iCordai Anno 1 Numero 8 luglio 2006

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mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare €0,50 Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Primo n• zero-otto Luglio 2006 E ra dal tempo dei tempi che quell'elefantino di pietra nera si trovava sul trespolo, al centro di una piazza in una città del profon- do sud. L'elefantino aveva un viso sim- patico, con due occhietti di marmo bianco che sbirciavano il palazzo di città e sembrava che assumesse un'espressione di chi se la ride. Il palazzo di città non era abita- to da un semplice sindaco, o da un borgomastro, o da un podestà d'al- tri tempi, bensì … da un super sin- daco. Bello, sicuro di e maschio. Quella mattina, appena alzato, prese, come sempre, un intruglio fatto di sostanze strane, immerse in un liquido giallastro. Appena bevuto si trasformò: più bello, più elegante e con un sorriso a trenta- due denti stampato sul viso. Poi aprì la grande finestra del palazzo di città, guardò la piazza e fissò l'elefantino di pietra come per dirgli "qui comando io!" e poi via, "volando, volando più in alto del sole e ancora più su". Sorvolò la città, tutti i sudditi e le suddite alzarono gli occhi al cielo e lo acclamarono e lo ammi- rarono avvolto nel suo bel mantel- lo rosso azzurro. Poi il super sindaco puntò il suo sguardo da aquila su una piazza e giù in picchiata e disse: "questa sarà una rotonda". Soddisfatto e orgoglioso di se rientrò nel palazzo di città, dove, nel grande salone, lo aspettavano i dodici notabili, che lo sostenevano nel governo della città. Tutti aspettavano che il super sindaco parlasse e così fu: "faremo un'altra rotonda" e i notabili esultarono, presero carta e penna e si fecero i conti di quanto avrebbero guada- gnato. Ma da un angolino del salone, un ometto insignificante alzò una manina: "parla pure, stupido uomo", così il super sindaco gli diede il permesso di parlare: "Mi perdoni, ma nelle casse del muni- cipio ci sono appena cinquanta centesimi". Il nostro eroe sindaco si stravol- se nel viso e lanciò un urlo, tal- mente forte che l'ometto si sciolse nei suoi abiti, i dodici notabili avidi e con la bava alla bocca smi- sero di farsi i conti e si nascosero sotto il tavolo. Fuori, nella piazza, il nostro ele- fantino, con le sue grandi orec- chie, aveva sentito tutto. La sua espressione simpatica diventò triste, poi rabbiosa, alzò le orecchie, impennò la proboscide, si scrollò dal trespolo e volò via per chiamare le genti a raccolta. Tutti lo seguirono nella piazza del Duomo sotto il palazzo di città, poi salito sul trespolo rac- contò tutto ciò che aveva sentito, riportò la verità, dunque si voltò verso il palazzo e si fece una gran risata. Uomini e donne, bambini e anziani, capirono tutto, guardaro- no il palazzo e si fecero anch'essi una gran risata, ma così forte, ma così forte e carica di dignità, che il sindaco dovette affacciarsi al bal- cone per calmare gli animi; impaurito, promise di far pagare meno tasse, ma il popolo rise ancora più forte, fin quando le forti vibrazioni spogliarono quel- l'uomo dagli abiti di super sinda- co. Una piccola bambina, come nella favola, dalla folla gridò: "il sindaco è nudo". Calò un silenzio assordante, un vecchietto riprese a ridere e tutti lo seguirono e il sindaco e la sua banda di notabili fuggì via. Si racconta, ancora oggi, che un uomo in mutande insieme ad un manipolo di cialtroni, sia insegui- to da una folla di cittadini e citta- dine che si sbellicano dalle risate. Giovanni Caruso Il “disagio” delle Salette 2 AddioPizzo 3 Il Pescatore 3 Viva l’Italia 4 foto: Archivio Giovanni Caruso Il sorriso du Liotru

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iCordai Anno 1 Numero 8 luglio 2006

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Page 1: iCordai Anno 1 Numero 8 luglio 2006

mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare €0,50Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Primo n• zero-otto Luglio 2006

Era dal tempo dei tempi chequell'elefantino di pietra nera

si trovava sul trespolo, al centro diuna piazza in una città del profon-do sud.

