IL PONTE, Giugno 2010 n.6

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Ci vorrebbe la RivoluzionePer la difesa del Lavoro e dei Lavoratoridi Paolo De Chiara 4

MOLISE PRECARIO. Giovanni operaiocassintegrato Solagrital racconta la sua storiadi Massimo Campanella 8

Manuli, una storia infinitadi Paolo De Chiara 10

La generazione perduta. Le testimonianze di alcuni “giovani” molisanida Repubblica.it 13

Sanità molisana: Cronaca di una ‘morteannunciata’di Lucio Pastore 15

Rubrica IL GUASTAFESTE “Abbasso lo malgoverno”di Paolo De Chiara 17

“Prevale ancora il voto familiaree clientelare sul voto d'opinione e di fiducia”di Alessandro Corroppoli 18

Caos Calmo al Comune di Iserniadi Daniel Cifelli 19

Fantasmi e PagliacciComitato Centro Storico di Isernia 19

ALBUM FOTOGRAFICO. L’Acqua Solfurea di Isernia…in abbandonodi Luciano Cristicini 20

Rubrica CARTA CANTA. “Il buon andamento della spesa sanitaria inMolise”di Paolo De Chiara 22

25 aprile 2010, una giornata da ricordaredi Patrizia Carnevale 23

ALBUM FOTOGRAFICO. I Volti del 25 Apriledi Salvatore Costa 24

Gheorghe Radu, morto di lavoro in Molise 26A cura di Paolo De Chiara

La donna umiliata dalla televisione. Lorella Zanardo racconta “Il Corpo delle Donne”di Daniela Trivisonno 28

IL FATTO QUOTIDIANO, tra diritto di criticae libertà d’espressionedall’inviata Adelina Zarlenga 29

La parola contro la camorradi Domenico Donatone 31

Tra Terra e Maredi Francesco Manfredi Selvaggi 34

Pacifica ed ordinata coabitazione umanadi Umberto Berardo 35

La legge che ordina il silenzio stampadi Stefano Rodotà, da articolo21.info 36

La Federazione della stampa mondiale contro lalegge bavaglio: “è in pericolo la democrazia inItalia” 37

Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C. 38

Rubrica ArteFatti“Dimenticanze”di Tommaso Evangelista 38

I Filomarino-Della Torre, duchi di Bojanodi Alessandro Cimmino 39

La nostra festa di LiberazioneEmergency, gruppo territoriale di Isernia 41

Serafino De Iuliis.L’eleganza del legno e della pietradi Tommaso Evangelista 42

Viaggiando. Per conosce e amare il MoliseAGTM, Associazione Guide Turistiche del Molisedi Domenico Di Gregorio 44

Ramegna Shuffle - Live@le Cavedi Gabriele Venditti 45

Il presidente degli Arbitri Marcello Nicchi in visitaalla Sezione Arbitri di Isernia“Amiamo l’Associazione Italiana Arbitri”Redazione 46

Elezione dei Consiglieri Nazionalie del Consiglio RegionaleRedazione 47

Abbonamento annuale Ordinario Euro 15,00 - Enti e Uffici Euro 25,00Estero Euro 40,00 - Sostenitore Euro 52,00

C/C postale n. 83182477Intestato a: Associazione “Il Ponte” via Nobile, 11 - 86100 CampobassoC/C Bancario n. IT14K0300203805000002022338Banca di Roma, Filiale 1, via Mazzini, 10 CampobassoIntestato a: Associazione “Il Ponte” via Nobile, 11 - 86100 Campobasso

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Direttori Gaetano Caterina e Paolo De ChiaraDirettore responsabile Aldo SpedalieriHanno collaborato a questo numeroUmberto Berardo, Massimo Campanella, Patrizia Carnevale, Daniel Cifelli,Alessandro Cimmino, Alessandro Corroppoli, Salvatore Costa, LucianoCristicini, Paolo De Chiara, Domenico Di Gregorio, Domenico Donatone,Tommaso Evangelista, Lucio Pastore, Francesco Manfredi Selvaggi, DanielaTrivisonno, Gabriele Venditti, Adelina Zarlenga, Emergency gruppo territorialedi Isernia, Comitato Centro Storico di Isernia.

Editore Associazione “Il Ponte” - Via Nobile, 11 - CampobassoCASELLA POSTALE 31 - CAMPOBASSO tel. 349.3909650 - fax 0874 418753Autorizzazione del Tribunale di Campobasso del 20-07-2007 n. 7 giàAutorizzato dal Tribunale di Larino il 24-12-1987 n. 4 - Iscrizione al ROC n.15720, già n. 6281

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Questo numero è stato chiuso in tipografia il 26/05/10

dicembre 2009 gennaio 2010 febbraio 2010 marzo 2010 aprile 2010 maggio 2010

ABBONAMENTI

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LAVORO

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“Il lavoratore è un uomo, hauna sua personalità, un suoamor proprio, una sua idea,

una sua opinione politica, una suafede religiosa, e vuole che questi di-ritti siano rispettati da tutti e, in pri-mo luogo dal padrone…”. In questomodo si esprimeva il sindacalista Giu-seppe Di Vittorio al Congresso di Na-poli della Cgil nel 1952. In quegli annii lavoratori potevano essere licenziati“ad nutum”. Con un semplice cennodella mano. Non avevano diritti. Solocon lo Statuto dei Lavoratori del1970 (legge 20 maggio, n.300) sigiunse al coronamento di tante bat-taglie e lotte operaie. Oggi, dopo40anni, lo Statuto dei Lavoratori è alcentro di polemiche da parte di un Go-

verno nazionale poco attento alle esi-genze dei lavoratori. Si vorrebbero por-tare indietro le lancette della storia.Per togliere i diritti, sanciti in una leg-ge, ai lavoratori italiani. Che oggi giàsubiscono l’immobilismo di una po-litica incapace. Lo scopo, secondo ilministro Sacconi, “è battere il nichi-lismo delle generazioni degli anni Set-tanta entrate nei mestieri dell’edu-cazione, della magistratura e del-l’editoria non tanto per occupare,quanto per infrattarsi, perché è sem-pre meglio che lavorare”. Il concettoè chiaro. Non si pensa a risolvere iproblemi legati alla mancanza di la-voro. Alla crisi. Ai molti imprenditoriche pensano a lucrare nel mondo dellavoro. L’obiettivo principale è quel-

lo di rendere più deboli i lavoratori emolto più forti gli imprenditori. In unperiodo in cui il mondo del lavoro staattraversando una crisi pericolosa. Illavoro, un diritto costituzionalmentegarantito, è il primo problema da ri-solvere. In Italia e in Molise. Ma cosasta accadendo nella nostra piccola Re-gione? Per la classe dirigente (falli-mentare) molisana, probabilmente, ilproblema non esiste. Secondo l’As-sessore regionale al Lavoro, Forma-zione Professionale, Promozione e Tu-tela Sociale, Angiolina Fusco Perrel-la: “il nostro impegno ha risposto alladuplice esigenza di creare occupa-zione, promuovendo anche la for-mazione, e salvaguardare i lavorato-ri”. Aggiungendo una frase che resterà

CI VORREBBE LA RIVOLUZIONEPer la difesa del Lavoro e dei LavoratoriGli operai salgono sui tetti delle fabbriche, occupano le aziende, non ricevono da mesi lostipendio. Si vedono scippare il lavoro da sotto agli occhi. Crisi aziendali stanno attraversandol’intero Molise. Di chi sono le responsabilità? Quali sono le politiche di sviluppo messe incampo dal Governo nazionale e regionale? Dove sono andati a finire i provvedimenti annunciatie sbandierati?

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.Articolo 1, Costituzione della Repubblica Italiana

di Paolo De Chiara ([email protected])

Protesta storica dei lavoratori

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negli annali della storia politica di que-sta sfortunata Regione: “siamo sta-ti bravi”. Ma a far cosa? Gli operai sal-gono sui tetti delle fabbriche, occu-pano le aziende, non ricevono da mesilo stipendio. Si vedono scippare il la-voro da sotto agli occhi. Crisi azien-dali stanno attraversando l’interoMolise. Ma loro si sentono “bravi”. Idilettanti della politica regionale po-tranno, però, sempre utilizzare l’alibidella crisi finanziaria e della banca-rotta della Grecia. La Regione è in gi-nocchio indipendentemente dallequestioni nazionali ed internazionali.Come non far riferimento all’It Holdingdi Pettoranello, alla Geomeccanica,alla Manuli (ampio servizio a pagina10), alla Rer, all’Igea Medica, all’Of-talmica Marinelli, allo Zuccherificio,alla Fonderghisa, alla Laterlite, alla So-lagrital. Ai lavoratori della San Stefar,agli operai della forestale, al settoredei trasporti. Sino al mondo agrico-lo (“Siamo giunti veramente al ca-polinea – secondo il presidente del-la Confederazione Italiana Agricolto-ri Giuseppe Cristofano – non è piùtempo di aggirare i problemi con fra-si ad effetto. Gli ultimi dati Istat sul-l’andamento dell’economia nel quar-to trimestre 2009, sono allarmanti.Il Pil è precipitato a meno 4.9%. Nonsi può continuare ad affermare cheè solo un brutto periodo ed attribui-re la causa alla crisi mondiale. Nes-sun aiuto né dal governo nazionale néda quello regionale. Per l’agricolturasia chiaro. Perché negli altri settoril’attenzione e le risorse economichesono state trovate seppure in un mo-mento di crisi”). Senza dimenticarei precari della scuola. Di chi sono leresponsabilità? Quali sono le politi-che di sviluppo messe in campo dalGoverno nazionale e regionale? Dovesono andati a finire i provvedimentiannunciati e sbandierati dall’Asses-sore regionale Vitagliano? Oltre agliinterventi spot, alla propaganda, ai mi-lioni di euro “regalati” agli imprendi-tori per tamponare, per poco tempo,le falle del sistema, cosa si è fatto diconcreto? Perché il sistema econo-mico di questa Regione ruota intor-no agli stessi imprenditori (con sol-di pubblici) che hanno lasciato il se-gno (in negativo) in questi ultimianni? I nomi sono gli stessi. È sem-plice fare gli imprenditori in questa Re-gione. Con i soldi dei cittadini. Inte-ressante è rileggere l’articolo diGianni Barbacetto, pubblicato su Il Fat-to Quotidiano lo scorso 5 maggio:“…In tutt’altra parte d’Italia, in Mo-lise, si sta consumando invece la vi-

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personaumana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.Articolo 2, Costituzione della Repubblica Italiana

Il quarto Stato, Giuseppe Pellizza da Volpedo

La rivoluzione che vorrei…

La rivoluzione che vorrei sarebbe una vera rivoluzione.La rivoluzione che vorrei cambierebbe le cose radicalmente.La rivoluzione che vorrei taglierebbe via completamente l’albero malato

che è cresciuto su questa terra.Non solo i frutti marciti ma tutta la pianta.Chi ha sbagliato e chi non ha fatto nulla per fermarlo.Chi ha rubato e chi è rimasto a guardare perché la cosa non lo toccava

personalmente.Chi ha rovinato questo paese e chi si è arricchito comunque recitando

il ruolo del prode antagonista.La rivoluzione che vorrei farebbe emergere le vere differenze tra la gen-

te.La rivoluzione che vorrei mostrerebbe chi è coerente con quel che dice

e chi no.La rivoluzione che vorrei non sarebbe di sinistra o di destra, sarebbe pri-

ma di tutto giusta.Giusta con chi finora ha sfruttato l’ignoranza del popolo per farsi i pro-

pri interessi e con chi ha compiuto lo stesso delitto accusando l’altro diquest’ultimo.

Giusta con chi ha pagato con la propria pelle le conseguenze di questaignobile messa in scena.

Giusta con chi ha avuto il coraggio di dire di no, anche quando il sì erail manifesto dei buoni.

La rivoluzione che vorrei azzererebbe tutto e ognuno di noi dovrebbe ri-cominciare da capo.

La rivoluzione che vorrei avrebbe come unico riferimento la realtà di tut-ti i giorni.

La rivoluzione che vorrei avrebbe come primo riferimento la persona piùpovera nel paese.

Di conseguenza tutti i politici guadagnerebbero esattamente quello chegli basta per campare, perché rappresentare il popolo sarebbe già un ono-re.

I giornalisti avrebbero l’unico obbligo di essere onesti intellettualmente.Gli artisti avrebbero il privilegio di essere ascoltati esclusivamente per

merito del loro talento.La rivoluzione che vorrei non avrebbe bisogno di scrittori impegnati, di

intellettuali illuminati e di eroi esiliati perché la gente sarebbe finalmen-te in grado di pensare con la propria testa.

La rivoluzione che vorrei non avrebbe bisogno di miracolose manifesta-zioni organizzate su facebook perché la gente sarebbe sempre in piazza,ogni giorno.

La rivoluzione che vorrei non avrebbe bisogno dei leader, dei portavoce,dei numeri uno perché ognuno di noi sarebbe quell’uno.

La rivoluzione che vorrei è solo un sogno per il quale, come dice Moni-celli, non ho alcuna speranza.

Perché la rivoluzione che vorrei, in tanti, anche dalla parte dove meno tel’aspetti, la temono come il peggior incubo…

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cenda del gruppo Ittierre di Tonino Per-na, licenziatario dei marchi Ferrè,Malo, Just Cavalli... Entrata in gra-vissime difficoltà, con un buco di al-meno 600 milioni, Scajola nel febbraio2009 ha mandato a salvarla non uno,ma tre commissari: Stanislao Chi-menti, Roberto Spada e Andrea Cic-coli. Tre, perché aumentando il nu-mero dei curatori è più facile accon-tentare tutti e rendere scientifica lalottizzazione. Parte subito il valzer del-le consulenze: 6 milioni di euro in unanno. Price Waterhause: 1,3 milionidi euro. Mediobanca: 1 milione. Maanche 980 mila euro a Sin&rgetica Mi-lano: è la società di Bruno Ermolli,ascoltato consulente di Silvio Berlu-sconi. E ancora: 1 milione di euro allostudio legale di Donato Bruno, avvo-cato ma anche parlamentare berlu-sconiano e grande amico di CesarePreviti. Particolare non privo d’inte-resse: il commissario Chimenti, av-vocato, è partner dello studio di viaVeneto a Roma di Donato Bruno. Unaconsulenza da 300 mila euro arrivaanche a Mario Ralli, collaboratore diBruno. Tutto ciò, in una situazioneaziendale che resta difficile e anzis’aggrava. Il fatturato del gruppo It-tierre, 600 milioni nel 2008, nel2009 è crollato a non più di 300 mi-lioni. Il triumvirato alla guida della pro-cedura non mostra di preoccuparse-ne: si è autoassegnato compensi per900 milioni di euro, 300 a testa. Il pro-blema dei compensi e degli sprechideve essere serio, se perfino il di-rettore generale del ministero fino aieri di Scajola, Andrea Bianchi, haemanato una circolare in cui chiedeil contenimento delle spese delle pro-cedure”. È questo il modo di risolverei problemi in questa Regione? Men-tre gli operai dell’Itr Holding di Pet-toranello non vedono più il proprio fu-turo continuano i soliti giochetti sul-la pelle della gente. I dati sul mondodel lavoro sono allarmanti. Secondoi dati dell’Istituto Nazionale di Previ-denza Sociale nel secondo trimestredel 2009 la disoccupazione è arrivataal 13%. La cassa integrazione stra-ordinaria è cresciuta del 292.97%,mentre la cassa integrazione ordinariaè aumentata del 495%. La crisi ri-guarda soprattutto i seguenti setto-ri: Edilizia, Metalmeccanico, Tessile,Chimico e Attività economiche con-nesse con l’agricoltura. Mentre conla pseudo riforma della Gelmini ben16.500 precari hanno perso il proprioposto di lavoro. In Molise risultano es-sere coinvolti ben 497 precari. Un nu-mero impressionante per una realtà

come quella molisana. E la politica re-gionale, oltre a vantarsi, come si muo-ve in questa palude? La denuncia delconsigliere regionale di CostruireDemocrazia, Massimo Romano (elet-to con l’IdV) è molto chiara: “Il Go-verno regionale eroga direttamentefondi pubblici, quasi mai con regola-ri procedure di evidenza pubblica, infavore di industrie private che, aloro volta, foraggiano il sistema del-l’informazione che infatti, con pochepregevoli eccezioni, o censura total-mente le relative notizie o, nella mi-gliore delle ipotesi, stravolge e tra-visa i fatti. E, proprio in questo

modo, è stato possibile che la mia de-nuncia contro la maxi speculazione dioltre 50milioni di euro dello Zucche-rificio che ha consentito la svenditatotale della società ad un privato ci-priota sconosciuto è stata letteral-mente cancellata dalle pagine dei gior-nali e dalle notizie dei telegiornali.Come è stata praticamente censuratala notizia che in Consiglio regiona-le Iorio ha mentito spudoratamen-te sul socio privato: …si tratta di unsocio cipriota, la G&B management,e che tale socio non ha mai fatto nul-la che fosse neanche lontanamentericonducibile allo zucchero. E i sin-dacati e Assindustria tacciono”. Eccoi soldi smistati agli imprenditori co-raggiosi. Continua Romano: “Pro-prio in questo modo, è stato possibileche una operazione finanziaria di al-tri 37milioni condotta sulla Solagri-tal di Bojano attraverso una societàinattiva, la GAM srl, stia passandocome una ordinaria procedura per sal-vare l’azienda e addirittura i lavoratori.Ma nessuno mi ha ancora spiegatoperché Iorio dovrebbe acquistarecon i soldi dei cittadini i debiti che Are-na nei confronti di JP Morgan, e cosac’entra questo con la difesa dei la-voratori”. Un’altra operazione de-nunciata dal consigliere regionale èquella relativa alla FinMolise. “Proprioin questo modo, è stato possibile chela Giunta abbia trasferito a FinMoli-se spa oltre 50milioni di euro, diret-tamente e senza gara pubblica, perla gestione delle misure anticrisi. Adistanza di quindici mesi, due sole im-prese hanno avuto accesso a quellemisure”. Un “fallimento totale” per Ro-mano. Lo stesso fallimento che statoccando la sanità pubblica. E che siripercuoterà sui cittadini molisani. Conla bocciatura del piano di rientro, sban-dierato negli ultimi mesi come la so-luzione a tutti i mali, i fondi Fas (de-stinati allo sviluppo delle aree svan-taggiate e non a ripianare i debiti fat-

LAVORO

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La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo di-ritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzio-ne che concorra al progresso materiale o spirituale della società.Articolo 3, Costituzione della Repubblica Italiana

Corteo di protesta per le vie di Isernia

I lavoratori dell’It Holding davanti laPrefettura del capoluogo pentro

I lavoratori protestano davanti la Provincia di Isernia

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ti dalla mala politica) sono statibloccati dal Governo centrale. Anchese il responsabile dello sfascio Mi-chele Iorio (lo sGovernatore del Mo-lise) continua a ripetere: “I Fas sonostanziati per lo sviluppo, ritengo siagiusto utilizzarli per coprire il disa-vanzo”. Il buco accertato per il 2009è di 69milioni di euro. 10milionidovranno essere pagati con l’au-mento delle tasse, e i restanti 60 conuna manovra finanziaria correttiva.“Una stangata in piena regola – se-condo Romano - sulla pelle deimolisani”. E i 475milioni di euro deifamosi fondi Fas? Fino a quando laRegione non ripianerà i debiti milionari(causati da una politica poca atten-ta ai bisogni della collettività, mamolto attenta ai bisogni di pochi noti)i Fas rimarranno congelati. Inutilizzati.Sull’utilizzo di questi fondi, importantiper lo sviluppo (da utilizzare magariper creare nuovi posti di lavoro), è in-tervenuto con forza anche il vice-pre-sidente del Consiglio regionale TonyIncollingo, fermamente convinto del-la teoria Iorio: “è questa la strada sucui bisogna insistere nei confronti delgoverno nazionale. In questa visionedevono ritrovarsi, com’è naturale,non solo i gruppi di maggioranza ma,credo, anche quelli di opposizione, per-ché un aggravamento del peso fiscaleverso i molisani è cosa che nessunopuò augurarsi”. Ecco. In questa fasenessuno sembra essere il respon-sabile dello sfascio. Però va dato attoa Incollingo di una cosa. Le respon-sabilità in questo momento vannosuddivise tra maggioranza e opposi-zione. La prima per incapacità politicae la seconda per la totale assenza nelcontrastare la politica fallimentare diquesto centro-destra. Ma com’è giàstato ampiamente annunciato, i mo-lisani dovranno pagare più tasse. Laquestione è strettamente legata almondo del lavoro. Ai lavoratori. Il mes-saggio del vice-presidente di Assin-dustria Molise Edoardo Falcione èchiaro e allarmante. Soprattutto perla presenza in futuro delle aziende inMolise. “Non è più possibile accettare– secondo Falcione – nuove imposte.Un ulteriore aumento dell’Irap e del-le altre imposte, soprattutto in un mo-mento di grave crisi finanziaria comequella che stiamo attraversando met-terebbe definitivamente in ginocchiol’intera economia regionale. Le im-prese molisane non sono più nellecondizioni di subire altri aumenti di im-poste imputabili esclusivamente aduna sanità regionale che sul piano del-la programmazione, della gestione e

della qualità dei servizi resi ha mo-strato tutte le sue deficienze”. Comela politica nostrana. Sono anni chemostra le “sue deficienze”, ma nes-suno se ne era accorto. Nemmenol’europarlamentare Patriciello che diIorio è stato il vice presidente in con-siglio regionale. Oggi si ricorda, permere questioni politiche interne, che:“La Regione sta affossando le piccolee medie imprese”. Denunciando daibanchi del Parlamento Europeo chein Molise: “Manca un progetto stra-tegico e si procede per sterili tattici-smi con interventi privi di un reale rac-cordo. Come ai soldi che la Regioneha assegnato allo Zuccherificio delMolise e all’Arena/Solagrital. Inter-venti che non corrispondono a nes-suna logica, e che rischiano di risul-tare effimeri sia per le aziende sia, so-prattutto, per i lavoratori”. Ora che inodi sono arrivati al pettine tutti gri-dano allo scandalo. Ma chi dovevaprendere posizioni dov’era? Ancorapiù chiari e diretti sono stati i giova-ni industriali molisani: “Il nostro timorenasce dalla preoccupazione che nul-la è stato fatto per rispettare i pro-grammi di riduzione della spesa sa-nitaria e, quindi, le imprese molisa-ne continuano a pagare la maggiorealiquota dell’Irap dovuta alle ineffi-cienze del comparto della sanità”. Edecco l’affondo minaccioso: “Le im-prese molisane già subiscono quoti-dianamente i pregiudizi conseguential ritardo di sviluppo della Regione,all’assenza di infrastrutture e di ser-vizi essenziali. Ciò si traduce in un gra-ve deficit di competitività rispetto alleimprese operanti nelle regioni più vir-tuose sia italiane che europee”. Unmessaggio chiaro. Chi verrà in futu-ro a investire in Molise, se già le im-prese presenti minacciano di ab-bandonare il territorio per l’aumentodell’Irap? Ma cos’è questa tassa, chesi aggiunge all’aumento dell’addi-zionale Irpef? L’imposta regionale sul-le Attività Produttive è un’imposta lo-cale che si applica alle attività pro-duttive esercitate in ciascuna re-gione. In Molise, l’aliquota è pari al4.82%. Superiore alla Regione Valled’Aosta, Trento e Friuli (2.98%); Bol-zano (3.4%); Veneto, Emilia Romagna,Piemonte, Lombardia, Liguria, To-scana, Umbria, Abruzzo, Basilicata,Sardegna (3.90%); Marche (4.73%) euguale a Regioni come la Campania,la Puglia, la Calabria, la Sicilia, il La-zio. La tardiva intransigenza del Go-verno centrale porterà l’aumentodello 0.15%. Le aziende in Molise,quindi, pagheranno il 4.97% di Irap,

mentre si potrebbe registrare l’au-mento dello 0.30% per l’Irpef. Il Mo-lise è un Regno strano. Oltre a su-perare diverse Regioni d’Italia per isuoi personali costi ha un altro pri-mato. Sempre sui numeri. Questa vol-ta i conti sono stati realizzati da Il Mes-saggero. E questa volta le tassenon c’entrano nulla. Al centro dellaquestione ci sono gli stipendi dei po-liticanti locali. Secondo il quotidianonazionale il Molise è tra le Regioni coni più alti stipendi per gli amministra-tori. Non poteva essere altrimenti.L’impegno, anche se distruttivo, deveessere ben retribuito. Alla faccia deitanti lavoratori e cittadini che devonofare innumerevoli sacrifici per arrivarealla fine del mese. Ecco perché ritornasempre il concetto di isola felice. Pec-cato che lo è per pochi personaggi.E non per tutti. Probabilmente, in que-sta Regione, è giunto il momento difare chiarezza. Chi ha sbagliato dovràpagare. Politicamente ed economi-camente. Il disastro, annunciato dadiversi anni, è ora esploso con tuttala sua forza. Cosa si è fatto dei sol-di pubblici? A chi sono stati fatti fa-vori personali? Il metodo è noto. Percreare il “consenso elettorale” sonostati buttati nel cesso milioni dieuro. Quante inutili e pesanti con-sulenze sono state offerte agli ami-ci e agli amici degli amici? Quante as-sunzioni sono passate per la politicae non per concorsi pubblici? Mentrei lavoratori schiumano sangue per ar-rivare alla fine del mese con onestàe dignità, la classe politica, quella chedovrebbe offrire sempre il buon esem-pio, ha fallito. Per non parlare delleinchieste e dei rinvii a giudizio (temiche saranno approfonditi nei prossi-mi numeri de il Ponte). Gli indagati del-la politica regionale siedono al loro po-sto tranquillamente. E ora il salassodi questa gestione da chi sarà pa-gato? Dai soliti fessi. I cittadini mo-lisani. Quelli che con forza hanno de-ciso di restare nella loro Regione. Nonci rimane che accogliere con piacerele parole del maestro Mario Monicelliad Annozero: “Spero che il nostrofilm finisca con quello che in Italia nonc’è mai stato… una bella rivo-luzione…”. L’unica strada per spaz-zare via questi dilettanti pericolosi.Hanno rovinato ed ipotecato il futurodi un intero territorio. In questo casodella nostra Regione. I tempi sono ma-turi per “una bella rivoluzione”. Perpoter riassaporare quel profumo di li-bertà, di onestà e di legalità. Oggi sos-tituito con il puzzo del compromessomorale e politico.

