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ROCCA 1 GIUGNO 2021 35 di recita a sorpresa). E continueremo così, moltiplicando le proposte di socialità e di riflessione rivolte alla comunità. Vogliamo aiutare le persone a vincere la paura e la paralisi». Quando si pensa alle Carmelitane, vengo- no in mente contemplazione, solitudine, si- lenzio, clausura; un’immersione profonda nel cuore della Chiesa e nella preghiera. Ma ciò che avete appena raccontato conferma che la vostra esistenza quotidiana è tutt’al- tro che avulsa dalla realtà contingente. Con il Concilio Vaticano II si è rimessa al cen- tro della Chiesa l’esigenza di una vita di comunione e così ogni Famiglia religiosa è tornata a riscoprire le proprie radici e la fre- schezza dell’ispirazione originaria. Per i monasteri di clausura la separazione dal mondo è funzionale a custodire uno stile di vita proprio, che però non si sottrae all’in- contro e al confronto, e anzi vuole ascolta- re e intercettare le esigenze più profonde della società e interloquire con le sfide del nostro tempo. Madre Michela, può illustrarci me- glio il senso di questa vostra «apertura» al mondo esterno? «Certamente il Concilio ha segnato una si- gnificativa svolta nel modo di concepire la vita monastica e contemplativa. La clau- sura non è più vista come allontanamen- to, distacco o astrazione dalla storia, ma semmai come ‘luogo’ entro cui organizza- re la quotidianità in base a un determina- to stile di preghiera, lavoro e vita fraterna. Dunque non una ‘chiusura al mondo’ (ciò che suggerirebbe la parola stessa), ma piut- tosto una possibilità d’immersione vitale nelle gioie, nelle fatiche, nelle sofferenze e nelle speranze delle persone, che la mona- ca sente e patisce come proprie in quel pic- colo microcosmo che è la sua umanità. Ciò la porta a farsi voce, nella preghiera, del- l’anelito di speranza, di salvezza e di vita di ogni essere umano in ricerca di senso. Come diceva il cardinale Martini, nei suoi anni di episcopato a Milano, nel cuore del- la città i monasteri sono chiamati ad esse- re ‘comunità alternative’: oasi di spiritua- lità ‘altra’ rispetto a quello che abitualmen- te si vive nelle parrocchie, in grado di of- frire, a chi ne sentisse il desiderio, la pos- sibilità di approfondire la propria fede, di concedersi momenti di silenzio, interioriz- zazione e riflessione spirituale». Quali sono in particolare le occasioni di con- tatto con la comunità? «Chi viene da noi sa di trovare un certo modo di pregare, ossia una preghiera che prevede la recita di salmi (tipica della Li- turgia delle ore di stile monastico) o mo- menti di silenzio più prolungati. Nei tem- pi di avvento e quaresima abbiamo di fre- quente condiviso la recita del vespro con la gente; in altre occasioni abbiamo orga- nizzato incontri di preghiera o veglie, come pure conferenze e dibattiti su alcuni 34 ROCCA 1 GIUGNO 2021 #o ttanta strada una clausura aperta al mondo conversazione con le Carmelitane Scalze lettrici di Rocca Marco Bevilacqua I l Monastero delle Carmelitane Scalze di Legnano, eretto nel 1949 e intitola- to ai santi Giuseppe e Teresa, attual- mente ospita sedici sorelle. Una pic- cola comunità fondata su orazione e vita fraterna, solitudine e pover- tà, ispirata alla Regola degli antichi ere- miti che alla fine del XII secolo, in tempo di crociate, si erano ritirati sul Monte Car- melo, in Galilea, con il proposito di sosti- tuire alle armi della guerra, di una cultura di violenza e di dominio, gli strumenti del dialogo, della pace e della spiritualità. Per provare a comprendere cosa significa oggi essere una Carmelitana Scalza, abbia- mo intervistato tre sorelle del monastero legnanese: suor Giovanna (la priora), suor Edith e suor Michela. Madre Giovanna, lei vive questo luogo di preghiera e operosità da quarant’anni. Quali ricordi la legano a questa vocazione? «Se ritorno all’inizio, a quando sono en- trata qui, mi tornano in mente tre parole: stupore, entusiasmo, paura. Lo stupore nel vedere che il Signore chiamava proprio me. Mi domandavo: ‘Perché proprio io?’; l’entusiasmo impaziente e un po’ inco- sciente di una figlia unica appena laurea- ta in medicina, con i genitori già un po’ avanti con gli anni, che imprimeva una svolta radicale alla propria esistenza; e in- fine la paura, la preoccupazione e insie- me il fascino di fronte a un impegno desti- nato a durare per sempre. Mi chiedevo: ‘Ne sarò capace?’. Sarebbe stato per tutta la vita! Ma a quanto pare era proprio la mia strada, perché l’entusiasmo e la convinzio- ne sono gli stessi di allora». La pandemia ha segnato profondamente le vite delle persone. Come ha inciso sulle vo- stre attività e sull’interazione fra il Mona- stero e la comunità legnanese? «Dopo l’iniziale stupore che ha paralizza- to un po’ tutti, noi comprese, si è iniziato faticosamente a pensare a come vivere, a come affrontare ciò che succedeva, cam- biando ritmi, schemi, affrontando la no- vità di una situazione così sconosciuta. Per quanto ci riguarda, l’attenzione nei riguar- di del prossimo ci ha portato a iniziative ‘altre’ rispetto al solito, proprio nel tenta- tivo di intercettare il bisogno profondo di rassicurazione e recupero della socialità espresso da molti. Abbiamo iniziato pub- blicando sui media locali delle lettere che cercavano di comunicare messaggi orien- tati alla speranza, pur condividendo i di- sagi e lo spaesamento della gente. Appena è stato possibile, abbiamo cercato di far uscire la gente dalle case, prima organiz- zando il nostro mercatino natalizio con tutte le norme di sicurezza, poi invitando i legnanesi a trascorrere l’ultimo dell’an- no da noi, per un inusuale momento di incontro e condivisione (in quella occasio- ne abbiamo anche organizzato una sorta

