FRAMMENTI di Bellio, Scaldaferri, Schiavon

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Ermanno Bellio | Luca Scaldaferri | Marco Schiavon FRAMMENTI MONOLOGO PER DUE VOCI

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Monologo per due voci di Ermanno Bellio, Luca Scaldaferri, Marco Schiavon

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Ermanno Bellio | Luca Scaldaferri | Marco Schiavon

FRAMMENTIMONOLOGO PER DUE VOCI

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Il libro viene rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commercia-le – Non opere derivate Italia 2.5.

Tu sei quindi libero di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pub-blico, rappresentare, eseguire e recitare quest’opera alle seguenti condizioni. Attri-buzione: devi attribuire la paternità dell’opera nei modi indicati dall’autore o da chi ti ha dato l’opera in licenza. Non commerciale: non puoi usare quest’opera per fi ni commerciali. Non opere derivate: non puoi alterare o trasformare quest’opera, né usarla per crearne un’altra. Ogni volta che usi o distribuisci quest’opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza. In ogni caso, puoi concordare col titolare dei diritti d’autore utilizzi di quest’opera non consentiti da questa licenza.http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it

Proprietà letteraria riservata Ermanno Bellio, Luca Scaldaferri, Marco Schiavon, Frammenti © 2009

Prodotto da Spazio SputnikProgetto grafi co e impaginazione: Mirko Visentinwww.spaziosputnik.it

In copertina: Cartolina. Elaborazione grafi ca di Marta Pasqualato

Finito di stampare nel mese di novembre 2009 presso Andersen Spa di Boca (NO)per conto di MiMiSol Edizioni – www.mimisol.it

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Ermanno Bellio | Luca Scaldaferri | Marco Schiavon

FRAMMENTIMONOLOGO PER DUE VOCI

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Preludio

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Preludio

Il cortile interno del Castello, è notte. Entra un por-tiere, è alto e biondo, robusto, le gote arrossate, bar-colla mentre si bussa dall’interno.*

portiere (ermanno)Eh, questo sì che si chiama bussare un cristiano che fosse, putacaso, a custodir la porta dell’inferno, starebbe bene a girare la chiave!

Eravamo arrivati fi n là, sulle tavole di un pal-coscenico, a rappresentare il Macbeth. Ognuno la sua parte, piccola o grande, dram-matica o comica. Eravamo partiti qualche anno prima, quasi per scherzo. Una piccola esperienza nata in un Liceo Scientifi co, l’aggregarsi casuale di inse-gnanti appassionati e di studenti curiosi.

Bussano ancora.

Bussa, bussa! Chi è là, per Belzebù?Forse sarà un fattore di campagna

* Shakespeare, Macbeth, Atto I, Scena III.

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Frammenti

che s’è impiccato nella vana attesad’un raccolto abbondante... Avanti, avanti!Caschi al momento buono;porta con te abbastanza fazzoletti:qua ci sarà da sudare un bel po’.

Nessuna preclusione, nessuna selezione, nessun corso specifi co: l’eccezione stava proprio in que-sto, insegnanti di qualsiasi materia appassio-nati di teatro, studenti di diverse classi che si riunivano per recitare.

Bussano ancora.

E toc, e toc ! Chi è per l’altro Diavolo?

Bussano ancora.

E fu una scoperta! Un rimescolamento di conoscenze. Chi sapeva di musica, chi disegnare le scene, chi procurare gli oggetti più disparati.

Bussano ancora.

Toc, toc ! E bussa, bussa! Chi va là?Scommetto che stavolta è un sarto inglesearrivato quaggiù perché ha rubato

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Preludio

su qualche paio di braghe francesi.Accòmodati, sarto: qui avrai mododi ben scaldar il tuo ferro da stiro.

Ricamare la propria parte, il gesto e la parola. Dar forma ai discorsi, al tempo e allo spazio.

Bussano ancora.

Bussa, bussa!... Mai pace!... E tu chi sei?In verità, per essere l’inferno,questo posto mi pare troppo freddo.Basta di fare il diavolo-portiere!Me l’aspettavo che avrei fatto entrareuomini e donne d’ogni professioneche su un sentiero fi orito di primulese ne van tutti all’eterno falò.

Quei segni neri che prendevano vita, eravamo noi a farle vivere, le pagine di libro stropiccia-teappuntatemacchiatesudate. Fra le scene e gli oggetti, eravamo corpi vivi sulla scena.

Bussano ancora.

Un momento, un momento, vengo subito!

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Frammenti

È per questo che qui le parole, queste parole di Shakespeare, prendono forma, si ripiegano in un gesto, in un ammiccamento, si slanciano in-certe o veloci e poi impacciate sulle labbra di un portiere alticcio. Di Ermanno, portiere di Shakespeare e di Edoardo, sul palco Raffae’ in-daffarone o Miche’ consigliere...

Se uno vulesse sta’ a sèntere i sogni... io, per esempio, non mi sogno mai niente.’A sera mi corico stanco che iddio la sa... ra-gazzo, sì. Quando ero ragazzo mi facevo un sacco di sogni... ma sogni belli... certi sogni che mi facevano sognare così contento, che mi veniva la voglia di uscire, di lavorare, di cantare. Certe volte mi facevo dei sogni tal-mente belli che mi parevano spettacoli di operetta di teatro... e quando mi svegliavo, facevo tutto il possibile di addormentarmi un’altra volta per vedere se era possibile di sognarmi il seguito...

Ma allora la vita era un’altra cosa...*

* E. De Filippo, Le voci di dentro, Atto I.

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Preludio

Notte fonda, in uno scantinato tre amici discutono animatamente.

ermannoNo, non capisci! Il condor ci vuole!

lucaMacchè condor... cosa c’entra adesso? Non siamo mica nella savana...

ermannoIntanto il condor non è nella savana...

lucaSì, lo so, dicevo savana così per dire.

ermannoEcco, dice così per dire anche il personaggio, è proprio quella la battuta!

lucaMa la battuta c’è già...

marcoScusate...

ermannoNo, dai, il condor ci vuole proprio, sento già come dirò la battuta: «Cos’era... un coon-dooor!?».

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Frammenti

lucaDetta così suonerebbe anche bene, ma il condor non mi piace...

marcoScusate, ma se...

ermannoPerché no?... dai, dai è bellissimo!

lucaSembra una battutina da cabaret...

ermannoSì, lo so, ma ci sta lo stesso.

marcoScusate! Se la storia del condor la decidessi-mo dopo, visto che sono già le due di notte, siamo solo a metà monologo e tra due giorni dobbiamo spedire tutto al concorso... forse sarebbe meglio sistemare il resto, no?

ermanno e lucaBeh... sì forse è meglio deciderlo dopo.

ermannoComunque il condor sì.

lucaNo, il condor no!

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Preludio

Queste discussioni andavano avanti per ore: gli argomenti preferiti erano le virgole, i pun-tini di sospensione e la battuta del condor, ap-punto. Se i dettagli creavano dei problemi, testo e contenuti ci mettevano tutti d’accor-do, così come avevamo deciso che sarebbe sta-to Ermanno a recitarlo.

È stato così che Frammenti, titolo anch’esso molto discusso, è riuscito a vedere una sua ste-sura defi nitiva per essere spedito ad un concor-so di monodrammi.

