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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® DIRITTO PRIVATO COMPARATO 221/1 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI • Introduzione e metodo comparativistico • Grandi sistemi: Civil law - Common law • Principali ordinamenti • Sistemi su basi metagiuridiche • Istituti privatistici nella prospettiva comparativistica Estratto della pubblicazione

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DIRITTO PRIVATOCOMPARATO

221/1COLLANA TIMONE

ESAMI e CONCORSI

• Introduzione e metodo comparativistico• Grandi sistemi: Civil law - Common law• Principali ordinamenti• Sistemi su basi metagiuridiche• Istituti privatistici nella prospettiva

comparativistica

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EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Esselibri - Simone

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DIRITTO PRIVATOCOMPARATO

COLLANA TIMONE

• Introduzione e metodo comparativistico• Grandi sistemi: Civil law - Common law• Principali ordinamenti• Sistemi su basi metagiuridiche• Istituti privatistici nella prospettiva

comparativistica

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Ha collaborato il dott. Stefano Liguori

Finito di stampare nel mese di aprile 2008dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav.n 24 - Arzano (NA)

per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Grande attualità riveste al giorno d’oggi lo studio del diritto com-parato: a partire dall’analisi dei «sistemi giuridici» a finire ai ramidel diritto pubblico e privato per la notevole vocazione alla crescenteinterazione tra i «sistemi» e i «diritti degli Stati».

Questo volume, in linea con la manualistica più nota ed affermatafa il punto sugli attuali sistemi di diritto privato alla luce del metodocomparativistico.

Notevole importanza è data ai sistemi vigenti di derivazione ro-mano-germanica e britannica che sono la matrice di numerosi ordi-namenti contemporanei.

Ai principali e più significativi ordinamenti vengono dedicati in-teri capitoli senza trascurare gli strumenti basati su fondamenti reli-giosi come gli ordinamenti islamici e induisti.

Un ultimo capitolo è, infine, dedicato ai principali istituti di dirit-to civile (proprietà, responsabilità, teoria del contratto, società) chesono trattati in una più ampia visione comparativistica.

Il volume si indirizza sia agli studenti universitari come ausiliodel manuale adottato, che a quanti vogliono, in un ragionevole nu-mero di pagine, cogliere le linee essenziali del diritto privato compa-rato.

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CAPITOLO PRIMO

INTRODUZIONE AL DIRITTO COMPARATO

Sommario: 1. Nozione, importanza e natura del diritto comparato. - 2. Scopi e fun-zioni del diritto comparato. - 3. Oggetto del diritto comparato. - 4. Macrocomparazio-ne e microcomparazione. - 5. Rapporti con altre discipline.

1. NOZIONE, IMPORTANZA E NATURA DEL DIRITTO COMPA-RATO

A) Sviluppo storico

La comparazione è cosa antica come la scienza del diritto (DAVID).Aristotele fonda il suo trattato «Politikon» sulla comparazione tra gli

ordinamenti delle 153 città-stato greche.Nel medioevo diritto romano e diritto canonico erano continuamente

messi a confronto e, attraverso la comparazione Montesquieu ha messo inluce lo «spirito delle leggi» per trarre i principi del buon governo (DAVID).

B) Concetto

II diritto comparato può essere definito come quella scienza che, av-valendosi del metodo comparativo, intende «condurre il pensiero giuridi-co a constatare e a cogliere, attraverso un procedimento ordinato, metodi-co e progressivo di raffronto, le somiglianze, le divergenze e le cause,cioè a rivelare le relazioni esistenti tra differenti ordinamenti» (CONSTAN-TINESCO) (1).

Tale necessità è stata istituzionalizzata soprattutto nel corso dell’Otto-cento, grazie al positivismo giuridico, per dare un contributo alla crescita eallo sviluppo di nuovi ordinamenti nazionali che prendevano vita (DE VER-GOTTINI).

(1) Ciò spiega, tra l’altro, lo stretto legame tra il diritto comparato e la concezione universalisti-ca del diritto (Feuerbach, Gaus, Post etc.). Al riguardo nel 1888 il giurista tedesco Zitelmann teoriz-zava su queste basi un «diritto comune mondiale delle nazioni civilizzate» che partiva proprio dapremesse comparitivistiche.

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Capitolo Primo6

Anche se la comparazione fra i diversi ordinamenti giuridici è stata praticata dai giuristifin dall’antichità, il tentativo di individuare uno specifico campo di studi del «diritto compara-to» risale agli ultimi anni del XIX secolo. Precisamente, è nel 1869 che fu fondata a Parigi laSociété de législation comparée, intorno alla quale cominciarono a lavorare i primi comparati-visti, ed è nel 1900 che fu tenuto, nella stessa città, il primo Congresso Internazionale diDiritto Comparato. Nel 1924 fu, invece, fondata a L’Aja l’Académie internazionale de droitcomparé, la quale organizza periodicamente congressi mondiali dedicati a temi di interessecomparatistico. Infine, è dal 1961 che funziona a Strasburgo la Faculté internazionale de droitcomparé che organizza corsi di analogo oggetto.

Questo sviluppo è, poi, proseguito con la creazione, nei singoli paesi, di istituti universita-ri orientati verso lo studio di questa disciplina e con la pubblicazione di riviste ad essa dedicate,nonché, da ultimo, anche di un’enciclopedia ad hoc che si intitola International Enciclopediaof Comparative Law.

