Giovanni Giuseppe Pintore - pennematte.it · te, finite sopra una piattaforma in costruzione, erano...

31
1

Transcript of Giovanni Giuseppe Pintore - pennematte.it · te, finite sopra una piattaforma in costruzione, erano...

1

Giovanni GiuseppePintore

Il Telepatico

2

Lodd Fantasy Factory

Edizione pubblicata a Gennaio 2016.Per gentile concessione dell'autore Giovanni Giuseppe Pintore

http://leombredeldestino.blogspot.it/Cura editoriale di Simone Muzzoni e Marta Simula.

3

Caro lettore,

Quella che segue è una narrazione che mipiace definire “a scatola chiusa”. L'idea di

fondo non mi appartiene. È di Andrea Kondra,Videomaker sassarese. Approfitto di questa

breve introduzione per ringraziarlo.Il solo pensiero di mettermi a lavorare suqualcosa di estraneo alla mia testa, in un

genere differente, mi ha divertito. Quindi hoprovato a dar vita alla sua “traccia”.

Vi auguro buona lettura.

Giovanni Giuseppe Pintore

4

Tutti abbiamo pensatodi poterlo fare almeno una volta.

Sicuri di aver provato abbastanza?

5

Il Telepatico

Dicembre era un mese che odiava nel profon-do. Il freddo veniva giù insieme alla neve, e stri-sciava sin sotto i vestiti, annidandosi dentro leossa. Diventava come un terribile fardello, sem-pre più pesante da portare. Una sensazione a dirpoco sgradevole. Avrebbe volentieri fatto a menodi quel periodo dell'anno. Era caratterizzato datante patetiche e sfavillanti luci, che pendevanoda ogni terrazzino, troneggiavano su ogni insegnae dentro ogni dannato appartamento delle città ditutto il mondo.

Josh covava un certo disprezzo nei confrontidel natale. Vuoi perché il suo regalo di quandoaveva sette anni non fosse mai arrivato, o perchéera conscio del fatto che il panzone vestito dirosso fosse una mera montatura, creata a tavoli-no per mandare avanti una vera e propria indu-stria dei consumi. Nessuna magia.

Eppure, nonostante quei lunghi anni da fug-

6

giasco, lui non aveva mai smesso di crederci. No,non al grassone con la barba bianca, ma al pro-prio segreto.

Aveva viaggiato in lungo e in largo per oltrevent'anni, lottando con le unghie e con i denti,eludendo chiunque provasse ad additarlo comeun pazzo. Pareva essere l'unico a conoscere e acustodire quella preziosa nozione, e nessuno pa-reva aver la minima intenzione di assecondare lesue teorie.

Era solo.“Che si fottano!” continuò a ripetersi, mentre

scrutava fuori dal finestrino del pullman, sovrap-pensiero. Le luci che riflettevano sul vetro, misce-landosi al paesaggio innevato, rievocavano in lui iricordi di un passato travagliato, trascorso da va-gabondo. Momenti di rara solitudine si fondeva-no a quelli d'immensa meraviglia.

Era scappato quando poteva dirsi ancora unbambino. Esattamente venti anni prima, quandone aveva solo undici. I genitori, o gli ipocriti (cosìcome era solito definirli Josh) avevano provato afarlo rinchiudere in un istituto di sanità mentale,quando lui aveva scelto di rivelare il proprio se-greto. Sostenevano farneticasse, e che i videogio-chi e la televisione avessero contribuito a deviarela sua fragile mente, trascinandolo in un desolan-te oblio da cui non sarebbe mai riemerso. In po-

7

che parole, gli avevano dato del mentecatto.Da quel giorno aveva deciso di viaggiare da

solo, per risolvere da sé quell'enigma che l'interomondo pareva ignorare, o non voler riconoscere.Al di là di tutte le domande religiose, oltre ogniconcezione; oltre la stessa realtà, in fin dei conti.In molti, con cui aveva potuto scambiare qualchechiacchiera, di solito finivano per buttarla sul ri-dere, citando qualche banale supereroe per chiu-dere il discorso. Eppure, in più uniche che rareoccasioni, c'era stato chi aveva saputo ascoltarlo,e comprenderlo. Una coppia di anziani, ad esem-pio, che l'accolsero in casa loro a distanza di qual-che settimana dalla sua fuga, nascondendolo dallapolizia. Loro credevano a tutto ciò che diceva, efu sempre grazie ai due che Josh poté poi partireper la sua ricerca, vagando per il globo intero.

