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217/3 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI V Edizione DIRITTO AMMINISTRATIVO Nozioni essenziali Ordinamento amministrativo Soggetti ed organizzazione Attività della P.A. Giustizia amministrativa EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Simone ®

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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14-3-2011, n. 23 (Federalismo fiscale municipale); la L. 7-4-2011, n. 39 (Provvedimento di coordina-mento delle politiche economiche degli Stati membri); il D.Lgs. 31-2-2011, n. 58 (Completamento del Mercato interno dei servizi postali).Un dettagliato indice analitico e un accurato indice cronologico costituiscono strumenti indispensabili per l’immediato reperimento del dato normativo.

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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.(art. 64 D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di giugno 2011dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le-Arzano Casandrino VII Trav., 24 - Arzano (NA)

per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Il volume, in linea con le caratteristiche di essenzialità e sinteticità del-la collana Timone - Last Minute, si sofferma sull’analisi degli istituti di maggiore interesse e dei concetti chiave del diritto amministrativo, agevo-lando il lettore nello studio grazie alla sua struttura agile e snella.

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Il testo, inoltre, è corredato da una serie di quesiti che focalizzano l’at-tenzione del lettore sulle problematiche maggiormente ricorrenti in sede di esami o su aspetti essenziali per il corretto inquadramento sistematico di un determinato istituto.

Come per gli altri libri della Collana, il volume costituisce un valido ausilio per lo studio ed il ripasso della materia in sede universitaria, oltre che uno strumento di agile consultazione per coloro che si apprestano ad affrontare concorsi pubblici ed abilitazioni professionali.

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Vol. 205 - Il lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazionedi Alessandra Pedacipp. 224 • € 14,00

La disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni non smette di essere al centro dell’attenzio-ne del Legislatore: dopo la cd. Riforma Brunetta, infatti, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con modif. in L. 30 luglio 2010, n. 122 (cd. manovra finanziaria d’estate), ha inteso razionalizzare le spese nel settore pubblico; la L. 4 novembre 2010, n. 183, cd. Collegato Lavoro, ha “ritoccato” il lavoro pubblico in determinati, ma fondamentali, aspetti.Questo volume analizza la normativa sul personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni, esaminando: i profili genera-li e l’evoluzione della normativa stessa; il sistema delle fonti, l’accesso ai pubblici uffici e l’organizzazione di questi ultimi. Ampio spazio è dedicato alla disciplina dei doveri, dei diritti e delle responsabilità dei pubblici dipendenti. La trattazione prosegue con l’analisi delle vicende attuative, modificative ed estintive del rapporto di impiego e si conclude con una pano-ramica sui profili giurisdizionali in materia e sui trattamenti di previdenza dei pubblici dipendenti.

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CAPITOLO PRIMO

Il dIrItto AmmInIstrAtIVo: ConCettI generAlI e FontI

sommario: 1. Nozione di diritto amministrativo. - 2. Concetto di pubblica ammini-strazione. - 3. Funzione politica e funzione amministrativa. - 4. Atti politici e atti di alta amministrazione. - 5. Le fonti del diritto. - 6. Le fonti dell’Unione europea. - 7. Le fonti secondarie: profili generali. - 8. I regolamenti. - 9. Dalla delegificazione alla codificazione. - 10. Le ordinanze. - 11. Gli Statuti degli enti locali. - 12. Gli atti am-ministrativi generali. - 13. Le norme interne e le circolari. - 14. La consuetudine e la prassi amministrativa.

1. nozIone dI dIrItto AmmInIstrAtIVo

Il perseguimento dell’interesse pubblico primario, individuato in modo astratto a livello legislativo, è affidato a quei soggetti riconducibili al con-cetto di pubblica amministrazione.

Il diritto amministrativo può essere inteso come la disciplina giuridi-ca della pubblica amministrazione. Esso, secondo la dottrina tradizionale, è definito come «quel corpo autonomo di norme che regolano l’organiz-zazione della pubblica amministrazione nonché l’azione da essa svolta con l’efficacia e il valore formale degli atti amministrativi e i rapporti nei quali essa interviene nella veste di autorità amministrativa» (SAN-DULLI).

Da tale definizione è facile evincere che il diritto amministrativo è quel ramo del diritto pubblico che si occupa della pubblica amministrazione «nella sua organizzazione, nei beni e nell’attività ad essa peculiari e nei rapporti che, esercitando tale attività, si instaurano con gli altri soggetti dell’ordinamento (CASETTA).Il diritto amministrativo presenta i seguenti caratteri:a) è diritto pubblico interno: in quanto deriva dalla volontà dello Stato e regola rapporti in

cui uno dei soggetti è necessariamente lo Stato stesso o un ente pubblico (la P.A.), nell’eser-cizio di potestà amministrative;

b) è un diritto autonomo: in quanto si giova di propri principi e proprie regole, diversi da quelli delle altre branche del diritto;

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Capitolo Primo6

c) è un diritto comune: in quanto si rivolge genericamente a tutti i soggetti che fanno parte dell’ordinamento;

d) è un diritto ad oggetto variabile: in quanto la P.A. in ogni epoca storica persegue fini differenti, inglobando o escludendo alcuni settori della propria gestione.

2. ConCetto dI PubblICA AmmInIstrAzIone

A) la nozione italiana di P.A.Stante la mancanza — sia a livello costituzionale che legislativo — di

una generica definizione di P.A., le due principali teorie sulla nozione di pubblica amministrazione, quella soggettiva e quella oggettiva, pur presentando ciascuna specifiche peculiarità, non possono essere intese in termini di mera contrapposizione, dovendosi, invece, al fine di avere una visione unitaria della P.A., evidenziare la complementarietà delle stesse.

Da un lato, ciò che rileva ai fini del diritto è l’amministrazione-atti-vità, ossia l’attività amministrativa regolata da norme giuridiche e svol-ta per la soddisfazione di interessi pubblici, che realizza il concetto di amministrazione in senso oggettivo (CASETTA). Accanto a questa, e a completamento di questa, si pone l’aspetto dell’organizzazione ammi-nistrativa, che configura l’amministrazione in senso soggettivo: si fa coincidere l’attività amministrativa pubblica con la natura del soggetto, per cui la P.A. è data dalle persone giuridiche pubbliche e dagli organi che hanno competenza alla cura degli interessi propri dei soggetti pub-blici.

b) la nozione europea di P.A.Con l’espressione amministrazione europea si intende l’insieme degli

organismi e delle istituzioni dell’unione europea cui è affidato il com-pito di svolgere attività sostanzialmente amministrativa e di emanare atti amministrativi (CASETTA).

