fuori binario n.159 luglio/agosto 2013

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Produrre questo giornale costa al diffusore € 0,70 quello che date in più è il suo guadagno. Qualsiasi richiesta di soldi in favore dell’associazione, al di là dell’offerta libera per l’acquisto del giornale, non è autorizzata. G I O R N A L E DI STRA D A - A U T OGESTITO E AUTOFINANZIATO - N. 159 LUGLIO/AGOSTO 2013 - OFFERTA L I B E R A - W WW.FUO R I B I N A R IO.ORG - SPED. ABB. POSTALE ART. 2 COmmA 20/CL 662/96 - FIRENZE - N elle pagiNe iNterNe iNserto: “questa nostra lotta è la lotta di chi non vuole più soffrir, / di chi è ormai coscien- te della forza che ha / e non ha più paura del padrone”. Diceva così il ritornello di una vecchia canzone. Il guardiano più grosso del palazzo, bene armato, ci impedisce di entrare. Uno chiede di andare al bagno, sta già sudando ma viene respinto e costretto calarsi le braghe e pisciare con i suoi son- dini telini tamponcini sacchette in piazza del duomo fra i turisti. Forse è per questo che il giorno dopo sui giornali c’è il titolo “Piazza Duomo come il suk”? Non possiamo entrare? E allora non entra nessuno. E, coi nostri corpi e le nostre car- rozze, abbiamo otturato l’ingresso. Ne abbiamo viste, sentite e subite delle belle: impiegati regionali, notoriamente stakhanovisti, pur di raggiungere la loro scrivania (chissà da dove tornano...) com- primono strusciano piegano spostano stor- cono, coi loro culacci, corpi vivi immobili, incuranti delle proteste, e della protesta, e dei “vergogna vergogna” urlati a piena e voce; sfondano come tanti Pirro la barcol- lante barricata di carrozzine che subito si riforma con la pazienza del ragno; autisti su potenti macchine regionali urlavano agli agenti della digos di levare di mezzo “quelle carrozzine di merda”; signore e signori infuriati che vogliono uscire a costo di montarci in capo se no perdono il treno, argomento che per noi non ha signi- ficato poiché per noi è praticamente impos- sibile viaggiare in treno; i nostri assisten- ti aggrediti da impiegati impiegate e guar- diani a male parole e infine a manate, sono stati l’oggetto su cui costoro hanno scari- cato la loro rabbia perché non possono sca- ricarla su di noi, uomini e donne padroni di una parte soltanto dei loro corpi. Ridere parlare ragionare spiegare coinvolgere opporsi organizzarsi protestare criticare proporre sono cose che ai disabili non andrebbero permesse! Regione, volevi vedere fino a che punto quelle trenta persone, che una ventata più forte avrebbe potuto far cadere, avrebbero resistito in balia dei tuoi impiegati e guar- diani. Quelle trenta persone non erano sopra una gru a 40 metri da terra, erano in equilibrio su un filo a 40 metri da terra e sotto non c’era la rete. Regione, quelle trenta persone non erano lì per elemosinare il finanziamento di un pro- gettino “fumo negli occhi”, quelle trenta persone con grave disabilità erano venute a cercarti perché volevano e vogliono esse- re persone con pari dignità diritti e doveri di tutti quanti. Rossi, alcuni tuoi funzionari lavorano male già da troppo tempo, degradali nel grado e nello stipendio e mettili a fare un lavoro dove non possano far danni. Rossi, una battaglia dei progressisti e democratici, e quindi anche tua, crediamo, fu combattuta e persa anni fa, quella per il disarmo della polizia in servizio di ordine pubblico. Te, ci credi ancora in quell’obiettivo? Noi sì. E per questo ti chiediamo di disarmare i guardiani del tuo palazzo. Dopo un giorno e una notte e una mattina- ta passate a respingere i canti delle varie sirene, a respingere tentativi di divisione, a circumnavigare il Palazzo per andare al bagno, con gli occhi e i piedi gonfi che non entravano più le scarpe, con le mutande inzaccherate; alcuni di noi stremati dalla fatica hanno dovuto abbandonare l’occupa- zione, ma altri sono arrivati a darci man forte. E siete stati costretti a scendere a patti. Possiamo dire che siamo soddisfatti del risultato ottenuto; abbiamo salvaguardato quei disabili già inseriti nel progetto vita indipendente che potranno continuare a pagare le/gli assistenti personali e ottenu- to un finanziamento per i nuovi progetti. NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO Soriano Ceccanti NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO FB159_FB16 18/07/13 21:33 Pagina 1

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fuori binario giornale di strada

Transcript of fuori binario n.159 luglio/agosto 2013

Produrre questo giornale costa al diffusore € 0,70 quello che date in più è il suo guadagno.

Qualsiasi richiesta di soldi in favore dell’associazione, al di la dell’offerta libera per l’acquisto del giornale, non e autorizzata.

GIORNALE

DIS

TRA

DA

- AUTOGESTITO E AUTOFINANZIATO - N. 159 LUGLIO/AGOSTO 2013 - OFFERTA LIBERA-WW

W.FU

OR

IBINARIO.ORG-SPED.ABB.POSTALEART.2COmmA20/CL662/96-FIRENZE-

Nelle pagiNe iNterNe iNserto:

“questa nostra lotta è la lotta di chi non

vuole più soffrir, / di chi è ormai coscien-

te della forza che ha / e non ha più paura

del padrone”. Diceva così il ritornello di

una vecchia canzone.

Il guardiano più grosso del palazzo, bene

armato, ci impedisce di entrare.

Uno chiede di andare al bagno, sta già

sudando ma viene respinto e costretto

calarsi le braghe e pisciare con i suoi son-

dini telini tamponcini sacchette in piazza

del duomo fra i turisti.

Forse è per questo che il giorno dopo sui

giornali c’è il titolo “Piazza Duomo come il

suk”?

Non possiamo entrare? E allora non entra

nessuno. E, coi nostri corpi e le nostre car-

rozze, abbiamo otturato l’ingresso.

Ne abbiamo viste, sentite e subite delle

belle: impiegati regionali, notoriamente

stakhanovisti, pur di raggiungere la loro

scrivania (chissà da dove tornano...) com-

primono strusciano piegano spostano stor-

cono, coi loro culacci, corpi vivi immobili,

incuranti delle proteste, e della protesta, e

dei “vergogna vergogna” urlati a piena e

voce; sfondano come tanti Pirro la barcol-

lante barricata di carrozzine che subito si

riforma con la pazienza del ragno; autisti

su potenti macchine regionali urlavano

agli agenti della digos di levare di mezzo

“quelle carrozzine di merda”; signore e

signori infuriati che vogliono uscire a

costo di montarci in capo se no perdono il

treno, argomento che per noi non ha signi-

ficato poiché per noi è praticamente impos-

sibile viaggiare in treno; i nostri assisten-

ti aggrediti da impiegati impiegate e guar-

diani a male parole e infine a manate, sono

stati l’oggetto su cui costoro hanno scari-

cato la loro rabbia perché non possono sca-

ricarla su di noi, uomini e donne padroni di

una parte soltanto dei loro corpi. Ridere

parlare ragionare spiegare coinvolgere

opporsi organizzarsi protestare criticare

proporre sono cose che ai disabili non

andrebbero permesse!

Regione, volevi vedere fino a che punto

quelle trenta persone, che una ventata più

forte avrebbe potuto far cadere, avrebbero

resistito in balia dei tuoi impiegati e guar-

diani.

Quelle trenta persone non erano sopra una

gru a 40 metri da terra, erano in equilibrio

su un filo a 40 metri da terra e sotto non

c’era la rete.

Regione, quelle trenta persone non erano lì

per elemosinare il finanziamento di un pro-

gettino “fumo negli occhi”, quelle trenta

persone con grave disabilità erano venute

a cercarti perché volevano e vogliono esse-

re persone con pari dignità diritti e doveri

di tutti quanti.

Rossi, alcuni tuoi funzionari lavorano male

già da troppo tempo, degradali nel grado e

nello stipendio e mettili a fare un lavoro

dove non possano far danni.

Rossi, una battaglia dei progressisti e

democratici, e quindi anche tua, crediamo,

fu combattuta e persa anni fa, quella per il

disarmo della polizia in servizio di ordine

pubblico.

Te, ci credi ancora in quell’obiettivo? Noi

sì. E per questo ti chiediamo di disarmare

i guardiani del tuo palazzo.

Dopo un giorno e una notte e una mattina-

ta passate a respingere i canti delle varie

sirene, a respingere tentativi di divisione,

a circumnavigare il Palazzo per andare al

bagno, con gli occhi e i piedi gonfi che non

entravano più le scarpe, con le mutande

inzaccherate; alcuni di noi stremati dalla

fatica hanno dovuto abbandonare l’occupa-

zione, ma altri sono arrivati a darci man

forte. E siete stati costretti a scendere a

patti.

Possiamo dire che siamo soddisfatti del

risultato ottenuto; abbiamo salvaguardato

quei disabili già inseriti nel progetto vita

indipendente che potranno continuare a

pagare le/gli assistenti personali e ottenu-

to un finanziamento per i nuovi progetti.

NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO

Soriano Ceccanti

NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO

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PER NON PERDERSI PAGINA 2

CENTRI ASCOLTO INFORMAZIONI

A.S.S.A. (Ass. Speranza Solidarietà AIDS): Via R. Giuliani,443 Tel. 055 453580

C.I.A.O. (Centro Info Ascolto Orientamento) Via delle Ruote, 39- orario 9,30-13,00 pomeriggio su appuntamento - Tel. 0554630876, [email protected].

CARITAS: Via Faentina, 34 - Tel. 055 46389273 lu. ore 14-17,mer. e ven. ore 9-12 per gli stranieri; tel. 055 4638 9274, mar.e gio. ore 9-12 per gli italiani.

CENTRO ASCOLTO CARITAS: Via Romana, 55 - Lun, mer: ore16-19; ven: ore 9-11.

CENTRO ASCOLTO CARITAS: Via San Francesco, 24 Fiesole -Tel. 055 599755 Lun. ven. 9 -11; mar. mer. 15 -17.

PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel. 055 288150.

SPORTELLO INFORMATIVO PER IMMIGRATI: c/o Circolo arci “ilProgresso” Via V. Emanuele 135, giovedì ore 16 - 18,30.

CENTRO AIUTO: Solo donne in gravidanza e madri, P.zza S.Lorenzo - Tel. 055 291516.

CENTRO ASCOLTO Caritas Parrocchiale: Via G. Bosco, 33 - Tel.055 677154 - Lun-sab ore 9-12.

ACISjF: Stazione S. Maria Novella - binario 1 - Tel. 055 294635- ore 10 - 12:30 / 15:30 - 18:30.

CENTRO ASCOLTO: Via Centostelle, 9 - Tel. 055 603340 - Mar.ore 10 -12.

TELEFONO MONDO: Informazioni immigrati, da Lun a Ven 15-18 allo 055 2344766.

GRUPPI VOLONTARIATO VINCENZIANO: Ascolto: Lun. Mer. Ven.ore 9,30-11,30. Indumenti: Mar. Giov. 9,30-11,30 V. S. Caterinad’Alessandria, 15a - Tel. 055 480491.

L.I.L.A. Toscana O.N.L.U.S.: Via delle Casine, 13 Firenze.Tel./fax 055 2479013.

PILD (Punto Info. Lavoro Detenuti): Borgo de’ Greci, 3.

C.C.E. (Centro consulenza Extra-giudiziale): L’AltroDiritto; Centro doc. carcere, devianza, marginalità. Borgo de’Greci, 3 Firenze. E-mail [email protected]

MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA: Via Palmieri, 11rTel./fax 2466833.

SPAZIO INTERMEDIO: Via Palazzuolo, 12 Tel. 284823.Collegamento interventi prostituzione.

CENAC: Centro di ascolto di Coverciano: Via E. Rubieri 5r -Tel.fax 055/667604.

CENTRO SOCIALE CONSULTORIO FAMILIARE: Via Villani 21aTel. 055/2298922.

ASS. NOSOTRAS: centro ascolto e informazione per donnestraniere, Via del Leone, 35 - Tel. 055 2776326

PORTE APERTE “ALDO TANAS”: Centro di accoglienza abassa soglia - Via del Romito - tel. 055 683627- fax 0556582000 - email: [email protected]

CENTRO AIUTO FRATERNO: centro d'ascolto, distribuzione divestiario e generi alimentari a lunga conservazione, Piazza SantiGervasio e Protasio, 8, lun.- ven. ore 16-18, chiuso in agosto,max 10 persone per giorno.

CENTRI ACCOGLIENZA MASCHILI

SAN PAOLINO: Via del Porcellana, 28 - Tel. 055 294707 (infor-mazioni: CARITAS Tel. 4630465).

ALBERGO POPOLARE: Via della Chiesa, 66 - Tel. 211632 -orari: invernale 6-0:30, estivo 6-1:30 - 25 posti pronta acco-glienza.

SUORE "MADRE TERESA DI CALCUTTA": Via Ponte alleMosse, 29 - Tel. 055 330052 - dalle 16:30, 24 posti

CASA ACCOGLIENZA "IL SAMARITANO": Per ex detenuti - ViaBaracca 150E - Tel. 055 30609270 - fax 055 0609251 (riferi-mento: Suor Cristina, Suor Elisabetta).

OASI: V. Accursio, 19 - Tel. 055 2320441

PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel. 055 280052.

COMUNITÁ EMMAUS: Via S. Martino alla Palma - Tel. 768718.

C.E.I.S.: V. Pilastri - V. de' Pucci, 2 (Centro AccoglienzaTossicodipendenti senza tetto).

CENTRI ACCOGLIENZA FEMMINILI

SUORE "MADRE TERESA DI CALCUTTA": ragazze madri ViaA. Corelli 91- Tel. 055 4223727.

CASA ACCOGLIENZA: SAN DONNINO (Caritas) - Via Trento,187 - Tel. 055 899353 - 6 posti (3 riservati alle ex detenute) -colazione + spuntino serale.

PROGETTO S. AGOSTINO: S. LUCIA Via S. Agostino, 19 - Tel.055 294093 - donne extracomunitarie.

S. FELICE: Via Romana, 2 - Tel. 055 222455 - donne extraco-munitarie con bambini.

PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel. 055 280052.

CENTRO AIUTO VITA: Ragazze madri in difficoltà - Chiesa di S.Lorenzo - Tel. 055 291516.

MENSE - VITTO

MENSA CARITAS: Via Santa Caterina d'Alessandria,11.

MENSA S. FRANCESCO: (pranzo, più possibilità doccia) P.zzaSS. Annunziata - Tel. 055 282263.

ARCA DI SAN ZANOBI: (locali suore Carmelitane parrocchiaSanta Maria) Via Roma, 117/A - Scandicci - cestino - Tel. 055741383 - ore 18-20.

MENSA CARITAS: Via Baracca, 150 (solo pranzo; ritirare buoniin Via dei Pucci, 2)

MENSA ROVEZZANO: Via Aretina, 463.

ASSISTENZA MEDICA

CENTRO STENONE: Via del Leone 35 - 055 214 994, lun.-ven.ore 15-19.

AMBULATORIO: c/o Albergo Popolare - Via della Chiesa, 66 -Ven. 8 - 10.

PRONTO SALUTE: per informazioni sulle prestazioni erogatedalle AA.SS.LL. fiorentine tel. 055 287272 o al 167 - 864112,dalle 8 alle 18,30 nei giorni feriali e dalle 8 alle 14 il sabato.SPORTELLO DI ORIENTAMENTO ALLA SALUTE: orientamen-to alla salute ed al SSN anche per chi ha difficoltà ad accedervi,scelta della cura. Giovedì ore 16.30-19:00 presso AteneoLibertario - Borgo Pinti 50r [email protected]

VESTIARIO

CENTRO AIUTO FRATERNO: Vestiario adulti, Chiesa di SanGervasio.

PARROCCHIA DI S.M. AL PIGNONE: Via della Fonderia 81 - Tel055 229188 ascolto, lunedì pomeriggio, martedì e giovedì mat-tina; vestiario e docce mercoledì mattina.