La risposta della commissione esaminatrice fu una delle solite e famose lettere del tipo: «Grazie per averci fatto pervenire il vostro la-voro... bla, bla, bla... siamo però spiacenti, i candidati erano numerosi, bla, bla... voi co-munque non siete stati scelti... distinti saluti, etc...».

Speriamo che qualcuno in commissione lo abbia anche letto.

Poi... abbiamo perso Ermanno...

Ci siamo ritrovati spesso a leggere e a correg-gere il testo scritto insieme: era come poter di-scutere ancora un po’ con lui, quasi ci fosse ancora. Riuscire a rappresentare Frammenti è diventato per noi un bisogno: completare un lavoro interrotto e proseguire un percorso ini-ziato assieme.

Con tutti i tentativi di portare in scena il no-stro monologo ci sarebbe il materiale suffi cien-te per scrivere una commedia...

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Frammenti

«Testo interessante ma troppo diffi cile.»«Testo facile ma troppo poco interessante.»«Mi piacerebbe farlo ma non ho tempo ades-

so; sapete com’è...»«Potreste provare a tagliare il testo in tante

striscioline e rimontarle in modo pseudo ca-suale, forse così funziona...»

«Bello, ma per farlo quanto pagano? Niente? Ah... allora potrei suggerirvi un bravissimo at-tore...»

«... sì, è un testo un po’ così, forse bisogne-rebbe cambiare qualcosa...» «Ma lei ha letto la parte della metropolitana?» «Metropolitana? c’è anche una metropolitana?!?»

... e così via.

Questa pubblicazione fa sì che Frammenti possa avvicinarsi al palcoscenico: è il nostro obiettivo.

Pensiamo che Ermanno ne sarebbe conten-to... anche perché, alla fi ne, il condor è rimasto al suo posto!

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Frammenti

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Personaggi

voce internaUomo maturo ingrigito dalla vita.

voce esternaVoce dello stesso attore che impersona l’uo-mo maturo, ma registrata con un timbro im-personale, quale la voce di un annunciatore.

La scena

All’estrema destra, verso il proscenio, è la poltrona sulla quale è appoggiato un asciu-gamano; più a sinistra, sul fondo, un letto con a lato un comodino con sveglia; più a sinistra un attaccapanni, da cui pendono del vestiario, una vestaglia, un ombrello e la Ma-schera, posta in modo tale da poter essere il-luminata; sotto all’attaccapanni vi è una ta-stiera di computer, nascosta; ancora più a si-nistra e un po’ più avanti una sedia.

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Frammenti

Prologo

Sipario chiuso, buio in sala.

voce esterna(con tono da fi aba) C’era una volta, anzi, c’è adesso in questo teatro un attore; cosa ci fac-cia, esattamente, non lo sa neppure lui; come del resto non sa quali siano le motivazioni che vi hanno spinto fi n qui, né cosa vi aspet-tiate che egli vi reciti. Potrebbe, chissà, rac-contarvi una storia del passato con princi-pesse, cavalieri e castelli oppure immergersi in un futuro popolato da mostri e cosmo-nauti... ridere, piangere... Perché vogliamo tutto questo dal teatro? Chissà... Per alcuni è desiderio di evasione, per altri, addirittura, è pensare di non essere più se stessi, fuggire da questa ad altre realtà... in-soddisfazione, infelicità, frustrazioni... chi può dirlo? Eminenti studiosi hanno sostenu-to che queste sono condizioni a cui l’umanità è condannata. Ma il mondo, così com’è, non l’abbiamo costruito noi? L’uomo vede la na-tura come qualcosa di molto lontano e a vol-te crede persino di potersene stare tranquillo e protetto nella sua gabbia tecnologica.Sarà poi vero?

Sipario.

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Frammenti

Ancora buio, dopo una breve pausa.

voce esterna(asettica, quasi metallica) Mattina, ore 6, 50 primi, 47 secondi. Temperatura: 5 gradi Celsius. Pressione atmosferica: 1011 millibar. Tempo: variabile. Milano, Corso Lodi 365, interno 3, 2° piano.

voce interna

L’attore, rannicchiato nel suo letto, con un paio di bo-xer e maglietta, comincia a balbettare come un bimbo piccolo che pronuncia le prime paroline; a poco a poco il parlato diviene sempre più comprensibile fi no a farsi del tutto intellegibile e “adulto” quando inizia l’incu-bo. Contemporaneamente dal buio si passa ad una luce tenue, soffusa, molto bassa.

mmm... m... mm... ma... ma, mama... papa... pama, papa... mela, poma... mama e nona te da ate e cuco e pepi... memela pappa... ti ca co cuco. Bei bumba bona a upi me, mia... bau... babau buto... bruto babau cativo... cattivo...

incubo: la luce sfuma verso una tonalità tetra, sempre tenue. Maschera illuminata di bianco.

No, ancora tu... Dove sei? Mostrati... vado via, non starmi addosso, giù, giù!... vuoi uc-cidermi? Perché me lo chiedi? Me lo chiedi,

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me lo chiedi!!!... tu non sei... vai via!... non ci sei... mi insegue... nooo... aiuto...

Pausa.

Stai là, non avvicinarti... nuvole, fuoco, albe-ri... non so... vuoi cosa... non lo so, non lo so... infi nito... circondi me... piccolo, picco-lo... frammenti... ahhh!!!

L’incubo è terminato. Breve pausa. La luce torna alla tonalità iniziale. Diminuendo l’intensità di voce, l’at-tore torna a bofonchiare.

... Ferretti? l’ha già fatto... distinte estinte... No, nonononono dai... dai...

Pausa, per tornare ad uno stato di quiete prima della nascita/sveglia. Improvviso lampo di luce bianca, dal fondale sul pubblico. Subito di seguito si sente la sve-glia-vagito. Sul palco, intanto, la luce cresce fi no al secondo suono della sveglia. Il suono della sveglia, molto fastidioso, è un vagito di bambino mescolato ad un comune suono di sveglia.

Mhhh... nooo!... la sveglia, maledetta!... an-cora cinque minutini, ini, ini... dai... piccoli, piccoli, poi mi alzo subito, promesso... che bello morbido... si sta così bene qui... perché bisogna alzarsi? (si rigira) ... caldo... tenero... umido... bello, bello...

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Frammenti

Secondo suono di sveglia, luce normale: è mattina.

Ahhh!! Vigliacca, così a tradimento... non hai pietà... assassina, sadica... sì, sei sadica (si alza, prende la sveglia e la scaraventa per terra) e masochista... dì che ti piace essere buttata per terra... guardala là, tutta contenta con le lancette che sorridono... te lo dico ogni gior-no che non devi suonare così forte, mi fai prendere un colpo, ma tu niente, imperterri-ta, continui sempre a farmi lo stesso scherzo, lo sai poi come va a fi nire... se insisti vuol dire che ti piace e allora, se ti piace, sei maso-chista... (sbuffa seduto sul letto) e anche oggi siamo venuti al mondo.