C) Il diritto comparato come scienza

Il diritto comparato, a differenza delle altre discipline giuridiche, nonha un proprio campo di indagine circoscritto (come può essere il caso deldiritto privato), ma ha come obiettivo la comparazione tra diversi ordina-menti giuridici al fine di porre in evidenza identità, similitudini e differenze.

Rispetto alle altre discipline giuridiche, infatti, lo scopo del diritto comparato è esatta-mente rovesciato, nel senso che mentre per le altre materie «la conoscenza del diritto è l’obiet-tivo principale e l’eventuale comparazione è uno strumento per giungere ad essa, nel caso deldiritto comparato la conoscenza dei vari ordinamenti costituisce il presupposto dell’indaginevera e propria e la comparazione lo scopo principale» (PIZZORUSSO).

Il diritto comparato oggi vanta per buona parte della dottrina il rangodi vera e propria scienza, in quanto possiede:

— uno specifico oggetto di studio (una pluralità o tutti gli ordinamentivigenti) al fine di evidenziare in quali branche (privato, pubblico, inter-nazionale privato etc.) la comparazione si può dimostrare di maggiorausilio;

— un evidente obiettivo di conoscenza (la rilevazione delle analogie, simi-litudini e differenze tra i vari ordinamenti), la ricerca delle leggi generaliche hanno partecipato alla formazione e all’evoluzione del diritto (Raulde la Grasserie);

— specifiche peculiarità e finalità tali da attribuirgli, da parte di numerosiautori, il titolo di «scienza autonoma»;

— nonché una propria metodologia di indagine applicata alla scienza giu-ridica.

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7Introduzione al diritto comparato

2. SCOPI E FUNZIONI DEL DIRITTO COMPARATO

È indubbio che per conoscere meglio i popoli stranieri e i loro ordina-menti, per dare un fondamento positivo alle ricerche sul diritto «applicato»e «vivente» e per migliorare gli istituti vigenti, occorre rifarsi allo studio ealla comparazione con altri ordinamenti.

Ciò premesso, analizziamo gli scopi e le funzioni del diritto compara-to.

A) L’acquisizione di nuove conoscenze e ipotesi alternative

Funzione principale del diritto comparato e, quindi, del diritto privatocomparato, è di acquisire, per migliorare il nostro sistema giuridico, nuoveconoscenze suscettibili di essere utilizzate nei diversi campi, attraverso unapuntuale analisi delle somiglianze e differenze che intercorrono tra i diversiistituti nei vari ordinamenti.

Il semplice studio dei diversi sistemi non va, infatti, confuso con uno studio comparativodegli stessi; una cosa è studiare l’ordinamento di più Stati mentre altra è porre a confronto taliordinamenti. In quest’ultimo caso, infatti, è possibile, utilizzando il metodo comparativo, enu-cleare similitudini, affinità e differenze che contribuiscono a fornire delle conoscenze ulterioririspetto a quelle rinvenibili da uno studio isolato dei diversi ordinamenti.

B) La verifica delle conoscenze

II ricorso al diritto comparato consente di effettuare un controllo sullareale portata e le possibili e diverse potenzialità di una norma interna o diun istituto attraverso un confronto con gli effetti che una norma o un istitu-to analogo hanno prodotto in ordinamenti diversi.

Si pensi, ad esempio, a quando in Italia è stato introdotto il divorzio e al contributo deri-vante dall’analisi degli altri ordinamenti ove da tempo tale istituto era in vigore.

C) Interpretazione sistematica del diritto

Se la cornice entro la quale viene collocata la singola norma è rappre-sentata dai diversi ordinamenti giuridici si realizza l’interpretazione com-parativa: si assume, cioè, come parametro di riferimento la disciplina di undato istituto nei diversi ordinamenti per poi ricavarne il principio che me-glio consente di interpretare tale norma.

Tale tecnica interpretativa è utilizzata dalle Corti costituzionali nazio-nali, che spesso nella ricostruzione di uno specifico istituto operano riferi-menti alla disciplina di altri ordinamenti.

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Capitolo Primo8

D) Ausilio nella preparazione di testi legislativi nazionali: la recezione

II ricorso alla comparazione risulta di fondamentale importanza anchenella predisposizione di testi costituzionali federali, nazionali o regiona-li, alla luce degli ordinamenti stranieri.

Nella politica legislativa, in particolare, è ormai prassi consolidata pro-cedere ad una valutazione propedeutica delle esperienze straniere nel mo-mento in cui si decide di introdurre nuovi istituti oppure riformare quelli giàpresenti (soprattutto se si tratta di materie tecniche).

È questo il caso dell’introduzione del difensore civico nel nostro ordinamento (che sirichiama alle esperienze scandinave), dell’istituzione delle autorità indipendenti, per le qualinon poteva mancare un riferimento alle esperienze statunitensi, oppure della disciplina delconflitto di interessi, che presuppone come indispensabile punto di partenza l’analisi dellesoluzioni e i risultati raggiunti in vari Stati.