BAGNI E DOCCE

BAGNI COMUNALI: V. S. Agostino - Tel. 055 284482.

PARROCCHIA SANTA MARIA AL PIGNONE: P.zza S. M. alPignone, 1 - mercoledì dalle 9 alle 11. Tel. 055 225643.

AURORA ONLUS: Via dei Macci, 11 Tel. 055 2347593 Da mart.a sab. ore 9-12. Colazione. doccia, domicilio postale, telefono.

CENTRO DIURNO FIORETTA MAZZEI: Via del Leone, 35. Dallun. al ven. ore 15-18,30.

CORSO DI ALFABETIZZAZIONE

CENTRO SOCIALE “G. BARBERI”: Borgo Pinti, 74 - Tel. 0552480067 - (alfabetizzazione, recupero anni scolastici).

CENTRO LA PIRA: Tel. 055 219749 (corsi di lingua italiana).

PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 Tel. 055 288150.

GLI ANELLI MANCANTI: Via Palazzuolo, 8 Tel. 055 2399533.Corso di lingua italiana per stranieri.

DEPOSITO BAGAGLI

ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO CARITAS-ONLUS

via G. Pietri n.1 ang. via Baracca 150/E, Tel. 055 301052 -deposito bagagli gratuito; tutti i giorni, orario consegna - ritiro10 - 14.30.

Pubblicazione periodica mensile Registrazione c/o Tribunale di Firenze n. 4393 del 23/06/94 Proprietà Associazione "Periferie al Centro"

DIRETToRE RESPoNSABILE: Domenico GuarinoCAPo REDATToRE: Roberto PelozziCooRDINAmENTo, RESPoNSAB. EDIToRIALE: Mariapia PassigliGRAFICA E ImPAGINAZIoNE: Sondra Latini REDAZIoNE: Gianna Innocenti, Luca Lovato, Felice Simeone,Francesco Cirigliano, Silvia Prelazzi, Michele Giardiello, Clara, DimitriDi Bella, Rossella Gilietti, Franco Di Giuseppe, Sandra Abovich,Stefano Galdiero.CoLLABoRAToRI: Mariella Castronovo, Raffaele, Antonietta DiPietro, Michele, Nanu, Jon, Luca, Marzio, Donella, Teodor, Anna Pes.STAmPA: Nuova Cesat - Firenze-------------Abbonamento annuale € 30; socio sostenitore € 50. Effettua il versamento a Banco Desio e della Brianza -V.le Mazzini 1 - IBAN - IT37 O 03440 02809 000000 373 000, oppure c.c.p. n. 20267506 intestato a Associazione Periferie al Centro- Via del Leone 76, - causale “adesione all’Associazione”

“Periferie al Centro onlus”Via del Leone, 76 - 50124 Firenze Tel/fax 055 2286348 -

Lunedì, mercoledì, venerdì 15 - 19.

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PAGINA 3 LA BACHECA DI FUORI BINARIO

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Nel carcere fiorentino i reclusi prote-

stano contro il sovraffollamento e da

oggi non prenderanno il vitto servito

dall’amministrazione. E il garante

Corleone attacca il Governo:

“Attribuire la delega per la politica

delle droghe”

Redattore Sociale - 01 luglio 2013

FIRENZE – Sciopero del vitto deidetenuti di Sollicciano contro ilsovraffollamento del carcere. Da oggii reclusi dell’istituto penitenziariofiorentino non prenderanno più ilcibo che l’amministrazione peniten-ziaria serve loro a pranzo e a cena,ma tenteranno di arrangiarsi con iviveri da loro comprati e preparati.Lo “sciopero del carrello”, così è statodefinito, intende anche esprimeresostegno al digiuno a staffetta per lalegalità delle carceri cominciato duesettimane fa dal garante dei detenutidi Firenze Franco Corleone e prose-guito da altre persone.Inoltre dalla prima settimana diluglio, sempre i detenuti diSollicciano sosterranno “lo scioperodel sopravvitto”, in segno di protesta

contro i prezzi praticati sui prodottiin vendita all’interno dell’istituto,maggiorati rispetto ai prezzi pratica-ti nei supermercati esterni”.La questione che viene posta è anno-sa e preannuncia un estate calda. E’troppo grave e insostenibile il ritardoda parte dell’AmministrazionePenitenziaria della predisposizionedi una seconda cucina e dei lavori diristrutturazione al femminile.Obiettivo del digiuno è anche quellodi sostenere la raccolta di firme perle tre proposte di legge di iniziativapopolare su tortura, carceri e droghe,che chiedono tra l’altro l’introduzio-ne del reato di tortura nel codicepenale e la completa depenalizzazio-ne del consumo di sostanze stupefa-centi e l’accesso ai programmi direcupero per i detenuti tossicodipen-denti.“È grave – ha spiegato Corleone – chela ministra Cancellieri non abbia rite-nuto di inserire nel decreto leggemodifiche minime ma essenziali aquella legge criminogena che è la FiniGiovanardi, per impedire l’ingressoin carcere per fatti di lieve entità e

per far uscire migliaia di tossicodi-pendenti dal carcere”. Ma ancora piùgrave, secondo il garante, è “il fattoche il presidente del Consiglio Lettanon abbia ancora attribuito la delega

per la politica delle droghe e chequindi il dipartimento PoliticheAntidroga sia senza guida e comple-tamente autoreferenziale”.

DENTRO LA GABBIA PAGINA 4

UN ALTRO SIGNOR B. UNA STORIA DI ORDINARIA ESCLUSIONE SOCIALEB. l’ho conosciuto quando aveva 16 anni. Già aquell’età aveva dato i primi segnali di devianza.B., quando era ancora ragazzo ho provatomolte volte a cercarlo recandomi direttamente acasa sua, con l’intento di accompagnarlo versoun percorso educativo. Il rapporto è iniziatocosì, offrendogli semplicemente delle colazionial bar e parlando insieme, perché sapevo che inquel momento non potevo chiedergli di più.Successivamente, senza successo, ho provatoad inserirlo nei percorsi d’accompagnamentolavorativo all’interno della cooperativa socialedove lavoro, che per un po’ il ragazzo ha fre-quentato, per poi dopo alcuni mesi abbandona-re definitivamente. Rendendomi conto delle pro-blematiche personali che aveva, riuscii a convin-cerlo ad accompagnarlo da uno psicologo, maquest’ultimo da “bravo” dottore, mi riferì sem-plicemente quello che già sapevo e cioè che B.era affetto da disturbo della condotta, aggiun-gendo che come medico non poteva fare altro eche il ragazzo doveva autonomamente presen-tarsi alle sedute, non immaginando che perquesti soggetti occorre fare qualcosa di più daquello che prevede rigidamente il rapporto pro-fessionale medico – paziente.Ora B., a distanza di anni, è detenuto in carce-re a Pistoia. Appena l’ho visto mi ha salutato eabbracciato come se ci trovassimo al bar. Hocapito solamente in quel momento che con luiavevo perso la partita e che non l’avevo persasolamente io, ma che in qualche modo l’aveva-mo persa un po’ tutti. Da questa esperienzaparte la mia constatazione della direzione in cuistiamo andando e cioè verso una comunità e piùestesamente un tipo di società sempre piùescludente, che come nel caso di B. e di tantialtri ragazzi come lui non riesce e forse non

vuole più rispondere alle loro domande di aiuto,domande che non sono immediatamente deci-frabili, ma che potremmo percepire e raccoglie-re se solo ci mettessimo veramente in un atteg-giamento di ascolto.B. abitava e abitata tutt’ora (quando un giornotornerà in libertà), nella zona più degradata diPistoia, dove un architetto “creativo” ha pro-gettato, ed un’amministrazione compiacente diquel tempo, realizzato, un quartiere popolarefatto di palazzi aforma di triango-lo, torri e altreforme strane.Palazzi degradan-ti, grigi, brutti,realizzati conmateriali scadenti,con scarsi se nonnulli lavori di manu-tenzione, dove ipoveri cristi che li abi-tano ci soffocano dalcaldo d’estate,costretti a combatterecon piattole, scarafaggied altre insetti strani. Seè vero, come ha dettoqualcuno, che la bellezzasalverà il mondo, vorràdire che questo quartiere, come altri dellanostra periferia, sono destinati forzatamente aldeclino. Negli ultimi anni si è cercato di riqualifi-care il quartiere con un progetto ambizioso contre “grandi” risultati: i palazzoni descritti soprasono rimasti nelle solite condizioni e si sonoinvece abbattute le uniche case decorose a trepiani, costruite a regole d’arte e che con mode-

sti interventi di manutenzione sarebbero torna-te come nuove; si è abbattuta quella che erachiamata la “scuolina”, e che tanti residentiancora rimpiangono, per costruirci nuove palaz-zine; si è affidato l’appalto dei lavori a delleaziende, senza tenere conto della possibilitàche alcune lavorazioni potevano essere realiz-zate dalle cooperative sociali presenti sul terri-torio e che da anni occupano persone svantag-

giate, guarda caso nellamaggioranza dei casi pro-venienti dallo stesso quar-tiere. I ragazzi e altrepersone come B. nasco-no e crescono tra questipalazzi nell’indifferenzadei servizi pubblici chein qualche mododovrebbero occupar-sene, perché unacosa è certa: anchequando quello cheviene chiamato“utente”, chiedeaiuto e si rivolge aiservizi sociali, nonsempre trova dellerisposte in grado

di rispondere concreta-mente ai propri bisogni, ma sempre più spessotrova solamente dei muri. I ragazzi come B.sono sempre più in aumento. Sempre più pre-cocemente abbandonano la scuola dell’obbligoe quest’ultima è contenta quando può liberarsidi chi “disturba” e di chi, come affermano i geni-tori degli alunni bravi, non consentono il regola-re svolgimento del programma ministeriale.Sempre più precocemente i soggetti devianti

passano dall’uso di droghe leggere all’uso dicocaina ed eroina, sniffata e fumata.Io credo, parlando come operatore sociale ecome garante dei diritti dei detenuti, che sareb-be importante, guardando a questo particolareuniverso giovanile, che le istituzioni pubbliche,di concerto con il privato sociale, svolgesseroun serio lavoro di prevenzione sul territorio,perché molto spesso quando i ragazzi “difficili”ce li ritroviamo in carcere è ormai troppo tardi,in quanto le condizioni psicofisiche che presen-tono ristringe notevolmente le possibilità di unloro pieno recupero. La situazione carceraria,infine, come ormai è risaputo, aggrava e conso-lida la situazione di difficoltà di partenza nellaquale si trovano i soggetti che vi entrano.Alle amministrazioni comunali e provinciali che siapprestano ad elaborare bandi di gara e megaprogetti, dico che secondo me sarebbe impor-tante riflettere e discutere prima su quello chevogliamo veramente fare con queste persone,quali strategie adottare per intercettare i lorobisogni, che tipo di interventi efficaci si prevededi attivare come azioni d’inclusione sociale elavorativa; quali sono e se ci sono, infine, dellerealtà che già operano sul territorio con buonirisultati e che necessitano pertanto di essererafforzate e incentivate.Ritornando a B., che mi parla ora da personaadulta, con un figlio affidato all’ex compagna,senza più il sostegno della propria famiglia conla quale non ha più rapporti da tempo e chesembra inconsapevole della gravità della situa-zione in cui si trova, non mi rimane che andarloa trovare in carcere e provare, di nuovo, adascoltarlo.

Antonio SammartinoGarante dei diritti dei detenuti di Pistoia

monza: muore in carcere a 22 anni per “ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO”,

la madre vuole la veritàFrancesco Smeragliuolo aveva solamente 22 anni ed era stato arrestato il 1° maggio scorso peruna rapina. È morto nel carcere di Monza sabato 8 giugno, ma la notizia ci è arrivata solo oggi,grazie alla denuncia della madre del giovane, Giovanna D’Aiello. La signora D’Aiello chiede conforza di conoscere la verità sulla morte del figlio: “Sono sicura che non è morto di morte natura-le, i suoi organi erano sani. Dopo averlo visto a colloquio in carcere, il lunedì prima della sua morte(3 giugno, ndr) avevo fatto presente che mio figlio stava male. Ha perso sedici chili in un mese.Avevo chiesto lo mettessero in una struttura adeguata, che lo aiutassero. Lui non aveva problemidi salute. Se aveva sbagliato, doveva rispondere per quello che aveva fatto, ma non è giusto chesia morto così. Voglio sapere cosa è successo, voglio la verità”. “Io mi rivolgerò a tutti, non mi fermo qui - ha proseguito - perché la morte di Francesco deve ser-vire da monito per tanti ragazzi. Avrei voluto che morisse tenendo la sua mano nella mia. E inveceè andata in questo modo atroce”. I familiari escludono anche l’ipotesi del suicidio. In una lettera recente alla fidanzata Francesco pen-sava “ai tanti progetti insieme”. Su disposizione del magistrato è stata effettuata l’autopsia, che(per quanto è dato sapere) ha escluso che la morte di Francesco sia avvenuta per cause violenteo per intossicazione da farmaci o droghe. Il responso è stato “decesso causato da arresto cardio-circolatorio”.

sollicciano, per protesta i detenuti rinunciano al cibo

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PAGINA 5 DENTRO LA GABBIA

Nel corpo

Diffondiamo una lettera scritta recentemente da unaex detenuta delle Vallette ripubblicata da Macerie, cheracconta la sezione femminile del carcere, l’oscenitàdella repressione. Quella faccia della “giustizia” legaleche tortura, rinchiude e punisce con ottusa crudeltà.Negare la libertà non si può realizzare con quattro stu-pide mura ed ecco che li interviene l’Istituzione, crean-do regole, limiti, negazioni continue di tutto ciò che èessere se stesse, che è bellezza e creazione di legamisociali con individui umani e non. Di tutto ciò che èlotta.

Libere tutte!

«È nel corpo che si sente la sofferenza immediata delcarcere. Vi racconto le piccole materialità che trau-matizzano le membra e fanno del carcere di Torinouna delle galere più invivibili (a detta di chi di galerene ha girate molte e a lungo).Nel femminile, diviso in 4 sezioni, sono collocatecirca 200 donne, 2 in ogni cella.Le celle sono piccole e scure, hanno dimensioni di 4metri per 2 nello spazio abitativo che dispone di unletto a castello, un tavolino a muro, 2 sgabelli -se si èfortunati- e 4 piccoli pensili. Il bagno è di dimensioni4 metri per 1 con water, lavandino e bidet. In cellanon c’è acqua calda, che è invece fredda e terribil-mente terrosa. Se lasci la moka bagnata il giornodopo puoi scorgere la traccia grigiastra lasciata dal-l’acqua. Se le due concelline non sono entrambesmilze e piccoline è quasi impossibile muoversi con-temporaneamente senza toccarsi e intralciarsi.Le finestre sono piccole e basse, infossate verso l’in-terno e circondate da sbarre e da una grata a magliafine (messa dopo la protesta delle lenzuola). L’ariagià riciclata dall’esterno, chiusa dalle alta mura deivari perimetri, non riesce a circolare e ad arieggiare lacella. Chi ha problemi di claustrofobia ed asma nepatisce molto.Di conseguenza il minimo da pretendere è che lecelle rimangano aperte, mentre c’è la possibilità diuscire dal proprio cubicolo solo 4 ore su 24.Dalle 9 alle 11 della mattina c’è la possibilità di usci-re all’aria, in un cortile spoglio con alte mura e nes-suna fontana. Nello stesso orario è concesso fare ilbucato e la doccia con l’acqua calda in un unico loca-le che dispone di 3 docce e un lavandino. Solo 3 per-sone alla volta possono recarsi a fare la doccia, insezione si è in 50 donne.

