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Nel maggio 1878, in occasione del restauro del Palazzo dell’Accademia Ecclesiastica in piazza della Minerva, vennero in luce resti delle Terme di Agrippa (figg. 1-2) in merito ai quali R. Lan- ciani, nel chiedere disposizioni alla Commissio- ne Conservatrice dei Monumenti, così scriveva: È fama che nella schiera di coloro i quali per debi- to di ufficio, e per il culto verso la memoria venera- ta di S.M. il Re Vittorio Emanuele, si preoccupano del modo col quale la Nazione debba testimoniare la propria venerazione erigendo alla Sua memoria un monumento nazionale, prevalga il consiglio di isolare il Pantheon, aprirvi all’intorno larghe stra- de e vastissime piazze, non senza grande vantaggio del monumento ove è deposta la Salma del Re. Se è vera, come sembra, l’esistenza di un tale progetto, io credo opportuno richiamare l’attenzione di E.V. sui lavori di risarcimento appena incominciati in area già presa in considerazione dagli autori e fau- tori dello stupendo progetto. (…) In seguito alla demolizione di una ala del palazzo (dell’Accade- mia Ecclesiastica) ove sono apparse celle termali conservate fino all’altezza di quindici metri sul piano antico. Sarebbe certamente doloroso il veder ricoprire col nuovo fabbricato quegli avanzi ma sa- rebbe tanto piú doloroso il riflettere che forse, di qui a non molto, il nuovo fabbricato dovrebbe essere de- molito raddoppiandosi la spesa dell’opera. Io non so se tornasse utile recare a cognizione del parla- mento il fatto accennato, nella speranza di vedere iniziato il lavoro con l’acquisto dell’edificio del- l’Accademia1 . La Prefettura di Roma, che di- pendeva dal Ministero degli Interni, rispose che la Commissione aveva deciso con parere unani- me che “pur conservando quei pochi avanzi, d’in- certa epoca” si poteva permettere all’architetto che dirigeva i lavori “di appoggiarvi, continuan- dole, altre costruzioni2 . È questa una testimonianza che documenta come la decisione del governo italiano di collo- care all’interno del Pantheon la tomba di Vitto- rio Emanuele II, destinandolo così a mausoleo del primo re d’Italia, fu determinante per la de- finitiva sistemazione di piazza della Rotonda e per la realizzazione del completo isolamento del Pantheon, progetto che da secoli era stato per- seguito da vari papi 3 , l’ultimo dei quali Pio IX (1846-1878) che proseguì la demolizione delle case fino a palazzo Bianchi-Vettori in via della Minerva 4 . 1 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 119, fasc. 172, 8. 2 Ibid. 3 Per un approfondimento sui restauri in piazza della Rotonda eseguiti dai pontefici a partire dalla prima metà del XV secolo, si rimanda a CARDILLI 1993, p. 31 ss. 4 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 119, fasc. 172, 19, Ro- ma 16 ottobre 1878, “richiesta dei Bianchi di poter riordinare il loro fondo e farvi ciò che crederanno del loro interesse, per poter affittare gli appartamenti senza riserve e pericolo di sfratto immediato”; LANCIANI 1985, p. 420. I restauri al Pantheon dall’unità d’Italia al secondo dopoguerra L’opera assidua volta alla conservazione, alla riparazione, alla sorveglianza, allo studio di migliaia di monumenti delle città e delle borgate italiane può dirsi quasi ovunque interrotta, od almeno ridotta ad una attività minima. (…) Quando, dopo le battaglie del grano, della lira, della terra sana e feconda, giungerà la battaglia dell’Arte?1929, Gustavo Giovannoni

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Nel maggio 1878, in occasione del restauro delPalazzo dell’Accademia Ecclesiastica in piazzadella Minerva, vennero in luce resti delle Termedi Agrippa (figg. 1-2) in merito ai quali R. Lan-ciani, nel chiedere disposizioni alla Commissio-ne Conservatrice dei Monumenti, così scriveva:“È fama che nella schiera di coloro i quali per debi-to di ufficio, e per il culto verso la memoria venera-ta di S.M. il Re Vittorio Emanuele, si preoccupanodel modo col quale la Nazione debba testimoniarela propria venerazione erigendo alla Sua memoriaun monumento nazionale, prevalga il consiglio diisolare il Pantheon, aprirvi all’intorno larghe stra-de e vastissime piazze, non senza grande vantaggiodel monumento ove è deposta la Salma del Re. Seè vera, come sembra, l’esistenza di un tale progetto,io credo opportuno richiamare l’attenzione di E.V.sui lavori di risarcimento appena incominciati inarea già presa in considerazione dagli autori e fau-tori dello stupendo progetto. (…) In seguito allademolizione di una ala del palazzo (dell’Accade-mia Ecclesiastica) ove sono apparse celle termaliconservate fino all’altezza di quindici metri sulpiano antico. Sarebbe certamente doloroso il vederricoprire col nuovo fabbricato quegli avanzi ma sa-

rebbe tanto piú doloroso il riflettere che forse, di quia non molto, il nuovo fabbricato dovrebbe essere de-molito raddoppiandosi la spesa dell’opera. Io nonso se tornasse utile recare a cognizione del parla-mento il fatto accennato, nella speranza di vedereiniziato il lavoro con l’acquisto dell’edificio del-l’Accademia”1. La Prefettura di Roma, che di-pendeva dal Ministero degli Interni, rispose chela Commissione aveva deciso con parere unani-me che “pur conservando quei pochi avanzi, d’in-certa epoca” si poteva permettere all’architettoche dirigeva i lavori “di appoggiarvi, continuan-dole, altre costruzioni”2.

È questa una testimonianza che documentacome la decisione del governo italiano di collo-care all’interno del Pantheon la tomba di Vitto-rio Emanuele II, destinandolo così a mausoleodel primo re d’Italia, fu determinante per la de-finitiva sistemazione di piazza della Rotonda eper la realizzazione del completo isolamento delPantheon, progetto che da secoli era stato per-seguito da vari papi3, l’ultimo dei quali Pio IX

(1846-1878) che proseguì la demolizione dellecase fino a palazzo Bianchi-Vettori in via dellaMinerva4.

1 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 119, fasc. 172, 8.2 Ibid.3 Per un approfondimento sui restauri in piazza della Rotonda

eseguiti dai pontefici a partire dalla prima metà del XV secolo, sirimanda a CARDILLI 1993, p. 31 ss.

4 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 119, fasc. 172, 19, Ro-ma 16 ottobre 1878, “richiesta dei Bianchi di poter riordinare il lorofondo e farvi ciò che crederanno del loro interesse, per poter affittaregli appartamenti senza riserve e pericolo di sfratto immediato”;LANCIANI 1985, p. 420.

I restauri al Pantheondall’unità d’Italia al secondo dopoguerra

“L’opera assidua volta alla conservazione, alla riparazione,alla sorveglianza, allo studio di migliaia di monumenti dellecittà e delle borgate italiane può dirsi quasi ovunque interrotta,od almeno ridotta ad una attività minima. (…) Quando, dopole battaglie del grano, della lira, della terra sana e feconda,giungerà la battaglia dell’Arte?”

1929, Gustavo Giovannoni

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Gli interventi di “riqualificazione” dell’areacoincisero con una serie di sventramenti nelcentro storico della città stabiliti con i Piani Re-golatori del 1873 e del 1883: in particolare con ilP.R. del 1973, per ampliare via della Rotonda,via della Palombella, via dei Crescenzi, via di S.Eustachio e via dei Pastini, il Comune espropriòmolti edifici che furono poi demoliti o ridottinelle dimensioni, come Palazzo Aldobrandinitra via di S. Eustachio e via della Palombella ePalazzo Crescenzi tra via dei Crescenzi e dellaRotonda5. In piazza della Rotonda fu inoltredemolito il fronte dell’isolato compreso tra viadel Seminario e via de’ Pastini (fig. 3), sostituitodal nuovo albergo del “Senato”.

Questi interventi urbanistici concepiti come“opere di pubblica utilità” mostrano quanto esi-

genze di natura estetico-funzionale ed economi-co-speculative avessero il sopravvento sul carat-tere storico e archeologico di un edificio o di in-teri isolati di edilizia “minore”.

Il desiderio di “liberare” il Pantheon da ciòche si era accumulato nel tempo portò inoltre alsuo completo isolamento mediante la demoli-zione del forno della Palombella in via della Ro-tonda, di Palazzo Bianchi-Vettori tra via dellaPalombella e via della Minerva, nonché quelladei due campanili voluti da Urbano VIII in so-stituzione della duecentesca torre campanaria.

Il 20 luglio 1881 per volontà del MinistroG. Baccelli iniziò la demolizione del forno diproprietà del Sig. G. Rigacci6 così che “nelbreve spazio di quattro mesi, oltre 50 metri li-neari della curva del Pantheon furono restituiti

2 Paola Crucianelli

5 CARDILLI 1993, p. 39. Via della Palombella, dei Cestari, diTorre Argentina e dell’arco della Ciambella furono il risultato digrandi opere di demolizione e di spianamento ideate e condotte nel-la parte centrale del Campo Marzio da papa Paolo III (1534-1549).Le conseguenze archeologiche di questi lavori furono disastrose:via della Palombella tagliò letteralmente a metà la Basilica di Net-

tuno alle spalle del Pantheon, in LANCIANI 1902-12, II, p. 236.6 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 119, fasc. 172, 1, noti-

fica di esproprio a stampa; il fascicolo contiene inoltre una decinadi richieste “per indennizzo di danni avuti colla demolizione dellecase addossate al Pantheon” da parte di coloro che possedevanoesercizi commerciali nell’area soggetta ai lavori.

1. Pianta del Pantheon verso via della Palombella e resti delle Terme di Agrippa (da ACS, AA.BB.AA., I versamento [1875-1882], b.n. 119,fasc. 172, 8).

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2. Resti delle Terme di Agrippa venuti in luce durante il restauro del palazzo dell’Accademia Ecclesiastica (ACS, AA.BB.AA., I versamento[1875-1882], b. n. 119, fasc. 172, 8).

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alla luce”7. Dopo pochi mesi l’Accademia di S.Luca scrisse una lettera al Ministro “in ringra-ziamento dello zelo” col quale aveva fatto proce-dere all’isolamento del Pantheon e, rammentan-do di aver già fatto apporre nel portico una me-moria in occasione dei lavori eseguiti da Pio IX,propose di ricordare queste demolizioni conun’altra lapide da collocare nel portico8. Nellaprimavera dell’anno seguente il Ministro rispo-se che, sebbene fosse grato “a cotesta Accademiaper gentile pensiero avuto di porre nel Pantheonuna lapide commemorativa del suo completo isola-mento per opera del governo del Re, (…) per ragio-ni di vario ordine” non poteva soddisfare il lorodesiderio9.

Nel dicembre 1881 il governo autorizzò anchela spesa di £ 500.000 per l’acquisto e la demoli-zione del Palazzo progettato nel Seicento dal-l’archeologo Vettori di proprietà dei fratelliBianchi (fig. 4) e per il recupero ed il restaurodei frammenti architettonici rinvenuti dalla suademolizione10. Due anni dopo il Ministro Bac-celli decise di demolire anche i due campanilibarocchi. Nell’Archivio dell’Accademia di S.Luca c’è un foglio sciolto non datato dell’econo-mo C. Fallani che con riferimento ad un proces-so verbale dell’Adunanza Generale dell’Accade-mia11 del 1811 scrive: “da queste carte si vede chefino dal 1811 l’Accademia interessava il Daru12 adetta demolizione, ma come tutte le cose mondane,

4 Paola Crucianelli

7 R. LANCIANI, Prima relazione sui lavori intrapresi per l’isola-mento del Pantheon, in NSc, 1881, p. 3.

8 AASL, vol. 143, n. 151, Roma 8 novembre 1881, ProcessoVerbale dell’Adunanza Generale dell’Accademia di S. Luca.

9 AASL, vol. 144, n. 41.10 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 120, fasc. 172, 37, de-

creto di autorizzazione di spesa del 23 dicembre 1881. 11 AASL, vol. 169, n. 112, Roma 7 giugno 1811, “si procedette

allo scrutinio segreto, e raccolti i voti, furono ritrovati per la demoli-

zione dei due campanili n. 19 voti e n. 6 per la continuazione dellaloro attuale esistenza. Secondo le accademiche regole statutarie il de-creto è per la demolizione”.

12 Il 27 luglio 1811 Napoleone firmò un decreto che destinava aRoma un milione di franchi all’anno per il suo abbellimento. I la-vori dovevano essere diretti da una commissione – Commissiondes embellisssements de la ville de Rome – composta dal PrefettoTournon, dall’Intendente governativo Daru e dal sindaco Braschisotto la presidenza del Prefetto.

3. Piazza della Rotonda prima delle demolizioni (fotografia del Museo di Roma, inv. AF 2985).

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l’impero francese cadde. (…) Forse altri Ministriavranno avuto tale idea ma il merito di tale fattocompiuto si deve al nostro concittadino”13. In oc-casione di questa nuova sistemazione di piazzadella Rotonda, furono affidate al Capo d’Artescalpellino Giuseppe Ruffinoni la realizzazione ela messa in opera delle lastre in travertino di co-ronamento al muro di sostegno alle tre vie dellaPalombella, della Rotonda e della Minerva14.

Contemporaneamente ai lavori di sistemazio-ne dell’area si avviarono una serie di restauri siaall’interno del monumento che nel pronao15. Il2 novembre 1883 il Capo dell’Ufficio Tecnicodegli Scavi d’Antichità presentò alla DirezioneGenerale d’Antichità e Belle Arti il preventivoper il restauro della zona centrale del pavimentodel pronao che fu approvato il 29 dicembre1883 per un importo di £ 7.539,1416. Al fine diportare a termine i lavori prima del pellegrinag-gio alla tomba di Vittorio Emanuele II previstoper il 9 gennaio 1884, una parte di essi fu ese-guita mediante appalto a trattativa privata dalloscalpellino Carlo Coccia per un importo di £6.908,40, l’altra in economia dall’Ufficio Tecni-co per l’importo di £ 628,9417. I lavori consi-stevano nel conservare la parte antica del pavi-mento sostituendo al “mattonato moderno” unnuovo lastricato in marmo bianco e granito bi-gio “con semplice e grandioso scomparto geometri-co” e nell’eseguire tassellature in alcuni lastronidi marmo antico18. Ultimato il restauro nellazona centrale, si decise di proseguire i lavorinella parte sinistra del pronao verso via dellaMinerva19. Dal consuntivo del 13 marzo 1885risulta che dopo la demolizione di 12,86 × 5,58m di mattonato moderno in pessimo stato, furo-no ricavate le incassature per i lastroni del pavi-mento con lo sterro ed in parte con il taglio delmasso in calcestruzzo tenacissimo; su di un“masso in tegolozza” furono poi posizionati ottolastroni quadrangolari di granito – (1,83 × 1,00)2 + (1,83 × 2,06) + (2,45 × 1,00) 4 + (2,45 ×2,06) m – ed uno circolare del diametro di 2,10m tutti “allettati in malta, inzeppati con zepped’iochio e con cemento sciolto colato nelle commes-sure” (cemento di Grenoble)20.

Quando nel 1885, come è noto, l’alta cancella-ta tra le colonne eretta sotto il pontificato di

Alessandro VII (1655-1667) fu sostituita da unarecinzione piú bassa davanti al pronao (figg. 5-6), si eseguì la tassellatura dei fori rimasti sullebasi delle colonne e sulle lesene in seguito allarimozione (fig. 7); tuttavia si effettuò un restau-ro parziale come risulta dalla proposta del Capo

I restauri al Pantheon dall’unità d’Italia al secondo dopoguerra 5

13 AASL, vol. 169, n. 112.14 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 121, fasc. 173, 2.15 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 120, fasc. 172, 34, 3

febbraio 1879, Ufficio Tecnico per gli Scavi d’Antichità: “Nei re-stauri del Pantheon che la S.V. Ill. con tanta premura ordinò, proce-dono con cura e spero che quanto prima saranno ultimati. Lo scalpel-lino che ivi lavora mi fece notare che nella cappella centrale a destraentrandovi è una parasta o lesena di giallo antico, scanalata, che allaparte superiore del capitello minaccia di cadere, sarebbe una grande

rovina per i marmi e potrebbe cagionare una qualche disgrazia (…)”.16 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 122, fasc. 173, 22.17 Ibid.18 Ibid.19 Ibid.20 Ibid.: “Esercizio 1884. Conto dei lavori in Arte Muraria ese-

guiti dal Capo d’Arte Giovanni Cucco per la rimozione di unaparte di pavimento del Peristilio del Pantheon”.

4. Prospetto e pianta di Palazzo Bianchi demolito nel dicembre1881 (ACS, AA.BB.AA., I versamanto [1875-1882], b.n. 119,fasc. 172, 8).