Aveva contemplato le meraviglie della terra,conosciuto popoli e culture differenti, sofferto lafame, la sete, il freddo delle montagne ed il torri-do caldo dei deserti. Si era approcciato ai proble-mi della vita, superandoli, ed aveva visto coi pro-pri occhi più di quanto il novanta per cento degliuomini avrebbe mai potuto ammirare del propriomondo.

Nonostante ciò, però, dopo venti lunghi annidi insuccessi, il suo coraggio era venuto meno.Non si era rassegnato all'idea che fosse possibile,

8

ma doveva arrendersi davanti al fatto che, forse,lui non ne sarebbe mai stato capace, o non sareb-be mai giunto alla fatidica risposta.

Quel pullman era diretto a casa sua, quellavera, immersa nella fredda campagna dove anco-ra i suoi abitavano. Si chiese se i genitori sarebbe-ro stati felici di riabbracciarlo, o se forse sarebbe-ro potuti morire di crepacuore per il brutto tiromancino che Josh gli aveva giocato. Di certo ave-vano sofferto per la sua assenza. L'uomo lo capìsolo ora.

Tirò su col naso, prima di soffiare prepotente-mente dentro un fazzoletto. Credette di poterperdere anche l'anima con lo starnuto successivo.Il ritorno alle origini, se così poteva definirsi, se-guiva una doverosa analisi di ciò che era stato, edi ciò che forse ancora lo attendeva.

Poi, si guardò attorno, sbigottito. Riuscivasempre a meravigliarsi della natura, benché ora iricordi stessero giocando un ruolo fondamentalesulla sua percezione. La sua indole raminga l'ave-va protetto dalla banalità che aveva divorato l'u-manità intera: non c'era un passeggero che dialo-gasse, o che sfruttasse quel povero tramonto pergodersi il bianco paesaggio. Se ne stavano comerobot, fissi sullo schermo del loro Smartphone, ascorrere la Home di qualche inutile social net-work.

9

«E poi sarei io il pazzo» sussurrò.Il pullman, considerata l'ora ed il periodo, era

pieno per metà. C'era gente di ogni tipo, addirit-tura una zingara che provava a vendere le propriecianfrusaglie, nonostante le costanti lamentele deipasseggeri.

Se solo non fosse stato raffreddato, avrebbedovuto fare i conti anche con un discreto tanfodi cipolla ed aglio, un must per un classico viag-gio confortevole su di un mezzo pubblico.

Una comitiva di scolari rumoreggiava sul fon-do, battendo le mani al ritmo di una tediosa neniapop del momento. Erano ben convinti che i lorodiscutibili gusti musicali dovessero essere condi-visi col resto della popolazione.

“Se solo qualcuno potesse sentire i miei pensieri, orasembrerei seriamente come il pazzo che hanno provato afarmi apparire: sarei infatti lieto che questo pullman fi-nisse giù per un dirupo. A chi mancherebbe questo pateti-co vagone di idioti?”.

“Non sei pazzo... ma crudele” udì pronunciareJosh da una neutra e tetra voce. Quando si volsesul sedile passeggero che aveva accanto, però,non vide nessuno. Ne fu tremendamente scosso.

“Perché hai così poca fiducia negli uomini?” aggiunsedi sorpresa.

Era come se quel suono fosse dentro la sua te-sta, e venisse fuori dai meandri del proprio in-

10

conscio. Eppure, qualcosa gli confermava chequelle parole non gli appartenessero. Per lui sa-rebbe stato molto più semplice intuire le inten-zioni della voce, se questa avesse avuto un qual-siasi timbro o tonalità.

Josh rimase interdetto per qualche istante.Quella risposta lo aveva senza dubbio alcunospiazzato, ed all'improvviso si sentì come impedi-to nel semplice pensare. Come se d'un tratto nonfosse più solo nella sua testa. Ciò non gli impedìcomunque di starnutire.

