I Decaloghi - FDS · 2019. 2. 14. · prezziamo con la nostra vista, non incontriamo tutte le...

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Avolte mi chiedo, con volonterosa e caparbia in-sistenza, cosa voglia  veramente dire “ripro-durre”… mi chiedo cosa fondamentalmente

significhi, in ambito logicamente musicale, questo ter-mine.Il vocabolario non ci aiuta molto, dal momento che laparola può avere svariati significati a seconda dell’an-golatura dalla quale viene considerata.Infatti, sfogliando i classici “lessicali volumoni”, tro-viamo di tutto e di più, tipo: “rimettere in produzione”,“tornare a formarsi”, “rigenerarsi”…ecc. Banalmente,possiamo comunque affermare che il “ri-produrre”vuol dire “produrre un’altra volta” e in effetti quando noi,che ci occupiamo della musicale ri-produzione, cer-chiamo di “congelare” su di un qualsivoglia supporto,la volatilità del segnale audio, lo facciamo solamente perpoter, “scongelando” poi il tutto, ri-ascoltare ciò che persua natura inesorabilmente sfugge, non persiste, sva-pora e scompare…E, a proposito di ciò che non persiste, vi sarebbeun’importantissima considerazione che si dovrebbe farein relazione a tutto ciò che cade sotto il dominio degliorecchi e non degli occhi: la considerazione del fatto-re tempo… il tempo, con il suo inarrestabile dipanar-si.Quando, infatti, cerchiamo di riprodurre un oggetto, unaimmagine, una struttura o qualunque altra cosa che ap-prezziamo con la nostra vista, non incontriamo tutte leproblematiche che, invece, investono ciò che ha il suosignificato incernierato nel nostro udire…Udire che implica un consequenziale e inarrestabile flui-re e un imprescindibile modularsi nel trascorrere deltempo…L’oggetto, invece, “permane”, immobile e immutato,permettendo precise e continuative analisi; analisiche, nell’impalpabile mondo del suono, sono assolu-tamente impensabili…Un quadro, ad esempio, è statico, è fisso, lo posso ri-produrre e istantaneamente affiancare all’originale, con-siderandolo nei dettagli, nelle più insignificanti diffe-renze e in tutte quelle peculiarità che non sfuggono dimano nel loro irrefrenabile pulsare, essendo schiave del-l’inesorabile movimento delle lancette dell’orologio…

Qualche mese fa, su questa rivista, scrivevo che “la mu-

sica non ha fermo immagine” ed era mia altrettanto fer-ma intenzione sottolineare che le categorie sensoriali im-pegnate nell’ascoltare sono molto, molto più complesseed elaborate di quelle impegnate nel vedere.Bisognerebbe, a questo punto, fare in merito una benprecisa analisi… bisognerebbe entrare a gamba tesa sul-la “caduta” che l’Umanità, nei secoli, ha progressiva-mente avuto in merito alla importanza che, più o menoinconsapevolmente, ha dato al “vedere” in relazione al“sentire”.Giustamente già Erodoto (V secolo a.C.) si poneva unaspecie di silente interrogativo considerando che…chissà come mai “gli uomini si fidano delle orecchiemeno che degli occhi”.Recentemente, poi, il grande direttore d’orchestra Da-niel Barenboim ha rincarato la dose affermando:“Tra i cinque sensi la vista ha preso il sopravvento e le orec-chie ormai sono anestetizzate da tutto il rumore di sottofondoche non ci abbandona mai”.Complice il buon Galileo (comunque immenso per al-tre cose…) e il suo stracelebrato cannocchiale, si è, pur-troppo, comunemente arrivati a credere solamente “alvisto” e, quasi metodicamente, si è arrivati a dubitaresempre più del “sentito”.(Per sfatare, comunque, tutte queste un po’ insulse cer-tezze basterebbe la famosa considerazione secondo laquale, per appurare la credibilità della storia, sarebbesufficiente sentire la versione dei fatti fornita da cin-que testimoni oculari di un incidente stradale…)

Però lo sappiamo ormai tutti… quando dico “ho senti-to” è implicito il dubitativo, mentre il mio “ho visto” nonammette dubbi di sorta!Non parliamo poi dei tempi attuali nei quali, soprattuttoper i giovani, la parola pronunciata viene sempre piùsoppiantata dalla parola imbalsamata nella videata, nel“messaggino”, nella facebukkata… ed  è sempre più scal-zata dallo scritto che, purtroppo, ha sempre più presoil posto del suono articolato, del parlarsi, dell’ascol-tarsi….Vi è, quasi, una galoppante afonia che appare tragica-mente evidente guardando le schiere di giovani, sedutiin un qualsivoglia locale, apparentemente in compagniama invece tristemente tutti isolati e assorti… con gli stra-lunati sguardi fissi sul demenziale, ipnotizzante display