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di recita a sorpresa). E continueremo così,moltiplicando le proposte di socialità e diriflessione rivolte alla comunità. Vogliamoaiutare le persone a vincere la paura e laparalisi».

Quando si pensa alle Carmelitane, vengo-no in mente contemplazione, solitudine, si-lenzio, clausura; un’immersione profondanel cuore della Chiesa e nella preghiera. Maciò che avete appena raccontato confermache la vostra esistenza quotidiana è tutt’al-tro che avulsa dalla realtà contingente. Conil Concilio Vaticano II si è rimessa al cen-tro della Chiesa l’esigenza di una vita dicomunione e così ogni Famiglia religiosa ètornata a riscoprire le proprie radici e la fre-schezza dell’ispirazione originaria. Per imonasteri di clausura la separazione dalmondo è funzionale a custodire uno stile divita proprio, che però non si sottrae all’in-contro e al confronto, e anzi vuole ascolta-re e intercettare le esigenze più profonde dellasocietà e interloquire con le sfide del nostrotempo. Madre Michela, può illustrarci me-glio il senso di questa vostra «apertura» almondo esterno?

«Certamente il Concilio ha segnato una si-gnificativa svolta nel modo di concepirela vita monastica e contemplativa. La clau-sura non è più vista come allontanamen-to, distacco o astrazione dalla storia, masemmai come ‘luogo’ entro cui organizza-re la quotidianità in base a un determina-

to stile di preghiera, lavoro e vita fraterna.Dunque non una ‘chiusura al mondo’ (ciòche suggerirebbe la parola stessa), ma piut-tosto una possibilità d’immersione vitalenelle gioie, nelle fatiche, nelle sofferenze enelle speranze delle persone, che la mona-ca sente e patisce come proprie in quel pic-colo microcosmo che è la sua umanità. Ciòla porta a farsi voce, nella preghiera, del-l’anelito di speranza, di salvezza e di vitadi ogni essere umano in ricerca di senso.Come diceva il cardinale Martini, nei suoianni di episcopato a Milano, nel cuore del-la città i monasteri sono chiamati ad esse-re ‘comunità alternative’: oasi di spiritua-lità ‘altra’ rispetto a quello che abitualmen-te si vive nelle parrocchie, in grado di of-frire, a chi ne sentisse il desiderio, la pos-sibilità di approfondire la propria fede, diconcedersi momenti di silenzio, interioriz-zazione e riflessione spirituale».

Quali sono in particolare le occasioni di con-tatto con la comunità?

