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Dipartimento di Scienze economiche e aziendali
L’ECONOMIA DEI DIRITTI COSTITUZIONALI
Lorenzo Rampa
2012
2
Agli albori
La protezione dei diritti è molto antica e risale almeno al Codice di Hammurabi
e forse prima. Secondo gli storici la protezione in una forma costituzionale risale
invece alla Costituzione di Medina (622 d.c.), assai anteriore alle prime Carte
medievali. Tuttavia, già prima delle forme scritte, il diritto ha conosciuto una sua
propria evoluzione attraverso il progressivo sviluppo di norme sociali aventi la
funzione di assicurare la cooperazione tra gli uomini.
Nella dottrina moderna una tipica distinzione di scuola è quella tra diritti delle
personalità o diritti umani, per lo più garantiti in epoca moderna dalle Costituzioni, e
quelli patrimoniali o di proprietà, per lo più codificati in Codici o in norme di livello
sub-costituzionale. Le Costituzioni tuttavia proteggono anche il diritto di proprietà in
generale, in sé inalienabile e distinto dagli specifici diritti di proprietà che possono
invece essere alienati tramite negozi, contratti o scambi volontari.
In questo primo testo tratteremo dei diritti costituzionali in quanto inalienabili
ricorrendo frequentemente, ai fini di una interpretazione economica, all’ analogia con
i beni. Questi non possono essere oggetto di scambi e contratti efficienti quando
appartengono alla categoria dei beni pubblici la cui proprietà fondamentale è
l’inescludibilità. Peraltro va subito notato che, nella letteratura di Analisi economica
del diritto, si riscontrano anche interpretazione dei diritti fondamentali e degli stessi
diritti di libertà in termini di beni privati.
Secondo il racconto biblico la prima violazione del più elementare diritto
umano, quello alla vita, avvenne da parte di Caino per gelosia e invidia nei confronti
di Abele. La realtà deve essere stata ben diversa. Mors tua, vita mea era dopotutto
una strategia possibile per i primi umani, costretti alla lotta per la sopravvivenza dalla
competizione per il cibo, non solo con i loro simili ma anche con altre specie
cacciatrici.
La prima formazione, durante il Paleolitico, delle bande di cacciatori-
raccoglitori è probabilmente dovuta alla consapevolezza che vita tua, vita mea poteva
essere una strategia migliore. Secondo gli antropologi, l’occasione per imparare ciò si
verificò a seguito della scarsità di cibo procurato cacciando piccole prede: la nuova
strategia infatti comportava che, cooperando nella caccia alle grandi prede anziché
lottare da soli e tra di loro per quelle piccole, si ottenevano maggiori vantaggi per
tutti.
Le grandi prede avevano però la caratteristica di dover essere consumate in
breve tempo (con le tecniche di allora) e di non poter essere conservate per essere
scambiate con altri beni. Di conseguenza esse non potevano essere sottratte al
consumo di chi non aveva partecipato alla caccia poiché il costo di escludere
qualcuno dal loro consumo superava il beneficio che ne derivava. In sostanza le
grandi prede erano inescludibili, come un bene pubblico, e ciò creava il problema
3
dell’opportunismo. Sia che gli altri cacciatori decidessero di cacciare da soli le
piccole prede, sia che decidessero di cooperare nella caccia alle grandi prede, al
singolo conveniva razionalmente fare da sé poiché non sarebbe stato comunque
escluso dal consumare la grande preda. In sostanza la situazione era simile a quella di
un Dilemma del prigioniero (nel seguito DP) che gli economisti utilizzano per
discutere delle scelte sui beni pubblici.1
Sembra che il problema dell’opportunismo sia stato superato grazie ad una
sorta di sindrome egualitaria dei nostri primi progenitori, i quali aborrivano la
disuguaglianza e le gerarchie.2 Sarebbe stato in virtù di queste particolari propensioni
o preferenze che si affermarono i primi diritti, oggetto più di norme morali che di
regole giuridiche: quello alla vita e quello, strettamente associato, alla divisione
egualitaria del cibo. Il valore di tali diritti era direttamente connesso alla misura fisica
o calorica del cibo, seppure questo avesse una natura prevalentemente pubblica
piuttosto che privata. Il loro rispetto derivava dalle preferenze primitive che
attribuivano un valore sia al bene in sé sia al fatto che esso non fosse distribuito in
modo diseguale. La diseguaglianza tra i free riders che cacciavano da soli ma
potevano consumare anche le grandi prede e coloro che invece partecipavano solo al
big game era aborrita disincentivando il free riding. Senza quelle preferenze le
società primitive e le norme che ne garantivano la riproduzione si sarebbero forse
estinte senza evolvere verso organizzazioni sociali più complesse.3
Il successivo avvento dell’agricoltura vide la formazione di comunità più
ampie e dei primi stati che necessitavano, per sopravvivere, di beni pubblici assai più
impegnativi, quali la difesa e la sicurezza, ma caratterizzati essi stessi da un dilemma
decisionale simile a quello primitivo circa la convenienza a cooperare. In genere si
ritiene che la soluzione di tale dilemma sia stata trovata attraverso la sottomissione ad
un Sovrano dotato della risorsa della forza e capace di imporre con autorità la
cooperazione sociale.4 L’incentivo a cooperare derivava, almeno secondo la
spiegazione hobbesiana del superamento dello stato di natura, dalla paura piuttosto
che da propensioni e preferenze egualitarie.5
Nello stesso tempo la moltiplicazione delle risorse resa possibile dalle
innovazioni agricole determinava un’ampia sfera di beni non più inescludibili, bensì
fruibili privatamente e liberamente trasferibili. Connessi a tale moltiplicazione si
formarono diritti esclusivi di natura patrimoniale, come i diritti di proprietà, anch’essi
1 K. HAWKES, Why hunter-gatherers work: an ancient version of the problems of public goods,
“Current Anthropology”, 4, 1993, pp.341-361 2 C. BOEHM, Impact of human egalitarian syndrome on darwinian selection mechanics, “American
Naturalist”, 1997, S 100- S121. 3 Vedi L. RAMPA, L’economia dei primitivi, “Studi economici”, 1, 2010, pp. 235-260 .
4 Si veda ad esempio J.M. SANCHEZ MOLINERO, The Origins of the State: from Reciprocity to
Coercive Power, “Constitutional Political Economy”, 11, 2000. pp. 231-253 5 L’argomento della paura ricorre in tutta l’opera di Hobbes. In particolare nel cap. XIII del
Leviatano egli sostiene che nello stato di natura non vi è alcuna ragione razionale per rispettare i
contratti mediante i quali gli uomini entrano in relazione per scambiarsi diritti sulle cose di cui
necessitano. L’assenza di fiducia nel loro rispetto genera la paura Che li induce a sottomettersi ad
un sovrano che impone il rispetto della legge e dei contratti.
4
trasferibili mediante scambi e contratti. Ciò diede luogo a controversie che
richiedevano anche l’esercizio della giustizia, altro tipico bene pubblico. Dopo secoli,
con il progressivo emergere di nuovi ceti interessati a maggiori garanzie rispetto agli
abusi dei sovrani, si affermò infine una stagione di riconoscimenti dei diritti
fondamentali dei cittadini culminata con le prime Costituzioni. Fu in questo contesto
che si sviluppò la metafora del Contratto sociale intesa a spiegare la formazione dello
Stato come una sorta di bene pubblico più generale
Nelle Costituzioni moderne i diritti fondamentali sono dichiarati o riconosciuti,
ma soprattutto estesi a tutti. In quanto tali, essi vengono resi non escludibili e non
disponibili. Il loro riconoscimento, tuttavia, non può più essere spiegato come
conseguenza della sottomissione al Sovrano, essendo il frutto dell’emancipazione
dallo stesso. Al di fuori della sottomissione l’accordo sullo Stato e sulla sua
Costituzione si ripropone come Dilemma, sia perché agli stati moderni è affidata la
fornitura di una quantità crescente di beni pubblici, sia perché le Costituzioni
riconoscono un numero crescente di diritti non escludibili per molti versi assimilabili
ad essi. Nuove ragioni, diverse dalla paura, si rendono necessarie per superarlo
mediante il consenso.
Si è molto discusso della validità della metafora del Contratto sociale,
soprattutto dal punto di vista positivo, rilevandone la limitatezza rispetto ai reali
processi storici di formazione degli Stati e delle Costituzioni.6 Tuttavia il proposito di
questo articolo è quello di proporre un approccio prevalentemente non positivo ma
normativo della stessa, affrontando il problema di quali siano le condizioni che
meglio favoriscono la soluzione del Dilemma costituzionale.
Nel caso dei nostri primi progenitori sembra possibile affermare che sia stato il
loro modo di valutare i beni, ovvero le loro preferenze, a consentire tale soluzione.
Con riguardo ai processi costituenti moderni i giuristi argomenterebbero invece in
termini di valori o principi come quello di eguaglianza o di pari dignità sociale.
Tuttavia nelle Carte moderne tali principi non solo sono stati enunciati come loro
fondamento o utilizzati come criteri di riferimento per la giurisprudenza
costituzionale, ma spesso si sono anche concretizzati in una serie di diritti che hanno
modificato alla radice i benefici in gioco, e quindi il Dilemma stesso, riducendo così i
disincentivi a cooperare.
