fuori binario n.171 gennaio 2015

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O F F E R T A L I B E RA - WW W . F U O R I B I N ARIO.ORG - SPED. ABB. POSTALE ART. 2 COMMA 20/CL 662/96 - F I R E N Z E - G I O R NALE DI S T R A D A - A U TOGESTITO E AUTOFINANZIATO - N. 171 GENNAIO/FEBBRAIO 2015 - Ogni diffusore di Fuori Binario deve avere ben visibile il cartellino dell’autorizzazione come quello qui accanto. Il giornale ha un costo di 0.90 centesimi per il diffusore che così contribuisce alle spese di stampa e redazione viene venduto a offerta libera che (oltre il costo dei 0.90 cent.) è il suo guadagno. Non sono autorizzate ulteriori richieste di denaro. L’ultimo forte episodio di violenza contro la libertà e la democrazia si è avuto nei primi giorni dell’anno contro il giornale satirico francese “Charlie Hebdo”, un agguato stu- diato dal fondamentalismo islamico e finito con l’uccisione di 12 persone di cui 8 facenti parte della redazione. Sono stati giorni di fibrillazione per gli organi di sicurezza e per tutta l’informazione dei media, tanti gli show televisivi con ospiti po- litici a dire la propria, a invocare le misure preventive da attuare nei prossimi tempi, tanta la retorica xenofoba verso gli stranieri provenienti dal mondo arabo e mussulmano. Come sempre a fatto accaduto avviene l’iso- lamento politico dove nessuno si sente colpe- vole di quanto accaduto e fa cordone per asserirlo, nessuno sente le colpe di anni d’esportazione di armi nei conflitti arabi, dove tutti fomentano scenari di vendetta e guerra. Noi come redazione ci affianchiamo al dolore dei familiari e dei colleghi colpiti sentendoci dopo simile tragedia svuotati del senso di li- bertà e indipendenza, siamo editorialmente coinvolti e non ci stancheremo mai di denun- ciare tutte le forme di prevaricazione del- l’uno sull’altro ben foraggiate o dimenticate da un mondo occidentale opulento. [...Ci preme per questo porre l’attenzione sui tanti scenari di violenze dimenticate di cui poco si informa e si parla rendendoci conto che ai numerosi servizi su TV e giornali per i tragici fatti di Parigi non ha mai corrisposto una uguale indignazione per le MIGLIAIA di massacrati - inclusi bambini, donne e vecchi -selvaggiamente uccisi in Africa e Asia.] “Je suis Charlie” La Redazione

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fuori binario n.171 gennaio 2015 giornale di strada di firenze

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OFFERTALIBERA-WWW.FUORIBINARIO.ORG-SPED.ABB.POSTALEART.2COMMA20/CL662/96-FIRENZE-

GIORNALED

ISTR

ADA- AUTOGESTITO EAUTOFINANZIATO -N. 171GENNAIO/FEBBRAIO2015 -

Ogni diffusore di Fuori Binario deve avere ben visibile il cartellino dell’autorizzazione come quelloqui accanto. Il giornale ha un costo di 0.90 centesimi per il diffusore che così contribuisce allespese di stampa e redazione viene venduto a offerta libera che (oltre il costo dei 0.90 cent.) è ilsuo guadagno. Non sono autorizzate ulteriori richieste di denaro.

L’ultimo forte episodio di violenza contro lalibertà e la democrazia si è avuto nei primigiorni dell’anno contro il giornale satiricofrancese “Charlie Hebdo”, un agguato stu-diato dal fondamentalismo islamico e finitocon l’uccisione di 12 persone di cui 8 facentiparte della redazione.

Sono stati giorni di fibrillazione per gli organidi sicurezza e per tutta l’informazione deimedia, tanti gli show televisivi con ospiti po-litici a dire la propria, a invocare le misurepreventive da attuare nei prossimi tempi,tanta la retorica xenofoba verso gli stranieriprovenienti dal mondo arabo e mussulmano.Come sempre a fatto accaduto avviene l’iso-lamento politico dove nessuno si sente colpe-vole di quanto accaduto e fa cordone perasserirlo, nessuno sente le colpe di annid’esportazione di armi nei conflitti arabi,dove tutti fomentano scenari di vendetta eguerra.

Noi come redazione ci affianchiamo al doloredei familiari e dei colleghi colpiti sentendocidopo simile tragedia svuotati del senso di li-bertà e indipendenza, siamo editorialmentecoinvolti e non ci stancheremo mai di denun-ciare tutte le forme di prevaricazione del-l’uno sull’altro ben foraggiate o dimenticateda un mondo occidentale opulento.

[...Ci preme per questo porre l’attenzione suitanti scenari di violenze dimenticate di cuipoco si informa e si parla rendendoci contoche ai numerosi servizi su TV e giornali per itragici fatti di Parigi non ha mai corrispostouna uguale indignazione per le MIGLIAIA dimassacrati - inclusi bambini, donne e vecchi-selvaggiamente uccisi in Africa e Asia.]

“Je suis Charlie” La Redazione

PER NON PERDERSI • FB 171 • PAGINA 2

CENTRI ASCOLTOINFORMAZIONI

A.S.S.A. (Ass. Speranza Solidarieta AIDS): ViaR. Giuliani, 443 Tel. 055 453580C.I.A.O. (Centro Info Ascolto Orientamento)Via delle Ruote, 39 - orario 9,30-13, pome-riggio su appuntamento - Tel. 055 4630876,[email protected]: Via Faentina, 34 - Tel. 05546389273 lu. ore 14-17, mer. e ven. ore 9-12 per gli stranieri; tel. 055 4638 9274, mar.e gio. ore 9-12 per gli italiani.CENTRO ASCOLTO CARITAS: Via Romana, 55- Lun, mer: ore 16-19; ven: ore 9-11.CENTRO ASCOLTO CARITAS: Via San France-sco, 24 Fiesole - Tel. 055 599755 Lun. ven. 9-11; mar. mer. 15 -17.PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel.055 288150. SPORTELLO INFORMATIVO PERIMMIGRATI: c/o Circolo arci “il Progresso”Via V. Emanuele 135, giovedi ore 16 - 18,30.CENTRO AIUTO: Solo donne in gravidanza emadri, P.zza S. Lorenzo - Tel. 055 291516.CENTRO ASCOLTO Caritas Parrocchiale: Via G.Bosco, 33 - Tel. 055 677154 - Lun-sab ore 9-12.ACISjF: Stazione S. Maria Novella - binario 1- Tel. 055 294635 - ore 10 - 12:30 / 15:30 -18:30.CENTRO ASCOLTO: Via Centostelle, 9 - Tel. 055603340 - Mar. ore 10 -12.TELEFONO MONDO: Informazioni immigrati,da Lun a Ven 15- 18 allo 055 2344766.GRUPPI VOLONTARIATO VINCENZIANO:Ascolto: Lun. Mer. Ven. ore 9,30-11,30. Indu-menti: Mar. Giov. 9,30-11,30 V. S. Caterinad’Alessandria, 15a - Tel. 055 480491.L.I.L.A. Toscana O.N.L.U.S.: Via delle Casine,13 Firenze. Tel./fax 055 2479013.PILD (Punto Info. Lavoro Detenuti): Borgo de’Greci, 3.C.C.E. (Centro consulenza Extra-giudiziale):L’Altro Diritto; Centro doc. carcere, devianza,marginalita. Borgo de’ Greci, 3 Firenze. E-mail [email protected] DI LOTTA PER LA CASA: Via Pal-mieri, 11r Tel./fax 2466833.SPAZIO INTERMEDIO: Via Palazzuolo, 12 Tel.284823. Collegamento interventi prostitu-zione.CENAC: Centro di ascolto di Coverciano: ViaE. Rubieri 5r - Tel.fax 055/667604.CENTRO SOCIALE CONSULTORIO FAMILIARE:Via Villani 21a Tel. 055/2298922.

ASS. NOSOTRAS: centro ascolto e informa-zione per donne straniere, Via del Leone, 35- Tel. 055 2776326PORTE APERTE “ALDO TANAS”: Centro di ac-coglienza a bassa soglia - Via del Romito -tel. 055 683627- fax 055 6582000 - email:[email protected] AIUTO FRATERNO: centro d'ascolto,distribuzione di vestiario e generi alimentaria lunga conservazione, Piazza Santi Gervasioe Protasio, 8, lun.- ven. ore 16-18, chiuso inagosto, max 10 persone per giorno.

CENTRI ACCOGLIENZA MASCHILI

SAN PAOLINO: Via del Porcellana, 28 - Tel.055 294707 (informazioni: CARITAS Tel.4630465).ALBERGO POPOLARE: Via della Chiesa, 66 -Tel. 211632 - orari: invernale 6-0:30, estivo6-1:30. 25 posti pronta accoglienza.SUORE "MADRE TERESA DI CALCUTTA": ViaPonte alle Mosse, 29 - Tel. 055 330052 -dalle 16:30, 24 postiCASA ACCOGLIENZA "IL SAMARITANO": Perex detenuti - Via Baracca 150E - Tel. 05530609270 - fax 055 0609251 (riferimento:Suor Cristina, Suor Elisabetta).OASI: V. Accursio, 19 - Tel. 055 2320441PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel.055 280052.COMUNITA EMMAUS: Via S. Martino allaPalma - Tel. 768718.C.E.I.S.: V. Pilastri - V. de' Pucci, 2 (Centro Ac-coglienza Tossicodipendenti senza tetto).

CENTRI ACCOGLIENZAFEMMINILI

SUORE "MADRE TERESA DI CALCUTTA": ra-gazze madri Via A. Corelli 91- Tel. 0554223727.CASA ACCOGLIENZA: SAN DONNINO (Caritas)- Via Trento, 187 - Tel. 055 899353 - 6 posti(3 riservati alle ex detenute) - colazione +spuntino serale.PROGETTO S. AGOSTINO: S. LUCIA Via S. Ago-stino, 19 - Tel. 055 294093 - donne extraco-munitarie.S. FELICE: Via Romana, 2 - Tel. 055 222455 -donne extraco- munitarie con bambini.

PROGETTO ARCOBALENO: V. delLeone, 9 - Tel. 055 280052.CENTRO AIUTO VITA: Ragazzemadri in difficolta - Chiesa di S.Lorenzo - Tel. 055 291516.

MENSE - VITTO

MENSA S. FRANCESCO: (pranzo)P.zza SS. Annunziata - Tel. 055282263.MENSA CARITAS: Via Baracca,150 (pranzo piu doccia; ritirarebuoni in Via dei Pucci, 2)

ASSISTENZAMEDICA

CENTRO STENONE: Via del Leone 35 - 055 214994, lun.-ven. ore 15-19.AMBULATORIO: c/o Albergo Popolare - Viadella Chiesa, 66 - Ven. 8 - 10.PRONTO SALUTE: per informazioni sulle pre-stazioni erogate dalle AA.SS.LL. fiorentinetel. 055 287272 o al 167 - 864112, dalle 8alle 18,30 nei giorni feriali e dalle 8 alle 14il sabato.SPORTELLO DI ORIENTAMENTO ALLA SALUTE:orientamento alla salute ed al SSN anche perchi ha difficolta ad accedervi, scelta dellacura. Giovedi ore 16.30-19:00 presso AteneoLibertario - Borgo Pinti 50r [email protected] SPORTELLO SA-LUTE DELL’ASSOCIAZIONE ANELLI MANCANTIONLUS E attivo tutti i LUNEDI’ dalle 19.15 alle20.30 presso l’Associazione Anelli Mancanti,Via Palazzuolo 8. mail:[email protected]; sito: www.anel-limancanti.org; tel: 055 23.99.533.SPORTELLO UNICO DISABILITÀ (SUD): Lo spor-tello si trova nella sede degli Ambulatoridella Misericordia di Firenze di via del San-sovino 176, ed e aperto al pubblico il lunedidalle 9.30 alle 15.30 e il giovedi dalle 9.30alle 19.30 con orario continuato.

VESTIARIO

CENTRO AIUTO FRATERNO: Vestiario adulti, Chiesa S. GervasioPARROCCHIA DI S.M. AL PIGNONE: Via della

Fonderia 81 - Tel 055 229188 ascolto, lunedipomeriggio, martedi e giovedi mattina; ve-stiario e docce mercoledi mattina.

BAGNI E DOCCE

BAGNI COMUNALI: V. S. Agostino - Tel. 055284482. PARROCCHIA SANTA MARIA AL PI-GNONE: P.zza S. M. al Pignone, 1 - mercoledidalle 9 alle 11. Tel. 055 225643.AURORA ONLUS: Via dei Macci, 11 Tel. 0552347593 Da mart. a sab. ore 9-12. Cola-zione. doccia, domicilio postale, telefono.CENTRO DIURNO FIORETTA MAZZEI: Via delLeone, 35. Dal lun. al ven. ore 15-18,30.CORSO DI ALFABETIZZAZIONECENTRO SOCIALE “G. BARBERI”: Borgo Pinti,74 - Tel. 055 2480067 (alfabetizzazione, re-cupero anni scolastici).CENTRO LA PIRA: Tel. 055 219749 (corsi dilingua italiana). PROGETTO ARCOBALENO: V.del Leone, 9 Tel. 055 288150.GLI ANELLI MANCANTI: Via Palazzuolo, 8 Tel.055 2399533. Corso di lingua italiana perstranieri.

