Eraclito - Vita e Frammenti (Traduzione Di Giovanni Gentile) [ITA]

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I

ERACLITO. VITA E DOSSOGRAFIA*

Diog. IX, 1-17.

1) Eradito figlio di Blisone 0, come dicono altri, di Era-

conte, da Efeso. Egli fiori nella 69 01. [504-501]. Senti

altamente di se pili che altri mai e fu spregiatore d' al-

trui, come si vede anche daII'opera sua, dove dice: r e O A - V -

J.laf)ill- 'Exurniov [fro42J. Ciacche fr. 43 e 44

(Secondo Diels ' 58 aus Theophrasts mittelbar).

2) Diceva anche { ) ~ P t V - T C U P K u l t l V [fro43] e J , . u i X 8 a e a t - ' [ e i x & o ~

[fro44]. Attacea anche gli Efesii, per aver essi eaceiato itsuo arnicoErrnodoro, lit dove dice fro 121. Invitato a

dare leggi a essi, ebbe do a vile perche 10 Stato era

dominato da una perversa politica T C O A t ' t 8 i q . .

Suida: Eraclito figlio di Blisone 0 di Bautore, altri <di>

Eracino, Efesio, filosofo fisico.

Diog. IX

3. Ritiratosi presso i 1 tempio di Artemide giocava coi ra-

gazzi; e stanclogli attorno gli Efesii - Di che vi rneravi-

* La trascrizione del manoscritto ha richiestopoche integrazioni che figu-

rano tra parentesi uncinate. Per le parole greche e latine si e tenuta presente

l'edizione del 1906 del Dieis (H.A. C.).

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gliate, 0 disgraziati <?> - disse. Non e forse meglio far

questo che immischiarsi nella vostra politica? AlIa fine,

spinto dalla sua misantropia, se n' ando via e prese a

vivere sui monti, cibandosi di foglie e d' erbe. E coltoper questa genere di vita da idropisia, feee ritorno in

citta e consultava i nemici 1per enimmi, se potessero far

di pioggia siccita; e come essi non l'intendevano, si

caccio in una stalIa di buoi dentro alletame nella spe-

ranza che al calore di questo potesse mandare in vapo-

re [tutta l'acquaJ. Ma non profittando ne anche COSI

mort, essendo vissuto 60 anni.

(Segue un epigramma di Diog. L.),

Diog. L. IX

4. Ermippo racconta che egli ai medici chiese se uno com-

primendogli gl'intestini <potesse> farne uscire 1'ac-

qua; e rispondendo quelli di no, si butte al sole e die

ordine agli schiavi (ai ragazzi) di ricoprirlo di fimo: e cosi

rimasto steso il giorno appresso morl e fu sepolto nel

foro. Neante invece di Cizico narra che non essendo egli

potuto uscire di sotto al fimo, resto 11e non riconosduto

sotto quell a nuova camuffatura, divenne pasto dei cani.

Suida: Egli ammalatosi d'idropisia non volle mettersi in

mana dei medici, che avrehbero potuto curarlo, e

invece untosi tutto di letame si hutto ad asciugarsi

al sale, e certe cagne che gli passaron sopra mentre

stava li a giacere 10 shranarono. Altri dicono mo-

risse seppellito nella sabbia. Alcuni dicono aver egli

avuto a maestri Senofane e Ippaso il pitagorico.

Visse nella 69 olimp. [504-1] al tempo di Dario

d'Istaspe e scrisse malta in poesia.

1 Leggi medici (H.A.C.).

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TRASCRIZIONE

Diog. L. IX

5. Da ragazzo fu rneraviglioso, giovane diceva di non saper

nulla, fattosi adulto di saper tutto. Non fu scolaro di

nessuno, rna diceva di aver cercato se stesso (fr. 101) e

tutto aver appreso da se medesimo.

Sozione invece riferisee ehe aleuni autori abbian

detto aver egli avuto maestro Senofane; e che Aristone

nel TIep i 'H pUKA£i'ro D diea essersi egli curato dell'idropi-

sia, e morto poi d'altra infermita; questo dice anche Ip-

poboto.

Quanto allibretto che si ha di lui nell'insierne esso eTIepi c p u ( n : r o c ; ; rna si divide in tre trattati. Uno Ilspi rou

1tavt6~, il secondo IlOAltlKOV,il terzo geoAo'¥l1cOV.

6. E 10 depose nel tempio di Diana, avendo procurato,

secondo alcuni, di scriverlo molto oseuramente, affin-

che icapaci vi si appressassero e non incorresse nel faci-

le disprezzo del volgo.

Lui ritrasse anehe Timone dicendo - Tra questi sorse,

mordace flagellatore della plebe, Eraclito dagli enigmi.

Teofrasto dice che per la melanconia alcune cose

scrisse semiperfette, altre parte d'un valore parte d'un

aItro 'to.o f : iiAAo'tec 'i M . ro C ; exovta. Come segno della gran-

dezza dell' animo suo JleYaAo<ppom)V11~ntistene nei

~tuboxai~ dice che rinunzio alia dignita regia per il

fratello. Tanta fu la fama del suo scritto, che ne sorsero

seguaci chiamati Eraclitei.

Suida: 'Hpuxs, .... o~B1tElditfhlLKo'tetVOC;~'toC;EJlu8it'tEUOEVouoevi 'troY q>tAocrocprov,cpucretBE : Kat 81tt l leA.eiut

i t o - K i t S " .

Diog. L. IX

7. La sua dottrina in generale e la seguente. Tutto risultare

dal fuoco e tutto risolversi in esso; tutto sorgere perdestino (eiJluPJ.U~V1lV)gli enti constare da certo ordine

di elementi contrariamente disposti l'uno verso l'altro:

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e tutto esser pieno di anime e demoni. Ha trattato

anche di tutto quel che succede nell'universo; e dice che

ilsole e e li grandezza quale apparisce. (Dice poi anche

non potersi raggiungere etc. fro 45. Diceva I'arroganza

mal caduco f r o 46, e la vista ingannare.

Chiaramente alcune volte nel suo libro e apertamente

si esprime, in guisa che anche ipili tardi possano agevol-

mente intendere e averne certa elevazione d'animo; e la

brevita e la profondita della stile e incomparabile).

Diog. L. IX

8. Le sue dottrine in particolare sono queste. II fuoco e

l'elemento (primo) CrtOlxeiove vicissitudine di fuoco

tutto [fr. 90], proveniente da rarefazione e condensa-

zione (upmrocet e mncvroost). Ma non spiega niente

chiaro. Nascere tutte Ie cose per contrarieta e fIuire

tutto a rna' di flume; (fr. 12, 91); esser finito I'universo

(1tdv)e uno essere il mondo (K60 'J !oC; ) ; generarsi esso dal

fuoco; e tornare a raccendersi I'universo, secondo certi

periodi, per alterna vicenda, in eterno; e questa accader

per destino. Dei due contrarii 'i l principio agente per la

generazione chiarnarsi guerra e discordia [fro 80J,

quello per la conflagrazione consenso e pace; e il can-

giamento una strada che sale e che scende 6ooC ; ( iV{J)

KG. ' tOO, e il mondo generarsi per esso (cangiamento).

da q. § 8 a1 § 11 il Diels" p. 592 1 0 ritiene preso diretta-

mente dalle < l > u O ' U ( r o v o6~a t di Teofrasto.

Diog. L. IX

9. Condensato ilFuoco si liquefarebbe e cosl rappigliato

divenire acqua; l' acqua quindi condensatasi si cambia

2 Ma p. 58 (H.A.C.).

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TRASCRIZIONE I93

in terra; e questa dice strada che scende. Da capo poi

la terra versarsi (sciogliersi), e da essa provenir l'acqua,

e da questa il resto: giacche quasi tutto riferisce a

esalazione dal mare; e questa e la via ehe sale. For-marsi di queste esalazioni e dalla terra e dal mare,

aleune Iueenti e pure, aItre oseure. Crescere quindi il

fuoeo per queUe lueenti, l'elemento umido per Ie aItre.

Quale sia l'aria ' t o 1t€PIEXOV non dice; essere bensi in

essa eerte (quasi) seafe rivoItate col eavo in verso a noi,

neUe quali ivapori lueenti raccolti dar vampe, e in

queste consistere gli astri.

Diog. L. IX

10. La pili lucente e la piu calda esser la vampa del sole.

Giacche gli altri astri distano di piu dalla terra, e peri>

meno ci splendono e scaldano; la luna poi, che e bensipili accosto alIa terra, non si muove attraverso a un

mezzo puro (xaeap6~= liquidus). II sole invece e in unmezzo peUucido e da nulla offuscato e ha una giusta

distanza da noi; ond'e appunto che ci riscalda e ilIu-

mina maggiormente. Succeclere I'ecclissi di sole 0 di

luna quando le scafe si rivoItano in suoCosi le fasi

mensili della luna derivare clalrivoItarsi che fa in essa a

poco a poco la scafa. II giorno e la notte, e imesi e le

stagioniannuali, e gli anni, e le piogge e i venti e simili

esser clovuti a differenti esalazioni.

Diog. L. IX

11. II vapore lucente che vampeggia nel giro del sole fare

il giorno; quelIo contrario venuto a prevalere dar la

notte; cosl il calore aumentato per l'elemento lucente

far l'estate e, al contrario, l'umidita che sopravanza per

l'elemento oscuro produrre l'inverno. In conforrnita,

assegna le cause (ai:noAoyet) a1 resto. Quanto alla terra

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194 TRASCRIZIONE

non dice quale ne sia la natura; e neppure delle scafe.

E queste erano le sue dottrine.

(segue § 11)

Diog. L. IX

11. ... Per cio che riguarda Socrate, e al suo detto quando

s'abbatte nella scritto (di Eraclito) che gli porto Euri-

pide, a quel che ne narra Aristone, I'accennammo a

proposito di Socrate.