Nel ricostruire le condizioni del superamento del Dilemma, emergerà una
particolare interpretazione della varietà dei diritti costituzionali, la cui eterogeneità 6 In G. NAPOLITANO E M. ABRESCIA, Analisi economica del diritto pubblico, Il Mulino, 2009,
(nelle note successiva NA), la metafora ed il Dilemma del prigioniero (es par. 3.1 p.115) sono
ripetutamente richiamati (in particolare nei parr. 3.3 e 3.4). Nella Constitutional Political Economy
la metafora è frequentemente utilizzata, ma anche criticata sia dal punto di vista logico che
descrittivo. Si veda C. MUELLER 1998, “The Veil of Uncertainty Unveiled”, Constitutional Political
Economy, 9, 1998, pp.5-17. Talora ad essa viene contrapposta una metafora evolutiva secondo cui
le costituzioni sarebbero spiegabili come risultato di un processo dinamico nel tempo: ad esempio in
K. BINMORE, Just Playing. Game Theory and Social Contract II, MIT Press, Cambridge Mass,
1998; A. GIFFORD JR., The Evolution of Social Contract, “Constitutional Political Economy”, 13,
2002, pp. 361-369, S. VOIGT, Breaking with the Notion of Social Contract: Constitutions as Based
on Spontaneously Arisen Institutions, “Constitutional Political Economy”, 10, 1999, pp. 283-300.
5
(in specie tra diritti di libertà e diritti sociali) è stata lungamente discussa anche a
livello di dottrina giuridica7.
Costituzione e diritti
Anche se qualche giuspubblicista potrebbe obiettare, un economista tende a
considerare i diritti alla stessa stregua dei beni. Dopo tutto se in una società tali diritti
vengono riconosciuti è perché ad essi viene attribuito un valore. Ciò sembra ovvio
quando si tratti di diritti trasferibili mediante scambi e contratti, meno ovvio quando
si tratti di diritti che invece non possono essere scambiati. Tuttavia si tenga conto che
ciò vale anche per i beni, ad esempio nel caso dei beni pubblici. Peraltro nella
letteratura di analisi economica del diritto sono state proposte persino interpretazioni
di alcuni diritti costituzionali, quali i diritti di libertà, in termini di beni privati, ma
anche in termini di beni pubblici o alternativamente di beni meritori 8.
Tipicamente una Costituzione si compone di una parte di principi (spesso
contenuta in Dichiarazioni separate), che contiene tra l’altro enunciati circa i diritti
fondamentali, di una parte relativa ai diritti (e doveri) dei cittadini, ed infine di una
relativa all’ordinamento dello Stato. In genere la parte relativa all’ordinamento dello
Stato definisce funzioni e attribuzioni della sua sovranità, quali l’organizzazione della
funzione legislativa ed esecutiva, della difesa, della giustizia e dell’ordine pubblico,
che hanno la natura di beni pubblici puri. Garantire l’ordine pubblico o la giustizia
equivale infatti a fornire un bene inescludibile e non rivale a cui i cittadini hanno
diritto, e di cui possono fruire senza limitarne la fruizione altrui. La stessa funzione
legislativa in quanto luogo prevalente della formazione delle regole giuridiche e delle
leggi, assolve al ruolo di fornire un bene pubblico. Della legge in generale, infatti,
ciascuno fruisce in quanto cittadino senza escluderne altri, come peraltro discende dal
principio di eguaglianza formale previsto dalle Costituzioni moderne, e senza che
altri possano escluderlo dalla fruizione9. Anche per questa ragione lo Stato, inteso
come fornitore di beni pubblici è spesso definito come una sorta di bene pubblico più
generale.
7 Per tutti si veda A. BALDASSARRE, Diritti sociali, Voce di “Enciclopedia giuridica”, Roma, Istituto
dell’enciclopedia italiana, 1989, e M. LUCIANI , Sui diritti sociali, in ROMBOLI R., “La tutela dei
diritti fondamentali davanti alle Corti Costituzionali”, Torino, Giappichelli, 1994.
8 Per una discussione nell’ambito della Law and Economics anglosassone si veda R. COOTER, The
Strategic Constitution, Princeton, Princeton University Press, 2000, ripreso da NA par. 4.5. Questo
autore propone, in alternativa, anche una spiegazione in termini di trump, ripresa da R. DWORKIN,
Rights as Trumps, J.Waldron, Theory of Rights, Oxford University Press, Oxford, 1984. Poiché
trump indica la carta vincente, come il jolly, questa connotazione implica una sorta di preferenza
lessicografica verso diritti di libertà rispetto qualsiasi altro diritto. 9 L’idea che la legge sia in sé un bene pubblico è spesso trascurata nei testi di economia pubblica
che tipicamente citano la difesa e la giustizia, oltre che altri famosi casi quali le strade o i fari. Essa
è invalsa con lo sviluppo dell’analisi economica del diritto e dell’economia politica costituzionale di
stampo anglosassone. Si veda ad esempio G. TULLOCK, Public Decisions as Public Goods, “Journal
of Political Economy”, 10, 1971.
6
Talora, anche se non sempre, i diritti che discendono dalla fornitura di beni
pubblici sono esplicitamente tutelati nei testi costituzionali. Questo è il caso della
giustizia a cui è associato il diritto di agire e di essere difeso in giudizio. Più
frequentemente essi sono invece assunti come impliciti e regolati dalla legislazione
ordinaria. D’altro canto anche i diritti esplicitamente tutelati dalle Costituzioni hanno
caratteristiche di inescludibilità almeno nel senso che, una volta dichiarati, tutti i
cittadini, nessuno escluso, può esserne privato. Ci si può dunque domandare se
l’insieme dei diritti, implicitamente riconosciuti (come quello alla sicurezza o alla
giustizia) o esplicitamente enunciati (come i diritti di libertà o quelli sociali) possano
essere assimilati a beni aventi caratteristiche peculiari.
Va anche ricordato che questi diritti, in quanto non esclusivi, non possono
essere ceduti o trasferiti attraverso uno scambio o un contratto. Come nel caso dei
beni pubblici, infatti, il maggior beneficio sociale che ne deriva non può discendere
da uno scambio (che sarebbe inefficiente in quanto il mercato fallisce come luogo
della loro distribuzione) ma solo da un accordo unanime circa la loro fornitura. Così
di nessuno dei diritti fondamentali di libertà o di quelli sociali si può disporre
trasferendolo ad altri in cambio di qualcosa. Ad esempio il diritto alla libertà
personale non è cedibile, come non lo è quello alla proprietà in generale (o meglio
l’idoneità a essere titolare di concreti diritti di proprietà), anche se lo sono gli
specifici diritti di proprietà tutelati dai codici.
Conviene anzitutto discutere la proprietà di inescludibilità. Sotto il profilo
dell’analisi economica del diritto, che si basa sulla ponderazione di costi e benefici,
un diritto viene protetto in modo socialmente efficiente dalla Costituzione qualora il
beneficio dell’inescludibilità sia superiore ai suoi costi.10
Ciò comporta che esso,
quantunque tutelato da una Costituzione, non sia inescludibile in assoluto, ma lo sia
in modo storicamente variabile a seconda dei costi e dei benefici sociali ad esso
associati. Oggi, con le moderne tecnologie di conservazione, il cibo tratto dalle grandi
prede cacciate dai primi umani sarebbe conservabile, facendo venir meno la
caratteristica di inescludibilità del suo consumo e del diritto alla sua divisione
egualitaria.
Al contrario escludere un singolo cittadino dal diritto alla difesa o da quello
alla giustizia non comporta benefici addizionali ma solo costi (almeno individuali), sicché gli economisti lo annoverebbero tra i beni pubblici puri in ogni situazione. In
altri casi, come quelli di beni o servizi (prestazioni) associati ai diritti sociali, il costo
dell’esclusione può invece ridursi (e il costo dell’inclusione aumentare) fino a far
perdere al bene questa proprietà.
In secondo luogo si noti come la valutazione dei costi e dei benefici
dell’esclusione sia storicamente variabile in quanto dipende non solo dall’intrinseco
valore materiale dei diritti stessi, ma anche dalle percezioni che ne hanno i costituenti
10
NA p. 135: un diritto viene protetto costituzionalmente quando il costo del suo diniego è
superiore al guadagno che ne deriva. Questo è tra l’altro il fondamento logico della relatività dei
diritti costituzionali stessi: par 4.3
7
che, a loro volta, risentono delle propensioni culturali e ideologiche prevalenti della
società.
Infine va ricordato che l’insieme dei diritti protetti dalle Costituzioni
democratiche è divenuto così ampio e variegato, soprattutto dopo il progressivo
riconoscimento dei diritti sociali, che difficilmente vi si può rinvenire una perfetta
analogia con un’unica tipologia di beni quale quella dei beni pubblici puri, nonostante
la loro inescludibilità giuridica e la loro sottrazione dal campo dei diritti cedibili sul
mercato o per contratto11
. In particolare, come vedremo, i diritti sociali sono per lo
più associabili ad altri tipi di beni, quantunque caratterizzati da qualche tipo di
fallimento del mercato.12
Diritti di libertà e diritti sociali
La letteratura giuspubblicistica ha lungamente dibattuto sulla differenza tra
diritti di libertà e diritti sociali. In breve i primi sarebbero tipici dello Stato liberale ed
i secondi dello Stato sociale, ed i tentativi di inserimento dei secondi nello Stato di
diritto di tipo liberale ha spesso generato dubbi di inconciliabilità con i primi13
.
In particolare il problema è stato affrontato domandandosi se se i diritti sociali
potessero essere posti sullo stesso piano dei diritti di libertà, o non avessero uno
status diverso ed inferiore, ad esempio come “interessi costituzionalmente protetti”,
oppure come diritti istituiti solo in virtù di legislazione ordinaria.
