaramente come questo governo fa paga-re il debito pubblico dello Sta-to borghese esclusivamente alla classe operaia e alle masse la-voratrici e popolari mentre, alla faccia di quest’ultime, trova con “sobria” faccia di bronzo i soldi per servire al meglio colo-ro che hanno provocato la cri-si capitalistica in cui versiamo. Vergognose di conseguenza le dichiarazioni del neopodestà arancione di Milano - e com-missario straordinario EXPO - Giuliano Pisapia, secondo il quale si tratta di “un segnale di grande attenzione e disponibi-lità”, e quelle del dittatore re-gionale PDL - e commissario generale EXPO - Roberto For-migoni che ha pubblicamente ringraziato il governo Monti, sottolineando come il tetto del 4% rappresentasse di fatto “un serio limite operativo”.

La prossima tappa del con-fronto tra i commissari Expo Pisapia e Formigoni e il gover-no Monti vedrà riunita la Com-missione di Coordinamento per le attività connesse all’Expo Milano 2015 (COEM). Un ta-volo strategicamente importan-te, dove verranno con tutta pro-babilità discussi altri due nodi il cui scioglimento rappresenta un passaggio obbligatorio per il corretto funzionamento della macchina organizzativa: la de-roga al Patto di stabilità per gli enti locali e l’accordo di sede che regola la partecipazione dei Paesi e le agevolazioni fiscali e amministrative.

Pisapia, a braccetto con For-migoni e col “sobrio” macel-laio sociale Monti, crede an-cora di convincere le masse lavoratrici e popolari colpite implacabilmente dagli effetti della crisi capitalistica, e dal-le politiche borghesi per conte-nerla, che EXPO sia una “prio-rità nazionale”? Ma finiamola! Vogliamo ancora una volta sot-tolineare che la classe operaia e le masse lavoratrici e popola-ri di siffatte priorità nazionali (come anche TAV, TEM, Bre-bemi, Pedemontana, ecc.) non sanno che farsene!

Le priorità nazionali sono ben altre: realizzazione di una scuola pubblica e garantita gra-tuitamente a tutti, rifacimento delle infrastrutture (ospedali, ospizi, case popolari), cura del territorio a livello idrogeolo-gico, fondo cassa e servizi ga-rantiti per i lavoratori lasciati a casa senza lavoro (licenziati, cassaintegrati, o in mobilità), servizi agli anziani e ai disabili. Insomma tutti servizi alle mas-se lavoratrici e popolari che non fanno profitto, dunque ritenuti inutili o scomodi da chi guada-gna sulle spalle della collettivi-tà. A Milano c’è inoltre bisogno della stabilizzazione del perso-nale comunale precario, mentre nell’hinterland delle province milanese e monzese-brianzola è urgente il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e rotaia.

La Cellula “Mao” di Mila-no e il Comitato lombardo del PMLI rivendicano che il Co-mune di Milano si ritiri dalla partecipazione azionaria della ArEXPO Spa affinché i 32 mi-lioni di euro di fondi pubblici lì inutilmente investiti siano inve-ce utilmente disponibili per fi-nanziare il potenziamento dei servizi pubblici e sociali co-munali anche tramite l’assun-zione a tempo indeterminato del personale precario attual-mente lasciato in gran parte in stato di disoccupazione. NO al-l’EXPO!

Dal nostro corrispondente della LombardiaSono bastati, nei giorni scorsi,

pochi centimetri di neve e lo scen-dere della temperatura al di sotto dello zero per mandare immedia-tamente in tilt l’intero sistema fer-roviario regionale della Lombar-dia.

I disagi maggiori, come sem-pre, li hanno dovuti subire le mi-gliaia di lavoratori e studenti pen-dolari che già, quotidianamente, si

ritrovano costretti a viaggiare in treni fatiscenti e sovraffollati dove è praticamente impossibile trovare un posto a sedere.

Una delle tratte che ha avuto più problemi è stata la Milano-Lecco, dove i passeggeri sono dovuti sali-re su carrozze senza riscaldamen-to, con porte bloccate dal ghiac-cio e con neve sul pavimento e sui sedili. Trenord, la società privata che gestisce il trasporto pubblico regionale, arrampicandosi sugli

specchi, ha tentato di giustificar-si attribuendo ogni responsabilità ad un “improvviso” guasto degli impianti di riscaldamento. In real-tà, come ha sottolineato Giorgio Dahò, coordinatore del comitato pendolari, “i disagi ci sono qua-si tutti i giorni” e non solo per il freddo.

Anche sulla Milano-Bergamo i pendolari denunciano di avere viaggiato al freddo e che non si è trattato di un caso isolato ma al

ISOLA D’ISCHIA

Il magnate del trasporto marittimo si rifiuta di applicare

la sentenza del giudice del lavoro I 4 lavoratori licenziati sono tutti iscritti alla Cgil

Dal corrispondente dell’Organizzazione d’Ischia del PMLIUn comandante e tre marinai

dell’Alilauro licenziati dal padro-ne, l’ex senatore PDL Salvatore Lauro, armatore e presidente del-l’Alilauro (che gestisce il traspor-to marittimo fra terraferma, Ischia e altre mete), non ha gradito il ver-detto del giudice del lavoro che gli ha imposto di reintegrare al lavo-ro un comandante, un motorista e due marinai che aveva licenzia-to qualche anno fa. Sbarcati sem-plicemente perché si rifiutarono di eseguire l’ordine del padrone, di prolungare l’orario di lavoro e di coprire una corsa straordinaria dell’aliscafo, che avrebbe dovu-to sopperire al vuoto lasciato da un’altra unità in avaria.

La notizia è da prima pagi-na, sulla stampa locale e regio-nale. Ma lui, imperterrito, ribatte che quel rifiuto fu “interruzione di pubblico servizio”. Il senatore-capitalista è lo stesso che presie-

de l’Arcipelago Campano, un’as-sociazione che di tanto in tanto avanza proposte antipopolari; è lo stesso che da qualche anno gesti-sce a Ischia anche l’albergo “Alla corte degli Aragonesi”, sorto sul-le rovine di un altro albergo, dopo anni di controversie di tipo urbani-stico e dopo un incidente che costò la vita a due operai rumeni, morti nell’incredibile crollo di un corni-cione. Lui non intende riassumere nessuno, autorizzato dal fatto che sarebbe venuto meno il rappor-to di fiducia fra il comandante di un aliscafo e l’armatore. E gli altri dipendenti, per i quali il licenzia-mento non può prescindere dalla giusta causa?

Secondo la FILT-CGIL Campa-nia i dipendenti avrebbero abbon-dantemente superato l’orario di lavoro. L’armatore, invece, ribadi-sce che con la corsa straordinaria non avrebbero superato le 12 ore e 30. Eppure, il CCNL prevede tra l’altro, all’art. 9, che “il personale imbarcato sugli aliscafi non dovrà

comunque effettuare navigazione effettiva per un periodo superiore alle sei ore nell’arco delle otto ore normali di lavoro”; e all’art. 22, che “lo straordinario mensile non dovrà superare le 60 ore”.