Mentre parla la voce esterna, inizia ad alzarsi e a prepararsi per uscire.

voce esternaParto cesareo: operazione addominale che permette di estrarre dall’utero il feto, la cui espulsione per via vaginale è impossibile o pericolosa. Per molti anni si è discusso sul-l’origine del termine “cesareo”; secondo al-cuni questo nome si deve a Giulio Cesare, «Caesar ab utero coeso», altri invece...

voce internaAltri invece la mattina non fanno tutta que-sta fatica per alzarsi... io invece sì, avrò la pressione bassa, o forse un lavoro che non mi

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piace: lì davanti a quel computer tutto il giorno, battere, battere pulsanti, dati da in-serire, a volte li schiaccio così forte quei tasti, che sembra quasi che voglia ammazzarli tut-ti... e poi quell’altro imbecille del Ferretti (imitando) «Lo sai che cosa ho visto ieri? Un fi lm bellissimo...». Lui ha sempre mangiato cose buonissime, conosciuto persone inte-ressantissime, visto paesi bellissimi... tutto bellissimo per lui... sono sicuro che se gli dessi una martellata sui coglioni direbbe che ha goduto tantissimo, imbecille... almeno, quando uno dorme, è sicuro di non incon-trare persone così, nemmeno negli incubi peggiori... io invece ogni giorno ce l’ho là davanti in uffi cio.

Si sposta al proscenio e si guarda allo specchio, che è poi il pubblico; commenta il suo brutto aspetto e poi si lava mimando l’atto; torna indietro in cerca del-l’asciugamano.

Mamma mia che brutta faccia stamattina... mi faccio quasi impressione... Dov’è l’asciu-gamano?... L’avevo messo qui ieri sera... oh sì, eccolo... The towel... The towel is on the desk, yes... no... is on the... va be’. Che ore sono? 7 e 10, sono già in ritardo, come al solito (indica l’orologio) eccoti qua, tu sei l’alleato di quella lì (indica la sveglia) amici per la pelle voi due, eh?!?... non c’è una volta che mi regali un minuto; sempre preciso,

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perfetto, puntuale, non sei mai in anticipo: se almeno ogni tanto andassi un po’ avanti, uno potrebbe dire: «Sono le 7 e 12, ma tanto il mio orologio ruba sempre qualche minu-to, quindi ho un po’ di tempo in più». Ci sono tanti bravi orologi che non fanno il loro dovere e non tiranneggiano il loro pa-drone come invece fai tu. Per esempio quel-lo del Guglielmini, con tutti quei colori vi-vaci... essenziale, discreto, senza le tacchet-te... non si riescono a leggere né le ore, né i minuti, né i secondi... tutto ad libitum... e invece tu...

Gesticola sottolineando i commenti della voce ester-na, in riferimento al suo orologio.

voce esternaKrono-time: l’orologio che fa girare il mon-do; quadrante a lancette alogene, microtac-chette per la tetropilloctomia del secondo, espressione dell’ora in cifre arabe, romane, fenice, aramaiche antiche e moderne, muni-to di termometro, cronometro, goniometro; fasi lunari, gioviane e della pulsar xp19876. E per ogni evenienza clessidra d’emergenza. Inimitabile, unico...

voce interna... Rompiballe che ti perseguita in continua-zione. (si dirige verso un’immaginaria fi nestra) Vediamo che tempo fa... dicevano variabile

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con possibili schiarite... (sorride sarcastica-mente) Guarda qua, bello!... bello... se non fosse per quelle strane cosine che caparbie continuano a precipatarsi sull’asfalto da quei nuvoloni neri, si potrebbe anche dire che il tempo è bello... possibili schiarite... sì... piog-gia a dirotto! Tutto grigio, freddo, bagnato...

Dopo aver osservato fuori della fi nestra continua l’azione e mette su latte e caffè.

... quelli delle previsioni... mi fanno sempre venire in mente un vecchio proverbio di montagna, aspetta... com’era? «Se l’Antelao ga el ciapel o che piove o che fa bel». Loro dicono: «Proverbi popolari che non signifi -cano nulla...» allora ditemi voi che cosa si-gnifi ca “tempo variabile”: o piove o fa sole, non si sa. Però quando sentiamo “variabile” ci sembra una cosa scientifi ca... va be’, sul-l’atmosfera la scienza è ancora un po’ indie-tro (impugna il tubetto del dentifricio e con sicurezza declama) ... invece sui dentifrici!... guarda qua: quando le carie lo vedono im-pallidiscono!

Contemporaneamente alla voce esterna legge sul tubetto.

voce esternagp7 contiene un agente antibatterico che combatte effi cacemente l’accumulo della

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placca batterica, che è la principale causa dei disturbi gengivali; le gengive inoltre possono infi ammarsi ed addirittura ritirarsi, indebo-lendo la tenuta dei denti con conseguente caduta.

voce internaToh!... (accompagna l’esclamazione con un ge-sto; poi legge sul tubetto di dentifricio) Gliceri-na! Tetrapotassio pirofosfato! Peg 6! Tetraso-dio Pirofosfato! Fluoro! Triclosan! Sodium Leuryl Sulfate! Xantum Gum! Andate ed ammazzate tutta quella maledetta placca batterica!!! (mentre si lava i denti ) Tutti quei maledetti batteri vedranno adesso che cosa gli capita.

Durante la descrizione cambia espressione del volto fi no al disgusto, sputacchia.

voce esternaI particolari agenti emulsionanti complessati alla pasta del nostro dentifricio aggrediscono le membrane cellulari dei batteri Gram posi-tivi e Gram negativi compromettendo irre-versibilmente l’equilibrio osmotico del bat-tere, il quale non può fare altro se non ago-nizzare trascinandosi sfracellato con tutte le proteine di fuori. Alla fi ne dei nostri micro-scopici aggressori non rimane altro che il protoplasto putrescente e mucillaginoso. Nulla sfugge alla pasta gp7!

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voce internaPuh! (sputa fuori il dentifricio schifato) ... Re-quiescant in pace... Fatta anche questa. 7:16, che tardi! Il latte è quasi caldo... il caffè? Manca ancora un pochino. Chissà cosa di-rebbero le mucche se sapessero dove va a fi -nire tutto il latte che producono. Farebbero lo sciopero della fame, mangiando merendi-ne e bevendo caffè, così dopo verrebbe fuori direttamente latte macchiato... oppure fa-rebbero i cobas della mucca Carolina: “Vo-gliamo che i nostri vitelli bevano il nostro latte e non mangino mangimi artifi ciali... bevete più latte, il latte fa bene...”.

Viene su il caffè che lui guarda in attesa.

Ecco il caffè che sta venendo su.

voce esternaCaffè: pianta tropicale sempreverde con fi ori bianchi e frutti a bacche scarlatte. I frutti vengono tostati e macinati producendo una polvere di colorito bruno scuro; quest’ulti-ma viene pressata in appositi congegni dove l’acqua, raggiunta la temperatura d’ebolli-zione, 100° C, sale in un piccolo condotto entrando in contatto con la polvere e produ-cendo...

Si sente il gorgoglio della moka.

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voce internaSì, ecco, ci siamo... bello schiumoso, caldo... colore “a manto di monaco”.

Inizia a sorseggiare il caffè; continua poi a vestirsi.