E) Ausilio nell’unificazione e armonizzazione delle normative nazionali

La più ambiziosa funzione attribuita al diritto comparato, e forse in as-soluto, è quella di contribuire all’unificazione legislativa dei sistemi mon-diali, intesa come volontà comune di procedere alla eliminazione (o quan-tomeno alla riduzione) delle differenze esistenti tra diversi ordinamenti, pergiungere ad una futura disciplina mondiale comune (armonizzazione).

Le fasi che generalmente accompagnano un processo di unificazionegiuridica sono:

1. individuazione dei settori o degli ordinamenti tra i quali è possibilegiungere ad un «unificazione»;

2. elaborazione del diritto uniforme, che potrà essere il frutto dell’identifi-cazione di un denominatore comune dei vari ordinamenti esaminati, rece-pire sostanzialmente la soluzione adottata in un singolo ordinamento op-pure rappresentare una soluzione innovativa rispetto a quelle esaminate;

3. recepimento delle norme uniformi negli ordinamenti interni.

3. OGGETTO DEL DIRITTO COMPARATO

Oggetto della comparazione sono gli ordinamenti giuridici.

Tale comparazione, che richiede lo studio di almeno due o più ordina-menti statali, necessita delle seguenti precisazioni:

— deve ammettersi la possibilità di procedere ad una comparazione anche traordinamenti non statali: condizione essenziale è, tuttavia, l’esistenza di un

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9Introduzione al diritto comparato

certo grado di omogeneità tra istituti e ordinamenti posti a confronto. Talemetodo è particolarmente diffuso negli Stati i cui sistemi risentono dell’in-fluenza religiosa (paesi islamici e diritto indù), ove è necessaria un’analisiparallela della disciplina giuridica pura e di quella di derivazione religiosa;

— il diritto attualmente operante (2), che è il solo oggetto dell’analisi com-parativa, è solo quello positivo, inteso come diritto effettivamente vi-gente nell’ordinamento che viene preso in esame; gli istituti non piùvigenti nei singoli ordinamenti rientrano nel novero delle discipline «sto-riche», e sono oggetto solo di comparazione storica.

Per quanto riguarda le fonti del diritto cui bisogna rifarsi per lo studio del diritto positivo,non è possibile limitarsi a quelle scritte e codificate; lo studio di un ordinamento giuridico nonpuò prescindere anche dalle fonti non scritte, dalla prassi ed alla giurisprudenza che tantaimportanza rivestono negli ordinamenti anglosassoni.

4. MACROCOMPARAZIONE E MICROCOMPARAZIONE

Viene generalmente operata una distinzione tra:

— macrocomparazione, quando l’esame è compiuto ponendo a confrontogli ordinamenti considerati nella loro interezza; così ad esempio unacomparazione degli ordinamenti di tutti gli Stati di common law rappre-senta una tipica attività di macrocomparazione.Poiché una comparazione tra tutti gli ordinamenti concretamente realiz-zati risulta il più delle volte difficile e dai risultati generici (in particolareladdove si prendano in considerazione ordinamenti poco omogenei), nel-l’ambito degli studi comparativistici si tende a raggrupparli in famiglieomogenee, che presentano cioè caratteristiche comuni cui sembrano tuttiispirarsi anche se poi si differenziano nella disciplina di singoli istituti.

La disciplina che ha per obiettivo la comparazione tra i diversi ordinamenti (o più precisa-mente tra le diverse famiglie di ordinamenti) assume la denominazione di sistemi giuridi-ci comparati; che si fraziona a seconda dei casi, in diritto pubblico comparato, dirittoprivato comparato, diritto costituzionale comparato, a seconda dell’indagine più partico-lareggiata che essa svolge;

— microcomparazione, quando l’esame si fonda sul raffronto tra singoliistituti (es.: aborto, pena di morte) così come disciplinati nei diversiordinamenti.

(2) Tale indagine è perciò detta «sincronica» proprio per la effettiva vigenza degli ordinamentipresi in considerazione: dell’ordinamento cd. «di riferimento» che è, di regola, quello nazionale inrelazione a quello (o quelli) esteri che vengono messi a confronto.

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Capitolo Primo10

5. RAPPORTI CON ALTRE DISCIPLINE

A) Rapporto con la storia del diritto e la teoria generale

II diritto comparato presenta numerose affinità con la storia del dirittoe con la teoria generale del diritto. Tuttavia l’elemento di differenziazioneè dato:

— per la storia del diritto dal fatto che oggetto di studio di tale disciplinaè costituito dall’analisi dello sviluppo nel tempo del diritto; a differenzadi quanto avviene per il diritto comparato che concentra la propria atten-zione sul fattore spazio, cioè sugli ordinamenti effettivamente vigentioperanti in un dato momento storico (anche se non sono esclusi riferi-menti ad ordinamenti non più vigenti).

A tal proposito è utile sottolineare la differenza tra comparazione:

a) orizzontale, cioè sincronica, quando sono messi a confronto in un dato momentostorico gli ordinamenti vicini nel tempo, ma lontani nello spazio;

b) verticale, vale a dire diacronica, se gli ordinamenti confrontati sono lontani nel tempo;

— rispetto alla teoria generale del diritto la differenza risulta dal fatto chequest’ultima studia gli aspetti generali del diritto da cui discendono ca-ratteristiche che consentono di rendere più agevole la comprensione dellenorme. Essa, in particolare, definisce i concetti e istituti più rilevanti,come quello di norma giuridica, ordinamento giuridico, validità, fontedel diritto, legge, diritto soggettivo etc., termini propedeutici nazionaliallo studio del diritto comparato, che parte dell’analisi del diritto statua-le per comparare le conoscenze degli altri ordinamenti.