Al pomeriggio la stessa storia. Dall’una alle tre c’è l’a-ria e ci sono le docce aperte. Se non si fa né l’una nél’altra si rimane chiuse. All’aria c’è una rete di palla-volo e due porte barcollanti da calcio, ma c’è solo unapalla bucata e sgonfia con cui oltre che calciarla perscaricare il nervoso non si può fare nessun gioco.In più le guardie portachiavi riducono il tempo d’a-pertura. Ad un quarto aprono e a meno un quartochiudono, mai all’orario giusto.Riassumendo… la concomitanza degli orari dell’ariae della doccia riduce il tempo di stare all’aperto e creal’impossibilità di fare entrambe le cose. Le doccesono poche e fanno schifo, il soffitto è giallo dall’u-midità e sgocciola, l’acqua troppo dura fa squamarela pelle, lo spazio per l’aria è triste, troppo assolato esenza fonti d’acqua corrente durante l’estate, senzariparo per l’inverno. Una bella lista di ovvi motivi perlottare. I tempi e gli ambienti delle ore d’aria sonofondamentali per un minimo di sopravvivenza possi-bile.Rispetto alla possibilità di fare movimento e sport…ecco non c’è nessuna possibilità.Esiste una palestra, inagibile da oltre un anno. Hannoaperto un corso di pallavolo per 15 persone chehanno fatto richiesta e dopo mesi sono state chiama-te a partecipare.L’inattività, causata da mancanza di strutture emezzi, facilita il corpo a sformarsi, a deprimersi dipiù, a non avere la stanchezza sufficiente per dormi-re, a trattenere il nervoso, il malessere e la menteaffranta. Gli spazi ci sono e dovrebbero essere utiliz-zati. Ma possiamo aspettare che qualcuno ce li con-ceda per generosità o sarebbe ora di esigerli conforza? Per ogni malessere non fisico il carcere propo-ne la Terapia. La visita dallo psichiatra è quella piùsuggerita dalla direzione carceraria e la somministra-zione di farmaci consigliata dallo psichiatra la piùgenerosa.La maggioranza delle detenute utilizza psicofarmaciper affrontare la sofferenza e l’insonnia. Il carrellinodell’infermeria passa tre volte al giorno per dispensa-re anestetici all’angoscia della carcerazione.Per i mali fisici, per qualsiasi male, c’è il Brufen. Maldi collo, Brufen, mal di schiena, Brufen, mal di denti,Brufen… e così via.Il personale medico non pare così professionale, avolte di fronte a non ovvi malesseri si destreggianello sperimentare miscugli di farmaci. Al femminile

ho visto donne gonfiare con il passare degli anni(io sono entrata più volte per brevi soggiorni), altredimagrire di molti, molti, molti chili, altre mihanno raccontato di terribili mali a causa di curedentistiche errate e rimedi bestiali, siringhe dimiscugli di antidolorifici intramuscolo (se hai maleai denti è la fine. Il dentista in carcere fa schifo, sesi sta anni dentro con qualche problema ai denti sirischia di uscire sdentate).Ricordo che lo scorso Natale nella sezione maschi-le è morto un detenuto per una terapia sbagliata.Il caso è rimasto all’oscuro. Qualche suo compagnodi sezione ha protestato per l’accaduto, ma comerisposta ha ricevuto un immediato trasferimentoin un altro carcere. I tentativi di zittire chi prende ilcoraggio di raccontare non devono scoraggiare.Affinché questi episodi non colpiscano più chi ècostretto all’interno di un carcere, per la propriaincolumità, le violenze, gli abusi e la negligenza dichi gestisce queste gabbie dovrebbero essere dif-fuse il più possibile e la vigilanza di chi è dentrodovrebbe essere al massimo grado, altro che psico-farmaci.I problemi di salute derivano anche dall’alimenta-zione. Il cibo che passa il vitto è abbondante, ma

spesso è immangiabile e misterioso. Nei carrelli dellacasanza si sono visti frittate spugnose, sughi di carnee hamburger verdi, pasticci di patate acidi, riso sem-pre crudo e uova vecchie. Chi non ha soldi, chi vive daanni senza alcun legame con fuori o con una famigliaindigente impossibilitata ad aiutarla, oppure chi si èvista arrestare e sequestrare le proprie cose sospetta-te de essere i proventi dell’attività illecita commessa,si vede costretta a doversi cibare principalmente delcibo che passa il carcere. Diventa impossibile conce-dersi quei piccoli vizi che ti renderebbero un po’ piùlieta, e allora rimandi tutto al desiderio.L’amministrazione offre a chi non ha soldi 15 euro almese. Con 15 euro puoi comprarti un pacco di caffè,un pacco di carta igienica, uno shampoo, un bagno-schiuma, un pacco di assorbenti, un pacco d’acqua da6 bottiglie e un dolcino di quelli economici. E i fran-cobolli? Le buste? Una penna? Una bottiglia d’olioper condire l’insalata? Sei poverella? Mangi insipido esei costretta ad elemosinare i bolli.I prezzi dei prodotti della spesa sono in continuavariazione, solitamente in crescita. Si sospetta che iprezzi siano aumentati rispetto ai prezzi del super-mercato, a volte la cosa risulta palese, quando il prez-zo originario è ancora appiccicato sulla scatola dadove vengono distribuiti i prodotti. Dove va quelsovrapprezzo? Ad alimentare l’amministrazione car-ceraria che si lamenta di mancanza di fondi e di scar-sità di strumenti? Secondo le normative i prezzi dellaspesa in carcere dovrebbero essere uguali alla primaarea di commercio al di fuori. Risulta difficile capirlovisto che non esiste un elenco noto con la lista di tuttii prodotti disponibili elencati con relativo prezzo pre-cisato. Quindi altro che mantenuto dallo Stato comesuole dire la gente indifferente, il carcere è mantenu-to dalle stesse detenute che inoltre lo puliscono incambio di una paga misera e ancora più misera se haiuna pena definitiva, dai soldi dello stipendio ti tolgo-no le spese del vitto e dell’alloggio carcerario.Altra privazione che è degna di nota è l’impossibilitàdi tenere il fornellino in cella per 24 ore. Esso vieneritirato alle 9 di sera alla chiusura dei blindi e ridatoalle 7 del mattino. E se qualcuna insonne volessefarsi una camomilla oppure degli spaghetti aglio,olio e peperoncino? O se qualcun’altra è mattiniera evuole bersi il caffè alle 5? “I fornellini non rimangononelle celle perché alcune detenute sniffano il gas”

questa è la scusa che hanno utilizzato le guardie, l’i-spettrice e i colleghi civili, mettendo le detenute leune contro le altre, sniffatrici di gas contro cuochenotturne. E perché non incazzarci con chi ha deciso ditogliercelo? C’è chi tre volte al giorno somministraterapie stordenti, chi chiude e rinchiude con millemandate porte che ci fanno soffocare, che portano alsuicidio… si preoccupano che con del gas una sipossa stordire e così giustificano il fatto che ci posso-no levare tutto?Non sarebbe ora di smettere di essere trattate da sco-lare monelle, ma di comportarci come donne digni-tose che si incazzano e si riprendono quello di cuihanno bisogno?In carcere si sopravvive grazie agli incontri.Nonostante la storie completamente differenti si tro-vano donne con le stesse paure e la stessa voglia dilibertà. C’è sempre una storia divertente o colma disfighe che vale la pena di essere ascoltata. A voltenascono discussioni su vicende avvenute nel trantranquotidiano, sui fatti di cronaca con punti di vistastrampalati, su sogni su fuori, su vicende del passato,su lamentele sullo schifo del carcere. Non c’è maitempo però per parlare a lungo. Le ore d’incontrosono quelle d’aria, da far incastrare con la doccia edue ore la sera di socialità (si può stare in 4 in cella).È poco il tempo per superare la superficialità dellecose che si dicono, per iniziare a dire le cose che sipensano, non sufficiente per concluderle. Proprioimpossibile invece è comunicare con le altre sezionidello stesso braccio. Al femminile si sono solo quattrosezioni una vicina all’altra ma è come se fosserodistantissime, se sei in terza non sai quasi nulla diquello che succede in prima e sono una sull’altra.È vietato ogni tentativo di comunicare. Se urli troppodalla finestra per parlare con una tua amica che è inun’altra sezione vieni rimproverata. Con il maschilenel 2011 esisteva ancora la posta libera, senza dovermettere i francobolli. La corrispondenza era fitta,nascevano rapporti epistolari d’amore e c’era l’oppor-tunità di scambiarsi informazioni sulle differentisituazioni di detenzione, di far girare notizie di mal-trattamenti e ingiustizie, di tirar su il morale di uno/asconosciuto/a. Oggi le lettere interne bisogna spedir-le, e il tempo di una risposta può essere anche di duesettimane, perché l’attesa di una missiva che esce dalcarcere ha inspiegabilmente questa durata.Riducendo al minimo l’incontro fisico con le compa-gne di detenzione, aumentando le distanze tra sezio-ni differenti, tra maschile e femminile, tra dentro efuori i legami sono più fragili, aumenta la sensazionedi isolamento, diminuisce la possibilità di far girarenotizie di maltrattamenti, pestaggi o iniziative diprotesta che se comunicare velocemente potrebberoavere una simultanea reazione solidale nelle altreparti del carcere e fuori.Ma per superare le difficoltà di comunicazione, e gliostacoli che l’amministrazione penitenziaria frappo-ne internamente tra i detenuti e tra i detenuti e ilmondo di fuori è necessaria la consapevolezza che lasolidarietà e la determinazione individuale e colletti-va sono gli unici strumenti che abbiamo contro leviolenze, gli abusi e le umiliazioni che subiamo quo-tidianamente. Se ci lasciamo drogare tutti i giorni, seaccettiamo passivamente le condizioni in cui cicostringono a vivere, se continuiamo ad essere isola-te e indifferenti perdiamo la dignità che sola ci rendelibere tra quelle mura e non costruiamo nessunaancora di salvataggio a cui aggrapparci per resistereal mare aperto in cui siamo esiliate.»

macerie @ Luglio 8, 2013

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La figlia di San BasilioCASA PAGINA 6

La giovane manganellata al corteo per lacasa, a Roma All’ospe dale Fate be ne fra telli, sull’isola Tibe rinaa Roma, Ste fa nia Glo rioso, 26 anni, si è appena sve -gliata. La gior nata l’ha pas sata tra un esame e l’altro.L’ultima è stata la Tac alla testa, col pita lunedì da unaman ga nel lata a  freddo, men tre la poli zia cari cavauna mani fe sta zione paci fica di cin que mila per soneappar te nenti ai movi menti per la casa. Nella foto diYara Nardi si vede un bastone che rompe gli occhialida sole a spec chio e le sfre gia il volto. In uno scattosuc ces sivo vediamo Ste fa nia a  terra, san gui nantee  senza fiato, soc corsa da mani pre mu rose, voltiagghiac ciati. Ste fa nia è stata una delle vit time, la piùgrave delle cin que, di una carica vio lenta che ha spin-to i  ver tici della città, il sin daco Igna zio Marino e  ilvice sin daco Luigi Nieri, a  chie dere chia ri menti alQue store e al Pre fetto. I movi menti pre ten dono inve-ce le loro dimis sioni anche per ché hanno lasciatospa zio ad una mani fe sta zione non auto riz zata dellaDestra di Sto race.Ste fa nia sfiora pre oc cu pata la tume fa zione che ha sulvolto. La pro gnosi è riser vata. Le gira la testa, sa chene avrà per molto. «Siamo stati in due ad essere staticol piti in testa – rac conta – In neu ro lo gia è  rico ve -rato un mio amico con un ver sa mento di san gue.A me invece me l’hanno spac cata». La voce si spezza:«Mi hanno messo dodici punti in testa, mi rimarràuna cica trice alta sulla fronte. Ma che, si fanno que -ste cose?». Ste fa nia riav volge il nastro di una gior -nata che ricor derà a lungo: «Que sta è la prima e ulti-ma man ga nel lata che prendo, giuro – assi cura –Provo solo tri stezza per que sta per sona che mi hapic chiato senza moti va zione. Se fossi stata aggres -

siva, ver bal mente e  fisi ca mente, adesso alze rei lemani e  chie de rei scusa, dicendo che ho esa ge rato.Ma così non è stato. Ho visto che sta vano cari cando,in mezzo c’era mio fra tello pic colo, i  miei amici. Hosolo pro vato a  chie dere il per ché. Nes suno mi harispo sto. Que sto è  il risul tato. Voglio sapere dov’è lapace, e  dov’è la libertà di mani fe stare in que stopaese». Indica la benda che le copre i punti. E laferita ancora pal pi tante.Dal 6 aprile scorso, Ste fa nia vive in un’occu pa -zione sulla via Tibur tina a Roma, nel quar tieredi San Basi lio, all’incro cio con via di Tor Cer vara,dove i movi menti per il diritto all’abi tare hannooccu pato un resi dence di pro prietà dell’immo -bi liare I.c.m.c., costruito più di due anni fa e daallora mai uti liz zato. Quel giorno, insieme a lei,c’erano 250 per sone, 72 nuclei fami liari, donneincinte, anziani, padri di fami glia, gio vani cop -pie, sin gle e  lavo ra tori disoc cu pati o  sal tuari.E  c’erano anche i  suoi fra telli, e  sua madre.Vive vano ai giar dini di Cor colle, una fra zione estremadella capi tale, dov’è stato indi vi duato uno dei sitidella nuova disca rica che dovrebbe sosti tuire quelladi Mala grotta. «Era una casa piena di muffa – ricor-da – quel giorno ero andata a pren dere mio fra tellopic colo a scuola, il pro prie ta rio è entrato in casa, hamal me nato mia madre con un bastone e l’ha but tatafuori. Ha cam biato la ser ra tura e ci ha lasciato fuori.Rin gra zio Iddio che tutto que sto è  capi tato nelmomento dell’occu pa zione. Il danno è stato minore.Tutta la nostra fami glia è  entrata nel resi dence. Iovivo in una stanza».Ste fa nia ha stu diato a Tivoli da este ti sta in una scuo-la pro fes sio nale: «È un lavoro che amo, non so spie -

garle la ragione, l’ho sem pre por tato den tro – rac -conta – Adesso sono disoc cu pata, ma non mi piacepar lare di que sto. Le mie gior nate in que sti mesi le hopas sate nel resi dence. A pranzo e a cena stiamo insie-me, uno cucina e io appa rec chio, e vice versa. Ci aiu -tiamo tutti». Il primo giorno dell’occu pa zione loricorda pieno di pre oc cu pa zioni. Poi la ten sione è sce -

mata, gli occu panti hanno ini ziato ad orga niz zarsi,men tre altri visio na vano gli spazi ido nei per le fami -glie con i bam bini. «Abbiamo impa rato ad essere unagrande fami glia – afferma – abbiamo costi tuiti i pic -chetti di guar dia e  quelli per la puli zia, durano seiore, ogni turno è com po sto da diverse per sone. Orga -niz ziamo assem blee per sta bi lire le regole in comu-ne, per com prare quello che serve se si rompe qual -cosa. Siamo un con do mi nio auto-orga niz zato, uno diquelli in cui vivono tutti».La vita scorre come un fiume tran quillo nel quar tieredove, 39 anni fa, ci fu la rivolta di San Basi lio. Unaset ti mana di resi stenza duris sima dei movi menti perla casa con tro i  rei te rati ten ta tivi di sgom bero. L’8

set tem bre 1974, alle 5  del mat tino, perse la vita il19enne Fran ce sco Ceruso, da Tivoli, a causa dei colpiesplosi dalla poli zia.L’occu pa zione dei «figli di San Basi lio». Così è  statadefi nita l’occu pa zione nata nell’ambito della cam pa -gna dello «Tsu nami tour» par tita il 6 dicem bre 2012nel giorno di uno scio pero della Fiom. Ste fa nia si

è tro vata a vivere in una micro-sto ria anta -go ni sta e con di vide gli obiet tivi di una lottain una città cru dele come solo Roma saessere: «Per so nal mente non cono sco lealtre occu pa zioni – dice – ma con moltidegli occu panti ci siamo cono sciuti nellemani fe sta zioni, ci incon triamo spessoe pas siamo le serate. Quando si sta in que -ste situa zioni si vive in maniera umile. Tradi noi c’è molta uma nità. Quando invece cisono i  soldi, le per sone non capi scono ilsigni fi cato della com pa gnia, della com pli -cità, di un gesto, di un sacri fi cio. Noi stiamo

risco prendo un senso quasi ori gi na rio dell’uma nitàe non farebbe male a nes suno viverla».Al sin daco Marino e al vice sin daco Nieri che le hannofatto visita Ste fa nia ha ripe tuto come sono andatii  fatti: «Erano dispia ciuti – dice Ste fa nia — mihanno detto che avreb bero pia cere di rice vermi. Ciandrò volen tieri, voglio far gli capire la situa zionesociale di que sta città. Oggi chi perde il lavoro perdela dignità e  la paga. Le fami glie si sepa rano dopoavere perso la casa. Basta leg gere i gior nali, la gentesi sui cida, non ce la fa più». Cosa dovrebbe fare, oggi,un sin daco di Roma davanti a tutto que sto? «Requi -sire le case sfitte» risponde Ste fa nia.