[Diog. L. II, 22: Si narra che, avendogli Euripide

dato a leggere I'opuscolo di Eraclito, e domandan-dogli che gliene sembrasse, abbia detto: Quello che

ne ho capito e eccellente (yevvaia); e credo sia tale

anche quel che non ho capito. Tranne che ci vor-

rebbe un palornbaro Deliol].

Diog. L. IX

12. (Il grammatico Seleuco dice appunto aver letto nel

Ka'taKOA,l)J.ll3rl 'rn Palombaro d'un certo Crotone che tal

Cratete per ilprimo porto in Grecia l'opuscolo). E

abbia detto volerci un palombaro Delio, per non re-

starvi I nellibro I sommerso. Alcuni 1 0 intitolano MoG -

om, altri T Ie pi cpucrEroC; , rna Diodoto

- Governo accurato e l i vita rigida -

[aKPt~tc; otdxtoun npoc ; c r't u8 J,lT )v J3 io l)

exactor gubernatio ad amussim vitae;

altri yv ro J,ll1V it S rov rpozou xoouov Ev6C ; 'troY ~ \)Jl1 ta v'tro v

(Giudizio e li costumi, ordine del corso unico dell'uni-

verso).

Si dice che interrogato perche stesse zitto, rispon-

desse - perche voi ciarliate. -

Desidero averlo seco Dario e gli scrisse cosi: Segue(§. 14-15) prima la lettera di Dario d'Istaspe:dice e l i

aver bisogno di lui per aver spiegato il suo libro, che

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TRASCRIZIONE 195

ne anche iGreci gli sanno interpretare rettamente. Si

rechi presso di lui; egli I'onorera secondo ilmerito ecc.

Quindi la risposta di Eracl. che non accetta l'invito,

rifugggendo dal £asto, che suscita sempre invidia, edalla superbia - contento del poco secondo Ie sue dot-

trine.

Diog. IX

15. Tale l'uomo anche verso un reoDemetrio negli Omo-

nimi dice che egli feee poco conto anche degli Ate-

niesi; e pur godendo (presso di loro) grandissima opi-nione, ed essendo invece tenuto a vile dagli E£esii,

preted tuttavia la patria. Lo rieorda anche Demetrio

Falereo nell'Apologia di Socrate. Moltissimi poi son

quelli che hanno esposto il suo scritto: Antistene ed

Eraclide Pontico, Kleante e Sfero 1 0 Stoico, e inoltre

Pausania soprannominato I'eraclitista, Nicornede e

Dionisio. Dei grammaticiDiodoto, ilquale dice che il

suo scritto non tratta della natura rna di politica (au

xspi c ptk rEW C ; E lvul, a J . J . . . a nspl 7tOA1'tEiuC;): e che quanto

riguarda la natura ci sta come esernpio.

16. Geronimo dice che anche Scitino ilpoeta autore dei

Giambi intraprese una esposizione metrica del libro

(AOY0C;) di lui (Eraclito),

Diog. L. IX

16. ... Abbiamo mold epigrammi su e li lui: e tra gli altri,

questa:

Eraelito io sono; che tirate su e gin voi che non siete

in grazia aIle Muse?

Non per voi faticai, rna per chi e da tanto da inten-

dermi.

Uno e per me trentamila, e isenza numero nessuno:e questo dico anche presso a Persefone.

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TRASCRIZIONE

E quest' altro:

Non correr a pigliare a mezzo il libro di Eraclito

Efesio.

A noi ardua e Ia via.

La notte tenebrosa non ha lumi; ma se un sacerdote

ti avvia, splende pili del sole che vedi.

Diog. L. IX

17. Ci sono stati cinque Eracliti: il primo, questo, il se-

condo poeta lirico, autore di un Encomia dei dodici dei,

ilterzo poeta d'Alicarnasso, scrittore di un'elegia, con-

tro di cui scrisse Callimaco ... II quarto di Lesbo, chescrisse una Storia della Macedonia, il quinto scrittore

semiserio, che prima cantava accotnpagnandosi con la

chitarra.

A. Diog. L. IX, 6

2. Strabone XIV, 3: (Ferecide) dice che Androclo die

inizio alIa emigrazione degli Joni, dopo di quella degli

Eoli, figlio legittimo di Codro re d' Atene; e che egli fuil fondatore di Efeso. Percio si dice che si stabili in

questa citra ilregno degli Joni e tuttora sono chiamati

re quelli della schiatta [idiscendenti delle famiglie

originarie] godendo certi onori, i primi posti negli

agoni e il segno di porpora della schiatta regia, un

bastone, che fa le veci di scettro, e ildiritto di parteci-

pare ai misteri (ta tspa) di Demetra Eleusina.

A. Diog. L. IX, 13-14

3. Clem. Strom. I65

Eraclito di Blisone persuase il tiranno Melancoma a

deporre i1 potere. Egli non curo il re Dario che 10

invitava a recarsi in Persia.

3a. Strabone XIV, 25

Domini degni di ricordanza ne son nati in essa (Efeso);

degli antichi Eraclito detto l'Oscuro (Exoreivoc) ed Er-

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TRASCRIZIONE 197

modoro, di cui il primo dice - fro121 - Pare che questi

abbia scritto alcune leggi per iRomani.

Plinio H. N. XXXIV, 21 fuit et Hermodori Ephesii (sc.

statua) in comitio, legum quas decemviri scribebant

interpretis, publice dicata.

3b. Temist. rt. iLPSTfis , p. 40

Gli Efesii erano abituati a ben vivere e a godere,

quando contro di essi sorse una guerra e i Persiani

posero l'assedio alIa loro citra. Ma essi continuavano a

darsi bel tempo 1 0 stesso secondo il lor costume. Se-

nonche cominciarono a mancare nella citta le vettova-glie. Quando Ia fame cornincio a pesar forte su Ioro, i

cittadini si riunirono per vedere il da fare, che non

mancassero imezzi di sussistenza; rna nessuno osava

consigliare che dovessero limitare la Ioro buona vita.

Quando furono tutti raccolti a questa fine, un uomo a

nome Eraclito prese dell' orzo mondo, 1 0 mescolo con

l'acqua e sedutosi tra Ioro se 1 0 mangio. Si narra Ia

storia, che gli Efesii subito capirono l'ammonizione, e

non ebbero bisogno d' altra ammonizione ma se ne

partirono con quella che avevano avuto sotto gli occhi

che dovevano diminuire qualche cosa al loro bene-

stare, affinche non mancasse ilcibo. E quando i nemici

venner a sapere che essi avevano imparato a vivere

ordinatamente, e facevano i loro pasti secondo il consi-

glio di Eraclito, si partirono dalla citta, e mentre essierano vincitori con le armi, si ritirarono innanzi al-

l'orzo di Eraclito.

4. Arist. Rhet. III, 5, 1407b 11.

Bisogna assolutarnente che 10 scritto sia facile a leg-

gersi eben detto: che e poi tutt'uno: cio che si ha con

molti legamenti, rna non con pochi ne con le frasi che

non e facile interpungere, come queUe di Eraclito.

Ardua e infatti l'interpunzione delle parole (tiL) di

Eraclito per non esser chiaro ache si riferiscono, se a

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TRASCRIZIONE

quel che precede 0a quel che segue, come nel principio

del suo scritto. Dice infatti

'tOD AOYOU 'to()O ~ sovro; <le i a ~UVE 'tO t c lV '6 POO1 tO l y iYVOV 'tU l.

Dove non si vede ache bisogna riferire nell'interpun-

zione I'aei.

Demetr. 192. La chiarezza consiste in piu cose: in primo

luogo nella proprieta, poi ne' legamenti; 1addove il di-

scorso senza legamenti ( a aUVOETOV) e seiolto e tuttoquanto ambiguo; poiche non si vede per 1amancanza

dei nessi (AUOlV) ilprincipia di ciascun membro; come

quelli di Eraelito. Li rende oscuri per 1amassima partequesta mancanza di nessi.

Dossografi

5. Arist. Metaph. I, 3, 984a 7

"Izrnnooc BE6 Meruzovrivo; Kai 'Hpuwt'to<; 6 'Eeeotoq.

Simpl. Ipp. di Met. ed Er. di Efeso ehe l'essere e uno: e questi

mobile e finito; ma misero come principio il fuoeo; e dal

fuoco derivano e nel fuoco risolvono tutto per conden-

sazione e rarefazione. Tutto dice Eraclito esser vicissitu-

dine del fuoco, essendo sempremedesimo e uno il so-

strata della natura. Pone inoltre certo ordine e tempo

definite per la mutazione del mondo secondo certa fa-

tale necessita.

Aezio I, 3: Eracl. e Ippaso di Metap.: ilprincipio di tutto e ilfuoco, perche tutto viene dal Fuoco e tutto finisce in

fuoco. II suo spegnimento da nascita all'insieme del

mondo, giacche da principio tutta la parte pili compatta

ristrettasi in se stessa forma la terra, poi la terra rallen-

tata I rilassata I dal Fuocoe fusasi da l'acqua, ehe evapo-rando diventa aria. Inversamente ilmondo e tutti icorpiperiscono pel fuoco in una conflagrazione.

Galeno: Quelli che pongono ilFuocoe quindi dal raccogliersi

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TRASCRIZIONE

e condensarsi di esso formarsi l'aria, e subendo anche

maggiormente tale eangiamento e pili forte constipan-

dosi acqua, e quando si restringa il piu che sia possibile

formarsi la terra, anch'essi conehiudono esser cotesto

l'e1emento.

