Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

18
1,20 – Arretrati: 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Martedì 7 settembre 2010 – Anno 2 – n° 236 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 www.ilfattoquotidiano.it [email protected] lebavaglio io@i @i @i i @i @ilf f lf lf lf lf lf t at at att to to to toq qu quo otidiano.it MARTEDÌ E VENERDÌ in onda alle ore 19.00 su www.ilfattoquotidiano.it alle 24.00 su Current Canale 130 di Sky È TORNATO TELEBAVAGLIO Il coraggio dell’uomo nero di Antonio Padellaro dc A desso molti dicono che Gianfranco Fini ha scoperto troppo tardi chi è Berlusconi. “Sembra che abbia passa- to gli ultimi 15 anni su Marte”, avreb- be sibilato il Caimano che di quel quindi- cennio trascorso distribuendo poltrone e sottomissione conserva precisa contabili- tà. Dov’era Fini quando il boss pretendeva un tappeto di trenta e più leggi vergogno- samente personali o quando a Genova nei corridoi della Diaz la polizia faceva macel- leria, non smetteremo certo di chiederlo. Ma se nella vita (anche in quella artificiale della politica) esiste una seconda volta che non cancella la prima ma può riscattarla, dobbiamo riconoscere che Fini ci si è but- tato dentro giocandosi tutto. Domenica se- ra, a Mirabello, dopo aver detto quello che si portava dentro chissà da quanto, respi- rava male e si toccava le tempie perché sa- peva che da quei tuffi non si torna indietro. Che te la faranno pagare cara. Se pure ci ha messo quindici anni a tornare sulla terra, Fini ha dimostrato che non esistono uomini così onnipotenti da imporre a tutti per sem- pre l’omertà sulle proprie bassezze. Qual- cuno che dica basta, che il re è nudo, prima o poi arriva sempre. Di Berlusconi, l’ex co-fondatore ci ha raccontato quello che sa- pevamo, ma che mai avevamo udito sgor- gare con tanta rabbiosa autenticità. Il culto malato di se stesso. L’idea stalinista che il capo non si contraddice mai. L’impunità elevata a dottrina di governo. L’infamia dei bastonatori dattilografi che non si fermano davanti a nulla. C’interessa poco che cosa sarà il “dopo” Mirabello o quanto durerà l’agonia prima delle inevitabili elezioni. Sia- mo più interessati a constatare che il “pri- ma” non tornerà più. Merito dell’uomo ne- ro. Se ne facciano una ragio- ne quei dirigenti del Pd in- teressati piuttosto a rende- re omaggio agli Schifani. Dovrebbero capirlo che il minestrone dove galleggia tutto e il contrario di tutto, don Ciotti e Gherardo Co- lombo ma anche i Tremon- ti, i Calderoli e gli ex avvo- cati dei mafiosi, sta diven- tando davvero indigesto. Le cose cambiano. Se vieni da destra o da sinistra conta di meno. La gente vuole sa- pere chi sei. ADESSO PER FINI SI FA DURA PRONTA LA VENDETTA DEL CAIMANO Dopo il discorso di Mirabello elezioni più vicine Offensiva per cacciare il presidente della Camera Al resto penseranno i giornali di B. con il metodo Boffo La Rai vuole il controllo preventivo sulle trasmissioni politiche. Non si sgarra. È chiaro: si va a votare presto NEL CILENTO x Angelo Vassallo, 57 anni, del Pd ucciso a Pollica HA DETTO UN “NO” DI TROPPO 9 PALLOTTOLE PER IL SINDACO Giornalisti-estintori di Marco Travaglio L a vera rivoluzione nell’informazione sarebbe pubblicare le notizie dall’estero di fianco a quelle dall’Italia e lasciare ai cittadini il confronto. Sabato, a Dublino, Tony Blair è stato sommerso di uova, scarpe e bottiglie di plastica mentre presentava il suo libro di memorie, la boiata pazzesca in cui si pente di aver abolito la caccia alla volpe ma non di aver sterminato centinaia di migliaia di persone in Iraq e Afghanistan col suo degno compare Bush. I contestatori gli urlavano slogan in dolce stilnovo: “Blair ha mentito, milioni sono morti”, “Condannatelo per genocidio”, “C’è sangue sulle tue mani”, “Ehi, Tony, quanti bambini hai ammazzato oggi?”. Lui non ha fatto una piega, a parte tentare di scansare gli oggetti che gli piovevano addosso. E nessun’autorità britannica si è sognata di urlare allo “squadrismo” e al “fascismo”. Anche perché contestare i potenti è tipico delle democrazie. Nelle stesse ore, a Torino, una cinquantina di ragazzi pericolosamente informati (sventolavano financo Il Fatto e L’espresso ) contestavano Renato Schifani alla festa del Pd, al grido “Fuori la mafia dallo Stato”. Apriti cielo. Il servizio d’ordine del Pd (pare che sia l’acronimo di Partito democratico) e la polizia li hanno strattonati e malmenati per allontanarli dalla festa, non si sa bene in base a quale legge, visto che il duetto Schifani-Fassino si svolgeva sul suolo pubblico, dunque aperto a tutti. Intanto Fassino li insultava (“squadristi”), Schifani li insultava (“esempi di antidemocrazia”) e il “moderatore”, un mezzobusto del Tg3, li insultava (“fascisti”) e invitava gli attivisti piddini a fare giustizia. Bersani chiamava Schifani per fargli tante scuse e persino il capo dello Stato correva al salvamento del suo vice col consueto monito contro l’“indegna gazzarra”. Mobilitazione generale contro le nuove Bierre, mancavano solo l’esercito, i Caschi blu e le amazzoni di Gheddafi. Il meglio però l’han dato i giornali, ormai ridotti a servizio d’ordine dei politici: gli stessi giornali (tutti) che, impegnatissimi dietro la cucina Scavolini di Fini, non hanno scritto una riga sulle rivelazioni dell’Espresso e del Fatto a proposito dell’inchiesta della Procura di Palermo sulle accuse di mafia a Schifani e hanno addirittura censurato il comunicato in cui Schifani chiedeva ai Pm di interrogarlo al più presto. Avrebbero dovuto spiegare ai loro lettori perché Schifani era stato contestato, ma non potevano, altrimenti avrebbero prima dovuto raccontare l’inchiesta per mafia sul presidente del Senato e, ancor prima, ammettere di aver censurato una notizia tanto enorme. Troppo complicato. Meglio parlar d’altro e spacciare la contestazione per un tentativo di “non far parlare” il presidente del Senato (che peraltro parla ogni santo giorno a tg ed edicole unificati, mentre chi lo contesta non ha mai voce). Infatti nell’editoriale di Pigi Battista sul Pompiere la parola mafia non compare mai. E nemmeno in quello gemello di Aldo Schiavone su Repubblica. In compenso Battista scrive che si voleva “impedire il diritto di espressione” e Schiavone che si puntava a “ridurre al silenzio l’avversario”. Per Schiavone, la contestazione “allarma chi ha a cuore la democrazia”, perché è “violenza e intolleranza”, “male subdolo”, “protesta incivile”, “irresponsabile estremismo che ci fa paura perché può incubare climi peggiori di cui purtroppo la nostra storia non è immune”, insomma il terrorismo è di nuovo alle porte. Per Battista, chi fischia Schifani è nell’ordine: “Populista”, “antidemocratico”, “cupo”, “intimidatorio”, “prevaricatore”, “prepotente”, “arrogante”, “fanatico”, “antiliberale”, sogna “il bavaglio” e viola “l’art. 21 della Costituzione”. Ma, sia chiaro, “non in nostro nome”. Ecco: leviamoci dalla testa che i contestatori fossero lettori aizzati da Battista. Forse perché lui sta sempre con il potere e non ha mai contestato nessuno. O forse perché lui non ha lettori. di Luca Telese E mozioni inedite: le mani del leader che per la prima volta tremano: Futuro e liber- tà, il giorno dopo. Futuro in- certo, ma molta libertà. Forse, la frase che rivela lo stato d’ani- mo di quel frammento di po- polo che si è autobattezzato a Mirabello, è quella scappata ieri al demiurgo del pensatoio finiano, Filippo Rossi, in un faccia a faccia serrato su La7 con il vicedirettore de Il Gior- nale Nicola Porro. pag. 3 z n viale mazzini Annozero imbavagliato Trappolone Masi Tecce 7 CATTIVERIE “Basta leggi ad personam, ma sì al lodo Alfano”. E pensare che fin lì il discorso era interessante (www.spinoza.it) U di Michela Murgia E VESPA SI POSÒ SULLE TETTE S e siete donne o uomini non ha importanza, perché il gioco di ruolo che vi propon- go si può fare comunque con profitto. Provate a immagina- re di essere un giovane scrit- tore talentuoso e di aver scrit- to un bel libro. pag. 8 z U di Paolo Flores d’Arcais I FISCHI DEMOCRATICI D’EUROPA C he succede al presidente Na- politano? Che succede ai massimi dirigenti politici del Paese (opposizione compresa)? Che succede a un giornalismo che dovrebbe essere libero? Sa- bato in Europa sono accaduti due episodi di contestazione: a Dublino e a Torino. pag. 6 z Il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo (FOTO ANSA) Gianfranco Fini (FOTO ANSA) di E. Fierro e V. Iurillo A ngelo Vassallo, sindaco-scerif- fo dal 1994 per passione e am- bizione politica, che vigilava co- me un mastino sulla sua terra, è stato ucciso. Un assassinio, un ag- guato, che sa troppo di camorra, raccontano in paese. pag. 9 z y(7HC0D7*KSTKKQ( +"!z!;!"!_

Transcript of Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Page 1: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

€ 1,20 – Arretrati: € 2,00Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)

Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Mar tedì 7 settembre 2010 – Anno 2 – n° 236Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Romatel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

w w w. i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

[email protected]@i@i@ii@i@ilfflflflflflf tatatatttotototoqququootidiano.it

MARTEDÌ E VENERDÌ

in onda alle ore 19.00 su www.ilfattoquotidiano.it

alle 24.00 su CurrentCanale 130 di Sky

È TORNATO TELEBAVAGLIO

Il coraggio dell’uomo nerodi Antonio Padellaro

dc

Adesso molti dicono che GianfrancoFini ha scoperto troppo tardi chi èBerlusconi. “Sembra che abbia passa-to gli ultimi 15 anni su Marte”, avreb-

be sibilato il Caimano che di quel quindi-cennio trascorso distribuendo poltrone esottomissione conserva precisa contabili-tà. Dov’era Fini quando il boss pretendevaun tappeto di trenta e più leggi vergogno-samente personali o quando a Genova neicorridoi della Diaz la polizia faceva macel-leria, non smetteremo certo di chiederlo.Ma se nella vita (anche in quella artificialedella politica) esiste una seconda volta chenon cancella la prima ma può riscattarla,dobbiamo riconoscere che Fini ci si è but-tato dentro giocandosi tutto. Domenica se-ra, a Mirabello, dopo aver detto quello chesi portava dentro chissà da quanto, respi-rava male e si toccava le tempie perché sa-peva che da quei tuffi non si torna indietro.Che te la faranno pagare cara. Se pure ci hamesso quindici anni a tornare sulla terra,Fini ha dimostrato che non esistono uominicosì onnipotenti da imporre a tutti per sem-pre l’omertà sulle proprie bassezze. Qual-cuno che dica basta, che il re è nudo, primao poi arriva sempre. Di Berlusconi, l’exco-fondatore ci ha raccontato quello che sa-pevamo, ma che mai avevamo udito sgor-gare con tanta rabbiosa autenticità. Il cultomalato di se stesso. L’idea stalinista che ilcapo non si contraddice mai. L’impunitàelevata a dottrina di governo. L’infamia deibastonatori dattilografi che non si fermanodavanti a nulla. C’interessa poco che cosasarà il “dopo” Mirabello o quanto dureràl’agonia prima delle inevitabili elezioni. Sia-mo più interessati a constatare che il “pr i-ma” non tornerà più. Merito dell’uomo ne-ro. Se ne facciano una ragio-ne quei dirigenti del Pd in-teressati piuttosto a rende-re omaggio agli Schifani.Dovrebbero capirlo che ilminestrone dove galleggiatutto e il contrario di tutto,don Ciotti e Gherardo Co-lombo ma anche i Tremon-ti, i Calderoli e gli ex avvo-cati dei mafiosi, sta diven-tando davvero indigesto.Le cose cambiano. Se vienida destra o da sinistra contadi meno. La gente vuole sa-pere chi sei.

ADESSO PER FINI SI FA DURAPRONTA LA VENDETTA DEL CAIMANO

Dopo il discorso di Mirabello elezioni più vicineOffensiva per cacciare il presidente della Camera

Al resto penseranno i giornali di B. con il metodo Boffo

La Rai vuole il c o n t ro l l o preventivo sulle trasmissionipolitiche. Non si sgarra. È chiaro: si va a v o t a re p re s t o

NEL CILENTOxAngelo Vassallo, 57 anni, del Pd ucciso a Pollica

HA DETTO UN “NO” DI TROPPO9 PALLOTTOLE PER IL SINDACO

Giornalisti-estintori

di Marco Travaglio

La vera rivoluzione nell’informazione sarebbepubblicare le notizie dall’estero di fianco aquelle dall’Italia e lasciare ai cittadini ilconfronto. Sabato, a Dublino, Tony Blair è

stato sommerso di uova, scarpe e bottiglie di plasticamentre presentava il suo libro di memorie, la boiatapazzesca in cui si pente di aver abolito la caccia allavolpe ma non di aver sterminato centinaia di migliaiadi persone in Iraq e Afghanistan col suo degnocompare Bush. I contestatori gli urlavano slogan indolce stilnovo: “Blair ha mentito, milioni sonomor ti”, “Condannatelo per genocidio”, “C’è sanguesulle tue mani”, “Ehi, Tony, quanti bambini haiammazzato oggi?”. Lui non ha fatto una piega, aparte tentare di scansare gli oggetti che gli piovevanoaddosso. E nessun’autorità britannica si è sognata diurlare allo “squadr ismo” e al “fa s c i s m o ”. Ancheperché contestare i potenti è tipico delledemocrazie. Nelle stesse ore, a Torino, unacinquantina di ragazzi pericolosamente informati(sventolavano financo Il Fatto e L’e s p re s s o )contestavano Renato Schifani alla festa del Pd, algrido “Fuori la mafia dallo Stato”. Apriti cielo. Ilservizio d’ordine del Pd (pare che sia l’acronimo diPartito democratico) e la polizia li hanno strattonati emalmenati per allontanarli dalla festa, non si sa benein base a quale legge, visto che il duettoSchifani-Fassino si svolgeva sul suolo pubblico,dunque aperto a tutti. Intanto Fassino li insultava(“squadr isti”), Schifani li insultava (“esempi dia n t i d e m o c ra z i a ”) e il “m o d e ra t o re ”, un mezzobustodel Tg3, li insultava (“fa s c i s t i ”) e invitava gli attivistipiddini a fare giustizia. Bersani chiamava Schifani perfargli tante scuse e persino il capo dello Stato correvaal salvamento del suo vice col consueto monitocontro l’“indegna gazzarra”. Mobilitazione generalecontro le nuove Bierre, mancavano solo l’esercito, iCaschi blu e le amazzoni di Gheddafi. Il meglio peròl’han dato i giornali, ormai ridotti a servizio d’o rd i n edei politici: gli stessi giornali (tutti) che,impegnatissimi dietro la cucina Scavolini di Fini, nonhanno scritto una riga sulle rivelazioni dell’E s p re s s o edel Fa t t o a proposito dell’inchiesta della Procura diPalermo sulle accuse di mafia a Schifani e hannoaddirittura censurato il comunicato in cui Schifanichiedeva ai Pm di interrogarlo al più presto.Avrebbero dovuto spiegare ai loro lettori perchéSchifani era stato contestato, ma non potevano,altrimenti avrebbero prima dovuto raccontarel’inchiesta per mafia sul presidente del Senato e,ancor prima, ammettere di aver censurato unanotizia tanto enorme. Troppo complicato. Meglioparlar d’altro e spacciare la contestazione per untentativo di “non far parlare” il presidente del Senato(che peraltro parla ogni santo giorno a tg ed edicoleunificati, mentre chi lo contesta non ha mai voce).Infatti nell’editoriale di Pigi Battista sul Pompiere laparola mafia non compare mai. E nemmeno inquello gemello di Aldo Schiavone su Repubblica. Incompenso Battista scrive che si voleva “impedire ildiritto di espressione” e Schiavone che si puntava a“ridurre al silenzio l’avver sario”. Per Schiavone, lacontestazione “allarma chi ha a cuore lad e m o c ra z i a ”, perché è “violenza e intolleranza”,“male subdolo”, “protesta incivile”, “ir responsabileestremismo che ci fa paura perché può incubareclimi peggiori di cui purtroppo la nostra storia non èi m mu n e ”, insomma il terrorismo è di nuovo alleporte. Per Battista, chi fischia Schifani è nell’o rd i n e :“Po p u l i s t a ”, “a n t i d e m o c ra t i c o ”, “cupo”,“intimidator io”, “prevar icatore”, “p re p o t e n t e ”,“ar rogante”, “fa n a t i c o ”, “a n t i l i b e ra l e ”, sogna “ilbava glio” e viola “l’art. 21 della Costituzione”. Ma, siachiaro, “non in nostro nome”. Ecco: leviamoci dallatesta che i contestatori fossero lettori aizzati daBattista. Forse perché lui sta sempre con il potere enon ha mai contestato nessuno. O forse perché luinon ha lettori.

di Luca Telese

E mozioni inedite: le manidel leader che per la prima

volta tremano: Futuro e liber-tà, il giorno dopo. Futuro in-certo, ma molta libertà. Forse,la frase che rivela lo stato d’ani-mo di quel frammento di po-polo che si è autobattezzato aMirabello, è quella scappataieri al demiurgo del pensatoiofiniano, Filippo Rossi, in unfaccia a faccia serrato su La7con il vicedirettore de Il Gior-nale Nicola Porro. pag. 3 z

nviale mazzini

AnnozeroimbavagliatoTrappolone Masi

Tecce 7

C AT T I V E R I E“Basta leggi ad personam, masì al lodo Alfano”. E pensareche fin lì il discorso erainteressante ( w w w. s p i n o z a . i t )

Udi Michela Murgia

E VESPASI POSÒSULLE TETTE

S e siete donne o uomini nonha importanza, perché il

gioco di ruolo che vi propon-go si può fare comunque conprofitto. Provate a immagina-re di essere un giovane scrit-tore talentuoso e di aver scrit-to un bel libro. pag. 8 z

Udi Paolo Flores d’A rc a i s

I FISCHIDEM OCRATICID’EUR OPA

C he succede al presidente Na-politano? Che succede ai

massimi dirigenti politici delPaese (opposizione compresa)?Che succede a un giornalismoche dovrebbe essere libero? Sa-bato in Europa sono accadutidue episodi di contestazione: aDublino e a Torino. pag. 6 z

Il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo (FOTO ANSA)

Gianfranco Fini (FOTO ANSA)

di E. Fierro e V. Iurillo

A ngelo Vassallo, sindaco-scerif-fo dal 1994 per passione e am-

bizione politica, che vigilava co-me un mastino sulla sua terra, èstato ucciso. Un assassinio, un ag-guato, che sa troppo di camorra,raccontano in paese. pag. 9 z

y(7HC0D7*KSTKKQ( +"!z!;!"!_

Page 2: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 2

di Giampiero Calapà

P aolo Romani, vicemini-stro alle Comunicazioni,

presto promosso a titolaredel dicastero dello Sviluppoeconomico. Il cerchio sistringe attorno al suo nome,nonostante le perplessità, ilbraccio di ferro ingaggiatodal Quirinale sulla sua nomi-na, fino ad oggi avanzata alpresidente Napolitano soloin via informale. Motivodell’irritazione del Colle ilconflitto d’interessi di Roma-ni, impegnato in attività im-prenditoriali proprio nel set-tore della Comunicazione.

OGGI O VENERDÌ. Ieri si-lenzio, ma non è escluso chela proposta formale al Collearrivi già dopo il Consiglio

dei ministri in programma og-gi, anche se in serata i rumor ssvelavano un ulteriore tem-poreggiamento da parte diBerlusconi, che starebbepensando di aspettare vener-dì, l’ultimo secondo utile, pri-ma di muoversi.Ma che cosa è cambiato nelleultime settimane su Romani?Il Quirinale ha preteso che laposizione di Romani, proprioalla vigilia di nuove conces-sioni di frequenze nazionali(digitale terrestre e telefoni-ni), prima di un’eventuale no-mina, fosse chiarita. E Roma-ni avrebbe fatto quanto ri-chiesto, presentando all’A n t i-trust tutta la documentazionenecessaria, riguardante le suepartecipazioni in aziende chepotrebbero implicare l’i n-compatibilità. Particolare at-

tenzione è stata rivolta a quel-la nell’emittente Lombardia7Tv, ma sarebbe stata giudicataalla fine poco rilevante per-ché la società è in liquidazio-ne.Un conflitto d’interessi che,comunque, riguarderebbegià Romani, in quanto appun-to viceministro proprio condelega alle Comunicazioni. IlQuirinale, però, si sarebbenon avrebbe gradito perchémentre viceministri e sotto-segretari sono nominati daiministri, senza nessuna firmarichiesta al presidente, i mi-nistri vengono direttamentenominati dal Colle (dopo laproposta di Palazzo Chigi ov-viamente). Insomma, Roma-ni viceministro non è respon-sabilità di Napolitano, men-tre un Romani ministro lo sa-

rebbe. Quindi prima di pro-cedere, il presidente non havoluto sentir ragioni: dirada-re ogni nebbia e possibile fon-te di critica su una nominadelicata, tuttavia retta ad in-ter im da maggio, dalle dimis-sioni di Claudio Scajola, dallostesso Berlusconi, paradossodei paradossi, proprietario direti televisive interessate di-rettamente alle concessionidelle frequenze. Si parla di 25canali del digitale terrestre,con Mediaset già favorita na-turale, perché con una posi-zione di forza sul mercato.

IPOTESI FINIANO. Unbraccio di ferro quello con ilQuirinale che, in realtà, è an-che di natura politica. Perchécon la crisi in corso interna alcentrodestra, un nome “fi n i a-

no” poteva essere presentatoal Quirinale come ipotesi co-struttiva. Infatti, nei giorniscorsi è rimbalzata più voltel’idea dell’economista MarioBaldassarri, uno dei neofon-datori di Futuro e libertà. Do-po il discorso di Mirabello di

Fini, però, Berlusconi hastracciato ogni ipotesi di ri-conciliazione e sul tavolo delpresidente non arriverà il no-me di Baldassarri. Così, nelleultime ore, è ritornata forte lacandidatura di Paolo Romani,Napolitano permettendo.

“Il Giornale” e “Libero”

pronti all’offensiva

di settembre

H a insultato noi, urlava ieri L i b e ro.No, più noi, rispondeva a tono IlGiornale . Tant’è: ieri le due bocche

di fuoco di B. hanno “sparato” contro il discorsodi Fini a Mirabello. “Le infamie di Fini” il titolone diFeltri, “Il grande ipocrita” quello di Belpietro. Nelmezzo un processo bello e buono. E un’av v i s a g l i ache visti i trascorsi dell’estate – tra dossier e

scoop monegaschi – non è troppodifficile immaginare: sarà un settembretenero nei confronti del presidentedella Camera. Ieri il co-fondatore èstato bersagliato per ogni frasepronunciata domenica. “Ve n d e t t a ”anche sulla sua compagna, ElisabettaTulliani. Galante L i b e ro : “L’esordio di ET”.

METODO BOFFOSU MONTECITORIO

B: costringere il nemico a rompere, poi votodi Sara Nicoli

Costringere “Giuda” a tradi-re. Mettere “l’infido allea-to” nelle condizioni diprovocare l’insana bile

rottura in modo da poterlo ad-ditare in futuro come causa diogni male, principe dell’ingan -no e ragione unica del ricorsoanticipato alle urne. Per far ca-pire a un elettorato che potreb-be restare spiazzato, che se nonsi è riusciti ad andare in fondoalla legislatura, a fare le grandiriforme e a rendere il Paese piùvicino all’Europa, la colpa è so-lo sua: di Gianfranco Fini. Diquesto hanno parlato ieri sera acena Bossi e Berlusconi, duran-te quello che non è stato un in-contro del lunedì come tutti glialtri. Al centro del tavolo, dovec’era il gotha della Lega e del go-verno, due argomenti chiave:come andare avanti “finché reg-ge la maggioranza”, per dirlacon Fabrizio Cicchitto, e comerendere una vita d’inferno a Fi-ni, minando da dentro il Parla-mento la sua credibilità politicaper portarlo, se possibile, versole dimissioni. Su come attuare

una guerriglia parlamentare(che non si è mai vista primacontro la terza carica dello Sta-to) si è discusso a lungo, con-venendo che si dovrà organiz-zare qualcosa di simile a quantoavvenuto durante tutta l’estatesulle pagine dei giornali di fami-glia (che hanno annunciato ilproseguimento della campa-gna di discredito contro Fini).Stavolta, però, sarà fatta in chia-ve politica: insomma, un “me -todo Boffo”, per citare Strac-quadanio, che metterà in imba-razzo il leader di Futuro e liber-tà proprio nello svolgimentodelle sue funzioni di primo in-quilino di Montecitorio.

MA È LA PROSSIMA fa s epolitica a rendere inquieto Ber-lusconi. È “il cerino” che ormaisa di avere in mano, ma che nonha alcuna intenzione di trattene-re. “Però così non dura – ha so-stenuto con la consueta luciditàBossi –e se Berlusconi dava rettaa me si andava alle elezioni, Fini,Casini e la sinistra scompariva-no; per il Cavaliere la strada èmolto stretta, se tutti i giorni de-ve andare a chiedere i voti a Fini

e Casini per far passare una leg-ge allora non dura”. Dichiarazio-ni che fanno chiaramente com-prendere come, ormai, ci si stiaavviando verso una fase di co-struzione della campagna elet-torale. Anche la richiesta di fidu-cia sui cinque punti, a questopunto, viene considerata soloun passaggio obbligato più cheun reale momento di snodo peril proseguimento dell’azione digoverno. Ecco, allora, la strate-gia. Il Cavaliere chiederà la fidu-cia sul nuovo programma. “Fi n i– ha spiegato ieri sera Ignazio LaRussa entrando ad Arcore per il

vertice – ha lasciato il cerino inmano a Berlusconi, quindi rima-ne il nostro programma, vedre-mo chi in Parlamento ci darà lafiducia e chi no. Se non ce la da-ranno, andremo dal presidentedella Repubblica a chiedergli divo t a re ”. E, quindi, dando il se-gnale di ciò che attende Fini allariapertura della Camera: “Mi èmolto dispiaciuto – ha sottoli-neato La Russa, rispedendo almittente le parole di Fini controgli ex colonnelli lanciate da Mi-rabello – che il mio generale ab-bia cambiato bandiera dandol’impressione di poterla cambia-re ancora”.

RESTA DA VEDERE qualesarà il punto su cui i berlusconestenteranno di mettere all’ango -lo Fini costringendolo a “tradi -re ”. Perché, come ha detto il pre-mier ieri parlando sia con Maria-stella Gelmini che con NiccolòGhedini, “per andare a votareserve un incidente politico, unfa t t o ”. Nelle parole del Cavalierequalcuno ha tradito anchel’amarezza per il discorso di Mi-rabello “fatto di attacchi perso-nali, contro di me e contro la Le-

Dopo-Scajola, doppio schiaffo: “Sarà Romani”IL PREMIER HA DECISO: NONOSTANTE LE FORTI PERPLESSITÀ DEL QUIRINALE PER IL CONFLITTO D’INTERESSI

ga”. Però, ha ragionato ieri sem-pre Berlusconi, per trovare unincidente potrebbe anche esse-re la Lega ad entrare in campo,casomai calcando la mano sul te-ma del federalismo che per Finirappresenta un punto nevralgi-co su cui, tuttavia, occorre pon-derare ancora a lungo. Comun-que, per arrivare alle elezioniserve “un fatto”. E va trovato infretta. Un po’ perché il pressingdi Bossi è stato pesante sul fron-te delle urne; la Lega, oggi, è al12,13%, un record storico per ilCarroccio e Bossi non vuole inalcun modo dissipare nel tempoquesto tesoro elettorale andan-do per le lunghe. Più grama, in-vece, la situazione del Pdl, oggisotto il 30%, fatto – anche que-sto – storicamente importanteperché non accadeva da primadel 2001. Quello di cui hannopaura sia Bossi sia Berlusconi,comunque, è la possibilità che il

Quirinale spinga verso il gover-no tecnico nell’ipotesi delle ur-ne anticipate. Al Senatùr sareb-be rimasto particolarmente in-digesto il passaggio del discorsodi Fini dove veniva ipotizzata lapossibilità di un cambio dellalegge elettorale. Su questo, ierisera Bossi e Berlusconi avrebbe-ro stretto un patto di ferro: o fi-ducia o urne, ma niente governotecnico.Comunque, ormai, è caccia al“fa t t o ” che costringa “Giuda” atradire. E se non sarà il federa-lismo, o la cittadinanza o ancheil biotestamento, allora non re-sterà che puntare sulla giustizia.Tante carte sul tavolo che Berlu-sconi rimetterà oggi su quello diPalazzo Grazioli, dove è in pro-gramma un nuovo vertice che fa-rà il punto sul calendario sentitoBossi e le sue richieste. Il gridodi battaglia, comunque, pare de-ciso. In attesa del “fa t t o ”.

