Gestione Boschi Ripari

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REGIONE PIEMONTE Direzione Economia Montana e Foreste Settore Idraulica Forestale e Tutela del Territorio INDIRIZZI PER LA GESTIONE DEI BOSCHI RIPARI MONTANI E COLLINARI DEL PIEMONTE Torino, 1999

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REGIONE PIEMONTE Direzione Economia Montana e Foreste

Settore Idraulica Forestale e Tutela del Territorio

INDIRIZZI PER LA GESTIONE DEI BOSCHI RIPARI MONTANI E COLLINARI DEL PIEMONTE

Torino, 1999

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Realizzazione curata da I.P.L.A. S.p.A.

Coordinamento della ricerca, revisione del testo: Paolo Ferraris Rilievi vegetazionali, inquadramento ecologico-dinamico: GianPaolo Mondino* Rilievi vegetazionali, elaborazione dei dati, stesura del testo: Andrea Ebone* Collaborazione ai rilievi di campagna: Giuseppe Bertetti Rilievi di campagna: Paolo Camerano Aspetti geomorfologici: Fabio Giannetti

* Collaboratori I.P.L.A. S.p.A. Foto in copertina Foto-1 Torrente Ripa in Alta valle di Susa presso Cesana Torrente in piena (foto Ferraris)

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INDICE 1. INTRODUZIONE. .................................................................................................................................................. 4 2. FUNZIONE MECCANICA. ................................................................................................................................... 6 3. FUNZIONE NATURALISTICO-AMBIENTALE. ................................................................................................ 9

3.1 La vegetazione ripariale come sorgente di nutrimento e sua importanza nel controllo del bilancio energetico del

corso d’acqua........................................................................................................................................................... 9 3.2 Influenza del bosco ripario sulla temperatura dell’acqua. ............................................................................... 10 3.3 Ruolo del bosco ripario nell’intercettazione e filtrazione degli inquinanti...................................................... 11 3.4 Condizionamento del bosco ripario sulla biodiversità dei popolamenti. ......................................................... 13

4. CRITERI GENERALI DI INTERVENTO. ................................................................................................................. 14 4. CRITERI GENERALI DI INTERVENTO. ................................................................................................................. 15 5. OPERAZIONI INOPPORTUNE. ......................................................................................................................... 24 6. CHIAVE DI IDENTIFICAZIONE DEI POPOLAMENTI RIPARI..................................................................... 26 7. SCHEDE DEI POPOLAMENTI RIPARI............................................................................................................. 28

7.1 Formazione lineare dell’Appennino calcareo. ................................................................................................. 28 7.2 Pioppeto di greto dell’Appennino.................................................................................................................... 29 7.3 Alneto di ontano bianco dell’Appennino calcareo. ......................................................................................... 31 7.4 Saliceto di salice bianco delle Langhe............................................................................................................. 33 7.5 Pineta di pino silvestre di greto delle Langhe.................................................................................................. 35 7.6 Pineta di greto alpino....................................................................................................................................... 37 7.7 Acero-tiglio frassineto di forra. ....................................................................................................................... 39 7.8 Alneto di ontano nero. ..................................................................................................................................... 41 7.9 Alneto di ontano bianco delle Alpi.................................................................................................................. 43 7.10 Formazione lineare delle Alpi. ...................................................................................................................... 45 7.11 Pioppeto delle valli alpine. ............................................................................................................................ 47 7.12 Saliceto arbustivo di greto Alpino e Appenninico......................................................................................... 49 7.13 Lariceto di greto. ........................................................................................................................................... 51

8. CONCLUSIONI.................................................................................................................................................... 53 9. ALLEGATI. .......................................................................................................................................................... 54

9.1. Elementi di riconoscimento delle specie. ....................................................................................................... 54 9.2 Caratteristiche biologiche delle specie. ........................................................................................................... 73

10. BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................................... 85

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1. INTRODUZIONE.

L’accrescimento della popolazione, l’urbanizzazione e l’aumento delle vie di comunicazione hanno

incrementato in modo considerevole l’impatto delle attività umane sul territorio, in particolare su quello

di origine alluvionale di fondovalle, delle zone collinari e montane dove per morfologia, localizzazione

e attitudini produttive, queste si sono concentrate.

Da una parte l’eliminazione, talvolta indiscriminata, delle formazioni legnose riparie per permettere

l’espansione dell’agricoltura di fondovalle ha contribuito a compromettere questi sistemi di paesaggio,

con la conseguenza di aumentare i fenomeni erosivi legati agli eventi alluvionali ed incrinare alcuni

delicati equilibri che regolano la dinamica fluviale; oggi d’altra parte il minor interesse attuale per la

produzione legnosa e riparia, oggi difficilmente collocabile sul mercato, ha generato negli ultimi

decenni l’abbandono delle utilizzazioni nei boschi ripari montani, spesso senza sostituirle con una

corretta gestione mirata a proteggere le sponde dall’erosione fluviale e a garantire il normale deflusso

delle acque.

Alla luce di una rinnovata volontà di meglio integrare gli interventi umani con il delicato ambiente

ripariale è stato riconosciuto al bosco anche un ruolo primario nell’ecologia e nella conservazione degli

ambienti fluviali: infatti la presenza o meno del bosco ripario è fondamentale per creare le condizioni di

vita adatte per molte specie animali acquatiche e terrestri. Infine appare ugualmente importante

sottolineare il peso che queste formazioni boschive possono acquisire nella valorizzazione del

paesaggio e nell’arricchimento del territorio.

In questo quadro generale, il presente documento intende facilitare il riconoscimento della vegetazione

riparia e sottolineare alcuni aspetti della gestione selvicolturale utili a migliorare le condizioni di

sicurezza idrogeologica dei corsi d’acqua montani e collinari.

Si sottolinea comunque che le proposte di gestione selvicolturale formulate nel presente documento

partono dal presupposto che, ogni 5-7 anni sia possibile, se ritenuto necessario, reintervenire sul

medesimo popolamento ripariale. Per garantire maggior sicurezza sarebbe in realtà necessario

verificare annualmente anche dopo ogni evento alluvionale il corso dei torrenti per capire se sono stati

alterati sensibilmente gli assetti spondali, cosa che può determinare la necessità di intervenire sulla

vegetazione ripariale. Tempi di ritorno degli interventi selvicolturali pari a 3-4 volte quello ipotizzato,

non permettono invece di adottare che in minima parte le indicazioni raccolte in questo documento.

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La veste data a questo scritto permette di utilizzare la prima parte, cioè la relazione tecnica, per

un’informazione tecnicamente completa e scientificamente curata e la seconda, semplificata e di più

facile lettura, costituita dalle schede descrittive delle varie tipologie, per la formazione e

l’aggiornamento del personale impiegato negli interventi con particolare riferimento alle figure

professionali di capisquadra.

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2. FUNZIONE MECCANICA.

Trascorsi gli anni in cui le operazioni di messa in sicurezza dei corsi d’acqua venivano per lo più

affidate ai sistemi di arginatura, senza tener nel dovuto conto il ruolo che poteva avere di volta in volta

il bosco ripario, oggi la vegetazione è considerata come strumento coadiuvante nel contenimento delle

acque in tutte quelle situazioni in cui l’argine non è strettamente necessario o la sua azione può essere

favorita da una fascia di vegetazione opportunamente gestita. Infatti, questa se presente lungo i corsi

d’acqua, può limitare gli effetti di un’onda di piena:

1. riducendo l’erosione spondale

2. rallentando la velocità della corrente

3. favorendo la deposizione del materiale fluitato (funzione filtro)

4. fungendo da serbatoio per lo stoccaggio temporaneo dell’acqua (limitato a fasce laterali di

territorio di una certa estensione) in aree che possono essere considerate delle “casse

d’espansione”.

Un aspetto indubbiamente interessante, è l’effetto di questi popolamenti sulla protezione delle sponde

dall’erosione, legata all’abbassamento del letto dei corsi d’acqua talvolta indotto dall’estrazione degli

Foto-2 Pineta di pino silvestre di greto lungo il Rio Fenils, tributariodella Dora Riparia (Alta Valle Susa). Il pino silvestre, dotato di unprofondo e robusto apparato radicale, è in grado di arrestare iltrasporto di massi anche di grandi dimensioni (foto Ferraris).

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inerti e dagli interventi di rimodellazione degli alvei: le sponde, sempre più alte e scoscese, possono

venire a contatto, allo sbocco in pianura, con i campi arati e ai prati, aumentando il pericolo, in caso di

piene, di trasporto di materiali terrosi o ciottolosi da parte della corrente, con conseguente accumulo

più a valle di detriti in alveo e perdita di terre coltivabili.

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di stabilità del p

La stabilità vie

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1 Nel linguaggio co

Fu(

oto-3 Torrente Varaita. Apparato radicale di frassino maggiore, specie che presentana fitta rete di radici in grado di difendere egregiamente la sponda dall’erosionefoto Ferraris).

uzione della vegetazione riparia naturale, messa in atto per consentire l’impianto di

izzati (non solo in pianura ma anche nelle parti inferiori degli ampi fondovalle) ha, in

nescato preoccupanti fenomeni erosivi: i pioppi ibridi, in particolare, sfavoriti

dicale superficiale, se esposti direttamente alla violenza delle acque possono venire

zati, creando i presupposti per nuovi processi erosivi e accumulo a valle del materiale

dalle piene.

stione oculata della vegetazione riparia, orientata al mantenimento di un elevato grado

opolamento, può evitare buona parte dei problemi di gestione dei corsi d’acqua minori.

ne soprattutto ottenuta dotando il bosco pluristratificata, con un sottobosco ricco di

e un piano arboreo composto da soggetti giovani poco rastremati1.

mune poco “filati”, ossia con un equilibrato rapporto tra diametro e altezza.

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É comunque doveroso sottolineare che l’azione consolidatrice del bosco ripario può venire totalmente a

mancare nel caso di eventi del tutto eccezionali di piena in cui la corrente riesca ad erodere al piede il

versante o la sponda con conseguente scivolamento della vegetazione in alveo.

Durante gli eventi alluvionali il bosco ripario, qualora si estenda su superfici di un certo rilievo, svolge

l’importante funzione di rallentare l’ondata di piena e di ritardare il raggiungimento del suo massimo,

fungendo da bacino di espansione; pertanto, esso può divenire un serbatoio per lo stoccaggio delle

acque, trattenendone ingenti quantità e rilasciandole gradualmente in un secondo tempo, durante la fase

di abbassamento del livello di piena. L’effetto positivo è quello di regolare il deflusso ed attenuare

sensibilmente le brusche variazioni del livello delle acque.

Altro elemento estremamente importante è quello del contenimento della velocità della corrente: il

corso d’acqua, oltre che scorrere nell’asta principale, penetra anche nella zona golenale boscata

laterale, dove, grazie all’attrito offerto dai fusti degli alberi, ma soprattutto dagli arbusti, subisce un

sensibile rallentamento. Il temporaneo abbassamento della velocità favorisce anche la sedimentazione

dei materiali in sospensione.

Foto-4 Alneto di ontano bianco sul Torrente Varaita. Una fascia di vegetazionesufficientemente densa e stratificata si pone come valido strumento nel rallentare lavelocità della corrente e nell’arrestare temporaneamente materiale vegetale fluitatodall’alto (foto Ferraris).

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3. FUNZIONE NATURALISTICO-AMBIENTALE.

Solo negli ultimi vent’anni è stato accettato il concetto di “river continuum” (Vanote et al. 1980) che

considera la struttura e il funzionamento dell’ecosistema acqua dipendente non solo dall’apporto di

materia organica attraverso il gradiente monte-valle ma anche dalle relazioni trasversali con la

vegetazione ripariale. Alla luce di queste considerazioni si è portati a ritenere l’acqua un sistema

aperto, strettamente legato alle formazioni boschive limitrofe, qualora esistano, con la quale si verifica

un flusso continuo di energia. La vegetazione ripariale, in particolare, condiziona la struttura, la

produttività e l’evoluzione degli ecosistemi, esercitando un controllo sull’ambiente “acqua” attraverso

differenti influenze:

1. Apporto di materiale organico, come risorsa di nutrimento per gli organismi acquatici e

condizionamento della biodiversità dei popolamenti acquatici.

2. Ombreggiamento, con riduzione del riscaldamento dell’acqua in estate.

3. Intercettazione e filtrazione delle sostanze inquinanti.

3.1 La vegetazione ripariale come sorgente di nutrimento e sua importanza nel controllo del

bilancio energetico del corso d’acqua.

I corsi d’acqua vengono generalmente divisi in due categorie in base alle sorgenti di energia dalle quali

ottengono la sostanza organica necessaria al loro bilancio energetico. Nella prima ricadono quelli

dipendenti dalla produzione autoctona rappresentata dalla vegetazione acquatica (alghe e macrofite2)

mentre nella seconda sono inclusi quelli che ricevono il nutrimento sotto forma di foglie e detriti

vegetali provenienti dalla vegetazione terrestre. Nel tratto montano, dove l’ombreggiamento degli

alberi, la velocità della corrente, la temperatura e l’oligotrofia delle acque concorrono ad impedire lo

sviluppo delle alghe, prevale il sistema eterotrofo (secondo caso). Scendendo verso valle aumenta

l’irraggiamento, a causa dell’ampliamento della superficie del corso d’acqua e il progressivo

distanziamento tra le chiome degli alberi, con il conseguente aumento della penetrazione della luce,

mentre l’apporto di sostanza organica esterna diminuisce così come le dimensioni dei detriti vegetali

trasportati dalla corrente. Si ha inoltre il rallentamento della corrente e l’abbassamento del livello

2 Piante cosiddette “superiori”.

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dell’acqua con la deposizione di materiale, fatti che favoriscono l’ingresso della vegetazione acquatica;

le alghe diventano abbondanti mentre sulle rive radicano le macrofite. L’ecosistema acqua tende verso

l’autotrofia3.

Le comunità animali adattano la loro struttura e composizione ai cambiamenti che avvengono lungo il

gradiente longitudinale a causa delle variazioni di ossigenazione, temperatura e presenza di sostanza

organica nelle acque. Così diventano dominanti , nel tratto montano del corso d’acqua, gli invertebrati

che si cibano di sostanza organica composta da grandi particelle mentre verso valle aumentano gli

organismi consumatori di particelle fini, divenendo infine abbondanti nel tratto inferiore; nel tratto

medio i “brucatori” di alghe presentano il loro massimo sviluppo numerico.

L’ittiofauna segue un’evoluzione comparabile: si avranno gli insettivori (salmonidi) nel corso montano,

erbivori e carnivori nella parte media e i planctonofagi4 e limivori5 nel settore di valle in zone ormai

pianeggianti.

Risulta evidente l’importanza assunta dalla vegetazione ripariale nel bilancio trofico dell’idrosistema

ed appare altrettanto chiaro quanto possano essere devastanti le ripercussioni nel caso in cui esse

risultino mal gestite o addirittura assenti.

3.2 Influenza del bosco ripario sulla temperatura dell’acqua.

I boschi ripari, nei tratti montani, tendono ad acquisire una conformazione a “galleria”, ostacolando

l’ingresso della luce ed assumendo così una notevole importanza nella regolazione della temperatura

dell’acqua, specialmente nei tratti in cui la velocità della corrente è modesta. Numerosi sono gli studi

francesi che hanno evidenziato come la mancanza di copertura arborea sull’alveo sia responsabile di un

aumento del massimo termico annuale dell’acqua dell’ordine di 12° C.

Come confermato da alcune ricerche, gli eccessivi sbalzi di temperatura dovuti alla mancanza o alla

forte alterazione della vegetazione ripariale, determinano la scomparsa di alcuni invertebrati molto

sensibili (Plecotteri, Tricotteri e Efemerotteri), importanti nella catena alimentare della fauna ittica

(Berthelemy, 1973).

3 Situazione in cui il sistema riesce ad autoalimentarsi rendendosi indipendente dall’apporto di sostanze esterne. 4 Mangiatori di plancton. 5 Mangiatori di detriti fini di sostanza organica depositati sul fondo.

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3.3 Ruolo del bosco ripario nell’intercettazione e filtrazione degli inquinanti.

Numerosi studi realizzati negli U.S.A. hanno evidenziato il ruolo determinante svolto dal bosco ripario

nel contenimento del processo di eutrofizzazione delle acque, dimostrandone l’elevata capacità di

filtrazione e depurazione dei nitrati e fosfati provenienti dalle attività antropiche.

Fotodi ad’acnotecatenfaun

-5 Formazione lineare delle Alpi (Valle Varaita). Il rilasciolcuni polloni e soggetti ad alto fusto a ridosso del corsoqua, nei tratti in cui esso non presenta pendenze e portatevoli, è importante per evitare sbalzi termici dannosi per laa alimentare (larve di insetti ecc.) che fanno capo alla

a ittica (foto Ferraris).

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In particolare è emerso che una fascia boschiva di 20 m è in grado di asportare dalla falda superficiale

circa il 90% delle sostanze inquinanti (Peterjohn et Corell, 1984).

Analoghi studi francesi, partendo dal campionamento di 500 pozzi, situati nella valle della Garonna,

hanno sottolineato come una fascia boscata di 30 metri può essere sufficiente a depurare

completamente l’acqua dagli inquinanti di origine agricola (Pinay et Decamps, 1988).

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3.4 Condizionamento del bosco ripario sulla biodiversità dei popolamenti.

Il bosco ripario è ormai riconosciuto da tutti come l’habitat ideale per un ampio spettro di specie

animali e vegetali in quanto caratterizzato da nicchie ecologiche estremamente diversificate a causa

della struttura dei sedimenti, della variabilità spaziale e temporale dell’idrosistema, della distribuzione

dei detriti e dello sviluppo della vegetazione acquatica. Esso è il luogo di sovrapposizione tra

l’ecosistema acqua e l’ecosistema terra; questa definizione corrisponde a quella di ecotono ovvero

luogo di transizione tra ecosistemi adiacenti di natura diversa. In quest’area sono presenti un numero ed

una densità di specie maggiore rispetto ai due ecosistemi separati. Risulta emblematico il risultato di

una ricerca realizzata in un tratto della valle del Rodano, a monte della città di Lione, in cui sono stati

censiti nell’alveo 118 specie di invertebrati contro i 170 trovati nell’ecotono spondale (Bournaud et

Cogèrino, 1986).

L’elemento che maggiormente concorre alla diversificazione dell’ambiente ripario è ovviamente

l’acqua, sia esercitando un’azione erosiva e di trasformazione continua, sia influenzando le fasce di

vegetazione mediante l’innalzamento e l’abbassamento della falda. Pertanto nelle aree maggiormente

interessate dai fenomeni meccanici saranno le specie pioniere erbacee (ad es. Typhoides arundinacea,

Agrostis stolonifera nei fondovalle collinari) e arbustive (prevalentemente salici) a prendere il

sopravvento mentre nelle aree meno disturbate si insedieranno le specie arboree, a carattere più o meno

igrofilo a seconda della loro collocazione rispetto al livello della falda.

I complessi fenomeni di successione dettati dalla dinamica fluviale sono riassumibili in 3 tipologie

(I.P.L.A.,1998):

1. Successione autogena. La dinamica del corso d’acqua non interviene ad influenzare la stazione. Si

assiste alla rinnovazione e allo sviluppo di altre latifoglie sotto la copertura o nelle chiarie dei

popolamenti ripariali costituiti specialmente da aggruppamenti di pioppo nero e salici bianchi al

riparo da eventi di piena stagionali per periodi decennali.

2. Successione allogena. La dinamica fluviale interviene in modo drastico a mutare le caratteristiche

stazionali (regressione o anticipazione). Si verifica la distruzione della vegetazione riparia con

ricostituzione delle fasi giovanili a struttura semplificata.

3. Successione auto-allogena. L’azione della dinamica fluviale interviene in modo moderato e

localizzato, modificando solo parzialmente la situazione preesistente.

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Anche gli animali che vivono a stretto contatto con l’acqua traggono giovamento dalla diversità degli

ambienti ripari trovando luoghi idonei per nutrirsi, per trovare riparo e per completare il proprio ciclo

biologico (in particolare il fenomeno della nidificazione per l’ornitofauna acquatica).

4.

Foto-6 Greto del Po all’altezza di Martiniana. Faseimmediatamente successiva ad un evento di piena (primavera2000) in cui la vegetazione arborea (pioppo nero) si affermaprontamente sulle superfici di apporto sabbioso-ciottolose (successione allogena) (foto Ferraris).

