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Storia Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli Un raffronto tra il primo dopoguerra ed il secon- do, dal punto di vista economico, ci mette davanti agli occhi due situazioni per qualche aspetto di- verse. Durante la Grande Guerra il Friuli fu prima terra di occupazione, come zona di retroguardia e zona comando dell’esercito italiano (un milione di uomini) e poi terra di conquista e di requisizioni da parte dell’esercito austriaco successivamen- te alla ritirata di Caporetto. Nell’ultimo periodo del secondo conflitto mondiale, i patimenti per la popolazione furono soprattutto causati dal- le lotte partigiane e dalle rappresaglie tedesche. La disastrosa situazione economica del 1919 non presentò gli stessi effetti e non si ripetè l’emigra- zione massiva come era accaduto negli anni Venti. Nel secondo dopoguerra vi fu sì una ripresa del fenomeno migratorio ma con carattere continen- tale. La tensione per l’ancora irrisolta definizione dei confini orientali della Regione e la definitiva entrata, seppur in maniera autonoma, della ex Jugoslavia nel blocco comunista, spinsero (1947) migliaia di istriani a fuggire dalle loro terre e a migrare verso Trieste e verso il Friuli. La gestio- ne anglo-americana del Territorio Libero di Trieste ebbe fine nel 1954 con la definitiva annessione di Trieste all’Italia. Dal punto di vista economico, si registrarono interventi in qualche settore, seppur con passo incerto: dai più importanti nel settore industriale-metalmeccanico della Bassa friula- na, a quelli innovativi in campo agricolo per una buona parte del Friuli centrale (allargamento del- le aree irrigue in zone primariamente prative con conseguente passaggio ad aree seminative). Una certa vivacità, fino alla metà degli anni Sessanta, si notò nel campo artigianale: ogni paese aveva la sua officina di fabbro, di falegname, la sua latte- ria. Si trattava di una micro economia che di fatto rimarcava la ritrosia al rischio per investimen- ti di un certo spessore. E con capitali “di fuori”, un settore del tutto nuovo nel campo economico friulano, trovò prospettive nuove e remunerative: quello turistico con Lignano Sabbiadoro, fino ad allora centro balneare sconosciuto. Ancora prevalentemente a carattere agricolo, l’economia friulana stentò più che in altre regioni a togliere la società friulana da una atavica man- canza di iniziative. Basti riflettere su questi dati: nel 1951 il reddito medio dell’Italia era di 204. 000 lire, quello riscontrato in Friuli di 162. 000 lire. Fu la Bassa friulana a muoversi per prima verso nuovi orizzonti economici ed occupazionali: Mon- falcone, Torviscosa in primis. E nel ventennio che seguì, si realizzò addirittura un capovolgimento con una situazione reddittuale media superiore a quella del resto d’Italia, fino ad arrivare ai giorni nostri ove si registra la definitiva scomparsa del- la connotazione agricola dell’attività prevalente in Friuli (nel 1950 erano impiegati in agricoltura 170. 000 persone, nel 2000 risultavano impiegate Il secondo dopoguerra in Friuli a cura di Gottardo Mitri poche migliaia). Questa grossa spinta iniziale (av- vio della Zanussi, della Snaidero, della Pittini e via dicendo) aveva dato luogo a un effetto emulati- vo che aveva portato ad una importante e visibile crescita economica. Gli inizi del terzo millennio hanno però fatto riscontrare, in tanti comparti produttivi, un fenomeno di saturazione e soprat- tutto l’avvento concorrenziale dei prodotti dall’Est asiatico con gravi ripercussioni sull’occupazione. In generale, il processo di industrializzazione del Friuli ha di molto mutato i caratteri sia ambien- tali che urbanistici del territorio. Le migliorie sui terreni apportate dai riordini fondiari non hanno bilanciato la perdita di un equilibrio nell’eco siste- ma. D’altro canto, la vertiginosa crescita del flusso del traffico e l’industrializzazione capillare (quasi ogni comune ha la sua zona artigianale), il contro esodo dalla città verso zone periferiche più vivibili Scheda n° 4. 10. 1 Il secondo dopoguerra in Friuli Fig. 2 - L’agricoltura intensiva ha ridisegnato il paesaggio friulano. Fig. 1 - Foto emblematica del terremoto del 1976.

