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-1Etnologia e antropologia in Italia nel secondo dopoguerraIl periodo del secondo dopoguerra fu in Italia molto difficile per gli studi antropologici:a causa delle passate compromissioni con il regime fascista razzista e coloniale il resto del mondo accademico guardava al settore con diffidenza.Ad onor del vero però l’accademia italiana sembrava incapace di comprendere il ruolo delle scienze umane nel processo di comprensione del mondo attuale.De Martino cercò di rilanciare gli studi.

De Martino:il problema del magismo e il concetto di <presenza>“Il mondo magico.Prolegomeni a una storia del magismo”(1948)era il tentativo di ricostruire la struttura del mondo magico ,per De Martino unica possibilità per recuperarlo alla storia.Questo lo poneva al di fuori dell’ottica crociana,ed infatti criticò gli epigoni del filosofo sostenendo che utilizzare solo le forma tradizionali del pensiero è espressione di una esperienza storiografica che si limita alla civiltà occidentale e quindi non utile alla comprensione del mondo magico.Le categorie crociane

Ambiti dello SpiritoFilosofia Teoretica Universale

Arte Teoretica Particolare

Economia Pratica Particolare

Etica Pratica Universale

Da notare l’esclusione dalle categorie della religione,pensata come aggregato di istanze appartenenti alla speculazione,alla morale e alla poesia.E’ chiaro che per poter dedicarsi allo studio di un atteggiamento psicologico come il magismo ci si dovesse svincolare da una filosofia con categorie tali da escluderlo.

A questo punto De Martino enuncia quello che lui chiama il <problema dei poteri magici>,che oggi potremmo definire il <problema della costruzione della realtà>:nello studio del fenomeno magico diamo per scontata l’irrealtà dei poteri magici ,ma questa va dimostrata,non si può darla per scontata.Indagando,così arriva a mettere in dubbio anche il significato di quello che intendiamo per reale.Quindi l’oggetto dell’indagine è sia la magia (oggetto da giudicare) sia la categoria di realtà (categoria giudicante).Questo pare anticipare le tematiche contemporanee su razionalità e relativismo,mentre De Martino arriva a concludere che i poteri magici sono veri nel senso di effettivi ed efficaci.

Evidente il progressivo distacco da Croce data l’impossibilità di comprendere la magia “dall‘esterno”, tramite le categorie dello Spirito e la necessità di uno studio dall’interno.

Il concetto di <presenza>Indispensabile per la comprensione del significato della magia,il concetto di presenza demartiniano si distingue da quello di “esserci”impiegato da Heidegger,che denota un livello di significatività delle cose presenti nel mondo.Per De Martino invece la presenza è uno stato etico che l’uomo si sforza di costruire per sfuggire all’idea,insopportabile,di non-esserci;è un moto “naturale” dell’essere umano,che nel momento stesso in cui compie lo sforzo di essere nel mondo fonda la cultura.Si tratta di un moto sofferto ma vitale a cui non ci si può sottrarre se non si vuole essere annientati.E quindi la magia diventa l’espressione della <volontà di esserci come presenza di fronte al rischio di non esserci>,di affermare la propria presenza nel mondo.

La posizione di De Martino pare più articolata di quella degli evoluzionisti e di Malinowski,e lontana da quella di Mauss(evoluzionisti = forma imperfetta di razionalità,Malinowski = risposta allo stress di fronte a situazioni di esito incerto,Mauss = impegno a definire la magia in base a ciò che la separa dalla religione.

La presenza conquistata con la magia non è però mai definitiva,ogni crisi individuale o collettiva può metterla in crisi: è sempre presente il rischio della perdita della presenza.

L’assenza di riferimenti al classico sulla morte di Hertz viene tradizionalmente spiegata con l’ostilità verso la scuola durkheimiana e non può mancare di stupire l’utilizzo dello stesso concetto di morte come scandalo. E pare stano che trattando la necessità di <far passare l‘estinto nel valore> non si accenni a Van Gennep e ai riti di passaggio.Destorificazione,marxismo,etnocentrismo criticoIl saggio “Intorno ad una storia del mondo popolare subalterno”(1949) faceva registrare un avvicinamento alle tesi del marxismo di Gramsci,estendendo il binomio egemone-subalterno ai rapporti tra culture. L’avvicinamento a Marx era etico e “umanistico” piuttosto che teoretico e risultava funzionale all’avvicinamento alle problematiche meridionalistiche e rese pensabile l’ingresso delle masse nella storia,in evidentissimo contrasto con il pensiero di Croce in merito.

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Ÿ Il concetto di destorificazione La destorificazione è il processo per cui ogni forma di riscatto magico-religioso va intesa come alienazione da un sé angosciante,alienazione che consentirebbe di stare nella storia come se non esistesse.Il problema della persona che cerca di affermare la propria presenza si traspone nel problema di una umanità esclusa dalla storia.La conclusione trascende così il nudo aspetto magico:la esterificazione è lo straniamento o l’esclusione dei soggetti umani dalla storia.

Questa posizione venne avversata sia dagli idealisti,che negavano la possibilità del primitivo e delle plebi di essere studiati dalla storia perché non la producevano,sia dai marxisti perché si negava la possibilità ottimistica di riscatto del proletariato grazie alla formazione della coscienza di classe.Ÿ L’etnocentrismo criticoTramite l’esperienza etnografica De Martino avviò una riflessione sui rapporti tra soggetto conoscente e l’oggetto di conoscenza dell’etnologia,producendo i concetti di umanesimo etnografico ed etnocentrismo critico. L’umanesimo etnografico è la scelta di partire dall’umanamente più lontano e che tramite l’incontro con esso si espone all’oltraggio della propria cultura. Solo chi è in grado di farlo è adatto all’etnografia.Soprattutto nel periodo immediatamente precedente la morte De Martino si interessa al problema del rapporto tra osservatore ed osservato,consapevole che non potesse essere neutro. L’osservatore indaga utilizzando i propri parametri e pregiudizi culturali una società diversa dalla sua.I rischi sono o la pretesa di abbandonare ogni proprio retaggio culturale perdendo così ogni modo per esprimersi su ciò che si osserva o la scelta di impeigere categorie di pensiero ovvie che portano alle accuse di etnocentrismo.La via d’uscita è indicata nella <tematizzazione della storia propria e della storia aliena…nel proposito di raggiungere quel fondo universalmente umano in cui il “proprio”e “l‘alieno”sono sorpresi come due possibilità storiche di essere uomo,quel fondo,dunque,a partire dal quale anche “noi”avremmo potuto imbroccare la strada che conduce alla umanità aliena>. L’incontro etnografico è il modo che il ricercatore ha per compiere un esame di coscienza sulle sue categorie,una riforma di queste,una comprensione più piena di ciò che significa umano al di là delle riflessioni del pensiero occidentale.Ma il concetto di etnocentrismo critico non significa una riforma delle categorie antropologiche,perché <il giudizio che l‘occidente può dare di culture non occidentali non può non essere etnocentrico> ma significa una continua ridiscussione delle categorie impiegate,che mirano a produrre la consapevolezza di star osservando con i suoi occhi “condizionati”,storicamente determinati,qualcosa che per lui è “altro”.Ÿ Il timore del relativismo culturaleIn De Martino il problema non consiste nella costruzione del dato etnografico,non si pensa che le interpretazioni dei fenomeni date dagli osservati possono essere determinanti nelle interpretazioni del ricercatore perché si tende a vedere negli altri qualcosa di passivo,che si limita ad essere osservato dall’etnologo che ha la responsabilità di compiere autocritica intellettuale.

Questo limite pare originato dai trascorsi di storicismo idealistico crociano:la cultura europea come luogo privilegiato per l’osservazione della storia dell’umanità,il relativismo culturale come pericolo.Per De Martino la superiorità della cultura occidentale è netta ed innegabile perché è stata la sola a produrre un confronto tra culture scientifico e sistematico e solo utilizzando la storia della propria cultura come unità di base le altre possono essere “misurate”.

Altre tendenze nell’Italia del secondo dopoguerraDagli anni’50 gli studi ripresero,specie la demologia.Più che tendenze dominanti c’era il bisogno di confronto.Le ricerche demologiche di G.Cocchiara Sicilano,continuatore degli studi di Pitrè,subì le influenze sia dell’antropologia sociale britannica (Marett e la sopravvivenze come elementi attivi dentro un pensiero che li accoglie) sia dello storicismo crociano (La storia come storia sempre contemporanea).Si dedicò allo studio dell’immaginario alto e basso (il paese della cuccagna,il mito del buon selvaggio,il tema del mondo rovesciato).Scrisse l’unica storia degli studi europei sul folklore,apprezzata e riconosciuta internazionalmente.

Una pluralità di istanzeMancano tendenze forti,ci sono piuttosto diversi modi di intendere il settore.Ÿ Lanternari = tra i primi a studiare i movimenti revivalistici e sincretici del Terzo Mondo e il profetismo

come esperienza storica di tutti i popoli che aspirano ad un futuro libero.Ÿ Bernardi = apertura all’antropologia britannica,in Sudafrica si interessa di profetismo e classi d’etàŸ Tentori = si batte per introdurre l’antropologia culturale come studio delle società complesseŸ Tullio-Altan= dopo l’adesione al funzionalismo critico si dedica al cambiamento dei valori nell’Italia

contemporaneaŸ Cirese = riformulazione degli studi demologici( inclusi marxismo gramsciano e strutturalismo

francese)Ÿ Cardona = introduce l’etnoscienza e fa rivalutare in Italia l’importanza degli studi etnolinguisticiTanta varietà ha condotto spesso a fratture nella comunità antropologica italiana,che potrebbe però riuscire a ricomporsi nell’analisi del mondo contemporaneo,cui si è sempre dedicata tramite l’analisi del “locale”italiano, fornendo così spunti reciproci nel confronto con chi si è dedicato ad ambienti extra-europei.

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L’antropologia americana e la <rinascita nomotetica>Nella seconda metà del Novecento l’antropologia americana entrò in quella fase definita di <rinascita nomotetica>(cioè della scienza volta alla ricerca delle leggi). La prima generazione degli allievi di Boas (Kroeber,Lowie,Wissler,Sapir,Benedict,Mead) svilupparono tematiche diversificate,ma comune fu l’avversione nei confronti della generalizzazione e delle spiegazioni di tipo causale.Con la seconda generazione degli allievi di Boas si ritrovò interesse per la comparazione,la formulazione di teorie fondate su spiegazioni causali.

L.A.White :la scienza della culturaWhite fu allievo di A.Goldenwisen,che aveva avuto Boas come maestro. I contributi da lui forniti furono spesso tecnici (terminologia di parentela,origine di tabù dell‘incesto,etnografia degli indiani Pueblo),ma la sua fama negli anni ‘50 era dovuta alla sua teoria dell’evoluzione culturale e alla riscoperta dell’opera di Morgan in un clima avverso all’evoluzionismo.Ÿ La rivalutazione di Morgan e il riferimento a Marx White doveva riscattare il lavoro di Morgan da due

tipi di critica: quella subita da tutti gli evoluzionisti e quella derivante dall’esclusione dal dibattito in seguito alla scelta dei sovietici di inserire le sue opere tra quelle “annunciatrici del socialismo”. Un viaggio in Unione Sovietica gli diede modo di combinare la rivalutazione su Morgan con il marxismo.

Il marxismo di White si limitava all’assunto per il quale sono le condizioni tecnico-economiche a determinare la vita delle società umane,tesi per l’altro ripresa dalla sociologia scozzese di ispirazione illuminista che Marx si era limitato a riprendere.Inoltre ciò che di Morgan veniva ripreso non erano tanto gli schemi di sviluppo,quanto l’idea per cui la storia del genere umano è contrassegnata da una complessità culturale crescente e da un progressivo accumulo di tecnologia.

Ÿ La <culturologia>o <scienza della cultura> Le teorie di White ,esposte in sintesi in”La scienza della cultura” (1949),possono essere divise in tre temi fondamentali:la teoria dell’evoluzione culturale,la prospettiva del determinismo culturale,la concezione della cultura in quanto tale,da studiare tramite quella che lui definiva culturologia.Una teoria dell’evoluzione culturale doveva avere un sistema per misurare la crescita culturale. Per White questo non era misurabile con lo sviluppo della mente come facevano gli evoluzionisti,ma trmite la quantità di energia pro-capite che una società è in grado di controllare e sfruttare.Quindi per White l’evoluzione è provocata dalla tecnologia che gli uomini impiegano per produrre energia.