Invero, con lo sviluppo del processo di integrazione europea, il tradizio-nale sistema dualistico di amministrazioni – UE e nazionale – è venuto at-tenuandosi, lasciando sempre più spazio alla formazione di un’amministra-zione europea integrata, intesa come un sistema complesso di amministra-zioni – europee, nazionali ed a composizione mista – che concorrono a costituire quella che è stata definita come «amministrazione comune dell’ordinamento europeo» (CHITI).

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7Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

3. FunzIone PolItICA e FunzIone AmmInIstrAtIVA

La funzione amministrativa consiste nella realizzazione dei fini de-terminati dagli organi e dal potere politico e, dunque, deve essere svolta nel rispetto dei principi costituzionali, ma anche in armonia con le leggi ordinarie e con gli atti ad esse equiparati (decreti legge, decreti legislativi). Nell’esercizio di tale funzione i soggetti pubblici emanano gli atti ammini-strativi, le cui caratteristiche saranno esaminate infra.

L’individuazione e la scelta dei fini di interesse generale che lo Stato vuole perseguire in un determinato momento storico costituiscono, invece, oggetto della funzione politica, che incontra come unico limite le previsio-ni della Costituzione. Gli atti emanati dai soggetti pubblici, nell’esercizio di tale funzione, sono detti atti politici e sono caratterizzati da una partico-lare forza e da una peculiare disciplina.

Tipici esempi di atti politici sono gli atti con i quali il Presidente della Repubblica indice le elezioni e i referendum, gli atti di iniziativa legislativa, la scelta dei propri rappresentanti da parte del corpo elettorale, le sentenze della Corte costituzionale.

4. AttI PolItICI e AttI dI AltA AmmInIstrAzIone

A questa distinzione concettuale fra funzione amministrativa e funzione politica corrisponde la differenza fra atti politici e atti di alta amministrazione.

A) gli atti politiciGli atti politici sono quelli attraverso i quali si esercita in concreto il

potere politico; sono da intendersi come «atti con cui viene esercitata l’at-tività di governare», e cioè atti di suprema direzione dello stato nonché di coordinamento e di controllo delle singole manifestazioni in cui la dire-zione stessa si estrinseca (SANDULLI).Gli atti politici presentano le seguenti caratteristiche:a) numerus clausus: non sono infatti ammissibili atti politici al di fuori di quelli previsti,

esplicitamente o implicitamente, dalla Costituzione (SANDULLI);b) libertà nel fine: in quanto essi stessi determinano gli scopi della loro sfera di azione. Su

di essi, pertanto, è di regola impossibile un sindacato di legittimità proprio perché non esiste una legge che ne diriga la sfera d’azione;

c) non assimilabilità alla categoria degli atti amministrativi: per tale motivo essi, non essen-do amministrativi, non sono sindacabili dal giudice amministrativo. Questa conseguenza è il riflesso del fatto che gli atti politici si pongono al di fuori dell’area del principio di legalità. Tale regime non contrasta con l’art. 113 Cost. (il quale prevede che contro gli

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Capitolo Primo8

«atti della pubblica amministrazione» sia sempre ammessa la tutela dei diritti e degli in-teressi legittimi) solo perché gli atti politici, data la loro lata discrezionalità e il carattere libero del loro fine, non ledono diritti soggettivi o interessi legittimi, le uniche situazioni alle quali l’ordinamento assicura tutela giurisdizionale (così CASETTA).

A tale proposito occorre anche richiamarsi a quanto disposto dall’art. 7 del Codice del proces-so amministrativo, recato dal d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nel quale si legge che non sono impugnabili gli atti o i provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico.

b) gli atti di alta amministrazioneGli atti di alta amministrazione sono, invece, quegli atti amministrativi

che svolgono un raccordo fra la funzione politica e la funzione ammini-strativa; costituiscono, quindi, una manifestazione di impulso all’adozione di atti amministrativi, funzionali all’attuazione dei fini della legge (si pensi, ad esempio, alle decisioni dei Comitati interministeriali, o alle deliberazioni di nomina e revoca dei più alti funzionari dello Stato). Trattandosi di atti amministrativi, essi sono in tutto e per tutto soggetti al loro regime giuridico e non possono ritenersi liberi nei fini, come invece gli atti politici, ma sono vincolati ai fini ed alla funzione loro assegnati dalla legge (SANDULLI).

Essendo gli atti di alta amministrazione atti amministrativi sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, deve ritenersi sempre possibile la tutela giurisdizionale nei loro con-fronti nel rispetto del dettato dell’art. 113 della Costituzione. Si deve però precisare che, risol-vendosi gli atti in questione per lo più in direttive o in atti programmatici, difficilmente essi si rivelano idonei ad incidere direttamente sulla sfera giuridica dei privati. Quanto detto compor-ta il venir meno di quell’interesse ad agire che è presupposto indefettibile del ricorso, sia esso amministrativo che giurisdizionale.

Sarà, dunque, ammissibile il ricorso giurisdizionale amministrativo avverso gli atti di esecuzione di quelli di alta amministrazione.

La tutela giurisdizionale nei confronti di tali attività è normalmente quella davanti ai giudici amministrativi, trattandosi di atti altamente discrezionali nei cui confronti è difficil-mente ipotizzabile la configurabilità di diritti soggettivi e quindi l’azionabilità della tutela giurisdizionale ordinaria.

5. le FontI del dIrItto

A) ConcettoIl termine «fonte» implica un’idea di origine, derivazione. L’espressione

«fonte del diritto» vuole appunto indicare ciò da cui trae origine la norma giuridica, ossia il comando che si è tenuti ad osservare.

Fonti del diritto, e in particolare del diritto amministrativo italiano, sono anzitutto la Costituzione, con le sue norme sia precettive che programma-

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9Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

tiche (ossia richiedenti una disciplina di dettaglio, anche se magari già im-mediatamente vigenti), ma anche (e per lo più, dal punto di vista quantita-tivo) le leggi e i regolamenti.