Vade retroCacciato con

metodi stalinisti

“L a mia espulsione è sta-ta un atto illiberale e

autoritario. Solo nelle paginedel peggior stalinismo si puòessere messi alla porta senzanessun contraddittorio”.

Affari e StatoBasta genuflessioni

come per Gheddafi

“S e non fossi stato espul-so avrei detto qualco-

sa sulla genuflessione a per-sonaggi che non hanno nullada insegnare sul rispetto didonne e dignità umana”.

Il partitoIl Pdl non esiste più

dal 29 luglio

“I l Pdl come lo avevamoconcepito è finito il 29

luglio. Non c’è più. Bisognaricostruirlo. Ora c’è il parti-to del Predellino, ma nonc’è il Partito della libertà”.

Feltri & co.Campagna come

una lapidazione

“L a campagna estiva dialcuni giornali del

centrodestra è stata il tenta-tivo di dar vita a un’autenti -ca lapidazione di tipo islami-co contro la mia famiglia”.

Vertice con Bossie i falchiA cacciadell’incidenteper la crisi:cittadinanzao giustizia

Venerdì lapromozione delv i c e m i n i s t ro :sul tavolola partita dellef re q u e n z etelevisive

le “acc u s e ” del co-fondatore

LA VENDETTA

Martedì 7 settembre 2010

lando la fatica di dover stare inuna maggioranza in cui o si fir-mava, o si correva il rischio di do-versi dimettere.

MISSINI & GAYLIB Se c’èuna cosa che stupisce, nella follasincretica che si è raccolta a Mi-rabello, è che anime incredibil-mente diverse tra di loro eranounite, prima di tutto, da questostato d’animo. Ex socialisti, exForza Italia, curiosi del Pd, exmissini che ti dicono: “Io non vo-tavo più da quando c’era il Pdl!”.Nella piazza di Mirabello stavanofianco a fianco gli ex militanti fa-scistissimi con il distintivo delPnf sul bavero, e o ragazzi con lebandiere del tricolore tondo: “Ig ay l i b ”, liberali di destra, capita-nati da un ragazzo dei Castelli,Daniele Priori: “Finalmente pos-siamo fare politica in un luogo incui c’è libertà di opinione, di

idee e di sentimenti per tutti”.Insomma, nei discorsi del gior-no dopo, non c’è la paura, mapiuttosto la curiosità dell’attesa.Cosa farà davvero Berlusconi? Ie-ri a parlare ancora più del discor-so di Fini erano gli striscioni in-neggianti a Saviano, e che con-dannavano Mangano. A parlare,più di tutto il testo, era questastrana epifania per cui nella follasi potevano trovare curiosi di si-nistra, militanti della Destra diStorace, e gente che non faceva

C ome il primo giorno di scuola fatto dipoco studio, anche la commissioneGiustizia della Camera domani

riprenderà i lavori in maniera soft. Per forza. Il gruppoFuturo e libertà ha scombinato i giochi degli uominidel Cavaliere su processo breve e intercettazioni. Orail premier ha bisogno in fretta di una nuova versionedel legittimo impedimento per evitare la decisione in

merito della Consulta, prevista il 14 dicembre, emantenere così nel freezer i suoi processi. Ma primadi percorrere questa strada il Pdl deve sostituire i“seguaci” di Fini dentro al gruppo. Sono 5 su 19 efanno sì che il partito di Berlusconi abbia un membroin meno del Pd. Quindi ci sarà un impasse dellaCommissione fino a quando, come da regolamentoparlamentare sul partito di maggioranza, non saranno

sostituiti due dei componenti del Fli con deputatipidiellini. Resta invece alla presidenza, ma ancora perpoco, Giulia Bongiorno, finiana di ferro. Comeaccadde a metà legislatura, si ridiscutono i presidentidi commissione e la prima a saltare sarà proprio lei.Grosso ostacolo in questi mesi per il via libera al ddl“ammazza processi” e legge bavaglio.

A. Masc.

Tessere a domicilio

Con Silvioa sua insaputa

Tessere di partito inviate a caso? Il Popolo della libertà ètalmente libero da tesserare cittadini a proprio piacimento? Èsuccesso a Venezia, dove Agnese Boldrin, 67 anni, pensionata,ha ricevuto a casa la tessera del Pdl senza averla mai richiesta.Riceviamo e pubblichiamo la lettera della figlia Oriana.

C aro Direttore, mercoledì mattina abbiamo aperto lanostra cassetta delle lettere e dentro vi abbiamo tro-

vato una busta così intestata: “Mittente via dell’Umiltà,36 - 00187 Roma”. Dentro vi era un foglio indirizzato amia mamma: “Agnese Boldrin, via Alto Adige numero 89- 30010 Campologno Maggiore (Ve)”, con questi codiciscritti sotto: “00048660000028 0000012”, seguiti dalsimbolo del Popolo della libertà e dal ringraziamento:“Grazie per la tua fiducia”. Ma soprattutto c’era la tessera2009/2010 del Pdl, intestata a Agnese Boldrin, “a d e re n t e7193 6”, con un coupon sotto da ritagliare per confer-mare “la volontà di aderire a il Popolo della libertà”. Eancora la spiegazione: “Controlla se i dati qui di seguitoriportati sono esatti. Diversamente contatta subito Il Po-polo della libertà, settore adesioni”. E sotto ancora tutti idati anagrafici, con data di nascita indirizzo e via dicen-do. A questo punto sono andata sul sito www.pdl.it e hostampato gli articoli 2, 3 e 4 dello statuto del partito cheriguardano le adesioni, notando con stupore che all’ar-ticolo 3 si dice che “la richiesta di adesione va integral-mente compilata e sottoscritta e comporta il versamentodella quota annuale stabilita per l’adesione”. So per certoche mia mamma Agnese, 67 anni, pensionata, che erastupita alla vista della tessera, non ha mai firmato nulla etantomeno effettuato alcun versamento. Tra l’altro per icongressi comunali e provinciali si deve esibire il bol-lettino del versamento, chi ha quello di mia mamma? Chiha pagato per lei? Chi ha fatto la sua firma nel modulo diadesione? Ho parlato con i miei legali di fiducia e siamoorientati a fare un esposto alla Procura della Repubblica.Poi, ancora stupore all’articolo 4: “Sono associati al Po-polo della libertà le cittadine ed i cittadini italiani, anchegià aderenti, che ne facciano esplicita richiesta nei modie nelle forme stabilite da apposito regolamento e cheversino la quota associativa fissata annualmente. Dov’èl’esplicita richiesta di mia mamma? Chi paga queste tes-sere fantasma? Sono fatte ad arte tanto per dire che han-no i numeri? Al comma 2 si legge ancora “L’associazioneè libera, volontaria e di durata annuale”, quanto libera evolontaria è se qualcuno fa firme false e paga il relativobollettino all’insaputa del soggetto iscritto?

Oriana Boldrin

Fini e fiamme: “Senza di noisono sotto al centrosinistra”

IL DAY AFTER DI MIRABELLO E I MESSAGGIAL CAIMANO: “ORA POSSIAMO DIRE TUTTO”

La frontiera della

Commissione Giustizia:

i numeri non ci sono

LA VENDETTA

Salta la tacitaobbedienzaI fedelissimi:“Ecco come cihanno ingannatocon la salva-Mondadori”

M eteo speciale, ministeriale anzi, sal-va-premier, firmato Giorgia Melo-

ni. Il presidente del Consiglio Silvio Berlu-sconi doveva aprire domani la festa di “Atr e-ju” alle 18, ma “per quel giorno - ha spiegatoil ministro della Gioventù Giorgia Meloni,“mente politica” di Atreju - è previsto uno deipeggiori nubifragi degli ultimi anni: così èstato concordato con il presidente di rinvia-re l’incontr o” a domenica 12, chiusura dellamanifestazione. Insomma, Berlusconi al si-

curo dal rischio nubifragio, ma non De-nis Verdini, Fabrizio Cicchitto e AlteroMatteoli. La loro partecipazione non èstata rinviata, evidentemente i giovanivirgulti di destra, alla corte di Giorgia,hanno ritenuto che il premier fosse piùcagionevole di salute oppure che nessunaltro a parte B. meritasse di esser rispar-miato dalla pioggia a catinelle.

ATREJU, PREVISTO NUBIFRAGIO

Ombrello ad premiergli altri si bagnino...

di Luca Telese

Emozioni inedite: le manidel leader che per la primavolta tremano: Futuro e li-bertà, il giorno dopo. Fu-

turo incerto, ma molta libertà.Forse, la frase che rivela lo statod’animo di quel frammento dipopolo che si è autobattezzato aMirabello, è quella scappata ierial demiurgo del pensatoio finia-no, Filippo Rossi, in un faccia afaccia serrato su La7 con il vice-direttore de Il Giornale NicolaPorro. Che lo incalzava: “Filip -po, il problema è che non puoidire tutta la verità...”. E Rossi:“No, guarda. Dopo Mirabelloposso dire tutto! Tutto...”.

DOPO CRISTO Dopo Mira-bello. “Dopo”, ad intendere undiscrimine epocale, come un an-te e dopo Cristo. Non si capiscequello che accade dentro Futuroe libertà – una lunga giornata diattesa, nel gioco di specchi con ilvertice di Arcore – senza questodiscrimine. Silvio Berlusconi, ie-ri ha lanciato segnali: i retrosce-na fatti filtrare ad arte sui quoti-diani raffigurano un Cavaliereche dopo uno scatto d’ira spe-gne il televisore furibondo. Poile telefonate irate ai suoi, le in-terviste di Sandro Bondi, i comu-nicati di Daniele Capezzone. Mala partita è lunga: sul tavolo pe-sano i sondaggi che in queste oredanno per la prima volta l’asseLega-Pdl un punto sotto il cen-trosinistra. Senza i finiani (accre-ditati da tutti gli istituti fra il 6 e il7%) la maggioranza non c’è più.Ed è per questo che, mentre sututto dovrebbe prevalere l’incer -tezza dettata dallo strappo, ieri ilsentimento prevalente era piut-tosto un vago sentore di euforia.

Aneddoto illuminante. A tavola,allo stand del ristorante di Mira-bello, nella notte, circondato daun capannello di militanti, il se-natore padovano Maurizio Saiaracconta l’incredibile vicendadell’emendamento salva-Mon-dadori: “Eravamo in Commissio-ne Finanze, arriva Azzollini, e mimette sotto il naso un testo in-comprensibile: ‘Fir ma!’. E io:‘Ma firma cosa? Non capisco diche si parla...’ E lui: ‘Firma, fir-ma!’”. Saia racconta che legge,che sente puzza di bruciato enon firma. Si trattava del famosoemendamento fiscale a favoredella Mondadori: “Capito? Stia-mo tagliando tutto e mi volevanofar firmare un provvedimentoche faceva perdere soldi all’Era -rio. Gli ho detto: ‘Siete pazzi!’”. Ilracconto prosegue e l’uditor iocresce intorno al tavolo: “Ar riva-rono Gasparri e Quagliariello eincazzati neri mi dicono: ‘O firmisubito, o ti dimetti da relatoredella legge! Fini è d’accordo... Sevuoi fare la politica devi averepelo sullo stomaco!”. Il raccontodi Saia si chiude con un colpo discena: “’Bè, non mi sono piega-to. Dico: ‘Sono pronto a dimet-termi anche subito, ma prima vo-glio parlare con Fini’. Riuscii atrovarlo al telefonino. Gli parlai.Non solo Berlusconi non gli ave-va spiegato nulla! Ma mi raccon-tò che era ancora più arrabbiato -aggiunge Saia - perché da lui eraandato Ghedini, che gli aveva mi-schiato le carte in tavola senzadirgli cosa c’era in quella nor-m a . . .”. E così si entra nel Dopo Mi-ra b e l l o .... “Dopo” nel senso chedopo la catarsi di Fini, queste sto-rie, un tempo mandate giù comebocconi amari in nome della fe-deltà di partito, ora si possonoraccontare liberamente. Rive-

politica da anni. Spiega LucianoLanna, condirettore de Il Secolo:“Lo so, qualcuno si stupirà, ma inrealtà, contrariamente a quantopensava qualche colonnello, lascelta di orgoglio di Fini viene vi-sta con grande simpatia da elet-tori di destra, molti che in questianni ci avevano voltato le spal-le”. Insomma, tutti a pensare co-sa farà Berlusconi, e invece il po-polo di Mirabello riesce a cata-lizzare gli ex Cuori neri, e le nuo-ve generazioni dei militanti chesi sono aggregate sulle politichedei diritti civili. Prendete un per-sonaggio incredibile come Vitto-rio di Battista, 67 anni, animato-re del blog (ferocemente anti-berlusconiano) Il paese delle balle:“Ero in prima fila ad applaudireFini, da fascista, perché finché sista legati a quella carogna di Ber-lusconi, è impossibile difendereil valore dell’onestà”. E chi voles-se avere un saggio, sul blog, tro-verà freddure come questa: “Ilgiorno di ferragosto trascorso daDell’Utri e Cosentino in carcere.Uno solo?”. Dopo Mirabello, do-po 14 anni di convivenza diffici-le, è come un tabù che cade, co-me una diga che si rompe, un ri-torno alle origini quando la Fiam-ma picconava e inneggiava a Ma-ni pulite. È una forza neonata eancora debole, però i finiani oraintercettano mille rivoli. Fra glistand di Mirabello c’era persinoSergio Mariani detto “Folgor i-no”, il primo marito di DanielaFini, uno in passato durissimocon l’ex leader di An. C’era Im-peri, uomo chiave nell’or ganiz-zazione di via della Scrofa. Ec’era l’imprenditore Vittorio Lo-di padre della festa di Mirabello,uno che negli anni Settanta se-guiva Almirante nei comizi di tut-to il Nord Italia. Parlando, dome-nica, è scoppiato a piangere: “Cisono state tante cattiverie, ma ionon avrei mai potuto tradire Fini,mai. Siamo gente che ama la po-litica e non ha padroni”. È fatico-sa l’attesa. Ma è stupefacente laliber tà.

Nuove inquadratureBerlusconi e Fini, scontro ravvicinato

(ILLUSTRAZIONE DA FOTO EMBLEMA)

Page 3: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 4 Martedì 7 settembre 2010

FurioColomboParafraserò lagloriosa canzoneoperaia per dire:se la descrizione

fatta da Fini del berlusconismo visembra poco, provate voi a direquale voce autorevole del Pd, hadetto di più, o almeno qualcosadi equivalente in 15 anni. Fini hafatto un regalo ai pochisostenitori dell’opposizionesenza tregua, riconoscendo cheogni cedimento verso l'immensadisonestà di Berlusconi non hafatto che allargare lo spazio diarbitrio del padrone e le pretesedei suoi soci Bossi e Maroniaddetti al lavoro sporco. Moltipassaggi del discorso di Finicertificano che l'opposizionesenza tregua non era matta, eral'unica. Ha detto tutto, Fini? No.Ha rotto tutto? No. Così come,con intelligenza politica, non si èdimesso, ha solo usato il suodiritto di parola e li ha lasciaticadere nell'errore di espellerlocome traditore, allo stesso modonon fa la guerra. E la vecchiaguardia del capo a spintonarlo.Tenteranno, anche conmanifestazioni violente, dicacciarlo dalla presidenza. Ciriusciranno. E l'errore saràancora più clamoroso. Perquesto Bossi e Maronivorrebbero cancellare il bruttosogno con le elezioni subito.Comunque con un solodiscorso, apparentementemoderato, Fini ha rovesciato iltavolo. Aspettare la risposta diBerlusconi per credere.

MaurizioV i ro l iForse ho criteridi giudiziotroppo severi,ma a mio parere

il discorso di Fini a Mirabello èun ottimo esempio dellinguaggio di un leaderpolitico minore che non saprodurre una posizionecoerente e non sa ricavaredalle sue analisi le giusteconseguenze. Come si fa adichiarare, che “i processi sidevono svolgere” e poco oltreche “nessuno è contrario allodo Alfano o al legittimoimpedimento” e “al processobre ve”? Che altro sono se nondei mostri giuridici e politiciche hanno quale unico finetutelare non il presidente delConsiglio da accuse legate allasua funzione, ma proteggereBerlusconi dall’accusa di reatiche nulla hanno a che vederecon il suo ruolo di presidentedel Consiglio? E se dichiariche Berlusconi ha l’attitudine“a confondere la leadershipcon l’atteggiamento di unproprietario di azienda”, einsorgi in nome del principioche gli italiani non sono unpopolo di sudditi, con qualeserietà affermi poi che iparlamentari di Flisosterranno “da donne euomini liberi” il programmache B. presenterà? Le elezionisono ora, forse, più lontane.Ma lo è anche la fine delsistema di corte e del poteredel signore.

O l i v i e roBehaFini, come tuttie da un pezzoormai, equiparala politica al

poker. O vinci o perdi, dallecarte che hai e/o che tivengono e dalla scelta distrategia. Gli spettatori sonocomunque fottuti da quellache scambiano per politica,ed è un “g ioco”. Cosìdiventa leggibile il discorsodell’ex fascista, ora liberaledi destra e democraticoanti-regime. È un giro dicarte. Ed è in vantaggio lui,apparentemente, perchécome nella guerraanglo-boera qui muore chirimane con il cerino acceso,visibile nella notte daicecchini, l’ultimo adaccendere, solitamente ilpiù giovane (nel caso,eroticamente Berlusconi).Non valuto quindi lafenomenologia di unpolitico, ma di un pokerstar.E tralascio il cinismo o la“d i s t ra z i o n e ” con cui hadefinito una “lapidazionealla musulmana” l’attaccoper la casa di Montecarlomentre il titolo successivodei tg era su Sakineh e la suavita. Il futuro? Nel marasmadel tavolo da poker, giacchéil Caimano comunqueeccelle nell’ar ma“e l e t t o ra l e ” mentre sbuffanell’agonia di routine, nelCasinò Italia più probabile ilvoto anticipato.

LuciaA n nu n z i a t aIl discorso diMirabello non hacambiato lasituazione

dentro il Pdl. Ma è stata unaottima prova della saldezza dinervi del politico Fini: il chenon è poco per uno che studiada premier, in un Paese comel’Italia in cui la classe politicaha una crisi di nervi ogni voltache qualcuno per strada gli faun fischio. La sua immensacocciutaggine gli ha evitato ladoppia tentazione – la Scilla diun attacco di nervi (che loavrebbe fatto apparireinsicuro e logorato), e laCariddi della rodomondatapolitica (in Italia nessunosente il bisogno di unennesimo partitino). Non èvittoria da poco per un uomomesso sotto pressione perun’intera estate da unostillicidio di piccole infamie.In questo senso, il vero colpodi grazia ai nemici è statoportarsi Elisabetta Tulliani.Mossa da grande leader, chenon molla nelle fauci dei suoiavversari nessuno, ancormeno la madre dei suoi figli,tanto più se questa fossedavvero colpevole di ogniaccusa rivoltale.Il problema rimane dunque incasa Bossi-Berlusconi.L’agitazione con cui i duestanno consultando ilcalendario per la migliore datapossibile per le elezioni, ne èla prova provata.

GianfrancoPa s q u i n oIl discorsoBr illantediscorso di unpolitico di

professione che ha toccatotemi di grande importanza: lademocrazia nei partiti; ildiritto al dissenso;l’autonomia delle istituzioni;il senso civico el’adempimento del dovere;governare non comeesercizio del comando, macome capacità di trovare lasoluzione migliore attraversola persuasione; il federalismoper un Paese più equilibrato;la necessità di “un partitoliberale di massa”,comunque, il suo impegnopersonale per costruirlo.Auguri al predicatore (lo dicocon apprezzamento) che, seriesce a costruire una destradecente, “nor male”, europea,cambierà la politica italiana.Il futuro del governo Nienteribaltoni. Consentirebbero aBossi e al Cav. di apparirevittime. Il processo brevesembra meritoriamente finitonella stessa carta stracciadove già si trova il ddl sulleintercettazioni. Ottima l’ideadel governo à la cartedelineato da Fini. Di ogniprovvedimento, inparticolare quelli che nonerano nel menuprogrammatico, si discutonoi dettagli. Forse anchel’opposizione avrà qualcosada dire e proporre.

MassimoFiniFi n a l m e n t e ,dopo tanti blabla bla diesponenti

della destra e della sinistra,un discorso politico.Preciso, chiaro, in cui, tral’altro Gianfranco Fini hadefinito Silvio Berlusconiper quello che è: unenergumeno, uno“stalinista” degno difigurare in quel ‘libro nerodel comunismo’ ch eBerlusconi sbandieras e m p re .Un discorso che la sinistraavrebbe dovuto fare daanni e che invece, conquesta limpidezza, non hamai fatto.Penso che Fini dovràlasciare la presidenza dellaCamera e che si andrà alleelezioni. Se credessi nellad e m o c ra z i arappresentativa e fossi disinistra lo voterei ocercherei di allearmici,come ha suggerito lapresidente Pd Rosy Bindi,perché l’uomo hadimostrato di avererispetto delle leggi, dellamagistratura e delladignità nazionale.Tutto il contrario diBerlusconi.E cercherei di inserire uncuneo fra Pdl e Lega,garantendo a UmbertoBossi, politico pragmatico,il federalismo fiscale.

I quattro mesi di fuoco

del presidente

della Camera

I “distinguo” vanno avanti da mesi: sono tuttele dichiarazioni – da quelle sulle coppie difatto alla cittadinanza agli immigrati, dalla

procreazione assistita alle norme ad personam –rilasciate dal presidente della Camera Fini che hannodato fastidio al resto della maggioranza. Ma lo scontrovero e proprio si consuma il 22 aprile scorso, durante laDirezione nazionale del Pdl. Fini va al microfono e

spara a zero contro Berlusconi: dallo strapotere dellaLega al garantismo confuso con l’impunità. Quandoarriva il suo turno, il premier lo minaccia: “Unpresidente della Camera non deve fare il politico, sevuoi farlo lascia quella poltrona”. Fini si alza e dice:“Che fai mi cacci?”. L’espulsione arriva il 29 luglio:l’Ufficio di presidenza del Pdl leva la fiducia a Fini edeferisce ai probiviri i tre finiani di più stretta

osservanza, Granata, Briguglio e Bocchino. Nasce ilnuovo gruppo parlamentare, Futuro e libertà perl’Italia. Per tutto agosto Il Giornale, quotidiano dellafamiglia Berlusconi, porta avanti la campagna sulla casadi Montecarlo – un’eredità di An ora occupata dalcognato di Fini – e organizza la raccolta firme perchiedere le dimissioni del presidente della Camera. AMirabello Fini ha ribadito che non se ne andrà.

M I R A B E L L O,POSSIAMO

CHIAMARLA SVOLTA?Dopo il discorso di Fini, opinioni

a confronto e previsioni sul futuro

IL PDL NON C’È PIÙ

D I R E T TO R I S S I M O

MINZOLINI IMBAVAGLIA I FINIANI. E RISCHIA DI FARCI SPENDERE 200 MILA EUROdi Carlo Tecce

R ivoluzione al Tg1. AugustoMinzolini ha cestinato panini

e pastoni, avanti con la politica atenaglia. Per commentare Gian-franco Fini a Mirabello, smontarepezzo per pezzo un discorso ar-ticolato e trasmesso a singhioz-zo, il caporedattore FrancescoGiorgino ha intervistato FabrizioCicchitto in studio e Maurizio Ga-

sparri in collegamento. Due a mi-crofono aperto contro uno as-sente. Infuriato il ministro An-drea Ronchi: “La faziosità di Min-zolini non è più tollerabile”. Lareplica di Daniele Capezzone èarrivata puntale.

SI MUOVE L’AG C O M . Il por-tavoce ha anticipato di poche orela lettera di due commissari del-l'Autorità di garanzia – l'Agcom –

che chiedono al segretario gene-rale di visionare la registrazionedel telegiornale: “Dobbiamo capi-re se il Tg1, secondo quanto pre-visto dal contratto di servizio conla Rai, ha rispettato i principi dellacorretta informazione, di equili-brio e di pluralismo”. Nel caso:pronta l'istruttoria, probabile lamulta sino a 200 mila euro. Unamulta che pagherà la Rai per col-pa di Minzolini. Eppure Fini habrillato per preveggenza: “G u a r-date i telegiornali. Salvo nobili ec-cezioni sembrano fotocopie deifogli d'ordine del Pdl”. E Minzo-lini non l'ha smentito. Per ripe-tere dal vivo un editoriale già lettoa gennaio, il “direttor issimo” saràtra i giovani di Atreju e il ministroGiorgia Meloni per ricordare Bet-tino Craxi con la figlia Stefania,Renato Brunetta, Gaetano Qua-gliariello, Fabio Rampelli. Giusto

per accompagnarsi a gente non diparte, giusto per non far intuireper chi fa il tifo.

FEDE TRISTE. Chi cercava no-tizie su Fini (forse) ha evitato dibloccare il telecomando su Rete4, anche se per un diabolico pa-linsesto, il Tg di Emilio Fede lan-ciava la sigla durante l'interventodel presidente della Camera. Vo-ce bassissima, testa inclinata e to-no funerario: “Non c'è una folla...E dove vuole arrivare?”, dice Fedetra una pillola di Fini e un'altrasmorfia di dolore. Senza pausa esenza pubblicità, a pochi giornidal debutto in video, Enrico Men-tana ha proposto il primo specialeTg La7 con la diretta di Mirabelloe due opinionisti (Marco Trava-glio e Vittorio Feltri) a decifrare imessaggi di Fini. La maratona te-levisiva ha guadagnato spettatori

a ogni curva e tagliato il traguardodell'edizione serale (ore 20) con il10,21 per cento di share che cor-risponde a 1,9 milioni di persone.Mentana ha raddoppiato la mediadel 3,3 di share, stabile per duemesi e ora ben oltre il sette (7,66per l'esattezza).Nello stesso periodo calano il Tg1(meno 1,05), il Tg4 (-0,33) e Stu-dio Aperto (-1,85). Mentana frenasui numeri: “Non sto rubandoascolti a nessuno. Piuttosto, sic-come gli ascolti dei telegiornali inassoluto sono in diminuzione, iocredo di aver riportato davanti al-la tv spettatori che si erano disaf-fezionati ed erano usciti dal cir-cuito”.Punzecchiato per un sondaggio,Minzolini ha criticato Mentana:“Il suo è un buon prodotto. Mapiù che un telegiornale a me sem-bra un talk-show”.

Alla Rai, l’Agcomapre un’istruttoriaper mancato pluralismoSu La7, la maratona diMentana fa il 10% di share

Il presidente della Camera Gianfranco Fini. In basso, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini (FOTO ANSA)

Page 4: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 5

Nomi e alleanze

La battaglia d’estate

del centrosinistra

M entre nel centrodestra siconsumava la guerra tra ico-fondatori, l'estate del

centrosinistra si ricorderà soprattutto per labattaglia dei nomi. Tutti a dire la loro su comebisognerebbe affrontare la sfida elettorale sul pianodelle alleanze. E su come chiamarle. Se Veltronisostiene che “le uniche alleanze credibili, prima e

dopo le elezioni, sono quelle fondate sulla realeconvergenza programmatica e politica”. Nienteammucchiate tenute insieme solodall'antiberlusconismo, avverte. Non ha scrittolettere, ma si è fatto sentire alla Festa democraticanazionale in corso a Torino, Massimo D'Alema:“Fini? Un interlocutore”, ha detto, e assieme a lui, lapensano così i centristi dell'Udc e dell'Api. Casini e

Rutelli per tutta l'estate hanno espresso il lorodesiderio più grande: la nascita di un Terzo Polo chemetta la parola fine al bipolarismo “f a l l i m e n t a re ”.Pensa a un Nuovo Ulivo, invece, il segretario Pd PierLuigi Bersani: un’alleanza tra Pd, Sinistra e libertà eItalia dei Valori, che ha già fatto storcere il naso agliex Margherita, convinti che sarebbe una soluzionetroppo sbilanciata a sinistra.

VECCHIA OPPOSIZIONE

IL PD? È ACCERCHIATOI militanti e il discorso di Fini, tra timori

e orgoglio. L’invito a Schifani? “Un azzardo”

Fini in campoIl discorso del presidente della Camera alla festa

di Futuro e Libertà a Mirabello (FOTO ANSA)

Inviti pericolosiUn momento dell’incontro tra Fini e Schifani alla festa del Pd.