Si volse a scrutare i passeggeri, col volto mez-zo coperto da un fazzoletto, mentre si facevabreccia nella sua mente l'idea che quel momentofosse finalmente giunto. La conclusione del suoviaggio: era forse riuscito a trovare ciò che avevaricercato per tutta la vita, a un passo da casa pergiunta. L'ironia della sorte. Forse era vero che,talvolta, ciò che bramiamo ardentemente si trovaproprio sotto i nostri occhi, e non possiamo ve-derlo, ma solo perché crediamo di doverlo cerca-re altrove.

Rimase impalato a fissare le persone, chieden-dosi chi fra loro potesse essere quella giusta.Come avrebbe fatto a scoprirlo?

“Perché ostentano fede in qualcosa che non esiste, perquanto assurda. Eppure, non sono capaci di accettarenient'altro che sia diverso” rispose.

11

Cercò di essere prolisso, ma al solo fine di po-ter vedere l'espressione del suo interlocutoreestraniarsi. Questo, perlomeno, era ciò che capi-tava a lui.

Non riuscì.“Non siamo tutti uguali... Dovresti saperlo bene”.Josh si tirò leggermente su da proprio sedile.

Cercò ancora il proprietario di quella voce. Rea-lizzò che potesse trattarsi di chiunque. Fece un'a-mara smorfia.

“Chi sei?” chiese poi, tornando al proprio po-sto. Starnutì ancora.

Non ottenne risposta.“Chi sei?” ripeté.Regnò il silenzio.Poi, l'autista fece una brusca sterzata, fra le

urla di chi sostava nella parte anteriore del vano.Svariati passeggeri vennero sballottati fuori daipropri posti, prima d'esser sbilanciati in avantidalla pronta ed improvvisa frenata del guidatore.Un forte scoppio rimbombò nel mezzo. Le ruo-te, finite sopra una piattaforma in costruzione,erano state perforate dalle sbarre di ferro istallatesul cemento.

«Brutto stronzo!» inveì l'autista, sporgendo latesta fuori dal finestrino, una volta che fu certod'essere in salvo.

Josh si tirò su. Il tanfo della zingara, che era

12

stata scaraventata nella sua postazione, gli stavarivoltando lo stomaco, benché fosse raffreddato.Cacciò una serie di violenti starnuti. Una volta ri-pulitosi, si sforzò d'essere civile, e la aiutò a ri-mettersi in piedi. Le porse poi alcuni dei cadutifrivoli oggetti che vendeva.

Tutti, seppur sconvolti, sembravano starebene. Pertanto, l'autista li invitò a scendere concautela, accertandosi delle condizioni di ognuno.

«Da paura... ma che è successo, zio?» chiese unragazzino, con una sigaretta spenta fra le labbra,mentre si tirava su i larghi jeans.

«C'è qualcuno che evidentemente non sa gui-dare... e poi ci lamentiamo degli incidenti, concerta gente al volante. Farò causa alla società!»minacciò un uomo in giacca e cravatta, che per-deva sangue dal naso, prima di allontanarsi.

«Macché l'autista! È stato un pazzo, vi dico!Ha sorpassato come un matto furioso, dove nonpoteva! Quasi ci finiva addosso... poteva uccider-ci tutti! Arrestare lo devono a quel disgraziato!»rispose un signore anziano.

«L'importate è che stiamo tutti bene, per il Si-gnore. Buon uomo, come si sente?» chiese unapremurosa ma gioiosa vecchietta, che pareva averpreso con coraggio l'accaduto.

Josh pensò a quali motivi le fossero mai rima-sti per preoccuparsi, in fin dei conti. Aveva già

13

vissuto la propria vita: morire oggi, o fra qualcheanno, avrebbe realmente fatto la differenza?

L'autista si scusò ancora una volta, ed annuen-do si mise alla radio. Le voci dall'altra parte eranoconfuse, ma l'uomo pareva essere in grado di ca-pire perfettamente.

«Ed ora?» chiese lo spazientito e brizzolatouomo in giacca e cravatta, guardando l'orologio.«Io ho un appuntamento fra meno di un'ora emezza. Non posso mancare!».

«Siamo a circa sessanta chilometri dal paesepiù vicino. Fra poco più di un'ora dovrebbe arri-vare un secondo mezzo. Non disperate» rivelòl'autista, provando a tenere quieti gli animi. Sisollevò un fievole brusio. Ma si sarebbe placatoben presto, al primo sbuffo gelido.