B) Rapporto con il diritto internazionale

Il diritto comparato va anche esaminato in relazione:

— al diritto internazionale pubblico: l’analisi comparatistica indubbiamentestimola la conoscenza degli Stati e dei rapporti di collaborazione tra diessi soprattutto per migliorare le relazioni fra gli stessi;

— al diritto internazionale privato: è molto importante per lo studio dellenorme di conflitto che possono portare soluzioni giudiziarie imprevedi-bili o più decisioni incompatibili. È, dunque, auspicabile che uno studiopiù attento possa portare a regole e soluzioni più conformi anche allaluce delle leggi e delle sentenze adottate in altri paesi.

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CAPITOLO SECONDO

IL METODO COMPARATIVO

Sommario: 1. Il metodo sistematico comparativo. - 2. I termini da confrontare e la lorocomparabilità. - 3. Segue: Le equivalenze. - 4. La comparabilità degli ordinamenti giu-ridici. - 5. Le fasi del procedimento metodologico. - 6. Segue: La prima fase: la cono-scenza dei termini da comparare. - 7. Segue: La seconda fase: la comprensione deltermine da comparare. - 8. Segue: La terza fase: la comparazione dei termini.

1. IL METODO SISTEMATICO COMPARATIVO

A) Definizione

La definizione del metodo comparativo è stata oggetto di notevoli di-spute dottrinali, incentrate sull’incerta esistenza di una scienza dei diritticomparati intesa come disciplina autonoma e sui tentativi di individuarneempiricamente il metodo solo in riferimento agli scopi perseguiti.

Essendo finalizzata ad individuare le relazioni fra termini da confronta-re, la comparazione non può limitarsi ad una mera descrizione dei terminidel confronto; né vi è motivo di circoscrivere la comparazione a due soliordinamenti giuridici.

In assenza di una definizione generalmente riconosciuta, citando auto-revole dottrina (COSTANTINESCO) il metodo comparativo va definitocome l’insieme delle fasi e degli atti razionalmente disposti, finalizzati acondurre il pensiero giuridico a constatare e a cogliere, attraverso un pro-cedimento ordinato, metodico e progressivo di raffronto, le somiglianze, ledivergenze e le loro cause, cioè a rivelare finalmente le relazioni esistentifra le strutture e le funzioni di termini appartenenti a differenti ordinamenti.

Da tale definizione emergono i quattro elementi essenziali del metodocomparativo-sistematico:

1. il metodo comparativo costituisce un procedimento sistematico e razio-nale suddivisibile in fasi;

2. lo scopo del procedimento è la rilevazione delle relazioni, e delle lorocause, fra i termini da comparare;

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Capitolo Secondo12

3. i termini da comparare rappresentano due o più particelle giuridicheelementari evidenziate al fine della comparazione;

4. i termini da comparare devono appartenere necessariamente ad ordina-menti diversi.

Gli studi comparativistici compiuti secondo il metodo sistematico si distinguono netta-mente sia dalla cd. informazione comparativa, che opera riferimenti ad istituti di diritti stra-nieri al solo fine di migliorare l’esposizione del diritto nazionale e senza la sistematicità proce-durale del metodo comparativo, sia dalla cd. comparazione sistematica, che ha ad oggetto glistudi di diritto nazionale con un marcato accento comparativo ma senza una analisi esaustiva emetodica. Gli studi comparativi sistematici, caratterizzati dall’utilizzo completo del metodoin ogni sua fase, si collocano invece ad un livello superiore.

B) L’aspetto neutrale della comparazione

La comparazione, secondo il citatao metodo sistematico, deve essereneutrale; in caso contrario i risultati prodotti sono privi di qualsivoglia va-lore scientifico, essendovi un legame indissolubile (COSTANTINESCO)tra scienza, obiettività ed indipendenza.

Il che porta a condannare le cd. comparazioni sistematiche deformanti, tendenti a con-siderare il metodo comparativo come strumento di lotta politica e di propaganda ideologica.

Un chiaro esempio è offerto dall’atteggiamento dei giuristi dei paesi socialisti: in un pri-mo momento espressero scetticismo nei confronti della comparazione rimproverando al dirittoborghese un alto grado di astrazione dalla realtà economico-sociale, ed asserendo che i modellisocialisti e liberali erano talmente contrastanti da non poter rappresentare termini di compara-zione, anche perché le somiglianze delle forme e degli istituti non riflettevano le sostanzialiinnovazioni proprie dei sistemi socialisti. Tali considerazioni, derivanti dall’ottica che consi-derava la realtà economica quale unica fonte del diritto, furono ribaltate negli ultimi decennidel XX secolo, per evidenti finalità ideologiche: partendo dalla convinzione dell’inesistenzadell’equanimità della scienza occidentale, infatti, i giuristi socialisti hanno successivamenteelaborato ipotesi di riferimenti comparativi deformanti, unicamente finalizzati ad evidenziarela pericolosità dei sistemi liberali e capitalistici.

C) Il numero degli ordinamenti da comparare

Un altro importante problema metodologico riguarda il numero degliordinamenti da comparare.