Il Presidente del Senato è stato contestato duramente con fischi (FOTO ANSA)

Leader in cercaPier Luigi Bersani, segretario democratico, alle prese

con un partito in crisi di identità (FOTO ANSA)

di Stefano CaselliTor ino

Igiorno dopo Mirabello, la

festa Nazionale del Pd a To-rino riprende il suo postonella scena politica italiana:

al centro. E non solo perchél’ospite d’onore della giornata èil leader dell’Udc Pier Ferdinan-do Casini, ma anche perchéquella centrale è la posizionemigliore per difendersi da insi-die che sembrano arrivare datutte le parti: Vendola, Di Pie-tro, i giornali e adesso, addirit-tura, Fini. Se la sindromedell’accerchiamento avesse unprofumo, qui potrebbe compe-tere con quello della carne allabrace. E meno male che la festaè ancora deserta quando si as-siste alla seguente scena: un tu-rista spagnolo, con tanto dimacchinetta digitale, fermauna coppia di torinesi a passeg-gio tra gli stand. Si scusa per ilsuo italiano zoppicante e poi

chiede: “Scusate, questa è unafesta di partito?”. “Sì”, è la rispo-sta. “Ah, bene – ribatte il turista– ma è un partito di destra o dis i n i s t ra ? ”. I ragazzi scoppiano aridere e rispondono: “Non didestra, diciamo…”.

E C C O, quando il Pd capirà co-sa vuole fare da grande, forse ituristi capiranno dove si trova-no. Intanto, per fortuna, alcunipunti fermi del passato non tra-montano. Se qualcuno pensache la svolta di Fini toglierà votial maggior partito di opposizio-ne, non troverà sponda girandotra gli stand della Festa di Torino:“Fini è un uomo di destra – di -chiara il barista del “bar del la-vo ro ” – ed è lontano anni lucedalla nostra storia. Se toglieràvoti, li toglierà a Di Pietro”. “ConFini però – è l’opinione di un al-tro volontario – si può fare un di-scorso di riforme. Con Berlusco-ni no, quello pensa solo agli af-fari suoi…”. Ma allora perché di

conflitto d’interessi sembra par-lare solo più il presidente dellaCamera? “Mah – rispondono incoro – non sappiamo. Certo èche con questa crisi del centro-destra, altro che vocazione mag-gioritaria! Dovremmo affondarenel burro. E invece…”. E inve-ce? “Abbiamo paura, e chissàp e rch é …”. Tiene intanto anco-ra banco la contestazione a Schi-fani. A parole tutti condannano ifischi. Però poi alla fine ammet-tono: “Forse non era il caso dii nv i t a r l o ”. Ribatte un militante:“Quella di Fini è solo tattica enon sorprende nessuno. Cosa ciaspettavamo, che calasse le bra-ghe proprio di fronte ai suoi?”

TRA GLI STAND spuntaEnrico Letta. A chi gli chiede co-sa ne pensi del discorso di Mi-rabello, il vicepresidente del Pdanticipa quello che di lì a pocodirà nel dibattito con Casini:“Era il 5 settembre, ma per il cen-trodestra è stato come l’8 set-

tembre. Le reazioni a caldo diBerlusconi e Bossi sono più cheeloquenti e credo che il presi-dente del Consiglio si dovrebbedimettere, anche se le parole diFini sulla legge elettorale credoche allontanino elezioni antici-pate”. E il Pd cosa farà? “Noi ab-biamo un appuntamento fonda-mentale l’8 e il 9 ottobre – r i-sponde Letta – l’assemblea na-zionale del partito, dove milleeletti discuteranno i documentifondamentali su fisco, welfare esu tutte le emergenze di questoPaese. Dimostreremo agli italia-ni che, in tempi di derive plebi-scitarie, un partito ha ancorasenso”. Chissà perché viene inmente una celebre scena di “Ca -ro diario”, quella in cui NanniMoretti si ferma a un semaforo e– rivolto a uno sconosciuto –confida che lui “anche in una so-cietà più decente di questa” sitroverà “sempre d’accordo conuna minoranza di persone”. “Au -gur i” è la risposta dell’automo -

bilista.

POCO PRIMA delle 17 il vi-cepresidente si muove versopiazza Castello, dove lo aspettaCasini. Letta da un’occhiata alBlackberry e legge ai colleghi dipartito che lo accompagnanoun’ultim’ora: “Vendola, le pri-marie sono un diritto intoccabi-le”. “Questa è bella – esclama undirigente locale –noi le abbiamo

inventate e quello le reclama”.“Democratici sì – replica un al-tro – fessi no!”. Sarà interessantevedere oggi se il popolo demo-cratico è allergico a Nichi Ven-dola (atteso questa sera alle 21insieme a Rosy Bindi) tantoquanto lo sono i suoi vertici. Chisi sopporta a malapena – alme -no qui alla Festa – è sicuramenteDi Pietro. Casini lo attacca: “DiPietro mi preoccupa –dichiara illeader Udc – lui è il vero ostacoloall’alter nativa”. Letta gli da cor-da: “Le nostre alleanze – procla -ma – dipenderanno anchedall’atteggiamento che si assu-me verso l’atto osceno contro ilpresidente Schifani (la contesta-zione di sabato scorso, ndr). Se ilgiorno dopo leggo sui giornaliDi Pietro dire che ‘hanno fattobene’, allora sappia che siamoincompatibili”. Timidi applausie un signore (uno solo) che sbot-ta e lascia polemicamente la pla-tea. Se ci fosse stata una portal’avrebbe sbattuta.

Un turistadi passaggioalla Festa diTorino: “Maquesto è unpartito di destrao di sinistra?”

di Loris MazzettiI fischi?Chi la fa l’aspetti

È incredibile non riesco mai una volta ad essere d’a c c o rd ocon quello che scrive Pierluigi Battista sul Corriere della

Sera. Conosciuto soprattutto per il Batti&Ribatti, la tra-smissione su Rai1 (che prese il posto de Il Fatto di EnzoBiagi), famosa per i monologhi di Berlusconi e per esserestata l’inizio della fine dell’approfondimento dopo il tg. Ilgiornalista, a proposito dei recenti fischi al presidente delSenato Schifani alla Festa del Pd di Torino, ha scritto: “Disinistra o di destra, il professionista del fischio e dello schia-mazzo è convinto di stare dalla parte del Bene contro ilnemico da zittire, simbolo del Male. È un populista all’en-nesima potenza”. Credo che il cittadino, di un paese de-mocratico, abbia tutto il diritto di dissentire, fischiare, farsentire la propria voce e di non gradire la presenza delpresidente del Senato alla Festa democratica. Lo dico contutto il rispetto che ho nei confronti del capo dello Stato,che ha definito la contestazione: una intimidazione. Unuovo e un paio di pomodori, come li avrebbe definiti: unattentato? “Chi la fa l’aspetti”, dice un detto popolare.Quando Schifani era capogruppo al Senato, contestò eingiuriò i colleghi a vita, Levi Montalcini e Scalfaro, per

aver votato la fiducia al governo Prodi. Le sue accusea Rita Borsellino e a Maria Falcone, ree di aver stru-

mentalizzato la memoria dei fratelli, per aver scelto dischierarsi con il centro-sinistra, Battista le ha dimenticate?D ov ’era, l’illustre editorialista, quando Schifani si è schie-rato contro Gianfranco Fini, reo anche lui di contestareBerlusconi, per aver detto semplicemente quello che pen-sa: l’esperienza politica del Pdl è un fallimento, non è ilPartito delle libertà ma del predellino? Schifani, che non haancora capito che “l’abito non fa il monaco”, non ha par-tecipato, per evitare contestazioni, alla commemorazionedella strage di via D’Amelio, preferendo deporre una co-rona in una situazione protetta, contrariamente al collegaFini che invece è intervenuto prendendosi prima i fischi epoi gli applausi. Per difendere il presidente del Senato (chel’ex ministro della giustizia Mancuso definì: “Principe delrecupero crediti”, riferendosi all’avvocato, non al politi-co), Battista, in nome dell’Articolo 21 della Costituzione,ha chiesto ai contestatori di lasciar perdere “il sacro dirittoal dissenso”. Non ricordo suoi articoli a sostegno del col-lega Enzo Biagi dopo l’accusa di “uso criminoso della tv”,né citazioni dell’Articolo 21 contro la richiesta di “silen-zio”. “Libero fischio in libero stato” disse Sandro Pertini.Com’è cambiato il Corriere dai tempi di Biagi e Mon-tanelli.

ALLEANZE ste .cas.

CASINI: O IO O L’IDVP rima un doveroso minuto di silenzio in onore di

Angelo Vassallo, sindaco Pd di Pollica uccisodalla camorra. Poi, il dibattito: lo strappo diGianfranco Fini, l’estate rovente degli attacchi deigiornali di famiglia, la prospettiva di una crisi digoverno e i possibili scenari delle alleanze. EnricoLetta, vicepresidente del Pd e Pier FerdinandoCasini, leader Udc, sono d’accordo nel leggere leparole ‘crisi di governo’ tra le righe del discorso diMirabello. Ma non è detto che si torni subito avotare. Nel dubbio, però, meglio pensarci: “Se si votadomani mattina – dichiara Casini – noi andremo dasoli”, sempre che il Pd “non mi spieghi che la formuladelle Marche (alleanza Pd-Udc) è un investimentosul futuro e non un incidente di percorso”.Un’alleanza che proprio in Piemonte, però, non hafunzionato: “È stata colpa di Beppe Grillo – tuonaCasini – e le scelte sulle alleanze dipendono anchedalle posizioni rispetto a personaggi come Grillo e DiP i e t ro ”. La musica non cambia: o noi o l’I d v.

Page 5: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 6 Martedì 7 settembre 2010

Cosa è accaduto

alla festa nazionale

dei Democratici

“F uori la mafia dallo Stato”. Conquesto slogan, sabato scorso, allafesta nazionale del Pd a Torino,

alcuni contestatori hanno manifestato contro ilPresidente del Senato Renato Schifani, chiedendogli dichiarire eventuali rapporti con la mafia. Erano da pocopassate le 16. Schifani e Fassino non erano ancora salitisul palco e al di fuori della sala dedicata a Norberto

Bobbio (un tendone con ampie aperture versol’esterno) già si erano sistemate decine di persone:“Grillini”, Popolo Viola, movimento delle AgendeRosse, Qui Milano libera, ma anche parecchi nonallineati, fronteggiati dal servizio d’ordine .Alle 16 e 10 Schifani sale sul palco, salutato dal coro“fuori la mafia dallo Stato”. Il suo interlocutore,Piero Fassino, invita alla calma, mentre il giornalista

del Tg3 Giuliano Giubilei invita la platea a far sentirela propria voce per coprire quella dei contestatori,poi urla a quello: “Siete fascisti!”. Fassino cerca diricucire: “Giubilei ha usato parole forti ma in questigiorni leggiamo di pullman di contestatoriorganizzati dal Pdl e spediti da Fini. Giustamente lichiamiamo squadristi, ma quello che state facendovoi è la stessa cosa”. Il dibattito comincia di lì a poco.

di Wanda Marra

Un efficacissimo e violen-to capo-claque, un ese-cutore attento delle vo-lontà del premier, un ag-

gressore verbale professioni-sta. Renato Schifani, oggi pre-sidente del Senato, non è statocerto una mammoletta nel suopassato da senatore “sempli -ce”. Il meglio di sé lo diede dacapogruppo di Forza Italia, so-prattutto negli anni in cui il ca-po del governo era RomanoProdi. “Sono un sessantottino,ho partecipato anch’io alle oc-cupazioni. Sto dedicando lamia vita a lui, io credo molto inSilvio Berlusconi... Mi sono in-namorato di lui, perché ho vi-sto in lui quella naturalezza egenuinità della politica chenon avevo visto in passato. Èun grande stratega e un grandeleader”, dichiarava in un’inter -vista a L i b e ro del 29 luglio 2007.D’altronde, in quella legislatu-ra - con la maggioranza sempresul filo del rasoio - Palazzo Ma-dama era determinante. E cosìSchifani era sempre pronto aguidare le proteste e ad alzare itoni. Sempre in prima lineanelle contestazioni all’a l l o rapresidente del Senato, FrancoMarini. Era lui a capo dei sena-tori della Cdl che insultaronoOscar Luigi Scalfaro al grido di“ignorante, ignorante”, neigiorni che presiedette PalazzoMadama, all’inizio della legisla-tura guidata da Romano Prodi.Era lui il capogruppo quando il19 maggio del 2006 la sua partepolitica diede dei "Necrofori" edei "Venduti" ai sette senatori avita che scelsero di votare la fi-ducia al governo Prodi. Per laverità, Schifani prese ufficial-mente le distanze in quell’oc -casione. Non senza sottolinea-re però che “se i senatori a vitasi fossero astenuti, la fiducia

FISCHI A TORINO

DEMOCRAZIA E STAMPA

I GIORNALI E LA CONTESTAZIONE “INTOLLERANTE”di Eduardo Di Blasi

Q uando il presidente del ConsiglioRomano Prodi, nel dicembre 2006,

fu fatto oggetto di fischi al Motor Showdi Bologna, non destò grande scandalosulle pagine del Corriere della Sera. Ilquotidiano di via Solferino, infatti, loiscrisse sul terreno dell’insoddisfazio -ne politica. I fischi, anche quelli delMotor Show che apparivano in unaqualche misura “or ganizzati” (altri nesarebbero arrivati nei giorni a seguire,al ministro Padoa-Schioppa e al pre-mier medesimo), venivano derubricatialla reazione dei cittadini, al “calo delconsenso”di un governo decotto. Nonc’era traccia, sul Corr iere così come suRepubblica, dello sdegno “in sè” per lacontestazione pubblica espressa confischi e striscioni. L’allora vice presi-dente del Senato Roberto Calderoli,addirittura, sostenne che Prodi fosseaffetto dalla “sindrome del caca sotto”,

cioè dalla paura di dover essere ogget-to di contestazioni. E nessuno ebbe aeccepirne. Associando la propria con-dizione di “fi s ch i a t o ” a quella del pre-mier, all’epoca Giampaolo Pansa stori-cizzava “a sinistra” la nascita della con-testazione pubblica rumorosa. Un di-scorso che aveva una sua logica, nonfosse che a Bologna,chi fischiava Prodinon aveva un pro-prio riferimento poli-tico nell’area della si-nistra radicale.Cosa che invece ac-cadrà nel marzo suc-cessivo, con il presi-dente della CameraFausto Bertinotti,contestato a La Sa-pienza per il voto sul-la guerra in Afghani-stan. Da annotare: i ti-toli del giorno dopo

non sottolineavano i fischi all’Istituzio -ne ma quelli al comunista.A distanza di pochi anni tutto è cam-biato. I fischi al Presidente del SenatoRenato Schifani, alla Festa del Pd di To-rino diventano “i n t o l l e ra n z a ”. Una in-tolleranza che, come scrive Aldo Schia-vone su Repubblica, non può “che allar-

mare chi ha a cuore lademocrazia italiana”,e che dovrebbe far ri-flettere anche l’op -posizione che “di tut-to avrebbe bisognotranne che di esseretrascinata laddovenon c’è futuro e nonc’è speranza: nel luo-go di una protesta in-civile e impotente,minoritaria finoall’autolesionismo”.La citazione è per An-tonio Di Pietro, lea-

ACCADEMIA SCHIFANIA Scalfaro che presiedeva l’aula urlò: “Ignorante”

Mentre Fassino era un “terrorista mediatico”

Il presidente del Senato, Renato Schifani (FOTO ANSA)

SENZA PERIFRASI

LIBERALI D’E U R O PAC he succede al presidente Napolitano? Che succede

ai massimi dirigenti politici del Paese (opposizionecompresa)? Che succede a un giornalismo che dovrebbeessere libero? Sabato in Europa sono accaduti dueepisodi di contestazione: a Dublino l’ex premier ingleseTony Blair, in tourneé per presentare un suo libro, è statoaccolto dal lancio di uova e di scarpe, e da urla di“assassino”. A Torino il presidente del Senato RenatoSchifani (si parva licet), invitato dal Pd alla festanazionale del partito, è stato accolto da fischi e dadomande su frequentazioni mafiose. Non si hannonotizie che il capo dello Stato del Regno Unito, suamaestà Elisabetta II, o il presidente della Repubblicad’Irlanda, di fronte alla gragnuola di uova e di scarpe, e algrido di “assassino”, abbiano stigmatizzato l’accadutocome “intimidatoria gazzarra” e lo abbiano denunciatocome “segno dell’allarmante degenerazione checaratterizza i comportamenti di gruppi, sia purminoritari, incapaci di rispettare il principio del liberoc o n f ro n t o ”. Non risulta che il capo del partito opposto aquello di Blair, il conservatore Cameron, abbia parlato di“squadrismo”. Meno che mai risulta che l’editoriale delGuardian, a firma di un ipotetico Aldous Bigslave, si siasbrodolato in arzigogoli sulla “violenza e intolleranza”che ci porrebbe “di fronte a una patologia sociale cherischia di travolgere i fondamenti della vita civile”. Ilquotidiano “The Indipendent”, invece, ha spiegato comeil viaggio di promozione per il suo libro sia cominciato perBlair tra comparsate televisive, chiacchierateradiofoniche e “of course, an entourage of protesters”.Per la stampa anglosassone uova e scarpe contro unpolitico fanno parte del “of course”. Come confermatodalla circostanza che lo stesso Blair che non ha fatto unap i e gaÈ bastato invece qualche fischio a Schifani, perchéNapolitano, Fassino e commentatori d’ordinanza sisiano dedicati alle invettive di cui sopra (mentrel’unica violenza realmente avvenuta, semmai, sono lemanganellate della polizia prese da alcunicontestatori). È probabile che nel mondo liberaleanglosassone tali invettive verrebbero qualificatecome intimidazioni contro l’esercizio dei dirittidemocratici dei cittadini. In quel mondo, del resto,tutto il passato di Schifani sarebbe stato raccontatoper filo e per segno dalle testate di destra e di sinistra,e insomma dal giornalismo-giornalismo. In Italia lohanno fatto solo Il Fatto Quotidiano e L’e s p re s s o .

pfd’a

der dell’Idv, che parenon accorgersi di“star soffiando sulfuoco”. Glielo ricor-da Repubblica, ma an-che il Corr ierenon è dameno.Ieri, in un editorialedi una delle prime fir-me della politica, Ma-ria Teresa Meli, do-mandava: “Ma si può,quando si siede in Par-lamento, dare il via li-bera alla delegittima-zione delle istituzioniper una manciata di elettori in più? Larisposta è scontata. Non per il leaderIdv, evidentemente”. E così, se il se-gretario Pd Pier Luigi Bersani, si scusa(legittimamente) per quanto accadu-to alla Festa di Torino con l’ospite dalui invitato, appare straordinario de-finire “meritorio il suo ravvedimento

per la frase pronunciata qualche gior-no fa: ‘Berlusconi ha portato la poli-tica nella fogna’”. Criticava il Giornaleei dossier contro Fini. Troppo?Forse sì, se nessuno dei commenta-tori ha spiegato ai propri lettori che icontestatori di Torino parlavano di“m a fi a ” e istituzioni.

La piazzanon piacea“Repubblica”e“C o r r i e re ”che non siallarmarono perProdi e Bertinotti

non sarebbe passata” (cifre allamano, un falso). Il presidentedel Senato non risparmiò gli in-sulti personali: diede della “la -d ra ” alla Levi di Montalcini edell’“assassino” allo stessoScalfaro. Sotto la sua regia, l’oc -cupazione dell’aula di PalazzoMadama da parte di Malan che,espulso da Marini dopo averglilanciato il regolamento, si rifiu-tò di seguire fuori i commessi.E rimase nell’emiciclo per ben8 ore. In quell’occasione Schi-fani - evidentemente per la ten-sione - fu persino ricoveratoper un malore. Sempre lui gui-dò la gazzarra in occasione del-la fiducia sulla politica estera,quando il 21 febbraio del 2007l’esecutivo di Romano Prodiandò sotto.

SCHIFANI NON face vamancare nulla neanche in ter-mini di logoramento: non c’e ragiorno in cui lui o uno dei suoinon ricordassero in aula che

Prodi non aveva vinto le elezio-ni, ma le aveva rubate. Comenon c’era giorno in cui non ve-nisse introdotto qualche argo-mento “spur io” al solo scopo diinterrompere la discussione.Se nella - breve - legislatura chevide l’Unione governare, Schi-

fani fungeva da facinoroso ca-po-popolo, in quella preceden-te (dal 2001 al 2006), semprenelle vesti di capogruppo diForza Italia, uno dei suoi ruolifondamentali fu quello di acce-lerare la discussione in Aula del-le leggi ad personam. Fu prota-gonista nel 2002 della calenda-rizzazione della legge Cirami,sul legittimo sospetto, che do-veva servire per spostare i pro-cessi contro Berlusconi e Previ-ti da Milano a Brescia, nono-stante il parere contrario delcentrosinistra e l’opposizionedell’allora presidente del Sena-to, Pera. “Li abbiamo fregati!”,commentava il primo agostodel 2002, dopo l’a p p rova z i o n e .Denunciava Gavino Angius, al-lora capogruppo dei senatoriDs, nel luglio del 2005, a pro-posito della ex-Cirielli sulla pre-

scrizione: “Su richiesta di Schi-fani, la maggioranza ha decisodi inserire nel calendario dei la-vori dell’aula del Senato la leggeCirielli. Perché questa fretta? Ilsuo corso nella commissionegiustizia non giustifica questaa c c e l e ra z i o n e ”.

DA CAPOGRUPPO delprincipale partito di maggio-ranza, una delle sue specialitàera l’insulto. Di Pietro? “Un pa-tetico buffone, condannato dal-la storia e bocciato dagli italia-ni” (2 novembre 2001), Fassi-no? “In pochi giorni ha già ve-stito il solito abito del terroristamediatico e del comunista mi-s t i fi c a t o re ” (23 novembre2001). La sinistra? “Non è lapeggiore opposizione, ma soloil peggio del peggio” (1 agosto2003).

Non ci fu giornoin cui in aulanon ricordòall’Ulivodi aver “rubato”la vittoriaelettorale

Romano Prodi contestato a Bologna nel 2006 (FOTO ANSA)

Page 6: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 7

di Carlo Tecce

Mauro Masi parla pocoin pubblico. Ma quan-do parla e annuncianuvole, il temporale

è pronto.Intervistato qualche giornofa da Giovanni Minoli a Cor-tina, tra una battuta e una ri-sata, il direttore generale del-la Rai scoprì un pezzetto diun piano complesso: “La li-nea editoriale spetta a me”. Eil piano diventa una letterada inviare ai direttori di reteper pretendere (non chiede-re) la scheda dei programmi:una sinossi con argomento,contenuto, servizi e ospiti.Ogni settimana, ogni punta-ta. Entro tre giorni dalla di-retta con la scusa che Masi,attento al palinsesto dai car-toni animati ai telegiornali,può intervenire soltanto inanticipo sulle trasmissioninon registrateUn tranello simile al guazza-buglio di norme e commiche, accolto e praticato dalConsiglio di amministrazio-ne di viale Mazzini, spense

l'informazione durante lacampagna elettorale per leRegionali del marzo scorso.Nonostante il parere negati-vo dell'Autorità di garanziaper le Comunicazioni (Ag-com) e le sentenze del Tri-bunale amministrativo (Tar)

L’agenda di tuttala stagione

MASI HA NASCOSTO ilpiatto forte con un preavvisogià sbrigato dalle reti: un'altrascheda da consegnare all'a-

zienda, un'altra direttiva inter-na per conoscere l'agenda diuna stagione. Chi scrive unascheda incompleta o sbagliatarischia una multa particolaredi Masi: il direttore generaleminaccia di non far pagare al-l'azienda i costi della puntata,come avviso recapitato a unprogramma già andato in on-da. Un varietà ha risposto conun volume da tesi di laurea, cir-ca ottanta pagine, cercando diimmaginare i temi d'attualitàda qui a maggio e le opinioniinteressanti da qui all'ultimapuntata.Il primo foglio da compilare,ostacolati da mille vuoti buro-cratici, la redazione di Annoze-ro l'ha girato al mittente conun rimando: “Guardate i 32giovedì della passata stagio-ne”. Masi insiste sulla scalettaper due motivi: per impedirela presenza in studio di ospiti

scomodi come Massimo Cian-cimino e Patrizia D'Addario eper annullare il potere dei di-rettori di rete. Che nei canaligeneralisti sono tre e, anche sediversi, tutti distanti dall'ex se-gretario generale di PalazzoChigi ora alla guida del serviziopubblico: il fianiano MauroMazza a Raiuno, il traballante

Massimo Liofredi a Raidue, ilreintegrato (dopo la rimozio-ne) Paolo Ruffini a Raitre.

Direttori di retecommissar iati

UN DIPENDENTE di vialeMazzini guarda oltre il sipario:“Adesso il direttore generalevuole commissariare i respon-sabili di una rete e trasformarliin capistruttura, ovvero in di-rigenti senza autonomia cheper decidere devono passaredal suo ufficio”. Masi ha ungiorno segnato in rosso sul ca-lendario: giovedì 23 settem-bre, il ritorno in video di Mi-chele Santoro.Due indizi fanno una prova, etre? Uno: il direttore generaleha annullato la riunione di oggicon Santoro per “impegni per-sonali”, un rinvio di tre giorni

per prendere tempo. Due: ve-nerdì scorso la direzione gene-rale ha spedito un’altra racco-mandata, per richiamare con-duttori e autori a un’infor ma-zione imparziale, equilibrata,plurale. Persino per quanto ri-guarda il pubblico in studio:un po’ di destra, un po' di si-nistra. E in più: rispetto delcontraddittorio e dei valoridella par condicio.Eppure la par condicio è unaragnatela che incastra le noti-zie in campagna elettorale.(Masi indovino?) Tre: la mac-china di Annozero è parcheg-giata in garage, su un organicodi sessanta persone sono ope-rativi in sei, inclusi Santoro eSandro Ruotolo. All'appellomancano i contratti: non solodi Marco Travaglio e Vauro, maanche della redazione e dei re-g isti.

Cosa rischiaS a n t o ro

ESEMPIO: Annozero non hainviato telecamere a Mirabelloperché non aveva un operato-re a disposizione. A due setti-mane dal debutto, trascorsaun'estate di comunicati di via-le Mazzini, Annozero è fermodalla scenografia ai giornalisti.La melina (e il piano) di Masiservono a frenare e snervarechi lavora al programma.L’agenzia il Velino ha svelato iprezzi della pubblicità: “C i f ree tanti zero per Ballarò e Re-port. Top secret Annozero”.Tutto segreto su tutto.Il gioco di appuntamenti fissa-ti e poi cancellati erano unatecnica di Masi per trovare unmodo (e poi due e tre) per fareostruzionismo a Santoro e isuoi. Senza dimenticare chel’inchiesta e le telefonate diTrani, appena sei mesi fa, sve-lavano le trame di Silvio Berlu-sconi e dell’ex commissarioGiancarlo Innocenzi (Agcom)proprio per chiuedere Anno-zero. Il direttore generale ha ri-petuto per mesi: “Il rapportodi Santoro è determinato dauna sentenza che ci impone dimandarlo in video, ma non cidice come”. L’avvocato Dome-nico d’Amati ha risolto presto idubbi della Rai: “Le sentenze siapplicano. Non sono vaghe,anzi chiarissime: Santoro devefare approfondimento giorna-listico come sempre”.

Il precedente:

alle Regionali

senza talk-show

I l 10 febbraio la commissioneparlamentare di Vigilanza sulla Raistabilisce lo stop dei programmi di

approfondimento nell’ultimo mese dicampagna elettorale, in un’i n t e r p re t a z i o n esenza precedenti del principio della parcondicio. Niente più talk-show politici nellereti del servizio pubblico fino al voto del 28 e

29 marzo. L’Autorità delle Comunicazioniestende il divieto anche alle televisioniprivate. Secondo l'Agcom, i programmi diapprofondimento informativo sono equiparatia quelli di comunicazione politica e come taliobbligati a rispettare i criteri della parità ditrattamento tra le forze politiche. Il 12marzo, però, il Tar del Lazio accoglie la

richiesta di Sky e La7, disponendo lasospensione del divieto generale di metterein onda programmi di approfondimento. Nellatelevisione pubblica i talk-show rimangonosospesi per il periodo elettorale, nonostantele proteste dei conduttori, incluso BrunoVespa che scende in piazza, per una volta, afianco di Michele Santoro e Giovanni Floris.

