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CITTÀ a partire dalla Missione Gennaio 2016 LAICI MISSIONARI COMBONIANI - PALERMO Una “Vinci l’indifferenz a e conquist a la P a ce Papa Francesco

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cittàa partire dallaMiss ione

Gennaio 2016Laici Missionari coMboniani - PaLerMo

U n a

“Vinci l’indifferenza e conquista la Pace”

Papa Francesco

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3 EditorialE

di Giulia di Martino

4 Voci dal mondo

a cura della redazione

5 cambiamEnti climatici E migrazioni forzatE

di Domenico Guarino

8 mongolfiErE

di Ester Russo

11 Una Piccola ma tEnacE zattEra

di Dorotea Passantino

13 Voci dallE ministErialità

di Francesca, Paolo e Giorgia

17 la Parola diPinta

di Salvo Brunone

21 racconti di Uno: la PacE

di Alda Merini

La redazione Alberto Biondo - Giulia Di Martino - Domenico Guarino

www.laicicombonianipalermo.org

[email protected]

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L’anno che si affaccia rafforza in noi la con-sapevolezza che viviamo in un mondo estremamente complesso, nel quale non

sempre è facile individuare le connessioni fra fatti, fenomeni e persone. Molte e molti ad esempio, stentano ancora ad andare oltre le ragioni apparenti del conflitto di civiltà che si sta montando fra mondo occidentale e Islam. Dietro le questioni di religione e le diversità culturali, si celano interessi di natura geopo-litica ed economica che di fatto determinano la sorte di milioni di civili, la stabilità o l’in-stabilità politica di un paese o meno: il bello e il cattivo tempo nella regione mediorientale sono meri risvolti delle strategie di una guerra fredda che non è mai cessata.

Quando ad esempio la Francia adotta durante COP 21 misure “di sicurezza” antiterrorismo che impediscono ai popoli vittime dei cambia-menti climatici di manifestare, ci chiediamo, insieme a Naomi Klein, se non si voglia espli-citamente mettere a tacere il grido che ricorda giorno per giorno quanto disagio, sofferenza e morte, derivino dai disastri ambientali e dagli sconvolgimenti climatici indotti da inquina-mento e consumi sfrenati dei paesi industria-lizzati. L’arrivo di tanti migranti, di tanti profu-ghi in Europa deve essere spiegato anche con tutti questi fattori a monte. Come è stato fatto dal presidio permanente PalermoSenzaFron-tiere in occasione della Giornata Internazio-

nale dei Migranti del 18 dicembre, preziosa occasione per invitare la gente a riflettere sui dati e i fatti reali della migrazione, al di là di ogni discriminazione e paura del diverso.

Ad uno stile di vita che ci rende complici del-la distruzione e delle guerre ambientali, si sta cercando gradualmente di contrapporne un altro di pace e giustizia, in cui si concretizza la visione olistica del tutto è connesso. In tutto il mondo si moltiplicano gli esperimenti di pra-tiche ecologiche, di accoglienza, di percorsi solidali. L’esperienza della Zattera e le espe-rienze delle diverse ministerialità, nei rispetti-vi articoli, navigano in questa direzione. Tutte scaturiscono dal desiderio di vita piena tanto annunciata nel messaggio di Gesù Cristo.

L’articolo sulla nuova cappella della comuni-tà ministeriale ci dimostra ancora una volta quanto i simboli siano importanti condensato-ri di valori e che aiutano a rigenerare la vita e le forze della comunità.

“Gesù, nato per amore, ci dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e ci conceda di inventarci una vita carica di dona-zione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.” (don Tonino Bello). Che il nuovo anno sia di conflitti interiori, sempre motivo di crescita, di conflitti intellettuali piuttosto che guerre di po-tere a tutte le scale.

E d i t o r i a l Edi Giulia Di Martino

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Attacco di Boko Haram in Nigeria, si

temono molte vittime. Il gruppo jihadista ieri ha colpito la città di Maiduguri, nello stato di Borno, con granate e attacchi suicidi. Lo

riferiscono alcuni testimoni. Il primo bilancio parla di 15

vittime.