Ÿ L’anti-idealismo Polemizzò con la Benedict - che aveva una idea della religione come fenomeno multiforme e imprevedibile- affermando che l’espressione <Il Signore è il mio Pastore> poteva solo essere espressione di una società con una economia pastorale e quindi rivendicando il ruolo della tecnologia nella scelta dei simboli e della cultura come determinante l’individuo.Criticò anche l’idea di libero arbitrio e quella della storia come prodotto dell’azione di grandi uomini in funzione del fatto che ciascuno è in realtà “aggredito”dalla propria cultura sin dalla nascita tanto che questa riesce a trasmettergli la forma e il contenuto del suo comportamento.[determinismo]

La culturologia avrebbe dovuto studiare i fenomeni materiali,sociali,simbolici caratteristici della cultura ed inoltre il proprio oggetto di studi sarebbe dovuto essere definito come qualcosa di comprensibile in termini a lui e soltanto a lui propri.Questo assomigliava molto al superorganico di Kroeber,che però White criticava perché avrebbe attribuito alcune competenze della sua culturologia a storia e psicologia. Il problema era allora di capire come e quanto l’ambiente poteva influenzare la cultura,dato che per White stesso questa era un apparato strumentale utile alla conservazione e riproduzione della specie umana.

H.Steward :ecologiaculturale ed evoluzionismo multilineareLa maggior critica che Steward rivolse a White fu proprio la mancata risposta al problema della possibilità per l’ambiente di influenzare la cultura.Anche lui importante nella <rinascita nomotetica>,fu allievo di Kroeber e Lowie. Rappresentò la reazione al particolarismo boasiano e il ritorno ad una concezione generalizzante,enfatizzò il ruolo dell’ambiente e delle condizioni materiali di vita e si impegnò a ricercare elementi che permettessero di stabilire leggi valide sul piano trans-culturale.Ÿ Gli Shoshone e l’archeologia Le ricerche a contatto con gli Shoshone fornirono a Steward lo stimolo

per elaborare le teorie dell’ecologia culturale: vivendo in un ambiente dalle poche alternative e con scarse tecnologie,la loro forma di vita era da intendersi come adattamento a questo tipo di realtà fisica. Le ricerche archeologiche condotte negli Stati Uniti e in Perù furono altrettanto importanti,interessandosi ai modelli di insediamento e ai reperti che testimoniassero le forme di sfruttamento delle risorse ambientali indirizzò verso nuovi interessi una disciplina che fino ad allora si era maggiormente interessata agli stili ceramici.

Ÿ L’evoluzione multilineare Steward vedeva così nell’antropologia una “scienza naturale”,cioè con il compito di individuare le regolarità nelle relazioni causali tra fenomeni.Ma all’interno di una posizione

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generalizzante si distinse da Radcliffe-Brown e da White per il carattere controllato della sua “evoluzione multilineare”,al contrario degli altri due che rispettivamente davano all‘antropologia l’uno il compito di cogliere tutte le forme culturali,l’altro l’dea di uno sviluppo culturale globale.Secondo le parole di Steward l’evoluzione multilineare <non ha leggi o schemi a priori>,si occupa di <soltanto di quel numero limitato di parallelismi di forma,di funzione e di sequenza che hanno validità empirica> basandosi sul presupposto per cui <nel mutamento culturale si danno regolarità significative.>.La controllatela della posizione di Steward sta nel fatto che la ricerca di analogie,parallelismi tra gruppi di fenomeni si limita su segmenti temporali e su aspetti culturali specifici relativi al processo di adattamento della cultura all’ambiente nonchè sull’influenza della cultura sul processo di adattamento.

Ÿ I livelli di <integrazione socioculturale> Questi livelli sono per Steward modalità di organizzazione di diversa complessità presenti nelle varie società.Non sono tappe di un processo evolutivo,ma segmenti limitati,forme indipendenti suscettibili di evolversi verso gradi di complessità maggiore senza sparire.Ad esempio forme semplici come la famigli o la banda non sono sparite all’interno di uno stadio di sviluppo più complesso,piuttosto si sono adattate,inserite <come parti specializzate e subordinate di nuovi tipi di configurazioni totali>. Questa idea aveva per Steward valore euristico,era un utile strumento metodologico per affrontare lo studio di culture con gradi di complessità diversi ma non aveva lo scopo di creare sequenze di sviluppo,dare un senso evolutivo.

Neoevoluzionismo e materialismo culturaleNegli anni ’60 gli spunti forniti da White e Steward influenzarono le generazioni successive,che a partire dall’evoluzionismo e dall’ecologia culturale svilupparono ulteriormente gli aspetti nomotetici.

M.Harris :il materialismo culturaleFu il più noto esponente del materialismo culturale,che intendeva come scienza della cultura.Allievo di White, ne assorbì il determinismo culturale,ma subì l’influenza di Steward per l’attenzione riservata ai fatti ambientali e di suggestioni derivanti da una interpretazione a tratti molto personale del marxismo.Sostenne fortemente la necessità di sviluppare una antropologia nomotetica e generalizzante in prospettiva materialistica,in opposizione sia al pensiero cognitivistico che interpretativo.Ÿ La prospettiva materialista L’evoluzionismo di Harris non è universale come quello di White,piuttosto

prende spunto da quello di Steward,di cui però accentua l’influenza dell’ambiente sulla cultura.Per Harris il compito dei materialisti culturali è quello di perfezionare la strategia originaria di Marx abbandonando l’idea hegeliana e aggiungendo alle condizioni materiali di cui tener conto la pressione demografica e le variabili ecologiche. L’antropologia ha il ruolo di fornire spiegazioni causali delle differenze e delle somiglianze esistenti negli schemi di pensiero e nel comportamento delle comunità umane e per Harris il modo migliore di farlo è partendo dall’analisi delle condizioni-costrizioni materiali.

Nei fatti però il concetto recepito da Harris non fece parte della riflessione del Marx maturo.In effetti in queste opere lo schema progressivo hegeliano era già stato abbandonato e veniva evidenziata l’importanza simbolico-ideologico nei rapporti tra gli uomini e di questi con il loro ambiente (ad es. in“Il Capitale” evidenzia il ruolo della percezione della merce come di origine naturale invece che sociale e delle conseguenze che questo ha nel mantenimento dell‘ordine stabilito).

Ÿ L’idea di una conoscenza <oggettiva> Harris sostenne la necessità di guardare ai fenomeni culturali da un punto di vista esterno,(etico) piuttosto che emico.L’esempio più noto del suo approccio è la spiegazione del tabù che gli indi hanno verso l’uccisione delle vacche.Per quest’autore non vengono uccise perché risultano impiegate più utilmente per la produzione di latte,il traino di carri e aratri e la fornitura di escrementi poi impiegati come combustibile.Si potrebbe rispondere anche che la carne di vacca non viene consumata perché portatrice di malattie trasmesse dai rifiuti di cui si nutre.Il limite di spiegazioni deterministiche come queste sta nel loro voler spiegare solo i fatti ma anche le rappresentazioni simboliche che sarebbero effetto dei primi.

L’antropologia economicaLo sviluppo dell’antropologia economica va inserito nel quadro di una ripresa degli studi generalizzanti.Questo sviluppo è spiegabile come un tentativo di riappropriarsi di campi del sapere che erano stati occupati indebitamente dagli economisti,ma anche di fornire un quadro generale per osservare i fenomeni economici secondo una prospettiva antropologica.

Il modello formalistaLa tradizione degli studi del settore vanno individuati negli studi di Malinowski e altri negli anni ‘20 e nelle teorie sul dono di Mauss.Ma di questi non si tenne abbastanza conto perché all’epoca la prospettiva dominante era di tipo formalista,cioè tesa a comprendere la scienza del comportamento umano in campo economico, secondo la quale ogni uomo indipendentemente dal contesto culturale di appartenenza

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mirerebbe ad adattare i propri mezzi determinati per raggiungere scopi determinati.Questa tendenza fu interpretata dall’economista L.Robbins con “Saggio sulla natura e sul significato della scienza economica” (1932), a lungo ritenuto testo base della disciplina.Ÿ Il comportamentismo e la massimizzazione dell’utile Robbins universalizzò il concetto di

massimizzazione dell’utile,individuandolo come alla base di qualunque comportamento umano.Così ogni comportamento,indipendentemente dalla sua sfera di appartenenza,era pensato come ricerca di un livello ottimale di soddisfazione.Esteso indebitamente l‘ideale di massimizzazione dell‘utile, i concetti di decisione,scelta economica e tutto il repertorio utilizzabile per descrivere l’economia di mercato furono impiegati per spiegare anche quelle società marginali all’interno delle quali vigeva un diverso sistema economico.

Ÿ Le nozioni di rarità ,investimento,interesse,risparmio,scelta,capitale potevano essere applicate ad una economia di mercato e descrivere le scelte dell’imprenditore,quindi essere utili sul piano della descrizione della psicologia,ma non possiedono alcun valore esplicativo.E quindi estendere questi concetti ed applicarli ad un piano di realtà in cui non vige una economia di mercato era una scelta ideologica ed etnocentrica alla cui base sta l’errore di pensare che esista una natura umana sempre identica che agisce al di là di ogni condizionamento storico e sociale.Il formalismo postulava l’esistenza di un essere fittizio,l’homo œconomicus animato sempre e ovunque dagli stessi fini ,che tenta di raggiungere con mezzi scarsi.

K.Polanyi :la prospettiva <sostantivista>I sostantivisti si occuparono a partire dagli anni ‘50 dello studio dei fenomeni economici in relazione alle forme di organizzazione sociale all’interno delle quali i fenomeni si manifestano.K.Polanyi animò questo indirizzo.Ungherese,si trasferì prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti.Iniziò ad interessarsi all’antropologia a partire dagli studi di storia economica compiuti quand’era ancora in Europa.Come professore di storia economica della Columbia University riunì intorno a sé storici e antropologi.Se i primi erano interessati agli aspetti informali dell’economia,i secondi volevano conoscere la dimensione storica delle società da loro studiate.Senza aver svolto ricerche sul campo,ispirò ricerche fondamentali.Il suo lavoro non segnoi solo una svolta ma anche un tentativo di elaborare principi generali per comprendere le dinamiche dell’economia.Ÿ L’oggetto dell’antropologia economica:l’economico come processo istituzionalizzato “Traffici e mercati

negli antichi imperi”(1957),pubblicazione coordinata da Polanyi fu molto significativa. Polanyi partì criticando l’idea per cui il concetto di massimizzazione dell’utile sarebbe il principio universale alla base di qualsiasi pratica economica.Da questa premessa veniva indicato un nuovo oggetto di studio per produzione,distribuzione e scambio.il compito degli studiosi non era più quello di inserire in culture estranee ad esso il concetto di massimizzazione dell’utile,ma quello di individuare le modalità con cui l’economia si relazione alla società e alle sue istituzioni.Si operò poi la distinzione tra due coesistenti concezioni del termine economia: Nella definizione sostantivistica essa è il rapporto che l’uomo,per poter sopravvivere,intrattiene con la natura e i propri simili (attività materiale).Peri formalisti è l’insieme di assunti logici fondati su un’idea astratta di massimizzazione dell’utile (attitudine psicologica).L’economia diventava così un processo istituzionalizzato,dipendente nei suoi stessi contenuti dalla variabilità delle strutture sociali nelle quali si trova intrecciato.Ed è per questo che bisogna occupasi dello studio di tutte quelle istituzioni -economiche o non- all’interno delle quali si compiono operazioni di produzione,distribuzione e scambio.

Ÿ La tipologia delle forme di scambio e i supporti istituzionali I rapporti economici ,pensati come forme di scambio integrate in strutture istituzionali diverse per Polanyi sono fondamentalmente tre:

1. Reciprocità è il principio dietro alle società rette dall’istituzione della simmetria,la cui società è organizzata in gruppi simmetrici di parentela

2. Ridistribuzione principio alla base di una società retta sulla centralità ,in cui è una autorità a gestire e ridistribuire i beni

3. Scambio è il principio che vige nelle società che si affidano al mercato,la cui istituzione di riferimento sono le leggi di mercato

Lo studio delle società antiche dimostrò l’esistenza di società non basate sul principio dell’economia di mercato.Ed anzi che l’economia non fosse autonoma dalla società ma subordinata ad essa,vincolata in modo tale che le modalità di scambio permettessero la conservazione della struttura dei rapporti sociali esistenti.Vengono distinte nettamente le società di libero mercato e quelle che non prevedono questo tipo di scambio perché lo statuto sociale ha una struttura diversa.I meriti di Polanyi furono il saper indicare gli aspetti ideologici ed etnocentrici del formalismo,evidenziare che le economie arcaiche dovevano essere studiate nelle loro specificità a non applicando loro categorie psicologiche estranee ,aver presentato un modello generale del fenomeno economico che tenesse conto delle diversità dei contesti storici,culturali e sociali .