In tale contesto il progressivo riconoscimento dei diritti sociali, laddove non sia
stato visto come inconciliabile con i tradizionali diritti di libertà, è stato spiegato
11
Non va tra l’altro trascurata la circostanza che molti diritti sociali sono qualificati come situazioni
giuridiche soggettive “condizionate”, nel senso che il loro soddisfacimento è influenzato, talora in
modo decisivo, dalla disponibilità delle risorse. Inoltre va rilevato che la categoria dei diritti sociali
viene spesso estesa, nella letteratura giuridica, a diritti piuttosto contigui, per loro natura, con i
diritti di libertà, come nel caso di quelli relativi alla famiglia ed all’insegnamento, sicché non è
immediato trovare una netta assimilazione con specifiche tipologie di beni. 12
Si noti, tra l’altro, che sotto questo profilo non rileva che taluni diritti costituzionali servano a
proteggere il mercato dove si scambiano beni e diritti privati ed altri, invece, a correggere il
mercato stesso. Questa distinzione, talora utilizzata per contrapporre diritti di libertà e diritti sociali,
nulla toglie al fatto che il mercato, essendo esso stesso una istituzione, richiede per funzionare un
sistema di diritti che devono essere preliminarmente riconosciuti alla totalità degli scambisti,
nessuno escluso.Su questo punto di veda ad esempio LUCIANI, p.97 e segg. 13
Vedi BALDASSARRE, Diritti sociali, cit., pp. 3-6, in particolare sui dubbi dei giuristi tedeschi
durante l’elaborazione della Costituzione di Weimar. In generale, le riserve manifestate nei
confronti dei diritti sociali, e soprattutto della loro costituzionalizzazione, risalgono alla stessa
difficoltà di accettare lo stato sociale in un assetto ancorato ai pilastri dello stato di diritto, quasi vi
fosse una insanabile contraddizione tra i due modelli (è nota la posizione di E. FORSTHOFF,
Rechsstaat im wandel (1964), trad. it., Stato di diritto in trasformazione, Milano, Giuffrè, 1973,11
ss., il quale, ispirandosi a Schmitt, Mayer, Stahl, Gneist e Mohl, sostiene che il Rechtsstaat,
autentico valore primario, e lo stato sociale, che è solo un “dato” e non un principio istituzionale,
non possono fondersi sul piano del diritto costituzionale. Lo stato sociale è frutto dell’opera del
legislatore ordinario e dell’amministrazione, e non della costituzione.
8
come conseguenza di un cambiamento della concezione del cittadino, non più inteso
come singolo individuo isolato e tutelato nella sua autonomia dalle ingerenze altrui e
dello Stato, ma come persona inserita in un sistema di relazioni sociali (l’homme
situé) 14
. Ciò avrebbe dato luogo all’integrazione dell’eguaglianza (formale) di fronte
alla legge con un principio di pari dignità sociale intesa come eguaglianza sostanziale
o delle condizioni di partenza15
. Ciò non implica soltanto la protezione dalle indebite
intromissioni dell’autorità nella sfera individuale, ma anche l’intervento dei pubblici
poteri per modificare o rimuovere le condizioni economiche e sociali che
impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Alternativamente, o
congiuntamente, si è sottolineato anche come la costituzionalizzazione dei diritti
sociali sia strettamente connesso con lo stato democratico in quanto tale, ovvero con
il riconoscimento del suffragio universale16
.
Dal punto di vista della descrizione del contesto sociale in cui le Costituzioni
sono state approvate queste spiegazioni possono essere ricondotte da un lato alla
visione o ai valori prevalenti nella società (e nei costituenti), ovvero in linguaggio
economico alle loro preferenze, e dall’altro alle caratteristiche di omogeneità o
eterogeneità e simmetria o asimmetria sociale della collettività.
In via di fatto la questione sembra dunque riguardare l’aspetto della relatività
dei diritti costituzionali ed in specie la loro dipendenza dalle specifiche circostanze
storiche e culturali che ne hanno determinato l’introduzione nelle Costituzioni 17
. Ad
esempio non può essere trascurabile la circostanza che il riconoscimento di taluni
diritti sia la conseguenza della rivolta medioevale dei lords contro il potere tirannico
di un re oppure, molti secoli dopo, avvenga attraverso una Costituzione approvata in
nome di tutti i cittadini appartenenti a qualsiasi ceto o classe sociale. Livelli di
sviluppo, preferenze e composizione sociale dei partecipanti al patto che istituisce i
diritti della Magna Carta Libertatum o quelli previsti dalle Costituzioni europee del
dopoguerra sono ovviamente del tutto diverse18
.
Senza entrare nel merito delle controversie dottrinali si deve comunque
ammettere che, dal punto di vista economico, è corretto riconoscere almeno una
differenza tra i due tipi di diritti. Infatti l’inescludibilità può applicarsi ad entrambi
solo nel senso che, una volta riconosciuti da una Costituzione nessuno può esserne
14
BALDASSARRE, cit, p.17 e NA p.187. V. anche V. ONIDA, Le Costituzioni, cit., 100. V., pure, ID.,
voce Costituzione italiana, in Dig. IV ed., Disc. pubbl., IV, Torino, 1989, 330, dove considera
l’eguaglianza sostanziale un corollario del primato della persona in quanto tale. Anche
Camerlengo 15
Si confronti con N. BOBBIO, Della libertà dei moderni comparata a quella dei posteri (1954), in
ID., Politica e cultura, Torino, Einaudi, 1977, spec. P.162: “…il principio di eguaglianza
sostanziale è la matrice dei diritti sociali.”. 16
Ad esempio in M. LUCIANI , Sui diritti sociali 17
Sulla relatività si veda NA par. 4.3 p. 137. 18
Ciò non toglie che si possa tentare qualche generalizzazione sulle condizioni sociali e istituzionali
comuni alle situazioni storiche in cui si sono verificati i riconoscimenti dei diritti costituzionali. Si
veda ad esempio E. MCCAKAY, The Emergence of Constitutional Rights, “Constitutional Political
Economy”, 1997, 8, pp.15-36.
9
escluso. Questa proprietà giuridica è tuttavia derivata da una Dichiarazione o da una
Costituzione, ma non è originariamente intrinseca a tutti i diritti.
Consideriamo un diritto di libertà quale la libertà di opinione. Si può trattare di
opinioni aventi valenza economica, ma anche di valenza culturale, oppure politica
(riguardanti ad esempio l’organizzazione o le decisioni dello Stato). Esse possono
essere rese pubbliche oppure tenute e utilizzate privatamente. Una volta rese
pubbliche, hanno una caratteristica speciale dal punto di vista economico: se
qualcuno se ne vale, l’utilizzo da parte di altri non ne viene diminuito o
compromesso. Ecco perché esse, oltre essere inescludibili, sono anche non rivali.
Inoltre si può anche dire che la natura pubblica dell’idea genera un’esternalità
positiva anche su chi non l’ha elaborata. L’esempio può essere agevolmente applicato
ad altri diritti come il diritto ad agire e di difendersi in giudizio (ovvero alla giustizia,
che costituisce un tipico esempio di bene pubblico puro), o il diritto alla proprietà in
generale distinto dagli specifici diritti di proprietà. Infatti mentre un diritto di
proprietà su un bene specifico esclude gli altri, il diritto di beneficiare della proprietà
in generale non esclude né compromette la possibilità di beneficiarne degli altri.
I beni a cui molti diritti sociali fanno riferimento appartengono invece ad una
categoria di fallimenti del mercato piuttosto eterogenea e in generale diversa dal caso
dei beni pubblici puri19
. Talora, infatti, il fallimento deriva dalla circostanza che il
loro valore sociale è sottostimato dai cittadini, oppure non valutato correttamente
dalla parte meno informata di essi, sicché se fosse lasciato ai singoli di deciderne la
quantità essi ne consumerebbero in misura socialmente inefficiente. Nel primo caso,
quello dei beni meritori (ad esempio la previdenza e l’istruzione primaria), merita che
lo Stato vi provveda elargendo sussidi o fornendo incentivi. Nel secondo caso, quello
della carenza di informazione, che riguarda ad esempio molti aspetti dei mercati
sanitari, lo Stato interviene con una fornitura diretta più o meno estesa dei
corrispondenti servizi.
Inoltre, dal punto di vista economico molti diritti sociali, cui corrispondono
obblighi di erogare prestazioni da parte dello Stato, non comportano una immediata
azionabilità né una generalizzata fruizione della prestazioni che essi dovrebbero
garantire. Infatti, riguardando beni rivali, se un numero cospicuo di cittadini ne
beneficia, e la loro attuazione è sottoposta valutazioni di possibilità e ragionevolezza
alla luce dei vincoli di bilancio dello Stato20
, può succedere che la possibilità di
fruizione da parte di qualcuno ne sia compromessa .
In ogni caso il grado di riconoscimento e di effettivo enforcement dei diritti
sociali sembra essere connesso ai livelli di sviluppo delle risorse economiche
disponibili, ai valori e al grado di complessità sociale dei partecipanti all’istituzione
19
La considerazione che taluni diritti sociali abbiano a che fare con i “fallimenti del mercato”
potrebbe ricondurre ad un punto di vista discusso da M. LUCIANI , Sui diritti sociali, secondo cui
essi reclamerebbero l’intervento pubblico mentre ai diritti di libertà bastrerebbe il mercato.
Condivido con Luciani l’opinione che questo non possa essere il fondamento di una sorta di
opposizione tra i due tipi di diritti fondamentali, in quanto non esiste alcuna società reale in cui non
si verifichino fallimenti del mercato richiedenti interventi dello Stato. 20
Si tratterebbe in questo caso di diritti sociali condizionati nel senso di Baldassarre pp.28 e segg.
10
dei diritti. Se, dunque, si può tentare un’interpretazione della loro origine e del loro
ruolo dal punto di vista dell’analisi economica del diritto, questa non può prescindere
da considerazioni circa le preferenze dei costituenti e circa il grado di difficoltà del
Dilemma costituzionale determinato dalle asimmetrie sociali in cui esso deve essere
risolto.