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D’ufficio Tecnico nell’aprile 1889 di completa-re il restauro del pavimento con la somma resi-duale stanziata e di terminare le tassellature allebasi delle colonne con gli avanzi dei lastroni dimarmo provenienti “dalla demolizione di un pic-colo altarino, che si trovava in uno dei grandi nic-chioni del pronao”21. Si trattava in realtà di unaimportante Cappelletta dedicata alla B.ma Ver-gine detta del Transito e forse già presente nelXVII secolo, visto che tra il 1716 e il 1718 a spe-se di un privato cittadino fu “ornata con Altaredi marmi fini, scalino di porfido, vi fu posto sopralo scalino dell’Altare un’ornato colle immagini diSS. Francesco di Paola e Filippo Neri con corniceintagliata e dorata”22, e che qualche anno primai Canonici della Rotonda informarono il Cardi-nal Orsini che era stato donato “da una divotadonna all’Imagine della SS.ma Vergine che si ve-nera nella Cappelletta del Portico della stessa

Chiesa, un vezzo di perle buone, che secondo la pe-rizia di vari professori valutatasi scudi venti in-circa, ma considerandosi da’ medesimi, che una co-sa di tal valore esposta continuamente al pubblicopuol esser rapita, desidererebbero venderlo ed il ri-tratto denaro impiegarlo o in uso della stessa cap-pelletta, ovvero in beneficio della Sagrestia”23. IlCardinal Orsini approvò “l’istanza assai provvi-da” purché si erogasse “il valore di essa in cosache servire debba alla Cappelletta alla quale erastato offerto il dono, e anche alla Sagrestia nellaoccorrenza”24. L’incavo oggi presente sulla cor-tina laterizia dell’esedra verso via della Rotonda(fig. 8) è da mettere in relazione con i lavori diadattamento della muratura per la costruzionedella suddetta Cappelletta testimoniata in moltestampe d’epoca (figg. 9-12).

Nel maggio 1889 Raffaele Francisi, architettodella Regia Accademia di S. Luca, informò

6 Paola Crucianelli

21 Ibid.22 BAV, Pantheon, I, 87.

23 BAV, Pantheon, II, 6, fasc. 9. 24 Ibid.

5. Pantheon e piazza della Rotonda con la cancellata di Alessandro VII. Aquaroni Antonio, Pantheon con la cancellata tra le colonne, 1840-1874 (disegno del Museo di Roma, inv. MR 10009).

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l’Accademia che ancora si occupava delPantheon, delle precarie condizioni in cui sitrovava il pilastro del portico verso via del Se-minario25. Il Consiglio dell’Accademia in unaseduta del 9 giugno 1890, nominò una Commis-sione di tre architetti Accademici che esaminas-se lo stato di conservazione del portico26. Cosìscriveva Francisi membro della Commissione:“Il pilastro addossato alla cella, della stessa altez-za della colonna, si scorge schiantato in alcuniblocchi di marmo che lo compongono ed è corroso emancante lungo lo spigolo esterno, in guisa che lasua sezione è ridotta quasi alla metà”27. L’archi-trave della trabeazione veniva così ad appog-giare su di un elemento portante non sicuro edancorato solo con delle spranghe metalliche.Secondo la Commissione tale condizione d’in-stabilità era aggravata dal fatto che la prima co-lonna dopo il pilastro era costituita da tre rocchi

sovrapposti e con i piani di appoggio inclinatitanto da non poter escludere il pericolo di uno“sdrucciolamento di un rocchio sull’altro qualora ilvicino pilastro subisse un movimento”. La Com-missione propose pertanto che i blocchi di cuiera costituita la parasta fossero reintegrati contasselli di marmo, che sulla stessa fosse riporta-to il capitello sul lato nord e sud; che si rico-struisse almeno una parte della trabeazione su-periore “creandovi il risalto che esisteva a piombodello spigolo nord-est del pilastro” e che si scorge-va chiaramente nel fianco ad ovest; che la colon-na attigua al pilastro fosse “risarcita per frenar-la, come meglio insegna l’arte, senza sconcezza diferri”28. La parasta d’angolo verso via della Ro-tonda si trovava in condizioni simili: i lastronidi cui era composta, “avendo ruotato in piúsensi”, si erano distaccati di parecchi centimetridalla struttura muraria e la loro stabilità era ga-

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25 AASL, vol. 183, n. 9.26 AASL, vol. 154, n. 3, della Commissione facevano parte gli

architetti Raffaele Francisi, Enrico Gui e Pietro Carnevale.

27 Ibid.28 AASL, vol. 154, n. 3.

6. Pantheon con la cancellata esterna al pronao, 1885 (ICCD, foto serie D, n. 2090).

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rantita solo da spranghe di metallo inserite du-rante precedenti restauri29. La Commissionepropose di intervenire sulle due paraste tramitespranghe di rame30. Esistono vari consuntivi re-lativi a lavori eseguiti nel portico con datazioneposteriore a quella della relazione della Com-missione Accademica: risulta un conto datatogiugno 1891 per gesso e cemento usati per re-stauri al cornicione del portico ed un conto di £1.129,08 datato luglio 1893 per lavori di scalpel-lino eseguiti dal Capo d’Arte Andreoli Gaetanonel portico e nella platea del Pantheon31.

Nel luglio 1890 l’ingegnere Capo del GenioCivile e l’ingegnere dell’Ufficio Tecnico per iMonumenti di Roma fecero un sopralluogo sul-la cupola per individuare una metodologia d’in-tervento che ponesse fine alle continue infiltra-zioni d’acqua all’interno della Rotonda32. Ilcornicione di coronamento contiguo alla frontedel primo gradone era ricoperto con lastre dimarmo nella maggior parte sconnesse e rotte econ presenza di folta vegetazione tra le lesioni,così che l’acqua pluviale, infiltrandosi nelle fes-

surazioni dei lastroni, penetrava nello spessoredel muro e in parte lungo la parete esterna33.Gli espedienti adottati per risolvere tale proble-ma, dall’asfalto a zone, alle stuccature con calceunita a cemento, fino alla sperimentazione diuna saldatura con fusione di zolfo mescolato asabbia quarzifera, erano stati tutti fallimentari.Secondo la perizia già presentata nell’aprile del1890, l’ing. del Genio Civile propose di colloca-re una doccia con i relativi tubi di scarico attor-no alle gronde del tamburo e di ricoprire il la-stricato con una lamiera di piombo messa a di-latazione libera o, in alternativa, di applicare“uno strato di coccio-pisto su tutta la superficiedella zona lastricata dello spessore di dieci centi-metri nella intestatura col muro del tamburo, e dicinque centimetri nella gronda, avvertendo di co-prire con lastrine di lavagna dello spessore di uncentimetro messe a mastice, l’estremità delle com-mettiture delle pietre in gronda”34. Furono inol-tre proposti altri restauri accessori come il ripri-stino nelle parti mancanti dell’intonaco del mu-ro del tamburo e la stratificazione di asfalto con

8 Paola Crucianelli

29 Ibid. 30 Ibid.31 ACS, AA.BB.AA., II versamento, b. n. 381, fasc. 4284.

32 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 122, fasc. 173, 30. 33 Ibid.34 Ibid.

7. Tasselli di marmo su lesena (foto dell’a.). 8. Esedra del portico verso via della Rotonda (foto dell’a.).

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10. Il Pantheon prima del 1885. È visibile il timpano della Cappelletta dedicata alla B.ma Vergine oltre la cancellata tra lecolonne del portico (Stampa della Biblioteca Vittorio Emanuele in Roma).

9. Cruyl Lievin, piazza della Rotonda, 1670 (disegno su pergamena incollato su tavoletta di legno, Museo di Roma,inv. GS 859).

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10 Paola Crucianelli

11. Piranesi, Portico del Pantheon, 1750-1756. Sono visibili la Cappelletta dedicata alla B.ma Vergine e le specchiature dirivestimento della cortina muraria.

12. Tommaso Cuccioni, Pantheon nel 1864. Sono visibili la Cappelletta dedicata alla B.ma Vergine con le specchiature dirivestimento della cortina muraria e Palazzo Crescenzi non ancora demolito (fotografia del Museo di Roma, inv. AF 3629).

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mattonato nei ripiani e dietro i gradini dellascaletta per la quale si accedeva alla cupola. Daiconsuntivi dei lavori, approvati il 6 febbraio1891 per la somma di £ 3.600, risulta che per lasistemazione della copertura del cornicione fu-rono eseguiti lavori in asfalto dall’Intrapren-dente Parboni Vincenzo con la fornitura di te-gole marinate, di pozzolana, di calce viva, di ce-mento e gesso mentre lo stagnaro Gregorio Villirealizzò intorno al piedritto della cupola le nuo-ve gronde e tubi di discesa in ferro zincato dibuona qualità35.

Contemporaneamente si eseguirono lavori diriparazione anche sul tetto del pronao: il grandecanale di rame posto sulla fronte superiore fusostituito da un nuovo canale, incassato al mar-mo mediante 122 ferri impiombati a caldo, fuapposta la gronda a traverso con tubi di discesain ferro zincato mentre lungo l’aggetto del cor-nicione fu applicato asfalto minerale al di sopradi una lastra di piombo ancorata con grappe diferro stagnato di lunghezza ciascuna 42 cm36.

I restauri di quegli anni diedero l’opportunitàdi condurre importanti studi e ricerche, in par-ticolare sulla cupola e sulla struttura lateriziadel Pantheon. Eugène Guillaume, Direttoredell’Accademia di Francia a Roma, fece richie-sta al Ministero della Pubblica Istruzione affin-ché Georges Chedanne potesse eseguire unostudio accurato del monumento, come esigeva ilregolamento per i pensionnaires del quarto annodell’Accademia37. Il Ministero accolse la do-manda invitando l’Ufficio Regionale per laConservazione dei Monumenti di Roma a faci-litare Chedanne nel lavoro di rilievo38. E la fa-cilitazione vi fu. Nel 1892 il Ministero, datal’esigenza di valutare lo stato di conservazionedell’intradosso danneggiato da continue infil-trazioni d’acqua, invece di far innalzare un pon-te leggero a spese di Chedanne stesso – comeera la prassi –, ne fece erigere uno grande e asue spese39. Il preventivo redatto il 28 maggio1892 prevedeva la costruzione di un “ponte diservizio girevole sospeso a bilico alla sommità del-la cupola ed appoggiato con le ruote al cornicioned’imposta”, con uso di legname d’abete per le

due grandi incavallature che costituivano la cro-ciera superiore, legname di pioppo per le centi-ne superiori all’incavallatura e d’olmo per l’ap-poggio del ponte ed il fissaggio dell’asse princi-pale girevole40 (fig. 13). Durante i primi saggi,effettuati all’altezza dell’imposta della cupola edove i danni d’umidità apparivano maggiori, sirilevò sotto lo strato d’intonaco la presenza diun sistema di archi di scarico41 (fig. 14) e di bol-li adrianei sui mattoni asportati dagli archi ap-pena trovati42. Dall’esame dei bolli, rinvenuti intutte le zone del monumento, risultò che lamaggior parte erano di epoca adrianea e che c’e-ra un’affinità tra questo materiale e quello usatoper altri edifici dello stesso periodo43. IlPantheon dunque era stato edificato da Adrianoe non da Agrippa come si era creduto fino ad al-lora. Si comprese che le fonti – testi antichi ediscrizioni – studiate fin dal Quattrocento e rite-nute di pertinenza del monumento a tutti visi-bile, in realtà si riferivano al tempio di Agrip-pa44. Ristabilite così le legittime paternità, sidiede avvio ad una campagna di scavi che misein luce i resti della costruzione preesistente.

Fu certamente sulla scia dell’entusiasmo perqueste importanti scoperte di carattere storico-archeologico che nel 1894 il Ministero dellaPubblica Istruzione approvò il progetto cheprevedeva il ripristino della celebre iscrizionededicatoria M. Agrippa L. F. cons. tertivm fecitanticamente collocata sul frontone del Pantheonin memoria del preesistente tempio di Agrip-pa45. Il rifacimento delle lettere in bronzo nonpoteva tuttavia prescindere da un’accurata ri-cerca storico-artistica che chiarisse le antichetecniche di lavorazione: si trattava di determi-nare se in origine le lettere fossero interamenteo parzialmente incassate nella pietra e se avesse-ro lo spigolo vivo oppure arrotondato46. Glistudi compiuti sulle lettere in rilievo dell’Arcodi Tito e sulla grande iscrizione della facciata diS. Pietro, in cui queste non sporgevano dal pia-no del fregio, non furono risolutivi così che laricerca fu estesa fuori Roma e coinvolse i Diret-tori dei principali musei d’Italia47. Il Museo diBologna possedeva un frammento d’iscrizione

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35 ACS, AA.BB.AA., II versamento, b. n. 381, fasc. 4284:“Consuntivo dei lavori da Stagnaro eseguiti dall’Intraprendente Si-gnor Gregorio Villi nel Pronao del Pantheon di Agrippa”.

36 Ibid.: “Consuntivo dei lavori da verniciaro eseguiti dall’Intra-prendente Michetti Filippo nella gronda e tubi d’accompagno delpronao del Pantheon, Roma 16 aprile 1861”.

37 ACS, II versamento, b. n. 381, fasc. 4285, cit. in BON-GIOANNINI 1892.

38 Ibid.39 Ibid.40 Ibid.: “Preventivo per un ponte di servizio girevole sospeso a bi-

lico alla sommità della cupola del Pantheon e appoggiato con le ruoteal cornicione d’imposta della cupola stessa”.

41 BELTRAMI 1892, pp. 88-89.42 LANCIANI 1985, p. 411.43 BLOCH 1937, p. 116.44 Per un approfondimento sulla errata interpretazione delle

fonti antiche si veda PASQUALI 1996, pp. 5-6. 45 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 717, 2.46 Ibid.47 Ibid.

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romana in cui le lettere di bronzo erano antica-mente incassate ma allo stato attualemancanti48; negli sterri di piazza Luna a Firen-ze, nel luogo in cui sorgeva il Tempio di GioveCapitolino, era stato rinvenuto un frammento dimarmo lunense nel quale si erano conservate leincassature e le grappe per due lettere, ma diqueste non vi era traccia; anche per l’iscrizionedi Porta Borsari a Verona e per quella dell’Arcodi Susa che non aveva piú le lettere in situ, eradifficile stabilire se esse fossero interamente oparzialmente incassate49.

Un valido contributo alle ricerche condottedalla Divisione per i Monumenti arrivò infinedal Museo Archeologico di Napoli che possede-va quarantatre lettere in bronzo “sciolte” trova-te, secondo il Direttore del museo, il 21 marzo1831 nella casa del Fauno a Pompei50. Impossi-bile determinare se fossero o meno in risalto

sulla pietra dato che nel luogo del rinvenimentonon si riuscì a trovare traccia degli incassi. L’ar-chitetto Giacomo Boni recatosi a Napoli per ap-profondire la ricerca, dopo aver valutato che lelettere dovevano essere appartenute all’iscrizio-ne dedicatoria di qualche monumento pubblicoe non alla casa del Fauno, ne segnalò due cheavevano ancora attaccata alla grappa la saldaturadi piombo: in particolare nell’angolo interno al-la sommità della “A” si trovava una scaglia dimarmo bianco strappata dal fregio nella qualeera, con ogni evidenza, incassata51. “Sul rovesciod’una delle lettere, al posto d’uno dei perni a chio-do che servivano a saldarlo sulla incassatura,trovò un piccolo incasso fatto a scalpello dal qualeestrasse della cenere vulcanica e in fondo a questatrovò lo stagno che aveva servito a saldare al per-no, nonché una traccia della resina adoperata daglistagnari dell’antichità”52. Fu concluso che i ro-

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48 Ibid.49 Ibid.50 Ibid.

51 Ibid.52 Ibid.

13. Progetto per il “ponte di servizio girevole sospeso a bilico alla sommità della cupola ed appoggiato con le ruote al cornicione d’imposta” (ACS,AA.BB.AA., II versamento [1891-1896], b.n. 381, fasc. 4285, allegato b. 12).