DEPOSITO BAGAGLI

ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO CARITAS-ONLUS: via G. Pietri n.1 ang. via Baracca150/E, Tel. 055 301052 - deposito bagagligratuito; tutti i giorni, orario consegna - ritiro10 - 14.30.

FUORI BINARIOPubblicazione periodica mensileRegistrazione c/o Tribunale di Firenze n. 4393 del 23/06/94Proprieta Associazione "Periferie al Centro"DIRETToRE RESPoNSABILE: Domenico GuarinoCAPo REDATToRE: Roberto PelozziCooRDINAmENTo, RESPoNSAB. EDIToRIALE: Mariapia Passigli GRAFICA E ImPAGINAZIoNE: Sondra LatiniREDAZIoNE: Gianna Innocenti, Luca Lovato, Felice Simeone, Fran-cesco Cirigliano, Silvia Prelazzi, Clara, Rossella Giglietti, FrancoDi Giuseppe, Sandra Abovich, Stanislava Sebkova, Enzo Casale.CoLLABoRAToRI: Mariella Castronovo, Raffaele, Antonietta Di Pie-tro, Nanu, Jon, Alessia, Teodor, Anna Pes, Stefano Galdiero, Gra-fian, Cezar.STAmPA: Nuova Cesat - Firenze-------------Abbonamento annuale €30; socio sostenitore €50.Effettua il versamento a Banco Desio e della Brianza - V.le Mazzini1 - IBAN - IT37 0 03440 02809 000000 373 000,oppure c.c.p. n. 20267506 intestato a Associazione Periferie alCentro - Via del Leone 76, - causale “adesione all’Associazione”

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LA BACHECA DI FB • FB 171 • PAGINA 3

... come resisterealla crisi16 dicembre @ 09.13CAROLINA MANCINI

Storiche pubblicazioni in tutto il paese, ven-dute per strada dai distributori senza fissa di-mora. Il caso di Scarp de’ tenis a Milano. E poiRoma, Foggia, Catania. Viaggio nel mondo deigiornali di strada che arrancano, ma conti-nuano a vivere

Il primo seminario nazionale dei Giornali diStrada, che si è tenuto sabato 13 dicembre a Firenze,nel parco di San Salvi, pressoChille de la Balanza, organizzatoda Fuori Binario, ha dimostratoproprio la varietà e vitalità diquesto universo, poco conosciutoma tenace, forse perché da sem-pre abituato a muoversi in condi-zioni di scarsità e di marginalità.Magazine dalla grafica accat-tivante con (poca) pubbli-cità, importanti firme delgiornalismo e redazioni sparseper l’Italia, o pagine fotocopiatededicate ad una sola strada e di-stribuiti nelle cassette della postadel quartiere. Chi ha come redazione solo una pan-china e chi ha più redazioni sparse in tutta Italia. Tuttiaffacciati sulla rete, con siti, blog, e web tv o progettimultimediali, spesso collegati ad altre attività chevanno oltre la scrittura. Chi pensa che i giornali distrada siano un po’ tutti la stessa roba, si sbaglia digrosso.La crisi sembra non toccare Scarp de’ tenis, sto-rico street magazine milanese a colori, 20 mila copiedi tiratura e 3 euro il prezzo di copertina, di cui il re-dattore Stefano Lampertico ha presentato il numerodi dicembre-gennaio, rinnovato nella grafica («Dal-l’orma della scarpa al puntatore di google, per signi-ficare che continuiamo ad esserci e a seguire glisviluppi della tecnologia») e nei contenuti, con l’aper-tura a grandi firme del giornalismo come Gianni Mura,della letteratura come Erri de Luca (il primo dei dieciscrittori che daranno il loro contri-buto su uno dei comandamenti), delfumetto come Sergio Bonelli, che re-gala una storia inedita di Dylan Dogambientata nel loro rifugio Caritasper senza dimora.

La Caritas è dal 1996 la grandemano che sostiene questa pub-blicazione, «che ci ha permesso, nel2008, di espanderci su scala nazio-nale, aprendo una decina di altre re-dazioni in tutto il paese» (ad oggi: Verona, Vicenza,Venezia, Genova, Rimini, Firenze e Napoli). 150 ven-ditori in tutta Italia, a cui va la metà del prezzo di co-pertina e a cui vengono versati i contributiprevidenziali (sono contrattualizzati come venditoriporta a porta), e che per lo più vendono ‘in maniera

protetta’, venendo assegnati dalle re-dazioni alle varie parrocchie.Milanese anche Terre di mezzo, 3euro a copia (l’ultimo numero), emetà vanno ai distributori, prevalen-temente senegalesi, spiega la diret-trice Miriam Giovanzana, una deiquattro fondatori della rivista nel ‘94,«nella ‘Milano da bere’ dove tuttosembrava volgere verso il successo»(«in effetti la maggior parte di questetestate è nata in quegli anni, al culmine di un decenniodi crescita economica e Pil in espansione, in cui le po-litiche neoliberiste avevano aumentato la ricchezza,concentrandola però sempre di più nelle mani dipochi» ha detto Leonardo Tancredi, direttore del bo-lognese Piazza Grande in apertura del convegno). «Co-

munque, noi, da bravi milanesi,organizzammo anche dei corsi diformazione per venditori, oltreche di scrittura, e si presentaronotantissimi senegalesi», concludeGiovanzana.Evoluzione di una delle reda-zioni satellite di  Scarp de’tenis è la catanese  Tele-strada, che nasce come web-tvnel 2008, per affiancare la reda-zione locale di Scarp de’ Tenis, e«rappresentava proprio l’esi-genza dei redattori di strada diuscire dall’invisibilità, e di parlare

anche di cronaca cittadina da un altro punto di vista».Gabriella Virgillito la trasforma poi in Telestrada Press,che dirige da due mesi, «quando il nuovo direttoredella Caritas ha deciso di interrompere l’esperienzadi  Scarp de’ Tenis, ab-biamo scelto la stradadell’autodeterminazione,grazie anche alla Casa delSamaritano dei missio-nari vincenziani, che ciha adottato: pian pianoci stiamo espandendoanche nell’area di Sira-cusa. Stampiamo 1500-2000 copie, che costano 1,5 euro, di cui, parte vannoai distributori, e parte alla Casa d’accoglienza per fi-nanziare la produzione del giornale».

Il primo giornale di strada ita-liano, Piazza Grande, nasce a Bo-logna nel 1993, sull’esempio dianaloghi magazine europei, comel’inglese  The Big Issue e ilfrancese Macadam Journal, «che peròerano scritti da giornalisti, mentre lanostra idea era quella di metter suuna redazione affidata a personesenza fissa dimora, perché diventassepoi uno strumento di comunicazionee di produzione di reddito», racconta

Tancredi. Piazza grande stampa circa 3000 copie almese (per dieci numeri l’anno), di cui 250 spedite inabbonamento, con prezzi che vanno da 35 a 50 euro(a seconda della generosità del sottoscrittore). Il restosono vendute dai distributori, persone senza fissa di-mora che, «dopo una prima prova con dieci, venti nu-

meri, acquistano da noi le copie a 0,75centesimi l’una e poi le rivendono. El’offerta è libera».Altri fondi arrivano da dona-zioni, qualche inserzione, e altri pro-getti, come il “Laboratorio digiornalismo sociale” a pagamento, or-ganizzato dell’Asso-ciazione Amici diPiazza Grande, pro-prietaria della rivi-

sta. Stesso meccanismo didistribuzione per Fuori Binario, gior-nale fiorentino nato subitodopo Piazza Grande: le copie costanoai distributori 0,70 centesimi (cheprobabilmente verranno aumentatia 0,85 per problemi legati anche allacrisi delle tipografie), ne vengonostampate 3.000 al mese di cui 300vanno in abbonamento (a 30 euro)e 100 vengono vendute al carcere fiorentino di Sollic-ciano.A Piazza Grande si è ispirata la foggiana Fogliodi via, che nasce nel 2005 su iniziativa di un gruppodi ragazzi che facevano accoglienza ai migranti: «lanostra sede è la panchina di fronte alla stazione di Fog-gia, - dice Emiliano Moccia - il nostro giornale non haprezzo, non sarebbe stato pensabile nel foggiano dovequasi non si vendono neanche i gior-nali in edicola! Da noi va molto forteil free press. La Fondazione dellaBanca del Monte ci ha sostenuto perun po’, e ci ha consentito di pagare40 euro ogni 500 copie vendute ainostri distributori. Adesso però

hanno giu-stamentespostato ilf inanzia-mento suun dormi-torio da 15 posti letto, percui dallo scorso giugno nonusciamo più con il cartaceo,siamo solo sul sito. Ma a

gennaio ripartiremo con un ciclostile. Il nostro è unostrumento soprattutto politico, rivolto alle istituzioni,perché non esistono servizi di accoglienza al di fuoridelle parrocchie e della Caritas».Uno strumento, che, per quanto piccolo e ma-landato ha svolto bene lasua funzione di cane daguardia: nel 2009 i ragazzidi Foglio di via hanno can-didato sindaco un senza di-mora, un excommercialista dal nomefittizio di Antonio Barbone,con tanto di programmaelettorale in dieci punti. Uno scherzo, una provoca-zione riuscita bene, visto che la notizia fu battuta dal-l’Ansa («non arrivarono a leggere fino in fondo al blog,dove era scritto che non era vero») e fece il giro deigiornali, tanto che «ci chiamarono a parlare, a fare icomizi, e poi il Sindaco che vinse le elezioni ha sbloc-cato la residenza anagrafica fittizia, ha dato inizio alla

consulta comunale per l’immigrazione - uno dei puntiin programma - e ha deciso di ristrutturare l’ex carcerefemminile per farne un dormitorio per senza fissa di-mora».Una fotocopiatrice e poche pagine per raccon-tare una strada: Palazzuolo Strada Aperta è un’altragiovane e interessante realtà fiorentina, totalmente

indipendente, determinata araccontare in modo diversouna strada che è spesso og-getto di campagne stampache legano il degrado all’im-migrazione, e di una «milita-rizzazione che ha visto volaredroni a basse quote e agenti dipolizia in tuta mimetica».Poche pagine, ma sempre conun paio di articoli tradottinelle lingue di chi li legge evive quella strada, dal franceseal somalo, e una serie di inte-

ressanti iniziative come la book bike, la bicicletta-bi-blioteca, dove prendere a presto un libro, comprarequalche giornale straniero, fermarsi a discutere di ciòche si è letto.Shaker invece ha come luogo di riferimento laStazione Termini di Roma. Nasce nel 2006, all’in-terno di un laboratorio di scrittura organizzato da Bi-nario 95, il centro di accoglienza per senza fissa dimora

della stazione, anche graziead un finanziamento dellaFondazione Vodafone e adaltri bandi. La bella edizionecartacea (fra i collaboratorileggiamo anche i nomi di Erride Luca e Michela Murgia) èferma da un anno, ma la re-dazione continua online e sulcanale YouTube, con risultatioriginali e meritevoli, come ildelizioso “Il barbiere è tutto.Quando la bellezza si fa

strada”, sul coiffeur di strada, video finalista al Premiol’Anello Debole 2014.

Gli anni ‘90 e il crollo del Muro di Berlino sono stati unpo’ il Big Bang per i giornali di strada, non solo in Italia:«sono aumentati a dismisura e ne sono nati molti neipaesi dell’Est, in Africa, in America Latina. Oggi ce n’èun centinaio in giro, con problematiche più o meno si-mili», afferma Miriam Giovanzana. In Italia, dagli

anni ‘90 ad oggi sono cam-biate molte cose, soprat-tutto nella composizionesociale delle redazioni: al-l’inizio i senza fissa dimorache partecipavano allascrittura e alla distribu-zione dei giornali erano so-prattutto italiani («e c’era

anche chi la strada la sceglieva come gesto di rottura,oggi questo non accade quasi più» dichiara Maria PiaPassigli di Fuori Binario), poi sono stati superati dagliimmigrati, mentre adesso la bilancia di sta riequili-brando, a causa della crisi, dell’aumento delle separa-zioni, del gioco d’azzardo

. Fonte: Pagina 99

La lezione dei giornali di strada

CARCERE • FB 171 • PAGINA 4

Dal convegno “Per qualche metro eun po’ di amore in più”, il manifestodi Ristretti Orizzonti per salvare gliaffetti delle persone detenute.Salvare gli affetti delle persone dete-nute, anche come investimento sullasicurezza perché solo mantenendosaldi i legami dei detenuti con i lorocari, genitori, figli, coniugi, sarà possi-bile immaginare un reinserimentonella società al termine della pena. È questo il tema del convegno organiz-zato oggi da Ristretti Orizzonti nellaCasa di Reclusione Due Palazzi di Pa-dova.Dal convegno è uscito un manifestocon alcune proposte concrete perrendere il carcere “più umano”.“Liberalizzare” le telefonate per tutti idetenuti, a telefoni fissi o cellulari, in-troducendo il sistema della scheda te-lefonica, che consente un’enormeriduzione della burocrazia rispetto alle“domandine” scritte. Telefonare più li-beramente ai propri cari potrebbe co-stituire un argine all’aggressivitàdeterminata dalle condizioni di deten-zione e una forma di prevenzione deisuicidi.

Consentire i colloqui riservati di al-meno 24 ore ogni mese, da trascorrerecon la famiglia senza il controllo visivo.Consentire inoltre che i colloqui sianocumulabili per chi non fa colloquio coni familiari almeno ogni due mesi. Aumentare le ore dei colloqui ordinari,dalle sei ore attuali, a dodici ore men-sili, per rinsaldare le relazioni, che

sono alla base del reinserimento nellasocietà.