LAVORO

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La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Sta-to il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze del-l'autonomia e del decentramento.Articolo 4, Costituzione della Repubblica Italiana

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CRISI

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Tra grandi, medie e piccole sonopiù di cinquanta le aziende mo-lisane costrette a ricorrere alla

cassa integrazione straordinaria perfronteggiare la crisi che sta martoriandola regione. Ittierre, Geomeccanica, Ma-nuli, Proma, Sata Sud, Fili Nobili, So-lagrital sono soltanto le più note di unalunga serie di industrie in difficoltà. Aqueste vanno aggiunte una miriade diaziende piccole e piccolissime chenon riescono a corrispondere conpuntualità gli stipendi ai propri dipen-denti. Le ristrettezze economiche, le dif-ficoltà, la mancanza di prospettiveagitano e rendono precarie le esi-stenze di molti lavoratori e delle lorofamiglie. La paura di perdere il lavoro,le frustrazioni di chi è costretto a con-vivere con la crisi. La storia di uno è lastoria di tutti. Ve ne raccontiamo una.

Giovanni ha gli occhi stanchi, losguardo sfuggente. Si sente defraudatodella dignità, ferito nell’orgoglio. Alla so-glia dei sessanta, dopo quasi trenta

anni di duro lavoro in fabbrica, nonavrebbe mai immaginato di dover ri-partire dai conti sulle dita di unamano, per tirare avanti fino al termi-ne del mese con gli ottocento euro del-la cassa integrazione, senza doversubire l’umiliazione di chiedere aiutoa parenti, amici o, addirittura, agli an-ziani genitori. Racconta la sua storia,agita mani massicce, scopre polsi eavambracci ingrossati a dismisura, se-gno inequivocabile del pesante lavo-ro fisico svolto per anni in reparto. Unamoglie casalinga, due figli ormai tren-tenni e ancora da sistemare - preca-ri come tanti altri giovani da queste par-ti - una casetta di proprietà, tirata sumattone per mattone a costo di enor-mi sacrifici. A Giovanni (il nome è difantasia per difendere, dice, il bricio-lo di dignità che ancora gli resta) lacasa non l’ha mai pagata nessuno,“mica sono ministro” ironizza con unsorriso a metà tra il sarcastico e l’ama-ro. Una vita da operaio alla Solagrital

di Bojano. Assunto nell’industria avicolamatesina più di venticinque anni fa,quando era ancora giovane e con brac-cia che, ricorda, avrebbero potuto sol-levare montagne. Ha iniziato alla “so-sta vivo”, il reparto in assoluto più duro,più sporco, più puzzolente. Il lavoro con-sisteva nel tirar fuori dalle gabbie lecentinaia di polli vivi che arrivavano inazienda dagli allevamenti e agganciarliper le zampe, a testa in giù, ai supportidella catena che li avrebbe trasportatiall’interno per le operazioni di ma-cellazione. All’epoca l’industria sichiamava Sam, era una spa e per i la-voratori della zona rappresentava unpo’ il “sogno americano”. Buone pa-ghe, turni di lavoro regolari, tredice-sime, premi di produzione. Insommatutto quanto previsto dal contratto na-zionale del comparto. Sogno ameri-cano per i lavoratori, miniera inesau-ribile del favore di scambio per politi-ci e faccendieri che fin dall’inizio han-no imbrigliato nelle pastoie della po-litica una delle più importanti attivitàproduttive del Molise, trasformandolada potenziale volano dello sviluppo inpalude limacciosa del clientelismo o,se preferite, pozzo senza fondo per lecasse pubbliche. La vicenda di Giovanni- troppo “giovane” per la pensione, trop-po anziano per ricominciare altrove, as-somiglia a quella di tanti altri lavora-tori molisani che oggi subiscono in si-lenzio, con rabbia, gli effetti collateralidella crisi. Morse dalla congiunturaeconomica sfavorevole e soffocate dalsistema gelatinoso di favori e scam-bi nato dall’interazione tra un certomodo di fare politica e una certa im-prenditoria molisana, le aziende boc-cheggiano, in una regione già marto-riata dalla disoccupazione e dal-l’emorragia dei posti di lavoro. Tra gran-di, medie e piccole sono più di cin-quanta in Molise le imprese che nelcorso degli ultimi mesi hanno trovatoriparo sotto l’ombrello della cassa in-tegrazione straordinaria in deroga: It-tierre, Geomeccanica, Manuli, Pro-ma, Sata Sud, Fili Nobili, Solagrital, tan-to per citare le più note.

La storia infinita. Agripol, Arena,Sam, Solagrital, Gam.

Una storia lunga e controversaquella della presenza pubblica nellaoramai storica industria bojanesedella filiera avicola, segnata da moltiinsuccessi, da crisi profonde e re-surrezioni miracolose. Impiantata nel-la piana matesina agli inizi degli anniSettanta, l’Agripol (così era denominatanegli atti parlamentari, in una discus-sione alla Camera dei deputati nel mar-zo del 1971) inizia il suo cammino con

Giovanni racconta la sua storia, agita mani massicce, scoprepolsi e avambracci ingrossati a dismisura, segnoinequivocabile del pesante lavoro fisico svolto per anni inreparto. Una moglie casalinga, due figli ormai trentenni eancora da sistemare (precari come tanti altri giovani daqueste parti) una casetta di proprietà, tirata su mattone permattone a costo di enormi sacrifici. A Giovanni la casa nonl’ha mai pagata nessuno, “mica sono ministro” ironizza con unsorriso a metà tra il sarcastico e l’amaro.

di Massimo Campanella

MOLISEPRECARIOIstantanea di unaRegione in crisi

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CRISI

il compito ben preciso di diventare vo-lano dello sviluppo nel Molise centra-le, grazie al know how portato indote dal gruppo veronese Arena e adun complesso quadro di interventi go-vernativi per il Mezzogiorno, a sostegnodelle aree depresse del Sud. La ge-stione a dir poco discutibile delle in-genti risorse economiche e umanemesse a disposizione dello stabili-mento di Bojano disegna ben prestogli argini entro i quali l’impresa saràdestinata a confluire. Presto il suonome muterà in Sam, società per azio-ni controllata dalla Regione Molise, eprodurrà, come da accordi, in esclusivaper Arena, garantendo occupazione acirca 1500 lavoratori tra operai, am-ministrativi e indotto. Agli inizi degli anniNovanta, l’evidente sovradimensio-namento del personale impiegato e ledifficoltà in un mercato sempre piùcompetitivo e saturo, trascinano la So-cietà agricola molisana spa, e l’eco-nomia di un’intera area, nel baratro diuna crisi profonda. Ne consegue unlungo e travagliato periodo di ammi-nistrazione straordinaria, seguito da unriassetto ‘lacrime e sangue’ condot-to a colpi di tagli al personale, pre-pensionmamenti e scivoli all’uscita. Ametà degli anni Novanta lo stabili-mento di Bojano e la sua filiera pro-duttiva sembrano risorgere dalle ce-neri. Sulla scena esordisce il connubiopolitico-imprenditoriale Arena/Sola-grital, salutato da molti come l’iniziodi una nuova era. Il marchio veronesefinisce nelle mani dell’imprenditore ve-nafrano Dante Di Dario che si occuperà,attraverso le sue holding, dell’aspettocommerciale. Sull’altro fronte la So-lagrital, società cooperativa a re-sponsabilità limitata, saldamente con-trollata dalla Regione Molise, gestiràla parte relativa al personale e agliimpianti tramite un consiglio di am-ministrazione di sua piena fiducia. Nelconnubio Arena-Solagrital, a soffrirenon è mai lo storico marchio verone-se, ma sempre il partner pubblico.Così, mentre Arena macina successie utili, fino a volare in Piazza Affari, laSolagrital continuerà ad arrancare, conla Regione pronta a offrire stampellefinanziarie alla cooperativa, tornata nelfrattempo ai livelli occupazionali gon-fiati dei primi anni novanta, a quota1500 tra effettivi, avventizi e indotto.La storia più recente, quella dell’ultimacrisi, dei 200 e più cassintegrati e del-le inaspettate dimissioni di Di Dario dapresidente del Cda Arena, racconta so-prattutto del nuovo tentativo di rilan-cio esperito dalla Regione Molise. Unpercorso iniziato nel 2009 con la riu-

nificazione dei vari rami dell’azienda,frazionata tra molti protagonisti, econcluso poco più di un mese fa conla delibera 210 del 25 marzo. In buo-na sostanza, riassumendo e sempli-ficando complicati passaggi, al terminedi un’operazione complessiva da 37milioni di euro, lo stabilimento di Bo-jano finisce nelle disponibilità dellaGam srl, società a totale controllo del-la Regione che ha come “mission” ilcoordinamento dell’intera filiera avicolamolisana. Contemporaneamente, ces-sa l’esclusiva a favore di Arena, at-traverso la Codisal, della commercia-lizzazione dei prodotti lavorati dalla So-lagrital. Un’operazione complessa, dialta finanza, non priva di rischi, dura-mente contestata dalle opposizioni chedisapprovano il metodo usato: passaggipoco comprensibili, un atto portato inConsiglio in tutta fretta e senza il pas-saggio per le Commissioni, tanto chead esprimere riserve sono anche dueconsiglieri di maggioranza, Pietracupae Tamburro di Alleanza di Centro, i qua-li al momento del voto prudentemen-te si assentano.

Un altro giro di giostra.Il nuovo assetto societario della

Gam-Solagrital, il ruolo di Arena, le

manovre politico-finanziarie del governoregionale sono argomenti che non ap-passionano più di tanto Giovanni.Nemmeno gli interessa sapere seDante Di Dario va via o resta, oppurese i polli che lavorerà in futuro saran-no per Aia o Tre Valli. In attesa che simaterializzi il nuovo miracolo eco-nomico, le sue preoccupazioni sono al-tre, tutte concentrate sul domani,non tanto, o non solo, il suo. In fon-do in fondo, medita, bene o male ungiro di giostra lo ha percorso. Aprocurargli ansia è il pensiero di comearrivare a fine mese con ottocento euro,è il futuro opaco, precario, senza viad’uscita che attende i figli trentenni etanti altri giovani nelle loro stesse con-dizioni. Il Molise, la sua terra, gli appareimprovvisamente ostile. Delusione,frustrazione e rabbia gli fanno com-pagnia in queste giornate di riposoforzato. Interrompe qui la sua storia.Non ha più molto da dire e, forse, nem-meno più tanta voglia di raccontare.Ci salutiamo con una vigorosa stret-ta di mano, senza dire niente, senzaaggiungere altre parole. Domani è unaltro giorno, un’altra giornata da cas-sintegrato alla soglia dei sessanta,senza progetti, senza prospettive.

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Strategie industriali di imprendi-tori affamati di soldi. Questapotrebbe essere, in sintesi, la

spiegazione della condotta dell’azien-da Manuli Stretch. Lo stabilimento in-dustriale che sembrava essere il fioreall’occhiello del Nucleo Industriale diPozzilli, da diversi mesi, sta creando nonpoche grane nella provincia di Isernia.Una sua cessazione significherebbemettere in ginocchio un’intera econo-mia. In questo caso non c’entra l’im-mobilismo di una politica regionale pocaattenta ai bisogni dei lavoratori. L’in-tenzione della proprietà è quella disfruttare territori più remunerativi. Il pro-prietario Sandro Manuli, che viaggia tral’Italia e Miami, in una lettera agli azio-nisti, nel primo trimestre del 2008, af-fermava: “Le società del Vostro settorehanno registrato un’ulteriore crescita divolume e fatturato (+13%)”. Ma nellastessa comunicazione il proprietario mi-liardario, con interessi in tutto il mon-do, lamentava una “redditività ancoranon soddisfacente”. Ecco il punto do-lente che bisognerebbe approfondire.Per capire le intenzioni di questi per-sonaggi avidi di denaro. È la secondavolta, in breve tempo, che Manuli attuala sua strategia. “Il Commissario delConsorzio per lo sviluppo industriale diIsernia-Venafro, Fabio Ottaviano sarebbevenuto a conoscenza di una indi-screzione a dir poco eclatante. Nei giorniscorsi si sarebbe svolto un incontro tra

un rappresentante dell’associazione in-dustriale e alcune sigle sindacali du-rante il quale sarebbe stata paventatala possibilità dell’avvio di una ipotesi dicassa integrazione straordinaria per glioltre 150 dipendenti della Manuli”. Erail 5 aprile del 2009. Un vero e propriofulmine a ciel sereno per i lavoratori del-l’azienda di Pozzilli. Ma anche per l’e-conomia molisana. Il 16 aprile dellostesso anno sulla vicenda intervenneil consigliere regionale Filoteo Di San-dro: “Ho appreso con preoccupazionela notizia della paventata chiusura diquesta importante azienda presente nel-l’agglomerato industriale di Pozzilli”. Se-condo Altromolise.it del 28 aprile2009: “L’azienda ha deciso di trasferirela produzione in un’altra area al di fuoridel Molise. Questo sostengono i sin-dacati. I vertici aziendali hanno parla-to, invece, di chiusura dell’aziendaper crisi”. Il presidente del consiglio re-gionale del Molise, Mario Pietracupa,così scriveva il 1° maggio di un anno fa:“Non è la prima ma è il seguito di unalunga serie di abbandoni del nostro ter-ritorio da parte di aziende non molisa-ne che hanno smontato e portato viamacchinari anche di notte come i ladridi appartamento, dopo averne sfruttatovantaggi e incentivi”. La Manuli è unadelle aziende “storiche” del nucleo in-dustriale di Pozzilli. Produce pellicole perimballaggi industriali. Nell’agosto del1999, nel sito molisano, si registrò an-

che un episodio drammatico. Duranteil turno di notte, a seguito di un guas-to ad un macchinario, Rino Pisaturo, disoli 29anni, perse la vita. Un mezzo girodi un rullo gli schiacciò la testa. La mag-istratura sequestrò gli impianti perquaranta giorni. Ancora oggi rimane inpiedi l’ombra dell’errore umano. I fa-miliari, la moglie e due figli, non han-no ricevuto una lira dopo la tragedia. Mada dove viene questa azienda? Fu il pa-dre di Sandro il fondatore. I primi pas-si vennero fatti a Novara. “Uno dei pri-mi impianti del Sud arrivò ad Aprilia –come illustra il sindacalista Andreozzi- dove sempre grazie ai soliti incentivi(degli anni Ottanta), per classificazionedi area depressa e dell’inserimento nel-l’obiettivo uno, permise alla proprietàdi dislocare come succursale l’attualestabilimento del nucleo industriale diIsernia-Venafro, acquisendo per dirittoi 50 cassa integrati della ex SmalterieTirrena (dove oggi è presente il ce-mentificio di Sesto Campano), usu-fruendo di un ulteriore finanziamento daparte dell’ex GEPI. La produzione del-la succursale Manuli di Pozzilli negli ul-timi anni, ha mantenuto un ritmo gior-naliero di ben oltre 250 tonnellate, gra-zie a una turnazione a ciclo continuo.I profitti accumulati negli anni grazie alleperformance di Pozzilli, ha permesso diaprire un sito gemello a Skopau (ex Ger-mania Est), dove si approfittava deglisgravi sulla manodopera dovuta al-

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Manuli, una storia infinitaIl proprietario Sandro Manuli, che viaggia tra l’Italia e Miami, in una lettera agli azionisti, nel primo trimestre del2008, affermava: “Le società del Vostro settore hanno registrato un’ulteriore crescita di volume e fatturato (+13%)”.Ormai nell’azienda di Pozzilli sono stati spostati gli impianti: due sono stati portati in Germania e uno in Argentina.Non c’è più la volontà di produrre. Ma questa volta esiste una soluzione concreta per risolvere il problema. Entrogiugno ci potrebbe essere l’ingresso della FlexoPack di Campochiaro.

di Paolo De Chiara ([email protected])

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l’unificazione. Tale sito è stato dislocatosolo per soddisfare i profitti, abban-donando la qualità che il sito di Pozzilliaveva accumulato negli anni. Il calo dicommesse alla fine del 2008 ha co-stretto l’azienda ad accedere ad unaCigo per sei settimane. Successiva-mente la produzione è ripresa regolar-mente per un periodo limitato ai primidue mesi dell’anno successivo. A se-guito della forte crisi finanziaria, i ver-tici aziendali, approfittando degli am-mortizzatori sociali (CIGS per cessazionedi attività), hanno delocalizzato tutta laproduzione in Germania. Il 17 maggio2009, dopo una lunga trattativa pres-so la Prefettura di Isernia si raggiungeun accordo tra le organizzazioni sinda-cali, la RSU (rappresentanza sindaca-le unitaria) e l’azienda, con il quale siè trasformata la CIGS per cessazionein cassa integrazione straordinaria percrisi aziendale”. La Manuli Stretch hadiverse sedi in Italia e all’estero. Ad Apri-lia ha un sito con 26 dipendenti. A Ses-

sa Aurunca Sandro Manuli riuscì a ven-dere lo stabilimento ad un prezzo esor-bitante alla Tyco, un’Azienda satellite del-la Enron. L’operazione fu molto remu-nerativa. Oggi Manuli possiede una par-te della Tyco. Un altro stabilimento è pre-sente a Lipsia, in Germania. Con unmega sito produttivo, con più di centodipendenti. Con diversi impianti pro-duttivi tecnologicamente avanzati. E pro-prio in quei luoghi sta nascendo un nuo-vo capannone. Grazie anche all’espe-rienza di Pozzilli. A Tennessee in Ame-rica, esiste un sito produttivo di mini-ma entità che fornisce il mercato delNord America e in Argentina, Manuli èpresente con un sito produttivo che for-nisce tutta l’America Latina. Filialicommerciali sono presenti in tutta Eu-ropa, compresa la Russia. La scelta diandare all’estero, quindi, è pretta-mente finanziaria. Ha la sede a Milanoa via Vittor Pisani e una sede immobi-liare, sempre, a Milano nel Pirellone.Sandro Manuli, che a Pozzilli non ha

messo quasi mai piede, è proprietariodelle Terme di Saturnia, vicino Grosseto.Un centro benessere frequentato daigrossi nomi dell’industria nazionaleed internazionale. Sandro Manuli inMolise ha trovato il pane per i suoi den-ti. La Manuli Stretch è una delleaziende più sindacalizzate della zona.Dei 126 dipendenti, ben cento sono i-scritti alla Cgil. Il sindacato più “fas-tidioso” per questi scienziati del guadag-no e della “redditività”. Sulla loro stra-da hanno trovato un mastino del sin-dacato, Marcello Andreozzi (compo-nente della segreteria Filctem CgilMolise), che non lascia nulla al caso.Una vera e propria spina nel fianco. Pro-prio nei giorni scorsi ha raggiunto unrisultato eclatante. Il reintegro di MariaPia Graziani, la responsabile dell’ufficioacquisti, che risultava essere sotto in-quadrata. La pagavano come addettaagli uffici acquisti. La Graziani dovevaavere un avanzamento di due livelli, daquello “C” a quello “A”. La “richiesta di

Dedicata ai lavoratori molisaniO cara moglie, stasera ti prego, dì a mio figlio che vada a dormire, perché le cose che io ho da dire

non sono cose che deve sentir. Proprio stamane là sul lavoro, con il sorriso del caposezione, mi è arrivatala liquidazione, m’han licenziato senza pietà. E la ragione è perché ho scioperato, per la difesa dei nostridiritti, per la difesa del mio sindacato, del mio lavoro, della libertà. Quando la lotta è di tutti per tutti, iltuo padrone, vedrai, cederà; se invece vince è perché i crumiri, gli dan la forza che lui non ha. Questo siè visto davanti ai cancelli: noi si chiamava i compagni alla lotta, ecco: il padrone fa un cenno, una mossa,e un dopo l’altro cominciano a entrar. O cara moglie, dovevi vederli, venir avanti curvati e piegati; e noigridare: crumiri, venduti! e loro dritti senza piegar. Quei poveretti facevano pena, ma dietro loro, là sulportone, rideva allegro il porco padrone: l’ho maledetto senza pietà. O cara moglie, prima ho sbagliato,dì a mio figlio che venga a sentire, ché ha da capire che cosa vuol dire, lottare per la libertà.