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Centrafrica: dopo la visita del Papa, la pace è più

vicinaL’arcivescovo di Bangui ritiene che

molte divisioni siano state “superate” e, in vista delle imminenti elezioni,

lancia un appello per un paese unito e stabile.

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Voci dal mondo

Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) al 21 dicembre 2015 i

migranti e i richiedenti asilo che sono entrati in Europa sono più di un milione. Di questi, quasi 820mila sono approdati

in Grecia via mare. Gli altri hanno raggiunto Bulgaria, Italia, Spagna,

Malta e Cipro.

4

L’Associazione Co-munità Papa Giovanni XXIII

e la Comunità di Sant’Egidio hanno annunciato che verranno aperti i primi due canali umanitari verso l’Europa. I due canali saranno aperti da Libano e Marocco, grazie anche al contributo

economico della Chiesa Valdese. I mille potranno giungere in Italia con visti

rilasciati per “motivi umani-tari”.

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Si è svolta a Parigi la Conferenza sul cli-ma (Cop21) senza grandi novità. Anco-ra una volta, gli obiettivi di taglio delle

emissioni rimangono “impegni nazionali” a rischio di non essere inseriti sotto un accordo vincolante. Il tetto di due gradi che oggi è un obiettivo improbabile da raggiungere, all’e-poca della prima conferenza delle Nazio-ni Unite sul cambiamento climatico che si svolse a Berlino nel 1995 era perfettamente raggiungibile. Come scrive George Monbiot

su The Guardian (13.12.2015), “Vent’anni di rinvii, dovuti alle manovre - palesi, segrete e spesso decisamente sinistre - della lobby dei combustibili fossili, alle quali si è aggiun-ta la riluttanza dei governi a spiegare al loro elettorato che le decisioni a breve termine hanno un costo a lungo termine, hanno fat-to in modo che la finestra delle opportunità sia ormai chiusa per tre quarti”. Continua scrivendo che “L’estrazione dei combustibili fossili è un fatto concreto. Ma l’accordo di

di Domenico Guarino*

Cambiamenti climatici

e migrazioni forzate

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Parigi è pieno di fatti molto meno concreti, di promesse che possono non essere mante-nute o fatte slittare”.

Naturalmente, la lista dei danni compiuti dall’uomo nei confronti del pianeta è dram-maticamente lunga. Libri interi non baste-rebbero per descrivere nei dettagli le ferite che stiamo infliggendo a noi stessi/e: il sur-riscaldamento climatico, l’acidificazione degli oceani, il buco dell’ozono (un proble-ma arginato, ma non scomparso), la perdi-ta della biodiversità così come il calo della produzione alimentare con miliardi di per-sone denutrite. Gli effetti del cambiamento climatico interagiscono inoltre con altre va-riabili, di tipo socio-economico ma anche di politiche di uso del suolo e di gestione della risorsa idrica: cementificazione e pratiche agricole che riducono la capacità del terre-no di assorbire l’acqua, accaparramento di terre e “land grabbing” sono tra quelle pra-tiche destinate ad amplificare gli effetti dei cambiamenti climatici. Per gli ecosistemi e le comunità umane economicamente più povere, il cambiamento climatico e i suoi effetti rappresentano un rischio grave per la stabilità politica, economica e sociale. Nel-le regioni meno prospere, che non hanno le risorse e le capacità necessarie per adattarsi rapidamente a condizioni più dure, il pro-blema probabilmente sarà sempre più grave. Un habitat sconvolto o distrutto che favori-sce le migrazioni forzate. Dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di per-sone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi. Nel solo 2013

i disastri ambientali hanno causato 22 mi-lioni di profughi, 22.600 morti per un totale di 330 accadimenti. Per di più i migranti a causa dei cambiamenti climatici, con diffi-coltà trovano riconoscimento dal punto di vista giuridico, e sono destinati ad aumen-tare, proporzionalmente all’aggravarsi degli effetti dei cambiamenti climatici.

Le migrazioni forzate sono un problema che dobbiamo affrontare e comprendere, non solo perché ci riguarda ormai davvero da vi-cino, ma perché siamo realmente tutti sulla “stessa barca”. Da anni, i movimenti sociali e le reti della società civile, spingono per un cambiamento di paradigma: “System chan-ge not climate change”.