Aggiungere agli attuali 45 giorni dipermessi premio alcuni giorni nel-l’arco dell’anno da trascorrere con lafamiglia.Nell’attesa dell’approvazione diqueste riforme dal convegno di Ri-stretti Orizzonti sono state avanzateanche una serie di proposte che po-

trebbero essere attuate subito, conuna semplice circolare dell’Ammini-

strazione penitenziaria, senza nep-pure cambiare una legge: dare la possibilità di aggiungere allesei ore di colloqui previste ogni mesealcuni colloqui “lunghi” con la possibi-lità di pranzare con i propri cari; due telefonate in più al mese per tuttii detenuti; l’allestimento di postazioni per per-mettere ai detenuti, in particolarequelli che hanno famiglie lontane, difare colloqui visivi via Skype con i lorofamiliari;migliorare i locali adibiti ai colloqui, eall’attesa dei colloqui, con una atten-zione maggiore per le esigenze di an-ziani e bambini (servirebbero in tuttele carceri pensiline, strutture provvistedi servizi igienici, spazi per i bambini);maggiore trasparenza sui trasferi-menti, che dovrebbero essere ridotti alminimo e rispettare i principi della vi-cinanza alle famiglie e della possibilitàdi costruire reali percorsi di reinseri-mento sul territorio.“Facciamo entrare l’affetto in car-cere” - il manifesto di Ristretti Orizzontiper salvare gli affetti delle persone de-tenute

Facciamo entrare l’affetto in carcere

“Gelida desolata vuota vita piattaEternamente uguale

Che fare?Morire o fare il pazzo

Elevarsi in volo per essere liberi?” (Diario di un ergastolano, www.carmelomusumeci.com)

Non so perché, ma penso che le brutte notizie in car-cere fanno più male che fuori.

Oggi ho letto questa notizia sulla rassegna stampa:

“Ha aspettato la fine dei controlli giornalieri. Ha scam-biato due parole con un infermiere e ha guardato gliagenti e il personale allontanarsi dalla cella. Poi, unavolta rimasto solo, si è tolto la maglietta intima e l’hatrasformata in un cappio da legare alle sbarre dellacella. Così un uomo, un italiano di circa 50 anni, si ètolto la vita all’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reg-gio Emilia, dove era rinchiuso da tempo. È successo neiprimi giorni di gennaio, almeno due settimane fa,anche se la notizia è emersa ed è stata confermata soloin questi giorni.

”(Il Fatto Quotidiano, G.Zaccariello)

E chissà perché quando muore un “matto” in carcere,che le persone perbene chiamano ospedali psichia-trici, mi arrabbio di più. Forse perché nelle carceri cisi finisce perché lo vuoi tu o lo vuole la tua vita, invecenei manicomi ci vai da innocente, perché lo vuole Dio,o la natura per lui. Forse semplicemente quandomuore un matto in carcere mi ricordo di quella volta,appena ventenne, che mi mandarono al manicomio

di Montelupo Fiorentino dove mi riempirono di pugninel cuore e calci nel corpo e mi legarono per lungotempo al letto di contenzione.

Fu lì che conobbi Concetto. Chissà se è ancora vivo.Non penso, almeno lo spero per lui. Probabilmente,a quest’ora, per sua fortuna, sarà nel paradiso deimatti. Spero solo che non sia morto legato nel lettodi contenzione o con la camicia di forza.

Mi ricordo che Concetto per il carcere dei matti era unosso duro. E gli operatori del manicomio potevanofare ben poco contro di lui perché lui non aveva piùné sogni, né speranze. D’altronde non ne aveva quasimai avuti. Non c’era con la testa. Era quasi tutto cuoree poco cervello, ma era buono e dolce come lo sannoessere solo i matti. Non parlava quasi mai con nes-suno. Lo faceva solo con me. Mi ricordo che Concettoviveva di poco e di niente. Il mondo non lo interessavapiù. Il mondo lo aveva rifiutato e lui aveva rifiutato ilmondo. Non gli interessava neppure più la libertà per-ché lui ormai si sentiva libero di suo. E non dava con-fidenza a nessuno, ma non gli sfuggiva niente.Concetto mi aveva raccontato che era cresciuto dasolo. Senza nessuno. Prima in compagnia delle suore.Poi dei preti. La sua infanzia non era stata bella. Nonaveva mai avuto famiglia. Nessuno lo aveva mai vo-luto. Nessuno aveva mai voluto stare con lui. Fin dabambino aveva imparato a tenersi compagnia da solo.Solo con il suo cuore. E con la sua pazzia. Neppure ilcarcere lo aveva voluto. E lo avevano mandato al ma-

nicomio. Si era sempre ri-fiutato di sottomettersi allavita e al mondo. E dopo siera rifiutato di sottomet-tersi all’Assassino dei Sognidei matti, per questo lo te-nevano quasi sempre le-gato. Tutti pensavano chefosse pazzo da legare. Lopensava pure lui. Io invecenon l’ho mai pensato. Enon l’ho mai dimenticatononostante siano passatiquarant’anni. Nel suosguardo non c’era nessunacattiveria come vedospesso anche adesso nellepersone “normali”.

Spero che chiudanomolto presto gli Opgperché non sono altroche luoghi di tortura. Echissà quanti Concetti cisaranno ancora dentroquelle mura.

Carmelo Musumeci

Carcere di Padovagennaio 2015

La morte di un “matto” fra le sbarre

CARCERE • FB 171 • PAGINA 5

Recensione di Francescade Carolis * al libro Re-cluse Lo sguardo delladifferenza femminile sulcarcere   di Susanna Ronconi eGrazia Zuffa  -EDIESSE-

Carcere. È nome che istintiva-mente evoca un universo ma-schile. Maschia è l’eco di vocie di volti che rimanda e a cuinormalmente pensiamo. E poici sono le donne... Sono “tal-mente poche” rispetto al nu-mero totale delle persone incarcere... il 4% dicono le stati-stiche. Appena qualche mi-gliaio... A pensarci bene, nellapercezione esterna al carceresembrano quasi scomparire,se non, forse, quando le pen-siamo madri, e quando pen-siamo ai loro figli... È accadutoanche a me, che da qualcheanno di carcere mi occupo, eme ne sono resa conto soloquando qualcuno mi ha chie-sto se, nel mio interessarmi aprigioni e detenuti, avessi in-contrato anche donne. E hopensato, un po’ vergognando-mene, alla conoscenza minimae quasi esclusivamente “lette-raria” a cui mi sono fermata...che pure ricorda quanto com-plessa, e molteplice e altra, èl’altra “metà” dell’universocarcere. “Recluse”, un interessante edensissimo libro appena uscitocon l’editore Ediesse, è qui oraa ricordarcelo. Curato da Susanna Ronconi eGrazia Zuffa (molto riassu-mendo, formatrice la prima,psicologa la seconda), prendespunto da una ricerca con-dotta nel 2013 nelle carceri diFirenze Sollicciano, Pisa edEmpoli, con interviste alledonne detenute, alle agenti dipolizia penitenziaria, al perso-nale educativo. Obiettivo di-chiarato: contenimento della

sofferenza, prevenzione del-l’autolesionismo e del suicidio(che è atto estremo di soffe-renza ma anche di insubordi-nazione, si sottolinea),promozione della salute.E lo sguardo si allarga... passaattraverso la narrazione divite, che non è solo narrazionedi quello che è nel carcere, maricorda e si riporta anche alfuori, passato e futuro. Anchequando quest’ultimo a volteha la luce instabile del mirag-gio. Un lavoro com-plesso e che toccamille aspettidella vita delledonne detenute,ricordandoci losguardo della dif-ferenza femmi-nile. E un grandemerito va ricono-sciuto: l’aver datola parola a per-sone in generepiù “rappresen-tate” che ascol-tate, o sollecitatea “raccontarsi”. Ela differenza èenorme. Perchéin un luogo comela galera, dove seisenza voce e su-bito diventi nulla,riprendersi la pa-rola, è la primacosa da fare perriprendersi ilresto.Le voci sono tante, si intrec-ciano in racconti e sussulti.Tutte anonime, naturalmente,ma dietro le sigle e le parole èfacile immaginare i volti chequelle parole suggeriscono...tutte insieme compongonol’istantanea di quella “danzaimmobile” che è il carcere. Manello sguardo della differenzafemminile, le autrici del librooffrono gli elementi per indivi-duare le linee di forza, le

enormi potenzialità che pos-sono far salva la vita.“Adesso sono diventata un mo-stro, l’assistente sociale hachiesto l’affidamento... nonsono innocente, ma i miei bam-bini li ho sempre curati. Sonosempre la persona che li accu-diva...”“Mi volevano dare delle gocceper mettermi a dormirequando ho sbroccato, solo chegrazie a dio ho avuto il poteredi dire no...(...) Io un giocatto-lino nelle vostre mani non lo

divento, perché la vita è an-cora mia...”. “Io, venendo qui,tutto quello che vedevo nero,ho tirato fuori un arcoba-leno...”. Donne...Fra tanti pensieri, che il libroprovoca, una piccola annota-zione. Nella miseria della vitacarceraria (perché il carcere èmiseria, e violenza e nega-zione), la relazione fra donneemerge come “possibile motivodi stress, ma anche comeeventuale fattore di prote-

zione”. Una riflessione, que-sta, che riporta alla menteuna frase del racconto dal car-cere di Goliarda Sapienza ( ri-cordate? finì dentro, aRebibbia, per un furto) che,narrando della sua breveesperienza in un mondo purspietato ed estremo, dice: “Lìnon hai l’obbligo di vestirti, senon ti va non parli, non devicorrere a prendere l’autobus.Quelle che ti conoscono sannoesattamente cosa vuoi.Quando sono uscita ho avutola nettissima impressione diaver lasciato qualcosa dicaldo, di sicuro”. Che riporto non certo per direche “meglio il carcere”. Più neconosco le storie, più mi con-vinco della sua atroce inuti-lità, ma come riconoscimentodi quello sguardo della diffe-renza come punto di partenzaper costruire vie d’uscita. Chesiano definitive. Un libro, questo “Recluse” ,che indica dunque “strategiedi tenuta” della differenzafemminile, nel solco di un im-pegno contro la sofferenza gra-tuita e aggiuntiva che nelcarcere nasce dalla costanteviolazione dei diritti umani.Per la cronaca, Recluse è unodei volumi, il quinto, natodalla collaborazione fraEdiesse e la Società della Ra-gione, che porta avanti un am-mirevole impegno sul temadella giustizia, dei diritti edelle pene, “nell’orizzonte diun diritto penale minimo, pro-prio di una democrazia laica,alternativa allo Stato etico”.E, scusate se suona come ossi-moro, Dio solo sa quanto, deivalori di democrazia laica, cisia bisogno...

* Francesca de Carolis, giornalistae scrittore  

www.laltrariva.net/?p=1032

Recluse

CASA • FB 171 • PAGINA 6

I nostri migliori auguri per tutto il 2015Ai senzatetto, male alloggiati e sfrattati, di farfronte e vincere, grazie alla solidarietà ed allelotte di resistenza e di alternativa, ai colpi difrusta del neoliberismo;Agli abitanti costruttori, portatori responsabilidel diritto ad abitare, che siano gli autori rico-nosciuti di insediamenti umani giusti, sosteni-bili e sicuri;Alle organizzazioni degli abitanti delle città edelle campagne ed a tutte le loro reti, che sianocapaci di far convergere le lotte, essenziali perriscattare i quartieri, le campagne, il nostro

pianeta;Alle ONG, ai professionisti, alle autorità locali,ai governi, alle Nazioni Unite, che mettano inatto politiche fondate sui diritti umani e del-l’ambiente, contrastando il partenariato pub-blico-privato basato sul mercato ed il furto deibeni comuni;A tutti noi, affinché siamo all’altezza della sfidadi costruire un Patto Sociale Urbano alterna-tivo, fondato sulla sovranità dei diritti umanie dell’ambiente e la redistribuzione delle ric-chezze, solidale e senza frontiere.I nostri migliori auguri per un nuovo anno di

impegni solidali:per rafforzare il processo di costruzione dellaVia Urbana e Comunitaria, spazio e camminocomune per condividere le esperienze e lestrategie e costruire la solidarietà globale conle lotte locali;per costruire la prossima Assemblea Mondialedegli Abitanti (FSM Tunisi, 24-28 marzo 2015)a livello locale, regionale, internazionale e leGiornate Mondiali Sfratti Zero – per il Dirittoad Abitare (ottobre 2015), tappe essenzialiper preparare il Forum Sociale Urbano Mon-diale, alternativo al vertice ONU Habitat III

(Quito, ottobre 2016).Gli abitanti insieme, solidali, per la dignità,senza frontiere!I nostri migliori auguri di ottenere il vostroappoggio!La vostra solidarietà è essenziale per garantirel’indipendenza e la forza dell’ Alleanza Inter-nazionale degli Abitanti. Potete inviare li vo-stro contributo direttamente con Paypal(cliccando il bottone “Donate” in alto suwww.habitants.org) o [email protected]

MANIFESTAZIONE31 Gennaio: Manifestazione a Novolicontro gli sfratti per il diritto alla casa1C’è chi vuole fare delle periferie ter-ritorio di divisioni: italiani contro im-migrati, inquilini contro occupanti,giovani contro meno giovani. Come sela “guerra tra poveri” fosse l’unicomodo di sopravvivere dentro la crisi.Sabato 31 gennaio scendiamo inpiazza a Novoli contro i veri responsa-bili della crisi e del nostro impoveri-mento. Uniamoci nelle periferie perriprenderci diritti e dignità!Sabato 31 Gennaio, appuntamentoore 16:00 in piazza PucciniI 100 sfratti programmati ogni mese aFirenze rendono bene l’idea dell’emer-genza sociale che si vive in città. Cen-tinaia di famiglie che si trovano adaffrontare affitti da 800/1000 € almese con redditi equivalenti e di pocosuperiori. Famiglie che restano senzacasa, mentre sono più di 11000 le casesfitte in città.Pezzo dopo pezzo, le istituzioni stannodistruggendo il diritto il casa e abo-lendo l’edilizia popolare. In questa di-rezione vanno il Decreto Lupi e lalegge Saccardi in approvazione alla Re-gione Toscana: vendita delle case po-polari e aumento dei canoni minimi,finanziamenti a costruttori e proprie-tari, guerra a famiglie morose e occu-panti. Sono queste le risposte deigoverni all’emergenza abitativa…Un emergenza trasformata in vero eproprio “business” tramite le varie“strutture di accoglienza” che portanofiumi di denaro pubblico nelle taschedi cooperative e privati senza risolvereun bel niente (come dimostrato dall’in-chiesta su Mafia Capitale). Mentre cen-tinaia di case popolari restano vuoteperchè “mancano i soldi per ristruttu-rarle”..