A tale proposito si sottolinea che il diritto amministrativo è costituito da una frastagliatissima quantità di fonti di produzione della sua disciplina.

Vi partecipano, infatti, tanto le leggi ordinarie di tutti i livelli territoria-li di governo, quanto gli altri atti legislativi di Governo e Parlamento, come pure le fonti dell’Unione europea (con vigenza immediata, come i regola-menti, o differita, come le direttive non autoesecutive: v. § 6) e così anche le fonti secondarie (in particolar modo regolamenti ed ordinanze: v. § 8 e ss.), ma anche altre fonti (come i bandi militari, i provvedimenti prezzo, i piani regolatori, o, più di recente, le carte dei servizi pubblici).

Su un diverso principio si collocano altri tipi di fonti che, non essendo riferite direttamente al rapporto tra P.A. e terzi, ma disciplinando piuttosto l’azione della P.A., in certi contesti, si classificano come norme interne, anche se non sono prive di vincolatività per gli amministratori.

b) la Costituzione e le altre fonti di rango costituzionaleLa Costituzione è la legge fondamentale dello Stato; essa racchiude le

norme e i principi generali relativi all’organizzazione, al funzionamento ed ai fini dello Stato.

In conseguenza del carattere rigido della nostra Costituzione, le modi-fiche delle norme in essa contenute possono essere effettuate solo con leggi di revisione della Costituzione, per le quali è richiesto uno speciale proce-dimento legislativo.

L’art. 138 della Costituzione, che disciplina tale procedimento, prevede, accanto alle leggi di revisione, altre leggi costituzionali, vale a dire le leggi espressamente definite come tali dalla Costituzione; le leggi che si limitano soltanto a derogare una norma costituzionale, senza modificarla in via definitiva; ogni altra legge che il Parlamento voglia approvare col pro-cedimento aggravato.

C) le fonti primarieSono fonti soggette soltanto alla Costituzione e per questo definite pri-

marie:a) le leggi ordinarie del Parlamento: disciplinano le materie espressa-

mente riservate allo Stato (art. 117 Cost.) e sono soggette alla Costitu-

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Capitolo Primo10

zione e ai vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dagli obblighi internazionali;

b) i decreti-legge del governo: sono atti del potere esecutivo, i quali hanno «provvisoriamente» valore e forza di legge (60 giorni), a causa dell’urgenza e della necessità che li ha determinati: tale valore e forza sono loro eventualmente conservati se il Parlamento li converte in legge (entro 60 giorni). Essi decadono del tutto, e l’atto è posto nel nulla, se non sono convertiti in legge dal Parlamento entro il termine prescritto;

c) i decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni ad auto-nomia speciale: si tratta di decreti del Governo, ad esso delegati dalle leggi costituzionali dello Stato con cui sono adottati gli Statuti delle Regioni speciali: per questo motivo sono inclusi tra le fonti primarie di 1° grado e non di 2° grado (come i decreti legislativi delegati da leggi ordinarie del Parlamento);

d) gli statuti delle regioni ordinarie: a seguito delle modifiche intro-dotte dalla L. cost. 22 novembre 1999, n. 1, si tratta di leggi regionali approvate con un procedimento rafforzato, soggette solo alla Costitu-zione;

e) le leggi regionali: sono le leggi emanate dalle Regioni, nell’esercizio della potestà legislativa riconosciuta loro dalla Costituzione (art. 117 Cost.) e soggette alla Costituzione e ai vincoli derivanti dall’ordinamen-to dell’UE e dagli obblighi internazionali;

f) le leggi delle Province di trento e bolzano: sono anch’esse leggi or-dinarie emanate dalle Province suddette, nell’esercizio dell’autonomia legislativa loro riconosciuta dalla legge costituzionale di adozione dello Statuto della Regione Trentino Alto-Adige;

g) i decreti legislativi del governo: sono gli atti legislativi emanati dal Governo (nella forma del decreto, che è l’atto tipico del potere esecuti-vo) su leggi di delega del Parlamento; poiché derivano la loro efficacia da una fonte primaria di 1° grado, si considerano fonti primarie di 2° grado.

6. le FontI dell’unIone euroPeA

Con l’adesione dell’Italia all’Unione europea, la categoria delle fonti primarie si è ampliata , includendo anche gli atti posti in essere dalle isti-

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11Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

tuzioni europee. Infatti, queste ultime adottano atti normativi (regolamen-ti, direttive e decisioni) che sono vincolanti per gli Stati membri. In parti-colare:— i regolamenti sono atti normativi aventi carattere generale ed astrat-

to, obbligatori e direttamente applicabili in tutti gli Stati membri;— le direttive, invece, vincolano lo stato membro a cui sono indirizza-

te solo in ordine al risultato da raggiungere, lasciando ferma l’autonomia dello stesso per quanto riguarda la forma e i mezzi con cui darvi attua-zione. Le direttive, quindi, non hanno efficacia diretta negli Stati mem-bri ma necessitano di un atto di recepimento; esistono però alcune cate-gorie di direttive ad efficacia diretta, individuabili in tre categorie: quelle che impongono obblighi di non fare; quelle confermative di nor-me già previste dal Trattato UE; quelle aventi un contenuto sufficiente-mente chiaro e preciso, tale da non richiedere l’emanazione di ulteriori atti (direttive dettagliate o self executing);

— le decisioni, secondo l’art. 288 TFUE, sono obbligatorie in tutti i loro elementi; se designano i destinatari, sono obbligatorie solo nei confron-ti di questi. La decisione, dunque, può assumere due forme: la prima, indirizzata a singoli individui, quindi a destinatari determinati, e la seconda, rivolta agli Stati membri. La maggior parte della dottrina ha elaborato la tesi secondo cui l’efficacia dipende dal tipo di decisione considerata: se la decisione ha come destinatari singoli individui, è obiettivamente efficace anche per il carattere di atto amministrativo che assume in questo caso; se, invece, è rivolta agli Stati membri, questi sono obbligati ad adottare provvedimenti di attuazione, ma, a differen-za delle direttive, non sono liberi di scegliere la forma o il mezzo di esecuzione essendo già tutto previsto dalla decisione. Questo aspetto rende la decisione obiettivamente efficace e immediatamente appli-cabile.Uno strumento indispensabile per adattare l’ordinamento interno agli atti delle istituzioni

è rappresentato dalla legge comunitaria annuale, originariamente prevista dalla L. 86/1989 (cd. legge La Pergola) e poi disciplinata dalla l. 4-2-2005, n. 11 (cd. legge buttiglione), come modificata dalla l. 4-6-2010, n. 96 (legge comunitaria 2009).