Josh non poté fare a meno di guardarsi attor-no. Nella sua testa continuava a chiedersi chi fos-se il suo segreto interlocutore e, per quanto fossefolle come pensiero, fu grato di quell'intoppo.Avrebbe avuto tutto il tempo di capirlo, sempreche avesse giocato bene le proprie carte.

Se ne stette per un po' sulle sue, poggiato con-tro il fianco del pullman, a meditare su da chiavrebbe dovuto iniziare a fare le proprie ricerche.Era assorto nei volti dei suoi compagni di sven-tura, per cercare la minima traccia che potessedargli un indizio. Poi, a distanza di pochi minuti,

14

riprovò a cercare quel contatto:“Perché ti nascondi? Hai paura di me?” chiese d'un

tratto. “So di essere insistente... ma ti ho cercato per tut-ta la vita. Sapevo di non essere pazzo... di non esseresolo. Tu non sei curioso di conoscere la verità?”.

Solo dopo aver riflettuto su quanto avesse ap-pena detto, Josh realizzò che il suo discorso sa-rebbe potuto risultare vagamente inquietante, seudito da altri, degli sconosciuti. Pareva il segretosuper cattivo di qualche serie sui supereroi. Edera arrivato a pensarlo persino lui.

Era stato insistente, e fuori luogo.Decise così che avrebbe trovato il suo telepati-

co senza l'ausilio di quella capacità. Con le giustedomande, forse sarebbe riuscito a venire a capodel mistero. Si sentì rinvigorito, pieno di energie:aveva ritrovato se stesso, e lo scopo a cui avevavotato la propria intera esistenza.

Fra quei volti, individuò presto alcune perso-nalità che ritenne interessanti, e ne escluse dellealtre.

Il primo che considerò fu l'autista. Poco dopoquel dialogo telepatico il pullman era uscito fuoristrada. Poteva essere un caso, ma forse l'uomoera troppo attento a quel che si stavano dicendo.Non aveva più risposto perché indaffarato a ri-solvere il problema.

La coppia di anziani. Entrambi condividevano

15

l'età a loro vantaggio. Forse, col passare deglianni, uno dei due aveva saputo sviluppare quellacapacità. Poteva forse definirle le parole di unsaggio, quelle che gli erano state rivolte. Rimaseinterdetto.

Ed infine l'uomo d'affari. Gli dava molto sucui riflettere, con quel suo tentativo di evasione,senza contare che ora stava sul ciglio innevatodella strada, in attesa che qualcuno accettasse didargli un passaggio in città.

Chi aveva escluso sin da subito, invece, era sta-to il ragazzino, e con lui tutti i suoi compagni.Non riteneva che il carattere di nessuno di questisi rispecchiasse in quelle parole, e neanche il livel-lo di intelligenza.

Non riteneva affine neanche la zingara, consi-derato che a stento riusciva a parlare la loro lin-gua. Come avrebbe mai fatto a sostenere un dia-logo simile? Fatto il punto della situazione, decisedi agire.

Passeggiò con aria disinvolta sino al ciglio del-la strada, dove l'uomo d'affari era intento a me-nare il pollice in direzione di qualsiasi veicolo cheveniva verso di loro. La natura umana voleva chea nessuno importasse del pullman fermo. Prose-guivano, magari rallentando per tentare di capirequanto fosse accaduto, prima di ripartire a tuttavelocità. Certo, qualcuno si fermò, ma fu chiaro

16

che la sua direzione non coincideva con quelladello sfortunato passeggero.

«Sai... per lo Stato, l'autostop è illegale» esordìironicamente Josh, con un ghigno divertito stam-pato sulle labbra.

«Peccato non lo sia anche il farsi i cazzi deglialtri» lo spiazzò l'uomo, vedendo l'ennesima autoproseguire. Poi, si accese una sigaretta.

Josh fece per voltarsi, ma qualcosa, forse il bi-sogno di raggiungere il proprio obiettivo, lo por-tò ad insistere: «Questo appuntamento è davverotanto importante?».

«No, in realtà mi sto cagando addosso... Certo,pezzo d'idiota! La mia carriera dipende da questodannato affare. Ma dubito che tu possa sapere diche parlo, visto come te ne vai in giro, conciatoin quel modo ridicolo. Che sei, un barbone?» loinsultò, sbuffando una nuvola di fumo verso dilui.