Un emergenza che, in-vece, si potrebbe risol-vere requisendo glistabili sfitti a grandiprivati, immobiliari,banche e speculatoriper assegnarle alle3000 famiglie in cittàche aspettano da anniuna casa popolare; fer-mando la svendita delpatrimonio pubblico(come le ex-caserme) erealizzando nuove casepopolari; con una ri-contrattazione dei ca-noni di affitto che tengaconto del reddito degliinquilini; bloccando dasubito gli sfratti in at-tesa di poter garantire il“passaggio da casa acasa” per le famiglie.È questa la lotta checome abitanti delle caseoccupate, famiglie dellereti-antisfratto e inqui-lini in auto-riduzionedell’affitto portiamoavanti.Tra disoccupazione,precarietà e salari bassimilioni di persone nonarrivano alla fine delmese. Tantissimi ri-schiano di perdereanche la casa. I miliardidi euro pubblici (dellenostre tasse!) stanziatiper “grandi opere” e“grandi eventi” inutilicome la TAV, l’Expo diMilano e l’ipotesi delleOlimpiadi sono un veroe proprio insulto a chioggi vive la crisi sotto forma di impo-verimento di reddito e diritti. Vogliamo una sola grande opera: casa,reddito e dignità per tutti! Movimento di Lotta per la casa

2015, Gli abitanti insieme, solidali, per la dignità, senza frontiere!

MED. DEM. • FB 171 • PAGINA 5

Verbale del convegno sulla repres-sione tenutosi a Firenze il 29 novem-bre 2014.Iniziativa molto importante che si in-treccia con le altre due iniziative di cuiè stata già data informazione;quella di Viareggio dell’8 no-vembre sugli Sportelli Salute(Organizzata da ConfederazioneCobas e Medicina Democratica equella del 28 novembre a Fi-renze su prevenzione e dannoda mobbing organizzata daAIBeL col sostegno di MD e dialtre associazioni. Nel 2015 sarànecessario trovare il modo di ar-rivare, se possibile, a proposteunitarie. Auguro a tutti un 2015 che segnifinalmente un’inversione di ten-denza verso il tanto atteso con-trattacco contro loschieramento masso-mafiosoche contraddistingue l’attuale sistemadi potere.Gino CarpentieroSezione Pietro Mirabili di MD Firenze

1 dicembre 2014REPORT DEL CONVEGNO SULLA RE-PRESSIONE NEI LUOGHI DI LAVOROIN 150 A DISCUTERE DI REPRES-SIONE E DALLA DISCUSSIONE SIPASSA ALL’INIZIATIVARiuscito il convegno al DopoLavoro Ferroviario di Firenzecontro la repressione nei luo-ghi di lavoro. Organizzatori:CUB, COBAS, USI, SICOBAS eSLAI COBAS e la minoranzadella CGIL (per la quale è inter-venuto Giorgio Cremaschi) in-sieme a comitati e realtàsindacali colpite da procedi-menti disciplinari e licenzia-menti.La lista degli interventi sarebbelunga (senza dimenticare i fa-miliari delle vittime dellastrage di Viareggio) e per que-sto non citeremo i singoli con-tributi che saranno raccoltidagli organizzatori. Si sappia che ormai la repressione col-pisce a ogni livello, dal pubblico im-piego (feroce nella sanità contro chi

contrasta interessi economici colossaliche si aggirano attorno alle case far-maceutiche, alle baronie, agli appalti...)agli appalti costruiti con la contratta-zione senza limite del costo del lavoro,dai metalmeccanici (ricordiamo i li-

cenziamenti in casa Fiat e quelli nelleaziende più piccole) alle ferrovie (ogni58 giorni perde la vita un lavoratore econ la scusa del venir meno del rap-porto di fiducia dell’azienda verso unsuo dipendente, l’inquisito ammini-stratore delegato, ora a Finmeccanica,Moretti ha preteso il licenziamento diRiccardo Antonini, ferroviere e consu-lente delle vittime della strage di Via-reggio).La repressione colpisce duramenteanche nei settori oggetto di privatizza-

zione (vedi Poste) e questo dato do-vrebbe indurre a qualche riflessionesugli scenari dei prossimi anni.Ci sono settori ormai strategici come

quelli del facchinaggio e degli aero-porti (dove negli ultimi anni migliaiasono stati i licenziamenti) caratteriz-zati da tempi e ritmi lavorativi cheormai calpestano la salute e subordi-nano la sicurezza al raggiungimento

del profitto, anche se determina l’in-sorgere di patologie e malattie invali-danti.La repressione colpisce duramente leavanguardie sindacali, sono decine i li-cenziati politici che pagano sulla loropelle le mancate abiure e le mancatediserzioni dalle lotte, il rifiuto di pie-garsi ai codici etici aziendali (sul mo-dello americano costruiti ad arte perespellere la forza lavoro ribelle e rilut-tante a subire ricatti e prepotenze pa-dronali), delegati che magari hanno

anche familiari a carico con disabilità(ma per loro le tutele non valgono).Delegati e lavoratori colpiti sui luoghidi lavoro anche per avere partecipatoa manifestazioni e lotte sociali, è il caso

dei movimenti sociali, ambientali, indifesa del diritto all’abitare e alla sa-lute.E ora i padroni distruggono lo statutodei lavoratori, portando a compimentoquel disegno padronale ini-ziato 30 anni e passa fa, che haagito con il tacito (e in molticasi palese) consenso delle or-ganizzazioni sindacali mag-giormente rappresentative,che di volta in volta hanno ce-duto su tutto (dalla normativasullo sciopero alla cassa inte-grazione, dal blocco dei con-tratti nel pubblico impiegoall’innalzamento dell’età pen-sionabile, dalle regole sullarappresentanza sindacale) eche sancisce una sorta dinuovo fascismo fino alla co-struzione di un sistema di go-verno del lavoro e della societàche criminalizza e colpisceogni forma di dissenso.Il convegno, che segue di una setti-mana l’iniziativa a Napoli contro i li-cenziamenti politici nelle fabbriche, siè infine soffermato sugli strumentiutili e necessari alla difesa dei lavora-tori, tra tutti la cassa di solidarietà,strumento storico con il quale ognisingolo lavoratore si tassa mensil-mente per sostenere colleghi e compa-gni licenziati, per spese processuali eper il pagamento delle multe per “vio-lazione” delle normative vigenti sullosciopero.Il sindacato di base nel suocomplesso dovrà decidere lemodalità con le quali co-struire la cassa per trasfor-marla da strumento disostegno a una campagna didenuncia e di aggregazione,per garantire un sostegnomateriale e allo stesso tempopromuovere una iniziativapolitica nei luoghi di lavoro enella società.Acquisire memoria, mobili-tarsi e lottare per contrastarefino in fondo il disegno pa-dronale di restaurazione, checi riporta indietro di decinedi anni: è questa la sfida del convegnoperché se non contrastiamo la repres-sione nei luoghi di lavoro tutti saremopiù deboli e vulnerabili.

REPRESSIONE SUL LAVORO

CITTÀ • FB 171 • PAGINA 8

L’associazione onlus Orti CollettiviAutogestiti, nasce dalla volontà diun gruppo di studenti della facoltàdi Agraria di avvicinare il mondonaturale alla città, con tutti ibenefici che esso comporta, tramitela creazione di orti urbani gestiticollettivamente. Lo scorso anno,grazie agli stimoli ricevuti dallecollaborazioni con la rete GenuinoClandestino e con l’assemblea TerraBene Comune (esperienza sfociatapoi nella splendida realtà diMondeggi Bene Comune), abbiamodeciso di creare un’associazioneper dare una forma alle idee e poteravere un campo d’azione più ampio.Oltre al lavoro strettamenteagricolo, il progetto rappresentaun’azione politica ed un’attivitàsociale, per far fronte alladisgregazione sociale eall’individualismo dilagante. L’associazione si propone diprendere in gestione alcune areeverdi della città sottraendole adincuria ed abbandono, attraverso lacoltivazione di un orto socialegestito da chiunque vogliapartecipare. Vogliamo dimostrarequanto la pratica dell’autogestionesia alla portata di tutti e producarilevanti benefici nei quartieri enelle persone che li vivono. L’ orto collettivo è un punto d’incontro e di scambio diconoscenze, un luogo diaggregazione sociale, dove poterpromuovere pratiche di

condivisione e collaborazione; èuno spazio didattico per grandi epiccini dove poter conoscere i ritmi

della natura e della vita; è un’agoràdove si trattino argomenti qualil’ecosostenibilità, l’autoproduzionee l’autodetermi-nazione alimentare. In un mondo globalizzato, dove iprodotti agricoli sono spostati dauna parte all’altra per far girarel’economia e tener in vita unsistema capitalista che distruggel’ambiente e la società, anche ilmodo in cui fai la spesa è un’azionepolitica. Con l’orto urbano diamoun sostegno ed un impulso allafiliera corta e all’autoproduzionealimentare, anche dove lacampagna non esiste più da anni. Lottiamo contro la concezione diagricoltura industriale, cheinsegnano anche all’università, che

preservare. Con l’apparentesemplicità di coltivare un ortosviluppiamo la conoscenza edil rispetto per esso.Il tipo di agricoltura chepratichiamo è quellaSinergica, che oltre ad essereun metodo biologico e adimpatto zero, rispecchial’idea che abbiamo di unasocietà giusta. Infatti uno deiconcetti su cui si basa ilmetodo sinergico è quello di“consociazione” fra le piante,ovvero, le colture vengonoseminate o trapiantate su uncumulo di terra (“bancale”)tutte insieme (seguendo alcunischemi e tabelle) senza la classicadivisione in aree dell’orto. In questo

modo le colture si aiutano avicenda, per esempio alcunerilasciano particolari nutrienti nel

terreno sviluppando microrganismifavorevoli, altre allontanano gliinsetti dannosi.Dal 9 maggio abbiamo iniziato lagestione del primo orto nel parco diSan Salvi. Il parco dell’exmanicomio fiorentino si prestamolto ad un progetto di recuperoed autogestione della terra, giàsono presenti realtà che lottano persottrarre l’area ad incuria especulazioni edilizie. Vi invitiamo quindi a visitarel’orto e a seguire gli altri progettidell’associazione partecipandoalle assemblee di gestione, tutti ilunedì alle 18:00 al circolo s.m.sAndrea del Sarto (via Manara,zona San Salvi)

Contatti:www.facebook.com/[email protected]

AGRICOLTURA SINERGICA

CITTÀ • FB 171 • PAGINA 9

Con questo intervento intendiamo con-testare le due scandalose decisioni presee comunicate in modo deprecabile dalnostro sindaco poco prima di Natale: ilconcerto di fine anno alle Cascine e il nondivieto dell'uso dei botti ("se si vietano ibotti allora si vieta il Capodanno"...).Due decisioni che, smentendo in modoclamoroso quello che l'Assessore all'Am-biente tenne a dichiarare alle associa-zioni che fanno parte dello SportelloEcoEquo, dimostrano - se ce ne fossestato ancora bisogno - la pochezza el'ignoranza (per non dir peggio) sui temidell'ecologia e del rispetto per le vite"non umane" di questa giunta che pur-troppo governa la nostra città.D'altra parte non si poteva finire in modopiù coerente e consono un anno in cui alParco delle Cascine sono state date dellebotte non indifferenti, quali le festiccioleestive fermate solo dalla tragedia di giu-gno (che ha portato poi a potature dra-stiche e tagli indiscriminati di vari alberinel Parco e in città), la Festa de L'Unitàcoi suoi rifiuti lasciati ammassati poi pergiorni e giorni ed infine l'insulsa FieraRurale di cui i prati delle Cascine portanoancora i segni...Insomma l'ennesima conferma che ilParco delle Cascine da questa giunta,

come da quella precedente, sia conside-rata solo un contenitore dove potercifare le peggio cose.Senza rendersi conto che magari è pro-prio quest'uso improprio del Parco cherende insicuro il Parco...Quando ci si renderà conto che un Parconon è solo un contenitore ma anche unecosistema dove vivono animali (oltreche piante) che di notte tutto voglionotranne che essere disturbati da deficientiubriachi come tegoli e da musiche spa-rate a tutto volume?Certo non accadrà con questa giunta cherifiuta di vietare i botti perché non vedealtri modi per festeggiare il Capodanno,dimostrando un'ignoranza senza fine,dato che in giro per l'Italia come nelmondo si stanno diffondendo le città a"botti zero" o che usano solo fuochi d'ar-tificio a bassa rumorosità.Tra l'altro si dimostra ignoranza sul fattoche il concentrarsi dei botti causa deigrossi problemi anche d'inquinamentoatmosferico. Altra cosa che però palese-mente a questa giunta poco interessa...Massimo ParriniWWF Firenze