È stata sostenuta l’impossibilità di comparare direttamente più di duediritti, se non facendo riferimento ad un terzo modello universale e genera-le, il cd. tertium comparationis, ovvero un modello giuridico ideale so-vranazionale che dovrebbe rappresentare l’unità di riferimento attraversola quale valutare le esperienze nazionali.

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13Il metodo comparativo

Questa tesi è stata criticata e superata da parte della dottrina (COSTAN-TINESCO, FONTANA, ZWEIGERT), la quale afferma che è possibile com-parare direttamente, e senza l’ausilio di alcun parametro esterno, tutti gliordinamenti che si vuole.

La necessaria presenza di un tertium comparationis è giustificata soltanto se si presuppo-ne l’esistenza di un diritto naturale universale e astratto, collocato al di sopra dei singoli ordi-namenti e che prescinderebbe dalle singole realtà nazionali. Il fatto che la comparazione ri-guarda sempre esperienze concrete, porta ad escludere l’idea di un tertium comparationis inte-so come necessaria unità ideale di misura e riferimento per il raffronto di più ordinamenti.

Pur valendo, così, la possibilità di comparare più di due ordinamenti, è op-portuno nelle indagini comparativiste limitare il numero degli ordinamenti messia confronto, al fine di giungere ad un’analisi più rigorosa e sistematica; in ognicaso il numero degli ordinamenti da comparare è in funzione degli scopi che sivogliono raggiungere e non costituisce in sé un ostacolo metodologico.

Alcuni autori (SAVIGNY, KADEN), in passato, avevano sostenuto che si potesse procedere ad unacomparazione soltanto tra diritti affini, legati da rapporti di derivazione dallo stesso modello ed accomu-nati dalle stesse basi. Altri (ARMINJON-NOLDE-WOLFF, ZWEIGERT), invece, affermavano che sidovessero mettere in raffronto solo modelli rappresentativi di interi gruppi e/o famiglie di ordinamenti.

Entrambe le teorie sono da considerarsi superate, in quanto nessuna regola metodologica puòlimitare la scelta ad ordinamenti affini, anzi, gli studi su diritti e ordinamenti molto lontani sonoquelli che oggi sembrano produrre i risultati più rilevanti e perché non sempre (anzi quasi mai) ildiritto originario può descrivere correttamente termini da comparare appartenenti a diritti derivati.

D) Tipi di comparazione

La comparazione può essere:

— orizzontale, (cd. sincronica), se mette a confronto ordinamenti vicini neltempo e lontani nello spazio. Questo tipo di studio è la regola e non presentasignificative difficoltà (vedi infra i rapporti tra ordinamenti di civil law e com-mon law);

— verticale, (cd. diacronica), se pone a confronto ordinamenti lontaninel tempo (diritto romano e diritto vigente).

Negli studi giuridici moderni, spesso, al fine di comprendere a fondo unistituto, si analizza la struttura attuale di un ordinamento comparandola conle precedenti evoluzioni (1).

(1) Così, ad esempio, in Italia l’istituto dell’adozione nel codice civile del 1865 aveva soprattut-to il fine di conservare la titolarità del patrimonio dall’adottante (che spesso non aveva eredi legitti-mi) che veniva dato all’adottato, oggi, invece, la legislazione vigilata le ha conferito un fine prevalen-temente solidaristico e assistenziale.

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Capitolo Secondo14

Ad esempio, in Germania si effettuano comparazioni tra gli istituti vigenti e quelli deldiritto romano, la cui influenza è nettamente percepibile in molte norme del BGB.

In Francia, dove l’influenza del diritto romano è stata meno diretta e più graduata neisecoli, solo nel periodo della Scuola Storica si avviò lo studio del diritto romano al solo fine dicomprendere il diritto francese indirettamente derivatone.

Tale analisi diacronica interna (cioè verticale rispetto al tempo), perquanto utile, non può essere equiparata alla comparazione sistematica, nellaquale i termini da comparare devono necessariamente essere espressione dimodelli giuridici diversi.

Non è, invece, necessario che gli ordinamenti da comparare appartenga-no alla stessa epoca. Le ricerche volte alla comparazione di un ordine giuri-dico moderno ed uno antico si sono rilevate, nella pratica, estremamenteinteressanti.

E) L’unicità del metodo comparativo

Altra questione di fondamentale importanza è quella dell’unicità delmetodo comparativo.

Numerosi studiosi hanno proposto partizioni e forme diverse di compa-razione, differenziate in base allo scopo perseguito, il quale dovrebbe, inpratica, determinare il tipo di metodo; altri hanno collegato metodi differen-ti ai vari livelli di comparazione, con la conseguente possibilità di circoscri-vere lo studio ad un unico grado di analisi.

Ad esempio, alcuni autori (LAMBERT) hanno distinto la storia comparata, che ha il finedi rivelare l’evoluzione della società, dalla legislazione comparata, disciplina a scopo praticofinalizzata ad elaborare diritto legislativo comune.

WINGMORE, invece, tripartisce il diritto comparato in comparative nomogenetic (chestudia i rapporti tra l’origine e l’evoluzione dei diversi ordinamenti), comparative nomoscopy(che descrive i diritti stranieri) e comparative nomothetic (finalizzata ed evidenziare i vantaggidelle norme giuridiche) (2).