L’Organizzazione dell’isola d’Ischia del PMLI ha sottolineato, in una dichiarazione alla stampa, che “a Ischia, grazie ad una scelle-rata e antipopolare politica che ha origini nel fascismo e nel regime democristiano, certe norme con-trattuali e certe conquiste sindacali possono essere facilmente ignora-te dai padroni perché i lavoratori, in molte situazioni e in primo luo-go nel settore alberghiero, vengo-no considerati schiavi”.

Intanto, i marxisti-leninisti del-l’isola d’Ischia si batteranno affin-ché questa politica scellerata e in difesa degli interessi dei pescecani capitalisti sia sconfitta con la lot-ta di classe e che i tre lavoratori e il comandante dell’aliscafo siano subito reintegrati nei propri posti di lavoro.

Comunicato dei Precari Bros di Napoli

LA LOGICA DEI GRANDI EVENTI NON PRODUCE NESSUN SERIO SVILUPPO OCCUPAZIONALE

Non condividiamo la scel-ta degli amministratori regionali, provinciali e comunali, Caldoro, Cesaro e De Magistris, di predili-gere la messa in opera dei cosid-detti grandi eventi (come la Coppa America o il Forum delle culture) a scapito di una sistematica politi-ca di occupazione e di risanamen-to ambientale dei territori.

Mentre per imprese inutili come queste prendono decisioni di comune accordo, diversamente succede per far fronte ad un emer-genza ormai decennale come quel-la della disoccupazione e del lavo-ro in generale.

Riteniamo che la nostra città abbia bisogno di un nuovo lavoro fondato, prevalentemente, sul ri-sanamento e sulla manutenzione ambientale, sulla diffusione di una seria ed efficace raccolta differen-ziata porta a porta dei rifiuti e sulla bonifica dei territori avvelenati per decenni da una gestione criminale e affaristica dei rifiuti e delle man-cate bonifiche che, fatte in modo serio e corretto, offrirebbero lavo-ro per oltre 3 decenni.

I Precari BROS sono stati, per anni, formati professionalmente ed hanno svolto un utile lavoro so-ciale in numerose zone della città.

L’Amministrazione regionale, la provincia di Napoli, il comu-ne ma anche il governo nazionale, negano autoritariamente il diritto al lavoro a questi precari mentre regalano soldi agli imprenditori amici e alle loro clientele.

Tutto ciò non è giusto anzi è profondamente ingiusto:

Senza lavoro nessuna tregua sociale!

Precari BROSOrganizzati- Movimento

Precari Brosper il lavoro stabile ed il salarioNapoli, 7 febbraio 2012

contrario di una situazione che si verifica frequentemente, sia per i continui guasti agli impianti, sia per le condizioni dei treni, dove non si riescono più nemmeno a chiudere i finestrini.

La linea Milano-Pavia ha regi-strato ritardi di oltre mezz’ora in quanto i passeggeri non riuscivano salire sui treni a causa delle porte ibernate e bloccate.

L’assessore alla mobilità del Pirellone Raffaele Cattaneo, co-prendosi di ridicolo, ha affermato che “il sistema ha retto, se parago-nato a quello delle regioni vicine” rallegrandosi per il fatto che i tre-ni soppressi a causa del maltem-po sono stati “solo” 38. In realtà le responsabilità di questa grave e inaccettabile situazione dei tra-sporti in Lombardia ricade inte-ramente sulla giunta neofascista del Pirellone, guidata dal ditta-tore ciellino Roberto Formigoni (PDL), che in questi anni ha sot-tratto fondamentali risorse al tra-sporto pubblico dirottandole su progetti speculativi inutili e dan-nosi per l’ambiente.

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N. 6 - 16 febbraio 2012 cronache locali / il bolscevico 13Nonostante il gelo polare

SUCCESSO DELLA MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA A FIRENZE

Renzi connivente con i neofascisti. Importante partecipazione di sezioni dell’ANPI. Forte presenza del PMLI. Intimidatorio cordone di polizia

CHIUDERE I COVI NEOFASCISTI

COMUNICATO DELL’ANPI DI RUFINA (FIRENZE) SUL COSIDDETTO “GIORNO DEL RICORDO”

Le foibe: non sterminio etnico contro gli italianima giusta rivolta contro gli aguzzini nazifascisti, gli ustascia

e i collaborazionisti per i crimini contro il popolo slavo

In Italia il 10 febbraio si ricor-dano le foibe e l’esodo degli ita-liani di Istria e Dalmazia.

“Questo ‘giorno del ricordo’, così come viene celebrato dal 2005, è una sorta di triste com-promesso che non ha alcun fon-damento storico dimenticando che le foibe e l’esodo dei giu-liano-dalmati costituiscono una diretta eredità del ventennio fa-scista e dell’occupazione italiana dei Balcani durante la Seconda guerra mondiale.” Così si espri-me Angelo Del Boca, partigiano e primo storico italiano che ebbe il coraggio di denunciare le atroci-tà compiute dalle truppe italiane nelle colonie.

“Tra il 1941 e il 1943 circa 150 mila sloveni scomparvero. Cifre enormi anche se basta pensare che nell’isola di Arbe, sede del principale campo di concentra-mento italiano per jugoslavi, il tasso di mortalità era di oltre il 19%, e quindi superiore a quello dei campi di sterminio. E dopo il ritrovamento dell’armadio della vergogna si sono avute ulteriori conferme”.

Ancora usando le parole di Del Boca: “Questa commemorazione è una battaglia strumentale della destra che si pone in contrappo-sizione alla Giornata della Me-moria alla quale anche i partiti di sinistra si sono adeguati per non lasciare il monopolio assoluto al-l’altra fazione. Il revisionismo in Italia ha fatto grandi progressi”. Così approfondire, parlare di foi-be, esodo e storia coloniale del fascismo sul confine, vuol dire rendere più attuale la consape-volezza che quelle atrocità non si debbano ripetere.

Non si può capire l’azione congiunta di partigiani jugoslavi ed italiani che ha generato le foi-be e l’esodo di migliaia di italiani da quelle terre, se non si riper-corre la storia del Novecento a partire da quando l’Italia, vincitri-ce nella Prima guerra mondiale, ingloba nel proprio territorio 327

mila sloveni e 152 mila croati, ed anziché scegliere la strada del ri-spetto per le minoranze, sceglie quella dell’assimilazione forzata e brutale basata sull’annientamen-to del popolo slavo.

Questo processo imposto dal fascismo portò alla soppressio-ne totale delle istituzioni slovene e croate, al divieto dell’uso del serbo-croato ed all’imposizione dell’italiano come unica lingua nelle scuole e negli uffici pubblici dove vi fu una fortissima limita-zione nell’assunzione di impiegati sloveni. Venne attuata l’italianiz-zazione delle principali città con

il trasferimento in esse di popo-lazione italiana e nelle scuole furono licenziati gli insegnanti di madrelingua slava.

Scomparso quindi ogni dirit-to a tutela dell’identità slava, si arrivò perfino all’italianizzazione forzata dei cognomi.