Davanti ai rischi legati a questi cambi del clima e alle guerre per le risorse che si stan-no esaurendo è necessario:

• Riconoscere i diritti a chi fugge dai sem-pre più frequenti disastri ambientali; manca una normativa, a livello sia italia-no, che europeo ed internazionale.

• Accettare una decrescita per uno svilup-po sano del pianeta e del “buon vivere”.

• Rafforzare la solidarietà, la cooperazio-ne, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della ter-ra. L’85% dei Paesi colpiti sono Paesi poveri, con il 99% delle morti e il 90% delle perdite economiche, pur essendo responsabili dell’1% delle emissioni mondiali.

• Prendere coscienza che i paesi ricchi non possono reagire a questa minaccia

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con la costruzione di ‘fortezze’ attorno ai loro confini.

I delegati a Parigi si congratulano con se stessi per aver raggiunto un accordo miglio-re di quanto si aspettassero, ma dovrebbero anche scusarsi con tutti quelli che hanno tradito.

Tocca a noi saper unire il “grido della Ter-ra” con il “grido dei e delle migranti”. La loro vita fatta di tantissime storie cariche di sofferenza e di morte, interpella seriamente i nostri stili di vita e la nostra incapacità di

pensare in funzione del bene comune.

* Missionario Comboniano

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Prima di cominciare a scrivere questo nuovo contributo, ho sentito e avuto necessità di avviare una ricerca, una

nuova ricerca nel tentativo di rintracciare nello spazio di tempo trascorso dall’ultimo articolo scritto per la newsletter dei miei amici laici, qualcosa nelle notizie quotidia-ne che avesse a che fare con la parola diritto, innovazione, cambiamento. Quel cambia-mento in tema di immigrazione a cui aspi-ravamo nelle primissime iniziative autunnali

sembra andare in una direzione che sempre più appare contaminata da parole come invisibilità, violazione dei diritti e respin-gimenti di libertà collettive fino alla morte muta dei bimbi di cui è stata data notizia ne-gli ultimi giorni: loro non hanno nome e non hanno più esistenza adesso.

I giovedì in strada promossi da Palermo sen-za Frontiere per tre lunghi mesi insieme ai gruppi di Milano, Torino, Roma e Messina

di Ester Russo*

Mongolfiere

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hanno rappresentato un’occasione per te-stimoniare gli accadimenti contemporanei, un’opportunità di apertura a nuove pratiche di convivenza, la possibilità di guardare a nuovi orizzonti, orizzonti circolari perché collettivi, gruppali, umanitari e unitari al tempo stesso, in cui è possibile guardare avanti a sé mentre si gira in cerchio, ma è possibile anche voltarsi, fermarsi se neces-sario. Cerchi puntuali ed emotivamente fa-ticosi hanno marciato di fronte le lumina-rie natalizie e talvolta asfissianti del Teatro Massimo; essi hanno ricordato la resistenza delle donne di Plaza de Maio, ma soprattut-to i nuovi desaparecidos attraverso le loro immagini: le persone che muoiono nel ten-tativo di raggiungere l’Europa, cancellati dal dibattito politico e dagli spazi del diritto se non in veste di banconote o merce di scam-bio. Tali iniziative hanno rappresentato allo stesso tempo occasioni di commemorazio-ne per i morti alle frontiere, ma anche di denuncia e di possibilità di costruzione di nuove forze politiche e sociali, nuove aggre-gazioni meticce anche attraverso la parteci-pazione di nuove soggettualità nella direzio-ne di nuovo progetto alternativo di società basate sui diritti e la solidarietà.

Tale persistenza e tenacia del gruppo Paler-mosenzaFrontiere, che guarda alla legitti-mità di ogni migrazione e al diritto di mo-bilitazione di ognuno superando privilegi relativi ai luoghi di nascita generativi di di-suguaglianze e supremazie di terzi, ha tro-vato espressione (non ultima) nella giornata di presidio del 18 Dicembre organizzata a Piazza Verdi, prima delle festività natalizie,

un pomeriggio di iniziative partecipate dagli studenti e dalla cittadinanza, organizzate in concomitanza con la Giornata Mondiale dei Diritti delle Persone Migranti.