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mani preparavano le incassature dei perni achiodo sul rovescio delle lettere di bronzo, vimettevano dentro una goccia di stagno e di resi-na, arroventavano il perno che, calato nell’in-cassatura dove fondeva lo stagno, si saldava conla lettera53. “Trovato che fu un ricordo del modocome s’incassavano le lettere di bronzo, restava dadeterminare lo spessore da assegnare alle letteredella iscrizione del Pantheon” che fu individuatosulla base di una delle incassature meno pro-fonde della trabeazione del frontone delPantheon54. Sulla base di tali studi e ricerche furedatto il progetto di ripristino poi affidato alladitta Nelli di Roma la quale si occupò della fu-sione e dell’apposizione della nuova iscrizione,avvalendosi dei ponti di servizio e del metalloforniti dal Ministero della Pubblica Istruzione55

(fig. 15). Le venticinque lettere della dimensio-ne delle antiche e concave nella parte posterioreper limitarne quanto piú possibile il peso (c.a.25 kg ciascuna), furono realizzate “in bronzo co-rinto di I qualità quale era il bronzo impiegato neilavori del Pantheon”, furono dorate a fuoco epoi ossidate per la spesa complessiva di £6.17256. Il 31 novembre 1894 il quotidiano la“Tribuna” così commentava il lavoro appenainiziato: “Già le prime due parole col loro giallored’oro doublé, spiccano così bellamente sulla pietraannerita dal tempo, che richiamano alla mente lavicina insegna dell’albergo del Senato. E chissàquante migliaia di lire costerà questo lavoro, chedura da circa 4 mesi”57. Il giorno seguente lostesso quotidiano scriveva: “Dicemmo ieri che lavivace doratura delle lettere che si stavano appo-nendo sul pronao del Pantheon stonavano male-dettamente con l’austera maestosità del tempio.Oggi per debito di cronaca dobbiamo aggiungereche la stonatura è cessata in grazia di una patinabronzea di cui le lettere sono state rivestite. E poi-ché siamo in argomento, non sarà inopportuno farnoto, che contrariamente alle voci sparse, la spesaper queste lettere, compresi anche alcuni restaurinon lievi del portico, non ha superato la somma disei mila lire”58.

Il 14 dicembre 1894 G. Calderini, ingegneredell’Ufficio Tecnico per i Monumenti, presentòal Ministero anche un progetto per il ripristinodell’angolo del frontone verso via della Rotondacon calchi fatti sulle parti antiche meglio con-servate “non imitando certo il restauro fatto dallapunta opposta del frontespizio, il quale non lascia

certo il ricordo preciso di quanto fecero i nostrimaggiori”59. L’ing. Calderini si riferiva certa-mente alle iterazioni degli emblemi dei Chigisul soffitto della trabeazione del pronao ripristi-nata da Alessandro VII nel 1670 insieme alledue colonne angolari su via della Minerva (figg.16-17); è chiara la sua volontà di eseguire un“restauro scrupolosamente fedele” e dunque filo-logico da tramandare alla memoria ed allo stu-dio dei posteri. Il progetto tecnico prevedeval’utilizzo di marmo di Carrara di seconda qua-lità (cava di Ravaccione) che dopo la posa inopera doveva essere “spalmato con tinta aciduladi color grigio assimilato a quello che ricopre ilmonumento per non lasciare stonature”. Come sipuò desumere anche dall’elaborato grafico alle-gato (figg. 18-19), l’ing. Calderini progettò un

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53 Ibid.54 Ibid.55 Ibid.56 Ibid.

57 Ibid.58 Ibid.59 Ibid.

14. Saggi al di sopra del cornicione d’imposta della cupola, 1892(ACS, AA.BB.AA., II versamento [1891-1896], b.n. 381, fasc.4285, allegato b. 12).

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15. Preventivo per il ripristino delle lettere in bronzo del frontone del Pantheon redatto dalla ditta di Alessandro Nelli, 1894 (ACS,AA.BB.AA., III versamento [1896-1907], II parte, b.n. 717, 2).

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16. Disegno per il restauro dei capitelli e del fregio del cornicione sul fianco del portico del Pantheon verso via della Minerva (Disegno discuola berniniana, Cod. Chigi, P VII, f° 109).

17. Emblemi Chigi (stelle, monti e frondi di quercia) tra le mensole del cornicione del portico (foto dell’a.).

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innesto a dentelli con ausilio di grappe di bron-zo in modo da tagliare il meno possibile il mar-mo della trabeazione antica.

I lavori tuttavia non furono approvati presu-mibilmente per l’elevata spesa che tale progettoprevedeva (£ 29.000)60. Ma come si legge nel-l’articolo della “Tribuna” sopra citato, nel por-tico si stavano eseguendo “altri restauri nonlievi”, evidentemente piú urgenti rispetto aquello proposto dall’ing. Calderini.

Così come gli interventi di ripristino dei seco-li precedenti61 restituirono al Pantheon un sensod’insieme altrimenti troppo lacunoso (fig. 20),anche la demolizione dei due campanili baroc-chi e il progetto di ripristino del frontone e del-l’iscrizione bronzea, avevano l’intento di ripor-tare il monumento, per quanto fosse possibile,al suo stato normale, al suo stato originario. “Lo

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60 Ibid.61 Urbano VIII abbatté il muro che riempiva l’ultimo interco-

lumnio fino alla trabeazione su via della Minerva ripristinandouna delle tre colonne angolari mancanti; Alessandro VII (1655-1667) proseguì il lavoro del suo predecessore, ripristinando le al-tre due colonne angolari ritrovate in piazza S. Luigi dei Francesi.

Tuttavia sugli elementi architettonici di nuova fattura sono benvisibili gli stemmi papali che denunciano la loro funzione rappre-sentativa ed auto-celebrativa: l’ape Barberini sul capitello angola-re e stelle, monti e frondi di quercia Chigi sia sull’ornato dei duecapitelli che sul soffitto della trabeazione.

18. Progetto dell’ing. Calderini per il ripristino dell’angolo del frontone nel 1894 (ACS, AA.BB.AA., III versamento [1896-1907], II parte,b.n. 172, 2).

19. Stato attuale del frontone (foto dell’a.).

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studio dei restauri si farà mercé di un esame stori-co ed artistico del monumento, che metta in gradodi stabilire quanto debba essere conservato nell’in-teresse della storia e dell’arte (…) L’esame storicoe artistico dovrà essere fatto colla scorta dei docu-menti storici, e collo studio diretto del monumento,ricorrendo ove ne sia d’uopo ad opportuni tasti(…) distinguendo quanto ha vera importanza perla storia e per l’arte e deve essere rispettato, daquanto non ha tanta importanza e può essere va-riato o soppresso, si stabilisca esattamente tuttoquello che deve essere conservato; e confrontando-ne lo stato normale con l’attuale, si mettano inevidenza le differenze e i danni sofferti, cioè lecorrosioni, le demolizioni, le aggiunzioni, le rico-struzioni, le variazioni di stabilità che hanno alte-rato l’economia del monumento. Precisati in questomodo i danni, occorre che si deducano da esso ilavori da eseguire, mirando a sopprimere le diffe-renze tra lo stato attuale ed il normale, ossiariattivando e mantenendo per quanto possibile lostato normale, in tutto quello che deve essere con-

servato”62. Questo il testo della circolare Fiorel-li, allegata al decreto ministeriale del 21 luglio1882, primo documento ufficiale in materia direstauro architettonico dello Stato unitario efrutto dell’esperienza professionale dell’archeo-logo Giuseppe Fiorelli, che dal 1881, per diecianni, coprì la carica di Direttore Generale delleAntichità e Belle Arti del Ministero della Pub-blica Istruzione. La circolare Fiorelli inoltreraccomandava che in caso “di tassellature, di ri-facimenti parziali, di ricostruzioni parziali o to-tali, ecc., occorre che se anche si creda possibile,non si creda di far meglio degli antichi, ma quandosi debba assolutamente rifare si rifaccia tal qualeera, affinché il monumento resti col suo vero carat-tere, a testimoniare il lavoro delle varie epoche perle quali è passato”. Non sorprende dunque, co-me il progetto di ripristino del frontone preve-desse un “restauro scrupolosamente fedele” ese-guito mediante calchi fatti sulle parti antiche econ marmo di Carrara “spalmato con tinta aci-dula di color grigio assimilato a quello che ricopre

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62 Circolare 632 bis Fiorelli.

20. Maarten Van Heemskerk, 1535 circa.

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il monumento per non lasciare stonature”, e che leventicinque lettere della dimensione delle anti-che furono realizzate “in bronzo corinto di I qua-lità quale era il bronzo impiegato nei lavori delPantheon”. Partendo dunque da un accuratostudio storico-critico sia del monumento siadelle fonti documentarie si giungeva alla “dupli-cazione” nella stessa foggia e con stessi materialidi ciò che era stato perduto per lasciare “un ri-cordo preciso di quanto fecero i nostri maggiori”63.

Nel gennaio 1897 il Direttore dell’Ufficio Re-gionale per la Conservazione dei Monumenti sirecò sulla cupola del Pantheon per determinarele cause di nuove infiltrazioni d’acqua che ave-vano provocato danni alla superficie dell’intra-dosso64. Appena giunto sulla cupola, fu colpitodai “riflessi argentini che presentava il taglio luci-do nettamente eseguito nella seconda lastra dipiombo che copre il muro di rinfianco”65. Nel cor-so del sopralluogo rilevò l’assenza di una strisciadi piombo lunga piú di mezzo chilometro il cuitrasporto doveva essere necessariamente avve-nuto in occasione di un grande lavoro e per ma-no di persone pratiche del posto66. Egli pertantoattribuì il furto di oltre 20 q di piombo ai mano-vali che ogni anno a gennaio, in occasione dellacommemorazione funebre di Vittorio EmanueleII, lavoravano sull’oculo della cupola67. Grandefu l’indignazione nei confronti degli operai che“assistettero impassibili e muti” al quel sopralluo-go, ma ancora piú grande quella verso il Cav.Massuero che, pur avendo la responsabilità deilavori, non aveva esercitato nessun tipo di sorve-glianza e che, venuto a conoscenza dell’accaduto,non ne aveva fatto rapporto al Ministero68. Leoperazioni di risarcimento della copertura plum-bea e di rinnovamento parziale dell’asfalto sullavolta, approvati il 7 agosto 1899, terminarononel dicembre dello stesso anno69.

Il Ministero della Pubblica Istruzione intra-prese importanti restauri anche all’interno delPantheon. Da una relazione dell’Ufficio Regio-nale per la Conservazione dei Monumenti risul-ta che alla fine del 1897 era stato ultimato il re-stauro di tutti gli altari in marmo, degli stucchi,

delle pitture del tamburo e delle cappelle; che sispolverarono e pulirono le due cornici marca-piano in marmo pentelico, le colonne con relati-vi capitelli, le statue ed i busti70. Un preventivodatato marzo 1891 “per il restauro degli specchiimpellicciati a vari marmi colorati nelle pareti in-terne del Pantheon” fa riferimento all’utilizzo dilastre di pavonazzetto, di giallo e di verde anticoper le pareti e a tasselli di giallo antico di diver-se dimensioni per il risarcimento delle lesene ecolonne71; sopra la porta d’ingresso e sull’intra-dosso della cupola furono inoltre riprese tutte lescrostature d’intonaco fatte a scopo di studio findal 189272.

Pochi anni dopo, nel 1903, si riscontrò un dan-no al soffitto in legno e tela sovrastante lo sfon-do dell’intercolumnio nell’esedra che ospitava latomba del Re Umberto I

73. Per individuarne lacausa si entrò nella cella posta sopra all’interco-lumnio stesso eseguendo un foro nello sfondo diuna delle finestre murate nel tamburo al di sopradella cappella. Dopo aver constatato che alcunimattoni erano caduti dal sommo dell’intradossodella volta a botte, con un ponte di servizio si ri-posizionarono gli stessi mediante perni in ferro aforma di T posti in senso trasversale. Terminatopoi il restauro del soffitto danneggiato, si decisedi estendere l’indagine alle altre esedre ma si ac-certò che il paramento di bipedali, essendo inbuone condizioni, non necessitava di alcun in-tervento di consolidamento74.

Il pavimento interno, al contrario, si presenta-va in cattivo stato di conservazione specialmen-te davanti la tomba del Re Vittorio EmanueleII

75. La perizia del 29 settembre 1899, approva-ta il 2 novembre dello stesso anno, prevedeva unlavoro fatto in economia, ovvero con gli operaied il marmo dell’Amministrazione76. La ricercadi materiale fatta presso l’Emporio della Mar-morata non ebbe buon esito dato che non si rin-venne nessun blocco di giallo antico ed un solopezzo di pavonazzetto di 2,00 × 0,52 × 0,50 m77.La difficoltà di reperire marmi adatti sia perqualità che per colore fece sì che i lavori inizia-rono solo quando si trovò a Carrara un bloccodi pavonazzetto di 6 metri cubi c.a.78. Rimossa

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63 In netta antitesi con la circolare Fiorelli che peraltro rimasein vigore per mezzo secolo come valido strumento metodologico,fu la relazione che Camillo Boito presentò l’anno seguente a Ro-ma in occasione del Congresso degli Ingegneri e Architetti Italia-ni e che Gustavo Giovannoni nel 1932 prese come riferimento perun nuovo documento: la Carta del Restauro italiana.

64 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 717, 4.65 Ibid.66 Ibid.67 Ibid.68 Ibid.

69 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 717, 9.70 Ibid.71 ACS, AA.BB.AA., II versamento, b. n. 381, fasc. 4284.72 Ibid.73 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 717, 9.74 Ibid.75 Ibid.76 Ibid.77 Ibid.78 Ibid.

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questa principale difficoltà, la Direzione Gene-rale si trovò tuttavia ad affrontare un problemapiú grande: nell’esecuzione della prima serie dilavori davanti la tomba del Re Umberto I si ri-levò che le lastre di pavonazzetto e di giallo sitrovavano in uno stato di conservazione peggio-re rispetto a quello denunciato nella perizia del-l’anno precedente79. Nell’intercorso anno difat-ti, in occasione delle esequie dei Savoia, “il pa-vimento, che era già in cattivo stato, fu assaipeggiorato dal passaggio del grande castello mobilein legname che fu senza posa adoperato, (…) conpoco o nessun riguardo allo stato del pavimento”;inoltre la piena del Tevere portò all’interno delPantheon acqua fino ad un’altezza di 2,10 mdanneggiando, oltre al lavoro già eseguito, lelastre di marmo che non avendo piú l’appoggiodi quelle precedentemente rimosse si sollevaro-no80. Risultando impossibile sia da un punto divista estetico che tecnico rimuovere solo alcunedelle lastre distaccate, lasciando quelle rotte inframmenti piú piccoli, si decise di estendere ilavori su di un tratto maggiore di quello pre-ventivato81. Al Ministero che voleva “risarcire ilpavimento volta per volta nei tratti maggiormentedeteriorati”, il Direttore Generale per le Anti-chità e le Belle Arti rispose che “in un tempio co-me il Pantheon non si può, e non si deve procederecon la stessa grettezza con cui si rappezza il pavi-mento di una casa di affitto”82. La quantità tota-le del pavimento sostituito, da 70 m2 preventi-vati, salì così a 105,40 m2 con una spesa sup-plettiva di £ 1.893,4983. Si rimossero le lastre dimarmo danneggiate, si demolì il vecchio sotto-strato per la messa in opera di lastre di pavonaz-zetto moderno e di giallo di Siena allettate conmalta sopra un nuovo sottostrato. Si proseguìpoi a stuccare, arrotare e lustrare a piombo lelastre sostituite e restaurate. Si eseguirono an-che la stuccatura, la tassellatura e la lustratura amezzo lucido delle lastre circolari di granito eporfido e la riparazione di una fascia di rosso diPerugia che si trovava davanti la tomba di Vit-torio Emanuele II

84. Quando nella primaveradel 1901 il Ministero mosse delle critiche inmerito a venature giallognole presenti nelle la-stre di pavonazzetto messe in opera, De Ange-lis, l’architetto Direttore Generale, spiegò ladifficoltà di trovare del pavonazzetto moderno

senza difetti e che, pur rinvenendolo, sarebbecostato circa £ 2.000 al metro cubo; per conci-liare la possibilità di eseguire il lavoro con le fi-nanze dell’Amministrazione, fu pertanto sceltoun blocco pagato il prezzo conveniente di £ 750al metro cubo85. L’arch. De Angelis continuascrivendo: “Se si fosse posta nel contratto unaclausola di rifiuto del marmo, si sarebbe dovutotriplicare il prezzo unitario della lastra, poichéquel marmo è raro e dall’esterno del blocco non sipuò riconoscere se vi è qualche difetto. Si poteva-no, d’altra parte, ricavare dalle lastre tutti i pezzisenza le strisce giallognole, ma allora lo sprecoavrebbe di molto aumentato il costo unitario e sa-rebbe stato brutto vedere negli specchi e nelle fascelarghe 0,89 (cm) troppe giunte. Quelle strisce ap-parivano molto in alcune lastre, quando il trattonuovo era lustrato a tutto lucido per troppo zelodello scalpellino, che per contratto doveva lustrarea mezzo lucido soltanto”86. Comunque sia, purnelle difficoltà incontrate, l’arch. De Angelis ciassicura che la prima serie di lavori, eseguita se-condo le Regole d’Arte, riuscì “in modo vera-mente soddisfacente”87 (fig. 21).