Anche la gerarchia ecclesia-le vaticana fece la sua parte nel “programma” rimuovendo dal-l’incarico i vescovi slavi di Go-rizia e Trieste ed abolendo l’uso della lingua locale nelle funzioni liturgiche. Programma che l’Italia fascista cercò di completare nel 1941, quando incorporò nel pro-

prio territorio la parte meridionale della Slovenia.

I risultati di questa condotta sono tristemente noti: 13 mila uc-cisi, fra partigiani e civili; 26 mila deportati in campi di concentra-mento; 83 condanne a morte, 434 ergastoli, 2695 pene detenti-ve per un totale di 25.459 anni.

Non uno solo dei genera-li italiani che hanno operato nei Balcani, tra il 1941 e il 1943, ha pagato per i suoi crimini. Così come nessun generale o gerarca fascista ha pagato per le stragi, le deportazioni, l’uso dei gas in Etiopia e in Libia. Alcuni di co-storo, anzi, hanno avuto incarichi ed onori dagli stessi governi della Repubblica, nata dalla Resisten-za. Chi sperava in una “Norimber-ga italiana” è rimasto deluso a tal punto che Roma nel dopo guerra assunse la deprecabile decisione di non consegnare a paesi stra-nieri criminali di guerra; soltanto Belgrado ne aveva richiesti 750.

Sul piano della verità le foibe non rappresentano affatto il sim-bolo del genocidio della popola-zione italiana e dell’indiscriminato odio anti-italiano; non ci fu nes-sun sistematico sterminio etnico contro gli italiani, ma una comune rivolta contro gli aguzzini nazifa-scisti, contro gli ustascia e contro i collaborazionisti che si erano

macchiati di ogni sorta di crimi-ni. Una lotta di liberazione a tutti gli effetti contro la barbarie nazi-fascista e per la riappropriazione della libertà e dell’indipendenza nazionale alla quale parteciparo-no unitariamente diversi popoli e diverse formazioni partigiane comprese quelle italiane.

In conclusione. È un preci-so dovere antifascista negare le strade e le piazze di Firenze, città Medaglia d’oro della Resisten-za, il prossimo 4 febbraio, data nella quale è stata annunciata la manifestazione per celebrare la cosiddetta “giornata del ricor-do” promossa da Casaggì, Ca-sapound, Giovane Italia e PDL, che già negli anni scorsi, hanno attraversato la città innalzando simboli nazifascisti e rendendo addirittura onore ai franchi tiratori repubblichini.

Vorremmo che si allargasse fortemente il fronte unito della Fi-renze antifascista ed antirazzista affinché sia chiesto al sindaco Renzi ed al prefetto di impedire tali manifestazioni di incitamento all’odio e di chiara apologia del fascismo e di dare finalmente il via allo scioglimento dei gruppi neofascisti ed alla chiusura delle loro sedi.

ANPI RufinaRufina, 28 gennaio 2012

PMLI, la cui delegazione guidata dal compagno Luca e composta da militanti, simpatizzanti e amici di Firenze e Fucecchio di diverse generazioni fra cui giovanissimi studenti, spiccava per il rosso delle bandiere del Partito e dei corpetti; diffuse numerose co-pie del comunicato del Comitato provinciale di Firenze “Negare le piazze di Firenze ai fascisti”, il cui titolo campeggiava anche nei corpetti e nelle locandine attac-cate alle aste delle bandiere.

Lungo il corteo sono risuonate canzoni partigiane e slogan anti-fascisti, cantata più volte “Bella Ciao” e suonate “Bandiera Ros-sa” e “L’Internazionale”.

La manifestazione antifasci-sta è stata guardata a vista da uno spropositato e intimidatorio schieramento di polizia, che ha chiuso anche tutte le strade che potevano portare in contatto con la contemporanea kermesse neo-fascista e verso il centro cittadino; il corteo si è concluso raggiun-gendo di nuovo piazza Dalmazia.

La kermesse neofascistaI neofascisti dal canto loro

hanno registrato un flop, coperto dai media di regime, compresa la Repubblica che negli aggiorna-menti on-line parlava di circa 70 manifestanti, saliti a 500 nell’edi-

Firenze, 4 febbraio 2012. Il PMLI alla manifestazione antifascista in risposta all’adunata fascista per i cosiddetti “martiri delle foibe” (foto Il Bolscevico)

zione cartacea del giorno suc-cessivo, secondo loro un numero pari a quelli del corteo antifasci-sta, a cui comunque hanno de-dicato poche righe. La Nazione, giornale storicamente a destra, riporta 150 manifestanti.

Alla sfilata nera, caratterizzata dalle bandiere tricolori e dai brac-ci alzati nel saluto fascista, non si è presentata l’ex ministro Gior-gia Meloni, e si sono dissociati i vertici di Giovani Italia e Studenti per la Libertà (legati al PDL), che pure erano fra gli organizzatori, dicendosi imbarazzati dalla pre-senza dei fascisti di CasaPound. Presente invece il vertice cittadi-no del PDL attorno a Totaro.

La battagliapolitica in città

Attorno a queste manifesta-zioni si è sviluppata una serrata battaglia politica. Storicamente il PD e le istituzioni fiorentine in mano al “centro-sinistra” hanno utilizzato il metodo del silenzio-assenso, permettendo ai neo-fascisti di propagandare questa manifestazione, con i suoi con-tenuti di smaccata apologia del fascismo, nelle sedi istituzionali, ed evitando di pronunciarsi con-tro. Eugenio Giani (PD) due anni fa ha anche partecipato, come presidente del Consiglio comu-nale, alla deposizione dei fiori ai “martiri delle foibe”.

Quest’anno gli antifascisti hanno intensificato l’azione politi-ca, compreso il nostro Partito che per tempo, il 9 gennaio, con un comunicato, ignorato totalmen-te dai mass-media di regime, ha lanciato la parola d’ordine “Nega-re le piazza di Firenze ai fascisti. Sciogliere i gruppi neofascisti e chiudere i loro covi. Boicottare la ‘giornata del ricordo’”.

Particolarmente importante è stato il dibattito interno all’ANPI. Il Comitato provinciale ha prima dato e poi negato la propria ade-sione alla manifestazione, con un atto del presidente Silvano Sarti che ha ribaltato le decisioni pre-se in riunione plenaria, dettato probabilmente dalla fedeltà al neopodestà Renzi chiamato di-rettamente in causa dagli antifa-scisti. In una nota Sarti si fa forte di alcuni passi del documento scaturito dal recente congresso nazionale dell’ANPI (documento criticato aspramente dalla sini-stra) e di alcuni contatti con vari organismi, compresa la CGIL, indirettamente smentito, poi, da Mauro Fuso, Segretario gene-rale della CGIL fiorentina che in un suo comunicato “si schiera a fianco della Firenze democratica, non violenta e antifascista, come ha fatto all’indomani del vile as-sassinio di Samb Modou e Diop Mor, per chiedere alle Istituzioni competenti che vengano impedi-te, con gli strumenti che le leggi

consentono, le manifestazioni di incitamento all’odio e di eviden-te apologia del fascismo”, senza però partecipare attivamente alla manifestazione.