Ivan Della Mea, 1968

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MANULI

regolarizzazione” ha portato a diversevessazioni, con relative lettere di prov-vedimento disciplinare. La vertenzaaperta per inquadramento professio-nale, con una richiesta di 10mila euro(la differenza retributiva che spettava didiritto alla lavoratrice). Dopo diversi anni,tra un provvedimento di urgenza vintoe un appello perso, si è arrivati alla cau-sa ordinaria davanti al giudice del lavoro.Vinta definitivamente dalla dipendente.Risultato: 183mila euro di risarcimen-to con reintegro immediato sul posto dilavoro. Ecco a cosa porta l’arroganzadi certi datori di lavoro. Ma la storia del-la Manuli non finisce qui. Dopo le pri-me avvisaglie inizia la pressione sui la-voratori. Non basta il presidio davantiai cancelli della Manuli. La protesta didieci giorni serve solo per tamponarela falla, causata dalle discutibili scelteaziendali. Le intenzioni della Manulisono chiare. La parola d’ordine è de-localizzare nella Germania dell’Est l’at-tività aziendale. “Vuole andare via dalMolise – secondo Andreozzi - per spo-stare la produzione”. La cassa inte-grazione straordinaria per cessazionesi trasforma in cassa integrazione percrisi. Ma non viene rispettata la rota-zione, stabilita per legge. A febbraio delnuovo anno (2010) viene aperta la pro-cedura di mobilità per 85 dipendenti.Dopo 75giorni, non raggiungendo un ac-cordo, gli operai occupano l’azienda conun’assemblea permanente. Altri sedi-ci giorni di battaglie, di occupazione, dipaure per un futuro poco stabile. La po-litica, questa volta, si stringe intorno aglioperai. La situazione di grave crisiche sta attraversando tutta la RegioneMolise non avrebbe retto anche questascelta discutibile. Poco rispettosa peri lavoratori qualificati della Manuli.Che nel corso degli anni hanno contri-buito con il loro lavoro a far crescere leAziende estere della multinazionale.“Siamo giunti ad un accordo – haspiegato il sindacalista Andreozzi -

perché la Regione ci ha offerto ottomesi di cassa in deroga straordinaria.Regolarmente si arriva ad un massimodi sei mesi più sei mesi di cassa stra-ordinaria in deroga. In questa situazioneè stata fatta un’eccezione e siamo ar-rivati a otto mesi”. Questi mesi di cas-sa integrazione in deroga straordinariasono pagati dalla Regione (un milionedi euro). Però se il tavolo fosse statoaperto presso il Ministero, probabil-mente, l’Ente regionale poteva rispar-miare questa somma per destinarla adaltri fronti aperti e difficili da tamponare.Cosa accadrà alla fine della cassa in-tegrazione in deroga straordinaria?Secondo Marcello Andreozzi: “Possia-mo usufruire di ulteriori dodici mesi dicassa integrazione straordinaria nor-male per crisi aziendale o per cessa-zione di attività aziendale”. Ma esisteuna possibilità per la Manuli di rico-minciare a giocare sulla pelle degli ope-rai. L’ipotesi che dopo gli otto mesil’azienda apra una nuova procedura dimobilità non è affatto azzardata. Ormainell’azienda di Pozzilli sono stati spo-stati gli impianti: due sono stati portatiin Germania e uno in Argentina. A Poz-zilli non c’è più la volontà di produrre.Ma questa volta esiste una soluzioneconcreta per risolvere il problema.Confermata anche dall’Assessore alleAttività Produttive della Regione Moli-se Franco Giorgio Marinelli. Entro giu-gno, ha precisato l’Assessore dellaGiunta Iorio, ci potrebbe essere l’in-gresso della FlexoPack di Campochia-ro. Un’azienda che produce materie pla-stiche e che fornisce pellicola alimen-tare anche alla Solagrital. Un’altraazienda molisana in crisi (servizio a pa-gina 8). Dovrebbe acquistare parte del-la struttura del sito di Pozzilli. La re-stante parte della struttura potrebbe es-sere utilizzata dalla Manuli Stretchcome magazzino per lo stoccaggio. Sel’operazione andrà in porto, attraversoi canali di finanziamento della FinMo-

lise, la finanziaria molisana, ci potreb-be essere anche un intervento direttodella Regione Molise. È lo stesso Ma-rinelli a confermare l’operazione incorso. E la futura partecipazione re-gionale. Si parla del 35%. La parola d’or-dine è “prestito partecipato”. Anche sele misure anticrisi, sbandierate neimesi scorsi dagli esponenti della poli-tica regionale, come ha specificato Ma-rinelli, ancora “non decollano”. Spe-riamo che almeno per la fine della cri-si mondiale queste misure possano es-sere utilizzate per salvare il salvabile.Anche perché la situazione economicasta diventando sempre più complicata.L’operazione della FlexoPack, oltre al-l’acquisto di uno dei capannoni dellaManuli, favorirà anche un riassorbi-mento di diversi lavoratori. Per Andre-ozzi: “L’accordo raggiunto, il massimoche potevamo raggiungere prevede, tral’altro, la continuazione per 45 lavora-tori che garantiranno, di fatto, la pro-duttività presso lo stabilimento diPozzilli. Tutto questo in aggiunta alla cas-sa integrazione in deroga. Inoltre, conl’acquisizione di un ramo della pro-duzione e quindi della fabbrica daparte di una azienda molisana, si rius-cirà a garantire l’assorbimento di altre40-45 maestranze. Ci saranno benefi-ci e incentivi per chi vuole andarsenevolontariamente e per chi è vicino allapensione”. Ora si aspetta solo la de-finizione e l’ufficialità dell’operazioneavallata direttamente dalla RegioneMolise. Ma il lavoro per il sindacato nonè affatto finito. Gli accordi per la rota-zione della cassa integrazione nonsono stati rispettati. Ora si prevede unaltro braccio di ferro con azioni legali chesaranno intraprese per il rispetto del-la legge che regolamenta i criteri pre-visti per la scelta dei lavoratori da col-locare in cassa integrazione. La storiadella Manuli in Molise sembra conclu-dersi nel peggior modo possibile.

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LA GENERAZIONE PERDUTA

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“Quando si avvicinò il termine dellostage mi resi conto che non c’era nes-suna possibilità di inserimento e scopriidai colleghi che ero solo una vittima”

“Dicembre 2007: laurea specialisti-ca in comunicazione d’impresa, pub-blicità e nuovi media... tante speranze,tante illusioni... credi che finalmente haichiuso il capitolo della tua vita, fatto dinozioni e teorie e finalmente stai peraprire il capitolo dei fatti, dell’esperienza,di nuove competenze e perché no an-che dei soldi... la mia laurea coinciseanche con l’inizio della crisi ma questonon mi demoralizzò, ero ancora moltoottimista... Iniziai a mandare cv e dopo

qualche mese arrivò l’offerta di stagesenza rimborso spese per ufficio stam-pa & comunicazione interna presso unaholding che ha sede a Roma e Milanoche offre servizi agli studenti. Conti-nuavo ad essere molto confusa ma an-che contenta di iniziare il mio percorsoprofessionale quindi accettai... la re-sponsabile mi disse che c’era una buo-na probabilità d inserimento dopo i seimesi di stage... questo mi motivò an-cora di più... furono mesi molto pe-santi... persone che ti sfruttano 8-9 oreal giorno per poi tornare a casa e pa-gare l’affitto e le bollette con i soldi ditua madre non può altro che abbatterti...

cmq cerchi di resistere.Ma quando si avvicinò il ter-mine dello stage mi resiconto che non c’era nes-suna possibilità di inseri-mento e scoprii dai colleghiche ero solo una vittima diuna lunga serie e tempodopo mi dissero anche chequesta strage di schiavismocontinuò e forse ancoracontinua con il 10 stagista,sempre scadenza seme-strale, e scontato dirlo,senza rimborso spese.[…]”.

“La fortuna è di avere lafamiglia di origine che puòancora mantenermi in toto”

“Mi sono trasferito in In-ghilterra, non per un lavoro,ma per e con la speranzadi ottenere un dottorato diricerca. Per un anno pro-pedeutico intanto pago,anzi mia madre paga 2.000sterline di tasse universi-tarie, più l’alloggio e gli ali-menti. In Italia una laureain lingue e letterature in-glese e tedesca e un ma-ster conseguito in Inghil-terra non sono serviti a far-mi ottenere neppure unostraccio di supplenza. La

fortuna è di avere la famiglia di origineche può ancora mantenermi in toto. Mase in Italia non riescono a lavorare i lau-reati, perché tante polemiche sui pochilaureati?”.

“E siamo noi, i precari della pubblicaamministrazione, i jolly della situazioneche devono essere sempre presenti, di-sponibili e flessibili...”

“Lavoro nella Pubblica Amministra-zione in una delle Regioni che ha il van-to di essere considerata tra le miglio-ri d’Italia. Con un contratto a progettoda circa tre anni. Non mi sembra chel’amministrazione di sinistra di questaillustre Regione si sia tanto data da fareper stabilizzare i precari. Mi avvelenal’idea di dover elemosinare i giorni diferie (quando ne faccio 20 in un annomi va grassa), di dover stare a degli ora-ri (ma quale contratto a progetto?), dinon avere tredicesima, tfr, contributi pie-ni. Soprattutto perché lavoro fianco afianco con i dipendenti a tutti gli effet-ti che godono di tutt’altro trattamento.E siamo noi, i precari della pubblica am-ministrazione, i jolly della situazione chedevono essere sempre presenti, di-sponibili e flessibili... sapete fino ai fa-mosi 90 gradi... che poi significa ... pren-derla nel...”.

“Che faccio mi suicidio????????”“[…]. Mi sono laureata in Scienze Bio-

logiche con 110/110 e lode, ho unaspecializzazione in Biochimica Clinica(50/50 e lode) e per concludere duebelle abilitazioni SSIS. Ma purtroppo ar-rivo sempre in ritardo e quest’anno coni tagli effettuati nella scuola non sonostata chiamata neanche per un incari-co a tempo breve. Ah dimenticavo! A di-cembre scade il mio assegno di ricer-ca e dopo 8 rinnovi praticamente perlegge non posso più andare avanti... chefaccio mi suicidio????????”

“Ma come bisogna fare per poter la-vorare qui in Italia se non si conosce ilpolitico che ti sponsorizza?”

“Salve mi sono laureato in Italia edopo vari lavori a termine mi sono tra-sferito in Inghilterra per un impiego me-glio retribuito, lì ho preso anche una se-conda laurea e ho lavorato in 2 multi-nazionali, da luglio sono rientrato in Ita-lia credendo che con 2 lauree, un otti-mo inglese ed esperienze lavorative insocietà multinazionali avrei potuto tro-var lavoro. Ad oggi oramai son 4 mesie di lavoro o colloqui ancora non se neparla... ma come bisogna fare per po-ter lavorare qui in Italia se non si co-nosce il politico che ti sponsoriz-za??!?!??”.

La generazioneperdutaLe testimonianze di alcuni “giovani” molisani.

da Repubblica.it

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SANITÀ

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Con l’ingresso nell’euro e l’im-possibilità di espandere sen-za limiti il debito pubblico, era

evidente che bisognava cambiareregistro nella gestione della sanità mo-lisana. Tuttavia la classe politica haignorato quanto stava avvenendo edha continuato la sua ‘allegra’ ammi-nistrazione fino ai giorni nostri, quan-do il Governo centrale ne ha dichia-rato, di fatto, la bancarotta. Noi cit-tadini molisani già pagavamo al mas-simo le addizionali Irpef ed Irap conla quota massima delle accise sui car-buranti, per non parlare dei ticket sa-nitari. Da oggi si sfora il limite del-l’Irpef e dell’Irap e queste tasseprogressivamente aumenteranno. Sista verificando, quindi, ciò che, pa-rafrasando un famoso romanzo diMarquez, si può definire “Cronaca diuna morte annunciata”. Da anni, in-sieme ad altri, denuncio lo stato disfascio in cui versa la sanità moli-sana. Siamo intervenuti diverse vol-te per evidenziare l’ingorgo strutturaleche politiche scellerate hanno de-terminato con sei ospedali, due cen-

Sanità molisana:cronaca di una“morte annunciata”Era evidente che bisognava cambiare registro nella gestionedella sanità molisana. Tuttavia la classe politica ha ignoratoquanto stava avvenendo ed ha continuato la sua ‘allegra’amministrazione fino ai giorni nostri. Mentre l'indice diinvecchiamento della popolazione cresceva in manieraesponenziale con una drastica migrazione degli abitanti giovani,per soddisfare le esigenze clientelari, si è investito moltissimo instrutture per acuti.

di Lucio Pastore (medico e responsabile Sanità Associazione Culturale I Care)

Michele Iorio visto dall’artista Umberto Taccola

“In considerazione del mancatoraggiungimento degli obiettivi pre-visti dai piani di rientro e dagli equi-libri di finanza pubblica, il Consiglioha concordato circa l’impossibili-tà di esprimere l’intesa prevista dal-l’art.2, comma 90, della legge fi-nanziaria per il 2010 e di non po-tere pertanto consentire alle Re-gioni Lazio, Campania, Molise e Ca-labria di utilizzare le risorse del Fon-do per le aree sottoutilizzate, re-lative ai programmi di interessestrategico regionale, a coperturadei deficit del settore sanitario”.

(Comunicato Stampa, Consiglio dei Ministri, 13maggio 2010)

[…]. Per quanto riguarda la po-sizione del Governo, l’ho definita“improvvida” perché, come ho giàdichiarato, è stata assunta primadi verificare la bontà e la qualità delnostro Piano di Rientro, che verràesaminato dal tavolo tecnico ilprossimo 19 maggio. […]. Perquanto riguarda le richieste avan-zate da alcuni esponenti della mi-noranza, circa le mie dimissioni,credo che ci troviamo di fronte aduna bassa speculazione politicaperpetrata, purtroppo, ai dannidegli interessi reali dei molisani.Non ho nessuna intenzione didimettermi. […]. (

Michele Iorio, presidente Regione Molise, uffi-cio stampa, 14 maggio 2010)

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16 • N. 6/2010

SANITÀ

tri di ricerca ed una miriade di strut-ture convenzionate per 320mila abi-tanti. Mentre l’indice di invecchia-mento della popolazione cresceva inmaniera esponenziale con una dra-stica migrazione degli abitanti giovani,per soddisfare le esigenze clientela-ri, si è investito moltissimo in strut-ture per acuti. L’assistenza domici-liare, le lungodegenze e le Residen-ze Sanitarie Assistite sono quasi

inesistenti, mentre vi è una pletora dichirurgie, neurologie, neurofisiopa-tologie, stroke unit, oculistiche, oto-rinolaringoiatrie, laboratori analisi,radiologie, Università e quant’altro. An-che l’apparato burocratico ammini-strativo è sovradimensionato, con unaquantità di personale ed unità ope-rative esorbitante in rapporto alle rea-li esigenze. Tutto ciò è stato favoritoe consentito da uno Stato centrale chepagava ed una periferia regionale chespendeva senza alcun controllo rea-le. I debiti accumulati, per scelte es-senzialmente finalizzate alla gestionedel potere clientelare locale, veniva-no regolarmente ripianati dallo Statocentrale. Questo meccanismo ha per-messo uno stretto controllo del terri-torio con uno spreco di risorse enor-mi. Tuttavia, non è la sola classe po-litica responsabile di questo sfa-scio. Le diverse categorie professio-nali, a partire dai medici, si sono adat-tati al sistema, cercando di lucrarequanti più vantaggi possibili senza op-porre, realmente, alcuna linea criticaa questa gestione. Anche la popola-zione tutta ha un certo grado di re-sponsabilità, in quanto ha continua-to a selezionare questi politici comepropri rappresentanti. Quindi, senzasminuire le colpe dei rappresentantipolitici, per essere arrivati a questadrammatica situazione, esistono re-sponsabilità collettive che riguardanotutti noi. Partendo da questa consi-derazione, si può risalire la china apatto che ciascuno faccia la sua par-te. Per quanto riguarda il contributoche mi sento di dare, mi permetto disuggerire tre punti qualificanti per lariorganizzazione del sistema sanita-rio: la programmazione regionale

Il tavolo dei relatori al Congressoregionale Cgil

[…]. Ciò che sta accadendo è ilrisultato del malgoverno del cen-trodestra e in particolare di Iorioche, di fatto, gestisce diretta-mente sul piano politico la sanitàmolisana da dieci anni e che an-che negli anni precedenti, almenodal 1995, in modo più o meno di-retto, ha fortemente condizionatoo addirittura determinato le scel-te dei governi regionali in questosettore. I molisani - pensionati, la-voratori, imprenditori, commer-cianti - debbono oggi ringraziare Mi-chele Iorio e chi, insieme a lui, met-tendo in piedi un sistema sanita-rio inefficiente (come dimostranoi dati forniti di recente proprio dalgoverno nazionale) che ha prodottouna voragine nei bilanci regionali,li costringe a pagare più tasse e avedere tagliati o cancellati servizisanitari essenziali su gran parte delterritorio regionale.

(Antonio Sorbo, consigliere provinciale Isernia,Sinistra, Ecologia e Libertà, 13 maggio 2010).

Ai cittadini del Molise sta ar-rivando il conto salato di dieci annidi spese allegre nel settore dellasanità. Dopo il dissesto finanziariodel settore arriva il blocco dei fon-di FAS e il probabile aumentodelle tasse. Saranno quindi i la-voratori del Molise a pagare le fol-lie di una spesa sanitaria che è sta-ta il fulcro della politica clientelaredel centrodestra, incapace nem-meno di rimettere i conti a postose non dopo che è avvenuto il di-sastro. Serve a ben poco lasceneggiata del governatore Ioriocontro il ministro Tremonti. […].

(Gianni Montesano, segretario regionale Co-munisti Italiani, 14 maggio 2010)

Michele Iorio si deve dimettere,immediatamente, perché ha falli-to, due volte: da gestore unico del-la sanità e poi da commissario ri-paratore dei danni da lui provocati.

(Giuseppe Astore, senatore della Repubblica,Costruire Democrazia, 14 maggio 2010)

Michele Iorio è uscito talmentedeluso dal tavolo tecnico sui pianidi rientro dal deficit della sanità cheha addirittura annunciandobattaglia contro Berlusconi e il suogoverno. Infatti Iorio ha dichiarato,uscendo dalla riunione romana, chericorrerà contro la scelta del go-ver-no di bloccare i fondi Fas e di au-mentare le tasse regionali perripianare completamente il deficitdella sanità. Iorio ha dunque in-tenzione di portare Berlusconi e ilsuo governo davanti al Tar. “Me neoccupero’ nei prossimi giorni - haspiegato ai giornalisti -. Valutere-mo dal punto di vista giuridicoquale sia la sede opportuna, maritengo possa essere il Tar”. Se-condo Iorio la procedura adottatadal governo nazionale è “assurda”ed ha rincarato la dose afferman-do che “sarebbe importantedefinire se i fondi Fas per il Sud cisono oppure no”.

(Altromolise.it, 19 maggio 2010)

“È giusto che paghi personal-mente chi ha causato il disavanzo,cioè chi è ininterrottamente alGoverno da dieci anni, e non i cit-tadini. L’ulteriore aumento delletasse ai cittadini molisani per pa-gare i debiti di una sanità spreconae clientelare sarebbe una tragediaimperdonabile, visto che le politichemesse in campo dal Governo re-gionale hanno già duramenteprovato i molisani, anche a causadi consistenti tagli ai servizi pub-blici, dal trasporto alla scuola”.

(Massimo Romano, consigliere regionale, 13maggio 2010)

[…]. A causa della poca traspa-renza degli atti pubblici della spe-sa sanitaria regionale, non siamoancora in grado di definire bene lecausali specifiche del suddetto de-ficit. […]. C’è un solo modo per fer-mare l’annunciata mattanza so-ciale: mettere in campo una gran-de mobilitazione popolare ad ol-tranza nel Molise contro Belusco-ni e Iorio sino al ritiro del provve-dimento antisociale suddetto esino alla cacciata del governo re-gionale e nazionale, per una sanitàpubblica che garantisca la salutecome diritto universale anche nelMolise.

(Tiziano Di Clemente, coordinatore regionale delMolise Partito Comunista dei Lavoratori, 14 mag-gio 2010)

Michele Iorio con Silvio Berlusconi

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deve essere determinata partendo dal-l’analisi dei bisogni sanitari della po-polazione. Solo in questo modo po-tremmo decidere di quanti ospedali,RSA, assistenza domiciliare, continuitàassistenziale, ecc., necessita il ter-ritorio. Attualmente è completamen-te assente l’analisi dei bisogni dallaprogrammazione sanitaria, per cui lescelte vengono fatte per necessitàclientelari e di gestione di potere lo-cale. È necessario applicare una con-tabilità analitica per centri di costo.Ogni Unità Operativa dovrebbe essereun centro di costo. Questa scelta per-metterebbe di seguire il flusso di spe-sa e comprendere se i nostri soldisono investiti bene. Non deve più ac-cadere che si determini un debito dioltre 600milioni di euro per il qualesembra non esistere alcuna re-sponsabilità individuale. Determina-zione dei carichi di lavoro. Con il coin-volgimento delle categorie profes-sionali e sindacali, si devono deter-minare i criteri per la distribuzione del-le forze lavoro. In assenza di detti cri-teri, la distribuzione viene effettuata,in gran parte, in modo tale da sod-disfare le esigenze delle diverseclientele, rendendole sempre più di-pendenti dal potere politico. Ciò con-tribuisce a minare alla base l’effi-cienza di molte Unità Operative. Sequesti tre criteri dovessero divenire vin-colanti nella gestione sanitaria, si po-trebbe attuare una separazione del po-tere politico da quello gestionale. In-fatti, in questo modo la politicaavrebbe i mezzi per una sana pro-grammazione e per il controllo, men-tre la gestione potrebbe essere in-dipendente dalle esigenze clientela-ri dei politici.

SANITÀ

N. 6/2010 • 17

La storia è maestra di vita. È molto facile passare da vincitori a vinti (comeinsegna la Resistenza italiana, ma questa è un’altra storia) ed è ancorpiù facile passare da responsabili dello sfascio della sanità regionale a

protagonisti di una nuova riscossa. E questa è la nostra storia. Una vicendache interessa tutti i molisani. Dal primo all’ultimo. I nodi vengono sempre alpettine. Ora si chiedono dimissioni, si sbattono i pugni sul tavolo, si alza lavoce. Ma in tutti questi anni cosa si è fatto di concreto? Chi ha “governato”questa Regione? Chi ha portato i conti in un abisso così profondo? La mino-ranza politica molisana ora si accorge dello scandalo? Ora chiede le dimissionidello sGovernatore del Molise? Molti diranno, come si usa fare nel nostro ter-ritorio per eccesso di protagonismo, che avevano preannunciato da molto tem-po questa drammatica situazione. Ma non bastano i tanti comunicati stampache ingolfano le redazioni molisane e fanno perdere di vista il mestiere del gior-nalista. Troppo comodo anche per gli iscritti all’Ordine riportare semplicemente,e con poca fatica, le invettive e gli interventi della classe politica regionale.Ora è giunto il momento di fare i conti. Con chiarezza. Oltre a trovare i soldiper evitare la bancarotta è necessario individuare i responsabili. Per far pagarea loro i conti causati dal clientelismo galoppante. Quanti amici e amici degliamici sono stati accontentati? Quanti favori sono stati fatti? Quanti parenti,conoscenti e disoccupati sono stati assunti senza un concorso pubblico? Quan-ti soldi sono stati buttati nel cesso? Quanto consenso è stato costruito conquesto metodo? È facile “tagliare” gli ospedali, è troppo semplice utilizzare ifondi Fas, come intendeva fare l’amato (per molti) sGovernatore? Ma chi lo haappoggiato in questi anni? Chi lo ha votato? Chi ha continuato a riempire lesale convegni per ascoltare il suo verbo? Lo sfascio dei conti pubblici ha di-versi responsabili. Il malgoverno di una Regione si misura anche per la pocaforza di un’opposizione contenta di stare seduta tra i banchi del consiglio re-gionale. A scaldare le comode poltrone. Loro vengono super pagati per non farnulla. Ora vogliono i soldi dai molisani. Durante i moti insurrezionali del 1647un certo Masaniello, insieme a suo cugino Maso, inscenò una ribellione con-tro le sempre più pressanti gabelle sulla frutta. Al grido di “Viva il Re, abbas-so lo malgoverno”. Aiutato anche dal fratello Giovanni, distrusse molti “posti”dove si pagavano le ingiuste gabelle. Sembra di ritornare in quei giorni. Dovei più furbi si arricchivano e il popolo era costretto a pagare le tasse. La frut-ta è stata sostituita dalla sanità pubblica. Per adesso. È utile ricordare un pic-colo brano di una canzone popolare per sperare in una pacifica, ma rumorosa,riscossa. “Per il peto c’è la tassa!”. Dicevano al popolo. “Ma il re perse il cap-pello cu’ nu pireto ‘e Masaniello!”. Già che ci siamo, possiamo accoppiarci ‘Opernacchio. Quello di Eduardo De Filippo. Fatto di testa e di petto. Cervello epassione. Due volte al giorno. Quando escono di casa e quando rientrano. “Conla mano molle - come spiega don Ersilio ne L’Oro di Napoli - con delicatezza ele labbra un po’ umettate, bagnate con la saliva. Mi raccomando le dita alzateperché sennò esce un rumore incomprensibile che non raggiunge l’obiettivoper la sua insufficienza”. Una pernacchia rumorosa ed artistica per tutti questidilettanti della politica. “Con un giusto pernacchio si può fare una rivoluzione”.

http://paolodechiaraisernia.splinder.com

Paolo De [email protected]

“ABBASSO LOMALGOVERNO”

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L’INTERVISTA

18 • N. 6/2010

Paolo Marinucci, 32 anni, unalaurea in Ingegneria Informati-ca e dell’Automazione, neo

eletto al consiglio comunale di Termolicon la lista civica “LiberaTermoli”. Dasempre nel mondo del sociale, da far-ne una scelta di vita lavorativa: nellacooperazione sociale ed internazionale.Occupandosi di commercio equo e so-lidale, collaborando con la cooperati-va sociale LiberoMondo e la coope-rativa sociale Baobab. Occupandosi diquestioni ambientali, di ricerca dienergia da fonti rinnovabili, collabo-rando con enti di ricerca come l’Isti-tuto Superiore di Sanità.