L’antropologia strutturale di Claude Lévi-StraussL’opera di C.Lévi-Strauss può essere considerata come sviluppo dell’etnologia francese sviluppata dalla scuola durkheimiana,ma di fatto quest’autore rigetterà sia la filosofia che la sociologia (sebbene si fosse detto allievo incostante di Durkheim) dichiarandosi studioso delle <società cosiddette primitive di cui si occupano gli etnologi >.In Lévi-Strauss confluiscono temi e suggestioni in larga misura estranei alla tradizione antropologica francese ed europea,oltre che istanze teoriche provenienti da altri ambiti della

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ricerca.Dopo varie missioni in Brasile si trasferisce negli USA,dove entra in contatto esponenti della scuoloa boasiana tra cui Kroeber e Lowie ma anche con esponenti della linguistica strutturale,primo fra tutti Roman Jacobson. L’influenza di questa disciplina è indispensabile per comprendere il lavoro di Lévi-Strauss,ma è anche inserita tra molte altre che gli consentono di passare da un piano di raffinato “bricolage”teorico a una ricerca affettiva di un tempo perduto sia dalla propria società che da se stesso.Ma scindere il piano scientifico da quello esistenziale nell’opera di Lévi-Strauss è una operazione artificiale,perché quello che amava era proprio l’antinomia del vissuto ricomposta per via intellettuale.

Lo studio della parentelaLa prima opera di rilievo gli darà subito fama internazionale;con “Le strutture elementari della parentela” (1949) presenta una propria teoria della proibizione dell’incesto,delle origini della cultura e dello scambio matrimoniale.Per farlo partì criticando le teorie a riguardo dei suoi predecessori.

Autore Teoria Critica subita

Morgan (teoria eugenetica)

L’incesto è proibito perché si impediscono i possibili problemi genetici derivati da un rapporto tra consanguinei

Non si può avere tanta ”chiaroveggenza “nelle società primitive,la causa dei problemi è stata la lunga pratica esogamica

Westmark(teoria psicologica)

C’è repulsione e non desiderio verso gli individui con cui si ha forte familiarità

Se così fosse non ci sarebbe necessità di proibire nulla,esiste un desiderio represso verso questo tipo di azione

McLennan(teoria sociologica)

La proibizione si spiega con il matrimonio per cattura delle popolazioni guerriere

Il collegamento(valido) tra tabù ed erogami non può essere spiegato da cause generalizzate arbitrariamente e fenomeni tanto contingenti

Durkheim L’esogamia dipende dall’associazione che il primitivo compie tra il proprio clan e il suo simbolo (il totem) e da questo al sangue mestruale delle donne del proprio clan [sacralità del sangue clanico attribuita al sangue mestruale]

Un rapporto di collegamento tra fenomeni così eterogenei non è strettamente necessario,in termini logici

Ÿ Proibizione dell’incesto e passaggio dalla natura alla cultura Per Lévi-Strauss la proibizione dell’incesto è l’unica regola sociale universale,sempre presente in tutte le società, sebbene riguardi categorie di parenti non sempre identiche.Per questo tale regola,culturale,ma “naturale” perché ovunque diffusa,segna per Lévi-Stauss il passaggio dalla natura alla cultura.

Ÿ L’esogamia e l’atomo di parentela Per Lévi-Strauss,però,non è importante tanto l’aspetto negativo,la proibizione dell’incesto,quanto il suo speculare positivo,l’esogamia.Ovviamente se ci si negano le donne del proprio gruppo queste verranno sposate ad altri,che faranno lo stesso nei confronti delle proprie.

I sistemi di parentela possono essere quindi definiti sistemi di comunicazione e scambio tra gruppi.

A partire da questo viene proposto <l‘atomo di parentela>,che si compone di padre,madre,figlio e zio materno,la cui autorità è inversamente proporzionale a quella del padre.Le varie società prevedono articolazioni diverse per quanto concerne il rapporto tra individui parte dell’atomo di parentela.daare a questa entità lo status di atomo della parentela,originato dal principio esogamico,non solo giustifica la presenza dello zio materno ma attribuisce all’affinità un ruolo più importante di quello della discendenza. Questa è la teoria generale della parentela in Lévi-Strauss.Ÿ Strutture elementari e strutture complesse La teoria ristretta della parentela si occupa dell’analisi

delle strutture elementari della parentela,cioè di quei sistemi che prescrivono il matrimonio con un

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determinato tipo di parenti,distinguendo nettamente i coniugi consentiti da quelli vietati.In contrapposizione a queste strutture ne esistono di complesse,che si limitano a proibire determinati parenti senza indicare a chi d’obbligo o di preferenza ci si dovrebbe sposare.

Ÿ I cugini incrociati e l’organizzazione dualista Per Lévi-Strauss la struttura d’unione più elementare è il matrimonio tra cugini incrociati.Appartiene però alla sfera della reciprocità non solo questa forma,ma anche l’organizzazione dualista,che prevede la divisione del gruppo in due parti e che la scelta del coniuge per il membro di una metà sia fatta tenendo conto solo dei possibili partner dell’altra metà.Un buon esempio di questo sono i Bororo,i cui villaggi sono divisi in metà esogamiche abitate da clan matrilineari con residenza uxorilocale.Quindi per tutto il villaggio è valido lo scema dualista: tutti i maschi si trasferiranno al matrimonio nell’altra metà del villaggio.Questo tipo di scelta rende il destino matrimoniale sicuro.Tra i bororo il matrimonio tra cugini incrociati bilaterali è ricercato e apprezzato perchè si accorda con la struttura dualista della società.

Ÿ Reciprocità e strutture elementari A differenza di studiosi come Tylor e Morgan ,che vedevano il matrimonio tra cugini come residuo della struttura dualista, per Lévi-Strauss l’esogamia,il matrimonio tra cugini,l’organizzazione dualista sono tutti esempi della ricorrenza di una struttura fondamentale dello spirito umano.La struttura di reciprocità è espressa da questi fenomeni nella sua forma più semplice,è originato dall’ inconscio,originato dal processo di passaggio da natura a cultura (proibizione dell‘incesto = obbligo dell‘esogamia).I vari sistemi matrimoniuali vengono ricondotti a pochi principi strutturali di base,Dominati dal principio di reciprocità.

Il concetto di strutturaQuando Lévi-Strauss impiega il termine antropologia strutturale,vuole intendere una teoria di cui fu fondatore, e che pur includendo le riflessioni sulla parentela ha come centro il termine “struttura” in una accezione particolare.Questo termine venne utilizzato da Radcliffe-Brown per indicare la rete delle relazioni sociali ,un insieme di elementi interconnessi che hanno una realtà tangibile.Con un articolo del 1953 Lévi-Strauss insistette sull’utilità conoscitiva di tale termine in opposizione a quanto sostenuto da Kroeber per poi criticare il concetto radcliffe-browniano: la struttura sociale non può essere paragonata a quella di un organismo vivente,in cui ci si limita a descrivere forma e fisiologia delle sue istituzioni,la struttura non può essere ridotta ad una somma delle relazioni sociali,ad una forma fenomenica.Per Lévi-Strauss la struttura è una categoria dello spirito umano, non ci sono referenti empirici a plasmarla,ed essa che plasma i modelli e ordina il mondo dell’esperienza per renderlo pensabile.Ÿ I modelli,una via per le strutture I modelli,sia consci che inconsci,sono plasmati dalle strutture.E il

compito dell’antropologo è rivelare quali strutture siano alla base dei modelli inconsci. Ad esempio tra i Bororo vige la regola dell’esogamia tra le due metà del villaggio,ma a guardar bene ogni clan è diviso in tre sezioni (superiore,media,inferiore) e il matrimonio è possibile solo tra membri di metà diverse ma sezioni uguali. Questo sembrava portare alla conclusione che in realtà la struttura fosse tripartita,ma di fatto rimane presente la bipartizione tra le metà est ed ovest del villaggio,lasciando intatto il modello teorico strutturalista.

Ÿ Inconscio strutturale Per Lévi-Strauss le strutture sono inconsce.La loro origine è nel passaggio da natura a cultura,( il tabù dell’incesto e la conseguente scelta dell’esogamia) da quel momento si pensano tutte le realtà inseribili nello stesso tipo di opposizione impiegato nel contesto delle relazioni biologiche.Queste opposizioni forniscono spiegazioni ,forniscono il punto di partenza per ogni altra spiegazione più che essere oggetto da indagare. L’inconscio strutturale è la nozione che permette di definire le leggi universali del pensiero,ovunque identiche perché identica è la struttura su cui si basano e quindi è proprio l’inconscio a permettere la comprensione tra noi e l’altro perché quello che è altrui è espressione di ciò che è comune a tutti gli uomini di tutti i tempi.Questa conclusione viene raggiunta attraverso il contributo della linguistica strutturale che rivela come gli aspetti fondamentali della vita dello spirito siano inconsci.

Ÿ Linguistica strutturale e cultura come comunicazione Il parallelo con la linguistica strutturale sta nell’essere fondata su di un sistema binario (come lo strutturalismo antropologico).L’influenza era già evidente nella scelta di Lévi-Strauss di paragonare la proibizione dell’incesto ad un fonema (il suono fonda il senso del linguaggio come il tabù dell‘incesto fonda la cultura).L’analogia tra linguaggio e cultura è resa possibile dalla scelta di considerare sia il linguaggio che la cultura come comunicazione.La cultura è comunicazione perché per fondarsi sul principio di reciprocità e disposizione allo scambio tra gruppi è indispensabile comunicare.

Totemismo,pensiero selvaggio e analisi dei mitiVisto che viene negata ogni distanza tra pensiero del nativo e pensiero occidentale, diventa necessario riprendere molte delle interpretazioni sulla simbologia in uso tra i popoli “primitivi”.Ÿ Il totemismo e le classificazioni totemiche Il totemismo è stato oggetto di molte interpretazioni:per

Durkneim era la forma aurorale di religione,per Lévy-Bruhl una dimostrazione della natura mistica del pensiero primitivo,per Malinowski e il primo Radcliffe-Brown rappresentavano i oggetti importanti per la vita economica del clan.Invece,per Lévi-Strauss -come per il secondo Radcliffe-Brown- sono solamente un sistema classificatorio.I fenomeni naturali,i vegetali,gli animali sono utilizzati perchè forniscono un repertorio utile,sono <buoni da pensare> piuttosto che da mangiare.

Ÿ Il <pensiero selvaggio> Da tali affermazioni è logico concludere che il pensiero del selvaggio e quello dell’occidentale rispondono alle stesse logiche,impiegano le stesse operazioni mentali. Il totemismo non è altro che utilizzare il reale per costruire classificazioni e quindi è un codice,e come tale è

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convertibile in altri codici e utilizzato per comunicare messaggi arrivati in un codici diversi.Ÿ Sistemi di trasformazione E’ la possibilità di convertire un sistema classificatorio diverso nel proprio

codice.Per Lévi-Stauss una prova di questo è costituito dal confronto tra caste e totemismo.Queste due forme sociali sono diversi tra loro:uno è endogamico e l’altro esogamico,nel primo gli uomini sono assimilati ad elementi naturali nell’altro una classificazione sociale viene trattata come fosse di origine naturale .Nonostante queste differenze per Lévy-Strauss è possibile ricondurre i due agli stessi principi:se tra gli indiani la cultura è ritenuta un elemento naturale ,tra gli aborigeni la natura è concepita come cultura.Questo dimostra che è possibile tradurre i linguaggi tra loro e che più che le differenze esiste un comune modus operandi individuabile sia in strutture sociali considerate semplici sia nelle complesse.

L’analisi dei mitiNelle “Mitologiche”(1964-70) Lévi-Strauss si interessa allo studio dei miti,che costituiscono insieme alle classificazioni totemiche le attività simboliche tipiche del pensiero selvaggio.Il discorso teorico non è più -come sopra- legato all’opposizione natura/culturama all’identificazione dei mitemi con i fonemi.Ÿ Mitemi Un mitema è una grande unità costitutiva del mito(ad es. il sole) che acquista di senso solo in

base ai rapporti e le opposizioni che instaura con gli altri mitemi.I miti vengono letti in chiave formale,cioè vengono isolati dal contesto e si analizzano le varietà nelle differenti versioni del mito.Se sono imputabili al caso i percorsi dei singolo mitema,i singoli miti sono costituiti come serie coerente di mitemi.

Ÿ Il mito come prodotto dell’attività speculativa del <pensiero selvaggio> Il mito quindi non era più interpretato come nella tradizione un tentativo di dare una spiegazione alla realtà,bensì come pura produzione simbolica,aspetto pienamente speculativo e senza ragioni pratiche d’essere.Lo spirito è libero dall’attinenza alla realtà e si ritrova ad imitare se stesso.Il pensiero mitico è altrettanto razionale di quello classificatorio e la loro differenza non è qualitativa,ma riguarda la natura delle cose trattate.

Il viaggio e la memoria: la <tristezza> dei tropiciA fianco del progetto scientifico di comprensione del pensiero umano con opere come “Le strutture elementari della parentela”e “Mitologiche”,Lévi-Strauss intraprende un percorso più affettivo-esistenziale, una riflessione estetica e morale rappresentata da un testo di riflessione e memorie “Tristi Tropici”.Ÿ Un’opera letteraria? La fama che l’autore raggiunse con questo scritto fu enorme.Si parla sia dei

viaggi compiuti dall’autore in Brasile e Pakistan,ma anche dei viaggi nella propria memoria.Frequentissime le riflessioni sul ìla civiltà umana e il suo destino.Ma la cosa più evidente è la vicinanza alle posizioni di Rousseau ,l’amore per le società più vicine allo stato di natura. E’ questo filosofo a spiegare le ragioni della vocazione dell’autore e dettere il tema centrale della sua riflessione:il rapporto natura/cultura.