Si tratta della legge annuale con la quale si provvede alla ricognizione degli atti dell’unio-ne europea da recepire nell’ordinamento interno e si procede alla definizione delle op-portune procedure per l’adattamento dell’ordinamento nazionale.

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Capitolo Primo12

7. le FontI seCondArIe: ProFIlI generAlI

La categoria delle fonti secondarie comprende tutti gli atti espressione del potere normativo (o autonomia normativa) della pubblica amministra-zione statale (Governo, Ministri, Prefetti etc.) o di altri enti pubblici (Co-muni, Regioni, Province ed altri enti). Si tratta, quindi, di atti formalmen-te amministrativi, anche se sostanzialmente normativi.

Le fonti secondarie si distinguono in regolamenti, ordinanze e statuti e, in quanto atti amministrativi, sono soggette alle leggi e a tutti gli atti di pari grado e forza. Quindi:— non possono derogare né contrastare con le norme costituzionali;— non possono derogare né contrastare con tutti gli atti legislativi ordina-

ri (fonti primarie): perciò si dice che non hanno forza né valore di legge, ma solo forza normativa: cioè, non possono equipararsi alle leggi, ma nei limiti di esse, hanno una loro forza giuridica quali fonti di diritto.

8. I regolAmentI

A) nozione e limitiI regolamenti sono atti formalmente amministrativi, in quanto ema-

nati da organi del potere esecutivo ed aventi forza normativa e, al tempo stesso, sono sostanzialmente normativi in quanto contenenti norme giuri-diche idonee ad innovare l’ordinamento giuridico in merito.

Il fondamento della potestà regolamentare va individuato nell’espressa attribuzione di competenza fatta dalla legge ad un organo amministrativo. In tal senso la principale norma attributiva di tale potere è data dall’art. 17 della L. 400/1988.

Vari limiti sono previsti in ordine all’esercizio della potestà regolamentare. I regolamenti, infatti:a) non possono derogare o contrastare con la Costituzione, né con i principi in essa contenuti;b) non possono derogare né contrastare con le leggi ordinarie, salvo che sia una legge ad

attribuire loro il potere, in un determinato settore e per un determinato caso, di innovare anche nell’ordine legislativo («delegificando» la materia);

c) non possono mai regolare le materie riservate dalla Costituzione alla legge (ordinaria o costituzionale);

d) non possono derogare al principio di irretroattività della legge (la legge, invece, può de-rogarvi, in quanto tale principio è sancito da una norma, l’art. 11 disp. prel. al c.c., conte-nuta in una legge ordinaria);

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13Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

e) non possono contenere sanzioni penali, per il principio della riserva di legge in materia penale (art. 25 Cost.);

f) i regolamenti emanati da autorità inferiori non possono mai contrastare con i regolamen-ti emanati da autorità gerarchicamente superiori;

g) non possono regolare istituti fondamentali dell’ordinamento (C.d.S., atti norm., n. 72/1998).

b) ClassificazioneL’art. 17 della L. 400/1988, come modificato dalla L. 69/2009, classifi-

ca i regolamenti in:— regolamenti esecutivi di leggi e decreti legislativi, nonché dei regola-

menti comunitari;— regolamenti attuativi e integrativi di leggi e decreti legislativi recanti

norme di principio (con esclusione di quelli concernenti materie riser-vate alla competenza regionale);

— regolamenti concernenti materie non disciplinate da leggi o da atti aventi forza di legge e che non siano oggetto comunque di riserva;

— regolamenti concernenti il funzionamento e l’organizzazione di pub-bliche amministrazioni secondo le disposizioni di legge;

— regolamenti delegati o autorizzati, detti anche regolamenti di delegi-ficazione (art. 17, comma 2), che sono emanati in base ad apposite leggi che autorizzano i regolamenti ad introdurre una determinata disci-plina di una specifica materia che andrà a sostituire quella di rango le-gislativo che, pertanto, si ha per abrogata dal momento dell’entrata in vigore di quella regolamentare.

Tale procedimento di delegificazione non è ammesso nelle materie co-perte da riserva assoluta di legge;

— regolamenti di riordino (art. 17, comma 4ter, introdotto dall’art. 5 L. 69/2009), con i quali si provvede al periodico riordino delle disposizio-ni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state og-getto di abrogazione implicita e all’espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto nor-mativo o sono comunque obsolete. Ciò ai fini di una migliore conoscen-za delle fonti normative secondarie.

L’art. 11 L. 11/2005 (legge comunitaria annuale) prevede i regolamen-ti di attuazione delle direttive comunitarie. In base a tale disposizione, la legge comunitaria annuale (con la quale si realizza il periodico adeguamen-to dell’ordinamento nazionale a quello comunitario) può autorizzare il

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Capitolo Primo14

Governo ad attuare le direttive comunitarie mediante regolamento, purché si versi in materie già disciplinate ma non riservate alla legge.

C) titolarità della potestà regolamentareI regolamenti possono essere emanati da:a) organi statali del Governo e, quindi, dai singoli Ministri. La potestà regolamentare è

stata per la prima volta ammessa e disciplinata dalla L. 23-8-1988, n. 400;b) regioni. La potestà regolamentare delle Regioni è costituzionalmente garantita (art. 117,

comma 6 Cost.). La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione affida alle Re-gioni la competenza generale in ambito regolamentare in analogia a quanto previsto per la potestà legislativa;

c) Comuni, Province e Città metropolitane. In base all’art. 117, comma 6 Cost., Comuni, Province e Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. I regolamenti disci-plinano anche l’organizzazione degli enti nel rispetto delle norme statutarie;

d) Autorità amministrative indipendenti: si tratta di enti od organi pubblici dotati di so-stanziale indipendenza dal Governo e caratterizzati da una accentuata autonomia organiz-zativa, finanziaria e contabile.