6. Platone Cratilo 402A. Eraclito dice in qua1che luogo che

tutto si muove e niente sta e paragonando gli esseri alIa

corrente di un fiume dice che due volte nello stesso

fiume non potresti entrare.

Aezio I, 23. Eraclito toglie dall'universo il riposo e 1aquiete;

che son proprii dei morti; e a tutte le cose attribuimovimento, eterno agli eterni, perituro ai perituri.

7. Arist. Metaph. III, 3 1005b 23: impossibile pensare una e

medesima cosa, quale che sia,essere e non essere, se-

condo alcuni credono dica Eradito.

8. Aezio I, 7. Erac1ito: (Dio e) ilfuoco periodico eterno, il

destino poi 1a ragione (Aoyo<;)artefice degli esseri, dal

concorso deicontrari (evuvnoopoutuq).I, 27. Eraclito: tutto per destino; e questa e identico

alIa necessita.

I, 28. Eraclito fa consistere I'essenza del destino

nella ragione che attraversa I'essenza dell'uni-

verso. Ell'e un corpo etereo, seme della genesi

dell'universo e misura del periodo stabilito.

9. Arist. De part. animo A 5 645a 17. Come si racconta aver

detto Eraclito a certi forestieri che desideravano visi-

tarlo, iquali, poiche, anclati a lui, videro che si scaldava

avanti al forno, si fermarono (l'esorto doe a non aver

paura e a farsi innanzi; perche anche It c'erano Iddii),

COS1 pur nell'indagine intorno a ciascuno degli animali

bisogna farsi innanzi senza perdersi d' animo, convinti

che in tutti c'e qualche cosa di fisico e di bello.

10. Arist. De caelo I, 10: tutti dunque dicono il cielo essere

divenuto, ma divenuto che sia aleuni eterno, altri peri-

turo come ogni altra cosa che per natura si formi; altri

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200 TRASCRIZIONE

infine che a volta a volta, perendo, sia quando a un

modo quando a un altro, e cosi venire a questo sem-

pre, come Empedocle di Agrigento ed Eraclito di E-

feso.Aezio, II, 1,2. Eraclito eva rov 1 C O c r J . l O V .

4,3. Er. essere ilmondo generabile YEVT)'tOVon

nel tempo ma Iogicamente oo KU'tU Xpovov

a J . J . . 6 . Kat' f:1tivotav.

11,4. Parmenide Eraclito ... 1tUptVOVlvat 'tOY OU-

puvov.

11. Aezio II, 13,8. Parmenide ed Eraclito gli astri essere masse

di fuoco.

II H. ... nutrirsi gli astri dell' esalazione della terra.

12. Aezio II, 20, 16. Eraclito <afferma> ilsale essere un fuoco

intelligente ( a V U J . l J l < l vospov) che viene dal mare (22,2)

della forma d'un bacino leggermente convesso; (24,3)

provenire I'eclissi dal rivoltarsi del baciniforme in modo

che il cavo vada all'in su, e ileonvesso dalla nostra vista.

(27,2) Baciniforme anche Ia luna. (28,6) Eraclito ilmede-

simo avvenire della luna ehe del sale. Giacche gli astri

sarebbero per forma eome de' bacini, e riceverebbero la

loro lucentezza dalle esalazioni dell'elemento umido, e

quindi all'aspetto (1 tpo<; 't1)vouvructcv) illuminerebbero:

piu splendidamente il sale, poiche esso si muove in

un'aria piu pura; dove la luna in un'aria piu torbida; e

pero apparirebbe piu pallida. (29,3) Eraclito (e altri)avvenire l'ecclissi lunare per il rivoltarsi del bacino e per il

suo vario inclinarsi.

13. Aezio, II, 33,3 (D. 364). Eraelito fa l'anno grande ill 18.000

(sec. ilDiels 10.800) anni solari.

Censorino: hie annus etiam heliaeos a quibusdam dicitur,

et ab aliis [Eraclito?] t}sou EVHIU'tO<; ... Rune

Aristarchus putavit annorum vertentiumIICCCCLXXXIIII ... Heraclitus et Linus

XDCCC. (=10.800)

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TRASCRIZIONE 201

14. Aezio III, 3.9. Eraclito <sostiene che> il tuono <si ha>

dal rivolgersi insieme dei venti e delle nubi e per l'urto

dei venti sulle nuhi, iampi dall'infiammarsi delle esala-

zioni, e i fulmini daIl' accendersi e spegnersi delle nu-vole.

14a. Nicandro [di Colofone (del periodo Alessandrino, medico,

storico, poeta didascalico: si ha di lui epigrammi, i The-

riaca in 958 esametri, e gli Alexipbdrmaca in 630 versi)]

Alex. 171 sgg. E anche tu affondasti nell' amaro e fosco

mare che Ennosigeo trasse insieme col fuoco a servire ai

venti. E infatti anche il fuoco sempre-oiuo e domatodalle nemiche raffiche e si mette in fuga profusamente

I'acqua veloce; sicche scompigliata e sdegnata shatte le

navi e i giovani £iorenti che vi son entro periti, e la

materia obbedisce secondo la Iegge al fuoco nemico.

Schol. ilmare e ilfuoco sono schiavi dei venti, certamente

secondo una legge divina, e questo ha detto Erac1ito e

Menecrate .... Con do Eraclito vuole spiegare che tutte

Ie cose sono tra Ioro scamhievolmente contrarie se-

condo lui.

15. Arist. de anima I, 2, 405a 24: Anche Eraclito dice principio

delle cose essere I' anima, poiche egli Ia fa consistere

nell' esalazione (vapore), dalla quale risulta tutto il resto.

Macrobio Somn, Scip, 14,19 (animam). Heraclitus physicus

scin till am stellaris essen tiae .

Aezio IV 3, 12. Erac1ito: l'anima del mondo e esalazione datutti gli umori; quella degli animali e della stessa natura

e proviene dall' esalazione esterna e interna.

16. Sesto Emp. Adv. Mathem., VII, 126-134.

126. Eraclito poi, poiche a lui l'uomo sembrava fornito

di due mezzi per conoscere la verita, cioe del

senso e della ragione, di questi il senso, come i

predetti fisici, rite nne non esser degno di fede; e

pone come criterio [principio di giudizio] la ra-

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202 TRASCRIZIONE

gione. Anzi combatte i1 senso dicendo letteral-

mente KaKoi.... f ro 107: che e come se dicessi: e dianime barbare credere ai sensi irrazionali,

127. La ragione poi che vuole giudice di verita, non equalunque ragione, rna quell a universale e divina.

Quale essa sia e brevemente da esporre. Crede

questo fisico che tutto do che e intorno a noi sia

dotato di ragione e di spirito.

128. Questo tanto tempo prima 1 0 disse gia Omero

(XXIV 163): «Gli uomini della terra hanna quella

ragione che il padre degli dei e degli uominimanda lora ogni giomo»; e Archiloco dice che gli

uomini hanna un pensiero «quale e ilgiorno cheZeus manda». E detto 1 0 stesso anche in Euripide

(Troad. 885): Qual che tu sii, 0 Zeus, difficile a

conoscere, se legge (uv6:ylcrl) della natura 0 ragione

dei mortali, io vorrei pregarti.

129. Quando dunque ci siamo appropriati per inspira-

zione il logo divino a11ora, secondo Eraelito, di-

ventiarno razionali: e se durante il sonno incon-

scienti, nella veglia poi un' altra volta presenti a

noi stessi (el-u.ppovec;). Giacche essendo nel sonno

ostruiti ipori dei sensi, la nostra mente si scioglie

da11asua naturale connessione con quello che la

circonda, conservando solo, quasi sua radice, la

sua innata disposizione alIa respirazione; e COS!

separata, srnarrisce quella virtu mnemonica che. .

aveva mnanzi.

130. Nella veglia invece, un'altra volta, ricomindando

a guard are attraverso ipori sensitivi, quasi per

certe finestre, e riconnettendosi al mondo circo-

stante, riveste la virtu del pensare AoyucrlV. A

quella guisa infatti che i carboni, se sono accostatial fuoco, per l'alterazione si accendono, e separati

si spengono; c081quella parte di do che ci cir-

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TRASCRIZIONE 203

conda ehe e ospitata nei nostri corpi, per Ia sepa-

razione divien quasi estranea al pensiero (iiAoyo<;);

come all'incontro per la congiunzione ( c r U } l C P U 0 1 V )

attraverso agl'infiniti pori, riesce omogena al

tutto.

131. Questa comune ragione, appunto, e divina, e per

la cui partecipazione diventiamo razionale ', Era-

elito dice eriterio di verita: e quindi do ehe appari-

see universalmente a tutti, quello doversi accettare

per vero (1tlO"'tOV);iacche e pensato dalla ragione

comune e divina. Cio invece che oecorre a unsolo, essere inaccettabile ll7nu'tov, per la ragione

contraria.

Sesto Adv. mathem. VII, 132

132. Percio sui principio del TI8p i cpouero<;gli, addi-

tando in certo modo il mondo circostante dice:

[framm. 1].

133. Avenda con cio chiaramente posto che per parte-

cipazione della ragion divinafacciamo e inten-

diamo, un po' pili oltre, soggiunge: Conviene per-

tanto seguire la comune (ragione) [fr. 2J. s,uv6<;

vale comune (K01V6v).Essa poi non e aItro che

esposizione del modo del governo del tutto. Per-

cio in quanta noi partecipiamo universalmente

della memoria di essa, ci apponiamo al vero (a-

A:rrttEU0J.1EV);n quanta pensiamo a modo nostroindividualisticamente (il)uiaroJ.1Ev)'inganniamo.

134. E anche in do pone molto chiaramente Ia ragione

universale come criterio; e quello che pare univer-

salmente dice accettabile per veto quasi giudica-

to dalla ragione universale, cio invece che pare a

ciascuno secondo la sua ragione particolare, falso.