Ÿ Società <fredde> e società <calde> Dalla riflessione sulle società primitive Lévi-Strauss crea una distinzione tra società calde e fredde.Quella occidentale è calda,basata sul recentemente affermatosi ideale di progresso e che si innova grazie ai propri disequilibri interni,le società fredde invece non hanno disequilibri interni né producono energia in grado di alterare l’ambiente,rimanendo al di fuori della trasformazione storica.Influenzato da distinzioni troppo radicali tra noi e l’altro,questa dicotomia aveva però una nuova portata:intendeva sottolineare la perdita dell’unità tra naturale e sociale che fino a poco tempo prima aveva caratterizzato l’intera umanità.Non è più possibile convivere con altre specie e altre forme di vita sociale.

Ÿ I tropici <tristi> e il rimorso dell’antropologo Oltre al senso di perdita emerge però anche la volontà di denuncia verso le conseguenze che l’uomo bianco ha prodotto ai tropici,che sono diventati tristi per opera della devastazione derivata dal senso di onnipotenza,di straniamento ed evasione amplificato dalla letteratura di viaggio.Per questo Lévi-Strauss ricorda che l’Occidente di fronte a quei primitivi <edificanti> sceglie di fingere di nobilitarli quando in realtà li sopprime dopo averli uccisi perché avvarsari per i quali poco tempo prima aveva provato paura e disgusto.L’antropologo -espressione del rimorso dell‘Occidente- sceglie il ruolo di evidenziare quelle strutture formali immutabili dello spirito umano.

La parabola del funzionalismo britannico:conflitti e mutazioni strutturali

L’antropologia sociale,per quanto fortemente criticata incise a lungo sugli studi in Inghilterra.Dopo Evans-Pritchard all’interno dello struttural-funzionalismo si svilupparono nuove prospettive teoriche e metodologiche.Nel clima di scontri in Sudafrica,presero slancio gli studi sul cambiamento.Fatte oggetto di nuova attenzione dagli occidentali,a partire dal Sudest asiatico e dal Medio Oriente si sviluppò l’interesse per le società complesse,prima lasciate ai margini.

La scuola di ManchesterViene definita “Scuola di Manchester” quella corrente che si discostò dall’ortodossia struttural-

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funzionalista e così produsse importanti risultati,sia sul piano metodologico che sul piano dell’analisi delle società africane caratterizzate da compresenti istanze tradizionali e generatrici di mutamento.

M.Gluckman :conflitto,ordine e ritualeFondatore della scuola di Manchester,nacque e compì gran parte della sua formazione in Sudafrica. Professore a Manchester,lavorò sul campo in Sudafrica e Rhodesia (Zambia)Ÿ L’allontanamento dal funzionalismo Già nelle prime opere,risalenti agli anni ‘40 può essere notata una

certa distanza dalle posizioni allora dominanti.La distanza da Radcliffe-Brown è segnata dall’interpretazione dell’equilibrio sociale non come derivato da un semplice adattamento reciproco degli elementi,ma il prodotto di un continuo aggiustamento di fenomeni contraddittori e conflittuali.In questa prospettiva i sistemi sociali sarebbero fondamentalmente instabili e solo periodicamente le contraddizioni vengono ricomposte e per stabilire un equilibrio.Pur distaccandosene parzialmente (opposizione e conflitto come elementi dinamici della realtà),era ancora evidente il legame con il funzional-strutturalismo (la problematica della conservazione della struttura invece che della sua trasformazione). Le sue ricerche presso gli Zulu,i Barotse,i Tonga,i Bemba portarono alla produzione di molte monografie,che spesso si concentrarono sullo studio dei processi di integrazione politica e al sistema delle dispute giuridiche.

Ÿ Le dinamiche del conflitto e dell’ordine

Competizione Contrapposizioni individuali

Lotta Contrasti ricorrenti,con implicazioni più profonde e di maggiore gravità rispetto a quelli generatori di competizione ma che non oltrepassano il livello dello scontro individuale

Conflitto Crisi ricorrenti che non conducono ad alterazioni del modello.Opposizioni interne alla struttura che mettono in moto processi che producono alterazioni nel personale delle posizioni sociali ma non nel modello delle posizioni.(Es. I tra i Bemba avvengono spesso guerre civili causate dai criteri contraddittori dei criteri della successione al trono che si risolvono con un ritorno all‘equilibrio dopo la vittoria di un contendente)

Contraddizione Relazioni tra principi e processi discrepanti che interni alla struttura sociale che devono inevitabilmente condurre ad un cambiamento radicale del modello. (influenza di Marx)

Ÿ Funzioni del rituale Queste innovazioni non furono sufficienti a produrre una piena rottura con Radcliffe-Brown perché lo studioso rimase legato allo studio degli aspetti della conflittualità sociale attraverso cui si producono stati di equilibrio all’interno del sistema. L’analisi del rituale era volta a dimostrare che fosse sì un fattore di espressione del conflitto,ma che infondo servisse a contribuire alla risoluzione del conflitto e al ristabilimento dell’equilibrio sociale.Il rituale è un atto liberatorio che rende esplicito il contrasto (tra pretendenti al trono,uomini e donne,giovani e anziani) e lo trasporrebbe in forma rituale ,mettendo in scena una metafora del conflitto stesso utile a rendere espliciti agli individui i principi su cui si basa l’unità della loro società. Una tale idea durkheimiana della solidarietà sociale era giunta a Gluckman tramite Radcliffe-Brown,da cui si discostò per la preminenza che Gluckman dava al conflitto piuttosto che all’’integrazione nella costruzione dell’equilibrio sociale.

Ÿ Verso un nuovo metodo d’analisi Tra le innovazioni metodologiche della scuola di Manchester ci fu l’allontanarsi dall’analisi della morfologia delle istituzioni sociali per favorire lo studio delle relazioni sociali stesse sotto la pressione conflittuale di principi e valori antagonistici,come trasformazioni generazionali e il raggiungimento della maturità da parte di nuovi individui.(Manipolazione progressiva delle credenze,analisi delle credenze, dei nuovi gruppi e delle nuove relazioni,osservati nel loro divenire quotidiano). Accentuando l’aspetto dinamico l’attenzione si sposta dalla norma all’azione ,dagli aspetti integrativi della struttura agli aspetti processuali.Il cambiamento si manifestò soprattutto tra gli allievi di Gluckman,che adottarono il metodo di analisi dinamica dei casi (extended case method).

V.Turner: dramma sociale e simbolismo ritualeAllievo di Gluckman,fece ricerche in Sudafrica,scrivendo testi seguendo i principi metodologici della scuola di Manchester (“Scisma e continuità in una società africana ”,1957 analisi degli ndembu,agricoltori della Rhodesia del Nord).Fece carriera negli Stati Uniti,dove inaugurò il filone di ricerca dell’antropologia del teatro.Ÿ Il <dramma sociale> Con questa espressione Turner indica quei conflitti che caratterizzavano la

società ndembu e che descrisse concentrandosi più sugli individui ,i loro comportamenti e le loro interazioni nonché delle manipolazioni di credenze e norme sociali.

Tra gli ndembu vige la discendenza matrilineare e la residenza virilocale.Secondo il principio di matrilinearità,il maschio che esercita l’autorità che si ritira o muore deve essere sostituita con il figlio della sorella.Quando la sorella si sposa va a vivere con il marito e con loro anche i loro

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figli,sebbene il principale gruppo solidale è costituito dai fratelli figli di una stessa madre.I padri,per conservare o migliorare la propria posizione,devono fare in modo che i propri figli restino nel villaggio e che i figli delle sorelle (appartenenti al loro gruppo solidale ma residenti con il padre) tornino nel villaggio. Vengono ostacolati in questo dagli zii materni che agiscono con una pressione analoga ma inversa. Visto che gli obiettivi sono tra loro in contrasto questo fenomeno non può che generare conflitto.I contrasti in una società ndembu possono nascere anche all’interno del clan matrilineare,nella forma di accuse di stregoneria,visto che l’aggressione fisica di un consanguineo non è ammessa.Ma sono gli stessi consanguinei,proprio perché tali ,a voler limitare per primi questa accusa.L’interesse di Turner non va alle norme perché non sono queste a produrre la realtà della società,che è invece originata dall’aggiustamento dialettico delle parti in lotta.I temi dell’ordine generato dal conflitto e del rituale come metafora del conflitto sono tradizionali della Scuola di Manchester,mentre invece il concentrare l’interesse sull’individuo gli è peculiare e lo distingue dal resto della scuola.

Ÿ I simboli e il rituale Tramite questi studi Turner ha messo in rilievo l’incapacità degli stumenti d’analisi degli struttural-funzionalisti non fossero in grado di svelare il senso “dal di dentro”dei rapporti sociali.Per comprendere i simboli della comunità non c’è occasione migliore che quella del rituale,in particolare quelli ndembu di iniziazione,che mettono in evidenza tutti quegli aspetti della struttura sociale che pur meno visibili sono percepiti dalla comunità come cruciali.

Si parte dall’evidenziare come i riti di passaggio non siano incentrati sui rapporti strutturali tra i membri della comunità,ma piuttosto i principi della struttura sociale, tramite simboli (concezioni del mondo,rappresentazioni,dei principi vitali,valori fondanti la vita sociale).

Turner propone di tener conto di tre livelli nello studio dei simboli:Ÿ Livello esegetico = l’interpretazione locale del significato dei simboliŸ Livello operazionale = come i simboli vengono utilizzati dai membri delle societàŸ Livello posizionale = con il significato del simbolo varia in relazione al contesto

Pare che i simboli vengano attivati dalla società specialmente durante i riti di passaggio.Durante questi eventi c’è una più sentita consapevolezza dei valori e dei simboli che li veicolano.Da questi presupposti Turner sviluppa la sua teoria dell’opposizione tra struttura e anti-struttura.La seconda per l’autore è caratteristica della dimensione della communitas e per studiarla sono necessari strumenti che l’analisi struttural-funzionalista non può fornire.

E.Leach: critica dell’equilibrio strutturaleAllievo di Malinowski,compì le sue ricerche tra il Sudest asiatico (Birmania) e l’Asia Meridionale(Ceylon).La sua prima ricerca fu sui Kurdi dell’Iraq.Fu tra i primi ad effettuare ricerche in quelle che erano definite società complesse,ossia caratterizzate da accentuata specializzazione produttiva ,scrittura,marcata stratificazione sociale,organismi politici centralizzati,religioni universalistiche e salvifiche come hinduismo,buddhismo,ebraismo,cristianesimo,islam).Quello che accomuna Leach e Gluckman è l‘abbandono dell‘ipotesi di equilibrio strutturale come dato e l‘importanza dei conflitti e delle manipolazioni delle risorse materiali e simboliche ,strumenti della gestione del potere.Ÿ La critica della prospettiva normativa Nel lavoro sui Kurdi Leach mise in luce come le forze

economiche e politiche rendessero la società locale attraversata da rivolgimenti,piuttosto che da modificazioni come nella prospettiva struttural-funzionalista.La situazione non poteva essere definita di periodica lotta o di continuo equilibro (Gluckman e Radcliffe-Brown),ma di un sistema costruito da interazioni generate da <interessi conflittuali e attitudini divergenti>. I temi trattati da Leach erano l’instabilità,il conflitto,il cambiamento,la manipolazione,l’allontanamento dalla norma a questi si aggiunse la critica a chi considerava la società come un sistema chiuso,con confini netti.Questi temi -in particolare l’ultimo- vennero trattati in “”Sistemi politici birmani” (1954) sulla base di una esperienza compiuta durante la guerra.Le comunità dei Kachin erano presentate come composte da gruppi di lingue e culture diverse in continuo contatto,l’interazione di animismo e buddhismo,sistemi sociali stratificazioti e sistemi egualitari,la presenza dello stato e di comunità di villaggio rette da membri di lignaggi “anziani”. Una complessità non distante da quella irachena,basata su istituzioni politiche centralizzate,stratificazione sociale,tradizione scritta,pluralismo linguistico,pastori nomadi ed agricoltori sedentari specializzati: fenomeni non analizzabili con le categorie della tradizione allora dominante.