Il coro dei ragazzi della scuola media “A. Pecoraro” seguiti dalla straordinaria profes-soressa Evelina, che ha avviato il presidio con originali interpretazioni dei brani di Manu Chao e non solo, hanno introdotto fin dall’inizio ai temi relativi ai diritti con-tro ogni forma di clandestinizzazione delle differenze. Ha incantato gli andanti: le pa-role delle canzoni ed esse stesse non erano scelte a caso, erano volte a produrre in ogni istante pensieri trasformativi, finalizzate a sfondare pregiudizi castranti e incastranti. Anche questo rappresentava un grido a più voci, come lo è stato per questi tre mesi, quel girotondo muto e assorto, se necessario anche sotto la pioggia, per non mancare a nessun appuntamento aggregativo e di sen-sibilizzazione, non in vista di una mortifica-zione o banale miserabilismo identificativo, ma come espressione di resistenza e di lotta e di continuità di fronte alle attuali e sempre più illegittime procedure di discriminazione su base etnica e nazionale che vedono nel-le differenziazioni tra migranti economici e forzati, una gravissima e reale messa in pe-ricolo non solo della libertà, ma della vita stessa di migliaia di migranti, soprattutto per ciò che riguarda recentemente le rotte bal-caniche e il confine greco-macedone.

A tal proposito, sentivamo doveroso testimo-niare, attraverso la lettura, la tragicità di al-cune stragi che hanno varcato recentemente

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le frontiere della legalità interumana, inter-vallando le letture con la musica di un ami-co musicista e compositore, Dario Lo Cicero che, con la sua generosità artistica e attraver-so i suoi strumenti, ha arricchito e reso più digeribili le parole pronunciate da chi si è reso disponibile alla lettura, al ricordo e alla condivisione.

Lo sguardo nuovo dei passanti, le voci gio-vani e le note che segnavano e scandivano il tempo di ogni lettura difficile da pronuncia-re, hanno reso questa iniziativa utile e volta a nuovi obiettivi etici, lontani da strategie

selettive di inclusione e sempre verso un pensiero più consapevole della complessità dei conflitti contemporanei che ci attraver-sano e che si muovono sempre più, purtrop-po, in vista di nuove sovranità, controlli e appropriazione delle risorse… sempre più lontani dalle utopistiche mongolfiere lumi-nose lasciate “sciolte” in cielo in segno di possibilità, libertà e speranza verso orizzonti circolari e collettivi comuni.

* Forum Antirazzista Palermo

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Una Piccola ma tenace Zattera

Chiudo gli occhi per qualche istante, la mia mente e il mio cuore si popolano di voci e volti, sapori e odori, lacrime

e risate, che mi parlano di un luogo, di un tempo, di un’esperienza che si chiama Zat-tera. La nostra vita, fatta di sogni, desideri e spinte interiori si intreccia e si incontra dentro questo sogno comune; creatività e movimen-to, attesa e riflessione, sono ingredienti che danno sapore al nostro stare insieme.

Non è semplice raccontare in poche righe il cammino comunitario di quest’anno, con

la sua bellezza e le sue fatiche, intenso, pro-fondo e abitato da tanti avvenimenti. Allora mi lascio condurre in questo racconto dalla forza simbolica ed evocativa di alcune imma-gini e luoghi, nel tentativo di condividere e farvi ormeggiare anche se per pochi minuti su questa piccola ma tenace Zattera. In questa rotta, alla ricerca di vita degna per tutte e tutti, anche noi siamo viaggiatrici e viaggiatori e nel nostro migrare desideriamo lasciarci con-vocare dalla storia con le sue sfide epocali, dalla sua eloquenza, dai suoi appelli, dal suo urlo, dalle infinite esigenze di dignità.