} Leggi razionali (H.A.C.).

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TRASCRIZIONE

VIII, 286. Ed Eraclito dice apertamente che l'uomo

non e per se stesso razionale: rna essere razionale

soltanto quello che e intorno a lui to 7ttplaxov.

Apoll. Tyan. ep. IX. Eradito il fisico disse I'uomo per na-tura essere irrazionale ilAoyov.

Chaicidius: At vero Her. intimum motum, qui est intentio

animi sive animadversio, porrigi dicit per ocuIo-

rum meatus atque ita tangere tractareque visenda.

17. Aezio: (Eraclito essere immortale l'anima); poiche uscita

fuori se ne va col suo elemento omogeneo l'anima del

mondo.18. » : Eraclito e gli stoici (vogliono) che gli uomini comin-

cino a esser completi verso la seconda settimana (d'anni)

quando si muove il liquido seminale.

19. Plut.: Quelli che conoscono gli ilBrovttc;fanno sulle tracce

di Eraclito la generazione di 30 anni, che e il tempo nelQuale il padre da il figlio generante.

Filone: E possibile nel 30° anna che l'uomo diventi avo,

tocchi la puberta verso il 140anno, nel quale emette il

seme, e quello che nasce dal suo serne all' anno, alla sua

volta, ne115° anna puo generare un simile a se,

Censorino 17.2. Saeculum est spatium vitae humanae 10n-

gissimum partu et morte definitum. Quare qui annos

triginta saeculurn putarunt multum videntur errasse.

Hoc enim tempus genean vocari Heraclitus auctor est,

quia o rb is a eta tis in eo sit spatio; orbem autem vocat

aetatis, dum natura ab sementi humana ad sementim re-

vertitur.

20. Calcidio (? da Poseidonio Comm. al Timeo): Heraclitus vero

consentientibus Stoicis rationem nostram cum divina

ratione conectitregente acmoderante mundana: propter

inseparabilem comitatum consciam decreti rationabilis

factam quiescentibus animis ope sensuum futura denun-tiare. Ex quo fieri, ut adpareant imagines ignotorum

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TRASCRIZIONE 205

locorum simulacraque hominum tam viventium quam

mortuorum. Idemque adserit divinationis usum et prae-

~; moneri meritos instruentibus divinis potestatibus.

21. Clem. Strom. II, 130. Dicono che Anassagora di Clazomeneaffermi fine della vita essere la conoscenza ( ' i 1 E O O p { U V ) e

la I iber ta che viene da essa; ed Eraclito di Efeso ilriuscir

graditi.

k 22. Eudem. Eth. H, 1. Anche Eraclito riprende colui che in-

voca (Omero Iliade 1: 107) distruggitrice la discordia

degli dei e degli uomini; poiche non ci sarebbe armonia

senza I'acuto e ilgrave e, negli animali, senza femmina e

maschio, che sono contrarii.

Simpl. Cat. 412, 26: al verso di Omero aggiunge: giacche

dice che essa regge tutto.

Calcidio:Numenius laudat Her. reprehendentem Home-

rum qui optaverit interitum ac vastitatem malis vitae,

quod non intelligeret mundum sibi deled placere, siqui-

dem silva, quae malorum fons est, exterminaretur.

23. Polibio IV.20. Non e pili conveniente ricorrere per quelloche non si conosce all' autorita dei poeti e dei mitografi,

come facevano la maggior parte degli antichi, mettendo

innanzi intorno alle cose dubbie come (autori) sicuris-

simi, come notava Eraclito, quelli che non meritano

nessuna fede.

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II

ERACLITO. FRAMMENTI DIELS

1. Benche 1a ragione sia pur tale come si dira (-rouoE),sempre

ignari sono gli uomini e prima d'averla udita e a principio

che l'hanno udita. Benche infatti tutte le cose si producano

secondo cotesta ragione (essi) somigliano a gente affatto

nuova ai discorsi e aIle cose del genere di quelle che io

espongo, distinguendo ciascuna secondo la sua natura e

dicendo come essa e . Egli e che gli altri uomini ignorano

quanta fanno svegliati, come non si ricordano di quantafanno dormendo.

2. Percio convien seguire la comune ragione (logos); rna quan-

tunque la ragione sia comune 1amaggior parte vivono come

ciascuno avesse un modo suo speciale d i ragionare (opo-

V 1 1 O ' t V ) .

4. Alberto M. de veget. VI 401. Heraclitus dixit quod Si

felicitas esset in delectationibus corporis, boves felices dice-

remus, cum inveniant orobum (piselli) ad comedendum.

5. (rit. di religione) Si purificano lordandosi altrimenti di san-

gue come se alcuno, caduto nel fango, volesse pulirsi nel

fango stesso. E parrebbe pazzo se uno 10 vedesse a far cio. E

pregano innanzi a queste statue quasi uno stesse a confabu-

lare col muro. Essi non conoscono gli dei e gli eroi quali

sono.

3. (Della grandezza del sole) la dimensione di un pieded'uomo.

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208 TRASCRIZIONE

6; Arist. Meteor. 11,2. II sole non e soltanto, come dice Era-clito, nuovo ogni giorno, rna e nuovo sempre continua-

mente.

7. Se tutte le case andassero in furno, il naso Ie distingue-

rebbe.

8. (Contrarii) Eraclito dice che cio che e contrario s'accorda e

dalle cose differenti nasce la pili bella armonia, e tutto

avviene per discordia.

9. (Relativita) Diverso e il piacere del cavallo e del cane e

dell'uomo; come Eraclito dice che gli asini preferirebbero

la paglia (1) all' oro; piace di pili infatti agli asini ilmangiare

che I'oro,

(1) (crusca?)

10. Parimenti la natura si volge ai contrarii e da essi trae 1'ac-

cordo, non dai simili; come per certo ilmaschio accoppia

con la femmina e non l'uno e l'altro con quello dello stesso

sesso, e il primo consenso produsse dai contrarii non dai

simili, Pare che 1'arte irnitando la natura faccia altrettanto;

la pittura infatti mescolando elementi di tinte bianche enere e di colori rossi fa Ie sue immagini armoniche conformi

agli originali; la musica accordando insieme suoni acuti e

gravi, e lunghi e brevi con diverse voci produce una unica

armonia; la grammatica facendo una mescolanza di suoni

accentati e non accentati ne trae l'arte intera. Questo stesso

era detto dall'oscuro <JKO'tE1VCP Eraclito: «Convengono il

tutto e il non-tutto,l'accordo e

ildisaccordo, la consonanzae la dissonanza, e da tutto uno e da uno tutto».

11. Degli animali e quelli selvaggi e quelli domestici e quelli

che vivono in aria e quelli che suUa terra e in mare nascono,

si fanno grandi e muoiono obbedendo alle leggi di Dio.

Ogni (animale) che striscia (sulla terra) e condotto al pa-

scolo dalla verga* (di Dio) come dice Eraclito.

(* aItra Iezione.rriv yrlv).

12. Zenone dice l'anima un'esalazione dotata di senso, come

Eraclito; volendo infatti mostrare che Ie anime nate da

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TRASCRIZIONE 209

esalazione vengono sempre intelligenti, (Eraclito) le para-

gona ai fiumi dicendo: a chi scende negli stessi Humi scor-

rono sopra altre e altre acque. E Ie anime anch'esse esa1ano

dall'umido [doe sorgono quasi come vapore ... J.13. Bisogna che l'elegante non sia sporco ne squallido e non si

diverta can 1 0 stereo, per dirla con Eraclito.

14. A chi profetizza Eraclito l'Efesio? Ai sonnambuli, ai maghi,

ai baccanti, aIle Menadi, agl'iniziati; ad essi minaccia le pe-

ne dopa morte, e ad essi predice ilfuoco. Giacche quei misteri

che sooo in yoga tra gli uomini empiarnente s'insegnano.

15. Giacche se non fosse Dioniso, a cui faono 1a processione e

cantano l'inno fallico, sarebbe un fatto proprio brutto. Sono

poi una sola cosa Ade e Dioniso, per cui s'insanisce e de-

bacca.

16. Come puo rimanere occulto a qualcuno il fuoco che mai

non tramonta?

17. Non iotendono cio molti, ai quali pure do si presenta (oc-

currit), ne se s'insegna loro l'imparano, benche se l'immagi-

.runo.18. Se ei non speri, non trovera l'insperato, che e introvabile e

inaccessibile.

19. Rimproverando a taluni 1a lora mancanza di fede Heraclito

dice: «che non sanno ne stare a sentire, ne parlare».

20. Eraclito dunque pare che ritenga come un male la genera-

zione quando dice: - nati che sono vogliono vivere e andar

quindi incontro alla morte, piuttosto che quetarsi e 1asdanofigli che vadano anch' essi incontro a11amorte.

21. Morte e quanto vediamo svegliati, sogno quanta dor-

mendo.

22. Quelli che cercano l'oro scavano molta terra e trovano poco.

23 . Non conoscerebbero il nome della Giustizia, se cia non

fosse.

Diels: doMullach:

Tannery:

- das Ungerechte- haec supplicia

- peruersite

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210 TRASCRIZIONE

24. I caduti in guerra onorano Dei e uomini.

25. Le morti maggiori ricevono le sorti maggiori.

26. L'uomo nelle tenebre s'accende un lume quando e morto [e

spento illume degli occhi]; in vita per aItro dormendo e incontatto con la morte, quando e spento illume degli occhi,

sveglio e in contatto col sonno.

Tannery: L'uomo nella notte accende una luee per se; mor-

to, e spent a , rna vivendo, nel sonno e gli oechispenti, arde pili morto; sveglio, piu che se dorme.

