Health Online - 10
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Il perIodIco dI InformazIone sulla sanItà IntegratIva
HEALTHnovembre/dicembre 2015 - n°10
la rIaBIlItazIone oncologIca Integrata dell’assocIazIone “glI onconautI”: un percorso verso Il recupero del Benessere e della salute grazIe alla pratIca dello Yoga e dI tecnIcHe mente-corpo
progresso
Benessere
welfare e sanItà IntegratIva
In evIdenza
“Jet ventilation”:la nuova tecnica che ha
rivoluzionato il campo anestesiologico-rianimatorio
Pilates, Cardiolates® e Gyrotonic a confronto
Un approfondimento sulla nuova Legge di Stabilità
approvata dal Senato
La mutualità come sistema di welfare per i lavoratori:
il caso di Mutua MBA
Nasce “HealtH Book”il primo liBro di mutua mBa dedicato alla preveNzioNe!
L‘ importanza della prevenzione in un libro
Health book
I libri della salute di Mutua MBA
Da un recente studio effettuato in Italia è emerso come quasi una persona
adulta su due sia completamente avulsa dall’adottare una linea di prevenzione
medica adeguata.Prerogativa di una società di Mutuo
Soccorso non può, pertanto, essere “solo” quella di garantire l’accesso privilegiato alla
salute attraverso una valida integrazione al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve forzatamente infondere la cultura della
prevenzione intesa come cura di sé stessi, poiché in essa stessa risiede l’unica via
utile a soddisfare la crescente domanda di assistenza che la sanità pubblica non riesce
– e non riuscirà - ad accontentare. Per tale motivo Mutua MBA ha deciso
di raccogliere interviste, analisi e studi di settore, ma soprattutto consigli pratici,
esercizi e ricette culinarie per innescare l’attitudine a prendersi cura di noi stessi, con l’intento di prevenire il più possibile
malattie e infortuni.
vuoi ricevere “HealtH Book - l’importaNza della preveNzioNe” Nella tua casella di posta elettroNica?
Invia una email a [email protected] e segnalaci i tuoi contatti, ti sarà inviato senza alcuna spesa aggiuntiva.
Inoltre, su espressa richiesta e con un contributo di soli 10€ (+s.s.), potrai ricevere direttamente a casa la versione cartacea del libro.La somma sarà devoluta da Mutua MBA alla Fondazione Basis, ente no-profit dedicato alla promozione e allo sviluppo di iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale e assistenza sanitaria.
HealtH onlIne
perIodIco BImestrale dI InformazIone sulla sanItà
IntegratIva
anno 2° novembre/dicembre 2015 - n°10
dIrettore responsaBIleIng. roberto anzanello
comItato dI redazIonealessandro Brigato manuela fabbretti
nicoletta mele giulia riganelli
fabio vitale
redazIone e produzIonefabio vitale
dIrezIone e proprIetàHealth Italia
via di santa cornelia, 900060 - formello (rm)
tutti i diritti sono riservati.nessuna parte può essere
riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. articoli, notizie e recensioni firmati o siglati
esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di
conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta.
regIstrazIone del trIBunale cIvIle dI roma
n° 29 del 10 marzo 2014
ImpagInazIone e grafIcagiulia riganelli
tiratura 90.108 copie
Visita anche il sito www.healthonline.it
potrai scaricare la versione digitale di questo numero e
di quelli precedenti!
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a [email protected] e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via
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HEALTH
Il continuo sviluppo delle competenze di analisi scientifica delle patologie mediche che determina un costante accrescimento della capacità diagnostiche tramite strumenti ed esami sempre più approfonditi è sotto gli occhi di tutti noi.
Non trascorre giorno senza che non vi sia qualche annuncio che riguardi la scoperta di nuovi strumenti medici, nuovi farmaci, nuovi studi clinici, nuovi modelli di diagnosi in quanto, ormai è acclarato, il tema della salute è centrale in qualsiasi stato, governo, programma politico.
L’impressionante informatizzazione che l’umanità tutta ha sviluppato e sta sviluppando in questi anni ha avuto ed ha un impatto evolutivo notevole nel settore sanitario ed ha posto nuovi quesiti che debbono essere preliminarmente affrontati per consentire di porre veramente e correttamente la salute degli individui al centro degli obiettivi di qualsiasi soluzione praticata.
Innanzitutto bisogna sgombrare il campo sui possibili limiti posti al progresso scientifico: considerato che il problema da risolvere è lo stato di salute di ciascun individuo quale diritto inalienabile ecco che è necessario stabilire che la scienza non può porsi limiti.
è compito degli scienziati trovare soluzioni percorrendo percorsi sicuramente leciti ma che non possono sottostare a limitazioni economiche.
In questo ambito la capacità di cooperazione degli individui diviene quindi fondamentale.
Non avendo infatti nessun governo, istituzione, ente risorse economiche illimitate ecco che la capacità di tutti noi di partecipare ad associazioni, enti no profit, programmi autofinanziati diviene un elemento di rilevanza strategica importante.
Di fatto sarà la capacità dei singoli individui di mutualizzare i costi della ricerca scientifica medica a renderla veramente indipendente dai potentati e dalle lobby e scevra da vincoli.
In questo caso dobbiamo sottolineare che il nostro paese ha messo a punto sistemi veramente interessanti ed innovativi che consentono di finanziare la ricerca tramite contributi spontanei, ai quali siamo tutti moralmente tenuti a partecipare.
Definito il modo corretto di reperimento delle risorse economiche diviene però indispensabile comprendere quale sia il modo più coerente per procedere in un modello sanitario organizzato e coerente con i diritti costituzionali di ciascuno di noi.
La legge morale universale impone che ad essere privilegiati da un sistema sanitario corretto siano le parti più deboli della popolazione e cioè coloro che non hanno disponibilità economiche, coloro che sono indifesi, coloro che senza aiuti non troverebbero soluzioni in grado di garantire loro il diritto alla salute.
Perché questo sia possibile è indispensabile che l’assistenza sanitaria sia garantita in forma sociale e mutualistica.
Questo significa che non può esserci una gestione della decisione di erogabilità delle prestazioni sanitarie realizzata esclusivamente da gruppi economici che hanno interessi di profitto.
E’ indispensabile che sia il governo da un lato e gli enti che si occupano di sanità in una logica cooperativistica e mutualistica dall’altro che dispongano cosa sia corretto fare e perché.
Ben venga il contributo dei privati quando si occupano di gestione operativa di strutture sanitarie che adempiono a modelli messi a punto in forma sociale e mutualistica e ben venga anche che i privati ottimizzino tali modelli e ne traggano un giusto guadagno, ma bisogna avere ben presente il limite tra stabilire ciò che è socialmente giusto e gestire ciò che è socialmente giusto.
Anche in questo caso dobbiamo dire che l’Italia ha avuto una visione corretta del problema divenendo un modello internazionale da seguire ove l’assistenza sanitaria di base, garantita dallo stato sociale, è stata via via integrata in modo corretto con prestazioni di assistenza sanitaria integrativa fornite da fondi sanitari, casse di assistenza, società di mutuo soccorso.
Una visione tanto corretta che oggi possiamo dichiarare sicuramente che il nostro paese ha un vero modello di assistenza sanitaria integrativa coerente con l’assistenza sanitaria sociale, ove l’interesse privatistico delle lobby economiche può essere rivolto solo, correttamente, a fornire assistenza sanitaria volontaria a pagamento per coloro che possono e vogliono disporne.
Affinché però tutto ciò assuma veramente una rilevanza irreversibile è indispensabile che il sistema venga conosciuto da tutti i cittadini.Ecco che in questo ambito, quello della conoscenza, siamo ancora carenti ed è qui che necessità fare lo sforzo maggiore oggi.
Le leggi ci sono, il modello è corretto, il sistema funziona ma è necessario che ogni individuo, ogni cittadino, ogni impresa, soprattutto le piccole medie imprese che rappresentano il 95% del tessuto economico del paese, conoscano bene le possibilità che hanno di partecipare, con i giusti ed esistenti vantaggi fiscali, a fornire ai propri collaboratori i sistemi di assistenza sanitaria integrativa.
Necessita quindi divulgare la cultura della sanità integrativa affinché tutti ne possano usufruire ed anche noi, dalle pagine di questo periodico, continueremo con impegno a rappresentare, spiegare, configurare le soluzioni offerte dalla sanità integrativa gestita da fondi sanitari, società di mutuo soccorso e casse di assistenza sanitaria, perché il percorso della salute garantito dalla scienza, dalla coscienza sociale, e dalla conoscenza del sistema divenga la normalità.
A cura di Roberto AnzanelloedItorIale
scienza, coscienza e conoscenza
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Il Boom DELLE DIEtE fra tendenze, business e salute
Eseguito in Italia il PRImo tRAPIANto DI PoLmoNE con la tecnica “jEt vENtILAtIoN”
LA sALute neL movImento: Pilates, manuale di istruzione del nostro corpo
LA coLecIstIte:come riconoscerla e curarla
GyRotoNIc, il nuovo Pilates?
Il metodo di RIABILItAzIoNE oNcoLoGIcA INtEGRAtA dell’ASSocIAzIoNE GLI oNcoNAUtI
epAtIte c: negli USA è statopresentato uno StUDIo mADE IN ItALy PER comBAttERE L’INfEzIoNE
In evIdenza
28coLEStERoLo? è una qUEStIoNE GENEtIcA. Lo rileva un’indagine civica di “cIttADINANzAttIvA”
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46InsuffIcIenzA renALe cronIcA: un problema sociale
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sALute e prevenzIone: i vaccini contro meningite, morbillo-parotite-rosolia e tubercolosi
La mUtUALItà comE SIStEmA DI wELfARE per i lavoratori: IL cASo DI mUtUA mBA
LE RIcEttEDELLA SALUtE
tUmoRE ALLA PRoStAtA: nuove tecniche per la DIAGNoSI PREcocE
StABILItà, sanità e Benefit
39Sanità, un SIStEmA INtEGRAto PUBBLIco-PRIvAto presto realtà?
HEALtH tIpsSapevi che...
le diete drastiche determinano l’effetto “yo-yo”: all’inizio si cala di peso rapidamente perdendo massa magra (muscolatura viscerale oltre che scheletrica, difese immunitarie) e poco grasso, quando si sospende si aumenta rapidamente di peso, spesso più di quanto si era perso (“con gli “interessi”) e l’aumento è dovuto ad accumulo di grasso a livello addominale o “centrale”, ossia quello pericoloso mentre non viene recuperata la massa magra
www.salute.gov.it
Il cavolo è ricco di ferro, fibre, acidi grassi (omega 3 e omega 6), vitamina a ed e, oltre che di
carotenoidi e flavonoidi dalle spiccate proprietà antiossidanti.
rafforza il sistema immunitario, è disintossicante e
antitumorale. l’elettroencefalografia è una tecnica diagnostica non invasiva che registra l’attività
elettrica del cervello per esempio per analizzarne le onde durante il sonno.
l’ecocolordoppler è una tecnica
diagnostica non invasiva che studia
la situazione anatomica e
funzionale dei vasi sanguigni, arteriosi e
venosi, e del cuore in tempo reale.
le noci sono un alimento molto prezioso e dalle incredibili proprietà: recenti studi hanno dimostrato il suo potenziale antitumorale e nella prevenzione delle patologie cardio-circolatorie
è preferibile proporsi obiettivi realizzabili, non eclatanti, e scendere gradualmente (3-4 kg/mese), eventualmente mantenendo
stabile per un po’ il peso; infatti è sufficiente una riduzione del peso iniziale del 5-10 % per indurre un miglioramento del
compenso metabolico del diabete e quindi per prevenire tutte le complicanze secondarie ad un cattivo controllo e
per incidere positivamente su altre eventuali patologie associate (ipertensione, dislipidemie, malattie del cuore o dei vasi, etc.)
www.salute.gov.it
I semi di sesamo hanno proprietà antiossidanti e anticancro. sono alleati contro l’ipertensione, i reumatismi e i dolori articolari. forniscono vitamine del gruppo B, minerali e calcio, zinco, selenio e omega 3.
www.infermieriperlasalute.it
l’ adeguato e corretto spazzolamento manuale dei denti permette la rimozione del 78% della placca dentale mentre la forza non modifica l’efficacia di azione.
www.salute.gov.it
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Il boom delle diete fra tendenze, business e salute
a cura dialessandra capotorto
mai come negli ultimi anni il tema della corretta alimentazione è stato argomento di interesse nel nostro paese ed oggetto di studi ed analisi: dalla diffusione di raccomandazioni nutrizionali sponsorizzate direttamente dal ministero della Salute (vedasi in particolare le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, redatte in collaborazione con l’INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la nutrizione), fino alla creazione e diffusione di svariate “Piramidi Alimentari” (il primo modello fu ideato nel 1992 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America e venne poi attualizzato ed utilizzato in moltissimi Paesi dell’occidente negli anni seguenti). Il leitmotive in questione ha poi, più profondamente, dato vita a correnti di pensiero innovative di cui si fanno portavoce nutrizionisti, medici e guru dell’olistica e dell’alimentazione, che inneggiano a nuovi stili di vita (a volte sposando anche una sorta di “etica nutrizionale” come fa, ad esempio, il “mondo vegano”), alla ricerca di
benessere, salute e bellezza, in qualche modo accomunati dalla riscoperta di una sorta di semplicità primitiva dell’alimentazione e del gusto.
Parliamo quindi, non soltanto della semplice ricerca intorno alla più equilibrata alimentazione e della scoperta del migliore stile di vita, ma di un vero e proprio boom del “mercato economico del benessere”, un business da milioni di euro, tanto più paradossale quanto più si considera che la domanda crescente di cibi sani, leggeri e nutrienti nasce in contrapposizione all’offerta di prodotti alimentari proposti dalla più comune industrializzazione moderna, che continua ad introdurre sul mercato cibi discutibilmente sani, eccessivamente calorici e scarsamente nutrienti.
Ne “La nuova rivoluzione del benessere; come costruirsi una fortuna nel prossimo business da 1.000 miliardi di dollari”, Paul zane Pilzer - economista di fama mondiale ed
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Alla base del mercato del benessere vi sarebbero due
fondamentali problemi legati all’alimentazione:
la sovralimentazione e la scarsa nutrizione.
imprenditore multimiliardario – analizza questo nuovo ed emergente mercato che frutta – e frutterà – milioni e milioni di euro agli imprenditori che sapranno servirsene al meglio; racconta dei cosiddetti “rivoluzionari del benessere” che hanno avuto la possibilità di crearsi un’incredibile fortuna facendo del bene alle persone ed operando in quella che può essere considerata la più grande industria sulla faccia della terra: il benessere (si pensi, ad esempio, alla White wave Inc. di Steve Demos - l’inventore del latte di soia Silk - che con la sua linea di prodotti di benessere di alta qualità messi sul mercato all’inizio dell’anno 2000, è un’azienda alimentare da 300 milioni di dollari). L’affare benessere è infatti quanto mai “pro-attivo”: le persone diventano volontariamente clienti, per sentirsi più in forma, per ridurre gli effetti dell’invecchiamento e per evitare di diventare in futuro clienti dell’industria della malattia. Alla base del mercato del benessere vi sarebbero due fondamentali problemi legati all’alimentazione: la sovralimentazione, determinata dall’abbondante disponibilità di alimenti e dall’elaborazione industriale di cibi con elevato apporto calorico, e la scarsa nutrizione, determinata del ridotto apporto nutrizionale dei medesimi cibi industrializzati – in termini di nutrienti essenziali e catalizzatori – a fronte dell’elevato apporto calorico.
In questo scenario si colloca la “promozione” di diete e di nuovi regimi alimentari, pubblicizzate spesso come vere e proprie panacee: dalla dieta chetogenica alla metabolica, da quella paleolitica, alla dieta vegana o macrobiotica, alle diete propriamente dimagranti come la dieta Dukan, la dieta zona, la weigth watchers (alcune con un regime decisamente punitivo), fino ad arrivare ai regimi alimentari più estremi e stravaganti, come la dieta vegetariana crudista, che prevede regole davvero dure da rispettare (nel novero delle diete note, anche la “dieta senza muco”, la dieta del cavolo, ed addirittura la dieta del sonno, alcune delle quali, peraltro, considerate anche pericolose per la salute da noti nutrizionisti e medici).
Difficile districarsi in questo mare di informazioni proveniente da ogni dove che gli Utenti/consumatori ricevono quotidianamente; peraltro, troppo spesso all’interno di quello che è comunque un mercato economico, il confine fra promozione sociale del vero benessere e promozione commerciale di un prodotto o di un servizio, può essere difficilmente individuabile (si pensi, ad esempio, alle diete miracolose che possono essere seguite solo assumendo specifici integratori alimentari o barrette nutrienti brandizzate; o ancora, a linee di prodotti pubblicizzati come dietetici e sani, e poi contenenti l’olio di palma).
Ed allora, solo per farci un’idea delle diete più cool del momento, ne passiamo brevemente in rassegna alcune fra le più ricche di proseliti al seguito, lasciandoci con qualche spunto di riflessione critico e forse qualche perplessità su alcuni dettami particolarmente “estrosi”: ad ognuno la sua e ad ognuno le proprie considerazioni, ricordandoci sempre che la scelta della propria alimentazione non dovrebbe mai prescindere dal buon senso, dalla costanza, da un’assunzione equilibrata ed adeguata di elementi nutritivi
e – soprattutto - da alcune necessarie personalizzazioni legate alle proprie inclinazioni e caratteristiche. In caso di diete ipocaloriche poi, è sempre imprescindibile consultare un medico specializzato che sviluppi un regime alimentare misurato, evitando i danni insiti nelle diete drastiche o faidate.
LA PALEoDIEtA
la paleodieta, detta anche dieta paleolitica o dieta delle caverne, è un regime alimentare basato sulla tipologia di alimentazione che caratterizzava gli uomini vissuti nelle epoche in cui ancora non esisteva la pratica dell’agricoltura (che gli storici ipotizzano essere nata circa 10.000 anni fa). Prima dell’avvento dell’agricoltura, gli esseri umani si alimentavano con i cibi ottenuti da pratiche quali la caccia, la pesca e la raccolta dei frutti della terra che nascevano spontaneamente.secondo i fautori della paleodieta, la giustificazione della bontà di tale regime alimentare sarebbe da ricercarsi nel fatto che negli ultimi 10.000 anni l’uomo non ha subito particolari cambiamenti dal punto di vista genetico e da quello fisiologico.Su numerosi fonti si legge che l’ideatore della paleodieta sarebbe il prof. Loren cordain, docente al Dipartimento
di Salute e Scienze motorie presso la Colorado State University, ed autore di diversi libri sull’argomento, fra i quali, The Paleo Solution, The Paleo Diet Cookbook e The Paleo Diet for Athletes.
Secondo i suoi sostenitori, per applicare al meglio la paleodieta, è necessario assumere regolarmente carni magre, pesce, frutti di mare, frutta e vegetali non amidacei, mentre è necessario eliminare (o ridurre drasticamente) i seguenti alimenti:
• tutti i cibi prodotti industrialmente, compresi i succhi di frutta• tutti i cibi contenenti farina bianca, farina di kamut, farina di farro, farina di frumento e zucchero• pane fresco, pane confezionato, torte, cereali, biscotti cracker, merendine confezionate, pasta secca, pasta fresca, focacce, piadine, basi pronte per pizze, focacce o torte salate o dolci ecc.• dolcificanti artificiali ed edulcoranti• tutti gli alimenti contenenti sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio• tutte le verdure amidacee ad alto carico glicemico• tutti i cibi contenenti acidi grassi idrogenati• tutte le carni rosse non biologiche e le frattaglie• caffeina ed alcol • tutti gli alimenti con additivi, coloranti e conservanti.
La paleodieta consente il consumo di frutta secca, ma con moderazione (al massimo 100 g al giorno) quando si sta cercando di ridurre il peso corporeo. ottenuta la riduzione di peso voluta non vi sono limiti al consumo. fra la frutta secca consigliata dalla paleodieta troviamo mandorle, noci e pinoli.