«Chi viene da noi sa di trovare un certomodo di pregare, ossia una preghiera cheprevede la recita di salmi (tipica della Li-turgia delle ore di stile monastico) o mo-menti di silenzio più prolungati. Nei tem-pi di avvento e quaresima abbiamo di fre-quente condiviso la recita del vespro conla gente; in altre occasioni abbiamo orga-nizzato incontri di preghiera o veglie,come pure conferenze e dibattiti su alcuni

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#ottantastrada

una clausura aperta al mondoconversazione con le Carmelitane Scalze lettrici di Rocca

MarcoBevilacqua I l Monastero delle Carmelitane Scalze

di Legnano, eretto nel 1949 e intitola-to ai santi Giuseppe e Teresa, attual-mente ospita sedici sorelle. Una pic-cola comunità fondata su orazione evita fraterna, solitudine e pover-

tà, ispirata alla Regola degli antichi ere-miti che alla fine del XII secolo, in tempodi crociate, si erano ritirati sul Monte Car-melo, in Galilea, con il proposito di sosti-tuire alle armi della guerra, di una culturadi violenza e di dominio, gli strumenti deldialogo, della pace e della spiritualità.Per provare a comprendere cosa significaoggi essere una Carmelitana Scalza, abbia-mo intervistato tre sorelle del monasterolegnanese: suor Giovanna (la priora), suorEdith e suor Michela.

Madre Giovanna, lei vive questo luogo dipreghiera e operosità da quarant’anni. Qualiricordi la legano a questa vocazione?

«Se ritorno all’inizio, a quando sono en-trata qui, mi tornano in mente tre parole:stupore, entusiasmo, paura. Lo stupore nelvedere che il Signore chiamava propriome. Mi domandavo: ‘Perché proprio io?’;l’entusiasmo impaziente e un po’ inco-sciente di una figlia unica appena laurea-ta in medicina, con i genitori già un po’avanti con gli anni, che imprimeva unasvolta radicale alla propria esistenza; e in-fine la paura, la preoccupazione e insie-me il fascino di fronte a un impegno desti-

nato a durare per sempre. Mi chiedevo: ‘Nesarò capace?’. Sarebbe stato per tutta lavita! Ma a quanto pare era proprio la miastrada, perché l’entusiasmo e la convinzio-ne sono gli stessi di allora».

La pandemia ha segnato profondamente levite delle persone. Come ha inciso sulle vo-stre attività e sull’interazione fra il Mona-stero e la comunità legnanese?

«Dopo l’iniziale stupore che ha paralizza-to un po’ tutti, noi comprese, si è iniziatofaticosamente a pensare a come vivere, acome affrontare ciò che succedeva, cam-biando ritmi, schemi, affrontando la no-vità di una situazione così sconosciuta. Perquanto ci riguarda, l’attenzione nei riguar-di del prossimo ci ha portato a iniziative‘altre’ rispetto al solito, proprio nel tenta-tivo di intercettare il bisogno profondo dirassicurazione e recupero della socialitàespresso da molti. Abbiamo iniziato pub-blicando sui media locali delle lettere checercavano di comunicare messaggi orien-tati alla speranza, pur condividendo i di-sagi e lo spaesamento della gente. Appenaè stato possibile, abbiamo cercato di faruscire la gente dalle case, prima organiz-zando il nostro mercatino natalizio contutte le norme di sicurezza, poi invitandoi legnanesi a trascorrere l’ultimo dell’an-no da noi, per un inusuale momento diincontro e condivisione (in quella occasio-ne abbiamo anche organizzato una sorta

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XVI secolo, che da carmelitana sentì fortel’esigenza di recuperare con radicalità lospirito originario, ma anche il desiderio dielaborare una sintesi nuova tra l’eremitismovissuto sul monte Carmelo e la fraternitàquotidiana. Madre Edith, quanta forza puòancora sprigionare una vita così profonda-mente legata ai valori del vangelo?

«In sintesi direi che sono tre gli orienta-menti del sentire in cui Teresa può esser-ci oggi compagna di cammino. La que-stione del senso della vita, innanzitutto:Teresa fin da bambina è fortemente col-pita dalla precarietà dell’esistenza (eraesperienza quotidiana l’incombenza del-la morte per diversi motivi: parto, guer-re, epidemie), dalla fugacità e anche spes-so dall’inconsistenza dei beni terreni. Hafame e sete di qualcosa che possa darevera sensatezza alla vita. E trova rispostanell’incontro con un Dio che la invita al-l’amicizia con Lui e alla definizione di unaqualità diversa della convivenza umana.Poi c’è la questione della dignità delladonna: Teresa poteva rimanere vittimadella discriminazione cui era soggetta ladonna al suo tempo, e invece reagisce concreatività. Aderisce alle formalità richie-ste, ma lo fa spesso con grande ironia eanche con umorismo, con la coscienza diaprire una strada di libertà per sé e per ledonne che la seguono. E oltre all’operafondazionale, trova modo di dedicarsianche alla scrittura, fatto inaudito a queltempo per una donna! E infine, la que-stione della dignità dell’essere umano ingenerale: al di là delle barriere culturalidi razza, lingua, religione, sesso. Teresavive in un tempo di guerre, conflitti e in-giustizie. C’erano conflitti interni alla cri-stianità (è il tempo di Lutero) e interreli-giosi (è il tempo dell’espulsione dalla Spa-gna di ebrei e musulmani); c’era lo slan-cio missionario orientato soprattutto al-l’America latina, con tutto ciò che com-portava in termini di contraddizioni, op-pressione e soppressione delle popolazio-ni indigene; c’era una società rigidamen-te gerarchizzata che stabiliva pesanti di-scriminazioni e marginalizzazioni; c’erauna cultura fortemente misogina, dove ladonna aveva poco o nullo spazio di liber-tà… Tutte realtà che non mancano anchenel nostro momento storico, pur essendomagari più camuffate. Teresa trova unarisposta nel nuovo volto di Dio che incon-tra e che le offre di aderire alla sua stessapassione che è per la salvezza dell’essere