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53di Lorenzo Zen ▼ FDS 266

del telefonino…Forse qualcuno riterrà queste mie digressioni un po’ ba-rocche e qualche sempliciotto amico mi accuserà di far-gli prender sonno durante la decifrazione di tutte que-ste mie elucubrazioni ma, purtroppo (o per fortuna), bi-sognerebbe avere la lungimirante consapevolezza di am-mettere che, in fin dei conti, tutto parte e si inviluppa,proprio da questi tragici “input”, da queste principia-lità che trascendono, anticipandola, la “consecutio tem-porum” degli accadimenti successivi.

Il saper ascoltare un brano musicale con il relativo con-seguente giudizio sulla qualità della riproduzione, in-fatti, è diventato “materiale” sul quale sempre più fioc-cano giudizi assai ambigui e controversi… Prova ne sia la totalmente differente interpretazione cheognuno dà della riproduzione musicale, fornita dallatale o talaltra apparecchiatura.Differenti valutazioni che non si scostano per sfuma-ture o dettagli, ma rientrano nella categoria “bian-co/nero”, “impianto meraviglioso/tavanata galattica”,con la conclusione che si sentono assai spesso giudiziin totale ed assoluto contrasto; da un lato: “…quell’im-pianto riproduce meravigliosamente bene”, dall’al-tro: “…quell’impianto è assolutamente inascoltabile!”Cercherò ora, con non poca difficoltà, di reperire unapossibile spiegazione a questa apparentemente assur-da dicotomia, a questa eclatante contrapposizione di giu-dizi…

Nel mio Studio v’è un pianoforte a coda di buona qua-lità e così, ogni tanto, qualche amico mi chiede di po-ter venir a studiare, magari assieme a qualche altro stru-mentista, nella pace e tranquillità del mio negozio.Io ne sono felicissimo, anche perché, come una voltascrissi in un vecchio articolo, sono convinto che il buonsuono aiuti l’ambiente ad “armonizzarsi”, a diventarepiù consonante e vivibile… Vi sembreranno cose un po’ sciocche ma in tantomio experiri e in tanti anni di attività ho imparato checiò che è  armonia ineffabilmente genera  armonia,quasi per una sottile osmosi che penetra e si stempera,sia negli esseri animati che nelle cose… apparentementeinanimate…Qualche giorno fa due amici, violoncellista e pianista,sono venuti a studiare da me… ed è accaduto un fattoche mi ha permesso interessanti e pertinenti riflessio-ni.Dovete sapere che, nel mio Studio, il pianoforte è col-locato nella ampia sala del piano superiore ma, dallatromba delle scale, il suono scende e si sente tranquil-

lamente anche al piano terra.Un cliente amico, che è venuto a trovarmi quel giorno,al sentire quella musica vibrare nell’aria, ha drizzato leorecchie ed ha subito esclamato: “…chi sta suonando disopra?”Più tardi, nella stessa giornata, è arrivato un altro clien-te che, al sentire quel suono che scendeva dal piano su-periore mi ha, in abitudinaria routine, domandato:“… che impianto stai facendo andare stamattina?”.Viene subito spontaneo chiedersi: come mai uno nonha avuto il minimo dubbio che stessero suonando stru-menti dal vivo, mentre l’altro ha subito pensato ad unariproduzione?Credo che nelle domande, fatte dai due clienti, vi sia unachiave di risposta alle problematiche che prima abbia-mo cercato di tracciare, mettendo in risalto le antino-mie e le evidenti inconciliabilità.Nell’articolo del mese scorso parlavo di “conoscere ericonoscere” e affermavo perentoriamente: se non co-nosci non puoi ri-conoscere!Per cercare di esemplificare con un banale esempio pos-so dire: se mi fai vedere la foto di un personaggio a mesconosciuto e mi chiedi di individuarlo in un’altra se-rie di fotografie… per me sarà molto difficoltoso; cer-cherò dettagli e particolari; cercherò elementi che,non essendo stratificati in me, mi sfuggiranno e andròa tentoni e sicuramente io scambierò quel personaggiocon un altro che, nelle altre foto, magari ha un simileatteggiamento… ma non è lui! Quando invece mi mostri la foto di, diciamo, Mario, checonosco e frequento da quarant’anni, non ho incertez-ze e saprò individuarlo facilmente… anche se tutti i det-tagli di contorno sono variati, anche se nelle varie foto(nelle varie ri-produzioni..)  sembra vi siano pochi  trat-ti in comune.Così avviene nell’ascolto della musica riprodotta: se tuconosci il “principio reggente” di quello che ascolti, si-curamente lo “saprai riconoscere”. Se in te è consolidato cosa significhi “l’essere musica”,anche negli obbligatori limiti del ri-prodotto ti sarà sem-pre facile il riconoscimento dato che la stratificazionedelle peculiarità determinanti, ormai in te consolidata,ti “parlerà” immediatamente…Un vecchio amico tempo fa mi disse: “Sai, da quando can-to in quel coro, nella riproduzione di tanti dischi sento coseche prima non sentivo…”È inutile parlare, blaterare, dissertare, pontificare sui fo-rum o sulle riviste, se non si è consapevoli, preparati ecompetenti, se non si conosce, se non si è “colti” nel-la materia… e, per non ingenerare stupidi e saputelliequivoci, voglio subito ricordare che si può essere col-