PROVE GENERALIPER IL NUOVOBAVAGLIO IN RAI

Masi vuole il controllo preventivosui contenuti di ogni puntata

Le pressioni su MauroMasi per bloccare

Santoro raccontate nellaserata speciale “Rai per

una notte” (FOTO EMBLEMA)

SEMI-LIBERTÀ DI STAMPA

Tutte letrasmissionid’informazionedovrannop re s e n t a reuna schedacon la scaletta

Chi nonrispettai parametririschia chel’azienda nonpaghi i costidella puntata

ICH BIN EIN BERLINER di Stefano Feltri

EFFETTI COLLATERALI DELLA GUERRA TREMONTI-DRAGHI

F orse non è cominciata unanuova guerra tra Giulio

Tremonti e Mario Draghi. Ma dicerto c’è stato un incidentediplomatico che avrà delleconseguenze. Al convegno diCernobbio, il ministro del Tesoro hadetto: “Dire che bisogna fare comela Germania è superficiale, è robada bambini”. Visto che il giornoprima il governatore della Bancad’Italia aveva invitato l’Italia aseguire il modello tedesco – r i g o renei conti, investimentisull’istruzione, salari decenti conalta produttività del lavoro – lafrecciata polemica è sembrataevidente. Poi Tremonti hasmentito, “nessun attacco enessuna allusione”. Ieri, a mentefredda, dentro Bankitalia siragionava sul fatto che in altritempi Tremonti non si sarebbe maiscusato, quando definiva ibanchieri centrali “topi a guardiadel formaggio” pensava a Draghi, enon smentiva le interpretazioni inquesto senso. In via Nazionale,comunque, sono abbastanzatranquilli: fuori dall’Italia di questepolemiche non se ne accorge

nessuno, l’autorità di Draghi comepresidente del Financial StabilityBoard o come potenzialesuccessore alla Banca centraleeuropea di Jean-Claude Trichet nonviene scalfita. La questione,insomma, è solo nazionale.E basta un niente a far precipitarele relazioni non solo tra Tremonti eDraghi, ma anche tra le dueistituzioni (Tesoro e Bancacentrale). Il Codacons,l’associazione di consumatori, hasubito approfittato del clima. LaBanca d’Italia diffonde una serie distatistiche economiche e iconsumatori riassumono:“L’aumento del 20 per cento deidebiti è la prova del nove che lefamiglie sono al collasso”. Comedire che il Tesoro, quando dice chel’Italia sta meglio degli altri Paesieuropei grazie alla solidità dellefamiglie e dei loro risparmi,racconta frottole.Un rapporto difficile tra Tesoro eBankitalia non è solo unaquestione di carriere (Tremonti siconsidera un potenziale capo digoverno post-berlusconiano,Draghi non avanza candidature ma

ha il profilo per fare il leader di unesecutivo tecnico). Ci sono ricaduteconcrete, assicura un ex dirigentedella Banca d’Italia: “Avere unministro del Tesoro freddo o ostilerende difficile operare a ung ove r n a t o re ”. L’esempio concreto:a fine luglio Bankitalia chiede alTesoro l’autorizzazione acommissariare la banca di DenisVerdini, il Credito cooperativofiorentino, per irregolarità nellagestione. Tutto fila liscio, ancheperché si erano già mossi imagistrati. Ma è il tipico caso in cuiun’incompatibilità personale traTremonti e Draghi potevacomplicare parecchio le cose.C’è anche una vittima collaterale inquesta polemica: la Confindustria.Tremonti non si è reso conto che,per colpire Draghi, feriva gliindustriali e il loro presidenteEmma Marcegaglia. “Ci siamosentiti dare dei bambini”, diconodall’associazione. La linea dellaMarcegaglia, infatti, è chiara: laGermania è il modello da imitare,con i suoi prodotti di fascia alta(esportano le Audi, non le Panda),una certa flessibilità del lavoro e

soprattutto i tetti al deficit maanche alla pressione fiscale inseritinella Costituzione. “Per starenell’euro siamo tutti costretti adiventare più simili alla Germania,diventa una strada obbligata”,aveva detto il direttore generale diConfindustria Gianpaolo Galli ilgiorno prima che Tremontidefinisse queste posizioni infantili.Eppure, in molti notano come lostesso ministro del Tesoro siasempre più tedesco nei suoiinterventi pubblici e interviste:politiche di bilancio sottoposte alcontrollo europeo, coesione socialecome priorità, politiche di sviluppoconcordate a livello comunitario,politiche industriali indirizzateall’export e sostenute dal risparmioprivato. E quindi? L’i n t e r p re t a z i o n edelle parole tremontiane esce dallecategorie dell’economia (e dellapolitica) ed entra in quelle dellapsicologia. Ma è comunquesemplice: Tremonti da tempo maldigerisce il dualismo con Draghi eha preso come una criticapersonale l’analisi del governatoreche, semplicemente, riassumeva leconvinzioni diffuse tra economisti epolicy maker su come sostenere laripresa. Perché, dicono glieconomisti citando John Kennedy,“ormai siamo tutti berlinesi”.

Page 7: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 8 Martedì 7 settembre 2010

IL SENSO DI VESPAPER LE TETTE

Al Campiello il corpo della Avallonediventa di pubblico demanio

di Michela Murgia*

Se siete donne o uomininon ha importanza, per-ché il gioco di ruolo che vipropongo si può fare co-

munque con profitto. Provatea immaginare di essere un gio-vane scrittore talentuoso e diaver scritto un bel libro. Il vo-stro valore letterario è tale chevi assegnano addirittura unpremio Campiello. Immagina-te di mettervi un bellissimosmoking per andarlo a ritiraree di sedervi composto in primafila insieme alla vostra compa-gna nella cornice strepitosadel teatro della Fenice, gremitada centinaia di persone elegan-ti.Per ultimo immaginate che aquel punto la presentatrice vichiami a salire sul palco perpremiarvi e, mentre voi emo-zionatissimo fate le scale dan-do ancora le spalle alla platea,costei vi tenda la mano escla-mando giuliva: “Ecco il vinci-tore, e prego la regia di inqua-drargli la strepitosa patta deicalzoni”. In quel momento,dopo quella frase volgare, voidovrete voltarvi e offrirvi alpubblico con la consapevolez-za che quelle centinaia di per-

sone punteranno i loro occhiormai avidi e curiosi all’altezzadel vostro inguine, del tutto di-mentiche che il motivo per cuivi trovate su quel palco nullac’entra con la patta dei vostricalzoni. Se questa scena visembra surreale, è perché lo è,ma è esattamente questo cheBruno Vespa ha fatto a SilviaAvallone sabato scorso al pre-mio Campiello.

Un corpoa disposizione

SUI GIORNALI la sua scivola-ta poco signorile è stata rubrica-ta con definizioni come “pesan -te apprezzamento” o “compli -mento di troppo”, come a direche “sei bellissima”e“inquadra -tele il decollétè” sono due frasiche esprimono lo stesso con-

cetto. Non è così, è una menzo-gna: Vespa non ha fatto un com-plimento alla bellezza di Silvia,perché invitare un cameramana inquadrarle la scollatura non èun modo per dire che quelloche c’è dentro è apprezzabile: èprima di tutto un modo per direche è fruibile, che è a disposizio-ne di chiunque voglia guardar-selo, sia che si trovi seduto nellapoltrona di velluto del teatrodella Fenice sia che si trovisdraiato davanti alla televisionesul salotto di casa sua. Fatta salvala sensibilità di Silvia Avallone,in un caso come questo non èsolo la persona che subiscel’esposizione a stabilire se sitratti o meno di una cosa offen-siva: l’uso del corpo femminilecome pubblico demanio, comepascolo aperto allo sguardo gra-tuito di chiunque, è un atto of-fensivo verso tutti e tutte per ilcontenuto di violenza che siporta dietro.La violenza non è solo nelloschiaffo, è soprattutto nel pen-siero di sopraffazione, nell’usodi un potere per disporredell’altro a proprio gusto, nelzittire la sua lamentela invocan-do il senso dell’umorismo, nelcercare di far passare per com-plimento la riduzione di unapersona intera al suo corpo o aparte di esso, piegata a decorotelevisivamente strumentale.Ho letto anche che quello cheha fatto Vespa sarebbe statoscorretto perché Silvia Avalloneè una scrittrice brava e intelli-gente e non stava bene spostarel’attenzione del pubblico sullasua avvenenza fisica.

IO NON SONO sicura che lagravità di quella frase stia solonello svilimento dell’i n d u bb i ovalore intellettuale di Silvia. So-no anzi convinta del contrario:quello che Vespa ha fatto sareb-be stato scorretto anche e so-prattutto se avesse avuto accan-

to una donna sciocca e senzanessun altro talento che quellocontenuto nella sua scollatura.Sbaglieremmo a legittimarel’idea che una donna intelligenteabbia più diritto al rispetto diuna donna stupida: daremmo li-cenza a chiunque di considerar-la a sua disposizione o a quella in-vasiva della telecamera, che sim-bolicamente è la stessa cosa.

L’impor tanzadelle parole

IMPOSSIBILE non vedere leanalogie tra la naturalezza concui Vespa ha domandatol’ostensione fisica della Avallo-ne all’occhio della telecamera ele frasi di Silvio Berlusconi a Ro-sy Bindi, in quel caso giusta-mente rintuzzate con la nega-zione di una disponibilità, chenon va però intesa nel becerosenso di mancanza di compia-cenza verso la sedicente galan-teria, ma in quello ben più pro-fondo di esercizio del diritto dinon essere usate: né per com-piacere il maschio dominante,né per decorare un palco, néper fare audience televisiva. Chirivendica questo diritto non èuna beghina né un perbenista,ma una persona che si rifiuta diconsiderare normale, spiritosao addirittura lusinghiera la ridu-zione di un altro a oggetto d’usoa servizio di un potere. Al servi-zio di questa mentalità BrunoVespa non è l’oggetto principedella critica, anzi direi che è l’ul -timo arrivato, oltre che l’enne -sima occasione per fare il miomestiere: guardare alle parolecome cose importanti, comeveicoli di senso, pesarle perquello che trasportano e rispet-tarle o temerle per quello checostr uiscono.

*Vincitrice del Premio Campiello2010. Era in sala al momento del “nu -m e ro ” di Vespa.

CRONACHE

Terremoti, Boschi contro i giornalistiIL PRESIDENTE DELL’INGV: DATI TRAVISATI, VALUTIAMO DI SMETTERE DI INFORMARE

NRAGAZZA S C O M PA R S A

Appelloa Napolitano

S ono passati 12giorni, ma di Sarah,

una ragazza di 15 annidi Avetrana, neltarantino, ancora nonc’è traccia. Ieri lamamma ha rivolto unappello a Napolitano:“Servono più forzespecializzate per lericerche di mia figlia”.Dal Viminalerispondono che sonostati attivati tutti icanali necessari alritrovamento. Sarah èscomparsa il 26 agosto,mentre si recava a piedia casa della cugina.

LAV O R O

Muore operaiodi 34 anni

U n operaio di 34 anni èmorto ieri nell’ex

ospedale San Giovanni diDio di Firenze. L’uomosarebbe precipitato daun’altezza di circa 10metri dopo averappoggiato i piedi su unlucernario che si èsfondato.

INCIDENTI

Pirati della strada,due vittime

D ue incidenti, dueomissioni di

soccorso, due morti. Ilprimo è avvenuto l’altranotte nel sassarese:un’auto ha investito unmotorino, il cuiconducente ha perso lavita. Ieri la polizia hafermato un uomo diorigine romena. Ilsecondo incidente ierimattina sul Granderaccordo anulare diRoma: anche in questocaso è morto unoscooterista;l’automobilista si è datoalla fuga.

CASO CLAPS

Perizia su tonacadel parroco

S ono in corso le periziesull’abito talare di don

Mimì Sabia, per 45 anniparroco della SantissimaTrinità di Potenza, dovesono stati trovati i resti diElisa Claps. Gli esami sonostati disposti dopo che“Chi l’ha visto?” ha diffusole immagini della tonacamancante di un bottone.Vicino al cadavere, è statorinvenuto un bottone.

CARCERI

Preso il secondoevaso di Bollate

A distanza di quasi unmese è stato

arrestato il secondo evasodel carcere milanese diBollate. Pasquale Romeo,35 anni, è stato trovato inpieno centro a Milano.L’11 agosto, assieme alcompagno di detenzionePasquale Pagana, eranofuggiti rapinando un’auto.

di Luca De Carolis

I l primo strale contro i “p ro -feti di sventura” l’ha lancia-

to Bertolaso. Poi è arrivatol’anatema contro “gior nalistie politici locali”, con tanto diminaccia di blocco informa-tivo, “perché i nostri dati suiterremoti vengono usati perconclusioni che non stannoné in cielo né in terra”. L’ana-tema è del presidentedell’Istituto nazionale diGeofisica e vulcanologia, En-zo Boschi: convinto che lastampa diffonda allarmi in-giustificati sul rischio di nuo-ve scosse perché incapace“di interpretare, anzi di capi-re ” le cifre fornite dall’I n g v.Così Boschi ha evocato solu-zioni estreme: “Stiamo valu-tando di smettere di informa-

re e di non rendere raggiun-gibili i nostri dati via Web”.

UNO SFOGO dietro a cuic’è lo sciame sismico registra-to, per tutta la scorsa settima-na, nell’area dei Monti Reati-ni, con epicentro tra Monte-reale (L’Aquila) e Borbona, inprovincia di Rieti. L’ultimascossa, di magnitudo 2.1, èstata ieri mattina. Abbastanzaper spargere ansia tra cittadi-ni, e per aumentare la pressio-ne sull’Ingv. Dall’istituto ave-vano inviato una nota alle au-torità locali, spiegando che si-no al 7 settembre nella zona cisarebbe stato un rischio del2% di un terremoto di magni-tudo 4, e lo 0,1% di probabilitàdi un sisma di magnitudo pario superiore al 5.5 (quello del 6aprile 2009 a L’Aquila aveva

toccato 5.9). Cifre travisatedalla stampa, secondo l’I nv g .La stessa linea del capo dellaProtezione civile, Guido Ber-tolaso, che ieri mattina in unanota ha polemizzato contro“l’affermarsi di profeti disventura al posto di chi hascelto la scienza della terra, eil sovrabbondare dell’emozio-ne suscitata con metodi me-diatici”. Poco dopo, l’inter-vento di Boschi: “Basta fareconfusione, i dati sullo sciamesismico non sono stati capiti:la probabilità di un terremotonella zona dei Monti Reatini èbassissima”. Quindi, l’af fon-do: “Condivido in pieno le pa-role di Bertolaso. Stiamo pen-sando di fornire solo i dati piùsemplici possibili per non ge-nerare inutile panico. La col-pa è dei giornalisti e dei po-

litici locali, che hanno la re-sponsabilità in caso di terre-moto perché non controllanole strutture, ma cercano discaricarla. La verità è che bi-sogna lavorare sulla preven-zione e sull’edilizia, perché iterremoti non si possono pre-ve d e re ”.

PRECISAZIONE s i g n i fi c a -tiva per Boschi, indagato dalgiugno 2009 per omicidio col-poso dalla Procura de L’Aquilaassieme agli altri sei compo-nenti della Commissionegrandi rischi. Secondo i pm, lacommissione avrebbe dovutofar evacuare le case in Abruz-zo dopo le prime scosse. “Maio di questo non parlo” p re c i -sa Boschi al Fa t t o . Un muro an-che quando si cita GiampaoloGiuliani, il fisico che aveva

previsto il sisma abruzzese:“Giuliani non aveva previstoproprio nulla, è dimostrato.Se volete affidarvi a maghi estregoni fate pure, il lavorodell’Invg è basato su studio elavoro, è per forza”. E la sor-dina alla stampa? Boschi ab-bassa i toni: “Non ce l’ho conla stampa e non ho detto chesmetteremo di informare:pensiamo solo di diffonderedati più semplici sulle scosse,magari con comunicati ognidue-tre giorni. Talvolta ci sem-bra che le nostre informazionivengano usate contro di noi”.

CASSAZIONE

ABUSI, IL PRETE DOVEVA DENUNCIAREU n sacerdote che presiede una

comunità d’accoglienza deveintervenire subito, quando viene a sapereche nella struttura si stanno compiendoabusi sessuali. La Corte di Cassazione haannullato la sentenza di assoluzione dimonsignor Renzo Cavallini, ex rettoredella Casa del Giovane “la Madonnina” diMilano, accusato di concorso in violenzasessuale per non aver impedito a unoperatore laico della struttura di compiereabusi sessuali su due giovani del centro.Annullando l’assoluzione decisa dallaCorte d’Appello di Milano, la Cassazioneha ordinato un nuovo processo. “Già di

fronte alla prima segnalazione” di abusi,scrivono i giudici, “deve scattare laresponsabilità del preposto che deveadottare i provvedimenti più opportuni (eciò ancor prima che si valichi la soglia delpenalmente rilevante)”.Cavallini era stato condannato in primogrado a 4 anni di reclusione, mentrel’operatore laico Massimiliano Azzolini,accusato di abusi su due giovani, uno di 17e l’altro di 18 anni, che erano stati ospitatinel centro nel 2003, era stato condannatoa 4 anni e 8 mesi. Per Cavallini era arrivatapoi l’assoluzione in appello.

Enzo Boschi (FOTO ANSA)

Sopra, una puntata di “Porta aPo r t a ” dedicata alla chirurgia

estetica (FOTO DLM)

A sinistra, la premiazionedel Campiello (FOTO OLY C O M )

Page 8: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 9

Sull’assassinio per ora indaga laProcura di Vallo della Lucania. Ilsostituto Alfredo Greco ha com-piuto in mattinata un primo so-pralluogo, accompagnato daicarabinieri del Nucleo Operati-vo di Salerno. Un secondo so-pralluogo è stato eseguito nelprimo pomeriggio, presentiGreco, il procuratore capo diVallo della Lucania GiancarloGrippo e la pm della Dda di Sa-lerno Valleverdina Cassaniello.Circostanza che avvalora l’ipote -

si che l’inchiesta possa diventa-re di competenza dei magistratiantimafia del capoluogo. “È pre-maturo fare ogni ipotesi –ha det-to Grippo – abbiamo avvisato laDda perché la camorra nel Cilen-to si muove, non rimane ferma”.La procura ha sequestrato l’uf fi-cio di Vassallo al Municipio e neiprossimi giorni i carabinieri ac-quisiranno tutta la documenta-zione sulla sua attività di primo

cittadino. Gli inquirenti infattinon intendono trascurare unpossibile movente legatoall’azione amministrativa di Vas-sallo, che amava affrontare i pro-blemi in prima persona. Un ca-rattere forte, decisionista, che seda un lato gli ha procurato nu-merosi consensi, dall’altro gli haprovocato inimicizie. “Qualcu -no mi ha detto che aveva ricevu-to minacce – ha affermato Clau-dio Vassallo, il fratello – io non loso. Sarà la magistratura a verifi-

care. Però qualche problemapuò darsi che l’abbia avuto”.Il mare, il porto, le concessionidegli specchi d’acqua, in un pae-se sottoposto a severissimi vin-coli ambientali e paesaggisticiche rendono quasi impossibilela posa di un mattone, sono leprincipali risorse di un ex borgomarinaro che a poco a poco sistava tramutando in una dellepiù rinomate località turistiche

di Enrico Fierroe Vincenzo Iurillo

“F orse qualcuno, come si diceda noi, ha bussato e il sin-

daco ha detto di no. Come facevasempre, sbattendo la porta in fac-cia a chi gli faceva proposte di uncerto tipo. Ma questa volta quelno, forse, non doveva dirlo”. Èuna spiegazione per la morte, acolpi di calibro nove e ventunosparati senza pietà, di un sinda-co. Angelo Vassallo, tessera delPd in tasca, presidente dei sin-daci del Parco nazionale del Ci-lento e primo cittadino di Pol-lica, paese di 2500 anime appe-na, tuffato dentro un paradiso.Montagne e mare, acque cristal-line, colline dolci. Un territorioche non sembra neppure la Cam-pania con il centro del paese, Pol-lica, in alto e le due frazioni cheaffacciano a mare: Pioppi e Ac-ciaroli. La “Positano del Cilento”,la chiamano e il titolo è più chemer itato.

La mano (armata)è di Gomorra?

UN PARADISO diventato infer-no per Vassallo, sindaco dal 1994per passione e ambizione politi-ca, sindaco sceriffo che vigilavacome un mastino sulla sua terra.Così, a poche ore da quell’assas -sinio che sa troppo di camorra, tiraccontano in paese. “Il Cilentonon deve essere sporcato dai na-poletani”, diceva, e per “napole -tani”non intendeva i turisti e le fa-migliole che su queste spiagge go-dono il sole e il mare con serenità,ma gli altri. I “malacar ne”, gli ar-ricchiti di camorra che arrivanoqui, ci raccontano, con le taschegonfie di banconote da 500 euro ecomprano negozi, bar, locali not-turni e ristoranti. Soprattuttoquelli che hanno la vista sul porto,il gioiellino di Acciaroli che que-st’anno ha visto attraccare anche

barche di 40 metri. E che è al cen-tro di una dura battaglia. “Lo ab-biamo costruito con i soldi dellanostra collettività, ma a gestirlosono altri”. Centocinquanta postibarca, tariffe per l’attracco da 190a 250 euro a notte, ma c’è un pri-vato che controlla le due banchi-ne più grosse. “La verità –dice l’as -sessore Carla Ripoli – è che negliultimi tempi Angelo si era comeincupito. Non era più lo stesso,qualcosa lo tormentava. Mi dicevache voleva tornare alla sua attivitàdi pescatore che voleva lasciare lapolitica per sempre”. Cosa agita-va i sonni del sindaco orgogliosodelle battaglie in difesa della suaterra? In paese ancora ricordanola più importante: la chiusura diuno stabilimento balneare abusi-vo. Il più grande di Acciaroli, il piùricco, ma tirato su al di fuori e al disopra di ogni regola. “Angelo sidannò la vita, bussò a tutte le por-te importanti ma lo fece abbatte-re ”, ricorda Stefano Pisani, com-mercialista e vicesindaco del pae-se. Ma non si ammazza un uomocon nove colpi di calibro nove pa-rabellum per quattro cabine ab-battute. C’è altro. Gli appetititiche il Cilento e le sue coste scate-nano. Lo scrivono con chiarezza imagistrati della direzione distret-tuale antimafia di Salerno nella lo-ro ultima relazione inviata allaDna. “La camorra ha messo in atto

una politica di reimpiego di pro-venti finanziari significativi (deri-vanti dal traffico di droga e daglialtri mercati criminali controllati)soprattutto nelle aree a grande at-trazione turistica”. La Costieraamalfitana, il Cilento. E questo ba-sta e avanza per uccidere in unanotte di settembre un sindaco chefa la voce grossa.“Mi dicono che mio fratello era mi-nacciato”, dice tra le lacrime Clau-dio Vassallo, suo fratello. Minaccia-to, per questo incupito, pressatoperché? Qualcuno aveva saputodelle sue frequenti confidenze, deisuoi ripetuti allarmi, delle sue in-sistite segnalazioni, alla procura diVallo della Lucania, ma anche aqualche magistrato della Direzio-ne distrettuale antimafia di Saler-no. Alfredo Greco, pm alla Procuradi Vallo, usa parole dure: “Il Cilen-to fa gola, è una terra tranquilla, an-cora inesplorata per la grande spe-culazione. E anche per la crimina-lità. Qui sono stati segnalati perico-losi latitanti e negli anni passaticlan importanti della camorra co-me i Nuvoletta, gli Agizza-Roma-no, i Galasso, hanno fatto investi-menti sul territorio.

L’impegno ambientalistae qualche critica

VASSALLO era un sindaco impe-gnato a tutela della legalità fin dagliinizi della sua esperienza. Combat-teva le speculazioni, gli ingressi inpaese di capitali strani, forse perquesto ha pagato. Ma è difficile an-che per noi. Qui la camorra pene-

tra, non c’è dubbio, ma ha unagrande capacità di mimetizzarsi, didarsi un volto pulito”. Ci sono no-mi che fanno tremare nella geogra-fia dei territori che da Salerno por-tano fin qui nel Cilento. Parlano diimprese che fanno capo alla fami-glia del boss Mario Fabbrocinopresenti tra Battipaglia e Eboli, e diinvestimenti ancora attivi fatti dal-la famiglia Galasso nell’area attor-no a Palinuro. E ci sono le nuovegenerazioni della camorra salerni-tana, quelle, scrivono i magistratidella Dda, nate dopo la fine dellaNuova camorra cutoliana e deisuoi avversari riuniti nella Nuovafamiglia. “Nuove aggregazioni”,più spietate, arricchite dal trafficodi droga e dalla gestione quasi mo-nopolistica del gioco d’a z z a rd o .Ma c’è chi non è d’accordo nel trat-teggiare la figura del sindaco ucci-so come un baluardo della legalitàe della contrapposizione agli inte-ressi camorristici. Non è certo perquella vecchia denuncia, poi ar-chiviata, per concussione, corru-zione e reati contro l’amministra -zione della giustizia. Vassallo neera uscito pulito. “La verità in que-ste terre è più complessa. Qui esi-stono amministratori che non vo-gliono vedere, né ammettere chela camorra da noi si è infiltrata e co-me. Il principale impegno di moltisindaci sembra quello di perpetua-re una mitografia e una immagine

fuorviante del Cilento, dietro laquale si nascondono affari e ca-morra. Abbagliati dalle bandiereblu e dalla città s l ow tutti hannochiuso gli occhi. E non hanno vistoche la nostra da tempo è terra diinsediamento pacifico di camorracon investimenti e presenze signi-fi c a t i ve ”. L’analisi di Giuseppe Ta-rallo, ex sindaco di Montecorice èspietata. In paese la spiegano co-me la rabbia di un avversario sto-rico di Vassallo, o è la verità? Unaverità che qui nessuno vuole am-mettere. Perché Napoli con le suebrutture, i suoi quartieri-Stato do-ve la camorra domina e terrorizzacon le sue guerre ricorrenti e i mor-ti ammazzati, è lontana assai. Per-ché qui al porto sono arrivate lebarche dei vip, attori, gente checonta e che può spendere, voltiche portano notorietà. Ad Accia-roli Come a Pioppi, l’altra frazione-gioiello, dove una volta, all’Hotel“La Vela”, scendeva Rossano Braz-zi e tutte le villeggianti attempatefacevano la fila per vederlo e farsifirmare un autografo. Perché Pol-lica, Acciaroli e gli altri paesi di col-lina del Cilento sono stati il set diun film importante arrivato allaMostra di Venezia, “Noi credeva-mo”, di Mario Martone, una storiasul Risorgimento. Titolo che suo-na beffardo dopo la barbara ucci-sione del sindaco Vassallo.

In casa dormivacon le porte aperte

“SE QUI cala l’ombra nera dellacamorra siamo fottuti”, dice scon-fortato il vicesindaco Stefano Pisa-ni. “In paese si dorme con le porteaperte, e io voglio continuare a far-lo”. Anche Angelo Vassallo dormi-va con le porte aperte, sognava ilmare ed era contento per le aliciche quest’anno erano arrivate co-piose nelle acque del Cilento, epensava che mai e poi mai sarebbemorto crivellato da nove colpi dipistola per un no.

AGGUATO IN “STILE CAMORRA”UCCISO SINDACO NEL SALERNITANOAngelo Vassallo trova i killer a due passi da casa

Una vita in prima linea

Voleva difenderela costa di Acciaroli

dal cemento

M A L I TA L I A

Il fratello: “Mi hanno dettoche aveva già ricevutominacce”. Si muove la Dda

Pollica (Salerno)

Nove colpi calibro 9x21, dicui sette andati a segno.Un agguato feroce, com-piuto nella notte tra do-

menica e lunedì, in località Cer-zalonga (nei pressi di Acciaroli),mentre la vittima era ormai vici-no casa, a bordo della sua Audistation wagon su una strada fattada poco. Un omicidio dallo stile

camorristico, anche se questapista è al momento solo uno deipossibili moventi. Probabilmen-te – mutuando le parole di unsuo amico magistrato, l’ex pmdella Dda di Napoli Raffaele Ma-rino, che da queste parti è di casa– è stato ucciso per avere dettoun no di troppo. Un no di quelliche non vengono perdonati dachi li riceve. Così è morto Ange-lo Vassallo, 57 anni, sindaco di

Pollica-Acciaroli. La località delCilento celebre per il mare az-zurro e una costa incontaminatanonostante numerose pressionidi tipo speculativo. Sempre re-spinte dal primo cittadino-eco-logista, iscritto al Pd ma delusodalla piega dei d e m o c ra t (fino aconfessare simpatie leghiste), diprofessione pescatore, sposatoe con due figli che lavorano nelcampo dell’e n o g a s t ro n o m i a .

La Scientifica al lavoro sull’auto assaltata dagli assassini del sindaco Angelo Vassallo (FOTO ANSA)

Angelo Vassallo (FOTO ANSA)

del Sud. Negli ultimi anni ad Ac-ciaroli i lavori del porto turisti-co, realizzati con un investimen-to di 6 milioni di euro, hanno at-tirato le imbarcazioni del jet set eun turismo con notevoli capaci-tà di spesa. Un turismo diversoda quello delle famiglie che sino-ra hanno affollato gli hotel pulitie non eccessivamente cari dellungomare. Ma Grippo tende aescludere gli appetiti sul portotra i moventi dell’omicidio: “Giàesiste. Non sembra possa esserequesto un fatto scatenante”. Il vi-ce sindaco Stefano Pisani spie-ga: “Riguardo al porto la nostraamministrazione si è semprebattuta per ribadire questo con-cetto: è il Comune che ha messole risorse, sono i residenti chehanno fatto gli investimenti, equindi le entrate devono esserereimpiegate nello sviluppo diquesto territorio. Per questo sta-vamo lavorando per revocare leconcessioni di alcuni privati, erendere gli attracchi totalmentep u bbl i c i ”. Negli ultimi tempi di-versi locali e attività ricettive, an-che nei pressi del porto, eranostate oggetto di compravenditerealizzate attraverso l’i m p i e godi capitali provenienti dal napo-letano.