Uno dei profili di quest’autonomia è appunto il riconoscimento della potestà normativa riconducibile a due grandi gruppi di manifestazioni: i regolamenti di organizzazione, espressione della potestà autorganizzatrice della P.A. ex art. 97 Cost., ed i regolamenti che contribuiscono a disciplinare le attività nei settori in cui le Autorità operano (per i poteri delle Autorità amministrative indipendenti si veda il Cap. V, §5);

e) altri enti: come gli ordini e collegi professionali, le Camere di commercio, industria, ar-tigianato ed agricoltura, le aziende speciali del Comune.

d) Impugnabilità dei regolamentiLa possibilità di impugnativa diretta del regolamento costituisce ipotesi

di rara verificazione. L’impugnativa presuppone, infatti, un interesse con-creto ed attuale di chi la propone. Essendo, invece, il regolamento caratte-rizzato dall’astrattezza e generalità, di norma esso non sarà in grado di in-cidere direttamente sulle situazioni soggettive dei destinatari, né di far na-scere, di conseguenza, l’interesse alla sua impugnazione. Questo potrà succedere solo nel caso in cui il regolamento contenga (ipotesi peraltro non frequente) previsioni destinate all’immediata applicazione.

In linea di massima, invece, il regolamento necessiterà, per la sua appli-cazione in concreto, di un successivo provvedimento di attuazione, e sarà quest’ultimo ad incidere sulle situazioni soggettive dei destinatari.

Di conseguenza, in questa ipotesi, colui che intenda impugnare, dovrà procedere alla cd. doppia impugnativa, ovvero dovrà impugnare tanto il regolamento, quanto il provvedimento di attuazione ad esso relativo.

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15Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

La pronuncia, poi, dell’autorità giudiziaria, avrà ad oggetto il regola-mento, ma i suoi effetti si propagheranno al provvedimento di esecuzione.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, inoltre, è ormai costante nel ritenere che l’an-nullamento del regolamento ad opera del giudice amministrativo operi con efficacia erga omnes: il giudicato dunque, in tal caso, contrariamente alla regola generale, non esplica la sua efficacia limitatamente alle parti in lite.

9. dAllA delegIFICAzIone AllA CodIFICAzIone

A) IntroduzioneSemplificazione amministrativa vuol dire rendere più chiaro, facile e

comprensibile il funzionamento dell’amministrazione pubblica; semplifica-re vuol dire, dunque, snellire le procedure, eliminare inutili adempimenti e superflui controlli, senza provocare disagi, anzi raggiungendo gli stessi ri-sultati attraverso l’utilizzo di strumenti più semplici, economici e rapidi.

In tale ottica si colloca la legge annuale di semplificazione, la cui pri-maria finalità è quella di imprimere alla legislazione vigente una signifi-cativa svolta verso la semplificazione delle procedure, di ridurre drastica-mente le leggi attualmente vigenti e di fornire al cittadino un unico strumen-to di facile consultazione di tutte le normative relative alle singole materie.

L’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (legge Bassanini), ha previsto, infatti, un intervento legislativo annuale, che, oltre ad individuare nuovi procedimenti amministrativi che necessitano di semplificazione, permette, altresì, di monitorare costantemente il processo di semplificazione in corso con l’introduzione di nuovi criteri e principi direttivi.

b) la semplificazione della legislazione e il taglia-leggiIl Parlamento, in attuazione dell’art. 20 della L. 59/1997, ha approvato

le prime leggi annuali di semplificazione (LL. 50/1999 e 340/2000) che tra le novità prevedevano l’introduzione dei testi unici come strumenti di ra-zionalizzazione del panorama normativo.

In particolare, i testi unici si inserivano in un programma di riorganizzazione delle norme legislative e regolamentari in determinate materie espressamente indicate, con la espressa fi-nalità di raccogliere in un corpus unitario le norme legislative e regolamentari vigenti (Testi unici misti).

Successivamente, la legge di semplificazione 29 luglio 2003, n. 229 ha sostituito allo strumento del testo unico quello della codificazione e ha

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Capitolo Primo16

adottato la tecnica del riassetto normativo attraverso la quale, mediante l’adozione di decreti legislativi e regolamenti di esecuzione, oltre che di delegificazione, interviene in ciascuna delle materie, indicate annualmente dal Governo come prioritarie, innovando realmente l’ordine esistente e ri-ducendo i poteri della pubblica amministrazione, così da realizzare una effettiva liberalizzazione sostanziale.

Ai sensi della L. 229/2003 e della successiva L. 246/2005, l’attività di riassetto normativo del legislatore delegato è indirizzata nel senso di realiz-zare il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, ga-rantendo così che il linguaggio normativo venga adeguato, aggiornato e semplificato.

Inoltre, si è previsto che, quando il Governo procede ad una codificazio-ne, realizzi anche la raccolta organica delle norme regolamentari vigen-ti nella materia oggetto del riassetto.

Un notevole contributo alla semplificazione normativa è stato apportato dall’art. 16 della l. 28-11-2005, n. 246 (legge per la semplificazione 2005) che fa riferimento ad alcuni strumenti di semplificazione della legislazione: si tratta dell’AIr (analisi dell’impatto della regolamentazione), consistente nella valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese, nonché sul funzio-namento delle pubbliche amministrazioni, e della VIr (verifica dell’impatto della regola-mentazione) consistente nella valutazione, anche periodica, del raggiungimento delle finali-tà e nella stima dei costi e degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini e delle imprese, nonché sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministra-zioni.

Sotto altro profilo, il legislatore ha dato un forte impulso alla politica di riassetto norma-tivo mediante il cd. taglia-leggi, cioè l’abrogazione delle leggi divenute superflue.

In particolare, dopo un primo intervento previsto nella L. 246/2005, il legislatore è inter-venuto sulla questione delle norme da abrogare, perché obsolete o in quanto hanno esaurito i loro effetti, sia mediante il D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, che con il D.L. 200/2008, conv. in L. 9/2009.

Ancora, con l’art. 4 della L. 69/2009, il legislatore ha nuovamente delegato il Governo ad adottare «decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate ante-riormente al 1º gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore». Sulla base di ciò è stato emanato il d.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, il quale contiene le disposizioni di cui si ritiene indispensabile la permanenza di cui sopra.

In tale direzione, il d.lgs. 212/2010 ha abrogato espressamente numerose disposizioni legislative tacite o implicite, che abbiano esaurito i loro effetti o ritenute ormai obsolete. Da ultimo, il d.P.r. 13-12-2010, n. 248 ha provveduto ad abrogare espressamente le norme regolamentari vigenti prive di effettivo contenuto normativo e ritenute, ormai, non più at-tuali.