Roberto Ciccarelli

NUOVA CONDANNA

A LORENZO

E A TUTTO

IL MOVIMENTO

Dopo sei ore di udienza, dopo avere

ascoltato in passerella un nugolo di

Vigili Urbani della città di Firenze,

dopo avere ampiamente dimostrato

la totale estraneità di Lorenzo ai

reati ascrittigli, Lorenzo Bargellini è

stato nuovamente condannato a 4

mesi e 10 giorni di reclusione per il

reato di resistenza a pubblico uffi-

ciale.

I Vigili Urbani del Comune di

Firenze, il reparto antidegrado

hanno così ottenuto una vendetta

sul campo ... A loro la concessione di

praticare pestaggi, sgomberi, razzi-

smo ... L’esercizio della legittima

difesa diventa immediatamente

inquisizione, inchiesta e addirittura

“vittimismo”, non saranno i

Tribunali a fermare le lotte sociali a

tutela dei bisogni delle genti. A

luglio oltre 100 sfratti, li DIFENDE-

REMO A OLTRANZA, TUTTI!!!

Il movimento di lotta per la casa

È accaduto la notte del 9 Luglio all’occupazione delle case diCaltagirone a Ponte di Nona. Gli artificeri disinnescano un ordignorudimentale ma non tanto. Stasera una prima assemblea.

Da aprile nel quartiere periferico di Ponte di Nona (zona Prenestina)sono state occupate dai senza casa alcune palazzine costruite daCaltagirone. La zona non è quella delle case popolari ma quella dellecase private. C’è stata qualche tensione all’inizio con i soliti “comita-ti per la sicurezza” che hanno cercato di aiz-zare la gente contro gli occupanti. Ma parti-colari problemi non ci sono mai stati, ancheperchè l’occupazione è una di quelle delloTsunami Tour che a dicembre ed aprile hadato vita a numerosi occupazione di caseorganizzate e con precisi obiettivi e modalitàdi gestione della lotta. L’occupazione, in que-sto caso, è gestita dagli attivisti di Action.Questa notte, mentre dentro l’occupazione sifesteggiavano i tre mesi di occupazione, dueoccupanti hanno notato una Bmw biancamodello 95/2000 che rallentava e poi si fer-mava davanti all’entrata delle palazzine occu-pate. La macchina ripartiva ma sulla stradarimaneva uno zainetto. Uno degli occupanti siè avvicinato e ha notato un led luminoso. Èscattato l’allarme ed è stata chiamatala polizia con gli artificeri chehanno confermato come si trattasse di un ordigno con tanto di timerma difettoso. La polizia ha affermato che si tratta di un “atto dimo-strativo”.Ipotesi? a) Nel quar t ie re c ’è ch i sof f ia su l fuoco con argoment irazz ist i contro gl i occupant i

b) La malav i ta locale non tol le ra d issonanze organizza-te su l p ropr io te rr i to r ioc) le case occupate sono d i Ca l tagirone , uno a cu i dasempre piace i l g ioco duroSolidarietà agli occupanti di Ponte di Nona è arrivate da diverse real-tà sociali del territorio e metropolitane. Nessuna intimidazione verràaccettata.Il comunicato degli occupanti su quanto accaduto stanotte.

LE RAGIONI DELLA NOSTRA LOTTA,PER DIRE NO UNA PROVOCAZIONELa notte scorsa, mentre nella casa occupata diCaltagirone a Ponte di Nona si festeggiavano itre mesi di occupazione, una Bmw biancamodello 95/2000 rallentava e poi si fermavadavanti all’entrata della palazzina. La macchi-na ripartiva ma sulla strada rimaneva uno zai-netto. Uno degli occupanti si è avvicinato e hanotato un led luminoso. È scattato l’allarme edè stata chiamata la polizia con gli artificieri.Probabilmente si tratta di un “atto dimostrati-vo”.Vogliamo sottolineare che nessuna intimidazio-ne può arrestare le lotte sociali, pubbliche etrasparenti. L’occupazione della palazzina diPonte di Nona è l’unico atto che molte famiglie

hanno potuto mettere in pratica per trovare una soluzione abitativa.Il percorso di lotta per il diritto all’abitare, all’interno dello tsunamitour, è strumento di riappropriazione dei diritti per le famiglie occu-panti e per tutti quelli che vivono il dramma dell’emergenza abitativa.Riteniamo grave qualsiasi atto di intimidazione come quello di questanotte, perché è un atto contro la democrazia e la libertà di rivendi-care una vita migliore.

Foto Attilio Cristini

Roma. Pacco bomba contro le case occupate

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INTANTO POMPEI CONTINUA A CROLLARE

13 luglio 2013 - Un crollo lungo via Stabiana. Alcune pietre sono venute giù dalla sommi-

tà di un muro del Teatro Piccolo o Odeion.

30 novembre 2012 - cede il muro di una domus lungo il vicolo di Modesto nella Regio VI.

8 settembre 2012 - cedimento di una trave di legno nel peristilio di Villa dei Misteri.

27 febbraio 2012 - viene giù una parte d'intonaco non affrescata staccatasi da una delle

pareti che si trovano nell'atrio della Domus della Venere in Conchiglia, una

delle più note.

22 febbraio 2012 - scoperti alcuni frammenti di intonaco caduti da un muro

nel Tempio di Giove.

Episodi di minore entità rispetto ai crolli del muro romano di tre metri nei

pressi della Porta di Nola (il 22 ottobre 2011) e di un pilastro della Villa di

Loreio Tiburtino (il 21 dicembre 2011).

6 novembre 2010 - crolla la Schola Armaturarum, la scuola dei gladiatori,

lungo via dell'Abbondanza.

I sentatetto di P.zza Augusto Imperatore a Luca Lancise: “ Qui nemmeno i barboni ci vengono

più”

Una guida turistica che per venti euro fa saltare tutta la coda all’ entrata del Colosseo “ In Italia

ne devi sapere una più del diavolo, perché senno ti mangiano.”

Due milioni e 800 mila euro il fatturato annuo di un ristorante con vista Pantheon. Ma i turisti

non vengono più a Roma: “ troppo caos, troppa monnezza” secondo un cameriere del ristorante

L’ ingresso alla Domus Area di Roma, nel parco di Colle Oppio di fronte al Colosseo, è vietato al

pubblico dato che le volte potrebbero crollare a causa delle infiltrazioni d’ acqua.

Quanto spende il nostro Paese per le bellezze e i beni culturali

che tutto il mondo ci invidia?

Lo 0,19% del Pil, mentre in Europa si parla in media del 2-3%. Tra

degrado e restauri infiniti, abusi e mancanza di risorse contro cui

combattere quotidianamente, paradossi e sprechi, nel docu-

mentario “ Sepolta viva” - di Paolo Santolini, con Luca Lancise e

Monica Giandotti - lo spettatore è accompagnato in un viaggio

molto speciale nella città eterna, Roma. Colosseo, Domus aurea,

Fontana di Trevi, ponte Sant’ Angelo ... quanti monumenti sono

a rischio, nell’ indifferenza più totale?

“SEPoLTA VIVA” sul degrado dei Beni Culturali!RIVEDILo: http://srvpb.co/12p0C0R

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di Claudio Ascoli - Chille de la balanza

Spesso per San Salvi-Chille si parla di utopia. “Le uto-pie consolano: se infatti non hanno luogo reale, sischiudono tuttavia in uno spazio meraviglioso eliscio; aprono città dai vasti viali, giardini ben pianta-ti, paesi facili, anche se il loro accesso è chimerico.”Così rifletteva Michel Foucault ne “Le parole e le cose”:chissà cosa avrebbe detto di un’utopia concreta comequella che ormai da oltre 15 anni proviamo a farrespirare nell’ex-città manicomio di Firenze!Dal 1998 un padiglione dell’ex-manicomio fiorentinodi San Salvi, e gli spazi all’aperto che lo circondano,sono diventati sede e materia prima di un progettoteatrale dei Chille de la balanza, storica compagniadel teatro di ricerca in Italia . Così volle Carmelo Pellicanò, ultimo direttore dei tettirossi (come veniva comunemente chiamato l’ospeda-le psichiatrico di Firenze), che collegò la completachiusura del manicomio (fuori tutti i matti!) all’in-gresso “della città” in quegli stessi spazi che dal 1890avevano accolto, e spesso segregato, migliaia dimalati mentali e… diversi a vario titolo. Da allora un’area di oltre 30 ettari - negata per più diun secolo ai fiorentini - si è così trasformata in unacittà aperta, luogo di produzione culturale: teatro,arti visive, musica, canzone d’autore, poesia… La parola “cultura” ci riporta al verbo latino “còlere”che ha diversi significati: coltivare (un campo), orna-re (un corpo), venerare (una divinità), ma soprattut-to abitare (un luogo).Abitare è una facoltà umana. E’ una abilità acquisita,costruita sì su una predisposizione biologica, ma ela-borata culturalmente, quindi condivisa con unasocietà. L’antropologo La Cecla propone un parallelo affasci-nante invitandoci a considerare che noi siamo fattidella stessa carne di cui sono fatti i luoghi e che perquesto tra noi e loro c’è una stessa corrispondenza esomiglianza. Siamo le mappe di noi stessi e dei luoghiche ci circondano, così come questi diventano mappedel nostro corpo e dei nostri sensi.”Spesso presentando il mio Fare Teatro, parlo diLuogo-Corpo-Metodo in un percorso tra tradizione etradimento”. Un percorso basato sul disequilibrio,inteso come attitudine alla discontinuità, ad essereaperti all’infinito. Anche da ciò la nostra marginalitàin una società nella quale si cerca disperatamenteuna sintesi, un punto fermo, una risposta. Il nostrodisequilibrio è invece all’opposto il lavoro sul terrenodella domanda, in una continua ricerca di nuovi inizi.Oggi la città soffre di molte mancanze: mancano adesempio i “luoghi accanto”, luoghi che assolvanola funzione dell’agorà (sorta di mercato come occa-sione di accordi nonostante le differenze e i malinte-si), di luoghi in cui la vita possa trovare spazio perallargare lo spazio, come stiracchiandosi. Chiunqueabbia partecipato, costruito progetti con noi, o sem-plicemente sia stato a San Salvi in questi anni, nonpuò non riconoscerlo come un “luogo accanto”!Abitare per noi è infatti molto più di una sempliceattività di progettazione: Abitare è creare e viceversa.

La casa, il villaggio…San Salvi non sono così un’im-magine ridotta del cosmo, in un certo senso sono giàil cosmo.Quest’anno festeggiamo i nostri primi quarant’annidi vita – la compagnia fu fondata a Napoli nell’otto-bre del 1973! – con un percorso intitolato Il sognomatto, chiaramente riferito alla figura di DonChisciotte. Il Sogno matto è nel più vasto progetto Abitare i con-fini 2012-2014, titolo che riprende una osservazionedel dicembre 1991 di padre Ernesto Balducci: “C’è uncontinente inquieto nascosto in noi che è il rispec-chiamento interno di quella parte del pianeta che èemarginata, oppressa. Il negro è in noi, è fuori di noima è anche in noi. (…) A Firenze c’è sempre stata laprostituzione, l’omosessualità, la devianza: adessoc’è un alibi, sono gli extracomunitari. L’attribuzioneal diverso delle anomalie che appartengono allanostra cultura è il primo indizio, perché la mancanzadi sicurezza in un gruppo sociale si riflette nell’indivi-duo in un crollo della sicurezza. Così potremmo benpresto vedere questo urto tra le diversità come unfenomeno destinato a mettere in forse i livelli diumanità che abbiamo raggiunto. (…) Questa cittàbasata sulle separazioni, sulle segregazioni, sulleparcellizzazioni dell’esistenza ha toccato un limite

oltre il quale ogni equilibrio si spezza. I bambini nellascuola, i malati nell’ospedale, i matti nel manicomio,i carcerati nel carcere, i vecchi nell’ospizio?! (…)Abitare i confini: ecco la vera urgenza!” Il Sogno matto è innanzi tutto un percorso di forma-zione dello spettatore, di uno spettatore a cui sianoofferte occasioni di entrare nel mondo donchisciotte-sco… in nostra compagnia. E così, in un momento incui tutti provano a “sentire” la pancia delle persone, aprecipitarsi ad offrire ciò che ritengono gli altridomandino, noi ostinatamente contrari non presen-tiamo prodotti, ma invitiamo ad un comune percorsoattori e spett-attori,lavorando sul terre-no della formazionedella domandapiuttosto che suquello dell’offerta.C o s ì … D o nChisciotte invaderàSan Salvi in varieforme e linguaggi;sì, don Chisciotte, ilromanzo delle “e”,come amava defi-nirlo MartheRobert, poiché in

esso convivono fantasticamente il fanciulloe l’adulto, la pietà e l’ironia, il rispetto e l’u-morismo, l’ammirazione e la critica, la com-mozione e il rigore, la realtà e la verità, laserietà e la fantasia, c’era una volta e così èora, il nuovo e l’antico.Tanti i momenti per formare questo “spett-attore”, cioè lo spettatore attivo senza ilquale il teatro nulla può… per cambiare ilmondo! (vedi programma su www.chille.it)Ciò è ancor più vero oggi, in una realtà in cui, ritor-nando alla riflessione di Foucault, “da tempo le paro-le e le cose non si somigliano. (…) Il linguaggiospezza la sua vecchia parentela con le cose per entra-re in quella sovranità solitaria da cui riapparirà solodopo che è diventato letteratura; la somiglianzaentra così in un’età che per essa è quella dell’insensa-tezza (la follia) e/o dell’immaginazione (la poesia)”. “Non prendere sul serio nulla che non ti faccia ridere”,così Eduardo Galeano presenta il romanzo diCervantes. Ogni persona contiene altre persone pos-sibili e ogni mondo contiene il suo altro mondo pos-sibile. Lo sanno eccome, lo vivono eccome coloro che,moderni Don Chisciotte come noi teatranti, bastona-ti, commettono ancora la follia di rimettersi in cam-mino, un’altra volta e ancora e ancora, perché conti-

nuano a credere che il cammino sia una sfida che ciattende, e perché continuano a credere che riparareoffese sia una pazzia degna di essere commessa.E allora? In una realtà complessa e agitata comequella dell’ex-manicomio di Firenze sempre sulpunto di ristrutturarsi (cancellazione memoria/spe-culazione edilizia/..?), abbiamo provato a far nascere“Don Chisciotte a San Salvi”: un evento di teatro iti-nerante in cui la sana utopia del Cavaliere della tristefigura e degli spett-attori conquistati nel lungo per-corso de Il Sogno matto, ha incontrato e si è scontra-to con la realtà.