Questo colpo di mano non ha impedito a numerose sezioni, compresa la “Oltrarno”, di aderi-re alla manifestazione e farsi par-te attiva nella sua organizzazione, presenti anche Vania Bagni vi-cepresidente provinciale ANPI e Ornella De Zordo (consigliera comunale, “unaltracittà”). L’ANPI Rufina ha sostenuto la manifesta-zione con un comunicato.

L’ANPI “Oltrarno” ha organiz-zato un incontro il prossimo 10 febbraio alle Leopoldine in Piazza Tasso, ore 16.30, per approfondi-re sul piano storico l’occupazione fascista della Slovenia e la que-stione delle foibe.

Un altro successo del fronte antifascista si è registrato all’Uni-versità, dove i presidi del polo di Novoli hanno negato le aule a un incontro organizzato dai co-siddetti Studenti per la Libertà di commemorazione dei “martiri delle foibe”.

Questo successo del fronte antifascista non deve però far ab-bassare la guardia, l’obiettivo di chiudere i covi e sciogliere le or-ganizzazioni neofasciste va rilan-ciato con forza. D’altronde la de-stra non sta con le mani in mano, per esempio in città proprio in questi giorni ha fatto la sua com-parsa VIS (Voce dell’Italia studen-tesca), un’organizzazione di de-stra per gli studenti delle scuole superiori che vogliono sostenere la controriforma Gelmini.

Redazione di FirenzeDa anni ai primi di febbraio la

nostra città è diventata teatro di un braccio di ferro fra antifasci-sti e fascisti. Su ispirazione del fascista Achille Totaro (oggi se-natore PDL) si tiene un raduno e una sfilata neofascista prima de-nominata “giornata contro i cri-mini del comunismo” e in seguito dedicata al ricordo dei “martiri delle foibe”; gli antifascisti non hanno mai mancato di rispondere nelle piazze a questa provocazio-ne che insozza Firenze Medaglia d’Oro della Resistenza.

Quest’anno, a poco più di un mese dalla strage razzista e neo-fascista di ambulanti senegalesi, la risposta antifascista è stata ancora più forte e qualificata con una manifestazione, sabato 4 febbraio, con al centro la richie-sta di chiudere i covi neofascisti, chiamando in causa direttamente il sindaco Matteo Renzi (PD), il Questore e il Prefetto affinché si facciano parte attiva nel reprime-re l’apologia di fascismo, negare le piazze ai neofascisti e chiudere i loro covi.

Il corteo antifascistaUn migliaio di manifestanti

hanno risposto all’appello di Fi-renze Antifascista, a cui ha aderi-to anche il PMLI, ritrovandosi, no-nostante il gelo polare, in Piazza Dalmazia, luogo della strage raz-zista, e sfilando per circa due ore nel quartiere di Rifredi. Diverse le bandiere e gli striscioni delle se-zioni dell’ANPI, fra cui la sezione “Oltrarno”.

Qualificata la presenza del

Riceviamo e volentieri pub-blichiamo integralmente questo comunicato dell’ANPI di Rufina (Firenze).

La sua pubblicazione in stralci sul quotidiano “La Nazione” del 3 febbraio scorso ha suscitato la becera protesta del consigliere provinciale berlusconiano Pier-luigi Massai che per difendere il revisionismo storico che ali-menta il famigerato “giorno del ricordo” e quindi l’adunata dei fascisti e dei berlusconiani ha vomitato veleno antipartigiano e anticomunista sull’ANPI.

Jugoslavia, primi anni Quaranta del secolo scorso. Militari fascisti italiani si aggi-rano nel villaggio di Radoh (Croazia) tra i cadaveri degli ostaggi appena fucilati

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14 il bolscevico N. 6 - 16 febbraio 2012

Felice e orgogliosodi sventolare

la bandiera del PMLIin corteo

Sono stato molto felice di par-tecipare alla manifestazione an-tifascista di Firenze a fianco del PMLI!

Sebbene, a parer mio, fos-se stata migliore quella dell’an-no scorso, quella di quest’anno ugualmente è stata indimentica-bile, anche perché si è riscontrato una netta crescita di coscienza nei manifestanti specialmente riguar-do all’antifascismo e al revisioni-smo storico, riscontrabile nei co-mizi e anche nella musica (è stata lanciata l’Internazionale in russo, e quando l’esecuzione di questa si è interrotta, molti “noo” di disap-punto sono risuonati nel corteo).

Ho preso con piacere un pam-phlet dell’ANPI che svelava la ve-rità sugli eccidi fascisti in Jugosla-via, da sempre nascosti dai media di regime, anche se sulle foibe ha un po’ ripetuto la solita melodia anticomunista (ha invece ragione il PMLI su questa questione).

Mi ha fatto molto piacere che sia prevalsa la volontà di sbarrare la strada ai fascisti vecchi e nuovi e ai revisionisti che cercano sem-pre, con ogni menzogna, di can-cellare gli ideali del comunismo dalla mente dei giovani. Tentativo ben sventato da parte soprattutto del PMLI, che fa sforzi encomia-bili per far giungere alle masse la sua voce.

È per questo che sono stato molto felice e orgoglioso di sven-tolare la sua bandiera in corteo, nonostante il freddo allucinan-te alle mani (non avevo i guanti; pensavo che i pugni chiusi fossero sufficienti a riscaldarmi!) e il ven-to che a un certo punto ha fatto vo-lare via la bandiera del Partito dal-l’asta, per fortuna ritrovata subito.

Antonio, 15 anni - Firenze

Revochiamol’articolo 18

ai politici borghesiCompagni,dopo che Monti ha sputato in

faccia ai diritti che la classe ope-raia si è guadagnata con estrema fatica e 30 anni di lotte sindaca-li mi sono chiesto se non sarebbe giusto applicare la revoca dell’art. 18 anche alla loro esistenza.

Applichiamo la revoca dell’ar-ticolo 18 alla vita di tutti i politici, siano essi di destra, di “sinistra”, tecnocrati, il popolo potrà deci-dere quando licenziarli dal parla-mento.

In fondo, che monotonia star-sene lì pagati a peso d’oro a ren-dere impossibile la vita al prossi-mo, che monotonia il posto fisso! Mandiamoli in fonderia o in disca-rica a dividere la spazzatura con le mani nude!

A capire cosa vuol dire doversi alzare alle 4,30 del mattino e ma-gari doversi fare 80 km con il tre-no o la corriera e uscire da lì com-pletamente a pezzi senza la forza neanche di salutare moglie e figli! Oppure semplicemente, licenzia-moli tutti dalla vita terrena. Con tutti questi operai che mandano all’inferno è meglio che ci siano loro che sono buoni a riempire il paradiso di anime fresche.

Saluti.Alessandro - Novara

Buona fortuna alle lotte del PMLI

Compagni!Buon Anno 2012! Auguri di

buona fortuna alla vostra lotta!Cordiali saluti.Dmytro - Kharkov (Ucraina)

Solidarietà a Picerni per le critiche al vice del ministro Fornero

La presente per esprimere la mia solidarietà al Sig. Federico Picerni in merito all’affermazio-ne esternata dal vice del ministro Elsa Fornero.