Il Dilemma costituzionale
Prima di affrontare la questione delle preferenze costituzionali e delle
asimmetrie sociali consideriamo il caso semplice di un diritto associabile a un bene
pubblico puro. Abbiamo già visto che una situazione in cui si debba decidere se
produrre o meno un bene di questa natura può essere trattato in termini del celebre
gioco del “Dilemma del prigioniero”. Vediamo dunque, con riferimento ai diritti, in
quale modo essa possa essere descritta.
Nei testi di filosofia politica e di economia politica costituzionale l’esempio
classico è quello del diritto alla proprietà, cui già allude la discussione hobbesiana
del bellum omnium contra. Esso è spesso rieccheggiato in quello altrettanto celebre
dei ranchers del west (utilizzato dai cultori americani dell’analisi economica del
diritto)21
che possono scegliere di rispettare tale diritto senza sottrarre il bestiame
altrui, oppure di non rispettarlo facendo razzie per le praterie.
Ipotizzando una collettività costituita da sole due persone, se ciascuna delle due
invade la proprietà altrui per razziare raccolti o bestiame ne trae un beneficio pari
rispettivamente ad a (la prima) e b (la seconda), mentre se la rispetta ottiene un
beneficio inferiore ad a e b, pari a k, ma anche l’altro ne trae un beneficio di pari
valore trattandosi di un bene non rivale22
. Si noti che i benefici che si ottengono con
strategie non cooperative possono essere identici quando la forza o l’abilità di
partenza sono eguali. In tal caso potremmo parlare di omogeneità dei partecipanti al
gioco o, più tecnicamente, di simmetria.
Le opzioni di invadere o rispettare , com’è noto, sono definite strategie, mentre
i loro guadagni o benefici costituiscono i payoffs del gioco. Tuttavia il problema non
è qui solo quello di invadere o rispettare, bensì quello di decidere se convenga farlo
tenendo conto di quanto fa l’altro. Adottando entrambi la prima strategia, ovvero
defezionando, i benefici saranno rispettivamente a e b, mentre adottando entrambi la
seconda, ovvero cooperando, saranno pari a 2k. Se invece uno defeziona mentre
l’altro coopera i partecipanti otterranno rispettivamente (a+ k) e (b+ k).
La stessa formulazione può essere adattata al diritto di opinione già richiamato
sopra 23
. Se ciascuno dei due ha un’idea nuova e la tiene per sé, utilizzandola in modo
21
Dovuto a MUELLER (1996) e citato anche da NA pp. 56-57. 22
Qui si prescinde dal fatto che negli ordinamenti giuridici il diritto dello sfruttamento economico
delle nuove idee sia garantito da diritti di proprietà intellettuale transitori, come i brevetti, allo
scopo di creare un incentivo all’innovazione. 23
Ripreso da R. COOTER, The Strategic Constitution, pp. 310-313. A livello di beni, come abbiamo
visto, altri esempi classici di beni pubblici puri sono quelli della difesa o della giustizia che, una
volta forniti, sono in escludibili per i cittadini di uno Stato. Mentre la fornitura dei beni pubblici
11
individuale ed esclusivo, ne trae un beneficio rispettivamente pari ad a (il primo) e b
(il secondo), mentre se la rende pubblica ottiene un beneficio inferiore ad a e b, pari a
k, ma anche l’altro ne trae contemporaneamente un beneficio di pari valore
trattandosi di un bene non rivale24
.
Una struttura simile potrebbe avere anche il problema del ricorso al giudice
terzo nelle controversie, ovvero della la giustizia. In questo caso cooperare significa
delegare al giudice la soluzione delle controversie, mentre defezionare significa farsi
giustizia da sé evitando i costi di un giudizio25
.
Supponiamo ora che il beneficio individuale della mutua cooperazione, ovvero
2k, sia maggiore della media dei benefici individuali della defezione, ovvero (a +
b)/2, sicché il beneficio collettivo della mutua cooperazione risulta più grande di
quello della defezione totale. In caso di asimmetria ciò non significa tuttavia che ciò
sia vero per ciascun giocatore considerato separatamente.
Per le ipotesi assunte la struttura del problema è quella di un DP in quanto
qualunque cosa faccia l’altro conviene comunque sempre defezionare, sicché alla fine
ciascuno deciderà di comportarsi in questo modo. Ma così il beneficio collettivo sarà
pari ad (a + b), mentre, se i due avessero cooperato, esso sarebbe stato pari a 4k > (a
+ b). Tecnicamente, l’equilibrio del gioco è dunque paretianamente inferiore
all’adozione della mutua cooperazione26
.
costituisce un tipico compito di uno Stato, il diritto alla loro fruizione non è in genere
esplicitamente affermato nelle Costituzioni, che tuttavia prevedono ad esempio disposizioni
relativamente all’ordinamento della giustizia e delle forze armate preposte alla sua difesa. 24
Qui si prescinde dal fatto che negli ordinamenti giuridici il diritto dello sfruttamento economico
delle nuove idee sia garantito da diritti di proprietà intellettuale transitori, come i brevetti, allo
scopo di creare un incentivo all’innovazione. 25
Il riconoscimento del carattere di bene pubblico all’ attività giurisdizionale si estende anche al
valore normativo delle sentenze in quanto precedenti, in particolare nei contesti anglosassoni di
common law dove i precedenti sono considerati judge made law. Si veda in proposito R. POSNER,
The Economics of Justice, Cambridge Massachusets, Harvard University Press, 1978. E’ tuttavia
doveroso aggiungere che non mancano nella Law and Economics anglosassone posizioni libertarie
estreme che contestano tale natura, rivendicando la superiorità della fornitura non pubblica dei
“servizi di giustizia” tramite arbitrati o altre procedure privatistiche. 26
Mantenendo i simboli del testo e adottando un criterio di somma dei payoffs per valutare l’esito
globale delle possibili situazioni alternative, con la mutua cooperazione si otterrebbe 4k, mentre
con la cooperazione parziale si otterrebbe collettivamente (2k + a) se a defezionare è il primo
giocatore e (2k + b) se a defezionare è il secondo. Infine si otterrebbe (a + b) con la defezione
totale. La conclusione che la mutua cooperazione sia paretianamente superiore alla defezione totale
discende direttamente dalle ipotesi fatte nel testo. Essa è anche collettivamente superiore alla
defezione parziale solo se a = b, ovvero se il gioco è simmetrico, oppure, qualora sia a ≠ b, se sono
rispettate congiuntamente le condizioni k > (a – k) e k > (b – k). In tal caso il DP viene definito
puro, ad esempio in S. KUHN, S. MORESI, Pure and Utilitarian Prisoner's Dilemmas, “Economics
and Philosophy”, 11, 1995, 123-133. E’ anche possibile che con un k sufficientemente grande il
gioco abbia due equilibri, uno di mutua cooperazione e l’altro di totale defezione. In tal caso il
gioco prenderebbe la forma di ‘Caccia al cervo’ (denominazione tratta da un celebre esempio di
Rousseau) rendendo meno drammatico il problema della cooperazione. I più ritengono tuttavia che
la drammaticità della fuoruscita da una condizione pre-statuale di scarsa definizione dei diritti sia
meglio rappresentata da un DP.
12
Prima di applicare il modello del DP all’istituzione dello Stato come bene
pubblico generale istituito attraverso una Costituzione è però necessario affrontare
l’ulteriore questione della molteplicità dei contenuti della stessa. Infatti essa non solo
definisce l’ordinamento dello Stato e riconosce (istituisce) diritti in parte assimilabili
a beni pubblici, ma pone anche dei vincoli alle modalità procedurali di decisione
collettiva ed alle norme legali di livello sub-costituzionale27
. In generale tali vincoli
discendono dall’inviolabilità dei diritti di rango costituzionale, oppure dalla necessità
di facilitare i processi di decisione sub-costituzionale riducendone i relativi costi28
.
Ovviamente questa molteplicità di contenuti rischia di indebolire la metafora del
Contratto sociale come accordo volontario sui diritti.
Si tenga conto tuttavia che, come già notato, le decisioni legislative hanno già
in sé la natura di bene pubblico. Se inoltre i vincoli procedurali alle decisioni di
livello sub-costituzionale producono dei vantaggi in termini di riduzione di costi,
come l’analisi economica del diritto tende ad affermare, allora si potrebbe anche
sostenere che essi stessi hanno natura di bene pubblico almeno nel senso che
l’accordo su di essi genera un surplus attraverso la cooperazione invece che
attraverso lo scambio. Ad esempio aver stabilito le regole generali di decisione
collettiva circa la formazione delle leggi evita costi eccessivi in termini di discussioni
procedurali a livello sub-costituzionale, oppure aver definito le competenze
sussidiarie nel riparto di funzioni legislative e amministrative evita sovrapposizioni di
iniziative e moltiplicazione di risorse necessarie. Tuttavia decidere unanimemente di
prevenire tali costi addizionali può costituire un Dilemma nel senso che i costituenti
potrebbero puntare a vantaggi individuali o di gruppo derivanti dalla competizione
politica e territoriale post-costituzionale.
Se l’analisi precedente è corretta la metafora del Contratto sociale non viene
indebolita dalla molteplicità dei contenuti delle Costituzioni e, soprattutto, può essere
utilizzata al fine di formulare giudizi di efficienza in termini di minore o maggiore
capacità di alcuni suoi principi (espliciti o impliciti) nel favorire la cooperazione e
l’accordo sullo Stato. Cosa ben diversa, ovviamente dal presumere di costituire una
teoria positiva, per quanto generalissima, delle Costituzioni a cui buona parte della
professione giuspubblicistica guarderebbe con molto scetticismo.