Gusto inconfondibile! Ci fosse un po’ più di tempo per poterlo gustare. Il tempo è dena-ro, noi siamo poveri, quindi non abbiamo tempo... povero... se vinco il Superenalotto che ho giocato ieri... 12 milioni di euro... al-tro che povero... 12 milioni?! Che cosa ci fac-cio con tutti ’sti soldi? Devo prendermi una vacanza per pensarci... ah ecco, il latte è pronto; eh, e non ho neanche il tempo di berlo... comunque fi nisco di lavorare e mi faccio dare anche la pensione, che quel tir-chio del mio capo non creda di cavarsela così, i contributi li ho versati e la pensione la voglio... Cazzo che tardi, devo andare... ho tutto... sì, giacca... scarpe... cravatta... fazzo-letto? Manca... ah no, no eccolo qua... vali-getta, chiavi (esce di casa e fa il gesto di chiu-dere la porta) l’ombrello! Sapevo di dimenti-carmi qualcosa... ci sono dei momenti in cui sei sicuro di lasciare a casa qualcosa, ma non sai cosa... beh, adesso no.

Rovista sull’attaccapanni e urta la maschera che cade a terra. La raccoglie e la maneggia indifferente per riappen-derla, guardandola come dire: “Proprio ora doveva cade-re, ma che ci fa qui?”; agguanta l’ombrello, poi esce.

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Il colpevole è lui (mostra l’ombrello) che è an-che rotto, dovrò farlo riparare... già rotto? L’ho appena comprato... ah no, questo non è il mio, è quello che ho preso al bar quando mi avevano rubato quello nuovo... ladri... sono arrivati, avevano bisogno di un ombrello e hanno scelto il mio... io cosa dovevo fare, prendermi la pioggia per colpa loro? Ho fatto, per così dire, uno scambio, qualcuno rimarrà senza, forse... io no, per fortuna (guardando l’orologio) l’umanità sa chi ha inventato il tele-fono, l’aeroplano, il telegrafo... ma l’orologio, no! Non ce l’hanno mai detto... sono furbi loro... se solo si sapesse il nome di quello che ebbe la malsana idea di inventare i minuti e le ore, lo si riempirebbe di insulti ogni giorno.

Si siede su di una sedia che simboleggia un’automobi-le; tenta di avviare la macchina; rumori dell’avvia-mento.

Perché la macchina non parte questa matti-na? Dai bella, dai, che sono in ritardo. Pro-prio oggi dovevi metterti a fare la stronza... cos’è che hai?... che non sia il motore... o for-se la carburazione...

Durante i commenti della voce esterna, continua i tentativi sempre più innervosito dalla situazione.

voce esternaFormazione della miscela di aria e benzina

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nel carburatore, da cui passa al cilindro dove viene compressa dallo stantuffo ed accesa da organi avvitati nella parete della camera di combustione dei motori a scoppio, detti...

voce interna... le candele! saranno mica le candele spor-che...

voce esterna... organi a forma cilindrica che scoccano le scintille per l’accensione della miscela d’aria e di carburante.

voce interna... magari è la cinghia...

voce esterna... di trasmissione: nastro a sezione costante che consente di...

voce interna(sbottando) Ho capito, sì, ho capito. Tanto anche quando lo so, la macchina non parte lo stesso... (pensa, poi si illumina) porca vac-ca, la benzina!... la spia è rotta e ieri mi sono dimenticato di fermarmi al distributore; oggi sono in sciopero, che sfi ga!

Si sposta, affrettato nei gesti, verso il proscenio.

Fossero dei ferrovieri, capirei, non hanno

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mai fatto un cazzo! Ma i benzinai... cosa si mettono in testa anche loro... che poi quan-do scioperano così rompono le palle solo a noi poveri cittadini, le multinazionali se ne fottono... hai delle diffi coltà? Sìì? Be’, parlia-mone, ma non create dei problemi anche a me, altrimenti siamo in due a star male... Io potrei essere anche solidale, basta che non rompano troppo le balle, perché se no mi in-cazzo... e cazzo se mi incazzo!... Prenderò la metropolitana; speriamo che almeno quella funzioni...

Verso il pubblico; continuerà a gesticolare durante la battuta della voce esterna.

Se qualcuno mi desse un passaggio... fi guria-moci... egoisti nati! Spero che fi nisca la ben-zina anche a voi, bastardi!

voce esternaFrustrazione: in psicoanalisi e in psicologia situazione endogena o esogena che impedi-sce il perseguimento di uno scopo o interfe-risce con esso. La frustrazione agisce tanto a livello della coscienza quanto del comporta-mento manifesto.

voce internaEcco l’entrata della metro, fi nalmente: si va nel sottosuolo! Quanta gente... dove si com-prano i biglietti? A quel giornalaio? Dove c’è

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Frammenti

quella coda? Nooo! Tutti la metropolitana devono prendere stamattina?!

Si mette in coda e ne mima il movimento fi no a quando si ferma dal giornalaio per acquistare un bi-glietto.

Dai muovetevi che sono in ritardo... Cosa dicono i giornali? «Mega incidente sulla a4»; «L’infl azione sale», bene!; «Pericolo meteori-ti», uh, adesso c’hanno la mania... useremo ombrelli d’acciaio... Perché è così lento quel-lo?... Sembra sia d’accordo con i benzinai; guardalo: pacifi co, beato... con comodo sa, mi raccomando!... Oh, ecco, uno, sì... Quan-to costa? 1 euro... ma cos’è? È aumentato... no, è da due mesi che ha lo stesso prezzo, se continuano così non fai neanche a tempo a prendere due biglietti uguali allo stesso prez-zo (imita) “Scusi mi da un biglietto... 1 euro... già che ci siamo me ne venda un al-tro... 1 euro e 50... complimenti!”... Cosa vuoi? La moneta? Non ce l’ho, mi dispiace; se costasse meno forse me ne sarebbe rimasta un poca!!

Si avvia di fretta al binario.

L’orologio ormai manco lo guardo, servireb-be solo a farmi star male. Devo obliterare... compro il biglietto, cosa serve metterci il timbrino sopra!... (guarda l’orologio) ... e tu,

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Frammenti

cosa vuoi? Sono in ritardo pauroso, lo so e allora!? Eh?!... spacca i minuti, spacca i se-condi, spacca i millesimi di secondo... spacca le palle! Trita tutto lui senza pietà: tempo, cose, persone (sbatte l’orologio ripetutamente per terra) se almeno qualche volta non fun-zionasse, uno se ne potrebbe stare un po’ più tranquillo... ma tanto lui è infrangibile (getta via l’orologio) ... e non tornare più a casa! Hai capito?! Sì, perché quello c’ha anche la ricer-ca satellitare: quando lo perdi te lo riportano indietro!

Piccola pausa.

Che ore sono adesso? se questa metro arri-vasse... È lui? Sì, meno male. Rumore della porta automatica; su questo rumore si accende il cono di luce che rappresenta il vano del metrò; quando l’attore vi entra il cono si stringe a rap-presentare il progressivo accalcarsi dei passeggeri at-torno al personaggio.

voce esternaPorta automatica: congegno meccanico co-mandato dal personale di bordo, integrato con un circuito elettrico che, in seguito alla pressione del polpastrello sull’apposito pul-sante dispone l’apertura della porta per l’in-gresso in vettura.