Tali affermazioni non veritie-re indispettiscono gli interlocutori già provati da una situazione lavo-rativa difficilissima da affrontare.

A disposizione in seno agli in-carichi istituzionali che rappresen-to, l’occasione mi è gradita per porgere cordiali saluti.

Dino Latini,capogruppo di Alleanza per

l’Italia nel Consiglio regionale delle Marche, presidente della

II^ Commissione consiliare

2 tonnellatedi arance calabresi ai

No TAV arrestati

Qual è il regalo per antonoma-sia da far recapitare a chi viene ar-restato? Certamente le arance! E allora mandiamo un po’ di arance ai No TAV arrestati!

Non è uno scherzo e non sareb-be certo questo il momento oppor-tuno per farlo, ma è una campagna di solidarietà che abbiamo messo in piedi per supportare il movi-mento No TAV. Sono tante le si-militudini e tante le iniziative con-

di Ugo Cortesi –Alfonsine (Ravenna)

Notiamo negli ultimi tre anni delle altalenanze fra il dollaro e l’euro, con punte a favore del dol-laro in certi momenti e per meglio intenderci, nella maggior parte dei casi, quando si muovono le Agen-zie di rating internazionali, che sono quelle che danno i voti, non solo ai gruppi imprenditoriali, ma anche agli Stati e quindi, di con-verso, alla loro moneta.

Viene spontanea una domanda: ma che interesse hanno le socie-tà di rating a “penalizzare” azien-de (che in molti casi vanno bene) o Stati, con valutazioni a volte in-feriori ad altri che notoriamente vanno peggio? C’è forse un dise-gno transnazionale più grande di noi? Ci sono poteri occulti che ge-stiscono tutto questo?

Considerando che l’Agenzia di rating americana “Standard & Poor’s” (S&P) è quella più attiva nel senso sopra indicato, mi sono chiesto: ma chi è e chi rappresen-ta? Ho quindi iniziato ad infor-marmi.

Le tre sorelle del rating, Moo-dy’s, S&P e Fitch, fanno parte di una cricca affaristico-planetaria unitamente a banche d’affari, fon-di speculativi e banche centrali. Queste agenzie non sono ONLUS e tanto meno si sostengono con contributi statali ma sono paga-

te dai loro clienti che poi sono gli stessi che riceveranno il “voto” di rating. Per di più non sono auto-rizzate ad operare in diversi Pae-si dell’eurozona e per questo sono state riprese e anche denunciate.

S&P, quella che fino a poco tempo prima del crack di Leeman Brothers, dava la Banca come ve-ramente affidabile, è una sussidia-ria della multinazionale McGraw-Hill Companies di New York, colosso delle comunicazioni, del-l’editoria, delle costruzioni, che è pure presente in tutti i settori del-l’economia americana. La stessa McGraw-Hill è proprietaria pure di Business Week, uno dei setti-manali più considerati dal mon-do finanziario americano. Il presi-dente poi di McGraw-Hill fa parte del Consiglio di amministrazione della United Technology (multi-nazionale degli armamenti) e della Conoco Phillips (Petrolio ed ener-gia). Altri componenti del Cda sono il presidente della Citigroup Europa oltre che consulente della Henry Schroder Bank, poi il presi-dente della Coca Cola Co., poi un responsabile della Credit Union del FMI-World Bank, e ancora, il presidente di State Farm Insurance Company (gigante nel settore assi-curativo, bancario e immobiliare) e, per finire, pure il presidente del-la farmaceutica Eli Lilly.

In pratica S&P dipende da tut-ti costoro.

Chi è e chi rappresenta “Standard & Poor’s”?

Emilia-Romagna

GLI ATTIVISTISI RIBELLANOALLA POLITICA

RAZZISTA DI GRILLODal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna Come riportato sul n° 4 de

“Il Bolscevico” recentemen-te Beppe Grillo ha svelato la sua politica razzista postando un messaggio sul suo blog nel quale afferma che “La cittadi-nanza a chi nasce in Italia, an-che se i genitori non ne dispon-gono, è senza senso. Serve solo a distrarre gli italiani dai pro-blemi reali”, scatenando la rea-zione scandalizzata di nume-rosissimi iscritti di sensibilità progressista e antirazzista che militano nel Movimento 5 stel-le (M5S), e raccogliendo guar-da caso la solidarietà dei fascio-leghisti.

In particolare in Emilia-Ro-magna vi è stata una generale “disobbedienza” all’indicazio-ne di Grillo di non occupar-si della questione, tanto che i consiglieri regionali e comu-nali hanno votato a favore del-la campagna “L’Italia sono an-ch’io”, che richiede lo “ius soli”, cioè la concessione auto-matica della cittadinanza italia-na a chiunque nasce in Italia.

“Grillo ha idee xenofobe”, con questa motivazione Anto-nia Dejeu, mediatrice culturale romena e consigliera nel quar-tiere San Vitale di Bologna si

è dimessa sia dal Movimento 5 Stelle che dalla sua carica di consigliera e ha scritto una let-tera aperta a Grillo in cui dice: “Mi è venuta una fitta al cuo-re e ho pensato di risponderti per darti i dati, gli ‘ingredienti’ che ti mancano, perché tu non lavori con gli stranieri, come me. Ieri hai risposto. Hai pub-blicato un articolo tratto da un giornale che disprezzi, come o forse più di altri giornali, scritto da una persona palesemente di destra... Uno vale uno ma quel-li di origine straniera valgono 0,5?”.

Ma questo non è solo l’uni-co motivo di contrasto all’inter-no del M5S dove molti si stan-no rendendo conto che Grillo non è altro che l’ennesimo im-broglione di turno; a testimo-niarlo anche l’attacco che sca-gliò alla fine del 2011 contro il consigliere del M5S in Emilia-Romagna Andrea Defranceschi perché aveva firmato una riso-luzione a favore dei lavoratori del quotidiano “l’Unità”.

Grillo quindi si rivela un imbroglione politico addirittura peggiore dei politicanti borghe-si che tanto critica, smasche-randosi pienamente come uno di loro nei metodi ed anche e soprattutto nella sostanza.

Accade nullaattorno a te?

RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguar-

dano la lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quartiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, malefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fosse-ro conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposizione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagina. Invia i tuoi “pezzi’’ a:

IL BOLSCEVICO - C.P. 477 - 50100 FIRENZEFax: 055 2347272 e-mail: [email protected]

Richiedete

Le richiestevanno indirizzate a:[email protected]

indirizzo postale:IL BOLSCEVICOC.P. 47750100 FIRENZE

Tel. e fax 055 2347272

divise che legano la battaglia dei valsusini alla nostra lotta contro il Ponte sullo Stretto, ma non è solo questo a spingerci a questa inizia-tiva: quello che il movimento No TAV ha saputo costruire in quel-la Valle in termini di partecipazio-ne, di condivisione, di democrazia reale è un patrimonio da difende-re con i denti per tutti coloro che hanno a cuore la difesa dei terri-tori e la costruzione di un futuro migliore.