27
Si veda in proposito la discussione in NA pp.115 in poi. La configurazione di vincoli procedurali
a carico dei processi decisionali si riconnette inoltre direttamente al principio democratico, tanto
che si parla di democrazia procedurale o deliberativa. La cd. “procedimentalizzazione” delle attività
dei pubblici poteri, a cominciare proprio dalla funzione legislativa, risponde anche all’esigenza
garantista di consentire il continuo confronto dialettico tra tutte le forze politiche rappresentate in
Parlamento, maggioranza e opposizione (v. soprattutto H. KELSEN, Demokratie (1927), trad. it., La
democrazia, in Id., Il primato del parlamento, Milano, Giuffrè, 1982, 1 ss.). 28
Nella Law and Economics anglosassone l’idea di concepire il diritto come mezzo per ridurre i
costi transattivi negli accordi politico-istituzionali viene enfaticamente espressa come ‘teorema
normativo di Coase’. Si veda per tutti P.G. MONATERI, R. PARDOLESI, T. ULEN, Il mercato delle
regole: Analisi economica del diritto civile, Bologna, Il Mulino, 2003, e, a livello di diritto
costituzionale, cit da NA, 3.5 p.125.
13
Il superamento del Dilemma e le preferenze dei costituenti
Spesso nella letteratura giuridica si sostiene che la metafora del Contratto
sociale si ispiri ad una concezione individualistica (contrapposta ad una olistica)
dell’origine del diritto pubblico, in quanto la decisione collettiva viene ricondotta alle
scelte individuali. Tuttavia gli economisti pongono la questione in modo diverso
domandandosi se sia sufficiente una razionalità individuale auto-interessata a
spiegare la fornitura di beni pubblici o l’istituzione di norme quali i diritti
costituzionali. In effetti è quanto meno dubbio che l’adozione di una Costituzione che
definisce l’ordinamento di uno Stato e prevede diritti costituzionali non escludibili,
possa essere spiegata in termini di preferenze strettamente individualistiche come
quelle ipotizzate nella narrazione di un DP.
Peraltro, qualora si accetti l’idea che una regola giuridica è già in sé un bene
pubblico, il superamento del Dilemma costituisce un problema ancor più generale che
riguarda la formazione di qualsiasi ordinamento giuridico inteso come insieme di
norme legali, sia di tipo formale che di tipo consuetudinario, che regolano una
collettività di soggetti che entrano in relazione tra loro. Ad esempio il celebre caso
dello ius mercatorum medioevale, oltre ad appartenere al diritto non scritto, non
richiede nemmeno l’appartenenza dei partecipanti ad uno stesso stato.
Il ricorso alla metafora lascia comunque aperto il problema di come spiegare il
superamento del Dilemma nonostante che l’analisi dello stesso ci assicuri che esso è
insuperabile in termini di mera razionalità individuale auto-interessata. Ciò è tanto
più vero se se gli incentivi al free riding sono talmente forti che, almeno per uno dei
due partecipanti al gioco, il beneficio della defezione unilaterale sia superiore a
quello che ottiene con in caso di mutua cooperazione.
Quest’ultima possibilità potrebbe verificarsi se uno dei due soggetti, grazie a
maggiori abilità o più favorevoli dotazioni di risorse fisiche o finanziarie, fosse in
grado di ottenere dalla defezione unilaterale, ad esempio dal mancato rispetto della
proprietà altrui, benefici molto superiori a quelli dell’altro, con la conseguenza di un
forte incentivo a defezionare29
. Queste situazioni di asimmetria evocano ovviamente
problemi distributivi di difficile soluzione.
In generale si potrebbe dire che il superamento del Dilemma è reso possibile
solo se viene alterata la struttura dei benefici e quindi degli incentivi associati alla
decisione di cooperare o di non cooperare. Come si è accennato all’inizio, ciò
potrebbe avvenire se gli incentivi o i disincentivi a cooperare dipendessero non dal
valore materiale di tale struttura ma da come essa viene valutata dai partecipanti al
patto (essendo ovvio che i partecipanti non sono necessariamente tutti i cittadini, ma
solo coloro a cui tale status viene storicamente riconosciuto al momento30
). Nel
29
Queste situazioni equivalgono tecnicamente a quelle di un DP ‘non puro’ . Si noti, tuttavia, che il
fatto che il DP non sia puro non modifica il problema della cooperazione, poiché in ogni caso il
Dilemma conduce (nel caso di preferenze strettamente auto-interessate) a scegliere la peggiore
situazione sociale (o combinazione di strategie) possibile 30
Com’è noto, infatti, nelle prime Carte e nelle Costituzioni pre-democratiche tale status è stato
riconosciuto sulla base di criteri di censo, di capacità contributiva, di genere e altro ancora.
14
linguaggio economico ciò può essere espresso dicendo che la valutazione dei benefici
in un contesto di patto costituzionale dipenda dalle preferenze dei costituenti, e che
preferenze alternative possono consentire o meno di superare il Dilemma
costituzionale stesso in misura diversa, ovvero a dar luogo a riconoscimenti di
diverso grado e intensità di diritti e di beni pubblici.
In realtà si potrebbe alterare il valore materiale dei benefici e degli incentivi
modificando direttamente i payoffs dei cittadini più svantaggiati, o meno propensi a
cooperare, attraverso il riconoscimento di diritti che conferiscono loro benefici
addizionali. Nell’esempio della giustizia si potrebbe immaginare un diritto dei non
abbienti alla difesa gratuita in giudizio, in quello della proprietà un principio
redistributivo come la progressività della tassazione necessaria a finanziare i beni
pubblici, in quello della libertà di opinione il diritto a un riconoscimento che
compensi il costo della pubblicazione dell’idea.
Poiché tuttavia non tutte le Costituzioni prevedono diritti tali da modificare in
modo radicale i benefici dei cittadini, limitandosi ad esempio a tutelare solo pochi
fondamentali diritti di libertà, iniziamo a considerare la natura delle preferenze
‘costituzionali’ in un processo costituente che si svolga in condizioni di simmetria.
Talora si sostiene che esse debbano essere benevolenti31
o imparziali32
. Il
requisito di ‘benevolenza’ in economia pubblica viene tradizionalmente adottato con
riferimento ad uno Stato paternalista (definizione talora usata a proposito del
cosiddetto allo Stato Sociale), dotato di maggior informazione e capacità di
valutazione rispetto ai suoi cittadini e, pertanto, in grado di fare scelte collettive più
informate e più efficienti dal punto di vista sociale. Tuttavia, mentre tale requisito
potrebbe risolvere alcuni tipi di fallimento del mercato come quelli dovuti a beni
meritori o a asimmetrie informative, non riuscirebbe comunque a risolvere il
Dilemma costituzionale così come viene qui definito.
Più promettente sembrerebbe, invece, la caratteristica di imparzialità o
impersonalità, termine con il quale si allude al fatto che i costituenti sono (o
dovrebbero essere) neutrali rispetto alle posizioni che potrebbero ricoprire (loro o i
loro discendenti) nella società futura successiva alla Costituzione stessa. Dai
resoconti delle prime convenzioni o assemblee costituenti moderne, quella di
31
Termine utilizzato ad esempio da NA p.23, nel senso di preferenze neutrali tra presente e futuro.
Il termine benevolente in Economia pubblica è usato in senso diverso e con esso si intende un
atteggiamento paternalistico di una pubblica autorità che si sostituisce ai privati quando questi
sottovalutano il valore sociale di un bene (privato) decidendo in modo autoritativo l’ammontare
socialmente ottimo di esso. Questa situazione può riguardare sia gli interventi regolativi in casi di
esternalità che le decisioni di produzione pubblica diretta o di incentivazione di beni meritori. 32
Sul principio di imparzialità si veda ad esempio G. ZAGREBELSKI, Manuale di diritto
costituzionale, Torino, UTET, 1995, p.97. In una prospettiva di filosofia della politica J. ELSTER ,
Argomentare e negoziare, Milano, Anabasi, 1993, (trad it di Arguig and negotiating in two
constituents assemblies, unpublished) ne discute alla luce dei dibattiti costituenti nella Convenzione
federale di Filadelfia del 1789 e nell’Assemblea costituente di Parigi del 1791. L’autore considera
l’uso dell’imparzialità sia come principio di correttezza normativa che come strategia argomentativa
nei dibattiti costituenti.
15
Filadelfia del 1789 e quella di Parigi del 1791, risulta che questo presupposto fosse
chiaro e presente in molti interventi 33
.
In particolare ciò rileva quando si consideri la Costituzione, o qualsiasi
contratto sociale, come un contratto “di durata“34
, esteso ai discendenti che non
partecipano alla sua formulazione. In sostanza dal punto di vista economico la
questione può essere espressa in questo modo. Immaginando per semplicità una
elementare comunità di due individui, le situazioni alternative in un contesto di bene
pubblico o di DP sono definite da tutte le combinazioni possibili di cooperazione e
defezione da parte dell’uno o dell’altro. In esse un costituente, conosce i benefici
iniziali dei soggetti coinvolti ma non sa, sotto il velo di ignoranza, se (lui ed i suoi
discendenti) dopo il patto sarà nella posizione del primo individuo o in quella del
secondo35
.
Si tratta dunque di scegliere tra quattro regole giuridiche corrispondenti a tutte
le combinazioni possibili di strategie. Nella prima è imposto a entrambi di cooperare,
ad esempio di riconoscere un arbitro o giudice terzo cui affidare una controversia
commerciale o sui diritti di proprietà, nella seconda è consentito ad entrambi di
defezionare (di farsi giustizia da sé), nelle altre due si ammette che uno possa
liberamente defezionare anche se l’altro coopera. Come valuteranno i partecipanti
queste quattro regole per scegliere quella unanimemente preferita? L’assunzione
procedurale di ’velo di ignoranza’ non dà una risposta univoca alla questione, poiché
essa deve essere integrata da una specificazione delle preferenze costituzionali.