L'elefantino aveva un viso sim-patico, con due occhietti di marmobianco che sbirciavano il palazzodi città e sembrava che assumesseun'espressione di chi se la ride.

Il palazzo di città non era abita-to da un semplice sindaco, o da unborgomastro, o da un podestà d'al-tri tempi, bensì … da un super sin-daco. Bello, sicuro di sé emaschio.

Quella mattina, appena alzato,prese, come sempre, un intrugliofatto di sostanze strane, immersein un liquido giallastro. Appenabevuto si trasformò: più bello, piùelegante e con un sorriso a trenta-due denti stampato sul viso.

Poi aprì la grande finestra delpalazzo di città, guardò la piazza efissò l'elefantino di pietra comeper dirgli "qui comando io!" e poivia, "volando, volando più in altodel sole e ancora più su".

Sorvolò la città, tutti i sudditi ele suddite alzarono gli occhi alcielo e lo acclamarono e lo ammi-rarono avvolto nel suo bel mantel-lo rosso azzurro.

Poi il super sindaco puntò il suosguardo da aquila su una piazza egiù in picchiata e disse: "questasarà una rotonda".

Soddisfatto e orgoglioso di serientrò nel palazzo di città, dove,nel grande salone, lo aspettavano idodici notabili, che lo sostenevanonel governo della città. Tuttiaspettavano che il super sindacoparlasse e così fu: "faremo un'altrarotonda" e i notabili esultarono,presero carta e penna e si fecero i

conti di quanto avrebbero guada-gnato.

Ma da un angolino del salone,un ometto insignificante alzò unamanina: "parla pure, stupidouomo", così il super sindaco glidiede il permesso di parlare: "Miperdoni, ma nelle casse del muni-cipio ci sono appena cinquantacentesimi".

Il nostro eroe sindaco si stravol-se nel viso e lanciò un urlo, tal-mente forte che l'ometto si sciolsenei suoi abiti, i dodici notabiliavidi e con la bava alla bocca smi-sero di farsi i conti e si nascoserosotto il tavolo.

Fuori, nella piazza, il nostro ele-fantino, con le sue grandi orec-chie, aveva sentito tutto.

La sua espressione simpaticadiventò triste, poi rabbiosa, alzò leorecchie, impennò la proboscide,si scrollò dal trespolo e volò viaper chiamare le genti a raccolta.

Tutti lo seguirono nella piazzadel Duomo sotto il palazzo dicittà, poi salito sul trespolo rac-contò tutto ciò che aveva sentito,riportò la verità, dunque si voltòverso il palazzo e si fece una granrisata.

Uomini e donne, bambini eanziani, capirono tutto, guardaro-no il palazzo e si fecero anch'essiuna gran risata, ma così forte, macosì forte e carica di dignità, che ilsindaco dovette affacciarsi al bal-cone per calmare gli animi;impaurito, promise di far pagare

meno tasse, ma il popolo riseancora più forte, fin quando leforti vibrazioni spogliarono quel-l'uomo dagli abiti di super sinda-co.

Una piccola bambina, comenella favola, dalla folla gridò: "ilsindaco è nudo".

Calò un silenzio assordante, unvecchietto riprese a ridere e tutti loseguirono e il sindaco e la suabanda di notabili fuggì via.

Si racconta, ancora oggi, che unuomo in mutande insieme ad unmanipolo di cialtroni, sia insegui-to da una folla di cittadini e citta-dine che si sbellicano dalle risate.

Giovanni Caruso

Il “disagio” delle Salette 2 AddioPizzo 3 Il Pescatore 3 Viva l’Italia 4

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Il sorriso duLiotru

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2 iCordai / Numero Zero-Otto

Nel marzo di quest'anno, ilnostro giornale dedicò una

pagina al piano integrato per SanCristoforo.

In particolare l'articolo si occupòdella piazza che dovrà sorgere inVia delle Salette di fronte alla par-rocchia omonima.

In particolare criticavamo lamancanza di dialogo con gli abitan-ti del quartiere, a discapito di una"buona" democrazia partecipata.