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17Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

Cosa sono i testi unici e i codici?I testi unici non rappresentano particolari fonti del diritto. Si tratta, infatti, di testi normativi finalizzati a raccogliere ed ordinare preesistenti norme giuridiche disciplinanti una determinata materia, emanate in tempi successivi.Nell’ambito dei testi unici sono individuabili due categorie:• testi unici ricognitivi, finalizzati alla mera raccolta delle disposizioni vigenti in una deter-

minata materia senza alcun carattere innovativo né forza vincolante. Essi si caratterizzano per il fatto di promanare da un organo sfornito di potestà normativa in materia e in assenza di una preventiva delega di poteri;

• testi unici fonte: sono atti che hanno una forza uguale a quella degli atti cui risalgono le norme da unificare e coordinare (si pensi ai testi unici di norme di legge e di regolamento rispettivamente rivestiti della forma legislativa o regolamentare); l’autorità da cui proma-nano, pertanto, deve essere fornita di competenza normativa in materia.

La legge di semplificazione per il 2001 (l. 29 luglio 2003, n. 229) ha introdotto la figura dei codici di settore, con i quali si intende dar luogo in singole materie ad un complesso di norme stabili ed armonizzate che garantiscono ad utenti ed operatori certezza di regole e una chiara strumentazione normativa.La legge di semplificazione per il 2005 (l. 28-11-2005, n. 246) ha stabilito che il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completi il processo di codificazione di ciascuna materia emanando, anche contestualmente al decreto legislativo di riassetto, una raccolta organica delle norme regolamentari regolanti la medesima materia.Se l’emanazione della L. 229/2003 poteva far pensare ad un abbandono del Testo unico in favore del Codice, due recenti normative hanno, di fatto, riportato in uso la forma di raccolta e coordinamento del Testo unico. Ed infatti, la l. 18 giugno 2009, n. 69 ha introdotto l’art. 17bis alla l. 23 agosto 1988, n. 400, in forza del quale il Governo è autorizzato ad operare, attraverso lo strumento del testo unico compilativo, la raccolta delle disposizioni aventi forza di legge regolanti materie e settori omogenei. Inoltre, l’art. 5 l. 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008) dispone che il Governo è delegato ad adottare, secondo le modalità, i prin-cipi e i criteri direttivi dell’art. 20 L. 59/1997 e successive modificazioni, testi unici e codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le altre norme legislative vigenti nelle stesse materie.

10. le ordInAnze

A) ConcettoIl concetto di «ordinanza» non è definibile con precisione, poiché con

tale terminologia ci si riferisce ad atti di diversa natura.Nel campo del diritto amministrativo per «ordinanze» si intendono

tutti quegli atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza, quindi, impon-gono «ordini», di solito riferiti a destinatari individuati. Esse non possono

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Capitolo Primo18

contrastare con la legge ordinaria né con la Costituzione, né tantomeno contenere norme penali (art. 25 Cost.). Al di là di questi tratti comuni le ordinanze amministrative presentano caratteri eterogenei ed è impossibile ricondurle ad un’unica categoria. In via di principio va detto che detengono il potere di ordinanza il Sindaco, il prefetto ed altri organi amministrativi.

b) le ordinanze cd. di necessità ed urgenzaLe ordinanze di necessità ed urgenza rappresentano la tipologia più

importante di ordinanze: esse sono emanate da autorità amministrative, investite di tale potere dalla legge, nei casi che esse stesse ritengano di urgenza e necessità: la legge quindi, attribuisce solo il potere, ma non pre-vede i casi concreti in cui esercitarlo né pone i limiti precisi (salvo quelli generali risultanti dai principi dell’ordinamento) al contenuto di tali ordi-nanze.

Quali sono i caratteri delle ordinanze di necessità?Le ordinanze di necessità:— sono atipiche, nel senso che per la loro emanazione la legge, che ne attribuisce il potere,

fissa solo i presupposti, mentre lascia all’autorità amministrativa un’ampia sfera di discre-zionalità circa il loro contenuto;

— presuppongono una necessità ed urgenza d’intervenire che costituisce presupposto di legittimità dell’ordinanza;

— sono straordinarie, nel senso che il ricorso ad esse è possibile solo ove la situazione di pericolo non possa essere fronteggiata con atti tipici;

— la loro efficacia nel tempo è limitata, in quanto esse possono avere efficacia solo fin quando perdura la necessità che ne ha legittimato l’emanazione;

— trovano fondamento esclusivamente nella legge;— non possono, in nessun caso, derogare a norme costituzionali o ai principi generali dell’or-

dinamento e disciplinare materie coperte da riserva assoluta di legge;— debbono essere adeguatamente motivate (Corte cost., 14-4-1995, n. 127) e vanno pub-

blicizzate con mezzi idonei laddove siano destinate ad avere efficacia nei confronti della generalità dei soggetti o di più soggetti determinati.

11. glI stAtutI deglI entI loCAlI

Sono atti normativi esterni, espressione della potestà auto-organizzato-ria dell’ente, cioè della potestà che l’ente ha di darsi regole sul proprio as-setto strutturale. Essi contengono le norme fondamentali sull’organizzazio-ne dell’ente, sui suoi fini, sui mezzi per conseguirli.

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19Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

Hanno autonomia statutaria innanzitutto le regioni.In seguito alla riforma dell’art. 123 Cost., introdotta dalla L. cost. 22

novembre 1999 n. 1, gli Statuti delle Regioni ordinarie sono leggi regiona-li approvate con un procedimento rafforzato.

Gli Statuti delle Regioni speciali sono, invece, rivestiti della forma del-la legge costituzionale.

L’art. 6 del D.Lgs. 267/2000 ha espressamente previsto, in attuazione dell’art. 128 Cost., che i Comuni e le Province adottano il proprio sta-tuto.

La l. cost. 18-10-2001, n. 3, di modifica del Titolo V, Parte II, Cost. ha, tra l’altro, abrogato il citato art. 128, ed, in materia, ha stabilito, con la nuova formulazione dell’art. 114 Cost., che «i Comuni, le Province, le Cit-tà metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione» (comma 2).