Mentre mi accingevo a scrivere queste “quattro paro-le”, mi è capitato tra le mani un emozionante artico-lo di Tommaso Chimenti (Corriere Nazionale6/9/2012), e credo sia bello chiudere con le riflessio-ni di questo giovane critico, la cui analisi parte dalmomento in cui San Salvi potrebbe divenire altro:ristrutturazione? speculazione? espulsione dei pochiche ancora lo abitano (dopo la recente deportazionedegli ex-pazienti psichiatrici)? cancellazione dellamemoria? “Sono lunghi anni che si paventa la chiusura, il cam-biamento d’uso, lo stravolgimento, la riqualificazio-ne del gigantesco spazio che si apre dentro il cancel-lo di quello che fu il vecchio manicomio fiorentino.San Salvi, la compagnia residente, i Chille de laBalanza che hanno fatto diventare quel luogo unposto magico dove creare, vedere, sentire, ascoltare,un rifugio per molti, e tutto il Quartiere 2 sono infibrillazione.Cambiano i sindaci, vengono rimossi e sostituiti gliassessori ma l’annoso problema rimane a fare gran-cassa ed eco. Dove andremo? Dove finiremo? (…) Eancora dove andranno e che cosa faranno tutte quel-le migliaia di persone che affollano non soltanto d’e-state, ma in tutte le stagioni e con qualsiasi condizio-ne meteorologica e climatica i padiglioni, quelleintere famiglie cresciute nel quartiere popolare cheadesso si sentono ascoltate ed accolte in un luogoche pare creato ad hoc, allo stesso tempo fuori e den-tro la città, una parentesi sospesa dove le regole ven-gono ribaltate, dove c’è sintonia e armonia, dove sifanno Passeggiate fatte di racconti splendidi e terri-bili, si osservano quadri dipinti da ex degenti, dove sipossono dipingere i cartelloni per la pubblicità, doveaddirittura si batte una moneta, dove regna e vige un“comunismo” egualitario fatto di socialità, di solida-rietà, di un sentire comune?Ecco, spiegare il lavoro di questi anni di Claudio Ascolie Sissi Abbondanza, assieme a tutti gli artisti che quivi circolano e trovano spazi per realizzare le loroopere, è semplicemente impossibile: hanno creatoun luogo della mente che non c’era, hanno trasfor-mato un luogo di reclusione in una città aperta nonsoltanto nei sottotitoli o negli spot pubblicitari.Il Quartiere 2 vive e si anima, respira ed è cresciutoattorno al suo parco ed alle continue iniziative, tea-tro, musica, libri, laboratori, incontri che i due attoripartenopei, da venti anni a Firenze, hanno saputoamalgamare e far crescere. E non è un caso cheClaudio e Sissi arrivino proprio da Napoli, dove è lavita a vincere su tutte le difficoltà dell’esistenza. (…)I Chille vogliono salvare il luogo con la poesia: “Nonvogliamo che ne venga fatto un “museo degli orrori”.Vogliamo che si mantenga una “memoria viva”. (…)Comunque San Salvi certo non si fa fermare dallevoci di corridoio e se, un giorno, in quello spazio fos-sero prese misure antitetiche all’opera condotta consemplicità, umanità e grande senso civico dai Chille,sarà proprio la cittadinanza, quello “zoccolo duro” delrione a scendere in piazza. Qui si è creata una comu-nità vera, salda, solida. (…)A San Salvi è possibile trovare tutto quello che nonc’è, ma del quale abbiamo tremendamente bisogno”.

“ABITARE I CONFINI”IL SOGNO MATTO DEI CHILLE DE LA BALANZA NELL’EX-MANICOMIO DI SAN SALVI A FIRENZE

ATTORI E SPETT’ATTORI

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Dalla Cité alla CittàUn grande corteo a sostegno della Libreria Cafè La Cité

La cultura è un valore diffuso, viaggia nell’aria come il suono delle voci, delle note, dei pensie-ri: non genera rumore, non genera degrado, genera pensiero critico, sviluppo delle società.Luoghi chiusi impoveriti e svuotati, strade deserte di notte schiacciate sotto il caos dei motoridi giorno, teste piegate e vuote nell’oblio degli schermi. Vogliamo dire basta. Difendiamo ildiritto di lavorare negli ambiti culturali, di creare arte, socialità, vivibilità in una città che DEVEESSERE CONTEMPORANEA. Un problema comune, una voce comune.

Per riaprire La Cité servono 3 cose: un buon avvocato, migliorie strutturali e molta energiapositiva contro una piccola mentalità bigotta. Abbiamo bisogno del contributo di tutti!

Per questo motivo abbiamo deciso di organizzare ungrande Corteo per Venerdì 5 luglio. Il luogo di ritrovosarà Piazza del Carmine alle 17:00. La manifestazione,prevista per le ore 17.30, percorrerà alcune dellestrade più significative dell’Oltrarno, e terminerà inPiazza Santo spirito.

Durante la manifestazione saranno previsti momentidi sosta per performance musicali, artistiche e rea-ding. Partecipate con tutto il vostro bagaglio: parole,pensieri, musica, danza, clownerie, libri.

Tutti i singoli e le realtà culturali cittadine sono invi-tate a sottoscrivere questo appello inviando una maila [email protected] o telefonando al3393436476 o al 3491723770.

LETTERA APERTA ALLE ISTITUZIoNI, AI mEDIA E AI CITTADINI.

In seguito all’ennesimo provvedimento sanzionatorio che mette in discussione lapossibilità stessa di esistenza della libreriacafé La Cité di borgo san Frediano - ilsequestro preventivo sulla base di una denuncia penale per disturbo della quietepubblica - sentiamo il bisogno di condividere alcune riflessioni e considerazioni,spinti dalla convinzione che La CitÈ sia sempre più largamente percepita come unospazio e un progetto non solo nostro ma della città tutta.

La Cité nasce nel 2007, in occasione di un bando comunale destinato a riqualificarezone degradate della nostra città. Il progetto originale, approvato dal Comune, pre-vedeva la realizzazione di una libreria caffé che svolgesse e promuovesse attività cul-turali (concerti, presentazioni, esposizioni, eventi culturali in genere). Ed é esatta-mente quello che abbiamo fatto!

In sei anni abbiamo organizzato oltre 600 presentazioni di libri e attività seminaria-li, 300 esposizioni, 1500 concerti, ospitando tra i migliori artisti, pensatori, scrittori,musicisti, toscani e non solo. Abbiamo ideato e realizzato rassegne di teatro, di circo,festival di musica, conferenze, all’interno e all’esterno della Cité, attivando reti dicooperazione e collaborazione con enti locali, associazioni, università, operatori cul-turali di ogni genere.

Lo abbiamo fatto mossi esclusivamente dalla volontà di portare a Firenze eventi edesperienze interessanti di respiro internazionale di alto livello artistico ed una socia-lità divertente e stimolante, ma non superficiale e mercificata. Crediamo che questielementi possano contribuire a definire la Cité una realtà culturale e non pretta-mente commerciale. E riteniamo perciò che si meriti un trattamento consono allasua natura. Tutta questa nostra attività é stata svolta senza lucro.

Abbiamo infatti operato come una cooperativa di lavoro a mutualità prevalente chesi è limitata a remunerare il lavoro vivo svolto al bar nei locali della Cité reinvesten-do tutti - tutti! – i ricavi economici per le attività culturali. In questo senso il nostroprogetto é stato anche il tentativo di alcuni giovani di sottrarsi alla morsa della pre-carietà inventandosi un lavoro in grado di mettere a valore i propri interessi e pas-sioni. Da questo punto di vista l’impressionante scia di provvedimenti contro La Citérappresenta anche una poderosa messa in discussione della possibilità dei soci edipendenti della libreriacafé di lavorare e poter portare avanti progetti di autonomiae dignità individuale e familiare. E sentire più volte associare il nostro lavoro, svoltocon sacrificio e dedizione, alla parola degrado, insieme a continui ed enormi ostaco-li che ne mettono in discussione la legittimità stessa, é la ferita più profonda che cispinge ancora una volta a prendere pubblicamente parola.

Crediamo inoltre che la Cité abbia contribuito a portare a San Frediano e a Firenze uncerto prestigio e una certa vivacità culturale (anche agli occhi dei turisti). Rispetto adalcuni anni fa Borgo san Frediano é stata progressivamente ripopolata di attività, edoggi rappresenta un importante snodo nella vita del centro storico, crediamo anchegrazie al nostro lavoro. É proprio questo l’obiettivo di riqualificazione che si ponevail bando che abbiamo vinto alcuni anni fa.Ciò appare evidente dalle recensioni dellepiù importanti guide turistiche, siti, riviste specializzate di tutto il mondo. E ci sem-bra dunque ancor più paradossale dover subire una denuncia penale per il normaleaumento della partecipazione alla vita serale di questa strada edi essere ancora unavolta vittima di provvedimenti che sembrano confondere il concetto di libera arte ecultura con quello di degrado, la socialità con il codice penale.La Cité ha inoltre costi-tuito una spinta propulsiva per molte nuove realtà cittadine,per cui siamo stati un’a-pripista, che hanno aperto in seguito alla nostra esperienza decidendo di proporreun’ offerta culturale basata sulla musica dal vivo, sul teatro e sui libri. In questi annila Cité ha subito decine di multe, ordinanze, provvedimenti sanzionatori(mai perepisodi di vandalismo, urla, ubriachezza, risse etc.) ma sempre per il “rumore provo-cato dalle persone che frequentano la Cité. La nostra riflessione é la seguente: o sidecide che in San Frediano non può esistere un’attivià notturna o non si può sanzio-narla continuamente per lo svolgimento della sua normale attività, a maggior ragio-ne se si ritiene che questa abbia una valenza culturale per la città.

Il rumore delle persone che che vivono una città, un locale, un ristorante, un teatro.

É fisiologico e non patologico .. e la musica non é rumore ma é vita!!

E allora..Chiediamo alle istituzioni cittadine un aiuto per cercare una soluzione a questasituazione, per noi estremamente difficile, materialmente e moralmente.

Chiediamo ai cittadini, affinché la disillusione e la stanchezza non prendano ilsopravvento sull’entusiasmo, di continuare a sostenerci come avete fatto in moltissi-mi in questi giorni nelle forme più varie, ognuno come può, per resistere ... insieme.

La Cité libreriacafé

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Dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricor-so del Gruppo Feltrinelli contro il Comune di Firenze, relati-vamente al cosiddetto vincolo culturale (una norma urbani-stica che avrebbe garantito la riapertura di una libreria lad-dove era la Edison), il Gruppo Feltrinelli stesso, proprietariodell’immobile, annuncia il progetto di apertura di una RED.

Infatti, una volta ottenuta l’eliminazione del vincolo comuna-le che garantiva la presenza di un’attività culturale per il 70%della superficie dell’immobile, il progetto RED (Read EatDream), il format di Feltrinelli in cui ristoranti e gastronomiasoppiantano gran parte dello spazio dedicato ai libri, nonavrà a questo punto bisogno dell’approvazione da parte delConsiglio Comunale.

Per quanto riguarda la situazione dei 36 ex lavoratori dellaEdison, se il progetto di libreria presentato negli ultimi mesi(e rifiutato dal Gruppo Feltrinelli, proprietario dell’immobi-le) aveva negli intenti il riassorbimento di tutti gli ex dipen-denti, il Gruppo Feltrinelli ha dichiarato che, solo se riusci-ranno ad aprire entrambi i punti vendita (RED in piazza dellaRepubblica e la nuova libreria Feltrinelli alla Stazione diSanta Maria Novella, i cui lavori sono al momento fermi),potrebbero avere necessità di 7/8 persone in più oltre i pro-pri dipendenti.

I dati di fatto sono:

- meno libri, più cibo

- una libreria (e un concorrente) in meno

- gran parte dei 36 ex dipendenti Edison senza più lavoro.

Librai Edison Firenze

“La cultura

come la vivo

adesso”

Leggo a casa, leggo in biblioteca, leggo digiorno, leggo di notte. Conosco poeti, filosofi e scrittori moltobene, ho anche buona conoscenza dimitologia.Con amici e conoscenti parlo con piaceredi Iliade e di Odissea, mi esaltano le gestadel grande Achille, ammiro la saggezza,la prudenza, l’astuzia del LaerziadeUlisse.Oh! E la tragedia!!Mi struggo dinanzi al destino dello sven-turato Edipo. Rifletto e penso profondosul destino di Agamennone e sul gestomatricida di suo figlio Oreste.Ho lacrime di commozione per la sorteinfelice della vergine Ifigenia, come sullasorte della povera Ofelia; la tragedia micoinvolge come se la vivessi io.Mi fanno ridere le avventure della bellaAfrodite, è certo, questo penso, tra ledivine la più amabile, la più bella, la piùattraente e divertente.Ma con tutto questo fardello di cultura,ho perso e non ritrovo ancora i punti diriferimento e il mio centro di gravità. Ipunti di riferimento per proiettare i pen-sieri, il centro di gravità da dove far scor-rere liberamente il mio essere trasfigura-to in una semidivinità.Ma è soltanto fantasia! Non è presunzio-ne!E’ innocente, libera e divertente fantasia!

Francesco Cirigliano

IN PIAZZA

“L’ALTRO”Una cultura da recuperareQuesto giornale, ha sempre fatto di tutto per rimanere umani, per raccontare con attenzione ilbisogno di ognuno, della comunità.Nelle sue pagine non manca certo la cul-tura, quella tenace dal basso, esperienze,voci e poesie che vivono momenti reali,stampati per ricordare.Mi rattristo se penso a quando la piazza ele strade, il ritrovo di tutti,vivevano unaforma più umana una volontà di cono-scersi e volersi riconoscere, senza chequesto fosse legato ad uno status sociale.E’con fatica che parlo di cultura, precisodi non essere un grande lettore, ma unforte sostenitore della cultura umana.Tutto ciò che intendo come cultura,comincia dallo scambio reciproco dellapropria conoscenza ed esperienza, ripor-tate fedelmente per la ricostruzione dellarealtà. Questo ora sembra mancare ed è un con-sapevole tzunami mediatico, a plasmare ilfuturo allontanandoci in direzioni mate-riali.Parlo dello scambio interpersonale, alte-ratosi nel tempo, di quelli che ne hannoperso il principale autore: l’altro.Se si chiude l’opportunità di conoscerci,scambiandoci saperi ed esperienze,cadendo nell’indifferenza e nel razzismo,dovremo dire di non aver vissuto, di nonavere cultura.

Roberto Pelozzi

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Le squadracce comunali del degradoPAGINA 11 CITTÀ

Si è conclusa ieri, con la vittoria dellericorrenti, la causa contro il Comunedi Firenze intentata da alcune educa-trici dei nidi comunali fiorentini.Nell’Aprile 2011, l’amministrazionecomunale aveva preso a pretesto unincrescioso incidente avvenuto trabambini al nido Erbastella per colpirequeste lavoratrici e un nido partico-larmente scomodo per l’amministra-zione per essere stato in prima filanelle lotte contro la privatizzazionedei servizi. Le misure dell’ammini-strazione furono particolarmenterepressive: un provvedimento disci-plinare durissimo, 15 giorni disospensione dal servizio e dallo sti-pendio, il trasferimento di ufficio inaltri nidi, la denuncia alla procuradella Repubblica, il tutto condito dauna campagna stampa - da parte delComune - ridondante e strumentalevolta a gettare discredito sulle educa-trici, accusate, ingiustamente e senzaalcuna prova, di negligenza. Dopo dueanni di lotta, presidi, attestazioni disolidarietà da parte di tanti genitori ecolleghi dei nidi, della scuola e deidipendenti comunali, il ricorso controil provvedimento disciplinare è statovinto. Una vittoria piena, poiché la

sentenza del tribunale del Lavoro diFirenze del 4 luglio 2013 ha accolto leistanze delle lavoratrici, ha dichiaratoil provvedimento disciplinare illegit-timo e condannato il Comune diFirenze a restituire alle ricorrentitutte le somme trat-tenute per la sanzio-ne. Inoltre la senten-za dichiara l’illegitti-mità dei trasferi-menti d’ufficioattuati nei confrontidi alcune di loro econdanna il Comunedi Firenze allaimmediata riasse-gnazione dellericorrenti al nidoE r b a s t e l l a .Trasferimenti moti-vati secondo l’am-ministrazione dalfatto che la perma-nenza di questeeducatrici nel nido avrebbe incisonegativamente sul prestigio, l’autore-volezza e l’immagine del servizio: lasentenza contesta nel merito questalogica punitiva e totalmente priva difondamento, e per contro sottolinea

quanto le numerose dimostrazioni distima verso l’asilo e le insegnanti ingenerale evidenzino una perdurantefiducia in particolare da parte deigenitori.Se l’obiettivo dell’amministrazione

era dare una prova di forza, non cisono riusciti. Ha invece vinto la soli-darietà delle persone che hanno vis-suto questa vicenda, di quanti lehanno sostenute, dai Cobas all’USB,da socialismo rivoluzionario ai comi-

tati solidali antirazzisti di Firenze,oltre ovviamente alla perizia del gius-lavorista Danilo Conte che ha curatola causa.Una vittoria importante per tutti idipendenti del Comune di Firenze che

in questo momentostanno subendo attacca-ti pesanti e ingiustificatialle loro condizioni dilavoro da parte dellagiunta Renzi, che ci diceche è possibile contra-stare il potere prepoten-te del sindaco e della suamacchina burocratica.Una sentenza che fa giu-stizia su una vicenda cheè stata strumentalizzatae pompata all’inverosi-mile e che ci restituisceinvece fiducia sulla pos-sibilità di continuare aoperare in ambito edu-cativo sapendo che la

professionalità e l’impegno di chi vilavora può essere riconosciuto.