I nostri dubbi furono chiariti dal-l'assessore D'Antoni che, scriven-doci, dichiarò che le pratiche eranostate espletate nella legalità edemocrazia. Aggiunse inoltre che ilavori erano stati tutti appaltati eche saranno conclusi entro dueanni.

In questi quattro mesi siamo tor-nati spesso in Via delle Salette, e anostro parere tutto si è fermato, almaggio 2006.

La Via delle Salette è stretta, euno scavo al centro di strada creadisagio; inoltre, qualcuno dice, chelo scavo è stato subito ricopertoperché si è trovato dell'amianto.Altri dicono che sono finiti i soldi.

Noi non sappiamo se questo siavero o meno ma lo scavo è diventa-to una piccola discarica; la recin-zione di questo, fatta in lamiera, èrealmente pericolosa per i giochidei ragazzini; a questo s'aggiunga-no i passaggi pedonali ostruiti dallelamiere.

Non meno importante, la "giusta"resistenza di una anziana donna chenon vuole che si espropri la casa, ilsuo passato e il suo futuro.

Ci auguriamo che l'assessorepossa chiarire, e ci risponda, ma piùche a noi ai cittadini e alle cittadinedi Via delle Salette.

Il G. A. P. A.

Il “disagio” delleSalette

I N V I A T E C ILe vostre lettere, le vostre storie,

le foto più curiose del nostro quartiere,le ingiustizie che ci stanno attorno.

Via Cordai 47, Cataniaemail: [email protected]

[email protected]

vi augurano buone vacanze

ARRIVEDERCI A SETTEMBRE!

foto: Ag. Libera Immagine - Giuseppe Patti

S. CRISTOFOROQQUUAARRTTIIEERRII

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3iCordai / Numero Zero-Otto

Certe notti capita che uno pensi edica a se stesso: " Che schifo sto

mondo, che schifo la mafia! Dovreifar qualcosa…" Poi però lo sconforto,le difficoltà e qualche passatempo lorendono arrendevole: " Beh, nonsono un eroe! Non si può far nulla percambiare."

Due anni e mezzo fa, però un grup-po di giovani palermitani non si volle-ro nascondere dietro questa mascheradi celata indifferenza! Non compiro-no gesta da gladiatori, versando san-gue per un causa che comunque lomerita, ma armati di adesivi tappezza-rono il capoluogo siciliano con adesi-vi su cui erano scritte parole che nonlasciavano adito ad incomprensioni: "Un intero popolo che paga il pizzo èun popolo senza dignità"! Quelleparole colpirono a fondo i cuori ditantissimi semplici cittadini palermi-tani, costretti in quel momento ariflettere su una condizione realequanto umiliante! Da quel giorno len-

tissimamente, a Palermo sembra essernata una nuova cultura antimafia!Centinaia sono le botteghe che espon-gono il marchio "addio pizzo" e nonsovvenzionano più associazionimafiose.

Qualche giorno fa, l'esperimento èstato ripetuto da altri semplici ragazzicatanesi, che invece di passare la soli-ta serata all'insegna del divertimento,hanno preferito sentirsi "utili" riem-piendo così il centro storico della cittàdell'elefante degli stessi adesivi utiliz-zati a Palermo! Tabelloni, cestini perl'immondizia, semafori… ovunque,come funghi spuntavano le pezze dicarta anti-pizzo! Tra qualche giorno,ci assicurano gli attacchini anti-racketsarà la volte delle periferie! Il viaggio,è appena iniziato, la lotta è lunga, mala determinazione nel fare il loro pic-colo dovere non mancherà!

E noi, voi, ci saremo?

Salvo Ruggieri

Anche a Catania gli attachini anti-racket

Il nostro quartiere per tradizione èabitato da molti pescatori. In passato

la pesca era l'attività principale delluogo, poi con il passare degli anni ilmare è stato sempre più distante acausa delle continue barriere costruitefra il quartiere di S. Cristoforo e lacosta, a tal punto che adesso il marenon è più visibile.

Raccontiamo la storia di uno di que-sti pescatori che resiste al vecchiomestiere.