Josh starnutì. Strinse i pugni. Sentì il visceraledesiderio di colpirlo dritto sulla faccia. Poi, ingo-iato il rospo, proseguì:

«Potresti chiamare un taxi, invece di lamentar-ti».

L'uomo d'affari lo guardò di sottecchi. Aspiròa lungo, bruciando la sigaretta. Sospirò un conodi fumo. «Che fai, mi prendi per il culo? Ci met-terà all'incirca quanto lo stramaledetto pullman di

17

supporto, e non posso aspettare!» sbraitò tiran-dogli contro il mozzicone della sigaretta. «Perchénon ti butti in mezzo alla strada, piuttosto. Forsequalche idiota deciderà di fermarsi! In alternativa,potrebbe metterti sotto, e ci guadagnerei comun-que. Pezzente!» lo insultò agitando la valigetta,quasi stesse pensando di calarla sulla testa diJosh.

Il giovane a capo del gruppo di ragazzini, si-mulò lo schiocco di una frusta. «Ti ha propriosciolto, fratello!» esclamò battendo il cinque adun amico che sedeva li accanto. «Sfigato!» belò ilresto della compagnia.

Josh sorrise. Aveva ormai fatto il callo a quelgenere d'insulti. Li aveva sentiti spesso ferirlonell'orgoglio, umiliarlo. E, se all'inizio reagiva asuon di pugni, aveva imparato ad andare oltre, acrescere. Per quanto chiunque, al suo posto,avrebbe spinto l'imbecille in mezzo alla strada,affinché riuscisse a prendere finalmente un pas-saggio. Quello per l'obitorio.

«Tu vergogno, sionior. Vergogno!» intervennela zingara. «Tu no ha da ascoltare. Tu bravo ra-gazzo. Mondo pieno de imbescille».

«Tornatene al tuo paese, lurida!».«Grazie. Ma non ho bisogno che nessuno mi

difenda» rispose Josh, facendole il rude cenno dismettere di seguirlo. Si poggiò contro il fianco

18

del pullman. Incrociò le braccia al petto.Poco dopo, sarebbe stato lo stesso autista ad

affiancarlo. Gli porse una sigaretta. Josh scosse ilcapo. Starnutì.

«Salute. Lascialo perdere, quello lì. Prima o poicerta gente si prende quel che si merita» affermò,lasciandosi poi andare ad una goffa risata. «Ti seifatto male? Dico... poco fa».

«No, no. Grazie» rispose guardandolo negliocchi. Erano di un nocciola intenso, sorridenti.Avrebbero messo chiunque di buon umore «Bellasterzata. Mai pensato di entrare nel mondo delRally?».

«Qualche volta, lo ammetto. Ma mi piace que-sto lavoro. Sai... parlare con le persone, vedereposti. Si vivono più avventure al volante di unpullman che in qualsiasi altro impiego, credo.Vedi oggi» gli confidò l'autista, dando un paio diforti pacche alla carrozzeria del veicolo.

Josh si lasciò sfuggire un ghigno divertito. Ladomanda migliore che avrebbe voluto fargli gliera stata servita su un piatto d'argento: «Capisco.In fin dei conti, capita anche a me, a volte sem-bra di poter parlare con le persone tramite lamente. Anche se non si sa con chi si sta comuni-cando. Giusto?».

L'uomo aggrottò le folte e bianche sopracci-glia.

19

«No. Ancora non ho i super poteri!» la buttòsul ridere. «Forse è meglio così, ti dico. Sapesserocerte cose che mi passano per l'anticamera... nonso se capisci quel che intendo!» gli disse, ammic-cando con lo sguardo verso una bella donna chestava parlando al cellulare. Sogghignò divertito.«Però, col trascorrere dei giorni, impari a capirele persone al volo. Vedi il ragazzino che non tim-bra, la signora che vorrebbe chiedere aiuto con laspesa, qualcuno che non sa bene dove scendere.Vedi la tristezza negli occhi di un giovane checrede di aver perso tutto, o quella di un uomoche non sa come campare la propria famiglia.Oppure la fastidiosa felicità dei ragazzini cherientrano a casa dopo la scuola, o quella di unasignora che racconta del nuovo nipote che le ènato. C'è sempre una nuova storia da ascoltare, equalcuno che ha bisogno di essere ascoltato. Latua qual è?».