Un principio di imparzialità, cui spesso viene ricondotto il velo di ignoranza,
implica che i partecipanti debbano essere trattati in modo eguale anche se vivono in
tempi o luoghi diversi, o appartengono a un sesso, una razza o a un ceto particolare.
In altri termini esso richiede che venga dato identico peso alle diverse posizioni
possibili nella società, il che potrebbe essere assimilato, nel caso di una Costituzione,
ad un principio di eguaglianza formale di fronte alla legge.
Se le preferenze costituzionali si ispirano ad un principio di imparzialità ciò
implica anche che, a priori, non vi sia ragione di ipotizzare come più probabile una
posizione piuttosto che l’altra e pertanto di attribuire ad esse un diverso peso. Nel
caso di scelte costituzionali corrisponde un tipico esempio è costituto dal richiamo di
Sherman, durante il dibattito sull’ammissione di nuovi Stati nell’unione alla
convenzione di Filadelfia, secondo cui i discendenti hanno eguale probabilità di
appartenere ad uno Stato piuttosto che all’altro36
. Nel caso di decisioni relative 33
Elster cita diverse dichiarazioni in tal senso. Ad esempio, a proposito dell’ammissione di nuovi
Stati nell’Unione, riferisce la posizione di Sherman, delegato del Connecticut, secondo cui “stiamo
provvedendo alla nostra posterità, ai nostri figli e ai nostri nipoti, che avranno uguali probabilità di
essere cittadini di nuovi stati o di quelli vecchi”. p.60 34
Termine coniato da NA par 3.4 35
Nel linguaggio della Teoria dei giochi gli ipotetici due costituenti non sanno se saranno giocatori
di riga o di colonna. 36
Una semplice illustrazione di come questa ipotesi possa essere utilizzata per risolvere un
Dilemma del prigioniero può essere trovata in N. FROLICH, An impartial reasoning solution to the
prisoner dilemma, “Public Choice”, 74, 1992, pp.447-460. Si noti che, nella teoria pura delle scelte
pubbliche non vi sarebbe ragione a priori che tali probabilità debbano essere identiche. Su questo
16
all’opportunità di istituire una autorità terza e indipendente per risolvere controversie
commerciali si può pensare alla eguale probabilità di trovarsi in una posizione di
venditore piuttosto che di compratore (role reveribility). Pertanto ai guadagni delle
diverse posizioni (della defezione e della cooperazione) viene associato un identico
peso, con la conseguenza che il valore attribuito a ogni regola risulta pari alla media
semplice dei benefici da essa resi possibili. In tal caso, qualora la struttura dei
benefici fosse ‘sufficientemente’ simmetrica, tutti i partecipanti valuterebbero
comunque come più conveniente la strategia di cooperare37
.
Si noti che questo tipo di preferenza mantiene una caratteristica di utilitarismo
auto-interessato, nonostante che tenga conto anche dei payoffs non propri. Ciò perché
ciascuno, in realtà, non sta considerando altruisticamente i payoffs dell’altro in quanto
tali, bensì sta mettendo in conto la possibilità di trovarsi nella posizione dell’altro. In
effetti questa attitudine all’impersonalità, insieme alla simmetria dei soggetti
coinvolti, sembra costituire una plausibile spiegazione almeno dell’origine spontanea
di varie forme di diritto consuetudinario come lo ius mercatorum medioevale38
,
facilitata dal continua reversibilità dei ruoli di venditore e compratore dei mercanti
del tempo39
.
Ma essa potrebbe anche arrivare a spiegare la formazione di Costituzioni che
proteggono diritti per i quali l’inescludibilità non comporta disincentivi eccessivi ad
accordarsi sul loro riconoscimento, ad esempio perché non hanno forti implicazioni
di tipo distributivo; oppure che proteggono solo i diritti di ceti in grado di ottenere
benefici relativamente omogenei o simmetrici (come alcune Carte pre-democratiche
ottenute da ceti borghesi emergenti ).
punto si veda J. BUCHANAN, G. TULLOCK G., The Calculus of Consent: Logical Foundations of
Constitutional Democracy, University of Michigan press, Ann Arbor, 1962. Tuttavia si vedano le
motivazioni a favore dell’ipotesi di HARSANYI J., Rational Behavior and Bargaining Equilibrium
in Games and Social Situations, Cambridge University Press, Cambridge, 1977, che adotta il
termine di preferenze impersonali. Queste sono poi riprese da BINMORE K., Game Theory and
Social Contract I: Playing Fair, MIT Press, Cambridge Mass.,1994. In particolare il secondo, in
vari passaggi, ad esempio in Binmore (1994), par. 4.7 e Binmore (1998) parr. 2.6 e 4.6, fonda la
giustificazione di tale ipotesi sulle cosiddette preferenze empatetiche. 37
In presenza di simmetria, ovvero di a = b, potremmo ridurre ad un unico caso la regola di
cooperazione parziale, in cui uno dei due giocatori è free rider. Poiché l’adozione del principio di
imparzialità equivale a dare alle regole un valore pari alla media semplice dei corrispondenti
payoffs, nel caso di DP puro si avrebbe 2k per la mutua cooperazione, (k + ½ a) per la cooperazione
parziale e a per la defezione totale, con 2k > (k+ ½ a) > a in virtù dell’ipotesi necessaria per un DP
che sia k > ½ a. Ciò comporta che, nelle ipotesi fatte, ognuno valuta come preferibile la
cooperazione totale. 38
Si veda su questa interpretazione B. BENSON, Legal Evolution in Primitive Societies; “Journal of
Institutional and Theoretical Economics”,144, 1988, pp.772-788, e Customary Law as a Social
Contract; International Commercial Law, “Constitutional Political Economy”, 1992, 3. p.1. 39
La condizione di simmetria dei benefici delle parti per l’emergere del diritto consuetudinario
viene sottolineata tra gli altri da F. PARISI, “Spontaneous Emergenge of Law: Customary Law”, in
B.BOUCKAERT, G. DE GEEST (eds), Encyclopedia of Law and Economics, Edward Elgar, manca
data. London.
17
Quando la presenza di asimmetrie sociali rende proibitivo il superamento del Dilemma
Abbiamo già accennato più sopra che, in mancanza di simmetria tra i
partecipanti al contratto sociale o tra i Costituenti, i disincentivi alla cooperazione
possono essere così forti da rendere proibitivo il superamento del Dilemma. In tal
caso preferenze imparziali o impersonali non sono in generale sufficienti a favorire il
coordinamento sulla cooperazione40
. Come potrà allora una società darsi una
Costituzione?
La spiegazione più intuitiva si basa sull’idea che, in genere, gli accordi su
comuni regole legali emergono, anziché da un unico momento decisionale, da
interazioni ripetute nel tempo che favoriscono l’apprendimento della convenienza a
cooperare. Ad esempio, se inizialmente il primo soggetto rispetta la proprietà altrui
mentre l’altro non lo fa, ma nella successiva interazione lo imita ritorcendo mediante
una sorta di lex talionis41
, l’altro otterrà prima (b+k) ma poi solo b. Così nel secondo
stadio i due insieme otterranno un beneficio pari a (a+ b) inferiore a 4k. Proseguendo
allo stesso modo nelle interazioni successive non sarà che, prima o poi, i due soggetti,
adottando un comportamento reciproco42
, imparino che conviene rispettare entrambi
la proprietà ottenendo collettivamente 4k > (a+ b)?
In effetti qualsiasi Contratto sociale può essere visto come il risultato di un
processo che richiede tempo e numerose interazioni tra le parti prima di pervenire al
suo esito finale. Questa considerazione ha infatti dato luogo alle cosiddette teorie
evolutive del Contratto sociale43
. Tuttavia un conto è alludere alle diverse fasi di una
40
Si veda MUELLER, The Veil…e RAMPA L., “Autorità ed efficienza: è possibile un’economia del
diritto pubblico?”, Il Politico, 1, 2009,in particolare pp. 51-57. Infatti se fosse 4k > (a + b), con a >
b e k < (a – k) e k > (b – k), il primo giocatore valuterebbe come preferibile la defezione parziale
alla cooperazione totale. A maggior ragione, se il DP non fosse ‘puro’ le preferenze imparziali non
potrebbero garantire la scelta unanime della cooperazione totale. 41
In effetti questa strategia di replicare alla defezione ritorcendo con la defezione viene definite tit
for tat che corrisponde letteralmente al principio “occhio per occhio” di biblica memoria. Nella
letteratura di analisi economica del diritto l’evoluzione dalla primitiva lex talionis fino all’emergere
a un principio di responsabilità implicante una corretta compensazione del danno è stata discussa da
F. PARISI, The genesis of Liability in Ancient Law, “American Law and Economics Review”, 2001,
3, pp.82-124. 42
La nozione di reciprocità è stata molto dibattuta nelle diverse discipline sociali. Nei contributi più
recenti gli economisti hanno introdotto la distinzione tra reciprocità debole, sostanzialmente auto-
interessata, come quella prevista nella teoria dei giochi ripetuti (vedi sotto Nota…) e reciprocità
forte che invece essendo costosa per chi la pratica esprime attitudini non auto-interessate. S.