Andrea Guerrera, 46 anni, è il nostropescatore. Egli racconta che quandoera piccolo, all'età di circa quattro anni,incominciò ad andare sulla barca deisuoi parenti che facevano i pescatori.

La cosa lo affascinava così tanto chequando era possibile, già all'età delleelementari, non andava a scuola perandare a pescare. Finite le elementarinon ha più continuato gli studi, si sen-tiva chiamato dal mare. Quindi conclu-de dicendo che fa il pescatore da sem-pre.

Il nostro Andrea racconta che finoall'età di vent'anni lavorava da dipen-dente, e successivamente si è messo inproprio, costituendo una società,aumentando così l'impegno del lavo-ro.

Purtroppo, poco tempo fa, forzata-mente ha dovuto lasciare questasocietà. Ciò gli ha portato tanta ama-rezza, e racconta che dopo 26 anni disocietà si è ritrovato fuori perdendotutto ciò che aveva costruito in tanti

anni di lavoro e dovendo iniziare tuttoda zero. Così ha dovuto acquistare unabarca cambiando anche il tipo di pesca.Con questa nuova attività, il nostropescatore, lavora qualche ora in menoe non le 15 o 16 ore come facevaprima, riuscendo a stare più tempo con

la propria famiglia."La mattina mi alzo dal letto alle tre

per essere sul posto di lavoro alle quat-tro, quindi si va in mare per effettuarela battuta di pesca e quando si ritornadue di noi vanno direttamente al mer-cato a vendere il pesce e l'altro resta asistemare le reti e preparare le attrezza-ture per il giorno dopo".

Questa è la sua giornata lavorativa.Il nostro Andrea aggiunge che con

questo lavoro è difficile potersi arric-chire. Si lavora a percentuale sulpescato, c'è la giornata che si guadagnapochissimo e la giornata che si guada-gna molto, e non sempre si lavora tutti

i giorni. Pertanto si può dire che si vivefacendo sacrifici.

Periodicamente si è costretti a cam-biare il tipo di pesca per rispettare ilfermo biologico, dovendo sosteneremaggiori costi cambiando il tipo di retio attrezzature. Negli anni passati siricevevano dei contributi per questofermo, però anno dopo anno si è visto

diminuire l'importo di questi, graziealle varie truffe che si sono verificate adanno dello Stato da parte di alcunipescatori.

I maggiori costi per un pescatoresono: la manutenzione della barca, delmotore e l'acquisto delle reti, visto chequeste sono soggette a continui danni.Andrea ha la capacità di ripararle per-sonalmente, mentre altri sono costrettia rivolgersi a terzi.

Un altro costo che incide molto è ilpersonale. Per questo motivo sonopochi i marinai che sono messi in rego-la in quanto i contributi da pagare sonotanti e non sempre si riesce a coprirequesti costi.

Il nostro marinaio si ritiene soddi-sfatto di aver ridotto il ritmo di lavoro.Infatti ultimamente si sentiva moltostanco e aveva anche problemi di salu-te. Quindi tutto sommato meglioaccontentarsi di poco piuttosto chetenere ritmi di lavoro più pesanti.

In conclusione Andrea afferma: "perfare questo lavoro bisogna amare ilmare ed avere una grande passione.Solo amando questo lavoro si possonosuperare i momenti oscuri e le avver-sità che spesso si presentano".

E lui in questa nuova fase della suavita ha lo stesso entusiasmo e la stessaforza di quando aveva vent'anni, grazieal legame intenso che c'è fra lui ed ilmare.

Paolo Parisi

IL PESCATOREPer fare questo lavoro bisogna amare il mare

sopra: adesivo classico del Comitato AddioPizzosotto: magliette in vendita tramite il sito web

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4 iCordai / Numero Zero-Otto

Redazione “i Cordai”Direttore Responsabile: Riccardo OriolesTestata in attesa di registrazioneVia Cordai 47, [email protected] - www.associazionegapa.orgtel: 333 3892970

Stampato dalla Tipografia Paolo Millauro,Via Montenero 30, CataniaGrafica: Massimo GuglielminoFoto: Ag.Libera Immagine, Archivio GiovanniCaruso, Giuseppe Patti