ComItato ContRo La PRIvatIzzazIonE dEI nIdI

nIdo bEnE ComunE

Quanto accaduto nella sera di giovedì 13 giugno allaStazione di SMN è gravissimo. L’operazione dellaPolizia Municipale ha chiaramente le caratteristichedi un pestaggio, non certo di un controllo di routine:gli agenti non hanno fermato gli uomini scesi dallatramvia chiedendo loro per esempio i documenti, mali hanno aggrediti immediatamente. Ciò non lasciaspazio a interpretazioni di sorta: il pestaggio erastato deciso a monte ed era esso stesso “l’operazionedi polizia”. È poi emblematico il dialogo finale con ilragazzo senegalese che poco più avanti aspettaval’autobus. Lui, senza aver visto la radiolina e il distin-tivo, era sicuro del fatto che fosse la PoliziaMunicipale. Ciò sta a significare che gli ambulanticonoscono benissimo questa prassi e la consideranoabituale. Il quadro è sicuramente pesantissimo ma

nello stesso tempoabbastanza chiaro:questo è il “repartoantidegrado” dellaPolizia Municipale diFirenze che di giornoinsegue i cosiddetti“abusivi” e gli ambulan-ti nei mercati fiorentini,controllando documen-ti e sequestrando mercie alla sera, evidente-mente, alza il livello.Questo è risultato dianni di campagne elet-torali e mediaticheincentrate sul temadella “sicurezza” e della“lotta al degrado”, checonsentono oggi unclima di impunità pergli uomini in divisa.

I fatti di via Palazzuolo, l’aggressione al Paci e losgombero della tendopoli dei richiedenti asilo allaFortezza erano state qualcosa di più di semplici avvi-saglie, ma evidentemente non sono bastate.Pensiamo sia necessario denunciare chi sono iresponsabili e i colpevoli di questa situazione.Dobbiamo farlo dando la forza e il coraggio di parla-re a chi in altre circostanze ha subito pestaggi, rom-pendo quel muro di silenzio che permette alle forzedi polizia di portare avanti queste pratiche.I colpevoli siedono nella giunta comunale fiorentinae primo fra tutti è il Sindaco Renzi. Quel sindaco cheil 2 giungo sorrideva abbronzato davanti a macchinefotografiche e telecamere appuntandosi sul petto lamedaglietta della cittadinanza concessa ai senegale-si feriti dal neofascista Casseri, mentre la sua Polizia

Municipale, si organizzava per portare a termine raidcome questo. Colpevole è il Comandante della PoliziaMunicipale e il Reparto Antidegrado ... e non venga-no a dirci che si tratta di alcunemele marce: esiste una catenadi comando che legittima, ordi-na e delega operazioni di que-sto tipo.Pensiamo sia il momento dimobilitarci perchè tutto ciò noncada nel silenzio come ci siamomobilitati per tenere alta l’at-tenzione sui fatti di PiazzaDalmazia mentre le istituzionicittadine e le procure insabbia-vano l’intera inchiesta. Non sitratta solo di manifestare soli-darietà a chi è stato colpitodirettamente, ma di sentirciparte in causa perchè le stessepratiche e gli stessi metodi ven-gono riservati da altri reparti ealtre divise a tutti coloro chesono accomunati da una condi-zione sociale simile: dall’ope-raio all’ambulante, dal proleta-rio immigrato a quello italiano.Invitiamo quindi tutte le realtàpolitiche, sociali e sindacali,tutti i lavoratori e gli studenti afare propria la manifestazionedi lunedì 1 luglio che partiràalle ore 17.30 da S.Lorenzo perarrivare in piazza Signoria sottole finestre del consiglio comu-nale.

BASTA ABUSI IN DIVISA

SOLIDARIETÀ ALLE VITTIME DELLA VIOLENZA POLIZIESCA

Firenze AntifascistaIl corteo composto da un migliaio di persone, tra cui molti immi-grati, ha attraversato le strade del centro di Firenze arrivandosotto le finestre del consiglio comunale. Il corteo è stato convo-cato da Firenze Antifascista dopo che lo scorso 13 giugno ilReparto Antidegrado della Polizia municipale ha aggredito ungruppo di ragazzi senegalesi a Santa maria Novella. "BastaAbusi in Divisa". Questo lo striscione che apriva il corteo. Durantela manifestazione sono stati molti gli slogan lanciati in solida-rietà con tutti coloro che subiscono le violenze poliziesche: dailavoratori ambulanti di Firenze a chi ha perso la vita nelle celledi sicurezza delle questure e delle caserme, in carcere o per stra-da come Uva, Cucchi, Aldrovandi e Lonzi...solo per citarne alcuni.La manifestazione aveva l'obiettivo di non far calare il silenziosulla vicenda e di indicare ancora una volta i responsabili diquanto accaduto: la Giunta, il sindaco Renzi, il nuovo capo dellaPolizia municipale oltre che il Reparto Antidegrado e vale a direquella catena di comando che ordina, protegge e finanzia ope-razioni come quella del 13 giugno.E' stato ribadito ancora una volta che se veramente il Comuneavesse l'interesse a far emergere la verità avrebbe tutti gli ele-menti a disposizione per farlo: i video delle telecamere che spia-no la zona di Santa maria Novella, l'ordine di servizio e i verbalidell'operazione la cui esistenza è stata confermata dal Comunestesso e non ultimo il coinvolgimento nella vicenda della GEST,l'azienda che gestisce la tramvia. Sappiamo invece che ciò nonavverrà. Anche per questo è stato importante essere in piazzacosì numerosi e determinati ma ciò non può bastare perché ilmuro di silenzio che circonda gli abusi in divisa e in particolare leoperazioni del Reparto Antidegrado è ancora ben lontano dalcadere. Crediamo però che questa sia la strada giusta per dare ilcoraggio di parlare a chi in passato ha subito violenze similiaffinché tutta la verità venga alla luce, perché in futuro nonaccadano più avvenimenti di questo tipo e il "reparto speciale"agli ordini del sindaco Renzi venga finalmente sciolto".

Le lavoratrici del nido Erbastella vincono la causa contro il Comune di Firenze

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VOCI PAGINA 12

CAMBIAMO MUSICA PER UNA TOSCANA DEL FUTURO!PRESIDIo SImBoLICo PER UN CAmBIAmENToRADICALE“Cambiamo musica, proposte concrete per undiverso modello di sviluppo in Toscana”UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO: Ad un tratto stan-no venendo al pettine tutti i nodi di un sistema chenon ha mai avuto nessuna considerazione, né per lepersone, né per l’ambiente. E mentre milioni di per-sone sono senza lavoro e i servizi pubblici funziona-no sempre peggio, consideriamo “rifiuti” risorse pre-ziose per il nostro futuro, i veleni contami-nano suoli e fiumi, il cemento e l’asfaltoavanzano, il clima impazzisce, la paura el’insicurezza si impadroniscono dellenostre vite.Urge cambiare per recuperare felicità,dignità, inclusione sociale e lavorativa. Perrecuperare salute, aria sana  e acqua puli-ta. Le strade sono quella del consumoresponsabile, dell’economia locale, deirifiuti zero, dell’economia solidale, dellaproduzione sostenibile, della città convi-viale, della gestione pubblica dei servizifondamentali, della riduzione dell’orario dilavoro, del fisco equo, del reddito di citta-dinanza. Scelte possibili, che creano lavoro, chemigliorano la qualità della nostra vita, che garanti-scono un futuro ai nostri giovani.Questo è il nuovo modello di sviluppo che dobbiamocreare. Non domani, ma subito, perché la nostra feli-cità non può attendere.RIFIUTI ZERo: Molte sono le esperienze che dimo-strano concretamente già nella nostra Regione larealtà delle affermazioni del Commissario Europeoall’Ambiente per cui RIFIUTI ZERO È UN OBIETTIVOPOSSIBILE E AUSPICABILE.  Non vogliamo perciò per-

mettere che le affermazioni del Presidente Rossi diapertura a Rifiuti Zero nel prossimo Piano Regionaledella Toscana siano “un semplice ritocco” ad un vec-chio Piano che abbiamo combattuto duramente inquesti anni. Vogliamo realizzare un vero PIANORIFIUTI ZERO senza nuovi impianti di incenerimento(a cominciare da quello di Case Passerini) e program-mando la chiusura dei vecchi impianti a favore di unafiliera del recupero, del riciclaggio, della riduzionedei rifiuti così come “auspicato” dalla stessa Regione

Toscana. Dobbiamo, inoltre, costringere le imprese a“guardare al futuro” cambiando un modello di produ-zione che moltiplica i rifiuti spesso non riciclabili!GRANDI oPERE: Le Grandi Opere Inutili e Impostesono un gravissimo sintomo della crisi economicache sta attanagliando questa fase del sistema econo-mico mondiale. Le grandi opere inutili non provoca-no solo danni ambientali, urbanistici e sociali, manon possono nemmeno essere motore di ripresa eco-nomica perché concentrano ricchezza nelle mani dipochi e non la redistribuiscono. Un meccanismo eco-

nomico virtuoso deve abbandonare opere che creanopoco lavoro di cattiva qualità e favorire opere diffusedi utilità sociale e ambientale.Le grandi opere inutili e le privatizzazioni sono servi-te a dominare, creando debito artificioso, il terzomondo; oggi le stesse dinamiche distruttive arrivanonel cuore dell’Europa e dell’Italia in particolare.In Toscana ci opponiamo perciò, ad esempio, AL TUN-NEL TAV, ALLA REALIZZAZIONE DELLA NUOVA CORSIADELL’A11, AL PROGETTO DEGLI ASSI VIARI ANAS

NELLA PIANA DI LUCCA A FAVORE DI UNA MOBILITÀALTERNATIVA E DI UNA VIVIBILITÀ DELLE CITTÀ, COSI’COME AGLI INVESTIMENTI SULLA COSTRUZIONE DINUOVI OSPEDALI ANZICHÈ INVESTIRE SULLE PRESTA-ZIONI SANITARIE!ACQUA E BENI ComUNI: Il 12 e il 13 di giugno didue anni fa il percorso verso la ripubblicizzazione delservizio idrico del Forum Italiano dei Movimenti perl’Acqua raggiunse lo straordinario risultato della vit-toria referendaria con oltre 26 milioni di Italiani chescelsero per l’acqua pubblica e la difesa dei servizi

pubblici locali. Da allora, nonostante tribunali e CorteCostituzionale continuino a dare ragione ai comitati,nonostante la campagna di Obbedienza Civile abbiaportato migliaia di cittadini ad autoridursi la bollettarispettando il voto di due anni fa, la politica regiona-le è stata sorda alle richieste dei cittadini. Nessuno hamesso all’ordine del giorno un programma di ripub-blicizzazione del servizio idrico come 1.850.000 cit-tadini/e Toscani hanno chiesto con forza. Si consideriinoltre che il Commissario Europeo Michel Barnier,

con una dichiarazione ufficiale diffusa il 21giugno scorso, ha escluso l’acqua d alladirettiva sulle concessioni e ha rassicurato icittadini dell’Unione Europea: “Capiscobene la preoccupazione che deriva da unaprivatizzazione dell’acqua contro la vostravolontà, anche io reagirei allo stesso modo”.Continuiamo a chiedere al presidente dellaregione Enrico Rossi l’apertura di un tavolodi discussione sulla ripubblicizzazione delservizio idrico al fine di arrivare a un nuovomodello di gestione partecipato in rispettodella volontà democraticamente espressadalla maggioranza dei cittadini Toscani dueanni fa, cominciando a ragionare sul gesto-

re GAIA SpA, unica azienda toscana a capitale intera-mente pubblico.

Coordinamento Toscano dei ComitatiPopolari per la Legge Rifiuti Zero

Forum Toscano dei movimenti per l’AcquaForum Contro

le Grandi opere Inutili e ImposteCentro Nuovo modello di Sviluppo

di Vecchiano (PI)

È uscita sul giornale cittadino neigiorni scorsi la notizia della scomuni-ca della città da parte del vescovoBetori.Il fatto non mi è nuovo, risuona comeun’eco antica la decisione che associail vizio, uno dei sette peccati capitali,alla città di Firenze. Probabilmente èun retaggio del passato che ricordaun po’ la santa inquisizione.Ma non è un caso che sia stato proprioil sindaco Renzi a sentirsi toccato e areplicare protestando e definendo lascomunica come un attacco politico,proprio lui il fautore della città vetri-na che ostenta negozi di alta moda,locali chic e appuntamenti mondani adiscapito della fatica di vivere cheviene invece combattuta con attacchie campagne contro il ‘degrado’ comelo chiamano, una condanna ai piùpoveri e deboli, ai senza casa, ai mala-ti, ai sofferenti, agli immigrati, ai gio-vani e tanti altri. Colgo l’occasione per ricordare chesiamo una parte numericamentesuperiore ai citati viziosi e siamo pro-prio noi a frequentare le strade e aviverle in prima persona. C’è dunque da stare attenti a pronun-ciarsi in certi termini, perché le con-danne troppo spesso toccano gli ulti-mi, gli emarginati.

Mi domando se, nella discussioneaperta tra i due esponenti dei poteriforti, quelli di maggiore rilievo eimportanza nell’impostazione dellalogica e nelle scelte urbanistiche dellacittà, essi si siano soffermati a riflette-re su cosa significa per loro “vizio”. E se con questo riconoscessero perlo meno la fame e la sete o il biso-gno di un tetto, di un’amicizia, dicure o quant’altro ovverosituazioni da non leggereassolutamente come realtàdegenerate e deviate. Il nonavere e la voglia di soddisfa-re i bisogni primari, nonpuò essere imputabile nétanto meno da condannare. Noi vediamo nella realtàdei fatti una Firenze con unvolto differente e molto piùsofferente. Dall’altra parte i fautori dellepolitiche del vizio, sono lelobby che cercherebbero diorganizzare una città in modoesclusivo dove si è ciechi o ci sitappa gli occhi di fronte alle miserie. Sarebbe più opportuno mettere all’in-dice i padroni, quelli che hanno ognicosa a seconda delle loro voglie e chespesso invece si presentano comepersone scevre, dal gusto essenziale e

disinteressato, un tranelloper discolparsi dalle accusedi cupidigia e avidità.Mettere adis-

a g i ochi cerca

di superarele difficoltà dettate dalle mancanze diun processo quotidiano iniquo non

aiuta il giusto svolgersi delle attività,ci vorrebbero tutti nulla tenenti eimmobili nell’inagibilità come sta-tue senza possibilità di riscatto. La vita per noi va affrontata ogni gior-no a cielo aperto e sotto gli occhi ditutti, il nostro è un processo quotidia-no alla ricerca di qualcosa che nonsiamo noi né loro, ma altro ancora dareinventare.

zazÀ

‘’FireNZe CittÀ Del ViZio’’ MA PER CHI?

Uomo,ma chi credi di essere?

Uomo, ma chi credi di essere? Il padronedell’universo. Per te la femmina è un microbo,

una delle tante odalische dell’“harem”.Non sono “omicide”, diversamente, scateniuna guerra senza frontiere contro il muliebre

sesso indifeso.Il cavaliere ha smarrito il cavallo, nel deserto del“femminicidio”. Maltratti, violenti, stupri, ignori

l’innocenza dei figli. Fai “tabula rasa”.La televisione per me, è inesistente.