Anche KADEN distingue tre tipi di comparazione: formale, che raffronta le fonti del dirit-to, sistematica che confronta ed analizza le differenze tra i diversi sistemi e storica, che studiagli istituti degli ordinamenti antichi per descrivere la loro evoluzione.

ARMINION-NOLDE-WOLFF contrappongono il diritto comparato dogmatico alla sto-ria universale del diritto, infine, LOEBER, individua addirittura cinque forme di comparazio-ne: descrittiva, pura o dogmatica, applicativa, contrastante, ideologica (come quella operatadai sistemi socialisti).

(2) Si ricordi che «Nomos» in greco significa «legge», mentre «dike» giustizia: i grandi problemifilosofici sono da sempre derivati dal confronto tra «nomos» (espressione del diritto positivo) e «dike»(espressione del diritto naturale).

Estratto della pubblicazione

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15Il metodo comparativo

In realtà, deve invece affermarsi la sostanziale unità del metodo, il cuiprocedimento razionale non varia né in funzione degli scopi perseguiti nédelle discipline giuridiche cui è applicato; difatti, per un’applicazione cor-retta del metodo comparativo occorre tener presente che il termine da com-parare deve essere esaminato lungo l’intero percorso, che comprende piùstadi strettamente collegati e costituenti un procedimento unitario e coeso,per cui limitarsi allo studio di un unico livello di analisi può portare a risul-tati erronei e parziali; il metodo, pertanto, è unitario e non varia a secondadegli scopi perseguiti.

2. I TERMINI DA CONFRONTARE E LA LORO COMPARABILITÀ

Il problema della comparabilità si presenta su due diversi piani, quellodei termini da comparare, vale a dire degli elementi messi a confrontoappartenenti a diversi sistemi, e quello degli ordinamenti cui appartengo-no detti termini.

A) Gli oggetti comparabili: i fattori comuni

In primo luogo va ricordato che vanno confrontati soltanto elementicomparabili (KOSHAKER); in tale prospettiva, l’individuazione di essi èspesso molto complicata (a differenza delle scienze naturali, ove i terminidi confronto sono chiaramente definiti).

La questione della comparabilità dei termini da relazionare è considerata di secondo pianodalla concezione universalistica, ancora legata all’esistenza di un diritto universalmente vali-do (giusnaturalismo) e di un archetipo istituzionale (normativismo), cioè un modello esempla-re, unico, originario e puro, ripreso in forme più o meno diversificate da tutti gli ordinamenti(GUTTERIDGE).

L’archetipo rappresentato da un modello istituzionale unico, tuttavia, è riscontrabile soload un altissimo livello di astrazione, ma viene meno ove si confrontano le peculiarità e lesingolarità dei vari ordinamenti.

Confrontare soltanto termini comparabili determina l’impossibilità diprocedere ad un confronto tra elementi che non presentino dati in comunein quanto la comparazione ha senso solo se i termini sono collegati da fatto-ri comuni, da un parallelismo o da un’equivalenza (COSTANTINESCO,RAVÁ, FONTANA).

Percepire l’elemento comune non sempre è agevole, potendo esso appa-rire a livello strutturale, funzionale o dei risultati e presentare, inoltre, di-versa intensità.

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Capitolo Secondo16

Ad esempio, una semplice identità linguistica, pur potendo coincidere con una identitàgiuridica, non può da sola determinarla; ed infatti, una delle regole metodologiche fondamen-tali impone di non dedurre mai da una semplice equipollenza linguistica una equivalenza delconcetto o dell’istituto sul piano giuridico (RIVIERO). È necessario, pertanto, che il paralleli-smo linguistico del concetto o dell’istituo abbia anche una consistenza giuridica. Così, adesempio, la parola «giudice» è linguisticamente tradotta allo stesso modo in paesi di civil e dicommon law, ma nel primo il giudice applica il diritto, nel secondo lo crea.

B) Esclusioni

Non costituiscono ogetto di comparazione:

— le fondamentali partizioni che caratterizzano i vari ordinamenti, in quantoesse, derivando molto spesso da consolidate tradizioni giuridiche inutil-mente comparabili:

— le classificazioni sistematiche, perché variano in relazione ai diversi mo-delli di Stato che si fondano su diversi sistemi ideologici, e non possonoessere utilizzate quali termini da comparare per analisi di sistemi diver-genti (si pensi all’abnorme estensione del diritto pubblico nei paesi so-cialisti che riduce notevolmente la portata degli istituti privatistici come,ad esempio, il concetto di proprietà individuale).

Tale considerazione in questo caso si riferisce anche ai concetti giuridicifondamentali anche di portata estremamente generale (ad es. il contratto), chenon possono costituire termini da comparare correttamente: nell’esempio delcontratto perché l’ampiezza delle norme di ordine pubblico da rispettare è mol-to più estesa in alcuni paesi rispetto ad altri (DAVID, SCHLESINGER, KNAPP).

In sostanza, l’apparente uguaglianza strutturale d’istituti in ordinamentidiversi può celare una incolmabile diversità funzionale o di risultati, scaturen-te dagli elementi determinanti delle singole realtà, con la conseguenza chevanno esclusi dall’alveo delle regole metodologiche criteri meramente for-mali ed esteriori che non tengono conto del diritto «vivente» ed «effettivo».