Nell’ottobre del 1900, in occasione di ripara-zioni alla copertura del tetto del pronao, l’arch.De Angelis decise di verificare anche lo stato diconservazione della sottostante armatura in le-gno88. Constatando che alcune travi correntiavevano le testate in pessimo stato conservativo,si estese l’indagine su tutta la prima campataverso la fronte dell’edificio e si accertò così cheil puntone di una delle capriate era gravementedanneggiato anche perché non in castagno bensìin abete, legname meno resistente all’umidità eai tarli89. Fu inoltre notata una singolarità nellacostruzione della capriata: il puntone lungo cir-ca 9 m poggiava su un alto “cuscino” di legna-me la cui marcescenza aveva provocato piccolispostamenti dell’armatura stessa90. “Trattandosidi cosa grave, poiché temo non abbiano a verificar-si simili cattive condizioni anche in altri membridelle capriate, ho dato disposizioni di urgenzaperché senza indugio si prepari quanto è necessarioa sostituire quel legname che è risultato non poterpiú resistere”91. Fu dunque l’impossibilità di la-sciare “senza riparo lo stato di fatiscenza dell’ar-matura del Pronao”, che indusse l’arch. De An-gelis a dare principio ai lavori di riparazione, ri-

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79 Ibid.80 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 717, 9.81 Ibid.82 Ibid., protocollo n. 1265 del 4 settembre 1901.83 Ibid.84 Ibid.85 Ibid.

86 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 717, 9.87 Ibid.88 Ibid.89 Ibid.90 Ibid.91 Ibid.

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21. Pianta del Pantheon con i restauri del pavimento effettuati e da eseguirsi, 25 luglio 1901 (ACS, AA.BB.AA., III versamento [1896-1907], II parte, b.n. 717, 9).

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serbandosi di comunicare al Ministro dellaPubblica Istruzione il risultato delle indagini el’ammontare delle spese sostenute in corso d’o-pera. Nell’arco di poco piú di due settimane in-fatti, nella parte sinistra del pronao furono so-stituiti otto travi correnti di abete con altrettantinuovi travi in castagno, si cambiò il puntone diuna delle capriate di 10 × 0,48 × 0,40 m fornen-dogli un nuovo appoggio mediante una grossalastra di travertino, ed infine fu posta una nuovamensola di castagno sotto una delle testate dellacorda92. Nonostante le capriate della parte de-stra fossero in discrete condizioni di conserva-zione, si rese comunque necessario cambiare “ilegni principali e parte dei legni minori perché lecapriate hanno i puntoni di abete infradiciati alletestate” ed assicurare un tratto dell’architravedel cornicione che minacciava di cadere perchéle barre di ferro che lo sostenevano, ormai ar-rugginite e corrose, si erano inflesse93.

In merito alla zona centrale, valutando che iltempio era frequentatissimo da forestieri e dacittadini e che la stagione non era favorevole ailavori che non potevano eseguirsi se non conl’aiuto di una solida armatura, l’arch. De Ange-lis ritenne preferibile rimandare l’inizio dei la-vori alla primavera dell’anno seguente: “(…) aciò mi induce anche il fatto che dal punto di vistadella stabilità è possibile attendere fino a quell’e-poca senza timore; però mi preme dichiarare chel’inizio del lavoro di restauro non si deve protrarreoltre l’epoca indicata”94. Il 30 marzo 1901 eglidifatti presentò al Ministro della PubblicaIstruzione la perizia “Per i lavori di restauro alleincavallature che sorreggono il tetto del pronao erisarcimento al copertime” del tetto, proponendoper l’esecuzione un lavoro fatto in economia,ovvero con gli operai ed i materiali dell’Ammi-nistrazione ad eccezione del legname di casta-gno mentre per il materiale in laterizio necessa-rio si sarebbe utilizzato quello proveniente dalleultime demolizioni fatte nel terreno presso leTerme di Caracalla95. Tuttavia, nonostante egliavesse segnalato la necessità di riprendere i la-vori non oltre la primavera dell’anno successivo,questi iniziarono solo nell’agosto del 190296.Mentre si procedeva alla sostituzione delle inca-vallature lignee della parte centrale, si constatòche quelle di destra, precedentemente ritenute

danneggiate solo alle testate, in realtà eranocompletamente deteriorate97. L’arch. De Ange-lis nella sua relazione scrisse infatti: “dalle lun-ghe corde d’abete della parte centrale ho ricavatodue corde minori per l’ala destra, ma occorre altrolegname grosso di castagno per i puntoni della 3°incavallatura; anche i correnti sono in cattivo sta-to”. Pertanto alla prima perizia che prevedevauna spesa di £ 5.177, ne fu aggiunta una sup-pletiva di £ 1.706,10 con l’assicurazione che “lacopertura di tutto il pronao dell’insigne monumen-to sarà posta in perfette condizioni di stabilità perun numero indefinito di anni”98. La DirezioneGenerale per le Antichità incontrò molte diffi-coltà per reperire travi di sufficiente lunghezza,adatti a costruire le catene delle due capriateprincipali della parte centrale (14 m); si fecepersino richiesta a Napoli e a Genova di travi inpitch-pine99, ma l’elevato costo e il ritardo diconsegna a Roma, fecero optare per un altra so-luzione: le catene, non trovando a Roma travi dicastagno di sufficiente lunghezza, furono difatticostruite mediante due pezzi di castagno “stu-diando un opportuno collegamento”100. Nel di-cembre 1902, a lavori conclusi, l’arch. De An-gelis scrisse: “Posso affermare che il lavoro è riu-scito bene, e che nell’esecuzione gli operai (illavoro si eseguiva ad un altezza superiore di 20,00m) hanno dato prova di zelo restando parecchieore sotto la pioggia, per condurre a termine la co-pertura con tutta la celerità che la stagione incle-mente e le difficoltà dell’opera potevanoconsentire”101.

Oltre ad importanti interventi di manutenzio-ne ordinaria e straordinaria, si esercitò nei con-fronti del Pantheon una maggiore azione di tu-tela e di salvaguardia legata ad una piú matura econsapevole sensibilità per la fabbrica antica.Nel giugno 1905 iniziarono i lavori di pavimen-tazione in piazza della Rotonda e nelle strade li-mitrofe con legno donato dalla Municipalitad diBuenos Aires in memoria dei primi Re d’Italiagià sepolti nel Pantheon102. Il materiale usatoera costituito da mattonelle di legno denomina-te ‘adoquines de algarrobo’ messo in opera su diuna piattaforma in calcestruzzo composta da unimpasto di Portland, silice ed arena di mare del-lo spessore di 25 cm103.

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92 Ibid.93 Ibid.94 Ibid.95 Ibid.96 Ibid.97 Ibid.98 Ibid.99 Pitch-pine (pino) o douglas: legno molto morbido che pro-

viene dalla Florida simile al pino nostrano. È compatto, a fibresottili e molto resinoso; resiste bene all’umidità.

100 ACS, AA.BB.AA., III versamento, II parte, b. n. 717, 9.101 Ibid.102 ASC, “Municipalidad de Buenos Aires. Plaza del Pantheon

en Roma su pavimentacion”, Buenos Aires, 1907, p. 194. V. an-che CARDILLI 1993 p. 43.

103 Ibid.

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In concomitanza della nuova pavimentazionesi iniziarono lavori all’impianto della tramviaelettrica per la creazione di una nuova linea suvia de’ Crescenzi e su via della Rotonda: perpoter sostenere i fili conduttori della correnteera necessario apporre ganci di attacco infissinella cortina muraria o addossare pali di ghisaalla cancellata del Pantheon104 (fig. 22). Il Di-rettore Generale per le Antichità e Belle Arti, inseguito ad un sopralluogo, valutando che “in unmodo o nell’altro il Monumento sarebbe stato de-turpato”, optò per la prima soluzione dato che“col primo partito non si manometteva la cortinama vi si facevano dei piccoli buchi per infiggervi irampini, ed i fili restavano quasi invisibili. Col se-condo partito, cioè coll’innalzamento delle colonneallineate a sostegno dei fili, si intercettava scon-ciamente la visuale”105. Il 22 agosto 1905 il Mi-nistro della Pubblica Istruzione, venuto a cono-scenza delle disposizioni date dalla DirezioneGenerale, fermò i lavori già iniziati, ordinòl’immediata rimozione dei ganci e la collocazio-ne di pali in ghisa appoggiati alla cancellataesterna del monumento. Tuttavia, alla richiesta

di organizzare in via della Rotonda i sostegnidella linea mediante una sola colonna di ghisa,così come era accaduto in via della Minerva, laSocietà Romana Tramways-Omnibus risposeche ragioni tecniche e di pubblica sicurezza ob-bligavano la realizzazione di due binari e quindila sistemazione di piú pali metallici106.

Nella primavera dell’anno seguente il Presi-dente del Comitato Direttivo del PellegrinaggioNazionale al Pantheon fece domanda per l’ap-posizione nel pronao di una lapide commemo-rativa del venticinquesimo anniversario dellamorte di Vittorio Emanuele II

107 (fig. 23). Sial’Ufficio Regionale per la Conservazione deiMonumenti che la Commissione Centrale per iMonumenti e le Opere di Antichità e d’Arteespressero parere contrario al progetto presen-tato, in virtú del fatto che i monumenti antichidovevano “essere tenuti immuni da qualunque ag-giunta moderna di qualsiasi genere, e che, quandoin casi eccezionali fosse consigliabile una derogaalla regola, dovesse in ogni modo lasciarsi trascor-rere un periodo non minore di venticinque anni fral’avvenimento commemorando e il monumento

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104 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 718, 5.105 Ibid.

106 Ibid.107 ACS, AA.BB.AA., III versamento, b. n. 718, 15.

22. Progetto per la collocazione di pali metallici di sostegno ai fili conduttori della corrente e per l’apposizione di ganci di attacco sulla cortinamuraria, 1905 (ACS, AA.BB.AA., III versamento [1896-1907], II parte, b.n. 718, 5).

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commemorativo”108. Pochi mesi dopo il Presi-dente del Comitato, rinnovando la richiesta conuna lettera all’Avv. Guido Fusinato, Ministrodella Pubblica Istruzione, mostrò chiara l’inten-zione di voler modificare il progetto originario:“trattandosi quindi soltanto di un concetto d’indo-le morale e politica non faccio né posso fare que-stione di forma: ciò che importa anzi tutto è il ri-cordo dell’avvenimento; in quanto alla forma, alledimensioni, alla materia della lapide (…) mi ri-metto completamente a quella savia e definitivadeliberazione che la S.V. vorrà nella sua compe-tenza prendere”109. Il 23 novembre 1907 il Mi-nistro pose fine alla querelle scrivendo: “Io vor-rei di gran cuore appoggiarla, ma non posso di-menticare che proprio in questi ultimi anni si èfatto ogni sforzo per liberare il Pantheon dalle ag-giunzioni portategli in passato e restituirlo nei li-miti del possibile alla severità e alla semplicità an-tica. Abbandonare ora la via seguita, rimettere inquestione quella nudità del pronao, che ora è il mi-glior suo ornamento, è responsabilità ch’io sento dinon poter affrontare. Plaudo alle ragioni morali epatriottiche che V.E. espone, ma ho doveri d’uffi-cio verso le ragioni dell’arte”110.

I “doveri d’ufficio verso le ragioni dell’arte” in-vocati dal Ministro della Pubblica Istruzione,tuttavia in poche occasioni avevano avuto il so-pravvento sulle “ragioni morali e patriottiche”: laconsapevolezza che i monumenti antichi doves-sero essere immuni da qualsiasi aggiunta mo-derna infatti non era stata invocata per impedi-re, tra fine Ottocento e inizi Novecento, che ilPantheon divenisse il luogo deputato per la se-poltura dei Savoia111. La nuova “destinazioned’uso”, oltre la sistemazione delle tombe reali(fig. 24) che, poste nelle due esedre centrali unadi fronte all’altra in una sorta di dialogo a di-stanza ne modificarono caratteri architettonici efigurativi, comportò anche temporanee trasfor-mazioni come gli allestimenti interni ed esternialla chiesa, sia per i funerali reali, sia per lecommemorazioni che annualmente si svolgeva-no all’interno del monumento. Per le esequie diVittorio Emanuele II fu ideato un addobbo co-stituito da apparati pittorici apposti sul timpanoe sul cornicione interno, da una decorazionescultorea sia in facciata sia all’interno del monu-mento e da una scenografica illuminazione in-

terna ottenuta con 140 lampade a gas poste neilacunari della cupola; il catafalco, decorato daquattro leoni posti agli angoli, era situato su unpodio marmoreo adorno di festoni e circondatoda candelabri (figg. 25-26)112. Sebbene il Mini-stero dell’Interno avesse nominato un Incarica-to per i Funerali reali al Pantheon che sorve-gliasse i preparativi per le solenni commemora-zioni, immancabilmente ne derivarono danni espesso furti, come quello sopra citato di oltreventi quintali di lastre plumbee avvenuto tra il1894 e il 1897113. Diversi giorni prima infattisquadre di carpentieri “invadono il tempio e, percostruire l’ossatura del catafalco, segano grossi tra-

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108 Ibid.109 Ibid.110 Ibid.111 Vittorio Emanuele II muore il 9 gennaio 1878, ma la defini-

tiva sistemazione della tomba avviene nel 1883; suo figlio Umber-to I muore nel 1900 e la realizzazione della tomba viene completa-ta il 12 marzo 1910.

112 P.R. DAVID, Il Pantheon come luogo di sepoltura dei Red’Italia nei progetti di Manfredi e Sacconi, in Monumenti di Ro-ma. Quaderni della Soprintendenza per i Beni Architettonici ed ilPaesaggio e per il Patrimonio Storico-Artistico e Demoetnoantro-pologico di Roma, 1, giugno-luglio 2003, Viterbo 2003, p. 122,nota 6.

113 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 121, fasc. 173, 16.

23. Progetto per una lapide commemorativa da apporre nel porticodel Pantheon, 1906 (ACS, AA.BB.AA., III versamento [1896-1907],II parte, b.n. 718, 15).

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vi, battono martelli, trasformando il monumentoin un animato cantiere” senza nessun riguardoper il pavimento e le pareti: ai soffitti delle ese-dre venivano appese “vecchie e logore armaturein legno destinate a portare ceri”114, tra le colon-ne si allestivano ordinariamente parature condrappi rette da un “murale appoggiato tra uncapitello e l’altro”115 mentre le parature appo-ste sulle edicole o sul rivestimento marmoreodelle pareti erano affisse mediante grossi chio-di metallici116. Alla fine di ogni cerimonia ilPantheon necessitava dunque di un’accurata ri-cognizione e di interventi di restauro che, comepropose la Direzione Generale alle Antichità,avrebbero potuto evitarsi riducendo al minimole parature con i drappi e “studiando una nuovadecorazione che, rispondendo alla solenne maestàdel tempio, si possa montare e smontare senza fardanni, avendo cura di costruire l’ossatura (del ca-tafalco) in pezzi numerati che si conserverebbero inmagazzino”117.

La Direzione Generale inoltre denunciaval’impossibilità di poter operare in quei giorniun’efficace sorveglianza sui lavori. Ne dà testi-monianza una lettera del maggio 1889 in cuil’Incaricato ai funerali reali, invitato dal Mini-stro dell’Interno a rispondere dei danni arrecatial Pantheon durante la commemorazione diVittorio Emanuele II, scrisse che dopo lo sgom-bro del materiale occorrente al funerale, il Sa-crestano Maggiore “chiuse per i suoi fini partico-lari il tempio, e nessuno poté piú entrarvi” per ot-to giorni118. Senza negare gli evidenti danniprocurati dall’evento, egli evidenziò tuttavia co-me non era solo per i funerali reali che “si fannoparature al Pantheon, e si rompono spigoli di cor-nici. Le feste delle Quarantore S. Anna, la Ma-donna del Sasso, e il S. Sepolcro, e altre, che il R.Capitolo fa appendere parati alle Cappelle, e so-pra l’impellicciatura di marmo coperte di parati lecolonne (…) e altri danni che recano i Chierici diservizio i quali saliscono coi piedi sopra gli altari,

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114 ACS, AA.BB.AA., divisione I (1908-12), b. n. 144, fasc.2762.

115 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 121, fasc. 173, 16.

116 Ibid.117 ACS, AA.BB.AA., divisione I (1908-12), b. n. 144, fasc. 2762.118 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 121, fasc. 173, 16.

24. Cappella Reale di Umberto I e Margherita di Savoia durante ilavori. Ai lati della lapide vi sono due figure allegoriche femminiliin gesso, a sinistra la Bontà modellata da Eugenio Maccagnini, adestra la Magnificenza opera dello scultore Arnaldo Zocchi, 1905-1910 (ACS, AA.BB.AA.,divisione II, [1925-28], b.n. 186).

24 b. Particolare della Magnificenza (ACS, AA.BB.AA., divisioneII, [1925-28], b.n. 186).

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25. Addobbo costituito da apparati pittorici e da decorazioni scultoree apposte sul timpano, 1878 (fotografiadel Museo di Roma, inv. GS 653).