di Dorotea Passantino*

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Le chiavi appese alle porte delle nostre case parlano del nostro desiderio di vivere, den-tro un dinamismo di apertura e accoglienza, l’ospitalità come stile di vita. Crediamo, che oltre ad esprimere il dissenso per le attuali politiche migratorie, che determinano morti assurde e che investono nella costruzione di muri, di reticolati e fili spinati, sia necessa-rio aprire le porte, abbattere i muri che ab-biamo costruito dentro di noi; accogliere è una risposta dovuta alla vita. In questi anni siamo stati visitati e benedetti dalla presenza di chi migrante è approdato alla Zattera, que-sta esperienza di condivisione ci ha guarite/i dal rischio e dalla tentazione di chiuderci e di preservare la nostra vita e il nostro benesse-re familiare e personale. Anche quest’anno i nostri muri domestici hanno dato casa a Pa-tience, mamma Nigeriana, con sua bambina di 9 anni, Sonia. Un’opportunità, un incon-tro, uno scambio, un percorso di conoscenza reciproco, lento e graduale, che ci ha aiutato a superare pregiudizi e a non avere paura del-la diversità. Ci ha permesso di accoglierci, di fare spazio a visioni della vita differenti e a sentirci parte della storia .

Un luogo in cui rintracciare altri frammenti della nostra vita è la dispensa comune. Mi piace immaginarla come la bottega della vi-gilanza dove con sguardo critico, lucido e attento analizziamo la nostra spesa, i prodot-ti che acquistiamo. È per noi lo spazio della riflessione ed eticità, è il luogo che ci invita a ripensarci a partire da “un ‘ecologia integra-le, ambientale e sociale” per continuamente ri-orientare e mutare i nostri comportamenti verso il cibo, l’uso dell’acqua, dei detersivi,

ecc. . Crediamo che attraverso piccole scel-te concrete e quotidiane possiamo prenderci cura della madre terra.

Nei nostri ritmi di vita, tra ferialità e festa, “la tavola della convivialità” ha una collocazione speciale per l’esperienza che stiamo viven-do. È il luogo della condivisione dove oltre a spezzare il pane insieme, nutriamo le nostre relazioni, dove diventiamo compagne/i di vita, seduti alla stessa tavola. Dentro una cir-colarità e orizzontalità in divenire costruiamo la comunità possibile, sostenibile e sognata. Il tempo del guardarsi negli occhi, dell’ascol-tarsi, dell’imbandire di autenticità i rapporti mettendo a nudo le nostre fragilità. Ma è an-che il luogo delle conflittualità, dei punti di vista differenti, dei dissensi, il luogo della fe-sta, del vociare allegro delle bambine/i.

In questo nostro camminare tra luci e ombre, crediamo che la fede in Gesù di Nazaret e la sua Parola siano la linfa vitale del nostro agire quotidiano e delle nostre azioni in fa-vore della vita. Il respiro profondo di Dio e la sua brezza leggera ci aiutano a tenerci sinto-nizzati con gli impoveriti/e dando significato e profondità alla nostra fragile vita che tenta di rispondere, in compagnia di tante e tanti, creativamente e comunitariamente alle sfide della storia.

*Laica Missionaria Comboniana, e integrante della comunità la Zattera.

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La comunità di LMC è un’opportunità per prendere la vita nelle proprie mani, per viverla con consapevolezza e accanto al

fratello/alla sorella, grazie al generoso esem-pio del Comboni.

Come è strutturata la comunità dei Laici Mis-sionari Comboniani di Palermo?La comunità è strutturata in ministerialità che convergono nella struttura sovrana dell’as-semblea. La ministerialità è un ambito voca-zionale in cui, attraverso alcune dinamiche (vedere, pensare, agire, verificare, celebrare) ci si impegna a vivere, condividere e/o tra-sformare alcune realtà personali e collettive della vita sociale, economica, religiosa e cul-

turale, alla luce della Parola di Dio. Dopo un lungo periodo di analisi delle nostre risorse e dei nostri desideri rispetto al percorso co-munitario che stavamo intraprendendo, ab-biamo formato le seguenti ministerialità: eco-nomia, comunicazione (newsletter) e liturgia, trasversali rispetto alle altre: immigrazione, nuovi stili di vita e Pastorale.