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Frammenti

voce interna (si appende con la destra alla maniglia) Ecco la fi umana di gente... i condannati al lavoro.

La discesa agli inferi: le luci gradualmente tornano alla tonalità dell’incubo; cono di luce sulla maschera; muta completamente il tono della recitazione; non è più il personaggio a parlare.

Se Dante vivesse ai giorni nostri metterebbe le anime dannate, invece che su di una barca, in una metropolitana guidata da Caronte

Non isperate mai veder lo cielo:i’ vegno per menarvi a l’altra rivane le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.

Massa di carne umana che sale, scende, si scarica sui marciapiedi.

Fiume, foce, rivo, cascata, metro cubo, cc, scarico, sub, tropicale, pesce plastifi cato in freezer, ghiaccio, cubetti, sciolto, splash, bere, deglutire, digerire, espellere, scrosciare, psssh, ah!... fatto!

Si richiude la porta e la metropolitana ripar-te; dentro la galleria, un rumore un po’ in-quietante. Tutti stretti, impacchettati – quan-te volte l’ho sentita questa! – come merce, già!, merce... Parlano tutti pochissimo, zitti, mugugnanti per essere così stipati, ma con-

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tenti di stare qui e non su un’isola deserta a morir di fame... Non è poi meno deserto questo vagone, pieno di formiche sole, che corrono di qua e di là, affannandosi alla ri-cerca di chissà quale misterioso tesoro; affl it-te da stress, ulcere, emicranie... fermati, no!, fermati, no!, fermati, no!, la mia fermata non è ancora arrivata... ma dove devi anda-re?... Avanti e allora scorre si ferma apre vo-mita chiude, riparte ed è una galleria e poi la luce scialba e poi la galleria e poi la luce,

Climax-anticlimax fi no ai puntini; è la metropolitana che corre.

e luce e galleria luce galleria luce galleria... fi no a che si confondono e il buio si disegna di specchi al neon, in cui s’agita un’ombra informe di anime stizzite, fuse e confuse, te-ste ciondolanti, arti appesi... È poi un sussul-to e l’ombra si decompone alla luce di ogni stazione – apre vomita chiude – e di nuovo via chi verso il tran tran del silenzio quoti-diano, chi verso il buio della galleria dove l’ombra si riaffaccia, ora di nuove anime composta. Ci diamo il turno nelle viscere del buio collettivo. Un po’ io, un po’ tu... tu chi?

Facendo fi nta di dare la mano a un personaggio im-maginario.

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Mi farebbe veramente piacere conoscerla! Non importa, ma confonditi e fai l’ombra; per un po’, fi no a che le porte non si apriran-no per te. E allora, altro turno altra corsa... tanto Caronte fa la spola... e con occhi di bragia tutti ci raccoglie... e quando poi ti sca-raventa a terra, non fermarti, non pensare, corri al tuo loculo e produci affaccenda tri-vella insulta corpora scorpora incorpora se-duci pizzica bazzica agita ghermisci stupisci conteggia indietreggia borseggia palpeggia saccheggia soggiaci sospetta sospendi sospira invidia adira deriva, (lieve incertezza e poi) deriva deriva le onde del mare, i fl utti, le cre-ste, la spuma, una zattera e deriva deriva de-riva c’è un’isola ormai sperduta che non se-gue la deriva deriva di queste regole deriva deriva deriva esiste alla deriva un mondo fuori deriva che deriva deriva che deridiamo deriva derelitti depravati deriva denigriamo deriva la deriva deriva del pensiero deriva ma non ci accorgiamo deriva del nulla che deri-va deriva nella gabbia deriva deriva ci sopraf-fà deriva fi no a quando deriva deriva la paro-la deponiamo ormai in deriva anch’essa in deriva deriva deriva deriva deriva deri...

Cambio improvviso; ritorno alla situazione prece-dente.

Sì, d’accordo, ma questo qui di fi anco ha le ascelle che sono qualcosa di insopportabile;

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se si lavasse un po’ ogni tanto... forse non sente il suo odore... allora bisogna che qual-cuno glielo faccia capire... Oh scusi, non l’ho urtata a posta... sorride, ma dentro di sé mi avrà già mandato a quel paese. Quale paese? L’inferno, no? Lo sai! “Quel paese” è l’infer-no, un po’ come qui sotto terra: buio, noia, puzza di stanchezza... frena... Deve scendere? Passi pure, io scendo alla prossima... apre, chiude, riparte... dopo la prima fermata le altre sono tutte uguali...

Scende e si spegne la luce del metrò.

Ancora 5 minuti e sono in uffi cio. Farò un ritardo di un quarto d’ora... be’, poteva an-che andare peggio, adesso bisogna che mi sbrighi però! (sorriso di soddisfazione) Fer-retti!! Anche lui in ritardo! Tanto sarà felice lo stesso, come al solito... Ciao, tutto bene?... Figuriamoci se non mi doveva dire di sì... Sali in ascensore?... Fa le scale, così si tiene in forma... Bravo Ferretti, bravo!... Ieri ho letto sul giornale che a uno che face-va le scale è venuto un infarto. (saluta con la mano)

voce esternaInfarto: processo necrotico acuto del miocar-dio, causato da un’improvvisa interruzione dell’apporto di sangue al tessuto colpito, a seguito di trombosi, embolia, spasmo coro-

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nario. Il tessuto affetto è sostituito da tessuto necrotico, meccanicamente ed elettricamen-te inerte.

voce internaBuon giorno capo... in ritardo... eh sì, mi si è rotta la macchina... chissà se se l’è bevuta; in realtà è un po’ vera come scusa... l’impor-tante, quando si dicono delle balle, è che deve esserci sempre un fondo di verità, altri-menti non funzionano... Ciao Giovanna... ciao, ciao, ciao... dove cavolo mi hanno cac-ciato la sedia; ah, è là... devono sempre spo-starla.

Saluta i colleghi e va a prendere la sedia che rappre-sentava l’automobile, per portarla al proscenio, dove è situata la sua scrivania immaginaria; recupera la ta-stiera da sotto l’attaccapanni.

Eccoci qua.

Si siede ad un tavolino su cui è una tastiera; fa il gesto di accendere il computer, beep di computer.

Si parte (beep)... ciao scatoletta di cacca tele-matica (beep)... quanto è stupido, questo l’hai già detto (beep)... insiste, vuol fare di testa sua! Chi credi di essere?

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voce esternapentium mmx, 166 mhz, 32 mega di ram

(beep)

pci bus 311dischi fl oppy 3,452 mb

(beep)

porte parallele e trasverse implementazione bin 2000 exe 700u

(beep)

wave out sb16wave in midi mapper supper plotter eide scan disk

(be-beep)

con licenza parlando, una vera bestia nel

voce interna... oh, adesso mi fa la storia di tutto il suo albero genealogico...

sua mamma era una calcolatrice e il papà un tostapane... e così è nato lui...

... poi il padre tradì la mamma con una stampante laser e lui, il piccolo computerino non riuscì più a scrivere un testo decentemente... ... trauma infantile

Finalmente si può cominciare

... bravo... vai avanti... sì, ok

va bene...ma io devo fare le due colonne...

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mio campo!

formato, paragrafospaziatura, prima, 9.5pt cd8tabulazioni tabulaz az az az aztatatat....aaaaazzz...