umano. Lei la chiama ‘la salvezza delleanime’: è la proposta del vangelo, che hacapovolto le gerarchie sociali, mettendoal vertice non il culto della potenza, del-l’affermazione, dell’efficienza, dell’identi-tà e della proprietà esclusive… ma piut-tosto la purezza del cuore, la libertà soli-dale, lo spirito di condivisione, la miseri-cordia e il senso del legame che ci fa par-tecipi tutti di un unico insieme».

Con questo numero Rocca festeggia i suoiprimi 80 anni di vita… Sappiamo che la no-stra rivista è letta e apprezzata nel Monaste-ro. Madre Giovanna, quali contenuti vi sonopiù cari?

«Il primo contatto con Rocca risale agli anni’90, quando madre Elisabetta (colei che haveramente introdotto in monastero la no-vità del Vaticano II) decise di fornire allesue monache strumenti informativi utili aformare un libero pensiero critico. In quelperiodo abbiamo sottoscritto abbonamen-ti a periodici di diverse tendenze, di destrae di sinistra, conservatori o progressisti. Ap-prezziamo molto la varietà dei temi tratta-ti da Rocca. Ad alcune sorelle sono moltograditi gli articoli di taglio educativo nel-l’ambito scolastico; altre magari sono affe-zionate agli interventi di Carlo Molari (co-nosciuto personalmente in occasione di uncorso alla nostra Federazione nel 2005), diGiannino Piana, di Enrico Peyretti. In ge-nerale, Rocca offre sempre spunti interes-santi, spesso fuori dal coro».

Madre Edith, Ipotizziamo di riassumere inpoche parole per chi non vi conosce cosasignifica oggi essere una Carmelitana Scal-za. Qual è il senso profondo della vostraesperienza di vita e di fede?

«La Carmelitana Scalza è una donna chevive come somma priorità la ricerca di Dio,per leggerne le tracce nella propria esisten-za e in quella degli altri, per capire il suomodo di agire e cercare di farlo proprionella lettura della realtà e del cuore del-l’essere umano. Vive in una piccola comu-nità in cui ciascuno, con lo stesso anelito,cerca di imparare a declinare nel quoti-diano la capacità di perdono e di fraterni-tà, praticando la preghiera come rapportodi amicizia con Dio e come modello cuiimprontare la qualità della relazione contutte le persone che è dato incontrare».

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temi specifici o di conoscenza di qualchefigura dei nostri santi in prossimità dellaloro festa. Inoltre, ultimamente abbiamoavuto modo di sperimentare un’esperien-za molto bella con gli assidui frequentato-ri della nostra chiesa, quelli che parteci-pano alla messa quotidiana: dovendo pre-parare un momento di preghiera nei ve-nerdì di quaresima – che per noi ambro-siani sono aliturgici – ci siamo interroga-te sulle aspettative di questi nostri amiciin un tempo così difficile come quello chestiamo vivendo. E così li abbiamo concre-tamente coinvolti nella scelta del tema diriflessione a partire da un ventaglio di no-stre proposte (pandemia/esilio), scelta chepoi ha trovato in loro consenso unanimein un breve commento alle letture delladomenica successiva. Ci è sembrato mol-to bello offrirci come presenza e spazio dicondivisione, ma poi lasciare esprimere eintercettare il loro vero interesse e il lorodesiderio interiore più profondo. Da ulti-mo, possiamo dire che anche il nostromercatino (che inizia la domenica primadell’Avvento e offre diversi prodotti di no-stra produzione come marmellate, dolci,piccole opere d’arte e di artigianato) è ter-reno fecondo in questo senso: la gente vie-ne, cerca di contattarci, magari passa inparlatorio per un colloquio. Anche in que-sto modo, proprio in un anno così compli-cato, abbiamo potuto offrire a tanti nostrifratelli un ascolto partecipe e una paroladi conforto e speranza. Lo stile di apertu-ra che tentiamo di coltivare ci sembra fac-cia del nostro silenzio e della nostra pre-ghiera un luogo certamente abitato dalSignore, ma anche dalle storie e dai voltidi tanti nostri fratelli e sorelle».