26. Roscioni Vincenzo, catafalco, decorato da quattro leoni posti agli angoli situato su un podio marmoreoadorno di festoni e circondato da candelabri, 1878 (fotografia del Museo di Roma, inv. GS 654).

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ed appoggiano scale all’impelliciatura del tempio”.L’incaricato inoltre, accusato di non aver prov-veduto alla riparazione dei danni, per la scom-parsa di un piccolo Orso bronzeo presente inuno degli stemmi all’altare del Sacramento eper la rottura della cornice di marmo giallo al-l’altare della Madonna del Sasso, con vena iro-nica concluse scrivendo “(…) non mi stupisce chel’umore battagliero del Sacrestano Maggiore con-tro il funerale del Gran Re al Pantheon, non abbiadato ad intendere all’Ing. incaricato che era purecolpa mia la mancanza di qualche parte della cor-nice dell’occhialone, la continua pioggia in sacre-stia, le infiltrazioni d’acqua nella Cuppola, i ca-nali rotti, ed altri danni”119.

Se l’ostilità verso l’Incaricato per i funeralireali e quindi per il Ministero dell’Interno dacui egli dipendeva è certamente da attribuire alnuovo conflitto politico tra lo Stato Italiano edil Vaticano che non condivideva l’utilizzazionedel monumento come mausoleo reale, tale osti-lità risale comunque all’atavico contrasto tra gliorgani preposti alla conservazione del monu-mento.

Nel 1879 infatti, in occasione di alcuni restau-ri al vestibolo del monumento, i canonici nega-rono agli operai dell’Amministrazione l’accessoal di sopra del cornicione del pronao, dichiaran-do che solo al loro architetto spettava il compitodi tali lavori. Il Ministero, messo a conoscenzadell’accaduto dall’Ufficio Tecnico degli Scavid’Antichità120, con una lettera a Mons. CarmineGori, Arciprete della Chiesa che era stato auto-rizzato dal Vaticano a protestare “contro l’intro-missione di qualsiasi estranea autorità”121, provòcome le pretese della Prefettura dei Sacri Palaz-zi Apostolici non avessero alcun fondamento le-gale. Il Direttore Generale Fiorelli, analizzandoin dettaglio le leggi a partire dalla Bolla di Be-nedetto XIV del 1757122 fino all’Editto Paccadel 1820, dimostrò che al solo Ministero dellaPubblica Istruzione, ormai succeduto al Camer-lengato, spettava ora di provvedere alla manu-tenzione ed alla conservazione del Pantheon123.

In seguito ai periodici rapporti degli Ispettoridell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei

Monumenti che avevano denunciato danni alledecorazioni marmoree interne, l’arch. Direttoredel medesimo Ufficio nel dicembre del 1908 in-caricò l’arch. Guidi di verificarne lo stato diconservazione124. Egli riscontrò alcune mancan-ze sui gradini e sopra la mensa dell’altare mag-giore e che i marmi di rivestimento dello zocco-lo “che gira per tutta la periferia interna del tem-pio, costituita da lastroni di cipollino e dipavonazzetto”, erano in molte zone distaccatidal muro “la qual cosa appare chiaramente pic-chiando alcune lastre, che suonano a vuoto essen-dosi distaccate per l’umidità”125. L’interventoprevedeva la rimozione delle lastre piú distacca-te “rinnovando la muratura posteriore e nuova-mente fissandole con malta di cemento e con op-portune grappe di rame” mentre per quelle menodanneggiate si sarebbe fatto uso di iniezioni dimalta o di cemento126. L’arch. Direttore consi-gliò di provvedere quanto prima al risarcimentodell’altare maggiore avvalendosi dei mosaicistidell’Ufficio Regionale che al momento stavanolavorando alla Chiesa dei SS. Quattro, mentre ilavori di consolidamento della zoccolatura inpavonazzetto e cipollino, “non rivestendo certa-mente il carattere dell’urgenza”, si sarebbero po-tuti eseguire gradatamente e nella stagione op-portuna. Nonostante il Ministero avesse caldeg-giato l’invio del preventivo poiché procrastinarel’inizio del restauro avrebbe comportato un ag-gravamento dei danni e quindi una spesa mag-giore127, non risulta documentazione in meritoalla loro effettiva esecuzione che possiamo solosupporre.

Tuttavia nell’ottobre del 1910 la Soprinten-denza dei Monumenti presentò al Ministerodell’Istruzione Pubblica un preventivo per i la-vori di tinteggiatura e ripresa di tinte ad encau-sto negli zoccoli e negli altari ad imitazione degliantichi marmi colorati da affidarsi all’imprendi-tore Augusto Ambrogi128. Nella descrizione deilavori si legge: “Ripresa di tinta ad encausto allestuccature fatte nel grande sguincio di pietra senzaalterare l’antico L. 10.000”; “zoccolo grande a si-nistra: nuovo intonaco in pittura ad encausto amarmi colorati mantenendo la vecchia intonazioneL. 70.000 “ed ancora alla voce successiva “zoc-

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119 Ibid.120 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 120, fasc. 172, 34, 9

maggio 1879, Ufficio Tecnico per gli Scavi d’Antichità: “In obbe-dienza agli ordini verbalmente ricevuti dall’E.V., questa mattinaavendo mandato gli operai di questa Amministrazione a togliere al-cune piante sopra al capitello del pilastro al fianco destro delPantheon, gli addetti alla Chiesa a cui si sono rivolti per poter avereil passaggio che mette al di sopra del cornicione, hanno loro negato dipenetrarvi dichiarando che al loro architetto Sig. Martinucci spettal’eseguimento di tali pulizie”.

121 Ibid.

122 In occasione di restauri promossi tra il 1753 e il 1756, Bene-detto XIV il 18 febbraio 1756 con una Bolla pontificia sottrasse lagiurisdizione del Popolo Romano sul Pantheon, che da quel mo-mento in poi fu restaurato a cura della Prefettura dei Sacri PalazziApostolici.

123 ACS, AA.BB.AA., I versamento, b. n. 120, fasc. 172, 34.124 ACS, AA.BB.AA., divisione I (1908-12), b. n. 144, fasc. 2761.125 Ibid.126 Ibid.127 Ibid.128 Ibid.

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colo grande di destra in marmi: rifare la cornicesuperiore di stucco e preparare come sopra con in-tonazione perfetta di marmo colorato pavonazzet-to L. 20.000”. Il preventivo fa inoltre riferimen-to al restauro della prima e seconda cappella didestra e della terza e quarta cappella di sinistra:“Prima Cappella di destra: grande zoccolo in giro,intonacato e preparato come sopra e dipinto ad en-causto a marmi colorati; ripresa della cornice achiaroscuro e ripresi i marmi di piú qualità soprala cornice dello zoccolo a imitazione antica L100.000. Altare: rifare in istucco quattro fiancate,con preparazione e pittura ad encausto come sopraaccompagnando a disegno i marmi colorati esisten-ti di piú qualità. Ripresa delle stuccature del qua-dro centrale a imitazione di marmo giallo anticoL. 250.000”. Anche nella seconda cappella didestra e nella terza e quarta cappella di sinistraper i marmi del grande zoccolo e della fascia aldi sopra della cornice modanata si prevedeva la“ripresa preparazione e pittura a marmi coloratiad encausto di piú qualità accompagnando l’anti-ca”129.

Tale perizia ci informa sulle trasformazionicompiute all’interno del Pantheon durante laprima metà del XX secolo. In primo luogo con-statiamo che lo zoccolo, costituito nella parteinferiore da lastre di pavonazzetto e cipollino,presentava anche zone con pitture ad encaustooggi del tutto assenti. La perizia inoltre fa rife-rimento agli altari della prima e seconda cappel-la di destra con “marmi colorati esistenti di piúqualità”: essendo questi successivi, almeno unodei due deve riferirsi all’altare di una delle ottoedicole che invece allo stato attuale sono privedi paliotti e sono costituite nella parte bassa sol-tanto da uno zoccolo in lastre di pavonazzetto.

Difficile stabilire quando si sia progettato dieliminare tutti i paliotti decorati con marmi po-licromi e di uguagliare-uniformare così la sin-tassi architettonico-decorativa delle otto edico-le. Tuttavia confrontando fotografie che ritrag-gono l’interno del Pantheon a fine Ottocento(fig. 27) e nella seconda metà del Novecento(fig. 28) individuiamo nella prima lo stato difatto relativo al 1910, ovvero gli altari delle edi-cole con paliotti in marmo colorato sistemati sutre gradini, mentre nella terza le edicole comeappaiono allo stato attuale. Ciò significa che inun periodo compreso tra il 1910 e il 1963 la So-printendenza decise di uniformare la sintassi ar-chitettonica delle edicole eliminando gli ottopaliotti in marmi policromi con i tre gradini an-

tistanti, mantenuti invece nelle due esedre late-rali all’altare maggiore, e introducendo un nuo-vo zoccolo di pavonazzetto che tutt’oggi correlungo il perimetro interno del monumento.

Non risultano altri interventi di manutenzio-ne straordinaria fino agli anni ‘30 quando la Di-rezione Generale alle Antichità e Belle Arti af-fidò all’arch. Terenzio la redazione di una peri-zia di restauro per lavori da eseguirsi sullacupola e all’interno del Pantheon130. Come silegge nella relazione allegata al preventivo, si ri-teneva indispensabile “restaurare le 8 edicole, conriprese nei rivestimenti di marmo di 7 altari (com-presi i paliotti) con nuove predelle di legno”.Dunque nell’ottobre del 1929 i paliotti eranoancora presenti e Terenzio era intenzionato aprovvedere al loro restauro, tanto piú che la pe-rizia non fa menzione della fornitura e messa inopera di lastre di pavonazzetto. Anche il pre-ventivo per il restauro dei rivestimenti marmo-rei presentato nell’aprile del 1958 per il consoli-damento del materiale lapideo, non fa alcuncenno a lavori di adattamento all’interno delmonumento. Pertanto i lavori per la trasforma-zione delle edicole furono probabilmente ese-guiti tra 1933, anno in cui si conclusero i re-stauri diretti da Terenzio e il 1963, data dellafotografia che mostra il Pantheon modificato.

Un’osservazione meritano anche le due esedrelaterali all’altare maggiore che almeno fino al1963 conservarono le specchiature in marmi efinti marmi policromi sia nello zoccolo sia al disopra della cornice modanata. Negli ultimi de-cenni del Novecento si è dunque deciso, conuna operazione inversa alla precedente, di pri-vare le due esedre della decorazione marmorea epittorica, di cui restano oggi pochissime tracce(figg. 29-30), così che i Settecenteschi altari inmarmi oggi si trovano appoggiati alla nuda cor-tina muraria (fig. 31).

Nel luglio del 1926 il Capitolo lamentò l’im-possibilità di celebrare le funzioni sacre a causadei danni provocati, in occasione dei funeralidella Regina Margherita, dagli operai che perrimuovere il baldacchino che sovrastava l’altaremaggiore ne avevano spezzato alcune lastre dimarmo; inoltre cadevano acqua e calcinacci dalforo da cui pendeva ancora la corda di sostegnodel baldacchino ancora abbandonato nelportico131. La richiesta del Camerlengo di prov-vedere al restauro dei marmi dell’altare maggio-re, del foro sui cassettoni e alla pulizia del mo-

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129 Ibid.130 Si veda oltre per l’approfondimento su questi restauri.

131 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1925-28), b. n. 186.

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numento e delle tombe reali fu accolta dal Mi-nistero che diede così avvio ad una serie di in-terventi di manutenzione sia all’interno che al-l’esterno del Pantheon132. Tuttavia la Soprin-tendenza ai Monumenti, pur provvedendo a talirestauri, fece presente che nell’inverno dellostesso anno, per la somma di £ 100.000 e conmarmi antichi a disposizione dell’Amministra-zione stessa, si era già occupata non solo del ri-vestimento marmoreo dell’altare maggiore, lecui lastre erano in parte rotte ed in parte distac-cate per l’uso in passato “di mistura, la quale nonè molto resistente e piú non si usa”, ma anche delrestauro di due grandi affreschi e di quello deglialtari delle altre cappelle133. Inoltre si era ripri-stinato l’intonaco deteriorato nei cassettoni altidella cupola e nella volta a botte sopra la portad’ingresso nel pronao, si era provveduto al rin-novo della copertura in piombo della quale re-

stava “da fare una piccola porzione in alto chenon deve essere tralasciata, volendosi evitare fil-trazioni di pioggia che producono macchie nei cas-settoni dell’interno”134. Il muro circolare, dovenasce il tamburo, era stato protetto con nuovoasfalto, nel pronao fu restaurato il pavimento digranito e marmo e fu impiantata “l’illuminazio-ne elettrica con luce violacea diffusa dall’alto delcornicione”; fu inoltre riparata la cancellataesterna, divelta in piú punti in seguito al dera-gliamento del tram della linea n.13 per la via deiCrescenzi135.

Il 23 giugno 1927 fu anche approvato il pro-getto di restauro parziale del pavimento dellaRotonda per l’ammontare di £ 16.500136. Gra-zie alle sollecitazioni della Soprintendenza aiMonumenti i lavori iniziarono dopo pochi gior-ni ma mentre si mettevano in opera le lastre di

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132 Ibid.133 Ibid.134 Ibid.

135 Ibid.136 Ibid.

27. Interno del Pantheon, 1885 circa (ICCD, foto serie D, n. 2363).

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pavonazzetto moderno risultò necessario inter-venire su alcune lastre di Giallo di Siena checontornavano quelle circolari di porfido137. Lametodologia d’intervento consisteva nella rimo-zione delle vecchie lastre di Giallo di Siena,mettendo da parte i frammenti riutilizzabili,nella demolizione del vecchio sottostrato che,sostituito da un nuovo lastrico con camicia dicalce, permetteva la posa delle nuove “lastre diGiallo di Siena cent.2 in spicchi sagomati a misu-ra per circondare i travi di porfido – squadrate,spiannate, arrotate, pomiciate – tinte a × lucido;ogni tondo circa m. 5 per n. 6, m2 30”138. Le la-stre venivano poi stuccate con malta di cementoa lenta presa soprattutto nei lati curvi a contattocon i tondi di porfido che avevano bordi pocoregolari139.

Le infiltrazioni di acqua rendevano necessariauna continua manutenzione della cupola, così

che nel gennaio 1928 fu approvato il progettoper il rinnovo dell’asfalto di copertura delle ter-razze verso via della Palombella: il lavoro consi-steva nella demolizione dell’asfalto deteriorato edel relativo sottostrato; le crepe e fessurazionidelle volte venivano regolarizzate e poi stuccatecon cemento a lenta presa, infine sopra il nuovosottostrato a pendenza con camicia di calce si ri-costituiva il nuovo asfalto poi intonacato140.

Nei primi anni trenta del secolo scorso fu ri-preso il dibattito culturale e scientifico che sca-turì dagli studi e ricerche di fine Ottocento.L’ing. Giuseppe Cozzo, nel suo libro “Ingegne-ria Romana” pubblicato nel 1928141, sostenevache il portico e l’avancorpo laterizio fosserocontemporanei e aggiunti successivamente allaRotonda; ipotizzò inoltre un ingresso primitivoopposto a quello attuale142. Analizzando il qua-

I restauri al Pantheon dall’unità d’Italia al secondo dopoguerra 29

137 Ibid.138 Ibid.139 Ibid.

140 Ibid.141 COZZO 1928.142 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1925-28), b. n. 186.

28. Interno del Pantheon, 1963 (ICCD, foto serie E, n. 56965).

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29-30. Tracce di decorazione in finto marmo nelle due esedre laterali ad altare maggiore (foto dell’a.).

31. Stato attuale di esedra a destra dell’altare maggiore con affrescoraffigurante la Madonna della Cancellata (foto dell’a.).

32. Progetto del ponteggio per il restauro dell’intradosso dellavolta del Pantheon datato 20 settembre 1929 (ACS, AA.BB.AA.,divisione II [1940-45], b.n. 143).