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ti anche se analfabeti: non confondiamo cultura con eru-dizione… si può essere coltissimi anche senza saper leg-gere e scrivere.Non è un problema di conoscenza libresca, ma di strut-turale conformazione della nostra percezione.Quindi, per cercar risposte agli iniziali interrogativi, pos-siamo semplicemente dire che nel mio Studio quellamattina è successo qualcosa di molto semplice e facil-mente comprensibile. Il primo cliente, dotato di esperienza, consapevolez-za e conoscenza, ha subito sentito che certe vibrazioni,certe sonorità, certi impasti non possono essere fruttodi ri-produzione… ed è stato immediatamente in gra-do di ri-conoscere il “dal vivo”. Specialmente il violoncello poi (che è un po’ il princi-pe degli strumenti), se è di buona fattura ed è ben suo-nato, ha un inviluppo armonico, una complessità tim-brica, una “qualità” che è pressoché impossibile “rifaremeccanicamente”. Chi ha consapevolezza di questa qualità e l’ha stampatanell’animo, non confonde il “dal vivo” con il “dal mor-to” e, in più, saprà cogliere anche nelle riproduzioniquelle quiddità che sanno “dare più musica”; altro chealti, bassi medi, spazialità, trasparenza, dinamica e com-pagnia bella! Altro che chilometriche domande e risposte su cosa siapiù importante nella riproduzione… con ognuno chesbandiera le proprie ferree convinzioni!L’impianto che suona “meglio” è, banalmente, quello chedà

PIÙ  MUSICA.

Il secondo cliente, invece, non aveva in funzione quel

“campanello d’allarme” che istintivamente fa ri-conoscerela tipologia dei suoni con immediatezza e semplicità,perché ormai codificati e impressi nel proprio perce-pire… Lui era banalmente allineato con la “audiofila” fran-tumazione del segnale musicale, frantumazione che ob-bligatoriamente fa perdere di vista cosa sia la ineffabi-le unitarietà del “dal vivo”... In lui sono in “una specie di costante analisi” le differen-ze fra “le voci” dei diversi apparecchi, fra modalità e al-tra modalità, fra apparenze esteriori e timbriche men-talizzate nei costanti confronti fra impianto e impian-to senza avere, quindi, ancora consciezza di quale siail “reggente nucleo” di qualsivoglia ascolto… in lui la qua-lità non ha ancora vinto la battaglia sulla quantità.In fin dei conti siamo sempre in sintonia con quelle fa-mose parole della canzone di Guccini (che ricordavo nel-l’articolo del mese scorso), “…non puoi capire, se non haicapito già”. D’altronde, con altri “vecchi“ operatori del settore, hosempre insistito sino allo sfinimento sulla fondamen-tale importanza di fare “comunque, dovunque e quan-tunque”  tanta, tanta, tanta e sana  educazione al-l’ascolto... Educazione all’ascolto che, se diventasse patrimonio co-mune, farebbe finire tante patetiche discussioni, tantiacquisti compulsivi e quasi sempre sbagliati, tantisoldi buttati al vento in prodotti solamente millantati;farebbe finire il plagio costante perpetrato dall’opinionleader di turno, farebbe finire la stupida ricerca del “pro-dotto migliore”….Perché, nei singoli appassionati, la consapevolezza e ildiscernimento parlerebbero con voce alta e chiara e tut-to il resto sarebbe inconsistente brusio di sottofondo.

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