Il significato della novella costituzionale è duplice: l’affermazione della piena autonomia dei vari livelli territoriali di governo, peraltro non più subordinati e sottoposti al controllo dell’ente di dimensioni territoriali superiori (in tale nuovo sistema, difatti, cade il controllo regionale sugli atti degli enti infraregionali); ed inoltre, la sottolineatura della subordinazione dell’autonomia di tutti gli enti citati ai soli «principi fissati dalla Costituzione» (non più della legge statale, il che testimonia la pregnanza del ruolo istituzionale riconosciuto agli enti locali e alle Regioni).

La legge di attuazione della riforma costituzionale, la L. 131/2003, definisce l’ambito in cui lo statuto degli enti locali può esplicarsi, precisando che esso stabilisce i principi di orga-nizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le ga-ranzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare, in armonia con la Costituzione e con i principi generali in materia di organizzazione pubblica e nel rispetto di quanto stabili-to dalla legge statale di definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali.

Tale Statuto stabilisce le norme fondamentali per l’organizzazione dell’ente ed in partico-lare determina:— le attribuzioni degli organi;— le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze;— i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente;— le forme della collaborazione fra Comuni e Province, della partecipazione popolare, del

decentramento, dell’accesso dei cittadini alle informazioni ed ai procedimenti amministra-tivi.Sia lo Statuto, sia le modifiche ad esso, sono deliberate dal Consiglio (comunale o provin-

ciale).

Hanno, infine, potestà statutaria altri enti pubblici i cui Statuti sono adottati dagli enti stessi ed approvati da un ente superiore (Stato o Regione).

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Capitolo Primo20

Tale approvazione ha funzione di atto di controllo e condiziona l’efficacia dello Statuto stesso.

12. glI AttI AmmInIstrAtIVI generAlI

Gli atti amministrativi generali sono provvedimenti contenenti propo-sizioni prescrittive generali (a contenuto non normativo) e rivolti ad una pluralità di soggetti non determinabili a priori, ma soltanto a poste-riori, individuabili al momento della loro applicazione.

A differenza dell’atto normativo, l’atto amministrativo generale non possiede i requisiti della innovatività (poiché esaurisce la sua efficacia con l’emanazione del singolo atto applicativo), e dell’astrattezza (non avendo attitudini alla ripetizione indefinita a fattispecie concreta).

Esempi di atti amministrativi generali sono: i bandi di concorso, le ordinanze del Ministe-ro della pubblica istruzione con cui vengono determinate le modalità di trasferimento degli insegnanti e di conferimento di incarichi e supplenze.

13. le norme Interne e le CIrColArI

Tutte le pubbliche amministrazioni emanano norme relative al funzio-namento dei loro uffici, o relative alle modalità di svolgimento della loro attività. Queste norme, le quali hanno come destinatari soltanto coloro che fanno parte di una determinata amministrazione, sono qualificate dalla dottrina norme interne.

Le circolari amministrative rappresentano la categoria più importante e controversa di norme cd. interne.

La circolare è un atto non avente carattere normativo, mediante il quale l’amministrazione fornisce indicazioni in via generale e astrat-ta in ordine alle modalità con cui dovranno comportarsi in futuro i propri dipendenti ed i propri uffici (CASETTA). In quanto tale la cir-colare non vincola erga omnes, ovvero non costituisce fonte del diritto ma mera fonte direttiva per gli uffici dipendenti dalla pubblica amministra-zione emanante.

È utile, comunque, ricordare che, stante il carattere «conoscitivo» delle circolari e della funzione che esse assolvono, non è consentita la loro impu-gnazione — salvo rari e documentati casi — in sede giurisdizionale; detta impugnazione può infatti essere proposta nei confronti del provvedimento cui esse si riferiscono.

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21Il diritto amministrativo: concetti generali e fonti

Una sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione (2-11-2007, n. 23031) ha avuto ad oggetto la fondamentale questione della valenza delle circolari amministrative.

Ad avviso dei supremi giudici la circolare ha funzione meramente interpretativa di una norma di legge, ed è priva di efficacia normativa esterna. I giudici di legittimità precisano che tali atti, contenendo istruzioni, ordini di servizio, direttive impartite dalle autorità ammi-nistrative centrali o gerarchicamente superiori agli enti od organi periferici o subordinati, esauriscono la loro portata ed efficacia giuridica nei rapporti fra i suddetti organismi e i loro funzionari.

14. lA ConsuetudIne e lA PrAssI AmmInIstrAtIVA

La consuetudine è la tipica fonte del diritto non scritta: essa consiste nella ripetizione di un comportamento da parte di una generalità di persone, con la convinzione della giuridica necessità di esso.Essa consta di due elementi essenziali:— un elemento oggettivo: il ripetersi di un comportamento costante ed uniforme per un

certo periodo di tempo (cd. diuturnitas o usus);— un elemento soggettivo: la cd. opinio iuris ac necessitatis, cioè la convinzione della

giuridica necessità del comportamento. Sulla necessità di questo secondo requisito non tutta la dottrina è concorde: molti autori, infatti, ritengono che il semplice usus sia condi-zione necessaria e sufficiente per il sorgere di una consuetudine.

La prassi amministrativa si concreta in un comportamento costante-mente tenuto da un’amministrazione nell’esercizio di un potere, ma in difetto della convinzione della sua obbligatorietà.

Essa non costituisce fonte del diritto e la sua inosservanza non configura una violazione di legge, ma può essere sintomo, se non sorretta da adeguata motivazione, di eccesso di pote-re (CASETTA).

Glossariolegge di semplificazione annuale: è un provvedimento normativo per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l’anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell’area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all’assetto delle competenze dello Stato, delle Regioni e degli enti locali.

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CAPITOLO SECONDO

le sItuAzIonI gIurIdIChe soggettIVe

sommario: 1. Le posizioni giuridiche soggettive del diritto amministrativo: profili generali. - 2. I diritti soggettivi. - 3. Gli interessi legittimi. - 4. Interessi semplici e interessi di fatto. - 5. Gli interessi collettivi.

1. le PosIzIonI gIurIdIChe soggettIVe del dIrItto AmmInIstrAtIVo: ProFIlI generAlI

Si definisce rapporto giuridico ogni relazione fra due o più soggetti prevista e regolata dal diritto. Il rapporto giuridico è una relazione fra parti: il soggetto attivo titolare di una posizione di vantaggio (diritto soggettivo, diritto potestativo, interesse legittimo) e il soggetto passivo titolare di una situazione soggettiva passiva (obbligo, dovere, onere, soggezione).