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NO AL PROIBIZIONISMONO AL PROIBIZIONISMO NOALLA REPRESSIONE BAGNOA RIPOLI NON E' UNA CA-SERMAApprendiamo dalla stampa che in que-sti giorni c'è stata una vasta opera-zione della stazione dei carabinieri diGrassina che ha portato all'arresto didue ragazzi, alla denuncia di diciottoed alla segnalazione alla autorità giu-diziaria di 50 ragazzi quasi tutti mino-renni per consumo di sostanzestupefacenti.Si tratterebbe di un giro di hashish emarijuana tra ragazzi dei paesi diBagno a Ripoli e delle scuole superioridella zona.Un giro abbastanza modesto se sipensa che l'indagine è durata quattromesi ed ha coinvolto settanta persone,si parla infatti di un giro di circa 2 kgdi sostanza, almeno da quanto appren-diamo dai giornali.Non siamo qui a

fare un elogio delle sostanze più omeno stupefacenti, ne ad esaltare lacultura dello “sballo” che anzi condan-niamo totalmente in quanto utile al si-stema che combattiamo tutti i giorninelle fabbriche, nelle scuole e nei quar-tieri. Non siamo neanche a difendere lospaccio, pratica che avversiamo in totoe che anche questa è utile al sistema,alimentando mafie varie (che poi si ri-ciclano appoggiando il politicante diturno come abbiamo visto a Roma conl'inchiesta mafia capitale).Pensiamo però che né il proibizioni-smo ne la repressione sia la rispostagiusta al cosiddetto “disagio giovanile”delle periferie.Con la denuncia di settanta ragazzi sipeggiora soltanto le cose già difficiliper molti. In un paese in cui trovare la-voro è diventata una chimera arrestaree denunciare per pochi grammi di ha-shish significa rovinare un futuro giàdifficile per molti di questi ragazzi. Il

proibizionismo e la repressione nonsono la risposta giusta. In un comunein cui mancano spazi sociali non mer-cificati per i giovani, dove la sera ipaesi diventano un deserto, è troppofacile colpire i giovani e gridare alloscandalo. Ci si dovrebbe chiedere invece comemai in un paese come Grassina nonesiste uno spazio dove i giovani pos-sono esprimere la propria creatività li-beramente, non esiste una sala proveper i gruppi musicali, se non fosse peri due circoli la sera non c'è neanche unbar aperto in un paese di quasi quindi-cimila abitanti.Questa inchiesta va inserita in unclima più generale di repressione cheha visto un inasprimento nel comuneda quando si è insediata la nuovagiunta del sindaco ultrarenziano Ca-sini. È ormai nota a tutti la triste e squallidastoria delle ronde e delle delazioni. Aquesto ora si aggiunge una inchiesta

che colpisce settanta giovani condan-nandoli a prescindere.Noi pensiamo invece che la strada dapercorrere sia tutt'altra. I giovani de-vono diventare protagonisti del lorofuturo riappropriandosi del propriopaese in prima persona, senza dele-gare a nessuno il futuro, organizzan-dosi dal basso per creare momenti disocialità non mercificata.Vogliamo quindi esprimere a tutti i ra-gazzi coinvolti nell'inchiesta ed alleloro famiglie la più totale ed incondi-zionata solidarietà.BASTA PROIBIZIONISMO BASTA RE-PRESSIONE - BAGNO A RIPOLI NONDEVE DIVENTARE UNA CASERMA ACIELO APERTO CACCIAMO LAGIUNTA CASINI E IL PARTITO DEMO-CRATICO APRIAMO SPAZI SOCIALIPER I GIOVANI

PCL - SEZIONE FIRENZE

Capodanno senza botti

LIBRARSI • FB 171 • PAGINA 10

Firenze le piazze del ‘77, im-magini di gioia e rivoluzionenegli anni ’70 e dintorni.Rovesciate i cassetti, cercate le vecchiefoto, i giornali, i volantini, e metteteliin rete.Questo, più o meno, il messaggio cheha cominciato a circolare in rete unpaio di anni fa, su invito in particolaredi Antonio Tassinari, che delle piazzee delle strade fiorentine degli anni ’70fu protagonista, per poi seguire la suapassione civile e artistica e andare a la-vorare con il Teatro di comunità fraFerrara e l’Argentina.Ora Antonio ci ha lasciato, ma quel la-voro è continuato, ed ha prodotto un“numero zero”, a cui evidentemente se-guiranno altri: Quaderni di foto, com-menti e altro, che ripercorrono queglianni, e quei sogni di gioia e rivolu-zione, come dice il sottotitolo.Storie raccontate, e qui sta il bello,dalle testimonianze e dagli scatti di chiquel periodo l’ha vissuto.Non storici, né sociologi, immagini eparole di chi c’era.Non una “operazione nostalgia”, ma lavoglia di dire la nostra al di là di eti-chette e stereotipi che ci hanno am-morbato anche troppo: anni dipiombo, anni di eroina, anni cupi e vio-lenti.Sappiamo che sono stati molto altro,anni colorati e ricchissimi di creatività

e ribellione, di passioni e sogni collet-tivi, di musica di arte e di gioia. E si, didolore, di morte e di violenza, di carnee sangue.E sono anni che vale la pena raccon-

tare, come ce li ricordiamo, senza pre-tese di indagini e interpretazioni.Anni che hanno visto crescere movi-menti e gruppi, più o meno formaliz-zati, dal 68 fino alla grande esplosionedel ’77: movimenti giovanili che si af-facciavano prepotentemente sullascena politica, rivendicando un pro-

prio ruolo e un nuovo protagonismo.Movimenti che si sono estesi a dismi-sura nel corso degli anni ’70 e chehanno coinvolto una intera genera-zione di giovani che irrompevano nellarealtà politica e sociale di quegli annicon la loro critica radicale, e una for-tissima volontà di cambiamento. Lapartecipazione fu altissima, come

molto varia la composizione e le di-verse anime che gli diedero vita, vocee cuore. Gruppi strutturati (PotereOperaio, Lotta Continua, Avanguardia

Operaia, il Manifesto), l’area più varie-gata dell’Autonomia Operaia, ma ancheil femminismo, la controcultura, l’un-derground, e infinite iniziative di ca-rattere culturale, dalla musica alteatro, con tanta creatività e sperimen-tazione.Ecco, le caratteristiche più notevoli di

quella stagione ribelle sono da unaparte la dimensione di un movimentogiovanile di rivolta radicale, non con-ciliabile con il “sistema”, la voglia dicambiare davvero la vita ed il mondo,una tensione fortissima e condivisaverso una sovversione della realtàdata. Una radicalità non conciliabileneanche con la “sinistra storica”, cherestò in buona mi-sura estranea, edanzi contrastòanche fortementequei movimenti equella tensione ri-voluzionaria.Dall’altra l’irrom-pere di quella ten-sione e volontà dicambiamento intutti gli aspetti e intutti i momentidella vita diognuno: non c’erasolo da rovesciareun sistema politico,era la vita stessa adover essere cam-

biata. I rapporti personali, i rapporti digenere, la famiglia, gli stereotipi dellaconvenienza “borghese”, tutto era sog-getto a critica, modificazione, ricerca,sperimentazione. E di conseguenza le“armi” da impugnare non erano più so-lamente le bandiere e i volantini (oanche, per alcuni, non pochi, pistole emitragliette), ma erano tutti i mezzi diespressione di sé, arte, musica, teatro,autocoscienza, droghe, sogni indivi-duali e collettivi che diventavano stru-mento rivoluzionario.E la dimensione naturale per viveretutto questo era la piazza, la strada, lospazio di tutti.Le piazze piene di ragazzi che le popo-lavano per incontrarsi, stare insieme econdividere percorsi e idee. Le vie diuna città da riscoprire e reinventare.Le strade dei viaggi, con macchinescassate o in autostop, per l’Europa oper l’Oriente. Le strade delle manife-stazioni e dei mille scontri con un po-tere che non poteva che riconoscercialieni.Tutto questo vorrebbe raccontare, edevocare, questo piccolo spontaneocontributo. Suggestioni, atmosfere, im-pressioni.Perché ci siano ancora piazze da occu-pare, sogni da condividere, rivoluzionida fare.* Maurizio De Zordolaboratorio politico perUnaltracittà

FIRENZE: le piazze del ‘77

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica

Presentazione del volume

VIVERE EGUALI Disabili e compartecipazione al costo delle prestazioni

di Raffaello Belli

Martedì 20 gennaio 2015, ore 16.30 Auditorium del Consiglio Regionale della Toscana

Via Cavour, 4 - Firenze Coordina Mauro Romanelli, Consigliere Regionale

Saluti di Pietro Mercatali, Direttore ITTIG-CNR Intervengono:

Ugo De Siervo, Presidente emerito della Corte costituzionale Stefano Merlini, Professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Firenze Beniamino Deidda, Componente del Comitato Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura Dibattito

Sarà presente l’Autore Via de' Barucci, 20 50127 Firenze (Italy) tel. +39 055 43995 fax +39 055 4399605 C.F. 80054330586 [email protected] www.ittig.cnr.it P.IVA 02118311006

NON SCORDIAMOCINon scordiamoci che abbiamo bisogno di mangiare,

dormire, amare, gioire.Senza rinunciare a nulla per fare questo, senza rischiare niente o perderlo addirittura.

I bisogni fisiologici non sto ad elencarli, perché potrebbero sembrare scurrili.Il creare è indispensabile per poter essere completi.

Ogni essere sa far tutto, basta che ci sia lo spazio e il tempo.Enzo Casale

LIBRARSI • FB 171 • PAGINA 11

UNA SCOPERTA IN QUATTRO ATTI:L’INTERVISTA, IL LIBRO, L’ARTICOLO,L’INCONTRO CON L’AUTOREGemma BrandiPsichiatra psicoanalistaIl giorno di San Valentino dell’anno ap-pena finito mi ero imbattuta in unabella intervista rilasciata da AlbertaBasaglia: l’omaggio d’amore a ungrande padre da parte di una figlia e diuna professionista consapevole. Al-berta è la figlia di Franco Basaglia chela scienza aveva definito cieca. Seppicosì che di lei era uscito il libro Le nu-vole di Picasso, opera che introduce auna migliore comprensione del gestobasagliano e rende chiaro come per ilfautore della Legge 180 la sfida fossecominciata in casa, una sfida all’handi-cap di Alberta. Mi è capitato di presen-tare Franco Basaglia come l’inventoredi una risposta non semplificata, qualeil manicomio era, a un problema com-plesso, quale la sofferenza psichica èsempre stata. I problemi complessinon si affrontano in maniera semplici-stica, esigono soluzioni composite euna dose non comune di trasgressionecreativa. In carcere e a Firenze era nataa metà del ‘600 la psichiatria classica,grazie allo spostamento dei prodighiper patologia dall’Isola delle Stinche, ilcarcere cittadino del tempo, all’Ospi-tale di Santa Dorotea de’ Pazzerelli. Sitrattò di un breve tragitto, in quella chequalcuno osa ancora definire una “pic-cola e insignificante città”, che rappre-sentò però un ardito balzo in avanti dapena corporale a cura per disadattatireclusi. Alberta Basaglia aggiungevaun ingrediente alla mia lettura del mo-vimento che portò prima alla nascitadella psichiatria e qualche secolo dopoalla svolta basagliana, vale a dire allainvenzione della salute mentale, che èpoi un misto di armoniosa interdisci-plinarità e audacia nello sfidare ilnuovo che avanza tanto nei travesti-menti della sofferenza che nelle conse-guenti risposte. Lo faceva, sostenendoche ci fosse, nello spirito del fondatoredella 180, la capacità/volontà di ren-dere possibile l’impossibile e di andareoltre ogni separatezza, anche quellatra squilibrati e accorti; e sottoline-ando, opportunamente, come la ri-forma non sia la favola bella che certaideologia, soprattutto di sinistra, vollefar sua, e neppure l’eccidio acritico cheun’altra ideologia, soprattutto di de-stra, proclama. Dietro vi fu un movi-mento pieno di contraddizioni, e ioaggiungo di peccati originali, che peròservì a dimostrare che i folli potevano

essere assistiti anche fuori del manico-mio: venne attraversato il Rubicone etratto il dado. Ho poi letto con interesse il libro,scritto da una testimone di primamano, in quanto figlia del fondatoredella salute mentale e in quanto luci-damente ingenua come può esserlosolo uno spettatore bambino.Dalle nuvole alla farfalla. Un libro lieveeppure avvertibile come il volo di unafarfalla, quel muoversi a zonzo, tantodei seducenti coleotteri che dei bam-bini, senza una meta precisa tra i fiorio tra i ruoli sociali degli adulti signifi-cativi. E in quel muoversi di fiore in fiore co-gliere l’essenza, che del padre di Al-berta Basaglia fu la spinta ariconoscere a tutti un diritto di vita, dimovimentoesistenziale.Due flash suFranco Basa-glia: la voltache lo vidi, inuna sala af-follatissimadel Parterre,sul finiredegli anni’70, con moltigiovani ado-ranti e io chenon riuscivoa compren-dere quellaadorazione.Sono semprestata più percapire cheper aderire,non ho fattoparte dellainclinazionedi massa adessere todoscaba l leros ,per dirla con Nicola Chiaromonte,degli aspiranti ‘psi’ dell’epoca. E poi, direcente, il piccolo pettegolezzo fami-liare di Giorgio Simon, un parente dellascrittrice che vive in quel di Porde-none: “Franco era solito appellarsi aisuoi ammiratori, invitandoli a non de-finirsi basagliani, bensì a pensare ditesta propria…”. Ho sempre ritenutoche tra Basaglia e i suoi epigoni, la di-stanza fosse incolmabile quanto quellatra una buona e una cattiva cura, perdirla per il Mc Ewan di Sabato.Il libro fa emergere la figura di unuomo di idee, più che di un ideologo.

