Il project management emergente - Al Complexity Management Literacy Meeting il libro presentato da...

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Presentazione del libro consigliato da Elena Pessot e Alberto F. De Toni COMPLEXITY MANAGEMENT LITERACY MEETING Fiesole, 20-22 Novembre 2015 Il project management emergente. Il progetto come sistema complesso a cura di Francesco Varanini e Walter Ginevri

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Presentazione del libro consigliato da Elena Pessot e Alberto F. De Toni

COMPLEXITY MANAGEMENT LITERACY MEETINGFiesole, 20-22 Novembre 2015

Il project

management

emergente.Il progetto come

sistema complesso

a cura di

Francesco Varanini e Walter Ginevri

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UN LIBRO RICCO DI CONTRIBUTI

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CONSIGLI AI NAVIGANTI

La complessità del progetto: uno sguardo umanistico di Francesco Varanini

L’opinione di un filosofo della scienza intervista a Gianluca Bocchi

Testimonianze e complessità di Fernando Giancotti

La visione condivisa come propulsore del cambiamento di Alberto Felice De Toni

Il project management auto-organizzato di Luca Comello

IL METODO NARRATO

Il progetto oltre la WBS di Livio Paradiso e Michela Ruffa

I mondi degli stakeholder di Carlo Notari e Mariù Moresco

Il tempo propizio di Diego Centanni e Alessandra Noris

Leadership e complessità di Stefano Morpurgo

Narrare per credere di Bice Dellarciprete e Andrea Pinnola

Rischio e complessità di Roberto Villa

Il valore della ridondanza di Bruna Bergami

Un viaggio che continua di Walter Ginevri

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L’ESPERIENZA DEGLI AUTORI

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"COMPLEXNAUTI"

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IL PRO-GETTO

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PRO-

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IL (NON PIÙ) PRO-GETTO

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Controllo

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IL PROGETTO COME SISTEMA DI SISTEMI

«… un sistema di sistemi in cui ogni

sistema condiziona gli altri, e allo

stesso tempo ne è condizionato; è un

nodo o groviglio che ci appare

inestricabilmente complesso. La

soluzione – che sarà solo una delle

soluzioni possibili – ci appare

misteriosa. Solo se accettiamo di

vedere il groviglio, solo se accettiamo

la sua inestricabile complessità, solo

se siamo capaci di convivere con

l’ansia e l’impotenza legate al ‘non

sapere come fare’, potremo costruire

conoscenza efficace»

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Varanini, pag. 17

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IL PROJECT MANAGER

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… come Dio

… come primus

inter pares

… come

narratore

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IL PROJECT MANAGER …COME DIO

(O COME SOSTITUTO DEL DIO ASSENTE)

«Il project manager, abbiamo visto, è il sostituto del Dio assente. Non può garantire

che giunga a buon fine il progetto di una torre che pretenda di raggiungere il cielo.

Ma può essere garante di come un progetto non viziato da arroganza si concluderà

con un qualche risultato: la Torre di Pisa, pendente e lontana dal piano redatto a

priori, ma dotata di una sua intrinseca bellezza, può essere costruita.

L’arroganza è pretesa eccessiva. L’ambizione è desiderio vivo. Chiunque ben

intende un progetto è ambizioso, sente la carenza di qualcosa, e vuole colmarla.

Desidera andare oltre i limiti di ciò che vede, si confronta con l’ignoto, parla di ciò

che non c’è ancora.

È un profeta: preannuncia, predice – un atteggiamento ben diverso dal pianificare

e dal programmare. La parola del profeta è creativa, è ‘performativa’: parola che

acquista senso, e mantiene la sua dignità etica, se e solo se si trasforma in

performance, se parla di una azione e motiva all’azione e trova rispondenza

nell’azione, solo se è parola tesa a generare cambiamento. Parola pensata in

funzione di uno scopo: creare un mondo.