(vin. iur.)

Page 9: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 10 Martedì 7 settembre 2010

Il lungo addiodei ricercatori Glaxo

FUGA DAL CENTRO DI VERONACEDUTO DALLA MULTINAZIONALE

di Erminia della Frattina

Continua l’esodo dei ta-lenti alla Glaxo SmithKline di Verona, che inpochi mesi ha perso ol-

tre un centinaio di ricercatori.“Quelli che possono vannoall’estero dove siamo richiestie ben pagati. Gli altri apronouna farmacia o lavorano priva-tamente”, raccontano i pochirimasti. “I ricercatori giovanio senza famiglia se ne sono giàtutti andati: in meno di ottomesi hanno dato le dimissionicento studiosi, che sono tra imigliori cervelli in Italia”, as-sicurano al centro ricerchedella GSK, considerato il cen-tro di eccellenza mondiale perla psichiatria e le neuroscien-ze, con una specializzazionesui farmaci che curano le ma-

lattie degenerative degli anzia-ni ma anche depressione, at-tacchi di panico e abusi da di-pendenza di sostanze, tuttevalutate dall’Oms come lemaggiori cause di disabilitànel 2020.

OGNI GIORNO c’è qualcu-no che firma e se ne va: i ricer-catori di GSK Verona, circa unterzo dei dipendenti totali, era-no 518 a febbraio, quando èstata annunciata dalla proprie-tà l’intenzione di dismettere lasede italiana. Oggi il loro nu-mero oscilla tra 430 e 420. Inmezzo una scialuppa di salva-taggio che lascia qualche per-plessità: la vendita del centrodi neuroscienze alla Aptuit,una multinazionale america-na. Contemporaneamente ilgruppo GSK, che impiega 100

mila persone, ha chiuso altrisei centri di ricerca, uno negliUsa e cinque in Europa, men-tre ne ha aperto uno in Cinagrazie a sovvenzioni e aiuti go-vernativi. “Pare che una decinadi ricercatori siano stati pro-messi gratis per un anno”, rac-contano alla GSK italiana. An-nunciata dal ministero delloSviluppo economico (prima dialtre dimissioni, quelle del mi-nistro Scajola) come una storiaa lieto fine, la vendita del cen-tro GSK alla Aptuit non è dun-que così rosea come è stata fat-ta apparire. Certo, dopo le pro-teste dei ricercatori ogni mat-tina davanti ai cancelli del cen-tro veronese e poi a Monteci-torio, il passaggio all’aziendaamericana in tempi rapididell’intero pacchetto – e d i fi -cio di otto piani a vetrate con-tinue con macchinari ultramo-derni e ricercatori – in tempi dicrisi poteva davvero appariremiracoloso. Tanto da spingerei sindacati a felicitarsi e il gover-no a metterci sopra il cappelloper vantare il successo. “Non èper niente così”, racconta una

ricercatrice di GSK Verona.“Le trattative – assicura la don-na – sono andate avanti priva-tamente da febbraio a maggio2010 tra le due aziende fino allacosiddetta vendita, senza alcu-na interferenza governativa esenza che qualcuno al ministe-ro ne fosse informato”.

NON SOLO: “Il centro ricer-che non è stato propriamentevenduto, ma è stato ceduto perdieci anni alla multinazionaleamericana in comodato gratui-to”. Cosa significa? “Vuol direche non è una vendita, è unacessione gratuita. Vuol direche per questo tempo provanoa farlo funzionare, è un esperi-mento: se le cose non vannobene non ci hanno perso nul-la”. Il centro di Verona vale cir-ca 120 milioni di euro – solol’edificio, senza contare il pa-trimonio umano che ci lavora

Una protesta recente contro la scarsaattenzione al settore della ricerca e lo

stabilimento della Glaxo (FOTO ANSA)

dentro – il giro d’affari medioannuo è di 300 milioni di dol-lari! Tecnicamente non sareb-be nemmeno una vendita, è untrasferimento di un ramod’azienda”, precisa un’altra ri-cercatrice in attesa di capire ilsuo riposizionamento all’inter-no della struttura. “Di fatto dadue mesi mi pagano lo stessostipendio di prima per non fareniente, siamo in attesa di sape-re come verremo reinseriti nelnuovo assetto aziendale”.Spenti i riflettori dopo l’an-

ECONOMIA

nuncio della riuscita vendita, il50 per cento del personale diGSK, quello che prima facevaricerca pura, è fermo e rischiadi rimanere sottoutilizzato opeggio teme di essere del tuttoinutile alla nuova proprietà.Perché Aptuit è un service pro-vider, non fa ricerca primaria enemmeno studia le varie fasidel farmaco fino all’applicazio-ne su animali e poi su uomo.Aptuit fornisce servizi comple-ti alle aziende farmaceutichemondiali, di conseguenza hauno sviluppo che si regge sulmarketing. Quindi? “Da due

mesi siamo interro-gati a tappeto daimanager commer-ciali dell’aziendache fanno sempre lestesse domande: co-sa possiamo vende-re, quali servizi e achi. Ma noi siamo ri-cercatori, non sap-piamo niente di mar-keting. Non siamopreparati a rispon-dere a queste do-mande, è un dialogo

tra ciechi e sordi”. Insomma,tutto il settore della ricerca, lapunta di diamante per cui GSKVerona è stata pluripremiata,rischia di sparire.Non c’è speranza? “Noi la spe-ranza non la perdiamo – diceun altro ricercatore, 50 anni,sposato, due figli e un mutuo –intuiamo che l’azienda sta cer-cando delle commesse anchenell’ambito della ricerca di ba-se, sebbene sia un settore chedi solito le aziende si tengonos t re t t o ”.

All’azienda che ha rilevato il poloscientifico interessanosolo le applicazioni commerciali

Page 10: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 11

di Giorgio Meletti

Basterebbe già il titolo (“Ilnucleare per l'economia,l'ambiente e lo sviluppo”)a suscitare qualche dub-

bio sulla scientificità della ricer-ca, così viene chiamata, com-missionata dall'Enel e dall'enteelettrico francese Edf alla socie-tà di consulenza The EuropeanHouse-Ambrosetti (e disponibi-le sul sito www.ambrosetti.eu).Ma i dubbi si tramutano in cer-tezza quando si legge la compo-sizione del Comitato guida dellaricerca: accanto al capoecono-mista dell'Agenzia internaziona-le per l'Energia, figurano il diret-tore delle relazioni esterne del-l'Enel, Gianluca Comin, il capodell'Edf in Italia, Bruno D'On-ghia, un consulente del ministe-ro dello Sviluppo Economico,

Sergio Garribba, due parlamen-tari, Maurizio Lupi del Pdl e Ni-cola Rossi del Pd, il futuro pre-sidente dell'Agenzia che dovràvigilare sulle costruzioni nuclea-ri, Umberto Veronesi, e, signifi-cativamente, il giornalista CarloRossella nella sua veste di presi-dente della Medusa cinemato-grafica (gruppo Fininvest).

Molte certezzepochi numeri

UNA DOMANDA su tutte. Do-po che il governo italiano ha giàdeciso di costruire otto centralielettronucleari, pari a una poten-za installata di 13 mila megawatt,e l'Enel e l'Edf hanno già varato uninvestimento di una ventina dimiliardi di euro per costruirequattro delle otto centrali, a che

Il ministro Tremonti (FOTO ANSA)

Le fregature della tassazione sulle rendite finanziarieLA PROPONGONO UN PO’ TUTTI, MA IL RISCHIO È CHE A PAGARE SIANO SOLO I PICCOLI RISPARMIATORI CHE INVESTONO IN BOT

scopo commissionare alla presti-giosa ditta Ambrosetti uno studiodi 300 pagine sulla convenienzadel nucleare? Non era meglio far-lo prima?Infatti non è questo il punto. Sulnucleare il governo e l'Enelhanno solo certezze. Convie-ne, da tutti i punti di vista. El'unica incognita è la resi-stenza di pezzi più o menoampi di elettorato, e soprat-tutto delle comunità localiscelte per la localizzazione deinuovi impianti: la propagandaambientalista, si legge nellostudio, è il nemico. E quindi,“bisogna contrastare la diffusio-ne di disinformazione o di infor-mazioni parziali che inevitabil-mente causano il propagarsi dipaure collettive, diffondendosi agrande velocità attraverso canaliquali Internet”.L'a gitazione dello spettro di In-ternet oppio dei popoli comple-ta il quadro: più che a una ricer-ca il documento reso pubbli-co dall'Enel assomiglia a unmanuale di lobbying. Alquale gli estensorisi sono applicaticon tanto entu-siasmo da utiliz-zare, con la mas-sima serietà, perben cinque volte l'espressione“rinascimento nucleare”, presadi peso dalla propaganda berlu-sconiana e, parlando al passato,scajoliana. Non solo. Secondo gliesperti messi in campo da TheEuropean House-Ambrosetti, c’èanche un “rinascimento nuclearemondiale” al quale le aziende ita-liane devono candidarsi a parte-c i p a re .

“Rinascimentonu c l e a re ”

IL RINASCIMENTO nu cl e a remondiale è così riassunto dalla ri-cerca a pagina 35: “Si prevedeche nel 2030 saranno in funzionenel mondo 899 reattori (oggi438)”. La nota 6 ci dice chi è la fon-te del vaticinio: la WNA, nel suoNuclear Century Outlook 2010.

ECONOMIA

Ma chi questo esperto al di sopradelle parti che prevede la costru-zione di 460 centrali nucleari in20 anni, più quelle che devonosostituire quante delle 438 attualisaranno chiuse nel frattempo?Nient'altro che la World NuclearAssociation, l'associazione mon-diale delle imprese costruttrici dicentrali nucleari. Tra i principalisoci la francese Areva, quella checostruirà le quattro centraliEnel-Edf. Nel sito della WNA c'èscritto che tra i principi “etici”dell'associazione c'è la convin-zione che “la tecnologia nucleareè uno strumento unico e indi-spensabile per lo sviluppo soste-nibile globale”. Che, come tutticomprendono, non è una posi-zione ideologica, perché nel di-battito sul nucleare solo i dubbisono tacciati di ideologismo, lecertezze mai.

La ricerca ci consegna comun-que i conti della convenienza perl'Italia. Stime abbastanza alla buo-na, che occupano poche righedelle 300 pagine. In sintesi: a par-tire da una recente stima dellaCommissione europea secondola quale il chilowattora nuclearepuò costare tra i 50 e gli 85 cen-tesimi di euro, la ricerca assumeche la corrente prodotta dallecentrali Enel costerà 60 centesi-mi al chilowattora (ma già chec’erano potevano chiedere diret-tamente all'Enel su quale costo habasato i suoi piani nucleari). At-tualmente il costo medio dellacorrente prodotta nella penisolaè attorno agli 80 centesimi. Suquesta base si stima che dal 2020al 2030, sostituendo il 25 per cen-to della produzione elettrica confonti nucleari, il risparmio per ilsistema sarà tra 1,7 e 2,4 miliardi

di euro all'anno, in un'ipotesi pru-dente che mantiene la produzio-ne al livello 2009, cioè 323 tera-wattora (miliardi di chilowatto-ra). Negli effetti cumulatisull’economia, nell’arco di diecianni si avrebbe un beneficio per ilPaese vicino, nell’ipotesi più po-sitiva, ai 70 miliardi.La ricerca non affronta la questio-ne della garanzia di prezzo che l'E-nel chiederà al gestore della rete(cioè alle imprese e ai consuma-tori) per assicurarsi di vendere lacorrente a 60 euro per una cin-quantina d'anni, qualunque sia ilprezzo delle altre fonti di energianel frattempo. La convenienza

economica del nucleare rimaneaffidata alla certezza che le altrefonti costeranno di più per alme-no mezzo secolo.Le 300 pagine della ricerca per ilresto affrontano i temi secondoun ordine chiaramente ispirato aesigenze di propaganda. Bastaguardare i titoli dei tre capitoli dicui si compone lo studio: “Pe rch éall'Italia serve il nucleare”, “Co -me si discute di nucleare in Italia”(dedicato al pessimo lavoro distampa e tv, condizionate ancoradalla grande paura collettiva chia-mata Cernobyl 1986), “Cos’è(realmente) il nucleare”. Non sicapisce quale antinuclearista po-trebbe essere spinto da un docu-mento del genere a rivedere lesue opinioni. Probabilmente glibasterà vedere titolo e sommarioper decidere di non leggerlo. Pec-cato, un'occasione mancata.

di Mario Seminerio

N ell’asfittico dibattito politico italiano riemerge pe-riodicamente il tema della tassazione di quelle

che vengono definite “re n d i t e ” finanziarie e che piùcorrettamente dovrebbero essere chiamati redditi dacapitale. Anche questa definizione, a voler essere sin-ceri, appare caratterizzata da valenze simboliche. Èl’immagine del “capitalista” che vive sulla pelle dellavoro e dei lavoratori, che in un Paese come il nostro,assai poco avvezzo all’economia e ai suoi temi, su-scita ancora immagini ottocentesche di sfruttamento.Poco importa che i redditi di capitale siano anche ilfrutto di risparmi delle famiglie: per i nostri sempli-ficatori sono “re n d i t e ”.Ancora più incoerenti appaiono lemotivazioni addotte: non è equotassare il lavoro al 23 per cento(l’attuale minore aliquota Irpef) e le“re n d i t e ” al 12,5 per cento. Eppurebasterebbe capire che l’i nv e s t i m e n -to dei risparmi produce proventiper comprendere che si stanno pa-ragonando pere e mele. Accadequindi spesso che chiunque deside-ri prendere posizione sulla scac-chiera (o sul teatrino) della politicadomestica, mandi segnali sulla tas-sazione di questi proventi. Sel’obiettivo (sacrosanto) è la riduzio-

ne del carico fiscale sul lavoro, si argomenta, allora sitraggano le risorse aumentando la cedolare secca suiproventi di attività finanziarie. Di solito l’intera ope-razione viene definita “armonizzazione”, e consistenell’elevare (verso il 20 per cento) la ritenuta d’im-posta su dividendi, interessi e plusvalenze azionariesu partecipazioni non qualificate.L’ultimo, in ordine cronologico, a reiterare il mantra èstato il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Cor-rado Passera, durante il Meeting di Comunione e li-berazione a Rimini. Premesso che non è chiaro per-ché, per reperire risorse per ridurre la fiscalità sul la-voro, si debbano aumentare altre imposte e non agire

sul versante della spesa, da alcune parti si obietta chel’aumento di fiscalità su Bot e Cct si tradurrebbe in unapartita di giro, perché il maggior gettito per lo statosarebbe vanificato da un aumento dei rendimenti lor-di sulle nuove emissioni di titoli di stato. Le cose nonstanno così: oggi circa la metà del debito pubblicoitaliano è sottoscritto da non residenti, che quindi pa-gano le tasse secondo il regime fiscale del loro paese diresidenza. La tassa inciderebbe quindi sui risparmia-tori italiani, riducendo il rendimento dopo le imposte.Dietro questa formula salvifica, tuttavia, a nessunoviene in mente di esplicitare che a essere colpitedall’inasprimento fiscale sarebbero anche le famigliedei lavoratori, quelle che riescono a risparmiare.Ben diversa sarebbe un’altra opzione di tassazione,basata sull’inserimento nella dichiarazione dei redditidei proventi di capitale. Con questa nominatività, pe-raltro in vigore anche in altri paesi occidentali senzascandalo alcuno, si fisserebbe una soglia di esenzione,tassando il rimanente ad aliquota marginale dell’im-posta sui redditi. Ipotizziamo che i primi 100.000euro siano esentasse. Si noti che si tratta di proventi,non di investimenti. Ciò vuol dire che, immaginandoun rendimento “normale”delle attività finanziarie deldue per cento annuo (quello che ha rappresentato labase per l’imposta sostitutiva dello scudo fiscale), ciòequivarrebbe a tassare gli stock di attività finanziariesuperiori a cinque milioni di euro. Ciò vorrebbe direesentare da tassazione un’ampia platea di risparmia-tori, non solo la “classe media”. In questo modo si

otterrebbero fondi per finanziare riduzioni significa-tive del costo del lavoro, e forse anche per ridurre lapressione fiscale complessiva, ammesso e non con-cesso che la classe politica accettasse di destinare adetassazione e non a spesa il gettito aggiuntivo.Naturalmente, la manovra sulla nominatività dei red-diti di capitale necessiterebbe, per essere attuata inmodo efficace e non risolversi nell’abituale deflusso dicapitali verso Svizzera, Lussemburgo e altri lidi in at-tesa del prossimo condono, di un attivo interscambiodi informazioni tra paesi, ma questo non dovrebbeessere un problema per chi, come Italia, Germania,Francia, Regno Unito, Stati Uniti, ha solennementedichiarato guerra senza quartiere ai paradisi fiscali,come abbiamo letto ed ascoltato mesi addietro.Eppure finora nessuno ha trovato il coraggio di avan-zare una proposta di questo tipo, preferendo rumi-nare il concetto di “armonizzazione”, con la tassa-zione delle famiglie risparmiatrici che essa implica.Forse la proposta è irrealistica, o troppo “p ro -bl e m a t i c a ”? Eppure avrebbe molte caratteristi-che desiderabili: la semplicità, la progressività,l’incidenza su indicatori di capacità contribu-tiva quali gli stock di attività finanziarie accu-mulate. Risponderebbe anche a precetti di mi-nore distorsività, spostando il peso della tas-sazione dal reddito di lavoro al patrimonio.Come sempre, serve coraggio e una visione non ri-stretta. Forse è per quello che il Paese vive di circoliviziosi e luoghi comuni.

Mille pastori al ministero

ARRIVA A ROMALA RIVOLTA DEL PECORINO

Nella Capitale la protesta della Coldiretti: allevatoriciociari, di Sardegna, Umbria e Toscana si radunanodavanti al ministero del Tesoro per chiedereinterventi di sostegno al settore della pastorizia

Esisteun’alternativa:i n s e r i rei proventida capitale nelladichiarazionedei redditi

PARTE LA CROCIATA NUCLEAREL’Enel commissiona una ricerca di 300 pagine

per dimostrare che le (sue) nuove centrali sono un affare

Tra i registidell’operazione:Carlo Rossellae gli onorevoliLupi (Pdl), NicolaRossi e UmbertoVeronesi (Pd)

I numeri nellaricerca dell’Enel

secondoMarilena Nardi

Page 11: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 12 Martedì 7 settembre 2010

LA PACENON ACCENDE I SOGNIDEGLI ISRAELIANIIl paese è scettico, e guarda

all’Iran come la vera minacciadi Alon Altaras

Tel Aviv

Chi segue l’inizio delle trat-tative fra Netanyahu e AbuMazen difficilmente nonfarà caso ad alcune stra-

nezze. Prima fra tutte, i due lea-der hanno avviato incontri di-retti solo a fine agosto, meno diun mese prima che il “congela -mento” dello sviluppo e allarga-mento delle colonie israelianearrivi alla sua fine (26 settem-bre). Se Netanyahu non conti-nuerà il cosiddetto congela-mento, Abu Mazen ha già di-chiarato che si ritirerà dalla trat-tative. In altre parole, quasi tuttii nove mesi che potevano ser-vire alle trattative dirette sonostati sprecati e ora Hamas mi-naccia attentati e la possibilitàdi avviare una trattativa serena èmolto bassa.La pressione del presidenteamericano Obama su ambo leparti, in queste ultime settima-ne, è stata molto forte; memoredei fallimenti dei suoi predeces-sori, il presidente americano hada subito coinvolto anche i lea-der moderati come il re giorda-no Abdallah e l’anziano presi-dente egiziano Hosni Mubarak.Nel governo israeliano ci sonoministri importanti che non ap-poggiano Netanyahu. Il fattopiù clamoroso è l’opposizionedi Avigdor Lieberman, espressachiaramente domenica: secon-do il ministro degli Esteri unapace con i palestinesi non è pos-sibile entro un anno, e anzi, nonè possibile per tutta la prossima

generazione. L’unica e sola pos-sibilità è un lungo cessate delfuoco. Sono posizioni che asso-migliano più a un capo dell’op -posizione che di un membroimportante dell’e s e c u t i vo .Altri ministri del Likud hannolamentato il fatto che Neta-nyahu evita ogni discussionesulle trattative, tiene in massi-ma segretezza i suoi incontricon Abu Mazen e non chiariscequale sia la sua posizione per il26 settembre. Un esempio dellasua riservatezza lo si è avuto per

l’incontro doveva avere lunedìa Gerico con il maggior leaderpalestinese: appena si è diffusala notizia nei Territori, si è af-frettato a cancellare l’appunta -mento.In campo palestinese, personein passato moderate comeDahlan e Arikat hanno definitoNetanyahu una persona inten-zionata solo a guadagnare tem-po, senza alcun interesse ad ar-

rivare quest’anno a una soluzio-ne del conflitto. Tuttavia, subi-to dopo, i due hanno tranquil-lizzato i partner israeliani chetali dichiarazioni erano statemanipolate, e non sono aderen-ti alla verità. E ha anche detto diesser tentato di lasciare il pae-se.Il 14 e 15 settembre, dopo il ca-podanno ebraico, i due leader siincontreranno a Sharm el Sheik- località balneare in Egitto - percontinuare le trattative dirette.Obama, consapevole del clima

di sospetto fra le parti, manderàsia il segretario di Stato HillaryClinton che l’inviato specialeper il Medio Oriente GeorgeM i t ch e l l .L’opinione pubblica israeliananon segue con grande entusia-smo queste trattative che dura-no ormai da sedici anni, e ancheun intellettuale che da sempreappoggia le trattative come Da-vid Grossman, ha confidato ieri

al G u a rd i a n di avere spesso lasensazione che le due parti ab-biano perso il momento giustoper arrivare ad un accordo eche i cent’anni del conflittonon avranno presto una buonafi n e .Nonostante il pessimismo dif-fuso, si può riscontrare una no-ta di ottimismo nelle dichiara-zioni “p re o c c u p a t e ”di Ahmadi-nejad e di Hamas, ossia che AbuMazen non è autorizzato a par-lare a nome dei palestinesi e chele trattative devono fallire per-

Abu Mazen, Obama e Netanyahu alla Casa Bianca. Sotto, David Grossman (FOTO ANSA)

Sui Rom l’Europacritica la Francia

DAL MONDO

ché non fanno il bene del popo-lo palestinese. Forse gli estremi-sti islamici a Teheran e a Gazasanno che c’è la volontà dei pae-si arabi moderati e dei leaderisraeliano e palestinese di arri-vare a un accordo di pace e iso-lare l’Iran nel suo tentativo nu-cleare di egemonia nel Medio-r iente.Netanyahu, che ha dichiaratotante volte che la vera minacciaalla sicurezza israeliana è l’I ra n ,sa che un fallimento delle trat-tative farà sì che ogni interven-

to israeliano per neutralizzarela bomba iraniana sarà severa-mente condannato da BarackObama e dai maggiori leaderdella Comunità europea.Un isolamento politico di Israe-le non è ciò che Netanyahu vuo-le raccogliere. Forse questa è laragione della sua dichiarazioneottimistica di fronte a membridel Senato americano in visitain Israele: le trattative dirette so-lo l’unico modo per arrivare allapace e un accordo è veramentepossibile in un anno.

La delusionedello scrittoreG ro s s m a n :il tempo degliaccordi con ipalestinesi èpassato invano

Acquario politico

Fini uccide il Pdl, non lalegislatura (e Bossi è kingmaker)

DIVENTA UN EVENTO globale, il discorso diMirabello: se ne occupa la stampa di tutto ilMondo. Delle parole del leader di Futuro elibertà Gianfranco Fini, la lettura prevalenteè quella avallata da Afp e Reuters: “il partitodi Berlusconi è morto” – Le Monde, LeF i g a ro, L i b é ra t i o n , NouvelObs, Les Echos,Times, El Paìs, El Economista, etc. –, ma lalegislatura non è a rischio immediato, inquanto Fini non vuole elezioni anticipate –ché, se fossero subito, ci arriverebbe inbrache di tela –. L’attenzione è altasoprattutto in Francia, dove a destra c’è chicerca un Fini anti-Sarkozy. Alcuni mediaoffrono angoli di lettura diversi, o parziali: ElPa ì s , ad esempio, afferma che “Fini promettea Berlusconi il voto di fiducia, ma reclama unpatto di legislatura nuovo”, in un “discorso

pieno di invettive che avrà serieconseguenze”; Le Monde giudica Fini“conciliante sui guai giudiziari” di Mr B; ilTe l e g ra p h afferma che “Fini lancia un asproattacco al premier accusandolo di‘genuflettersi a Gheddafi’ ”. Il F T, aCernobbio, intervista Tremonti e indica ilministro dell’Economia come successore diBerlusconi, qualora ci fosse la crisi: "Larottura con Fini – azzarda, prima deldiscorso – significa che il premier non puòpiù contare sulla maggioranza inParlamento". Infine, in un servizio sul "teaparty" europeo di Martine Le Pen,N ew sw e e k rileva che la rottura tra Fini eBerlusconi fa di Bossi il kingmaker dellapolitica italiana.

Giampiero Gramaglia

Tw i n i n g s

IL TÈ INGLESEDIVENTA POLACCO

La mitica bustina Twinings sarà prodotta in Polonia ed èla fine di un’era: da quando nel 1706 Thomas Twining aprìla prima “tea room” al numero 216 dello Strand diLondra, il marchio è stato quasi sinonimo della tradizionebritannica dell’ora del tè. Vittima della concorrenzaglobale, la società proprietà di Associated British Food haannunciato il trasferimento della maggior parte dellaproduzione a Swarzdz, Polonia centrale.

D opo l'Italia tocca alla Fran-cia finire sotto i riflettori a

Strasburgo per le iniziative as-sunte nei confronti dei noma-di, in particolare per quelleadottate per rispedire in Ro-mania e Bulgaria cittadini diquesti paesi di etnia Rom. Il di-battito all’Europarlamento èstato fissato per oggi e per gio-vedì è prevista la votazione diuna risoluzione.Diversi gruppi, tra cui i social-democratici e i verdi, hannoespresso la loro preoccupa-zione per il comportamentotenuto dalle autorità francesi,comportamento che nonavrebbe tenuto nel debitoconto le norme Ue sulla liber-tà di movimento e i diritti fon-damentali dei cittadini. Criti-ca anche la posizione espressadai liberaldemocratici dell’Al -de, mentre dai popolari delPpe è venuto finora un sostan-ziale appoggio alle iniziativeprese dal governo Sakozy e al-la loro legittimità.A marzo il Parlamento euro-peo ha votato una risoluzionein cui ha evidenziato i “medio -cri risultati” della politica diintegrazione dei nomadi se-guita dall’Ue. L'Eurocameraha inoltre già sottolineato che

i governi nazionali dovrebbe-ro utilizzare in maniera piùadeguata i fondi strutturali di-sponibili e l’Ue dovrebbe eser-citare un controllo più attentosulla realizzazione dei variprogetti messi in cantiere.E mentre proteste vengonoorganizzate davanti alle rap-presentanze diplomatichefrancesi in diversi paesi del-l'Europa orientale (come Ma-cedonia e Romania), l mini-stro francese dell’Immigrazio -ne Eric Besson ha deciso di “r i-m a n d a re ” la data del suo ma-trimonio previsto per il 16 set-tembre con la studentessa tu-nisina Yasmine Tordjman, 24anni, dopo che su Facebookgruppi di contestatori delleleggi anti-immigrati e delleespulsioni dei Rom hanno an-nunciato di volersi organizza-re per andare a “d i s t u r b a re ” lenozze. Tra gli invitati alle noz-ze dovrebbero esserci il pre-mier Francois Fillon, l’ex se-gretario di Stato allo Sport,Bernard Laporte e anche Sar-ko z y.La futura moglie di Besson stu-dia arte a Parigi ed è imparen-tata con Wassila Bourghiba,moglie dell’ex-presidente tu-nisino Habib Bourghiba.