Da quanto detto derivano tre importanti conseguenze:

1. una comparazione deve necessariamente coinvolgere contemporanea-mente tre profili, ovvero quello strutturale, funzionale e dei risultati;

2. il confronto non può prescindere dal considerare la possibile influenzaesercitata dagli elementi determinanti e diversamente qualificanti deisistemi sui termini da comparare (così, ad esempio, il concetto di solida-rietà è più sentito e trova un maggior riscontro positivo nelle forme piùevolute di stato sociale);

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17Il metodo comparativo

3. nozioni ed istituti formalmente identici possono differire inesorabilmenteper «funzioni» ed «essenza».

Anche nell’ottica dell’individuazione dei termini da comparare, alcuni autori (KNAPP)hanno sostenuto che la condizione preliminare di ogni comparazione è la possibilità di dedur-re, dai termini del raffronto, un concetto comune superiore, il tertium comparationis, costi-tuente al contempo elemento di intermediazione e di sintesi tra il comparatum ed il comparan-dum. Tale teoria, come detto, mostra immediatamente (COSTANTINESCO) una contraddi-zione in termini, in quanto il tertium comparationis sarebbe una condizione iniziale del meto-do, che tuttavia può essere ravvisata solo alla fine attraverso la comparazione.

Invece, attraverso il lavoro comparativo, si determinano semplicemente i risultati del con-fronto e non invece il tertium comparationis che si prende a modello.

Se proprio si vuol parlare di tertium comparationis, è necessario definirlo come la «com-parabilità dei termini da comparare» (COSTANTINESCO), ovvero una qualità che deve esse-re interna ai fattori del confronto (pertanto già esistente al loro interno) e assolutamente non unelemento nuovo, esterno, o addirittura superiore.

3. Segue: LE EQUIVALENZE

Prima di avviare il confronto, il comparatista deve essere sicuro del-l’esistenza di elementi in comune (equivalenza) tra i termini di compara-zione.

I parallelismi riguardano i dati preesistenti all’analisi comparativa, ana-lisi che ha il solo compito di svelarli.

L’individuazione dei dati comuni è un’operazione complessa poiché in-veste differenti fattori attraverso i quali i dati si manifestano; le equivalen-ze possono essere rilevate su differenti piani:

A) Piano istituzionale

In tal caso il parallelismo è più evidente se si confrontano ordinamentiappartenenti allo stesso sistema mentre appare più sfumato se si compara-no istituti di sistemi differenti.

Ad esempio, il concetto di mora del nostro ordinamento (verzug nel sistema tedesco,retard in quello francese, drojshal in quello scandinavo) costituisce una nozione comune ecomparabile, pur con le dovute differenze (gli ordinamenti italiano, tedesco e francese espri-mono una visione soggettiva collegata alla colpa, mentre quello scandinavo una considerazio-ne oggettiva per la quale il debitore risponde di tutte le conseguenze del ritardo).

Più complessa è invece la comparazione dell’istituto con il diritto inglese nel quale ilritardo (cd. delay) è inteso e sanzionato come momento relativo all’inadempimento del con-tratto e non come autonoma fonte di responsabilità.

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Capitolo Secondo18

B) Piano funzionale e dei risultati

La comparazione è possibile anche quando istituti simili hanno funzionidifferenti (ad es. la cd. clausola oro) o quando istituti pur differenti presen-tano una equivalenza funzionale

Basta pensare al trust, istituto tipico del diritto anglosassone che risponde a finalità molte-plici e svariate, mentre ad esso ricorrono alcuni risparmiatori «continentali» prevalentementeper tenere una parte dei loro capitali lontano dagli occhi del fisco.

In realtà, la comparazione tra istituti appartenenti a sistemi molto diver-si tra loro si fonda proprio sull’equivalenza funzionale dei termini che ri-guardano i diversi istituti.

Ogni studio comparativo, che non voglia essere parziale o errato, nonpuò tralasciare nessuno di questi aspetti, che rappresentano dei livelli d’analisidifficilmente dissociati e intimamente concorrenti all’individuazione deirapporti esistenti tra i termini del confronto e dell’intensità delle somiglian-ze e delle differenze ravvisate.

C) Conclusioni

Le difficoltà d’individuazione degli elementi comuni sono, dunque, dovute:

— ai differenti piani sui quali possono esprimersi;— alle diverse forme che possono assumere;— ai vari gradi d’intensità che possono caratterizzarli.

In ogni caso, però, alla base della comparazione tra due termini non puòmancare un’equivalenza dei problemi giuridici che essi producono nei variordinamenti. È proprio la presenza di elementi comuni, anche su uno solodei diversi piani (strutturale, funzionale e dei risultati), a conferire alle par-ticelle giuridiche elementari lo status di termini da confrontare.

La comparabilità, comunque, non dipende in nessun modo dai risultatidel confronto, essendo ad essi preesistente ed essendo solo successivamen-te verificata ed esplicata dall’analisi comparativa.

4. LA COMPARABILITÀ DEGLI ORDINAMENTI GIURIDICI

Per poter applicare il metodo comparativo secondo la definizione data, ènecessario che i termini da comparare appartengano ad ordinamenti diffe-renti, poiché tali termini acquisiscono valore ai fini della comparazioneproprio in quanto elementi di ordinamento con esperienze differenti.