Avete dei modelli di riferimento?Il riferimento è alle comunità di base dell’A-merica Latina che trasmettono la genuinità e la semplicità della condivisione della vita, dell’impegno sociale, della Lettura Popolare della Bibbia, come strumento, quest’ultimo, che rende viva e sempre attuale la Parola.

Voci dalleministerialitàLa commissione permanenteIntervista a Francesca Tranchina*

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Qual è il ruolo della commissione perma-nente?La commissione permanente è uno strumen-to della Comunità; un organo interno alla comunità il cui compito consiste nel dare im-pulso, coordinare e stimolare il vissuto mini-steriale ed assembleare. L’assemblea ha dato mandato a tre persone di svolgere per un paio di anni questo compito.

In che modo la comunità è presente nel ter-ritorio?La presenza della comunità nel territorio è resa possibile grazie alle ministerialità che, con le loro azioni, si “infiltrano” nel tessuto sociale, condividendone gli aspetti più “sani” o contrastandone quelli più “malati”. Così ad esempio, la ministerialità immigrazione fa parte di una più ampia rete antirazzista citta-dina, oppure la ministerialità degli stili di vita coinvolge tante persone esterne per la realiz-zazione dei laboratori di autoproduzione di dolci.La comunità si innesta con altre realtà locali, associative e non, per dar vita a forme nuove e solidali di partecipazione alla vita comune, per una società più solidale e sostenibile.

È possibile seguire il principio “strutture for-ti, leader deboli”?Le ministerialità sono riconosciute dalla co-munità; l’autonomia ministeriale trova un li-mite ed un confine solo con riferimento alla comunità, che rimane sempre e comunque sovrana rispetto al singolo laico o laica, alla ministerialità ed alla commissione perma-nente.

Per questo motivo il principio “strutture forti, leader deboli” sta alla base della comunità.È chiaro che questo comporta uno sforzo più o meno impegnativo, a seconda del carattere e della storia di ogni laico e laica, per ridi-mensionare se stessi e per far spazio agli altri, perché, davvero, lo sguardo tra tutti rimanga sempre orizzontale.

Per come è organizzata, ci sono possibilità di crescita della struttura, in termini di nuove persone?Le ministerialità rendono possibile alla comu-nità la conoscenza di persone che manifesta-no il desiderio di condividerne il cammino; rappresentano l’anello di congiunzione tra la comunità ed il territorio.

* Laica comboniana, parte integrante della com-missione permanente e della ministerialità stili di vita.

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Nell’importante discorso che papa Francesco ha rivolto recentemente alla Delegazione dell’Associazione

Internazionale di Diritto Penale (23 ottobre 2014), ha evidenziato che l’attuale contesto socio-culturale fomenta l’odio e la vendetta. “Questo clima comporta – così si esprime il pontefice - una specie di populismo pena-le, ossia la convinzione che, solo attraverso la pena detentiva, si possono risolvere i più disparati problemi della collettività, mentre richiederebbero l’implementazione di politi-che sociali ed economiche inclusive”. Il pon-tefice ha ribadito la sua condanna della pena di morte e dell’ergastolo, definito “pena di morte nascosta”, ma ha anche stigmatizzato la carcerazione preventiva, quando procuri abusivamente un anticipo della pena.

Questo discorso di papa Francesco, mi ha dato ancora più forza e stimolo nell’affron-tare anche quest’anno la condivisione con dei figli di Dio (e non con dei figli di un Dio minore come la nostra società li considera) attraverso il gioco del calcio, che stimola in loro l’altruismo, il rispetto dell’altro, la fiducia al compagno di squadra, valori che in alcuni di loro sono ormai dimenticati. Questo gli da la possibilità di riscoprire il bambino che è

dentro ogni persona.Insieme a loro ho riflettuto molto sulla paro-la “libertà”. Spesso non pensiamo a quanto sia importante fare ciò che si desidera, esse-re padroni del proprio tempo... e questo è il prezzo che purtroppo loro devono pagare, abbandonati a se stessi senza che nessuno provi a recuperare la pecora smarrita: “il con-trario della loro libertà non è soltanto la cella ma la solitudine stessa” .