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CRITERI GENERALI DI INTERVENTO. Nelle pagine seguenti verranno fornite alcune indicazioni sui criteri da adottare durante le fasi di

intervento e sulle operazioni inopportune. Tali prescrizioni derivano: da esperienze maturate mediante i

rilievi sul campo e durante le fasi di ricerca bibliografica (Criteri generali di intervento, punti

2,4,5,6,7,8,10,11,14,15- Operazioni inopportune (cap. 5), punti 1,3,4,5,6), dall’acquisizione di norme

contenute nelle P.M.P.F. (Criteri generali di intervento, punti 3,9- Operazioni inopportune (cap.5),

punto 2), dagli indirizzi tecnici forniti dalla Circolare P.G.R. 8/EDE 15/5/1996 (Criteri generali di

intervento,punto 1) e dalla Circolare, 99 “Indirizzi tecnici proceduali in materia di manutenzioni

idraulico-forestali” (Criteri generali di intervento, punto 12), e dalle leggi dello stato in materia di

sicurezza sul lavoro (Criteri generali di intervento, punto 13).

Gli interventi selvicolturali sulla vegetazione riparia devono tenere conto di molteplici criteri tecnici ed

ecologici nell’ambito di disposizioni legislative specifiche.

1. Interventi (taglio e sgombero) da eseguirsi sulla vegetazione che è di impedimento al regolare

deflusso delle piene ricorrenti con periodo di ritorno orientativamente trentennale (Circolare

P.G.R. 8/EDE 15/5/1996)

2. Continuità di finanziamenti per la realizzazione di interventi periodici (ogni 5-7 anni)

É necessario intervenire con scadenze regolari e ravvicinate; gli interventi, ciclici e mirati, consentono

di dotare gradualmente il bosco della struttura e della stabilità necessaria ad espletare tutte le sue

funzioni, di eliminare tempestivamente le eventuali cause di accumulo di biomassa in alveo ( alberi

scalzati, tronchi morti ecc..), senza eccedere con l’intensità dei tagli troppo distanziati tra loro nel

tempo.

3. Realizzazione degli interventi nei periodi previsti dalle PMPF6 (art 5) per le utilizzazioni dei

cedui, evitando di arrecare disturbo all’avifauna e all’ittiofauna durante le fasi di

riproduzione

Compatibilmente con il regime idrologico locale (evitare i periodi di piena statisticamente accertati) e

con le condizioni meteorologiche (neve, ghiaccio), le operazioni di gestione devono essere eseguite il

più lontano possibile dai periodi di deposizione delle uova dei pesci (novembre) e di nidificazione degli

uccelli (aprile- maggio).

4. Pianificazione degli interventi mediante sopralluoghi preliminari effettuati da personale

qualificato (le piante da abbattere devono essere martellate o segnate in modo indelebile) 6 Prescrizioni di Massima di Polizia Forestale

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La delicatezza degli interventi e la fragilità dell’ecosistema ripariale richiedono, per la realizzazione dei

piani d’intervento, l’impiego di personale specializzato. L’applicazione delle misure di gestione allo

specifico caso deve essere preliminarmente valutata dal personale tecnico il quale evidenzierà sul

campo, con segno indelebile, i soggetti che dovranno essere eliminati.

5. I progetti di massima dovranno prevedere interventi differenziati per ogni settore del corso

d’acqua (letto maggiore, letto minore, casse di espansione)

In fase di progettazione si pianificheranno interventi differenziati in ognuno di questi tre settori

eventualmente presenti. In modo particolare nell’alveo principale, in cui la vegetazione viene

interessata con maggior frequenza dalle piene stagionali, dovrà essere garantito il regolare deflusso

delle acque rimuovendo la vegetazione che ne è di impedimento, con tagli frequenti e relativamente

intensi. Gli interventi nel letto secondario saranno più distanziati nel tempo (all’incirca ogni 10 anni) e

limitati all’asportazione della vegetazione arborea eventualmente cresciuta nell’alveo al fine di

preservarne la funzionalità impedendo ulteriori divagazioni del corso d’acqua; infine, per quanto

riguarda le casse di espansione, si consiglia di destinarle alla libera evoluzione della vegetazione.

6. Nei tratti a monte dei centri abitati e delle infrastrutture (ponti, captazioni d’acqua irrigua

ecc.), devono prevalere gli interventi volti ad eliminare i potenziali pericoli per la stabilità

spondale derivanti dalla vegetazione (eliminazione dei detriti vegetali, alberi piegati ed alberi

di grandi dimensioni erosi al piede dalla corrente)

I settori dei corsi d’acqua a monte dei centri abitati e delle infrastrutture devono essere gestiti con

estrema attenzione privilegiando gli interventi finalizzati ad ottimizzare la funzione meccanica; si

procederà adottando misure preventive (abbattimento dei soggetti in precarie condizioni di stabilità,

stramaturi, con evidenti segni di deperimento, scalzati al piede, ecc.) e misure curative (eliminazione

sistematica dei detriti accumulati in alveo).

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7. Effettuazione d

L’estrema fragilità

commisurati in bas

rispetto ai tagli siste

temporaneamente ta

Foto-7 fluitati presentprontam

Torrente Gesso tra Andonno e Valdieri. Durante gli eventi alluvionali vengonograndi quantità di legname che vengono depositati lungo il greto. Tali cataste sei a monte di infrastrutture (ponti, prese d’acqua, ecc..,) devono essereente asportate (foto Ebone).

i interventi tanto più leggeri quanto più è rada la vegetazione circostante

delle cenosi riparie impone l’esecuzione di interventi leggeri, ragionati e

e alla densità e struttura del popolamento. Si dovranno privilegiare i tagli a scelta

matici e, qualora l’esiguità della superficie boscata lo renda consigliabile, destinare

li cenosi alla libera evoluzione.

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Foto-8 Acero-tiglio-frassineto di impluvio laterale della valle Angrogna (ValPellice). Un intervento troppo intenso a carico del piano dominante sui pendiiha causato lo schianto o l’incurvamento (a sinistra) di numerosi soggetti;l’isolamento improvviso di individui filati, cresciuti in un popolamento fitto, inconcorrenza con le piante limitrofe, ne ha causato l’instabilità favorendo, inoccasione di eventi meteorici di una certa intensità, la possibile caduta di fustiin alveo (foto Ferraris).

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8. Gestione degli interventi in modo da conferire al popolamento una struttura densa,

irregolare e con la maggiore biodiversità possibile

La necessità di conservare un popolamento denso(1000-1200 p/ha), ma non chiuso, in modo da

consentire la presenza di un ricco strato arbustivo e pluristratificato nelle aree golenali, è giustificata

dal ruolo che il bosco ripario può svolgere nel rallentare la velocità della corrente dissipando l’energia

del corso d’acqua; la stratificazione verticale della vegetazione consente di avere un freno ad ogni

livello raggiunto dalla piena.

9. Adozione delle buone pratiche di utilizzazione, secondo quanto previsto dalle PMPF per

l’abbattimento dei cedui (art. 50 e segg.)

10. Utilizzazione della trazione animale, ove possibile e necessario, da privilegiare nelle

operazioni di esbosco

Questa è consigliabile in quanto permette di operare in spazi ristretti, non necessita di allestire accessi

specifici e limita al minimo l’impatto sull’ambiente circostante; consente inoltre di intervenire in

presenza di acqua e in terreni ancora saturi.

11. Adozione come struttura finale, ove necessario, il regime a ceduo per le specie idonee7

Nella fascia posta a diretto contatto con il corso d’acqua, il trattamento preferibile da applicare è quello

a ceduo; i motivi principali per cui si è propensi ad utilizzare tale governo è la possibilità di ottenere

soggetti con una maggior vigoria (almeno nel breve periodo), con maggior velocità di crescita, un più

rapido sviluppo dell’apparato radicale e una maggiore stabilità a causa di un minor sviluppo in altezza e

quindi minor peso. Il taglio di utilizzazione deve prevedere il rilascio di almeno un pollone, scelto

come tirasucchio tra quelli meno sviluppati, per evitare l’esaurimento delle ceppaie.

Viceversa, nel margine più elevato dove la corrente influisce con minore impatto e soprattutto

frequenza, è possibile il governo ad alto fusto rado; si consiglia a tal proposito di favorire le latifoglie

nobili per la produzione di legname di pregio (querce, tigli, ciliegio, frassino, olmo montano e aceri).

7 Da evitare per pioppi, salici, oltre i 15 anni di età, salicone e acero di monte di grandi dimensioni.

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Foto-9 Corso d’acqua secondario in Valle Grande (ValVermenagna). Esempio di intervento equilibrato in cui si è ceduatoa raso solo la fascia prossima al corso d’acqua, preservando inquella superiore numerosi polloni e soggetti ad alto fusto (fotoFerraris).

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12. Accastatamento immediato del legname di risulta dei tagli in luoghi sicuri “non raggiungibili

dagli eventi di piena straordinaria calcolata con tempi di ritorno pari a 200 anni” (Regione

Piemonte, 1999 “Indirizzi tecnici procedurali in materia di manutenzioni idraulico-forestali”).

Foto-11 Val Grande (Val Vermenagna). Cataste di legname derivatodall’utilizzazione posto a distanza di sicurezza dal corso d’acqua. Nel casoin cui non sia possibile allontanare immediatamente il legname derivatodall’intervento, risulta estremamente importante accatastarlo in un luogoche non sia raggiungibile dalle acque in caso di piena (foto Ferraris).

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13. Adozione delle norme inerenti la sicurezza nei cantieri

Le utilizzazioni in ambito ripario possono richiedere l’esecuzione di operazioni difficili e pericolose.

Le difficoltà maggiori sono dovute alla pendenza delle sponde, alla presenza di acqua, ai substrati

cedevoli e all’ubicazione dei fusti in luoghi spesso poco accessibili. Pertanto è indispensabile adottare

tutte le precauzioni previste dalle leggi in materia di sicurezza della mano d’opera: dall’utilizzo delle

protezioni individuali (caschi, tute antitaglio, guanti e calzature rinforzate), all’organizzazione del

cantiere (supervisione costante da parte di un responsabile, divisione dei compiti secondo le capacità e

rispetto delle distanze di sicurezza durante le fasi di abbattimento).

14. Eliminazione graduale delle specie esotiche al fine di favorire le specie locali

Si dovrà procedere, se possibile, alla rinaturalizzazione delle cenosi riparie eliminando gradualmente le

specie esotiche (robinia, buddleja, reynoutria, ecc.) in favore di quelle locali. Inizialmente si potrà

sfruttare la naturale tendenza di alcune di queste specie a colonizzare e consolidare rapidamente le zone

denudate, per operare , in un secondo tempo, un taglio selettivo per favorire l’ingresso e lo sviluppo

della vegetazione autoctona.

Foto-10 Fiume Sesia nei pressi del ponte per Rassa. Alcune specie esotichelocalmente possono risultare particolarmente aggressive in ambito ripario. Inparticolare la Reynoutria japonica (a sinistra della foto) tende a colonizzareabbondantemente i greti del fiume Sesia impedendo la rinnovazione dellavegetazione autoctona. Dell’opportunità e dell’intensità degli interventi sidovranno considerare le caratteristiche invasive di questa specie. Sulla spondaopposta fitti arbusteti di salice; in fondo salici bianchi e pioppi neri (fotoEbone).

Page 23: Gestione Boschi Ripari

15. Favorire mediante l’alleggerimento del piano arboreo dominante, la costituzione di un fitto

strato erbaceo e arbustivo sulle lenti ghiaiose e gli isolotti

La presenza di una buona copertura erbacea ed arbustiva del suolo può in parte arrestare l’azione

erosiva dell’acqua; si noti ad esempio che su suoli a granulometria fine (sabbia-limo) per innescare

fenomeni erosivi è sufficiente una velocità della corrente pari a 0,75-1,00 m/s; tale valore può essere

innalzato a 1,8 m/s (Autorità di bacino del fiume Po, 1996) grazie alla presenza di un fitto strato

erbaceo. Pertanto in tali zone, nelle parti in cui risulta deficitaria la componente erbacea ed arbustiva è

necessario interrompere la copertura arborea effettuando dei diradamenti (Fizaine, 1999).

Foto-12 Torrente Varaita. Anche nelle aree interessate solo saltuariamentedal passaggio dell’acqua, poiché poste ad un livello tale da poter essereraggiunte esclusivamente dalle piene straordinarie, è importante mantenere,mediante diradamenti, una quantità di luce al suolo sufficiente allo sviluppodi un fitto strato erbaceo e arbustivo per contenere l’erosione del suolo (fotoFerraris).

Page 24: Gestione Boschi Ripari

5. OPERAZIONI INOPPORTUNE.

1. Evitare interventi sistematici dove non sussistano reali condizioni di pericolo

Fatto salvo il caso ricordato al punto 4. dei criteri di intervento, gli interventi stessi non dovrebbero

possibilmente intaccare gli elementi naturalistici ed estetici del bosco ripario; pertanto non si devono

eliminare senza una reale giustificazione (apparato radicale compromesso, impedimento al deflusso

delle acque) gli alberi che presentano le seguenti caratteristiche:

• ceppaie protendentesi sul corso d’acqua (ceppaie pensili ma stabili), habitat ideali per il rifugio

dell’ittiofauna

• soggetti pendenti sul corso d’acqua, se non instabili, in quanto possono rappresentare un certo

interesse estetico

• individui deperienti o morti, luogo di rifugio e nutrimento per gli insetti e gli uccelli

Foto-13 Valle Grande (Val Vermenagna). Tratto di torrente sottoposto a taglio irrazionale dovel’intero soprassuolo è stato asportato. É assolutamente indispensabile evitare interventi di taleintensità salvo a monte dei ponti e altri manufatti; è importante, specialmente nelle formazionilineari com’era questa, rilasciare almeno un pollone per ceppaia a difesa delle sponde (fotoFerraris).

Page 25: Gestione Boschi Ripari

2. Sradic

Al fine di e

3. Danne

4. Elimin

Gli arbusti

un’importa

numerose s

5. Utilizz

Si consigli

necessità

destabilizza

6. Tagli a

tutta la

É importan

esigenze di

Foto-14 Valle Grana. Seconda stagione vegetativa successiva ad un taglio raso sullebasse sponde. Si noti l’abbondante emissione di polloni da parte delle ceppaie diontano bianco. Nonostante la buona facoltà pollonifera di queste specie nonpregiudichi la pronta ricostituzione del soprassuolo, la necessità di preservare alcunipolloni sarebbe imposta da motivi di carattere naturalistico ed estetico (fotoMondino).

amento delle ceppaie (P.M.P.F. art. 2)

vitare l’innesco di nuovi fenomeni erosivi è assolutamente vietato sradicare le ceppaie

ggiamento della vegetazione circostante durante le fasi di intervento

azione degli arbusti

(sanguinello, pruni, biancospino, evonimo, corniolo, sambuco, ecc.), oltre a svolgere

nte funzione meccanica contrastando i fenomeni erosivi, sono fonte di nutrimento per

pecie animali.

o di mezzi meccanici pesanti

a di adottare mezzi meccanici leggeri al fine di evitare il compattamento del suolo, la

di aprire accessi specifici, il danneggiamento della vegetazione circostante, la

zione delle sponde e possibili incidenti (ribaltamento, slittamento in acqua, ecc.).

buche da evitarsi, sostituiti da una distribuzione degli interventi in modo uniforme su

superficie boscata

te effettuare gli interventi in modo omogeneo su tutta la superficie, compatibilmente con le

rinnovazione delle specie, per evitare di creare discontinuità nella copertura del suolo.

Page 26: Gestione Boschi Ripari

6. CHIAVE DI IDENTIFICAZIONE DEI POPOLAMENTI RIPARI. La netta suddivisione dei popolamenti ripari che è stata realizzata in questo manoscritto, non è sempre riscontrabile in natura; infatti, lungo i corsi d’acqua, sono molto frequenti i casi in cui non sia un unico popolamento ripario ed edificare il soprassuolo ma un mosaico fra essi, con diverse fasi di transizione tra l’uno e l’altro. Tale situazione è spiegabile con l’esistenza di ambienti morfologicamente differenti (caratterizzati dalla pendenza dell’alveo, dalla tessitura dei suoli e dall’altezza della falda ecc.) su superfici relativamente piccole, che offrono la possibilità a diverse specie di insediarsi. Con queste avvertenze preliminari segue una chiave d’identificazione dei popolamenti ripari singoli riconosciuti sul terreno nelle Alpi, Appennini e Colline interne piemontesi. 1. Formazione a salici arbustivi di greto in tutte le aree studiate con salice ripaiolo e salice rosso

dominanti, talvolta con la presenza di altre latifoglie nelle porzioni meno esposte all’influenza delle piene. Saliceto arbustivo di greto alpino e appenninico.

1. Formazioni con composizione del piano dominante a prevalenza di specie arboree. 2. Formazione della dorsale alpina. 3. Formazione arborea a sviluppo lineare composta in prevalenza da latifoglie (frassino maggiore,

ontano bianco e nero, tiglio selvatico, ciliegio e acero di monte) posta a ridosso del corso d’acqua con ampiezza non superiore ai 5 m. Formazione lineare delle Alpi.

3. Formazioni a sviluppo non lineare ovvero formanti una fascia arborata con ampiezza normalmente superiore ai 5 m.

4. Quote comprese tra i 400 e gli 800 m. 5. Popolamento su corso d’acqua ad alveo non incassato a prevalenza di specie pioniere: pioppo nero

misto ad altre specie arboree (pioppo bianco, pioppo tremolo, frassino maggiore e betulla) e salici arbustivi. Pioppeto di greto delle Alpi.

5. Formazione di impluvio e di corsi d’acqua ad alveo incassato con frassino maggiore a prevalenza di specie del bosco più maturo (talvolta dominante su altre specie), come subordinate specie ontano bianco e ontano nero (solo alle quote inferiori) e tiglio selvatico. Acero-tiglio-frassineti.

4. Quote superiori agli 800 m. 6. Formazione a latifoglie con dominanza quasi assoluta di ontano bianco, talvolta con salice ripaiolo

nella fascia più prossima al corso d’acqua. Alneto di ontano bianco.

6. Bosco ripario con piano arboreo composto in prevalenza da conifere. 7. Bosco ripario a netta dominanza di pino silvestre.

Pineta di greto di pino silvestre. 7. Bosco ripario a larice europeo su greti con massi di grosse dimensioni.

Lariceto di greto. 2. Altri rilievi collinari o montuosi. 8. Altre formazioni riparie dell’Alta Langa. 9. Formazioni a latifoglie con netta dominanza di salice bianco riscontrabili sulle barre di meandro

all’interno delle arginature fluviali. Saliceto di salice bianco delle Langhe.

Page 27: Gestione Boschi Ripari

9. Popolamento rade a pino silvestre dei depositi alluvionali consolidati. Pineta di pino silvestre delle Langhe.

8. Altre formazioni riparie della dorsale appenninica. 10. Formazione arborea a sviluppo lineare di pioppo ibrido e pioppo bianco misti a ontano nero e

robinia con ampiezza non superiore ai 5 m. (Formazione lineare dell’Appennino).

10. Formazioni a sviluppo non lineari. 11. Popolamento a prevalenza di pioppo nero e ibrido, talvolta con pioppo bianco, salice bianco, ontano

nero e ontano bianco nella fascia prossima al corso d’acqua. Pioppeto di greto dell’Appennino calcareo.

11. Formazioni a ceduo con dominanza di ontano bianco. Alneto di ontano bianco.

Page 28: Gestione Boschi Ripari

7. SCHEDE DEI POPOLAMENTI RIPARI.

7.1 Formazione lineare dell’Appennino calcareo.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Queste formazioni si collocano anche lungo i corsi d’acqua minori e secondari dei fondovalle

appenninici fino ad una quota di 600 m. Di parziale origine antropica, talvolta con l’uso saltuario di

pioppi ibridi frammisti alle specie spontanee, si pone come barriera tra le coltivazioni e i corsi d’acqua

con la prevalente funzione di limitare l’erosione spondale. Si tratta di formazioni lineari, in cui si

susseguono tratti di vegetazione ad alto fusto ad altri governati a ceduo; i soggetti dominanti

raggiungono facilmente i 20 m di altezza. Le specie presenti sono: pioppo ibrido, pioppo nero, pioppo

bianco, talvolta noce, salice bianco, pino silvestre (raro), ontano nero, e robinia; le due ultime si

trovano generalmente allo stato di ceduo.

Le rive, nelle zone di maggiore profondità (3-5 m) della fascia arborata, possono essere parzialmente

colonizzate da salice bianco, in forma arbustiva o arborea allo stadio di spessina.

Evoluzione naturale assente.