Ÿ Il sistema oscillatorio dei Kachin la struttura sociopolitica Kachin viene presentata come sottoposta a ricorrenti collassi strutturali ,oscillante all’interno di due poli estremi:uno aristocratico ed uno egualitarioche sembravano succedersi a intervalli di un secolo ciascuno a causa della dinamica interna al sistema stesso.Il sistema egualitario (gumlao) si alterna a quello aristocratico (gumsa),che riproduce in scala minore quello dei vicini shan. Il passaggio da una forma all’altra è dovuta al complicato meccanismo di scambi matrimoniali tra “datori” e “prenditori” di mogli.Raggiunta la forma aristocratica questa non si stabilizza ma si trasforma nuovamente in una egualitaria : quelle modificazioni al sistema matrimoniale che avevano portato l’aristocrazia al potere sono le stesse che diventano un limite per la società e portano ancora alla forma egualitaria.Come fa notare Leach questi due sistemi sono distinti in termini di strutture,ma nella

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pratica i due modelli sono sempre interrelati.Per Leach inoltre questi due tipi ideali. Nei fatti però i capi pensano aristocraticamente anche nelle fasi egualitarie.La rappresentazione che di questi ideali hanno gli individui risulta particolarmente evidente nelle occasioni rituali:ad esempio pur riconoscendosi nell’ideologia aristocratica,in occasione di sacrifici di bestiame in onore degli antenati i kachin egualitari non offrono ai capi la parte tradizionalmente donata loro perché non riconoscono capi.Viene con questo criticata la prospettiva normativa di Radcliffe-Brown: esistono delle norme ma gli individui non vi si conformano pienamente,perché le norme sono interpretabili inoltre le reazioni individuali alle norme possono costituire la base di un cambiamento e di una nuova struttura.

La nozione di rete e di organizzazione socialeLa critica allo struttural-funzionalismo permise la definizione di nuove strategie di analisi e di nuove prospettive di ricerca: il metodo dell’analisi dinamica dei casi,lo studio del mutamento ,l’azione come scelta e non solo come adesione alla norma e anche l’introduzione della definizione di rete e quindi della network analisi (analisi di rete).Negli anni ‘50 si sostituì lo studio delle sole istituzioni sociali e delle regole che permettono la riproduzione dell’equilibrio allo studio del mutamento,che parte da se e come i singoli scelgono di applicare le norme nella realtà e da come i singoli adattano reciprocamente scelte e norme.Quest aumentò il numero di studi che si occupava di quelle relazioni sociali che non appartenevano al campo normativo ma influivano in modo decisivo sul funzionamento della struttura sociale. L’analisi di rete,ovvero le relazioni informali che connettono individui indipendentemente dalla loro comune appartenenza a gruppi istituzionalizzati, si indirizzò soprattutto verso realtà complesse come i contesti urbani o le società industrializzate,ma anche ai contatti tra contesti tribali e nazionali.Per operare con maggior precisione R.Firth- antropologo neozelandese allievo di Malinowski e specializzato in culture polinesiane- operò una distinzione tra struttura sociale ed organizzazione sociale. Con il termine struttura sociale si indicava il sistema delle relazioni normative tipiche di una certa società,mentre con organizzazione sociale ci si voleva riferire alle strategie e scelte che ,adattandosi reciprocamente, tendono a produrre integrazione ad anche tutte le pratiche che consentono ad una società di ovviare i problemi derivanti dai conflitti tra principi strutturali al di fuori degli schemi normativi.

F.Barthes e la ridefinizione del gruppo etnicoNorvegese allievo di Leach,inseribile nel contesto britannico per l’influenza profonda che ne subì .Compì le sue ricerche nel Kurdistan iracheno,tra i nomadi di Iran e Baluchistan,i pathan del Pakistan, nelle città dell’Arabia meridionale,i pescatori norvegesi,gli agricoltori del Sudan,gli aborigeni della Nuova Guinea,i contadini di Bali. Unì alle ricerche sul campo proposte teoriche stimolanti,dimostrandosi uno degli antropologi più versatili del secondo novecento.Ÿ Gruppi e confini etnici All’interno del volume collettivo “Gruppi e confini etnici”(1969) Barthes

contribuì a ridefinire le nozioni di gruppo e confine etnico,rifiutando di considerare le comunità studiate dall’antropologia come chiuse e circoscritte,richiamando il lavoro di Leach sui Kachin. Tradizionalmente per gruppo etnico si era inteso un insieme di individui rivendicanti origini storiche, linguistiche,culturali comuni. L’incentrarsi sull’unità di lingua,cultura e luogo fa immaginare il gruppo etnico come una entità immutabile e dai confini chiusi,netti.Per Barthes questi criteri non sono validi. La definizione di gruppo etnico dovrebbe piuttosto fondarsi sui criteri utilizzati dagli interessati per sentirsi uniti tra loro o per marcare una distinzione tra sé e gli altri.Questo è evidente alla luce del fatto che le distinzioni etniche sono più sentite nei luoghi dove coesistono gruppi con culture pressoché identiche e lingue tra loro comprensibili.Per questo i gruppi etnici vanno studiati non in base a ciò che li distingue,ma in base a ciò che fanno sul piano pratico e simbolico per distinguere sé dagli altri.La produzione del confine etnico ottiene una separazione a partire da pochi elementi di differenza.

Ÿ La produzione sociale della differenza culturale Come venne evidenziato dalle sue ricerche sui pathan a che diventano baluchi,il confine etnico può essere travalicato,ma non può essere assente perché serve a dar corpo alla produzione sociale della differenza culturale.Cioè ogni gruppo deve creare criteri di autoidentificazione che permettano loro di dialogare con gli altri gruppi senza annullare la propria identità.Così i gruppi si autodefiniscono in base a strategie contingenti,si tengono in relazione tra loro,i confini culturali e linguistici si rivelano molto più fluidi.

L’etnoscienza negli Stati UnitiNella secondo metà del novecento negli Stati Uniti si sviluppò un indirizzo di studi detto “etnoscienza”o “antropologia cognitiva”. Il suo obiettivo era il modo n cui la cultura organizza la conoscenza del proprio mondo sul piano linguistico,percettivo,categoriale.

Lo studio del pensiero primitivoLo studio del pensiero primitivo fu iniziato dai vittoriani e poi proseguito da Durkheim e gli allievi,Lévy-Bruhl,Leenhardt,Griaule,Evans-Pritchard,Lévi-Strauss.Gli interessi di questi studiosi si rivolgevano alla credenza negli esseri soprannaturali,totemismo,stregoneria,classificazione dei gruppi umani e produzioni di miti.Il loro obiettivo era quello di stabilire uguaglianze e differenze tra “noi” e “loro”. Nessuno tra loro si occupò dei meccanismi cognitivi che provocano le differenze e le continuità nel

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pensiero degli individui di culture differenti.Questo tipo di studi fu avviato da Rivers in occasione della spedizione di Torres,me anche a causa dell’avvento del funzional-stutturalismo tali ricerche non ebbero alcun seguito. Diversamente,in America -grazie all‘influenza del pensiero di Boas- si sviluppò l’etnoscienza.Ÿ I significati di etnoscienza Questo termine ha due possibili accezioni. La prima è riferita allo studio

dell’ habitat e degli usi delle piante in particolari etnie, e se ne occupano i naturalisti.La seconda è uno studio sul modo di categorizzare il mondo naturale di una certa etnia che mira a ricostruire il modo in cui il soggetto vede e categorizza il mondo naturale e se ne occupa l'antropologo.

Ÿ Boas e l’ipotesi Sapir-Whorf Nella metà circa degli anni ‘30,E.Sapir,allievo di Boas, e B.L,Whorf ,linguista dilettante, svilupparono delle ricerche che collegavano la struttura grammaticale della lingua e la visione del mondo. La conclusione era che l'esperienza determina la struttura della lingua,che a sua volta determina una visione del mondo.Più che ai romantici tedeschi il loro studio prese le mosse da Boas.Ma da questo si differenziavano,perchè il tedesco era il pensiero a determinare il linguaggio e non viceversa,non era tanto relativista da sostenere che le lingue molto diverse fossero intraducibili l'una nell'altra e attribuiva la causa della differenza di mentalità alla possibilità per i civilizzati di essere favoriti da una lunga tradizione di sistematizzazione della riflessione in forma scritta.I popoli altri avevano la possibilità di ragionare in maniera astratta,ma il fatto che non avessero occasione di esperire abitualmente questo tipo di pensiero produsse quelli che agli occidentali parvero irrazionalità.

La conoscenza delle <organizzazioni cognitive>L'etnoscienza è il tentativo di comprendere i principi di organizzazione alla base del comportamento. L'oggetto di studio non sono i fenomeni materiali,ma le organizzazioni cognitive dei fenomeni materiali. Evidentemente,questa concezione di cultura è molto diversa da quella tradizionale di Tylor.. Ÿ Emico/etico I termini etico ed emico furono ripresi dalla linguistica antropologica.Etica è quella

prospettiva che mette in evidenza soprattutto le teorie dell'osservatore mentre l'emica sottolinea maggiormente il punto di vista dell'osservato e delle sue categorie "interne".Gli etnoscienziati privilegiano la prospettiva emica,cioè quella che fa riferimento al modo in cui gli individui di una determinata cultura conoscono.Questo va a tutto discapito di una prospettiva etica,opposta,che impiega prevalentemente le categorie scientifiche dell'osservatore.Per gli etnoscienziati l'antropologia è valida nel grado in cui l'osservatore riesce a riportare il pensiero del nativo.Frake sostiene in quest' ottica che l'antropologia dovrebbe definire gli oggetti della sua analisi per come il nativo le dispone e cogliere cosa sono per lui gli oggetti del suo ambiente.Metodologicamente questo significa che c'è necessità di esplorare gli ambiti semantici per cogliere le relazioni tra i termini che costituiscono i vari ambiti semantici,scoprire eventuali criteri omologhi.Si propongono di comprendere così in che modo i membri di una cultura utilizzano tali conoscenze per ordinare il proprio comportamento mentale e pratico.

Ÿ Le critiche e il punto di vista <etico> M.Harris sostenne l'impossibilità di produrre conoscenze oggettive a partire dalla prospettiva emica proposta dagli etnolinguisti.Ritiene che l'etnoscienza non possa essere in grado di anticipare gli scenari sociali,perchè l'indigeno avrà sempre la possibilità di trovare la regola che infrange le regole e così si cadrà in un regresso all'infinito che porterà a continuare a cercare nuove regole che motivino le azioni.Solo le regole etiche sono logicamente conclusive,per Harris non ci si può allontanare dai fatti per dedicarsi al probabilmente pensato. E' possibile però criticare anche Harris perchè è sempre possibile avere un margine di prevedibilità,dato che le azioni possibili rientrano in una certa gamma. Per questo non si verifica il regresso all'infinito alla continua ricerca di leggi.

L'analisi componenzialeE' una delle tecniche utilizzate per l'analisi dei campi semantici.Fu sviluppata da Goodenough e Lounsbury.Partendo dal dato di fatto che le terminologie di parentela formano domini semantici al cui interno i singoli termini acquistano significati particolari a seconda che siano pensati in contrasto o in relazione gerarchica rispetto ad altri termini dello stesso dominio. Es. i pronomi italiani sono organizzati da criteri della persona (prima,seconda,terza),le specificazioni di genere (maschile e femminile) e numero (singolare e plurale).Inoltre essi-essi e la differenza tra il tu e il lei come forma di cortesia esistono in italiano e in francese,mentre non esistono in inglese.Ÿ Le componenti Sono i criteri distintivi e le specificazioni (nel caso del pronome <egli>:la terza

persona, il maschile,il singolare).Applicare l'analisi componenziale alle terminologie di parentela rivela l'esistenza di connessioni e opposizioni tra componenti del sistema che risultano talvolta inaspettate.

Ÿ La relazione contrastivaGenerazione Maschile Femminile

+2 Nonno Nonna

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+1 Padre Madre

-1 Figlio Figlia

-2 Nipote (m) Nipote (f)

Questi otto termini sono in contrasto sul piano generazionale e di genere.Ma le loro componenti si esprimono pienamente solo quando questi vengono contrapposti ad altri.(ad es. cognato/a, cugino/a,fratello/sorella etc.)

Ÿ La relazione gerarchica L' analisi delle relazioni possibili tra questi otto termini non è completa se ,oltre a quella contrastiva,non vengono analizzati in un'ottica gerarchica.Ad esempio tutti quelli inseriti nella tabella rientrano nella più generale categoria di "parente".Quindi le opposizioni di generazione, genere,inclusione,contrasto con gli altri termini del sistema sono alla base delle componenti,dalle quali si origina il significato inerente all'uso di ciascun termine e da questo si ha una mappa orientativa del comportamento degli individui.

Tali osservazioni paiono banali se applicate a categorie che conosciamo,non lo stesso se vengono applicate a domini culturali diversi dai nostri.Questa affermazione ancor più valida per i i sistemi di classificazione di animali e vegetali,il corpo umano,le concezioni di salute e malattia,i colori etc.