Perciò noi manderemo 2 ton-nellate di arance in Val di Susa, per una distribuzione solidale i cui proventi andranno interamente al supporto legale. Quelle che man-deremo non sono arance qualsia-si: sono arance biologiche della Piana di Gioia Tauro, messe a di-sposizione a titolo completamente gratuito da quei contadini che par-tecipano alla campagna SOS Ro-sarno, quindi raccolte da braccian-ti africani regolarmente assunti e coinvolti nel percorso di “AfriCa-labria, donne e uomini senza fron-tiere, per la fraternità”.

Dalle campagne della Piana, dallo Stretto, fino in Val di Susa: Liberi tutti! La Valle non si arre-sta!

AfriCalabria, donne e uominisenza frontiere, per la fraternità -

C.s.o.a. Angelina Cartella (Reggio Calabria) - Collettivo

UniRC (Reggio Calabria) - Comitato Acqua Pubblica

di Villa S. Giovanni - EquoSud -Kollettivo Onda Rossa (Cinquefrondi)

Dopo i blitzdi Cortina edi Milano

Stanno prosciugando l’acqua in cui sopravvivono a stento i residui della piccola borghesia con l’in-tento di sottomettere l’intero siste-ma commerciale. I blitz della guar-dia di finanza a Cortina e Milano si combinano con il regime dei prezzi mantenuti artatamente bas-si dalla grande distribuzione che in pratica sta demolendo i super-mercati di piccole e medie dimen-sioni. Tale strategia punta anche a soggiogare il settore dei trasporti (che ultimamente è in grande fer-mento e agitazione) poiché senza controllare questo elemento vita-le, i rifornimenti alla grande distri-buzione sono esposti al ricatto dei padroncini dei camion. Svanite le sovvenzioni pubbliche, ai picco-li trasportatori autonomi non resta che lasciarsi ingoiare dalle grandi holding che monopolizzano il tra-sporto internazionale delle merci su strada.

Lucio Garofalo -Lioni (Avellino)

Napolitanofaccia rispettare la Costituzione al

despota MarchionneHo inviato una lettera alla pre-

sidenza del Consiglio, so che ser-virà a poco, ma fino a quando non ci impediranno di scrivere oltre che parlare e manifestare il nostro dissenso verso i provvedimenti antipopolari di questo governo co-siddetto tecnico ma che io ritengo il più politico degli ultimi 20 anni, io lo farò e possibilmente ad alta voce al fianco della CGIL e della compagna Camusso, al fianco del-la FIOM e dei lavoratori della Fiat che si sono trovati defraudati di un diritto costituzionale, quello del-la libertà sindacale, che neppure il presidente della Repubblica Gior-gio Napolitano, ha saputo o volu-to difendere, a fronte della logica schiavista tipica degli americani del despota Marchionne. Proprio il presidente Napolitano, che do-vrebbe essere garante della Costi-tuzione stessa!

Perché il presidente Napolitano non fa rispettare la Costituzione anche alla FIAT di Marchionne?

Osvaldo Bossi, PdCI-FDS - Gallarate (Varese)

PD impresentabile sui diritti

degli omosessualiIl Consiglio comunale di Gub-

bio, grazie ai voti del PD, ha can-cellato il Registro delle unioni ci-vili approvando una mozione del PDL. Tra i piddini che si sono det-ti favorevoli alla mozione il sin-daco della città Diego Guerrini. Il registro consentiva a tutte le fami-glie, etero o omosessuali, di regi-strarsi.

Il gesto vergognoso, insieme ai continui tentennamenti in ambi-to nazionale del partito su di una questione nodale che coinvolge la dignità e i diritti di cittadini e fa-miglie composte da persone gay, lesbiche e trans, è solo conferma di quanto dicevamo da tempo: il PD, ormai in ostaggio della com-ponente cattolica più retriva, è in-capace di interpretare il cambia-mento e di migliorare il Paese.

Qual è la logica di tutto que-sto? Il partito chiarisca una volta per tutte qual è la sua linea su ma-trimonio tra persone dello stesso sesso, unioni non coniugali, ado-zione, omogenitorialità, diritti di gay, lesbiche e trans e omofobia. Se una linea c’è, il partito la fac-cia rispettare a tutti i suoi ammi-nistratori sia in ambito nazionale che locale.

Paolo Patanè,presidente nazionale Arcigay

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N. 6 - 16 febbraio 2012 esteri / il bolscevico 15L’esercito di Assad bombarda la città di Homs, centinaia di morti

COL POPOLO SIRIANO MA CONTROL’INTERVENTO ARMATO DELL’IMPERIALISMO

La città di Homs, la roccafor-te della protesta contro il regime di Assad, è stata investita ai primi di febbraio da una pesante offensi-va da parte dell’esercito governa-tivo che con l’artiglieria e i mor-tai ha bombardato vari quartieri. Secondo fonti dell’opposizione i morti sarebbero circa 300, e diver-se centinaia i feriti. Numeri mag-giori sulle vittime sono stati dif-fusi da varie televisioni arabe, in una guerra anche delle cifre, non verificabili, che ha spinto persino l’Onu a cessare il macabro con-teggio dopo aver dato nel gennaio scorso la cifra di 5400 morti dal-l’inizio delle proteste.

Certa è l’ampiezza della prote-sta popolare rappresentata dai Co-mitati di coordinamento naziona-li (Ccn) all’interno del paese e dal Consiglio nazionale siriano (Cns), l’opposizione dell’esterno, basata a Istanbul. Come certa è la violen-ta repressione del governo di As-sad della protesta e delle manife-stazioni che ogni venerdì, da quasi un anno a questa parte, si svol-gono in varie città del paese, da Homs ai quartieri periferici della capitale Damasco, a Idlib, Alep-po, Hama e Daraa.

L’attacco dell’esercito e il bom-bardamento di Homs hanno avuto ancora più rilievo perché in con-temporanea si chiudeva all’Onu la discussione su una bozza di riso-luzione sulla Siria che nelle inten-zioni dei paesi imperialisti, Usa e Francia in testa, avrebbe dovuto rappresentare un ulteriore passo in vista di un possibile interven-to, naturalmente “umanitario”, a sostegno della popolazione siria-

Manifestazionedi Occupy Oakland

Oltre 400 arrestati. I manifestanti occupanoil municipio e bruciano una bandiera Usa

Le iniziative del movimento Occupy Wall Street, nato per pro-testare contro la grande finanza e le diseguaglianze economiche sono proseguite anche nel mese di gennaio in varie città america-ne. Fra le principali quelle svolte a fine mese a Oakland, in Califor-nia, dove il movimento Occupy Oakland ha organizzato una ma-nifestazione che puntava a occu-pare un grande centro congressi abbandonato, l’Henry Kaiser Con-vention Center, per farne un centro sociale dove dare ospitalità ai sen-zatetto della città.