BOWLES, H. GINTIS, “The evolution of strong reciprocity: cooperation in heterogeneous
populations”, Journal of Theoretical Biology, 65, 2004, pp.17-28; E. FEHR, U. FISCHBACHER “The
nature of human altruism”, Nature ,425: 2003 785-791; H. GINTIS “Strong reciprocity and human
sociality”, Journal of Theoretical Biology, 206, 2000 169-179. 43
Si vedano citati in Nota….. A. GIFFORD JR., The Evolution of Social Contract, “Constitutional
Political Economy”, 13, 2002, pp. 361-369, S. VOIGT, Breaking with the Notion of Social Contract:
18
procedura deliberativa con continui mutamenti di posizionamento strategico in vista
di un unico momento deliberativo finale44
, un altro è pensare a sequenze di strategie
effettive in tempi diversi da cui si impara a coordinarsi su un equilibrio finale di
regole legali unanimemente condivise45
.
In genere si è fatto ricorso a modelli di giochi ripetuti nella letteratura relativa
al secondo caso, nel tentativo di spiegare, nello spirito di Hume, l’origine spontanea
per aggiustamenti successivi di alcuni ordinamenti o sistemi di regole giuridiche,
come alcune forme di diritto consuetudinario quale il già richiamato jus mercatorum
medioevale46
, o dei diritti di proprietà47
o, al limite, della stessa common law
anglosassone (non a caso vigente in paesi privi di Costituzione scritta)48
. In tale
letteratura si evidenzia peraltro la rilevanza, oltre che delle condizioni di simmetria,
della elevata frequenza o probabilità delle interazioni (requisito forse realistico con
riferimento a quelle tra i mercanti medioevali) e del fattore di sconto (ovvero della
pazienza dei soggetti coinvolti). In assenza delle condizioni di simmetria, di
frequenza delle interazioni e di ‘pazienza’, tale spiegazione, oltre ad essere molto
controversa sia sotto il profilo analitico49
, risulta anche piuttosto dubbia come teoria
realistica dell’origine delle Costituzioni scritte. Una possibile via d’uscita, meno considerata in letteratura, potrebbe essere
costituita invece dall’ipotesi di adozione da parte dei costituenti di un principio di
differenza che attribuisce un peso maggiore alle posizioni più svantaggiate, come ha
Constitutions as Based on Spontaneously Arisen Institutions, “Constitutional Political Economy”,
10, 1999, pp. 283-300. 44
In questo caso si tratterebbe di processi deliberativi come la negoziazione costituzionale discussa
da Elster nei capp 5 e 6 in un gioco sequenziale in una sola mossa in cui si applica il concetto di
equilibrio perfetto nei sottogiochi ottenuto per backward induction, in cui ciascuno sceglie la
strategia che determina la risposta cui corrisponde il payoff da lui maggiormente valutato. In questo
caso un equilibrio di Nash dipende in modo essenziale da ipotesi poco realistiche circa la
numerosità delle iterazioni (infinite) e il tasso di sconto intertemporale e, in genere, nel contesto di
un DP non sarà di mutua cooperazione. Questo contesto potrebbe adattarsi 45
Questo secondo caso, invece, ipotizza che i partecipanti possano osservare il comportamento dei
loro partners e ripetere il gioco nel tempo disponendo di questa informazione. Se essi adottano una
strategia di tit for tat questo comportamento reciproco, sotto condizioni restrittive, potrebbe
determinare almeno un equilibrio di mutua cooperazione. 46
Come nei già citati B. BENSON, Legal Evolution in Primitive Societies ; . PARISI, “Spontaneous
Emergenge of Law: Customary Law, mancano date 47
Si veda ad esempio C M ROSE, The Evolution of Property Rigths, The New Palgrave Dictionary
of Economics and the Law, 1998, pp.93-94; J.M KRIER Evolutionary Theory and the Origin of
Property Rights, “The M. Olin Center forLaw &Economics Working Papers, n. 98, University of
Michigan Law School, 2009, e H GINTIS, The evolution of private property 64 J of beh & org 2007 48
; J.C. GOODMAN, An Economic Theory of the Evolution of the Common Law, “Journal of Legal
Studies, 7, 1978, p. 393; 49
In Binmore (1998) al par. 3.3 si può trovare una estesa discussione circa la possibilità di utilizzare
il Folk theorem ai fini della sua teoria del contratto sociale. La generalità del teorema assicura
tuttavia solo l’esistenza di una molteplicità di equilibri, non necessariamente di mutua cooperazione
e anche pareto inferiori, come risulta essere quello di non accordo sulle regole giuridiche nel caso
di un DP non puro. La molteplicità degli equilibri viene discussa da Binmore ad esempio a p. 306.
19
proposto Rawls cui di deve la più celebre formulazione dell’ assunzione procedurale
del velo di ignoranza 50
.
Adottare tale principio implica attribuire un maggiore peso alla situazione dei
soggetti più svantaggiati, ovvero tenere in maggiore considerazione il payoff
dell’evento più sfavorevole, ovvero, nel nostro caso, i guadagni di chi coopera
unilateralmente. In economia ciò viene spesso descritto mediante preferenze dette
rawlsiane51
oppure mediante preferenze avverse all’ineguaglianza52
, spesso associate
all’avversione al rischio53
. Si immagini ad esempio che il mancato rispetto del diritto di proprietà
comporti dei benefici individuali a e b, con a > b a causa di una maggior dotazione di
risorse fisiche o di abilità del primo individuo che gli consentono di trarre maggiori
vantaggi dalle estorsioni reciproche. In tal caso non vi è incentivo sufficiente a
convenire su regole legali e istituzioni a tutela della proprietà stessa.
Tuttavia, anche se i guadagni della regola di cooperazione parziale valutati per
somma, sono superiori a quelli della cooperazione mutua, preferenze costituzionali
ispirati al principio di differenza, attribuendo un peso maggiore ai guadagni più bassi,
finiscono per abbassare il valore sociale di tale regola ad un livello inferiore a quella
di mutua cooperazione. Si noti che non è necessario che tali preferenze assumano una
forma estrema, come nelle usuali interpretazioni del principio rawlsiano, essendo
sufficiente che il maggior peso attribuito ai guadagni più bassi sia tale da compensare
50
La dizione principio di differenza scelta da Rawls non è casuale. In effetti, mentre i diritti di
libertà associati all’eguaglianza formale reclamano un diritto all’eguaglianza rispetto di tutte le
differenze, così stimolando le iniziative individuali e le capacità dei singoli, i diritti sociali riflettono
un diritto alla riduzione delle differenze, per ridimensionare il divario tra persone appartenenti a ceti
sociali diversi. 51
Si tratta di preferenze cui potrebbe attribuirsi il carattere della reciprocità forte di cui alla
precedente Nota…Formalmente il principio di differenza alla Rawls viene espresso mediante una
funzione di utilità tale che il valore sociale di una situazione in cui i guadagni sono x e y, con x > y,
è pari a min (x, y) = y. Nel contesto del Dilemma qui discusso il valore della cooperazione parziale
sarebbe perciò pari al più basso dei due payoffs ovvero a y. 52
Seguendo G.E. BOLTON., A. OCKENFELS, “ERC: A theory of equity, reciprocity and competition”,
American Economic Rewiew, 90, 2000, pp.166-193. e E. FEHR, K.M. SCHMIDT, “A theory of
fairness, competition and cooperation”, Quarterly Journal of Economics, 114, 1999, pp. 817-868,
una funzione di utilità con avversione all’ ineguaglianza, può assumere la forma U(x, y) = x – β( x –
y) se x > y, e U(x, y) = x – γ ( y – x) se x < y, con β e γ positivi e minori dell’unità. Fehr e Schmidt
assumono anche che sia β < γ per esprimere l’idea che un soggetto soffre di più la disuguaglianza
se questa è a suo svantaggio (o apprezza di più l’eguaglianza se è a suo vantaggio). Tuttavia in
un’ipotetica funzione di utilità sociale con favore verso gli svantaggiati il parametro β della
disuguaglianza vantaggiosa dovrebbe essere più elevato. 53
Infatti se le posizioni alternative generano payoffs equiprobabili, il ‘maggior peso’ attribuito a
quelli più bassi sarebbe la conseguenza di un’attitudine al rischio volta a cautelarsi rispetto
all’evento più sfavorevole o, il che fa lo stesso, a preferire una distribuzione dei guadagni con
minore varianza e perciò meno rischiosa. In particolare il caso delle preferenze rawlsiane viene
interpretato nel senso che gli individui (i costituenti) non solo sarebbero avversi al rischio in quanto
l’utilità marginale attribuita ai payoffs è decrescente, ma addirittura talmente avversi al rischio da
attribuire valore positivo solo al minore dei guadagni.
20
i maggiori incentivi alla defezione dovuti ai costi della cooperazione o a elevati
benefici della defezione54
.
Questa conclusione suggerisce, tra l’altro, che la contrapposizione tra
efficienza ed eguaglianza non rileva, in situazioni in cui sono coinvolti beni pubblici,
almeno nel senso che preferenze costituzionali avverse all’ineguaglianza rendono
solubile il Dilemma in condizioni più generali rispetto a preferenze di altra natura
(come quelle imparziali). Essa, ovviamente, ha una natura di tipo essenzialmente
normativo come, del resto, la stessa teoria di Rawls a cui essa si ispira. Tuttavia, sotto
il profilo positivo o descrittivo, si potrebbe anche sostenere che un principio di
differenza viene esplicitamente accolto in alcune Costituzioni moderne nella forma di
un principio di eguaglianza sostanziale, volto a garantire il mantenimento nel tempo
dell’accordo fornendo criteri per la giurisprudenza costituzionale o orientando la
legislazione ordinaria in modo da prevenire disincentivi alla cooperazione.