Percezione e terminologia di coloreData la sua attenzione a riprodurre fedelmente le mappe concettuali dei selvaggi,l'etnolinguistica è considerata appieno un sapere emico.Inoltre la si può definire anche relativistico,perchè si fonda sullo studio di più domini semantici "interni" a culture determinate.Non sono comunque mancati studi generalizzanti.Ÿ I colori di base "Basic color terms"di Berlin e Kay propose la teoria per la quale i gruppi umani,

indipendentemente dalla complessità della loro società,hanno un numero di termini di base per parlare di colori compreso tra 2 ed 11.(C.di base è il rosso,ma non "scarlatto" o "ruggine")Per gli autori il numero aumenta per un processo di tipo evolutivo.(Bianco e Nero⇒Rosso⇒Giallo e Verde⇒Blu ⇒Marrone)

Ÿ Regolarità e complessità Da cosa dipendono la regolarità e le differenze?I sostenitori presuppongono la regolarità percettiva di tutti i gruppi umani e individuano la differenza sta nel grado di organizzazione sociale.Ma di fatto,gli studi di Boas e Sapir hanno dimostrato che questo non è così scontato ed evidente: gli eschimesi hanno una organizzazione più semplice della nostra,ma 40 parole per indicare la neve.

Ÿ Determinismo ambientale o sociale? Sembrano oggi più attendibili le spiegazioni che individuano fattori ambientalista ad es. i gruppi vicini all'Equatore con terminologia cromatica limitata avrebbero difficoltà a distinguere con esattezza le sfumature cromatiche a causa della pigmentazione scura della retina.MA vi è stato anche chi ha tentato di coniugare fattori culturali e biologici.

Ÿ La critica <culturalista> I culturalisti criticavano a Berlin e Kay di non aver tenuto conto di quelle variazioni dovute al valore contestuale che il colore può assumere,né del fatto che talvolta i colori vengono prima classificati in caldi e freddi,secchi ed umidi e infine di non aver tenuto conto che la valutazione può variare a seconda dell'individuo (il sesso o l'età possono influenzare il giudizio).Per Sahlins i termini non valgono perchè dipendono da natura/cultura umana,ma si scelgono dei confini perchè sono significanti.

Ÿ L'etnoscienza e il problema del significato Indipendentemente dai risultati raggiunti è un merito innegabile dell'etnoscienza l'aver elaborato strumenti di analisi e prodotto studi utili alla conoscenza dei <sistemi di pensiero>. Questo filone è nato per tentare di individuare quelle relazioni di significato tra idee e concetti che contribuiscono a determinare il comportamento dell'individuo.Certo non sarebbe piacevole vederlo diventare una mera analisi formale,slegato dal problema del senso e del significato.

Prospettive <critiche> nell'antropologia francese:dinamista, marxista, primitivista

Tra il 1950 e il 1970 emersero in Francia una serie di tendenze che criticavano le tendenze e le categorie dell'antropologia che si erano succedute fino a quel momento.Queste posizioni hanno contribuito a modificare la disciplina,sebbene talvolta in contrasto tra loro:dallo studio di società altre l'attenzione si è spostata verso quelle dinamiche globali che coinvolgono tutte la società.Sono dette "prospettive critiche" Ÿ antropologia dinamista = studio del cambiamento e del fenomeno dell'acculturazioneŸ antropologia di ispirazione marxista = nuove basi per l'analisi dei rapporti di potere e processi di sfruttamento della "periferia" del pianeta da parte del "centro" capitalistaŸ antropologia primitivista = parte dalla denuncia della distruzione delle società più deboli per arrivare

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ad una condanna globale dell'Occidente

L'antropologia dinamistaNacque in Francia una antropologia che si discostava dagli studi di Mauss sui sistemi di pensiero e da quelli stutturalisti di Lévi-Strauss. I temi di interesse furono soprattutto la rapida trasformazione delle società tradizionali africane in conseguenza dell'impatto coloniale,le migrazioni,l'estensione dei mercati,la nascita dei culti sincretici. Soprattutto,questo tipo di studi rese chiaro che l'antropologia non poteva ignorare che i propri oggetti erano inseriti nella storia.Questo le diede il nome di antropologia dinamista, perchè chi la praticava intendeva guardare alle società e alle culture tenendo conto della storia,del movimento,della contraddizione e della trasformazione sociale.Quasi lo stesso stava avvenendo in Uk con Gluckman,Turner,Leach,Barthes.

G.Balandier : la <situazione coloniale>Balandier dall'immediato dopoguerra fece ricerca in Africa e reinterpretò originalmente i contributi del funzionalismo britannico. L'espressione <situazione coloniale> da lui inventata divenne il punto di riferimento per tutti coloro che si interessavano al mutamento culturale.Si definì appartenente alla sociologia dinamica. Il termine situazione coloniale si riferiva al rapporto tra società tradizionali ed occidentali.Lo descrisse come il dominio esercitato in nome di una presunta superiorità razziale-culturale su una maggioranza locale materialmente inferiore ,il contatto tra una civiltà non cristiana e con economia e tecnologie limitate ed una meccanizzata,cristiana e con una economia forte,l'antagonismo tra due culture che si risolve con l'uso strumentale della prima la quale viene dominata,oltre che con la forza,da un insieme di pseudo-giustificazioni e comportamenti stereotipatiŸ Dinamica interna e dinamica esterna Posta la necessità di studiare la dimensione storica (e coloniale)

delle società,potevano essere individuati due tipi di pressioni che la modificavano:quella interna e quella esterna.La "dinamica interna"metteva in luce la capacità della società di auto-trasformarsi per rispondere alle sue contraddizioni interne,mentre la "dinamica esterna" era quella,comune a tutte le società,che portava a modificare istituzioni,strutture e credenze sulla base delle spinte originate dal contatto con altre società.

R.Bastide : sincretismo ed antropologia applicataDa prima ancora di Balandier si era occupato delle dinamiche tipiche della società coinvolte in processi di forte e prolungato contatto culturale.Professore di sociologia in Brasile,si occupò dell'intreccio tra cultura bianca,india e africana grazie alle ricerche all'interno di comunità afro-americane del Brasile.Ÿ La doppia causalità Individua una "doppia causalità" (la dinamica interna ed esterna della società),ma

attribuisce alla causalità esterna non solo le forze originata da società altre,ma anche la pressione che il passato di una società può esercitare sul presente della stessa.Quindi chi voglia studiare una cultura,non può limitarsi a farlo partendo dal presente,ma dalla situazione globale,sintesi di passato,presente e aspettative per il futuro.

Ÿ Nevrosi culturale e sincretismo Interessandosi alle comunità di discendenti di schiavi neri portati in Brasile, Bastide si interessò allo sradicamento culturale,interessandosi ad una "sociologia"della malattia mentale ,in particolare la "nevrosi culturale" caratteristica dei membri di queste comunità.La nevrosi era un esasperato adattamento alla religione africana come risposta all'ostilità da cui erano circondati e mezzo di conservazione di una propria identità.Questo attaccamento al passato africano in un presente americano porta ad una radicalizzazione ed eternizzazione del passato e all'allontamento dall'attualità storica, che aumenta la chiusura e di conseguenza la nevrosi.

Dallo studio delle religioni sincretiche si ricava il dato per cui,sebbene solo la religione africana sia considerata originaria e degna di trasmissione,di fatto si incorporano simboli,idee e credenze estranee a questa.Questo fenomeno si spiega con il fatto che i gruppi originari sono stati frammentati e la memoria del passato religioso è solo parziale.I nuovi gruppi -in virtù del fatto che sono uniti da motivi contingenti e interessi concreti e non hanno una memoria comune- più che aderire alla religione tradizionale africana ne fabbricano una nuova,propria,basata su ricordi derivanti da comunità africane diverse,da elementi della tradizione amerindia e bianca modificati,reinterpretati e riutilizzati in modo da renderli coerenti agli altri elementi.Ÿ L'antropologia applicata Oltre agli studi sul processo di acculturazione (traferimento di modelli

culturali tra società diverse),Bastide si interessò all'antropologia applicata.La situazione dell'antropologo era molto delicata,perchè non doveva solo occuparsi del rapporto con una cultura mediando tra coinvolgimento della vita sociale e distacco scientifico, ma anche delle figure dei pianificatori che si occupano dello "sviluppo".Critico sia verso gli antropologi che rappresentano gli sviluppatori indipendentemente dall'adeguatezza dei loro programmi,sia verso quelli che guardano con distacco queste operazioni, Bastide propose l'antropologia applicata come una "nuova analizzare l'azione e la pianificazione.Questo significa che le tecniche tradizionali devono essere estese ad un nuovo ambito di ricerca,quello dei progetti di sviluppo, per tutelare le popolazioni coinvolte.

L'antropologia di ispirazione marxistaGli studi di Balandier avevano dimostrato che le società tradizionali africane stessero cambiando e che in

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gran parte questo fenomeno era imputabile alla colonizzazione occidentale.Ma le logiche di trasformazione seguivano regole che combinavano gli effetti del colonialismo con il funzionamento tradizionale.La corrente marxista in antropologia si sviluppò dal settore africanista,non solo perchè allievi di Balandier,ma perchè il settore era particolarmente adatto ad essere analizzato in questa prospettiva.Ÿ Il clima culturale Il marxismo antropologico fu ispirato,oltre che dalle prospettive dinamiste di

Balandier,dalle teorie economiche di Polanyi e dalla critica da lui mossa all'ortodossia comunista,che leggeva nelle società studiate dagli antropologi esempi di fasi arcaiche dello sviluppo storico che culminava nel comunismo (sempre per questa visione evolutiva ,le opere di Morgan furono considerate integrazione antropologica a Marx ed Engels,che le avevano giudicate conformi alle loro teorie)

Ÿ Il punto di partenza:la teoria dei modi di produzione La filosofia marxista francese degli anni '50 ,spesso in contrasto con l'ortodossia sovietica,fornì gli spunti per una nuova lettura dei modi di produzione.Il modo di produzione è una forma storica di esistenza sociale,che si compone di tre aspetti fondamentali:

4. Mezzi di produzione risorse e tecnologie di cui una società è dotata in una sua fase storica5. Manodopera energia umana impegnata nel processo produttivo6. Rapporti di produzione rapporto tra mezzi di produzione e manodopera Il rapporto tra i primi due fattori determina il modo di produzione.Autori degli anni '60 come Althusser e Balibar sottolinearono la necessità di tener conto dell'ideologia a sostegno dei valori dominanti come discriminante tra modi di produzione diversi.Da qui sorsero molte domande sul tipo di rapporti di produzione nelle società altre, su quali beni viene sottoposto al controllo sociale e il potere,le modalità di trasformazione dei modi di produzione con il contatto con società con altri modi di produzione o il capitalismo occidentale. Le risposte non sarebbero arrivate dal comunismo ortodosso,se non nella teoria di un processo storico che ineluttabilmente avrebbe trovato il suo apice nel comunismo.

C.Meillassoux : dal modo di produzione lignatico a quello domesticoTra i primi etnografi ad scrivere opere in una prospettiva di marxismo critico vi fu Meillassoux.Allievo di Balandier con formazione di economista,studiò i Gouro (Costa d'Avorio) definendo lignatico il modo di produzione dominante tra di loro.Il modo di produzione lignatico si fonda sulla presenza di lignaggi al cui interno gli individui sono disposti in una successione generazionale per via della discendenza maschile o femminile.I rapporti di produzione sono modellati sulla dipendenza dei giovani dagli anziani,che gestiscono le risorse materiali e gli scambi matrimoniali,entrambi essenziali per la sopravvivenza della comunità.I termini giovani ed anziani si riferiscono qui ad età sociali più che biologiche.I giovani sono in primo luogo i figli di un individuo,poi i suoi fratelli minori,i suoi cugini minori etc. Dal punto di vista economico i Gouro erano passati da una economia di sussistenza ad una di piantagione con l'arrivo dei colonizzatori francesi.Il modo di produzione lignatico non era scomparso,conviveva con quello capitalistico.Ÿ Il modo di produzione domestico Meillassoux iniziò a studiare il modo di produzione

domestico,base per quello lignatico, è fondato sulla comunità domestica,tipica di tutte le società tradizionali,caratterizzato da

7. Produttività sufficiente a sostentare un numero di membri tale da poter sussistere e riprodursi come società

8. L'utilizzazione della terra come mezzo di lavoro (società agricola,non di caccia e raccolta)9. Uso dell' energia umana come fonte di energia principale per ogni tipo di attività10. Mezzi di produzione agricoli fabbricabili ed utilizzabili individualmenteŸ La produzione dei produttori Secondo questo autore la comunità domestica è stata funzionalmente

incorporata dai modi di produzione che l'hanno successivamente dominata nel corso della storia.Ciò che di essa viene conservato è la sua funzione di luogo di riproduzione della manodopera.Il tema della comunità domestica come luogo della riproduzione della manodopera diventa il centro teorico del lavoro di Meillassoux.Venne ripresa da un passo di Engels a cui l'autore pensa non sia stata data l'importanza che le spetta.Nella comunità domestica non c'è alcun controllo sui mezzi di produzione,ma nel caso delle società africane c'è il controllo sui mezzi della riproduzione:sementi e soprattutto le donne.Le prime servono ad iniziare un nuovo ciclo di produzione agricola,le seconde a produrre nuova manodopera.I giovani riceveranno,dopo aver lavorato per gli anziani,una moglie che farà loro avere dei figli di cui potranno sfruttare il lavoro.In questo modo tutti ,a tempo debito,possono acceder ai mezzi della riproduzione sociale (sementi e donne).E' evidente lo stretto collegamento tra ciclo della produzione e della riproduzione.La possibilità di avere una moglie verrà data solo dopo aver lavorato per l'anziano. Quando i figli saranno abbastanza grandi ci si potrà permettere l'uscita completa dal proprio ruolo per entrare a pieno titolo nel periodo post-produttivo degli anziani.Nelle società tradizionali quindi il potere non viene dalla gestione dei mezzi di produzione,ma soprattutto da quelli di riproduzione.