[…] Creare, ben diversamente dall’eseguire qualcosa di previsto, è considerare

costruttivo il caos: lì, nelle oscurità e nelle tenebre nasce il mondo»

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Varanini, pag. 54

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IL PROJECT MANAGER …COME PRIMUS INTER

PARES

«[…] il project manager passa da un ruolo riduzionistico a un ruolo complesso,

dalla «pianificazione e controllo» alla «creazione del contesto». Un contesto dove

la vera motivazione è l’auto-motivazione, frutto di una visione condivisa, ottenuta

con l’esempio del leader che fornisce l’energia del cambiamento. Per gestire la

complessità crescente è opportuno puntare sulla partecipazione e sull’assunzione

di responsabilità da parte di tutti. Serve intelligenza distribuita, inter-connessa,

auto-motivata e auto-attivata. Al centro non si risolve. Il futuro è nella periferia.

[…] Se i motori del cambiamento per persone e organizzazioni sono

rispettivamente sogni e visioni, allora il project manager da un lato incoraggerà i

sogni delle persone per valorizzarne la forza evocativa, la spinta propulsiva e la

capacità di sprigionare potenza creativa, e dall’altro creerà un contesto favorevole

alla condivisione della visione per attivare processi di auto-organizzazione.

Se il management è il «management del divenire», allora il vero management è il

project management.»

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De Toni, pag. 120-121

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IL PROJECT MANAGER …COME NARRATORE

«[…] dedicare attenzione continua a chiedersi cosa rappresenti (e come possa

essere rappresentato) il progetto nei mondi dei suoi diversissimi interlocutori.

«Stakeholder»: in italiano spesso tradotto con «portatore di interesse». Bisogna

invece sempre ricordare che il progetto può essere in conflitto ma anche – al

momento – totalmente estraneo alla sfera di interessi dei suoi necessari

interlocutori. Come portarlo alla loro attenzione? Come «raccontarglielo»?»

«Tutti gli stakeholder, cioè, raccontano di sé, del loro mondo e del loro punto di

vista sul progetto, esprimendosi ciascuno nella propria lingua, che il PM deve saper

capire e parlare. Le storie che vengono raccontate (anche quelle meno attinenti lo

scope) possono contenere informazioni fondamentali per la gestione del progetto;

per questo è importante che il PM riesca ad ascoltarle, cerchi di interpretarle e di

tenerne traccia.

[…] In questo processo il PM ha un ruolo fondamentale: può favorire la

mediazione tra i linguaggi di diversi interlocutori (narrare a ciascuno il progetto nella

sua lingua e aiutare ciascuno a comprendere gli altri), e può collezionare preziosi

contributi alla creazione di una «lingua del progetto»».

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Dellarciprete e Pinnola, pag. 251 e 257-258

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IL TEMPO NEL PM EMERGENTE (1/2)

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Chrónos vs. Kairós

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IL TEMPO NEL PM EMERGENTE (2/2)

«Il progetto è un insieme di attimi, istanti, momenti. Se accetto la complessità, ho

convenienza a considerare tutti gli attimi, tutti gli istanti tutti i momenti ugualmente

importanti. Perché non so prima cosa mi converrà fare. E del resto, la complessità

di quello che accade, e il fatto stesso che ogni attore, project manager compreso,

osservando il progetto influisca su di esso, mi impedisce di sapere con precisione

non solo cosa accadrà, ma anche cosa è accaduto e cosa sta accadendo.

[…] Chrónos è il tempo che divora l’uomo. Il tempo-chrónos è un indifferenziato

continuum che scorre nostro malgrado. […] In questa dimensione del tempo – dove

ogni complessità è rimossa – il project manager è ridotto a pianificazione e

controllo. Ma la pratica quotidiana di chi governa il progetto non si riduce mai a

questo. Perché, nonostante spesso si pretenda di imporre al project manager

l’adorazione del dio Crono, il tempo conosciuto e vissuto dal project manager non è

chrónos, ma kairós.

Mentre chrónos è una dimensione del tempo imposta e subita, kairós è una

dimensione soggettivamente vissuta, è la dimensione dell’esperienza. Kairós è il

tempo opportuno, conveniente, ‘speciale’, la circostanza, la buona occasione, la

coincidenza. Mentre dal punto di vista del tempo-chrónos tutti i momenti sono

uguali, il tempo-kairós è percezione della differenza. Per ogni cosa da fare, c’è il

momento buono, il momento propizio.»