L a Spagna, quasi unanime,non si fida dell’a n nu n c i o

venuto domenicadall’Eta diuna generica tregua unilatera-le - la 12a dal 1981 - ritenuta“insuf ficiente” da governo,opposizione e stampa.“Il governo è scettico” ha det-to il ministro dell’Interno, Al-fredo Perez Rubalcaba, l’uo -mo che dal 2004 guida la stra-tegia anti-Eta dell’e s e c u t i vodel premier socialista JosèLuis Zapatero. “Non ci si puofi d a re ”del comunicato “ambi -guo” e “insuf ficiente” delgruppo armato basco: il go-verno, ha chiarito Rubalcaba,“non cambierà una virgola allasua politica contro il terrori-smo”, non intende riaprire undialogo con il gruppo armato -dopo le trattative fallite del2006 - e esige che Eta “r inuncialla violenza, completamen-te, per sempre”. L’asserita in-terruzione delle “azioni offen-sive armate” annunciata daEta è una mossa tattica di unaorganizzazione oggi “moltodebole” dopo i duri colpi su-biti in Francia, Spagna e Por-togallo, “che non ce la fa piu”e “si ferma per ricostruirsi”.Nel mondo politico spagnolosolo la sinistra aber tzale (indi -

pendentista radicale) dei Pae-si Baschi, che da mesi chiede aEta di abbandonare la lotta ar-mata per consentire al movi-mento di partecipare alle am-ministrative basche del 2011,ha parlato di un “contr ibutoindiscutibile” verso la pace. IlPartido Popolar, il principalepartito di opposizione a Ma-drid, ha confermato il suo ap-poggio alla linea repressivaanti-Eta del governo: “L’unicocomunicato Eta che ci interes-sa è quello in cui annuncerà ilsuo scioglimento”, ha detto illeader del Pp Mariano Rajoy.E unanimi nel ritenere noncredibile l’annuncio dell’Etasono anche i giornali.Dopo l’ultimo tentativo di dia-logo fra governo e Eta di 4 annifa, affossato dall’attentatoall’aeroporto di Madrid del di-cembre 2006 (2 morti), ilgruppo armato ha subitoun’ondata di arresti, soprat-tutto in Francia, perdendo frail 2008 e il 2010 sette capi mi-litari successivi, due leaderpolitici e decine di militanti.La cooperazione fra le poliziedi Madrid, Parigi e Lisbona haanche impedito a Eta di costi-tuire nuove basi in Portogalloe Catalogna.

La tregua dell’Etanon convince Madrid

Page 12: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 13

I VOLTI DI SAKINEHIl mondo mobilitato per l’iraniana condannataalla lapidazione. Ma la sua vicenda rimane incerta

di Stefano Citati

Il volto di Sakineh Moham-madi Ashtiani condensada giorni l’inter mittentesolidarietà occidentale.

La donna iraniana condanna-ta alla lapidazione smuove lecoscienze e si moltiplicano leiniziative per salvarla. Ma ilsuo caso giuridico rimaneopaco e le informazioni sullavicenda giudiziaria incomple-ta. In buona parte per respon-sabilità delle autorità irania-ne, ma anche per le voci nonchiare e non univoche deisuoi difensori (l’avvocato ri-fugiatosi in Norvegia e unodei due figli della 43enne cheda Tabriz, città del Nord delPaese dove la madre è dete-nuta, continua a far sentire lasua voce, ma ha rotto i rap-

porti con il legale della ma-d re ) .Sakineh nel 2005 è stata ar-restata per una “relazione il-lecita”, fuori dal matrimonioe condannata a 10 anni di car-cere e 99 frustate. Poi il suocaso sarebbe stato riaperto econdannata per adulterio, pe-na la lapidazione. Il suo aman-te in un primo tempo era sta-to condannato a morte perl’omicidio del marito; il giu-dice aveva poi invertito lecondanne: lei incolpata peromicidio del marito e lui a 10anni di carcere come amantedella donna, confermando ildiverso peso giuridico e so-ciale tra uomo e donna in Iran(e non solo).Da quando il caso di Sakineh –a differenza dei molti altri pas-sati sotto silenzio in questi de-

cenni di teocrazia islamica(pare 150 siano state le donnelapidate finora, e altre 150 inattesa di sentenza) – è diven-tato internazionale, la reazio-ne della giustizia iraniana èstata prima quella di ignorarela pressione occidentale, poi

DAL MONDO

Giustizia e ingerenza

L’ECCE SSOO C C I DE N TA L E

Manifesto per la liberazione di Sakineh. In basso, il presidente iraniano Ahmadinejad (FOTO ANSA)

quella di confermare la giu-stezza delle accuse (anchecon un video, in cui la donnasi autoaccusa, la cui autenti-cità lascia molti dubbi) e in-fine, in questi giorni spingen-

do verso la conclusionecruenta del caso: comminatealtre 99 frustate e moltiplica-zione delle voci di un immi-nente esecuzione (forse giàvenerdì) della condanna.

Diritto e umanità

R E A Z I ON ENECE SSARIA

Il regime non hamai chiarito imotivi dellasentenza, maanche i suoidifensori sonostati poco chiari

di Massimo Fini

L a mobilitazione internazionale a fa-vore di Sakineh, la donna iraniana

condannata a morte per adulterio ecomplicità nell'omicidio del marito (idue fatti, se le accuse sono veritiere,sono, con tutta evidenza, collegati),sarebbe totalmente condivisibile sefosse stata centrata esclusivamentesulla modalità dell'esecuzione: la la-pidazione. La lapidazione infatti va ol-tre la pena di morte, è una tortura.Una tortura, se si può dir così, a fuocolento (le pietre non devono essere nétroppo grosse, così da uccidere all'i-stante la condannata, né troppo pic-cole da non farle male). Ora, un uo-mo, in determinati e precisi casi, puòessere lecitamente ucciso ma mai tor-turato o umiliato, tant'è che la tortura,almeno formalmente, non è legittima-ta in nessuno Stato del mondo nem-meno in tempo di guerra (anche se gliamericani l'hanno usata a piene mania Guantanamo – con l'ipocrito esca-motage che era fuori del territorio de-gli Stati Uniti – e nel modo più sadico,ignobile e schifoso a Abu Ghraib doveè venuto a galla tutto il marciume mo-rale della cosiddetta “cultura superio-re ”).Ma la mobilitazione internazionale,per meglio dire: occidentale, noncontesta solo la lapidazione, ma an-che la pena capitale inflitta alla donnae anzi la vuole “subito libera”. Davantia una immagine di Sakineh che, periniziativa del governo italiano, cam-peggia da tre giorni all'ingresso di Pa-lazzo Chigi il ministro degli EsteriFranco Frattini e quello delle Pari op-portunità Mara Carfagna hanno di-chiarato “Finché Sakineh non sarà sal-va o libera il suo volto ci guarderà dalpalazzo del governo italiano”.

ORA, LA PENA DI MORTE è invigore anche in Paesi considerati cam-pioni della civiltà, come gli Stati Uniti,e nessuno Stato lascerebbe a piede li-bero un assassino. Quanto all'adulte-rio è considerato un reato meritevoledella pena capitale non solo in Iran main molti altri Paesi islamici che hannouna cultura e una morale diversissimedalle nostre soprattutto per quel cheriguarda la famiglia. La domanda è que-sta: le sentenze di un Tribunale irania-no su fatti che quel Paese considerareati gravi sono ancora sentenze diuno Stato sovrano o devono essere sot-toposte ai Tribunali popolari dell'Oc-

cidente? E può Sarkozy dichiarare cheSakineh “è sotto la protezione dellaFra n c i a ”? Allora sia coerente e dichiariformalmente guerra all'Iran in nomedei principi in cui dice di credere, in-vece di continuare a farci cospicui af-fari (la Francia è il secondo partnercommerciale europeo dell'Iran, dopol'Italia).Questo il quadro di principio. Ma die-tro i principi ci sono le persone in car-ne e ossa. In questo caso una giovanedonna di 42 anni che rischia da unmomento all'altro di essere giustiziata.È l'eterno conflitto fra pietas umana e lalegge (dura lex sed lex dicevano i Ro-mani), fra Antigone che, contro la leg-ge, seppellisce il fratello Polinice interra consacrata e il re Creonte chequella legge deve far rispettare e lacondanna a morte. È l'eterno dilemmafra Libertà e Autorità così profonda-mente scandagliato da Dostoevskijnell'apologo de Il Grande Inquisitorenei Fratelli Karamazov.

L'IRAN NON HA ALCUN o bbl i -go giuridico di fornire all'Occidente leprove che la sentenza del suo Tribu-nale è giusta, anche perché qui non citroviamo di fronte a un oppositore po-litico ma a una persona accusata direati comuni e non si vede quale in-teresse avrebbe mai la giustizia irania-na ad accanirsi arbitrariamente su diessa. Ma l'Iran è però un grande, coltoe civile Paese, molto più civile di quan-to lo facciano gli occidentali, e dovreb-be avere la sensibilità, anche politica,di capire che su un caso che è comun-que sotto gli occhi di tutto il mondo hal'obbligo morale di dare sulla reale col-pevolezza di Sakineh informazionimaggiori e più trasparenti di quante neabbia date finora, sen-za per questo sentirsidiminuito nella pro-pria sovranità, anchese sappiamo benissi-mo che questa vicen-da viene strumentaliz-zata in funzione dellatambureggiante cam-pagna contro Teherandi Stati Uniti e Israele.Perché, a questo pun-to, un'esecuzione albuio sarebbe altrettan-to inaccettabile diquella liberazione albuio che vorrebbero ilministro Frattini e Ber-nard-Henri Lévy.

di Giampiero Gramaglia

S alvate Sakineh”, ma mica solo lei. Sal-vate, anzi salviamo, ogni altro uomo

(o donna) rinchiuso in un braccio dellamorte e condannato alla pena capitale;innocente o colpevole; ovunque si tro-vi, in Iran o in Arabia Saudita, negli StatiUniti o in Giappone o in Cina; e qualeche sia il reato attribuitogli. “Salvate Sa-kineh” e tutte le vite affidate ai boia diquesta Terra perché la mobilitazionecontro la pena di morte è un impegnodi civiltà senza confini e senza distin-zione di sistema politico, di religione,di modalità di esecuzione. “Salvate Sa-kineh”come, in passato, la mobilitazio-ne è scattata – non sempre con succes-so, anzi – per Safiya e poi Amina in Ni-geria o per Paula Cooper – uccisa perun delitto compiuto quand’era ancoraminorenne – o per il messicano JoséMedellin nel forcaiolo Texas.Il più delle volte, purtroppo, la coscien-za sonnecchia: la mobilitazione nonscatta sempre, quando un boia ‘g iusti-zia’ un proprio simile. Ci sono casi checolpiscono di più l’opinione pubblicainternazionale, o di Paesi specifici: ledonne, i minorenni, quando la presun-zione d’innocenza è più forte. E ci sonomodalità d’esecuzione che indignanopiù d’altre: la lapidazione ci disturbapiù dell’iniezione letale (non solo inIran, ma pure in Afghanistan dove neavvenivano anche prima dei talebani,in Arabia o Nigeria). Spesso, delle lapi-dazioni ci giunge notizia ex post e taloranon ci giunge notizia per nulla: il cheaccresce repulsione e frustrazione.

N E L L’ISLAM si discute se tale puni-zione sia ammessa dal Corano. In Iran, èlegge: l’articolo 83 del Codice penale

prevede 99 frustate perchi fa sesso fuori dalmatrimonio e la lapida-zione per gli adulteri.Inoltre, il diritto/dove-re di ingerenza moraleè avvertito più fortequanto meno il percor-so che conduce allacondanna è trasparen-te, quando ci sono so-spetti di persecuzionepolitica, quanto mag-giore è la distanza checi separa dal regime odall’ambiente cultura-le o religioso che la ispi-ra .Il caso di Sakineh è una

somma di tutto quanto più ci induce allamobilitazione: è una donna, deve subirela lapidazione, è stata condannata inIran con un procedimento giudiziario dicui s’è saputo ben poco e dove c’è unregime politico e un clima religioso in-tolleranti e integralisti. Dunque, con for-za, “Salvate Sakineh”.Però, la contestazione della pena dimorte non deve tramutarsi, automatica-mente, nell’esaltazione del condannatoa morte. Ricordiamo Joseph O’Dell,condannato a morte per omicidio in Vir-ginia e sottoposto a iniezione letale nel1997, mentre in Italia sul suo caso, chelasciava indifferente l’America, si svi-luppava un’impressionante mobilita-zione, che sfociava nella decisione dellacittà di Palermo di concedere una sortadi cittadinanza postuma al ‘g iustiziato’accogliendone la salma. O’Dell morì di-cendosi innocente, ma la giustizia ame-ricana, che non è infallibile, non ha maiavuto dubbi sulla sua colpevolezza.

NEL CASO DI SAKINEH , la man-canza di notizie certe, la segregazione incui la donna è tenuta, anche rispetto allasua famiglia e ai suoi avvocati, alimental’ansia e lo sdegno, ma può anche indur-re a prendere per buone tutte le voci:una seconda fustigazione, denunciatadal figlio; o l’esecuzione a fine Rama-dan, venerdì sera, come dice ora Ber-nard-Henry Lévy. L’adulterio è un reatoin Iran e non lo è da noi – ma questo nonpuò essere un criterio di valutazione, al-meno fin quando l’umanità non si saràdata una legge universale valida su tuttoil Pianeta. Ma, oltre che di adulterio, Sa-kineh è stata accusata e condannata amorte per avere partecipato all’uccisio-ne del marito e ha pure ammesso la suacolpa in una confessione tv – si presumeestorta, magari con la tortura.Comunque sia, la pena di morte resta ec-cessiva, smisurata, disumana. Ma, se ècolpevole del delitto per cui la giustiziairaniana l’ha condannata, è giusto cheSakineh sconti una pena adeguata. Il suocaso, come il caso di tutti gli uomini e ledonne nelle sue condizioni, non può la-sciare indifferenti, ma non può neppurecondurre ad atteggiamenti populisti eradicali, tipo “Libera subito”, o anche ilriconoscimento aprioristico dello statu-to di rifugiata politica in un altro Paese.Nel Mondo, sono migliaia i condannatiin attesa di esecuzione. Molti fra di essi,probabilmente la stragrande maggio-ranza, sono delinquenti della peggiorerisma e assassini: ucciderli non è giusto,liberarli neppure.

NNORVEGIA

Bimbo disabileeletto il più bello

U n bimbo norvegesedi 5 anni, affetto da

diversi handicap ecostretto sulla sedia arotelle, ha vintoplebiscitariamente unconcorso di bellezza perbambini organizzato dauna marca di sapone.Si tratta del primodisabile a vincere ilconcorso, che esiste da60 anni.

COREA DEL NORD

Al via congressoper nuovo leader

I delegati del partitodei Lavoratori

nordcoreano hannoiniziato a raggiungerePyongyang,rilanciando leaspettativesull'imminenteriunione che dovrebbe,in base alle attese,porre le basi delpassaggio del potere trail “caro leader” KimJong-il (nella foto) e ilsuo terzogenito, KimJong-un.

GERMANIA

Fischer e les u p e rc o n s u l e n z e

L’ ministro degliEsteri tedesco,

Joschka Fischer,aggiunge un’altraconsulenza al suoprestigioso carnet, chelo vede già impegnatocon multinazionalicome Siemens, Bmw e ilconsorzio del gasdottoNabucco: l’esponentedei Verdi aiuterà ilgruppo Rewe - che operaanche in Italia con varimarchi - nelle suedecisioni strategiche intema ambientale.

GRAN BR E TA G N A

Memorie: Blair“cancella” Londra

L’ ex premierbritannico Tony

Blair ha annunciato ladecisione di cancellarela presentazione dellasua autobiografia ,“AJour ney”, prevista perdomani a Londra, neltimore di nuovidisordini come quelliavvenuti sabato aDublino.“Ho deciso di nonproseguire con lesessioni di firma dellecopie, perchè nonvoglio che il pubblicovenga disturbatodall’inevitabilescocciatura provocatadai dimostranti. So chela Metropolitan policefarebbe, come sempre,un ottimo lavoronell’evitare qualsiasiscompiglio ma nonvoglio imporre unulteriore sforzo allerisorse della polizia,solo per firmare” lecopie del libro.

Page 13: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 14 Martedì 7 settembre 2010

SECONDOTEMPOS P E T TA C O L I , S P O RT, IDEE

Maradona“Vo r re igiocare allostadio SanPaolo per imiei 50anni”

DomenechLicenziatoper le “g ra v icolpe” nelg e s t i rei Bleus

Jennifer Grey“Ho battutoil cancro eadesso possot o r n a rea ballare”

Noomi Rapace“Pensos e m p reche leper sonemi odino”

di Oliviero Beha

Maledetta, e sì, proprio maledettaquesta domenica. A cavallo traun venerdì e un martedì a tintenazionali, dopo il naufragio su-dafricano. Prandelli “g irato” daiDella Valle bros. agli Alberi dellaFedercalcio ha il compito di an-naffiare pianticelle naturalmen-te senza avere il tempo di farlo: ivivai sono una cosa seria, gene-razionale, nel calcio come nelresto, non basta girare un inter-ruttore. Ma nessuno, nel calciocome in politica (coincidono),ha voglia e possibilità di semina-re. Raccoglie, e male. E basta. Èvero che venerdì abbiamo spez-zato le reni all’Estonia, con la fi-nezza della telecronaca inter-rotta da uno spot proprio sulcorner del gol di Cassano. Dice:sfortunati. Dice ancora: tantoc’è il replay e la moviola. Errore,in Rai la moviola è stata bandi-ta... come diceva Totò... su chiserve e chi no (intendo chi è uti-le e chi no, non fraintendetemiche ho già abbastanza guai...).È vero anche che stasera sarà untrionfo contro le isole impro-nunciabili, e proprio a Firenzedove Prandelli sarebbe volutorestare per far crescere il “pro -getto viola”. Progetto in questomomento in stand by, a quel chepare per la questione “cittadellafi o re n t i n a ”, se non addirittura“progetto viola-to”.

Certe vergognein mondovisione

AVRETE CAPITOche sto qua-si divagando, per ritardare lo stra-zio, perché parlare di quello cheè successo domenica a Misanonel Motomondiale mi fa ancoraeffetto, quasi fossi lì mentre avve-niva. Mi fa effetto? Mi fa vergo-gna. Si è corso lo stesso, si è finitala gara letteralmente sulla pelle diun ragazzo di 19 anni caduto e in-vestito, ricoverato e morto. Mo-to2, “errore fatale al curvone” di -ce la G a z ze t t a di ieri, e a Shoya To-

mizawa a 240 all’ora gli passanosopra in due. Corsa interrotta?Ma non scherziamo, per un mor-to supposto o temuto, ci man-cherebbe altro, uno che resta inclassifica sul giornale a strappareil cuore, il suo nome, 7°, 82 pun-ti. Rileggetevelo. Andatevelo acercare. È morto.E il titolo più vistoso della Gazzet -ta, il quotidiano degli “spor tivi”era infatti ieri cubitale in prima:“Maradona: Napoli, arrivo!”per isuoi cinquant’anni, e in piccolo“Morte in pista”e a fianco il com-mento “Ma un gesto serviva”.No, scusate, serviva semplice-mente un titolone alla Maradona:“Vergognatevi !!!” e forse avrem-mo sparso un misto di lacrime eipocrisia incorporate, e non solola routine ipocrita di chi si salva inparte l’anima con un “av re m m oforse dovuto”.Non sto qui a far paragoni, conaltre gare, con la Formula1, con ilcalcio che si ferma se muore ungiocatore ed è successo, ahimè, enon una volta sola, non ne facciouna questione di “quante altrevo l t e ”, né se davvero in passatosia già andata così tranquillamen-

te in un motodromo dove evi-dentemente regna una sorta difranchigia e se uno muore è co-me se morisse “per finta”. Rima-niamo a domenica, a Misano, ba-sta e avanza. Com’è possibilenon provare vergogna di frontealla “nor malità” omicida di que-sta morte, essa sì certamente in-cidentale ma poi salita (o scesa)di livello nel momento in cui èstata assorbita dal contesto dellagara, come un fenomeno geofisi-co, che so, la pioggia che arri-schia le gomme o il sole che lescalda fino ad infiammarle?È possibile. Misano, le sue vitti-me, i suoi carnefici, i suoi correi ei suoi complici e l’ufficio stampaonnicomprensivo di questa mor-te sono oggi la moneta correntecon cui paghiamo qualcosa di

Un’immagine del tragico incidente al Gp motociclistico di Misano (FOTO ANSA)

L’indifferenza per la morte delgiapponese Tomizawa è una

tendenza ipocrita e desolante: nessuno si ferma in pista e sulla stampa

OGNI MALEDETTA DOMENICA

S C O N F O RTA N T ILEZIONI

DI CINISMO

in & out

sempre meno definibile, all’inse -gna di un cinismo sempre più re-lativo e sempre più tendenteall’assoluto. Un cinismo davverofuori discussione. Dentro e fuorida una qualunque pista.Muoiono di infarto, per strada, eper ore non frega niente a nessu-no. Crepano sulla spiaggia, e si fail bagnetto serenamente, malgra-do l’ingombro. Sono fastidi im-previsti che non debbono peròguastare né la giornata, né il ba-gnetto, né tantomeno la prova diMotomondiale. Ci mancherebbealtro, con tutti i soldi che girano ele emozioni che li corroborano.Un morto non basta. Forse cin-que o meglio dieci? Già con lastrage ci sarebbe una piccola giu-s t i fi c a z i o n e .

Vittime, carneficie sistema

E C’È UN’A LT R A vittima in pi-sta. Muore con lui, nella cinicaposposizione di una morte alla“regolare disputa della gara”, an-che il senso dello sport, ancoraradicato in profondità nostromalgrado nella foresta lussureg-giante e indiradabile dello showbusiness. Lo sport che è antico,che è giovane, che è vita, in cuil’agonismo pur etimologicamen-te parente non coincide con

l’agonia: tutto spazzato via, quasia dirci che appunto qualunqueidea di sport deve venire azzeratafin nel profondo assieme a qua-lunque idea di umanità, nei con-fronti dei morti da infarto in stra-da, in spiaggia o comunque inp u bbl i c o .

Quegli orrori senzasoluzione

E MUOREcon Tomizawa preci-samente anche l’idea di sport inpubblico, se il pubblico condivi-de il sacrificio umano. E allora vi-va gli inventori dello stadio diTrieste dove a vedere i “rosso ala-b a rd a t i ” di Saba e Nereo Rocco(più delicato il primo ma più digargarozzo il secondo cui è inti-tolato) nel vuoto di spettatorihanno sistemato le sagome di unpubblico di cartone, per lanciaremessaggi a uno sport disanimatoda vedere in tv e non dalle tribu-ne. Pubblico di cartone per unosport, un calcio, una recita di car-tone.E sembra tutto normale. Anzi,magari la nostra classe dirigentesi starà domandando: ma comeposso strumentalizzare questamorte corale nelle prossime ur-ne? Accelero nella curva del cini-smo o pigio sul rettilineo dellospettacolo?

PA L L O N AT Edi Pippo Russo

C ome funziona il giornalismo sportivo in Italia?Presto detto. Venerdì sera Cassano disputa con

la maglia della Nazionale una squallidissima ora digioco. Le videoregistrazioni della gara sono lì atestimoniare i giudizi di telecronista e commentatoreRai (Gentili e Dossena); i quali parlano di squadra‘scolastica’, e del fatto che ad accenderla dovrebbeessere proprio Cassano. Il quale invece gioca come sefosse la brutta copia del suo compagno di clubPalombo. Il tutto non già contro i campioni delmondo spagnoli. Di fronte ci sono i teneri estoni, finqui battuti senza fatica dagli azzurri. Poi in 4 minutisuccedono due cose. Che gli stessi estoni lascino soloCassano al limite dell’area di porta su un calciod’angolo, e che quello segni di testa il pareggio. E chepoco dopo, altro corner, Pirlo batta il calcio d’a n go l opiù squallido della storia del calcio, sulla traiettoria sitrova però lo stesso Cassano, che piazza un colpo ditacco da spiaggia che diventa un assist per Bonucci. Ilquale segna e dà la vittoria alla Nazionale. Per il restodella partita Cassano torna a fare la brutta copia diPalombo, ma per l’intera stampa nazionale quei duecasuali episodi sono l’Epifania del Fenomeno. Attornoa questo tema ha provato un improbabile cimentoletterario Arturo Arturi inteso Franco, uno dei tantivicedirettori della Gazzetta (praticamenteun’epidemia) specializzato in teiere. Ecco la suaispirata prosa: “Il Ct torna dal Nord con un libretto diappunti denso di situazioni su cui riflettere: esitazioniassortite, improvvisi timori, fantasia a singhiozzofanno parte della trama della partita insieme aglispunti promettenti. In cima a questi ultimi, inutilegirarci attorno, c’è il talento di Bari vecchia. Questavolta è bastato, anche se la tv ha deciso di oscurarne ilgol con una pausa pubblicitaria perfino comica nellasua intempestività. In quel momento sembravavolersi prendere la rivincita beffarda sui mancatiascolti del Mondiale sudafricano [il soggetto diquest’ultima frase sarebbe la Rai, mai citata prima;

purtroppo per imaestri del tè comeArturo Arturi intesoFranco l’analisi logicadel periodo è materiaostica, ndr]. Primapagina di ieri sullaGazzat: “Maradona:Napoli, arrivo!”Mancava uncontrotitolo: “LaGuardia di Finanza:Diego, tiaspettiamo!”.

CIMENTI LETTERARISU CASSANO ANTONIO

ARCURI, I SUOICOLLEGHI E LAPROVA ESTONEDEL TALENTOS F U O C ATODI BARIVECCHIA

Assieme alpilota, sullapista è decedutasoprattuttol’idea dellacompetizionecivile tra uomini

Page 14: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 15

FESTIVAL DI VENEZIA

IL PERBENISMO CI SOFFOCAL’editore Dalai e le polemiche su Vallanzasca:

“Renè è un criminale, ma no alla censura”di Malcom Pagani

Le rifrazioni di un passatodoloroso, si confondonocon le vacuità del Lido. Lacommistione di generi di-

segna il profilo di una giornata dipolemiche scomposte che Ales-sandro Dalai, 63 anni tra 48 ore,affronta attaccando. Dalai èl’editore che contestualmentealla presentazione de “I fiori delmale” di Placido su Vallanzasca,ha portato in Laguna il libro diLeonardo Coen: “L’ultima fuga”.Un viaggio nei 260 anni di galeradel bandito condannato aquattro ergastoli che il giorna-lista percorre in un continuoandirivieni tra la violenza di ie-ri e i ripensamenti di oggi. Unaparte dei proventi “Il 6 per cen-to di tutte le copie vendute sulprezzo di copertina. Tanto, po-co? Non so fornire una dimen-sione”, sarebbe dovuto andareprevio suggerimento dell’am -ministrazione penitenziaria aiparenti delle vittime. Dopo il ri-fiuto indignato degli stessi e laminaccia di cause legali, i soldiprenderanno altre strade.Amareggiato, Dalai?Siamo in una Repubblica libera eindipendente in cui si pubblica-no libri e si fanno film, a prescin-dere dall'opinione rispettabiledegli stessi parenti delle vittime.Che rifiutano il denaro.Non eravamo tenuti a chiedere anessuno l'autorizzazione maquando l'amministrazione car-ceraria ci ha chiesto se fossimodisposti a devolvere parte deiproventi ai parenti, abbiamo ac-cettato senza fiatare.Non è bastato.È chiaro che chi ha pianto padri efigli ha un sentimento irriducibi-le, ma la libertà di insulto è gra-tuita. Non riteniamo che qual-che lira possa ricompensare unaperdita di quel genere, però teo-rizzare il divieto di ragionare suun dato argomento è sbagliato.Per quale ragione?Non avremmo dovuto mai parla-re di Piazza Fontana o delle gestacriminali di Mambro e Fioravanti,altrimenti. Le faccio un esempio.Dica.Noam Chomsky prese posizionea favore di uno storico negazio-nista che escludeva l'esistenzadei campi di concentramento invirtù di un banale principio di-derotiano. La libertà di espres-sione è in cima alle mie priorità.Chi era Vallanzasca?Un criminale che si definisce ta-le e che si è pentito di quello cheha fatto senza però infoltire lasquadra dei collaboratori di giu-stizia insinceri che vendono le

vite degli altri facendo i nomi deicomplici.A chi l’accusa di cinismo?Non capisco il nesso. Io facciol’editore e naturalmente, la mia èun’operazione editoriale legataall’uscita del film di Placido.C’è chi insinua che abbiateelaborato un santino.Chi lo sostiene non ha letto il li-bro che è tutto, tranne cheun’apologia. L’ultimo volumesul tema era di 10 anni fa. Coenha frequentato Renato per quat-tro mesi tentando di scoprireche tipo di persona fosse oggi.Risultato?Una testimonianza straordinariadi cui nessuno parla, perché pro-nunciare il solo nome di Vallan-zasca sembra eversivo. In realtà,Coen ha fotografato l’istantaneadi un uomo molto provato checome suggerisce il titolo, è in fu-ga da se stesso.Figura contraddittoria. Trascatti di violenza selvaggia,decapitazioni, omicidi e ri-pensamenti.Uno che avrebbe potuto essere

con me nel movimento studen-tesco come in un gruppo diestrema destra. Un ragazzo diquartiere che cresce con la mi-tologia degli anni '70.L’ha incontrato?Abbiamo parlato di tante coseche avevamo in comune. Certo,quando il tuo ambito è in bilicotra mafia, Camorra, traffico didroga e sparatorie, un santo nonpuoi essere. Però Vallanzascanon chiede perdono, né patentidi eroismo.Cosa chiede?Sa di essere un personaggio nega-tivo che non riesce ad abbando-nare la sua maschera. Un animalechiuso nella gabbia con cui dovràconvivere per tutta l'esistenza.Vallanzasca ha attraversatole fasi più buie della nostrastoria recente.Il punto è proprio quello. Si di-scute dei soldi da noi donati, manon si riflette su quanti emolu-menti siano stati versati allo Sta-to in forme terze da Mafia, Ca-morra, ‘Ndrangheta P2, P3 e P4.Su quelli, nessuno dice nulla.Pe rc h é ?Gli anni ‘70, in Italia rappresen-tano un tabù che deforma le fi-gure e rende anche la figura diVallanzasca un nervo scoperto.A dd i r i t t u r a ?Analizzare i '70 e gli '80, significafare un’immersione ipercon-temporanea a fianco degli uomi-ni che oggi governano il nostroPaese. Sono lì da allora e a nes-suno, salvo poche voci isolate, èmai venuto in mente di chieder-ne conto.Vallanzasca, allo scopo di ra-pirli, riuscì a procurarsi una li-sta dei più facoltosi imprendi-tori dell'epoca. Della Valle,Ligresti, Berlusconi.La sua vita è un romanzo, come èstata l’esistenza di Giusva Fiora-vanti o il diagramma criminaledella Banda della Magliana. Im-pronte gravi, rimaste nella vivapelle della nazione e che i giova-ni vogliono conoscere. Quandosento Placido dire che è solleva-to dall’assenza di Vallanzascaperché la presenza di René al Fe-stival sarebbe stata inopportu-na, mi intristisco.Avrebbe voluto che fosse aVe n e z i a ?Desideravo che la gente vedessecom'è. Le frasi di Placido somi-gliavano a un vecchio adagio: ‘Ti -rare la pietra e nascondere la ma-

no’. Io a Placido devo questo li-bro, ma insomma, utilizzare unafigura e poi confinarne il ricordoalla sola trasposizione cinemato-grafica, mi pare un po' ipocrita.Da contraddizioni come que-ste lei è già passato.Anni fa facemmo una diretta dalcarcere di Rebibbia con Veltro-ni, Mieli e Liguori. Anche allora,il plotone dei falsi moralisti ciaggredì. Ma raccontare la storiaè più importante di alimentareuna polemica di retroguardia.Francesca D'Aloja ha da anniin cantiere una trasposizionecinematografica del libro diBianconi su Fioravanti.È un film che non le faranno maigirare. Ci sono ombre, semplice-mente, da non illuminare maipiù. In Italia trionfa il perbeni-smo di sinistra che concede ilproprio lasciapassare, soloquando la critica si è espressa po-sitivamente. Avvenne con Bian-coni, accadrà con Coen. Però do-po, vale di meno.Lei si è arrabbiato anche conil Corriere della Sera.Quella prima pagina che virgo-lettava “Vallanzasca era un assas-sino, Film e libro inaccettabili”.senza spiegare l’origine, ovveroil solo parere dei parenti dellevittime, denota una chiara presadi posizione politica.Non va bene?Stare dalla parte del partito dellevittime è più facile che stare dallaparte degli assassini. Ma noi nonmilitiamo tra i secondi. L'ipocri-sia non mi piace. Altrimenti, do-vrei chiedere a un direttore diquotidiano se è moralmente le-cito fare un giornale. Certe sem-plificazioni fanno paura.Cos’altro la spaventa?Conformismo ipocrisia, perbe-nismo, stupidità. Curiosamente,con le ultime due categorie nonc’è partita possibile. Puoi dialo-gare o ragionare con tutti: buoni,cattivi, falsi, ipocriti, leccaculo.Con gli stupidi è inutile. Tempoper so.