Nel pomeriggio del 28 gennaio

un migliaio di manifestanti si diri-gevano verso il centro conferen-ze in disuso; il corteo era bloccato dalla polizia ma altri manifestan-ti si aggiungevano alla protesta e partecipavano agli scontri con gli agenti. La polizia ha fatto uso di lacrimogeni ad altezza d’uomo, granate acustiche e proiettili di gomma. Molti i manifestanti fe-riti e otre 400 gli arrestati. Ma la protesta è proseguita in altre parti della città, nel centro dove alcune centinaia di manifestanti riusciva-no a entrare all’interno del muni-cipio e bruciavano una bandiera Usa.

Manifestazione per lo sciopero generale organizzato da Occupy Oakland il 2 novembre scorso a Oakland (California)

EGITTO

Dietro la strage allo stadio una regia politica

Un anno fa piazza Tahrir al Cairo era il centro della rivolta di massa che ha portato alla caduta del regime di Mubarak e all’avvio di un processo di democratizza-zione del paese che segna il pas-so per la resistenza opposta dalla giunta militare che ne ha preso il posto. Piazza Tahrir torna a essere il centro della protesta delle mas-se popolari contro la giunta mili-tare come è avvenuto anche il 2 febbraio scorso per una manife-stazione promossa dai tifosi del-la squadra di calcio dell’Al-Ahly dopo il massacro del giorno prima a Porto Said, quando negli scontri al termine della partita della loro squadra con quella locale di al-Masry erano rimasti uccisi almeno 74 e quasi un migliaio feriti. Con la polizia anti-sommossa che pure era schierata in massa sul campo ma che non ha mosso un dito.

La giunta militare guidata dal maresciallo Tantawi ha condanna-to gli scontri imputandoli a “forze oscure che minacciano la stabilità del paese” e disposto l’arresto di una cinquantina di persone.

“La polizia è responsabile del massacro, i responsabili devono andare in carcere”, denunciavano i tifosi della squadra della capi-tale che il 2 febbraio si ritrova-vano davanti alla sede del club e in corteo raggiungevano piazza Tahrir, dove ricevevano la solida-rietà dei manifestanti accampati. “A fare il massacro sono state le milizie della giunta militare che hanno infiltrato la tifoseria del Masry”, affermavano, “così si sono vendicati perché nelle ulti-me due settimane a tutte le par-tite scandivamo slogan contro la giunta militare”.

Un corteo che si ingrossava strada facendo e si dirigeva dalla piazza verso la sede del ministero degli Interni, superando gli sbar-ramenti di filo spinato messi dalla polizia nella zona ormai completa-mente militarizzata dopo gli assal-ti dello scorso dicembre. I dimo-stranti chiedevano a gran voce le dimissioni del capo di Stato prov-visorio Mohamed Hussein Tan-tawi. La polizia rispondeva con cariche e un fitto lancio di lacri-mogeni.

Le manifestazioni di piaz-za contro la giunta militare e gli scontri con la polizia si ripetevano anche il 3 febbraio non solo nella capitale ma anche a Alessandria,

Suez, Porto Said, con alcuni morti e molti feriti.

Che la strage allo stadio di Por-to Said non fosse una conseguen-za di vecchie ruggini tra tifoserie avversarie ma favorita se non or-ganizzata da una precisa regia po-litica veniva denunciato dai due principali partiti politici egiziani, le formazioni islamiche dei Fratel-li musulmani e dei salafiti che so-lidarizzavano con le manifestazio-ni di protesta.

Il vice-presidente del Partito della libertà e della giustizia (Plj), la formazione politica della Fra-tellanza musulmana, Essam El-Erian affermava che “gli eventi di Porto Said sono stati pianificati e sono un messaggio dei sostenito-

ri dell’ex regime”, imputando il massacro a “esponenti del regime di Mubarak”. Coperti dalla giunta

militare che a fronte di una presun-ta instabilità del paese legittima la propria permanenza al potere.

Il Cairo, 5 febbraio 2012. Manifestazione di protesta nei pressi del ministero dell’Interno

Senegal

RIVOLTA A DAKAR CONTROIL GOLPE COSTITUZIONALE

La sera del 27 gennaio il Con-siglio costituzionale senegalese rendeva noto il verdetto sulle can-didature alle prossime elezioni presidenziali, con il primo turno in programma il 26 febbraio, emesso dai cinque giudici della Corte su-prema, un giudizio che dava il via libera alla corsa per il terzo man-dato del presidente in carica, l’an-ziano Abdoulaye Wade, quando la legge che ne consente al mas-simo due, e la bocciatura di tre dei suoi sfidanti.

L’ultimo impegno internazio-nale dell’anziano Wade era sta-to quello di provare a convince-re Gheddafi a lasciare il potere; a Dakar l’intenzione è quella di pro-vare a rimanere abbarbicato sulla poltrona presidenziale.

L’opposizione definiva la de-cisione della Corte suprema un “colpo di stato costituzionale” e organizzava manifestazioni di pro-testa. Contro il parere, non richie-sto, dell’ambasciatore americano a Dakar che invitava a “rispettare la decisione del Consiglio costitu-zionale”.

Il 28 gennaio i primi a scen-dere in piazza erano i giovani del Movimento forze vive 23 giugno (M23), una coalizione di partiti

Il freddo fa decine di vittime in Polonia

In questi ultimi giorni il freddo ha fatto decine di vittime. A farne le spese sono stati i senza-tetto e i senza fissa dimora che non ave-vano un posto dove ripararsi dal-le gelidissime temperature e sono morti assiderati. Alcuni sono stati trovati senza vita sulle panchine pubbliche, altri all’interno di ca-solari diroccati.

Il governo Tusk non ha fatto e non fa nulla per evitare queste tragedie della miseria.

Nella nuova Polonia dei “Pan” Tusk preferisce non far paga-re per cinque anni le tasse alle multinazionali anziché sbloccare i fondi stanziati dalla UE per la costruzione di case adibite all’ac-coglienza dei senza-tetto e dei senza fissa dimora.

Non pago di ciò, Tusk e il suo governo reazionario, hanno an-che deciso che, da aprile, in caso di sfratto, questo sarà immediato. L’unica cosa da fare è scendere in piazza e far cadere il governo reazionario Tusk.

Pao – Polonia

Nessun accordo all’Onu per il veto di Russia e Cinana. Un meccanismo che abbiamo già visto all’opera e che ha por-tato fino all’aggressione milita-re camuffata da “guerra umanita-ria” della Nato contro il regime di Gheddafi in Libia.

Il percorso si è inceppato per il veto posto in Consiglio di si-curezza dalla Russia e dalla Cina alla risoluzione di condanna del-la Siria presentata dal Marocco. Nel caso della Libia i due paesi si erano astenuti, avevano cioè dato il via libera all’intervento; in que-sto caso la Russia, cui si accodava la Cina, puntava i piedi, riusciva a togliere dal documento qualsiasi riferimento a un intervento arma-to ma non alla richiesta delle di-missioni di Assad, l’ultimo allea-to rimastogli in Medio Oriente. E alla fine la minaccia di porre il veto faceva finire la risoluzione in un cassetto. Nel quale non è detto resti per sempre, la minaccia di un inammissibile intervento armato dell’imperialismo è solo momen-taneamente sospesa.