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Varanini, pag. 29-30

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GLI STAKEHOLDERS NEL PM EMERGENTE

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Rete informale

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LE CAPABILITIES NEL PM EMERGENTE

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Ridondanza

Leadership

• informazioni

• interazioni

• competenze

• risorse

• approcci

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RIDONDANZA

«Nel gestire situazioni complesse bisogna essere sempre pronti ad agire

nell’incertezza, con capacità di comunicazione limitata, con risorse limitate. Questo

modus operandi non può essere trattato come l’eccezione, ma deve essere parte

fondamentale della formazione e della mentalità dei partecipanti. […] Più che

investire tempo nell’allocare le risorse oculatamente, risulterà vincente investire

nello sviluppare le capacità creative nell’utilizzare le risorse immediatamente

disponibili. È indispensabile che l’organizzazione presenti della ridondanza, delle

capacità e degli elementi non strettamente indispensabili che possano essere

utilizzati alla bisogna, nelle emergenze, o per manovrare. Similmente devono

essere presenti delle scarsità atte ad «aguzzare l’ingegno».

Una nuova versione di equilibrio sull’orlo del caos.».

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Morpurgo, pag. 239-240

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LEADERSHIP

«La leadership sottende sapere, capacità, esperienza e una saggezza circa l’azione collettiva e

l’ambiente, il mondo in cui essa si svolge, per poter interagire con successo con la sua complessità.

I suoi meccanismi sono antichissimi, poiché sono nati dall’esigenza, comune a tutti gli animali

sociali, di trovare un equilibrio tra l’interesse del singolo e quello del gruppo e tra il gruppo e

l’ecosistema, assicurando il vantaggio competitivo della cooperazione e quindi la sopravvivenza.

[…] Oggi, come moltissimi anni fa, è la risposta strategica che possiamo dare al problema della

nostra esistenza come specie, ma ora in un nuovo, velocissimo mondo. È la risposta strategica che

possiamo dare al problema della gestione delle organizzazioni, e dei progetti, in quel mondo.

Perché sia atta al rapido cambiamento e alla nuova complessità, deve essere una risposta che non

presume noumeni astratti da sovraimporre alla realtà, bensì è tesa a comprendere l’ambiente, a

percepirne tendenze e vettori. Deve inventare il futuro, senza pretendere di pianificarlo

deterministicamente; deve seminare continuamente opportunità; iniziare, e mantenere sempre

l’iniziativa, pronta a reindirizzarla se la situazione e il giudizio indicano altrimenti, pronta a reagire a

minacce improvvise ma ancor di più ad afferrare le opportunità emergenti, da dovunque esse

vengano, ricercandole specialmente nelle difficoltà e negli errori; sapere assegnare le priorità e

scegliere cosa fare e quando; essere fortemente comunicativa e coinvolgente e mettersi

continuamente in discussione, per mutare come necessario per il futuro che si vuole costruire.

Ma oggi come nel nostro ieri ancestrale, questa leadership non significa solo la leadership di un

Capo, ma una leadership diffusa di cui il capo deve essere il promotore e il garante, in cui la

saggezza viene condivisa e fatta crescere da chi sa vedere da più prospettive e su più ampi

orizzonti. Una leadership capace di garantire una «etica» attraverso cui guardare il mondo e di far

emergere la «semplicità oltre la complessità»: il far comprendere a tutti la sostanza dei fenomeni di

cui si è partecipi»

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Giancotti, pag. 89-91

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PER CONCLUDERE… (1/2)

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«L’importante non è la meta, ma il viaggio»

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PER CONCLUDERE… (2/2)

«Abbiamo cercato di arricchire la cosiddetta «cassetta degli attrezzi del PM»

attraverso la definizione di strumenti che prendono spunto anche da altre scienze,

quali l’antropologia, la sociologia e la psicologia. Questo a dimostrazione che

nessun approccio, in qualunque attività dell’intelligenza umana, può fare a meno

dell’aiuto di categorie di conoscenza che solo a prima vista possono sembrare

lontane dalle nostre applicazioni del lavoro quotidiano. Piuttosto è proprio

attraverso la multidisciplinarietà che creiamo i cosiddetti «circoli virtuosi» che

portano all’innovazione».

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Notari e Moresco, pag. 207

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Prof. Alberto F. De [email protected]

www.diegm.uniud.it/detoni/wordpress/

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Ing. Elena [email protected]