27. Cio che aspetta gli uomini dopo la morte, non 10 sperano ne

1 0 immaginano (l'opinano, ne hanno un'idea).28. L'uomo infatti veramente degno di fede (oolCtJ.l(i)'tu'toC;),on

cambia le opinioni che ha; rna Giustizia colpira gli artefici e

itestimoni del fa1so.

29. Una cosa a tutto i grandi preferiscono, la gloria a tutte mai

le case mortali; la fo11ainvece si sazia (KOPEVVUllt)ome

besti e (K't1lVOC;).

30. Questo mondo, 10 stesso per tutti, non 10 feee aicuno degli

dei ne alcuno degli uomini, rna fu sernpre ed e e sara fuocoeternamente vivo (aeil;roov),che a misura s'accende e a mi-

.sura SI spegne.

31. Che abbia ritenuto essere generabile e corruttibile indica la

citazione: - trasformazioni del fuoco dapprima il mare, del

mare poi per meta la terra per meta vento infocato (pre-

stere), Cio significa che il Fuoco dal Logos 0 Dio che

governa l'universo e rnutato in acqua quasi in seme dellaformazione del mondo, che egli dice mare; da questa poi

nasce la terra e il cielo e quanto c'e in mezzo. Come poi itmondo di nuovo ritorni al suo essere originario e succeda la

conflagrazione cosmica, chiaramente 1 0 accenna nelle se-

guenti parole: - II mare si spande e riprende la sua misura

secondo quel rapporto, che c'era prima del formarsi della

terra.32. Quell'uno (BV)che solo e saggio non vuole e vuole esser

chiamato col nome di Giove.

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TRASCRIZIONE 211

33. E usanza obbedire anche a1 vo1ere d'un solo.

Mullaeh: V O ) . l O < ; Kat ~ O U A " 1 ts i8 sc r8 U l E v 6 < ;

(e cita per 1 ts i9 sc r9U l 'tlv 6 < ; Erod. I, 126). AHara:

Lex et consilium est in oboedire.

34. Chi ode e non intende puo assomigliarsi a un sordo: il

discorso attesta di lui che presente e assente.

Ovvero (Diels): a lu i si riferisce il proverbio: II presente e

assente.

35. Secondo Eraclito i filosofi bisogna che sappiano bene di

rnolte cose.

36. Per le anime 1a morte e divenir acqua, per l'aequa poi lamorte e diventar terra; per converso dalla terra vien l'acqua,

dall' aequa l' anima.

37. Columella VIII, 4. Si modo credimus Ephesio Heracleto

qui ait sues caeno [fango], cohortales aves [polli] pulvere

vel einere 1avari.

(efr. fro5)

38. (Talete) secondo alcuni avrebbe pel primo studiato gli astri.

La attesta anche Eraclito e Democrito.

39. Biante, figlio <di> Teutame, del quale si parla piu che di

alcun altro, nacque a Priene.

40. La polimazia non insegna a intendere; giacche l'avrebbe

insegnato a Esiodo, a Pitagora, e poi a Senofane ed Eca-

teo.

41. Non c'e se non una sola saggezza, conoscere la ragione che

governa i1 tutto e ciascuna cosa.42. Diceva anche Omero degno di esser cacciato via dagli agoni

e fustigato e cosl Archiloco.

43. Convien (Val pili) spegnere una malvagia disposizione

( i )~P IV) che un incendio.

44. II popolo deve combattere per la sua legge come per le sue

mura.

45. Dell' anima tu non potresti scoprire i termini pure percor-rendo ogni sua via; cosi pro fonda essa ha le sue radici

(AOyOV).

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212 TRASCRIZIONE

46. La presunzione diceva mal caduco (malattia sacra = Ispcv

vooov) e la vista ingannare.

47. Non pensiamo inconsideratamente intorno alle cose piu im-

portanti.48. ~ios: I'arco ha il nome di vita (~iOl;), e ilsuo effetto e la

morte.

49. Uno a me diecimila, se sia ottimo.

49a. Negli stessi fiumi scendiamo noi e non scendiamo; nor. .Slama e non siamo.

50. Eraclito dice essere il tutto e uno divisibile indivisibile, ge-

nerabile ingenerabile, mortale e immortale, verba * eter-no, padre figlio, dio giusto; colora che ascoltano, non me,

rna ilverba e saggio convengano che tutte Ie cose siano uno.

(* A,oyov )

51. Non intendono come essendo differente sia identico can se

stesso; e un'armonia che torna su se stessa (1 taAiv ' tpo1to~)

come d'arco 0 di lira.

52. II tempo e un fanciullo che giuoca e muove pedine (calculis

ludit); del fanciullo e ilregno.53. La guerra e la madre di tutte le case, di tutte regina, e fa

degli uni dei, degli altri uomini, e questi schiavi, quelli li-

beri.

54. Armonia nascosta migliore della palese.

55. Di quanta c'e vista, udito <e> scienza (= rnathesis), que-

sto io preferisco.

56. Si sono ingannati, egli dice, gli uomini in quanta alIa stessa

conoscenza delle cose manifeste ( <pavEprov ) come Omero,

che fu il pili savio di tutti i Greci. Di lui infatti si presero

giuoco fin certi fanciulli che ammazzavano pidocchi, di-

cendo: «tutto quello che vediamo e prendiamo 1 0 lasciamo

stare, quello invece che non vediamo e non prendiamo, ce

1 0 portiamo».

57. Maestro dei piu Esiodo: e ritengono che sapesse assai assaicostui, che non sapeva che cosa fossero ilgiorno e la notte;

giacche non sono se non una sola cosa.

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TRASCRIZIONE 2I3

58. (Bene = male) E bene e male (sono uno). I medici, dice

Eradito, quando tagliano e bruciano in tutte le parti, e

tormentano in malo modo i malati, vogliono per giunta,

benche non si meriterebbero nulla, aver l'onorario dagliarnmalati, facendo lora a un tratto due cose, un beneficio e

un male.

59. Del cardo la via, dritta a curva (il movimento dello stru-

mento detto K O X A t O < ; nel cardare, in quanta diritto 0 curvo;

giacche puo andare tanto in su che in giro) e una, egli dice,e medesima.

(cfr, Tannery p. 197).

60. La via che sale e che scende e una e medesima.61. II mare (e) Ia pill pura e la pili sporca aequa, pet ipesci

bevibile e salutare, per gli uomini imbevibile e mortale.

62.4(Relativita) L' aequa del mate e la pill pura e insieme la piliorribile, potabile e salutare ai pesci, non bevibile efunesta

agl i uomini.

62. Gl'immortali mortali, e i mortali immortali, viventi la mot-

te di quelli e morenti Ia loro vita.

Zeller-Boutroux: Gli uomini son dei mortali, gli dei uo-

mini immortali.

Tannery: GI'immortali sono mortali, e i mortali immortali;

la vita degli uni e Ia morte degli altri; la morte

degli uni, la vita degli altri.

63.-64.-65.-66.

Egli parla anche d'una risurrezione della carne, di questavisibile, in cui siamo nati, e conosce Dio come causa di

questa risurrezione, dicendo cosi:

- Innanzi a quello che e n , si levano e diventano guardiani

vigilanti di vivi e di morti.

- Dice che anche del mondo e di tutto cio che e in esso si fa

giudizio col fuoco dicendo cosl:

4 In realts e una variante del 61 (H.A.C.).

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214 TRASCRIZIONE

- L a fo lgore regge l 'uniuerso, cioe 1 0 guida, dicendo fulmine

ilfuoco eterno.

Dice inoltre essere razionale <pp6Vl~OV questo fuoco e

principio del reggimento del mondo. Lo chiama anche di-[etta ed eccesso; difetto e secondo lui I'ordinamento mon-

dano, e la conflagrazione poi eccesso. Giacche il fuoco

sopravverra egli dice e giudichera e condannera tutto.

67. D io giorno notte, in verno esta te, guerra pace, sazieta fam e (e

tutti i contrarii; questa il senso), si tra sjo rma come [il

fuoco], quando si mescoli a profumi, prende questa 0 quel

nome secondo il piacere di ciascuno.

67. Ita vitalis calor a sole procedens omnibus quae vivunt vitam

subministrat. Cui sententiae Heraclitus adquiescens opti-

mam similitudinem dat de aranea ad animam, de tela ara-

neae ad corpus. S i c] u r.l aranea, ai t , stans in medio telae

sentit, quam cito musea aliquem filum suum corrumpit ita-

que illuc celeriter currit quasi de fili perfectione dolens, sic

hominis anima aliqua parte corporis laesa illuc festine meat

quasi impatiens laesionis corporis, cui f i rme et proportiona-liter iuncta est.

68. Giamblico: E percio Eraclito le chiamava (le orgie dionisia-

che) a buon dritto UKBU (= medicine), quasi mezzi atti a

guarire imali e risanare Ie anime.

(rna di quali orgie parlava? efr. fr. 15 e 69).

69. Giamblico: Di sacrifizii io dunque ne pongo due specie: g li

uni degli uomini interamente puri, quali possono rararnentefarsene da un solo, come dice Eraclito ", 0 da pochi uomini

facili a contarsi; gli altri invece materiali ecc.

(* ole e < p ' £voc ; iiv T C O " C B YEVO ttO O '1 tUV tro C ;).

70. Eraclito chiamava le opinioni degli uomini giuochi di fan-

ciulli.

71. Bisogna anehe ricordarsi di ch i si scorda dove porta la strada .

(Di Eraclito solo il corsivo).

72. Dalla ragione con cui pill di continuo hanno consuetudine,

quella che regge il tutto, da essa s'estraniano, e quelle cose

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TRASCRIZIONE 215

in cui tutto dl s'imbattono, esse paiono a loro straniere.

73. Non bisogna agire e parlare come idormienti; giacche an-

che allora ci pare di agire e parlare.