In sintesi, i principi della paleodieta possono essere riassunti schematicamente nel seguente modo:• assumere una buona quantità di proteine di origine animale• assumere una quantità ridotta di carboidrati • assumere frutta e verdura evitando tuberi amidacei, cereali e zuccheri raffinati• assumere quantità moderate di lipidi, prediligendo grassi omega 3 e omega 6 • seguire un regime alimentare ricco di vitamine e sali minerali• non occorre effettuare il controllo delle calorie assunte.
I contrari alla Paleodieta: questa dieta viene accusata di essere “low-carb”, consigliando di assumere carboidrati ingerendo solo frutta e verdura, e non cereali e loro derivati. Un’altra critica che le viene mossa riguarda la mancanza di calcio, data l’esclusione dei latticini.Una più recente obiezione degli studiosi afferma che nel corso del tempo ci siano state in realtà modificazioni riguardo al patrimonio genetico umano, per cui l’uomo si sarebbe adattato al consumo di latticini e/o di cereali. Secondo i ricercatori del Progetto Leche la rivoluzione del latte ha avuto luogo nell’Europa centro-orientale circa 8 milioni di anni fa (nel paleolitico: dal 9.500 a.c. all’8.000 a.c.) ed ha preceduto di poco l’introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento (5.300 a.c.). Dagli studi effettuati emergerebbe che il latte permise una maggiore crescita demografica nei villaggi degli allevatori che sopraffecero rapidamente i cacciatori (culturalmente meno sofisticati); già dopo pochi secoli i popoli resistenti al lattosio dominarono l’Europa. I risultati di queste ricerche sono stati pubblicati da riviste specialistiche come “Nature” e “BMC Evolutionary Biology”. ciò dimostrerebbe che, al contrario di quanto riportato dalla paleodieta, il consumo del latte e dei suoi derivati non rappresenterebbe un comportamento innaturale, ed anzi, i popoli che ottennero la lattasi per la digestione del latte vaccino conquistarono un livello demografico, evolutivo e tecnologico decisamente superiore rispetto agli avversari, ottenendo la vittoria (fonti: v. http://www.codicepaleo.com/cibi-paleodieta/; La rivoluzione
l’ha fatta il latte – f. Sindici – La stampa - mercoledi 24 novembre 2010 -
tuttoscIenze pag. 27; da http://www.mypersonaltrainer.it/alimentazione/
contraddizione-dieta-paleolitica-paleodieta.html; dott. Albanesi in www.
albanesi.it/dieta/paleodieta.html)
LA DIEtA cRUDIStA
la dieta crudista, o anche detta dieta raw food, è una forma – per qualcuno un po’ ortoressica - di alimentazione che promuove il solo impiego di cibi non cotti e prevalentemente provenienti da agricoltura biologica. Si tratta di un approccio salutistico con cui si evidenziano gli svantaggi della cottura dei cibi. A seconda del tipo di stile di vita e dei risultati desiderati, la dieta crudista può
CARDEACASSA MUTUA
La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro.
Una mUtUa che tUtela, Una mUtUa che previene,Una mUtUa che Unisce!
www.cassamutuacardea.org [email protected]
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includere una selezione di frutta cruda, verdura, noci, semi ed altri elementi nutrizionali, inclusi quelli di origine animale. Il crudismo può includere qualsiasi dieta alimentare in cui il cibo viene riscaldato o cotto ad una temperatura compresa tra 40° c e 46° c. I crudisti possono essere divisi tra coloro che sostengono il crudismo vegano o quello vegetariano, quelli che auspicano una dieta onnivora e quelli che sostengono una dieta crudista di sola carne.Sostanzialmente il crudismo nasce dalla convinzione che un’alimentazione non ottimale possa condurre a seri problemi di tipo organico. L’assunzione di cibi crudi come trattamento dietetico fu sviluppato per la prima volta in Svizzera dal medico maximilian Bircher Benner, il quale condusse esperimenti sugli effetti sulla salute umana di una dieta a base di vegetali crudi. Nel novembre del 1897 aprì a zurigo una casa di cura chiamata Lebendige Kraft (forza vitale), tuttora attiva. Il crudismo venne poi sostenuto dal dott. weston Price in un lavoro del 1939 intitolato “Nutrition and Physical Degeneration” (Nutrizione e Degenerazione fisica) e nel libro di Leslie Kenton “Raw Energy - Eat Your Way to Radiant Health”, pubblicato nel 1984, in cui si sostiene che una dieta che comprenda un 75% di cibi crudi consente di prevenire malattie degenerative, rallentare gli effetti dell’invecchiamento, aumentare l’energia e migliorare l’equilibrio emotivo del singolo.Altri importanti sostenitori della dieta crudista sono stati Ann wigmore, Norman walker ed il saggista statunitense Herbert Shelton (quest’ultimo in particolare, ideatore della nota “Dieta Shelton”).Una dieta che i crudisti ritengono bilanciata è costituita
dal 75-80% di frutta, 10-20% di verdure (molto importanti sono quelle a foglia verde) e un 5% di noci e semi; c’è, in totale, un deciso sbilanciamento a favore dei carboidrati a scapito di proteine e grassi. va comunque precisato che esistono diverse tipologie di crudismo:
crudismo onnivoro_Prevede il consumo di verdura cruda, miele e prodotti animali e di derivazione animale, anch’essi crudi. La carne cruda dovrebbe essere di animali allevati allo stato brado o da selvaggina e non di animali che provengono da allevamenti intensivi. fra i cibi consentiti vi sono anche il burro, carni, kefir, pesci, uova ecc.crudismo vegetariano_Prevede il consumo solo di frutta e verdura cruda nonché prodotti di derivazione animale, purché crudi (per esempio il burro, le uova), ma si devono evitare sia la carne che il pesce.crudismo vegano_è la forma di crudismo maggiormente diffusa; si possono consumare solamente cibi crudi di derivazione vegetale; sono quindi banditi tutti i derivati animali, come per esempio il burro, le uova, il miele, il latte di capra, di mucca, di pecora ecc.crudismo fruttariano_coloro che adottano questa forma di crudismo si cibano esclusivamente di frutta, possibilmente matura e proveniente da lavorazioni bio.
Nel nostro Paese la dieta crudista non è un regime alimentare particolarmente seguito; negli ultimi anni ha però conosciuto una certa popolarità negli Stati Uniti d’America grazie soprattutto alla sua diffusione fra molte celebrità cinematografiche hollywoodiane (fra cui Demi
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moore e woody Harrelson); il successo di questa dieta sembra essere dovuto soprattutto al fatto che i suoi sostenitori gli attribuiscono un salutare effetto anti-aging.
Secondo i sostenitori del crudismo, i vantaggi di questa dieta e gli svantaggi della cottura dei cibi sarebbero:
• I cibi crudi hanno valori nutritivi più alti di quelli cotti;• Gli enzimi digestivi contenuti negli alimenti crudi, ad esempio l’amilasi, la proteasi e la lipasi, aiutano la digestione. Riscaldando il cibo al di sopra dei 40-49 °c, gli enzimi in esso contenuti si degradano fino a distruggersi;• La cottura dei cibi produce una glicazione avanzata del prodotto finale.• I cibi crudi, come frutta e verdura, sono ricchi di antiossidanti che contribuiscono a ritardare i segni dell’invecchiamento.
Il dottor joel fuhrman autore di Eat to Live (mangiare per vivere), sostiene che le verdure della famiglia delle brassicacee (come il cavolo), posseggono da crude i più potenti effetti anti-cancro fra tutti gli alimenti. sostiene inoltre che la maggior parte dei fitonutrienti assolvono la funzione di antiossidanti, neutralizzando i radicali liberi, rendendoli innocui e riducendo il rischio di cancro. La neutralizzazione dei radicali liberi è presente nei cibi crudi ed in quelli di origine alcalina, e li rende potenti antiossidanti.
I contrari al Crudismo:I contrari alla dieta crudista sostengono che questa comporti un regime alimentare sbilanciato, in quanto dieta iperglicidica, soprattutto a causa del limitato consumo di carni e pesci (determinata anche dalla impossibilità di sottoporre a cottura gli alimenti). Inoltre l’approccio crudista non considera i benefici che derivano dalla cottura dei cibi, ovvero una maggiore appetibilità, una maggiore digeribilità, una maggiore salubrità e una maggiore igienicità. La cottura infatti è a talvolta necessaria perché elimina batteri, virus e tossine contenute in alcuni cibi. Allo stesso modo, le melanzane contengono alcaloidi tossici, potenzialmente pericolosi, che ne rendono sconsigliato il consumo da crude. Il crudismo può comportare problemi alla salute anche perché la cottura consente di eliminare alcuni microrganismi patogeni, evitando di sviluppare patologie come la toxoplasmosi o gravi gastroenteriti. Le infezioni da patogeni alle quali si può andare incontro evitando di cuocere i cibi sono innumerevoli, solo per citarne alcune quelle da Entamoeba histolytica, Giardia lamblia Clostridium botulinum, Bacillus Cereus, Salmonella typhi e paratiphi, Staffilococcus Aureus e tanti altri, specie nel caso di donne in stato interessante e soggetti immunodepressi.Inoltre, se in molti casi è vero che la cottura può ridurre il contenuto vitaminico o quello minerale dei cibi, in altri casi
la questione è rovesciata; la cottura dell’uovo, per esempio, elimina l’avidina che, legandosi alla biotina (nota anche come vitamina B8) ne impedisce la biodisponibilità, mentre la cottura dei cereali integrali e dei legumi elimina l’acido fitico che si oppone all’assorbimento di diversi minerali. Infine, non sempre la cottura impedisce l’assimilazione di principi nutritivi, ma invece può facilitarla, come nel caso del betacarotene.(fonti: v. mangiare sano e naturale, macro edizioni 2011; in Dieta crudista:
cos’è, benefici e pericoli, in www.yeslife.it; http://alimentazione-naturale.
blogspot.it/2015/02/fruttarismo-piu-dieta-temporanea-o.html)
LA DIEtA “cLEAN”
la dieta “clean” (letteralmente “dieta pulita”) o “eating diet” si basa sul consumo di cibi semplici e non trattati artificialmente. La regola di base di questa dieta è quella di non mangiare quindi cibi artefatti ed industriali, perché meno gli alimenti vengono trasformati e più questi resteranno sani. L’obiettivo della dieta clean è quello di rimuovere le tossine che affliggono il nostro corpo, di contribuire ad un sano sistema digestivo, favorendo così anche un naturale controllo del peso corporeo. Il regime alimentare messo a punto dal dott. Alejandro
junger (cardiologo di origini uruguaiane) molto diffuso negli Stati Uniti d’America, è fra i più seguiti dalle star di Hollywood come Gwyneth Paltrow, mariska Hargitay, e la stilista Donna Karan. Il programma in realtà è più vicino ad un vero e proprio stile di vita che ad una semplice dieta alimentare e si basa su tre cardini: rimuovere, recuperare, ringiovanire.Di seguito i principi base della dieta clean:
• Abbandonare gli alimenti ricchi di grassi e di zuccheri (salumi, fritture, dolci e merendine) e rivolgersi alla natura: frutta e verdura fresche, cereali integrali, legumi, noci e semi, in quanto ricchi di sostanze antiossidanti, tra cui vitamine c, E e betacarotene, precursore della vitamina A, capaci di proteggere le cellule dagli attacchi dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento della pelle.• Eliminare completamente il latte ed i suoi derivati, il consumo di alcolici e la caffeina• Sostituire il sale con le spezie• Introdurre ogni giorno una buona quantità di alimenti “depurativi”, come i cereali integrali ed il riso• è preferibile scegliere verdure come broccoli, asparagi o zucca. La frutta colorata (frutti di bosco, mango, anguria) offre un grande apporto nutrizionale. • Preferire il consumo di proteine magre come quelle contenute nel tacchino, nel pollo e nel pesce• Evitare tutti gli alimenti conservati, preferendo cibi semplici e naturali, meglio se biologici;• esporsi al sole per 15 minuti al giorno, per fissare la vitamina D nelle ossa;• Praticare attività disintossicanti e rilassanti, come la sauna,
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i massaggi, e la pratica della meditazione dello yoga.
I contrari alla Dieta Clean: Secondo alcuni nutrizionisti, il regime della Dieta clean (nel programma originario ideato dal dott. junger per l’attrice Gwyneth Paltrow, si prevede il consumo di un solo pasto regolare, completato poi da due cocktail di sciroppo d’acero, pepe di cayenna e succo di limone) non ha controindicazioni se seguita solo per un periodo che non superi le tre settimane, per via del ridotto apporto di calorie giornaliere.Per sopperire al regime un po’ troppo “punitivo” della dieta clean, interviene infatti il nuovo programma alimentare denominato “clean food”, lanciato sempre negli Stati Uniti d’America dalla dott.ssa terry walters, il quale prevede un approccio decisamente più soft alla dieta “pulita”. (fonti: www.salute-e-benessere.org/nutrizione/diete/mangia-sano-con-
ladietaclean; www.lettera43.it/benessere/406/dieta-le-manie-dei-vip.htm;
http://www.piusanipiubelli.it/alimentazione/ curarsi-a-tavola/dimagrire-
disintossicare-organismo-con-clean-diet.htm)
LA DIEtA vEGANA
La dieta vegana o vegan è un regime alimentare che esclude completamente i prodotti di origine animale. mentre nel vegetarianismo alcuni cibi - quali latte, formaggi, uova e miele - sono concessi, nella dieta vegana non sono ammessi. La dieta vegana trae le sue origini da un movimento filosofico ben più ampio, il veganismo, uno stile di vita fondato sul rifiuto – nei limiti del possibile e del praticabile – di ogni forma di sfruttamento e di crudeltà verso gli animali (per alimentazione, per abbigliamento, e per ogni altro scopo).La dieta vegana ed il veganismo pertanto incidono profondamente su numerose abitudini quotidiane: nella pratica quotidiana, si traduce nel rifiuto di acquistare, usare e consumare prodotti derivanti da sfruttamento e uccisione degli animali, nonché il rifiuto di dedicarsi, partecipare e sostenere attività che implicano l’utilizzo degli animali e la loro uccisione, come ad esempio, l’allevamento degli animali, la sperimentazione sugli animali, la caccia (la fAo nel 2007 ha stimato che gli animali sfruttati ed uccisi per i soli fini alimentari siano pari a circa 56 miliardi). Inoltre un vegano etico indossa solo capi in fibre vegetali e sintetiche ed evita l’acquisto di ogni capo con parti di origine animale (pelliccia, pelle, lana, seta e imbottiture in piuma), usa cosmetici (make-up e prodotti per l’igiene personale) e prodotti per la pulizia della casa non testati su animali e possibilmente privi di ingredienti di origine animale, e in generale evita l’acquisto di altre merci con parti animali (come divani in pelle, tappeti in pelliccia, ornamenti in avorio, oggetti in osso, pennelli in pelo animale, ecc.).Le motivazioni per le quali la dieta vegana sta riscuotendo un discreto successo sono diverse: innanzitutto, alcune religioni e filosofie orientali escludono completamente il consumo di prodotti animali, e già in passato il “vegetalismo” era dettato da principi religiosi, come nel Giainismo, e praticato nelle aree interessate da tali dottrine (come ad esempio in India). ma nel corso degli anni più
recenti, si è osservata una diffusione molto significativa della dieta vegana (ad esempio negli USA, dove circa il 2-3% della popolazione segue in modo regolare una dieta vegana; in Italia si stima che la presenza dei vegani sia pari all’1,1,%).Alla diffusione delle ragioni salutistiche hanno contribuito una serie di fattori, fra cui, innanzitutto, la correlazione fra il consumo di carni rosse e carni conservate al rischio di patologie croniche, ma anche la frequente diffusione di malattie virali negli animali allevati e le preoccupazioni per il crescente uso di antibiotici e altri farmaci negli allevamenti. Più recentemente, i rischi derivanti da un’eccessiva assunzione di grassi saturi e colesterolo, di cui sono ricchi latte, latticini e uova, la correlazione del consumo di uova e prodotti lattiero-caseari con alcuni tipi di cancro e la vasta diffusione dell’intolleranza al lattosio,
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hanno ulteriormente spostato l’attenzione verso la dieta vegana. Infine, sempre negli anni recenti, il vegetalismo ha iniziato a diffondersi anche come una scelta ecologica consapevole a fronte dell’elevato impatto ambientale connesso al settore dell’allevamento. Il medico statunitense mc Dougall, propone un regime alimentare ispirato alla dieta vegana per combattere molte delle patologie contemporanee riconducibili ad una nutrizione scorretta o poco equilibrata: trattasi di uno schema dietetico ipocalorico ad elevatissimo contenuto di fibre, così suddiviso:
• 75-87% di carboidrati• 6-15% di proteine (di derivazione biologica: cereali e legumi)• 5-10% di lipidi (tutti derivati da alimenti vegetali)
ma la dieta vegana “pura” non comporta solo l’esclusione dei cibi di derivazione animale, ma si fonda anche su alcuni precisi imperativi alimentari, tra cui l’attenzione costante alla qualità e alla varietà degli alimenti e il consumo di ingredienti non raffinati, non idrogenati, non pastorizzati e privi di glutammato. Dunque, il vegano è un salutista scrupoloso, mangia frutta, verdura e cereali, non beve alcolici, non fuma, evita thè e caffè (sostituiti con l’orzo), non utilizza dolcificanti di sintesi (al loro posto opta per lo zucchero di canna integrale o i dolcificanti naturali come lo sciroppo d’acero e i succhi di frutta). e usa il sale raffinato con estrema parsimonia: al suo posto per insaporire i cibi si serve dell’agro di umeboshi, ottenuto dalla fermentazione di una particolare varietà di albicocche, oppure del gomasio, un prodotto a base di sale integrale e semi di sesamo tostati o, ancora, della salsa di soia.
I contrari alla Dieta Vegana:Secondo alcuni studiosi e correnti di pensiero contrarie, un regime alimentare come quello vegano, che bandisce totalmente i prodotti animali, sebbene sano per alcuni aspetti, rischierebbe di esporre l’organismo a importanti carenze di macronutrienti essenziali, tra cui proteine, vitamine B12 e D, calcio e zinco. Per evitare pericolosi deficit sarebbe, dunque, indispensabile includere nella dieta alimenti che sostituiscano quelli mancanti (il calcio, per esempio, generalmente introdotto con il consumo di latte e latticini, può essere assunto mangiando semi e burro di sesamo, oppure alghe essiccate; quanto all’apporto proteico, è necessario puntare sui legumi, da consumare in abbinamento ai cereali - pane, pasta, riso - che sono ricchi di aminoacidi, ma anche soia, tofu e seitan). La carenza di vitamina B12, invece, richiede generalmente l’assunzione di integratori alimentari o cibi fortificati, così come per gli acidi grassi, in particolare gli omega 3, normalmente assunti mangiando pesce. Il rischio, dunque, che questa dieta possa sottrarre nutrienti essenziali all’organismo è tutt’altro che remoto. ciò spiega perché le opinioni degli esperti in materia siano discordanti: alcuni studi statunitensi hanno evidenziato che il salutismo indotto dalla cucina vegana, unito alla drastica riduzione di alimenti industriali e grassi animali, riduca notevolmente il rischio cardiovascolare e quello di neoplasie del colon-retto. ma sono molti i nutrizionisti che pongono l’accento sui
possibili pericoli dell’alimentazione vegana, e suggerendo la necessità dell’integrazione farmacologica quando si escludano dalla dieta tutti i derivati animali. Per questa ragione, la cucina vegana viene da diverse parti sconsigliata in alcuni periodi delicati della vita, tra cui l’infanzia, l’adolescenza, la gravidanza, l’allattamento e la terza età. Insomma, se è vero che il rischio cardiovascolare si riduce, può aumentare significativamente la probabilità di incorrere in altre complicanze, tra cui osteoporosi, anemia, ipotiroidismo, neuropatie e spina bifida nel feto. (fonti: rüdiger D, peace food. I benefici fisici e spirituali dell’alimentazione
vegana, edizioni mediterranee; http://www.my-personaltrainer.it/
alimentazione/dieta-vegana.html; ^ Eurispes, Il Rapporto Italia 2013, “Il 6%
degli italiani ha fatto la scelta di diventare vegetariano (4,9%) o vegano
(1,1%)”; melanie joy, Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo
le mucche, edizioni sonda, 2012; http://www.benessere.com/dietetica/
arg00/dieta_vegana.htm)
LA DIEtA DEL GRUPPo SANGUIGNo
La dieta del gruppo sanguigno (detta anche Emodieta) è un regime alimentare ideato nel 1997 da un naturopata statunitense, il dottor Peter j. D’Adamo che descrive il suo studio nel libro “Eat Right 4 your type”, tradotto in più di 40 lingue e venduto per milioni di copie in tutto il mondo (nel nostro Paese il libro di D’Adamo è uscito con il titolo L’alimentazione su misura; in Italia la Emodieta è diventata molto popolare grazie a un medico piacentino, il dottor Piero mozzi). Il naturopata statunitense sostiene che i vari gruppi sanguigni (0, A, B e AB) si sono formati durante il periodo evolutivo ed in base al proprio gruppo sanguigno, un soggetto dovrebbe evitare di assumere quei cibi che causano fenomeni di agglutinazione; sostiene anche l’esistenza di una predisposizione all’attività fisica determinata dal gruppo sanguigno (per esempio gli individui del gruppo A avrebbero molte fibre rosse). Il gruppo sanguigno di una persona, quindi, sarebbe un fattore di vitale importanza del quale è necessario tenere conto se si desidera impostare un regime alimentare sano ed efficace.ll primo passo per iniziare a praticare la dieta è, naturalmente, conoscere il proprio gruppo sanguigno.