Ÿ Il destino della comunità domestica Meillassoux analizza come si articola il modo di produzione domestico all'interno dei vari altri modi di produzione che lo incorporano dentro di sé,spesso trasformandolo da sistema egualitario a diviso in sfruttatori/sfruttati.Ad esempio quando il modo domestico è inglobato in quello lignatico gli anziani possono arrivare addirittura a vendere i giovani o a venderli a trafficanti europei e musulmani.Da qui l'autore partì per analizzare il regime schiavistico dell'Africa precoloniale e coloniale. L'inglobamento della comunità domestica nei modi del capitalismo

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è il culmine di questo fenomeno e porta alla distruzione della stessa.Il capitalismo mira a conservare la famiglia come luogo della riproduzione,ma è lui stesso a minarla perchè esercita il suo dominio sui singoli invece che sulla comunità,dissolvendola.

M.Godelier : infrastruttura e sovrastrutturaGli antropologi criticarono il funzionalismo perchè l'idea di una società come tutto integrato e stabile contrastava con quella di una società fatta di conflitti e trasformazioni-rivoluzioni.Inoltre assunsero una posizione peculiare anche sul ruolo nella parentela nelle società arcaiche:il ruolo preponderante della famiglia attribuito dagli autori metteva in dubbio il ruolo delle condizioni materiali di esistenza.Il punto di vista tradizionale era che le condizioni materiali (infrastruttura) determinavano quelle strutturali (sovrastruttura).Godelier,allievo di Lévi-Strauss, si pose la questione in maniera critica,riconciliando i termini del rapporto reciproco.Ÿ La funzione della parentela Nelle società primitive rapporti economici e rapporti di parentela non

possono essere distinti,infrastruttura e sovrastruttura sono entrambe dentro la parentela. E perchè anche economici i rapporti di parentela regolano anche politica e religione.Questo metteva in salvo le spiegazioni marxiste sul ruolo infrastrutturale della famiglia,ma era necessario spiegare perchè i rapporti familiari funzionino come quelli di produzione.La spiegazione di Meillassoux è che nel modo di produzione domestico la parentela si presenta come base biologica,che poi diventa modello per la creazione della parentela sociale:fino a prima della rivoluzione industriale la famiglia fu modello sociale ed ideologico.Per Godelier invece la parentela risponde a leggi autonome,con leggi sue proprie e senza rapporti con il piano biologico.

Ÿ Il ruolo infrastrutturale della religione Il contributo teorico che Godelier fornì per una nuova analisi dei rapporti tra infrastruttura e sovrastruttura è ancora più evidente nell'analisi del caso della religione: partendo dal caso degli Inca precolombiani viene dimostrato che la religione non appartiene solo alla sfera dell'immateriale,della sovrastruttura,ma anche a quella della infrastruttura, dell'economia, dei rapporti di produzione.Infatti l'eccedenza della produzione agricola ed artigianale destinata allo stato veniva incamerata dai templi come forma di tributi dovuti alla divinità solare.Questo rendeva la religione la principale struttura dei rapporti di produzione che legavano le comunità contadine con l'organizzazione statale e con la classe dominante. Questo nuovo tipo di collegamento tra infrastruttura e sovrastruttura rendeva possibile anche dare alla sfera simbolica indipendenza da infrastruttura e condizioni materiali dell'esistenza.Questo contribuisce a dare una spiegazione delle trasformazioni del mondo attuale: se le rappresentazioni cambiano per mutamenti nelle condizioni materiali dell'esistenza,le trasformazioni seguiranno percorsi coerenti con le rappresentazioni precedenti,e non l'influenza diretta delle condizioni materiali.

L'eredità dell'antropologia marxistaAnalizzando i modi di produzione in società coloniale e post-coloniale, gli antropologi marxisti contribuirono notevolmente allo studio delle comunità attratte nell'orbita del mercato globale, collegamento organico da altri non riuscito. (Ad es.R.Redford definì "comunità folk" le società contadine in modo da distinguerle da quelle tribali e da quelle statuali,per non focalizzare sul contesto in cui erano inserite. M.Dobb e A.Gunder Frank analizzarono il processo di estrazione e trasferimento della ricchezza dalla periferia al centro del mondo senza analizzare le caratteristiche delle società periferiche da cui le ricchezze provenivano). Gli antropologi marxisti colmarono la distanza tra centro e periferia,ma questo non impedì il loro declino nel corso degli anni 80.Tale declino va imputato sia alla crisi dell'ideologia marxista che a quella dei sistemi politici che erano sua interpretazione,ma forse anche al voler rimuovere dalla coscienza lo sfruttamento sulla periferia,oltre che il totalitarismo.In antropologia si sono in seguito affermate altre chiavi di lettura,ma l'impostazione marxista è ancora presente in molti studi (su come le economie periferiche si intersecano con quelle centrali,su come i membri delle comunità periferiche in rapporto con le centrali si rappresentino ed elaborino i fenomeni n cui sono coinvolte). I limiti dell'antropologia marxista stanno nel voler riproporre pedissequamente e monotonamente le teorie di Marx e nel volerle estendere indebitamente a realtà non occidentali. La realtà indicata dagli antropologi marxisti continua ad esistere e anche se questi non sono stati in grado di fornire analisi di cui c’è stato bisogno,ignorarla sarebbe controproducente.

La tendenza primitivistaLa rinascita dell’ideologia primitivistica degli anni ‘60 era da inserirsi nel più ampio movimento culturale che denunciava lo sterminio degli indiani sudamericani per sfruttare le risorse della foresta amazzonica e nel quale i governi della regione avevano grandi responsabilità.Ÿ Il tema dell’etnocidio Insieme a questo atteggiamento ne nacque un altro che utilizzava l’indio

come termine di confronto per un discorso critico verso l’Occidente. A partire dal mito settecentesco del buon selvaggio riedito in chiave antropologica e da un atteggiamento di denuncia si fece centrale nel discorso etnografico il termine etnocidio,cioè la distruzione di una cultura più debole per mano di una più forte.Sviluppato da antropologi americanisti,il tema dell’etnocidio prendeva le mosse ed estremizzata la riflessione di Lévi-Strauss sulle società fredde in opposizione a quelle calde,cioè un confronto civilizzato-selvaggio che si concludeva con il rimpianto per una perduta vita più felice ed in contatto con la natura.In

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effetti gran parte dei primitivisti erano stati filosofi di formazione e allievi di Lévi-Strauss.Questi allievi spesso si discostarono dallo strutturalismo del maestro per ibridarsi con il marxismo inserirono la riflessione di Lévi-Strauss su società calde e fredde su quella più ampia dell’etnocidio e la logica di distruzione dell’Occidente rispetto a quella armonica ,tollerante e mite degli indigeni.

P.Clastres : la società contro lo StatoIl testo più significativo tra quelli dei primitivisti è “La società contro lo Stato” (1974) di P.Clastres,basata sull’analsi della natura del potere nelle società amazzoniche,in articolare tra i Guayaki del Paraguay.Il capo viene laggiù scelto come tale se si rivela meritevole,cioè generoso e saggio (dono di beni,parla con senno) in cambio di questo ottiene la possibilità della poliginia,ma nient’altro, cioè non ha potere coercitivo. Inoltre la poliginia esclude il capo dall’esogamia,dalla pratica dello scambio delle donne e di conseguenza della cultura sottolineando che il suo ruolo non è null’altro che di mediatore e consigliere.Per Clastres il potere è natura,negazione della cultura,e avendolo capito i primitivi si organizzano in mod da escludere i loro capi dalla cultura per limitarne il potere e le conseguenze (donne a vantaggio esclusivo del capo, beni e prole ad esclusivo vantaggio del gruppo).In queste civiltà il politico non è assente,ma si caratterizza con l’assenza dello stato: manca un apparato repressivo e questo permette la libertà dell’individuo e la sua non alienazione economica.Per CLastres lo sfruttamento economico è conseguenza di una sottomissione politica e così gli indigeni non lavorano più del necessario perchè nessuno li controlla e non ne hanno motivo.La loro società è “del tempo libero” e “dell‘abbondanza”perchè soddisfatti i bisogni vitali ci si occupa di faccende non produttive e perchè è sufficiente lavorare pocoper vivere.Clastres conclude che quete società hanno una “razionalità sociologica” assente in Occidente e questo grazie alla consapevolezza che hanno delle conseguenze nefaste della creazione di uno stato.Ÿ La critica all’antropologia marxista e la destoricizzazione del primitivo La diversa posizone che

marxisti e primitivisti assumevano sull’immagine delle società indie portò una profonda frattura.Per Clastres i marxisti sopprimono l’indipendenza delle società indigene nella loro specificità inserendole nella meccanica produttrice di disuguaglianza, mentre invece queste sono caratterizzate dal non avere un Stato e dal non volerlo a tutti i costi.Inoltre se non hanno un ordine statuale non sono disuguali tra loro : è la politica a fondare le basi per l’economia e non viceversa cone secondo i marxisti.La ribellione dei primitivisti si rivolge in realtà all’ecocidio,al totalitarismo statuale e allo strapotere del mercato.e va contro le teorie degvli antropologi marxisti assimilandole alle dottrine statalistiche del comunismo sovietico,responsabile con il capitalismo dell’uniformazione delle culture a livello mondiale. L’analisi del rapporto tra economia e politica data da Clastres non è sostenibile con dati etnografici. le società primitive indie conoscono anche loro forme di controllo,coercizione e violenza che mal si adattano all’immagine di mitezza che si vuol trasmettere destoricizzando il primitivo,contro le tendenze critiche dell’antropologia moderna.

Antropologia interpretativa e antropologia della contemporaneità

Dagli anni '70 l'antropologia entrò nella "crisi della rappresentazione etnografica",cioè ci si interrogò su come gli oggetti del suo studio potessero essere legittimamente rappresentati in un testo etnografico.La crisi delle visioni tradizionali,L'interesse per temi come conflitto,mutamento, sradicamento dimostravano non solo che gli antropologi si facevano domande diverse,ma che il mondo stava cambiando e non poteva che essere rappresentato diversamente.

Antropologia intepretativaL'antropologia interpretativa si sviluppò in America nel corso degli anni '60.ma si basava soprattutto sulla filosofia e le scienze umane per come si erano sviluppate nel secondo dopoguerra europeo.La nascita può essere stabilita nel 1973,con la pubblicazione di "Interpretazione di culture".Ma per quanto specifica,distinta dagli altri ambiti, questo tipo di antropologia si inserisce nel quadro dell'antropologia simbolica.La necessità è quella di capire il ruolo la cultura,insieme di simoli e significati,ha nel determinare l'azione sociale.Ÿ La matrice filosofica e antropologica Le influenze di questa corrente furono la

fenomenologia,lo strutturalismo,la sociologia di Weber,la linguistica,la semiotica,la teoria critica della scuola di Francoforte e l'ermeneutica.Contemporaneamente venne influenzata dal

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particolarismo di Boas,originato dallo storicismo tedesco.Non nel senso che ne sia la diretta erede,ma nel senso che l'interpretativismo risulta più vicino alla tendenza idiografica e particolarizzante piuttosto che quella generalizzante.I temi fondamentali che vennero sviluppare furono

11. Il problema del "punto di vista del nativo", della prospettiva "emica"12. Il problema dell'incontro tra culture, il contatto tra etnologo e i suoi informatori13. Il problema della trascrizione dell'esperienza dell'incontro in un testo etnograficoCioè ci si chiede se sia possibile conoscere le sue culture dall'interno,per poi interrogarsi sui mezzi che rendono possibile la conoscenza dell'Altro (cioè della traduzione di culture) ed infine di come le informazioni possono essere trasmesse al pubblico.Ÿ Incontro tra culture Per l'antropologia interpretativa l'incontro con il nativo si basa su pratiche

che hanno senso solo all'interno di costellazioni di significato più ampie (come quelle del pedone nel gioco degli scacchi) e per questo aspetto sono intersoggettive,non riducibili a sentimenti e idee individuali.Inoltre la vita socio-culturale è un sistema aperto,non riproducibile in laboratorio o messa al riparo da influenze esterne.Facendo parte delle Geisteswissenschaften non può essere studiata con i criteri delle scienze della natura.Inoltre non ci sono punti di vista privilegiati per l'osservazione perchè l'incontro è paritario,è uno scambio di significati che ognuno produce:il distacco è impossibile.Oltretutto,l'uomo non solo è un animale simbolico,ma anche autointerpretante e autodefinitorio.Questo ha come conseguenza il fatto che i dati etnografici non sono intesi come oggettivi e trascrivibili in un linguaggio neutro:l' antropologia è una scienza umana mentre questi sono obiettivi possibili solo per una scienza naturale. La ricerca antropologica si fonda inevitabilmente sul contesto culturale cioè sul dialogo tra antropologo e informatore,prescinderne porterebbe gravissime distorsioni. Gli interpretativisti si concentrano sulla variabilità dei significati culturali nel contesto,per loro sia l'oggetto sia gli strumenti della ricerca appartengono allo stesso contesto:quello simbolico,dell'interpretazione.Questo non significa che come nell'idealismo tedesco sia l'autocoscienza dell'uomo a produrre la realtà o che le scienze umane producano un sapere superiore a quello prodotto dalla scienza,ma solo che i significati prodotti hanno un valore pubblico che nasce da relazioni dialogiche e di negoziato.