Inutile negare la straripante vittoriadel centrodestra a Termoli, specie nelprimo turno dove le liste collegate adAntonio Di Brino hanno raggiunto il65% delle preferenze.

“Negare no ma spiegarla sì. Le 10liste collegate al centrodestra hannoraggiunto il 59,40% mentre il sindacosi è fermato soltanto al 45%. Sono sta-te composte delle liste dividendo le fa-miglie e i relativi consensi. Purtroppoprevale ancora il voto familiare eclientelare sul voto d’opinione e di fi-ducia”.

Venendo al confronto tutto interno alcentrosinistra possiamo dire che FilippoMonaco batte il Pd ufficiale nonostanteMonaco stesso fosse stato apostrofa-to come “uomo di Greco”, giunta fat-ta cadere da uomini del Pd. Visto il ri-sultato personale ottenuto nel turno diballottaggio forse l’amministrazioneGreco così male non aveva operato emolto probabilmente si sarebbe potutiarrivare a fine legislatura. Non crede?

“Credo che chiunque faccia qualcosasia soggetto a fare cose buone e cosenon buone. L’importante, a mio avvi-so, è farle con trasparenza, legalità,senso civico e senso della collettivi-tà. Se vengono rispettate questecose di sicuro il metro di giudizio deveessere tarato in modo opportuno. Nes-suno è perfetto. Di sicuro operare in

modo partecipato e condiviso limita lesbandate. Sono l’ultimo a poter par-lare della Giunta Greco. Sicuramenteha fatto delle ottime cose tipo i re-golamenti (approvati anche dalla mi-noranza) e di sicuro ha fatto degli er-rori come forse la poca apertura allacittà”.

Ci sarà modo e maniera per abbas-sare i toni di guerra che ci sono al-l’interno del centrosinistra e tentare unasintesi delle varie anime e magari ri-partire proprio dal risultato di Termo-li o meglio da quello che i cittadini elet-tori del centrosinistra hanno scelto aTermoli?

“Penso che i toni si debbano ab-bassare tra chi “dirige” alcune situa-zioni. Penso che la base del centro-sinistra sia stata sempre compatta eabbia sempre cercato di creare per-corsi condivisi. Purtroppo oggi siamopiù abituati ai personalismi che alleidee. Si deve tornare alla progettualitàe una volta individuato il percorso ca-pire chi sia la persona più adatta perattuarlo. Oggi spesso si fa il contrario.Non diamo la preferenza ad un nomema al progetto che si vuole fare in-sieme”.

Lei, Marinucci, è espressione di unalista civica – Libera Termoli – che daosservatore esterno vedo un po’ comela prosecuzione di quei comitati civi-ci e coordinamenti cittadini che all’albadel voto del 2006 avevano attraversatoed influenzato la città di Termoli (ri-cordo solo la battaglia contro l’instal-lazione della centrale turbogas ma an-che un nuovo piano regolatore per lacittà). Lo stesso Vincenzo Greco era di-retta espressione della cosiddetta so-cietà civile. Ecco, non le sembra che neldibattito politico degli ultimi tempi sia-no venuti a mancare le idee le propostedella società civile?

“Penso che la società civile sia mol-to importante per il tessuto cittadinoin quanto è quella che ogni giorno man-da avanti quel mondo complesso e par-

ticolare del volontariato, dell’impegnocivico, del terzo settore. Da questo la-boratorio quotidiano è immerso apieno titolo nei problemi e nelle si-tuazioni della città. In questi ultimi tem-pi dove il politico diventa sempre piùlontano, la società civile è quel nes-so tra i cittadini e la politica, cioè il “luo-go” del confronto, della discussione,della partecipazione”.

Che tipo di opposizione farà a palazzoSant’ Antonio?

“Sarà un opposizione forte, precisae costruttiva. Insieme con gli altri con-siglieri faremo un’opera di controllo evigilanza su tutti gli atti amministra-tivi che la nuova maggioranza faràsempre nell’ottica del bene collettivoe non strumentale a puntare dita con-tro qualcuno. Noi tutti abbiamo bi-sogno di atti concreti, di sapere chenon si “litiga” per colori politici ma cisi confronta sul progetto e sul rispettodi eguaglianza di ogni singolo citta-dino”.

Non le sembra il caso di costruireun’alternativa seria e credibile a que-sto centrodestra molisano?

“Come detto anche durante la cam-pagna elettorale noi non siamo ungruppo formatosi per la tornata elet-torale. Crediamo in un percorso con-diviso e partecipato di fare politica equindi stiamo dando vita a degli spa-zi e momenti dove potersi incontrare,dialogare, confrontarsi, creare, im-maginare un nuovo progetto di ag-gregazione per la nostra città. Mar-garet Mead – antropologa americana– diceva: “Non ci sono dubbi che ungruppo di cittadini impegnati possacambiare il mondo – in effetti, è l’uni-co modo in cui il mondo è cambiato fi-nora.” Negli ultimi tempi ci hanno abi-tuato a rilassarci a farci governare. Cihanno tolto gli stimoli del confronto.Ci hanno tolto l’impegno di essere at-tori principali. Bene dobbiamo torna-re ad essere uomini e donne impe-gnati nel progettare insieme”.

di Alessandro Corroppoli

“Prevale ancora il votofamiliare e clientelare sulvoto d'opinione e di fiducia”Paolo Marinucci, neo consigliere comunale di Termoli: “Sarà un opposizione forte, precisa e costruttiva.Insieme con gli altri consiglieri faremo un'opera di controllo e vigilanza su tutti gli atti amministrativi che lanuova maggioranza farà sempre nell'ottica del bene. Noi tutti abbiamo bisogno di atti concreti, di sapereche non si “litiga” per colori politici”

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POLITICA COMUNALE

N. 6/2010 • 19

Dopo mesi di discussioni, in-contri, promesse e due ConsigliComunali dedicati ai problemi

del Centro Storico che avevamo sol-levato, alla fine l’Amministrazione Co-munale e la schiacciante maggioran-za che la sostiene (31 Consiglieri su40) hanno gettato la maschera. Allaproposta fatta dalla minoranza distanziare l’avanzo del Bilancio Comu-nale del 2009, per l’acquisto e/o la ri-strutturazione di immobili e per ini-ziative ed opere da realizzare nel no-stro quartiere, ha risposto in manieracompatta ed unanime negando questapossibilità ed occasione che le era sta-ta offerta di passare dalle enunciazioniai fatti concreti. Trenta consiglieri sutrenta della maggioranza hanno vota-to contro. Con in testa il capogruppoGianni Fantozzi e l’assenso del capocorrente nonché Presidente del Con-siglio, Domenico Testa, dopo che nel-le precedenti assisi avevano criticato

ferocemente il Sindaco Melogli perl’inerzia e l’indisponibilità a venire in-contro alle nostre proposte, giudicateinvece da loro “ragionevoli e misura-te”, dichiarando di condividerle total-mente e votando ben due ordini delgiorno che riconoscevano le nostre mo-tivate ragioni, hanno bocciato l’unicoatto concreto che poteva dar seguitoagli impegni e alle promesse fatte insedi pubbliche e private. Hanno cosìrinnegato se stessi e quanto detto escritto anche in documenti ufficiali. Conun’incredibile voltafaccia si sono di-mostrati completamente inaffidabili, fal-si ed ipocriti, avendo usato in manie-ra strumentale l’argomento del CentroStorico solo per alimentare le tensio-ni politiche all’interno della maggio-ranza (mancato allargamento dellaGiunta) e per distinguersi in vistadelle elezioni regionali che vedrannocandidati esponenti “autorevoli” at-tualmente Consiglieri a Palazzo S. Fran-cesco. Hanno compiuto un atto di spre-gio e menefreghismo nei confronti delcuore della nostra Città, vanificando unlungo lavoro che avevamo fatto per ar-rivare ad un accordo che mettesse in-

sieme le varie componenti politiche(maggioranza e minoranza) del Con-siglio, l’Amministrazione e le ragioni delComitato Civico. Questo è il bilanciodell’attuale situazione: le misure a co-sto zero che avevamo proposto non sa-ranno attuate; quelle che prevedeva-no impegni di spesa non sono realiz-zabili in quanto bocciate dalla mag-gioranza che non li ha voluti finanzia-re. I danni che la maggioranza consi-liare e l’Amministrazione hanno com-piuto e continuano a compiere nei con-fronti del Centro Storico sono sotto gliocchi di tutti e noi, che viviamo e la-voriamo in questa zona della città, con-tinueremo a denunciarli e a batterci perridare dignità e vita al nostro quartie-re. Non vogliamo diventare come Pa-lazzo Jadopi, abitato dai fantasmi, che,come ha candidamente confessato unAssessore durante un incontro con laGiunta, sarà, forse, definitivamente ri-strutturato alla vigilia delle elezioni re-gionali del novembre 2011 per per-mettere l’ennesimo taglio del nastroin favore delle telecamere e dei massmedia. Ma quando finirà la recita diquesti anacronistici pagliacci?

di Daniel Cifelli

Caos Calmoal Comune di IserniaLa tregua armata è stata firmata il 17 maggio scorso. Il Consiglio comunale di Isernia ha approvato il bilancio di

previsione 2010, il Bilancio pluriennale 2010-2012 e l’annessa relazione previsionale e programmatica. Trentafavorevoli e otto contrari. Ancora una volta il Bilancio si è trasformato in termometro necessario a misurare la

temperatura dell’assise civica, dei rapporti Melogli-coalizione. Rapporti che negli ultimi mesi avevano raggiunto quoteda delirio puro, salvo rientrare ciclicamente sotto la soglia d’allarme. Anche questa volta come in passato, Consigli co-minciati tra raffiche di fuoco amico, non hanno impedito al sindaco di vincere le battaglie del caso. È quanto accadu-to il 29 aprile con l’approvazione del rendiconto di Bilancio. In entrambi i casi la fronda interna anti Melogli, costituitada alcuni uomini di An ed altri insospettabili di Forza Italia, aveva minacciato serie ripercussioni ad un modus operan-di ritenuto “discutibile”. Le minacce avrebbero raggiunto anche toni da scontro in almeno una delle consuete riunionidi maggioranza. La compattezza della maggioranza è al momento un fatto che va però contestualizzato. La mancataapprovazione del Bilancio può far sciogliere il Consiglio, dunque meglio andarci cauti. Nonostante tutti i malumori checontinuano a serpeggiare in consiglio, nessuno vuole andare a casa prima del tempo. E allora ben vengano la com-pattezza, il voto di fiducia, l’approvazione. Tutto risolto? No, troppo semplice. Il Bilancio ha continuato a far discutereanche nei giorni successivi, soprattutto la minoranza che aveva proposto un emendamento per chiedere l’utilizzo del-l’avanzo di amministrazione per rilanciare il centro storico. Se quella del Bilancio è stata una battaglia vinta dall’am-ministrazione, questa battaglia porta con sé tanti lati oscuri. Ci sarebbero all’orizzonte nuovi guai finanziari per il Co-mune. È emerso che l’amministrazione ha un contenzioso milionario con la ditta Spinosa. Legato ai lavori per l’acquedottocomunale. L’amministrazione sta cercando di risolvere tramite arbitrato la vicenda, ma il rischio concreto è che il Co-mune alla fine debba tirare fuori una cifra che si aggira tra i quattro e i cinque milioni di euro. Una somma del generemetterebbe in ginocchio le finanze comunali, andando nel contempo ad incidere sul rispetto del patto di stabilità, ri-percuotendosi su tutte le attività dell’ente. In caso di perdita dell’arbitrato il Comune sarebbe costretto ad accanto-nare l’ipotesi di acquistare l’area dalle ferrovie. A tutto questo bisogna aggiungere la questione dell’allargamento diGiunta che continua a vivere la sua fase di stallo pur registrando importanti casi di insofferenza. Insomma, anche sesono lontani i giorni della bagarre, resta il caos a Palazzo San Francesco. L’agitazione sociale dovuta alla questionescuole (in)sicure è stata placata in pratica tramite la “interiorizzazione” del problema da parte dei cittadini che hannofatto propria l’idea di un futuro fatto di disagi. Messo a posto l’elettorato e saltato il fosso del Bilancio, dunque, la po-litica si avvia ora verso le dolci giornate estive, quando le tensioni svaniscono, i ritmi rallentano e i problemi sembra-no lontani anni luce, pur rimanendo intatti nella loro irrisolutezza.

FANTASMI E PAGLIACCIComitato Civico Centro Storico Isernia

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L’Acqua Solfurea di Isfoto di Luciano Cristicini

La pulizia della struttura Un particolare della situazione odierna

Foto d’epoca dello Stabilimento Foto moderna dello Stabilimento

Vecchi tempi I tempi dell’amministrazione comunale di Isernia

C’era una volta… Un luogo di incontri

L’etichetta dell’Acqua mineraleche veniva prodotta nello stabili-mento De Masi.

La nuova sala convegni

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La cupola dell’Acqua Solfurea Il passato che guarda al presente… poco edificante

sernia…in abbandono

La cupola dell’Acqua Solfurea Il passato che guarda al presente… poco edificante

Sulfurea Gogo… il mondo moderno In attesa del… Gogo

Arte isernina contemporanea La differenza tra ieri e…oggi

Acqua pubblica a volontà I “boschi” nello stabilimento De Masi

La targa che parla di… “recupero”

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Ammonta a circa 70 milioni il deficit sa-nitario della regione Molise. Disavanzo chesarebbe dovuto essere colmato con i 69 mil-ioni di fondi Fas previsti per la regione, mache oggi i tecnici del Tesoro hanno blocca-to a fronte di un piano di rientro giudicatoinadeguato. Il presidente della regioneMolise, Michele Iorio, non nasconde il suodisappunto: “con quei fondi saremmo sta-ti in grado di liberarci di un pesante fardel-lo come quello del debito accumulato.Probabilmente sulla decisione di non recepireil piano da noi presentato ha pesato la situ-azione di crisi economica in corso. […]“. Ora,anche per il Molise, un aumento delle tassesembra imminente. […]. Il piano di riordinodella rete ospedaliera del Molise prevede lariconversione di tre ospedali su sei in al-trettante Rsa, residenze sanitarie assistite.(AGI, 19 maggio 2010)

“Mai nel passato una maggioranza politicaera riuscita a trasformare e a rivoluzionareil mondo della sanità, per veti incrociati perquestioni di campanile e per interessi diparte. La Cdl (la vecchia Casa delle Libertà,ndr) ha permesso al Molise di fare unenorme salto di qualità incidendo in manieraprofonda su questioni che riguardano cia-scuno di noi perché toccano il bene più im-portante: la nostra salute. Con la legge di ri-ordino si riducono gli sprechi e le spese buro-cratiche, meno direttori generali, ospedali piùefficienti, meno centri di costo e un’assistenzapiù diffusa sul territorio, mentre saranno of-ferti ai cittadini servizi sanitari più qualificati”.(Ulisse Di Giacomo, Assessore alle politicheper la Salute, 16 marzo 2005)

“Presto avremo una sanità meno costosama sicuramente più agile, efficiente, efficacee moderna tanto da rispondere opportuna-mente alle richieste di prestazioni qualitativeprovenienti dai molisani e dall’utenza delleregioni limitrofe. […]”. (Ulisse Di Giacomo,Assessore alle politiche per la Salute, ufficiostampa, 7 marzo 2007)

“[…]. Da oggi il Molise può realmente pen-sare ad una Sanità nuova, libera da ogni con-dizionamento e pronta ad affrontare senzapaure e timori un nuovo corso che produr-rà i suoi effetti positivi entro il prossimo tri-

ennio. Ribadisco per l’ennesima volta che ilnostro obiettivo è quello di garantire un’of-ferta sanitaria complessiva sull’intero terri-torio regionale. Per questo andremo avantiper la nostra strada senza dare peso alle e-sternazioni di ‘profeti’ e strani personaggidei quali i molisani non hanno certamentebisogno. È risaputo che la Sanità muove in-teressi molto grossi e non vorrei nutrire ilsospetto che dietro questo accanimento ela rissa scatenata da mesi sull’argomento,si nascondessero altri fini da parte di chi vivedegli affari della Sanità […]”. (Ulisse Di Gi-acomo, Assessore alle politiche per laSalute, ufficio stampa, 13 aprile 2007)

“Da molisano sono orgoglioso di poter direche il Molise oggi può vantare una sanitàmoderna e capace di consentire ad ogni cit-tadino che malauguratamente dovesse am-malarsi, di avere cure adeguate e di alta qual-ità tecnica e scientifica. Abbiamo finalmenteuna sanità possibile e sicuramente al pas-so con i tempi. L’attenta verifica tecnica fat-ta dalle Direzioni Generali dei due Ministeriha dimostrato che abbiamo saputo metterein piedi e rendere operativo un Piano di Ri-entro e di rilancio del Sistema Sanitario re-gionale tale da ridurre da un lato gradual-mente le spese inutili e i debiti pregressi edi porre in essere dall’altro, nuovi servizi dialto contenuto scientifico e tecnologico. […].Anche questo risultato va ascritto allalungimiranza di questa classe politica che hasaputo interpretare le esigenze dei cittadi-ni mediante la concretizzazione di strutturesnelle e operative, di servizi avanzati, e diprestazioni idonee alle necessità del terri-torio”. (Michele Iorio, presidente RegioneMolise, conferenza stampa, 2 agosto 2007)

“Il Molise è in linea con gli obiettivi fissatidal Piano operativo di rientro per i debiti inSanità. Questa nuova ed importante con-ferma è arrivata al termine del Tavolo tec-nico con i ministeri dell’Economia e dellaSalute che si è svolto a Roma. I tecnici deidue ministeri hanno effettuato una ulterioreed analitica verifica dei “conti” della Regione,evidenziando che il Molise ha raggiunto ilrisultato economico fissato per il primo se-mestre 2007. […]. Il Molise ha iniziato uncammino virtuoso che entro il 2009 lo ve-

drà contenere la spesa pubblica sanitaria eraggiungere livelli ottimali di assistenza ai cit-tadini”. (Ulisse Di Giacomo, Assessore allepolitiche per la Salute, 20 settembre 2007)

“Il percorso virtuoso che abbiamo in-trapreso per riportare la spesa sanitaria re-gionale a livelli ottimali, trova conferme daidati diffusi dall’Osservatorio nazionale sul-la salute delle regioni italiane che collocanoil Molise e la Provincia autonoma di Bolzanoai vertici della graduatoria. […]. La Sanitàmolisana dunque ha intrapreso un percor-so virtuoso che sta dando già i primi signi-ficativi risultati nell’ottica del contenimentodegli sprechi, della razionalizzazione deiservizi e della qualità delle prestazioni sa-ni-tarie ed ambulatoriali garantite ai cittadini”.(Ulisse Di Giacomo, Assessore alle politicheper la Salute, ufficio stampa, 27 febbraio2008)

“La Regione Molise è l’unica delle cinqueinteressate dal Piano di rientro per il riequi-librio del deficit sanitario, ad avere i conti aposto. L’impegno, il sacrificio e il lavoro svoltoin questi dodici mesi trovano conferme daquanto certificato nel Tavolo tecnico per laverifica annuale. In questo periodo abbiamomesso in campo tutte quelle azioni che cihanno permesso di ridurre il deficit sanitariosenza penalizzare i cittadini. […]. Conti-nuer-emo su questa strada anche nei prossimimesi convinti che la buona sanità anche at-traverso la razionalizzazione dei servizi è cer-tamente un obiettivo che potremo raggiun-gere in breve tempo”.

(Ulisse Di Giacomo, Assessore alle politicheper la Salute, Ufficio Stampa, 12 maggio2008)

La verifica trimestrale sui conti e sull’an-damento economico in sanità della RegioneMolise ha dato esito positivo, confermandoche i costi sono in linea con le previsioni con-tenute nel Piano operativo di rientro.

(Ulisse Di Giacomo, Assessore alle politicheper la Salute, 23 maggio 2008)

“Lascio una sanità in buona salute e la las-cio in buone mani”.

(Senatore Ulisse Di Giacomo, altromolise.it,13 giugno 2008)

CARTA CANTA

22 • N. 6/2010

Il buonandamentodella spesasanitaria inMolisedi Paolo De Chiara

[email protected] /paolodechiaraisernia.splinder.com

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Non si era mai vista tanta gen-te a commemorare la giorna-ta simbolo della democrazia

italiana sui luoghi più rappresentatividella resistenza: i luoghi dove nacqueil Corpo Italiano di Liberazione, ben 31le associazioni tra cui tutti i partiti po-litici del centro-sinistra che hanno ade-rito alla manifestazione. Ore 9,30. L’ap-puntamento a Rocchetta al Volturnoper un evento ancora troppo rarodalle nostre parti: l’inaugurazione diuna esposizione di arte contempora-nea: Oltre il Ponte, omaggio a GiaimePintor e ai caduti della Resistenza. Leopere sono state realizzate da artistiper lo più molisani e presentate in unastruttura appena restaurata ma checonserva intatto il suo sapore antico.L’effetto è stato proprio quello cercatoe voluto: la simbiosi armoniosa edemozionante tra storia e arte. Enco-miabile l’operato della Amministrazionecomunale guidata dal sindaco AntonioIzzi il quale nei suoi interventi ha an-nunciato un altro evento dal valore im-menso: la costruzione di un monu-

mento dedicato Giaime Pintor, cadu-to proprio su quei luoghi, a Castel-nuovo. Il secondo momento dellamanifestazione è stato quindi la de-posizione della corona di alloro propriosul cippo che ricorda il luogo dove Pin-tor saltò su una mina mentre si ap-prestava ad attraversare il fronte perraggiungere Roma, dove si stavano or-ganizzando le brigate partigiane. Giai-me era un giovane intellettuale italianoche aveva chiamato il popolo alla re-sistenza, una vera promessa della let-teratura di cui ci rimangono scritti digrande spessore umano e letterario,tra cui la lettera-testamento scritta alfratello minore Luigi proprio alla vigi-lia della sua morte. Giaime aveva solo24 anni. Il clou della manifestazionesi è quindi svolta sul luogo storico: ilMonumento Nazionale di Monte Mar-rone. Gli interventi dei rappresentan-ti dei partiti e delle associazioni han-no rimarcato con il giusto tenore, contratti di vera commozione, il valore in-discutibile della “Resistenza” italianache ci ha poi donato la Carta Costi-

tuzionale. Ogni oratore ha convenutosulla necessità che oggi più che maiè necessario alzare una barriera di-fensiva contro i tentativi di becero re-visionismo operati dal governo in ca-rica e non solo nella sua “declinazio-ne leghista”, che vogliono svilire la por-tata storica della resistenza, ribal-tandone i ruoli e i significati. Trasfor-mando gli eroi in carnefici. Non si èsentito odore di retorica nelle paroledi nessuno, al contrario si è percepi-to un sincero sentimento di com-mossa riconoscenza per coloro che sisono sacrificati per tutti noi. Partico-larmente sentiti sono stati gli interventidei giovani. E ce ne erano tanti. Lapiù bella sorpresa sono stati proprioloro. Quest’anno si è notato qualco-sa di nuovo nell’aria. La ventata di fre-schezza dovuta proprio all’interesseper quel pezzo “antico” di storia chei giovani chiedono con grande deter-minazione che venga loro consegna-ta in eredità. Non sarà un caso se que-st’anno ben 110mila studenti si sonoiscritti all’ANPI. Se l’editoria italianasi è arricchita di pubblicazioni sulla“Resistenza” scritte proprio dai giovani.E se in molte regioni italiane si stan-no costituendo comitati in difesa del-la Costituzione, promossi sempre dal-le nuove generazioni. Che i nostri eroicaduti, consapevoli di non poter esserefruitori della libertà e della democraziache stavano costruendo, per conse-gnarle ad altri, riposino. Il loro sacri-ficio non è stato vano. Le note di “Bel-la Ciao” a fine manifestazione hannoinondato la valle del Volturno. Qualcunocantava e piangeva. Anche il succes-sivo momento conviviale ha avuto ilsuo intenso significato politico. L’in-contro tra persone sconosciute ma ga-rantite dalla comunanza di intenti, divalori storici e sociali, con l’aiuto diqualche buon bicchiere di vino e del-le ottime salsicce, cucinate da Anna(che si è sacrificata per ore a sven-tolare carboni), ha reso la giornata in-dimenticabile. La giornata è continuatacon il convegno “Dalla resistenza a Pin-tor” che ha offerto spunti, profondi eoriginali, di riflessione grazie agli in-terventi dello storico e professore uni-versitario Gianni Cerchia e del magi-strato Massimo Gaglione in rappre-sentanza della associazione Magi-stratura Democratica. Poi tutti in piaz-za per il concerto. L’anno prossimo sa-remo onorati della presenza del capodello Stato, ha detto il Sindaco di Roc-chetta, stiamo lavorando già a questoevento importantissimo per la nostraRegione. Chissà che non appaia suquei luoghi, anche qualche politico no-strano, con la faccia lavata di circo-stanza.