I diritti sociali come mezzo di superamento del Dilemma costituzionale
Dichiarare in una Costituzione un principio di pari dignità sociale o di
eguaglianza sostanziale tra cittadini è però cosa diversa dall’elencarvi una serie di
diritti azionabili che lo traducano concretamente. Poiché in dottrina i diritti sociali
vengono ricondotti al principio di eguaglianza sostanziale55
la loro stessa
costituzionalizzazione, avviata dopo la seconda guerra mondiale nelle Carte europee,
potrebbe essere dunque spiegata come traduzione già nella Costituzione di preferenze
ispirate al principio di differenza al fine di favorire il superamento del Dilemma
costituzionale in condizioni di forte asimmetria tra i partecipanti al processo
costituente mediante diritti azionabili.
Tuttavia, si potrebbe, altrettanto legittimamente, sostenere che il loro
inserimento abbia invece la funzione di porre dei vincoli alle decisioni di livello sub-
costituzionale in campi in cui comunque i fallimenti del mercato richiedono interventi
regolatori da parte dello Stato. Trattandosi (almeno negli Stati democratici) di
54
Se le preferenze costituzionali si basano su un favore verso chi è svantaggiato in una funzione di
utilità con avversione all’ineguaglianza si dovrebbe avere avrebbe β > γ. Attribuendo poi eguale
peso (facendo la media) delle funzioni relative allo svantaggiato ed all’avvantaggiato si otterrebbe
una funzione di utilità sociale del tipo W (x, y) = ½ [1 – (β – γ)] x + ½ [1 + (β – γ)] y. In questo caso
il peso attribuito dalle preferenze sociali dei costituenti ai guadagni degli svantaggiati dipende da
quanto più grande è il favore verso di loro. Il caso rawlsiano estremo corrisponde ovviamente a β =
1 e γ = 0, che implica infatti un peso nullo attribuito al guadagno più alto e massimo a quello più
basso. Ovviamente una versione meno radicale del principio di differenza comporta valori meno
estremi dei parametri, il che non esclude, tuttavia, che la mutua cooperazione sia egualmente
preferita. Infatti perché ciò si verifichi è sufficiente che si abbia (β – γ) > [1 – 2k / (k + a/2)]. Ciò
può essere interpretato nel senso che, anche se il beneficio della defezione supera quello della
cooperazione, tuttavia la maggior avversione alla disuguaglianza a favore del free rider rispetto a
quella subita dal cooperatore parziale lo compensa creando un disincentivo al free riding. 55
Si confronti con N. BOBBIO, Della libertà dei moderni comparata a quella dei posteri (1954), in
ID., Politica e cultura, Torino, Einaudi, 1977, spec. p. 162, il principio di eguaglianza sostanziale è
la matrice dei diritti sociali.
21
interventi che richiedono decisioni collettive secondo principi di maggioranza, cui
sono associati elevati costi di transazione, porre tali vincoli a livello costituzionale
avrebbe l’effetto di minimizzare i costi stessi 56
.
Questo argomento non sembra però sufficiente, da solo, a giustificare la
presenza dei diritti sociali nelle Costituzioni democratiche in cui, comunque,
l’alternativa di lasciare al livello sub-costituzionale o anticipare già a livello
costituzionale, la soluzione di alcuni problemi connessi ai fallimenti del mercato
viene affrontata in modo assai variabile. E’ dubbio, dal punto di vista descrittivo,
ritenere che questa variabilità sia attribuibile a consapevoli scelte basate sulla
comparazione dei costi pubblici di transazione (di decisione) nel caso di legislazione
di livello sub-costituzionale con quelli di enforcement nel caso di disposizioni
prescrittive di livello costituzionale. E’ invece assai più probabile che ogni
Costituzione abbia risentito nella fase della sua elaborazione delle specifiche
preferenze costituzionali dei costituenti del momento.
Sotto quest’ultimo profilo occorre anzitutto verificare se l’inserimento dei
diritti sociali, come categoria unitaria, sia effettivamente riconducibile a preferenze
ispirate al principio di differenza. Ad esempio si potrebbe sostenere che alcuni diritti
che garantiscono qualche forma di assicurazione sociale o di previdenza pubblica
discendano dal principio di imparzialità poiché questo, in definitiva, implica
l’assunzione che a priori non vi sia ragione di ipotizzare come più probabile una
particolare condizione post-costituzionale piuttosto che l’altra57
.
Tuttavia una giustificazione di tipo assicurativo, oltre che piuttosto discussa nel
caso specifico, non appare applicabile a tutti i diritti sociali, essendo indubbio che
questi comportano, oltre che interventi volti a porre rimedi a varie situazioni di
fallimento del mercato, anche prestazioni che hanno lo scopo di perseguire
l’eguaglianza delle condizioni di partenza (come nel caso del diritto all’istruzione
obbligatoria, del diritto alla salute o della parità di trattamento nei rapporti di lavoro),
se non veri e propri effetti di tipo redistributivo.58
Si potrebbe al contrario pensare che i costituenti ritenessero che la mera
esplicitazione di un principio di eguaglianza formale, quantunque sufficiente ai fini
della approvazione della Costituzione, potesse essere non sufficiente ai fini della sua
stabilità nel tempo, ovvero della prevenzione di possibili secessioni da parte dei
discendenti. In altri termini si potrebbe allora reinterpretare il problema del
superamento del Dilemma costituzionale nel seguente modo. Anziché affrontare solo
il problema della soluzione immediata del Dilemma e risolverlo in termini di
preferenze non auto-interessate, si potrebbe configurare l’oggetto del Contratto
56
Questo punto è discusso in NA par. 3.5 in particolare pp.127-128, ma anche Cooter (2000), p. 9 57
Non va dimenticato che interventi e legislazioni in questo campo, almeno in alcuni stati europei,
risalgono già al diciannovesimo secolo. CITARE NA, e Binmore, 58
Per la nostra Corte costituzionale le azioni positive «sono il più potente strumento a disposizione
del legislatore, che, nel rispetto della libertà e dell’autonomia dei singoli individui, tende ad
innalzare la soglia di partenza per le singole categorie di persone socialmente svantaggiate (...) al
fine di assicurare alle categorie medesime uno statuto effettivo di pari opportunità di inserimento
sociale, economico e politico» (Sentenza n. 109 del 1993).
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sociale in modo da alterarlo alla radice, prevedendo già in esso una serie di diritti che
modificano direttamente i payoffs attesi in modo che si riducano i disincentivi a
cooperare anche nel futuro.
Ad esempio la garanzia di diritti sociali come quelli all’istruzione o alla salute,
innalzando i payoffs dei più svantaggiati dopo la Costituzione, ha l’effetto ridurre (se
non eliminare) la situazione di asimmetria nelle dotazioni iniziali che, come abbiamo
visto più sopra, rende proibitivo il compito dei costituenti. Infatti. restaurando
l’eguaglianza delle condizioni di partenza ed integrando l’imparzialità del principio
di eguaglianza formale di fronte alla legge, si rimuovono contemporaneamente le
difficoltà a convivere e cooperare nel quadro della Costituzione.
In conclusione sembra possibile affermare che, sotto il profilo dell’analisi
economica del diritto, i diritti sociali abbiano una natura economica diversa dai diritti
di libertà ma non siano inconciliabili con essi in quanto favoriscono il superamento
del Dilemma, consentendo così un accordo su tutti i diritti costituzionali che, in
assenza di essi, non sarebbe possibile. In questo senso, nonostante la loro eterogeneità
ammessa anche dalla letteratura giuspubblicistica, si potrebbe anche dire che essi
assolvono nel loro complesso ad una funzione unitaria finalizzata al mantenimento
della cooperazione sociale nei moderni stati pluralistici, dove l’eterogeneità sociale
dei soggetti riconosciuti come cittadini titolari di diritti rende più ardua la
cooperazione stessa.
Conclusioni L’articolo ha esaminato, nella prospettiva dell’analisi economica del diritto, la
natura dei diritti costituzionali. Esso parte dall’assimilazione tra diritti e beni,
distinguendo, come nel caso dei beni, tra diritti costituzionalmente protetti e
indisponibili e diritti patrimoniali suscettibili di negoziazioni e scambi. Non tutti i
primi sono infatti assimilabili a beni pubblici puri. In particolare i diritti sociali hanno
una natura diversa quantunque essi abbiano a che fare con situazioni di fallimento del
mercato.
Nonostante ciò sembra possibile affrontare la questione adottando la metafora
del Contratto sociale che istituisce lo Stato inteso come un bene pubblico generale.
La formulazione di una Costituzione può essere così descritta come un Dilemma
costituzionale, insuperabile se i costituenti si ispirano ad una razionalità meramente
auto-interessata. Tale dilemma non può essere superato, nemmeno in presenza di
preferenze costituzionali orientate all’imparzialità qualora i disincentivi alla
cooperazione siano troppo forti, ovvero in condizione di forte asimmetria sociale, mentre potrebbe esserlo se tali preferenze fossero ispirate al rawlsiano principio di
differenza.
Tuttavia, data la natura di contratto di durata del patto costituzionale, e non
essendovi garanzie che le preferenze dei costituenti siano condivise dai loro
discendenti, i costituenti stessi potrebbero decidere di modificare alla radice il
Dilemma costituzionale mediante la previsione di diritti che ne alterano direttamente i
23
benefici a favore dei soggetti più svantaggiati, favorendo così il mantenimento nel
tempo della loro cooperazione.
Tale conclusione potrebbe avere una valenza essenzialmente normativa, in
quanto autorizza a ritenere che un principio di eguaglianza sostanziale sia almeno
necessario a garantire il superamento del Dilemma costituzionale in condizioni di
forte eterogeneità e asimmetria sociale. Essa potrebbe tuttavia essere anche utilizzata
per spiegare la costituzionalizzazione dei diritti sociali come un mezzo per garantire
la stabilità delle Costituzioni in una fase storica di avanzamento della democrazia e di
progressivo allargamento dello Stato a ceti o classi portatori di interessi eterogenei o
potenzialmente configgenti.
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