Criteri di gestione e interventi

Tali cenosi sono importanti sia per la funzione meccanica, che esplicano mediante il consolidamento

delle sponde, sia per la funzione paesaggistica, ponendosi come elemento di ornamento del territorio e

di ombreggiamento dei piccoli corsi d’acqua (funzione ecologica).

Pertanto gli interventi devono essere mirati alla messa in sicurezza delle rive evitando, qualora le

condizioni non lo richiedano, interventi sistematici di eliminazione dello strato vegetale.

Interventi proposti:

1. Taglio degli alberi di grandi dimensioni nell’alveo.

2. Taglio delle piante inclinate e degli alberi di grandi dimensioni che presentano segni evidenti di

erosione al piede in un tratto di 100 m a monte dei ponti.

3. Eliminazione dei detriti e dei cumuli di materiali vegetali (ceppaie, fusti sradicati, ramaglie, ecc.)

nell’alveo almeno per un tratto di 100 m a monte dei ponti.

4. Asportazione degli alberi caduti o morti lungo la riva.

Localizzazione dei rilievi.

Val Borbera, Molo Borbera (da estendere al resto della vale Valle Curone, localmente alla Valle

Scrivia).

Page 29: Gestione Boschi Ripari

7.2 Pioppeto di greto dell’Appennino.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Questa formazione boschiva, diffusa nei tratti iniziali e medi delle vallate appenniniche (300-500 m), si

insedia sui coni di deiezione degli affluenti dei corsi d’acqua maggiori e sui greti ciottolosi posti nelle

immediate vicinanze. Le formazioni di maggiore estensione si trovano sui depositi alluvionali recenti

(golena), posti a circa m 1-1,5 sul livello medio della falda, nelle zone in cui le piene stagionali, per il

mutato andamento del corso d’acqua (larghezza del greto a livello di magra, scarsa pendenza), hanno

ormai una modesta azione erosiva.

I suoli sono ricchi di ciottoli, con tessitura sabbiosa, a drenaggio molto rapido e disturbati ciclicamente

dall’apporto di materiale solido. I substrati contengono in prevalenza o esclusivamente elementi

calcarei duri (calcari marnosi).

Si tratta di cenosi a struttura coetanea biplana, poco estese e diffuse a piccoli gruppi lungo il corso dei

fiumi e dei torrenti ; gli alberi hanno rapida crescita e altrettanto rapido declino (40-50 anni) ma i

soggetti dominanti possono raggiungere e superare i 25 m di altezza e i 40 cm di diametro.

La vegetazione arborea e arbustiva è composta in prevalenza da specie pioniere tipiche: eliofile, frugali,

con accrescimento rapido, a notevole capacità di rigenerazione gamica, scarsa o nulla (nei pioppi)

propensione alla ceduazione, legno tenero e modesta longevità.

La flora di sottobosco può essere costituita da specie cosiddette infestanti di origine alloctona, cioè

ruderali e nitrofile, che trovano substrati idonei alla loro diffusione per la presenza localizzata di nitrati

trasportati dall’acqua.

Il piano arboreo è composto da soggetti di notevoli dimensioni di pioppo nero, pioppo bianco e pioppo

ibrido introdotto, con qualche ciliegio nelle parti meno interessate dagli eventi alluvionali. Il piano

dominato è formato da ontano nero (sulle zone più depresse) e giovani soggetti di olmo campestre,

ciliegio, robinia, orniello e da arbusti di biancospino, sanguinello, fusaggine (Euonymus europaeus),

nocciolo oltre a spincervino (Rhamnus catharticus). Nello strato erbaceo si trovano Brachypodium

sylvaticum, Solidago gigantea, Rubus sp., Pulmonaria officinalis, Helleborus foetidus, Clematis

vitalba, Hedera helix, ecc.

Nelle aree soggette a forte drenaggio idrico, per la presenza superficiale di ciottoli, si insediano il

pioppo nero, anche se in forma stentata, robinie e arbusti di Rosa canina; nello strato erbaceo dominano

Brachypodium rupestre e Solidago gigantea.

Page 30: Gestione Boschi Ripari

Si tratta di popolamenti relativamente stabili, nei quali le fasi di evoluzione verso formazioni boschive

più evolute sono arrestate dalla concomitanza di diversi fattori quali la povertà del substrato, il forte

drenaggio e i processi di erosione (non gravi) e deposizione provocati dagli eventi alluvionali. Nelle

aree interessate in modo marginale dagli eventi alluvionali, sono stati rilevati i quattro arbusti citati per

ultimi, Prunus avium, Pulmonaria officinalis ed Helleborus foetidus e altre specie riconducibili a

cenosi più evolute il che testimonia un fenomeno di transizione da una vegetazione pioniera ad una più

stabile che però, come già detto, non giunge alla maturità.

Criteri di gestione e interventi.

Tali popolamenti, pur non assumendo un ruolo prioritario nella difesa spondale a causa della scarsa

capacità di radicamento del pioppo, divengono estremamente importanti sotto l’aspetto naturalistico e

paesaggistico. Non è raro, infatti, che la chioma degli alberi dominanti venga occupata da garzaie.

Pertanto, per il loro mantenimento, si consiglia la libera evoluzione, effettuando esclusivamente gli

interventi necessari, affinché lo strato arboreo mantenga la propria funzione meccanica ma non

costituisca un impedimento al deflusso delle acque; si deve evitare l’eliminazione sistematica degli

alberi dominanti e degli arbusti.

Interventi proposti:

1. Abbattimento dei pioppi neri e bianchi appena giunti a maturità in una fascia di 10 m dal bordo

dell’acqua al momento delle magre invernali.

2. Taglio fitosanitario e di messa in sicurezza dei soggetti inclinati, schiantati o morti.

3. Ceduazione parziale degli ontani che hanno raggiunto le dimensioni idonee all’utilizzazione.

4. Contenimento delle piante rampicanti (vitalba e edera).

Localizzazione dei rilievi.

Val Borbera, (Vignole Borbera, frazione Gerassa), Val Curone.

Page 31: Gestione Boschi Ripari

7.3 Alneto di ontano bianco dell’Appennino calcareo8.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Cenosi boschiva presente ai bordi dei ruscelli affluenti dei torrenti principali (Borbera, Curone) intorno

ai 400-500 m, nelle vallate appenniniche su substrato calcareo (calcareo-marnoso). Sono popolamenti a

sviluppo quasi lineare e frammentati lungo corsi d’acqua di portata molto modesta dove il basso livello

della falda non consente un’ulteriore affermazione laterale delle specie riparie.

L’ontano bianco nelle vallate appenniniche, in particolare in Val Curone, si diffonde inoltre

ampiamente, anche se sempre sporadico, misto al pioppeto di greto, anche alle quote più basse fin quasi

allo sbocco in pianura.

Quest’alneto si trova poco sotto il livello estivo di magra del ruscello su suoli alluvionali ciottolosi-

terrosi, con drenaggio normale e discreto orizzonte organico superficiale.

Si tratta di cenosi in prevalenza cedue dove la specie principale è l’ontano bianco (Alnus incana) quasi

puro con qualche esemplare di Salix eleagnos, sanguinello, frangola e nocciolo; la vitalba è presente ai

bordi. Il sottobosco è mesofilo con sfumature nitrofile.

Il piano arbustivo ed erbaceo sono generalmente resi frammentari dalla notevole copertura esercitata

dall’ontano bianco; sono comunque da rilevare: sanguinello, lantana, biancospino, frangola comune,

carpino nero, Coronilla emerus, Peucedanum verticillatum, Aegopodium podagraria, Knautia drymeia,

Brachypodium rupestre, Primula vulgaris e Stachys sylvatica.

La portata dei ruscelli è, come s’è detto, modesta, data la brevità del loro corso e la limitata ampiezza

dei bacini idrografici interessati.

Più in alto, con un dislivello limitato, (m 1.50 o poco più ) la cenosi talvolta sfuma in un bosco misto

dove prevale il carpino nero, con qualche esemplare di orniello ad alto fusto, pioppo nero e pino

silvestre, sicuramente spontaneo, con giovani esemplari. Anche gli arbusti indicano un ambiente più

secco essendo presenti ginepro comune, ciavardello, lantana, Coronilla emerus, Cytisus sessilifolius

benché sia ancora presente qualche elemento mesofilo (Cornus sanguinea, Peucedanum verticillatum).

Lo strato erbaceo è formato quasi unicamente da un tappeto di Brachypodium rupestre. Si cita questo

passaggio per far notare come l’influenza della falda qui è ormai nulla o quasi e non si abbiano

probabilmente esondazioni in questo ambito forestale.

8 Nel tratto di Appennino a substrato non calcareo (serpentinoso e conglomerato-arenaceo) sono praticamente assenti le

cenose riparie.

Page 32: Gestione Boschi Ripari

Criteri di gestione ed interventi.

L’ontano bianco esplica un’efficace azione di contenimento dell’erosione delle sponde sebbene il suo

apparato radicale venga in parte scoperto ma non sottoescavato. Gli interventi in queste condizioni

sono semplici e si possono limitare alla ceduazione ogni 10-15 anni dell’ontano, lasciando comunque

1-2 polloni per ceppaia al fine di assicurarne la vitalità. Inoltre dovranno essere effettuati tagli

fitosanitari e di ripulitura dell’alveo con asportazione dei detriti vegetali eventualmente presenti in una

fascia di 100 m a monte dei ponti.

Il bosco di carpino nero con pino silvestre, prima accennato, posto all’esterno dell’alneto, non può più

considerarsi facente parte del bosco ripario in quanto non interviene nella dinamica idraulica del

fondovalle.

Interventi proposti:

1. Ceduazione delle ceppaie nella fascia a ridosso del corso d’acqua.

2. Tagli fitosanitari.

3. Asportazione dei detriti in alveo nei tratti prossimi ai ponti.

Localizzazione dei rilievi.

Val Curone, (Fabbrica Curone e Celle di Varzi).

Page 33: Gestione Boschi Ripari

7.4 Saliceto di salice bianco delle Langhe9.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Le formazioni di maggiore estensione sono presenti lungo i fiumi ed i corsi d’acqua principali dei

fondovalle dell’Alta Langa; si collocano in media a circa m 0,5 sul livello della falda sui depositi

sabbiosi di recente formazione che si originano nell’alveo ed in prossimità delle sponde.

I suoli sono delle alluvioni attuali e recenti, ben drenati, aridi in superficie ma con falda facilmente

utilizzabile a livello di rizosfera, con una frazione ciottolosa arenacea modesta rispetto a quella

sabbiosa e con scarsa presenza di sostanza organica. Il substrato è derivato da arenarie e marne,

entrambe con una componente calcarea, che danno luogo a suoli sabbioso-limosi.

Si tratta di popolamenti coetanei, a struttura biplana e a rapido accrescimento, in cui i soggetti

dominanti possono raggiungere i 15 m di altezza. La vegetazione, come in altre formazioni riparie, è

composta in prevalenza da specie a spiccato carattere pioniero, in cui frequentemente si inseriscono

specie alloctone, nitrofile e infestanti.

Il piano arboreo è formato da soggetti ad alto fusto, generalmente giovani, di salice bianco, unitamente

a sporadici individui di ontano nero, ontano bianco (raro) e pioppo bianco; nello strato arbustivo

prevalgono salice ripaiolo, salice da ceste, salicone, sanguinello e, nelle aree sopraelevate e marginali

rispetto al normale corso delle acque, rinnovazione di ontano nero, ontano bianco, carpino nero e

robinia.

Nello strato erbaceo domina il rovo tipico dei suoli umidi (Rubus caesius), con Solidago gigantea,

Typhoides arundinacea, ortica, e nelle zone prossime all’acqua, cannuccia di palude; lungo la riva, a

contatto con l’acqua, si trovano Scirpus sylvaticus e Typha latifolia. Le altre specie maggiormente

diffuse sono: Galium sp., Alliaria petiolata, Ranunculus ficaria, Equisetum arvense e Symphytum

officinale.

Sono formazioni boschive di origine recente e generalmente stabili, in cui le fasi di transizione verso

cenosi più evolute sono arrestate dalle periodiche perturbazioni indotte dalla corrente fluviale, peraltro

non molto rapida.

9 Sia sulle Alpi che negli Appennini il salice bianco è presente solo sporadicamente nell’interno delle valli.

Page 34: Gestione Boschi Ripari

Criteri di gestione e interventi.

I boschi ripari a salice bianco esplicano una ottima funzione di difesa contro l’erosione spondale;

sebbene il salice non disponga di un apparato radicale particolarmente profondo, esso risulta comunque

ampio, notevolmente ramificato e quindi adatto a trattenere il suolo. É necessario tuttavia intervenire

periodicamente al fine di rinnovare il soprassuolo, eliminando quei soggetti che hanno raggiunto

dimensioni tali da essere più facilmente soggetti allo sradicamento da parte della corrente anche perché,

oltre una certa età, le ceppaie di salice non emettono più polloni.

Interventi proposti:

1. Taglio dei salici bianchi, prima che raggiungano i 15 anni di età, e dei pioppi con altezze superiori

a 15-20 m.

2. Eliminazione delle piante sradicate presenti in alveo.

Localizzazione dei rilievi.

A tratti in Valle Bormida di Millesimo da Cengio a Cortemilia, Valle Bellotta, Rocchetta Belbo e S.

Stefano Belbo, in forme più o meno estese ed evolute in conseguenza di opere di rettifica delle aste

fluviali.

Page 35: Gestione Boschi Ripari

7.5 Pineta di pino silvestre di greto delle Langhe.

Descrizione del popolamento-Struttura e vegetazione.

Questa formazione riparia, sporadica e localizzata su modeste superfici lungo i corsi d’acqua dell’Alta

Langa e talvolta nel vicino Acquese, si insedia sui depositi alluvionali consolidati, un tempo in parte

coltivati, a circa 2 m sul livello della falda, nelle zone in cui l’influenza delle piene ordinarie è ormai

divenuta modesta o nulla.

I suoli sono ricchi di ciottoli, a tessitura sabbiosa, privi di struttura, ben drenati e con debole strato

superficiale di sostanza organica.

Si tratta di formazioni aperte, composte da soggetti isolati o a gruppi, di pino silvestre con roverella,

coprenti intorno al 30-70 % della superficie, intervallati, da arbusteti a Prunus spinosa e da

xerogramineti. Talvolta su terreni già coltivati il popolamento è chiuso, o quasi, e il sottobosco

relativamente mesofilo.

Tra le specie arboree dominanti nelle pinete rade ricordiamo, altre ai già citati pino silvestre e roverella,

il pioppo nero il pioppo bianco e, nella fascia prossima al corso d’acqua, l’ontano nero; nello strato

arbustivo si segnalano orniello, biancospino, roverella, pioppo nero, ciliegio, salice ripaiolo, cerro,

olmo campestre, carpino nero, ligustro, Viburnum lantana e Spartium junceum. Lo strato erbaceo è

composto, in prevalenza, da specie caratteristiche delle zone aride, tra le quali: Potentilla

tabernaemontani, Euphorbia cyparissias, Sanguisorba minor, Helianthemum nummularium, Coronilla

emerus, Hypericum perforatum, Echium vulgare, Artemisia alba ed Eryngium campestre; nelle zone

più fresche, sono state osservate: Symphytum tuberosum, Helleborus foetidus, Brachypodium sylvestris,

Carex digitata, Angelica sylvestris Dove la copertura del pino è più elevata le specie prevalenti sono:

sanguinello del tutto dominante con nocciolo e biancospino meno rappresentati con vitalba presente e

vegetazione erbacea mesofila.

Tali cenosi riparie risultano relativamente stabili a causa della povertà del substrato e delle periodiche

condizioni di aridità, che si verificano soprattutto nel periodo estivo; nonostante le forti limitazioni

stazionali, vi sono comunque accenni di evoluzione verso formazioni arboree a roverella e orniello con

sottobosco tipico dei prati aridi. La quasi totale assenza di rinnovazione di pino silvestre sembra

preludere ad una fase di regressione del popolamento che comunque, per ora, è stabile.

Page 36: Gestione Boschi Ripari

Criteri di gestione e interventi.

Queste formazioni boschive, di elevato valore naturalistico e che presentano scarsi pericoli nei riguardi

delle piene, devono essere conservate; per assicurarne il mantenimento non si prevedono, nel breve

periodo, interventi di gestione attiva e pertanto si consiglia di destinare tali aree alla libera evoluzione;

potrà rendersi necessaria una periodica asportazione, dall’alveo e dal greto, dei detriti vegetali trascinati

dalla corrente.

Interventi proposti:

1. Asportazione della biomassa rilasciata dalla corrente.

Localizzazione dei rilievi.

Val Bormida di Millesimo, localmente tra Gorzegno e Cortemilia, Val Bormida di Spigno lungo un

ruscello confluente presso Mombaldone, Acquese.

Page 37: Gestione Boschi Ripari

7.6 Pineta di greto alpino.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Questa formazione a pino silvestre, rappresentata nelle parti interne delle vallate alpine con clima

continentale, alle quote comprese tra 1000-1500 m, è riscontrabile sulle conoidi dei corsi d’acqua

secondari nei tratti prossimi alla confluenza con le aste fluviali maggiori. Le cenosi riparie a pino

silvestre si collocano sui depositi alluvionali recenti, dalla fascia a diretto contatto con il corso d’acqua

fino a circa 1-3 m sul livello medio della falda, mostrando una spiccata propensione a rinnovarsi, anche

se talvolta in modo effimero, sui banchi ciottolosi del torrente, in ambienti in cui le piene stagionali

operano una periodica azione erosiva.

I suoli, ciottoloso-sabbiosi e forte drenaggio, risultano periodicamente disturbati dall’apporto di

materiale solido. I substrati possono contenere elementi calcarei.

Si vengono a costituire fasce boscate composte da nuclei coetanei, anche di pochi individui, di pino

silvestre a struttura tendenzialmente monoplana, intervallati da latifoglie miste (frassino maggiore,

ontano bianco, betulla, acero di monte, ciliegio, ciliegio a grappoli) e da sporadici larici, generalmente

collocati nelle zone meno esposte all’influenza delle acque; le altezze medie raggiunte ai popolamenti

si aggirano intorno ai 15 m (alcuni soggetti possono superare i 20 m).

Lo strato arbustivo, generalmente relegato nelle zone marginali è composto da frassino, salicone, salice

da ceste, Salix daphnoides , sorbo degli uccellatori, lantana, Amelanchier ovalis, ciliegio di Santa

Lucia, salice rosso, crespino e biancospino mentre nella valle di Bardonecchia vi si aggiungono diverse

specie più mesofile (Mondino, 1963), con localizzate mescolanze del pino con l’ontano bianco.

Tali popolamenti non evidenziano fasi di successione verso cenosi più evolute; le forti limitazioni

stazionali, dovute prevalentemente all’arresto dell’evoluzione del suolo, precludono la possibilità ad

altre specie di affermarsi, favorendo la permanenza del pino silvestre.

Criteri di gestione e interventi.

Particolare attenzione deve essere posta alla gestione delle formazioni a pino silvestre. Tale specie,

disponendo di un profondo apparato radicale, risulta estremamente efficace nel limitare l’erosione

spondale su substrati quasi esclusivamente ciottolosi e nel trattenere il trasporto solido di massi anche

di grosse dimensioni. Pertanto gli interventi dovranno essere limitati esclusivamente all’eliminazione

degli individui, morti, deperienti o in precarie condizioni di stabilità, preservando quelli sani e stabili,

Page 38: Gestione Boschi Ripari

anche se a ridosso del corso d’acqua, in quanto ampiamente idonei a svolgere la funzione

consolidatrice.

La vegetazione eventualmente presente in alveo dovrà essere eliminata; la ceduazione dovrà

risparmiare almeno un pollone per ceppaia di latifoglie, con funzione di tirasucchio, e gli arbusti ben

radicati di altezza non superiore a 1-1,5 m.

Interventi proposti:

1. Taglio degli alberi deperienti o in condizioni precarie di stabilità in alveo e sulle sponde.

2. Asportazione dei detriti vegetali in alveo e sulle sponde.

3. Ceduazione delle specie presenti in alveo, fatti salvi i polloni tirasucchio e gli arbusti inferiori a 1,5 m.

Localizzazione dei rilievi.

Tra Oulx e Cesana Torinese lungo il torrente Dora Riparia alla confluenza con il Rio Fenils ed altri

tributari, Valle di Bardonecchia da Oulx sin oltre Beaulard ,Val Maira, Val Chisone.