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dro fessurativo delle cortine murarie, rilevò unalesione in corrispondenza dell’ingresso indicatoquale originario del tempio ed altre quattro le-sioni nella muratura anulare, una in ciascunquadrante e tutte prossime all’asse trasversaledel monumento143. Secondo lo studioso le di-mensioni della lesione in asse con il vano di ac-cesso al Pantheon determinarono la chiusuradel vano e la realizzazione di opere di rinforzomediante la costruzione dei muri di sperona-mento e del doppio ordine di volte che vi si im-postano: “Ma una volta eseguita la fondazione,dev’essere sorta la preoccupazione di assicurare lastabilità della rotonda anche da quella parte,preoccupazione che è manifestata da un’evidentemodifica del piano primitivo con le robuste fonda-zioni del portico e dell’avancorpo che costituisconocon l’insieme di quelle simili dei muri di rinforzonell’estremità opposta della rotonda, un sistema dipotenti contrafforti che stringono e contrastano, nelmodo piú energico, la fondazione anulare del tem-pio”144. Il Ministro della Pubblica Istruzione,dopo aver nominato il 31 marzo 1928 una Com-missione, composta da G. Giovannoni, R. Pari-beni e A. Muñoz, che esaminasse il fondamentoscientifico delle sue tesi, concesse all’ing. Cozzodi eseguire indagini e ricerche nel Pantheon145.Gli studi, condotti dal 15 aprile al 15 maggio, sibasarono sul riesame degli scavi ancora accessi-bili del 1891 e su saggi murari eseguiti nei puntid’innesto dell’avancorpo e della Rotonda146. LaCommissione dopo aver esaminato la relazionedel Cozzo147 (25 maggio 1928) ed aver effettua-to un sopralluogo al monumento, nel resoconto(dicembre 1928) sullo stato delle ricercheespresse “un vivissimo plauso al Sig. Cozzo per ilfervore e la liberalità (…) con cui ha voluto porta-re un contributo notevole agli interessantissimiproblemi riguardanti l’organica struttura e le vi-cende architettoniche e topografiche dell’insignemonumento romano. Essa non ravvisa però ancoranelle indagini suddette elementi sufficienti checonsentano un sicuro giudizio sui complessi temitecnici ed archeologici relativi alla costruzione delPantheon”148. I Commissari chiesero pertanto alMinistro Fedele che le ricerche sulla datazione,

sulle condizioni strutturali e sulle vicende delmonumento fossero “promosse direttamente conmezzi finanziari e scientifici adeguati” dato che“niuna iniziativa nel campo degli studi sui nostriantichi monumenti potrà riuscire piú degna e piúfruttuosa di questa, volta a determinare alfinel’essenza stessa dei problemi che la Tecnica e l’Ar-te dei Romani hanno meravigliosamente risol-to”149. E ancora Terenzio, Soprintendente aiMonumenti del Lazio, il 5 marzo 1929 scrisse alDirettore Generale per le Antichità e Belle Arti:“Non saranno certo sfuggiti all’attenzione dellaS.V. Ill.ma gli articoli pubblicati, a brevi interval-li, in vari Giornali di Roma, riguardanti ilPantheon ed i lavori che vi sono stati intrapresi.L’origine di tali articoli è evidente: sono ispiratidal Sig. Ing. Cozzo nella sua duplice veste di stu-dioso e di appaltatore dei lavori. (…) mi colpiscel’insistenza con la quale sono posti alcuni problemiarcheologici e statici, nonché le soluzioni di essi,soluzioni che rispecchiano solo le idee del Cozzo.In sostanza si vuole creare, messa in dispartel’Amministrazione, una opinione pubblica basatasulle idee e gli interessi del Cozzo il quale pare ab-bia l’abitudine di appoggiarsi alla Stampa, perchéun ugual metodo tiene per i lavori del Tempio diVesta al Foro Romano. Io ritengo invece che ilprogramma di lavoro al Pantheon debba essere fat-to liberamente dall’Amministrazione e poi seguitodal Cozzo o da altra buona impresa, trattandosisoltanto di fare i restauri indispensabili”150. Te-renzio sottolineò inoltre l’opportunità di comu-nicare alla stampa che le notizie dei lavori ini-ziati ed in progetto, delle ricerche archeologichee dei risultati ottenuti dall’ing. Cozzo non rive-stivano alcun carattere di ufficialità dato che lasola Soprintendenza aveva il compito “di studia-re e proporre al Ministero della P. I. quanto cre-derà necessario al restauro del monumento”151. Il22 maggio il Direttore Generale rispose che nonpoteva impedire all’ing. Cozzo di esprimeregiudizi in merito ai problemi archeologici e sta-tici del monumento, ma che se l’arch. Terenzioavesse fatto uno studio sulle ricerche e scoperterecenti, ne avrebbe sicuramente pubblicato i ri-sultati sul Bollettino d’Arte del Ministero.

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143 Ibid.144 Ibid.145 Ibid.146 Ibid.: “Le principali indagini eseguite dal Sig. Cozzo sono le

seguenti:1. prolungamento del cunicolo di esplorazione praticato nel1981 lungo la fondazione della fila interna sinistra (entrando) dellecolonne del pronao, fino ad incontrare il muro della rotonda. 2. Tastimurari nei punti d’innesto dell’avancorpo e della rotonda. 3. Ingran-dimento di un cavo di esplorazione eseguito nel 1891 tra la rotondaed il supposto Laconico precisamente nell’angolo del risalto formatoverso est dalla parete tangente”.

147 Ibid.: “Roma, 25 maggio 1928, Relazione alla On.le Commis-

sione incaricata dello studio delle strutture del Pantheon relative allaprima fase delle indagini e degli accertamenti eseguiti tra il 15 aprilee il 15 maggio 1928”.

148 Ibid.; v. anche L. DONADONO, Alberto Terenzio e il restau-ro delle cortine in mattoni (1929-31), in G. BISCONTIN, D.MIETTO (a cura di), Le superfici dell’Architettura: il cotto. Carat-terizzazione e trattamenti (Atti del Convegno Scienza e Beni Cul-turali, Bressanone, 1992), Padova 1992, p. 85.

149 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1925-28), b. n. 186.150 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143, anche

L. DONADONO, art. cit. (nota 148), p. 85.151 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143.

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A fronte dei continui interventi di restauro, ilMinistero della Pubblica Istruzione spesso ri-chiamava l’attenzione della Direzione Generalealle Antichità sull’inefficienza dei Canonici nel-la gestione della manutenzione ordinaria delPantheon per la quale ricevevano una quota an-nuale di £ 3.500152. Nel febbraio 1928 il Mini-stro Fedele denunciò lo stato indecente dellaRotonda: “per decoro del tempio, bisogna toglierescope, scale, cenci, credenze sgangherate che detur-pano le cappelle, liberando l’altare maggiore dallesovrastrutture di Pio IX, ponendo fine al doppioscempio annuale dei chiodi per i funerali Regi. Icarabinieri raccolsero qualche settimana fa un pez-zo di intonaco caduto dalla cupola. Inoltre la sup-pellettile degli altari è degna di una chiesa campe-stre”; per di piú la presenza di gatti che viveva-no nelle rovine circostanti e che invadevanogiorno e notte il tempio lasciando quotidiana-mente “tracce di presenza sugli altari e dietro lestatue”153, creava non pochi problemi d’igiene.E ancora l’anno seguente il Ministro della Giu-stizia e degli Affari di Culto, sotto indicazionedi Mons. Angelo Bertolasi, Arcivescovo Ordi-nario Militare, mise al corrente il Ministero del-la Pubblica Istruzione circa le condizioni inde-corose “ed anzi, piú appropriamente miserevoli”in cui versava l’interno del monumento, in par-ticolare l’oculo, l’altare maggiore, il coro dei ca-nonici, la sagrestia ed i vani retrostanti, allequali “senza dubbio lo Stato non può disinteres-sarsi, ed in qualche modo è necessario e urgenteprovvedere alla sistemazione della basilica perrenderla rispondente al decoro, che le funzioni so-lenni da celebrarvisi richiedono; ed anche addive-nire a quegli adattamenti indispensabili perché ilclero ufficiante possa compiere il servizio religiososenza disagi e senza pericoli di salute”. Il Mini-stro della Giustizia e degli Affari di Culto assi-curò che, previa redazione di un progetto e diun preventivo di spesa, l’amministrazione delFondo per il Culto avrebbe contribuito alle spe-se necessarie per i lavori154. Il 17 luglio 1929Roberto Paribeni, Direttore Generale alle Anti-chità e Belle Arti, garantì al Ministro della Giu-stizia e degli Affari di Culto di aver già dato di-sposizioni alla Soprintendenza ai Monumentidel Lazio circa la redazione di un progetto perla sistemazione dell’altare maggiore, del coro edelle aree di pertinenza dei canonici, lavori cheavrebbero integrato quelli che l’anno preceden-

te lo stesso Ufficio aveva iniziato “per il consoli-damento di alcune parti della mole”155. Paribenituttavia si oppose alla proposta del Ministro dichiudere l’oculo con un lucernario “essendo chel’anello aperto fa parte integrante della specialearchitettura del Tempio ed ha un suo caratterestrutturale e storico che non si può obliterare”156.

Fu l’arch. Alberto Terenzio che, incaricatodal Ministero, nel febbraio del 1929 avviòun’indagine conoscitiva allo scopo di valutare lecondizioni statiche del monumento, in partico-lare della cupola e contemporaneamente fece ilprogetto per i lavori di adattamento dell’internodel Pantheon157. Il 30 settembre 1929 presentòinfatti la perizia ed il preventivo speciale di £250.000 per “i lavori all’intradosso della cupola”e dopo due settimane (14 ottobre) “il preventivodi massima per gli adattamenti necessari alla de-stinazione del Tempio e per i restauri occorren-ti”158. La perizia fu approvata il 14 aprile 1930dall’Ing. Capo del Genio Civile per l’importocomplessivo di £ 1.600.000, delle quali furonofornite solo £ 1.200.000159.

Nel febbraio 1929 erano già in opera i ponti diservizio all’interno del Pantheon: “sono statespurgate le fogne attorno e dentro il monumento,nelle fogne sono stati sistemati il fondo e le paretiper assicurare un piú facile scolo delle acque, e lecoperture. Nell’interno sono stati costruiti ponti diservizio alti oltre m. 32 per l’ispezione e lo studiodella cupola – si sono spicconate le murature permettere in evidenza le crepe esistenti per studiareil modo di risarcirle. All’esterno sono quasi ulti-mati altri ponti di servizio”. I numerosi saggieseguiti sull’intradosso misero quindi in evi-denza una serie di grandi lesioni verticali chepartendo dall’imposta della cupola, zona dimaggiore compressione, si trovavano in corri-spondenza dei pilastri sottostanti, ma che tutta-via, come scrisse G. Giovannoni “non accusanonessun aggravamento, nessun andamento progressi-vo, e la compagine è talmente solida, sono così sa-pientemente connesse le parti, che nessun pericoloprossimo o remoto si manifesta”160. Dopo avereseguito i saggi e le indagini coi tradizionaliponti di servizio, l’arch. Terenzio propose perl’esecuzione dei lavori la costruzione di un nuo-vo ponte “a struttura mista di candele e di unaparte smontabile e indeformabile, rimontabile suc-cessivamente in giro, seguendo la curva della voltaed il procedere del lavoro”161 (fig. 32): tale pon-

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152 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1925-28), b. n. 186. 153 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1929-33), b. n. 193.154 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1925-28), b. n. 186.155 Ibid.156 Ibid.

157 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143. 158 Ibid.159 Ibid.160 GIOVANNONI 1929.161 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143.

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teggio, oltre a ridurre i tempi e le spese per lamessa in opera, avrebbe permesso un minoreingombro del tempio continuamente frequenta-to da visitatori anche per la presenza delleTombe Reali162.

In merito ai lavori da eseguirsi, dalla periziarisulta la necessità di rifare ex novo tutto l’into-naco dell’intradosso ma “in maniera piú solida”di quanto fece l’arch. Posi nel Settecento163. Se-condo la testimonianza di G. Giovannoni infat-ti, le lesioni della cupola erano state eseguite“così malamente, che grossi pezzi della muratura,inserita senza alcun legamento” tendevano a stac-carsi con grande pericolo per le persone che sitrovavano all’interno del monumento164. Eranoinoltre previsti la rimozione di ferri ossidati e diantiche grappe rinvenute negli spigoli dei cas-settoni, il rifacimento di un nuovo intonaco con“abbozzamento ed arricciatura di cretoncini inmalta di cemento e rena e grappe murate a cementonegli spigoli del cassettonato”, a seguire una dop-pia mano di bianco e “macchiatura di tutto l’in-tradosso ad imitazione dell’antico”165. In accordodunque con i criteri del minimo intervento, nonsi eseguirono ingenti opere di consolidamentobensì si ripristinò la compattezza della strutturamonolitica procedendo solo alla “ricucitura su-perficiale delle lesioni suddette senza entrare inopere essenziali, che il monumento non richiede af-fatto, e nei vecchi edifici, se è male il fare poco èancor peggio il fare troppo”166.

Terminato il restauro dell’intradosso della cu-pola, l’arch. Terenzio si occupò dei lavori diadattamento all’interno del monumento. Per ilservizio di culto il Capitolo disponeva solo diuna piccola cappella situata a metà della scalettain legno che dal lato destro dell’altare maggioreconduceva al piano superiore, dove si trovava lasala del Capitolo che funzionava anche da sa-grestia167. La necessità di creare nuovi localiper i canonici, portò al risanamento completodel piano inferiore (verso via della Palombella)ed alla creazione, da una parte di una nuovacappella a contatto con altra di minori dimen-sioni per le salme Reali ed un piccolo locale diservizio; dal lato opposto di una nuova sagrestianella quale si sarebbero trasportate tutte le sup-pellettili che si trovavano al piano superiore168.

Il progetto prevedeva una “struttura semplice madecorosa con soffitti in legno sobriamente decorato,rivestimenti e pavimenti in marmo, altari, suppel-lettili per il Culto”, infissi in legno e vetrate, il-luminazione a luce elettrica e la costruzione dinuove scale interne in legno per accedere ai pia-ni alti169. La perizia prevedeva inoltre il restau-ro completo dei marmi dell’altare maggiore, lasistemazione delle otto edicole (compresi i pa-liotti), il restauro dei rivestimenti in marmodelle pareti, lavori al pavimento marmoreo in-terno con il “completamento del restauro con nuo-vi specchi in Giallo di Siena e Portasanta, grandifasce di pavonazzetto moderno, restauro delle rotedi porfido e miglioramento dei piani per lo scolo dipioggia”, ripulitura a mezzo lucido delle duecornici marcapiano e delle grandi colonne dellaparete circolare, “riprese delle decorazioni a stuc-co nella zona interna compresa tra le due cornici inmarmo e tinteggiature relative” e “murature dirinforzo a piccoli tratti e a cemento ai piloni delTempio con chiusura dei vani e conseguenti nuovirivestimenti in marmo”170. Per quanto riguardal’esterno del Pantheon, si prevedevano, ripara-zioni alle lastre, stipiti e alle mensole delle cor-nici in gran parte rotte, il completamento delrestauro della copertura in piombo e sistema-zione dei pluviali, riprese sui ruderi circostanti,riparazione alla cancellata di recinzione con ver-niciatura, riparazioni al pavimento del pronao ealle basi delle colonne e nuova pavimentazionein travertino nelle zone laterali del tempio.

Il 25 maggio 1932 l’arch. Terenzio, dopoaver elencato i lavori eseguiti171, sottolineò lanecessità di ricevere dall’Amministrazione laresidua somma di £ 400.000 dato che non era“possibile lasciare il lavoro incompiuto – special-mente per quello che riguarda i restauri internidel Tempio”172. Di fatto una parte dei lavoriprevisti da Terenzio fu lasciata in sospeso datoche il Ministro delle Finanze, “nonostante reite-rate premure”, non accolse la richiesta del resi-duo contributo necessario per portare a termi-ne i restauri così che la Soprintendenza, pur ri-tenendo indispensabili tutti i lavori elencatinella perizia generale presentata nell’ottobre1929, fu costretta ad operare delle scelte sullezone da restaurare.

I restauri al Pantheon dall’unità d’Italia al secondo dopoguerra 33

162 Ibid.163 Ibid.164 GIOVANNONI 1929. 165 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143.166 GIOVANNONI 1929.167 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143.168 Ibid.169 Ibid.170 Ibid.

171 Ibid.: “25 maggio 1932. Sono stati eseguiti tutti i lavori, e nonfurono di piccola mole, relativi alla stabilità del monumento, alla siste-mazione degli accessi al sotterraneo dall’esterno e dall’interno del Tem-pio – il riscaldamento completo del sotterraneo con la creazione ex novodella cappella per il RR. Capitolo, della Sagrestia, locali di disimpe-gno, ecc. – con i mobili necessari, le chiusure, l’illuminazione ecc.”. Inuna relazione del maggio 1933 Terenzio fa anche riferimento al re-stauro eseguito due anni prima al pavimento interno del Pantheon.

172 Ibid.

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È certo però che Terenzio portò a termine ilrestauro della cortina in mattoni esterna consi-stente nella “ripresa di cortina con taglio del vec-chio, mattoncini speciali, malta fine, commessurestrette, in tutto lo sviluppo esterno L. 50.000”173

Come è noto, la Carta del Restauro Italiana pre-vedeva aggiunte e sostituzioni à l’idéntique macontrassegnate da epigrafi o segnali in modo darendere “riconoscibile” l’intervento che dovevadenunciarsi come integrazione moderna, in mo-do che mai un restauratore potesse “trarre in in-ganno gli studiosi e rappresentare una falsificazio-ne di un documento storico”174. Il restauro fudunque eseguito utilizzando mattoni nuovi,delle stesse dimensioni degli antichi ma scalpel-lati sulla faccia vista così da renderli riconosci-bili (fig. 33).