Una volta appurato, è necessario capire quali cibi siano più o meno compatibili con il nostro sistema immunitario. vediamo dunque, brevemente, le caratteristiche di ogni gruppo sanguigno secondo la teoria di D’Adamo.
Gruppo Sanguigno o_Sarebbe il gruppo sanguigno più antico, risalente al tempo in cui l’alimentazione dell’uomo era basata soltanto sulla cacciagione, sulla frutta e sulle piante. Il regime alimentare per i soggetti che hanno
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questo gruppo sanguigno prevede un notevole introito di proteine di origine animale. Devono essere esclusi dalla dieta tutti quei cibi basati invece sulla farina di frumento, escludendo anche i latticini e le leguminose, in quanto le lectine interferiscono con il metabolismo indebolendo l’attività dell’insulina (questa reazione non soltanto causerebbe l’aumento del peso, ma anche, a lungo termine, patologie più gravi, come ad esempio il diabete). Le diete pertanto da seguire per i “cacciatori” sarebbero le cosiddette diete chetogeniche, come la dieta Scarsdale e la Dukan. chi appartiene a questo gruppo tende a reagire allo stress in modo rapido e istintivo, proprio come i suoi antenati cacciatori che in situazioni di pericolo dovevano agire in fretta. Gli effetti dello stress si concentrano perciò nei muscoli. Il modo migliore per scaricarlo è sottoporsi a un esercizio fisico pesante: aerobica, sollevamento pesi, arti marziali, ecc.
Gruppo Sanguigno A_Il gruppo A si sarebbe formato come risposta al progressivo mutamento del regime alimentare, con l’avvento dell’agricoltura, con cui l’uomo ha modificato parzialmente il proprio modo di alimentarsi introducendo nella sua dieta, per esempio, anche i cereali. Per molti versi, si trovano all’opposto del gruppo 0, in quanto il loro sistema digerente presenta un ambiente interno scarsamente acido che non tollera la chetosi. Non riesce pertanto ad assimilare bene la carne rossa, che viene immagazzinata sotto forma di grasso. Anche i latticini sono poco tollerati e possono rallentare il metabolismo. Le persone di tipo A sono molto sensibili alle situazioni stressanti, soprattutto a livello mentale: l’adrenalina da stress li colpisce principalmente al sistema nervoso. questo fenomeno è per loro causa di ansia e irritabilità. Il modo migliore per contrastarlo è intraprendere un’attività fisica che favorisca il rilassamento mentale, come yoga, tai chi chuan, camminata veloce. I soggetti che hanno questo gruppo sanguigno dovrebbero seguire quindi una dieta essenzialmente vegetariana, associando lo svolgimento di attività fisiche meno pesanti rispetto agli appartenenti al gruppo o.
Gruppo Sanguigno B_Il gruppo B, si sarebbe formato in seguito ai notevoli mutamenti climatici e sarebbe comparso circa 10.000 anni fa tra le popolazioni mongoliche e caucasiche dell’Asia centrale; si trattava di popolazioni nomadi che, in quanto tali, si dedicavano soprattutto alla pastorizia. Il loro regime dietetico era basato prevalentemente sul consumo di carni, cereali, latte e prodotti caseari in genere. I soggetti appartenenti a questo gruppo sarebbero caratterizzati, in generale, da un sistema immunitario e da un sistema digestivo molto efficaci; è per questo motivo che il gruppo del nomade è quello, fra i quattro, che permette di seguire la dieta più variata; sono consentiti, infatti, oltre al latte e ai prodotti caseari, anche le carni e la stragrande maggioranza dei prodotti di origine vegetale. fra i pochi alimenti sconsigliati vi sono i prodotti contenenti importanti quantità di conservanti e i cibi ricchi di zuccheri semplici. Ai soggetti di questo gruppo viene suggerita un’attività fisica leggera con un’importante componente mentale.
Gruppo Sanguigno AB_Il gruppo AB sarebbe il più recente e complesso. Sarebbe comparso pressappoco un migliaio
di anni fa, nato dalla mescolanza dei gruppi A e B; i soggetti con questo gruppo sanguigno rappresentano soltanto dal 2 al 5% della popolazione mondiale. I soggetti con questo gruppo sanguigno necessitano di una dieta mista e improntata alla moderazione; l’introduzione dei latticini dovrebbe essere piuttosto limitata. In linea generale, i cibi che risultano dannosi per il gruppo A o per il gruppo B sono considerati dannosi anche per il gruppo AB.
I contrari alla Emodieta:Nelle teorie legate alla Emodieta, giocano un ruolo fondamentale le lectine, per cui, introducendo nel nostro copro lectine incompatibili con il proprio gruppo sanguigno, queste si agglutinerebbero con le cellule sanguigne rischiando di generare reazioni e sintomi simili a quelle delle intolleranze alimentari. tuttavia, secondo alcuni pareri contrari, l’esistenza delle agglutinine (che si comportano selettivamente nei contri del gruppo sanguigno) farebbero venir meno i presupposti su cui si fonda la Emodieta. Diversi infatti i medici e gli istituti di ricerca che sostengono che non vi sono evidenze scientifiche a sostegno dell’associazione fra il gruppo sanguigno e le esigenze nutrizionali o gli stili di vita. Inoltre alcuni studi sull’incidenza demografica delle malattie farebbero venir meno la correlazione fra i gruppi sanguigni e specifici rischi patologici. secondo il dott. spisni, fisiopatologo del tratto digerente e docente al master di alimentazione ed educazione alla salute dell’Università di Bologna, “per smentire il collegamento tra lectine e gruppi sanguigni basterebbe dire che la sensibilità al glutine e la celiachia si distribuiscono equamente tra A, B, 0 e AB”. molto contestata anche la tesi per cui la predisposizione all’attività fisica sarebbe determinata dal gruppo sanguigno, in quanto non vi sarebbe correlazione fra stili di vita sedentari e gruppo sanguigno di appartenenza (fonti: http://www.albanesi.it/alimentazione/gruppi.htm; http://www.my-
personaltrainer.it/dieta/dieta-gruppo-sanguigno.html; http://www.wired.it/
scienza/medicina/2013/06/04/; American journal of clinical Nutrition).
“La salute è la più grande forza di un popolo civile”
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Il Pilates è una forma di esercizio ideata da joseph H.
Pilates che enfatizza lo sviluppo equilibrato del corpo
permettendo così di migliorare il benessere fisico e la salute.
Per saperne di più abbiamo intervistato Cloè Sommadossi,
una giovane milanese che è riuscita a raggiungere con
il sacrificio, l’impegno e l’amore per questa disciplina,
traguardi importanti riconosciuti al livello internazionale.
A lei abbiamo chiesto quali sono i benefici per la salute
derivanti dal Pilates e dal cardiolates®.
classe 1984, cloè da 16 anni pratica il Pilates, prima come
allieva e da 5 anni come insegnante. Ha studiato ricerca
in ambito alimentare, un master all’estero che le ha dato
la possibilità di ricoprire un incarico importante nell’ambito
della ricerca, al quale ha però dovuto rinunciare per
conseguire il titolo di Pilates and cardiolates® master trainer,
professione che oggi esercita, in maniera eccelsa, presso
il suo studio di Dubai. cloè ha l’esclusiva per tutto il medio
oriente conferitale da Pilates Academy International
(P.A.I.), un’accademia di New york riconosciuta nella top
five degli studi a livello internazionale.
“Il pilates ha talmente cambiato la mia vita sotto il profilo
psico-fisico che ho deciso di specializzarmi in questa
splendida disciplina con lo scopo di aiutare a migliorare
la vita delle altre persone. Una passione grande che
nasce all’età di 14 anni e dalla quale non sono più riuscita
a svincolarmi”. con queste parole ci ha accolto nel suo
splendido studio situato al 42-esimo piano di uno dei più
prestigiosi cluster nella zona di jumeirah Lakes tower di
Dubai.
Solo nel varcare la soglia si respira un’aria di serenità e
lei, con la sua incantevole dolcezza, ci ha spiegato quali
sono i benefici del pilates e del cardiolates® per il corpo e
l’anima fornendo anche qualche utile consiglio.
cloè, la domanda “com’è nata la passione per il Pilates” è
d’obbligo, perché la curiosità è tanta.
“Sin da bambina ho praticato diverse attività sportive.
All’età di 14 anni mia mamma era preoccupata perché
notava che avevo una postura non corretta, così, dopo
aver accertato che la mia schiena in realtà stava bene,
a cura di nicoletta mele la salute nel movimento:
Pilates, manuale di istruzione del nostro corpo
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abbiamo comunque deciso di seguire un corso di Pilates.
Ho quindi iniziato a frequentare lo studio di Anna Maria
Cova, la prima professionista ad aver portato il Pilates in
Italia negli anni ’80. Anna ha cambiato il mio destino. Sin
da subito mi sono appassionata al Pilates, tanto che oggi
questa disciplina è diventata la mia professione”.
Della serie “gli amori fanno dei giri immensi e poi ritornano”,
è così?
“Esatto, il mio percorso di studi era proiettato verso una
realtà completamente diversa, ma la passione per il
Pilates ha preso il sopravvento. così, dopo essere riuscita a
conseguire la certificazione di pilates teacher a milano con
Annamaria cova, mi sono anche dedicata e appassionata
al cardiolates®. Ho preso contatti con Pilates Academy
international (P.A.I.) a manhattan, diretto dalle gemelle
Katerine e Kimberly corp, nonché ideatrici del cardiolates®,
grazie al quale, non solo sono diventata cardiolates®
master trainer, ma rappresento la loro Academy qui a
Dubai con l’esclusiva per tutto il medio oriente. Ad oggi
sono infatti l’unica in grado di
formare nuovi istruttori certificati
dalla loro scuola nella regione
Araba”.
che cos’è il Pilates e quali sono i
benefici per il nostro corpo?
“Il pilates è una disciplina a metà
tra la ginnastica riabilitativa, la
preparazione atletica e una forma
di stretching dinamico. ciò che
rende il Pilates diverso da qualsiasi
altra forma di attività fisica, è
la sua attenzione, oltre che alla
forma degli esercizi, soprattutto alla qualità del movimento.
In sostanza, il Pilates rafforza i muscoli posturali e, più nello
specifico, gli esercizi fanno acquisire consapevolezza
del respiro e dell’allineamento della colonna vertebrale
rinforzando i muscoli.
Per rendere possibile tutto questo è necessario studiare e
conoscere la dinamica del corpo, esattamente ciò che ha
fatto joseph H. Pilates, ideatore del Pilates”.
cosa intendi per muovere il corpo in maniera sana?
“Le basi del Pilates sono anche le basi della scienza, del
movimento, dell’anatomia e della biomeccanica del
corpo umano. Il miglior movimento che si può offrire al nostro
corpo, con il fine di sviluppare una buona muscolatura,
è che questo venga effettuato in maniera controllata e
fluida, abbinandolo ad una corretta respirazione.
Il punto cardine del metodo è la tonificazione e il rinforzo
di tutti i muscoli connessi al tronco (l’addome, i glutei, gli
adduttori e la zona lombare).
Il pilates, nel tempo, modifica il corpo perché il movimento
eseguito con gli esercizi è lo stretching dinamico, che
permette al muscolo di allungarsi e affinarsi. Questa è la
differenza con le altre discipline sportive, che tendono
invece a contrarre la fibra muscolare. attraverso il pilates si
sviluppa una grande forza muscolare, ma in maniera attiva
e contro determinate tensioni.
secondo, infatti la teoria di Joseph: con 10 lezioni di pilates
ti senti un corpo diverso, con 20 vedi un corpo diverso e
con 30 avrai un corpo diverso.
come per ogni disciplina sportiva, il raggiungimento degli
obiettivi si ottiene con la costanza e seguendo una giusta
e sana alimentazione”.
E’ un valido aiuto anche per l’anima?
“Sì anche se, a differenza dello Yoga, nel pilates non
è prevista una meditazione. è l’intenzione a guidare il
movimento, che deve essere sentito e comandato dal
cervello. ci sono 100 modi per muovere un braccio, ma solo
uno è quello giusto ed e’ per questo che quel movimento va
capito in termini anatomici. tra le
mie priorità c’è quella di spiegare
ai clienti in che modo ci si muove
e il motivo per il quale si compie
quel determinato movimento.
è possibile riuscire a rilassarsi,
nonostante il lavoro sia
concentrato sulla fascia
muscolare. Il risultato è quello
di impiegare 1 ora del proprio
tempo per ascoltare il corpo.
Soltanto seguendo queste regole
chi pratica questa disciplina sarà
in grado di imparare ad utilizzare
il proprio corpo. In sostanza, il
Pilates è il manuale di istruzioni per impiegare l’organismo
in maniera sana.
La nostra mission è quella di aiutare il cliente a saper gestire
il proprio corpo nel miglior modo possibile e insegnargli a
proteggersi dagli infortuni durante le mille attività sia nel
quotidiano che nella pratica delle discipline sportive. Non
è un caso, infatti, che tra i miei clienti ci siano anche degli
atleti”.
Nel Pilates sono previsti esercizi a corpo libero e anche la
possibilità di utilizzare degli attrezzi. qual è la lezione tipo?
quando e perché utilizzare o no un determinato attrezzo?
“le lezioni di pilates possono essere a tema ed abbiamo a
disposizione più di 500 esercizi da poter eseguire.
Il Pilates è una disciplina unica, che ha l’obbiettivo di
permettere al nostro corpo di muoversi meglio, con fluidità
e con eleganza. La salute sta proprio nel movimento.
Per raggiungere ciò si possono eseguire sia esercizi a
corpo libero che utilizzando delle attrezzature specifiche.
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Personalmente, preferisco sempre fare degli esercizi a
corpo libero perché è importante essere consapevoli e
utilizzare il proprio corpo indipendente dal supporto di un
attrezzo.
per quanto riguarda le attrezzature specifiche per il pilates, ci
sono sia quelle grandi quali ad esempio Reformer, Cadillac,
Chair, Big Barrel, Step Barrel e i piccoli attrezzi come: Fitball,
Piccoli Pesi, Magic Circle, Softball, Banda Elastica.
Il Pilates si può praticare anche quotidianamente, non
ci sono controindicazioni, anzi, più si dedica del tempo
per l’allenamento e più si avranno benefici per il nostro
corpo. questo però dipende anche dallo stile di vita di
ognuno di noi. Per una persona sportiva, seguire un corso
di Pilates consente di migliorare le prestazioni nelle altre
attività sportive. Per chi invece non pratica nessuna attività
sportiva consiglio almeno di seguire 2 lezioni alla settimana.
è bene anche associare il nuoto o la camminata. Le lezioni
possono essere sia individuali che di gruppo, per gruppo mi
riferisco ad una classe composta massimo di 3 persone”.
Il Pilates è anche una disciplina riabilitativa?
“certamente, però l’approccio è diverso. Innanzitutto
la sessione riabilitativa è personalizzata e gli esercizi sono
più mirati a risolvere la problematica del paziente. come
dicevo, ho a disposizione 500 esercizi che utilizzo a seconda
dei casi”.
Sei anche master trainer di cardiolates®. questa disciplina
invece in cosa consiste?
“Il cardiolates® è una disciplina nuova e completa, creata
dalle gemelle americane Katherine e Kimberly corp, nella
quale si combinano i principi dell’allineamento del Pilates
con i benefici cardiovascolari e fisiologici del rimbalzo sul
trampolino professionale (Rebounding).
Il cardiolates® richiede il controllo della stabilità dinamica.
In questo modo si rinforza naturalmente il “Core”, o centro,
e si allenano il sistema nervoso e i muscoli posturali a
sostenere il corpo in posizione eretta.
Altri vantaggi del cardiolates® sono rappresentati dal fatto
che questa disciplina consente di raggiungere maggiore
agilità, coordinazione, equilibrio e propriocezione”.
Perché il Rebounding fa bene alla nostra salute? Può
essere praticato da tutti o ci sono determinate categorie
di persone alle quali è sconsigliato?
“Il salto sul trampolino professionale è considerato ad oggi,
dal punto di vista medico, uno degli allenamenti aerobici
migliori mai sviluppati prima al mondo. Per questo motivo le
due ideatrici del cardiolates® hanno pensato di combinare
il pilates con questa attività aerobica con il fine proprio di
creare qualcosa che potesse lavorare sull’allenamento
cardio-circolatorio, ma mantenendo i principi di benessere
salutare del Pilates.
I benefici che si hanno attraverso il Rebounding, a differenza
per esempio della corsa, sono derivanti dall’impatto con
la superficie e dal lavoro che svolgono soltanto alcune
parti del corpo. quando si salta sul pavimento ad esempio
l’impatto è aggressivo, attraverso il cardiolates® invece
tale impatto risulta più soft perché il trampolino è in grado
di assorbire il 90% delle vibrazioni.
La corsa ha un altissimo impatto sulle articolazioni della
parte bassa del corpo (caviglie, anche, ginocchia)
anche perché lo sforzo fisico che si compie avviene su
una superficie rigida. Attraverso il cardiolates® invece
tutte le parti del corpo compiono lo stesso allenamento.
viene effettuato un esercizio cellulare, dove ogni singola
cellula supporta un lavoro corrispondente a 3-4 volte
l’accelerazione di gravità. In questo senso tutto il corpo si
rinforza.
Inoltre, non solo si sviluppano le cellule del tessuto
muscolare ma si rinforza anche lo stesso tessuto osseo.
Per chi, ad esempio soffre di osteoporosi il Rebounding è
fortemente consigliato, perché stimola la produzione di
ossitocina con il conseguente rafforzamnto delle ossa. Le
persone obese non possono praticare un’attività aerobica
perché il carico sulle ginocchia e caviglie sarebbe troppo
grande, possono però fare cardiolates®, perché il salto
accelera il metabolismo”.
come ha spiegato cloè sono molti i benefici del pilates e
del cardiolates® per il nostro benessere psico-fisico, attività
che devono essere svolte con consapevolezza e coerenza.
E se “La salute è il primo dovere della vita”, secondo la
celebre affermazione dello scrittore irlandese oscar wilde,
è nostro diritto curarla.
Evitiamo quindi di farci travolgere troppo dalla frenesia
quotidiana e proviamo invece a fermarci e trovare il
tempo necessario per imparare a conoscere il manuale
di istruzioni del nostro corpo. cambia la qualità della vita.
Provare per credere!