Le posizioni che un soggetto assume nell’ambito di un dato rapporto giuridico prendono il nome di situazioni giuridiche soggettive.Come si diceva, le situazioni soggettive possono essere:— attive, quando attribuiscono una posizione favorevole al soggetto che

ne è titolare, legittimando la prevalenza del titolare nei confronti di quello di altri soggetti;

— passive, quando consistono in posizioni sfavorevoli per il titolare e prevedono la subordinazione del proprio interesse rispetto a quello di altri soggetti.Il concetto di situazione giuridica va tenuto distinto da quello di status. La situazione

giuridica attiene a specifici rapporti mentre lo status si riferisce ad una condizione da cui derivano un complesso di situazioni giuridiche, attive e passive. Per status si intende la posizione di un soggetto rispetto ad un determinato gruppo (così, ad esempio, l’apparte-nenza ad una famiglia conferisce al soggetto uno status, ossia un complesso di diritti ed obbli-ghi riconducibili a tale condizione).

Ogni soggetto di diritto rappresenta un centro unitario di imputazione di situazioni giuridiche. La capacità giuridica, che si acquista al momento della nascita, è l’attitudine di un soggetto ad essere titolare di rapporti giu-ridici, cioè di diritti ed obblighi. Dalla capacità giuridica si distingue la

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23Le situazioni giuridiche soggettive

capacità di agire (si acquista al raggiungimento dei diciotto anni), che è l’attitudine del soggetto a compiere atti idonei a costituire, modificare o estinguere la propria situazione giuridica.

2. I dIrIttI soggettIVI

In dottrina il diritto soggettivo viene configurato come quella posizione giuridica soggettiva di vantaggio che l’ordinamento giuridico conferisce ad un soggetto, riconoscendogli determinate utilità in ordine ad un bene, nonché la tutela degli interessi afferenti al bene stesso in modo pieno ed immediato.

Per quanto riguarda la tutela dei diritti soggettivi, in particolare, va detto che normalmente è rimessa al giudice ordinario e solo in casi tas-sativamente previsti (cd. giurisdizione esclusiva) al giudice amministra-tivo.

Si ha diritto soggettivo perfetto ogni qualvolta una norma cd. di rela-zione, rivolta a disciplinare comportamenti intersoggettivi, attribuisca ad un soggetto un potere diretto ed immediato per la realizzazione di un proprio interesse cui corrisponde necessariamente un obbligo facente capo a sog-getti determinati ovvero alla collettività.

L’elemento caratterizzante tali diritti sta, dunque, nella correlazione con uno o più obblighi altrui, e nella immediatezza e pienezza della tutela accor-data dall’ordinamento.

Si hanno diritti condizionati qualora l’esercizio di essi è sottoposto a condizione che può essere risolutiva o sospensiva.

Si tratta evidentemente di ipotesi in cui l’ordinamento consente, a deter-minate condizioni, il sacrificio o la limitazione di un diritto del singolo a vantaggio della collettività (si pensi, ad esempio, all’esproprio di un terreno — appartenente ad un singolo — per costruirvi un’autostrada).

Quante figure di diritti condizionati è possibile distinguere?Due sono le figure di diritti condizionati:a) diritti sospensivamente condizionati (diritti in attesa di espansione per SANDULLI), il cui

esercizio è inizialmente limitato da un ostacolo giuridico, per la cui rimozione è necessario un provvedimento amministrativo che consenta al diritto di espandersi ed acquistare la sua pienezza. È il caso del diritto di costruire sul proprio fondo, per il cui esercizio occorre il rilascio della concessione edilizia o quello del diritto all’esercizio della professione, per il cui espletamento occorre l’iscrizione nel relativo albo;

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Capitolo Secondo24

b) diritti risolutivamente condizionati (cd. fenomeno dell’affievolimento dei diritti) che si hanno qualora il diritto, di fronte alla potestà riconosciuta alla P.A. di incidere su di esso, affievolisce ad interesse legittimo.

La P.A., infatti, nel perseguimento dei suoi fini pubblici, può essere ostacolata da diritti di privati; in questi casi la legge può attribuirle il potere di sacrificare tali diritti individuali a vantaggio dell’interesse collettivo, per cui i diritti stessi, davanti a tale potere, affievoliscono ad interessi legittimi.

Per alcuni la «teoria della degradazione» o dell’affievolimento, sul piano sostanziale è inac-cettabile in toto, in quanto il «diritto, a fronte dell’esercizio del potere amministrativo, non degrada in alcunché»: non si pone come situazione soggettiva di diritto ma come interesse legittimo (CERULLI IRELLI).

3. glI InteressI legIttImI

L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva individuale che ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento con la L. 5992/1889, istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato, quale giudice di quegli interessi sostanziali diversi dai diritti soggettivi che fino ad allora erano ri-masti del tutto sforniti di tutela.

Di interesse legittimo si occupano espressamente anche tre norme della Costituzione, gli artt. 24, 103 e 113, tese appunto a riconoscere a tali interessi piena dignità e tutela, ma in real-tà nessuna di esse, né altra norma positiva, si occupa di fornire una definizione di interesse legittimo.

Tale espressione si deve alla dottrina, la quale si è subito preoccupata di individuarne la portata, al fine di riconoscere agli interessi legittimi piena autonomia rispetto ai diritti soggettivi.

In particolare, l’interesse legittimo si «definisce come la situazione soggettiva di vantaggio, costituita dalla protezione giuridica di interes-si finali che si attua non direttamente ed autonomamente, ma attraver-so la protezione indissolubile ed immediata di un altro interesse del soggetto, meramente strumentale, alla legittimità dell’atto amministra-tivo e soltanto nei limiti della realizzazione di tale interesse strumenta-le» (CASETTA).

Mentre il diritto soggettivo è una posizione autonoma, perché compiu-tamente configurata dalla stessa previsione di legge, e dunque spettante ad una persona sulla base di un titolo che può avere la natura più varia, ma che non dipende da una pubblica amministrazione (sono proprietario di una casa perché l’ho comprata o ereditata), l’interesse legittimo si esprime in termi-ni di posizione inautonoma in quanto l’utilità sperata cui tende l’interesse del privato dipende dalla intermediazione provvedimentale dell’Ammini-