Si può dire che l’esistenza quotidiana delleCarmelitane Scalze sia scandita da un giu-sto bilanciamento tra tempo personale etempo comunitario, tra tempo di eremiti-smo e tempo di condivisione, tra solitudinee fraternità. Madre Michela, ci può raccon-tare i principali momenti della vostra gior-nata?

«La nostra giornata è scandita da un’alter-nanza equilibrata tra momenti di solitu-dine e altri di vita fraterna, che si integra-no armoniosamente in modo che l’una nonsia a scapito dell’altra. È quello che a noipiace definire ‘ritmo monastico’. Duranteil corso della giornata ci sono tempi dedi-cati alla solitudine, abitualmente vissutinella nostra stanza (che noi chiamiamo

‘cella’, termine mutuato dal monachesimoantico per indicare la ‘cella del cuore’).Questo tempo personale – distribuito indue fasce orarie: dalle 13 alle 15 e dalle20.30 alle 21.30 – è dedicato solitamentealla riflessione, al confronto con la paroladi Dio, alla lettura, all’approfondimentodei temi legati agli interessi e alle attitudi-ni di ciascuna; contenuti che poi la dina-mica comunitaria diffonde, nello scambioe nella condivisione, a profitto di tutte. Poici sono le ore dedicate al lavoro: dalla cu-cina alla lavanderia, dalla confezione de-gli abiti all’uso del computer, fino ad arri-vare alla cura del giardino e dell’orto. Nor-malmente si lavora da sole ma, se il tipodi attività lo richiede, tutte partecipano el’integrazione di tutte le risorse possibilirisulta vincente! Inoltre recitiamo coral-mente tutta la Liturgia delle Ore, che ini-zia già alle 5.50 del mattino con la recitadelle Lodi e poi scandisce l’intera giorna-ta con la recita delle ore minori: terza, se-sta, nona; poi a sera: vespri, compieta ealle ore 21.30 la recita dell’ufficio delle let-ture, che per noi ha carattere notturno echiude la giornata alle 22.30. Fondamen-tali sono poi due momenti che sono le co-lonne portanti dello stile di vita orante efraterno voluto da Teresa: le due ore quo-tidiane di orazione (preghiera personale),da vivere una al mattino prima della Mes-sa e una alla sera prima del Vespro, e ledue – quasi corrispettive – ore di ricrea-zione, una dopo pranzo e una dopo cena.Come solitudine e vita fraterna si armo-nizzano vicendevolmente, così anche ora-zione e ricreazione si interfacciano, inmaniera feconda, nel testimoniare la bon-tà e l’autenticità di un tempo rispetto al-l’altro. Detto altrimenti, significa mettersiin ascolto e in dialogo con il Signore, cosache poi trova la sua concreta e quotidianadeclinazione nell’ascolto e nel dialogo conle sorelle. È la sfida, mai scontata e maidel tutto compiuta, di passare dall’io al noi.Mi vengono in mente le parole pronuncia-te da papa Francesco durante il suo viag-gio in Iraq: le nostre diversità, nelle lorodiverse tinte e sfumature, sono come filiche si intrecciano in un unico magnificotappeto e costituiscono il tessuto stessodella nostra fraternità».

È stata da poco data alle stampe una nuo-va traduzione della Vita di santa Teresad’Avila (Teresa di Gesù. La mia vita. Il li-bro delle misericordie di Dio, OCD, Roma2021). Una donna vissuta nella Spagna delR

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periodico quindicinalePoste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Perugiae 3.50

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15 giugno 2020

Africala potente presenzadei mercenaril’Italia del coraggioalla provaboss ai domiciliariuna fallanell’antimafiaterzo settoreche cosa è cambiatodentro e fuoriarmisettore che nonconosce crisidisincarnazioneuna dellecaratteristichedella modernitàpreistoriail cespuglio degliumaniecologiail virus e l’impattoambientaleil Dio del tempioo il Dio dell’Esodo?

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