Il cardiolates® è una disciplina nuova e completa nella quale si combinano i principi dell’allineamento
del pilates con i benefici cardiovascolari e fisiologici
del rimbalzo sul trampolino professionale
Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia
Nessuna distinzione di etàSussidi per Single o Nucleo famigliare
Detraibilità fiscale (Art. 15 TUIR)Nessuna disdetta all’associato
Durata del rapporto associativo illimitataSoci e non “numeri”
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Il Gyrotonic (o Gyrokinesis) sembra essere la nuova
disciplina di tendenza in tema di benessere psico-fisico
e cura del proprio corpo, capace di mettere in secondo
piano addirittura il tanto amato Pilates. In realtà non si
tratta di una moda del momento, in quanto le origini di
entrambe le discipline risalgono al secolo scorso, seppur
in momenti differenti, ma probabilmente di una presa di
coscienza che porta ad una maggior valorizzazione del
corpo, considerato come insieme di mente e fisico.
Il Gyrotonic nasce negli anni ’80,
ma solo nell’ultimo decennio
trova la sua proclamazione,
grazie anche a personaggi
famosi, quali l’internazionale
madonna o la nostrana
Santarelli, che hanno contribuito
a conferire al Gyrotonic l’epiteto
di “disciplina dei vip”.
In Health online siamo sempre
molto attenti ad ogni attività,
abitudine o comportamento
che possa contribuire al
miglioramento del proprio stato
di salute ed in quest’ottica
abbiamo voluto approfondire alcune tematiche del
Gyrotonic, come ad esempio capire in cosa si differenzi
dal Pilates, come si realizzi concretamente una seduta e
quali benefici possa apportare al nostro fisico e alla nostra
mente. Domande che abbiamo posto ad un’operatrice
del settore, Carola Giusti, trainer presso la struttura Butterfly
Movement Center di Elena Capponi a Roma.
carola, puoi spiegare cosa è il Gyrotonic, quando nasce e
a cosa si ispira?
Il gyrotonic expansion system è uno dei più moderni sistemi
di allenamento rivolto a tutti coloro che aspirano ad un
benessere psico-fisico. è stato inventato agli inizi degli anni
‘80, negli Stati Uniti, dal danzatore ungherese Juliu Horvath.
Il nome è composto da GyRo che sta ad indicare i
movimenti circolari propri del sistema e toNIc che indica
il suono, le vibrazioni, il tono –appunto- del nostro corpo.
Il Gyrotonic si ispira ai principi base della danza, dello
yoga, del nuoto e del tai-chi, servendosi di un particolare
macchinario fatto in legno, acciaio e cuoio.
Attraverso dei movimenti sferici aiuta ad allungare la
muscolatura e allo stesso tempo la potenzia, rispettando la
libertà di movimento, di velocità e di versatilità individuali.
Ad ogni esercizio è associata la respirazione, profonda e
ritmica, che mira a stimolare il sistema cardiovascolare-
aerobico. Il Gyrotonic aumenta la capacità funzionale
della colonna vertebrale, rendendola meno predisposta
agli infortuni, riduce i micro traumi da stress, aumenta
la flessibilità, la resistenza, la tonicità. Lavora in modo
profondo ogni articolazione, dalla più semplice alla più
complessa.
In che consiste una lezione di
Gyrotonic?
Gli esercizi di Gyrotonic vengono
eseguiti su apparecchiature
progettate su misura.
Le sequenze di esercizi sono
composte da spirali, movimenti
circolari, che scorrono insieme
senza soluzione di continuità
in ripetizioni ritmiche, con
corrispondente respirazione.
ogni movimento sfocia nel
successivo, permettendo
alle articolazioni di muoversi
attraverso una gamma di movimenti naturali, senza attriti
o compressioni. queste sequenze creano equilibrio, forza
e flessibilità.
a cura di alessandro Brigato gyrotonic,
il nuovo Pilates?
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che differenza c’è tra Gyrotonic e Pilates?
Sono entrambe due discipline molto valide ed utilizzate
per tirare fuori le capacità massime del corpo e ricercano
la profondità di un lavoro completo che coinvolge tutte
le parti del corpo in modo globale. Il Gyrotonic utilizza
macchinari che permettono di
lavorare in tridimensionalità. Il
Pilates lavora in bidimensionalità.
A chi è rivolto?
Questa disciplina può essere
praticata da chiunque, essendo
una disciplina perfettamente
adattabile ad ogni tipo di esigenza.
Si possono scegliere programmi
di lavoro personalizzati in base
agli obiettivi: da format mirati alla riabilitazione o allo
stretching a veri e propri allenamenti mirati a potenziare
e a tonificare. esistono programmi specifici che sono rivolti
anche ai giocatori di tennis o di golf.
che benefici ha riscontrato con i suoi clienti?
I benefici sono moltissimi ed evidenti sin dalle prime lezioni,
i clienti avvertono subito un cambiamento nella postura,
nella respirazione, nell’allungamento e nella diminuzione
dei dolori o dei fastidi. È difficile una volta conosciuta
questa disciplina, che trovo meravigliosa, distaccarsene,
proprio per i tanti benefici percepiti fin da subito.
quanto è praticata in Italia questa disciplina?
Il Gyrotonic sta prendendo sempre più piede in Italia,
è sicuramente una delle discipline di allenamento del
futuro. All’estero è già ampiamente diffuso, viene usato
con grande successo nel mondo della danza, dello
sport, della riabilitazione e come
mantenimento generale per
persone impegnate in diversi settori,
particolarmente indicato inoltre
anche per i bambini, per gli anziani
e per le donne incinte.
Il nostro centro (Butterfly Movement
Center, Gyrotonic Ponte Milvio ndr)
offre il supporto di professionisti del
benessere specializzati in Gyrotonic
e Gyrokinesis ed in altre discipline.
Abbiamo creato un ambiente
accogliente e professionale, dove sentirsi a casa, vogliamo
che sia un luogo di incontro confortevole che faciliti la
condivisione di nuove esperienze. Un consiglio? venite a
provarlo, non ve ne pentirete!
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la colecistite:come riconoscerla e curarla
a cura dierminia Iacomi
La colecistite costituisce un’infiammazione della cistifellea, di norma causata da un calcolo biliare che ostruisce il dotto cistico (canale che unisce la cistifellea con il coledoco) ostacolando così il passaggio della bile.l’attacco di colecistite, si manifesta con un intenso dolore, simile a quello provocato dai calcoli (colica biliare), ma più forte e prolungato: può protrarsi per più di sei ore e di solito continua per più di mezza giornata. Normalmente si manifesta nella parte alta dell’addome, sulla destra e può essere lancinante. Sono frequenti anche nausea e vomito.Nel giro di alcune ore i muscoli addominali della parte destra possono diventare rigidi e la febbre tende a comparire in circa un terzo dei pazienti affetti da colecistite acuta; in questi casi può arrivare a superare i 38 °c insieme a ripetuti brividi. La febbre è invece rara nei pazienti colpiti da colecistite cronica.L’attacco si placa dopo due o tre giorni e scompare completamente nel giro di una settimana; se la fase acuta continua ciò può essere sintomo di una grave complicazione.febbre alta, brividi, aumento notevole dei globuli bianchi e la cessazione delle contrazioni ritmiche dell’intestino (ileo) possono essere il segno evidente della presenza di ascessi nell’addome nei pressi della cistifellea, dovute alla morte dei tessuti o alla perforazione della cistifellea.
La colecistite può essere acuta o cronica e può anche colpire i bambini: in questo caso la causa va ricercata in un virus o in un’altra forma di infezione. quella acuta si palesa all’improvviso, provocando un dolore forte e continuo nella parte alta dell’addome. L’infiammazione prende spesso senza infezione, ma questa può presentarsi nelle fasi successive. L’infiammazione fa sì che la cistifellea si riempia di liquidi e le sue pareti diventino più spesse. La colecistite acuta priva dei calcoli (colecistite alitiasica), meno frequente e più grave rispetto alle altre forme di colecistite, compare in seguito ad interventi chirurgici maggiori, malattie gravi, come traumi, ustioni e infezioni estese a tutto l’organismo, digiuno prolungato, carenze immunitarie.La colecistite cronica invece rappresenta un’infiammazione della cistifellea che si protrae per molto tempo ed è sovente originata dai calcoli biliari. è caratterizzata da attacchi ripetuti e dolorosi (coliche biliari).
I medici arrivano a diagnosticare la colecistite alla stregua dei sintomi e dei risultati degli esami visivi. L’ecografia costituisce il miglior metodo per scoprire i calcoli biliari, ma può anche far emergere la presenza di liquidi intorno alla cistifellea oppure l’ispessimento delle pareti, sintomi tipici della colecistite acuta. In molti episodi, quando
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la bacchetta dell’ecografia viene premuta sull’addome in corrispondenza della cistifellea, i pazienti lamentano dolore.La colescintigrafia è utile nei casi in cui è arduo pervenire alla diagnosi di colecistite. Una sostanza radioattiva viene iniettata attraverso flebo. viene rilevata la radioattività emessa e il computer elabora l’immagine, così da seguire il movimento del radionuclide dal fegato alle vie biliari. vengono scattate immagini del fegato, dei dotti biliari, della cistifellea e della parte superiore dell’intestino tenue. Se il radionuclide non riempie la cistifellea, probabilmente il dotto cistico è ostacolato da un calcolo.
chi soffre di colecistite acuta o cronica deve farsi ricoverare in ospedale, non può né mangiare né bere e gli vengono somministrate flebo di liquidi ed elettroliti. Di solito vengono somministrati antibiotici e analgesici tramite flebo.Se la diagnosi di colecistite acuta è confermata e i rischi connessi all’intervento chirurgico sono relativamente scarsi, la cistifellea viene rimossa entro circa un giorno o due dalla comparsa dei sintomi. Nel caso si tema una complicazione simile ad ascesso, cancrena o perforazione, è necessario intervenire con estrema urgenza. Nella colecistite cronica la cistifellea di solito viene rimossa dopo la remissione dell’episodio acuto. Nella colecistite alitiasica, è necessario l’intervento chirurgico d’urgenza per rimuovere la cistifellea malata.
La colecistectomia, o rimozione chirurgica della cistifellea, viene realizzata con l’ausilio di un tubicino flessibile, munito di telecamera ad un’estremità e detto laparoscopio e inserito attraverso piccole incisioni praticate nell’addome.Alcuni pazienti hanno risentito, anche dopo la rimozione della cistifellea e dei calcoli, di nuovi episodi di dolore molto simile a quello degli attacchi di colecistite. Le ragioni sono ancora ignote, ma potrebbero essere imputate al malfunzionamento dello sfintere di oddi, ossia dei muscoli che sovraintendono al rilascio della bile e delle secrezioni pancreatiche attraverso l’apertura del dotto biliare e di quello pancreatico verso l’intestino tenue. La colangiopancreatografia endoscopica retrograda può determinare se la causa del dolore sia l’aumento della pressione.
Non è sempre evitabile questa malattia, ma può senz’altro essere d’aiuto mangiare meno cibi grassi, anche se il beneficio di una dieta povera di grassi non è stato scientificamente e definitivamente provato.
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a cura dialessia elemcolesterolo? è una questione
genetica. Lo rileva un’indagine civica di “cittadinanzattiva”
Scarsa informazione, mancata diagnosi e cure
inaccessibili sono le principali carenze nella gestione
dell’ipercolesterolemia familiare che sono emerse
nell’indagine civica presentata da Cittadinanzattiva Onlus
lo scorso novembre.
Per 250.000 italiani il colesterolo non è dovuto alla cattiva
alimentazione o da stili di vita inadeguati, ma da una
questione ‘familiare’, legata ai geni. l’ipercolesterolemia
familiare è una patologia poco conosciuta in Italia tant’è
che, secondo le stime, solo nell’1% dei casi ha ricevuto una
diagnosi corretta mentre in altri paesi, come l’olanda e la
Norvegia, la percentuale sale fino al 71%.
In tutto il mondo, stando ai dati omS, le malattie
cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte e
la quinta causa di malattia.
In Italia, secondo i dati del Progetto cuore, il 21% degli
uomini e il 23% delle donne è ipercolesterolemico. Il 48%
degli italiani con più di 18 anni è in sovrappeso, 20,9% è la
percentuale dei bambini in sovrappeso e l’9,8% sono obesi.
Per queste ragioni, Cittadinanzattiva Onlus, per il tramite
del Tribunale per i diritti del Malato e del CnAMC
(Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati
Cronici), ha realizzato l’indagine civica “Colesterolo, una
questione di famiglia”, con l’obiettivo di rilevare il livello
di consapevolezza rispetto alla patologia e ai suoi rischi,
nonché la qualità delle cure ricevute dai pazienti affetti
da ipercolesterolemia familiare e le criticità nella gestione
quotidiana dei sintomi.
L’indagine è stata condotta attraverso questionari rivolti
ai cittadini, oltre 1300, che hanno risposto a domande
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quali: dislipidemie e ipercolesterolemia familiare, difficoltà
della persona e della famiglia, prevenzione, diagnosi,
percorso di cura, gestione e monitoraggio della malattia,
terapia, umanizzazione. è emerso che circa il 45% degli
intervistati, in prevalenza donne con età compresa
tra 41 e 30 anni con problemi di colesterolo elevato,
riconosce l’ipercolesterolemia familiare come un’elevata
concentrazione di colesterolo nel sangue, ma solo poco
più di un terzo (34,6%) sa che è di origine genetica.
I dati confermano che la patologia è sotto-diagnosticata.
Più di un cittadino su dieci dichiara di aver avuto il primo
sospetto in maniera quasi autonoma, cercando sul web,
reperendo informazioni in tv o sui giornali; il 40% per il fatto
di avere un familiare già affetto, il 29,4% è stato invece
diagnosticato dal medico di famiglia; solo l’1,5% ha avuto
diagnosi in età infantile grazie al pediatra di famiglia.
dopo la prima diagnosi, il 60% afferma che i familiari sono
stati sottoposti agli esami diagnostici, ma c’è anche un
15% che dichiara che il proprio medico non ha ritenuto
necessaria l’estensione degli stessi a tutta la famiglia.
ma quali sono le cause? Secondo quanto emerso
dall’indagine sono: la carenza di specialisti, i costi elevati e
i problemi nella cura della patologia.
oltre un paziente su tre afferma, infatti, di aver difficoltà
a individuare uno specialista e quasi il 39% dichiara che
c’è poca collaborazione tra specialista e medico di
famiglia. Più di un paziente su quattro (26,5%) lamenta la
carenza di reparti o centri specialistici. Una volta trovato
il centro specializzato subentra un altro problema legato
alle lunghe liste d’attesa per visite e per i costi degli esami
specifici per il controllo della malattia, a questi si aggiunge
il costo eccessivo della terapia farmacologia. Le lamentele
per i costi arrivano anche dai genitori dei bambini affetti
dalla patologia: il 12,9% sostiene che l’esenzione non copre
tutte le prestazioni sanitarie
di cui il bambino avrebbe
bisogno e il 12% dichiara
che il carico assistenziale è
troppo oneroso. così, quasi
uno su cinque (19%) si dice
costretto a rinunciare ad
alcuni esami o visite.
Un’altra nota dolente è la
prevenzione: un intervistato
su due dichiara di riscontrare
difficoltà nello svolgere
una regolare attività fisica,
circa il 42% a seguire una
corretta alimentazione e il
18,2% ad abbandonare la
cattiva abitudine del fumo.
cambiare lo stile di vita poco salutare non è facile, a
causa dell’abitudine ad una vita sedentaria (24,8%), ma
anche perché l’attività a pagamento è costosa (20,7%),
perché mangiare sano è faticoso (24%). la prevenzione è
lasciata alla “buona volontà” del singolo individuo e non è
incentivata né sotto il profilo formativo ed informativo, né
sotto il profilo economico né tantomeno quello psicologico.
Di fronte ad uno scenario di questo tipo Cittadinanzattiva
Onlus, che tra le sue attività si occupa di Sanità con
il tribunale per i diritti del malato e con il cnAmc, ha
avanzato alcune proposte, tra le quali “promuovere
attività di informazione e formazione rivolte prioritariamente
ai professionisti sanitari, medici di medicina generale e
pediatri di libera scelta in primis e alla popolazione in
generale, per arrivare ad una diagnosi precoce e sfatare
falsi miti come l’attribuzione delle cause allo stile di vita e/o
alla dieta”; ma anche “promuovere e costruire un percorso
diagnostico-terapeutico
assistenziale di riferimento
nazionale che garantisca
diagnosi precoci, continuità
assistenziale, presa in
carico, prevenzione delle
complicazione e riduzione
della variabilità clinica;
incentivare fin dalla prima
infanzia campagne di
promozione ed educazione
ai corretti stili di vita,
vigilando sull’alimentazione,
in particolare scolastica;
intervenire con disposizioni
specifiche come la
tassazione del junk food,
ossia del cibo spazzatura, come accade in altri paesi
d’Europa”.
fonte: ufficio stampa cittadinanzattiva
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Eseguito in Italia il primo trapianto di polmone con la tecnica “jet ventilation”
a cura dinicoletta mele
jet ventilation, ovvero la ventilazione ad alta frequenza,
è la nuova tecnica che ha rivoluzionato il campo
anestesiologico-rianimatorio, utilizzata per la prima volta in
Italia presso l’Ospedale Molinette della Città della Salute
di Torino per un delicato intervento in broncoscopia rigida
su un paziente che ha dovuto sottoporsi a un trapianto
polmonare.
Autore dell’intervento è il dottor Paolo Solidoro,
pneumologo delle molinette, che ha eseguito con
successo un intervento molto delicato grazie anche alla
collaborazione di altri specialisti della struttura.
mutua mBA, Società di mutuo soccorso, prima in Italia per
numero di associati, da sempre impegnata nell’attività
mutualistica, rappresentando oggi, nello scenario della
Sanità Integrativa, l’innovazione, il dinamismo e la qualità,
ha intervistato il dottor Solidoro.
La jet ventilation è una tecnica innovativa. Da cosa nasce
la decisione di eseguire un intervento delicato utilizzando
per la prima volta la ventilazione ad alta frequenza?
“La jet ventilation è una metodica ventilatoria a bassi volumi
e alta frequenza che vuole minimizzare le complicazioni
polmonari correlate alla ventilazione tradizionale.
L’uso in rianimazione, in realtà, è consolidato e destinato
a pazienti che necessitano di un approccio ventilatorio
protettivo. La metodica è già stata utilizzata in passato
in sala operatoria, anche in Italia, ma non su un paziente
sottoposto a trapianto polmonare attraverso un apposito
broncoscopio rigido che consente la ventilazione
attraverso due piccoli condotti laterali, lasciando libero
il canale di lavoro. In questo caso si devono intersecare
le competenze di equipe trapiantologiche, rianimatorie
ed endoscopiche interventistiche, che convivono nella
nostra Azienda ospedaliera (AoU città della Salute e della
Scienza di torino)”.
qual era la diagnosi del paziente?
“Stenosi delle vie aree (tracheale) in trapianto polmonare”.
qual è la novità rispetto ai ventilatori tradizionali?
“La novità rispetto al tradizionale è che, dal punto di vista
dell’operatore, con questa nuova tecnica è possibile
avere sempre libero il canale di lavoro del broncoscopio
senza correre il rischio di interrompere le procedure
interventistiche per consentire la ventilazione del paziente,
assicurata attraverso i condotti laterali di due millimetri.”
quanto è importante il lavoro di equipe?
“non esiste alcun risultato apprezzabile senza un lavoro
di equipe. chirurgo anestesista e clinico devono integrarsi
mettendo a disposizione le proprie peculiarità per
assicurare il miglior successo delle procedure.
Senza il lavoro e l’impegno degli anestesisti dedicati al
trapianto, per esempio, non si sarebbero potute eseguire
sino ad ora le stesse procedure, con maggiori rischi e
maggiori difficoltà. senza la propensione alle novità e alle
loro applicazioni non potremmo ridurre le complicazioni.
Senza la disponibilità all’acquisto di nuove attrezzature si
ferma l’evoluzione delle procedure. Senza il contributo del
personale infermieristico, a supporto di ogni passo, non
esisterebbero progetti di emergenza e di trapianto.
Una squadra attacca e difende nel suo insieme, nei
successi e nelle difficoltà, nell’interesse del paziente”.
quali sono i progetti futuri in campo anestesiologico-
rianimatorio? ci sono altri possibili campi di applicazione?