C.Geertz : cultura come testo,descrizione densa e punto di vista del nativoAllievo di C.Kluckhohn e Talcott Parsons,lavorò in Indonesia e Marocco,studi alla base dei suoi lavori comparativi. Divenne caposcuola della corrente dell' interpretativismo, che ha come assunto fondamentale l'idea di una "cultura come testo".Ÿ Cos'è l'interpretazione in antropologia? In "Interpretazione di culture" vengono forniti i principi

per una "teoria interpretativa della cultura"e' evidentemente molto difficile esporre sistematicamente le procedure di analisi di una antropologia interpretativa.Il problema dell'interpretazione consiste nella tendenza a sfuggire ogni trattazione sistematica,sono così immediate che non possono essere spiegate in termini diversi da quelli dell'intuizione per non trasformarsi in travisamenti dell'interpretazione che si vuol dare.I critici partono da affermazioni dello stesso genere fatte da Geertz per dimostrare che l'interpretativismo manca di basi teoriche esplicite e che si rivela quindi indeterminata. (Schankman)

Ÿ Il carattere pubblico del significato e la cultura come testo I significati,principale oggetto di studio degli antropologi interpretativi,non sono soggettivi e personali come potrebbe sembrare perchè è lo stesso Geertz a indicare che le interpretazioni soggettive sono un male per un <campo di studio che afferma di essere una scienza>. Il problema è ora definire l'oggetto dell'antropologia e il metodo che consente di conoscere il mondo concettuale dell'altro per poter dialogare con questo.Per Geertz <raggiungere l'accesso al mondo concettuale> non è scoprire una struttura inconscia nascosta come in Lévi-Strauss,ma analizzare i vari significati stratificati in una trama (texture) leggibile in quel testo (text) che è la cultura.La cultura è un testo e il metodo per conoscerla consisterebbe nella de-stratificazione dei significati in virtù del fatto che il significato è intersoggettivo e pubblico,fatto da azioni simboliche che formano ragnatele di significati da leggere. Il referente tradizionale è la cultura che lo produce,ma l'antropologo ha il compito di leggere il significato <sopra le spalle di quelli a cui appartengono di diritto>

Ÿ La descrizione densa Come l'antropologo può leggere questo testo che è la cultura? Il concetto di <descrizione densa> dovrebbe aiutare a far capire meglio:partendo da un passo del filosofo G.Ryle,Geertz dice che una strizzata d'occhio può essere sia un tic sia un ammiccamento e che nel caso di quest'ultimo i possibili significati sono molti.La differenza è grande,ma il significato che chi compie il gesto volontariamente intendeva trasmettere è uno solo,quello di ammiccare, se esiste un codice pubblico in cui contrarre le palpebre è segno d'intesa.

Ÿ Antropologia,etnografia e scrittura etnografica L'oggetto di studio dell'antropologo è quindi un testo costituito dalla trama dei significati stratificati,che vengono originati dall'interazione tra soggetti,una <gerarchia stratificata di strutture significative>. Da notare che per Geertz il momento etnografico coincide con quello antropologico,non esistono distinzioni tra le due discipline perchè l'etnografia coincide con il momento teorico dell'analisi.La scrittura etnografica non può essere fondata su criteri oggettivi e reali. Con "Opere e vite"

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(1988),Geertz assimila le monografie etnografiche a opere letterarie,che verranno lette,anche quando le teorie contenute saranno state smentite, giunge a concludere che la critica della scrittura etnografica dovrebbe originarsi da un coinvolgimento con il testo e non in base all'aderenza del testo ad un modello precedente ed astratto di monografia etnografica scientifica.

Ÿ La vocazione idiografica dell'antropologia interpretativa Questo dimostra la vocazione ideografica e particolaristica dell'interpretativismo,che più che su Boas prende spunto da DIlthey,Weber,Wittgenstein,Husserl,Schütz,Burke,RIcouer,Langer trai i filosofi, e critici,Foucault e Bathes per l'analisi del testo etnografico come letterario.Oltre all'assenza di principi fondativi,il principale motivo di critica da parte degli avversari è proprio il particolarismo geertziano,che andrebbe a discapito dei suoi lavori di taglio comparativistico,giudicati meritevoli dai suoi stessi critici.Ma lo studio comparativo più noto dell'antropologo"Dal punto di vista dei nativi:sulla natura della comprensione antropologica" (1988) è diventato proprio un classico esempio di antropologia interpretativa.

Ÿ La nozione di <persona>:un esempio di comparazione interpretativa Il testo citato sopra confronta l'idea di persona in tre luoghi profondamente diversi: l'islamizzata isola di Giava, l'induista Bali e il Marocco musulmano.Geertz non intende condurre la sua analisi valutando l'aderenza del concetto diffuso tra questi popoli al concetto di persona occidentale,dandolo per scontato.Al contrario sceglie di integrare le esperienze dei giovani di queste tre diverse aree con il quadro concettuale delle rispettive risposte a cosa è il sè. Questo lavoro è rilevante in particolare sul piano teorico,perchè cerca di comprendere come un antropologo riesca a comprendere il punto di vista dei nativi attraverso la descrizione etnografica.Questo si presentava come un tentativo di risposta alla crisi successiva alla pubblicazione del diario di Malinowski,che dimostravano il disagio dell'antropologo più che la sua fusione col sentire del selvaggio.Si delineava il problema di come era possibile comprendere una cultura dopo che la strada dell'empatia è stata preclusa.

Ÿ Concetti vicini e concetti lontani dall'esperienza Per Geertz il processo conoscitivo dell'antropologia si basa su due tipi di concetti. I concetti vicini all' esperienza del nativo e quelli lontani da essa. I concetti vicini sono quelli che l'informatore utilizza senza sforzo per parlare di quel che lui e il suo gruppo vedono,pensano,sentono,immaginano e che con la stessa semplicità vengono compresi quando impiegati da altri.I concetti lontani sono quelli distanti dall'esperienza, con caratteristiche contrarie rispetto a quelle sopra descritte.La conoscenza antropologica consiste quindi nel mantenere un equilibrio tra concetti vicini e lontani,compiendo una traduzione controllata dei concetti vicini nei lontani e un controllo dei concetti lontani per interpretare i vicini.Per compiere un lavoro davvero conoscitivo è quindi indispensabile non fondersi con il nativo tanto da non saper uscire dalla sua ottica né essere tanto distaccati da perdere la sua specificità ma integrare concetti lontani e vicini.Questo è indispensabile per comprendere davvero il punto di vista dei nativi.

Ÿ La dimensione comparativa Il fatto che nel libro comparativo sul concetto di persona si arrivi a conclusioni su cose è il sé per appartenenti a società diverse dimostra che Geertz non rifiuta la dimensione comparativa,nel senso di modi diversi di articolarsi di una realtà universale (ad es. il concetto di sé).Ciò che viene rifiutato è una generalizzazione che perda di vista il punto di vista del nativo,che faccia uso dei soli concetti lontani.Del resto però vengono rifiutate anche le prospettive emiche in modo estremistico,che si illudono credendo possibile una totale immedesimazione con il nativo.

Ÿ L'antropologia comparativa dopo Geertz Nonostante tutte le critiche di Geertz a strutturalismo, etnoscienza,determinismo materialista,descrittivismo e nonostante le critiche di Shankman e Keesing a Geertz per assenza di legami con la realtà e studio esclusivo del piano del significato,quest'ultimo sembra sempre aderire alla vita concreta della popolazioni studiate,una esigenza di oggettività.Sulla scia dell'interpretativismo si è sviluppata da metà anni '70 una corrente detta interpretative turn (Rabinow e Sullivan) che si dedica allo studio del rapporto tra antropologi ed informatori, e questo certo ha fatto diminuire l'attenzione verso le condizioni materiali di vita di un popolo, gli effetti del comportamento degli individui,il cambiamento sociale come inscritto nelle relazioni tra gli uomini.Dotato di fascinazione letteraria,non è sempre convincente sul piano dei contenuti. SI tende al soggettivismo e si arriva ad una sorta di "isteria interpretativa", un poco chiaro ed inestricabile circolo di interpretazioni tra antropologo ed informatore.Da non disconoscere il filone che a partire da Geertz ha riesaminato criticamente i processi che determinano la rappresentazione che l'antropologia ha prodotto e produce delle culture altre.

Antropologia della contemporaneitàProprio rianalizzando aspetti fino ad allora considerati secondari come il apporto tra antropologo ed informatore l'antropologia ha potuto rivalutare il proprio rapporto con il proprio oggetto nella contemporaneità.Spesso,fino ad allora,le società erano state pensate come tradizionali e quindi

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fuori dal tempo, o in un tempo altro mentre con la rinnovata attenzione al rapporto tra antropologo ed informatore è possibile ricondurre questo rapporto nei termini di una contemporaneità,cosa che restituisce all'altro una parola precedentemente negata.Ÿ La dimensione contemporanea Contemporaneità non sta qui tanto per presente,attuale ,ma

soprattutto per simultaneo,sottolineando come i fatti e le idee di un determinato contesto culturale si ripercuotono sui contesti e sulle vite di altri esseri umani di culture diverse.In altri termini la globalizzazione fa sì che una cultura non possa essere analizzata senza tener conto di un contesto più ampio che la connette con altre società.Quindi una antropologia della contemporaneità dovrebbe avere come oggetto non le culture oggi,bensì il rapporto che le loro culture hanno con il proprio passato,in base al quale costruiscono il proprio presente. L'antropologia della contemporaneità non è una corrente,ma la preoccupazione di non ridurre l'antropologia ad un patrimonio classico o ad una sola autoanalisi sul modo di produrre le conoscenze antropologiche o ad una scienza del presente che non sappia individuare nel presente ad un prodotto della storia.Quindi ,il suo obiettivo in positivo è applicare strumenti analitici e teoretici della disciplina alle condizioni della vita culturale presente quando le condizioni sono orientate a riformulare identità,confini e somiglianze in contesti nuovi precedentemente sconosciuti.

Ÿ Sguardi sulla contemporaneità A.Appadurai statunitense di origine indiane,ha parlato di "etnografia cosmopolita" ,capace di cogliere le connessioni tra il livello locale studiato ed un mondo sempre più globale. A.Kuper inglese,parla di "antropologia cosmopolita" ,capace di far dialogare tra loro modelli esplicativi della realtà appartenenti a culture differenti. U.Hannerz riforma la definizione di cultura definendola "organizzazione sociale del significato".Quindi le culture diventano <strutture di significato che viaggiano su reti di comunicazione sociale non interamente situate in alcun singolo territorio> : la cultura e molte espressioni culturali emergenti sono oggi transnazionali. M.Augé Francese,parla di "antropologia dei mondi contemporanei". Si è occupato del rapporto tra l'attuale percezione occidentale della globalizzazione e come i popolo colonizzati immaginarono il proprio destino al momento del contatto con i bianchi (fine del senso della storia,senso di restringimento dello spazio planetario,sensazione che il destino individuale sia slegato da quello collettivo)[es. i movimenti profetici anticipano la globalizzazione perchè di fatto gli africani e gli altri popoli colonizzati furono i primi a subirne le conseguenze]. Queste riflessioni teoriche miranti ad individuare i confini dell'antropologia odierna non possono però sostituire le monografie,indispensabili nel lavoro di un antropologo.Queste monografie non dovrebbero occuparsi solo di rapporti,intrecci,scambi,riassegnazione di significati ma anche i rapporti di forza e di gerarchia,di sfruttamento e di mimesi culturale che si realizzano nonchè il modo in cui questi rapporti sono rappresentati.Sia nel caso in cui questi agiscano tra culture diverse sia nel caso in cui siano interni ad una cultura,ciascuna sempre più globalizzata.