Solo bollettini di guerra, notizie eclatanti,fanno tanto male!

Ci sarà, anzi, c’è un Dio Vendicatore.Recita un proverbio “ciò che è fatto, è reso,

oppure ritorna al mittente”.Alla fine dell’esistenza, ti verrà presentato

il conto e finalmente sarai stritolato, sconfitto,o meglio, cancellato.

Una speranza, nella percentuale così alta,ci sarà un cavaliere?

Marta

FB159_FB16 18/07/13 21:33 Pagina 12

Sull’udienza di oggi e di

... ieri e dell’altro ieriAnche oggi udienza ‘dedicata’ agli imputati della strage ferroviaria di Viareggio. Hanno parlato avvocati/e di dirigenti delle ferrovie. Le falsità sono pedissequamente proseguite, come nei giorniscorsi. Tra l’altro, l’avvocata (non pronunciamo il nome perché non merita) di Elia, Ad di Rfi, ha citato negativamen-te più volte Daniela, presidente dell’Associazione di familiari, per il suo intervento dal palco la sera del 29 giugno, inoccasione del 4° anniversario. Al brusio in sala e all’interruzione del Pm, ha rimarcato che lei è cittadina e avvocata equindi ... Si è ‘dimenticata’ di capire che prima di tutto, per chi ha perso un figlio, si è mamma, se lei mai lo fosse.Da esseri (‘umani’  è un eufemismo e quindi lo omettiamo) “orientati” esclusivamente dal dio danaro, non possononé sorprendere, né sconcertare, falsità e amenità udite nelle udienze. Sono pagati per difendere l’indifendibile.Vendersi profumatamente a poteri forti contrasta profondamente con la realtà e i fatti. Tanto peggio per realtà e fatti.“Un treno merci che viaggia a velocità ridotta è più pericoloso”, lo “spiacevole episodio” non è un incidente sul lavo-ro, “il dispositivo anti-svio non serve a niente, anzi è pericoloso ...”, e via di questo passo. Ma di cosa stanno parlandoquesti avvocatelli/e? Ma lo sanno che sull’Alta velocità c’è l’anti-svio come strumento di prevenzione e protezione?!Giorno per giorno offendono onestà intellettuale e competenze tecnico-scientifiche, oltre la memoria delle Vittime ela sensibilità dei familiari.

Il cav. Moretti&Soci non c’eranoe se c’erano dormivano ... quan-do vanno a riscuotere migliaiadi euri al giorno non dormono eci sono, eccome, se ci sono!L’Ad delle ferrovie dello Statoitaliane licenzia Riccardodipendente di Rfi (altra Società)ma non ha alcuna responsabili-tà come ‘capo-comitiva’ di Rfi eFsi.Dopo le “raccomandazioni”della Commissione ministerialesul picchetto e su altro pergarantire quella sicurezza chein ferrovia purtroppo non c’è(dal 2007: 39 lavoratori mortisui binari!), una raccomanda-zione la vogliamo fare anchenoi: non trasformiamo l’imma-ne tragedia del 29 giugno 2009nella ridicola farsa dell’estate2013.     

Gino Carpentero

PAGINA 13 LAVORO

Lo stato sociale salvato dai

migranti con lo 0,9% del PilL’Ocse spariglia le carte nell’ordinario razzismo che domina il mercato del lavoro italia-no. Dati alla mano, l’organismo internazionale che ha sede a Parigi ieri ha dimostrato nelrapporto annuale sulle migrazioni che gli immigrati non pesano sul welfare, ma anzi -nel lavoro dipendente, in quello autonomo, nell’impresa, contribuiscono a tenere inpiedi un sistema ferito a morte con lo 0,9% del Pil- A beneficiarne è soprattutto un siste-ma pensionistico, come anche il fisco al quale queste persone versano le tasse sui lororedditi. Questo non accade naturalmente solo in Italia. In Svezia, ad esempio, la situa-zione è ancora più evidente. In questo paese, i migranti contribuiscono al Pil con unvalore prossimo al 2%. Il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria si è raccomandatodi rafforzare i programmi di integrazione e formazione per gli stranieri, anche in unmomento di crisi: «Il lavoro degli immigrati - ha detto - sarà fondamentale per garanti-re la ripresa dell’economia una volta che sarà terminata la crisi». L’Ocse si è occupataanche della mobilità all’estero degli italiani e sostiene che quelli che sono andati all’e-stero nel 2011 sono aumentati a 85 mila. La metà preferita è la Germania dove gli ita-liani sono aumentati del 35%. Ma ci restano solo un anno. Lo sostiene «Die Welt»: il 60%degli italiani emigrati per lavoro in Germania, gran parte dei quali probabilmente cer-velli in fuga, riesce a resistere solo un anno nel Paese di Goethe. Secondo i dati Ocse solouna piccola minoranza di stranieri riesce a resistere alle dure condizioni del mercato dellavoro in Germania. Forse anche il mito della «fuga dei cervelli» sta per essere sfatato.

fonte: il manifesto

aUtogestioNeHo ricevuto da Marco Spezia e volentieri giro il reportdell’Assemblea del 22 giugno cui hanno partecipato molte (nontutte) delle realtà di lotta operaie contro la chiusura delle fab-briche (chi per fallimento, chi per delocalizzazione immotivata.L’Autogestione dei lavoratori per recuperare aziende altrimen-ti condannate alla chiusura appare una soluzione possibile aduna condizione: l’aiuto, come è avvenuto in Argentina in condi-zioni analoghe, del governo perché la produzione possa ripren-dere.La Ginori di Firenze e l’Irisbus di Grottaminarda Avellino rap-presentano le realtà trainanti. In appoggio sindacati di base,pezzi di FIOM, qualche raro pezzo di CGIL, e una serie di forzepolitiche (CARC, M5S,Un’Altra Città, ALBA, SEL, PRC, PCL).Medicina Democratica, intervenuta con Angelo Baracca, può“dare una mano” a questo movimento che è suscettibile di ulte-riore espansione. Anche nelle aziende autogestite esiste infattiun problema di salute e sicurezza sul lavoro e di corretta orga-nizzazione del lavoro. Non dimentichiamo che autogestire aziende in un’economia dimercato non è proprio la cosa più semplice ...Il dibattito è appena aperto

Gino CarpentieroSezione Pietro mirabelli di medicina democratica Firenze

Morti sul lavoro, morti bianche,

infortuni mortali nel 2013

12 luglio

Dall’inizio dell’anno sono documentati 3013 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavo-ro e oltre 630 se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere. Dal 1° gennaio 2008giorno d’apertura dell’osservatorio sono stati registrati 3379 morti sui LUoGHI DILAVoRI. Con le morti sulle strade e in itinere si arriva a superare i 6800 morti complessivi (stimaminima). Un’autentica carneficina, mentre le statistiche “ufficiali” divulgano dati molto piùbassi. La politica potrebbe fare moltissimo, e con poche risorse, per far diminuire drasticamen-te questo fenomeno che ci vede primi in questa triste classifica in Europa, dove i morti sonomediamente un terzo di quelli italiani. L’Osservatorio registra tutti i “morti sul lavoro” e non soloquelli che dispongono di un’assicurazione. Moltissime vittime lavoravano in “nero” e alcunecategorie non sono considerate “morti sul lavoro” solo perchè hanno assicurazioni diverse.

Quest’anno Il 33,7% sono morti in agricoltura dei quali la maggioranza schiacciati dal trattoreche guidano, il 28,2% in edilizia, il 16,6% nei servizi, il 6% nell’industria (compresa la piccolaindustria e l’artigianato), il 4,5%nell’autotrasporto, molti altri morti sono in altre categorie chesono percentualmente più basse. Se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere si superanole 470 vittime (stima minima).

Nel 2012 sono morti 1180 lavoratori (stima minima) di cui 625 SUI LUOGHIDI LAVORO (tutti documentati). Si arriva a superare il numero totale di oltre1180 vittime se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere e sulle stradeche sono considerati giustamente, per le normative vigenti, morti per infor-tuni sul lavoro a tutti gli effetti. L’Osservatorio considera “morti sul lavoro”tutte le persone che perdono la vita mentre svolgono un’attività lavorativa,indipendentemente dalla loro posizione assicurativa e dalla loro età.

Non sono segnalati a carico delle province i lavoratori morti sul lavoro cheutilizzano un mezzo di trasporto e i lavoratori deceduti in autostrada: agen-ti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel per-corso casa-lavoro / lavoro-casa. La strada può essere considerata una paren-tesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti glialtri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turnipesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentual-mente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sape-re quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud,soprattutto edili meridionali che muoiono sulle strade percorrendo diversecentinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggo-no anche alle nostre rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavora-tori, soprattutto in nero o in grigio che muoiono sulle strade. Tutte questemorti sono genericamente classificate come “morti per incidenti stradali”.

Osservatorio indipendente di Bologna

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VOCI PAGINA 14

Guardare, vedere, sentire, dove metto i piedi?

Guardo a destra e sinistra.

Guardo in alto e vedo il cielo.

Pesto la terra.

Scale difficili, vado e torno sempre

nello stesso posto nel mondo.

Non sono felice, vorrei morire,

e andare su quella nuvoletta.

Guardare le formiche,

le api hanno la regina,

io non ho niente.

L’unico padre è Dio.

E’ il padrone di tutto.

Col dito in alto.

Ori

Il volo

a giorno s’invola il gabbiano,sicuro di riuscire a volare

sempre più in alto,ed una certezza gli apre il cuore;

di riuscire a trovare sempre più uccellidisposti a librarsi in alto con lui.

Enzo Casale

La notte in S. Ambrogio

Lotte ed amicizia

tutto è più oscuro.

Le genti son deste,

è viva la piazza.

E perché no? Evviva la piazza S.Ambrogio.

Come tanti discoletti; eccoci qua: le 01.45

Stringendoci le mani come tanti amici.

E ... basta così.

Enzo Casale

Pubblicato il 26 giu 2013

La polemica sull’acquisto degli F35 èuna delle spine più insidiose per l’ese-cutivo guidato da Enrico Letta. Comevi raccontavamo, se da una parte simoltiplicano le voci dissonanti all’in-terno della maggioranza, dall’altra ilministro della Difesa Mauro continuaostinatamente a difendere la parteci-pazione italiana al programma inter-nazionale, spiegando che al Parla-mento tocca solo esprimersi in meritoal numero di F35 da acquistare(all’interno della forbice 90 – 131).Ieri però c’è stata la discussione allaCamera dei Deputati, con la presenta-zione di mozioni che intendono bloc-care il programma del Governo e coninterventi dai quali sono emerse tante“buone ragioni per rinunciare ai cac-cia bombardieri.Eccone alcune:Lo chiediamo perché non serve allanostra difesa nazionale, nel rispettodel dettato costituzionale e della poli-tica estera italiana, un cacciabombar-diere di quinta generazione, capacedi trasportare anche ordigni nucleari,con caratteristiche di bassa rilevabi-lità da parte dei sistemi radar.(Airaudo, Sel). Il nostro Paese, essendo noi fornitoridi seconda fascia, non ha nessun tra-sferimento di tecnologie per parteci-pare a questo programma, non parte-cipa allo sviluppo del prodotto, quin-di non acquisiamo né tecnologie diprodotto, né tecnologie di processo.Lo stesso nuovo stabilimento diCameri è un lay out clone di uno sta-bilimento Lockheed negli Stati Uniti,neanche quello facciamo noi. Lo chie-diamo ancora perché la ricadutaoccupazionale è nella miglioredelle ipotesi puramente sostitutiva esiamo lontanissimi dai 10 mila postidi lavoro ipotizzati nel nostro Paeseal varo del progetto. (Airaudo).Pensare di investire 15 miliardi dieuro per 2.000 posti di lavoro mi pare

veramente tentare di prendere ingiro l’intero Paese (Matarrelli, Sel). Molti altri Paesi stanno sospendendo,rinviando la decisione o cancellandole commesse per gli F35: la GranBretagna e la Danimarca deciderannosolo dopo il 2015; l’Olanda ha avvia-to un’inchiesta parlamentare a segui-to di un pesante voto contrario al pro-getto del suo Parlamento; l’Australianon userà gli F35 comepiattaforma esclusiva; la Turchia harinviato l’acquisto dei primi F35; laNorvegia ha minacciato di ripensarele sue scelte; la Danimarca riaprirà lagara solo dopo il 2015 (Airaudo) Ogni giorno che passaaumentano le dichia-razioni e gli studiinternazionali chedenunciano i difetti,anzi, direi, l’inutilizza-bilità degli F35, unprogetto nato malee proseguito peggio edel quale non si riesceneanche a intravederela conclusione, consi-derato che il suo coro-namento, inizialmenteprevisto per il 2011, èstato spostato al 2018 (EmanuelaCorda, Sel). Qual è il ruolo dello strumento mili-tare e a quale politica di difesa corri-sponde un aereo con caratteristichealtamente offensive e di combatti-mento? Va aperta una riflessioneprofonda sugli strumenti in grado diprodurre più sicurezza: non si produ-ce più sicurezza, nel nostro Paese enei Paesi confinanti, dotandosi diulteriori strumenti militari così offen-sivi e addirittura capaci di trasporta-re gli ordigni nucleari (Duranti, Sel). Le scelte sui sistemi d’arma non pos-sono essere lasciate ai vertici militari,tanto meno possono essere piegatealle esigenze delle grandi aziende bel-liche private. Vogliamo anche noi dis-cutere delle ricadute sui posti di lavo-

ro dei lavoratori dell’industria bellicaprivata. […] La spesa militare è ingenerale uno dei lieviti inevitabili deiconflitti. Inutile girarci intorno: lelobby della spesa militare assedianoda sempre i governi. (Zanin, Pd). Tanti sono i mezzi in dotazione ainostri militari che hanno problemi emettono a rischio la loro incolumità.Se vogliamo, possiamo parlare del«Lince»: alcuni esemplari sono statiaddirittura sequestrati per valutarnela pericolosità; possiamo parlaredegli «Ariete», dei carri armati pro-gettati già vecchi e superati daaltri carri ancor prima di finirne lo

sviluppo. A questo punto, ci chiedia-mo perché mettere in mano ai nostrimilitari degli strumenti difettosi epericolosi; ci chiediamo perché dob-biamo continuare su questa strada,senza poter riflettere, senza poterpianificare, senza poter essere infor-mati, inseguendo aziende, acquistan-do armamenti di cui non abbiamobisogno o che, peggio ancora,non solo sono inutili, ma anche dan-nosi. (Frusone, M5S). Si potrebbe dire – e io credo cheaffermare poi, come risposta, chequesta è demagogia e populismo siasbagliato – che in un tempo di spen-ding review accentuata, una da partedi chi può farla, e una spendingreview che c’è gente che fa non per-ché decide di farla, ma perché costret-

ta a farla, il dubbio sull’opportunitàdi questa operazione deve venirci. Sipotrebbe dire che il costo dellamanutenzione e dell’efficienza degliF-35 è tre volte superiore al costodell’acquisto. Si potrebbe dire che pertrent’anni noi saremo vincolati aduna massa di denaro che andrebbetutta in direzione del riarmo. Sipotrebbe ipotizzare che questo dena-ro fosse devoluto alla scuola. Sipotrebbe pensare che questo denarofosse devoluto all’ambiente. Sipotrebbe pensare che questo denarofosse devoluto al welfare. (Grassi, Pd)[...] Noi pensiamo che col prestigio

internazionale non simangi, non si curino imalati, non si costrui-scono gli asili (Corda).