“Questa modalità di ventilazione, oltre che in area
rianimatoria, vede il suo utilizzo in tutte le procedure sulle
vie aeree, dalla rimozione dei corpi estranei alla gestione
delle stenosi in campo oncologico, dal posizionamento di
protesi per stenosi benigne o maligne tracheobronchiali
alla loro rimozione”.
Il successo dell’intervento, mettendo in campo una
tecnica innovativa e il lavoro di equipe, è un altro
traguardo raggiunto da una delle strutture di eccellenza
che abbiamo in Italia e come ha affermato il professor
Luca Brazzi, direttore del Dipartimento di anestesia:
“Si è trattata dell’ennesima occasione che dimostra come
coniugare differenti eccellenze del nostro ospedale,
dall’endoscopia toracica, al trapianto polmonare, alla
gestione operatoria.
Gestendo oculatamente le risorse a disposizione, il lavoro
di equipe riduce rischi e complicanze delle procedure a
beneficio del paziente”.
Direzione operativa eD
organizzazione Back office
consulenza mirata per costituzione
o restyling societario
assistenza soci DeDicata aD hoc
con numero verDe e personale DeDicato
health service proviDer con 1560
strutture sanitarie sul territorio
marketing e strategie Di
comunicazione ai soci
organizzazione Di convegni
nazionali Di settore
formazione personale interno
eD incaricati al contatto
con i soci
social meDia strategist per una
comunicazione al passo con i tempi
consulenza per compliance e policy interna
consulenza giuriDica e fiscale
operation per la gestione Dei
regolamentiapplicativi
assistenza, realizzazione piattaforme,
siti weB eD aree intranet
Dati, stuDi e ricerche sul monDo
Della sanità integrativa
ansi, associazione nazionale sanità integrativa, nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari di creare non solo un’associazione di categoria “indipendente”, ma anche un interlocutore qualificato che si renda portavoce attivo tra istituzioni, sistema sanitario nazionale e fondi sanitari integrativi.
ansi vuole diventare il soggetto capace di tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme mutualistiche operanti in italia, che garantiscono la salute di circa ¼ della popolazione italiana.
“Auspichiamo il benessere e la salute per tutti i cittadini, come diritto fondamentale dell’uomo
e patrimonio sociale della collettività”
www.sanitaintegrativa.org [email protected]
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a cura distefano giordani e
chiara teneggi
In Italia, nel 2013, circa 1.8000.000 persone erano in vita dopo aver superato un’esperienza di cura per un tumore. Sono i pazienti oncologici lungo-sopravviventi che costituiscono ormai il 3% della popolazione. Benché probabilmente “curati”, costoro si ritrovano ad affrontare un difficile viaggio che può durare cinque, dieci anni, a volte tutta la vita, per essere certi della propria guarigione. Infatti, una volta terminata la prima fase, segue il programma di esami periodici di controllo, ogni 4-6 mesi nei primi due anni e ogni 8-12 mesi successivamente, che aggrava la condizione di stress psico-fisico già presente durante il periodo delle cure, caratterizzato da disturbi fisici e da numerosi e ben comprensibili timori. Questa condizione di stress spesso, nonostante la scomparsa del tumore, si riflette negativamente sull’efficienza lavorativa, sulla vita famigliare e di coppia, compromettendo negativamente l’intera qualità di vita.
Noi abbiamo proposto di chiamare queste persone “onconauti”, un termine che suggerisce un’identificazione positiva, mettendo l’accento non sull’esperienza di malattia, ma sul viaggio intrapreso per il recupero del benessere e della salute, come suggerisce il logo costituito da una bussola!
È ormai dimostrato scientificamente che, nel percorso di guarigione da un tumore, uno stile di vita salutare e la capacità di gestire lo stress sono armi vincenti, importanti quanto la chemioterapia. Non sono interventi alternativi, ma complementari. Ed infatti, una review pubblicata congiuntamente dal World Cancer Research Fund
(wcRf) e dall’American Institute for Cancer Research (AIcr), ha raccolto le ricerche scientifiche di alta qualità a livello internazionale sulle correlazioni tra alimentazione, caratteristiche del corpo, attività fisica ed i diversi tipi di cancro. questo tipo di risultati dimostra quanto lo stile di vita sia influente sulla probabilità di sviluppare un tumore o di una recidiva.
Il metodo di riabilitazione integrata dell’Associazione Gli onconauti si focalizza sul miglioramento dello stile di vita ed è frutto di una lunga riflessione sugli studi scientifici internazionali. Essi comprovano l’importanza di agire
sul piano psico-fisico per alleviare gli effetti collaterali delle terapie effettuate o degli interventi chirurgici. Si tratta, infatti, di sintomi invalidanti per la mente e per il corpo, quali l’insonnia, la depressione, l’affaticamento, la menopausa prematura, le disfunzioni del sistema gastrointestinale, etc. Pertanto, il programma di riabilitazione dell’associazione si sviluppa
attraverso la pratica piacevole delle tecniche mente-corpo ed insegna ad ogni onconauta a trovare la propria strada verso la completa guarigione. Il programma che proponiamo è quindi personalizzato, in quanto i tumori e i pazienti sono tutti diversi, e non c’è mai una ricetta buona per tutti.
Prima ancora che un’Associazione, quella degli onconauti è dunque un’idea: l’idea che sia giunto il momento di parlare dei tumori in maniera un po’ diversa. Non più il male oscuro per definizione, quella “malattia incurabile” e quindi innominabile, di cui tante volte abbiamo letto
Il metodo di riabilitazione oncologica integrata dell’associazione gli onconauti
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sui giornali, ma una malattia come tante altre, che si può a volte prevenire, altre volte curare, o comunque conviverci a lungo. ma in tutti i casi, per guarirla i farmaci da soli non bastano. come l’esperienza degli USA e la ricerca scientifica hanno messo bene in luce, un conto è sopravvivere al tumore, un altro conto è ritrovare il benessere e non riammalarsi più. Per questo motivo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, almeno nella metà dei casi l’arma che si dimostra vincente è il cambiamento di stile di vita in senso salutare.
Il programma di riabilitazione ha una durata di tre mesi, con uno o due incontri settimanali, e si articola sul raggiungimento di tre precisi obiettivi: 1) a breve termine, una maggior percezione di benessere; 2) in un secondo tempo, la successiva acquisizione delle tecniche per la pratica quotidiana; 3) a medio termine, il cambiamento delle proprie abitudini di vita, rispetto alla alimentazione, ad una maggiore attività fisica e ad una migliore modalità di gestione dello stress.
alla base di tutto, ovviamente, sta la motivazione ad accettare dei piccoli ma significativi cambiamenti del proprio atteggiamento mentale, rinunciando ai facili alibi dietro ai quali siamo soliti trincerarci (sono troppo pigro, alla mia età i tumori vanno più piano, la carne mi piace troppo, non ce la faccio, non ho tempo per camminare, alla mia età non si cambia più, ecc.).
le tecniche utilizzate sono lo yoga, la meditazione, gli incontri individuali e di gruppo con i nutrizionisti, la fisioterapia, l’arte-terapia, l’agopuntura e lo Shiatsu. Il supporto psicologico fornito dal gruppo e, se necessario, anche attraverso incontri individuali con terapeuti, rinforza ulteriormente la motivazione e la resilienza di ogni singolo partecipante.
una ricerca scientifica effettuata in collaborazione con l’oncologia territoriale dell’Azienda USL Bologna, con cui l’Associazione è in convenzione, ha dimostrato un’efficacia del metodo di riabilitazione integrata nell’87% dei casi, con dei miglioramenti statisticamente significativi al termine del corso dello stato di salute sia fisico, sia psicologico (riduzione del dolore cronico e miglioramento dei livelli di ansia e di energia, senza nessun utilizzo di farmaci). Per rendere possibile a tutti l’accesso, a prescindere dalle condizioni economiche e sociali, il percorso è gratuito per i partecipanti, venendo finanziato interamente dalle attività di fundraising dell’Associazione. Al termine, per chi vuole proseguire è disponibile un corso di mantenimento permanente.
YoGA e tecnIcHe mente- corpo: L’ARmA vINcENtE NELLA RIABILItAzIoNE oNcoLoGIcA
facilmente, l’insorgere di un carcinoma viene vissuto come il “tradimento” del proprio corpo. In questo modo di pensare, apparentemente lecito, traspare un modo di
essere che tende ad estraniarsi dal proprio corpo, che è malato e su cui si è perso il controllo, per collocarsi in una mente che si ritiene ancora sana e dunque più fidata. questo processo di separazione, accompagnato da un rifiuto, è frutto di una lacerazione intima e profonda della persona intesa come “corpo vivente, con una propria esperienza del mondo, un mondo intorno e una propria storia” (U. Galimberti, Il corpo, 1983). E allora, per recuperare la propria individualità ed il proprio essere-nel-mondo, occorre “fare pace” con il proprio corpo e ristabilirne l’unione con la mente. In questa prospettiva, le tecniche mente-corpo possono apportare un prezioso contributo.
Nello specifico, lo Yoga ha dimostrato anche da un punto di vista scientifico di essere un trattamento efficace nella cura dei sintomi associati al cancro e per questo viene sempre più utilizzato come complemento delle terapie convenzionali per migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici. Per esempio, le Linee Guida ASco (American Society of Clinical Oncology), pubblicate nel 1999 e riaggiornate nel 2014, supportano la pratica dello yoga e dell’agopuntura come strategia di intervento per ridurre la fatigue (enorme senso di spossatezza e di stanchezza)1. Al contrario, fanno notare che, allo stato attuale della ricerca, ci sono poche evidenze a favore dell’uso di psicostimolanti per la gestione della fatica nei pazienti liberi da malattia dopo il trattamento attivo.
Ed infatti, per quanto riguarda lo yoga, sono ormai numerosi gli studi randomizzati condotti dal MD Anderson Cancer Center dell’Università del texas, uno dei più prestigiosi centri di ricerca sul cancro. Le sperimentazioni condotte hanno rilevato una sostanziale differenza tra gli effetti che si riscontrano dopo semplici esercizi di stretching e quelli che seguono le pratiche di Yoga. Infatti, seppure in entrambi i casi vi sia una riduzione della fatigue, i pazienti che hanno frequentato i corsi di yoga traggono benefici maggiori, tra i quali: un più rapido declino dei livelli di cortisolo (il cosiddetto “ormone dello stress”), un miglioramento nella capacità di impegnarsi nelle attività
In evIdenza
1 Le Linee Guida si trovano on line, al sito del Journal of clinical study: http://jco.ascopubs.org/content/32/17/1840
3434
quotidiane, una maggiore energia con conseguente aumento del senso di benessere e, non da ultimo, una minore difficoltà a conferire un significato all’ esperienza della malattia. Al livello della salute psicologica, la metanalisi dello yoga condotta da Lin et al. (2011) ha raccolto ed analizzato diversi studi, arrivando a stabilire che tale disciplina contribuisce a ridurre significativamente ansia, depressione e stress.
Rispetto allo stretching e alle normali pratiche di ginnastica, lo yoga lavora sulla coordinazione della mente con il corpo attraverso l’integrazione di tre aspetti:
a) tecniche di respirazione profonda e completa che sbloccano il diaframma, con conseguente aumento del flusso del sangue e dell’ossigeno in tutto il corpo; b) tecniche di rilassamento fisico e mentale che riportano il “ruminio” meccanico e frenetico dei pensieri ai ritmi più lenti e naturali del corpo, con conseguente diminuzione dell’ansia, dello stress ed un miglior controllo delle proprie emozioni; c) posizioni che, oltre ad allungare la muscolatura profonda, agiscono sul corpo nella sua globalità ed esercitano un’azione specifica su alcuni organi interni.
Il senso di unità mente-corpo che si raggiunge attraverso lo yoga, aiuta l’onconauta a recuperare l’integrità della propria “persona” a fronte dei numerosi trattamenti che, venendo indirizzati alla parte “malata”, nutrono progressivamente sia l’identificazione con la parte lesa dal tumore, sia l’idea di doversi relazionare con un corpo “spezzato”. questo processo di riappropriazione della propria individualità aiuta le persone a sentirsi un soggetto attivo e partecipe del proprio processo di guarigione, invece che rappresentarsi solo come un oggetto di visite, esami e diagnosi. Non stupisce allora che, nel recupero della propria soggettività si risvegli la forza di trovare nuovi significati che conferiscono un senso ed un valore al proprio percorso verso la guarigione. Il rifiuto della malattia lascia così il posto al processo di integrazione di questa fase dolorosa in un percorso più ampio che apre a nuove possibilità e modi di “prendersi cura di se stessi”. coNcLUSIoNI
Alla luce di questi elementi, come dimostrato ampiamente anche dalle tante testimonianze dei partecipanti ai corsi, che spesso diventano volontari del’Associazione, il percorso di riabilitazione integrata dovrebbe essere raccomandato a tutti gli onconauti che sentano il bisogno di un maggiore supporto e che vogliano trasformare l’esperienza negativa della diagnosi e delle terapie per curare un tumore in una avvincente opportunità di cambiamento personale e di miglioramento del proprio stile di vita, contribuendo così efficacemente al proprio processo di guarigione.Parallelamente, non c’è dubbio che quello degli onconauti rappresenta anche un eccellente strumento per tutti coloro che, essendo sani, desiderano modificare il proprio stile di vita a scopo preventivo: per questo motivo, dal 2015 grazie ad un finanziamento di coop Adriatica e in collaborazione con il movimento “ Datti una mossa” della AUSL Bologna vengono organizzati a scopo preventivo
numerosi corsi di promozione della salute, integrati con la pratica dello yoga, dedicati ai Soci e ai dipendenti di questa grande organizzazione.La mission dell’Associazione Gli onconauti è infine favorire la diffusione del metodo di riabilitazione integrata in tutte le città italiane, contribuendo a quella piccola, ma decisiva rivoluzione rappresentata da cambiamento e dal miglioramento di se stessi, sia dal punto di vista del benessere fisico sia spirituale. D’altra parte, nell’era di grandi e rapidi cambiamenti economici e sociali in cui ci troviamo a vivere, in cui all’invecchiamento della popolazione sta facendo seguito un sostanziale ridimensionamento del welfare pubblico, imparare a tutelare da sè il proprio stato di salute con metodi naturali e a basso costo diventerà sempre più essenziale per il mantenimento di una buona qualità di vita.
Per informazioni più approfondite sulle iniziative dell’Associazione: www.onconauti.it
BIBLIoGRAfIA 1. pandolfi, p., Giordani, s., nicoletti G., D’Amico, s. (2012), “risultati preliminari di un’analisi retrospettiva della qualità di vita di una coorte di pazienti oncologici lungosopravviventi in follow-up (onconauti) residenti nel territorio dell’AUSL Bologna”, in comunicazioni e Poster Annali di Igiene medicina Preventiva e di comunità, 25, 3 (suppl.2 al n.3) maggio-giugno 2013, 45^ congresso Nazionale Società Italiana di Igiene, medicina Preventiva e di comunità, cagliari, 3-6 ottobre 2012
2. K.Eagar, j. Green and R.Gordon, Palliative medicine, 2004
3. Legge n. 38 del 15 marzo 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”
4. s.Giordani, G.nicoletti, p.pandolfi et al: un percorso innovativo di riabilitazione integrata basato sulla promozione di uno stile di vita salutare (yoga, counselling nutrizionale, fisioterapia e gruppi di ascolto e sostegno psicologico) per pazienti oncologici lungosopravviventi in follow up (onconauti). risultati preliminari di uno studio sperimentale di fase II. In: Atti del XX convegno Nazionale SIcP, Bologna, ottobre 2013
5. Sadja, j., mills, P.j., (2013) Effects of yoga interventions on fatigue in cancer patients and survivors: a systematic review of randomized controlled trials; explore nY, Jul-Aug;9(4):232-43
6. Lin, K.y., Hu, y.t., chang, K.j., Lin, H.f., tsauo, j.y. (2011), “Effects of yoga on psychological health, quality of life, and physical health of patients with cancer: a meta-analysis”, evid Based complement Alternat med., 659876. doi: 10.1155/2011/659876
7. K. chandwani, B. thornton, G. Perkins, E. Rivera, B. Arun, N. Raghuram, H. Nagendra, L. cohen Randomized trial of yoga in women with breast cancer undergoing radiation treatment., ASco, 2006).
8. chandwani KD, Perkins G , cohen L, et al., (2014), Randomized, controlled trial of yoga in women with Breast cancer Undergoing Radiotherapy; journal of clinical oncology.
9. Bower EG, Bak K, Berger A, et al., (2014) Screening, Assessment, and management of fatigue in Adult survivors of cancer: An American society of clinical oncology clinical Practice Guideline; journal of clinical oncology.
Il senso di unità mente-corpo che si raggiunge attraverso lo yoga, aiuta l’onconauta a recuperare
l’integrità della propria “persona”, a fronte dei numerosi trattamenti, facendolo sentire un
soggetto attivo e partecipe del proprio processo di guarigione
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36
a cura dialessia elem
In Italia il virus Hcv è la prima causa, con stime che attestano una percentuale oltre il 60-70%, di cirrosi epatica, di epatocarcinoma e di trapianto epatico. Gli studi di popolazione e le stime basate su modelli matematici indicano che la prevalenza di soggetti anti-Hcv positivi in Italia è circa al 3% e i soggetti infetti, invece, intorno a 1.600.000 di cui 230.000 avrebbero una cirrosi epatica e l’infezione cronica da Hcv sarebbe responsabile di circa 10.000 decessi all’anno. la prevalenza d’infezione da Hcv in Italia è correlata fortemente all’età secondo un “effetto coorte”, raggiunge cioè punte particolarmente elevate nella popolazione anziana di alcune regioni del sud Italia.
negli ultimi due decenni si sono verificati importanti cambiamenti nell’epidemiologia dei virus epatici, in gran parte dovuti ai cambiamenti socio-economici del nostro Paese, alla vaccinazione anti-epatite B dei nuovi nati e degli adolescenti, allo screening dei donatori di sangue per Hcv, ma anche grazie alla campagna condotta per contrastare la diffusione dell’HIv. In particolare, l’epidemiologia dell’epatite c in Italia è cambiata con una progressiva diminuzione dell’incidenza dovuta agli stessi fattori che hanno contribuito alla diminuzione dell’epatite B in epoca pre-vaccinale (migliorate condizioni igieniche e socio-economiche, riduzione della dimensione dei nuclei familiari e quindi della circolazione intra-familiare dei virus, maggiore conoscenza sulle vie di trasmissione e migliore prevenzione con l’introduzione di misure quali lo screening del sangue, adozione di precauzioni universali, prima fra tutte l’abbandono dell’uso di siringhe non monouso, campagna educativa sull’infezione da HIv le cui modalità di trasmissione sono comuni ai virus HBv e Hcv).
Nel 2010 l’incidenza di nuovi casi di epatite da Hcv è stata di 0,2 per 100.000 ed è rimasta invariata anche negli anni successivi. oggi i soggetti che sviluppano epatite c sono soprattutto maschi. La fascia d’età maggiormente interessata rimane comunque sempre quella tra i 15 e i 24 anni. I maggiori fattori di rischio sono gli interventi chirurgici, l’esposizione percutanea in corso di trattamenti cosmetici (piercing,tatuaggi), l’attività sessuale promiscua e l’uso di droghe per via endovenosa. Da un punto di vista clinico, l’Hcv rappresenta a livello nazionale la causa più importante di epatopatia, in quanto è riscontrabile nel 62% delle epatiti croniche e nel 73% degli epatocarcinomi. In particolare, sulla base delle evidenze epidemiologiche raccolte, è stato stimato che, a seguito di un’ipotetica eradicazione dell’infezione da Hcv nel nostro Paese, l’incidenza dell’epatocarcinoma potrebbe ridursi del 44%.
Un ulteriore passo avanti nella battaglia per combattere l’infezione da virus dell’epatite c è stato fatto dal Centro
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epatite c: negli USA è stato presentato uno studio made in Italy per combattere l’infezione
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di Malattie infettive dell’Azienda sanitaria di Firenze, diretto dal dottor francesco mazzotta che recentemente negli Stati Uniti ha presentato i risultati di due importanti studi su una nuova associazione di farmaci per il trattamento di tutti i genotipi del virus dell’epatite c (Hcv).