Quando sono con loro, mostro il volto di Dio non con un linguaggio diretto, ma attraver-so i modi di fare, inserendomi nella squadra come uno di loro, con uno sguardo orizzon-tale.

Questa esperienza mi fa crescere sempre di più, giorno dopo giorno, anche perché riesco a guardare il carcere con occhi diversi.

Quando entro, quando oltrepasso il primo cancello, la mia mente si ferma lì, lasciando-mi dietro qualsiasi tipo di giudizio, ma solo un cuore aperto perché capace di amare. Tut-to rimane in sospeso ....

* Laico comboniano impegnato da anni nella pastorale carceraria

pastoraLe carcerariadi Paolo Sofia*

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Il mio impegno all’interno della parrocchia S. Lucia con i Padri Comboniani è quello di catechista dei fanciulli. Il percorso si artico-

la in due anni da ottobre a maggio di ciascun anno.

Le sfide che questo impegno presenta oggi sono tante. Innanzitutto bisogna considerare che viviamo in un contesto in cui il tessuto delle nostre famiglie e della società non è più cristiano e la trasmissione della fede da una generazione all’altra, non avviene più come per le generazioni passate. Si può dire che la società non è più cristiana, per cui arrivano bambini che non sanno fare il segno della croce o che raramente sono stati a Messa. La parrocchia si trova al Borgo Vecchio di Paler-mo, un contesto per niente facile. Le attività sono innanzitutto di accoglienza e di conoscenza, soprattutto durante il primo anno, si spende molto tempo per conoscere i bambini e le loro famiglie per meglio lavorare con loro. Questo viene sviluppato con delle favole, dei giochi, disegni, film etc. Prenden-do spunto dal vissuto della loro giornata, si cerca di relazionarlo con il testo del vangelo della domenica. L’obiettivo è quello di cam-biare la vita in meglio perché Gesù è venuto a salvarci. Molto importante è che tutto quello che si propone attiri piacevolmente i bam-bini, al fine di farli partecipare volentieri al catechismo. È fondamentale che il tempo tra-scorra lieto. In parallelo si cerca di conoscere

le rispettive famiglie, di coinvolgerle in que-sto nuovo impegno dei figli, un’opportunità per crescere insieme a tanti altri bambini. La vita quotidiana diventa il luogo privilegiato dove leggere la Parola di Dio e scoprire il va-lore salvifico dei sacramenti, obiettivo ultimo della catechesi.

* Laica missionaria comboniana, da due anni im-pegnata nella ministerialità di Pastorale

catechesidi Giorgia Damiani*

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La Paroladipinta

È sorta l’esigenza da parte della nostra giovane Comunità di Laici Missionari Comboniani di trovare, all’interno del-

la comunità famiglia “La Zattera”, un luogo indipendente dalle molteplici attività che in essa si svolgono, un luogo di silenzio desti-nato alla preghiera comunitaria o personale e luogo sacro dove meditare la Parola di Dio in relazione alla lettura della storia dell’umanità oggi. Una piccola cappella dunque, aperta alle nuove esigenze dei Laici Missionari, che da gruppo oramai ventennale, hanno intra-preso, durante quest’ultimo anno, il cammi-no per diventare Comunità.

In virtù di questa esigenza, sono iniziati i

lavori per la realizzazione di questo picco-lo progetto, che ci ha visto impegnati come gruppo e ha chiamato in gioco le capacità propositive del singolo, con il coinvolgimen-to di persone esterne alla comunità, che ge-nerosamente, a titolo gratuito, hanno offerto il loro tempo e il loro lavoro.

È stata individuata, come luogo più adeguato per la cappella, una piccola stanza rettango-lare della struttura, adiacente agli spazi per le attività comuni, e sono state apportate ad essa piccole modifiche tecniche, quali chiusure di finestre, sistemazione di nuovi punti luce, tin-teggiatura e pulitura delle pareti.L’impegno che io ho voluto assumere, in qua-

di Salvo Brunone*

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lità dei miei trascorsi da iconografo, è stato quello di rappresentare con immagini il per-corso intrapreso dalla Comunità .