Page 39: Gestione Boschi Ripari

7.7 Acero-tiglio frassineto di forra.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Queste formazioni già più evolute si collocano nei fondovalle delle vallate alpine nei loro tratti medi e

bassi ad elevate precipitazioni e ad una quota compresa tra i 500 e i 1000 m. Questi boschi misti

interessano bassi versanti umidi, con prevalente esposizione nord, fino, in certi casi, a lambire i corsi

d’acqua. I suoli sono generalmente superficiali, poco evoluti, ben drenati ma freschi, ricchi di humus

mull, ciottolosi, con locali affioramenti rocciosi.

Si tratta di fustaie coetanee a struttura tendenzialmente monoplana, intervallate da nuclei di cedui

generalmente invecchiati e ormai avviati spontaneamente all’alto fusto, con diametri medi di 25-30 cm e

altezze tra 20 e 25 m. La presenza di cedui, normalmente localizzati, hanno due possibili cause: la

prima dovuta ad utilizzazioni passate a fini economici, la seconda, di origine più recente, riguardante

gli interventi di ripulitura degli alvei.

Il piano arboreo è composto in prevalenza da frassino maggiore, acero di monte, acero riccio (solo in

Val Pesio), olmo montano e tiglio cordato, dove le specie più frequenti, a seconda delle stazioni, sono

spesso la prima e l’ultima. La fascia prossima al corso d’acqua viene generalmente occupata, con

termini di transizione, alle quote inferiori dall’ontano nero e dal bianco poco più in quota, i quali si

mescolano progressivamente alle altre specie fino a costituire un formazione monospecifica (ontaneto o

alneto) a ridosso dell’alveo.

Nel piano arbustivo, piuttosto rado a causa del forte ombreggiamento, sono presenti nocciolo e

sambuco.

Il piano erbaceo è assai ricco soprattutto di specie mesofile, mesoigroifile, più o meno nitrofile e

caratteristiche dei boschi misti di impluvio e delle faggete eutrofiche quali: Aruncus dioicus,

Lysimachia nemorum, Stellaria nemorum, Salvia glutinosa, Petasites albus, Cardamine impatiens, C.

bulbifera, Veronica urticifolia, Aegopodium podagraria, Impatiens noli-tangere Pulmonaria

officinalis, Oxalis acetosella, Athyrium filix-foemina, Trochiscanthes nodiflora e Geranium nodosum

(le ultime due non nel Piemonte settentrionale).

Questi popolamenti sono dotati di una certa stabilità; la fertilità del suolo e le elevate precipitazioni

definiscono l’optimum per queste specie insieme ad una falda talvolta utilizzabile. Nel tempo potrà

verificarsi un cambiamento nella composizione specifica a favore del frassino che sembra rinnovarsi

con maggiore facilità rispetto alle altre specie.

Page 40: Gestione Boschi Ripari

Criteri di gestione e interventi.

In queste formazioni riparie, in particolare quelle di forra, è frequente l’insediamento della vegetazione

arborea direttamente in alveo; pertanto i tagli di ripulitura riguarderanno tutto il soprassuolo; si

asporteranno tutti i soggetti con diametro superiore a 5 cm, previa verifica delle loro condizioni di

stabilità, ad esclusione delle specie arbustive (altezza minore o uguale a m1-1,5).

Nella fascia a ridosso del corso d’acqua, le ceppaie dovranno essere ceduate mentre gli interventi a

carico dei soggetti ad alto fusto dovranno essere valutati in base alla loro stabilità e alla densità della

vegetazione circostante. L’apertura di chiarie in seguito all’eliminazione indiscriminata e diffusa di

individui del piano dominante, può generare degli squilibri all’interno dei popolamenti che spesso

portano a fenomeni di collasso; sono stati osservati numerosi schianti in seguito ad interventi di

ripulitura con caduta di alberi in alveo (v. foto Angrogna).

Qualora si operi su grosse ceppaie di acero e salicone, specie che notoriamente perdono parte della

facoltà pollonifera in tempi relativamente brevi, sarà necessario rilasciare un pollone con la funzione di

tirasucchio per evitarne l’esaurimento.

La presenza di alvei incassati con versanti a forte pendenza impone un intervento su una fascia più

ampia rispetto a quella strettamente riparia, al fine di evitare la caduta di materiale legnoso dalle zone

superiori del versante; pertanto si ritiene necessario eliminare i soggetti in precarie condizioni di

stabilità ( soggetti filati, pendenti, deperienti o morti) fino ad una quota di circa 20 m sul livello del

corso d’acqua.

Interventi proposti:

1. Eliminazione della vegetazione in alveo, ad esclusione degli arbusti inferiori ad 1-1,5 m.

2. Ceduazione con rilascio di polloni con funzione di tirasucchio sulle ceppaie più grosse.

3. Eliminazione in una fascia di 20 m sovrastante il corso d’acqua ( livello di magra) dei soggetti

potenzialmente pericolosi per il regolare deflusso delle acque.

Localizzazione dei rilievi.

Valle Pellice (Valle Angrogna , Comune di Angrogna) Luserna S. Giovanni, loc. Maddalena, Rorà,

Comba di Rorà; Val Sesia; Val Pesio tra Certosa di Pesio e Pian delle Gorre (zona dov’è

completamente assente l’ontano bianco).

Page 41: Gestione Boschi Ripari

7.8 Alneto di ontano nero.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Gli alneti di ontano nero sono relativamente frequenti lungo le acque fluviali principali all’imboccatura

delle vallate alpine e appenniniche nelle loro parti inferiori, nelle aree in cui, per il mutato corso del

fiume, l’influenza delle piene è divenuta ormai scarsa o nulla; essi sono piuttosto frequenti anche nei

piccoli impluvi laterali lungo e nei corsi d’acqua secondari, per lo più in formazioni lineari.

La specie si diffonde abbondantemente fino ad una quota di 800-1000 m, dove viene gradualmente

sostituita dall’ontano bianco(nelle vallate appenniniche la mescolanza tra le due specie di ontano è

riscontrabile anche a quote inferiori).

I suoli sono idromorfi, a tessitura fine, spesso con falda affiorante, priva di ciottoli superficiali.

Si tratta nella maggioranza dei casi di cedui semplici invecchiati a struttura biplana per la presenza di

un denso strato arbustivo; diametri di 20-25 cm e altezze di 20 m sono abbastanza frequenti; in taluni

casi i popolamenti sono da considerarsi ormai delle fustaie.

Il piano arboreo è costituito in prevalenza da ontano nero; nelle porzioni marginali meno umide e più

soleggiate è frequente il frassino maggiore. In alcune formazioni di più recente insediamento sono

ancora presenti alcune specie a evidente carattere pioniero come salice bianco e pioppo bianco. Il piano

arbustivo è quasi sempre ben rappresentato; tra le entità tipiche si ricorda: la palla di neve (Viburnum

opulus), il raro e localizzato Prunus padus (presente almeno in alcune stazioni di bassa quota), la

frangola (Frangula alnus) e Salix cinerea. Sono abbondanti anche altre specie, meno caratteristiche di

questi boschi e a più ampia distribuzione quali: sambuco nero, sanguinello, biancospino, fusaggine e

nocciolo. In alneti di recente insediamento, lo strato erbaceo risulta sporadico e scarsamente

rappresentato; sono infatti presenti specie poco indicative a carattere ruderale e nitrofilo (ortica,

parietaria, rovi e Duchesnea indica). In particolari condizioni di scarso disturbo antropico sono

riscontrabili entità tipiche degli alneti paludosi come: Carex elata, Poa palustris, Valeriana officinalis,

Lycopus europeus, Thelypteris palustris, Juncus effusus e Iris pseudoacorus.

Rappresenta il climax edafico causa l’elevata umidità (vegetazione azonale) in cui non sono possibili,

per evidenti limiti dovuti all’eccesso d’acqua, fasi di ulteriore evoluzione.

Page 42: Gestione Boschi Ripari

Criteri di gestione e interventi.

Per le formazioni di fondovalle gli interventi dovranno prevedere diradamenti selettivi volti a

preservare i soggetti più vigorosi e ad asportare quelli che presentano evidenti segni di instabilità

(deperienti, filati, morti o incurvati). Negli impluvi, in situazioni di alveo incassato, le ripuliture

riguarderanno anche gli individui presenti nel corso d’acqua ( ad eccezione degli arbusti con altezza

non superiore a m 1-1,5), i quali saranno ceduati, con rilascio di pollone tirasucchio.

Sulle pendici gli interventi saranno meno forti; potranno essere preservati gli arbusti, alcuni polloni e i

soggetti ad alto fusto dotati di buona stabilità.

Interventi proposti:

1. Nelle formazioni planiziali effettuare diradamenti selettivi volti ad asportare gli individui

deperienti, filati, morti o incurvati.

2. Negli impluvi i tagli dovranno riguardare anche l’eventuale vegetazione cresciuta in alveo ad

eccezione delle specie arbustive.

Localizzazione dei rilievi.

Valle Colla lungo il torrente omonimo sopra Boves (CN).

Page 43: Gestione Boschi Ripari

7.9 Alneto di ontano bianco delle Alpi.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione.

Le formazioni di ontano bianco sono presenti nei fondovalle di numerose vallate alpine in posizione

mesalpica ed endalpica, ad una quota generalmente compresa tra i 700 e i 1400 m.

I suoli, poco evoluti ed idromorfi per la presenza costante della falda, hanno tessitura generalmente

ghiaiosa-sabbiosa, salvo nelle aree meno disturbate dagli eventi alluvionali in cui può essere presente

una modesta frazione limosa. I substrati sono decisamente eterogenei in quanto composti da vari tipi di

rocce sia calcaree che cristalline.

Sono formazioni generalmente governate a ceduo ormai invecchiato, anche se non sono rari nuclei

coetanei di origine gamica, con altezze variabili tra 12 e 15 m e disposte lungo i corsi d’acqua con

sviluppo prevalentemente lineare.

Il piano arboreo è costituito quasi esclusivamente da ontano bianco misto a sporadici individui di

ontano nero; nella porzione prospiciente il corso d’acqua possono essere presenti (come lungo il

Varaita) soggetti di salice ripaiolo a portamento arboreo (zone con corrente veloce), salici rosso e

bianco (quest’ultimo limitato alle quote inferiori). Nelle porzioni esterne non è raro l’ingresso di

pioppo bianco, nero e frassino maggiore. L’ontano bianco è allo stato puro nelle parti del fondovalle

principale dove la corrente è più lenta.

Nello strato erbaceo sono presenti: Rubus caesius (dominante), Impatiens noli-tangere, Geum

urbanum, Humulus lupulus e Urtica dioica.

Si tratta di cenosi stabili in cui le peculiari condizioni edafiche bloccano la successione verso

formazioni più evolute; nelle porzioni interne dei popolamenti più lontani dalle rive possono essere

presenti frassini e aceri di monte, indicatori di un lento passaggio verso popolamenti più evoluti.

Criteri di gestione ed interventi.

La naturale propensione dell’ontano bianco a colonizzare i greti e le basse sponde dei corsi d’acqua,

pone tali formazioni in una posizione di primaria importanza nel consolidamento spondale; pertanto gli

interventi devono essere volti ad assicurare il mantenimento di tale specie, rinnovando le ceppaie nella

fascia a ridosso del corso d’acqua ed avviando all’alto fusto e diradando le giovani fustaie nelle

porzioni marginali. Inoltre dovranno essere effettuati tagli fitosanitari e di ripulitura dell’alveo con

asportazione dei detriti vegetali eventualmente presenti in una fascia di 100 m a monte dei ponti.

Page 44: Gestione Boschi Ripari

Interventi proposti:

1. Ceduazione delle ceppaie nella fascia a ridosso del corso d’acqua con mantenimento d’un

tirasucchio.

2. Avviamento all’alto fusto o diradamento delle giovani fustaie nella fascia superiore a 1,5 m.

3. Tagli fitosanitari.

4. Asportazione dei detriti in alveo nei tratti prossimi ai ponti.

Localizzazione dei rilievi.

Val Sesia (Alagna), Valle Gesso (Andonno-S. Anna di Valdieri), Val Varaita, Valle Stura (Vinadio).

Page 45: Gestione Boschi Ripari

7.10 Formazione lineare delle Alpi.

Descrizione del popolamento- Struttura e vegetazione

Queste formazioni sono riscontrabili lungo i corsi d’acqua minori e secondari dei fondovalle alpini fra

500- 1000 m.

Di parziale origine antropica, talvolta con l’infiltrazione di noci e di ciliegi frammisti alle specie

spontanee, si interpone tra i prati e i corsi d’acqua con la prevalente funzione di salvaguardare le

sponde dell’erosione e, secondariamente, di fornire legna da ardere ed eventualmente da lavoro. Si

tratta di popolamenti generalmente disposti su stretti filari, in cui si susseguono tratti di vegetazione a

ceduo ad altri sporadici ad alto fusto; i soggetti dominanti raggiungono generalmente i 15 m di altezza.

Le specie caratterizzanti tali cenosi, oltre ai già citati ciliegio e noce, sono: frassino maggiore, presente

in notevole numero sia a ceduo che ad alto fusto, associato, in funzione delle caratteristiche stazionali,

ad acero di monte, tiglio cordato, robinia (limitatamente alle quote inferiori), castagno, ontano bianco e

ontano nero; queste ultime specie sono generalmente allo stato di ceduo.

Il piano arbustivo è composto da nocciolo, talvolta dominante sulle altre specie, salici (tra i quali

ricordiamo salicone e salice ripaiolo), sorbo degli uccellatori, sorbo montano e sanguinello. La

copertura dello strato erbaceo è resa frammentaria dal notevole ombreggiamento prodotto dai piani

vegetali superiori; è comunque interessante segnalare la presenza di Rubus caesius , Athyrium filix-

foemina, Crepis paludosa, Symphytum tuberosum, Geranium nodosum, Listera ovata e Caltha

palustris.

Criteri di gestione e interventi.

Tali cenosi sono importanti sia per la funzione meccanica che esplicano consolidando le sponde, sia per

la funzione paesaggistica, ponendosi come elemento di ornamento del territorio.

Pertanto gli interventi devono essere mirati alla messa in sicurezza delle rive evitando, qualora le

condizioni non lo richiedano, interventi sistematici di eliminazione dello strato vegetale. I tagli

dovranno essere moderati in relazione alla densità della vegetazione circostante, evitando di

interrompere la copertura dell’alveo, e rilasciando integralmente il piano arbustivo.

Interventi proposti:

1. Taglio degli alberi di grandi dimensioni nell’alveo.

2. Taglio delle piante inclinate e degli alberi di grandi dimensioni che presentano segni evidenti di

erosione al piede in un tratto di 100 m a monte dei ponti.

Page 46: Gestione Boschi Ripari

3. Asportazione dei detriti e dei cumuli vegetali nell’alveo in un tratto di 100 m a monte dei ponti.

4. Asportazione degli alberi caduti o morti che costituiscono un ostacolo al deflusso delle acque.

Localizzazione dei rilievi.

Valle Vermenagna, (Limone Piemonte) Valle Grande (Vernante, Tetti Castel), Valle Colla (Boves),

Valle Gesso (Roaschia, Entracque-Trinità).

Page 47: Gestione Boschi Ripari

7.11 Pioppeto delle valli alpine.

Descrizione del popolamento-Struttura e vegetazione.

Questa formazione boschiva, presente nei tratti medi delle vallate alpine fino ad una quota di 1000-

1200 m, si insedia sui coni di deiezione degli affluenti dei corsi d’acqua maggiori e sui greti ciottolosi,

di una certa ampiezza, posti nelle immediate vicinanze. I popolamenti maggiormente estesi si collocano

sui depositi fluviali recenti, posti a circa 1,5-2 m sul livello medio della falda, nelle aree in cui gli

eventi alluvionali, per la mutata morfologia del corso d’acqua, hanno una modesta influenza.

I suoli sono ricchi di ciottoli, con drenaggio molto rapido e modestissimo orizzonte organico

superficiale. I substrati possono contenere elementi calcarei.

Sono popolamenti a struttura biplana, poco estesi e diffusi in piccoli gruppi, generalmente coetanei,

lungo il corso dei fiumi principali. A causa delle più difficili condizioni climatiche ed edafiche, il

portamento delle specie arboree risulta generalmente peggiore rispetto a quello osservato nei

popolamenti situati alle quote inferiori; anche la presenza di specie infestanti ed esotiche, per analoghe

ragioni, risulta notevolmente ridotta.

Il piano dominante è composto da soggetti di discrete dimensioni di pioppo nero (pioppo bianco e

pioppo tremolo in alcune stazioni), con altezza variabile intorno ai 15 m, sporadici ciliegi e frassini

nella parti meno esposte agli eventi di piena. Il piano dominato è formato da frassino, ciliegio, betulla,

quello arbustivo da Lonicera xylosteum, biancospino, sanguinello, ginepro, salice ripaiolo e salice

rosso.

Nello strato erbaceo si hanno: Artemisia vulgaris, Fragaria vesca, Bromus tectorum, B. sterilis,

Sanguisorba minor, Saponaria officinalis, S. ocymoides, Clematis vitalba, Lathyrus sylvestris, L.

latifolius, mentre nelle aree più fresche si trovano Myrrhis odorata e Melica nutans.

La fascia, a diretto contatto con il corso d’acqua, viene generalmente colonizzata da una fitta

formazione di salici arbustivi, in prevalenza salice rosso e salice ripaiolo, con pino silvestre e ontano

bianco; nello strato erbaceo, reso frammentario dalla scarsa disponibilità di luce, si insediano Galium

mollugo, Rubus caesius e Humulus lupulus. Si hanno quindi dei termini di passaggio all’Alneto di

ontano bianco e al Saliceto di greto.

Nelle aree caratterizzate da una forte aridità superficiale, per la presenza di ciottoli affioranti, è

frequente la colonizzazione, anche se in forma stentata, della betulla associata a grossi cespi di

Achnatherum calamagrostis.

Page 48: Gestione Boschi Ripari

Tali popolamenti si affermano e si sviluppano rapidamente, ma a causa della scarsa longevità delle

specie, sono soggetti a una rapida regressione. Sotto l’aspetto evolutivo si tratta di formazioni

relativamente stabili in cui le forti limitazioni stazionali impediscono la successione verso cenosi più

evolute.

Criteri di gestione ed interventi

I pioppeti di greto alpini, allo stato attuale, evidenziano in generale una struttura idonea ad esplicare la

funzione meccanica e pertanto non richiedono particolari interventi di gestione. Il piano arboreo,

generalmente collocato sulla fascia alta delle arginature ad un livello superiore di quello raggiunto dalle

piene ordinarie, dimostra una stabilità maggiore rispetto a quello appenninico; tale prerogativa non è

solo imputabile a differenze di carattere morfologico e pedologico ma anche alla presenza di soggetti

meno sviluppati in altezza.

Pertanto si consiglia di destinare tali aree ad una evoluzione controllata. Saranno sicuramente necessari

tagli fitosanitari localizzati accanto ad interventi di ripulitura da realizzarsi eliminando i detriti vegetali

trasportati dalla corrente ed accumulatisi alla base dei fusti di maggiori dimensioni.

Interventi proposti:

1. Taglio fitosanitario e di messa in sicurezza dei soggetti inclinati, schiantati o morti.

2. Asportazione dei detriti vegetali.

3. Contenimento delle piante rampicanti (vitalba).

Localizzazione.dei rilievi

Valle Stura di Demonte (tra Demonte e Vinadio).

Page 49: Gestione Boschi Ripari

7.12 Saliceto arbustivo di greto Alpino e Appenninico.

Descrizione del popolamento-Struttura e vegetazione

Si colloca sui greti ciottolosi relativamente stabili dal settore pedemontano fino a quello montano, delle

Alpi (talvolta anche sino a 1700 m), oltre che, alle quote inferiori, della zona appenninica. Le più estese

formazioni si distribuiscono nell’alveo attivo e ai bordi dei torrenti, a debole pendenza e soggetti a

piene stagionali annuali con forti trasporti di materiale ciottoloso, nelle zone in cui la velocità delle

acque risulta maggiore. Si installano sui litosuoli delle alluvioni attuali e recenti, praticamente privi di

sostanza organica, aridi in superficie ma, soprattutto nelle Alpi, con falda ancora utilizzabile da una

parte delle specie costituenti la vegetazione.