Alle due ricerche hanno partecipato prestigiosi centri internazionali di cui solo due italiani, uno dei quali appunto quello fiorentino. I lavori sono stati presentati al “The Liver Meeting 2015” dell’Associazione americana per lo studio delle malattie del fegato (AASLD).Health online ha contattato il dottor Pierluigi Blanc, Dirigente di 1° livello della Uo malattie Infettive-ospedale S. maria Annunziata-ASL 10- firenze, per saperne di più.
Dottor Blanc, la vostra equipe ha partecipato a due studi
internazionali molto importanti. quali sono stati i risultati?
“I due studi a cui abbiamo avuto l’onore di partecipare
(solo un altro centro Italiano insieme al nostro è stato
prescelto per tali studi) appartengono a quelli denominati
Astral (ditta promotrice Gilead). per la prima volta si è voluto verificare l’efficacia di una nuova combinazione di farmaci (sofosbuvir+velpatasvir) su tutti i genotipi di Hcv (1,2,3,4,5,6).Sono stati inclusi più di 1000 pazienti naive e non responder
a precedenti trattamenti e una parte di essi presentava una
condizione di malattia avanzata con cirrosi compensata.
I risultati sono stati recentissimamente pubblicati sulla
prestigiosa rivista the New England journal of medicine.
la risposta completa con eradicazione dell’infezione è stata ottenuta nel 95-99% dei casi. Il nostro centro ha
partecipato agli studi Astral 1 (rivolto ai pazienti di genotipo
1) e Astral 3 (rivolto ai pazienti di genotipo 3).
I risultati sono stati in sintonia con quelli pubblicati
e, soprattutto, non è stato riscontrato alcun effetto
indesiderato maggiore.”
quali sono i progetti per il futuro?
“Il lavoro ha confermato che l’avvento dei nuovi farmaci
ad azione antivirale diretta (DAA) ha rappresentato
una svolta epocale nella lotta contro il virus Hcv. Alle
varie combinazioni attualmente disponibili presto si
aggiungeranno nuove molecole che amplieranno
ulteriormente le possibilità di successo nei confronti
dell’infezione da Hcv. In questo scenario, l’ipotesi di arrivare a una eradicazione del virus non rappresenta più un’utopia. L’unico problema è rappresentato dai costi che,
al momento, impediscono un libero accesso di tutti i pazienti
affetti da epatite cronica Hcv correlata alla terapia.
L’impegno futuro di tutti gli addetti ai lavori (operatori
sanitari, politici, industrie, associazioni dei pazienti) sarà
quello di trovare la strada affinché tutti i pazienti possano
ricevere cure salvavita, tenendo presente che curare oggi
vuol dire prevenire le complicanze dell’infezione da Hcv.
questo risultato si accompagnerà sicuramente a un futuro
risparmio economico legato all’abbattimento del numero
di trapianti di fegato e delle cure per i pazienti cirrotici.”
museo del mutuo soccorsovia di Santa cornelia, 9 | 00060 | formello (Rm)
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Il museo del mutuo soccorso è il "forziere della storia della mutualità italiana".
Al suo interno sono raccolti documenti, medaglie, gagliardetti, vessilli, statuti, regolamenti, cartoline di un pezzo dell'Italia che va dal 1840 fino al periodo fascista. Il museo ripercorre i passi salienti di questi ultimi 150 anni di storia sociale.
tra i reperti più rari, documenti dove risulta socio onorario giuseppe garibaldi, ma anche statuti e regolamenti ante Regio Decreto.
è presente all'interno anche il testo integrale, originale del Regio Decreto n. 3818 del 15 aprile 1886, stampato dalla regia tipografia, oltre a una bandiera di mutua emigrata con lo scudo Sabaudo rovesciato in segno di protesta.
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a cura di mariachiara manopulo Sanità, un sistema integrato
pubblico-privato presto realtà?
Un nuovo sistema di welfare. questo chiedono gli italiani,
stanchi di avere quotidianamente a che fare con un
sistema che avvertono come sempre più lontano, che non
solo non risponde più alle loro esigenze, ma è diventato
ormai fonte di ansia e preoccupazione.
è quanto emerge dall’indagine del Censis “Bilancio di
sostenibilità del welfare italiano” e dalle ricerche delle
associazioni dei consumatori realizzate per il Forum Ania-
Consumatori, fondazione promossa dall’Ania (Associazione
Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), che ha l’obiettivo di
rendere ancora più costruttivo il dialogo tra le imprese di
assicurazione e i consumatori. I dati, presentati lo scorso 20
ottobre in un convegno a Roma, con la partecipazione
di autorevoli rappresentanti del mondo accademico,
istituzionale, economico e sociale, fotografano una
situazione piuttosto sconfortante e mostrano un sistema
incapace di individuare prontamente i nuovi bisogni dei
cittadini.
Purtroppo, oltre ad aumentare l’incertezza sul futuro delle
pensioni, per ogni nucleo familiare diventa sempre più
difficile gestire le spese sanitarie e quelle determinate
dalla non autosufficienza di un proprio congiunto. Inoltre,
l’attuale sistema rappresenta per le famiglie, un crescente
onere economico, oltre, naturalmente, alla tassazione
ordinaria.
secondo il censis, infatti, il 53,6% degli italiani dichiara di
pagare “di tasca propria”, al di fuori di qualsiasi schema
mutualistico, molte delle spese che un tempo venivano
coperte dal sistema di welfare nazionale, poiché la
copertura dello stato sociale si è ridotta: i cittadini pagano
il 18% della spesa sanitaria totale - cioè, oltre 500 euro pro
capite annuo - contro il 7% registrato in francia e il 9% in
Inghilterra. per molti italiani la salute è diventata un lusso:
nel 41,7% delle famiglie almeno una persona in un anno
ha dovuto rinunciare a una prestazione sanitaria, a causa
delle lunghe liste di attesa nella sanità pubblica e dei costi
proibitivi della sanità privata. I tagli degli ultimi anni hanno
quindi prodotto una maggiore esposizione finanziaria delle
famiglie che ha acuito, di conseguenza, le disuguaglianze
sociali. “Il welfare italiano sta cambiando – ha dichiarato
Giuseppe De Rita, Presidente del censis - e le famiglie
rispondono con processi di adattamento che includono
una forte esposizione finanziaria, anche con fenomeni
40
di rinuncia alle prestazioni. questo cambio del welfare è
problematico e non ci saranno grandi riforme. ciò di cui
c’è bisogno è che la famiglia ritrovi quella percezione di
fiducia essenziale per fare sviluppo.”
Infine, la non autosufficienza: nel nostro Paese le persone
non autosufficienti che necessitano di assistenza sono
circa 3 milioni. le badanti sono 1,3 milioni, e comportano
per le famiglie italiane una spesa di circa 10 miliardi l’anno.
La fotografia del censis impone risposte tempestive
soprattutto da parte della politica.
Il forum Ania-Consumatori si è proposto proprio di delineare
un nuovo modello per il welfare del nostro paese, equo e
sostenibile, fornendo spunti per una riforma che aiuti i cittadini
a spendere meno e allo stesso tempo a non rinunciare a
curarsi. “Le indagini fatte – ha affermato in una nota Pier
Ugo Andreini, Presidente del forum Ania-consumatori -
dimostrano che il sistema attuale di welfare è inadeguato alle
reali esigenze dei cittadini. Ne è un chiaro esempio il fatto che
gli Italiani pagano di tasca propria le spese sanitarie in misura
doppia rispetto ai francesi
e agli Inglesi. Siamo convinti
che gli assicuratori possano
rendere più efficiente questa
spesa e i consumatori possano
rendere i cittadini sempre più
consapevoli e informati.”
Una apertura è arrivata anche
dal Governo: “se un sistema
sanitario nazionale definisce
ciò che deve essere garantito
a tutti, supererei questo
manicheismo ideologico
che interviene ogni volta si
parli di fondi integrativi, che
garantiscono 2-3 miliardi di
prestazioni l’anno di tipo anche
non essenziale”, ha detto, in un
intervento al convegno, vito De filippo, sottosegretario al
ministero della Salute.
Assicuratori e consumatori hanno elaborato insieme otto
proposte. prima di tutto, la trasparenza: è doveroso fornire
informazioni chiare e complete a ogni cittadino sulla
situazione pensionistica e sulle prestazioni attese, anche
per orientare verso scelte consapevoli per il proprio futuro
previdenziale. E ancora, si affronta il problema della non
autosufficienza – il 78% degli italiani è favorevole ad una
assicurazione contro la non autosufficienza – , quello della
lotta al fenomeno delle liste di attesa, e si chiede di definire
con chiarezza i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).
Il forum propone, inoltre, in un quadro di regole chiare
e uniformi che faccia riferimento ad un testo Unico
delle forme sanitarie integrative (fondi e casse sanitarie,
società di mutuo soccorso, polizze malattia di imprese
di assicurazione), di incentivare lo sviluppo di sistemi
mutualistici di copertura sanitaria integrativa, sia in ambito
collettivo sia per le singole famiglie, per conferire maggiore
efficienza e trasparenza alla spesa dei cittadini. Infine, un
sistema equo e sostenibile non può prescindere da una
politica fiscale che sia realmente “pro-welfare” e che nel
medio/lungo periodo sia positiva per i conti pubblici.
In occasione del diciassettesimo Annual Assicurazioni del
Sole 24 Ore, lo scorso 27 ottobre, il presidente dell’Ania,
Aldo minucci, ha lanciato una proposta: “noi possiamo
favorire un sistema integrato pubblico e privato della
sanità, garantendo una riduzione dei costi per lo Stato
senza che questo si traduca in una diminuzione della
qualità e dell’efficienza dei servizi”.
“Pur mantenendo l’accesso universalistico ai servizi
sanitari pubblici, alcune prestazioni dovrebbero essere
offerte gratuitamente solo a chi è davvero in condizioni
vulnerabili - ha spiegato il presidente dell’associazione
degli assicuratori - gli altri sarebbero chiamati a sostenere
il costo di servizi integrativi
ovviamente incentivati sotto il
profilo fiscale”.
per i cittadini con maggiori
disponibilità economiche, e
per alcune prestazioni, come la
diagnostica e la prevenzione,
campo libero quindi al privato
e alle assicurazioni, con una
defiscalizzazione delle polizze
sanitarie.
L’aspettativa di vita è aumentata,
c’è un crescente bisogno di
salute e di cure a cui lo Stato non
è evidentemente più in grado di
rispondere tempestivamente.
tempi di attesa infiniti e scarsa
efficienza costringono infatti, come abbiamo visto, sempre
più cittadini a rivolgersi al privato. Le ultime riforme in maniera
sanitaria hanno inoltre ridotto ulteriormente la copertura:
presto, grazie al decreto sulle prestazioni inappropriate
previsto dal Dl Enti Locali, 208 accertamenti, anche di routine,
tra cui tac, test allergologici, risonanze magnetiche, saranno
erogati solo a particolari condizioni. Ecco perché le soluzioni
privatistiche dovrebbero essere incentivate.
ciò porterebbe, secondo minucci, a meno costi per lo
Stato, servizi migliori e di qualità, e si abbasserebbero
anche i costi delle polizze assicurative.
Le compagnie di assicurazione quindi, assumerebbero un
ruolo fondamentale. Non dovrebbero più occuparsi solo di
questioni risarcitorie, dovrebbero trasformarsi in veri e propri
“erogatori di servizi”. Si tratta, per minucci, “di un salto di
qualità” che le società assicurative italiane devono fare
per “dimostrarci assicuratori a 360 gradi”. questo perché
“lo Stato non può più permettersi di accompagnare i
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cittadini dalla culla alla bara”. un ruolo altrettanto chiave
potrà essere svolto anche dalle associazioni mutualistiche
– attualmente il ministero delle attività produttive ne ha
riconosciute 32, tra le quali mutua Basis assistance, che dal
2012 è prima in Italia per adesioni.
favorevole ad una compartecipazione pubblico-privata
si è detta anche marcella Panucci, direttore generale di
Confindustria, intervenendo al convegno Forum Ania-
Consumatori. Nella gestione del sistema sanitario, “è
importante ripartire dall’articolo 32 della costituzione
per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini,
assicurando la gratuità delle prestazioni agli indigenti”,
ha detto, sottolineando però l’esigenza di “prevedere dei
meccanismi di compartecipazione pubblico-privata, sia
diretta che indiretta (in questo caso anche con sistemi
assicurativi), ai costi delle prestazioni sanitarie”.
Una riforma della sanità che realizzi un efficace sistema
misto pubblico-privato ridurrebbe l’area degli esclusi
razionalizzando la spesa e concentrando le risorse
pubbliche laddove sono davvero necessarie.
Le assicurazioni detengono una posizione di leadership
nella sanità integrativa italiana. come riporta Ania in un
position paper pubblicato lo scorso maggio, sono circa un
milione e mezzo le famiglie direttamente coperte attraverso
una polizza malattia (ramo danni) che prevede l’impegno
a rimborsare le spese sanitarie sostenute dall’assicurato e/o
dai suoi familiari o l’erogazione di una prestazione medica
attraverso strutture convenzionate.
A questo numero vanno aggiunti i circa 3 milioni di soggetti
aderenti a fondi integrativi convenzionati con una impresa
assicuratrice per l’erogazione dei servizi sanitari. Inoltre
esistono casse sanitarie costituite da assicuratori aperte
all’adesione di aziende che intendono offrire ai propri
dipendenti garanzie sanitarie integrative a quelle erogate
dal SSN.
un nuovo ruolo del settore privato sembra essere salutato
con favore anche dai cittadini, che però chiedono
trasparenza, come documenta il Rapporto “Un Neo
Welfare per la famiglia 2.0”, realizzato dal gruppo Assimoco
e presentato lo scorso maggio alla camera dei Deputati.
Il 49% degli intervistati si dichiara disponibile ad assicurarsi
a fronte di un piano famigliare assicurativo personalizzato
che consideri le esigenze e le risorse economiche disponibili,
dopo aver anche però valutato le effettive coperture già
in possesso della famiglia.
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a cura dinicoletta meletumore alla prostata: nuove
tecniche per la diagnosi precoce
Il tumore della prostata è la neoplasia più diffusa nella popolazione maschile e rappresenta circa il 15% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo.stando alle stime, relative al 2012, in Italia si verificano 36.300 nuovi casi l’anno, la maggior parte identificati grazie alla misurazione del dosaggio del PSA, cui si può ascrivere il merito di una diagnosi precoce e quindi di un intervento tempestivo. Infatti, il 70% dei malati di tumore alla prostata vive ben oltre 5 anni dalla diagnosi con un trend che è andato aumentando negli ultimi anni. Uno dei principali fattori di rischio per il tumore della prostata è l’età: le possibilità di ammalarsi sono rare prima dei 40 anni, ma aumentano sensibilmente dopo i 50 anni e circa due tumori su tre vengono diagnosticati in persone con più di 65 anni. I ricercatori hanno dimostrato che moltissimi (tra il 70% e il 90%) uomini oltre gli 80 anni hanno un tumore alla prostata, anche se, nella maggior parte dei casi, la malattia non dà segni e ci si accorge della sua presenza solo in caso di autopsia dopo la morte.
Stando ai dati più recenti, nel corso della propria vita, 1 uomo su 16 nel nostro Paese sviluppa un tumore della prostata. L’incidenza, cioè il numero di nuovi casi registrati in un dato periodo di tempo, è in continua crescita, con un raddoppio negli ultimi 10 anni, da ascriversi in primis all’aumento dell’età media della popolazione, ma anche all’introduzione dell’esame del psA (Antigene prostatico specifico, in inglese prostate specific Antigene) a partire dagli anni ‘90, quando è stato approvato dalla food and Drug Administration (fDA) americana.misurare attraverso un semplice prelievo di sangue i livelli di questa molecola prodotta solo dalle cellule della prostata permette, in molti casi, di capire se nella ghiandola c’è qualcosa che non va, anche se non necessariamente si tratta di tumore, poiché il PSA aumenta anche in presenza di semplici infiammazioni, infezioni o ingrossamenti benigni della ghiandola stessa. sul suo reale valore, ai fini della diagnosi di un tumore, però, il dibattito è ancora aperto in quanto molto spesso i valori sono alterati per la presenza di una iperplasia benigna o di un’infezione.“I nostri dati ci dicono che lo screening per il tumore alla prostata, fatto con il dosaggio del psa, permette di ridurre la mortalità per questa malattia del 29%. Nonostante questi risultati dimostrino un costante aumento della sensibilità dell’esame, è ancora troppo presto per pensare di usarlo come test di screening sull’intera popolazione
maschile, perché non è abbastanza affidabile: nel 40-50% dei casi rischiamo ancora di scoprire tumori che non sono realmente pericolosi per la salute dei pazienti, né probabilmente mai lo diventeranno. Il problema deve essere risolto e crediamo che una nuova speranza venga dall’uso di nuove tecniche diagnostiche che sono allo studio in tutto il mondo e che vengono usate anche qui al cDI-Centro Diagnostico Italiano”. queste le parole di fritz Schroeder, urologo dell’Università di Rotterdam e coordinatore dello “European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer”, in occasione di un convegno organizzato dal cDI. Per nuove tecnologie il prof. Schroeder si riferisce alla risonanza multiparametrica che consente di valutare la prostata sia sotto il profilo strutturale, metabolico, ma
anche di stimare la velocità con cui proliferano le sue cellule e la presenza più o meno massiccia di vasi sanguigni, elementi questi ultimi tipici di un processo tumorale. Nel caso di esito positivo, il radiologo avrà la possibilità di dare alle zone sospette dei punteggi legati a caratteristiche ben definite: una lesione con punteggio massimo ha una probabilità dell’80% di essere sede di un tumore clinicamente significativo e meritevole di trattamento, per scendere al 55% e 30% rispettivamente nelle
lesioni dei due livelli inferiori. questo esame può essere poi seguito dalla biopsia a fusione, che unisce le immagini della risonanza con quelle dell’ecografia, dando una mappa 3D che permette di fare la biopsia mirata nelle zone sospette.
Health online ha chiesto il parere del prof. Paolo Gontero, specialista in Urologia e Professore Associato di Urologia presso l’Università degli Studi di Torino, Ospedale San Giovanni Battista Molinette di Torino, il quale ha detto che “La risonanza magnetica nucleare della prostata, quando eseguita da un radiologo esperto sia nell’esecuzione che nel l’ interpretazione dell’esame mediante
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44
diversi “parametri” (da qui il termine di “risonanza multiparametrica”), rappresenta oggi la tecnologia più raffinata per indagare la prostata. Quando la risonanza magnetica è “negativa” (cioè non vede aree sospette per tumore) sappiamo che al 90% in quella prostata non è presente un “tumore significativo”, cioè tale da essere pericoloso e quindi necessitare di un intervento tempestivo. è ovvio che la risonanza non è in grado di vedere tumori molto piccoli: ciò non è necessariamente uno svantaggio poiché trattandosi di malattie verosimilmente indolenti, evitiamo il rischio di una “iper-diagnosi” che poi porterebbe al rischio di un “iper-trattamento”. quando, invece, una risonanza vede una zona della prostata “sospetta” non significa che vi sia di sicuro un tumore, ma solo che esiste una probabilità “alta” che, facendo una biopsia, si trovi un tumore. La probabilità sarà tanto maggiore quanto più elevato risulta il punteggio che i radiologi attribuiscono a quella zona sospetta.Ritengo pertanto, che la risonanza magnetica della prostata debba oggi essere considerata un esame fondamentale nell’iter diagnostico del tumore prostatico, da utilizzarsi, quando indicata, anche prima di eseguire una biopsia alla prostata”.
professore, il dibattito sull’affidabilità o meno dell’esame
del sangue prosegue ormai da anni. Lei come si pone al
riguardo?
“con tutti i suoi limiti (legati al fatto di essere poco specifico,
cioè di creare tanti “falsi allarmi”), l’esame del sangue specifico per la prostata (PSA) rappresenta ancora oggi il migliore marcatore tumorale in assoluto.