Il meccanismo a orologeria av-viato dai paesi imperialisti, come nel caso della guerra alla Libia, era stato innescato dalla Lega ara-ba e dai paesi arabi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), con alla testa Arabia saudita e Qa-tar. Al segretario generale della Lega, l’egiziano Nabil al Arabi, e al primo ministro del Qatar, Ha-mad al Qassem, il compito di pre-sentare all’Onu un piano di pace che prevedeva le dimissioni di As-sad, la sua sostituzione con il vice-

presidente Farouk al Sharaa e la formazione di un governo di “uni-tà nazionale” insieme all’oppo-sizione per guidare la transizione “verso la democrazia”. Come in Libia. Al Marocco il compito di inserire le proposte nella bozza di risoluzione.

I registi dell’operazione sono però gli Usa e la Francia, con un

contributo particolare dell’Arabia saudita, alleata strategica dell’im-perialismo americano, che die-tro le quinte opera alla guida dei paesi arabi reazionari di fede isla-mica sunnita contro in particolare quelli progressisti o a guida sciita. Come la Siria degli Alawiti di As-sad e l’antimperialista Iran, il vero obiettivo finale.

Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha bollato come una “parodia” il voto dell’Onu, un voto serio solo quando risponde ai de-sideri imperialisti. Mentre il presi-dente americano Barack Obama ha “ordinato” a Assad di “lasciare su-bito e consentire una transizione de-mocratica”. Infuriato per il veto an-che il ministro degli Esteri francese,

Alain Juppè. Con calma ha reagi-to il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi che però si è unito al coro degli “interventisti umanita-ri” e ha affermato che “la popola-zione siriana non può più attende-re: la comunità internazionale deve assolutamente trovare la capacità di rispondere alla gravissima crisi, po-litica e umanitaria, in corso”.

Col popolo siriano ma contro l’intervento armato dell’imperia-lismo.

di opposizione e associazioni, che occupavano la centrale piazza del-l’Obelisco a Dakar. L’altrettanto immediato intervento della poli-zia in tenuta antisommossa con la-crimogeni e manganelli scioglieva la manifestazione ma la protesta si spostava nei quartieri periferici della capitale dove i manifestanti bloccavano le strade con barricate fatte da copertoni e auto in fiam-me, assaltavano i commissariati e gli edifici pubblici.

Una protesta che si propagava

in molte zone del paese da Mbour a Fatick, da Thies a Kaolack dove veniva incendiato il quartier gene-rale del partito di Wade.

L’1 di febbraio i giovani di Y’en a Marre (Ne ho abbastanza) e di M23 si riprendevano piazza dell’Obelisco dopo scontri con la polizia che provocavano un mor-to e decine di feriti. Nella piazza i partiti di opposizione annuncia-vano l’intenzione di continuare la protesta per ribaltare il golpe co-stituzionale.

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Roma, Circo Massimo, 23 marzo 2002. Il PMLI partecipa con una delegazione nazionale diretta dal Segretario generale del Partito, compagno Giovanni Scuderi, alla grandiosa e storica manifestazione nazionale di oltre 3 milioni di partecipanti in difesa dell’articolo 18 attaccato dal padronato e dal governo Berlusconi (foto Il Bolscevico)

ANTICAPITALISTIANTICAPITALISTICONFRONTATEVI COL PMLICONFRONTATEVI COL PMLIE UNIAMO LE FORZEE UNIAMO LE FORZE

Noi attualmente non abbiamo le forze e i mezzi per farci sen-tire dalle masse, risvegliarle, orientarle, organizzarle, dirigerle e mobilitarle nella lotta di classe e nella lotta antimperialista.

Circostanze come queste, non solo per la situazione inter-nazionale ma anche per quella interna, dimostrano quanto sia necessario e decisivo avere un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista. Su questo noi abbiamo rifl ettuto e discusso a fondo al 4° Congresso nazionale del Partito che si è svolto il 26-28 dicembre scorso.

Noi da lungo tempo, proprio oggi ricorre il 22° Anniversario della fondazione del PMLI, per il quale da qui rivolgo un caloroso e riconoscente saluto e augurio a tutti i militanti e i simpatizzanti attivi di ambo i sessi del Partito, stiamo facendo l’impossibile per costruire un tale Partito, che non ha precedenti nella storia del movimento operaio nazionale. Ma organizzativamente e nu-mericamente siamo ancora troppo indietro, non certo per colpa nostra, rispetto alle necessità.

Abbiamo bisogno urgentemente di un numero molto più gran-de di militanti e ancor di più di simpatizzanti attivi che ci mettano in condizione di arrivare dappertutto, in ogni fabbrica, azienda, scuola, quartiere, città e regione, per rimuovere le acque sta-gnanti, risanare lo sconquasso ideologico e politico causato dai revisionisti di destra e di “sinistra’’ nella coscienza delle masse, armare le masse, con particolare attenzione verso le ragazze e i ragazzi, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e rilanciare la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo. Facendo soprattutto comprendere che la madre di tutte le questioni è la conquista del potere politico da parte del proletariato.

È come se fossimo in una situazione pre marxista, avendo lo stesso compito che ebbero Marx ed Engels, per la prima volta nella storia, quello di trasformare il proletariato da classe in sé a

classe per sé, ossia di classe consapevole della sua natura, dei suoi compiti, del suo ruolo di classe generale destinata a suc-cedere alla borghesia al potere e a por fi ne una volta per tutte a ogni forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e ad emancipa-re l’intera umanità.

Ci appelliamo perciò agli autentici anticapitalisti diversamen-te organizzati che abbiano questa consapevolezza ad aprire da subito un confronto e un dialogo col PMLI per verifi care se esi-stono le condizioni per unire le forze dentro il nostro Partito o al suo fi anco per lavorare assieme per aprire una nuova e più avanzata situazione politica, organizzativa e pratica in Italia.

Non capiremmo un silenzio a questo appello. La storia lo con-dannerebbe. Non ci possono essere più Partiti comunisti. O ba-rano tutti o solo uno di essi lo è. Ma qual è? Per noi ovviamente è il PMLI. Lo abbiamo dimostrato fi n dal ’67 quando denunciammo il PCI e le altre organizzazioni che lo coprivano a “sinistra’’ come dei partiti revisionisti. E i fatti hanno confermato che avevamo visto giusto.

Tuttavia se c’è qualche anticapitalista che può dimostrare che anche il PMLI è un partito revisionista mentre il proprio partito è il vero partito comunista, si faccia tranquillamente avanti e noi lo ascolteremo con molta attenzione. Se ci convincerà noi non abbiamo diffi coltà a sciogliere il nostro Partito ed entrare nel suo Partito. Ma sarà egli disposto a fare altrettanto?

In ogni caso per il bene del proletariato e della causa del socialismo è assolutamente necessario e urgente che i rivolu-zionari stiano con i rivoluzionari e i riformisti di tutte le risme con i riformisti.(Dal discorso di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tenuto a Napoli il 9 Aprile 1999 al dibattito referendario organizzato dalla Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI, pubblicato su “Il Bolscevico” n. 16 del 1999 e su www.pmli.it/norossoantifascista.html)

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