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25 APRILE

N. 6/2010 • 23

25 aprile 2010,una giornata daricordareParticolarmente sentiti sono stati gli interventi dei giovani. E ce ne eranotanti. La più bella sorpresa sono stati proprio loro. Quest’anno si è notatoqualcosa di nuovo nell’aria. La ventata di freschezza dovuta proprioall’interesse per quel pezzo “antico” di storia che i giovani chiedono congrande determinazione che venga loro consegnata in eredità.

di Patrizia Carnevale

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24 • N. 6/2010

IL PARTIGIANOIl bersagliere

ha cento pennee l’alpino ne ha una sola;

il partigiano ne ha nessuna e sta sui monti a guerreggiar.

[…]Quando poi ferito cade

non piangetelo dentro al cuoreperché se libero un uomo muore

non importa di morir.

Canto partigiano anonimo, scritto sulle montagne liguri nell’estate 1944

25 aprileI volti delAutore: Salvatore Costa

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I volti del25 aprile

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IN RICORDO DI GHEORGHE RADU

26 • N. 6/2010

Gheorghe Radu,morto di lavoroin MoliseIl cadavere del giovane rumeno, che lascia una moglie euna figlia di 13 anni, è stato rinvenuto il 29 luglio del2008. Aveva 35 anni. E’ stato trovato morto nelle campa-gne di Campomarino, in località Cocciolete di Nuova Cliter-nia. Raccoglieva, per un’azienda di Torremaggiore, i pomo-dori insieme ad altri braccianti. Un assordante silenzio daparte delle Istituzioni. Lavoro nero in Molise? Secondo unrapporto dell’Istat del 2010: “Tra le regioni meridionalispicca il valore particolarmente alto della Calabria, seguitaa distanza da Molise e Basilicata”.

PER GIUSTIZIAil Ponte continuerà a seguire da molto vicino la tragica e vergognosa vi-

cenda di Gheorghe Radu. Dopo l’assordante silenzio da parte delle Istituzioni si attende di sape-

re e di conoscere le responsabilità legate alla morte di Gheorghe. Si poteva evitare, dopo un evidente malore, questa morte? C’è stata omissione di soccorso? Chi ha lasciato morire, in maniera così disumana, un essere umano? Chi dovrà risarcire moralmente e materialmente la moglie Maria e la gio-

vane figlia Valentina per la perdita di un pezzo importante della loro vita? Con la nostra costante presenza sosterremo la battaglia di civiltà intrapresa

da Maria e da Valentina.

Maria Radu

La commemorazionenella piazza di Nuova

Cliternia

L’intervento di LuciaMerlo, Cgil Molise

Maria Radu e ildirettore de il PontePaolo De Chiara

L’intervento diPaolo De Chiara

Il simbolo dellabandiera della Pace

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IN RICORDO DI GHEORGHE RADU

N. 6/2010 • 27

Gheorghe Radu, era un uomo one-sto, un immigrato regolare, un uomoche lavorava onestamente sotto ilsole d’estate per ore ed ore, per gua-dagnarsi onestamente quei pochieuro con cui vivere e costruire un fu-turo migliore per la sua famiglia. Ghe-orghe ha perso la vita a causa di ca-porali senza scrupoli, schiavisti, chelo lo hanno lasciato morire sul ciglio

di una strada. Ci auguriamo che al piùpresto la giustizia faccia piena lucesulle responsabili-tà di questi crimi-nali. E’ in impegnoe un dovere di tut-ti noi impedire chein Italia possanoesserci ancora uo-mini sfruttati, lavo-ratori ricattati. E’un dovere impedireche ogni anno piùdi mille personepossano ancoramorire sul lavoro.L’articolo 1 dellanostra Costituzio-ne recita: “l’Italia èuna repubblica fon-data sul lavoro”. IlPrimo Maggio e lanostra Costituzio-ne devono vivereogni giorno nellenostre azioni, perscrivere la parolafine su tutti i feno-meni di lavoro nero,caporalato, su ognis f r u t t a m e n t o .Quest’ oggi a Cam-pomarino abbiamoprovato a far rivi-vere il primo mag-gio, le lotte per i di-ritti dei lavoratori, lefatiche dei tanti uo-mini sfruttati, le sofferenze di chi sop-porta condizioni di lavoro disumane

per guadagnarsi onestamente da vi-vere. Insieme alla moglie Maria ed

alla figlia, abbia-mo ricordato RaduGheorghe, abbia-mo ricordato unuomo che è mortoper costruire unfuturo migliore allapropria famigliaimmigrata in Italiadalla Romania, unuomo morto acausa di caporalisenza scrupoli, fral’indifferenza ditanti che sapeva-no, ma hannoscelto di non fareo di non parlare.Per non dimenti-care Radu, pernon dimenticare itanti lavoratorionesti che vengo-no sfruttati in ogniluogo, per non di-menticare i tan-tissimi che hannoperso o stannoperdendo il lavoro,a causa della cri-si economica e diuna politica miopeed attenta solo aipropri interessi,affinché non ri-mangano soli.

(Comitato “Primo Maggio”, Campoma-rino, 1 maggio 2010).

Valentina e MariaRadu accanto allacroce posizionata sulluogo dove è statoritrovato il corpo diGheorghe

Don Antonio DiLalla, direttore delperiodico La Fonte

L’Assessore provinciale allaCultura di CampobassoNicola Occhionero

Un momento dellacommemorazione

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IL CORPO DELLE DONNE

28 • N. 6/2010

“Adesso lo so che le immagini nonsono solo immagini: sono co-municazione, memoria, sapere,

educazione, e certo non immaginavoche le immagini televisive fossero unospecchio così preciso per alcuni com-portamenti. Ho cercato di vedere den-tro quello specchio per vedere chi sia-mo”. Lorella Zanardo non è una “di-voratrice” di televisione né una stu-diosa del mezzo. Non è una giornali-sta né una documentarista. È una con-sulente organizzativa, docente e for-matrice che da anni si occupa e scri-ve di tematiche che riguardano ledonne. Per anni ha vissuto all’esteroricoprendo vari incarichi managerialidove il dibattito sulle pari opportunitàè più serio rispetto all’Italia. La tv l’hasempre guardata poco e quelle pochevolte che capitava vedeva cose rac-capriccianti e spegneva. Poi ha pensatoche forse chi come lei guardava pocatelevisione non si era reso conto dicosa fosse successo. Alla domandaperché ha pensato di realizzare questodocumentario – che qualcuno preferi-sce definire anche saggio visivo – ri-sponde: “Il corpo delle donne nasce dauna mia esigenza di denunciare l’usodel corpo della donna che si fa nellatelevisione italiana”. Tutto è iniziato du-rante le vacanze di Natale del 2008,quando con due amici decide di regi-strare i programmi di intrattenimentodi Rai e Mediaset. Alla fine, la Zanar-do si ritrova ad analizzare circa 400oredi televisione da cui è emerso qualcosache nemmeno l’autrice si aspettava.L’aspetto più lampante è quello che ri-guarda la donna vista esclusivamentecome corpo-oggetto. Questa primaforma di rappresentazione comprendetutte quelle donne di giovane età cheall’interno del video svolgono unasemplice funzione decorativa. La Za-

nardo le definisce “grechine”, come lecornicette che si facevano a scuola periniziare i quaderni. Sono le veline, le let-terine, le schedine alle quali non vie-ne richiesto quasi mai di parlare. Nonhanno alcuna funzione se non quelladi “abbellire” ciò che passa nelloschermo. La seconda forma di rap-presentazione è la più squallida, è quel-la che l’ha sorpresa maggiormente,cioè quella in cui viene fuori l’umilia-zione esplicata persino dalla scelta stu-diata del posizionamento delle tele-camere, pronte a riprendere meglioseni e fondoschiena. E coinvolge quel-le donne che frequentemente si sen-tono dire dal conduttore frasi del tipo:“le tette le hai lasciate a casa?” op-pure “non hai cervello”. Infine, cometerzo punto, la Zanardo constata chele donne mature sono sparite dalla te-levisione. Le donne dai quarant’anni insu non sono le donne della realtà. Sonodonne artefatte, modificate dalla chi-rurgia estetica, senza rughe e con lab-bra e seni gonfiati. Tutto questo è scon-certante se si pensa che sono questii modelli diffusi. “Come mai – si chie-de la Zanardo – tutte le donne d’Italianon scendono in piazza protestandoper come veniamo rappresentate?”.Nel nostro Paese, la presen-za della donna in tv è semprepiù una presenza di quantità,

raramente di qualità. Sempre più ap-paiono in trasmissioni inutili dovenon è richiesta competenza. Ma nel re-sto d’Europa accade lo stesso? Stan-do ai dati del Censis su donne e me-dia in Europa risulta che in Italia ab-biamo ancora a che fare con un’im-magine povera e stereotipata, in basealla quale la donna in tv o è una veli-na seminuda oppure è una donna chemette in scena il proprio dolore: unavittima di violenza o una madre as-sassina. Delle altre donne c’è poco onulla. All’estero, invece, la rappre-sentazione della donna è diversa, èmeno stereotipata e riflette maggior-mente i reali progressi raggiunti dalledonne. Lorella Zanardo con questo do-cumentario sta girando l’Italia. Graziealla rete è stato visto da migliaia di per-sone ed ora, dopo l’uscita del libro cheha lo stesso titolo del video, è partitoun progetto formativo nato per gli stu-denti, che si chiama “Nuovi occhi perla tv”, un percorso di consapevolezzanecessario per saper prendere quelloche ci offre la televisione. Perché – dicela Zanardo - se da un lato “oggi spe-gnere la tv è diventato un atto elitarioperché c’è un’alternativa”, dall’altro ri-sulta che “il vero atto rivoluzionario non

è spegnere la tv, ma guardarlainsieme con un occhio criticoe consapevole”.

di Daniela Trivisonno

LA DONNA UMILIATA DALLA TELEVISIONE.Lorella Zanardo racconta“Il Corpo delle Donne”“Chi siamo? Cosa vogliamo? Come mai tutte le donne d’Italia non scendono in piazzaprotestando per come veniamo rappresentate?” Se lo chiede Lorella Zanardo, autrice deldocumentario Il corpo delle donne, intervenuta sul tema “Donne, media e potere” durante la IVedizione del Festival Internazionale del Giornalismo.

Anna Magnani, a proposito delle sue rughe, prima del ciak diceva al suo truccatore:“Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una. C’ho messo una vita a farmele”

Un momento dellapresentazione

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IL FATTO QUOTIDIANO

N. 6/2010 • 29

Critica al potere, inchieste chesi nutrono di sguardi a più di-rezioni e della capacità di sa-

per travolgere i punti di vista. Occhi at-tenti a penetrare nei fatti e a raccon-tarli senza il timore di censure e im-posizioni. Caso editoriale dell’anno èIl Fatto Quotidiano, il giornale che è di-ventato simbolo italiano di un’infor-mazione che esce dalla melma delleproprietà finanziarie e che si autoali-menta con gli abbonamenti e gli ac-

quisti dei lettori, oltre che con gli introitipubblicitari. Al Festival Internazionaledel Giornalismo, il direttore Antonio Pa-dellaro con i giornalisti Marco Travaglio,Luca Telese, Peter Gomez, Gianni Bar-bacetto e Silvia Truzzi raccontano la na-scita e le evoluzioni del quotidiano cheda settembre 2009 ha raggiunto28.000 abbonamenti e 80.000copievendute al giorno. Si discute di gior-nalismo indipendente nell’epoca del-la crisi delle notizie su carta e del-

l’editoria, di informazione imbavaglia-ta e delle battaglie per liberarsi dalleregole di chi gode nel cucire le bocche.È nota a molti la prima pagina con cuiha esordito Il Fatto. La notizia dell’in-dagine della magistratura su Gianni Let-ta fece parlare a lungo. Ma non fu unoscoop. Da quasi un anno le redazionidi tutti i giornali sapevano dell’in-chiesta che la Procura di Potenza ave-va aperto sul Sottosegretario allaPresidenza del Consiglio, ma nessunovoleva essere il primo a rivelare la no-vella. «Il fatto di raccontare le notizieprima degli altri è rappresentato da unamancanza di concorrenza» dice Tra-vaglio. L’episodio dell’indagine su Let-ta dimostra la tendenza dei quotidia-ni italiani a rielaborare le notizie altrui,ad attendere che una notizia sia giàstata resa pubblica. Racconta Travaglio:«in molti giornali, la maggior parte deltempo, non si spende nel ricercare lenotizie, ma si spende nel convincerei capi a pubblicare, per cui il grosso deltempo se ne va a far capire l’inten-zione, a fare negoziati, a proporre piùnotizie nella speranza che almeno unavenga pubblicata». Non farsi abbin-dolare dal monopolio della tv, perchécome afferma Peter Gomez: «Noi ci sia-mo rincoglioniti davanti alle tv». Si pun-ta sulla partecipazione dei lettori,quelle persone, come spiegano i gior-nalisti, che per la maggior parte nonleggevano più i giornali, o quella gen-te che bussa alle porte della redazio-ne per ringraziare. Tra circa un mese,Peter Gomez prenderà le redini dellaversione online de Il Fatto Quotidiano(www.ilfattoquotidiano.it), che avrà lesue pagine interattive, in modo defi-nitivo, a settembre 2010. Una nuovaavventura giornalistica che coinvolge-rà i lettori, trasformandoli in protago-nisti, in sintonia con le dinamiche par-tecipative del web2.0. Come anticipail futuro direttore telematico, «viene eli-minata la formula che utilizzano igrandi giornali online come la Repub-blica o il Corriere, che sotto ogni arti-colo mettono il simbolo “riproduzioneriservata”. Il nostro sito deve essereaperto ai contributi dei lettori, e deveessere un giornale che parla ai socialnetwork». Blog aperti alle storie e allesegnalazioni della gente, la possibili-tà a tutti di fare informazione con-frontandosi con la professionalità.Mettere la faccia al racconto delle no-tizie. Come Luca Telese, con il suo in-serto satirico Il Misfatto, o Silvia Truz-zi e gli altri giornalisti di TeleBavaglio,la web tv nata con mezzi caserecci, inoccasione dell’oscuramento dei pro-grammi di approfondimento politico pri-ma delle elezioni regionali di que-st’anno. Per dire il non detto. Edesordisce Gianni Barbacetto: «Si fa mol-ta fatica a raccontare i retroscena delpotere, c’è sempre un sopra, cioè la

Se l’informazione è indipendenteUna folla scalpitante. Una fila lunghissima. Mancano tre ore all’even-

to di sabato 24 aprile del Teatro Morlacchi di Perugia. Festival Interna-zionale del Giornalismo. Percorrendo la stradina dai contorni storici cheporta al teatro, sono in tanti a radunarsi, a disporsi lungo gli spazi delletransenne. Alcuni sembrano impazziti, iniziano a correre per mettersi incoda. C’è Saviano. La gente continua ancora ad arrivare. Sarà che al Fe-stival di Perugia le tematiche affrontate dai numerosi giornalisti che vi han-no partecipato, sono state espressioni di un certo tipo di mentalità aper-ta, agguerrita, indipendente e realmente democratica. Ma la sola idea chedietro a quelle porte ci sia Saviano, fa respirare aria di giustizia, fa pen-sare ad una nuova speranza, quella che spesso viene oscurata nell’irri-mediabile disfattismo che si è costretti ad osservare nella vita quotidiana.Dopo due ore di attesa, le porte del teatro vengono aperte. Non c’è spa-zio per tutti e quindi si prepara un maxischermo all’esterno. Siamo an-cora in tanti. L’evento, secondo il programma, avrebbe visto come unicoprotagonista Al Gore, vice Presidente degli Stati Uniti dal 1993 al 2001.Si ci chiede cosa c’entra Al Gore con lo scrittore di Gomorra. Poi si sco-pre, per chi ancora non lo sapeva, che il famoso ex rivale di Bush è di-rettore di Current Tv, il social news network di Sky, che ha mandato in onda,il 21 aprile, il documentario Saviano racconta Saviano. Al Gore e Savia-no discutono di informazione indipendente, della possibilità di dire la ve-rità, senza farsi imbavagliare da nessun tipo di censura. Nel teatro, la stan-ding ovation è tutta per loro. L’ex vice Presidente USA afferma, con si-curezza, che Current Tv “non ha paura di nessuno” e si rende disponi-bile ad ospitare quei giornalisti e quelle persone che durante le ultimeelezioni si è cercato di far tacere, come Michele Santoro e Milena Gabanelli.Saviano ricorda che per combattere davvero la criminalità organizzata c’èbisogno di un “movimento culturale”, della libertà di esprimersi senza con-dizionamenti economici e politici. Per il Premio Nobel 2007, la televisionee internet sono i principali mezzi di informazione, anche se “la tv è il pro-tagonista dominante del mercato dei media, ha ancora una grossa pre-sa sulla mente e sull’immaginazione della gente». Desiderio ed adrena-lina per chi crede nel giornalismo e nell’informazione fuori dai poteri, nel-la voglia matta di raccontare, senza paure e senza ostacoli ciò che ac-cade in una realtà malata come quella italiana. A.Z.

IL FATTO QUOTIDIANO,tra diritto di critica elibertà d’espressioneIl simbolo italiano della nuova formula indipendente e senzacensure del giornalismo contemporaneo si racconta al FestivalInternazionale del Giornalismo.

dall’inviata Adelina Zarlenga

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storia che ti vogliono far vedere, e unsotto, cioè la storia che bisogna andarea scavare. Dall’altra parte è sempliceraccontare qualcosa di nuovo, perchésono così in pochi a farlo, che do-vunque ti siedi e guardi, trovi cose daraccontare, e personaggi incredibili acui ispirarsi…». E così i giornalisti silasciano ad andare a monologhi e com-menti sui fatti più attuali. È stupefa-cente osservare come da un episodiodi cronaca politica, venga fuori una bar-zelletta, come spesso il potere a vol-te si rende ridicolo davanti a tutti, purvolendo mantenere la sua integrità difalsa giustizia. Si parla di Scajola e de-gli assegni di Anemone, del processobreve come «uno dei vari tentativi delGoverno di aggirare la legge ed otte-nere l’immunità». Travaglio docet.Dello scontro di fuoco tra Berlusconie Fini nell’Auditorium di via della Con-ciliazione. Paradosso e parodia. Dal-la parodia del Pdl a quella all’Isola deiFamosi, messa in scena, con toni deltutto diversi, da un gruppo di cassin-tegrati della Vinyls, industria chimicadi Porto Torres, legata all’ENI. Chiusiin esilio volontario nell’Asinara, hannocostruito una geniale protesta me-diatica. Racconta Telese: «erano di-menticati da tutti, nessuno ne parla-va, se avessero seguito l’insegna-mento del 50% del gruppo dirigente del-la sinistra ufficiale, si sarebbero pian-

ti addosso, avrebbero scritto un do-cumento, magari una bozza, perché ne-gli altri paesi l’opposizione è segnatada valori, invece qui si fanno le bozze:la bozza Violante, la bozza Chini e ades-so c’è anche la bozza Orlando. Tecni-camente “abozzano”. Invece loro nonhanno fatto la bozza cassaintegrati,hanno avuto un’idea geniale, un rea-lity». Con lo slogan “L’unico reality rea-le, purtroppo, dove nessuno è famosoma tutti sono senza lavoro”, i cassin-tegrati hanno fatto notizia, le lorovoci sono finite su tutti i giornali e conil web e i social network continuano afarsi sentire. Lotta per i diritti alter-nativa che è riuscita a combattere lapatina dell’indifferenza. Il culmine,durante la trasmissione Annozero, incui i cassintegrati in studio, si sono ri-volti direttamente ad un “inconsape-vole” proprietario dell’ENI, Tremonti. Epoi, la vicenda di Adro, con una ciur-ma leghista di mamme “incazzate” conl’imprenditore che ha osato pagare laretta della mensa ai bambini di tuttele razze della cittadina bresciana. Ri-svolto esasperato della crisi economicao razzismo? Si chiede Padellaro. Unapolitica che si fa con la paura, spiegaBarbacetto, con la pancia, che stavoltasi è servita dei bambini per istigare al-l’odio. Infine, tra le varie vicende di Ber-tolaso, Dell’Utri, preti pedofili e Cal-ciopoli, ci si sofferma sulla nuova leg-

ge sulle intercettazioni. Il primo emen-damento, spiega Telese, dice che «seun parlamentare viene intercettatomentre parla con un camorrista, il ma-gistrato deve immediatamente fer-marsi e trasferire tutto con una ri-chiesta di autorizzazione alla Camera».La proposta del giornalista è di intro-durre un avviso di chiamata, durantel’intercettazione, che dice: “guarda, ri-schi di essere intercettato” oppure “senon vuoi essere intercettato premiuno”. Il secondo emendamento si chia-ma D’Addario, (la escort del premier,che si intrufolò con un registratore aPalazzo Grazioli) e impone il divieto dipubblicare, riprodurre e comunicare leprocedure di registrazione duranteuna conversazione. Un modo per eli-minare il giornalismo. La legge, inoltre,vieterebbe la pubblicazione anche de-gli atti di inchieste e processi che nonsono coperti dal segreto istruttorio. Ba-vaglio tra i denti per giornalisti ed edi-tori, che verrebbero puniti con severesanzioni penali e in denaro. Ancora unavolta, si cerca di azzittire il diritto adesprimersi ed informare. Oltre alla pro-posta di Di Pietro, che in caso di ap-provazione della legge anti-informa-zione, leggerà in Parlamento con gli al-tri esponenti dell’IdV le intercettazio-ni, rendendole in questo modo pub-bliche, e quindi pubblicabili, su Inter-net è partita la mobilitazione.