SECONDO TEMPO

Combattere glistupidi è inutile: illibro di Coen nonè un’apologiama parlare deglianni ‘70 da noiè un tabù

IL FILM DI PLACIDO di Federico Pontiggia

PER FAVORE, NON TIRATEIN BALLO GARRONE

“È ancora più duro del mio Renato” dice la moglie,“non è un furbo, un vizio molto italiano“ aggiunge

Kim Rossi Stuart. Ma per i telespettatori cattolici dell’Aiar t“il male non va mai mitizzato” e, secondo l’associazioneVittime del Dovere, c’è “il rischio emulazione”. È“Vallanzasca - Gli angeli del male” di Michele Placido. L’hatratto da “Il fiore del male” scritto dal Bel René con CarloBonini, ma il regista preferisce citare Brecht: “Mi sonoseduto nel posto di chi ha torto perché tutti gli altri postierano occupati”. A questo punto, aggiungiamo un posto atavola anche per Shakespeare e il suo “Tanto rumore pernu l l a ”: le polemiche che hanno anticipato, accompagnatoe seguiranno l’anteprima alla Mostra di Venezia sonolegittime e persino rilevanti, ma a patto di considerare ilcinema un megafono e poco altro. Capiamoci bene, sonostate dette anche cose condivisibili – “Ci sono persone inParlamento che hanno fatto peggio”, Placido – elapalissiane – “Capisco anche i parenti delle vittime, la lorosofferenza: non sono certo io a poterne parlare”, RossiStuart – ma il ping-pong si è giocato tutto fuori dalloschermo, seguendo altri vizi molto italiani: parlare senzavedere prima, parlare senza capire poi. Perché il problemadi Vallanzasca non è l’apologia del bandito, il romanticismocriminale, la più o meno verosimile ricostruzione storica,ma la sua mediocrità artistica: Placido non è Mann, enessuno poteva pretendere un “Nemico pubblico”, maquesto non è nemmeno “Romanzo criminale”. Più stracco,più affastellato ma più piccolo, con più società e storia nelfuoricampo, e ancor più provinciale, attributo da cui non sistacca nonostante la 20th Century Fox a produrre –“Medusa e Rai si erano rifiutati”, polemizza il registapugliese – e Moritz Bleibtreu e Paz Vega nel cast. Se laquerelle si concentra su chi e cosa vada o meno raccontato,viceversa, dovrebbe focalizzarsi sul come: lo stile è lapolitica di un film, diceva qualcuno, mentre noi perl’ennesima volta facciamo politica senza stile. E senzacinema: Rossi Stuart è bravo, ma meno di altre volte, Timiesagitato e basta, Francesco Scianna alias Francis Turatelloil migliore, ma qui non passeranno alla storia. Perché nonsono riusciti a (ri)farla. Nel bene o nel male, non tiriamo inballo “G o m o r ra ” di Garrone. Per favore.

ABBIAMO VISTO

ALLENDENON MUORE MAI

GIURANDOdi Luca Guadagnino

Esplode, letteralmente e visivamente, 20sigarette di Amadei. Esplode dopo quarantaminuti. Il camion rosso che irrompe e la plasticaimmagine soggettiva come in un capolavorovideogame (Medal of honor). Potente il silenziodella mano insanguinata che arranca disperatalungamente. Un inatteso film (italiano) diguerra girato con veemente passione (la partemigliore, quella fuelleriana) e prodotto conestrema cura nella ricerca del set piùspiazzante. Applausi in Sala Grande.

èèèdrammaticoPost mortemdi Pablo LarrainSantiago, 1973: la vigilia delcolpo di stato, della mortedi Salvador Allende. E’ quiche scava il cileno PabloLarrain, che trova l’a m o reai tempi della morte: il pro-tagonista – ancora l’ottimoAlfredo Castro di TonyManero – si invaghisce diuna ballerina, ma continuaa trascrivere le autopsieall’obitorio. E’ un uomosenza qualità, l’uomo di unpassato che non passa: ilfascismo c’è ancora, e il ci-nema sta all’erta. Qui pun-ta al Leone, ma non è pertutti: quasi perfetto, ma re-spingente, un’arte da pren-dere o lasciare.

(Fed. Pont. )

èèèèDrammaticoDetective DeeDi Tsui HarkIntrattenimento e riflessio-ne, metafore ed immanen-ze. Ecco il cinema del viet-namita ma hongkongesed’adozione Tsui Hark, ma-gnifico-immaginifico con-corrente in Mostra, che il-lumina le ombre del poteree dei suoi prezzi, per di piùlegati alla prima donna ci-nese imperatore. L’ade-renza storica medievaleapre alle infinite fantasiedel regista, mago di muta-zioni (anche transgender)e magici universi sotterra-nei dalle atmosfere dante-sco-disneyane. Senza trala-sciare quel Ground Zero,di esplicito ma non reto-rico dolore. (An. Pas)

M I C RO M E G A

Almanacco delCinema al Lido

C he è rimasto del cinema im-pegnato? Se lo chiede "Mi-

croMega" diretto da Paolo Flo-res d’Arcais, che vi dedica ilsuo sesto numero coinvolgen-do attori (Servillo, Trinca, Ger-mano, Rohrwacher), registi(Luchetti, Diritti, Virzì), sce-neggiatori e produttori, conGian Maria Volonté a far da nu-me tutelare. Perché? “Il cine-ma è sotto assedio, e da piùpar ti” dice Gianni Canova, allapresentazione veneziana delvolume, tanto che La pecoranera, ironizza il regista Asca-nio Celestini, “su Libero e IlGiornale diventa La pecorarossa o Bandiera rossa: maga-r i!”. Viceversa, da Mario Giana-ni a Marco Bellocchio, sull’as-sedio monopolista-berlusco-niano al nostro cinema tutticoncordano: “Non scandaliz-za la volgarità della destra - os-serva il regista di Vincere - mal’incompetenza e la mediocri-tà della sinistra”. (Fed. Pont.)

Kim RossiStuart, aliasVa l l an z a s c a ,

visto daF u c e c ch i

Page 15: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 16 Martedì 7 settembre 2010

TELE+COMANDOTG PAPI

Giornalismotitanico

di Paolo Ojetti

T g1Un vertice a due, Ber-lusconi e Bossi, per rimi-

rare le macerie di quello chefurono un partito e una coa-lizione è quanto restava nelTg1 di ieri della rivoluzionecopernicana di Mirabello.Ma dobbiamo fare un passoindietro, alla serata di dome-nica, per capire il basso li-vello di quella che fu la “c o-ra z z a t a ” dell’infor mazioneRai-Tv. Un frastornato A n-gelo Polimeno non è riusci-to nemmeno a dire: Fini hasepolto il Pdl. Così frastor-nato da chiamare il presiden-te della Camera con il solonome di battesimo: Gian-franco. Il che la dice lungasulla simbiosi istituzionalefra giornalista e politico, unPolimeno per Fini, una Sar-no per Berlusconi, una Ghi-nazzi per Frattini e così via.Ma la vera novità era il tita-nico Giorgino notista da stu-dio. Ormai tocca a lui, il “n o-

stro caporedattore del poli-tico” (introibo di AttilioRomita), fornire l’i n t e r p re-tazione autentica del pensie-ro del Capo. E per non de-ragliare dalla “linea”, dimen-ticato Fini, Giorgino si è ap-poggiato a due maestri delpensiero politico: Cicchitto,meditabondo perché avevacapito tutto e Gasparri, ilareperché non aveva capitoniente.

T g2Mentre sullo sfondo la“risposta a Fini sta pren-

dendo corpo” (così nel ser-vizio di Senio Bonini), nellapaginona politica del day af-ter Mirabello passano i “c o-lonnelli” che hanno tradito illoro stesso passato, rima-nendo accanto a Berlusconi.Certo, il “p re m i e r ” li ha co-perti d’oro e ha anche pro-messo munifici e garantiti fu-turi parlamentari e ministe-riali, però fa effetto pensarealle accanite partite di questiantichi compagni di calcetto

“Fiamma Tricolore”, oggipassati alla casacca del B e r-lusconi Football Club. Laministra Meloni, che non hamai giocato a palla, era l’u n i-ca che ieri, in perfetto roma-nesco periferico, aspettavaancora “una verifica parla-m e n t a re ”.

T g3Se Berlusconi (conuna certa paura) e Bossi

(sicuro di portare a casa unsuccesso) impersonano ilpartito delle elezioni subito,a caldo, strillate, dall’a l t raparte si è messo in moto unlavorio sotterraneo per arri-vare a “diverse maggioran-ze”. In questo lavorio si èschierato ieri sera il Tg3. In-tervista a Ezio Mauro, doveil direttore di Repubblica ri-corda che esiste una Costi-tuzione da rispettare e chevieta scorciatoie elettorali.Un intervento di Casini ch escandisce: Napolitano chia-ma alle consultazioni, ognu-no dirà quello che riterràgiusto e fattibile, solo allorasi vedrà. Un’intervista a Vel-troni sugli stessi toni. Un ser-vizio “re t ro s c e n a ” di Va l e-ria Ferrante, che ipotizzatutti gli scenari possibili. In-somma, per farla breve, soloil Tg3 punta sulla possibilitàdi un governo senza Berlu-sconi e con un unico pro-gramma: la modifica dellalegge elettorale.

di Fulvio Abbate

E ra (o almeno così mi sembra di ricordare) il1972, quando Capitan Dash si presentò a

casa di zia Gioconda per consegnarle le “ster -line d’o ro ” da lei vinte dopo l’acquisto di unmiracoloso fustino. L’evento rimase inciso ne-gli annali familiari e perfino dell’intero rioneper almeno cinque anni. Quasi fosse stato ilportentoso Mercurio in persona a rivelarsi da-vanti al numero civico della signora Sicuro.A n ch ’io, di ritorno da scuola, ebbi modo diintravedere il semidio pubblicitario in piedisulla “dunebugg y”, un’auto nata per scorraz-zare in riva al mare i ragazzi di allora. Scorsi laD sul petto, le saette e i dardi ai polsi, un fi-gurante commerciale da tutti comunque de-siderato. Questo dettaglio autobiografico mitorna in mente come antecedente aureo da-vanti allo spot del cosiddetto “ConcorsoneDanone”, vera summa involontaria di unacerta memoria storica dell’i n t ra t t e n i m e n t onazionale. Voglio sperare che in molti l’a bbiagià visto, provando magari lo stesso raccapric-cio che ha suscitato presso il sottoscritto.Per cominciare, parlando di assonanze con il

mio remoto ricordofamiliare, occorre ci-tare il revival delle“sterline d’o ro ”, lu-centi nel loro forziereda romanzo di Ste-venson spiegato alpopolo, metti, da unGiorgio Mastrota –addirittura cinque-centomila euro! – epoi soprattutto c’è unpalco a misura di“Fa n t a s t i c o ” nel mez-zo del quale, davantiai giovani figuranti

ballerini p o s t - C a rr a m b a , si materializza incarne e spirito un pezzetto di assai rispettabilemondo spettacolare nazionale, e mica spic-cioli! C’è, per cominciare, la padrona di casa,Raffaella Carrà, ed è suo l’inno tormentoneche accompagna il tutto, “Tanti auguri” r ive-duta in funzione dell’apoteosi degli yogurt be-nedetti dal marchio ospitante. Una Carrà tra-sfigurata nell’effetto ritocco photoshopdell’icona di se stessa, del suo avatar inviatonell’eterno ritorno della suggestione televisi-va. Una Carrà yogurt vivente, una Carrà senzadata di scadenza, insomma. Ottima per l’en -nesimo applauso del gay people, nonostantela signora non abbia mai speso una sola parolain difesa dei movimenti di liberazione omo-sessuale. Accanto a Raffa, giusto per accanirsicontro ogni alito di vera fantasia, giungono itestimonial consolidati della ditta, l’uno ac-canto all’altro come in una sigla di testacodache annunci al mondo il ritorno del varietà.Natascha Stefanenko, Ciro Ferrara, Carlo Con-ti, Alessia Marcuzzi: tutte figurine “va l i d e ”del collocamento televisivo e antropologicoodierno, e fin qui nulla di strano, marchette,se solo lì in mezzo non ci fosse anche StefaniaSandrelli, e qui, pensando alla protagonista di“Io la conoscevo bene”, capolavoro di Anto-nio Pietrangeli, lo sguardo prende ad anneb-biarsi, e sorge il dubbio, nonostante tutta lalaicità e il senso della tolleranza di questomondo, d’essere davanti a una via crucis fi-nale, spettatori dell’atto terminale di una stra-tegia dello sputtanamento di ogni memoriastorica dinanzi alla quale Capitan Dash diven-ta pari grado del Conte di Cavour. Lo spot del“Concor sone” Danone? Quasi più raccapric-ciante dell’ultima inquadratura di “Shining”sulla foto del veglione.

w w w. t e l e d u r r u t i . i t

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

Yog u r te gettoni d’o ro

Raffaella Carrà,p r o t ago n i s t a

nello spot di uno yogurt

SECONDO TEMPO

Martedì 7 settembre 2010 pagina 17

èSTOP A “MOSCHEE ADDIO”IN AUSTRIA, GIOCO ONLINE DEL FPONon ditelo a Renzo Bossi la Trota(potrebbe trovarci uno spunto per ilseguito di “Affonda il Clandestino”).È stato rimosso domenica dal sitoInternet del Partito liberale austriaco (Fpo, di estremadestra) un gioco online il cui obiettivo era di raccogliere ilmaggior numero di punti possibile distruggendo moscheee minareti e cercando di eliminare anche i muezzin chelanciavano gli appelli alla preghiera. La rimozione dal sito èarrivata anche in seguito a un’ingiunzione venuta dallaprocura di Graz, che aveva aperto un’inchiesta perincitamento all’odio razziale e vilipendio di una religione. Ilgioco – denominato “Moschee addio” – era statopubblicato in vista delle elezioni regionali del 26 settembre,ma critiche erano arrivate anche dal segretario dell’O nuBan Ki-moon che l’aveva definito “inaccettabile”.

f e e d b ac k$Commenti al post: “Ela Lega punta alleinvasioni padaniche”di Davide Vecchi edEleonora Bianchini

è CERTI VIRUS sonoduri a morire!!!

Pino A.

è VIVO AL NORD e l’ariain giro è quella sono tuttii n c avo l a t i … Credo che M5Sprenderà molti voti, faremoil botto come si dice. Poi miraccomando in parlamentobisogna cambiare il paesecon delle leggi (poche)chiare e semplici inparticolar modo per lequestioni fiscali.

A.n.g.e .l.o

è VORREI PROPRIOSAPERE come farestesenza gli emigranti del sud egli emigrati degli altri paesi,per quei lavori che nessuno(anche voi bellimbusti) vuolepiù fare.

_utopia_

è PIUTTOSTO CHE LALEGA io non voto, cheogni volta che vedo il figliodel loro boss, ignorantecome una capra ebeneficiato di un seggio allaregione Lombardia ( 10.000mensili), mi sale il sangue alcer vello.

giot

è LA LEGA vince perchéè radicata sul territorio. Fa icomizi dicendo quello che lagente si vuol sentir dire.Agguanta l’e l e t t o regiocando sulla paura deldiverso (prima erano i“t e rro n i ”, adesso gliextracomunitari). Poi,appena ha il potere, sicomporta esattamentecome gli altri (vedi Alitalia,Malpensa, comune diCatania ecc…) e restanosempre servi del padrone B.che garantisce loro lap o l t ro n a .

Fa b ù

è LA LEGA vince perchèfa leva su sentimentiegoistici comuni a tutti:tenersi i propri quattrini,ordine e disciplina (per chise la passa benino),segregazione degliimmigrati, che devonolavorare per noi ma noninquinare le nostre strade odisturbare i padroni (chesiamo noi). Siccome TUTTI,nessuno escluso, siamoprede di questi sentimenti,che diventano tanto più fortiquanto aumental’insicurezza (del lavoro, deisoldi, del proprio benesserein genere), ecco che la Legaav a n z a

Nautilus

è DOVE VIVO IO la Legaha fatto un boom, confermoche è dovuto all’ondataxenofoba, a un’assenza dellepolitiche di integrazione ealle scelte poco lungimirantidegli imprenditori locali.

Pinotto

è CARI AMICI DELSUD, sono un cosiddetto“padano”, di madre torinesee padre astigiano. Ebbene,sono con voi contro la Lega.Voi pensate, grazie a Bossi,che i cittadini del nordd’Italia vi odino: non è così.Vi prego quindi di non fare illoro gioco attuando anchevoi crociate contro il“n o rd ”. Sappiate che sepensate di odiare Bossi&co,non dovete odiare diconseguenza anche il nord,fate solo il loro gioco.

Claudius

MONDO WEBIL DIBATTITO LANCIATO DA WIRED

Il webè morto?

La suggestione di Jimmy Walesè stata rilanciata domenicadall’Associated Press: “Per fi-nanziare la nostra enciclope-

dia – dice in un’intervista il fonda-tore di Wikipedia – stiamo studian-do delle applicazioni a pagamentoper iPhone, iPod e Android”. La di-chiarazione di Wales è indicativa diun dibattito che sta impazzando inquesti giorni on e off-line e che ri-guarda il futuro di Internet. Comespesso succede, a lanciare un enor-me sasso nello stagno aprendo unadiscussione a livello mondiale, èstata la rivista Wired Usa, da semprepunto di riferimento per tecnolo-gia e mondo digitale. “The Web isdead”; il Web è morto, soppiantatodalle applicazioni, l’annuncio-pro -vocazione in prima pagina correda-to da un’analisi del direttore ChrisAnderson (già autore di libri illumi-nanti come La coda lunga e G ra t i s ).Internet, va premesso, non è so-vrapponibile al Web: se per Inter-net si intende la tecnologia (il pro-tocollo Tcp/iP) che permette a unarete di dispositivi – dai computer aitelefoni – di scambiarsi informazio-ni; il Web è l’insieme delle pagine

di Federico Mello

GRILLO DOCETFINI COME B.MA 15 ANNI DOPO

1) Il discorso di Fini miha ricordato quello di 15 anni fa diBerlusconi. Molte le similitudini,Entrambi scendono in campo per ilbene del Paese, Entrambi rinnegano illoro protettore. Berlusconi rinnegòtemporaneamente Craxi e Finirinnega Berlusconi che lo sdoganòdall’innominabile area post fascista proponendolo a sindacodi Roma (erano i primi anni ‘90). Entrambi , sembraincredibile, parlano di legalità... il primo Berlusconi erainfatti un ammiratore di “Mani Pulite” e propose unministero a Antonio Di Pietro, mentre Fini era nella “cabinadi regia” durante i fatti di Genova del G8. Il Sistema quandosi trova di fronte a un muro, e ora lo è, si inventa l’uomo

nuovo anche se stagionato. I media fanno il resto e con undoppio salto carpiato con avvitamento multiplo,inesorabilmente, tutto rimane com’era.2) Nominare il MoVimento 5 Stelle è peggio chebestemmiare in chiesa per i giornalisti e per ipolitici, se possono, con pochissime eccezioni,evitano. Il silenzio sepolcrale che circonda leragazze e i ragazzi del MoVimento è interrotto solodagli insulti più vari, da “squadristi” ( c o py r i g h tFassino) a “professionisti del fischio e delloschiamazzo” (copyright Pierluigi Battista, Corrieredella Serva), “seminatori di odio” (copyright Casini).Anche isondaggistisono contagiatidall’andazzo

generale ,a partire da RenatoMannheimer cherelega il MoVimento5 Stelle negli “altri”.

èE TREMONTI CITÒ GOOGLE“PIÙ SIGNIFICATIVO DI UN PAESE DEL G7”In Italia, dove la classe dirigente è in ritardo sulla culturadigitale, fa notizia un politico dal calibro di Tremonti che citaGoogle (per giunta non pronunciandolo “G o go l ” comeaveva fatto Berlusconi). A Cernobbio, infatti, ilsuper-ministro dell’Economia ha svolto uno dei suoiinterventi “di scenario”. “Le grandi crisi economiche – unpassaggio del suo discorso – in passato sono state causate

dall’apertura degli spazi”. La situazione attualenon è dissimile: “Alla complessità dell’aper turadello spazio geografico – ha continuato –, laglobalizzazione, ora si aggiunge un’altracomplessità, che è l’apertura dello spaziovirtuale. Se guardate Google è più significativo diun Paese del G7”. Ineccepibile.

èHOUELLEBECQ COPIA?LO SCRITTORE: “DIRITTO AL PATCHWORK”Plagio o mash-up*? Michel Houellebecq, unodei più acclamati e controversi scrittorifrancesi, è stato accusato di aver copiato nelsuo nuovo romanzo, intitolato “La carte et let e rr i t o i re ”, interi paragrafi da Wikipedia.Secondo quanto pubblicato dal sito Slate.fr,che ha lanciato l’accusa, Houellebecq, giàautore del best-seller “Le particelleelementari” e “La possibilità di un’isola”,avrebbe copiato, tra l’altro, brani relativi auna descrizione della città di Beauvais e unritratto del politico francese FredericNihous. Ma lo scrittore non ci sta inun’intervista al sito del “Le NouvelObser vateur” va all’attacco: “Utilizzare unaparola grossa come plagio – la sua opinione –è ridicolo, come ridicola è l’accusa”.Houellebecq piuttosto rivendica il diritto,per un autore, ad accedere a tutte le fonti edi inventarsi una narrazione fatta anche di“p a t c h wo r k ”. (*Nel gergo musicale, permash-up si intende il procedimento secondocui una canzone viene creata usando due opiù tracce musicali distinte; dice Wikipedia)

SECONDO TEMPO

La copertina di Wired;la pagina Facebook del Fatto Quotidiano

e quella dell’Huffington Post;un altro fotomontaggio da Quink.it

che è possibile sfogliare con un bro-wser tipo Mozilla o Internet Explo-rer. “Oggi – spiega Anderson – icontenuti che vedi nel tuo browser,sono meno di un quarto del trafficosu Internet. Il resto sono applica-zioni peer-to-peer trasferimento fi-le, chiamate su Skype, giochi onli-ne, iTunes, iChat, Netflix e le altreapplicazioni che trasmettono filmin streaming”. Per certi versi questaevoluzione è inevitabile: “È il ciclodel capitalismo” che sposa il nostrobisogno di avere cose “che funzio-nano e che siano affidabili”. Ciòcomporta però uno spostamento,su Internet, dall’apertura caoticadel Web, a sistemi chiusi, come Fa-cebook, Apple o Google che, con le“condizioni di servizio” possonocontrollare “come vogliono l’usoche facciamo dei loro prodotti”. “Igiganti economici – conclude An-derson – stanno facendo anche suInternet quanto sanno fare meglio:occupare uno spazio strategico inmodo tale che tutto, in entrata e inuscita, passi da loro”. E noi, chiosa ildirettore di W i re d , “amiamo tuttociò”. Nel bene e nel male.

f . m e l l o @ i l fa t t o q u o t i d i a n o . i t

è IL FATTO SUPERA L’HUFFINGTONPER NUMERO DI FAN SU FACEBOOKNon abbiamo mai nascosto che, per ilnostro ilFattoQuotidiano.it, ci siamo ispiratiall’Huffington Post, il sito fondato da AriannaHuffington che con le sue notizie e analisipolitiche dagli Usa raccoglie milioni divisitatori. Ciononostante, ieri pomeriggio,con i nostri 144 mila fan, la nostra paginaFacebook ha superato per numero di iscrittila pagina dell’Huffington. A parte lasoddisfazione, questo risultato è anche unsegnale: con le carenza di altri media, in ItaliaInternet è diventata fonte fondamentaled’informazione. Ancor meglio se libera.

Page 16: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

pagina 18 Martedì 7 settembre 2010

PIAZZA GRANDEPrescrizione, una festa per tutti

di Bruno Tinti

B&C continuano a preten-dere il “processo breve”,si dice per evitare a B. lacondanna per corruzione

dell’avv. Mills. Anche se sannotutti che di prigione non se neparla: dopo pochi mesi dallapronuncia della sentenza il rea-to sarà prescritto.Questa “soluzione” (già ampia-mente sfruttata da B.) è quellaabitualmente ricercata dalle di-fese: i tempi dei processi sonocosì lunghi che arrivare a unasentenza di condanna è pratica-mente impossibile. Sotto que-sto profilo, dunque, il “p ro c e s s obre ve” esiste già.Praticamente impossibile... Maquanti sono davvero i processiche si prescrivono? Questo ve-ramente nessuno lo sa: l’ammi -nistrazione giudiziaria non hauno strumento statistico chepossa fornire questo dato; e, so-prattutto, non è tecnicamentepossibile prevedere quanti deiprocessi pendenti si prescrive-ranno. Questo perché la prescri-zione dipende da situazioni pro-cessuali imprevedibili: un furtopluriaggravato si prescrive in 12anni e mezzo; ma, se vengonoconcesse attenuanti e se questesono considerate prevalenti sul-le aggravanti, ecco che il termi-ne di prescrizione scende a 7 an-ni e mezzo; e così, magari in Ap-pello o in Cassazione, la prece-dente sentenza di condanna di-venta una sentenza di “assolu -zione” per prescrizione. Così èsuccesso a B. in uno dei suoi pro-cessi: condannato in primo e se-condo grado per corruzione, èstato assolto in Cassazione per-ché, a seguito della concessionedelle attenuanti generiche, ilreato era prescritto. Non si puòsapere dunque quanti processisi chiuderanno con la prescri-zione; ma si può sapere quali.Ogni anno il Procuratore gene-rale presso la Corte di Cassazio-ne e il ministro della Giustiziaspiegano ai cittadini, quandoinaugurano solennemente l’an -no giudiziario (con cerimonieche somigliano sempre più a unfunerale), qual è la durata mediadel processo penale. Attenzio-ne, la parola chiave è “media”:alcuni processi si concludono

prima e altri dopo: la media è 7anni e mezzo. I processi più ra-pidi sono quelli semplici, per iquali non occorrono indaginicomplicate; e quelli più lenti so-no i processi complessi. Giusto.Quindi, si potrebbe pensare, itermini di prescrizione tengonoconto della complessità dei pro-cessi. Sbagliato. I termini di pre-scrizione non dipendono dallacomplessità delle indagini madalla pena prevista per il reato:più è alta, più lunghi sono; perdire, l’omicidio si prescrive in30 anni, il traffico di droga in 25,una rapina, un’estorsione, unostupro, in 12 anni e mezzo; ma latruffa, la corruzione, la frode fi-scale, il falso in bilancio, l’infe -deltà patrimoniale, si prescrivo-no in 7 anni e mezzo. In effetti,tutti i reati puniti con una penainferiore a 6 anni si prescrivonoin 7 anni e mezzo; e, guarda ca-so, la quasi totalità dei reati cui laclasse dirigente del nostro Paeseè tanto affezionata sono puniticon una pena inferiore ai 6 an-ni.