«Oh, non mi crederebbe...» rise Josh.«Mettimi alla prova!» disse l'autista, ma subito

dopo venne chiamato alla radio. Aggiornamentisul mezzo inviato.

L'uomo ne approfittò per farsi vicino al grup-po di anziani, che erano saliti nel veicolo per pro-teggersi dal freddo. Prese posto accanto a loro.La conversazione nella quale si stavano intratte-nendo aveva a che fare con quel che si trovava

20

nelle vicinanze prima dei tempi moderni, di cugi-ni in comune e di vecchi ricordi.

Alla fin fine, i due si erano incontrati anni ad-dietro, in circostanze a Josh sconosciute. Andava-no piuttosto d'accordo, e lo avevano coinvoltonel discorso rassomigliandolo per aspetto ad unlontano amico, un certo Lance.

«Stavi tornando a casa, giovinotto?» gli chiesela signora.

«Giovinotto... ho trent'anni» rispose alzando lesopracciglia.

«E cosa sei, allora? Vecchio? Ho quasi settan-t'anni. Che dovrei dire? Giovane sei giovane...finché non diventi vecchio!».

Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata,e Josh si lasciò contagiare.

«Hai l'età di mio figlio minore. Fa il bibiliote-cario in centro... Eh, era anche pissicologo. Manon l'hanno preso, che erano troppi» disse l'an-ziano.

«Anche di mia nipote. Una bella donna. Ma tiabbiamo interrotto; cosa stavi dicendo, caro? Al-lora, andavi a casa?».

«In realtà.... sì. Ma ho cambiato idea. Sonopartito inseguendo un sogno... e stavo tornandoperché credevo fosse svanito. Invece, poco primadell'incidente, ho scoperto che così non è».

«Brutta storia, quella dei sogni. Crescendo,

21

però, ti accorgerai che sono solo fumo negli oc-chi. Pensa a vivere la vita, ragazzo. È l'unico so-gno da cui dovremmo non volerci svegliare mai!Ma il Signore ci chiamerà prima o poi... dobbia-mo vivere quel che ci resta, senza sprecare tem-po!» disse l'anziano.

«Ma cosa dici? La vita è un compromesso! Vi-vila, ma sogna. Lascia perdere questovecchietto...» rispose la signora. «I giovani devo-no sognare... che oggigiorno è l'unica cosa che viresta!».

«Dalle mie parti si dice: chi vive sognando,muore...Cagà-» apostrofò il finale. «Ascoltami. Miguardo indietro, ora... e sembra che la vita sia sci-volata via come sabbia fra le dita. Non inseguire isogni... se è destino, sarà!» ribadì il vecchio.

Josh annuì. Rimase ad osservare i due batti-beccare gioiosamente, sinché non trovò il corag-gio di defilarsi. Si poggiò ancora una volta controla fiancata del pullman. Era scuro in volto.

Tutto ciò che aveva udito in quel moribondopomeriggio lo stava travolgendo. I presenti eranoriusciti ad abbatterlo, a farlo dubitare. Si chiese senon si fosse inventato quella risposta per la pauradi tornare a casa. Per il timore di dover affrontarele conseguenze delle sue scelte.

“Sono un codardo?” si chiese.«Prende bracciale» gli disse la zingara, pog-

22

giandone uno sul suo avambraccio. Era verde, ilcolore della speranza.

«No, grazie. Non compro niente» tentò di le-varsela di torno una seconda volta, sbuffando.Starnutì, in aggiunta.

«No paga. Questo è regalo. Tu prende» insi-stette la donna.

«Grazie... ma no. Non li utilizzo. Tienilo» pro-vò a togliersi dall'impiccio Josh. Detestava quellesituazioni imbarazzanti, ed avrebbe volentieripreso in prestito l'atteggiamento dell'uomo d'af-fari in quel momento.

«Sa cosa dice di noi? Tu no da ascolto? Noi vamaledire!» protestò la zingara.

Josh deglutì. Stette zitto ed annuì, sconfitto.La fortuna volle che, prima di proseguire la

conversazione, il pullman di ricambio giungessein suo soccorso. Il clacson avvisò tutti di scansar-si dalle vicinanze.

Salì per ultimo. Notò che altri passeggeri avevano approfittato

della corsa straordinaria. La sfortuna di alcuniaveva costituito la fortuna di altri. Sedette nellastessa zona del precedente mezzo, ma nella filaopposta. Rimase assorto nei propri pensieri.