È lastessa Costituzione aprescrivere che l’Italiasia un Paese pacifico,che cioè rinunci allaguerra come aggres-sione alla libertà altruie come strumentodi risoluzione dellecontroversie interna-

zionali. (Galli, Pd) […] Nell’articolo 11della Costituzione, i padri costituentiutilizzano, non a caso, un’espressioneparticolarmente forte, il verbo «ripu-dia», che esprime il rifiuto più nettodella guerra. Eppure, l’8 aprile del2009, le Commissioni difesa diCamera e Senato hanno dato il vialibera all’acquisto di 131 cacciabom-bardieri F-35, numero poi ridotto a90, con una spesa che si aggira tra i 12e i 15 miliardi, decisione che ci appre-stiamo a confermare o a rivedere conil voto che ci apprestiamo a esprime-re (Brescia, M5S)

da Fanpage.it

Dieci buone ragioni per dire no all’acquisto dei caccia F35

…UNA RUOTA…

La ruota della vita

silenziosa ci gira …

sentiremo solo il suo freno

terminando il nostro giro.

Sergio bertero

Il tempo

è eterno,

ma perché sprechiamo il nostro

che ne abbiamo così poco.

Sergio Bertero

Il tempo è uguale per tutti,

ma come vola quando si gode

è quando si soffre

che si spezza le ali

e si deve fermare.

Sergio bertero

FB159_FB16 18/07/13 21:33 Pagina 14

PAGINA 15 VOCI

Uguaglianza, dignità e diritti della persona

Ricordo di Margherita HackEra il marzo 2004 quando a Firenze una affollataassemblea cittadina decise, al termine di un percor-so partecipato, di fare una lista di cittadinanza epresentarsi alle elezioni amministrative in alterna-tiva alla coalizione del superfavorito candidatoDomenici. Era una lista di sinistra che nasceva dal Laboratorioper la democrazia e aggregava società civile e atti-visti di movimento. Tutte persone piene di entusia-smo ma poco pratiche della politica istituzionale econ qualche difficoltà a organizzare una vera cam-pagna elettorale. Nell’individuare la lista dei candi-dati qualcuno pensò di coinvolgere MargheritaHack che, pur vivendo da tempo a Trieste, rappre-sentava anche per i fiorentini quei valori culturali epolitici su cui si fondava l’esperienza di

Unaltracitta/Unaltromondo.Dopo un contatto telefonico, partimmo quindi in tre- io, Francesca e Bahram- allavolta di Trieste. Ricordo il timore con cui entrammo in città e i dubbi di un suo rifiu-to. Ricordo la semplicità con cui ci accolse e l’immediato sentirci a nostro agio nellasua casa in alto in collina, tra i suoi libri e i suoi gatti.Dopo aver capito meglio chi eravamo e perché pensavamo che una voce di sinistralibera e indipendente fosse cosabuona e giusta in un consigliocomunale egemonizzato da uncentro sinistra screditato, accettòvolentieri di essere candidata.Così, senza farsi pregare e rega-landoci la sua stima e la sua amici-zia.Fu la candidata che prese più votidella lista anche senza fare unavera campagna elettorale. Perché ivalori di laicità e democrazia cheMargherita Hack incarnava, anchequando risultavano scomodi aipotenti, erano quelli che ci rappre-sentavano e ancora oggi ci rappre-sentano.Grazie Margherita per la tua intel-ligenza, la tua cultura e la tuagenerosità. Dire che ci mancheraiè la pura verità, fuori da ogni reto-rica di circostanza.

ornella de zordo

Forse ci siamo dimenticati dell’im-portanza di queste parole. Ma nellapolitica e nella società d’oggi; con isuoi valori, forse dimenticati dietro lavita frenetica, infatti ci perdiamo inmille cose, quelle vere dove sono fini-te? Le cose che valgono che ci fannosentire esseri umani che si abbraccia-no l’un con l’altro, devono essereriprese e recuperate. Vorrei che que-ste parole risuonassero con forza inogni ambito della vita, (lavoro, scuola,famiglia e in tutta la società)...

È inutile che ci rinchiudano in ghettid’emarginazione, dove purtroppoveniamo isolati dal resto del mondo.Si parla tanto di salute mentale, magià il parlarne non ci aiuta ad unaintegrazione sociale... No, non credoproprio, perché se analizzo le parolesalute mentale che la A.S.L. usa perclassificare persone con disturbi psi-chici, mi sembrano improprie. La

prima parola salute, la sostituirei condignità, è più potente ed efficace enon suona come malattia. La secondaparola mentale, la sostituirei con laparola umana, è questo che dobbiamoottenere, esseri umani uguali aglialtri. Al posto di salute mentale vienefuori dignità umana, (suona meglionon è vero!!!) Allora, finalmente sipotrà parlare di centri di dignitàumana, (come avrebbe volutoBasaglia).

Quindi le parole su cui spesso sidovrebbe lavorare sono:

Uguaglianza, (totale annientamentodi distanza e di pregiudizio, non sen-tirsi inferiori agli altri);

Dignità, (il nostro valore non è diffe-rente da quello degli altri);

Diritti, (ci spettano perché semprepiù si va verso una società che valo-rizza l’individuo senza distinzioni);

Persona, (lo abbiamo già detto siamoesseri umani come gli altri).

A questo punto possiamo arrivare adire: Come, cosa, quando e dove poterparlare e dare una voce a tutte questeconclusioni?

Come: Direi principalmente parlan-done in maniera ristretta tra noi,come già si sta facendo, ma con l’ob-biettivo di vincere le distanze conqualsiasi persona che incontriamo,coinvolgendo anche le autorità com-petenti, che sono le persone che con-tano e che possano sostenerci in que-sta lotta.

Cosa: Muovendoci, creando situazioninuove dal nulla e attirare l’attenzionedi più gente possibile.

Quando: In ogni momento, in ognisituazione in cui si può creare un rap-porto cordiale e volendo di amicizia;utilizzando tutte le nostre potenziali-

tà creative e umane.

Dove: Dove ci si trova, bisogna sfrut-tare qualsiasi situazione favorevole, ildove lo possiamo stabilire noi stessi aseconda delle nostre forze e delcoraggio che ci deve portare dovun-que, anche con dei rischi inevitabili.

Concludo dicendo: Integrazione

sociale, vuol dire, che nessun cen-

tro o comunità potrà mai ingab-

biarci e toglierci il gusto di vivere,

provare sentimenti, costruire rap-

porti umani, fare azioni, ragionare

come fanno gli altri, vivere tutto il

più possibile, per riappropriarci

della nostra vita, che nessun essere

umano ci potrà togliere; insomma

dobbiamo lottare per questi moti-

vi. Secondo me, anche se con dei

problemi possiamo condurre una

vita vera, bellissima e intensa che

nessuno ci può guastare...

Luca Mori firenze 23/05/2013

Sa re sa sa - Sa re sa sa sarà - la Parola

Ogni giorno scrivo le parole, mi fanno ricordare il bene,

il male, tra le meraviglie del cielo, del suolo, del mare.

La parola mi aiuta a pensare a ragionare, a lavorare, a

creare, parole di gioia, di dolori, di sentimenti e umori.

La parola è conoscenza, giustizia e coscienza, in questo

mondo ancor senza pace, di bugie, di utopie, la parola

a volte ti salva o ti condanna.

Conoscendo la parola di verità, quando tu parli, ti

conosco, conoscendo chi l'ha creata, conoscerai che ti

appartiene la sua eterna vita.

Raumer antonio nome d'arte Prema

I SEnza FISSa dImoRa dI FIREnzESaLutano L’amICa maRGHERIta HaCKCiao Margherita e grazie con cuore grande della tua costanteattenzione per noi.Ogni volta che prendevi il treno da Firenze, ti fermavi volentie-ri a parlare con noi, ad ascoltarci.Così; vestita semplicemente e con il tuo solito zainetto su unaspalla.Oggi nella nostra società “MALATA” di solitudine; incapace di“ASCOLTARE” l’altro, tu invece ci ascoltavi con pazienza e ciparlavi con tenerezza.ADDIO SPIRITO LIBERO; MAESTRA DI LIBERTA’ TOTALE.TI SALUTIAMO RINGRAZIANDOTI PER LA COERENZA DELLETUE IDEE SOSTENUTE FERMAMENTE.Margherita ti mandiamo un ultimo bacio, ed un persuaso pen-siero dello scrittore ALBERT CAMUS, che affermava sempre“GRAZIE A DIO, SONO ATEO”

Addio Margherita; UN BACIO GRANDE ED UN GRAZIE SIN-

CERO.

I senza fissa dimora della Stazione di di Firenze, di cui il 12% LauREatI.

Senti come se stessi galleggiando

Senti come se stessi galleggiando.Galleggiando nell’aria.

Improvvisamente tutte le cose diventanointeressantissime e bizzarre, vuoi fermarti

per osservare i particolari, le piccolezze…ma non puoi fermarti perché stai andando

e non puoi smettere… devi andare,andare e ancora andare.

non puoi smettere di andare.non puoi fermarti.

E allora giri la testa e osservifinché puoi, mentre continui ad andare

sbandando.Improvvisamente, quella sera ti sembra

di conoscere tutte le persone che passano.Improvvisamente,

quella sera, non sei più tu che corri sulla strada, ma è la strada che corre sotto di te.

Giulia materassi

FB159_FB16 18/07/13 21:33 Pagina 15

di Gustavo Esteva

Da Jakarta è arrivata un’ariafresca che i media hanno tra-scurato e noi appena percepia-mo. La deludente riunione delG-8 ha concentrato su di sé iriflettori di questi giorni, sebbe-ne i magri risultati abbianoobbligato i media a riempire glispazi con notizie come quellasull’intensa disputa tra BarackObama e Vladimir Putin … per l’utiliz-zo privato della palestra dell’hotel incui erano alloggiati (ha vinto Obama).Non è venuto fuori nulla di rilevanteda lì. E nemmeno dalla precedenteriunione sull’alimentazione è uscitoqualcosa di importante.

A Jakarta, intanto, dal 9 al 13 giugnoha avuto luogo la sesta conferenzainternazionale di Via Campesinahttp://viacampesina.org, che celebra-va i suoi venti anni di lotta. Si trattadell’organizzazione contadina piùgrande che si sia avuta nella storia. Èil movimento sociale di maggioridimensioni del mondo attuale. AJakarta c’erano rappresen-tanti di 183 organizzazionipresenti in 88 paesi. Le cosesu cui si sono accordatiavranno ripercussioniimmediate e di enorme rile-vanza. Eppure, per i mezzi dicomunicazione, è come se laconferenza si fosse tenuta dinotte. Non è esistita.La ragione si deve in parte alpregiudizio che esiste controi contadini: non dovrebberoesistere; la loro scomparsa èstata più volte annunciatadalla sinistra e dalla destra,come inevitabile risultatodella modernizzazione. Einvece, eccoli là. E sono piùdi quanti siano mai stati.

Il pregiudizio attribuisceall’agricoltura industriale ealle “monsanto” del pianetala produzione contempora-nea di alimenti, invece l’agri-coltura contadina, la pastori-zia e la pesca artigianale con-tinuano ad essere la princi-pale fonte di cibo nel mondo.Secondo alcuni specialisti, produconofino al 70 per cento di quello che man-giamo oggi.

L’appello di Jakarta, che è stato diffu-so il 13 giugno, merita una considera-zione minuziosa. (Llamamiento de

Yakarta). Comincia con un invitourgente a “tessere il filo dell’unità ascala globale tra le organizzazionirurali e quelle cittadine per una par-tecipazione attiva, propositiva e riso-lutamente tesa alla costruzione di una

nuova società, basata sulla sovranitàalimentare, la giustizia e l’uguaglian-za…Oggi più che mai un altro mondo èurgente e necessario. La distruzionedel nostro attraverso il supersfrutta-mento, la depredazione dei popoli e larapina dei beni naturali sta provocan-do l’attuale crisi climatica e profondedisuguaglianze che minacciano l’uma-nità nel suo insieme e la vita stessa. LaVia Campesina dice un deciso NO aquesta distruzione condotta dallemultinazionali”.L’appello ricorda che Via Campesinaha pronunciato chiaramente la suavisione radicale sulla sovranità ali-mentare a Tlaxcala, nel 1996, quandoha deciso che le contadine e i contadi-ni avrebbero giocato un ruolo centra-

le nei processi di resistenza all’agen-da neoliberista e nella costruzione dialternative

Via Campesina ha riconosciuto la gra-vità della crisi sistemica attuale, lapiù grande della storia, una crisi chesta portando al collasso in molte partidel mondo. Di fronte ad essa, l’orga-nizzazione ribadisce il suo rifiuto delcapitalismo, il cui aggressivo flussofinanziario e speculativo genera l’accaparramento dei terreni, l’espul-

sione delle contadine e dei contadinidalla loro terra, la distruzione dipopoli, comunità, culture ed ecosiste-mi per creare migrazioni forzate edisoccupazione di massa.

Vía Campesina è nata con un’impron-ta antirazzista e antipatriarcale che inquesta conferenza si è approfondita:ha deciso di insediare per la primavolta la sua segreteria generale in unpaese africano, lo Zimbabwe, ponen-do alla sua guida Elizabeth Mpofu,contadina da sempre, che ha assuntol’incarico in una cerimonia emozio-nante (vedi l’articolo di SilviaRibeiro, La Jornada, 15/6/13http://www.jornada.unam.mx/archi-vo_opinion/autor/front/68).

La forza dell’appello diJakarta, impegnato nell’azioneimmediata e autonoma, con-trasta con la debolezza delManifesto Contadino allaNazione (messicana, ndt) cheil 19 giugno hanno presentatoil Congreso AgrarioPermanente e il Frente AmplioCampesino. Nel Manifesto sidenuncia la politica che hasmantellato le campagne cau-sando la rovina di milioni diproduttori rurali e la profondaerosione del tessuto socialedelle comunità e dei podericollettivi. Un timido Ya Basta!E una marginale allusione alfatto che un’altra campagna èpossibile conducono a unmodesto catalogo di petizionialle autorità e a una debolerichiesta al governo dellarepubblica e ai partecipanti alPatto per il Messico al fine dicostruire un progetto naziona-le che sappia offrire una mag-gior considerazione per imilioni di contadine e contadi-ni. Non viene detta una parola

sulla campagna contro la fame dell’at-tuale amministrazione, che quellestesse organizzazioni hanno conside-rato una pericolosa finzione burocra-tica. E non si dice nulla su quel chefaranno da sole, con autonomia, nellalotta per la sovranità alimentare. Ledue organizzazioni che hanno presen-tato il manifesto appendono le lorosperanze a una risposta delle autori-tà, risposta che, nel migliore dei casi,sarà debole e insufficiente come lo è ilManifesto.

Malgrado la cortina stesa daimedia e la confusione semina-ta da coloro che pretendono dirappresentare i contadini e lecontadine, la forza dell’ariafresca di Jakarta si farà sentireovunque, anche da noi.

Questo articolo è stato pubbli-cato da La Jornada con il tito-lo “Muy Otras Vias”

La via molto diversa dei contadiniTURCHIA PAGINA 16

Voce che parla

nel deserto

Gli esseri umani

comunicano con la parola

o con qualsiasi forma di arte.

Più cultura si ha in queste discipline,

più si riesce a farlo.

Voce che parla in Babilonia

dove le persone non riuscivano

a trovare un linguaggio comune.

La libera espressione

diventa anche questa

un’arte sopraffina.

Si nota che nei paesi

infestati dalla guerra

venga bistrattata

anche la cultura.

Nei periodi in cui

l’uomo non ha lavoro

o nessuna forma di

sussistenza

venga addirittura

demonizzata l’arte

e in particolar modo

ne risenta il popolo

e le categorie più povere

di un disprezzo delle

arti in tutti i suoi generi.

Così senza volere

la massa diventa ancora più

succube dell’aristocrazia.

Come per esempio l’episodio

dei promessi sposi quando

Renzo umile contadino

si confronta con l’avvocato

chiamato azzeccagarbugli

che si riduce a prendere

i regali del campo

e non fa il suo dovere.

Non a caso nel medioevo,

chiamato la notte dei tempi,

visse Dante Alighieri

che creò la lingua italiana

e morì scomunicato a

Ravenna

cioè fuori dei territori del Papa.

Purtroppo nessuno

è profeta in patria,

specialmente

se mette in pericolo

il potere.

Quindi spero

che questo

non succeda mai più!!?

Voce che urla nel deserto

Sisina

FB159_FB16 18/07/13 21:33 Pagina 16