A fornire ispirazione al mio lavoro è stato un versetto di contenuto altamente missionario, tratto dall’Apocalisse del Vangelo di Giovan-ni (versetto 2, cap22), suggerito da Padre Do-menico che così recita:

“In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a gua-rire le nazioni”.

Dopo qualche giorno di esitazione creativa, legata alla tecnica per la realizzazione, al materiale da utilizzare e alle dimensioni del dipinto da fissare sulla parete frontale della

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cappella, improvvisamente l’ispirazione e il disegno ha iniziato a prendere forma.

L’idea ha preso vita prima su di un piccolo bozzetto del disegno, presentato e condiviso l’estate scorsa con le persone che animano la Comunità, e successivamente con la sua realizzazione su tavola di legno gessata dalle dimensioni di 1.20 x1.20 mt.Oggi, sotto la finestra, che ac-coglie il versetto dell’Apoca-lisse, di fronte l’icona di San Daniele Comboni, che guarda la nuova storia dell’umanità, il quadro ha trovato il suo posto.

Il dipinto in acrilico è la rappre-sentazione dei punti focali del versetto ispiratore: l’albero di vita, la piazza, la città, le nazio-ni, uniti tra di loro da elementi appartenenti alla simbologia cristiana: l’ac-qua, il giorno.

Il disegno, si apre in uno scenario del mattino: l’alba, rappresentativo del “nuovo giorno”, contiene in se il significato della “Resurrezio-ne”, mistero dal quale si rinnovano tutte le cose. Al centro del dipinto, sono rappresen-tate le mani di Dio, colui che anticipa e da cui nasce tutta la creazione, dalle sue mani sgorga l’acqua, raffigurazione della vita, la-

sciata cadere naturalmente per alimentare il fiume della “cit-tà”, che si allarga sullo sfondo.In mezzo alla piazza quadrata della città (forma ispirata allo spirito di accoglienza della Zat-tera) si erge con le sue forti ra-dici “l’albero di vita”, allusione alla Gerusalemme Celeste, alla croce di Cristo, al Paradiso.

L’albero di vita, punto focale del dipinto, che si piega verso

i continenti del pianeta terra ruotanti attorno ad esso, vuole esprimere il rispetto e la sensi-

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bilità di Dio, che per “incarnarsi” nella storia dell’Umanità di tutti i tempi e incontrare la sua creatura, si offre con leggerezza e nel ri-spetto della libertà di ogni uomo e donna per produrre vita e produrne in abbondanza.

Tra tutti questi elementi cardine, si muovono i profili umani che dal margine sinistro del qua-dro camminano in modalità offertoriale verso la città di Palermo, intesa come ipote-tico altare di tutte le città del mondo, portando i frutti delle nostre Ministerialità: la Bib-bia, i Pani, i Pesci e la Luce, rappresentando cosi il cam-mino della nostra Comunità.

A completamento integrante del pensiero che il dipinto vuole esprimere, sono i due quadri posti sulla parete laterale: la Colomba, le cui piume riproducono i colori dei conti-nenti, è simbolo dello Spirito del Padre e le Orme, intese come cammino dell’Umanità, dove ognuno/a riconosce la propria strada e lentamente mette radici profonde.

Essere Comunità vuol dire camminare assie-me in un ascolto reciproco in cui ognuno/a ha qualcosa da portare, da imparare per andare ol-tre, perché “da soli si va più veloce ma insieme si va più lontani”.

*Laico Missionario Comboniano, Iconografo, integrante della ministerialità stili di vita.

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Gennaio 2016Laici MissionariComboniani

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la Pace

La pace che sgorga dal cuoree a volte diventa sangue,il tuo amoreche a volte mi toccae poi diventa tragediala morte qui sulle mie spalle,come un bambino pieno di fameche chiede luce e cammina.Far camminare un bimbo è cosa semplice,tremendo è portare gli uominiverso la pace,essi accontentano la morteper ogni dove,come fosse una bocca da sfamare.Ma tu maestro che ascoltii palpiti di tanti soldati,sai che le bocche della mortesono di cartapesta,più sinuosi dei dolcile labbra intoccabilidella donna che t’ama.

Alda Merini

Racconti di uno