(beep)

(bebeeep)

(beep beep bebeep)

(Beep beep beep bebebeep beep bebeppeebbebeppeebeep...)

avanti

cosa fa... no, aspetta... fermo...fermo...

Cazz...o è andato in loop! Ma va’ fa’n beep tu e tua madre calcolatrice buonanima... Si sarà offeso per quel che gli ho detto prima (traffi cando sulla tastiera)

Proviamo così... niente ha deciso che basta... niente da fare... bisogna ricominciare tutto da capo (facendo il verso) beep beep beep beep, sai dire solo questo tu!

voce interna... però la Giovanna che tette!... Ciao!... Sì, sorridi, fa fi nta di niente che ti darei una spupattolata a quei due air bag di serie.... ti

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piacerebbe eh, brutta porcellona?! E se poi ha il seno rifatto?

voce esternaSeno: mammelle femminili, anche una sin-gola mammella... ehm ehm... cioè... seno... se-no... funzione trigonometrica in un trian-golo rettangolo esprime il rapporto...

voce interna(ironico) Sì, funzione trigonometrica... dico-no che noi uomini pensiamo sempre a quel-lo, ma non capisco perché le donne si devo-no mettere ’ste robe addosso così scollate, vuol dire che vogliono che gli si guardi le tet-te!, altrimenti non so io... certe volte vanno in giro con dei vestiti così attillati... e il to-pless?, è proprio necessario che si abbronzio-no proprio lì?... Mah!...

Il computer ricomincia a funzionare.

Si è rimesso a funzionare, vacanza fi nita! Ok, bene.

voce esternaok, welcome

optionsin text ok

let a= in bar 21

voce esternaSì, ciao

Non così, più ampio...

Sì dopo procedi...

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choose the best one

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continua

Perché non si clicca più adesso? Ti sei proprio svegliato male stamattina, eh scatoletta?

Cosa what vuoi tu?!?

voce internaCosa sta facendo Ferretti?... ci prova con la Giovanna... eh! forse potrebbe avere qualche speranza se lei non sapesse che lui porta il parrucchino... e poi dovrebbe mettersi dello scotch alle orecchie, perché così a sventola sono anche pericolose: potrebbe farsi male sbattendo contro gli stipiti delle porte quan-do passa...

voce esternaBeep beep...

voce internaSì può cominciare a trascrivere: hong kong 1027.5: -3.25%; tokyo 1679.1: -2.24; londra 5582.3: +0.54%; new york 8370.1: +0.01%. Crollo delle borse asiatiche... e i gialli se la sono proprio presa lì questa volta. Certo che investire in borsa è proprio un bel casino, un giorno vinci, un altro perdi... peggio che scommettere sui cavalli... e coi fondi pensio-ne noi dovremmo mettere i nostro soldi in borsa.

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Ferretti, lascia stare, tanto non ci sta, smetti-la di fare il mandrillo in calore: tu e il sesso siete due cose antitetiche!...

Non capisco, a volte in borsa perdono tutti. Guarda qua: nai, ratti, sadi, spa, bpd, ris, spaf , tutti quanti in rosso... oh dico, ma se c’è sempre qualcuno che compra e qualcuno che vende, com’è possibile che nessuno ci guadagni? Strano, veramente strano... qual-cosa non mi torna, ma non capisco cos’è. Comunque stasera vinco al Superenalotto, divento ricco pure io e ho risolto tutti i pro-blemi! Vorrei vedere la faccia di Ferretti (imi-tando) “Bellissimo! Bellissimo! Sono conten-to per te!...” Eh, sarebbe la volta che si incaz-za pure lui...

Pausa sonora con rumori d’uffi cio; intanto il perso-naggio continua a lavorare.

Comincerei ad avere anche un certo languo-rino di stomaco... (parlando al computer) tu invece fame non ne hai! Duro, persisti: bra-vo, sei proprio un vero stakanovista... e il bello è che comandi tu! Se almeno qualche volta andassi in bagno... quando inventeran-no un purgante telematico ti farò fare una indigestione che ricorderai fi nché scorre elet-tricità nei tuoi circuiti... Lui non deve alzarsi presto la mattina, non ha problemi di fami-glia, non si ammala... be’, forse qualche volta

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un virus te lo becchi pure tu... lui ci aspetta qui comodo, seduto, e noi tutti ad affannarci lì davanti e a scongiurare che non gli girino e che non si mangi tutti i dati... sì, perché la gente mette tutte le proprie cose qua dentro credendo che stiano al sicuro, ma se a questo gli vengono i 5 minuti ti fa ciao ciao con la manina... e chi s’è visto s’è visto... tu rimani lì con la faccia da ebete a chiederti cosa è successo... ancora un quarto d’ora e poi (ge-sto di andare via) ... oggi non fi nisce più... ah, sta uscendo il sole... (tic e tac sulla tastie-ra) ... ho un buco nello stomaco.. (tic e tac sulla tastiera) posta.it, invio, ok... ma il capo dov’è? Appena esce stacco tutto e vado... sta uscendo... punto it... fame, fame... punto e stop! Io vado a mangiare e il capo s’attacca! Se ogni tanto ci desse 5 minuti... lui sì che può!... è il capo... eh, ma mangia anche lui e come me va a fare la cacca: sì, ma prima bi-sogna mangiare (si alza per uscire) ... un bel panino giù nel parchetto... (si volta) il com-puter non mi segue...

Si siede su un prato immaginario, poi con soddisfa-zione.

Natura! Natura! Natura! Sotto l’ombra di quest’albero in mezzo al prato con l’erba ap-pena rasata... ah, che bello, che pace, il si-lenzio!

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Si sentono rumori di fondo della città.

Solo io e la natura con il suo ronzio, le nuvo-le, il venticello, le foglie... e le nuvole che vanno e vengono... e Ferretti che viene, che cazzo vuole che sto in mezzo al verde, non mi vede come sto bene? (sconsolato) Perché esiste?... viene dritto, sorride, avanza inesora-bilmente... perché non si respira un pò di questa aria fresca per conto suo... è quasi qui, porca la pupazza, noo... (si copre il volto con le mani) ah, si è fermato... miracolo! Io e il mio “prosciutto, rucola e brie” siamo salvi... che fa? Sta guardando... oh, guarda là un passerotto che saltella... ah, caro passerotti-no, come sei libero, senza capo, senza com-puter... chissà dove te ne andrai e cosa ve-dranno i tuoi occhietti... che incanto la na-tura, eh, che belle cosine fa... a parte Ferret-ti... guarda come saltella, becca un vermet-to... ed io il mio panino... ecco là, la bricioli-na, che tenero... e fa tutto da solo... però il grasso che va in mezzo ai denti, quando si decideranno a fare maiali senza grasso!... dove va? Batte le sue piccole ali e se ne va nel cielo azzurro; beato lui... non te ne andare, dai, stai qui ancora un poco...

Osserva estasiato la scena immaginaria, poi, improv-visamente si porta una mano ad un occhio.

Ma che cazz... mi ha scagazzato addosso...