Sono cenosi a struttura irregolare composte da soggetti arbustivi policormici con altezza media intorno

ai 2 m e, in stazioni con buona disponibilità idrica, da sporadici individui a portamento arboreo ( salice

ripaiolo 5-6 m) . Le specie dominanti sono il salice rosso (Salix purpurea) e il salice ripaiolo (Salix

eleagnos), con alcuni soggetti alle quote inferiori di pioppo nero di bassa statura e salice bianco allo

stato arbustivo; esclusivamente in ambito alpino, accanto alle specie precedentemente ricordate, sono

riscontrabili la betulla, l’ontano bianco e, nelle vallate continentali, pino silvestre; non vengono

elencate specie dello strato erbaceo in quanto estremamente variabili e scarsamente indicative circa

l’ecologia del popolamento forestale ripariale. A queste specie nella parte interna delle vallate alpine a

clima continentale può accompagnarsi Salix daphnoides; si tratta di un salice a portamento alto-

arbustivo che può diventare abbondante o prevalente tra 1500 e 1800 m.

Il saliceto arbustivo è una formazione permanente anche se erratica, in quanto, distrutta dagli eventi

alluvionali, si riforma altrove per il trasporto da parte della corrente di soggetti sradicati; pertanto il

ciclo si compie in tempi brevi, scandito dalle piene che modificano la struttura e la composizione della

vegetazione. L’evoluzione verso formazioni arboree più stabili può avvenire esclusivamente quando

vengono a cessare i fenomeni perturbativi per il mutato corso del torrente.

Nell’alveo attivo, in zone appenniniche, nelle aree in cui il passaggio delle acque avviene meno

frequentemente e con minore intensità, si assiste al progressivo anche se isolato sviluppo di specie

appartenenti a cenosi più evolute, quali: carpino nero, orniello, cerro, roverella, ginepro comune (40-50

anni di età), melo selvatico, ciliegio e corniolo. Soprattutto orniello e carpino nero, il cui apparato

radicale risulta fittonante e profondo, assumono localmente un ruolo primario nella funzione di

consolidamento delle lenti ghiaiose.

Page 50: Gestione Boschi Ripari

Anche lungo i corsi d‘acqua alpini, nella parte sommitale delle sponde, sono riscontrabili le fasi di

successione verso cenosi più evolute evidenziate dal progressivo ingresso di latifoglie mesofile quali:

acero di monte, frassino maggiore e ciliegio selvatico.

Criteri di gestione e interventi

Queste cenosi, essendo elementi fondamentali nel sistema della dinamica fluviale e non generando

rischi, per il modesto sviluppo della specie devono essere conservate come tali; il mantenimento è

garantito dalla libera evoluzione e pertanto non è previsto nessun tipo d’intervento a scopo gestionale.

Possono essere fonte per il reperimento di materiale vegetale da utilizzare nelle opere di ingegneria

naturalistica.

Solo le formazioni a salice ripaiolo arboreo presenti in alvei incassati o ad ampiezza ridotta, saranno

soggette ad interventi di ripulitura al fine di eliminare gli individui di maggiori dimensioni responsabili

di limitare il deflusso delle acque.

Gli interventi sulla vegetazione in alveo dovranno prevedere l’asportazione di tutto il soprassuolo ad

esclusione degli arbusti con altezza inferiore a 1,5 m, dei soggetti con diametro inferiore ai 5 cm e dei

polloni con funzione di tirasucchio.

Sulle sponde, in una fascia orientativamente di 3 m sul livello del corso d’acqua, andranno eseguiti

tagli fitosanitari (eliminazione dei soggetti deperienti o morti) ed interventi di diradamento volti ad

eliminare i soggetti in precarie condizioni di stabilità (filati, pendenti) e le specie dotate di apparato

scarsamente sviluppato (betulla).

Interventi proposti:

1. Esclusivamente nei saliceti a portamento arboreo, eliminazione della vegetazione in alveo ad

esclusione degli arbusti con altezza inferiore ad 1,5 m.

2. Tagli fitosanitari sulla sponda in una fascia orientativamente di 3 m sul livello medio del corso

d’acqua.

Localizzazione dei rilievi

Val Borbera, (Cabella Ligure e Rocchetta Ligure), Val Pellice (Bobbio Pellice, rio Imeut e località

Malpertus ) , Valle Gesso (Entracque, S. Giacomo); stazioni con o a Salix daphnoides: Alta Valle

Varaita, Alta Val Maira, Valle del Torrente Ripa (Valle di Susa), Val Troncea (Val Chisone).

Page 51: Gestione Boschi Ripari

7.13 Lariceto di greto.

Descrizione del popolamento-Struttura vegetazione.

Questi popolamenti radi sono riscontrabili nei tratti medio-alti e alti delle vallate alpine a quote

superiori ai 1100-1200 m, in condizioni di clima continentale. Le formazioni pure, di una certa

estensione, si distribuiscono sui greti dei corsi d’acqua principali e sulle conoidi dei tributari ad

un’altezza rispetto al livello medio della falda mai inferiore ad 1 m; i lariceti di greto sono fortemente

legati alla presenza di materiali litoidi di grossa pezzatura, in cui i volumi di un singolo masso possono

facilmente superare il metro cubo.

I suoli sono poveri, poco profondi , ricchi di scheletro e continuamente rimescolati dall’apporto di

materiale alluvionale, ma con tasche di materiale fine. I substrati sono composti prevalentemente da

rocce cristalline.

Si tratta di fustaie rade, monoplane, coetaneizzate dalla periodica azione distruttrice dell’acqua, e

pertanto composte in maggioranza da soggetti giovani, generalmente mal conformati, con altezze che

raramente superano i 10-12 m.

Il piano dominante è costituito da larice, salvo sporadici individui di betulla e, nelle aree meno esposte

delle quote inferiori, acero di monte e frassino. Il piano dominato, composto per la maggior parte da

specie arbustive e alto-arbustive, risulta rado e assai poco rappresentato; in esso sono stati rilevati:

sorbo degli uccellatori, salicone, sambuco rosso e, alle quote superiori, ontano verde e maggiociondolo

alpino (1400-1600 m).

Il popolamento è reso assai stabile dalle forti limitazioni stazionali che precludono la possibilità ad altre

specie di rinnovarsi; in alcune vallate (Valle Gesso) si assiste, con l’abbassamento della quota, ad un

lento e graduale passaggio dal lariceto al betuleto quasi puro; ad esso sono attribuibili assetti e

dinamiche evolutive simili al popolamento precedentemente descritto.

Criteri di gestione e interventi.

Nonostante il larice evidenzi un’elevata resistenza all’azione erosiva dell’acqua, grazie al suo profondo

e fittonante apparato radicale, fattori quali lo scarso numero di soggetti costituenti il popolamento e la

discontinuità della copertura, in contrasto con la velocità delle acque talvolta devastante, concorrono a

compromette fortemente le funzione prottettiva di tali formazioni riparie soprattutto se colte in stadi

giovanili. Pertanto si consiglia di destinare tali aree alla libera evoluzione , salvo intervenire nelle aree

limitrofe alle infrastrutture con tagli fitosanitari e asportazione dei detriti vegetali.

Page 52: Gestione Boschi Ripari

Interventi proposti (limitatamente alle aree contigue alle infrastrutture):

1. Tagli fitosanitari.

2. Sgombero dei detriti vegetali.

Localizzazione dei rilievi.

Valle Gesso (tra S. Anna di Valdieri e le Terme di Valdieri e Vallone della Valletta), Alta Valle Susa,

Val Chisone ,Val Maira.

Page 53: Gestione Boschi Ripari

8. CONCLUSIONI Questo documento è stato realizzato con l’intento di fornire uno strumento di facile consultazione,

privilegiando gli aspetti pratici rispetto a quelli scientifico-descrittivi, e di immediata applicazione alle

diverse situazioni che si presentano di volta in volta agli operatori all’atto della realizzazione degli

interventi.

Pertanto, nell’ipotesi della presentazione di questo testo nella forma di pubblicazione, sarà meglio

privilegiare la parte divulgativa costituita dalle schede di popolamento, inserendo allora una più

semplice introduzione generale al tema.

Sulla base delle conoscenze acquisite sui popolamenti ripari si ritiene inoltre auspicabile

l’organizzazione di momenti formativi sul terreno per il personale che esegue gli interventi; sarà così

possibile rendere più coerenti il passaggio tra la progettazione degli interventi e la loro realizzazione,

recando indubbi vantaggi alla qualità del lavoro.

Le tredici tipologie di popolamenti ripari qui descritti sicuramente compendiano la maggior parte di

quelle esistenti lungo i corsi d’acqua piemontesi; ulteriori informazioni in merito potrebbero emergere

dall’analisi della vegetazione sviluppata nella realizzazione dei Piani Territoriali Forestali.

Si ritiene opportuno nuovamente sottolineare come le indicazioni contenute in questo testo potrebbero

essere vanificate nel caso in cui gli interventi non fossero eseguiti con periodicità (ogni 5-7 anni); così

infatti, è più facile sviluppare in modo graduale nel bosco una struttura idonea ad espletare tutte le e

funzioni, cosa impossibile quando si deve ricorrere solo a tagli condotti in condizioni di emergenza,

che spesso si rivelano di intensità troppo elevata. Appare altrettanto importante sottolineare la necessità

di effettuare dei sopralluoghi lungo le aste fluviali periodicamente e ogni qual volta si verifichino

eventi alluvionali di una certa importanza. Infatti l’eventuale asportazione della vegetazione, i

cambiamenti della morfologia fluviale e l’accumulo di biomassa in alveo rendono necessari interventi

immediati per rimuovere gli ostacoli al regolare deflusso delle acque e ripristinare la funzionalità

dell’alveo.

Infine si auspica la creazione di una base di dati a livello regionale, nella quale inserire anche le

informazioni inerenti gli interventi eseguiti a carico della vegetazione riparia; tale strumento potrà

essere particolarmente utile nella pianificazione degli interventi di gestione dei popolamenti ripari su

scala regionale.

Page 54: Gestione Boschi Ripari

9. ALLEGATI.

9.1. Elementi di riconoscimento delle specie.

Vengono di seguito descritte le specie arboree e arbustive dell’ambiente studiato. In corsivo sono

indicati i caratteri più importanti per il riconoscimento delle specie arboree che sono inserite nelle

schede dei popolamenti.

Acero di monte (Acer pseudoplatanus)

Albero alto fino a 25 m, è caratterizzato da una chioma densa e di colore verde scuro; il fusto è

diritto, coperto da una corteccia sottile e grigiastra, inizialmente liscia, che poi si fessura in placche

irregolari. Le foglie, opposte, con lungo picciolo, hanno un’ampia lamina palmata con 3-5 lobi, con

lati ad apici acuti e grossolanamente dentati, un po’ azzurrognole di sotto. I fiori, minuti,

verdognoli, sono riuniti in pannocchie pendule (racemi10) che compaiono unitamente alle foglie. Il

frutto è una disamara11 con semi globosi e ali sottili e venose, formanti tra loro un angolo prossimo

ai 90°.

Specie tipica dei boschi freschi del piano montano sia sulle Alpi che sugli Appennini fino a 1500

(1900) m, e comunque presente, anche se in modo sporadico, dall’alta pianura alle zone collinari,

indica nei boschi ripari dov’è sporadico, una tendenza alla maturazione del bosco.

10 Infiorescenze formate da un asse principale ramificato. 11 Frutto composto da due semi saldati ciascuno dei quali porta un’ala espansa per la disseminazione tramite il vento.

Page 55: Gestione Boschi Ripari

Betulla (Betula pendula).

Si tratta di un albero alto fino a 25 m con chioma rada, ovale-cilindrica espansa soprattutto nella

parte alta. Il fusto è diritto con scorza sottile, bianca, desquamantesi in foglietti sottili di

consistenza cartacea. Le foglie sono piccole di forma romboidale, alterne, picciolate e caduche;

hanno apice acuto, base arrotondata e margine doppiamente dentato. I fiori maschili sono portati in

amenti12 pendenti, quelli femminili sono eretti, brevi e sottili; la fioritura avviene all’inizio della

primavera.

Specie eliofila e frugale, predilige suoli anche poco profondi soprattutto acidi, sui quali si comporta

da pioniera e consolidatrice oppure come invadente di aree già a coltura o pascolate; è diffusa sulle

Alpi fino ad una quota di 1500 (1800) m. Non è molto frequente nei boschi ripari.

Biancospino (Crataegus monogyna).

É un arbusto (talvolta alberetto) alto fino a 6 m, con corteccia compatta, grigio-bruna; alla base dei

rami portanti le infiorescenze sono presenti spine acute. Le piccole foglie, lungamente picciolate,

hanno forma ovale con alcune profonde incisioni e sono dentellate solo nella parte terminale. I fiori,

con petali bianchi, sono portati in gruppi di 4-5dopo l’emissione delle foglie; i frutti sono dei pomi13

assai piccoli e rossi contenenti un solo seme. Il biancospino è una specie rustica e pioniera presente

all’interno e ai bordi dei boschi di latifoglie e, ancora, negli arbusteti di invasione dei pascoli

collinari e montani soprattutto sui suoli calcarei. É presente fin oltre 1200 m su Alpi e Appennino. É

sporadico nelle boscaglie riparie.

12 Infiorescenza in forma di spiga a fiori privi di petali e di peduncolo. 13 Frutti simili a piccole mele.

Page 56: Gestione Boschi Ripari

Carpino nero (Ostrya carpinifolia).

Albero di norma alto10-15 m circa, governato sempre a ceduo non matricinato, possiede una

corteccia bruno rossiccia, da giovane con evidenti lenticelle che si screpola abbastanza

profondamente con l’età; i rami sono ascendenti. Le foglie sono ovali, acuminate14, seghettate e

simmetriche alla base; la fioritura avviene in aprile, i fiori maschili sono portati in amenti15

allungati, di colore giallo-verde; i frutti, rigonfi per la disseminazione tramite il vento, sono raccolti

in grappoli simili all’infiorescenza del luppolo.

In ambiente ripario s’incontra di rado (salvo nelle vallette secondarie dove può formare cedui puri o

quasi) e solo sull’Appennino e le Langhe; di rado è presente oltre gli 800 m.

Cerro (Quercus cerris).

Quercia di 20-25 m di altezza con corteccia rugosa con sfumature rossastre nelle screpolature; i

rami giovani sono pubescenti16 . Le foglie sono allungate od ellittiche, molto variamente incisa (da

dentate a profondamente lobate), molto ruvide su entrambe le facce e con stipole17 persistenti ; le

foglie, durante l’inverno, permangono secche sulla pianta assumendo una colorazione rossastra. Il

frutto è una ghianda, avvolta per circa metà dalla cupula ricoperta di squame allungate e contorte.

É una specie che si adatta ad un ampio spettro di condizioni edafiche pur prediligendo i suoli

subacidi rispetto a quelli basici; è presente di rado sulle Alpi, più nelle Langhe e sugli Appennini e

gli impluvi secondari. Di rado diffuso nei boschi ripari.

14 Appuntite. 15 Vedi nota 12. 16 Coperte da peluria fine. 17 Piccole appendici in numero di due poste alla base del picciolo fogliare che in questa quercia si mantiene tutto l’anno.

Page 57: Gestione Boschi Ripari

Ciliegio a grappoli (Prunus padus).

Piccolo albero o arbusto, generalmente con fusto policormico18, alto 2-10 (15) m, ha una corteccia

bruna che emette un odore decisamente sgradevole. I rami si espandono quasi perpendicolarmente

al fusto principale. Le foglie, alterne e picciolate, hanno forma ovata con apice acuto e base

allargata o cordata; la pagina superiore è glabra mentre quella inferiore è glaucescente. I fiori sono

bianchi, profumati, portati in racemi penduli. I frutti, piccoli e sferici, sono lucidi, di colore rosso

scuro, con polpa succosa, appetiti dagli uccelli.

Si diffonde talvolta nelle formazioni ripariali non interessate da frequenti piene su suoli umidi (in

specie con gli ontani) con discesa sino al piano basale; è presente sulle Alpi sporadicamente sino a

1500 m.

Ciliegio selvatico (Prunus avium).

É un albero di 20 m, con tronco eretto, cilindrico; la chioma è piramidale, sorretta da rami robusti e

ascendenti, all’inizio quasi verticillati19. La scorza è liscia, con lenticelle evidenti, rossastra e

lucida da giovane ma negli esemplari adulti presenta screpolature anulari intorno al fusto; le foglie

sono ovali, acute, dentellate ed alterne. I fiori sono bianchi, vistosi, riuniti in fascetti e sorretti da

lunghi peduncoli; i frutti sono appetiti dagli uccelli. Si colloca generalmente in aree calde e

soleggiate, prediligendo i suoli profondi e calcarei. É presente sporadicamente con altre latifoglie

spingendosi fino ad altitudini superiori a 1200 m, a partire dalla pianura sia nelle colline che nelle

catene montuose; raro nei boschi ripari.

Corniolo (Cornus mas).

Arbusto di 2-6 m, con corteccia grigia a screpolature rossastre, presenta foglie opposte, ovate, a

margine intero con breve punta acuta, verdi su entrambe le pagine e con nervature parallele ai bordi;

i fiori gialli, piccoli, ma molto abbondanti, compaiono in piccoli ciuffi in marzo-aprile, prima della

emissione delle foglie. I frutti sono rossi e ovali (drupe20). Presente nei boschi misti di latifoglie, in

zone più o meno asciutte, fino ad una quota di 1000 m, talvolta sui suoli ciottolosi dei greti

appenninici.

18 Pianta con molti fusti 19 Disposti intorno al fusto principale più o meno alla stessa altezza. 20 Frutto con parte esterna carnosa e nocciolo legnoso.

Page 58: Gestione Boschi Ripari

Frangola comune (Frangula alnus).

Arbusto di piccole dimensioni alto 1-3 m, ha un fusto con scorza grigio-violetta chiara e rami eretti,

rosso-pubescenti nel primo anno. Le foglie sono alterne, ovali, prive di peli, con picciolo rossastro e

margine intero; hanno lamina leggermente acuminata all’apice e arrotondata alla base. I fiori, molto

piccoli,verdognoli, sono portati in fascetti di 2-9 all’ascella delle foglie. Il frutto è una bacca

subrotonda di colore nero delle dimensioni di un pisello.

Specie abbastanza frequente nelle cenosi riparie, si stanzia nelle stazioni più umide, su suoli

idromorfi21 anche molto acidi.

É presente dalla pianura fino ad una quota di 1100 m circa.

Frassino maggiore (Fraxinus excelsior).

Albero alto fino a 30 m, con chioma espansa in senso verticale e rami ascendenti e diritti; le grosse

gemme invernali all’apice dei rametti, disposte a tre all’apice del ramo, hanno un tipico colore

nero. Il tronco diritto e slanciato, presenta una corteccia inizialmente grigia e liscia poi percorsa da

solcature profonde, ondulate e anostomosate a formare un reticolo irregolare. Le foglie, opposte,

picciolate, sono lunghe e imparipennate22, composte da 7-13 foglioline sessili23, ellittico-lanceolate,

acuminate all’apice e dentellate. I fiori, portati in ciuffi assai poco vistosi mancando di petali,

sbocciano prima dell’emissione delle foglie e sono bruni o verdastri. Il frutto è un samara24 tipica

con un’ala.

Specie eliofila, è presente sia nei boschi misti di latifoglie in stazioni umide e fresche dal piano

basale a quello montano sia come specie pioniera colonizzatrice di coltivi abbandonati dove si è

diffusa dalle piante coltivate un tempo nei prati per raccoglierne la frasca; è molto diffuso nel

settore alpino fino ad una quota di 1500 (1900) m .

21 Sempre saturi d’acqua. 22 Foglia composta da foglioline ovali non seghettate disposte in numero dispari lungo la nervatura centrale. 23 Senza peduncolo. 24 Frutto composto da un singolo seme alato.

Page 59: Gestione Boschi Ripari

Fusaggine (Euonymus europaeus).

Si tratta di un arbusto alto 1-5 m, in cui i fusti presentano una corteccia rossastra che lascia

trasparire macchie verdi. Le foglie, opposte, picciolate e dentellate, hanno forma ellittica e sono

portate da rametti quadrangolari verdi; le foglie sono glabre, ovato-acute con pagina inferiore verde

più chiara. I fiori, molto piccoli, riuniti a 4-5, piccoli e verdastri, a 4 petali, sono sorretti da un

peduncolo ascellare. I frutti vistosi e rossi sono composti da 4 segmenti rotondeggianti che a

maturità si aprono assumendo le sembianze del copricapo del sacerdote (altro nome: berretta da

prete) mettendo in mostra i semi aranciati. Specie diffusa nei boschi ombrosi fino ad una quota di

800 m, è presente nei boschi ripari solo se in evoluzione.

Ginepro comune (Juniperus communis).