Hanno collaborato a questo numero:Salvo Ruggieri, Marcella Giammusso, TotiDomina, Paolo Parisi, Giovanni Caruso

Era quasi un mese che abitava-mo il cortile della scuola di

San Cristoforo, quando la data del19 luglio coglie drammaticamentetutti noi: Melissa, con una telefo-nata, ci fa sapere della strage divia D'Amelio nella quale perdonola vita il giudice Borsellino e gliuomini e le donne della scorta. Ilnostro piccolo televisore in bian-co e nero comincia a trasmetterel'angosciosa serie di notizie edimmagini. Come qualcuno diràpoi, dalla strage di Capaci ad orasembra essere trascorso un unicointerminabile giorno. Un unicolungo giorno scandito dagli stessitoni funesti, dalle stesse immagi-ni, dalle stesse viete parole. Ilnostro stato d'animo è segnato darabbia e profondo sconforto, tantopiù per il fatto di essere qui, al"Nostro sogno", nel cuore di unterritorio dominato dallo strapote-re delle cosche. Avvertiamo conangoscia la sensazione dell'inuti-lità del nostro agire. Tuttavia,anche se in silenzio, non possia-mo fare a meno di restare insieme,non possiamo sottrarci all'irrefre-nabile impulso di fare subito qual-cosa.

E quel qualcosa fù, un lenzuolocon su scritto "ogni uccisioneuccide il futuro dei nostri figli".

Si, come ieri anche oggi: farequalcosa, insieme fare qualcosa.

PAOLOBORSELLINO

Il “Nostro Sogno” aSan Cristoforo

Campioni del mondo per laquarta volta dopo ventiquattro

anni. Una finale Italia-Franciadurata un'eternità, con la vittoriaottenuta dall'Italia ai rigori.

L'Italia è esplosa in un boato diurla che esprimevano gioia, feli-cità, orgoglio e soddisfazione.

Lo spettacolo che ci si è presen-tato domenica 9 luglio, alla finedella partita, è stato uguale a quel-lo che avevamo visto alcune dome-niche prima quando il Catania èstato promosso in serie A.

In tutti i centri abitati, dallegrandi città ai paesini più sperduti,la gente è scesa in strada svento-lando le bandiere tricolore edindossando le magliette della squa-dra italiana.

Le vie si sono riempite di auto,moto, furgoni che scorazzavanoper le strade strombettando con iclacson, trombette, fischietti etc.

Tutti gli italiani, orgogliosi di

essere tali gridavano all'unisono"VIVA L'ITALIA !"

Viva L'Italia unita, a dispetto ditutti i Leghisti e gli Autonomisti,come a confermare l'esito del refe-rendum abrogativo sulle modifichealla Costituzione Italiana, svoltosiil 25 giugno scorso, con cui gli ita-liani hanno scelto l'Unità dellanostra Repubblica.

Viva l'Italia con una squadra dicalcio campione del mondo.

Ma la nostra speranza è quellache l'Italia diventi campione delmondo del rispetto della dignità diogni cittadino.

Che diventi campione nell'istru-zione e nella cultura, soprattuttodei minori, che sono la base di unpaese civile.

Che diventi campione del mondonel risolvere i problemi dell'occu-pazione del Meridione, soprattuttodei giovani, e nel risanare gli squi-libri che esistono fra il Nord ed il

Sud d'Italia.Che diventi campione del mondo

nella solidarietà a tutti quegliimmigrati che rischiano la vitaattraversando il mare Mediterraneoper venire a lavorare in Italia, fug-gendo da una morte certa nel loropaese.

Che diventi campione nella giu-stizia sociale aiutando maggior-mente i deboli, gli emarginati etutti coloro che hanno difficoltà diinserimento nella società.

E allora, come dice FrancescoDe Gregori nella sua bellissimacanzone:

"Viva l'Italia che lavora, l'Italiache s'innamora,

l'Italia metà dovere e metà fortu-na, l'Italia sulla luna.

L'Italia con gli occhi aperti nellanotte triste,

viva l'Italia, l'Italia che resiste."

Marcella Giammusso

VIVA L’ITALIALa speranza è quella che l'Italia diventi campione del rispettodella dignità di ogni cittadino

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