Inoltre, non c’è cedimento elegiaco -ecome sarebbe possibile se a parlare èuna bambina?- nessuna voglia di sba-lordire, di glorificare le proprie origini,al massimo di coglierne il tratto origi-nale, noioso quanto confortevole, di-verso quanto illuminante.Intorno all’incontro con le idee di Al-berta Basaglia ho sentito l’esigenza discrivere e il 12 Marzo 2014, sulle pa-gine fiorentine del Corriere della sera,è apparso un mio testo cui il giornaleha imposto come titolo Basaglia e laRivoluzione (ferma a quarant’anni fa),che io avevo invece denominato La sa-lute mentale a caccia di nuove parole. Infine, ho saputo che avrei dovuto pre-sentare, tra gli altri, il libro in que-stione. Ho così visto per la prima voltal’autrice, tanto simile nei tratti alFranco Basaglia che avevo incrociatoquella voltaal Parterre,così figlia disuo padre darisultare unperturbante

déjà vu. L’hoquindi sen-tita addurrei motivi dellap r o p r i ascelta dis c r i v e r esulla im-presa pa-t e r n a .S a r e b b e r ostati i bam-bini, di cui sioccupa in unprogetto ve-neziano chevarrebbe lapena cono-scere me-glio, ascoprire, percaso, che erafiglia dell’inventore della Legge 180 ea interrogarla sulla storia della sco-perta. Il libro sarebbe il tentativo di ri-spondere a quegli interrogativi, dallaposizione di testimone d’eccezione:una bambina che vive immersa in unaesperienza che cambierà la vita ditante persone e la prospettiva sulla fol-lia di tutti, almeno in Italia, ma nonsolo. Mi ha colpita nel suo dire, più chela forte ammissione che avvertiva isuoi genitori come un bene comune,anziché qualcosa di unicamente suo -espressione che ha scaldato il cuoredei presenti- il rinvio alla responsabi-lità del figlio circa la relazione con

padre e madre: “Ciascuno ha con i ge-nitori il rapporto che ha saputo co-struire con loro…”, deve avere dettogrosso modo, traendo fuori padri efigli da una passività di comodo. E’vero che Franco e Franca Basagliasono stati esempi di educazione co-struttiva, capaci di dire no creandobarriere mobili, lasciando Alberta li-bera di aprirsi varchi, in un trasgres-sivo andare oltre la regola comunqueferma. Ad esempio, quella della as-senza di televisori in casa, tollerandocomunque che la figlia sgattaiolassenell’appartamento dei vicini per sod-disfare la sua curiosità televisiva. Ca-paci, inoltre, di vivere una loroesistenza, non costruita intorno ai figli,esempio indispensabile alla emancipa-zione del piccolo d’uomo. Capaci delpensiero e della convinzione che oc-corre precedano l’agire. Qualcuno po-trebbe confondere questo pensierocon lo strutturarsi di una ideologia ecadrebbe in errore. E’ il pensiero chesta dietro una azione presentabile,educativa, trasparente, che non si na-sconde: ti spiego perché non tengo te-levisori in casa e poi non tengotelevisori in casa. Anziché Agire pernon pensare, non crescere, non vivere(titolo di un bel convegno organizzatomolti anni or sono dalla Cattedra diNeuropsichiatria Infantile della Uni-versità di Torino), ti insegno a pensareprima di agire e a non confondere laconvinzione con la presunzione.Potremmo mai sostenere che il terro-rismo che minaccia in questo mo-mento l’Europa segua un filocostruttivo? Non somiglia invece allanecessità di agire ad ogni costo, unanecessità che ha magari motivazionistoriche plausibili, che tuttavia com-porta distruzione e dolore, il dolore disoggetti ignari e direttamente irre-sponsabili? Potremmo mai parlare diconvinzione in proposito? Non ci ap-pare invece immane la presunzione dichi agisce per non pensare, non cre-scere, non vivere? Come riuscirebbeun bambino a mantenere le sue teorie,quelle che lo rendono unico e irripeti-bile, all’interno di un clima enfatico, inapparenza addirittura affettuoso, sen-timentale persino, ma che niente ha ache fare con l’amore generoso e con lagioia, dunque con la creatività utiledavvero? E come sarebbe questo climanarcisistico in grado di rendere possi-bile l’impossibile, operando nella dire-zione opposta? In un simile clima noncrescerebbe una Alberta Basaglia, manella migliore delle ipotesi un soggettoresiliente.

NUVOLE DI PICASSO

LAVORO • FB 171 • PAGINA 12

DIOPPPSChi non si rende conto della dramma-ticità del momento per il mondo del la-voro, vuol dire che non ha strumentiper analizzare una realtà che sta di-ventando sempre più pesante. Il Job act è il principalestrumento per toglieretutti i diritti a chi lavorain pochi anni, la distru-zione dei sindacati cheancora, pur tra milledifficoltà, svolgono an-cora il loro lavoro cer-cando di salvaguardarei diritti di chi lavora. I lavoratori in questomomento più a rischiose visti in prospettiva,sono quelli assunti atempo indeterminatoche hanno dai 30 ai 50anni. Per quali ragioni?Sarà conveniente “cacciare” dai luoghidi lavoro tutti quelli che hanno ancorai diritti, come l’articolo 18 per poi as-sumere quelli che non li hanno e chenon hanno l’anzianità di servizio che èmolto più costosa per le aziende.Certo, non riguarderà tutti, una piccolaparte sono indispensabili alle aziendeper il loro lavoro altamente qualificato,degli altri si potrà fare a meno. Meno diritti, tenere tutti sotto un ri-catto costante tutti e liberarsi di sin-dacati che tutelano veramente chilavora. Non a caso tutti i sindacatihanno indetto scioperi e indetto pro-teste. Saranno i principali beneficiaridi questa controriforma del lavoro. Unsindacato aziendalista fa comodo e dàcoperture anche alle peggiori nefan-dezze. Gli esempi sono tanti in questianni e sono sotto gli occhi di tutti. A me meraviglia molto l’atteggiamentodi sindacati come la CGIL e adessoanche della UIL e di tutti quelli di baseche in fondo a parte qualche sciopero,non si rendono conto che lo scopoprincipale è quello di sradicarli dailuoghi di lavoro in favore di quelli cheappunto sono aziendalisti o ancor peg-gio ”gialli”. I più giovani si abitueranno

a questo modo di lavorare, ma per chisa che la dignità non si può fermaredavanti ai cancelli dei luoghi di lavorosarà molto difficile. Non trovi un gio-vane o una partita iva individuale che

non si lamentino del precariato, mapoi concretamente non fanno niente equesto perchè non hanno mai trovatonella politica un appoggio e il sinda-cato non può rappresentarli. Nessunoche può essere licenziato s’iscrive adun sindaca scomodo. Del resto bastavedere quanti sono a rappresentare inParlamento direttamente chi lavoroper rendersene conto. Decine di mi-lioni di voti senza rappresentanza par-

lamentare e quei pochi, a parte qual-che eccezione poco importa dei dirittidi chi lavora, perché sono stati messi lìda partiti che poi hanno ultimantefatto leggi per togliere i diritti a chi la-vora. Basta guardarele leggi Treu, Biagi eFornero e adesso la“Poletti” col job actper renderseneconto. Per chi poi èun dipendente sta-tale o di un ente pub-blico e crede chequesto non lo ri-guardi, basta cheguardino cosa stasuccedendo con i la-voratori delle province che si trove-ranno senza lavoro e nessuna certezzadi ricollocazione. E’ un disegno complessivo che si stadelineando e tutto a favore dei profes-sionisti della politica, degli industrialie delle lobby che dominano il parla-mento e le amministrazioni. Ed è perquesto che occorre “darsi una mossa”e non mettersi ad aspettare quello chesuccederà, sarà troppo tardi. Io perso-nalmente come curatore dell’Osserva-torio Indipendente di Bologna mortisul lavoro non ho nessuna ambizionepolitica, alla mia età poi….

Vorrei tanto poter avere lo spirito pertornare in pieno alle mie grandi pas-sioni che sono la pittura e la sculturasociali. Ma anche l’andamento dellemorti sul lavoro che vedono un incre-

mento rispetto all’anno scorso di oltreil 10% a fine anno e questo a causa del-l’aumento del precariato e del lavoronero mi fanno desistere dall’abbando-nare il mio impegno sociale. Ed è perquesto che con DIOPPPS http://iodi-fendochilavora.blogspot.it/ stiamocercando di portare chi lavora, i disoc-cupati, i pensionati, le partite iva indi-viduali e gli studenti ad una maggioreconsapevolezza delle loro condizioni edi lavorare per portare in Parlamentoe nelle Istituzioni chi viene diretta-mente da questa categorie. Carlo Soricelli

DIAMOCI UNA MOSSA

VOCI • FB 171 • PAGINA 13

Il linciaggio mediatico contro Greta e VanessaNarrAzioni Differenti Venerdì 16 gennaio, alle quattro del mattino, all’ae-reoporto di Ciampino, dopo più di cinque lunghi mesinelle mani di chi le aveva rapite in Siria, atterravanole due giovani volontarie Vanessa Marzullo e Greta Ra-melli. Sguardi stanchi e un po’ smarriti, avvolte in ungiubbotto nero si sostenevano a vicenda, così comehanno fatto per questi lunghi mesi.Non hanno ancora quasi fatto in tempo a rimetterepiede a terra, che già qualcuno commentava in modocattivo il loro rientro.Se sorridono con la bandiera siriana dal loro diario diFacebook non va bene perché “sono delle sprovveduteche si divertono a giocare facendosi i selfie per i social”,ma se non sono sorridenti, grate e felici al rientro,nemmeno. Qualunque cosa le riguardi, è sempre sba-gliata.Le notizie, circa il sequestro, il riscatto, come siano statii mesi di prigionia sono ancora molto confusi a questaconfusione si aggiungono le decine di bufale messe inrete da gruppi e gruppetti populisti spalleggiati daquotidiani alla Libero e il Giornale.C’è chi lancia persino un sondaggio: “Lavorino gratisper ripagarci: Siete d’accordo?”Due ragazze che sono partite per la Siria per “aiutarelà” (come dicono i tanti “io non sono razzista ma…”in Italia) sono colpevoli e dunque devono ripagare lasocietà, come chi infrange la legge. Trattate come duedelinquenti dalla stampa che invita al linciaggio me-diatico, con iniziative come questa.Da subito dopo Natale, precisamente quando in Italiaè iniziato a circolare il video appello delle ragazze, siè scatenata la peggiore ferocia populista, qualunqui-sta, razzista e maschilista.La Lega e Sallusti si indignano per lo “schifo” del pa-gamento di un riscatto (che cosa di doveva fare? Me-ritavano di morire là?) e c’è chi le accusa di averfavorito i terroristi che, con i soldi del pagamento, sisono rafforzati acquistando altre armi. Greta e Vanessadovevano restare nelle mani dei rapitori, perchéadesso, per colpa loro quante persone verranno uccise!Hanno barattato la loro vita con quella di altri che,però, a differenza delle due ragazze (che se la sonocercata), non hanno scelta. Ipocrisia allo stato puro.Sappiamo bene che le armi in mano ai terroristi sonoanche armi italiane, prodotte (e forse anche comprate)in Italia: non servivano per questo i milioni del (pre-sunto) riscatto di Greta e Vanessa. L’Italia vende e pro-duce armi da ben prima del rapimento delle dueragazze con buona pace dei (falsi) moralisti.Il culmine è avvenuto però con la notizia della libera-zione delle due giovani. Si sono sprecate le ipotesi ele cifre del riscatto e le tesi complottistiche: qualcunopensa addirittura che non siano mai state rapite per-ché dai loro visi rotondi si presume abbiano mangiatodi sicuro nei migliori ristoranti della zona, qualchealtro ipotizza invece una possibile gravidanza. Fino adarrivare a Gasparri che sabato sera lanciava questotweet “Sesso consenziente con i guerriglieri? E noipaghiamo!”Il grande tormentone è stato: ma perché per le due ra-gazze si è pagato 12 milioni di euro e per i marò no?Ripetiamo nuovamente, che le cifre sono solo ipotesicampate in aria e che ad oggi non è ancora chiaro seci sia stato un riscatto, tra l’altro monetario o meno.Un tormentone che evidenzia la totale ignoranza circa