Arbusto di 1-3 m, con corteccia grigio-rossastra desquamante in strisce longitudinali, a foglie

aghiformi e pungenti, a sezione triangolare. I semi sono contenuti in una falsa bacca di colore scuro

coperta da una cerosità azzurra. Specie eliofila e frugale, si stanzia nelle stazioni aride ed esposte di

Alpi e Appennino fino ad una quota di 1800 m, talvolta anche sui greti appenninici.

Lantana (Viburnum lantana).

Arbusto di 1-3 m, con fusti eretti, flessibili e poco ramificati; la foglie sono grandi, opposte, ovate e

con il margine dentato; in fase giovanile presentano una fitta peluria su entrambe le facce; poi

divengono di colore verde scuro sulla pagina superiore e con nervature venose ben incise su quella

inferiore, violacee verso la fine dell’estate. I fiori, bianchi, piccoli, sono portati in vistose cime

ombrelliformi. I frutti sono delle drupe appiattite prima rosse e poi nere. Si trova associata a boschi

di latifoglie (roverella) e pino silvestre fino ad una quota di 1000 m, con particolare frequenza sui

versanti solatii con suoli calcarei; è diffusa nell’Appennino, nelle Langhe, in Val Susa, nelle Alpi

Cozie e Marittime. Solo occasionalmente fa parte delle boscaglie riparie nel settore appenninico in

zone ciottolose e drenate.

Page 60: Gestione Boschi Ripari

Larice (Larix decidua).

Albero alto fino a 30 (40) m, con chioma piramidale, a tronco generalmente diritto, a crescita rapida

in giovane età, con corteccia molto spessa e profondamente solcata verticalmente. I rami primari

sono orizzontali mentre quelli laterali sono spesso penduli. Le foglie aghiformi, tenere e non

pungenti, sono portate a spirale sui macroblasti25 in ciuffi di 20-40; sono di colore verde chiaro che

in autunno vira al giallo oro prima di cadere. I conetti maschili sono piccoli e gialli mentre quelli

femminili sono inizialmente rossi, ovoidali, dopo l’impollinazione si trasformano in piccole pigne a

squame cuoiose, bruno-chiare.

Specie eliofila e pioniera, molto longeva, spesso ha vita breve in ambiente ripario e si rinnova con

estrema facilità sui suoli minerali; predilige stazioni soleggiate in vallate a clima continentale. É

abbondantemente diffusa su tutto l’arco alpino piemontese, tra gli (800) 1500 (2200) m, talvolta allo

stato puro nei boschi ripari.

Melo selvatico (Malus sylvestris).

Piccolo albero (alto non più di 10 m), con chioma espansa e rotondeggiante, che presenta un fusto

diritto con corteccia opaca, grigio-brunastra, rugosa e screpolata a maturità. I rami all’estremità

tendono a diventare spinescenti. Le foglie alterne , picciolate e dentellate, hanno forma ovata con

apice acuto e base arrotondata; glabre sulla pagina superiore, presentano in quella inferiore una

leggera pelosità sulle nervature che scompare con il procedere della stagione. I fiori sono portati in

corimbi26 in un numero variabile di 3-7; i petali sono rosa internamente e bianchi esternamente. Il

frutto è un piccolo pomo (mela), non commestibile per l’uomo, inizialmente verde ma che assume

una colorazione rossastra con la maturazione. Questa rosacea è presente in modo sporadico nei

boschi di latifoglie fino ad una quota di 800 m mentre si incontra talvolta anche nelle boscaglie

riparie dell’Appennino, zona dov’è più frequente che non altrove in Piemonte.

25 Brevissimi rami laterali portanti le foglie, inseriti sui normali rami di allungamento (normoblasti). 26 Infiorescenza appiattita composta da peduncoli che portano i fiori tutti alla stessa altezza.

Page 61: Gestione Boschi Ripari

Nocciolo (Corylus avellana).

Pianta a portamento alto-arbustivo, alta (5-6 m) , con corteccia grigio bruna e lucida, dapprima con

numerose lenticelle27, nei polloni più vecchi con lunghe fessure longitudinali. I rami dell’anno sono

ricoperti, nella parte distale, da una fitta peluria; le foglie hanno picciolo breve, lamina ellittica o

subrotonda, base cuoriforme, apice acuto e doppia dentatura. I fiori maschili sono portati in

amenti28 penduli di colore giallo-oro (periodo fine-invernale, emessi prima delle foglie); i frutti

(nocciole) sono riuniti in gruppi di 2-5 e avvolti ognuna da due brattee29 erbacee pubescenti. Specie

tollerante l’ombreggiamento ed esigente in umidità; si adatta a tutti i tipi di terreno anche quelli

acidi; è diffusa dalla pianura fino ad una quota di 1500 m su Alpi e Appennino. Sporadico nei

boschi ripari ( più frequente in quelli già in evoluzione).

Olmo campestre (Ulmus minor).

Albero che un tempo raggiungeva nei boschi presso le acque altezze di anche 30 m; oggi è diffuso

per lo più allo stato di piccolo albero o addirittura allo stato arbustivo ( rigetti dalle radici) a causa

della grafiosi30.Il tronco è diritto, molto ramoso, con corteccia grigia e solcata longitudinalmente; in

alcuni esemplari, sui rami più giovani, si presentano creste suberificate e sporgenti. Le foglie sono

piccole, alterne, ellittiche, con margine acuto, base asimmetrica e margine finemente seghettato,

molto rugose al tatto. Il frutto, che compare precocemente in primavera, prima della fogliazione, è

una samara31 con un’unica ala. Specie esigente in fatto di luce, è presente sia nelle formazioni

boschive ripariali più fresche accanto alla farnia ed altre specie planiziali, sia nei coltivi

abbandonati come entità pioniera; è presente dalla pianura fino ad una quota di 800-1000 m. Oggi

sporadico nei boschi ripari alle quote inferiori delle valli collinari e alpine.

27 Aperture nella corteccia per lo scambio gassoso dei tessuti con l’esterno. 28 Vedi nota 12. 29 Espansione a forma di linguetta o ala che sorregge l’infiorescenza. 30 Malattia di origine fungina microscopica. 31 Vedi nota 24.

Page 62: Gestione Boschi Ripari

Olmo montano (Ulmus glabra).

Albero alto sino a 20 m, con rami in fase giovanile pubescenti, presenta foglie piuttosto grandi

scabre32 su entrambe le facce, con lamina asimmetrica alla base, margine acutamente denticolato e

picciolo cosparso di peli. Sulla pagina inferiore sono molto evidenti le nervature alla cui

biforcazione sono presenti ciuffi di peli bianchi. La fioritura avviene prima dell’emissione delle

foglie; i fiori sono piccoli, numerosi, poco vistosi, riuniti in ombrellette e peduncolati. Il frutto è una

samara33 ellittica, brevemente peduncolata.

Specie sporadica nei boschi misti di latifoglie ad una quota compresa tra 400-1300 m. É presente

nelle fasce riparie associato ad altre latifoglie mesofile, limitatamente però alle porzioni di bosco

più evolute.

Ontano bianco (Alnus incana).

Albero alto fino a 15 (20) m, presenta una chioma slanciata e densa di un verde più chiaro rispetto

all’ontano nero; la scorza, grigia, piuttosto liscia e un po' lucida all’inizio diventa un po' opaca ma

poco rugosa. Le gemme, a differenza dell’ontano nero, non sono mai appiccicose; le foglie, alterne,

picciolate, pubescenti da giovani come i rametti, presentano una forma ovato-lanceolata, con apice

acuto, base cuneata e margine doppiamente seghettato. I fiori, assai precoci, sono emessi prima

delle foglie; quelli maschili sono riuniti in amenti allungati, mentre quelli femminili sono portati in

piccoli amenti di forma ovoidale o subrotonda che si trasformano alla fine in una specie di piccola

pigna un po' legnosa nel frutto.

É presente sulle Alpi e sull’Appennino lungo i corsi d’acqua ( di rado dove questa ristagna, come

nella zona di Oulx), gli impluvi e in tutte le zone ricche di umidità da 800 m circa a 1500 m (500 m

nell’Appennino) mentre è raro più in basso.

32 Ruvida. 33 Vedi nota 24.

Page 63: Gestione Boschi Ripari

Ontano nero (Alnus glutinosa).

Pianta arborea a portamento conico, con fusto diritto che può oltrepassare i 25 m di altezza. Le

branche sono inserite ad angolo retto nella parte inferiore e media del fusto mentre verso la cima

formano con quello un angolo acuto; la chioma è molto densa, di colore verde scuro. La corteccia è

grigio scura, con grosse lenticelle da giovane; negli esemplari adulti presenta placche di forma

rotondeggiante e irregolare. Le foglie sono ovali/arrotondate, ottuse o retuse34 all’apice, con

denticolatura irregolare non molto evidente. I fiori precocissimi, sono portati separatamente sullo

stesso individuo; quelli maschili sono in amenti35 penduli, mentre quelli femminili, molto più piccoli

e brevi, danno luogo a infruttescenze simili a piccole pigne un po' legnose. Specie esigente di luce e

acqua anche stagnante; forma boschetti puri nelle paludi , torbiere e lungo i corsi d’acqua.

É presente in Piemonte a partire dalla pianura fino ad una quota di 800-1000 m.

Orniello (Fraxinus ornus).

É un albero di piccole dimensioni (10-15 m), con fusto eretto e chioma rotondeggiante; la corteccia

è liscia, chiara e non desquama. Le gemme invernali, nel periodo di riposo vegetativo, sono ben

visibili e di colore bruno chiaro36; le foglie sono composte, imparipennate, con 5-9 foglioline a

margine intero, picciolate, ovali appuntite.37.I fiori, bianchi e vistosi, addensati in pannocchie

erette, spuntano all’estremità del ramo dell’anno, appena dopo la fogliazione (fine aprile-maggio); il

frutto è una samara38 fornita di un’ala. Specie frugale, eliofila e termofila, cresce su terreni poveri e

calcarei. In Piemonte l’areale di diffusione va dall’Appennino ligure- piemontese e Langhe alle

Colline del Po non lontano da Torino, mentre è rara nelle Alpi Cozie meridionali e Marittime; può

raggiungere anche i 1000 m di quota.

34 Rientranti all’apice. 35 Vedi nota 12. 36 Non nere come nel frassino maggiore. 37 Non lanceolate come nel frassino maggiore. 38 Vedi nota 24.

Page 64: Gestione Boschi Ripari

Palle di neve (Viburnum opulus).

Arbusto caducifoglio alto 2-5 m, con rami prima verdi poi brunastri a sezione esagonale. Le foglie

sono opposte, picciolate, palmate , con margine profondamente dentato verso l’apice e intero verso

la base; la pagina superiore è verde chiaro e vellutata, quella inferiore ruvida e tomentosa39. I fiori

sono portati in infiorescenze ad ombrella; i fiori periferici, sterili e vistosi, hanno maggiori

dimensioni e colore bianco; per contro, quelli interni, fertili, sono molto più piccoli e di colore

crema talvolta sfumato di rosa. I frutti sono delle drupe, lucide e rosse, delle dimensioni di un

pisello. Specie poco esigente in fatto di luce, è legata alle formazioni riparie nelle quali si colloca

nelle stazioni più umide (sovente con l’ontano nero). É presente nelle Alpi fino ad una quota di

1000 m circa.

Pino silvestre (Pinus sylvestris).

Albero alto fino a 25-30 m, presenta una chioma leggera, grigio-verde, dapprima piramidale quindi

espansa o quasi ombrelliforme. Il fusto, diritto, presenta, nella parte superiore, una corteccia roseo-

aranciata, che si desquama in fogliette sottili cartacee, mentre nella parte bassa diventa spessa,

scura, rugosa e solcata. Gli aghi, a coppie, sono lunghi fino a 5 cm, verde-grigi, contorti, rigidi e

pungenti. I coni fiorali maschili sono piccoli , gialli, posti alla base dei germogli; quelli femminili

sono lunghi fino a 5 cm, isolati e privi di peduncolo all’apice dei rametti.

Specie eliofila, frugale, indifferente al substrato, sopporta le basse temperature e l’aridità; è

presente, oltre che in boschi puri e misti nelle valli steppiche come colonizzatrice dei greti di

parecchie valli alpine e di alcuni impluvi delle Langhe, Acquese e, raramente, Appennino.

39 Coperta da peli fini molto corti e fittissimi a formare una specie di feltro.

Page 65: Gestione Boschi Ripari

Pioppo bianco (Populus alba).

Albero di grandi dimensioni (35 m) con chioma ampia e irregolare. Il fusto, dapprima un po’

tortuoso, diventa diritto e colonnare con diametri notevoli e grosse ramificazioni portate in alto

sulla chioma. La corteccia in età giovanile è biancastra e liscia poi diventa rugosa, scura e

screpolata nella parte inferiore del fusto. Le foglie sono palmate, con 5 lobi, candide e tomentose40

nella pagina inferiore; la fioritura avviene in primavera più o meno avanzata a seconda delle quote;

i fiori sono portati in amenti41 pelosi. Esigente in fatto di luce, lo è meno per quanto riguarda

l’acqua del pioppo nero non sopportando la sommersione tanto che può invadere coltivi

abbandonati anche se in modo transitorio; predilige suoli con tessitura meno grossolana rispetto al

pioppo nero. É sporadico lungo fiumi e torrenti alpini mentre è più frequente e anche gregario

nell’Appennino fino da una quota di 800-1000 m.

Pioppo nero (Populus nigra).

É un albero di prima grandezza ( può raggiungere i 25-30 m) a chioma espansa, fusto slanciato e

rami principali grossi e ascendenti. Le foglie sono piccole, glabre, di forma romboidale. La

fioritura avviene in marzo-aprile, prima dell’emissione delle foglie (come tutti i pioppi con piante

maschili e femminili separate); i fiori sono costituiti da amenti privi di peluria. É una specie

esigente in fatto di luce e di acqua ma non sopporta il ristagno idrico, pertanto si colloca su suoli

ben drenati ma forniti di falda poco profonda. É presente nei fondovalle alpini e appenninici fino ad

una quota di 1000 m. Può essere confuso con le cultivar ibride fra il pioppo nero e i pioppi di

origine nordamericana dalle quali differisce per le foglie più piccole, per l’assenza di ghiandole

nella zona di inserzione del picciolo con la lamina fogliare che non è cuoriforme e mai rossiccia

all’inizio della fogliazione.

40 Vedi nota 39. 41 Vedi nota 12.

Page 66: Gestione Boschi Ripari

Pioppo tremolo (Populus tremula).

Albero alto fino a 20 m, con fusto diritto e chioma raccolta in alto, ha una scorza liscia grigio-

verdastra che si screpola a partire dalla base nei soggetti adulti. Le foglie presenti sui rami di

allungamento sono ovato-triangolari, lisce sulla pagina superiore, pelose su quella inferiore; i rami

laterali hanno foglie più piccole e arrotondate e margine grossolanamente dentato; entrambi i tipi di

foglie hanno un lungo picciolo appiattito lateralmente che stormiscono anche sotto l’azione di un

vento leggero, da cui il nome dell’albero. I fiori sia maschili che femminili sono portati in amenti

pelosi lunghi 10-12 cm, prima dell’emissione delle foglie. Specie eliofila e pioniera , colonizza ex-

coltivi, prati-pascoli abbandonati e aree denudate dando origine talvolta a boschetti puri. É una

specie caratteristica del piano montano delle Alpi anche se è diffusa in modo abbastanza localizzato

in pianura (sino a 1600 m raramente); entra sporadicamente a far parte anche delle cenosi riparie.

Prugnolo (Prunus spinosa).

Arbusto spinoso di 2-3 m, con chioma densa, rami spinescenti e corteccia liscia; i rami dell’anno

sono spesso ricoperti da pruina42. Le foglie sono, piccole, alterne, di forma ovale, con peduncolo

sottile, margine doppiamente dentato e ripiegate a V; la pagina superiore è verde scura, mentre su

quella inferiore è presente una fitta peluria. I fiori, precoci in quanto compaiono prima della

fogliazione, sono abbondantissimi, bianchi e portati isolatamente o in gruppi di 4-5. I frutti sono

delle drupe sferiche, del diametro di 1-2 cm, di colore nero-bluastro, pruinosi, con polpa succosa

molto aspra. Specie esigente in fatto di luce, si incontra al margine dei boschi, lungo le siepi,

invadente sui coltivi abbandonati, nella fascia collinare e montana fino ad una quota di 1000 (1600)

m; è presente sulle Alpi e sugli Appennini. Solo occasionalmente fa parte delle boscaglie riparie.

42 Sostanza cerosa biancastra.

Page 67: Gestione Boschi Ripari

Robinia (Robinia pseudoacacia).

Specie arborea esotica di origine nordamericana (15-20 m), spinescente per aculei abbinati molto

robusti posti alla base delle foglie sui fusti giovani; ha chioma leggera, ampia, arrotondata, con

ramificazione rada e irregolare. Le foglie sono composte e imparipennate43formate da foglioline

ovali. Ha la caratteristica di crescere molto rapidamente e di espandersi facilmente a macchia d’olio,

su terreni scoperti, per la notevole produzione di polloni radicali.

I fiori sono papilionacei44, bianchi, portati in grappoli e hanno un profumo gradevole. Il frutto è un

legume45 coriaceo, appiattito e nerastro che, durante l’inverno, persiste sulla chioma e contiene

semi duri, rotondi e appiattiti.

È una specie frugale, eliofila e ubiquitaria; è in grado di spingersi dalla pianura fino ad una quota di

700 (1000) m. Può far parte della vegetazione riparia solo alle quote inferiori (non oltre i 500-600 m),

in zone particolarmente disturbate dall’uomo.

Roverella (Quercus pubescens).

Quercia generalmente di ridotte dimensioni (15 m), a fusto spesso contorto, con rametti dell’anno

ricoperti da una fitta peluria; possiede foglie lobate,cuoiose, ricoperte da peli in fase adulta solo

sulla pagina inferiore. Le foglie persistono secche per tutto il periodo invernale; il frutto è una

ghianda priva di peduncolo. É una specie eliofila e frugale che vive su suoli superficiali soprattutto

calcarei; è presente nelle valli calde delle Alpi e, più estesamente, nelle Langhe e nell’Appennino

calcareo. Normalmente non fa parte della vegetazione riparia.

43 Vedi nota 22. 44 Paragonati a farfalle, simili a quelli del fagiolo della fava e del pisello, tipici della famiglia delle fabacee (leguminose). 45 Frutto simile a quello del fagiolo.

Page 68: Gestione Boschi Ripari

Salice bianco (Salix alba).

Il salice bianco è una specie arborea (sino a 20-25 m di altezza), con foglie lanceolate46 a margine

finemente seghettato e fitta peluria setosa da adulte sulla pagina inferiore (pelosità su entrambe le

pagine in quelle giovani). I fiori (maschili e femminili su piante diverse), sono raccolti in amenti47,

compaiono unitamente alle foglie in primavera. Specie ad areale molto ampio è comune in tutte le

zone umide fino da una quota di 1000 m, meno frequente, rispetto agli altri salici, nei boschi ripari

dei fondovalle alpini.

Salice da ceste (Salix triandra).

Arbusto policormico o alberetto di piccole dimensioni (sino a 5 m), a chioma espansa, presenta una

corteccia liscia che negli esemplari adulti si stacca in piccole placche irregolari. I rami sono opachi,

glabri48 quelli secondari fragili all’inserzione sul fusto. Le foglie sono lanceolate, simmetriche,

finemente dentellate, verde scuro nella pagina superiore e opache e glauche nella pagina inferiore;

alla base del picciolo stanno stipole49 reniformi o cordate50. I fiori sono portati in amenti lunghi fino

a 5 cm.

Abita stazioni caldo-umide solo in pianura, su terreni alluvionali limoso-sabbiosi, lungo i corsi

d’acqua fino al piano montano (massimo 1000 m); è presente in tutta Italia escluse le isole,

associato qua e là al salice bianco.

46 In forma di lancia. 47 Vedi nota 12. 48 Liscio privo di peli. 49 Vedi nota 17. 50A forma di cuore.

Page 69: Gestione Boschi Ripari

Salice delle capre (Salix caprea).

Arbusto o piccolo albero, alto al massimo 15 m, presenta una scorza verdastra da giovane e poi

grigia e fessurata in maglie romboidali; i rami sono glabri51e grigio-verdi da giovani, in fase adulta

diventano rossastri; il legno dei rami giovani sotto la corteccia è liscio.

Le foglie hanno forma variabile dall’ovale all’ellittica, con margine più o meno dentellato; la pagina

superiore è verde, sparsamente pelosa, specialmente lungo la nervatura centrale; la pagina inferiore

è densamente e brevemente pelosa. Il picciolo è abbastanza lungo; i fiori sono portati in amenti52,

ovali, eretti e peduncolati. La fioritura è molto precoce e precede la fogliazione.