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anche sul vestito... ouh, uccellazzo della ma-lora, lo sai quanto mi è costata ’sta giacca? È fi rmata!... Guarda quanta ne ha fatta! Co-s’era, un condor?!? Traditore, va a farti spara-re da un bracconiere!... doveva farla proprio addosso a me!... Se beccavi Ferretti non era meglio? Chissà che passerotto bellissimo avrà visto lui... sicuramente più bello del mio, an-che se era lo stesso! Adesso giù le bricioline e via al lavoro... tic tac tac tic, si torna alla cate-na di montaggio... prima però vado a pren-dermi un caffettino altrimenti non riesco mica ad andare avanti... e questi cosa voglio-no? Ah, sì! Sono quelli che vengono a do-mandarti se hai qualcosa contro i drogati, i paraplegici, i tossici, i ciechi, i muti, i sordi... ma cosa vuoi che abbia contro i tossici, se non fossero sempre là a chiederti soldi sareb-bero pure simpatici! (imitando) “Scusa, pos-so farti una domanda? – No, mi dispiace, sono allergico alle domande personali... – Hai niente contro i tossici? – Sì, tutto, gira al largo, vai, fi la, non ti vergogni a chiedere l’elemosina?”... che poi quando capiscono che non sganci ti mandano a cagare di nasco-sto. Per cosa mi hanno preso, per la banca centrale della Svizzera? Se dovessi dare soldi a tutti quelli che me li domandano divente-rei povero nel giro di un minuto e dovrei co-minciare a chiedere la carità pure io!... a pro-posito, sai cosa faccio adesso? Mi compro un bel Gratta e vinci: spendi 1 euro e ti becchi

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un milione; questo sì che è un buon investi-mento, altro che tossici! Guarda qua, basta grattare e si vince... geniale! (ordina) Un caf-fè e un Gratta e vinci. Allora da dove parto? Qua?... sì, sì... 5... adesso cancello questo 5 e... 5. Toh, ne ho vinto un altro... questo me lo gratto con calma assieme al caffè... Cosa vuoi tu? Cosa guardi?... Vuole vedere se vin-co... Lo gratto dopo, va bene? Adesso bevo il caffè... (si volta) Ah, si è girato: fi nalmente posso grattare in santa pace... comincio da qui... 7, promette bene... tolgo qua... vai, vai! 7! Manca questo, se è sette pure lui vinco centomila euro!... con calma, vado piano, così viene meglio... ecco, sì, sì, potrebbe esse-re un sette, dalla gambetta non si capisce bene, vado avanti... no, no... no! Uffa! 5... non si vince niente così!... controllo, ma tan-to... infatti niente. Questa è l’ultima volta che me ne compro uno!... è una truffa che lo stato continua a perpetrare a danno dei citta-dini... arrivederci. Adesso che c’è il sole fa fi n troppo caldo... tempo variabile, già! Que-st’altro cosa vuole? Oh ci risiamo! Vende ac-cendini... Non fumo, grazie... ti dico che non fumo!... e che è, comincio a fumare per comprarti l’accendino?... è utile? E cosa me ne faccio? Appicco un incendio in uffi cio?... (avviandosi di nuovo, poi, con tono onirico) Magari: tutti i computer in fi amme che lan-ciano gli ultimi disperati segnali di soccorso: beep! beep! help me! fire! fire!... ma per

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loro non c’è scampo: tutti morti soffocati dal fumo... il capo sconvolto che si strappa gli ultimi capelli rimasti... e quando ha fi nito con i capelli comincia con i peli delle ascel-le... Ferretti che rimane intrappolato fra le macchine... be’, poi però rimango disoccu-pato... eh no! Ci sarà una cassa, un’assicura-zione per la perdita del lavoro a causa di for-za maggiore... (suono di telefonino) ’Sti tele-fonini, non se ne può veramente più, sono diventati una cosa insopportabile, ormai non hanno più alcun ritegno... una volta erano in pochi, quasi si nascondevano, si vergognava-no... adesso telefonano dappertutto, anche quando sono al cesso... “biribip biribip – Pronto chi parla? – Ciao dove sei? – In ba-gno! – Anch’io, che coincidenza... cagata in diretta!” E poi dicono che con ’sti campi ma-gnetici possono succedere guai seri...

voce esternaLe onde elettromagnetiche sono un fenome-no unico dalle lunghezze d’onda più lunghe alle più brevi; tutte si propagano nel vuoto alla medesima velocità, tutte sono generate da oscillazioni di cariche elettriche. Nella pratica le onde elettromagnetiche possono dare origine a fenomeni molto diversi...

voce interna... tipo il rimbecillimento di chi usa i telefo-nini e gli va in pappa il cervello... sì però cer-

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te volte possono essere utili in casi di emer-genza, diciamocelo, sono anche comodi: sei rintracciabile ovunque... quasi quasi me ne prendo uno... metti, che so, un incidente, un imprevisto... e poi potrebbero chiamarmi quando vogliono, gli amici, la Giovanna, i colleghi, i creditori, Ferretti... per carità Fer-retti, ci manca solo che si metta a chiamarmi anche il computer; be’, mica lo devo tenere sempre acceso, lo spengo... eh, ma poi co-mincerebbero: perché avevi il telefonino spento? come mai? dov’eri, non prendeva? (come rispondendo) avevo le pile scariche, va bene?!? Si vede che il tuo telefonino non ha molta autonomia, invece il mio... Devo an-cora comprarmi il cellulare e già mi rompe le scatole. Fine dell’ora di libertà, ci risiamo, ecco il mio carnefi ce: il computer!

Si siede al suo posto e ricomincia a lavorare. L’intensi-tà della luce scema completamente. Non appena rag-giunto il buio, dei coni di luce a perpendicolo sulla scena si accenderanno e si spegneranno, dapprima lentamente e uno alla volta, poi in maniera sempre più caotica e rapida; tutta questa scena viene accom-pagnata da una musica, anch’essa con andamento sempre più caotico; al culmine, questo movimento di luci verrà interrotto da un lampo di luce diretto con-tro il pubblico. Buio e silenzio, faro sulla maschera, dopo qualche istante; durante l’assenza di luce, dopo aver appoggiato la tastiera sulla sedia, l’attore si sposta nel settore della casa, vicino all’attaccapanni. Luce: si

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Frammenti

illumina a sera solo il settore della casa; il personaggio si sta togliendo la giacca, la cravatta e le scarpe per indossare una vestaglia; appendendo la giacca all’at-taccapanni, sposta la maschera sul letto; poi crolla esausto sulla poltrona, cominciando a guardare una immaginaria televisione; la poltrona è rivolta verso il pubblico; la televisione è il pubblico stesso. Ritmi più lenti, quasi fosse più vecchio.

Finalmente un po’ di relax sulla mia poltro-na in teflon prodotta ad hong kong mi gusto il mio drink con uno spicchio di li-mone e guardo il mio tv color con un nome tedesco ma made in taiwan. Telecomando in mano e via con lo zapping (rumore di TV ) Che strano, sono passato da un video all’al-tro e sto battendo tasti anche di fronte alla televisione, un telecomando al posto di una tastiera... è proprio una condanna... almeno trasmettessero qualcosa di decente... e invece giochi, quiz, quizzetti, fi lmettini visti e stra-visti, fi lmoni catastrofi ci con meteoriti va-ganti... sempre le stesse cose (indicando il pubblico) sempre la stessa gente.