gli avvenimenti e la scarsissima conoscenza del motivoper il quale i marò si trovino in India e per il quale sianoancora in attesa di giudizio.Le destre hanno cavalcato l’onda sull’episodio dei maròper parlare alla pancia della popolazione, quella chenon si informa, non legge ma si ferma esclusivamenteai titoli, non cerca informazioni precise e non verificamai le fonti di quanti sta leggendo.Così, la disinformazione, il bassissimo livello culturaleitaliano –da cui nascono sessismi e razzismi vari–hanno partorito questo genere di mostriZoccole, puttane, stupide, deficienti, ragazzineannoiate, radical chic, geishe dei terroristi, pagas-

sero in natura il loro riscattoQuesti solo alcuni dei “complimenti”.Insulti che fanno leva quasi sempre sulla sessualitàdelle due ragazze, perché insultare le donne riferen-dosi alla loro condotta sessuale è ancora lo sport pre-ferito di moltissim* Italian*.E ancora: “Potevano aiutare la gente che non arriva afine mese in Italia”. Gli stessi che poi quando si parladi immigrati e sbarchi sfoderano il solito “Aiutiamoli acasa loro”.Si è scatenato il peggiore maschilismo, quello spessodenunciamo dalle pagine del nostro blog.“Se la sono cercata!”“Potevano stare a casa le due signorine!”Perché è inconcepibile la solidarietà, è inconcepibileche qualcuno si muova semplicemente per aiutarequalche altro e se sei donna è ancora più inconcepibile.Devi rimanere a casa, fare le cose da donna perchétutto ciò che c’è fuori le mura domestiche è pericoloso.Se è vero che le due ragazze sono partite per una “mis-sione” rischiosa, forse anche con un po’ di leggerezzae inesperienza, è altrettanto vero che hanno già pa-gato con il sequestro tutte le loro leggerezze e la loroinesperienza. Risulta però assai difficile capire comemai, per esempio, tutta la volgarità, la crudeltà, le il-lazioni, gli insulti, le accuse siano ricadute solo edesclusivamente sulle due ragazze rapite e non sul cin-quantenne che le accompagnava e che è riuscito ascappare. Perché nessuno ha puntato il dito su di lui?Perché, per lui, nessuna accusa di essere un terrorista,di essere in Siria per fare del turismo sessuale, nessuncartello volgare, nessun insulto, nessun giudizio ne-

gativo e nessun linciaggio?Negli ultimi anni in tutto il Mondo sono molti gli ita-liani rapiti, sequestrati: cooperanti, medici, giornalisti.Tutti molto più preparati e di Greta e Vanessa, tutti piùanziani anche. Sembra quasi che quindi la loro giovaneetà e la loro incoscienza non siano l’unico motivo percui si viene rapiti nei Paesi in conflitto. Ma le vere ra-gioni politiche e belliche di un sequestro internazio-nale giacciono sepolte, senza essere mai esplorate,mentre i media riportano nel dettaglio tutte le illazionidi Gasparri&co. sul sesso coi guerriglieri e le polemichesull’aver finanziato i terroristi pagando un ingente ri-scatto.

Nel 2004, dopo la morte del giornalista Enzo Baldoni,venivano rapite e poi liberate dopo 19 giorni le duecooperanti Simona Torretta e Simona Pari. Nel 2005viene sequestrata la giornalista del Manifesto GiulianaSgrena, rilasciata anche lei dopo quasi un mese. Nel2007 in Afghanistan viene rapito il giornalista di Re-pubblica Daniele Mastrogiacomo, poi liberato anchegrazie all’intercessione di Gino Strada ed Emergency.Nel 2011 nel Darfur in Sudan viene catturato dai ribellilocali il cooperante di Emergency Francesco Azzarà, li-berato dopo 124 giorni. Sempre nel 2011 in Algeriaviene sequestrata la cooperante Rossella Urru, liberatanel 2012.L’inviato della Stampa Domenico Quirico viene rapitodue volte: la prima volta nel 2011 in Libia per duegiorni (con i colleghi Elisabetta Rosaspina e GiuseppeSarcina, entrambi del Corriere della Sera, e ClaudioMonici di Avvenire); la seconda volta nel 2013 in Siriaper cinque mesi.Per nessuna di queste persone, solo le più note ad es-sere state rapite in questi anni, si è scatenato il puti-ferio che si è alzato contro Greta e Vanessa quandoancora erano in Siria o ad accoglierle al loro ritorno.Per ognuna di queste persone sarà stato evidente-mente pagato un riscatto, economico o non, al terminedi una trattativa per la loro vita.E se è vero che gli uomini diventano subito “eroi” nellanarrazione collettiva, anche le donne rapite prima diloro hanno avuto un trattamento ben diverso damedia e opinione pubblica.Greta e Vanessa non hanno avuto la “giustificazione”della professione giornalistica, non sono esperte coo-

peranti capaci di muovere l’animo nobile dell’opinionepubblica, ma soprattutto non hanno l’aspetto e la vitadelle vittime designate.Non sono dimesse, non sono deboli, non sono lì perfare la “guerra giusta”, quella dei bombardamenti sta-tunitensi.Sono giovani e belle, una bionda e una mora, studen-tesse universitarie, che per un “errore di valutazione”comune a quello dei media di mezzo mondo identifi-cano con i “ribelli” una fazione da sostenere in toto, daaiutare. Perchè Assad in quel momento era il nemicodella libertà, della democrazia, della rivoluzione, adetta di tutti i media prima che di due ragazze.L’Italia con Greta e Vanessa diventa un paese di padriseveri e di madri ansiose. I rimproveri dei più grandi,gli insulti anche alla famiglia delle ragazze che “le halasciate partire” e poi la sequela di illazioni e offesesessiste, razziste e misogine di cui sopra.L’intento di questi insulti, di questa rabbia è quello di“punire” le due ragazze, di castigarle, di riportarle adessere oggetto sessuale, donne mansuete, controlla-bili, ordinabili.Laddove Greta e Vanessa erano per il mondo solo dueattiviste volontarie, l’opinione pubblica italiana ha ten-tato in tutti i modi in questi mesi di renderle nuova-mente fantasia sessuale maschile, di riportarle al ruolopreposto di ogni donna avvenente, senza mai affron-tare dunque le ragioni della partenza delle due ra-gazze, ma anche quelle dei loro rapitori, che in questastoria non hanno quasi un ruolo, non hanno delle ri-vendicazioni, ma sono solo “la giusta punizione” perl’avventatezza delle due scapestrate.

Fabiana, Laura e Chiara

COSCIENZA SOCIALE E GIORNALI DI STRADA

La piazza, la strada sono i luoghi ove l’anima socialepiù palpita ovvero vive. Sulla strada si stabilisconoargomentazioni, le più interessanti poiché sono di-sinteressate. Ma sulla strada e solo sulla strada siprende coscienza delle problematiche sociali eumane. Dalla strada nasce l’urlo che arriva fino allestelle di tutte le ingiustizie sociali. Ecco perché soloi giornali di strada sono pregni di tutta la sensibilitàe di tutta la coscienza delle disuguaglianze, delle in-giustizie e del disagio, che producono il dolore. Nes-sun giornale legato al carro della politica,dell’economia e del potere economico, può avere lalibertà di denunciare ciò che sulla strada si fa co-scienza. I giornali di strada hanno e devono averequesto compito; far prendere coscienza. Non si èuomo se non si ha una coscienza sociale. (cito Ari-stotele) “L’uomo è l’animale sociale.”Non si è animale sociale se non si ha una coscienzasociale. Non si ha una coscienza sociale se non si co-noscono i problemi sociali.E per conoscere i problemi sociali per necessità devileggere i giornali di strada. Solo i giornali di stradati fanno prendere coscienza sociale, e con una co-scienza sociale sarai uomo.Un uomo sociale.

Francesco Cirigliano

VOCI • FB 171 • PAGINA 14

di Catherine Robert, Isabelle Richer, Valérie Louys e Damien Boussard«Noi siamo Charlie. Ma siamo anche igenitori dei tre assassini» è il ti-tolo di una lettera bellissima dialcuni insegnanti francesi. Èstata tradotta da Claudia Vago ediffusa in rete insieme a Ro-berto Ciccarelli. Ha ragioneClaudia (ecco il suo blog) chescrive: “Questa lettera, scritta daquattro insegnanti di Seine-Saint-Denis, la periferia di Parigidi cui sentiamo parlare soloquando la disperazione bruciale automobili, apre uno squarciodi luce e ci impone interrogativi,anche a noi che non siamo fran-cesi e non siamo stati diretta-mente colpiti dall’attacco aCharlie Hebdo”.«Noi siamo Charlie. Masiamo anche i genitoridei tre assassini»

Siamo professori di Seine-Saint-Denis.Intellettuali, scienziati, adulti, libertari,abbiamo imparato a fare a meno di Dioe a detestare il potere e il suogodimento perverso. Non ab-biamo altro maestro all’in-fuori del sapere. Questodiscorso ci rassicura, a causadella sua ipotetica coerenzarazionale, e il nostro statussociale lo legittima. Quelli diCharlie Hebdo ci facevano ri-dere; condividevamo i lorovalori. In questo, l’attentatoci colpisce. Anche se alcuni dinoi non hanno mai avuto ilcoraggio di tanta insolenza,noi siamo feriti. Noi siamoCharlie per questo.

Ma facciamo lo sforzo di uncambio di punto di vista, eproviamo a guardarci comeci guardano i nostri studenti.Siamo ben vestiti, ben curati,indossiamo scarpe comode, omolto ovviamente al di là diquelle contingenze materialiche fanno sì che noi non sbaviamo suglioggetti di consumo che fanno sognare inostri studenti: se non li possediamo èforse anche perché avremmo i mezziper possederli. Andiamo in vacanza, vi-

viamo in mezzo ai libri, frequentiamopersone cortesi e raffinate, eleganti ecolte. Consideriamo un dato acquisitoque La libertà che guida il popolo e Can-

dido fanno parte del patrimonio del-l’umanità. Ci direte che l’universale è didiritto e non di fatto e che molti abitantidel pianeta non conoscono Voltaire?Che banda di ignoranti… È tempo cheentrino nella Storia: il discorso di Dakarha già spiegato loro. Per quanto ri-guarda coloro che vengono da altrove evivono tra noi, che tacciano e obbedi-scano.

Se i crimini perpetrati da questi assas-sini sono odiosi, ciò che è terribile è cheessi parlano francese, con l’accento deigiovani di periferia. Questi due assassini

sono come i nostri studenti. Il trauma,per noi, sta anche nel sentire quellavoce, quell’accento, quelle parole. Eccocosa ci ha fatti sentire responsabili. Ov-

viamente, non noi personalmente: eccocosa diranno i nostri amici che ammi-rano il nostro impegno quotidiano. Mache nessuno qui venga a dirci che contutto quello che facciamo siamo sdoga-nati da questa responsabilità. Noi, cioèi funzionari di uno Stato inadempiente,noi, i professori di una scuola che ha la-sciato quei due e molti altri ai lati dellastrada dei valori repubblicani, noi, cit-

tadini francesi che passiamoil tempo a lamentarci dell’au-mento delle tasse, noi contri-buenti che approfittiamo diogni scudo fiscale quandopossiamo, noi che abbiamolasciato l’individuo vinceresul collettivo, noi che non fac-ciamo politica o prendiamo ingiro coloro che la fanno, ecc. :noi siamo responsabili di que-sta situazione.

Quelli di Charlie Hebdo eranoi nostri fratelli: li piangiamocome tali. I loro assassinierano orfani, in affidamento:pupilli della nazione, figli diFrancia. I nostri figli hannoquindi ucciso i nostri fratelli.Tragedia. In qualsiasi culturaquesto provoca quel senti-mento che non è mai evocatoda qualche giorno: la vergo-gna.

Allora, noi diciamo la nostra vergogna.Vergogna e collera: ecco una situazionepsicologica ben più scomoda che il do-lore e la rabbia. Se proviamo dolore e

rabbia possiamo accusare gli altri. Macome fare quando si prova vergogna esi è in collera verso gli assassini, maanche verso se stessi?

Nessuno, nei media, parla di que-sta vergogna. Nessuno sembravolersene assumere la responsa-bilità. Quella di uno Stato che la-scia degli imbecilli e deglipsicotici marcire in prigione e di-ventare il giocattolo di manipo-latori perversi, quella di unascuola che viene privata di mezzie di sostegno, quella di una poli-tica urbanistica che rinchiude glischiavi (senza documenti, senzatessera elettorale, senza nome,senza denti) in cloache di perife-

ria. Quella di una classe politica che nonha capito che la virtù si insegna solo at-traverso l’esempio.

Intellettuali, pensatori, universitari, ar-tisti, giornalisti: abbiamo visto morireuomini che erano dei nostri. Quelli cheli hanno uccisi sono figli della Francia.Allora, apriamo gli occhi sulla situa-zione, per capire come siamo arrivatiqua, per agire e costruire una societàlaica e colta, più giusta, più libera,uguale, più fraterna.

«Nous sommes Charlie», possiamo ap-puntarci sul bavero. Ma affermare soli-darietà alle vittime non ci esenteràdella responsabilità collettiva di questodelitto. Noi siamo anche i genitori deitre assassini.

Catherine Robert, Isabelle Richer, Valérie Louys et Damien Boussard

NOI SIAMO CHARLIE, MA...

Il libero voloOgni essere umano ha due ali

e nessun essere del mondo

Può ostacolarne

Il suo libero

volo.