74. Non si deve fare come iigli dei genitori, cioe, piu semplice-mente: secondo che abbiamo appreso.

75. M. Aurelio: Eraclito, io credo, dice che idormienti sono i

Iavoratori e quanti partecipano con le Ioro opere alla vi-

cenda di quel che avviene nel mondo.

76. Vive il fuoco la morte della terra, e l'aria vive Ia morte

del fuoco, l'acqua vive Ia morte dell' aria, la terra quella del-

I'acqua.

La morte del fuoco e nascita dell' aria, e la morte dell' arianascita dell' acqua. Che la motte della terra e nascita dell' ac -qua, e la morte dell' acqua e nascita dell' aria, edell' arianascita del fuoca e poi da capo.

77. Onde anche Eradito dice: per le anime piacere a morte ediventar umide; piacere poi essere a esse I'entrata nella vita.

D'altra parte dice noi vivere Ia Ioro (delle anime) morte ed

esse vivere Ia nostra morte.78. Perche il costume (il senso ~tJos?) umano non ha ragione

(scopo = yvrol la~) il divino invece l'ha,

79. L'uomo stolto ascolta il demone come il bambino

l'uomo.

80. Convien sapere che Ia guerra e universale ( ~uvov ) , e giusti-

zia Ia discordia, e che avviene tutto per opera di discordia e

per necessita (xpeoof leva : Mullach corregge cpge tpOl leva) .81. L'istruzione rettorica (aratoria) mira can tutti isuoi inse-

gnamenti a questa ed e secondo Eraclito una guida a l rn a-

cello.

(Ko1 t i oes = cultri).

82. (Relativita) La piu bella scimmia e brutta paragonata al

genere umano.

83. (Relativita) II piu saggio degli uornini di fronte a Dio pa-re una scimmia e per saggezza e per bellezza e per tutto il

resto.

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2I6 TRASCRIZIONE

84. Mutando si e quieti, e, fatica e essere afflitti e governatisempre dalle stesse case.

(Diels: denselben Herren) .

85. Difficile lottare con le passioni (= t } U J 1 C P ) . Compranol'anima.

86. La conoscenza del divino in gran parte si sottrae all'intel-

letto, per difetto di fede ( c : i 1 n O " ' t i n ) .

87. L'uomo sciocco ama (suole) a ogni discorso meravigliarsi,

88. (Divenire) Lo stesso e esser vivo e morto, svegliato e addor-

mentato, giovane e vecchio. Questo, mutatosi e quello, equello di nuovo mutatosi, questo.

89. Eraclito dice: per tutti nella veglia c'e un solomondo co-

mune; rna nel sonno ognuno guarda al suo particolare.

90. II fuoco si scarnbia can tutte le case (aV ' tQJ l01P i] =compen-

satio), e tutte Ie case col fuoco, come l'oro coi beni, e i beni

can l'oro <beni = merci> .

91. In un fiume non e dato en trare due oolte che sia to stesso , -

secondo Eraclito (efr. 12), ne due volte toccare la stessa

sostanza mortale nella sua forma; rna con l'impeto e larapidita del cangiarnento, separa (dissipa, mdOVQ~J .( l t ) e lorn a

ad unire (anzi invero non torna, poi, rna a un tratto unisce e

divide) e s'accosta e s'allontana.

92. Ma la Sibilla can furente Iabbro (crourrn), come dice Era-

elito, dicendo parole senza sorrisi, senza ornamenti, senza

unguenti merce ilDio, vince con la sua voce millennii.

93. II Signore, che possiede l'oracolo di Delfo, non dice necela, rna accenna.

94. Giacche il sole non oltrepassera la sua misura (confini); se

no, le Erinni, ministre di Giustizia, 10 agguanteranno (tro-

veranno).

95. Giacche e meglio celare la propria ignoranza; soltanto edifficile nell' abbandono e nel vino.

(sv UV60'8l = quando uno si lascia andare)

96. Icadaveri sono pili da buttar via che il letame.

97. Icani abbaiano a quelli che non conoseono.

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TRASCRIZIONE 217

98. Le anime nell' Ade sentono I'odore.

99. Se non ci fosse sole, malgrado gli altri astri farebbe notte.

100. Le stagioni portano tutto.

101. 10 ho cercato me stesso.lOla. Gli occhi sono testimoni pili esatti « i1CptpEOtEPOt) degli

orecchi.

102. In Dio tutto bello e buono e giusto, gli uomini invece

ritengono (sospettano) certe case ingiuste e certe giuste.

(cfr. f ro 110)

103. Nella circonferenza d'un cerchio coincide principio e fine.

104. Che intelligenza, che spiritoeilloro? Van dietro ai canta-

storie e pigliano per maestro ilvolgo ignari che ipili son

tristi, e che son pochi i buoni.

105. Che Omero sia stato Astrologo Eraclito desume da questo

luogo (IliadeXVIII, 251): «anche nacquero in una notte»

e da VI, 478 «Giammai io credo, alcun dei mortali sfuggl

al destino».

106. Seneca, ep. 12, 7. Unus dies par omni est - un giorno ecome l'aItro -

107. Cattivi testimoni agli uomini gli occhi e gli orecchi se han

barbara l'anima.

108. Meglio celare la propria ignoranza che portarla in mezzo.

109. Toccare agli uomini quanta vogliono non e meglio.110. Non e ilmeglio per gli uomini che succeda quanto deside-

rano.

(Necessita del dolore. Suo bene. Male=bene. Cfr. f ro 109).111. La infermita fa dolce la salute, il male e il bene, la fame la

sazieta, la fatica il riposo.

112. II pensiero e la maggiore virtu, e la saggezza consiste neldire la verita e nell' operare secondo natura porgendole

orecchio.

113. II pensiero e comune a tutti.

114. Quelli che parlano con mente convien che prevalgano conessa che e comune a tutti, come 1 0 stato con la legge, e

anche pili. Poiche tutte le leggi umane sono alimentate

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2I8 TRASCRIZIONE

dall'unica divina; governa infatti essa quanta vuole, e ba-

sta a tutto, e avanza (trionfa.).

115. Dell'anima e it logo che accresce se stesso A.6'Yo~uu'tov

uu~rov.

116. Agli uomini tutti e dato conoscer se stessi e (pensare)

diventar saggi (epoveiv).

117. L'uomo quando ha bevuto si fa condurre da un fanciul-

letto, barcollando, non badando dove mette ipiedi, con

I'anima umida.

118. Diels: Occhio asciutto, l'anima pili saggiae migliore.

119. L'ingegno all'uomo e il suo nume.120. Dell' aurora e della sera i limiti son l'Orsa e di rimpetto

all'Orsa ilterrnine dello splendente Giove.

121. Meriterebbero gli Efesii, tutti indistintamente, essere

strangolati (ci1tay~ro) e lasciare la citta loro ai minorenni:

essi che cacciarono Ermodoro, it pili valente uomo tra

lora, dicenclo: tra noi nessuno sia il pili valente; se no,

altrove e con altri.

CiceroTuscul. V, 105: Est apud Heraclitum physicum de

principe Ephesiorum Hermodoro; universos ait Ephesios

esse morte multandos, quod, cum civitate expellerent Her-

modorum, ita locuti sunt: «Nemo de nobis unus excellat;

sin quis extiterit, alio in loco et apud alios sib>.

122. Suida: c iYXt~acr i l lv = avvicinarsi invece di UJl<ptcrflu ' tElv .

123. La natura poi secondo Erac1ito ama nascondersi (non sco-

prirsi).

124. Teofrasto: Sarebbe anche assurdo pensare, se l'universo

(oopuvoq) nel suo insieme e tutte Ie parti singolarmente

fossero in ordine e can ragione, forme, attributi (Sovdus-

my) e periodi, - che nei principii non ci fosse poi nulla di

tutto cio; rna il piu bell' orcline mondano dice Eraclito, ecome un mucchio di spazzature gettato Iia casaccio.

125. Anche l'orzata si separa se (non) e agitata.126. Le cose fredde si riscaldano, una cosa calda si raffredda,

una umida s'asciuga, una secca s'inumidisce.

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ERACLITO

Da: Giovanni Gentile,

Storia della filoso fia . D alle orig in i a P la ton e,

pp. 51-59

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Anche per Pitagora e per isuoi seguaci l'essere era movi-

mento e divenire, Ma l'intuizione acuta, profonda di questa

mobilita essenziale dell'essere tutto vivo riempi I'anima di un

altro pensatore di questa eta, austero, sdegnoso, religiosamente

raccolto nella tragica sua visione della vita, Eraclito di Efeso.

Della generazione successiva a quella di Pitagora, egli fieri negli

ultimi anni del VI secolo; nacque forse nel536 e mod ne1470.

Ebbe contezza di Pitagora, della sua scienza e della sua filosofia;10 ritenne uomo di vasta dottrina, andato pili oltre di tutti gli

altri ricercatori del suo tempo (fr. 129); rna di lui come degli altri

Greci anteriori pili celebrati per il molto sapere sentenzio su-

perbo che Ia polimazia non fa capire di pili (fr. 40). Scrisse un

libro anche lui col titolo 1ntorno alta natura, il cui stile epigram-

matico e sentenzioso, se creo all' autore Ia fama di oscuro (0'1(0-

rervoc), fece citare e passare quasi in proverbio molte delle sue

proposizioni. Sicche di queste pili antiche opere filosofiche gre-

che andate disperse, e una di quelle di cui avanza maggior

numero di frammenti. La cui brevita per altro e densita, se giovo

a fare dei detti eraclitei, almeno per buona parte di essi, delle

sentenze proverbiali, facendoli spesso allegare a suggello di pen-

sieri dei diversi filosofi, dascuno dei quali cita, come accade,

secondo un'interpretazione sua, ha creato una singolare diffi-

colts agli interpreti, obbligati a lavorare di congettura, co-

struendo e deducendo a seconda dei loro presupposti e del

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222 GIOVANNI GENTILE

Ioro concetto sistematico di quella remota filosofia. A cio si

aggiunga l' azione suggestiva che 1 0 stesso fare oscuro e senten-

zioso esercita sempre su tutti gli studiosi e Ie tentazioni che sulla

mente degli storici esercitano facilmente Ie analogie tra i coo-

cetti di Eraclito e i concetti di taluno dei maggiori filosofi

recenti, che in altro piano speculativo furono per COS1 dire

dominati da un'ispirazione erac1itea.