Nel giugno 1931 Terenzio informò il prof. R.Paribeni, Direttore Generale delle Antichità eBelle Arti, che il restauro eseguito in alcunitratti della cortina muraria su via della Minerva“fu riconosciuto necessario ed indispensabile allastabilità del monumento – perché gran parte diquelle murature e per un certo spessore, quant’un-que avesse un aspetto rassicurante, era staccato dalnucleo principale. (…) che quasi tutto quel rivesti-mento non era antico, ma relativamente recente ecioè di quando il Ministro G. Baccelli procedé al-l’isolamento del Pantheon”175. Terenzio stabilìche la causa principale delle lesioni sulle cortineera dovuta al fatto che durante l’intervento di

ripristino della muratura, le vecchie muraturenon vennero sufficientemente bagnate176.

In una relazione del maggio 1933, con riferi-mento al restauro eseguito due anni prima al pa-vimento, rimasto incompiuto e rinviato per lecondizioni discrete in cui questo si trovava, Te-renzio mise in evidenza il cattivo stato di conser-vazione dei marmi, soprattutto in prossimità del-le Tombe Reali che allo stato mostrava “pezzi chesi sgretolano, altri già sgretolati”177. Dopo averpresentato la perizia nel luglio del 1935, “data laspeciale urgenza del momento”, diede avvio ai la-vori di restauro secondo le disposizioni verbaliimpartite dal Ministero dell’Educazione Nazio-nale che solo in un secondo momento approvò laperizia per una spesa complessiva di £ 11.000. Sieseguirono così riparazioni e nuove tassellaturein marmo, in particolare si sostituirono gli spec-chi triangolari con lato curvilineo dei tondi inporfido con nuove lastre in giallo di Siena (dal la-to sinistro entrando nel portico) e si apposero fa-sce di pavonazzetto moderno larghe 0,89 cm e dispessore di 4 cm ripulite poi a mezzo lucido178.

Quando con Regio Decreto-Legge del 28 otto-bre 1925 venne istituto il Governatorato di Ro-ma179, fu avviata una politica urbanistica che,intesa come risanamento igienico e riordino deiquartieri storici, portò allo sventramento di inte-ri isolati di edilizia “minore”, rifacimento diprospetti e di palazzi storici “traslocati” e arbi-trariamente “rimontati” vicino la loro originariaubicazione. Il nuovo piano regolatore, consegna-to a Mussolini il 28 ottobre 1930 con quattro an-ni di anticipo sulla scadenza del piano del 1909,tra gli innumerevoli sventramenti, prevedeva an-che la comunicazione tra il Pantheon e piazzaColonna mediante la demolizione di piazza diPietra e degli isolati adiacenti180; “entro cinqueanni” scriveva Mussolini “da Piazza Colonna,per un grande varco, deve essere visibile la mole delPantheon”181. Dai documenti della SegreteriaParticolare del Duce è chiara la volontà di aprirenuove piazze in tutta la zona adiacente al monu-mento: “domandare a Salatino quando intendeaspirare (togliere) i due isolati via Dogana Vec-chia e via S. Eustachio fra il Senato e il Pantheon.Tolti i due isolati = senza costruirvi = ne vien fuo-ri una piazza”182 e ancora “domandare a Salati-no183 perché sono stati iniziati e poi interrotti i la-

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173 Ibid. Per il restauro della cortina laterizia anche L. DONA-DONO, art. cit. (nota 148).

174 Carta del Restauro Italiana 1932.175 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143, anche

in L. DONADONO, art. cit. (nota 148), p. 86.176 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143.177 Ibid.178 Ibid.

179 PANTANETTI 1995, p. 195.180 ACS, SPD CO, 104.113 / 2. 181 CESCHI 1970, p. 160. 182 ACS, SPD CO, 104.113 / 24.183 L’ing. Salatino rappresentava, insieme a Muñoz, Maccari e

Bianchi, le varie ripartizioni del Governatorato. Il piano regolato-re fu redatto da una commissione presieduta dal Governatore,Principe Boncompagni-Ludovisi, e comprendeva quattro accade-

33. “Ripresa di cortina con taglio del vecchio, mattoncini speciali,malta fine, commessure strette” effettuata da A. Terenzio nel 1930(foto dell’a.).

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vori di demolizione di via Pastrengo. Se ne potreb-be fare una piazza”184. Se questo progetto fortu-natamente non ebbe esito, la volontà di esaltarnela mole portò nel 1940 alla rimozione della can-cellata esterna, che posteriormente e lateralmen-te dove c’è lo strapiombo fu sostituita da un mu-retto in mattoni con parapetto di travertino185

(fig. 34). Un articolo di un quotidiano dell’epocadatato 12 ottobre 1940 mostra la foto delPantheon senza le cancellate con la seguente di-dascalia: “ecco come appare l’austera mole delPantheon, liberata dalle cancellate che la recinge-vano, che le davano un aspetto di vecchia prigione.Poiché le cancellate saranno sostituite da un siste-ma di recinzione in muratura, cioè peggio che peg-gio. Perché non si lascia libera la Mole Adrianea,prevedendo piuttosto a colmare quelle fosse archeo-logiche che corrono attorno al monumento?”186;una nota scritta a matita ribadisce “lasciare stareil Pantheon così, senza ingabbiarlo ancora”187.

L’inizio della seconda guerra mondiale impedìla realizzazione di alcuni degli sventramenti e li-berazione dei monumenti antichi previsti maportò anche la distruzione di molti di questi,così che gli addetti al restauro furono costretti afare i conti con le prescrizioni, veri e propri co-mandamenti, della Carta del Restauro Italianadel ‘32 e delle Istruzioni per il Restauro dei Mo-numenti del ‘38, che contrarie ad “ogni opera dicompletamento o di ripristino”, consentivano“l’eventuale aggiunta o sostituzione (…) contenu-ta nei limiti della piú assoluta semplicità ed ese-guita con materiali e con tecniche che ne attestinola modernità ed evitino (…) ogni possibile confu-sione dell’antico”188.

I danni provocati dai bombardamenti aereiiniziati nell’ottobre del ‘42, portarono così ifunzionari delle Soprintendenze a compiere so-pralluoghi nei vari centri d’Italia colpiti dallaguerra189. In molti tuttavia, nonostante quei

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mici d’Italia: gli architetti A. Brasini, M. Piacentini, C. Bazzani el’archeologo R. Paribeni; Giovannoni ne faceva parte come presi-de della Facoltà d’Architettura.

184 ACS, SPD CO, 104.113 / 37.185 ACS, SPD CO, 206. 903.

186 Ibid.187 Ibid.188 Istruzioni per il Restauro dei monumenti 1938.189 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1945-55), b. n. 76.

34. Il Pantheon dopo la rimozione della cancellata esterna (ICCD, foto serie D, n. 6169).

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precetti tanto ostili al falso antico, comprenden-do che non poteva essere conservato solo ciò cheera rimasto, si impegnarono sia nella ricostru-zione com’era e dov’era di ciò che altrimenti sa-rebbe andato perduto per sempre, sia in inter-venti di manutenzione straordinaria volti a ga-rantire la stabilità degli edifici colpiti.

La Soprintendenza ai Monumenti del Lazio inparticolare, preparò le perizie di spesa per ognisingolo edificio danneggiato, secondo una gra-duatoria di urgenza nella quale fu data prece-denza assoluta a quei monumenti che richiede-vano lavori statici e il rifacimento del manto dicopertura190. Nella relazione presentata da Te-renzio nel settembre 1944, tra i lavori indicaticome urgenti “per i quali si tratta di salvare oltrealle strutture murarie, anche le parti decorative”, èmenzionato il Pantheon con “lavori per la prote-zione della cupola dalle infiltrazioni piovane”191.Nella revisione compiuta sulla copertura plum-bea difatti, oltre alle consuete lesioni sulle lastredi piombo piú corrose, furono riscontrati tregrossi tagli causati da schegge di proiettili di ar-tiglieria rimasti incastrati nella sottostante mura-tura e alla base della copertura plumbea, dannial canale di gronda per il convogliamento delleacque pluviali192. Il preventivo di spesa per lamessa in opera dei ponti di servizio e per i lavorialla copertura fu approvato e finanziato dal Mi-nistero della Pubblica Istruzione per l’ammonta-re di £ 88.000, con una spesa supplettiva di £19.000 approvata nel maggio 1945193. Terenziofece eseguire le riparazioni prima che l’acquadelle piogge autunnali penetrasse attraverso lelesioni nella muratura provocando il degradodell’intonaco all’interno della cupola con la con-seguente caduta di calcinacci dall’intradosso194.

Pochi anni dopo, in occasione della periodicapulitura del tetto del pronao si rilevò uno statodi degrado estremamente pericoloso sia per lastabilità della costruzione che per l’incolumitàdei visitatori195. Il progetto di restauro e di con-solidamento, redatto da Terenzio nel febbraio1946 per l’importo di £ 900.000, fu approvatodal Ministero che tuttavia, date le limitate dispo-nibilità del bilancio, lo finanziò in due diversiesercizi196. Mentre da una prima ricognizioneeseguita indagando dal basso si rilevò l’accentua-ta incurvatura delle travi secondarie dell’armatu-

ra, in corso d’opera, grazie a ponti di servizioche permisero l’accesso ai piani di lavoro del sot-totetto fino ad una altezza di 25 m, si osservò lostato estremamente fatiscente anche delle testatedell’armatura lignea della campata sinistra e lostato pericolante di tratti del cornicione in mar-mo esterno. Terenzio presentò così una periziadi spesa suppletiva di £ 500.000 che fu approva-ta nel luglio 1947197. La sistemazione delle duefalde del tetto alla romana comportò “la disfattu-ra completa del manto di copertura e del pianellatodelle zone da restaurare (mq 665), il ricambio dellearmature terzierie e fette imbarcate e deteriorate, ilrifacimento del manto di copertura della linea dicolmo, la calce a scarpa, il rassetto delle gronde, lapulizia delle falde”; “legname di castagno di vec-chia stagionatura e prima qualità per ricambio ter-ziere (mc 3,50)”; “legname di castagno di stagio-natura commerciale per ricambio di arcarecci (mc1,50)”; le nuove travature dell’orditura ligneafurono in seguito protette con asfalto plastico ele parti in vista velate con olio di lino198. Le te-state nella campata sinistra richiesero “manovre erafforzamenti metallici imprevedibili” effettuatimediante ferro in lamiera (150 kg); seguironopoi la sistemazione e la verniciatura delle grondee dei discendenti della cupola e quella dell’im-pianto elettrico nell’interno del pronao199.

Le problematiche a cui Terenzio andò incon-tro nel corso dei lavori furono maggiori rispettoa quelle preventivate nel 1946: alcuni tratti delcornicione esterno necessitavano infatti di unintervento di consolidamento e quindi di uncomplesso sistema di ponteggi che le limitatedisponibilità del bilancio non potevano al mo-mento sostenere. Egli pertanto decise di conso-lidare solo quelle zone che presentavano mag-gior pericolo per l’incolumità pubblica ovverotre brevi tratti del cornicione per i quali furonospese per lo scalpellino e le staffe di ottone diancoraggio circa £ 28.000 mentre per i ponteggi£ 97.000, circa i 2/3 della spesa prevista nellaperizia suppletiva.

Nell’aprile del 1951 Terenzio segnalò al Mini-stero la presenza di gravi infiltrazioni all’internodel Pantheon dovute al cattivo stato di conserva-zione del manto di copertura deteriorato ed inparte mancante200. Era necessario un interventodi manutenzione straordinaria sulle coperture a

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190 Ibid.191 Ibid.192 ACS, AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143.193 ACS, AA.BB.AA., divisione IV (1953-69), b. n. 288.194 Ibid.195 Ibid.196 Ibid.: ministeriale del 3 aprile 1946 si finanzia la somma di £

350.000, ministeriale dell’11 ottobre 1946 si finanzia la somma di£ 550.000.

197 Ibid.: ministeriale del 22 luglio 1947 finanzia la somma di £500.000.

198 Ibid.199 Ibid.200 Ibid.

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terrazzo che circondano il Pantheon prospicientisulle vie della Palombella (65 m2), della Rotonda(210 m2), della Minerva (222 m2) e dei localidell’Accademia dei Virtuosi (330 m2)201. Teren-zio propose che il nuovo strato di asfalto, doppioe a strisce incrociate, fosse coperto da un mantodi copertura protettivo costituito da mattoncinirepressati di forma rettangolare (10 × 20 cm) al-lettati con cemento puro e “di colorazione brunorossa intonata ed in armonia all’opera e all’am-biente”202. Il Ministero comunicò di non avere lapossibilità di finanziare “non solo il fondo di £3.300,00, ma neppure quello di £ 200.000. Co-munque, poiché quest’ultima somma è destinata adopere di primo intervento, la S.V. è autorizzata aprovvedere senz’altro alla loro esecuzione”. Cosìdegli 827 m2 che necessitavano di un nuovo stra-to di asfalto, si intervenne solo su gli 80 m2 dellaterrazza prospiciente via della Palombella. Il la-voro, prevedeva la demolizione della vecchia pa-vimentazione, del vecchio asfalto con il relativomasso di sottostrato e la successiva realizzazionedel nuovo masso e di un doppio strato di asfaltoa strisce incrociate203. Nell’ottobre 1951 Teren-zio, date le peggiorate condizioni del manto dicopertura delle altre terrazze, presentò nuova-mente la perizia per l’importo complessivo di £3.300.000 ma il Ministero, trovandosi nell’im-possibilità di un immediato finanziamento, pro-pose alla Soprintendenza di rinnovare la richie-sta nell’esercizio finanziario 1952-53204.

Quando nel 1946 si eseguirono i lavori al tettodel pronao, il Soprintendente Terenzio informòil Ministero del cattivo stato di conservazionedelle architravi del portico e che, data l’ingentespesa prevista, avrebbe presentato la perizia inun secondo momento205. Il preventivo per il re-stauro ed il consolidamento presentato nel giu-gno 1954, fu approvato dal Ministero dellaPubblica Istruzione dopo poco piú di due setti-mane con un finanziamento di £ 5.200.000 dif-ferito al successivo esercizio finanziario206.

Dalla relazione allegata alla perizia risulta chegli architravi, le cornici e i capitelli presentava-no forme di degrado legate prevalentemente allaconformazione geologica del materiale costituti-vo: “gli architravi del portico sono di un marmo astruttura saccaroide (grana grossa) formato da

stratificazioni orizzontali dello spessore che variadai 20-40 cm., con interposti strati sottili (dettipeli) di materia friabile molto meno resistente allaconformazione della massa. Questa sostanza in-terposta alla massa, molto sensibile agli agenti at-mosferici ed a cause meccaniche e chimiche, provo-ca uno scollamento degli strati, con conseguentigrosse sfaldature e distacchi parziali di svariatospessore”207. La trasformazione chimica del car-bonato di calcio, componente e legante dei cri-stalli che costituiscono il marmo, in bicarbonatosolubile aveva provocato la sfarinatura superfi-ciale degli elementi architettonici208. Le menso-le ed i rosoni interposti tra queste, sia nel tim-pano che nelle cornici, presentavano un feno-meno detto di “avanzata cottura”; i capitellidelle colonne erano interessate da fenomeni dischiacciamento, da lesioni e distacchi parzialidovuti alla medesima struttura saccaroide delmarmo e alla cattiva distribuzione dei carichiche gravavano sugli stessi209.

Tuttavia in corso d’opera si rilevò che lo statodi conservazione dei marmi era peggiore rispet-to a quanto era emerso da una prima indagine.L’architrave monolitico del fianco destro versovia della Rotonda avendo una fenditura a circa50 cm dalla testata provocò, a causa del pesomal distribuito, la rottura netta del capitello sucui poggiava, così che la parte esterna dell’ar-chitrave si impostava su di una metà del capitel-lo e quella che voltava ad ovest sull’altrametà210. Le volute, i rosoni e le parti ornamen-tali delle mensole delle cornici, soprattutto nellezone che gravavano sulle colonne, presentavanosfaldature tali da rendere i pezzi non ancoratialla cortina muraria e quindi pericolanti, mentrealcuni capitelli avevano profonde lesioni al cen-tro di venatura del marmo211. Parte del rivesti-mento marmoreo, in particolare quello su viadella Rotonda, si era distaccato dal muro fino a10-15 cm ed essendo le lastre di notevole spes-sore (15-20 cm) molti pezzi erano pericolanti erischiavano di cadere212. Le osservazioni e leprove in situ eseguite dalla Soprintendenza sullato di via della Minerva permisero di indivi-duare i metodi e i prodotti da usare nell’inter-vento di restauro e di consolidamento previstoper la durata di tre mesi con l’utilizzo di pon-teggi Innocenti smontabili «Dalmine»213. Il

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201 Ibid.202 Ibid.203 Ibid.204 Ibid.205 Ibid.206 Ibid.207 Ibid.