In ogni forma

e modo che sia:

ma in pace,

libero volo…

Guido Scanu Passpartout

VOCI • FB 171 • PAGINA 15

MATTEO RENZI SCRIVE AL RESPONSA-BILE DEL “CENTRO DI RICERCA PER LAPACE” DI VITERBO

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi,ha scritto una lettera al responsabile del “Centro diricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, PeppeSini, rispondendo ad una precedente lettera “Dallaparte di Abele” con cui si chiedeva la cessazione disciagurate politiche di guerra, e l’avvio di un impe-gno concreto e coerente per la pace e il rispetto perla vita, la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani.Riproduciamo di seguito la lettera di Matteo Renzie la risposta ad essa di Peppe Sini.In calce riproduciamo altresì la lettera “Dalla partedi Abele” che ha dato origine al carteggio.Ringraziamo il Presidente del Consiglio dei Ministriper l’ascolto e la gentilezza, mentre con-fermiamo quanto già abbiamo espresso,ovvero che occorre una politica concreta ecoerente di  pace, disarmo, smilitarizza-zione, cooperazione internazionale, solida-rietà e rispetto dei diritti umani: unapolitica nonviolenta. Solo la nonviolenzapuò salvare l’umanità.

Il “Centro di ricerca per la pace e i dirittiumani” di Viterbo

Viterbo, primo gennaio 2015

Mittente: “Centro di ricerca per la pace e idiritti umani” di Viterbo, strada S. Barbara9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: [email protected], [email protected],[email protected], web:http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

1. La lettera del Presidentedel Consiglio dei Ministri,Matteo Renzi

Gentile Peppe,la ringrazio per la sua lettera. Con piacereapprendo della vostra iniziativa e vogliodirle che, con tutto il cuore, come cittadino,come padre, come uomo, comprendo le ra-gioni e i sentimenti che muovono le vostreparole e le vostre azioni.Come Presidente del Consiglio sento il do-vere di dirle che ho una grande responsa-bilità: garantire la sicurezza del nostroPaese, anche rispettando gli accordi internazionaliche garantiscono importanti e delicati equilibri, rag-giunti con fatica, impegno e molti sacrifici.Lei mi scrive che per abolire la guerra occorre aboliregli eserciti e le armi. Ma è come dire che per smet-tere di litigare bisogna smettere di parlare. Non èvero. Per abolire la guerra occorrono coerenza, dia-logo, comprensione. E serve, soprattutto, vivere nellarealtà, che non è fatta soltanto di desideri e spe-ranze - che animano la nostra volontà! - ma anchedi sofferenza e problemi complessi, che noi siamochiamati a riconoscere ed affrontare nella loro sfac-

ciata crudeltà.Mi auguro che lei possa comprendere il mio puntodi vista, così come io ho cercato di comprendere ilsuo. E spero che lei possa riuscire ad avere fiducianell’operato della nostra Difesa e del Governo.Un caro saluto,

Matteo Renzi30 dicembre 2014

2. La risposta del responsabile del“Centro di ricerca per la pace e i di-ritti umani” di Viterbo, Peppe Sini

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri (o - sepreferisce - gentile Matteo),in primo luogo la ringrazio di cuore della sua letterae della squisita cortesia con cui l’ha redatta.

In secondo luogo devo tuttavia confermare quantogià esposto nella mia lettera “Dalla parte di Abele”del 3 novembre sollecitando nuovamente la cessa-zione delle attuali sciagurate politiche di guerra edinsistendo nella richiesta di un impegno di pace erispetto dei diritti umani adeguato e coerente.Mi permetta infine di dirle in tutta sincerità ed inspirito di fraternità che la sua fiducia negli esercitie nelle armi, ovvero la sua fiducia nella bontà del-l’uccidere gli esseri umani (poiché a questo pur-troppo  eserciti ed armi servono) è davvero malriposta. Uccidere non è mai un bene, ma la più inam-

missibile delle azioni. Ogni essere umano ha dirittoalla vita.La sicurezza comune, la civile convivenza, può esseregarantita solo dalla nonviolenza, e dalle esperienzee gli istituti da essa ispirati, come il disarmo e lasmilitarizzazione dei conflitti, i corpi civili di pace,la difesa popolare nonviolenta: esperienze ed istitutiche in parte sono già entrati nel corpus legislativo enella pratica amministrativa ma che occorre ulterior-mente potenziare (come propongono ad esempio al-cune recenti importanti iniziative promosse dal“Coordinamento nazionale degli enti locali per lapace” e dalla “Tavola della pace”, come dalla “Retedella pace”).La invito pertanto nuovamente ad adoperarsi affin-ché il governo da lei presieduto receda da disastrosepolitiche di guerra e si impegni ad avviare una po-

litica di pace conmezzi di pace, unapolitica che salvi levite invece di soppri-merle.Sarebbe un grandebene se il governoitaliano volesse farela vera e più urgenteriforma di cui l’uma-nità ha bisogno: lascelta di una politicafinalmente integral-mente umana, lascelta della nonvio-lenza.So che lei ha studiatola figura e l’opera diGiorgio La Pira: laesorto a trarne fe-conda ispirazione.Augurandole ognibene, le invio un cor-diale saluto

Peppe Sini, respon-sabile del Centro di

ricerca per la pace ei diritti umani

Viterbo, primo gen-naio 2015

3. La lettera“Dalla parte diAbele” che ha

dato origine al carteggio

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,ricorre domani, 4 novembre, l’anniversario dellaconclusione della scellerata “inutile strage” dellaprima guerra mondiale.E ricorre quest’anno altresì il centenario dell’iniziodi quella scellerata “inutile strage”.Alcune movimenti nonviolenti, antimafia, per i dirittiumani, il 4 novembre ricorderanno in varie cittàd’Italia tutte le vittime di tutte le guerre con l’inizia-tiva “Ogni vittima ha il volto di Abele”, recando

omaggi floreali e sostando in silenzio dinanzi alletombe e alle lapidi che ricordano alcuni degli innu-merevoli esseri umani che la guerra ha ucciso.Queste commemorazioni esprimono una profondae ineludibile verità: che la guerra è nemica dell’uma-nità; e che quindi è necessità, diritto e dovere del-l’umanità intera abolire la guerra.E per abolire la guerra occorre abolire gli eserciti ele armi.

*Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,in questo stesso 4 novembre in cui le persone amichedella nonviolenza esprimono il loro lutto per gli as-sassinati ed il loro impegno ad opporsi alla conti-nuazione delle stragi, sciaguratamente lo statoitaliano “festeggia” la guerra e i poteri assassini:così recando ancora un’estrema infame offesa allevittime della guerra.Non solo: lo stato italiano, in flagrante violazionedel dettato della Costituzione della Repubblica Ita-liana che ripudia la guerra, continua a prendereparte a guerre in corso.Non solo: lo stato italiano continua a consentire chein Italia si producano e si vendano armi che vengonopoi utilizzate per minacciare, terrorizzare ed assas-sinare degli esseri umani in tante parti del mondo.Non solo: lo stato italiano continua a sperperare im-mense risorse (70 milioni di euro al giorno) del po-polo italiano per le spese militari, per il riarmoassassino, per la partecipazione alle guerre.Non solo: lo stato italiano continua a far parte diun’organizzazione terrorista e assassina come laNato.Non solo: lo stato italiano continua ad essere alleatoe quindi complice di paesi e coalizioni internazionaliresponsabili di crimini di guerra e di crimini control’umanità.Non solo: lo stato italiano continua ad essere corre-sponsabile delle stragi nel Mediterraneo provocatedalle misure razziste italiane ed europee che impe-discono ad esseri umani che ne hanno estremo bi-sogno e assoluto diritto di giungere nel nostro paesein modo legale e sicuro e di esservi accolti in pie-nezza di diritti e dignità.

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,il primo dovere di ogni essere umano, e quindianche di ogni istituzione democratica, è rispettare esalvare le vite.Ascoltando il monito di questa dolorosa ricorrenza,nel lutto inestinguibile per le vittime della guerra dicui si fa memoria, il Governo e il Parlamento vo-gliano finalmente far cessare gli abominevoli scan-dali sopra richiamati ed impegnarsi ad avviare unaconcreta e coerente politica di pace.Ogni vittima ha il volto di Abele.Pace, disarmo, smilitarizzazione.Rispetto per la vita, la dignità e i diritti di tutti gliesseri umani.Solo la nonviolenza può salvare l’umanità.Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per

la pace e i diritti umani” Viterbo, 3 novembre 2014

LA RICERCA DELLA PACE

VOCI • FB 171 • PAGINA 16

“La politica di accoglienza e diabitazione temporanea della Città diNew York è considerata la piùavanzata e complete dell’interanazione. La municipalità è ancheall’avanguardia nelle misure diprevenzione per scongiurare il rischiodella strada per coloro che sono arischio di diventare senza fissa dimora.Tutti i cittadini newyorkesi possonoessere orgogliosi di vivere in una cittàche considera prioritari gli sforzi diqueste sue politiche di prevenzione”.Anche attraverso il sito del“Dipartimento per i Servizi ai SenzaFissa Dimora (DHS – Department ofServices for Homeless) di New York, ilcorrispondente di un vero assessoratonostrano, le autorità della Grande Melanon solo non ignorano iI vistosofenomeno locale dei senzatetto, madelle politiche pubbliche per I piùpoveri fanno una ragione di vanto. InItalia, a Firenze o altrove, non solo nonesiste un assessorato o undipartimento amministrativo dedicato,ma nemmeno una comunicazioneistituzionale che affermi le proprie

responsabilità nei confronti di chiviene spesso considerate solamentecome un indesiderato sociale. Eppurea New York non hanno di che gioire: inuna qualsiasi promenade anche per lestrade dei negozi più ricercati, lavisione della povertà è costante: ainizio 2014 si calcolava la presenza di53.615 senza fissa dimora. Aumentanoanche i bambini senza tetto e ilperiodo di precarietà, valutato ormaiin quattordici mesi. Ma sorprendeanche la cura per una mappaturaprecisa del fenomeno, segno di unasensibilità politica da noi sconosciuta.Così, all’ombra di Wall Street, nel cuoredel consumismo griffato della FifthAvenue, New York è una città per laquale la nuova indigenza urbana è unapiaga drammatica, ma non un tabù perla politica. E nemmeno per i giornali.Lo stesso New York Times, con unaserie di articoli sui senza fissa dimoradella città, ha denunciato il degrado diuno specifico dormitorio municipale, ilche ha comportato l’apertura diun’inchiesta da parte del sindaco e lasua parziale chiusura.

Bill de Blasio, il nuovo sindaco, si èimpegnato nella costruzione di nuovialloggi sociali, finora godedell’apprezzamento della rete diassociazioni di volontari (“TheCoalition for the Homeless”) e hapreso alcune misure concrete: unacampagna per una tassa per i residenticon i salari più alti per finanziare asilinido per i più poveri, ispezioni severenei dormitori pubblici, lo spostamentodi famiglie con bambini in abitazionimigliori, la creazione di un gruppo dilavoro permanente con le ONG, un sitodedicato, un numero verde (il 311),una guida scaricabile dalla rete(http://www.nyc.gov/html/dhs/html/outreach/outreach.shtml), e molto altro. New York offre una “buona pratica” eun altro sguardo sulle nostrecontraddizioni, che in un’emergenzacostante ha migliorato l’assistenza e lastessa moralità della città. Trent’annifa, trascorrendo una notte per lestrade di Manhattan, m’imbatteiun’altra città di estrema miseria cheveniva letteralmente fuori dai tombiniper appropriarsi dell’oscurità in

mezzo alla strada, da cui ripartiva,negletta dalle luci della ricchezza,all’alba.Oggi anche la signora di colore del“Salvation Army” che presidia il suoangolo di Madison Avenue perraccogliere offerte e dare indicazioni achi abbia bisogno di assistenza, pareavere un dialogo quasi diretto con ilsindaco. E quando incontro un giovanesudamericano con due bambini disette e nove anni, capisco che sonoappena arrivati a New York in cerca difortuna, con uno sguardo smarrito sulloro avvenire. Ma non hanno paura esanno di non essere abbandonati. E michiedo come sia possibile che traquesti grattacieli opulenti possanotrovare maggiore attenzioneistituzionale rispetto al tessutosecolare di solidarietà delle nostreantiche strade.Niccolò Rinaldi(deputato al Parlamento Europeo2009-14)

UN’ALTRA NEW YORKbuone pratiche da seguire

NOTIZIE DALLA REDAZIONECari lettori/sostenitori vi portiamo a conoscenza che dal numero 171 di Gennaio-Febbraio 2015

aumenterà il prezzo di costo del giornale ai distributori, da 0.70 a 0.90 cent.(La differenza offerta per l’acquisto del giornale è il loro guadagno)Per trasparenza riportiamo una media delle spese da noi sostenute

Affitto di 354,00 €, stampa Fuori Binario 3000 copie in media per 1000,00 €, Telefono 100,00 €, Luce 90,00 €,per il riscaldamento stagionale con bombole a gas e stufette elettriche c.a 120.00/150.00 €, cancelleria e spe-dizione 200 giornali 200.00 €, noleggio furgone per ritiro e trasporto banco alimentare 50.00 € più l’acqua e le

tasse varie annuali (Tari)Per un totale all’incirca di 1.900.00/2.000.00 € mensili

La redazione è composta da due persone in inserimento lavorativo e tre volontari.Insieme ai nostri distributori vi auguriamo un migliore anno nuovo

La Redazione