“Non ti ho trovato... ho fallito?” disse nella sua te-sta, a distanza di trenta minuti dalla partenza delmezzo.

23

“Forse non hai saputo guardare bene. Ti lamenti, masei parte del problema” rispose la voce.

Josh sgranò gli occhi. Avrebbe voluto alzarsi eguardare uno ad uno i passeggeri negli occhi, maaveva incassato abbastanza insulti per quel gior-no. Era spossato, disilluso. Si era arreso all'ideache sarebbe rimasto solo un vacuo vaneggio.

Cercò quasi di sfuggire a quel dialogo, comese le parole dell'anziano l'avessero toccato nelprofondo. I sogni sono un ostacolo alla vita: que-sto era ciò che voleva dire, in un certo senso.Una vita che per trent'anni aveva lasciato scivola-re via alla disperata ricerca di qualcosa che, anchese fosse riuscito a trovare, avrebbe saputo solodargli ragione. Ma era ciò che voleva? Avere lacertezza avrebbe reso la sua esistenza soddisfa-cente? Oppure sarebbe stato assalito dal senso diinutilità, non avendo più niente per cui continua-re ad esistere?

Ad un passo dalla verità, vacillò.“Non sei più interessato a parlare? Dopo tutto lo

sforzo che hai fatto per cercarmi” insistette l'ignoto te-lepatico.

“Credo di non essere più pronto” rispose Josh.“Pronto per cosa?”.“Sapere... Dopo questa risposta, c'è l'ignoto”.“Questo ti spaventa?” chiese la voce.Josh si prese del tempo. Per quanto provasse a

24

riflettere, era come se qualcosa gli impedisse difarlo. La causa era il legame telepatico, ne fu cer-to.

“Sì” ammise, poi.“A chi non fa paura, la vita? Tutti gli uomini osten-

tano sicurezza, anche se non sanno realmente dove stannoandando. Chi potrebbe, dopotutto? Non illuderti chequalcosa di straordinario accadrà alla tua esistenza, seciò che fai non è altro che rincorrere quel momento, o at-tenderlo immobile. Devi far sì che esso venga da te, e nonviceversa. Infrangi ogni barriera... perché probabilmentenon sei ancora chi pensi di essere. Niente è mai come sem-bra a prima vista”.

“Ora devo sapere, però. Prima che questo pullmangiunga a destinazione, dimmi chi sei!” implorò Josh.

“Questo cambierebbe qualcosa? Non è sufficiente lanostra conversazione?”.

“Ho bisogno di vedere, per capire”.Il pullman si fermò, dopo quarantacinque mi-

nuti di viaggio. Quel dialogo telepatico era duratopiù a lungo di quanto si fosse aspettato. Per ilbreve istante della sosta l'uomo fu in grado di ri-tornare a pensare, come se quel legame mentalesi fosse sciolto.

“Riprendi in mano la tua vita. Questo è il vero segre-to. A che ti serve dialogare nella mente, se non sei capacedi parlare con chi ti sta attorno? Chissà, forse un giornoci rivedremo... Addio”.

25

Josh sgranò gli occhi.Il pullman ripartì.L'uomo gettò uno sguardo verso la banchina

di sosta: vide alcune persone che erano già sulmezzo disperdersi, ma una era rimasta immobile,e lo salutava con un cenno della mano, mentrecon l'altra sosteneva un cesto con futili cianfrusa-glie: era la zingara.

Josh rimase interdetto. Poi starnutì.Rifletté a lungo per il resto della tratta. Pensò

a quanto fosse stato stupido a credere che un talepotere potesse essere limitato dalle barriere lin-guistiche, e a quanto fosse stato superficiale nelproprio pregiudizio. Niente era come sembrava,sul serio.

Lui aveva giudicato, così come sempre era sta-to etichettato da tutti per la sua scelta, per ciò incui credeva.

Alla fine della corsa, avrebbe compreso il sen-so del suo infinito vagabondare, di quel viaggio,di quella fuga. Fuggiva da qualcosa a cui nessunopoteva sottrarsi: la vita.

Fine.