Nel caso del tumore alla prostata, tanti altri “test”
concorrenti, che avevano la pretesa di sostituirsi a lui, sono
finora miseramente falliti. nell’attesa e nella speranza che
arrivi presto un marcatore tumorale per la prostata che,
oltre a creare meno falsi allarmi, sia ancora più preciso
nell’individuare i soggetti con tumore, il PSA rimane l’esame
di primo livello da eseguirsi insieme a una visita alla prostata
se si vuole escludere la presenza di un tumore prostatico”.
per questo tipo di neoplasia non è possibile una specifica
prevenzione primaria anche se il consiglio è quello di seguire
alcune importanti regole alimentari quali: aumentare il
consumo di frutta, verdura e cereali integrali e ridurre quello
di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta, e di cibi
ricchi di grassi insaturi. Almeno questo fino a poco tempo
fa, perché è recente un rivoluzionario studio condotto
presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di
torino, coordinato dal professor Gontero e pubblicato sulla
prestigiosa rivista americana «The Prostate», secondo il
quale gli integratori alimentari, se assunti in dosi massicce,
sono la causa dell’insorgere del tumore in quanto causano
una sorta di intossicazione direttamente collegabile al
cancro.
nello specifico, dalla ricerca è emerso che si tratta del
selenio, del licopene (contenuto nel pomodoro) e degli
estratti di tè verde, da sempre ritenuto un antitumorale
naturale, ricco di antiossidanti che inibiscono la
proliferazione cellulare. Lo studio clinico, effettuato su
60 uomini in fase pre cancro, ha dimostrato che l’intero
campione trattato con gli integratori alimentari ha
sviluppato il carcinoma mentre gli altri no.
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L’importanza della prevenzione
Professor Gontero come siete arrivati a questo risultato? Da
cosa nasce l’idea della ricerca?
“quando abbiamo iniziato la nostra ricerca nel 2008, selenio,
licopeni e catechine del thè verde rappresentavano le
sostanze “naturali” di cui esistevano le maggiori prove
a favore di un ruolo protettivo nei confronti del tumore
alla prostata. forti di queste premesse, abbiamo voluto
verificare se “alte dosi” di queste sostanze somministrate per
6 mesi a dei soggetti che risultavano avere una condizione
pre-tumorale alla prostata
(quindi NoN un vero e
proprio tumore, ma una
condizione che li rende
soggetti ad alto rischio
nello sviluppo del tumore
alla prostata) potessero
in qualche modo avere
un effetto preventivo.
Un gruppo di pazienti è,
invece, stato trattato con
placebo. Il risultato è stato
che i pazienti trattati con le
“sostanze naturali” hanno
avuto un rischio 3 volte
maggiore di sviluppare
un tumore rispetto a quelli
trattati con placebo”.
vi aspettavate questo
risultato?
“La nostra speranza era ovviamente quella di riuscire a
prevenire l’insorgenza di tumori in questi pazienti, che
sappiamo essere ad alto rischio e per i quali ancora oggi
NoN esiste alcun tipo di terapia preventiva. I risultati sono
stati opposti alle nostre previsioni. Il fatto poi che chi aveva
assunto le “sostanze naturali” abbia anche sviluppato delle
anomalie genetiche in più rispetto a quelli trattati con
placebo, ci ha ulteriormente sconfortato.
Questo studio non può, però, essere considerato una prova sufficiente per negare un effetto benefico a tutte e 3 queste sostanze. esistono, ad esempio, molte evidenze
che invece supportano un ruolo protettivo dei licopeni (peraltro contenuti nei pomodori) e del thè verde nel tumore alla prostata. Il nostro studio non è, però, l’unico a
gettare ombra su alcune sostanze notoriamente ritenute
benefiche quali, ad esempio, il selenio. A questo proposito,
uno studio americano condotto su 35.000 maschi sani
trattati per anni con alte dosi di selenio e vitamina E, ha
dimostrato un aumento significativo di casi di tumore alla
prostata in chi aveva assunto la vitamina E e nessun ruolo
protettivo (anzi un lieve aumento di casi di malattia seppur
non significativo) per chi
aveva assunto il selenio”.
L’alimentazione resta
comunque un importante
elemento nella
prevenzione dei tumori?
“Direi assolutamente
di sì. Assumere alimenti
contenenti sostanze anti-
ossidanti è il modo più naturale per proteggersi dai tumori. Proprio
perché un’alimentazione
equilibrata e sana è in
grado di fornire quantità
sufficienti di anti-ossidanti,
la supplementazione
degli stessi ad alte dosi
attraverso “pillole” può
risultare un “eccesso” che potrebbe produrre l’effetto
opposto a quello desiderato. è il caso del selenio, si ipotizza
che le popolazioni con una dieta già ricca di selenio NoN
beneficino di un’ulteriore “integrazione” dello stesso”.
quali sono i suoi consigli?
“Prendere spunto da questi studi per utilizzare le sostanze
che vanno sotto il nome di “integratori alimentari” con uno
spirito critico. Il fatto che un anti-ossidante sia benefico per
la nostra salute non significa automaticamente che possa
essere assunto a dosi indiscriminate”.
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L’insufficienza renale cronica (Irc) è tra le patologie che, con l’invecchiamento progressivo della popolazione, sempre più spesso ci colpisce. le cause scatenanti l’Irc sono molteplici e consistono in tutte quelle situazioni fisiopatologiche che determinano una perdita funzionale dei nefroni. Le più comuni sono la nefropatia diabetica, l’ipertensione arteriosa, le glomerulonefriti, il rene policistico, anomalie genetiche a carattere dominante. In condizioni normali è sufficiente che solo un terzo dei neuroni sia attivo per svolgere completamente il compito funzionale dei reni. quando, in seguito a svariate situazioni patologiche, la grande capacità compensativa dei nefroni residui viene superata, i reni non riescono più a depurare il sangue e di conseguenza si va incontro ad uremia (accumulo di scorie azotate) con interessamento generalizzato di organi e apparati. Pertanto i sintomi clinici che possano far sospettare di essere di fronte a IRc sono molteplici e sono riconducibili ai singoli distretti interessati dalla malattia. Si dovrebbe valutare l’eventualità di IRc ed effettuare indagini adeguate in presenza di scadenti condizioni generali non spiegabili altrimenti, ipertensione arteriosa, anemia, prurito, ipeparatiroidismo, pericardite nonché segni o sintomi urinari (proteinuria, ematuria, edemi, nicturia, dolori al fianco, ostruzione prostatica) o neurologici (stato confusionale, coma, neuropatie periferiche, convulsioni).
Se l’uremia, pur adeguatamente trattata, supera un certo livello-soglia, gli unici rimedi sono la dialisi o il trapianto. Esistono due tipi di dialisi: l’emodialisi e la dialisi peritoneale. Quella peritoneale consiste nell’utilizzare uno speciale catetere in cavità addominale introducendo soluzioni glucosate. questa metodica è praticabile anche a domicilio e non richiede particolari competenze,tanto da essere utilizzabile anche da familiari e/o assistenti debitamente istruiti.Il trattamento dialitico, pur avendo registrato grandi progressi negli ultimi decenni, non riesce a sostituire completamente la funzione renale. quindi la soluzione ideale rimane il trapianto. ma questo è limitato dalla scarsità dei donatori e dalla loro istocompatibilità con il ricevente: infatti si ricercano in primis organi in ambito parentale.
questa breve premessa non tanto per spiegare scientificamente questa comune patologia (che richiederebbe ben altro spazio) quanto per capire l’entità e l’importanza del suo impatto sulla nostra società, sia per quanto attiene ai condizionamenti per i singoli ammalati che per le ripercussioni dirette sulle famiglie coinvolte e indirettamente sui costi sociali.A questo proposito bisogna ricordare che circa il 6% della
popolazione è affetto da IRc e molti sono destinati a terapia dialitica e/o trapianto. numeri impressionanti: solo in Italia alcuni milioni di malati. ogni anno almeno 50-60 persone ogni milione di abitanti vengono sottoposte a trattamento per Irc terminale: due terzi di questi soggetti ha meno di 60 anni. Negli ultimi 40 anni il trattamento dialitico ha prolungato di molto la vita degli ammalati di IRc allo stadio terminale, ma questo ha comportato un enorme dispendio di risorse umane ed economiche sia a carico dell’Erario Pubblico che dei singoli pazienti e delle relative famiglie.Praticamente tutti gli organi di questi pazienti sono danneggiati per cui bisogna cercare di prevenire per quanto possibile le complicanze a carico del cuore,del sistema muscolo-scheletrico,del sistema nervoso.
tutto ciò richiede strutture e personale altamente specializzato, impiego di apparecchiature costose, di assistenza domiciliare, di trasporti ad hoc che incidono enormemente sulla spesa sociale.
considerato che ogni anno si registra un significativo incremento dei pazienti affetti da IRc che arrivano allo stadio ESRD (end-stage renal disease), ci si pone un drammatico interrogativo: fino a
quando il ssn riuscirà a sostenere finanziariamente tutti gli oneri che ne derivano?c’è chi sostiene la possibilità di curare a domicilio tutte le malattie croniche ipotizzando in tal modo di diminuirne i costi complessivi e nel contempo migliorare le condizioni di vita dei malati, in particolare di quelli affetti da IRc.ma nell’attuale situazione demografica in cui i nuclei familiari sono numericamente ridotti al minimo, spesso non esiste una rete parentale sufficiente a permettere questo tipo di scelte assistenziali. E, laddove la rete assistenziale presenti troppe lacune per rendere possibile l’attività domiciliare, ipotizzare forme assistenziali integrative potrebbe essere un’ipotesi realizzabile.
a cura deldr. eligio milanInsufficienza renale cronica:
un problema sociale
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stabilità, sanità e Benefit
a cura dilucrezia anzanello
La Legge di Stabilità approvata lo scorso 22 dicembre dal
Senato con circa 162 voti favorevoli concerne due temi
di straordinaria attualità: la sanità e le cd. società benefit.
In merito al primo dei temi citati, la novità consiste nella istituzione di una commissione nazionale per
l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (cd. LEA)
e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio Sanitario
Nazionale presso il ministero della Salute.
La commissione sarà nominata e presieduta dal ministero
della Salute e vanterà tra i propri membri il direttore della
Direzione Generale della programmazione sanitaria del
ministero della salute e da quindici esperti qualificati (oltre
altrettanti supplenti) di cui:
• quattro designati dal ministro della Salute;
• uno dall’Istituto Superiore di
Sanità;
• uno dall’Agenzia Nazionale
per i Servizi Sanitari Regionali;
• uno dall’Agenzia italiana del
farmaco;
• uno dal ministero
dell’Economia e delle finanze;
• sette dalla conferenza
delle regioni e delle province
autonome
è altresì previsto che la
commissione così composta
duri in carica tre anni e che,
alle sue riunioni, possano partecipare rappresentanti del
consiglio superiore di sanità, delle società scientifiche,
delle federazioni dei medici ed esperti esterni competenti
nelle specifiche materie trattate.
ma quali sono i compiti della commissione?
Secondo le previsioni della Legge di Stabilità, la
commissione dovrebbe incentrare le proprie attività nella:
a) valutazione sistematica delle attività, dei servizi e
delle prestazioni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria
a rilevanza sanitaria inclusi nei LeA al fine di valutarne il
mantenimento ovvero per definire condizioni di erogabilità
o indicazioni di appropriatezza;
b) acquisizione e valutazione delle proposte di inserimento
nei LEA di nuovi servizi, attività e prestazioni;
c) individuazione di condizioni di erogabilità o indicazioni
di appropriatezza avvalendosi delle valutazioni di
Health technology Assessment su tecnologie sanitarie e
biomediche e su modelli e procedure organizzativi;
d) valutazione dell’impatto economico delle modifiche ai LeA;
e) valutazione delle richieste, provenienti da strutture del
Servizio sanitario nazionale, di autorizzazione all’esecuzione
di prestazioni innovative nell’ambito di programmi di
sperimentazione.
Nel corso della propria durata in carica, la commissione
è annualmente tenuta a formulare una proposta
di aggiornamento dei LEA. Se la proposta attiene
esclusivamente alla modifica degli elenchi di prestazioni
erogabili dal Servizio sanitario nazionale ovvero alla
individuazione di misure volte ad incrementare
l’appropriatezza della loro erogazione e la sua approvazione
non comporta ulteriori oneri a carico della finanza
pubblica, l’aggiornamento
è effettuato con decreto del
ministero della Salute.
L’attività della commissione
andrà ad affiancarsi ai compiti
già affidati al comitato
permanente per la verifica
dell’erogazione dei LEA istituito
presso il ministero della Salute
nel 2005.
obiettivo del citato comitato
è, infatti, verificare sia che
l’erogazione dei LEA avvenga
in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo
delle risorse sia la congruità tra le prestazioni da erogare e le
risorse messe a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale.
è evidente che la rinnovata attenzione sui LEA sia la naturale
conseguenza dell’inadeguatezza del Sistema Sanitario
Nazionale nel fornire indifferentemente a tutti i cittadini e
gratuitamente (o tramite una quota di partecipazione)
prestazioni e servizi idonei e all’avanguardia.
Il ministero della salute ha avvertito tale difficoltà dando
vita ad una prima iniziativa di riorganizzazione del SSN e dei
LEA, riorganizzazione che indubbiamente vedrà coinvolti
anche i principali operatori nel mondo della sanità
integrativa e complementare quali fondi, casse e Società
di mutuo Soccorso.
come anticipato, il secondo grande tema della Legge di
Stabilità riguarda le cd. società benefit.
Dette società (mutuate dalle Bcorp statunitensi) si
caratterizzano per il fatto che nell’esercizio di una
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generato e, infine, una sezione dedicata alla descrizione
dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire
nell’esercizio successivo.
Nel panorama mondiale, tra le società maggiormente
note che hanno ottenuto la qualifica di società benefit
possiamo citare l’azienda di gelati Ben and jerry’s quale
prima società controllata da una multinazionale (Unilever)
ad ottenere la certificazione.
Non possiamo dunque che accogliere con favore questa
previsione della Legge di Stabilità (prima in Europa), nella
speranza che siano solo il primo passo verso una formula
sempre più innovativa di relazione tra l’imprenditoria ed il
terzo Settore come emerge anche dalle parole del Senatore
mauro Del Barba “le società benefit rappresentano uno
strumento unico per instradare lo sviluppo economico lungo
direttrici di sostenibilità economica ed ambientale. L’Italia,
da sempre, ha sviluppato in maniera originale il tema della
sostenibilità sociale e ambientale. Il disegno di legge sulle
B-corp si propone di fornire al nostro Paese uno strumento
innovativo, all’avanguardia, che cambi la natura stessa delle
imprese e aiuti a modificarne, fin nel Dna, il comportamento
loro sociale. L’obiettivo naturalmente è quello più generale di
massimizzare gli impatti positivi nello svolgimento delle attività
produttive, minimizzando, fino a ridurre, quelli negativi”.
attività economica, oltre allo scopo di divisione degli
utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune
operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente
nei confronti di persone, comunità, territorio e ambiente.
Al fine di acquisire la qualifica di società benefit, quest’ultima
è tenuta ad indicare nel proprio oggetto sociale le finalità
specifiche di beneficio comune che intende perseguire.
così facendo, la società potrà introdurre, accanto alla
denominazione sociale, le parole “società benefit”
(o l’abbreviazione “SB”) oltre a poter utilizzare tale
denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e
nelle comunicazioni verso terzi.
ulteriori caratteristiche di dette società sono:
• l’individuazione di uno o più soggetti responsabili ai quali
sono affidate le funzioni ed i compiti volti al perseguimento
delle finalità di beneficio comune;
• la redazione annuale (da allegare al bilancio sociale)
di una relazione relativa al perseguimento del beneficio
comune che includa sia la descrizione degli obiettivi
specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli
amministratori per il perseguimento delle finalità di
beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo
hanno impedito o rallentato sia la valutazione dell’impatto
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HEALTH
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a cura dinicoletta melesalute e prevenzione:
i vaccini contro meningite, morbillo-parotite-rosolia e tubercolosi
Il vaccino si o no? questo è un quesito che tiene sempre alta
l’attenzione dell’opinione pubblica. Una giusta, corretta e
semplice informazione è alla base di scelte consapevoli e
consente di eliminare dubbi e perplessità circa l’efficacia,
la sicurezza e l’importanza dei vaccini, che costituiscono
un importante strumento di prevenzione e di tutela della
salute pubblica.
Per saperne di più abbiamo intervistato il dottor Rocco
Russo, Pediatra e Responsabile area vaccini sito Società
Italiana di Pediatria.
“Le vaccinazioni sono la
più importante attività di
promozione della salute
dopo la potabilizzazione
dell’acqua - ha
spiegato il dott. Russo
- è stata una vera e
propria rivoluzione
mondiale grazie alla
quale alcune malattie
molto pericolose sono
diminuite fino quasi a
scomparire. vaccinarsi
non è solo un aiuto
concreto per la propria
salute, ma anche un
segno di solidarietà
nei confronti di coloro
che per vari motivi
non possono sottoporsi
alla vaccinazione (per
esempio durante la gravidanza, per disturbi del sistema
immunitario, ecc.).
Anche se attualmente assistiamo a un costante calo delle
coperture vaccinali, corre l’obbligo di ricordare che non
bisogna abbassare assolutamente la guardia perché si
corre il rischio di perdere il controllo sulla diffusione delle
malattie infettive prevenibili con i vaccini.
fortunatamente la ricerca scientifica lavora per mettere
a disposizione nuovi vaccini. Nella lunga lista a nostra
disposizione sono inseriti anche quelli contro la meningite, il
morbillo-parotite-rosolia e la tubercolosi.
La meningite è un’infiammazione delle membrane (le
meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale.
La malattia è generalmente di origine infettiva e può
essere causata, nella maggiore parte dei casi, da virus
e batteri. La forma batterica, rispetto a quella virale, è
molto più grave e può avere conseguenze fatali. I batteri
che causano maggiormente le meningiti sono: neisseria
meningitidis (meningococco), Streptococcus pneumoniae
(pneumococco) e Haemophilus influenzae b (emofilo o Hib).
Attualmente si conoscono 13 diversi sierogruppi di
meningococco, ma solo sei causano meningite e altre
malattie gravi: più frequentemente A, B, c, Y e W135
e molto più raramente in Africa, X. In Italia e in Europa, i
sierogruppi B e c sono i più frequenti, ma negli ultimi tempi
nel nostro Paese si stanno isolando anche rari casi di y e
w135. fortunatamente per i sierogruppi A, B, c, y e w135
esistono gli specifici vaccini.
Il vaccino contro morbillo-Parotite-Rosolia (mPR) è costituito
dai virus che causano queste malattie infettive i quali, a
seguito di particolari trattamenti di laboratorio, vengono
resi incapaci di provocare la vera malattia, ma rimangono
ugualmente in grado di stimolare le difese dell’organismo
contro l’infezione naturale (vaccino vivo e attenuato).
Il vaccino antitubercolare (BcG) è costituito da un
ceppo vivo-attenuato del mycobacterium bovis e viene
ampiamente utilizzato nei Paesi ad elevata endemia
tubercolare, dove viene somministrato per via intradermica
con una singola dose a tutti i neonati subito dopo la nascita.
La vaccinazione BcG offre un buon livello di protezione
contro la meningite tubercolare e le forme disseminate e
offre un apprezzabile livello di protezione contro la malattia
polmonare. L’effetto protettivo del BcG dura per almeno
10 anni dopo la vaccinazione e la rivaccinazione non offre
vantaggi rispetto alla vaccinazione singola”.
La vaccinazione contro il meningococco. quando farla e
perché?
“la vaccinazione contro il meningococco è fortemente
raccomandata ai bambini con deficit immunitari, più
a rischio di contrarre gravi infezioni. è particolarmente
raccomandata nei soggetti privi di milza e in quelli con
difetti congeniti del complemento. Attualmente il Piano
Italiano di Prevenzione vaccinale 2012-2014 prevede una
dose singola di vaccino antimeningite di tipo c e una
eventuale dose vaccinale all’età di 11-18 anni nel caso
in cui il soggetto non risultasse essere stato vaccinato
nell’infanzia. Il vaccino contro il meningococco di tipo B
attualmente in alcune Regioni viene offerto a pagamento,
mentre in altre gratuitamente. Si può fare a partire dai 2
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mesi di età e il numero di dosi da somministrare varia a
seconda dell’età in cui si comincia la somministrazione.