Specie ad ampio areale, evidenzia caratteristiche pioniere; predilige i terreni umidi o anche

moderatamente asciutti, dalla pianura fino ad una quota di 1000 (1500) m; sporadico nei

popolamenti ripari.

Salice nero (Salix daphnoides).

Piccolo albero o arbusto bene sviluppato (3-10 m), possiede rami inizialmente pelosi (1° anno) e

fragili all’inserzione, poi glabri e con corteccia bruno-rossastra salvo i giovani getti più vigorosi che

si riconoscono facilmente per una vistosa cerosità di colore azzurrognolo. Le foglie sono lanceolate,

con la parte più larga posta poco sopra la metà della foglia; l’apice è cuneato, la base allargata e il

margine finemente seghettato. Alla base delle foglie presenti sui rami di allungamento sono presenti

le stipole53. Sia i fiori maschili che quelli femminili sono portati in amenti54 brevemente

peduncolati.

Specie esclusiva del piano montano delle Alpi nelle vallate continentali in un intervallo di quota

compresa fra 1000 e 1600 m, si insedia puro o misto nelle formazioni riparie; predilige suoli

ciottolosi a falda quasi affiorante.

51 Vedi nota 48. 52 Vedi nota 12. 53 Vedi nota 17. 54 Vedi nota 12.

Page 70: Gestione Boschi Ripari

Salice ripaiolo ( Salix eleagnos).

Arbusto di 3-4 m (raramente alberello sino a 10-15 m d’altezza, ma solo nelle aree a migliore

alimentazione idrica), è caratterizzato da rami tenaci, quelli giovani giallo-rossastri e tomentosi55 da

giovani poi lucenti. Le foglie sono più strette e allungate rispetto al salice rosso, ondulato-

denticolate al margine; in fase giovanile si presentano interamente bianche e tomentose, da adulte

mantengono tale caratteristica solo sulla pagina inferiore. Più spesso è presente su greti ciottolosi

con falda non superficiale; è molto diffuso in questi ambienti su Alpi e Appennino fino ad una

quota di 1800 m.

Salice rosso ( Salix purpurea).

É un arbusto di 1-4 m, con fusto grigio-verde e rami tenaci, glabri56e spesso rossastri in fase

giovanile; le foglie sono lanceolato-lineari , a margine poco dentellato, verde scuro sulla pagina

superiore, verde-azzurri su quella inferiore, prive di peli , con larghezza massima ad ¼ dall’apice;

gli amenti compaiono prima delle foglie. Piuttosto esigente in fatto di luce e di acqua, è frequente

negli Appennini e nelle Alpi lungo i torrenti e i fiumi nei greti e ai bordi dei boschi ripari dalla

pianura fino ad una quota di circa 1800 m.

Sambuco nero (Sambucus nigra).

Arbusto o piccolo albero alto mediamente 3-5 m, ha rami grigi, lisci, ricchi di lenticelle e quelli

giovani cavi e con midollo bianco. Le foglie sono opposte e composte da 3-7 elementi, pubescenti e

di forma ovato-acuminata; se stropicciate emanano un odore sgradevole. I fiori bianchi, ermafroditi

e odorosi, sono portati in una infiorescenza corimbosa57 di 10-20 cm di diametro. I piccoli frutti

sono di colore nero-violaceo di 4-5 mm e contengono un succo di colore rosso. Predilige suoli

freschi e ricchi di azoto; è riscontrabile con una certa frequenza in saliceti e ontaneti ripari. É

ampiamente diffuso a partire dalla pianura fino a 1000 (1300) m.

55 Vedi nota 39. 56 Vedi nota 48. 57 Vedi nota 26.

Page 71: Gestione Boschi Ripari

Sambuco rosso (Sambucus racemosa).

Arbusto alto 1-5 m, estremamente ramificato, ha una corteccia bruno-violetta con lenticelle

biancastre disposte longitudinalmente. Le foglie sono imparipennate, composte da 3-7 segmenti

lanceolati, acuminati nella parte apicale, seghettati e lucidi nella pagina inferiore. I fiori bianco-

giallastri, di ridotte dimensioni, sono portati in infiorescenze a grappolo. Il frutto è una drupa

subsferica di colore rosso. Specie presente in tutto il Piemonte sulle Alpi, entra sporadicamente a far

parte delle cenosi riparie; può essere presente con una certa frequenza negli alneti di ontano bianco

ad una quota compresa tra i 900 e i 1300 m.

Sanguinello (Cornus sanguinea).

É un arbusto di 2-6 m , con rami pubescenti e rossastri, molto vistosi nel periodo invernale. Le

foglie sono opposte, ellittiche, con 3-4 nervature laterali molto visibili che seguono il margine

fogliare; in autunno assumono una colorazione rosso-porpora scuro. I fiori, numerosi e bianchi,

sono portati in corimbi58 di 4-5 cm di diametro; i frutti sono drupe59 sferiche di colore purpureo-

nerastro, non commestibili. Specie presente su Alpi e Appennino a partire dalla pianura, nei boschi

di latifoglie anche ombrosi e nelle siepi fino ad una quota di 1100 m. Nelle boscaglie riparie può

essere abbastanza frequente, soprattutto in quelle in evoluzione.

Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia).

Piccolo albero o arbusto policormico alto fino a 10-15 m, ha una scorza grigia e liscia. Le foglie

sono imparipennate60, composte da 5-9 foglioline sessili61, con margine dentato all’apice e intero

alla base. I fiori sono bianchi portati in infiorescenze ombrelliformi. Il frutto è un piccolo pomo di

colore rosso, liscio delle dimensioni di un pisello.

Specie pioniera si associa alle formazioni arbustive, come quelle ad ontano alpino, sulle quali può

formare uno strato dominante rado; è altrettanto frequente ai margini dei boschi di conifere e

latifoglie, sporadico nelle cenosi riparie. L’areale di diffusione comprende Alpi e Appennino tra gli

800 e i 2000 m. Non fa parte, a rigore, dei boschi ripari salvo eccezioni alle quote superiori.

58 Vedi nota 26. 59 Vedi nota 20. 60 Vedi nota 22. 61 Vedi nota 23.

Page 72: Gestione Boschi Ripari

Spincervino (Rhamnus catharticus).

É un arbusto di altezza variabile tra 1 e 5 m, con corteccia bruno-rossastra e rami spinescenti

all’apice. Le foglie sono ellittiche o subrotonde, dentellate sul bordo e portate da peduncoli più

lunghi delle stipole62. I fiori sono molto piccoli, di colore giallo–verde, in gruppi di 2-8; il frutto è

una bacca nerastra. Specie eliofila, è diffusa soprattutto sulle Alpi, prevalentemente su substrati

calcarei, fino ad una quota di 800-1000 m su suoli asciutti e ciottolosi.

Può essere presente nelle radure delle boscaglie riparie tendenzialmente xerofile.

Tiglio selvatico (Tilia cordata).

Pianta a portamento arboreo alta fino a 25 m, con chioma piramidale-arrotondata; fusto diritto e

corteccia inizialmente liscia e grigia poi percorsa da solcature fitte e longitudinali. Le foglie

alterne, picciolate, sono costituite da una lamina relativamente piccola, cuoriforme, percorsa da

nervature coperte, sulle biforcazioni della pagina inferiore, da peluria rossiccia chiara. I fiori, che

compaiono in giugno, sono giallognoli, profumati, portati a 4-15, sorretti da una brattea63 aliforme

a forma di linguetta. Il frutto, piccolo e coriaceo, è sferico. Specie sporadica nei boschi misti di

latifoglie mesofile e sui bassi versanti montani, predilige le stazioni caratterizzate da un clima

continentale a buone precipitazioni su suoli debolmente acidi e relativamente poco evoluti; è

presente dalla pianura (raro) fino ad una quota di 1200 m.

62 Vedi nota 17. 63 Vedi nota 29.

Page 73: Gestione Boschi Ripari

9.2 Caratteristiche biologiche delle specie.

Si riportano, per comodità di confronto, alcune caratteristiche biologiche delle specie prese in

considerazione perché aventi particolare influenza sulle tecniche di gestione selvicolturale da

applicarsi.

Acero di monte.

Radicamento: apparato radicale relativamente profondo e folto.

Rigenerazione: buona capacità pollonifera (limitatamente alle fasi giovanili) e buona capacità

rigenerativa per via agamica; anemocora.64

Accrescimento: rapido in fase giovanile.

Longevità: media o elevata (superiore a 100 anni).

Posizione ciclo evolutivo: specie stabilizzatrice delle alluvioni nelle valli incassate, susseguente allo

stanziamento dell’ontano bianco, con altre latifoglie nobili.

Betulla.

Radicamento: radicamento superficiale, non fittonante , ma ben ramificato.

Rigenerazione: buona moltiplicazione sia gamica che agamica.

Accrescimento: rapido.

Longevità: media (di poco superiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: come il larice.

Biancospino.

Radicamento: profondo e ramificato.

Rigenerazione: polloni radicali; disseminazione tramite gli uccelli (endozoocora65).

Accrescimento: lento.

Longevità: inferiore al secolo.

Posizione ciclo evolutivo: specie sporadica nei boschi ripari con inizi di evoluzione.

64 Disseminazione tramite vento. 65 Attraverso il tubo digerente degli animali.

Page 74: Gestione Boschi Ripari

Carpino nero.

Radicamento: profondo, fittonante (su substrato ciottoloso).

Rigenerazione: ottima capacità pollonifera.

Accrescimento: abbastanza rapido in giovane età (polloni.).

Longevità: non molto longevo ( difficilmente supera i 100 anni, è praticamente ovunque governato

a ceduo su cicli brevi, 15-20 anni).

Posizione ciclo evolutivo: nei boschi ripari appenninici con inizi di evoluzione, è sporadico e per lo

più marginale, salvo negli impluvi minori privi di acqua per gran parte

dell’anno dove può formare cedui puri o con l’orniello.

Cerro.

Radicamento: profondo, fittonante.

Rigenerazione: buona capacità pollonifera.

Accrescimento: medio.

Longevità: elevata (alcuni secoli).

Posizione ciclo evolutivo: nei boschi ripari appenninici con inizi di evoluzione è accidentale o

marginale.

Ciliegio a grappoli.

Radicamento: apparato radicale profondo.

Rigenerazione: abbondante emissione di polloni radicali.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (alcuni decenni).

Posizione ciclo evolutivo: specie accompagnatrice dell’ontano nero nei suoi boschi stabili in

ambienti paludosi.

Ciliegio selvatico.

Radicamento: profondo.

Rigenerazione: abbondante emissione di polloni radicali e facile disseminazione endozoocora.66

Accrescimento: medio.

Longevità: intorno ai 100 anni.

Posizione ciclo evolutivo: come il cerro, ma talvolta anche presente sulle Alpi.

66 Vedi nota 64.

Page 75: Gestione Boschi Ripari

Corniolo.

Radicamento: apparato radicale espanso.

Rigenerazione: buona capacità pollonifera e possibilità di riproduzione per talea.

Accrescimento: medio.

Longevità: qualche decennio.

Posizione ciclo evolutivo: rara e marginale nei boschi ripari appenninici con inizi di evoluzione.

Frangola comune.

Radicamento: apparato radicale espanso, profondo e ben ramificato.

Rigenerazione: buona sia gamica che agamica per polloni radicali.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (alcuni decenni).

Posizione ciclo evolutivo: poco frequente nei boschi ripari dove invade suoli scoperti paludosi e

acidi.

Frassino maggiore.

Radicamento: apparato radicale profondo e fittonante ma molto ramificato.

Rigenerazione: buona capacità rigenerativa sia agamica che gamica.

Accrescimento: rapido in fase giovanile.

Longevità: media (superiore a 100 anni).

Posizione ciclo evolutivo: come l’acero di monte

Fusaggine.

Radicamento: abbastanza superficiale.

Rigenerazione: modesta per via agamica; rinnovazione uccelli.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (pochi decenni).

Posizione ciclo evolutivo: specie sporadica nei boschi ripari con inizi di evoluzione.

Page 76: Gestione Boschi Ripari

Ginepro.

Radicamento: apparato radicale fittonante e profondo.

Rigenerazione: possibile per talea prelevata in inverno.

Accrescimento: lento.

Longevità: qualche decennio.

Posizione ciclo evolutivo: raro nelle radure delle boscaglie nei greti appenninici.

Lantana.

Radicamento: relativamente profondo ed espanso.

Rigenerazione: facile sia gamica che gamica; rinnovazione tramite uccelli.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (pochi decenni).

Posizione ciclo evolutivo: sporadico nei boschi ripari di pino silvestre delle Langhe e nelle radure

dei greti appenninici.

Larice.

Radicamento: apparato radicale fittonante e profondo.

Rigenerazione: anemocora.67

Accrescimento: rapido nelle fasi giovanili.

Longevità: molto longeva (plurisecolare).

Posizione ciclo evolutivo: pioniero e relativamente stabile nei greti se non soggetto all’azione di

inghiaiamento o erosiva delle alluvioni.

Melo selvatico.

Radicamento: profondo e allargato.

Rigenerazione: discreta capacità pollonifera; disseminazione tramite animali (zoocoria).

Accrescimento: lento.

Longevità: superiore al secolo.

Posizione ciclo evolutivo: sporadico e marginale nei greti appenninici.

67 Vedi nota 63.

Page 77: Gestione Boschi Ripari

Nocciolo.

Radicamento: profondo e ramificato.

Rigenerazione: buona propagazione per talea ed eventuale ceduazione; rinnovazione da seme

tramite roditori.

Accrescimento: inizialmente rapido.

Longevità: ceppaia con vitalità in genere inferiore al secolo con ricambio dei polloni ogni 15-20

anni.

Posizione ciclo evolutivo: specie piuttosto esigente, sporadica nei boschi ripari con inizi di

evoluzione.

Olmo campestre.

Radicamento: apparato radicale profondo e “tracciante”, allargato.

Rigenerazione: abbondante emissione di polloni radicali; anemocora.

Accrescimento: medio.

Longevità: oggi poco longevo (pochi decenni o anche meno) a causa degli attacchi di grafiosi; un

tempo era specie molto longeva (più secoli).

Posizione ciclo evolutivo: un tempo specie d’accompagnamento nei boschi planiziali umidi, a

contatto esterno con quelli ripari, oggi qui del tutto sporadico.

Olmo montano.

Radicamento: profondo e ramificato.

Rigenerazione: discreta facoltà pollonifera da ceppaia.

Accrescimento: medio.

Longevità: oggi poco longevo (pochi decenni o anche meno) a causa degli attacchi di grafiosi; un

tempo era specie molto longeva (più secoli).

Posizione ciclo evolutivo: specie stabilizzatrici delle alluvioni nelle valli incassate, susseguente allo

stanziamento dell’ontano bianco, con altre latifoglie nobili.

Page 78: Gestione Boschi Ripari

Ontano bianco.

Radicamento: profondo e ramificato, resistente all’apporto di materiale ciottoloso (ottima azione

antierosiva).

Rigenerazione: buona facoltà pollonifera da ceppaia; facile rinnovazione tramite vento

(anemocora68).

Accrescimento: rapido.

Longevità: poco longeva (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: pioniera e spesso stabile nei greti con falda elevata (talvolta anche in

Appennino).

Ontano nero.

Radicamento: profondo e fascicolato.

Rigenerazione: ottima capacità pollonifera e capacità di affrancamento dei polloni; diffusione

anemocora69.

Accrescimento: rapido.

Longevità: poco longeva (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: stabile lungo i torrenti, misto ad altre latifoglie o puro nelle zone

paludose.

Orniello.

Radicamento: apparato radicale fittonante e profondo.

Rigenerazione: ottima capacità pollonifera e buona disseminazione anemocora.

Accrescimento: medio.

Longevità: poco longevo (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: invadente zone scoperte (sporadico nei greti appenninici).

68 Vedi nota 63. 69 Vedi nota 63.

Page 79: Gestione Boschi Ripari

Palla di neve.

Radicamento: apparato espanso ma poco profondo.

Rigenerazione: buona per via agamica (polloni radicali e per talee); disseminazione per via

endozoocora.70

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (pochi decenni).

Posizione ciclo evolutivo: specie non frequente, d’accompagnamento nel sottobosco dei boschi

paludosi di ontano nero

Pino silvestre.

Radicamento: apparato radicale fittonante e profondo.

Rigenerazione: rinnovazione tramite vento (anemocora).

Accrescimento: rapido da giovane.

Longevità: media o elevata(superiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: pioniero sui greti ciottolosi dove può comportarsi come specie stabile

(salvo alluvioni) nelle valli alpine continentali e, talvolta, nelle Langhe.

Pioppo bianco.

Radicamento apparato radicale poco profondo.

Rigenerazione: discreta facoltà pollonifera (abbondante emissione di polloni radicali) e

riproduzione per talea più o meno buona a seconda degli individui.

Accrescimento: rapido.

Longevità: poco longevo (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: come il pioppo nero.

70 Vedi nota 64.

Page 80: Gestione Boschi Ripari

Pioppo nero.

Radicamento: apparato radicale poco profondo.

Rigenerazione: modesta facoltà pollonifera in giovani esemplari e ottima riproduzione per talea.

Accrescimento: rapido.

Longevità: poco longevo (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: specie pioniera e stabile sui greti, mista ad altre specie riparie, negli

Appennini e sulle Alpi.

Pioppo tremolo.

Radicamento: apparato radicale profondo e ben sviluppato.

Rigenerazione: buona facoltà pollonifera (abbondante emissione di polloni radicali).

Accrescimento: rapido (inizialmente).

Longevità: poco longevo (inferiore al secolo).

Prugnolo.

Radicamento: apparato radicale tenace e ben sviluppato anche se non profondo.

Rigenerazione: abbondante emissione di polloni radicali; rinnovazione tramite uccelli.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (pochi decenni).

Posizione ciclo evolutivo: specie di bordo, del tutto sporadica nei boschi ripari.

Robinia.

Radicamento: apparato radicale molto ampio e profondo con elevato potere consolidante.

Rigenerazione: elevata capacità pollonifera e abbondante emissione di polloni radicali (si riproduce

soprattutto agamicamente tramite ceduazione).

Accrescimento: inizialmente rapido.

Longevità: poco longevo come pollone.

Posizione ciclo evolutivo: invadente zone scoperte (anche greti ma solo a bassa quota), stabile e in

ulteriore diffusione se ceduata.

Page 81: Gestione Boschi Ripari

Roverella.

Radicamento: profondo, fittonante.

Rigenerazione: buona capacità pollonifera.

Accrescimento: lento.

Longevità: molto longevo (alcuni secoli).

Posizione ciclo evolutivo: come il cerro.

Salice bianco.

Radicamento: apparato radicale poco profondo, limitato dall’altezza della falda.

Rigenerazione: ottima capacità rigenerativa per via agamica (talea) e buona capacità pollonifera

fino a circa 15 anni.

Accrescimento: modesto.

Longevità: scarsa (non superiore a 100 anni).

Posizione ciclo evolutivo: tipica specie riparia che si dissemina rapidamente sulle alluvioni recenti

formando boschetti puri o quasi a bassa quota, relativamente stabili

(salvo l’azione delle alluvioni).

Salice da ceste.

Radicamento: apparato radicale poco profondo ma folto(con ottima azione antierosiva).

Rigenerazione: buona capacità rigenerativa per via agamica (talee); diffusione del seme tramite il

vento ma del tutto subordinata a quella del salice bianco.

Accrescimento: medio.

Longevità: modesta (alcuni decenni).

Posizione ciclo evolutivo: pioniero delle alluvioni sabbiose con il salice bianco (vedi), ma con

presenze sporadiche.

Page 82: Gestione Boschi Ripari

Salice delle capre.

Radicamento: apparato radicale poco profondo ma folto (con ottima azione antierosiva almeno

superficiale).

Rigenerazione: buona capacità rigenerativa per via agamica (talee), buona facoltà pollonifera

(limitata alle fase giovanile).

Accrescimento: rapido.

Longevità: poco longevo (alcuni decenni).

Posizione ciclo evolutivo: invadente suoli scoperti e di riporto, freschi, quale specie preparatoria;

poco frequente nei boschi ripari.

Salice nero.

Radicamento: apparato radicale profondo e ben sviluppato.

Rigenerazione: buona riproduzione per talee caulinari a radicali da raccogliere durante la fioritura.

Accrescimento: rapido nelle fasi giovanili.

Longevità: scarsa (inferiore al secolo).