26

Ti è piaciuto il racconto? Puoi esprimere la tua opinione sul Blog dell'autore, semplicemente seguendo il link sottostante. Troverai altri racconti gratuiti, sia nel contesto fantasy che non.

http://leombredeldestino.blogspot.it/

In alternativa puoi farlo tramite e-mail, contattandodirettamente l'autore su:

[email protected]

Oppure, puoi seguire gli aggiornamenti della Fantasy Factory su facebook:

https://www.facebook.com/leombredeldestino?ref=bookmarks

e Twitter:

https://twitter.com/Giuseppe_Pintor

Inoltre, se ami le illustrazioni utilizzate per questo racconto, puoi seguirci anche su Deviant Art:

http://the-fantasy-factory.deviantart.com

Ringrazio Marta Simula e Simone Muzzoni per lacorrezione delle bozze.

Grazie per aver dedicato il tuo tempo a questa lettura.

Sùilad!

27

IL BACIO ARGENTEO

L'amore, l'amicizia ed ognicredenza vacillano, quando qualcosa

ci colpisce nell'animo. Leirien,Cavaliere Divino al servizio del Dio

Drago Edheorth, deve fare i conticon il brusco evento che ha stravolto

la sua vita. Nel momento delbisogno, sarà una parte del suo

stesso futuro a mostrarle la giustadecisione da prendere. Non tutto è

perduto, finché vi è ancora qualcosaper cui combattere.

Leggi "Il Bacio Argenteo”

IL GIOCO DELLA PAURA

Un ragazzo, una console portatile,e la disperata ricerca della paura.

Amiamo spaventarci in sicurezza,ma tutto assumerebbe ben altro

aspetto, se fosse il terrore a ricercarenoi. E se i nostri incubi

diventassero d'un tratto reali? Ilgioco della paura ha inizio... vuoi

partecipare?

Leggi “Il Gioco della Paura”

28

UN SENTIERO OLTRE LO SPECCHIO

Alistair è uno scrittore in crisi.Decide di ritornare a Foolknight, il

paesino dell'Irlanda dove tutto èiniziato, per trovare nuovamente

l'ispirazione. I suoi progetti sarannostravolti, però, quando scoprirà labreccia che divide il suo mondo daquello incantato; lui e Blair, sua

moglie, si ritroveranno divisi, ecostretti a lottare per potersi

riabbracciare. Riuscirà Alistair asalvare la sua famiglia?

Leggi “Un Sentiero Oltre lo Specchio”

L'EREDE DI ERACLE

Nell'ora della barbarie gli Elleni sipreparono a serrare la falange per

arrestare la feroce avanzata del figliodi Re Dario, il terribile Tiranno

Serse. L'ultima celebre battaglia dei300 di Leonida, per dare una

speranza al popolo Greco diriorganizzare le difese, ha inizio. Le

numerose truppe persiane hannoraggiunto le Termopili, e marciano

sotto le frustate del loro Tiranno:

29

l'ora dei grandi eroi non può più attendere! Il destino di ReLeonida, l'ultimo erede di Eracle, sta per compiersi.

Leggi "L'Erede di Eracle"

INIZIO, CENTRO E FINE.

Talvolta può capitare che il generefantasy sia come il mignolo del piedeche irrimediabilmente finisce persbattare contro qualche mobilementre si gira scalzi per casa. Certiincidenti di percorso, però, nonsempre possono classificarsi cometerribili storie, ma come storieterribilmente divertenti. Inizio,Centro e Fine parla di tutti coloro

che, come me in questo momento, stanno ponderanno orendendo pubblica una storia, indipendentemente dallaqualità: ci accomuna il desiderio di esprimere e condividerequalcosa che ci appartiene, anche se non sempre è interamentedi chi sta scrivendo. Questo è un mondo ove tutti quelliconosciuti divengono uno solo: il mondo della Fantasia.

Leggi “Inizio, Centro e fine.”

30

I REIETTI

“La libertà non è un diritto, mauna capacità di espressione. Nontutti gli uomini la possiedono.”

Il pianeta si è ammalato, e conesso anche gli uomini che lopopolavano. Alcuni, però,

conoscono un modo per vivere ineterno, ed abusano dei loro poteriper preservare i propri privilegi.

Ma qualcuno conosce il lorosegreto, ed è pronto a rivelarlo.

La rivoluzione è inevitabile per ottenere la libertà!

Leggi "I Reietti"

31