Il vaccino tetravalente (A-c-y-w135), in alcune regioni
italiane, viene offerto gratuitamente a partire dall’anno.
questo tipo di vaccino può essere somministrato anche
ai bambini che ancora non hanno effettuato il vaccino
contro il tipo c, così come agli adolescenti di età compresa
fra i 12 e i 16 anni già vaccinati contro il meningococco c”.
Pro e contro. quali sono gli effetti
collaterali e le controindicazioni?
“Di solito questo vaccino non
provoca particolari reazioni, ma è
possibile che entro le 48 ore dalla
vaccinazione, si verifichi una
reazione irritativa passeggera nel
punto dove è stata effettuata
la puntura. questa reazione si
manifesta con gonfiore, rossore
e dolore. Raramente può
comparire febbre, che per lo più
è modesta e si cura con l’utilizzo
di un qualsiasi antipiretico. Nel
caso in cui questi sintomi si dovessero protrarre per più di
ventiquattro ore, si consiglia di consultare il medico al fine
di verificare se possono essere attribuibili ad altra causa.
Il vaccino antimeningitico non deve essere somministrato
in caso di gravi reazioni allergiche (anafilassi) dopo la
somministrazione di una precedente dose e in caso di
gravi allergie (anafilassi) a uno specifico componente del
vaccino”.
In media, quante sono le probabilità di contrarre la
patologia in Italia? E’ più facile contrarre la malattia che
una complicanza da vaccino?
“Da quanto riportato nell’ultimo rapporto di sorveglianza
delle Malattie Batteriche Invasive in Italia (aggiornato
al 12 agosto 2015), si evince che, nel 2014, ultimo anno
con dati consolidati, sono stati segnalati 163 casi da
Neisseria meningitidis (meningococco) e che l’incidenza
della malattia invasiva da
meningococco si è confermata
maggiore nella fascia di età 0-4
anni e in particolare nel primo
anno di vita in cui l’incidenza
supera i 4 casi per 100.000; tale
incidenza si mantiene elevata
fino alla fascia 15-24 anni (in cui
si rilevano 0,30 casi per 100.000
abitanti nel 2014) e diminuisce
dai 25 anni in su. Bisogna inoltre
prendere atto che questi dati
risentono comunque di una
sottostima, legata al fatto
che molti casi da neisseria
meningitidis, non venendo adeguatamente diagnosticati
oppure opportunamente segnalati, sfuggono alla rete
della sorveglianza”.
morbillo, parotite, rosolia sono malattie virali, spesso
sottovalutate, che possono invece dare gravi complicazioni.
quali sono i pro e i contro della vaccinazione? A che età è
raccomandata? vi è qualche controindicazione?
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“Il morbillo è ancora endemico in Italia e, vista l’alta contagiosità del virus, il rischio di ammalarsi per le persone non vaccinate è elevato. Il morbillo può causare gravi complicanze, tra cui la polmonite (nell’1-6% dei casi), l’encefalite (1 ogni 1000-2000 casi) e il decesso. La rosolia, invece, ha un decorso lieve ma, se contratta durante la gravidanza, può causare morte fetale, aborto spontaneo, malformazioni gravi, fino al decesso del neonato (sindrome della rosolia congenita).nel 1999 (circolare n. 12 del 13 luglio 1999), la vaccinazione trivalente mpr (morbillo-partite-rosolia) è stata inclusa ufficialmente nel calendario nazionale delle vaccinazioni, con indicazioni per la somministrazione della prima dose per tutti i bambini a partire dai 12 mesi compiuti e comunque entro il 15° mese di vita e con l’introduzione di una seconda dose all’età di 5-6 anni. La seconda può essere somministrata in qualsiasi momento (es. durante un’epidemia o in occasione di un viaggio internazionale), assicurandosi che siano trascorse almeno 4 settimane dalla prima dose. Il vaccino viene somministrato attraverso un’unica iniezione che si effettua preferibilmente per via sottocutanea, nella regione superiore del braccio; alcuni studi riportano che possa essere usata anche la via intramuscolare. Per effettuare questa vaccinazione non è necessario tenere il bambino a digiuno. Il vaccino non deve essere effettuato in soggetti con immunodeficienza grave (es. tumori del sangue e solidi; alcune immunodeficienze congenite come agammaglobulinemia, immunodeficienza comune variabile o immunodeficienza severa combinata ecc; HIv con grave immunodepressione), reazione allergica grave (anafilassi) dopo la somministrazione di una
precedente dose e reazione allergica grave (anafilassi) a un componente del vaccino”.
La tubercolosi, nota anche con la sigla tBc, è una malattia provocata da un microbatterio, il Bacillo di Koch o micobacterium tubercolosis; secondo i dati ogni anno, in Italia, si registrano circa 6-7 mila casi di tubercolosi, di cui circa il 4-5% in bambini e in ragazzi di età inferiore ai 14 anni. Secondo gli esperti, però, i numeri sono destinati ad aumentare. Perché? quali sono i rischi di contrarre la patologia in Italia?
“La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (omS) mette in evidenza che la tubercolosi rimane un rilevante problema di salute pubblica a livello mondiale e risulta essere una delle malattie trasmissibili con la mortalità più elevata: nel 2013 hanno sviluppato la malattia 9 milioni di persone e ne sono morte 1,5 milioni. L’oms ha dichiarato che l’aumento dei casi nel 2013 risulta essere soprattutto il frutto dei recenti miglioramenti nella segnalazione dei casi e raccolta dei dati. Grazie a uno sforzo congiunto dei Paesi membri dell’oms e di vari enti collaboratori sono decisamente aumentati gli investimenti dedicati alla sorveglianza routinaria e alle indagini ad hoc effettuate nelle varie nazioni. questo ha permesso di raccogliere dati di migliore qualità e avere un quadro più preciso sul reale impatto della malattia, sottolineando il ruolo fondamentale della sorveglianza per guidare le azioni di sanità pubblica.L’esigenza di mettere in atto i suddetti strumenti di sorveglianza è legata soprattutto al processo di globalizzazione, all’estrema facilità degli individui a
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Anche se esistono poche categoriche controindicazioni ai vaccini, è necessario che i genitori, prima della vaccinazione, consultino il proprio medico curante e/o medico che presiede alla seduta vaccinale, per valutare lo stato di salute del bambino e stabilire se la vaccinazione debba essere rimandata o evitata. Le più comuni condizioni cliniche del bambino, che al momento della vaccinazione preoccupano i genitori, sono:• la presenza di comuni disturbi gastrointestinali e respiratori (raffreddore, naso che cola, diarrea lieve)• reazioni di lieve entità a una dose precedente di vaccino (per esempio febbricola, rossore nel punto in cui è stata somministrato il vaccino etc)• assunzione di un antibiotico• assunzione di cortisone a basse dosi o somministrato per aerosol• bambino nato prematuro o sottopeso alla nascita, che deve essere vaccinato secondo l’età cronologica, cioè in base alla data di nascita• malattie della pelle, malattie croniche del cuore, dei polmoni, del fegato e dei reni, malattie del sistema nervoso stabili, storia di ittero neonatale, gravidanza di un familiareLe suddette condizioni cliniche, vengono definite dai medici come “false” controindicazioni, perché il bambino può essere vaccinato senza aumentare il rischio di effetti collaterali né diminuire l’efficacia della stessa vaccinazione. Alcune particolari situazioni, invece, possono essere motivo di rinvio della vaccinazione, come:• malattie acute con febbre alta• vaccinazioni con virus attenuati (quali ad esempio morbillo-parotite-rosolia e varicella) se nei 30 giorni precedenti è stato somministrato un altro vaccino a virus attenuati• terapia in corso con farmaci che agiscono sul sistema immunitario o con cortisonici ad alte dosi• trasfusioni recenti o somministrazione di immunoglobuline. Sono cause di rinvio “transitorie” per cui il medico evita di vaccinare “solo” per il periodo di tempo in cui sono presenti. Le “vere” controindicazioni, per cui non è opportuno che al bambino vengano somministrati alcuni vaccini, sono:• allergia accertata ad alcuni componenti del vaccino• gravi reazioni allergiche (shock anafilattico) o neurologiche (paralisi flaccida, encefalite, meningite, mielite) dopo la somministrazione di una precedente dose di vaccino.
controIndIcazIonI vere e false alle vaccInazIonI
viaggiare per il mondo e all’immigrazione che comporta l’arrivo di persone da zone ad alta endemia; non si tratta assolutamente di criminalizzare gli immigrati, ma bisogna essere coscienti di questi nuovi flussi, al fine di mettere in atto gli opportuni sistemi di monitoraggio della malattia soprattutto nei confronti delle forme resistenti ai comuni trattamenti farmacologici”. quali sono i pro e i contro del vaccino?
“Il vaccino è indicato quando il bambino è continuamente esposto al contatto (es. familiare) con una persona affetta da tubercolosi polmonare contagiosa, resistente ad alcuni farmaci (o quando quella persona non sia stata curata o sia curata in maniera non adeguata) e l’esposizione non possa essere interrotta. Nei Paesi in cui la tubercolosi è considerata endemica (come il costa Rica), il vaccino antitubercolare viene effettuato nei primi 2 mesi di vita (di solito alla nascita o nei primi giorni di vita). Anche se non esiste un limite di età, prima di effettuare questo vaccino, bisogna valutare che il test alla tubercolina sia negativo, cioè che il sistema immunitario non sia già venuto a contatto con il batterio della tubercolosi. Gli eventi avversi da BcG sono meno frequenti nei lattanti e nei bambini in cui è stata verificata l’assenza di un avvenuto contatto con il batterio tubercolare (test alla tubercolina negativo) prima di essere vaccinati, ma sono più frequenti nei soggetti che ricevono eventualmente una seconda dose.Gli effetti collaterali abbastanza frequenti del vaccino sono una reazione locale (dolore gonfiore) nella sede della puntura o un rigonfiamento dei linfonodi che sono vicini alla sede della somministrazione. Nei rari casi di dolori ossei e di importanti rigonfiamenti dei linfonodi si consiglia di consultare il medico al fine di valutare l’opportuno trattamento ed effettuare la dovuta segnalazione di “evento avverso”.
circa 3 anni fa, contro la tubercolosi, è stato scoperto un nuovo vaccino chiamato AdHu5 perché il BcG non garantiva più una protezione efficace e di lunga durata (viene usato soprattutto nei bambini e neonati dei Paesi più poveri, dove la tbc è ancora molto comune). Lo scopo del nuovo vaccino è quello di riattivare le difese immunitarie innescate dal vaccino tradizionale che nel tempo tendono a perdere efficacia, lo conferma? Quali sono le controindicazioni e effetti collaterali? E’ più facile contrarre la malattia che una complicanza da vaccino?
“questo nuovo vaccino è stato messo a punto da un gruppo di ricercatori canadesi che hanno modificato geneticamente un virus del raffreddore, trasformandolo in una sorta di ‘navicella’ con la capacità di trasportare materiale genetico all’interno del polmone, da cui sono trasferite una serie di informazioni al sistema immunitario per aiutarlo a respingere il tipo di batterio antitubercolare. per realizzare “adHu5” ci sono voluti più di 10 anni anche se, sin dai primi studi, ha dimostrato dati incoraggianti per le sua capacità di aumento delle difese immunitarie e per la sua sicurezza. Sono in corso ulteriori sperimentazioni finalizzate ad approfondire ulteriormente le potenzialità di questo nuovo vaccino”.
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La mutualità come sistema di welfare per i lavoratori: il caso di mutua mBa
a cura diriccardo tomaselli
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Gli accordi tra gli Enti bilaterali En.Bi.C., En.Bi.F., E.n.Bi.m.s e
Mutua MBA attraverso i quali è stato realizzato un innovativo
sistema sanitario, esteso anche alle famiglie dei lavoratori
iscritti dalle aziende che applicano la contrattazione Cisal,
introducono un importante meccanismo di tutela della
salute dei lavoratori stessi.
La naturale evoluzione degli accordi - in conseguenza del
sempre crescente numero di Lavoratori iscritti dalle aziende
- ha comportato un miglioramento del piano sanitario già
adottato per il 2015 all’interno del quale, dal gennaio 2016,
vengono introdotte svariate novità: viene inserita la diaria
da ricovero, trattamenti fisioterapici e cure dentarie post-
infortunio, l’aumento delle prestazioni già in essere, come
l’alta diagnostica, elevata fino a 6.500 annue, una visita con
detartrasi per tutti i lavoratori, mantenendo la possibilità di
estendere alla famiglia le stesse prestazioni sanitarie.
mutua mBA ha inoltre concordato con gli Enti di attivare
un sostegno economico fino a 10.000 per le correzioni
di malformazioni congenite nei neonati e di intervenire
anche su importanti aspetti assistenziali e sociali, come il
sostegno economico dei familiari a causa della scomparsa
del socio o di un evento invalidante a seguito di infortunio.
Il lavoratore potrà inoltre sempre usufruire dei vantaggi
economici fino al 35% di sconto sulle prestazioni di migliaia
di strutture e professionisti convenzionati attraverso
Coopsalute, la centrale salute utilizzata da mutua mBA.
In questo modo continua il percorso di crescita e sviluppo
del welfare aziendale di mBA che ha recentemente
incorporato, attraverso un’operazione di fusione, il Fondo
FASV, fondo tra i dipendenti di Assolombarda, la più grande
associazione di Confindustria. Si tratta del quarto fondo, in
ordine di tempo, incorporato in mutua mBA, dopo Mutua
Evo (2011) e Mutua Sarda e Mutua 1886 (2013).
come dichiara il presidente massimiliano Alfieri “mutua
mBa è stata la prima mutua in Italia a dotarsi di sistemi
di autocontrollo e certificazione, come la presenza di un
collegio sindacale, la certificazione sui processi gestionali
mutualistici, la certificazione volontaria di bilancio a opera
della Kpmg, tra i più grandi organi di revisione al mondo
con l’obiettivo di garantire sicurezza e trasparenza alle
migliaia di famiglie oggi assistite”.
Il costante impegno e la tendenza al miglioramento
hanno portato alla realizzazione di un’area riservata
tecnologicamente e funzionalmente avanzata che, come
dichiarato da Silvia fiorini, direttore generale di mutua
mBA, “consentirà agli iscritti agli enti bilaterali l’accesso
ad informazioni legate al rapporto associativo, alla
documentazione utile per fruire delle prestazioni sanitarie, a
uno spazio di comunicazione privilegiata ed alla propria area
sanitaria personale: una implementazione assai rilevante
dello strumento di gestione che certamente faciliterà il
sistema di comunicazione tra i lavoratori e la mutua mBA”.
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Coopsalute è una cooperativa che nasce dalla volontà di costituire un unico punto di incontro tra la domanda e l’offerta di prestazioni e servizi socio- sanitari-assistenziali.
Peculiarità di Coopsalute è infatti quella di stipulare accordi e convenzioni con società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di Assicurazione da un lato e Cooperative, Società di Servizi e liberi professionisti dall’altro.Essere Cooperativa significa agire insieme per il benessere dell’ individuo e il miglioramento della qualità della vita, in un’ottica solidaristica e mutualistica.
Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente.
Coopsalute Soc. Coop. [email protected] www.coopsalute.org
Nello scenario socio-economico attuale, riveste un ruolo sempre più di rilievo l’assistenza domiciliare, rivolta ad anziani, disabili, malati e a chiunque si trovi a vivere particolari condizioni di fragilità. Per agevolare il paziente e la sua famiglia in termini di confort e privacy, è importante che tale prestazione sia svolta nel rispetto e nel mantenimento delle massime condizioni qualitative e con assoluta professionalità. Coopsalute assicura tali peculiarità, mediante un’accurata selezione su tutto il territorio nazionale degli erogatori di tali prestazioni, per poter poi formulare pacchetti di prestazioni e servizi ad hoc, da offrire ai suoi convenzionati.
Monitorando costantemente il mercato e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei bisogni della collettività, Coopsalute, plasmandosi attorno ad essi, riesce a fornire prestazioni sempre innovative e attuali garantendo anche il costante supporto della sua Centrale Salute H24.
Coopsalute, convenzionata tra l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari, casse di Assistenza e Società di Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi servizi, intende proseguire la sua crescita, divenendo il principale punto di riferimento per tutti gli attori dello scenario socio-sanitario-assistenziale, il “regista” attraverso il quale le parti si incontrano, nel soddisfacimento di bisogni condivisi.
800 598 635
Centrale Cooperativa(riservato agli Assistiti)
06 90198069
info e ufficio convenzioni
aderente Aaderente Baderente Caderente D
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L'assistito si affida a CoopsaLute per la propria esigenza sanitaria.
CoopsaLute si occupa di reperire, all'interno del suo network, le prestazioni richieste.
L'assistito usufruisce del servizio adatto alle proprie necessità.
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LE RIcEttE DELLA SALUtE
Ciotola (di cialda) con ananas profumata al rosmarino, gelato al limone
e fiori di lavanda
Ingredienti e procedimento per la ciotola di cialda
130 gr di farina 00110 gr di zucchero semolato
110 gr di albumi130 gr di burro morbido 1 bustina di vanillina
Mescolare tutti gli ingredienti. Fare riposare in frigorifero.
Con l’aiuto di un cucchiaio e un foglio di carta da forno fare dei cerchi sottili di impasto.
Cuocere in forno a 200° per 5 minuti. Quando cominciano a dorarsi toglierli dal forno e appoggiarli su di un
bicchiere rovesciato e dargli la forma della ciotola. Lasciare raffreddare.
Ingredienti e procedimento per il gelato al limone
4 limoni250 gr di zucchero
250 gr di acqua 2 chiare d’uovo montate a neve
Fare lo sciroppo con acqua e zucchero. Fare raffreddare.
Spremere i limoni e ottenere circa 300 gr di succo. Unire questi ingredienti e metterli nella gelatiera.
Dopo circa 30 minuti aggiungere le chiare montate a neve molto soda e continuare la mantecatura per circa 10 minuti.
Procedimento finale
Pulire l’ananas e tagliarla a pezzettoni triangolari. Condirla con il suo succo e gli aghi di rosmarino.
Disporla in una ciotola,porre sopra 50 gr di gelato e cospargere di fiori di lavanda.
mBA mutua Basis Assistance, Società di mutuo Soccorso, ha recentemente avuto il piacere di intervistare la chef modenese giovanna guidetti, titolare dell’Osteria La Fefa, che a soli 36 anni è stata colpita dalla prima neoplasia ed oggi vive con passione l’amore per la cucina mettendo a disposizione anche ricette con alimenti che aiutano a prevenire il tumore.Per la felicità dei vostri palati mBA ci ha gentilmente fornito alcune ricette estrapolate dal libro “A tavola con...Duchi e Duchesse” della chef Guidetti.
oggi vi proponiamo:
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nel prossImo numero...
HaI Qualcosa dI Interessante da raccontare e tI pIacereBBe collaBorare attIvamente alle prossIme uscIte dI HealtH onlIne?
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...e tanto altro!
le sfIde della cardIologIa del terzo mIllennIo
tumore alla vescIca: dIagnosI precoce con un semplIce esame delle urIne
Le patologie come lo scompenso cardiaco e l’aterosclerosi “sono le sfide più urgenti della cardiologia del terzo millennio”, queste le parole che hanno aperto l’appuntamento annuale della Società
Italiana di Cardiologia.
Nel sedimento urinario, è possibile trovare le cellule tipiche della neoplasia. Questo è il risultato di uno studio, condotto dal Laboratorio
di Patologia Clinica dell’Ospedale a Baggiovara e dal Laboratorio di citodiagnostica dell’Ospedale di Mirandola (Modena) e messo a punto dal Dipartimento Integrato di Medicina di Laboratorio e
Anatomia Patologica dell’Azienda USL di Modena.
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