208 Ibid.209 Ibid.210 Ibid.211 Ibid.212 Ibid.213 Ibid.

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consolidamento delle zone che necessitavano diuna ristabilizzazione della struttura compro-messa a livello macroscopico, fu eseguito me-diante interventi di tipo meccanico sostituendoancoraggi interni a cerchiature e staffe di ferrocomune utilizzate fino all’Ottocento e che, ossi-dandosi, avevano danneggiato gli stessi marmi.Il concatenamento degli architravi, sia nellaparte esterna che interna del pronao, avvennemediante barre di ferro acciaioso lunghe oltredue metri e attraversanti i monolitici blocchimarmorei214. L’ancoraggio delle parti soggettead un forte distacco fu eseguita con mastice eperni interni di piombo215. Ogni perforazionedella zona in fase di distacco fu realizzata contrapani delle dimensioni necessarie, anche pic-colissime; il foro veniva poi lavato e irrorato conmastice liquido per favorire l’adesione della fo-dera di piombo inserita nel marmo216. Uno spe-ciale dispositivo di fusione ad espansione inter-

na, predisposto sulla sommità del perno dibronzo filettato, permetteva, una volta inseritosul fondo, di dilatare la vite in modo da compri-mere il piombo sulle pareti ancorando il pernoautomaticamente nell’interno del blocco217.Una rondella di bronzo incastrata nel marmoveniva posta a chiusura del foro, successiva-mente stuccato e patinato in modo da renderel’intervento invisibile218; le stuccature venivanoeseguite con polvere di marmo, calce spenta ecemento bianco tipo Duralbo219 (fig. 35). Inparticolare, il secondo capitello a sinistra (viadella Minerva) fu ancorato mediante perni dibronzo e mastice e prevedendo l’intervento laperforazione delle foglie del capitello, fu esegui-ta da un operaio specializzato220. L’ancoraggiodei distacchi e delle sfaldature superficiali lungole venature del marmo delle cornici e dei capi-telli fu eseguita con mastice a base di cellulosa(miscela «Carben») iniettato ad intervalli di tem-

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214 CESCHI 1970, p. 130.215 ACS, AA.BB.AA., divisione IV (1953-59), b. n. 288.216 Ibid.217 Ibid.

218 Ibid.219 Ibid.220 Ibid.

35. Restauro degli architravi del portico effettuato nel 1954 mediante perni interni di bronzo filettato inseriti in una fodera di piombo conun dispositivo di fusione ad espansione interna (foto dell’a.).

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po con una pressione di circa 2 atm, “in modoche detto preparato vada a riempire gli alveoli odiscontinuità formatesi nell’interno della strutturadel marmo, con particolare tecnica”; dalla periziarisultano 100 m2 di superficie da trattare conuna media di 1,8 l di miscela per 1 m2 di super-ficie221. Per dare al materiale quelle proprietàmeccaniche di coesione e di compattezza che inparte aveva perduto era necessario che il pro-dotto penetrasse nella pietra fino ad arrivare adancorarsi a strati interni sufficientemente sani.Il processo di adesione, oltre a ripristinare leproprietà meccaniche del marmo, aveva lo sco-po di impedire la penetrazione di acqua meteo-rica che infiltrandosi tra gli strati sfaldati neavrebbe peggiorato lo stato di degrado. La So-printendenza eliminò inoltre i danni arrecati daun pronto intervento eseguito dai Vigili delFuoco che avevano staccato alcuni frammenti dimarmo pericolanti nella zona frontale del tim-pano che, “essendo naturalmente patinata dai se-coli” e presentando ora delle macchie chiare, ri-sultava in netto contrasto con il marmo circo-stante222. Il restauro prevedeva per le partimaggiormente esposte agli agenti atmosferici,come il timpano, un trattamento con una“composizione chimica assorbente” che senza al-terare la patinatura del tempo e il colore natu-rale del marmo, le proteggesse impermeabiliz-zandolo223. Nel portico si eseguirono granditassellature alle basi delle colonne e alle colonnestesse con marmo della natura di quello origina-le; i tasselli di marmo e di granito vennero sago-mati, ancorati con sistema Renedini, poi stucca-ti con piombo o con cemento fuso e sabbia; dal-la perizia risulta anche la fornitura di grappe dibronzo con filettatura (kg 5) “per ancoraggio sfo-gliature colonne di granito”224. Si ripristinaronoinoltre zone in stucco ed in muratura con mi-scela composta da calce spenta, polvere di mar-mo e cemento bianco tipo Duralbo. Nel dicem-bre del 1954, a lavori ultimati, la Soprintenden-za segnalò al Ministero la necessità diprovvedere al restauro statico ed estetico dellacornice marcapiano esterna (m 25 di altezza)formata da grosse mensole di marmo collegatetra loro con malta di cotto225; altri lavori indi-spensabili, anche se non di carattere monumen-tale, riguardavano il ripristino della pavimenta-

zione in lastre di travertino lungo i passaggi la-terali del portico, riparazioni all’impianto elet-trico interno, nonché il restauro di alcune zonedel pavimento interno226. Il Ministero, nonavendo la possibilità di finanziare la spesa pre-vista di £ 10.500.000, comunicò che, su rinno-vata richiesta della Soprintendenza, avrebberiesaminato la questione solo all’inizio dell’eser-cizio finanziario 1955-56227.

Nell’aprile 1958 la Soprintendenza ai Monu-menti del Lazio presentò una relazione sullostato di conservazione dei rivestimenti marmo-rei e delle due cornici marcapiano nell’internodel Pantheon e la perizia di £ 14.000.000 relativaall’intervento di restauro e consolidamento228.Di fronte alla gravità dello stato dei marmi si do-veva procedere con la massima tempestività, nonsolo in considerazione dell’importanza del mo-numento, ma anche per tutelare l’incolumitàdelle migliaia di persone che giornalmente visi-tavano il Pantheon229. La mancata risposta delMinistero portò la Soprintendenza dopo duemesi a reiterare la richiesta di autorizzazioneper procedere ai lavori, peraltro già iniziati nellezone che necessitavano di un pronto interven-to230. Alla richiesta del Ministro di limitare i la-vori alle necessità piú urgenti in modo da nonsuperare la metà della spesa complessiva, il So-printendente rispose che non si trattava “di ese-guire alcune opere urgenti al posto di quelle menourgenti, perché il tutto riveste un carattere di taledelicatezza” che l’Ufficio non intendeva assu-mersi oltre eventuali responsabilità per danni apersone o cose231. La Soprintendenza inviò laperizia di £ 7.000.000, ma ritenendo che il lavo-ro dovesse essere eseguito in tutto il suo com-plesso pregò nuovamente il Ministero di volerautorizzare il proseguimento dei lavori per l’in-tero ammontare di £ 14.000.000232. Le richiestenon furono disattese dato che la perizia relativaal primo lotto (settembre 1958) fu approvata il19 gennaio 1959 mentre quella relativa al secon-do lotto (luglio 1959) il 16 dicembre dello stessoanno233.Di una superficie di circa 2700 m2 diparete impellicciata di “marmi rari e antichi”,circa 300 m2 di lastre erano interessate da di-stacchi e lesioni, ovvero 1/8 della superficie to-tale234. “L’inconveniente principale” scrisse ilSoprintendente nella sua relazione “è dato dal

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221 Ibid.222 Ibid.223 Ibid.224 Ibid.225 Ibid.226 Ibid.227 Ibid.

228 Ibid.229 Ibid.230 Ibid.231 Ibid.232 Ibid.233 Ibid.234 Ibid.

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fatto che tale rivestimento è stato applicato con laquasi completa assenza di malta adesiva ed impie-gando il gesso, che è stato reso inservibile dal fortegrado di umidità dell’ambiente”. Per reintegrarele zone in cui si erano verificati distacchi si do-vevano reperire lastre di serpentino dello spes-sore di 1 cm per circa 6 m2 di superficie, di gial-lo antico, verde antico e rosso antico per un to-tale di circa 685 kg di marmo235. Era inoltrenecessario provvedere a reintegrare alcune zonedel pavimento interno e le scanalature delle co-lonne e delle lesene236. Lo stato di gravità ri-guardava anche le due cornici marcapiano dimarmo pentelico che presentavano “rilascia-mento e slittamento dall’alveolo” nonché moltielementi stilistici, come dentelli e ovuli, parzial-mente staccati e soggetti a caduta237. La periziafa particolare riferimento alla zona sopra laTomba di Vittorio Emanuele II, sopra l’altaredi S. Giuseppe e alla zona tra l’altare maggiore

e l’altare di S. Giuseppe. I danni maggiori ri-guardavano la prima cornice marcapiano nellazona sinistra volgendo lo sguardo all’altaremaggiore.

Per il restauro del materiale lapideo della Ro-tonda ci si avvalse della stessa tecnica usata po-chi anni prima per il consolidamento della tra-beazione del pronao. I nuovi tasselli di marmocolorato, le lastre parzialmente distaccate cosìcome i pezzi di statuario delle cornici marcapia-no furono fatti aderire alla superficie murariamediante grappe di bronzo filettate inserite incamicie di piombo e mastice adesivo a pressio-ne; per questo intervento furono impiegate inmedia n. 6 grappe per 1 m2 di superficie per untotale di ben 1800 perni e circa 150 litri di ma-stice liquido238. Nella primavera del 1960 l’ar-ch. Berardi, Soprintendente ai Monumenti eGallerie di Cosenza, eseguì il collaudo deilavori239.

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235 Ibid.236 Ibid.237 Ibid.

238 Ibid.239 Ibid.

36. Attico con ripristino in finto marmo della decorazione originaria demolita a metà Settecento (foto della dott. Marianna Zungri).

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Lo studio e l’analisi delle trasformazioni e deirestauri del Pantheon portano inevitabilmentead un confronto tra ciò che è mutato e ciò che siè mantenuto nel tempo. Il suo stato normale so-stanzialmente integro all’esterno, ha invece su-bito modifiche rilevanti sia nel partito architet-tonico sia in quello decorativo dell’interno co-stituito attualmente, non solo da marmipolicromi ma anche da decorazioni in fintomarmo, a partire da quelle dell’attico (fig. 36)fino a quelle delle esedre (fig. 37) e delle zonelaterali alle edicole (fig. 38).

Inoltre i marmi antichi non sono tutti autenti-ci poiché, come risulta sia dalle indagini in situ,sia dall’analisi dei preventivi e dei consuntivi,gran parte della decorazione marmorea è stataoggetto di sostituzioni e di ripristini effettuatispesso con marmi moderni: il Giallo Antico(Marmor numidicum) è stato spesso sostituitocon Giallo di Siena, il pavonazzetto antico

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37. Decorazione in finto pavonazzetto all’interno della cappella di S. Giuseppe di Terrasanta (foto della dott. Marianna Zungri).

38. Particolare di una delle specchiature in marmo laterali alleedicole: dal basso, giallo di Siena, pavonazzetto, verde antico, fintopavonazzetto, finto africano (foto della dott. Marianna Zungri).

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(Marmor docimenium) con pavonazzetto moder-no (probabilmente toscano), il Rosso Antico(Marmor taenarium) con il Porfido Rosso, ilmarmo Pentelico con quello di Carrara.

Se affrontiamo la questione riconoscendo co-me autentico solo ciò che è originale, possiamoaffermare che, con ogni evidenza, le modifiche ele sostituzioni di cui è stato oggetto il Pantheon,hanno compromesso fortemente la sua autenti-cità architettonica e decorativa. Tuttavia, è lafabbrica stessa che dà la possibilità di interveni-re sulle zone degradate che nel corso dei secolisono state sostituite – così le lastre di piombodella cupola, le tegole del tetto, le travi ligneedel pronao, i mattoni della cortina muraria, imarmi antichi, etc. Il restauro dunque, che pre-vede la replica di ciò che non c’è piú o che deveessere sostituito, è fisiologico ed indispensabileproprio perché garante della sopravvivenza delmonumento destinato altrimenti a ridursi a ru-dere. L’autenticità non riguarda soltanto la so-stanza materiale dell’opera, bensì quei valoriimmateriali ed intangibili insiti nel monumentostorico240 e rappresentanti il suo significato ar-chitettonico che i continui restauri permettono,attraverso la restituzione fisica, di far sopravvi-vere nei secoli.

Diventa indispensabile, ad ogni modo, discu-tere sulle modalità degli interventi passati, dicui spesso osserviamo gli esiti discutibili soprat-tutto per l’uso di un linguaggio architettonicosempre piú difforme da quello proprio del mo-numento antico, un linguaggio purtroppo lonta-no dalle consuetudini costruttive pre-modernebasate su una tradizione di sostituzioni con parimateriale e nella stessa foggia, anche grazie aCapi d’Arte e maestranze con spiccate abilitàartigianali. Una sapienza costruttiva ancora pre-sente fino agli anni Sessanta del secolo scorso241

– lo dimostrano anche le buone ricostruzioni deldopoguerra – e che molti operatori del restauro,ma non tutti, abbandonarono in maniera fintroppo disinvolta per far proprio il linguaggiodell’ingegneria civile e l’uso dei prodotti chimi-ci (acrilici ed epossidici).

Così, mentre al Pantheon, come abbiamo vi-sto, a metà degli anni ‘50 del Novecento si ese-guiva l’ancoraggio del materiale lapideo conmastice e perni di piombo inseriti nel marmo epoi coperti da rondelle di bronzo stuccate perrendere l’intervento invisibile – oggi visibil-mente irreversibile –, al Colosseo, “mediante in-numerevoli iniezioni di cemento liquido (…) furo-

no colmati i vuoti interni delle grosse murature edei pilastri interni in modo da ripristinare la sta-bilità di ogni elemento che aveva richiesto incate-namento”, e nell’Arco di Costantino “fu eseguitauna perforazione dall’alto lungo l’asse delle colon-ne fino alla base e venne quindi inserita una colon-na di acciaio del diametro di 8 cm., lunga 14 me-tri, che praticamente infilzò tutti gli elementi dellatrabeazione, dei capitelli e i vari strati delle colon-ne rendendoli solidali e nuovamente monolitici“242.

Lo stesso articolo 10 della Carta di Venezia del1964 affermava che “quando le tecniche tradizio-nali si rivelino inadeguate, il consolidamento diun monumento può essere assicurato, mediantel’ausilio di tutti i piú moderni mezzi di strutturae conservazione, la cui efficienza sia stata dimo-strata da dati scientifici e sia garantita dall’espe-rienza”. La ricerca si conclude nel periodo stori-co in cui iniziano a prendere piede proprio “tuttii piú moderni mezzi di struttura e conservazio-ne” – iniezioni di cemento liquido, protesi di ac-ciaio e resine – elementi di un linguaggio del tut-to estraneo alla prassi tecnologica dell’ediliziapre-moderna dedita invece a parlare con un codi-ce, un linguaggio noto all’architetturaantica, l’unico possibile del resto o quantomenoauspicabile per sottrarre il nostro patrimonio ar-tistico ad una condanna senza appello!

PAOLA CRUCIANELLI

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ma 1938.

42 Paola Crucianelli

240 TOMASZEWSKI 2003. 241 MARCONI 2003, p. 4.

242 CESCHI 1970, p. 130.

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AA.BB.AA., I versamento (1883-1894), b. n. 122, fasc. 173,22-30.

AA.BB.AA., II versamento (1891-1896), b. n. 381, fasc. 4284-4285 + allegati b. 12.

AA.BB.AA., III versamento (1896-1907), b. n. 717, 2-4-9.AA.BB.AA., III versamento (1896-1907), b. n. 718, 5, 15.AA.BB.AA., divisione I (1908-12), b. n. 144, fasc. 2761-2762.AA.BB.AA., divisione II (1925-28), b. n. 186. AA.BB.AA., divisione II (1929-33), b. n. 193.AA.BB.AA., divisione II (1940-45), b. n. 143. AA.BB.AA., divisione II (1945-55), b. n. 76.AA.BB.AA., divisione IV (1953-59), b. n. 288. SPD CO, 104.113 / 2-24-37.SPD CO, 206.903.

Archivio dell’Accademia di San Luca (AASL)

vol. 143, n. 151.vol. 144, n. 41.vol. 154, n. 3.vol. 169, n. 112.vol. 183, n. 9.

Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV)

Pantheon, I, 87. Pantheon, II, 6, fasc. 9.

Archivio Storico Capitolino (ASC)

“Municipalidad de Buenos Aires. Plaza del Pantheon en Romasu pavimentacion”, Buenos Aires, 1907, p. 194.

I restauri al Pantheon dall’unità d’Italia al secondo dopoguerra 43

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