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Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli

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Un raffronto tra il primo dopoguerra ed il secon-do, dal punto di vista economico, ci mette davanti agli occhi due situazioni per qualche aspetto di-verse. Durante la Grande Guerra il Friuli fu prima terra di occupazione, come zona di retroguardia e zona comando dell’esercito italiano (un milione di uomini) e poi terra di conquista e di requisizioni da parte dell’esercito austriaco successivamen-te alla ritirata di Caporetto. Nell’ultimo periodo del secondo conflitto mondiale, i patimenti per la popolazione furono soprattutto causati dal-le lotte partigiane e dalle rappresaglie tedesche. La disastrosa situazione economica del 1919 non presentò gli stessi effetti e non si ripetè l’emigra-zione massiva come era accaduto negli anni Venti. Nel secondo dopoguerra vi fu sì una ripresa del fenomeno migratorio ma con carattere continen-tale. La tensione per l’ancora irrisolta definizione dei confini orientali della Regione e la definitiva entrata, seppur in maniera autonoma, della ex Jugoslavia nel blocco comunista, spinsero (1947) migliaia di istriani a fuggire dalle loro terre e a migrare verso Trieste e verso il Friuli. La gestio-ne anglo-americana del Territorio Libero di Trieste ebbe fine nel 1954 con la definitiva annessione di Trieste all’Italia. Dal punto di vista economico, si registrarono interventi in qualche settore, seppur con passo incerto: dai più importanti nel settore industriale-metalmeccanico della Bassa friula-na, a quelli innovativi in campo agricolo per una buona parte del Friuli centrale (allargamento del-le aree irrigue in zone primariamente prative con conseguente passaggio ad aree seminative). Una certa vivacità, fino alla metà degli anni Sessanta, si notò nel campo artigianale: ogni paese aveva la sua officina di fabbro, di falegname, la sua latte-ria. Si trattava di una micro economia che di fatto rimarcava la ritrosia al rischio per investimen-ti di un certo spessore. E con capitali “di fuori”, un settore del tutto nuovo nel campo economico friulano, trovò prospettive nuove e remunerative: quello turistico con Lignano Sabbiadoro, fino ad allora centro balneare sconosciuto. Ancora prevalentemente a carattere agricolo, l’economia friulana stentò più che in altre regioni a togliere la società friulana da una atavica man-canza di iniziative. Basti riflettere su questi dati: nel 1951 il reddito medio dell’Italia era di 204. 000 lire, quello riscontrato in Friuli di 162. 000 lire. Fu la Bassa friulana a muoversi per prima verso nuovi orizzonti economici ed occupazionali: Mon-falcone, Torviscosa in primis. E nel ventennio che seguì, si realizzò addirittura un capovolgimento con una situazione reddittuale media superiore a quella del resto d’Italia, fino ad arrivare ai giorni nostri ove si registra la definitiva scomparsa del-la connotazione agricola dell’attività prevalente in Friuli (nel 1950 erano impiegati in agricoltura 170. 000 persone, nel 2000 risultavano impiegate

Il secondo dopoguerra in Friulia cura di Gottardo Mitri

poche migliaia). Questa grossa spinta iniziale (av-vio della Zanussi, della Snaidero, della Pittini e via dicendo) aveva dato luogo a un effetto emulati-vo che aveva portato ad una importante e visibile crescita economica. Gli inizi del terzo millennio hanno però fatto riscontrare, in tanti comparti produttivi, un fenomeno di saturazione e soprat-tutto l’avvento concorrenziale dei prodotti dall’Est asiatico con gravi ripercussioni sull’occupazione. In generale, il processo di industrializzazione del Friuli ha di molto mutato i caratteri sia ambien-tali che urbanistici del territorio. Le migliorie sui terreni apportate dai riordini fondiari non hanno bilanciato la perdita di un equilibrio nell’eco siste-ma. D’altro canto, la vertiginosa crescita del flusso del traffico e l’industrializzazione capillare (quasi ogni comune ha la sua zona artigianale), il contro esodo dalla città verso zone periferiche più vivibili

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riuliFig. 2 - L’agricoltura intensiva ha ridisegnato il paesaggio friulano.

Fig. 1 - Foto emblematica del terremoto del 1976.

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con la conseguente urbanizzazione di vaste aree agricole, hanno condotto a una eccessiva e perico-losa cementificazione e bitumatura di tanta parte del territorio. Le conseguenze lentamente ma ine-sorabilmente hanno spostato anche gli orizzonti culturali e comportamentali prospettando eviden-ze antropologiche del tutto nuove (più attenti al nuovo di fuori, spostamento di valori consolidati, scomparsa dei connotati solidali della “vecchia” cultura contadina e così via). Si è affacciata una società friulana nuova dunque, che ha tagliato ormai il cordone ombelicale con il suo passato e che, a malapena, riesce a mantenere una sua identità storica, culturale e linguistica.

Bibliografia• A. Stella, Un secolo di storia friulana, Udine, 1967• N. Parmeggiani, Gli stadi nello sviluppo industriale nella provincia di Udine, Udine, 1966• G. Francescano, F. Salimbeni, Storia, lingua e società in Friuli, Casamassima, Udine, 1976

Scheda n° 4. 10. 1

Per ricercare e approfondire• Quali furono le ripercussioni economiche dal punto di vista sociale?• Cos’è cambiato nell’assetto urbanistico del tuo comune rispetto a cinquant’anni fa?• In quale misura ti senti parte dell’ambiente?

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riuli Fig. 4 - Zona industriale di Rivoli di Osoppo.

Fig. 3 - Tratto dell’autostrada A4.