Certo Eraclito e il pili Iogico, ossia il pili speculativodeifilosofi ionici (ai quali Pitagora va congiunto), e chiude e sug-

gella il primo periodo della filosofia naturalistic a dei Greci,

portando coraggiosamente alIa forma pili chiara e pili coerenteil concetto che essi si fanno della realta, come realta uniforme,

unica nel suo principio, infinitamente varia nelle forme derivate

in un flusso eterno come ilprincipio che 1 0 genera. Coraggiosa-

mente, perche la filosofia, quando compie quello sforzo che a lei

spetta di compiere, urta imodi pili comuni di pensare, che sana

i pili fermi e formano il patrimonio di quel senso comune che

per i pili e il buon senso 0, come dicono i Tedeschi, il sanaintelletto. Icui dettati non si possono violare impunemente

senza incorrere in una di quelle condanne atrod, che mettono

I'individuo al bando del consorzio degli uomini ragionevoli.

Non si e filosofi senza capacita di opporre il pili sereno di-

sprezzo a siffatti giudizi del volgo, senza la coscienza di avere in

se stesso il giudice supremo a cui sempre convenga appellarsi,

senza esser disposti a ogni rinunzia rispetto ai beni che possono

esser concessi dall'approvazione sodale, compresa la vita. Ma gli

eroi del pensiero umano sono in numero molto minore di quello

dei filosofi, che concorrono al lento maturare dei pili ardui

pensieri: e uno dei pochi e questa oscuro efesio.II suo significato storico (il suo maggior merito) e quello di

aver ricavato energicamente tutte le conseguenze dei filosofemi

che si erano venuti svolgendo da Talete in poi. II suo gran detto

n r iv tu pE l (tutto fluisce) era pur quello che oscuramente avevandetto e pensato ipredecessori. Iquali pero non vedevano cosi

nettamente che cosa importa questa fatto che tutto fluisca; e

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STORIA DELLA FILOSOFIA 223

percio credevano tutti di potersi concedere una qualche tregua a

questa mota incessante che tutto travolge e traveste di forma in

forma. E come nella rappresentazione empirica del rnovimento,

questo non esclude un punto di partenza, che e fisso, e infinitipunti interrnedi, ciascuno dei quali e quello che e , ossia e ugual-mente fisso, e puo essere infatti una stazione in cui ilmovimento

si interrompa per indi riprendere e proseguire; cosl e nella

intuizione fondamentale di questi primi pensatori che it divenire

universale non esclude che it principio sia acqua, 0 aria, 0 altro:

ossia un che d'indeterminato rispetto aIle determinazioni deri-

vate, ma deterrninato (can una certa natura) almena in quantodistinto, e profondamente distinto da ciascuno degli esseri deri-

vati. E questi esseri alIa loro volta, saranno bensi il risultato di

un movirnento causato dal principia originario anima di tutta 1a

vasta mole corporea; rna ciascuno di essi sara un elemento deter-

minato, inconfondibile con gli altri; come si vede infatti nel-

l'esperienza, dove l'acqua e acqua e non e aria, e l'aria non eterra ne fuoco per essere aria. Dunque per iprecursori di Era-

clito ndvrn pel si, rna senza che percio si debba contraddire al

pensare comune, che il moto vede e concepisce in perpetua

alternativa can 1a quiete. Viene EracHto, e 1a rompe col pensare

comune, e coi rnezzi termini; e pretende che si faccia sul serio, e

si stia, come di dovere, alIa logica, e si neghi percio ogni quiete,

per pensare senza riserve ne limitazioni, che tutto fluisce.

«Non e possibile», egli dice in uno dei suoi frammenti pili

famosi, «discendere due volte nello stesso fiume, ne due volte

toccare una sostanza mortale nello stesso stato; rna per l'impeto

e la velocita della mutazione si disperde e di nuovo si ricom-

pone, e viene e se ne va» (fr. 91). Dunque, ogni sostanza mortale

e come la corrente di un fiume, in cui non si entra due volte

senza che le acque non si rinnovino. E gia nel discendere in un

fiume, com'e .detto altrove (fr, 12) «sopraggiungono sempre

altre e aItre acque». Dunque, «noi scendiamo e non scendiamonella stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo» (fr. 49a). Non

solo nulla delle cose a cui noi ci volgiamo col pensiero e coi

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STORIA DELLA FILOSOFIA 223

percio credevano tutti di potersi concedere una qualche tregua a

questa mota incessante che tutto travolge e traveste di forma in

forma. E come nella rappresentazione empirica del movimento,

questo non esdude un punto ill partenza, che e fisso, e infinitipunti intermedi, ciascuno dei quali e quello che e , ossia e ugual-mente fisso, e puo essere infatti una stazione in cui ilmovimento

si interrompa per indi riprendere e proseguire; cosi e nella

intuizione fondamentale di questi primi pensatori che ildivenire

universale non esclude che ilprincipio sia acqua, 0 aria, 0 aItro:

ossia un che d'indeterminato rispetto aIle determinazioni deri-

vate, rna determinato (con una certa natura) almeno in quantadistinto, e profondamente distinto da ciascuno degli esseri deri-

vati. E questi esseri alIa loro volta, saranno bensi il risultato di

un movimento causato dal principio originario anima di tutta Ia

vasta mole corporea; rna dascuno di essi sara un elemento deter-

minato, inconfondibile con gli altri; come si vede infatti nel-

l' esperienza, dove I'acqua e acqua e non e aria, e l' aria non eterra ne fuoco per essere aria. Dunque per iprecursori di Era-

elite miv'tu pE i si, rna senza che percio si debba contraddire a l

pensare comune, che il mota vede e concepisce in perpetua

alternativa con la quiete. Viene Eradito, e Ia rompe col pensare

comune, e coi mezzi termini; e pretende che si facda suI serio, e

si stia, come di dovere, alIa logica, e si neghi percio ogni quiete,

per pensare senza riserve ne limitazioni, che tutto fluisce.

«Non e possibile», egli dice in uno dei suoi frarnmenti pin

famosi, «discendere due volte nello stesso fiume, ne due voltetoccare una sostanza mortale nello stesso stato; rna per l'impeto

e Ia velocita della rnutazione si disperde e di nuovo si ricorn-

pone, e viene e se ne va» (fr. 91). Dunque, ogni sostanza rnortale

e come Ia corrente di un fiume, in cui non si entra due volte

senza che Ie acque non si rinnovino. E gia nel discendere in un

fiume, corn'e .detto altrove (fr. 12) «sopraggiungono sempre

altre e aItre acque». Dunque, «noi scendiamo e non scendiamonello stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo» (fr. 49a). Non

solo nulla delle case a cui noi ci volgiamo col pensiero e coi

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GIOVANNI GENTILE

sensi e quello (rnedesimo con se stesso); rna neanche noi che alle

cose ci volgiamo possiamo dire di essere qualche cosa di deter-

minato con una definita natura. A un discepolo di Eradito,

Cratilo (che sara maestro di Platone) parve percio che non sidovesse neanche parlare, rna, per aderire al flusso delle cose,

limitarsi a semplici cenni col dito,e clava sulla voceacl Eradito

perche aveva negate Ia possibilita di immergersi due volte nello

stesso fiume. Due volte? Neppure una, secondo IuP. Gli scolari

infatti drammatizzano e si sbracciano a fare scandalo. In realta

Eradito stesso aveva inteso che nelle acque dello stesso fiume,

che sia uno stesso fiume, con quelle acque, non e possibileentrare ne due volte, ne una. Ma da do non s'era creduto

costretto a1 silenzio. Eraclito non fu un intuizionista, uno di'

quei filosofi, che, per avere scoperto questa 0 quella difficolta

che incontra ilpensiero sulla sua via, ne disperano aHatto, ed

escono nella contra ditto ria conclusione della rinunzia che il

pensiero debba fare a se stesso, pensando. Eradito, per poter

dire con la sicurezza e la fierezza delle sue affermazioni che

tutto fluisce, crede nella potenza del pensiero, can cui si per-

viene a siffatta conclusione; e distingue tra le cose mortali, che

insieme con noi in quanto mortali, sono e non sono; e sono tutte

le cose dell' esperienza, alle quali volgesi ilpensierocomune; e

le cose immortali, che sana poi una cosa unica, queH'Uno, di cui

pure parlava esplicitamente Pitagora. L'Uno a cui il pensiero

deve salire, per trovare qualche cosa che non fluisce pill, rna sta:

l'Uno oggetto della sola vera sapienza (che non puo esser datadall' esperienza).