IL FATTO QUOTIDIANO

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“Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e sce-gliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia,incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non do-ver parlare di me. Sono un oggetto che viene trasportato. Ma sono libero. Perché la vera libertà è quella che hainella tua testa”. Roberto Saviano

La fila per ascoltare Roberto Saviano

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Non appena lo si vede, lì sullepile di libri, non appena lo siha tra le mani, si rischia di ri-

manere delusi. Se il lettore non è av-veduto, se il lettore non è esperto enon possiede gli strumenti per capi-re, l’ultimo libro di Roberto Saviano,può sembrare una mera trovata pub-blicitaria, un esaurimento delle ener-gie di Gomorra e de La bellezza e l’in-ferno. Perché «La parola contro la ca-morra» (che al suo interno si arric-chisce di quattro giudizi critici a nomedi Walter Siti, Aldo Grasso, PaoloFabbri e Benedetta Tobagi) vuole es-sere la luce, la rappresentazione di unmetodo raggiunto e ormai efficace persvelare l’insvelabile: in altre parole unastrategia, non solo comunicativa, cheimpiega la parola per mettere in crisile criminalità organizzate. Ma vistocosì, d’impatto, il libro può sembrarelo svilimento di una carica, il fatto stes-so che Saviano non ce la fa a non ri-petersi, a non cadere, e che egli in-cominci a sfornare i suoi «dolcetti» per-dendo di vista la ricetta originaria cheli rendeva così appetitosi, duri, indi-gesti. Non è così! Perché se così fos-se si perderebbe di vista il fatto chenon ci troviamo di fronte ad un ro-manziere (Camilleri, Busi, De Carlo, Am-manniti, Lucarelli) la cui verità artisticasi rinnova solo se la forma e i conte-nuti si rinnovano, bensì ci troviamo difronte ad uno scrittore la cui innova-zione sta proprio nell’essere martel-lante, insistente, diciamo pure, ripe-titivo. Reiterare forma e contenuto inSaviano assume tutt’altro significato,vuol dire ribadire ancora la forza el’energia, il coraggio e l’attenzione, ma-niacale, ossessiva, verso quel grandeaffresco di peccato e di ferocia cri-minale che continua ad animarsi sot-to i nostri occhi, non più ciechi, di Go-morra. Stavolta lo scrittore riprendequello che è stato il fiume delle sueparole, sempre esatte, sempre precise,

nate per raccontare e non per narra-re in spazi del tutto estranei alla pa-gina letteraria quello che in tv e in spe-ciali servizi giornalistici diviene il re-soconto di una inesausta battaglia sulcampo della cronaca, da Casal di Prin-cipe ai territori ad esso collegati. Il sen-so estremo, definitivo, della propria pre-senza, dell’esserci per essere, senzastorpiature, senza storture mediatiche.Saviano affida alla parola orale il pri-vilegio di essere figlia legittima dellascrittura, della narrazione, della let-teratura. Lega al pensiero la sua for-ma più immediata, dinamica, esposi-tiva. Dal corso del racconto, nato percontinuare a informare lettori e spet-tatori, in un appuntamento televisivocome quello della trasmissione con-dotta da Fabio Fazio sulla Rai, Che tem-po che fa, si ricava la grinta instan-cabile del narratore che stavolta vie-ne a coincidere con l’uomo, con la per-sona, la cui esigenza dominante èquella di non scomparire, di mantenerecostante e accesa la denuncia sui fat-ti di camorra. Così si ottiene un libroche è “parola viva”, e un dvd che èemozione palpitante, racconto con l’im-magine svolto con la naturale possi-bilità di ribadire quello che altrove ècensura, ostacolo, retorica. Perché perquanto Gomorra sia stato un feno-meno editoriale della Mondadori (cheSaviano, da ultime indiscrezioni, si ap-presterebbe a lasciare a seguito di al-cune dichiarazioni dell’attuale Presi-dente del Consiglio Berlusconi1 che,impunemente, torna a ribadire unconcetto secondo il quale il danno al-l’Italia è arrecato da fiction come LaPiovra e da libri come Gomorra, che ac-cendono i riflettori mediatici sul BelPaese facendolo diventare per tutti ter-ra di mafia e di criminalità2), l’infor-mazione, che pure ha raggiunto livel-li parossistici, specie all’estero, nonè mai sufficiente per far sì che i cit-tadini siano più informati, con la con-seguente previsione che siano, al con-tempo, disposti a seguitare questo tipodi formazione e informazione. Una cul-tura di massa e di autodifesa, di con-servazione, anzi c’insegna che citta-dini più informati non sono affatto più

combattivi, anzi subiscono con mag-gior immediatezza lo smarrimentoper ciò che la parola e la denunciacomporta, anche se giusta, anche seinevitabile, come in questo caso. DaSaviano, anzi dal destino di Saviano,ci si allontana per paura, perché perquanto tutto quello che egli faccia sianobile e assoluto, è lo Stato, secon-do interpretazione a maggioranza,l’istituzione preposta a combattere lemafie, non i cittadini. Ma è proprio que-sto il punto su cui Saviano intende sti-molare riflessioni che non siano il re-soconto di una verità comune, comea dire, se è vero che lo Stato siamonoi, nel pieno del vuoto giuridico cheesso rappresenta, a maggior ragionedovremmo, noi, tentare insieme di ri-badirlo, di stare dalla parte della giu-stizia e ribaltare una condizione diomertà che dura da troppo tempo. Sa-viano diventa, nel bene e nel male, iltormento della nostra coscienza.

«Comprare, spendere, vendere, sono tut-te dinamiche fondamentali per continua-re a scrivere e far arrivare informazioni allepersone. Se non ci fossero i lettori checomprano, se non ci fossero gli scrittori chevendono, che promuovono se stessi e lapropria parola, come sarebbe possibile fararrivare i messaggi? Gli scrittori “specu-lano” sulle loro parole? Ben venga. Que-sta “speculazione” deve essere giudica-ta per la qualità della parola detta, non per-ché viene fatta. Non provo alcun fastidioquando mi accusano di difendere troppole mie parole. Se avessi la possibilità e lalibertà, andrei porta a porta a parlare allepersone, cercherei di convincerle a leggereciò che scrivo, dai ragazzini alle personeanziane. Senza vergognarmi. Sogno di ven-dere ancora più copie, ovunque nel mon-do, e sono sempre insoddisfatto, nono-stante i risultati siano stati buoni perchéio ho un’ambizione ben più grande – e nonme ne vergogno – ben più grande di quel-la di piazzare un po’ di copie e di averequalche buona recensione. Il sogno è chequeste mie parole, condividendole, pos-sano davvero diventare uno strumento.[…].»3

Ecco cos’è questo libro, cosa si-gnifica questa operazione mediatica:significa inoltrare il senso e lo scopo

LA PAROLA CONTRO LA CAMORRA

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La parola controla camorra

di Domenico Donatone

Quando la parolariempie i vuotilasciati del potere

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LA PAROLA CONTRO LA CAMORRA

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degli stessi medium, dei mezzi di co-municazione a nostra disposizione. SeGrillo lo fa con la rete, Roberto Savianolo fa con la parola, con l’informazio-ne. Il metodo è quello: insistere,non mollare. Il libro vuole informaresulle modalità di comunicazione deimedium per svelare le responsabili-tà dei medium stessi, indicare dal-l’interno le insufficienze ma, sarebbemeglio dire, le connivenze. E sì, per-ché quello che preme a Saviano, nelribadire l’utilità della parola nella lot-ta alla camorra, è avvertire il lettoredei suoi usi sbagliati, quanto l’infor-mazione adoperi la parola per ma-scherare e non per smascherare,dire quanto essa sia asservita al si-stema della criminalità. Così i titoli deigiornali della provincia di Napoli e diCaserta rappresentano la carta geo-grafica di una mentalità, i cui confinidi sfondamento verso la connivenzasono straordinariamente evidenti.Una connivenza che qui è meglio det-ta “anestetizzazione”: non vera affi-liazione, bensì concreto assorbimentodi certe logiche.

«Mi sono spesso chiesto se nonfosse anche colpa di chi dà queste no-tizie. Se non fosse anche colpa deltipo di linguaggio utilizzato. Se la cro-naca locale, quella di cui stiamo par-lando, non abbia in qualche modo ane-stetizzato tutti coloro che vivono inquel territorio»iv

Saviano è molto chiaro nel dire chequello che ci appare come un mec-canismo insormontabile, inscalfibi-le, sopravvive grazie ad un sistema direlazione che riguarda anche l’infor-mazione. Quello che scrivono i giornalidi cronaca locale (dal Corriere di Ca-serta passando per Cronache di Na-poli fino alla Gazzetta di Caserta) sonotitoli, di cui lo stesso scrittore non na-sconde il tono quasi ilare, che sem-brano venire da un altro mondo, daun’altra realtà. Altra realtà sta per al-tra verità. Titoli che non possono es-sere letti perché all’interno conten-gono un codice che chi non vive inquelle zone non potrebbe mai deci-frare, mai capire. Articoli di cronacache sono quasi fumettistici, che par-lano di personaggi che sembrano in-ventati: «In cella cugino del defunto“Formaggino”»; oppure «Blitz dell’Armada ‘o Mussuto dopo l’agguato a ‘o Ur-pacchiello, in ballo il business del caf-fè». Questi titoli di giornale non han-no nulla a che vedere che la napole-tanità verace o con la leggerezza del-l’humour campano. I giornali indica-no una precisa dimensione di ap-partenenza, a volte così bene mime-tizzata a fatti di cronaca mondiali datendere dei veri e propri tranelli al-

l’occhio del lettore che scorre questititoli. Addirittura si intitola «Bin Ladene ‘o Sceriffo controllavano gli affari».Tutti penserebbero a quel Bin Ladenlì, perché l’opinione pubblica, di fat-to, conosce solo quel Bin Laden lì,quello degli attentati, delle Torri Ge-melle di New York. E invece no, è unaltro, è completamente un’altra per-sona. Stava a Casapesenna e non inAfghanistan5. «Il meccanismo di inti-mità», scrive Saviano, «che si innescatra un determinato territorio e l’in-formazione che a esso si rivolge, deveimmediatamente suggerire a queilettori ciò che in quel contesto più con-ta6». Ma c’è di più. C’è esattamenteche quello dei giornali è il modo concui i boss continuano a comunicare,a dialogare con i loro territori. Ilmodo di fare informazione non può es-sere inteso come tale, bensì come lostravolgimento delle logiche che al-trove sarebbero normale istituzione.Infatti Saviano sostiene che «c’è unmodo di fare informazione che ade-risce completamente al linguaggio ealle logiche delle organizzazioni cri-minali7». Se si scrive come loro det-tano, l’informazione rientra tra i canonistilistici del loro potere. Questi titoli,questo tipo di informazione, costrui-scono un mondo che sarebbe un er-rore considerare un mondo a parte.È il mondo degli affari, ed è il mondodei massacri. È il mondo che investea Milano, che investe a Parma, che in-

veste a Barcellona, che investe a Ber-lino. Ma ha la sua radice nel Sud Ita-lia.8 Il sistema di connivenza stabili-sce la forza dei clan. Nulla può dan-neggiarli. Invece ecco che sorge la «pa-rola», il suo utilizzo ossessivo, fattoper controllare loro, per tenerli sottoscacco. La parola diventa lo spazioche riempie i vuoti del potere. La pa-rola è denuncia.

«Quando questo accade ti rendi contoche il potere reale che hanno le parole èdavvero infinito, ancor di più perché è unpotere anarchico. Intendo dire che un po-tere che si basa sulla condivisione e sul-la persuasione non è più un potere e la pa-rola, quando viene accolta, non suscita piùdiffidenza e paura. Senza dubbio io ho avu-to il privilegio di vedere cosa significhi laparola contro la camorra e contro le or-ganizzazioni criminali, perché ho vistostorie materializzarsi nello sguardo dimolti. Storie che venivano ascritte alla pe-riferia più misera, più lontana e margina-le d’Italia, storie che, si diceva, non ser-viva a niente raccontare. Ho visto vicendepassare dalle brevissime di cronaca neraalle prime pagine di giornali nazionali e ad-dirittura internazionali. E quando questoaccade, significa che qualcosa sta cam-biando.»9

Quando la camorra si sente mi-nacciata effettua una sistematicadiffamazione dell’immagine di chideve colpire. E il sismografo di que-sto terremoto di oltraggio lo registranoi giornali locali a favore, ovviamente,

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dei clan. Così quando si ammazzaqualcuno, quando si decide che bi-sogna mettere a tacere un imprendi-tore che fallisce oppure un sacerdo-te che denuncia, i giornali lanciano lanotizia degli agguati come atti di giu-stizia oppure come conferme che av-valorano quel clima di assoluta diffi-denza che regna in quei territori. Perla camorra non si muore solo se si vie-ne uccisi, bisogna continuare a in-fangare i motivi che possono farpensare che quella persona caduta siaun eroe, che abbia fatto una denun-cia civile, giusta. Così don GiuseppeDiana, il prete assassinato a Casal diPrincipe, di cui Roberto Saviano è ere-de del testamento morale scritto nelsuo proclama civile Per amore del miopopolo non tacerò, immediatamentecompare sui giornali. E i titoli che loriguardano sono i seguenti: «DonDiana a letto con due donne»; ma so-prattutto «Don Peppe Diana era un ca-morrista». Si arriva a scrivere che donDiana, il prete degli emarginati, dellalotta alle logiche del potere crimina-le, era un camorrista. Il viaggio in que-sta melma dell’informazione locale èil resoconto costante della forza deiclan, non della loro vittoria, anche seGiorgio Bocca è di un altro avviso («Lavittoria della Camorra», di G. Bocca,La Repubblica, 2 Novembre 2006),che continua a guidare il sistema direlazioni nelle terre del Sud Italia. Leparole stabiliscono l’uso fazioso del-

la realtà a danno della verità: così icollaboratori di giustizia sono infami,i preti camorristi e gli imprenditori ei sindacalisti assassinati sono, nellasostanza di quelle azioni, giustiziati.Ogni parola è l’esatto contrario delvero. In questa giungla di diffidenzereciproche e di malaffare, Roberto Sa-viano continua la sua lotta affinché di-venti sempre più la nostra lotta, unalotta di tutti, senza avere più paura diraccontare, di scrivere e, in questomodo, di controllare i territori per amo-re della verità.

«Sempre più spesso si crede, invece, cheusare lo strumento della letteratura per rac-contare le contraddizioni del nostro Pae-se, sia solo un modo per infangarlo. Io que-sto non lo credo. Al contrario la conside-ro un’enorme idiozia che giustifica e di-fende spesso i poteri criminali. E spostaaddirittura la colpa da chi ha commessoefferatezze a chi le racconta, sottraendo-le al silenzio. Lo strumento letterario per-mette che storie legate a determinati am-biti conquistino cittadinanza universale.Che storie considerate lontane, di perso-naggi con nomi strani e tutti uguali, ac-quistino una forza speciale e diventino pa-trimonio della collettività. […] Ecco, allostesso modo, io credo profondamente chela forza della parola – letteraria e non – sul-le organizzazioni criminali sia far conosceree comprendere queste storie, far sì cheesse diventino di tutti, che riguardino tut-ti, e che quindi ciascuno possa voler de-cidere di cambiare il corso. […].»10

LA PAROLA CONTRO LA CAMORRA

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1 «La mafia italiana risulterebbe essere la se-sta al mondo, ma guarda caso è quella più cono-sciuta, perché c’è stato un supporto promozionaleche l’ha portata ad essere un elemento molto ne-gativo di giudizio per il nostro paese. Ricordiamocile otto serie della ‘Piovra’ programmate dalle tv di160 paesi nel mondo e tutta la letteratura in pro-posito, ‘Gomorra’ e il resto...». (da Notizie dal Web:Berlusconi, Saviano fa pubblicità alla mafia, www.ad-nkronos.com)

2 Il Premier mi vuole azzittire, ma sui clan non ta-cerò mai, di R. Saviano, La Repubblica, 17 aprile,2010: «Io sono un autore che ha pubblicato i suoilibri per Mondadori e Einaudi, entrambe case edi-trici di proprietà della sua famiglia. Ho sempre pen-sato che la storia partita da molto lontano dellaMondadori fosse pienamente in linea per accettareun tipo di narrazione come la mia, pensavo cheavesse gli strumenti per convalidare anche posi-zioni forti, correnti di pensiero diverse. Dopo le sueparole non so se sarà più così.»

3 Vedi La parola contro la Camorra, di R. Savia-no, p. 14, Einaudi, 2010.

4 Cit. op. a p.415 «Bisogna che sappiate, innanzitutto, che Bin

Laden è Pasquale Zagaria, boss di Casapesenna,che ha fatto affari enormi a Parma e che, appun-to, è soprannominato Bin Laden perché era in-trovabile, esattamente come lo sceicco.» (da La pa-rola contro la camorra, di R. Saviano, p. 31, Einaudi,2010)

6 Vedi La parola contro la Camorra, di R. Savia-no, Einaudi, 2010.

7 Cit. op. a p.168 Cit. op. a p.369 Cit. op. a p.1310 Cit. op. pp.24-26

«è […] la diffusione della parola amettere paura. Non è lo scrittore, l’au-tore, non è neanche il libro in sé, néla parola da sola, che riesce ad ac-cendere riflettori e per questo a met-tere paura. Quello che realmentespaventa è che si possa venire a co-noscenza di determinati eventi e,soprattutto, che si possano final-mente intravedere i meccanismi cheli hanno provocati. Quel che spaven-ta è che qualcuno possa d’improvvi-so avere la possibilità di capire comevanno le cose. […] E affinché la pa-rola diventi realmente efficace controle mafie non deve concedere tregua.»

(R. Saviano, La parola contro la camorra)

«La qualità letteraria di Saviano simisura sulla capacità di tenere aper-ta la meraviglia squadernando la cro-naca, e di condensare la verità sag-gistica in emblemi allucinatori. D’im-provviso vediamo, come se fossimolì.»(W. Siti, Saviano e il potere della parola)

«La voce contro il silenzio: la suatesi principale è proprio questa.»

(Grasso, La voce e il silenzio)

«Saviano ci appare a volte come ilsalvato in un mondo di sommersi(Levi) verso i quali ha assunto un de-bito collettivo.»

(P. Fabbri, Convivenza o connivenza)

«La questione va ben oltre il temadel sistema camorristico. Nel mondooggi c’è abbastanza luce per chi vuo-le vedere, e abbastanza buio per chisi ostina a restare nella caverna. I vin-coli esterni sono pesanti, ma non ètutto fango, non è tutto uguale. È unaquestione di scelte. Anche per chi scri-ve, per chi legge, per chi fa televisio-ne e chi la guida.»

(B.Tobagi, Dentro e fuori dalla caverna)

(libro + dvdEinaudi,pp. 104,€ 19,50)

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L’impianto eolico off-shore allargo di Termoli, oltre alle que-stioni visive, ha posto all’at-

tenzione della comunità regionale iltema dell’ambiente marino, le cui qua-lità erano già state riconosciute un de-cennio fa con l’istituzione del parco del-le isole Tremiti. Non vi sono ancora,da nessuna parte in Italia, SIC o ZPSin mare aperto, nonostante l’eviden-te necessità di siti simili, importantiper garantire l’integrità dell’ecosiste-ma del Mediterraneo, un bacino og-getto di molteplici minacce, dall’eu-trofizzazione dovuta agli scarichi urbanie industriali alla pesca alle estrazio-ni petrolifere. Se non sono state de-signate aree della Rete Natura 2000nel mare ve ne sono, però, diverse nel-la terraferma, come i due SIC diCampomarino, le quali costituisconoil complemento necessario di quelleche verranno individuate, si spera alpiù presto, nel mondo marino. En-trambi questi tipi di siti sono fonda-mentali ai fini della salvaguardia del-l’avifauna per la quale l’ambientemarino è di essenziale importanza rap-presentando uno spazio vitale per lasopravvivenza di molte specie. Questeultime possono essere suddivise indue grandi raggruppamenti, le speciepelagiche e quelle costiere, le primestazionanti più a lungo in mare aper-to, utilizzando la costa solo per deporvile uova, le seconde con frequenti spo-stamenti tra l’ambiente marino equello terrestre. Tra gli uccelli pelagi-ci più rappresentativi al largo del Mo-lise vi sono ambedue le Berta, quel-

la Maggiore e quella Minore. Che sitratti di siti particolari, quelli destina-ti alla produzione dell’ecosistemamarino, è scontato e non solo in quan-to molto differenti da quelli che si in-contrano sulla terraferma, ma pure per-ché possono trovarsi al confine tra piùStati, come succede nell’Adriaticodove il mare separa (e unisce) l’Italiacon le nazioni dell’Est europeo. L’Eu-roregione Adriatica dovrà impegnarsiper la definizione di strategie di tute-la comuni di questo mare assicuran-do la sua continuità ecologica; in ve-rità è un’operazione difficile perché visono Paesi dell’Europa orientale,come la Croazia, restii ad adottare mi-sure di conservazione restrittive no-nostante il valore notevole del loro pa-trimonio naturale. Solo per gli Statimembri dell’Unione valgono le diret-tive comunitarie e, nello stesso tem-po, gli incentivi economici, quali quel-li contenuti, ad esempio, nella PAC (Po-litica Agricola Comune), per la difesadegli uccelli. Entro quest’anno, co-munque, in base ad accordi interna-zionali largamente accettati si do-vranno raggiungere obiettivi determi-nanti a favore della biodiversità. Nel-l’ambito regionale, non solo sulla fa-scia costiera, vi sono siti abitati da co-lonie di uccelli marini: è il caso del lagodi Guardialfiera che seppure è un in-vaso artificiale costituisce un luogo conpregevoli valenze naturalistiche. Taleinvaso è funzionale dal punto di vistaornitologico non solo alle specie ma-rine in quanto è al centro delle rottemigratorie dell’avifauna che si spostadalla parte settentrionale del conti-nente verso zone più calde situate asud per lo svernamento. Il bacino delLiscione è passato due anni fa da IBAa ZPS, come, del resto, le altre areeIBA presenti nel territorio molisano e,cioè, i massicci montuosi del Matesee delle Mainarde e il lago di Occhito.IBA sta per International Birdlife Are-as e il relativo progetto per la loro in-dividuazione è stato curato per la par-te italiana dalla LIPU, un’associazio-ne ben nota qui da noi per l’oasi na-turalistica che essa gestisce a Ca-sacalenda, che ha lavorato insieme amolte organizzazioni protezionisticheinternazionali, anch’esse specializ-zate nella protezione dell’avifauna. Perquanto riguarda le competenze inmateria di controllo sugli interventi ri-guardanti i siti della rete ecologica, learee marine sono fatti a sé stanti per-ché qui non esistono enti territoriali iquali, altrove, sono chiamati ad ef-fettuare le Valutazioni d’Incidenza; sipotrebbe pensare di creare un orga-nismo preposto alla gestione di que-sti siti ai quali affidare il rilascio dei

permessi, una volta eseguita la valu-tazione d’incidenza, salvo, ovviamen-te, il caso in cui i progetti, mettiamol’eolico off-shore, sono sottoposti a Va-lutazione d’Impatto Ambientale. Pas-sando al problema di chi può deter-minare il riconoscimento dei siti ma-rini vi è pure a questo proposito unadifferenza con i siti terrestri per i qua-li le Regioni con il progetto Bioitaly allafine degli anni Novanta hanno avutol’incarico della segnalazione dei siti diinteresse naturalistico al Ministero del-l’Ambiente che, poi, ne ha decretatol’istituzione; non è stata ancora defi-nita una procedura analoga per i sitimarini. Nonostante qualcuno possa nu-trire qualche perplessità al propositoè da ritenersi che i siti di mare fac-ciano parte del medesimo sistemaecologico che innerva quelli di terra,come si è cercato di dimostrare evi-denziando gli spostamenti continui de-gli uccelli tra la costa e il largo. Dun-que la Rete Natura 2000 che ora ri-guarda solo i siti di terraferma va este-sa aggiungendo quelli marini. Con que-sti ultimi si completa il quadro dei sitidi valore naturalistico che attual-mente nella nostra regione sono di-stribuiti in ogni ambito territoriale(eccetto, è ovvio, nell’ambiente mari-no), diffusi nelle zone pianeggianti (es.i calanchi di Montenero di Bisaccia),nella fascia collinare (esempio Mon-tevairano) e nella parte montana(vedi i complessi montuosi dell’AltoMolise e della Montagnola); questi sitisono egualmente diffusi in quantosono presenti sia nella parte occi-dentale della regione (Le Mortine a Ve-nafro) e in quella orientale (Le Fanti-ne di Campomarino) e riguardanotanto gli ambiti a maggior grado di svi-luppo (la Collina Monforte a Campo-basso e la Pineta di Isernia) che quel-li più arretrati (il fiume Rivo a Triven-to o il Toppo Pianella a Tufara o il Bo-sco Mazzocca a Riccia, ecc.). Le ti-pologie di habitat che li caratterizza-no sono variegate comprendendozone umide (i Laghetti di S. Martinoin Pensilis), boschi (quello di Monte-dimezzo gestito dall’ex Asfd a Vasto-girardi), emergenze rocciose (la Mor-gia dei Briganti, la Morgia Schiavone,ecc.), e così via. In una regione qua-le la nostra dove sono a tutt’oggi as-senti aree naturali protette mancan-do i parchi sono tali siti, SIC o ZPS chesiano, a rappresentare i cardini del-l’ecosistema: un contributo significa-tivo all’arricchimento della rete eco-logica potrebbe venire proprio dal ri-conoscimento dei siti marini consi-derati quale naturale completamentodi quelli terrestri per tutelare spe-cialmente l’avifauna.