Pausa; fa un po’ di zapping.

Ho capito, anche questa sera non c’è niente da vedere...

Resta un attimo pensoso per decidere cosa fare.

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Frammenti

... cosa vuoi che mi metta a fare a quest’ora, ho lavorato tutto il giorno, sono stufo e stan-co morto... resto qua, almeno la tv mi fa compagnia... che ci vuoi fare... va bene così... anzi, quasi quasi mi prendo un’aspirina per-ché ho un po’ di mal di testa (legge sul fl aco-ne) acido saidil... sacisil... salitil...

voce esternaAcido acetilsalicilico: farmaco ad azione an-tipiretica, analgesica ed antinfi ammatoria. È un farmaco: leggere attentamente le avver-tenze prima di somministrarlo.

voce interna

Leggendo l’ultima frase assieme alla voce esterna.

... prima di somministrarlo: fi gurati se ades-so si muore per una overdose di aspirina...

Inghiotte, socchiude gli occhi; pausa.

... sì, ecco, mi sento già meglio. (guardando la TV ) Il Tg cosa dice?... assassinii... stupri... rapinata una gioielleria: gli sta bene, gli sta! Quelli sono pieni di soldi fi n sopra i capelli e se li tengono tutti nascosti... questi cosa fan-no? Manifestano... cosa manifestate a fare, ma andate a lavorare... ah, sono disoccupati, non possono... va bene, ma anche loro, sono sempre lì in piazza... se si cercassero un lavo-

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ro ogni tanto, non sarebbero mica presi così... e tu cosa hai fatto di bello, eh? Non pagavi le tasse... bene, bene, in galera! Con tutti i politici, che sono tutti ladri quelli, li conosco io! Si pappano i nostri soldi alle no-stre spalle... in galera!... ma cosa interessa a me del Principe di Spagna, saranno affari suoi con chi va a letto... lasciatelo un poco in pace... che morbosi i giornalisti: il loro sogno sarebbe di stare nascosti dentro al letto delle persone per spiarle mentre fanno le loro cose, per poi andarle a spiattellare in giro... però che tette lei, complimenti al Principe!... (urla) estrazioni del Superenalotto!!... (riani-mandosi ) tutti zitti! Occhio, occhio... 2... 15... 30... 32... 47... 90... Niente!... (trasporta-to dall’ultima speranza) numero jolly... (crol-lando sulla poltrona) ricontrolliamo... (rasse-gnato) non ne ho beccato neanche uno, ma dico, uno che fosse uno, niente, zero assolu-to... lo sapevo che andava a fi nire così. Avevo giocato per puntiglio, un sistemino da poco, una cosetta, così, 100 euro... che stanchezza, mi sento a pezzi... Toh, chi si rivede: le previ-sioni del tempo, vediamo cosa dicono... tem-po variabile, lo sapevo io... quindi domani non sappiamo cosa ci aspetta, a parte Ferret-ti... (sbadiglia) quasi quasi mi metto a fare il meteorologo anch’io e se mi chiedono che tempo farà domani: alzo la testa, scruto il cielo dubbioso e gli rispondo: “tempo varia-bile” e s’attaccano.

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Frammenti

Pausa lunga, sguardo spento verso il pubblico.

Cosa faccio, vado a letto? Sarebbe ancora prestino, l’orologio dov’è?... ah sì, se lo meri-tava (scrolla le spalle; si abbiocca, cerca di te-nersi sveglio) basta!... adesso vado a dormire: fi ne delle trasmissioni e buona notte... e do-mani si replica.

Si dirige verso il letto accompagnato da un breve cre-scendo di musica da Requiem che si appressa al fi nale; appende ad una gruccia sull’attaccapanni la vestaglia, che resta sospesa come un uomo inerte; sulla cadenza fi nale del Requiem si butta sul letto; accompagnato da un battito cardiaco che si spegne, si rannicchia su sé stesso assumendo una posizione fetale. Pausa: la voce esterna riprende in lontananza per qualche istante il parlato incomprensibile dell’inizio. Nel contempo la luce si smorza tornando all’intensità iniziale. Non vi-sto dal pubblico, indossa la maschera. Si solleva lenta-mente evidenziando la nuova fi gura, voltando le spal-le al pubblico. Al voltarsi dell’attore, l’occhio di bue illumina improvvisamente il suo volto coperto dalla maschera. Così illuminato si dirige verso il proscenio, dove pronuncerà l’Epilogo.

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Frammenti

Epilogo

Quando la sera si illumina di stelle, sotto il cielo, divento piccolo piccolo e la Natura di giorno ai miei piedi, ora mi sopraffà; mi im-mergo in questo mare stellato e mi spoglio di me stesso; lasciando cullare i sensi dal bisbi-glìo del cosmo mi sperdo, atomo di una mo-lecola infi nita.

Nel muto sussurro di galassie e nebulose guardo dentro il mio corpo e scopro di essere un Universo: cellule... molecole... atomi... quanti. Squadre... plotoni... reggimenti di particelle... un frenetico lavorio di scambi, sintesi e divisioni... di cui non posseggo la percezione; eppure, sono “io” (discostando per un attimo la Maschera dal volto, che appe-na si intravede ma subito viene nuovamente celato) un tubo digerente parla, una matassa di arterie cammina, un albero respiratorio pensa... reazioni chimiche si innamorano, confusi moti cinetici vanno a lavorare, cari-che elettriche scherzano... un campo di ener-gia vive.

Se mi penso così perdo il senso di ciò che sono... mi disgrego in mille frammenti che scivolando via oltre la Gabbia della quotidia-na percezione di sé, si dissolvono nella Natu-ra (riprendendo l’iniziale tono di fi aba) e dalla

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Frammenti

Natura forse un giorno arriverà una cometa che dopo un lungo viaggio, ignorando tutto questo scalpiccio che la vita produce sulla terra, vedrà il nostro pianeta come uno dei tanti puntolini dello spazio... le loro traietto-rie si intersecheranno e... puff, non resterà più nulla... non più sveglie, non più cellule, non più Ferretti... solo... polvere di stelle.

Sipario.

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Indice

Preludio 5

Frammenti Personaggi / La scena 19

Prologo 21

Epilogo 56

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L’interno di questo libro è stato composto in ca-rattere Adobe Garamond. Il Garamond è uno dei migliori caratteri a stampa mai incisi, disegnato a Parigi a metà Cinquecento dallo stampatore Claude Garamond (1480-1561) perfezionando i primissimi modelli di carattere romano sviluppa-ti in Italia (e specialmente a Venezia, da Nicolas Jenson e Francesco Griffo) tra la fi ne del Quattro-cento e l’inizio del Cinquecento.

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Treviso, mattina del 2 agosto 1998.Squilla il telefono. Ermanno se n’è andato.

Avevamo scritto con lui un testo teatrale ma la sua scomparsa lo aveva relegato in un cassetto.

Ecco il monologo Frammenti e un Preludio che ne racconta brevemente la storia.

Speriamo che il nostro lavoro possa fare da nocchiere a questi Frammenti, tra i fl utti perigliosi dell’oblio, verso un sicuro approdo sulle sponde di un palcoscenico.