Gia in Talete abbiarno avvertito che filosofare era superare

l'esperienza, e dalIe case fisiche, che sana 'i l contenuto di que-

sta, passare all'essere metafisico. Ma nessuno prima di Eradito

proclarno questa conversione necessaria che il pensiero filoso-

fando compie, dall' esperienza ad una realta tutta ideale e intelli-

1 ARIST., Metaph., IV, 5, 1009.

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STORIA DELLA FILOSOFIA 225

gibile. Che e l'Uno, anche per Eraclito; una monade vivente,

psichica, come per gli antecessori; legge comune a tutto e quindi

anehe agli uomini, Ia cui anima e Ia stessa universale anima,

ossia questa legge. Ma questa Iegge si manifesta alia riflessione

di Eradito qual' e appunto come la legge che l'uomo seorge

nella sua propria anima: mente, ragione. Onde l'Uno e ragione e

mente. E conoscere questa mente «che tutto governa pene-

trando in tutto» (fr, 41) proprio come l'aria pitagorica e ogoi

aItra forma di raffigurazione dell' anima per i precedenti filosofi,

questo, e solo questo, e sapienza. La quale si distingue profon-

damente da ogni aItra guisa di sapere, come ad Eradito pare che

nessuno abbia mai visto nettamente prima di lui. «Di quantiintesi la paroIa, nessuno giunse a questo, a conoscere cioe che la

sapienza e una cosa separata da tutte Ie altre» (fr. 108). La

sapienza e conformarsi alla legge, «seguire l'Uno» (fr. 33). E per

giungere a questa cima della vita umana, pensare. «11pens are ela piu grande virtu ... ed operare secondo natura intendendo» (fr.

112). E questo e saggezza. E poiche la mente universale e quella

stessa che e in noi, e forma la nostra anima, la filosofia e ricercae conoscenza di se stesso. 10 ho cercato me stesso (fr. 101) dice

Eradito; rna a tutti gli uomini e possibile cercare se medesimi.

Purche vogliano, purche credano di poter trovare, purche spe-

rino: «Se tu non speri, non troverai l'insperato, che e introvabileed inaccessibile» (fr. 18). E «senza fede sfugge la conoscenza»

(fr. 86). Cercare dunque nella propria anima, e qui s'incontra Ia

ragione che, a1 dire profondo di Eradito, «si accresce di se

stessa» (fr. 115): non prende da fuori, rna trae dal proprio fondo

ogni incremento, onde puo arricchirsi e crescere in potenza.

E in noi questa ragione, e il piu degli uomini non se n'avve-

dono. Essa e 1a ragione uoica per tutti, e ipiu vivono come se

ciascuno avesse una sua ragione personale. Essa e comune, e

opera e si manifesta in tutto, e peri> e sotto gli occhi di tutti,

quantunque cosl pochi la veggano, e [i piu] procedano a ten-

toni, inconsapevoli e come addormentati, ignari di se medesimicome chi svegliatosi dimentica quel che ha fatto in sogno. Giac-

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GIOVANNI GENTILE

che c'e gente, che ode e non intende, sorda e cieca. Presente e

assente (fr. 1e 34).

II metoda della filasofia, che sveglia la mente degli uomini e

le fa vedere l'identita sua con 1aRagione, si raccoglie tutto in unmonito, intellettuale insieme e morale: riflettere su se stesso, e

aver fede in questa riflessione come via di raggiungere l'Uno,

dov'e 1a verita, Dove si apprende che tutte le cose sana l'Uno

medesimo, increato, eterno. Quest'Uno e fuoco; non il fuoco,s'intende, che e uno deglie1ementi sensibili oggetti di espe-

rienza, che bisogna superare per attingere questa Uno che efuoco, il fuoco stesso di cui ha parlato Pitagora ma qui pro-

mosso da elemento della diade a monade suprema: 1a materia

cioe che non e questa ne quello, ma 1acui essenza sta tutta neldivenire, e passare dal non essere all'essere e vieeversa. II fuoco,

dice Eraclito, «eternamente vivo, che a misura s'accende ea

misura si spegne» (fr. 30); 1addove ogni fuoco che si vede nel-

l'esperienza non e eterno: e prima combustibile, e poi cenere.Non c'e, c'e, e poi non c'e pili. II fuoco dell'Uno, che e 1a

ragione 0 1amente a la leggee I'essenza di tutto,e eterno. A

intenderne il significato, e intendere insieme ilmotivo per cui

Eraclito 10 assume a «principio » , giova confrontare il fuoco

eracliteo p. e. con l'acqua di Talete. La quale passers in aria, e

poi in terra e poi in fuoeo; rna prima e acqua; e poi quando sara

aria non sara pili acqua. L'essere, concepito come acqua per

quanta questa acqua sia animata e semovente, non si risolve

ancora senza residuo nel divenire. E percio non e rappresenta-bile se non in una forma determinata, e quindi fissa. II fuoco

invece, tra i fenomeni della natura (ossia 1acombustione) e tutto

nel passare, nell' ardere, che e sempre un bruciare e uno spe-

gnersi, e un ricominciare da capo; giacche il fuoco torna in

cenere se non si alimentae rinfoeola. In esso, se corpo aneora

puo dirsi, 1a corporeita 0 materialita c'e in quanta non c'e,

perche nel bruciare si distrugge. II moto, in cui consiste 1acombustione, nega a grado a grado la consistenza della materia,

la smaterializza e riesce ad attingere la meta verso la quale tutta

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STORIA DELLA FILOSOFIA 227

questa primitiva speeulazione naturalistica era indirizzata: a ri-

solvere doe tutto l'essere in un puro divenire.

Giacche posto ehe tutto sia fuoco, tutto ha la stessa natura: di

passare da essere a non essere e da non essere a essere, rna nonesser mai nulla. E se Eraclito pensera anche lui, sotto la sugge-

stione della dottrina astronomica calclaico-babilonese, a periodi

ciclici dell'universo, eonchiusi ogni volta da una conflagrazione

universale, onde tutto tornerebbe fuoco per riprendere la via e

rifare un nuovo mondo, questa sorta di mitologia non toglie al

fuoco, che e 1'Uno e pero la ragione, la sua immanenza a ogni

cosa mondana dentro a ciascun cicIo. Questa concezione ciclicadella vita universale giovera anche a lui a conferma del carattere

.essenziale e universale del principio, clalquale bisogna tornare a

rifarsi quando piu la vita pare che se ne sia dilungata; rna il

fuoeo e sempre l'essenza di tutto.E l'essenza di questa realta, che e l'universa realta, e quella

medesima intuita gia da Pitagora e studiata pili tardi, non senza

influsso eracliteo, dai pitagorid: l'unita 0 identita dei contrari.

Units 0 identita, di cui Eraclito ha additato la profonda scaturi-

gine logica, simboleggiata dal fuoco (che non e per aItro unsimbolo per lui, ancor preso, anche lui come i predeeessori, dal

concetto dell' essere come natura fisica, alIa quale ilfuoco appar-

tiene mentre pare che la superi e neghi). Per Eraclito ci dice

cosi, perche tutto e armonia di opposti: perche, egli dice, e

fuoco, e il fuoco, come ognuno puo vedere, e essere e non

essere, come l'acqua del fiume che scorre, come l'essere e l i noistessi che ci tuffiamo in quell'acqua, e che seorriamo (e ci fac-

dame altri e altri) proprio come quell'acqua. Percio completo e

incompleto, concorde e discorde, armonico e dissonante: da

tutti l'uno, e dall'uno tutti (fr. 10); poiche «il contrario si conci-

lia e dalle cose differenti nasce la pili bella armenia- doe tutto,

perche tutto si genera per contrasto (fr. 8). E oltre l'armonia

visibile, c'e la nascosta, che e migliore (fr. 54). E ilgiorno vuolela notte, l'inverno l'estate, la guerra Ia pace, la sazieta 1afame: e

queste contrarieta formano il tutto nella sua unita, Dio (fr. 67).

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228 GIOVANNI GENTILE

Percio la guerra e comune, e la stessa giustizia importa un

contrasto da conciliare (fr. 80), anzi suppone un' o£fesa da scon-

tare (fr. 23). Perch), secondo un aItro detto eracliteo famoso e

divenuto proverbiale: «La guerra madre di tutto, di tutto re-gina» (fr. 53). E la malattia fa apprezzare la salute; ilmale, il

bene; la fatica il riposo (fr. 111). E cosl il freddo si riscalda, e il

caldo si raffredda; l'umido si asciuga, e l'arido si inumidisce (fr.

126); e il vivo rnuore, e ilgiovane invecchia, il desto si addor-

menta: e una cosa mutandosi si converte nell'altra (fr. 88). E il

principia di una circonferenza coincide con la fine; come ideo-

tica e la via che sale e che scende (fr. 103 e 60).COS !

per tuttoguerra; e percio armonia, che e unita,

E i 1 saggio non si meraviglia che la guerra, questa legge

sovrana del mondo, abbia fatto «gli uni Dei e gli altri uomini, e

liberi gli uni, gli altri schiavi» (fr. 53). Senza queste e tutte le

altre differenze e contrarieta verrebbe meno la vita, e ilfuoco si

spegnerebbe. Ne il savio, che vorra con occhio sereno guardare

ai contrasti che riempiono ilmondo, si arrestera ad essi. La sua

mira e piu alta, all' uno dov' e la sapienza, con le sue concilia-

zioni, in cui il male e necessario al bene. Egli percio non cer-

chera la felicita nei piaceri del corpo: che sarebbe la felicita dei

buoi, che trovan legumi da mangiare (fr. 4). II fine a cui egli cleve

indirizzarsi e l'uno, spogliandosi dalle inclinazioni dei sensi, che

l'attrarrebbero verso ilmolteplice.

Una la legge, perche una la ragione, di cui l'uomo, che l'abbia

cercata e trovata in se stesso, sa che essa non e di lui, rna

comune: «ed e legge che si obbedisca alla volonta di un solo»

(fr. 3 3 ) , perche la ragione e una per tutti. E quando ipresenti

assenti, a cui Eraclito ha accennato, non la riconoscano e ricalci-

trano, ecco la guerra regina di tutte Ie cose; e prevaIe per essa

chi ha da prevalere, e trionfa l'unita,