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Va tutelato l’ambientemarino e non solo quelloterrestre in quanto habitatdi molte specie di uccelliche vivono tra la costa e ilmare. Progetti di eolicooff-shore andrebberovalutati rispetto a questeesigenze di conservazione.

di Francesco Manfredi-Selvaggi

AMBIENTE

Traterra emare

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Èda qualche mese in libreriaL’etica in un mondo di consu-matori, l’ultimo saggio di Zyg-

munt Bauman, sociologo e filosofo bri-tannico di origini polacche, teorico del-la società liquida, metafora con cui de-scrive l’epoca postmoderna nellaquale l’essere umano passa dal ruo-lo di produttore a quello di consu-matore perdendo le certezze legatealle ideologie della modernità. Baumansostiene che abbiamo la necessità diricercare nuove categorie concettua-li per comprendere un mondo in con-tinuo e veloce cambiamento, perchéquelle ereditate non sono più né uti-li, né sufficienti. Prendendo spunto dauno studio di ricercatori londinesisulla vita delle vespe a Panama, l’au-tore fissa subito il concetto di socie-tà locale e globale come una fluiditàdi appartenenze ed una somma di dia-spore di popolazioni che si mescola-no continuamente. Le comunità, fon-date per lui sull’idea di parità e sui prin-cipi di libertà e di sicurezza, non pos-

sono essere difensive, ma sono votatea diventare includenti. In una scarsi-tà di punti di orientamento e di guideaffidabili nella globalizzazione inelu-dibile, le classi della conoscenza, cioègl’intellettuali, non possono abitare ilciberspazio, lasciando il popolo nellospazio dei luoghi, ma hanno il compitodi tracciare le linee di una politica pla-netaria capace di convincere tuttidell’interdipendenza assoluta tra gliabitanti del pianeta. Bauman scrive an-cora che la follia consumistica è sta-ta capace di estrarre dal vaccino “del-l’essere con” il veleno “dell’essereper”. È senz’altro una delle concauseche secondo il sociologo polaccocrea quello che lui definisce ressen-timent e che noi potremmo tradurrecome chiusura verso l’altro, il cui vol-to si fa per noi oscuro al punto che nonsiamo più capaci di amarlo, ma solodi entrarci in competizione per affer-marci senza scrupoli, nascondendo ilnostro egoismo dietro i falsi ideali del-l’ordine, della sicurezza e della citta-dinanza come categorie escludenti edall’orizzonte ancora limitato che èquello dei confini dello Stato. Il com-pito della comunità è quello di guidarea resistere alle pressioni degli istintiindividualistici per aprirsi con re-sponsabilità alla presenza degli altriper i quali dobbiamo avere attenzio-ne. “Il problema non è quello di cam-biare il fiume della storia, ma di in-canalarne le acque per giungere adun’equa distribuzione dei beneficiche esse trasportano”. Oggi questoè tanto più necessario perché l’ideadi emancipazione dell’umanità dallaschiavitù materiale e spirituale pro-gettata dall’Illuminismo e ruotante in-torno ai concetti di “Liberté, Egalité eFraternité” sembra come offuscarsi ela felicità pare conseguibile su nuovifondamenti quali la sicurezza, la pa-rità e la rete. Bauman sostiene con ra-gione che l’idea di livellare la ricchezzaed il benessere è ormai fuori dal-l’agenda politica degli Stati e degli or-ganismi internazionali ed anzi le so-cietà liquido-moderne convivono per-fettamente con le disuguaglianzeeconomiche e sociali; uno Stato, in-vece, diventa sociale se è capace digovernare l’egoismo e fondare un “or-

dine dell’eguaglianza”. Solo se siamocapaci di proteggere le vittime del con-sumismo, cioè gli esclusi e gli emar-ginati, potremo impedire che si estin-guano i sentimenti di responsabilitàetica. Purtroppo i modelli comporta-mentali spingono oggi verso la ricer-ca continuamente e volutamente la-sciata insoddisfatta di bisogni fondatisull’eccesso e lo spreco che promettela felicità, ma in realtà è la fonte del-la “malinconia del consumatore”. Fi-nanche i prodotti culturali, da sistemicapaci di guidare la condotta umana,si stanno trasformando in oggetti dimercato, il cui successo non è de-terminato dal valore estetico immor-tale ed obiettivo, ma dalle quotazionidi successo e di vendita. Così anchela bellezza si banalizza perché “nonè più nell’occhio di chi guarda, ma nel-la moda del momento”. Il controllo sulpresente è possibile quando i cittadini,forti di una formazione permanente,sono in grado di partecipare attiva-mente alle decisioni politiche, eco-nomiche e sociali. È solo allora che na-sce realmente la democrazia. Baumannell’ultimo capitolo del suo saggio so-stiene con forza come abbiamo la ne-cessità di fondare l’etica sull’ospita-lità e su un’unica cittadinanza mon-diale. “La verità – scrive Bauman – èche noi non possiamo realmente di-fendere le nostre libertà qui in patriabarricandoci contro il resto del mon-do e badando solo agli affari nostri”.L’etica come logica della responsabilitàe delle aspirazioni globali si realizzaallora per l’autore solo attraverso una“pacifica ed ordinata coabitazioneumana” per la quale dobbiamo tuttaviainterrogarci se siano adeguate le at-tuali strutture disponibili di politica glo-bale, quali ad esempio le Nazioni Uni-te. Per fortuna la soggezione ai mo-delli culturali e comportamentali del-la società consumistica non è gene-ralizzabile, perché ci sono esseriumani che si ispirano a valori diversidi solidarietà ed addirittura di condi-visione.«Tutti hanno diritto di mani-festare liberamente il proprio pensierocon la parola, lo scritto e ogni altromezzo di diffusione. La stampa nonpuò essere soggetta ad autorizzazionio censure».

CULTURA

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Finanche i prodotti culturali, dasistemi capaci di guidare lacondotta umana, si stannotrasformando in oggetti di mercato,il cui successo non è determinatodal valore estetico immortale edobiettivo, ma dalle quotazioni disuccesso e di vendita. Così anche labellezza si banalizza perché “non èpiù nell’occhio di chi guarda, manella moda del momento”. Ilcontrollo sul presente è possibilequando i cittadini, forti di unaformazione permanente, sono ingrado di partecipare attivamentealle decisioni politiche, economichee sociali. È solo allora che nascerealmente la democrazia.

di Umberto Berardo

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, loscritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Articolo 21, Costituzione della Repubblica Italiana

Pacifica ed ordinatacoabitazione umana

Zygmunt Bauman

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La legge che ordina il silenzio stampadi Stefano Rodotà, da Articolo21.it

Se la legge sulle intercettazioni verrà approvata nel testo in discussione al Senato, sarà fatto un passo pericolosoverso un mutamento di regime. I regimi non cambiano solo quando si è di fronte ad un colpo di Stato o ad una rot-tura frontale. Mutano pure per effetto di una erosione lenta, che cancella principi fondativi di un sistema. Se queltesto diverrà legge della Repubblica, in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensie-ro, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso sull’esercizio dei poteri, le possibilità d’indagine della magistratura.Ci stiamo privando di essenziali anticorpi democratici. La censura come primo passo concreto verso l’annunciatariforma costituzionale, visto che si incide sulla prima parte della Costituzione, quella dei principi e dei diritti, a pa-role dichiarata intoccabile? Se così sarà, dovremo chiederci se viviamo ancora in uno Stato costituzionale di dirit-to. Questa operazione sostanzialmente eversiva si ammanta del virtuoso proposito di tutelare la privacy. Ma, sequesto fosse stato il vero obiettivo, era a portata di mano una soluzione che non metteva a rischio né principi, nédiritti. Bastava prevedere che, d’intesa tra il giudice e gli avvocati delle parti, si distruggessero i contenuti delle in-tercettazioni relativi a persone estranee alle indagini o comunque irrilevanti; si conservassero in un archivio riser-vato le informazioni di cui era ancora dubbia la rilevanza; si rendessero pubblicabili, una volta portati a conoscen-za delle parti, gli atti di indagine e le intercettazioni rilevanti. Su questa linea vi era stato un largo consenso, cheavrebbe permesso una approvazione a larga maggioranza di una legge così congegnata. Ma l’obiettivo era diverso.La tutela della privacy è divenuta il pretesto per aggredire l’odiata magistratura, l’insopportabile stampa. Non si vuo-le che i magistrati indaghino sul “mostruoso connubio” tra politica e affari, sull’illegalità che corrode la società. Sivuole distogliere l’occhio dell’informazione non dal gossip, ma da vicende che inquietano i potenti, dal malaffare. Sequella legge fosse stata approvata, non sarebbe stato possibile dare notizie sul caso Scajola, perché si introduce undivieto di pubblicazione che non riguarda le sole intercettazioni. In un paese normale proprio quest’ultima vicendaavrebbe dovuto indurre alla prudenza. Sta accadendo il contrario. […]. Scajola, infatti, è stato costretto a dimetter-si solo dalla forza dell’informazione. Una situazione apparsa intollerabile. Ecco, allora, il bisogno di arrivare subi-to ad una legge che interrompa fin dall’origine il circuito informativo, riducendo le informazioni che la magistraturapuò raccogliere, impedendo che le notizie possano giungere ai cittadini prima d’essere state sterilizzate dal pas-sare del tempo. […]. Che cosa resterebbe della democrazia, che non vuol dire soltanto “governo del popolo”, ma puregoverno “in pubblico”? In tempi di corruzione dilagante si abbandona ogni ritegno e trasparenza, si dimentica il mo-nito del giudice Brandeis: in democrazia “la luce del sole è il miglior disinfettante”. Stiamo per essere traghettati ver-so un regime di miserabili arcana imperii, di un segreto assoluto posto a tutela di simoniaci commerci di qualsiasibene, di corrotti e corruttori, di faccendieri e di veri criminali. Questo regime non avvolgerebbe soltanto in un velooscuro proprio ciò che massimamente avrebbe bisogno di chiarezza. Creerebbe all’interno della società un grumoche la corromperebbe ancor più nel profondo. […]. In una sentenza del 2007, che riguardava due giornalisti fran-cesi autori d’un libro sulle malefatte di un collaboratore di Mitterrand, la Corte ha ritenuto che la notorietà della per-sona e l’importanza della vicenda rendevano legittima la pubblicazione anche di notizie coperte dal segreto. In unasentenza del 2009 si è messo in evidenza che eccessivi risarcimenti del danno a carico di giornalisti e editori pos-sono costituire una forma di intimidazione che viola la libertà d’informazione: che cosa dovremmo dire quando, danoi, il testo all’esame del Senato impugna come una clava le sanzioni pecuniarie con chiaro intento intimidatorio?E guardiamo anche agli Stati Uniti, al fermo discorso di Hillary Clinton sul nesso tra democrazia e libertà di espres-sione su Internet, alle ultime sentenze della Corte Suprema che, pure di fronte a casi sgradevoli e imbarazzanti, hariaffermato la superiorità del Primo Emendamento, appunto della libertà di espressione. Un velo d’ignoranza copregli occhi del legislatore italiano. Ma non è il benefico velo che lo mette al riparo da pressioni, da influenze impro-prie. È l’opposto, è la resa alla imposizione di chi non vuole che si guardi al mondo quale veramente è. Nasce cosìun’anomalia culturale, prima ancora che giuridico-istituzionale. Ci allontaniamo dai territori della civiltà giuridica, eci candidiamo ad esser membri a pieno titolo del club degli autoritari Certo la nostra Corte costituzionale prima, epoi quella di Strasburgo, potranno ancora salvarci. Intanto, però, la voce dei cittadini può farsi sentire, e non è det-to che rimanga inascoltata. http://www.articolo21.org/41/appello/lappello-la-liberta-e-partecipazione-informata.html

CULTURA

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Il Giuramento.Giuro che se e quando la legge bavaglio sarà ap-

provata mi impegnerò a fare prevalere sempre ecomunque il dovere di informare e il diritto di es-sere informati. Giuro che attraverso tv, radio, gior-nali, siti e blog e con qualsiasi altro mezzo possi-bile darò qualsiasi notizia che rivesta i requisiti delpubblico interesse e della rilevanza sociale comeprevedono le sentenze europee, i valori costituzionalie la legge istitutiva dell’ordine dei giornalisti. Giu-ro che utilizzerò tutti gli strumenti possibili per disattivare questa nor-ma ingiusta ed incivile si propone non solo di colpire giornalisti ed edi-tori ma di oscurare l’opinione pubblica e di rendere impuniti corrotti ecorruttori. Giuro che sarò ora e sempre contro ogni bavaglio alla libertàdi informazione e all’articolo21 della Costituzione. (Il giuramento di Ar-ticolo21 contro ogni bavaglio)

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CULTURA

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LA FEDERAZIONE DELLA STAMPAMONDIALE CONTRO LA LEGGE BAVAGLIO: “è in pericolo la democraziain Italia”

Il testo approvato all’unanimità dal congressomondiale:

“Il congresso della Federazione Internazionaledei Giornalisti riunito a Cadiz dal 26 al 28 mag-gio 2010,

considerato che il Governo italianoha sollecitato il Parlamento a vo-tare al più presto un disegno di leg-ge che regolamenta le intercetta-zioni telefoniche (ecoutes, in fran-cese), ordinate dalla magistraturaper scoprire reati e perseguire i col-pevoli, stabilendo l’interdizione deldiritto di cronaca sulle indaginigiudiziarie e limitando in questomodo il diritto-dovere dei giornali-sti di svolgere la loro professionee il diritto dell’opinione pubblica adessere informata;

considerato altresì che il governonon intende fermarsi nonostante lagrande protesta dei giornalisti e del-

la società italiana che han-no tenuto una grande di-mostrazione di piazza il 3 ot-tobre scorso e stanno pro-muovendo ancora in questigiorni, altre azioni pubblicheper scongiurare l’approva-zione di una legge illiberale;

considerato inoltre chepur in altri Paesi, anche inEuropa, sono in atto inizia-tive di Governi e Parlamen-to che perseguono l’obiet-tivo di restringere gli spazialla libertà di informazione,di limitare l’accesso allefonti, di vietare che siano fil-mati eventi pubblici;

appoggiando le battagliedella FNSI e di un vasto mo-vimento di intellettuali, di or-ganizzazioni del lavoro, as-sociazioni dei magistrati

per una giustizia in nome e nell’interesse del po-polo;

denuncia il pericolo che la democrazia in Italiacome negli altri Paesi in cui ci sono iniziative si-

mili possa essere lesa da inizia-tive mirate a intralciare le condizionilegali e regolamentari che per-mettono ai giornalisti di lavorare li-beramente;

impegna, la Ifj a sostenere que-sta battaglia di libertà e di indi-pendenza del giornalismo per il di-ritto dei cittadini ad una libera e cor-retta informazione, basata sul-l’accesso e la tutela delle fonti, enon sui segreti volti a coprire la ca-sta dei potenti, e a proseguire nel-lo stesso tempo le campagne perun giornalismo etico a garanzia de-gli interessi e dei diritti primari diogni cittadino”.

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CULTURA

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Pericle - Discorso agliAteniesi, 461 a.C.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece deipochi: e per questo viene chiamato democrazia

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale pertutti nelle loro dispute private, ma noi non igno-riamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora essosarà, a preferenza di altri, chiamato a servire loStato, ma non come un atto di privilegio, comeuna ricompensa al merito, e la povertà non co-stituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche allavita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’unodell’altro e non infastidiamo mai il nostro pros-simo se al nostro prossimo piace vivere a modosuo.

Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio comeci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fron-teggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici af-fari quando attende alle proprie faccende priva-te, ma soprattutto non si occupa dei pubblici af-fari per risolvere le sue questioni private.Qui adAtene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati,e ci è stato insegnato anche di rispettare le leg-gi e di non dimenticare mai che dobbiamo pro-teggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quel-le leggi non scritte che risiedono nell’universalesentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buonsenso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi nonlo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè inpochi siano in grado di dare vita ad una politica,beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come unostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto dellalibertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuoladell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppandoin sé una felice versalità, la fiducia in se stesso,la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazioneed è per questo che la nostra città è aperta almondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.

“Dimenticanze”A cura di Tommaso Evangelista

Arte

Fatti

Emilio Labbate da Carovilli (1825-1919) è sta-to uno di quegli artisti che, volutamente ri-legati al ruolo di semplici artigiani, per lun-

go tempo sono stati esclusi da un giudizio artisticoe di valore. Scultore d’arte sacra realizzò centinaiadi opere per le chiese del Molise e promosse unascuola di scultura in legno dorato e policromato.Una sua celebre statua, il San Giorgio, che versavain pessime condizioni nell’omonima chiesa di Cam-pobasso, è stata recentemente restaurata dal qua-lificato laboratorio di Fiorentina Cirelli tuttavia, perquanto sia considerata da tutti un vero gioiello del-la statuaria sacra delle nostra regione e per quan-to il restauro l’abbia riportata al suo anticosplendore, rimane inaccessibile al pubblico. Di-ciamo che vive la stessa sorte di due chiese delcapoluogo, San Bartolomeo e San Giorgio (ap-punto), gioielli dell’architettura romanica e mo-numenti nazionali. Ai fedeli, turisti o semplicementeoccasionali visitatori, non resta che ammirarli solodall’esterno e apprezzare le facciate severe e li-neari, i portali decorati e i superbi bassorilievi. Idue edifici, infatti, sono perennemente chiusi; inquesto modo vengono privati i fedeli di due chie-se simbolo della città e i turisti di due edifici di in-dubbio valore storico-artistico. Se è vero che lo Sta-to italiano ha sempre privilegiato la conservazio-ne alla valorizzazione, è anche vero che si dovrebbepuntare di più su quest’ultima e non lasciare cherestauri, anche costosi, si riducano alla semplicesalvaguardia del bene. I commenti di chi giungeda fuori, naturalmente, non sono dei più lusinghieri:“ meno male che vivo altrove, poiché qui a sud èsempre peggio. In tutta Italia riescono a valoriz-zare anche le pietre e qui da voi monumenti chiu-si, centri storici in completo abbandono e degra-do: poveri voi!”.

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STORIA

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Il Palazzo Ducale di Bojano pre-senta oggi una veste ottocente-sca ma risale almeno al XVI-XVII

secolo. Recenti lavori di restauro han-no permesso di scoprire sotto gli in-tonaci alcuni elementi delle precedentifasi edilizie, tra i quali: cornici mar-capiano che suddividevano orizzon-talmente la facciata; un loggiato di ar-chi a tutto sesto che occupava la par-te centrale e che collegava due cor-pi di fabbrica originariamente distin-ti; archi ogivali al pianterreno nascostidalle attuali aperture che vi si sonosovrapposte. In una cartolina d’epo-ca (con timbro postale del 1935) ap-pare protetto da un alto muro di cin-ta, poi abbattuto e sostituito con unmuretto basso di mattoni a cui si so-vrappone un’inferriata; tale inaccet-tabile intervento ha, purtroppo, an-nullato un aspetto caratteristico delpalazzo, che sembra ora meno im-ponente, e snaturato il suo rapportocon l’ambiente urbano circostante.Non è da escludere che il vasto com-plesso (sul lato sud giunge fino a sa-lita Piaggia) un tempo fosse occupatodal castello citato in un documentodel 1531 (conservato in Spagna, al-l’Archivo General di Simancas, inprovincia di Valladolid). Esso fu in pos-

sesso di diverse nobili famiglie tito-lari del feudo, tra le quali Pandone, Ca-rafa, Cimaglia, Di Costanzo. In seguitoal matrimonio di Maria Di Costanzo,unica erede dei beni paterni, con ilduca Ascanio Filomarino-della Torre,avvenuto nel 1712, la città passò aquest’ultimo casato che la detenne,con vaste estensioni di terreno, sinoal 1863. Si tratta di una delle più an-tiche famiglie nobili di Napoli - le ori-gini risalgono alla fine del X secolo -i cui esponenti ricoprirono cariche pre-stigiose in campo civile, militare edecclesiastico, ebbero il possesso dinumerosi feudi, furono insigniti di va-rie onorificenze e titoli. Successoredi Ascanio per il feudo di Bojano fuil figlio Pasquale che sposò MariaMaddalena Rospigliosi, appartenen-te al patriziato romano, dalla qualeebbe due eredi maschi: Ascanio(nato nel 1751) e Clemente (nato nel1755), entrambi uccisi brutalmentedurante l’anarchia che precedette larivoluzione napoletana del 1799. Alprincipio di quell’anno Napoleoneordinò al generale Championnet diprendere Napoli; il 21 dicembre1798 Ferdinando IV di Borbone, suamoglie Carolina (sorella della deca-pitata Maria Antonietta di Francia), e

la corte si erano rifugiati in Sicilia la-sciando la città nelle mani dei lazzari,cioè della plebe realista, organizzatamilitarmente e guidata - ma sarebbemeglio dire manovrata - dai birri e daipreti. In quei frangenti il duca Asca-nio, mentre un parrucchiere, tal Giu-seppe Maimone, lo pettinava, rice-vette una lettera proveniente daRoma nella quale un parente gli rac-comandava un ufficiale francese; ilmessaggio fu letto anche dal Mai-mone che stava, in piedi, alle suespalle. Quest’ultimo avvisò i lazzariche il Filomarino intratteneva corri-spondenza con i Francesi e il 18 gen-naio una grande moltitudine di popolo,in nome del re Ferdinando, assaltò esaccheggiò il palazzo del duca, sitoin largo San Giovanni Maggiore, ac-canto alla cappella Pappacoda. Asca-

I Filomarino-della Torre,duchi di Bojano

di Alessandro Cimmino

Palazzo Ducale - ingresso principale

Palazzo Ducale - scorcio

Palazzo Ducale di Bojano

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STORIA

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nio e il fratello Clemente - già arre-stato nel 1795 con l’accusa di essereun giacobino e rimesso in libertà l’an-no successivo - furono incatenati econdotti nella Strada della Marina,dove, innanzi alla Chiesa di Santa Ma-ria in Porto Salvo, li aspettava la mor-te per fucilazione; le loro spoglie ven-nero bruciate entro botti con catrame.