Quel sogno dellamancata condanna

ORA, SE I PROCESSI sempli -ci, quelli che si possono conclu-dere entro il termine di duratamedia del processo, coincidesse-ro con quelli che si prescrivonoin 7 anni e mezzo andrebbe tuttobene. Nessun processo si prescri-verebbe: quelli semplici si con-cluderebbero prima della sca-denza del termine di prescrizio-ne e quelli complessi, che richie-dono più di 7 anni e mezzo peressere definiti, avrebbero termi-ni di prescrizione più lunghi. So-lo che non c’è nessuna relazionetra pena prevista (e conseguentetermine di prescrizione) e com-plessità del processo. Un trafficodi droga, dopo un annetto di in-tercettazioni telefoniche, è unprocesso che si chiude in pocheudienze; in un processo per omi-cidio, quasi sempre, o non si tro-va il colpevole oppure lo si indi-vidua dopo poche settimane; gliautori di una rapina, quasi sem-pre, sono arrestati mentre la stan-no facendo o poco dopo. Insom-ma i processi per i reati puniti piùgravemente sono spesso quelli

più brevi. Per questi reati un ter-mine di prescrizione lungo è inu-tile; tanto i relativi processi si con-cludono in fretta. E quali invecerichiedono un sacco di tempo?Ma è ovvio, quelli che hanno unaprescrizione breve, sennò B&Ccome si salverebbero dalla gale-ra? In questi processi la linea d’in -dagine è sempre e solo una: se-guire i soldi. Da dove vengono isoldi pagati al corrotto? E di chierano? E questo dove li ha presi? Ècosì che si indaga, da una bancaall’altra, da una società all’a l t ra ,da una persona all’altra. Ma natu-ralmente è complicato. La primabanca magari è in Italia e qui si farelativamente in fretta: i soldivengono dalla Svizzera o da Mon-tecarlo. A questo punto comin-

ciano le rogatorie; e, se si scopreche i soldi arrivano da un’a l t rabanca che sta alle isole Cayman,le cose si fanno difficili. E poi c’è ilproblema delle società e dellepersone che le rappresentano;magari si tratta della donna dellepulizie e di suo marito; e questasocietà ha il solo compito ditrasmettere la corri-spondenza a un’al -tra società che hasede in un altropaese e che facapo a un im-portante studiodi commerciali-

sti o di avvocati. Insomma, quan-do si è finito di accertare tuttoquesto, quanti anni sono passati?E, per finire, non è che questi rea-ti si scoprono subito, come avvie-ne per un traffico di droga o unomicidio. Qui c’è il morto, lì c’èun pusher che parla, le indaginicominciano immediatamente.Ma, per i reati di B&C bisognaaspettare che un commercialistainglese si senta chiedere da un av-vocato che si è fatto corromperecon circa mezzo milione di dol-lari come deve regolarsi fiscal-mente con questa somma (!); eche il commercialista in questio-ne, indignato, denunci il fatto allecompetenti autorità (!!!) Magaripassano un paio d’anni; ma la pre-scrizione comincia a decorrereda quando l’avvocato si è preso isoldi.E così, quando matura la prescri-zione, il processo è arrivato sì eno in primo grado e restano an-cora Appello e Cassazione. Alla fi-ne c’è da chiedersi: ma perché B.ci tiene tanto a non farsi dichia-rare colpevole di corruzionedell’avv. Mills?In Appello il reato sarà prescritto;e lui si è già beccato tre “assolu -zioni” per prescrizione, una percorruzione, una per finanzia-mento illecito e una per falso inbilancio; una più, una meno... Va-le la pena di ammazzare tutti iprocessi penali italiani solo perquesto?

N o i & l o ro Édi Maurizio Chierici

IL VALOREDEL PERDONOP rima di morire José Saramago lascia una domanda: perché

nessuno chiede perdono? Forse perché immersi in un cinismosincero. Forse perché conviene lasciar correre il dolore del qualesiamo responsabili e non farsi carico della sofferenza degli altri perosservarla col distacco di un impresario delle pompe funebri: infondo non è lui l’assassino. È il limbo dove si rifugiano i protagonistiai quali abbiamo concesso di amministrare la nostra vita. Si puòraccogliere il coraggio per ammettere errori lontani, mal’umiliazione del perdono diventa insopportabile a chi vive in unposto bene illuminato. Anche la Chiesa si rassegna al perdono consecoli di ritardo – Galileo, Giordano Bruno – quando non è costrettaad umiliarsi davanti alle vittime della pedofilia. E i politici? Non sene parla. Non importa se portatori di speranza. Obama ritira imarines dall’Iraq e condanna l’imprudenza della guerra di Bush, manon una parola su donne e bambini, 178 mila innocenti (i numeridelle organizzazioni umanitarie li raddoppiano) bruciati per strada,o mentre dormono, o fra i banchi di scuola, non sempre per caso.Gli elettori della grande potenza non capirebbero. La Casa Biancaval bene il silenzio. La dignità del potere impone l’indifferenza chene tutela la maestà. Anche se l’orgoglio ingrigisce, proibitosfiorarlo. Fidel Castro si rammarica di quando dava la caccia ai gay.“Ho sbagliato ma il ’62 era, anno difficile...”: invasione della Baiadei Porci e poi i missili russi che minacciavano la terza guerramondiale: “È mancato il tempo di riflettere”. Ci ripensa appenaMosca scappa e i suoi ordini non valgono più. Nel trauma delperiodo speciale, l’Avana fa subito un film, “Fragole e cioccolato”:tutti, ma proprio tutti i cubani, lo vedono e lo rivedono, risateamare. Eppure Castro, nell’anticamera degli addii, non trova ilcoraggio di chiedere perdono almeno alla vittima simbolo dellamostruosità: Reinaldo Arenas, svergognato perché omosessuale,quindi controrivoluzionario da chiudere nei campi dell’UnitàMilitare di Sostegno alla Produzione. Bastonato, torturato: perde ilposto da bibliotecario, espulso dall’associazione scrittori che nel1967 applaudivano la rivelazione “Celestino prima dell’alba”. Acomando dimenticano gli abbracci al narratore che sconvolge lalogica della tradizione sul filo del surrealismo. Nel secondo libroArenas perde il rispetto. Racconta l’inferno dell’essere diverso inquell’isola di maschi: “Mondo allucinante” respinto dalla censura.Lo fa scivolare in Messico, oltraggio aggravato dal premio Medici,luci di Parigi. Dove non può andare; non godrà l’onore e il benessereche accarezzava sotto i reticolati. Nel 1980 lo imbarcano sulla navedelle immondizie umane: dal porto di Mariel arriva a Miami escopre che se Cuba è il purgatorio, gli Stati Uniti sono l’inferno. Siammala a New York, povertà disperata del West Side. Sceglie dimorire. Se è comodo raccontare di Castro amato e odiato senzasfumature da tre generazioni che abitano l’altra parte del mare, ècomplicato scegliere dalla nostra parte chi dovrebbe invocareperdono. Chissà se il ministro Maroni un giorno chiederà perdono aiprofughi eritrei che i suoi respingimenti impacchettano nel desertodove Gheddafi li scioglie al sole. Fini si accorge della iniquità dellalegge elettorale sostenuta con calore nel momento dellaconvenienza. Adesso si scusa: “Sono pentito”. Calisto Tanzi chiede

perdono a migliaia di risparmiatori ridotti al lastrico dallaspensieratezza della sua finanza d’avventura, ma Berlusconi

continua a tacere. I miliardi e le Tv, i cortigiani a noleggionei giornali e in Parlamento, non sopporterebbero iltracollo. Rassegnarsi al perdono vuol dire perdere iviolini di corte, aprire dubbi su conti in banca oscuri,catastrofe che le ombre fedeli non possono sopportaree lui non sopporta di restare solo. Tace, aspettando ilmiracolo di chissà quale redenzione: chi non troval’orgoglio dell’umiliarsi non l’avrà mai, ultima paroladi Saramago il quale non credeva al regno dei cieli manella dignità morale sì.

m c h i e r i c i 2 @ l i b e ro . i t

Il Vangelodi Marchionne

di Vladimiro Giacché

C’è un lato dell’inter ventodi Sergio Marchionne almeeting di Rimini di Clche non è stato conside-

rato con la dovuta attenzione: ilfatto di rappresentare un manife-sto politico, che dà voce ad aspet-ti importanti dell’ideologia con-temporanea. Lo è per la forma pri-ma ancora che per i contenuti.La forma è quella dell’opposizio -ne. Proprio quell’opposizioneche Hegel – così spesso citato daMarchionne – detestava: “l’oppo -sizione dell’intelletto”, in cui gliopposti se ne stanno irrigiditi unodi fronte all’altro, il bene contro ilmale. Tutto l’intervento è con-trassegnato da questi contrasti datalk-show televisivo, triste paro-

dia contemporanea della con-trapposizione schmittiana di ami-co e nemico. I termini dell’oppo -sizione di Marchionne sono “vec -ch i o ” e “nu ovo ”. Il suo discorso èun’ossessiva serie di variazioni suquesto tema. “Proteggere il passa-to” anziché “guardare avanti”.“Rifiutare il cambiamento” (equindi “il futuro”) contro dispo-nibilità ad “adeguarsi al mondoche cambia”. “Vecchi schemi”contro “nuovi orizzonti”.Questa prima opposizione è lapremessa della seconda: buonicontro cattivi. Da una parte chi siostina a rifiutare il cambiamento,dall’altro i suoi paladini. A comin-ciare dallo stesso Marchionne.Che racconta: “Quando sono ar-rivato in Fiat ho trovato una strut-tura immobile, chiusa su se stes-

sa”. Poi il cambiamento, l’iniezio -ne di “una forte carica di valori”:una nuova “etica di business è sta-ta la chiave della rinascita, che hastrappato il gruppo dal fallimentoal quale sembrava destinato nel2004”.Parole molto belle. Ma i “valor i”che nel 2005 hanno strappato laFiat dal baratro sono di tipo piùmateriale. Si tratta di due eventi

Quali processirichiedono un saccodi tempo perarrivare a giudizio?Ma è ovvio,quelli che hannoun excursus breve,altrimentiB&C in quale modosi salverebberodalla galera?

SECONDO TEMPO

che Marchionne conosce beneperché firmò il bilancio in cui so-no descritti. In primo luogo il pa-gamento di 1,56 miliardi di euroda parte di GM pur di rescindereun contratto che l’avrebbe obbli-gata a comprarsi la Fiat. E poi il fat-to che le principali banche italia-ne (Capitalia, Intesa, Unicredito)– che nel 2002, quando la Fiat sta-va fallendo, avevano trasformato3 miliardi di crediti a breve in cre-diti a medio-lungo termine – nel2005 convertirono questi creditiin azioni Fiat. Al prezzo di sotto-scrizione di 10,28 euro ciascuna,quando il valore delle azioni sulmercato era di 7,3 euro: e quindila Fiat ricevette dal sistema ban-cario italiano un grazioso omag-gio di 858 milioni di euro, che fumesso a bilancio come “P rove n t ifinanziari atipici”. In questi e inmolti altri casi – vedi alla voce in-centivi – il “sistema Italia” ha sa-puto farsi carico della sua princi-pale azienda manifatturiera in dif-ficoltà. Anche per questo l’insi -stenza di Marchionne sul fatto che“l’unica area del mondo in cui ilGruppo Fiat è in perdita è propriol’Italia”, e che (ri-)portare in Italia

la produzione della Panda “non èstata una scelta basata su principieconomici” a fronte di “vanta ggisicuri che altri Paesi potrebberoof frire”, rappresenta un’affer ma-zione un po’ forte. E anche peri-colosa, visto che, come Mar-chionne sa bene, nel mercato nonc’è solo la razionalità di chi vende,ma anche quella di chi acquista. Eforse qualcuno dei consumatoriitaliani, che comprano il 40% del-le auto Fiat vendute, potrebbe an-che ripensarci.

Lo sforzopoco collettivo

Ma la parteche più lascia perples-si del discorso di Rimini consistenella contrapposizione tra chi con-tinua a “pensare che ci sia una lottatra capitale e lavoro, tra padroni eo p e ra i ”, dall’altra chi chiede “ungrande sforzo collettivo, una spe-cie di patto sociale per condivideregli impegni, le responsabilità e i sa-cr ifici”. Ora, a parte il fatto che segli interessi di “p a d ro n i ”e “o p e ra i ”fossero identici non avrebbe sensoneppure parlare di “patto sociale”,

c’è qualcosa che non torna. Il fattoche lo “sforzo collettivo” che si ri-chiede è tutto da una parte sola. Intermini di moderazione salariale (egli stipendi Fiat sono già inferioridel 30% a quelli della Volkswagen),di ritmi di lavoro e di limitazionedel diritto di sciopero. Dall’a l t raparte, invece, la volontà di evitare“una guerra in famiglia”si sostanzianell’aggiramento e la risoluzioneanticipata del contratto nazionaledi lavoro, e da ultimo il rifiuto di ot-temperare a una sentenza della ma-g istratura.Ora, il cambiamento è una gran bel-la cosa. Ma sarebbe bello che, unavolta tanto, avvenisse anche daquesta parte della barricata. Maga-ri aumentando gli investimenti inricerca e costruendo modelli ingrado di vendere . Oppure comin-ciando a vendere auto in Cina (do-ve la Fiat è l’unico grande marchioassente). O, ancora, evitando di di-stribuire dividendi per 237 milionidi euro se la società ha chiuso il bi-lancio in perdita per 800 milioni.Marchionne ha ragione: “Essere li-beri vuol dire trovare il coraggio diabbandonare i modelli del passa-to”. Vale anche per lui.

Il numero unodi Fiat predicacambiamentoma le sue paroleevocano unac o n t r ap p o s i z i o n etra bene e malee tradisconole logicheassistenzialistetipiche del Lingotto

L’av vo c at oinglese

David Mills

Page 17: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010

Martedì 7 settembre 2010 pagina 19

Furio Colombo A DOMANDA RISPONDO7

MAIL B OXProtestare in Italianon è un reatoGent. Direttore,ma perchè nel nostro paese èvietato protestare? Chi pro-testa a voce viene zittito an-che dalla sinistra, che chiamapersino gli agenti antisom-mossa. E' risaputo che i cit-tadini hanno idee chiare, sonopiù avanti dei politici. Daquando in quà, in un paese diDiritto, dove la Costituzionepermette libertà di parola,non è più permesso esprime-re contrarietà a questa poli-tica affarista e corrotta. Qui,qualcuno ha perduto la bus-sola, non distingue più i proprisostenitori della politica seria,dai veri contestatori. Chi tu-tela quei cittadini disoccupati,precari, gli studenti e i milionidi pensionati? Chi governapensa a tagliare settori stra-tegici della nazione, la scuola ela ricerca, la sanità e i trasportipubblici. Chi è all'opposizionenon ha punti di forza, non haidee per portare lontano dalprecipizio questo paese. Contutti questi problemi i citta-dini dovrebbero stare zitti?Ad aspettare che cosa? Masanto cielo, anche noi voglia-mo dire la nostra! Non solo arichiesta, al momento del vo-to. Lasciateci protestare!Angelo Mandara

Separati in casae l’Italia va a rotoliSentire anche quei pochi pas-saggi del discorso di Mirabellolasciano pensare a un chiaro"tirare a campare"... dove lesingole parti, lentamente, tro-veranno il tempo per organiz-zarsi (continuando a concen-trare su sé le attenzioni delPaese) sulle prossime elezioni(e si spiegherebbero così le ul-time "bombe" di calciomerca-to)... si spera. Ma in questa an-cora lunga legislatura non cisono soltanto i famosi... "5punti". Questo sottovalutareil "Bene superiore"... per per-sonalismi spinti, mi ricordapersino, nel calcio, l'ostraci-smo messo in essere dal grup-po della Nazionale di M. Lippiverso il talento A. Cassano.Ma, a prescindere, il presiden-te della Camera credo do-vrebbe fare dei passi indietro,quando si legge che lo stessoha presenziato a quella caricaper un numero ridotto di vol-te (ovviamente) . Stiamo as-sistendo a continue novità... ilcostituendo FLI è chiaramen-te "un tradimento" fatto aglielettori... prima, quando siusciva da un partito si entravanel cosiddetto "gruppo mi-sto".Angelo Mandara

Sakineh, non è giustiziama ingiusta vendettaIl caso di Sakineh, a mio av-viso, è solo l'estremizzazio-ne di molti altri casi, consu-mati nel silenzio e nell'indif-ferenza.Perchè ne scrivo, al-lora? Ne scrivo perchè untermine usato dal ministrofrattini nel suo "appello" mi

C aro Colombo,dicono a destra: non possiamo

correre subito al voto e buttare viatutto ciò che ha fatto il governo. Diche cosa parlano?

Filomena

I LETTORI sanno il mio non è ungiudizio super partes ma di parte . Tuttaviaogni parte deve proporre prove per quelloche dice. Voi avete notatoi che gli uomini e ledonne (parliamo di politica) di Berlusconielencano sempre molto in fretta i presuntisuccessi di governo e finiscono subito conl’elogio della lotta alla mafia, arresti econfische. Non occorre essere oppositori persapere che nessun ministro dell’Interno(salvo che con Pinochet) ha il potere o anchesolo l’iniziativa di arrestare e sequestrare. Ètutta materia dei giudici e dei poliziotti chelavorano e rischiano con i giudici. Mavediamo punto per punto.1) Riforma della Pubblica amministrazione:salvo i tagli, i blocchi dei concorsi e lacacciata dei precari, non risulta essereaccaduto nulla. Controprova. La continuaparata di Brunetta a Cortina un anno fa e ilprudente silenzio di quest’anno. 2)Sicurezza: caccia ai Rom ma nonall’illegalità che, in tutte le forme, dilaganelle città grandi e piccole. Tutte le forzedell’ordine sono state dirottate sugli

immigrati ripetendo l’indecorosa e incivilefrase di Berlusconi e Moratti: “Gli immigratidelinquono”. Mai città come Roma e Milanosono state più abbandonate. 3) Economia:nessun programma, nessuna iniziativa,nessuna ripresa. Abbandonati a se stessi siai lavoratori sia le imprese. Unicacaratteristica : difesa dei conti dello Stato,ma solo con tagli drastici che toccano servizi,welfare, lavoro ma non la ricchezza deiricchi. E tutto negato da una grande pioggiadi condoni. 4) Difesa: ricordare l’indecenteuso di unità militari per smantellare i campiRom e sorvegliare i campi diconcentramento detti “Centri diidentificazione e di espulsione”. 5) Giustizia:molto è stato fatto. Tutto contro la giustizia.Adesso arriva “il processo breve”, unamaxi-indecenza. 6) Esteri: due pattid’acciaio: con Gheddafi e con Putin. Èl’impenetrabile segreto sui reali rapportid’affari fra Berlusconi e i due persecutori diogni forma di dissenso. Come si vedeBerlusconi non governa e le cose che hodetto, benché di parte, non sono facili dasmentire .P.S. Non ho parlato di scuola per nonesagerare .

Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano00193 Roma, via Orazio n. 10l e t t e re @ i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

CHE BERLUSCONIGOVERNI!

IL FATTO QUOTIDIANOvia Orazio n. 10 - 00193 Romal e t t e re @ i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

LA VIGNETTA

SECONDO TEMPO

L’abb o n at odel giorno

MAURIZIO BOCCADORO

Dalla splendida isola diOrtigia (Siracusa) unsaluto a tutta la redazionee agli amici del FattoQuotidiano. Il nostroQuotidiano, che mi seguesempre e ovunque, loleggo con estremointeresse e gusto dallaprimaall'ultimapagina.Grazieper lap re c i s ae liberai n fo r m a z i o n eche offri.

Raccontati e manda una foto a:a bb o n a t o d e l g i o r n o @

i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

IL FATTO di ieri7 Settembre 1303La storia narra che non resistette all’affronto inflittoglida Guglielmo di Nogaret, cancelliere del re franceseFilippo il Bello che morì, stroncato più nel morale chenel fisico, un mese dopo il discusso “schiaffo di Anagni”del 7 settembre 1303. Un oltraggio insopportabile perBonifacio VIII, dottissimo giurista, ma anche ambiziosoe despota, pontefice per 9 anni, tutti spesi nellastrategia del dominio universale della Chiesa. Il papa“principe de’ novi farisei” odiato da Dante e collocato,addirittura prima della sua morte reale, nella bolgia deisimoniaci, a testa in giù con i piedi arrostiti da un fuocoperpetuo. Il papa ispiratore del “gran rifiuto” edell’arresto del mite Celestino V, contestato per lasmania di ricchezza e per il plateale nepotismo, esoprattutto celebre per quella bolla Unam SanctamEcclesiam, diktat della superiorità papale anche inmateria temporale, che segnerà, fino a tempi recenti, itormentati rapporti tra Stato e Chiesa. La bolla delloscandalo, alla base dell’atto di forza di re Filippo che,alleatosi con i potenti Sciarra Colonna, storici nemicidel pontefice, culminerà nel celebre “s ch i a ff o ”.Un’offesa alla quale l’orgoglioso papa non riuscirà asoprav vi vere.

Giovanna Gabrielli

indigna, nel profondo, e in-tendo sottolinearlo: Frattiniparla di clemenza. Che cosasignifica clemenza? Astener-si dal torturare e assassinareun essere umano può essereconsiderato dal rappresen-tante di un governo che do-vrebbe influire sui fatti "unatto di clemenza?”.Nessuntermine più appropriato èvenuto in mente alle diplo-mazie, più incisivo di questovergognoso compromessoservile e sostanzialmente pi-latesco? Dove finisce il po-

tere di dissuasione ed inizia ildovere della denuncia e dellaferma condanna? Comesempre, purtroppo, la situa-zione è gravissima ma nonseria, e in Iran ha prodottoeco maggiore l'appello diTotti, grazie Francesco. Pur-troppo il coraggio non sivende al mercato e non mi siparli di ragion di stato. ConSakineh nel cuore e sulla pel-le. Cordili saluti e buon la-voro a tutti voi della reda-zione .Pia Primarosa

Direttore responsabileAntonio Padellaro

Caporedattore Nuccio Ciconte e Vitantonio LopezProgetto grafico Paolo Residori

Redazione00193 Roma , Via Orazio n°10

tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230e-mail: [email protected]

sito: www.ilfattoquotidiano.itEditoriale il Fatto S.p.A.

Sede legale: 00193 Roma , Via Orazio n°10Presidente e Amministratore delegato

Giorgio PoidomaniConsiglio di Amministrazione

Luca D’Aprile, Lorenzo Fazio, Cinzia Monteverdi, Antonio PadellaroCentri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130,20060 Milano, Pessano con Bornago , via Aldo Moro n°4;Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo;Società Tipografica Siciliana S. p. A., 95030 Catania, strada 5ª n°35Concessionaria per la pubblicità per l’Italia e per l'estero:Poster Pubblicità & Pubbliche Relazioni S.r.l.,Sede legale e Direzione commerciale: Via Angelo Bargoni n°8, 00153 Romatel. + 39 06 68896911, fax. + 39 06 58179764, email: [email protected] Italia:m-dis Distribuzione Media S.p.A.,Sede: Via Cazzaniga n°1, 20132 Milanotel. + 39 02 25821, fax. + 39 02 25825203, email: [email protected] del trattamento dei dati (d. Les. 196/2003): Antonio PadellaroChiusura in redazione ore 20.00Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599

Ab bonamenti

Queste sono le forme di abbonamentopreviste per il Fatto Quotidiano.Il giornale sarà in edicola 6 numerialla settimana (da martedì alla domenica).

• Abbonamento postale base (Italia)Prezzo 290,00 € - annualeE' possibile pagare l'abbonamento annualepostale ordinario anche con soluzionerateale: 1ª rata alla sottoscrizione, 2ª rataentro il quinto mese.

• Abbonamento postale semestrale (Italia)Prezzo170,00 €

• Modalità Coupon *Prezzo 320,00 € - annualePrezzo 180,00 € - semestrale

• Abbonamento PDF annualePrezzo130,00 €

Per sottoscrivere il tuo abbonamento,compila il modulo sul sitow w w. i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

Modalità di pagamento

• Bonifico bancario intestato a:Editoriale Il Fatto S.p.A.,BCC Banca di Credito CooperativoAg. 105 Via Sardegna RomaIban IT 94J0832703239000000001739• Versamento su conto corrente postale:97092209 intestato a Editoriale Il FattoS.p.A. - Via Orazio n° 10, 00193 RomaDopo aver fatto il versamento inviare unfax al numero 02.66.505.712, con ricevuta

di pagamento, nome cognome, indirizzo,telefono e tipo di abbonamento scelto.• Pagamento direttamente onlinecon carta di credito e PayPal.Per qualsiasi altra informazione in meritopuò rivolgersi all'ufficio abbonati ai numeri+39 02 66506795 - +39 02 66505026o all'indirizzo maila bb o n a m e n t i @ i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

* attenzione accertarsi prima chela zona sia raggiunta dalla distribuzione deIl Fatto Quotidiano

Fischiare Schifanisi può, si deve!Schifani, come tutti gli altricomponenti della banda, apartire dal capo, hanno potu-to fare il bello e il cattivo tem-po, stravolgendo valori, rego-le e istituzioni anche perchéhanno trovato la strada sem-pre spianata. Hanno potutodire e fare quel che hanno vo-luto grazie all’indifferenza dimolti e al colpevole rispetto diuna parte dell’opposizione .Per questo si sentono invin-cibili e autorizzati a calpestareogni diritto che sia di ostacoloai loro affari. Fischiare Schi-fani, e tutti gli schifani d’Italia,è una prova di responsabilitàpolitica. È certo una prova diforza, ma non per questo diviolenza. Perché, allora, è for-se meno violento il loro stra-potere mediatico?Pasquale Ielo

La scuola non ha soldinemmeno per le sedieSono un ragazzo che ha da po-co compiuto 15 anni. Nono-stante gli sforzi fatti dai mieiprofessori e personale scola-stico, i problemi affrontati inquesto anno sono stati mol-teplici, dalla carenza di aule al-le difficoltà nella didattica e al-la scarsità di attrezzatura pri-maria. Vorrei raccontarvi dicome si vive effettivamentenell’ambiente scolastico, conla cosiddetta riforma del mi-nistro Mariastella Gelmini.Anch’io porterò la mia sedia,

anche se non saprò se entrerào no nella mia aula, la quale èdecisamente piccola. Condi-vido la classe con 31 ragazzi,insegnante compresa, e le al-tre classi sono nella medesimacondizione. Ma se fosse soloquesto il problema, tutto sipotrebbe sistemare più facil-mente, stanno magari ore eore in piedi. Il numero elevatodi alunni nelle classi è dovutosoprattutto alla mancanza diprofessori. Infatti questa ri-forma diminuirà il personaleall’interno della scuola. Il mal-

contento dei docenti e pre-cari che in questi giorni stan-no manifestando avrà una ri-caduta non solo per loro e iloro posti di lavoro, ma ancheper noi studenti.Lorenzo Aloisi

Diritto di ReplicaL’impoverimento delle cassedella Sanità regionale si riflet-te necessariamente sull’i m p o-verimento del servizio offer-to al cittadino, traducendosiin carenza di strutture e in-frastrutture e in tagli del per-sonale che mettono seria-mente a repentaglio il dirittoalla salute. Sarebbe pertantoopportuno che manager e re-visori dei conti che in taluneRegioni, proprio quelle sotto-poste al Piano di rientro ecommissariamento, hannoelaborato o approvato bilancirecanti dati inattendibili, edunque esposti a possibilisprechi e ruberie, rispondes-sero dei danni causati tanto alsistema sanitario quanto alcittadino, il quale paga, a volteanche con la vita, l’i m p re c i s i o-ne, la sottovalutazione dei ri-schi e il prevalere dell’i n t e re s-se del privato rispetto a quel-lo della collettività. Cordialisaluti,Leoluca Orlando, Presidente dellaCommissione parlamentared’inchiesta sugli errori sanitari e idisavanzi sanitari regionali

Page 18: Il Fatto Quotidiano Del 7 Settembre 2010