Salice ripaiolo.

Radicamento: apparato radicale poco profondo ma folto (con ottima azione antierosiva).

Rigenerazione: ottima capacità rigenerativa per via agamica (talee) legata però al periodo di riposo

vegetativo.

Accrescimento: rapido.

Longevità: modesta (qualche decennio).

Posizione ciclo evolutivo: lungo i torrenti alpini ripariolo può costituire boschetti misti con l’ontano

bianco..

Salice rosso.

Radicamento: apparato radicale poco profondo ma folto (con ottima azione antierosiva).

Rigenerazione: ottima capacità rigenerativa per via agamica (talee), anche se in vegetazione.

Accrescimento: rapido.

Longevità: modesta (qualche decennio).

Posizione ciclo evolutivo: tipica pioniera con il salice ripaiolo.

Page 83: Gestione Boschi Ripari

Sambuco nero.

Radicamento: superficiale.

Rigenerazione: buona propagazione per talea.

Accrescimento: lento.

Longevità: scarsa (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: specie d’accompagnamento nitrofila (soprattutto nei robinieti).

Sambuco rosso.

Radicamento: superficiale.

Rigenerazione: buona propagazione per talea.

Accrescimento: lento.

Longevità: scarsa (inferiore al secolo).

Sanguinello.

Radicamento: non molto profondo.

Rigenerazione: per seme dopo macerazione dei frutti o per via endozoocora.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (pochi decenni).

Posizione ciclo evolutivo: talvolta frequente nei boschi ripari umidi.

Sorbo degli uccellatori.

Radicamento: apparato radicale profondo.

Rigenerazione: zoocora.71

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (inferiore al secolo).

Posizione ciclo evolutivo: del tutto sporadico in ambiente ripario alpino.

71 Vedi nota 63.

Page 84: Gestione Boschi Ripari

Spincervino.

Radicamento: profondo nei terreni ciottolosi.

Rigenerazione: disseminazione tramite uccelli.

Accrescimento: lento.

Longevità: modesta (qualche decennio).

Posizione ciclo evolutivo: sporadico nelle aree scoperte dei greti.

Tiglio selvatico.

Radicamento: apparato radicale fittonante e robusto.

Rigenerazione: buona facoltà pollonifera.

Accrescimento: rapido in fase giovanile.

Longevità: elevata (plurisecolare).

Posizione ciclo evolutivo: come l’acero di monte.

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Page 87: Gestione Boschi Ripari

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Page 88: Gestione Boschi Ripari

FORMAZIONI LINEARI DELL’APPENNINO

Foto-1 Valle Curone. Formazione lineare dell’Appennino a pioppo bianco e pino silvestre. Si tratta di popolamenti

importanti sotto l’aspetto protettivo e di elevato valore estetico-paesaggistico; pertanto devono essere evitati interventi

sistematici di eliminazione dello strato vegetale qualora non siano strettamente necessari (foto Ferraris).

Localizzazione.

Questa formazione si colloca lungo i corsi d’acqua minori e secondari dei fondovalle appenninici

fino ad una quota di 400-600 m.

Page 89: Gestione Boschi Ripari

Formazioni diffuse in Val Borbera, Val Curone e localmente nella Valle

Scrivia.

Struttura e vegetazione

Si tratta di formazioni lineari, di parziale origine antropica talvolta ottenute inserendo

pioppi ibridi frammenti alle specie spontanee, in cui si susseguono gruppi di alberi

governati ad alto fusto con altri governati a ceduo; i soggetti dominanti raggiungono

facilmente i 20 m di altezza. Le specie presenti sono pioppo ibrido, pioppo nero,

pioppo bianco, noce, salice bianco, pino silvestre (raro) ontano nero e robinia; queste

ultime si trovano generalmente allo stato di ceduo.

L’alveo, nelle zone di maggiore ampiezza (3-5 m), può essere parzialmente

colonizzato da salice bianco, in forma arbustiva o arborea allo stadio di spessina.

Page 90: Gestione Boschi Ripari

Foto-2 Formazione lineare della bassa Valle Borbera. Tratto di corso d’acqua secondario in cui sono visibili alcuni salici bianchi capitozzati ed un esemplare di pioppo ibrido. E’ assolutamente necessario asportare prontamente i pioppi giunti a maturità per scongiurare, in caso di piene, una loro eventuale caduta in alveo (foto Ferraris).

INTERVENTI.

1. Taglio degli alberi di grandi dimensioni nell’alveo.

2. Taglio delle piante inclinate e degli alberi di grandi dimensioni che

presentano segni evidenti di erosione al piede in un tratto di 30 m a

monte dei ponti.

3. Asportazione dei detriti e dei cumuli vegetali nell’alveo in un tratto di 30

Page 91: Gestione Boschi Ripari

m a monte dei ponti.

4. Asportazione degli alberi caduti o morti.

Prima dell’intervento. Dopo l’intervento.

ALCUNE NORME DA RISPETTARE.

• Effettuare interventi tanto più leggeri quanto più è rada la vegetazione circostante.

• Accatastare il legname in luoghi sicuri o allontanarlo immediatamente.

• Adottare le buone pratiche di utilizzazione.

• Adottare le norme inerenti la sicurezza nei cantieri.

• Evitare interventi sistematici dove non sussistono reali condizioni di pericolo.

• Evitare sradicamento delle ceppaie.

• Evitare danneggiamenti alla vegetazione circostante durante le fasi di intervento.

Page 92: Gestione Boschi Ripari

ELEMENTI DI IDENTIFICAZIONE DELLE SPECIE ARBOREE Ontano nero. • Albero che può oltrepassare i 25m. • Chioma molto densa di colore verde scuro. • Corteccia grigio-scura, con grosse lenticelle e placche rotondeggianti. • Foglie rotondeggianti ottuse o rientranti all’apice con denticolatura

poco evidente. • Fiori separati; maschili in infiorescenze pendule a forma di spiga,

femminili simili a piccole pigne.

Pioppo bianco. • Albero di grandi dimensioni (35 m). • Chioma ampia e irregolare sorretta da grosse ramificazioni. • Corteccia in età giovanile biancastra e liscia poi rugosa, scura e

profondamente screpolata nella parte inferiore del fusto. • Foglie palmate con 5 lobi e con fitta peluria bianca nella pagina

inferiore.

Pioppo nero. • Albero di prima grandezza di 25-30 m. • Chioma espansa. • Foglie piccole, lisce e di forma romboidale. • Fiori maschili e femminili separati, costituiti da amenti privi di

peluria. • Fioritura in marzo-aprile, prima dell’emissione delle foglie.

Salice bianco. • Albero alto sino a 20-25 m. • Foglie lanceolate a margine finemente seghettato e fitta peluria setosa

sulla pagina inferiore. • Fiori maschili e femminili su piante diverse, raccolti in amenti.

Page 93: Gestione Boschi Ripari

Robinia. • Albero alto fino a 15-20 m. • Chioma leggera, ampia. • Presenza di aculei abbinati alla base delle foglie. • Foglie divise in foglioline ovali in numero dispari lungo la nervatura

centrale. • Fiori bianchi, portati in grappoli : hanno un profumo gradevole. • Frutto coriaceo, appiattito e nerastro.

Page 94: Gestione Boschi Ripari

PIOPPETO DI GRETO DELL’APPENNINO

Foto-1 Pioppeto di pioppo nero misto a salice bianco e pioppo bianco tra Volpedo e S. Sebastiano Curone in Valle Curone. I pioppeti di greto presenti nella Val Curone pur avendo una struttura simile a quella osservata nei popolamenti della vicina Valle Borbera, ne differiscono per non essere mai in purezza ma misti ad altre specie quali: salice bianco, pioppo bianco, ontano nero e ontano bianco (foto Mondino).

Localizzazione.

Questa formazione boschiva, diffusa nei tratti iniziali e medi delle vallate

appenniniche, si insedia lungo i corsi d’acqua minori, soprattutto alla

confluenza con i torrenti, e sui greti ciottolosi posti nelle immediate

vicinanze. Le formazioni di maggiore estensione si trovano sui depositi

alluvionali recenti , posti a circa 1-1,5 m sul livello medio della falda, nelle

zone in cui le piene stagionali hanno una modesta azione erosiva.

Formazioni diffuse in Val Borbera e Val Curone.

Page 95: Gestione Boschi Ripari

Struttura e vegetazione

Sono boschi in gran parte coetanei, a struttura biplana (a due piani verticale), poco

estesi e diffusi in piccoli gruppi lungo i fiumi e i torrenti; i soggetti dominanti

possono raggiungere e superare 25 m di altezza e 40 cm di diametro. L’alto fusto è

composto in prevalenza da pioppo nero, pioppo bianco e pioppo ibrido. Nel

sottobosco si trovano ontano nero, olmo campestre, ciliegio, robinia, orniello e

arbusti di biancospino, sanguinello, fusaggine e nocciolo.

Foto-2 Interno di pioppeto di pioppo bianco tra Volpedo e S. Sebastiano Curone in Valle Curone. Qualora i pioppi spontanei o ibridi posti a ridosso della sponda abbiano raggiunto la maturità, devono essere utilizzati, in quanto la loro presenza in alveo, date le grandi dimensioni che essi possono raggiungere, costituisce un notevole impedimento al regolare deflusso delle acque in caso

Page 96: Gestione Boschi Ripari

di piene che ne provochino lo sradicamento(foto Mondino).

INTERVENTI.

5. Abbattimento dei pioppi neri e bianchi ormai giunti a maturità in una

fascia di 10 m dal bordo dell’alveo.

6. Taglio fitosanitario e di messa in sicurezza dei soggetti inclinati,

schiantati o morti.

7. Ceduazione degli ontani che hanno raggiunto le dimensioni idonee

all’utilizzazione.

8. Contenimento delle piante rampicanti: vitalba e edera.

Prima dell’intervento. Dopo l’intervento.

Page 97: Gestione Boschi Ripari

ALCUNE NORME DA RISPETTARE.

• Effettuare interventi tanto più leggeri quanto più è rada la vegetazione circostante.

• Accatastare il legname in luoghi sicuri o allontanarlo immediatamente.

• Adottare le buone pratiche di utilizzazione.

• Adottare le norme inerenti la sicurezza nei cantieri.

• Evitare interventi sistematici dove non sussistono reali condizioni di pericolo.

• Evitare sradicamento delle ceppaie.

• Evitare danneggiamenti alla vegetazione circostante durante le fasi di intervento.

Page 98: Gestione Boschi Ripari

ELEMENTI DI IDENTIFICAZIONE DELLE SPECIE ARBOREE

Pioppo nero. • Albero di prima grandezza di 25-30 m. • Chioma espansa. • Foglie piccole, lisce e di forma romboidale. • Fiori maschili e femminili separati, costituiti da amenti privi di

peluria. • Fioritura in marzo-aprile, prima dell’emissione delle foglie.

Pioppo bianco.

• Albero di grandi dimensioni (35 m). • Chioma ampia e irregolare sorretta da grosse ramificazioni. • Corteccia in età giovanile biancastra e liscia poi rugosa, scura e

screpolata nella parte inferiore del fusto. • Foglie palmate con 5 lobi e con peluria bianca nella pagina inferiore.

Ontano nero.

• Albero che può oltrepassare i 25m. • Chioma molto densa di colore verde scuro. • Corteccia grigio-scura, con grosse lenticelle da giovane e placche

rotondeggianti. • Foglie rotondeggianti ottuse o rientranti all’apice con denticolatura

poco evidente. • Fiori separati; maschili in infiorescenze pendule a forma di spiga,

femminili simili a piccole pigne.

Ciliegio. • Albero di 20 m, con tronco eretto, cilindrico. • Rami robusti e ascendenti, all’inizio quasi verticillati. • Corteccia liscia, con lenticelle evidenti, rossastra e lucida da giovane

negli adulti con screpolataure anulari intorno al tronco. • Fiori bianchi, vistosi, riuniti in fascetti.

Page 99: Gestione Boschi Ripari

ALNETO DI ONTANO BIANCO DELL’APPENNINO

Foto-1 Alneto di ontano bianco dell’Appennino nei pressi di Fabbrica Curone lungo torrente confluente nella Val Curone. Formazione a ceduo, con sviluppo tendenzialmente lineare, costituita da soggetti di piccolo diametro ed altezze inferiori ai 10 m (foto Mondino).

Localizzazione.

Cenosi boschiva presente ai bordi dei ruscelli affluenti dei torrenti

principali intorno a 400-500 m, nelle vallate appenniniche su substrato

calcareo (calcareo-marnoso). Sono popolamenti a sviluppo quasi lineare e

frammentati lungo corsi d’acqua di portata molto modesta dove il basso

livello della falda non consente un’ulteriore affermazione laterale delle

specie riparie.

Formazioni presenti in Val Curone.

Page 100: Gestione Boschi Ripari

Struttura e vegetazione

Si tratta di cedui dove la specie principale è l’ontano bianco quasi puro con qualche

esemplare di Salix eleagnos, sanguinello, frangola e nocciolo; la vitalba è presente ai

bordi.

Il piano arbustivo è generalmente reso frammentario dalla notevole copertura

esercitata dall’ontano bianco; sono comunque da rilevare: sanguinello, lantana,

biancospino, frangola comune e carpino nero.

Foto-2 Alneto di ontano bianco dell’Appennino nei pressi di Fabbrica Curone lungo torrente confluente nellaVal Curone. Nella foto presa in esame risulta evidente la necessità di intervenire in tempi brevi per asportare i soggetti instabili e per ceduare le ceppaie di ontano, preservando almeno un pollone per ceppaia con funzione di tirasucchio (foto Mondino).

Page 101: Gestione Boschi Ripari

INTERVENTI.

1. Ceduazione delle ceppaie nella fascia a ridosso del corso d’acqua con

rilascio di almeno 1 pollone con funzione di tirasucchio.

2. Tagli fitosanitari.

3. Asportazione dei detriti in alveo in un tratto di 100 m a monte dei ponti.

Prima dell’intervento. Dopo l’intervento.

ALCUNE NORME DA RISPETTARE.

• Effettuare interventi tanto più leggeri quanto più è rada la vegetazione circostante.

• Accatastare il legname in luoghi sicuri o allontanarlo immediatamente.

• Adottare le buone pratiche di utilizzazione.

• Adottare le norme inerenti la sicurezza nei cantieri.

• Evitare interventi sistematici dove non sussistono reali condizioni di pericolo.

• Evitare sradicamento delle ceppaie.

• Evitare danneggiamenti alla vegetazione circostante durante le fasi di intervento.

Page 102: Gestione Boschi Ripari

ELEMENTI DI IDENTIFICAZIONE DELLE SPECIE ARBOREE Ontano bianco. • Albero alto fino a 15 (20) m. • Corteccia grigia, piuttosto liscia e un po’ lucida all’inizio diventa un po’

opaca ma poco rugosa. • Gemme a differenza dell’ontano nero, mai appiccicose. • Foglie alterne, picciolate, pubescenti da giovani come i rametti , di forma

ovato-lanceolata, con apice acuto, base cuneata e margine doppiamente seghettato.

• Fiori maschili riuniti in amenti allungati, quelli femminili in piccoli amenti di forma ovoidale o subrotonda che si trasformano in una piccola pigna un po’ legnosa nel frutto.

Salice ripaiolo. • Arbusto di 3-4 m (anche alberello sino a 10-15 m d’altezza). • Rami tenaci, giallo- rossastri poi lucenti. • Foglie più strette e allungate rispetto al salice rosso, denticolate al margine

da giovani si presentano interamente bianche e tomentose, da adulte solo sulla pagina inferiore.

Nocciolo. • Pianta a portamento alto-arbustivo, alta 5-6 m. • Corteccia grigio bruna, lucida, con lunghe fessure longitudinali . • Rami giovani ricoperti, nella parte distale, da una fitta peluria. • Foglie con picciolo breve, lamina a forma quasi ovale, base cuoriforme,

apice acuto e doppia dentatura. • Fiori maschili in amenti giallo-oro assai precoci. • Frutti (nocciole) riuniti in gruppi di 2-5.

Carpino nero. • Albero di 10-15 m circa. • Corteccia bruno-rossiccia, liscia da giovane, si screpola con l’età. • Foglie ovali, acuminate, seghettate e simmetriche alla base. • Fiori maschili portati in lunghi amenti penduli di colore giallo-verde. • Frutti raccolti in grappoli simili all’infiorescenza femminile del luppolo.

Page 103: Gestione Boschi Ripari

SALICETO DI SALICE BIANCO

Foto1-Valle Belbo. Si tratta di giovani e pure pertdalle piene

icaie di salice bianco interessate periodicam ordinarie che impediscono processi di ulteriore evoluzione.

i lungo i fiumi ed i corsi

o a circa 0,5 m sul

livello della falda sui depositi sabbiosi di recente formazione che si

originano nell’alveo ed in prossimità delle sponde.

Popolamenti diffusi in Valle Bormida di Millesimo e in Valle Belbo.

ente

Localizzazione.

Le formazioni di maggiore estensione sono present

d’acqua dei fondovalle dell’Alta Langa; si collocan

Page 104: Gestione Boschi Ripari

Si tratta di popolamenti coetanei, a struttura biplana e a rapido accrescimento in cui i

soggetti domi

te giovani, di salice

bianco unitame nco e pioppo

Struttura e vegetazione

nanti possono raggiungere 15 m di altezza.

Il piano arboreo è formato da soggetti ad alto fusto, generalmen

nte a sporadici individui di ontano nero, ontano bia

bianco; nello st e

al normale corso

rato arbustivo prevalgono salice ripaiolo, salice da ceste, salice dell

capre, sanguinello e, nelle aree sopraelevate e marginali rispetto

delle acque, rinnovazione di ontano nero, ontano bianco, carpino nero e robinia.

Fni

oto 2- Valle Belbo. Visione interna di giovane fustaia di salice bianco in cui lo strato erbaceo composto da alte erbe trofile indica la presenza di notevole sostanza organica nel suolo.

Page 105: Gestione Boschi Ripari

INTERVENTI.

1. Taglio dei salici bianchi e dei pioppi con altezze superiori a 15-20 m.

2. Eliminazione dei detriti vegetali presenti in alveo

3. Tagli fitosanitari e di messa in sicurezza dei soggetti inclinati, schiantati o

morti.

Prima dell’intervento. Dopo l’intervento.

ALCUNE NORME DA RISPETTARE.

• Effettuare interventi tanto più leggeri quanto più è rada la vegetazione circostante.

• Accatastare il legname in luoghi sicuri o allontanarlo immediatamente.

• Adottare le buone pratiche di utilizzazione.

• Adottare le norme inerenti la sicurezza nei cantieri.

• Evitare interventi sistematici dove non sussistono reali condizioni di pericolo.

• Evitare sradicamento delle ceppaie.

• Evitare danneggiamenti alla vegetazione circostante durante le fasi di intervento.

Page 106: Gestione Boschi Ripari

ELEMENTI DI IDENTIFICAZ BOREE

Salic

IONE DELLE SPECIE AR

e bianco.

lbero alto sino a 20-25 m. • A• Fo

pagina inferiore. • Fi

glie lanceolate a margine finemente seghettato e fitta peluria setosa sulla

ori maschili e femminili su piante diverse, raccolti in amenti.

no neroOnta . • Albero che può oltrepassare i 25m. • Chioma molto densa di colore verde scuro. • Corteccia grigio-scura, con grosse lenticelle e placch rotondeggianti. • Foglie rotondeggianti ottuse o rientranti all’apice, con denticolatura poco

evidente. • Fiori separati; m

simili a picc

e

aschili in infiorescenze pendule a forma di spiga, femminili ole pigne.

Ontano bianco. • • Corteccia, gr

opaca, ma• Gemm•

seghettato. • Fiori ma

di formpo’ legnosa nel frutto.

Albero alto fino a 15 (20) m. igia, piuttosto liscia e un po’ lucida all’inizio diventa un po’

poco rugosa. e, a differenza dell’ontano nero, mai appiccicose.

Foglie alterne, picciolate, pubescenti da giovani come i rametti, di forma ovato-lanceolata, con apice acuto, base cuneata e margine doppiamente

schili riuniti in amenti allungati, quelli femminili in piccoli amenti a ovoidale o subrotonda che si trasformano in una piccola pigna un

Pioppo bianco. • lbero di grandi dimensioni (35 m). • •

nella parte inferiore del fusto. • oglie palmate con 5 lobi e con peluria bianca nella pagina inferiore.

AChioma ampia e irregolare sorretta da grosse ramificazioni. Corteccia in età giovanile biancastra e liscia poi rugosa, scura e screpolata

F