Il duca della Torre, Gentiluomo di Ca-mera di Ferdinando IV, era molto sti-mato sia dalla sua classe che daglistrati popolari e la sua tragica mor-te destò sconcerto e scalpore; corseanche voce che Francesco Pignatel-li, principe di Stromboli, nominato dalre fuggitivo Vicario Generale nonavesse fatto nulla per salvarlo perchéil Filomarino veniva da tutti i rivolu-zionari indicato quale futuro presi-dente dell’Assemblea Nazionale. Il pa-lazzo in largo San Giovanni Maggio-re (un’altra, più imponente, dimorache porta ancora il nome del casatosi trova in via Benedetto Croce), oveegli abitava con la propria famiglia, eranoto luogo di convegni culturali e didisquisizioni scientifiche per i dotti na-poletani e per quelli forestieri residentio di passaggio; ospitava, oltre amolte opere d’arte, una vasta bi-blioteca (fondata nel Seicento da unsuo omonimo antenato cardinale) eun gabinetto di chimica, fisica emeccanica che custodiva molte “mac-chine”, tra le quali una ideata dallostesso Ascanio per rilevare i movi-menti tellurici, e una vasta collezio-ne di minerali e di stampe relative aivulcani, in particolare al Vesuvio. Di-fatti il duca era un abile costruttoredi orologi e un brillante sperimenta-tore che si interessava di “elettrici-smo”: produceva scariche elettrichemediante enormi condensatori, co-struiva elettrometri sul modello del-la bilancia di torsione di Coulomb. Inoccasione dell’eruzione vesuvianadel 1794 si recò sulle pendici del vul-cano annotando con sistematicità tut-ti i fenomeni relativi. Nel corso dellarazzia dei lazzari gran parte di questoimmenso patrimonio andò distrutto odisperso, anche l’originale sismografoa pendolo verticale che forniva l’in-dicazione precisa del tempo in cui sideterminasse un qualsiasi movi-mento tellurico, nonché la direzione,la durata e l’entità. La consorte diAscanio, Marianna, unica erede deiduchi di Cutrofiano, gli aveva dato bennove figli; rimasta vedova contrassenuove nozze con il conte di Fitou, Pie-tro d’Aragon, oriundo francese ed uf-ficiale nella Marina napoletana (ven-ne, tuttavia, concordato che la prolenascitura dovesse prendere il co-gnome Cutrofiano). Nelle memorieche il figlio primogenito Nicola scris-se di proprio pugno tra il 20 e 21 gen-naio 1826 a Subiaco (Nicola Filo-marino, L’uccisione di Ascanio e Cle-mente Filomarino, in “Archivio Stori-co per le Province Napoletane”, annoXXV), si parla, oltre che della tragicamorte del padre e dello zio, di tutta

la numerosa famiglia: la madre Ma-rianna, la nonna materna MaddalenaRospigliosi, moglie del defunto non-no Pasquale, il piccolo fratello Andreae la sorellina Checchina (France-sca), i fratelli Pasquale e Giuseppeconvittori, Maddalena, Lucrezia, Ma-ria e Teresa, educande nel Monasterodi Regina Coeli; egli dichiara di avercompiuto i suoi studi nel Collegio Na-zareno di Roma e di essere rimastolì fino all’età di vent’anni. Un archivioprivato di Bojano conserva un inte-ressante manoscritto redatto da Ni-cola Filomarino, particolarmente de-dito, come il padre Ascanio, agli stu-di scientifici. Esso riporta, in manie-ra sistematica, tutte le osservazionisui fenomeni rilevati a Bojano prima,durante e dopo il terremoto del 26 lu-glio 1805: nell’atmosfera (caldo stra-ordinario, vento cupo e fragoroso), nel-le acque (intorbidimento, mineraliz-zazione, nuove sorgenti), sul suolo(apertura di crepe, sassi caduti dal-la montagna). L’ultima parte riguardale congetture e le ipotesi scientificheche possono produrre scuotimenti del-la superficie terrestre. In particolare,per quanto riguarda le costruzioni del-la città, il duca afferma che i dannisono maggiori nelle fabbriche situa-te in pianura dove il terreno sotto-stante è «tutto ripieno», minori in quel-le situate sopra roccia solida (ai pie-di della montagna), minime in quel-le costruite su rocce dove al di sot-to vi erano spazi vuoti. Cicerone so-steneva che la storia è maestra di vitae che chiunque non ha conoscenzadel proprio passato non avrà nessunfuturo davanti a sé; solo conoscen-do la vita e le azioni di chi ci ha pre-ceduto, si può arrivare a comprendereil luogo e il momento in cui viviamo.A Bojano dopo circa un secolo e mez-zo, tuttavia, è caduta nell’oblio - ec-cezion fatta per i pochi cultori di sto-ria locale - la presenza della famigliaFilomarino. Non c’è una strada (esi-ste invece salita Pandone) né un’isti-tuzione culturale né la denominazio-ne di un palazzo che la ricordi; persinola loro dimora (modesta se confron-tata con gli immensi e meravigliosi pa-lazzi di Napoli) - che presenta anco-ra, sull’ingresso principale, uno stem-ma in pietra del casato Di Costanzo- viene comunemente chiamata daibojanesi Palazzo di Don Giocondo, dalnome di uno degli ultimi proprietari(Giocondo Perrella). Eppure diversiesponenti della prestigiosa famigliaFilomarino-della Torre, portando il ti-tolo di duca o principe di Bojano, han-no segnato gli eventi del loro tempo,e non solo in Molise!

Il Palazzo Ducale in una cartolina d’epoca(collezione Giovanni Lopa)

Stemma famiglia Di Costanzo (Palazzo Ducale diBojano)

Stemma famiglia Filomarino (Palazzo in viaBenedetto Croce a Napoli)

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Giorni d’angoscia, da quel terri-bile 10 aprile in cui ci arriva lanotizia dell’arresto di tre nostri

operatori umanitari dell’ospedale di La-shkar-gha, in Afghanistan. Matteo Del-l’Aira, dal 2000 in giro per il mondo conEmergency, responsabile medico del-l’ospedale, Marco Garatti, coordinatoredel progetto in Afghanistan, dal 1999con Emergency, e Matteo Pagani, re-sponsabile logistico dell’ospedale, 28anni e alla sua prima missione, sonostati portati via insieme a sei operatoriafgani. “Vi ho visto mentre ci accom-pagnavate agli interrogatori, sempre se-duti vicini a noi”. L’accusa è enorme,“al punto da trasformarsi in farsa”, com-menta Cecilia Strada. A quanto si leg-ge dagli organi di stampa, i servizi se-greti afgani li accusano di esserecoinvolti nel progetto di attentare allavita del governatore della provincia diHelmand nel corso di una sua futuravisita all’ospedale, un centro chirurgi-co che funziona dal 2004 e che ha cu-rato oltre 66mila persone. “Vi ho vistoseduti in terra con noi, a raccontarci diquesta giovane e straordinaria orga-nizzazione”. Giorni d’angoscia per noitutti, otto giorni di prigionia per Matteo,Marco e Matteo, diciotto lunghi giorniper i due addetti alla sicurezza, due au-tisti e un giardiniere dell’ospedale,di na-zionalità afgana. “Avete condiviso conme il cibo che ci davano, buono o cat-tivo che fosse”. Otto giorni di dichia-razioni e atteggiamenti troppo spessoambigui da parte di chi rappresenta le

istituzioni italiane: le prime dichiarazionidel Ministero degli Esteri lascianoesterrefatti: affermano “la linea di as-soluto rigore contro qualsiasi attività disostegno diretto o indiretto al terrori-smo sia in Afghanistan così come al-trove, confermando il più alto ricono-scimento al personale civile e militareimpegnato in Afghanistan per le attivitàdi pace”. Parole inopportune, nessunapreoccupazione per i connazionali de-tenuti senza capi di accusa formali, sen-za prove, senza le minime garanzie acarico del sospettato. “Insieme ab-biamo curato le ferite della gente in-nocente che può solo subire”. Otto gior-ni di affermazioni spacciate per veritàe timide smentite, di accuse velate, dipolemica politica scaricata addosso aEmergency accusata “di far politica”proprio da chi fa politica. Perché noi cu-riamo tutti, siamo contro il terrorismoe contro la guerra che per noi sono lastessa cosa, perché la nostra ottica èquella delle vittime, non quella dei po-litici. È un agire scritto nel DNA di Emer-gency, coerente con i suoi obiettivi. Eprima ancora abbiamo insieme rac-contato la guerra, quella vera. Nessuncapo di accusa poteva reggere, le pi-ste percorse in otto lunghi giorni sonocadute una dietro l’altra, i nostri tre ope-ratori sono stati rilasciati dai servizi se-greti afgani perché, citava testual-mente un comunicato dell’Afghan Na-tional Directorate, “non sono ritenuti col-pevoli”. Sono innocenti, come lo era-no otto giorni prima. Il rilascio di Mat-

teo, Marco e Matteo avviene il giornodopo la grande manifestazione di Piaz-za San Giovanni a Roma che ne chie-deva la liberazione, una manifestazio-ne senza stendardi di partito come erastato chiesto ma con migliaia di per-sone, il popolo di Emergency e tanti in-tervenuti a portare la propria solidarietà,a ribadire “Io sto con Emergency”. L’ap-pello su Internet raccoglie in pochi gior-ni 400mila adesioni, la solidarietà e ilsostegno ad Emergency arriva anchedall’Afghanistan. La gente di La-shkargah, che porta sul proprio corpoi segni delle cure ricevute da Emergency,ha comprensibilmente paura di pro-testare contro la chiusura dell’ospedaleo di esprimere il suo sostegno. La po-polazione afgana di Kabul e delle pro-vince vicine, fino alla valle del Panjshir,dove la situazione politica è ben diversada quella del profondo sud afgano, hainvece deciso di testimoniare la sua so-lidarietà con una raccolta firme fatta amano. In pochi giorni sono arrivate allanostra sede a Kabul più di 10mila fir-me, molte delle quali date sotto formadi impronte digitali. Emergency è sta-ta vittima di una brutale aggressionein Afghanistan e in parte anche nel no-stro Paese. “Abbiamo lavorato senzasosta per far cadere questa ridicolamontatura” sono le parole di Gino Stra-da. È il momento degli abbracci, la gran-de famiglia di Emergency si è strettaintorno a Matteo, Marco, e Matteo. Il25 aprile di quest’anno è stata per noianche la “nostra” festa di liberazione,ma non solo festa. Al di là dell’ango-scia per la sorte dei collaboratori af-gani, rilasciati solo alcuni giorni dopo,a rattristare tutti noi c’è anche il destinodella popolazione di Helmand. Insiemepoi siamo stati trasferiti a Kabul, la-sciando il cuore nel nostro ospedale diLash. Di quei bambini, di quelle donne,di quegli anziani doppiamente vittimedi questa guerra, che toglie loro nonsolo la pace, la salute e spesso la vita,ma anche il diritto umano di riceverecure adeguate e gratuite. Hanno di-chiarato guerra ad un ospedale e perora hanno vinto la battaglia. Ed insie-me continueremo a fare quello che sap-piamo fare e che è un dovere fare, sevogliamo chiamarci ‘esseri umani’.

La nostra festa diLiberazione

ASSOCIAZIONI

N. 6/2010 • 41

Emergency, gruppo territoriale di Isernia

[email protected] 338.3342683www.emergencyisernia.splinder.com [email protected]

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ARTE

42 • N. 6/2010

Quando nel Settecento Diderote d’Alambert si proposero disistemare lo scibile umano

per corrispondere al bisogno di co-noscenza della emergente società bor-ghese, intitolarono la loro opera Dic-tionnaire raisonné des art set des mé-tiers, accostando implicitamente learti maggiori ai mestieri, secondo unapproccio che, volutamente, non vuo-

di Tommaso Evangelista

Serafino De Iuliis.L’eleganza del legno edella pietraSerafino De Iuliis è un artigiano che lavora a Rocchetta al Volturnoe che, dal 1996, ha avviato un piccolo laboratorio nel quale realizzapregevoli mobili in legno. Dopo il diploma presso l’Istituto d’arte diIsernia e alcuni anni presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli hasviluppato un senso per la forma e la composizione che, combinatoall’innata abilità tecnica e alla perizia realizzativa, gli permette lacreazione di vere e proprie opere d’arte che uniscono funzionalità equalità estetica. Serafino lavora principalmente il legno e la pietralocale, due materiali poveri che volutamente accosta nelle suerealizzazioni grazie ad una particolare tecnica di intarsio.

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ARTE

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le fare distinzioni gerarchiche. Se-condo questa visione, difesa forte-mente da Zeri nei nostri giorni, l’ ar-tigiano non aveva nulla da invidiare al-l’artista che esponeva ai Salon. Ra-gionare sull’artigianato non vuoldire necessariamente parlaredi mestieri, tecniche, gusto o divalutazioni commerciali ma an-che riflettere sulla forma e sul-l’arte. Considerare patrimoniomateriale e artistico della nostraregione anche queste formed’espressione ne permette, per-tanto, la salvaguardia e la dif-fusione. Serafino De Iuliis è unartigiano che lavora a Rocchet-ta al Volturno e che, dal 1996,ha avviato un piccolo laboratorionel quale realizza pregevoli mo-bili in legno. Dopo il diplomapresso l’Istituto d’arte di Iserniae alcuni anni presso l’Accademiadi Belle Arti di Napoli ha svilup-pato un senso per la forma e lacomposizione che, combinato al-l’innata abilità tecnica e alla pe-rizia realizzativa, gli permette lacreazione di vere e proprie ope-re d’arte che uniscono funzio-nalità e qualità estetica. Serafino la-vora principalmente il legno e la pie-tra locale, due materiali poveri che vo-

lutamente accosta nelle sue realiz-zazioni grazie ad una particolare tec-nica di intarsio. Il legno è quello di ca-stagno, morbido e dalle lucide vena-ture, la pietra, una sorta di travertino

locale, tipica della zona di Rocchettae usata già nell’alto Medioevo nel sitodi S. Vincenzo, è estremamente po-

rosa a malleabile. Le venature del le-gno, le porosità della pietra, i solchidegli strumenti, i contrasti cromaticitra i bianchi sporchi delle rocce e imarroni intensi delle superfici, sono

gli elementi di un linguaggiosemplice e minimale ma estre-mamente poetico. L’artista rea-lizza con questi materiali formegeometriche e lineari che sem-brano riabilitare la povertà deimezzi; l’intarsio è perfetto el’elemento povero acquistaun’eleganza del tutto partico-lare. Serafino, del resto, non siferma alla semplice oggettisti-ca ma sperimenta accostandosialla scultura o agli strumentimusicali; da perfetto liutaio, in-fatti, ha realizzato pregevolicontrabbassi o bassi elettricidalle forme incredibili e dalsuono pulito. Il discorso che l’ar-tista porta avanti nella suapiccola bottega a Rocchettaè estremamente originale edesteticamente valido e non tro-va riscontri nelle zone limitrofepertanto non si possono che ap-prezzare le sue “povere” rea-

lizzazioni, concedendoli quel mini-mo di pubblicità che, senza retorica,si meritano.

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TURISMO

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ViaggiandoPer conosce e amare il MoliseRubrica a cura dell’AGTM, Associazione Guide Turistiche del Molise

LarinoÈ una delle località turistiche più importanti del Molise. In passato era un importante mu-

nicipium romano ed è a quel periodo che risalgono le suggestive rovine dell’anfiteatro ele ville con splendidi pavimenti in mosaico. Al centro del paese, oltre al bel palazzo duca-le di origine medievale, merita una visita la cattedrale dedicata a San Pardo e all’Assun-ta. La chiesta, consacrata nel 1319, è considerata uno degli esempi più significativi del-l’architettura religiosa dei secoli XIII e XIV dell’Italia centrale.

Anfiteatro romanoL’anfiteatro si trova nel cuore dell’antica Larinum

ed è stato realizzato tra l’80 e il 150 d.C, durante ildominio dei Flavi, grazie alla generosità del senato-re larinense Quinto Capito. La struttura, capace di con-tenere, secodo alcuni, fino a 18.000 spettatori, è inparte scavata nel tufo per circa sei metri e in partecostituita da strutture murarie sopraelevate. Hauna forma ellittica, con le quattro porte dispostealle estremità dei due assi, di cui quella a nord,la “Porta dei Gladiatori”, consentiva l’accessodel corteo che precedeva i giochi e l’uscita deigladiatori vincenti; quella a sud, era utilizzata

per rimuovere i corpi dei gladiatori e i resti degli animali, uccisi durante l’esibizioni.Suggestiva è l’arena delimitata da un canale per lo scolo delle acque, con al cen-tro una fossa quadrata, utilizzata probabilmente per il sollevamento delle gabbie de-gli animali.

GuglionesiDall’alto di una collina, in un paesaggio segnato dai colori dei campi coltivati, dal

blu del mare Adriatico all’orizzonte e dalla dolcezza della valle del fiume Biferno, èuna scoperta piacevole per il visitatore. La parte più emozionante è quella dell’an-tico borgo medievale, racchiuso da tre strade principali parallele e che conserva al-cuni dei monumenti più interessanti del Molise, come la chiesa di Santa Maria Mag-giore, con l’elegante cripta di Sant’Adamo, e la chiesa di San Nicola, uno degli esem-pi più significativi dell’arte romanica in Molise.

Chiesa di Santa Maria MaggioreLa chiesa ha origini molto antiche, ma è stata

ricostruita nel Settecento e rappresenta uno dei migliori esempi dell’arte settecentescain Molise. Elegante la facciata scandita da tre portali che corrispondono alle tre na-vate interne, di cui quello centrale più ampio e con decorazioni tardo barocche. L’in-terno è molto scenografico ed impreziosito da stucchi e capitelli decorati con mo-tivi vegetali. Sull’altare una bella pala del 1572, recentemente da alcuni attribuitaalla scuola del Marco Pino da Siena, che raffigura l’Assunzione della Vergine. Pre-ziosissimi i due trittici lignei realizzati nei primi anni del ‘500 da Michele Greco daLavelona, che raffigurano il primo una Madonna con bambino tra i santi Rocco e Se-bastiano, il secondo una Madonna in trono tra i santi Pietro e Paolo.

Chiesa di San NicolaLa struttura della chiesa risale alla fine del XIII secolo. Sulla facciata cinque ar-

chetti ciechi, con quattro capitelli decorati a motivi vegetali. L’arco centrale del por-tale d’ingresso presenta una lunetta in cui sono scolpiti un leone, un grifone e, inalto, una piccola testa di toro. Semplice il rosone con una cornice in conci di pietrabianca e grigia. Le massicce mura laterali sono alleggerite dai doppi archetti ciechi,che richiamano il motivo della facciata. L’interno è diviso in tre navate ed è segna-to dall’imponenza dei pilastri e degli archi ogivali. Una ripida scalinata consente l’ac-cesso al presbiterio, rialzato in virtù della presenza di una cripta a pianta rettango-lare e a tre navate, con copertura a crociera, sorretta da basse colonne.

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Nel blues, lo Shuffle è quel rit-mo accentato, sghembo, chei musicologi dicono tassono-

micamente “a pennata alternata” –prima in battere, poi in levare – mache più efficacemente può esserecompreso guardando come il chitar-rista blues muova il plettro, descri-vendo circonferenze tra i pick up del-la sua Gibson E335, come se aves-se in mano un cucchiaio e stesse ri-mestando nervoso una zuppa: non acaso, “to shuffle”, in inglese, traduceil nostro “rimescolare”. Se alla zup-pa sostituiamo la polenta, ci avvici-niamo a casa, e a quel“Ramegna” chesembra un cognome ma che invecetrascrive con qualche approssima-zione il fonema che da noi indica lagramigna, la malapianta tenace e re-sistente che è sfizio del ciuccio e cruc-cio del contadino. RAMEGNA SHUFFLE, unnome che unisce luoghi geografica-mente lontani, ma culturalmente piùvicini di quanto si creda: il blues è mu-sica autenticamente popolare, che staal delta del Mississippi come l’inva-riabile diatonia d’ ru ddù bòtte sta allesedie di legno dei bar di paese; hastruttura semplice e sempre uguale:dodici battute sviluppate su tre ac-cordi. Ho detto semplice e uguale, nonmonotona. Come la gramigna, i Ra-megna Shuffle sono una blues band

tenace e resistente, che può suona-re per tre ore senza mostrare stan-chezza, a proprio agio nei tre metriquadrati della pedana rialzata di unpub, così come sul palco del festivalestivo. Nell’inverno ultimo scorsohanno suonato un po’ dappertutto:cocktail bar, pizzerie; nella migliore tra-dizione blues, anche all’aperto: coicappotti, sottozero. Non male per ungruppo che è nato da poco, dall’in-contro di quattro giovani amanti del-le blue notes – chitarre, basso, bat-teria – e un old frontman – Celeste“blues harp“ Caranci – navigata vocee armonica (già con Back Porch,Buatta, BluMaffia; sul palco insiemea Luisiana Red, Carey Bell, BobStronger, Chicago Beau e tanti altri). Il loro demo è stato registrato da Die-go Labella in tre lunghe session not-turne nel locale isernino “Le Cave”,nel maggio 2009: per l’occasione èstato montato il palco, amplificato emicrofonato come per un live set, con-sumatosi però a beneficio esclusivodel registratore digitale. Nessunasovraincisione, né alchimie da post-produzione: “LIVE @ LE CAVE” suona ru-vido e onesto, dodici tracce e quasiottanta minuti; un lungo viaggio nel-la “musica del diavolo” che parte da-gli anni ‘30 (col Robert Johnson di“Crossroads”), passa per il primo

blues urbano, anni Cinquanta (“Brightlight,big city” di Jimmy Reed), prose-gue con i “chicagoani” (“Blow windblow”, versione Muddy Waters) arri-vando a James Cotton (“Who”), Fred-dy King (“Hideaway”), Albert Collins(“If you love me like you say”), B.B.King (“Everyday I have the blues”). IRamegna Shuffle sono: Celeste“blues harp” Caranci (armonica evoce); Mario Martino (chitarra e cori);Francesco Marchione (chitarra e cori);Cristian De Gregorio (chitarra e cori);Gabriele Venditti (basso); Roberto “ilgustoso” Paoliello (batteria).

MUSICA

N. 6/2010 • 45

di Gabriele Venditti

Ramegna ShuffleLive@le Cave

Ramegna ShuffleLive@le CaveUn nome cheunisce luoghi geograficamentelontani, ma culturalmente piùvicini di quanto si creda: ilblues è musica autenticamentepopolare, che sta al delta delMississippi come l’invariabilediatonia d’ ru ddù bòtte sta allesedie di legno dei bar di paese;ha struttura semplice e sempreuguale: dodici battutesviluppate su tre accordi.

Informazioni e contatti sul loro my-space, all’indirizzo:

www.myspace.com/ramegnashuffle

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SPORT

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IL PRESIDENTE DEGLI ARBITRIMARCELLO NICCHI IN VISITA ALLASEZIONE ARBITRI DI ISERNIA

“Amiamo l’AssociazioneItaliana Arbitri”Isernia, 29 aprile 2010

Il moderatore Paolo De Chiara con il pre-sidente della Sezione Aia di Isernia Ni-candro De Luca

I due molisani nazionali: Alessandro Pe-trella (assistente in serie A) e DomenicoCeli (arbitro in serie A)

La vedova di Mario Galasso con il presi-dente Nicchi

Marcello Nicchi

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SPORT

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Il tavolo dei relatori: da sinistra Paolo De Chiara (direttore de il Ponte), Carlo Scarati (presidenteCra Molise), Nicandro De Luca (presidente Aia Isernia), Marcello Nicchi (presidente AIA nazio-nale) e Piero Di Cristinzi (presidente Figc Molise)

La platea

In prima fila i presidenti della sezione Arbitri di Campobasso (Marco Paolone) e di Termoli (Ni-colino Musacchio)

L’intervento di Marcello Nicchi

La sala dell’Itis “E. Mattei” che ha ospitato l’evento

Marcello Nicchi riceve in dono il suo ritratto

ELEZIONE DEICONSIGLIERI NAZIONALI

E DEL CONSIGLIOREGIONALE

nel primo tur-no del 16 mag-gio 2010

per il CON-SIGLIO NAZIO-NALE: CIMINOVincenzo (nel-la foto), pro-fess ion is tacon voti 29;

per il CON-SIGLIO REGIO-NALE: LUPOAntonio, pro-

fessionista (voti 37); PETTA Giu-seppina, professionista (voti 33);CIARAMELLA Aldo, professionista(voti 29); EREMITA Pietro, profes-sionista (voti 25); DI PARDO Nicola,pubblicista (voti 165); SALUPPOGiuseppe, pubblicista (voti 150).

nel turno di ballottaggio del 23 mag-gio 2010

per il CONSIGLIO NAZIONALE:RUOTO Antonietta, professioni-sta (voti 24); SANTIMONE Cosimo,pubblicista (voti 132).

per il CONSIGLIO REGIONALE:SORBO Antonio, professionista(voti 26); DI TOTA Giovanni, pro-fessionista (voti 22); LOMBARDIPasquale, pubblicista (voti 120).

per il COLLEGIO dei REVISORI deiCONTI: LONGANO Alessandra, pro-fessionista (voti 26); LUCIA Fer-nando, professionista (voti 24);BORAGINE Pierluigi, pubblicista(voti 101).

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