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19Il metodo comparativo

Proprio perché i termini della comparazione assumono rilievo in quanto prodotti di un’al-tra esperienza giuridica, è fondamentale che questi appartengano ad almeno due ordinamentidifferenti, non potendosi applicare il metodo comparativo all’interno dello stesso diritto.

La cd. comparazione interna, infatti, pur affermata in dottrina (LAMBERT, HERBE,SAUSER-HALL), rappresenta esclusivamente un raffronto elementare e resta assolutamenteestranea alla comparazione sistematica.

Il che, ovviamente, non significa che è possibile comparare soltanto or-dinamenti i cui popoli appartengono alla stessa civiltà, razza o famiglia, diordinamento, o tra ordinamenti similari, altrimenti si perviene solo a con-clusioni parziali ed insufficienti e non si evidenzia il legame della compara-bilità con l’equivalenza dei problemi giuridici nei diversi diritti.

Nel corso degli anni, peraltro, non sono mancati i tentativi di restringere ilcampo della comparazione ai soli diritti appartenenti alla stessa civiltà giuridi-ca, allo stesso grado di sviluppo, alle stesse strutture socio-economiche; nessu-no dei fattori richiamati, tuttavia, può legittimare l’assenza di comparabilità.Tutti i diritti moderni sono comparabili e la scelta degli ordinamenti da pren-dere in esame è solo in funzione dello scopo perseguito dal comparatista.

Anche i giuristi socialisti (PETERI, KNAPP, BLAGOJEVIC, SZABO) hanno a lungolimitato il campo della comparazione, circoscrivendolo essenzialmente nei confini di uno stes-so modello. L’impossibilità di comparare correttamente ordinamenti socialisti e ordinamentioccidentali era dovuta ad alcune ragioni di fondo:

— il diritto socialista rappresentava un modello nuovo, concettualmente diverso e frutto dielementi determinanti radicalmente differenti, che rendevano irrilevanti le pur esistentisomiglianze con gli altri ordinamenti;

— la presenza di differenze ideologiche insanabili, poiché il diritto socialista non poteva esi-stere al di fuori o contro la dottrina ufficiale, mentre i sistemi occidentali rappresentavanomodelli con un rapporto «variabile» con la politica;

— gli ordinamenti socialisti erano fondati su rapporti socio-economici totalmente diversi daquelli del mondo capitalista;

— il modello occidentale, secondo i giuristi socialisti, apparteneva ad uno stadio evolutivo infe-riore, in quanto espressione dello sfruttamento, e destinato ad essere sostituito da quella formasublimata di ordinamento rappresentata dal comunismo e dalla libertà collettiva dai bisogni.

La dottrina occidentale, fino ad anni recenti, non realizzando le sostanziali diversità tra idue sistemi, si presentava divisa in ordine alle possibilità di una reale comparazione.

Il punto di vista socialista, invece, era molto più chiaro e negava qualsivoglia comparazio-ne in quanto i modelli erano troppo divergenti in base all’ordine sociale dei diversi paesi.Tuttavia, a partire dagli anni sessanta, anche i giuristi dell’Est (BLAGOJEVIC, KNAPP, JO-DLOWSKI) hanno iniziato a riconoscere il valore delle comparazioni tra ordinamenti sociali-sti e borghesi, sottolineando però la necessità di tener conto delle differenze sostanziali che lidistinguevano e di non valorizzare oltremodo somiglianze soltanto formali.

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Capitolo Secondo20

Alla luce delle pregresse esperienze, si può concludere che ordinamentiappartenenti a modelli diversi possono essere sempre messi a confronto.

Le differenze ideologiche, politiche, sociali ed economiche non costitui-scono, pertanto, ostacoli alla comparazione ed il confronto è sempre possi-bile, se si riconosce che i diversi tipi di ordinamenti sono caratterizzati dadati essenziali differenti che influenzano non solo le strutture ma anche leparticelle giuridiche elementari.

5. LE FASI DEL PROCEDIMENTO METODOLOGICO

Dal punto di vista operativo, il metodo comparativo si articola in unasuccessione ragionata di operazioni collegate e finalizzate ad uno scopopreciso (COSTANTINESCO), il cui procedimento è articolato in tre fasi:

1. la prima fase, della conoscenza, che impone di isolare il termine dacomparare dall’ordinamento d’appartenenza per facilitarne la conoscenzaattraverso l’analisi;

2. la seconda fase, della comprensione, che prevede il reinserimento deltermine nel relativo ordinamento per comprenderlo alla luce delle rela-zioni col suo ambito di riferimento;

3. la terza fase, della comparazione, che giunge alla necessaria sintesi econfronto dei risultati.

L’ordine tra le fasi è determinato dalla propedeuticità e, pertanto, lasuccessione non può discostarsi dalla sequenza indicata e le tre fasi, proce-dendo dall’analisi verso la sintesi, costituiscono tappe diverse, ma intima-mente ed inscindibilmente collegate.

6. Segue: LA PRIMA FASE: LA CONOSCENZA DEI TERMINI DACOMPARARE

Tutti gli ordinamenti giuridici rappresentano degli insiemi sistematici ecoerenti, nei quali le particelle elementari si giustificano solo alla luce deltutto; nella prima fase, tuttavia, lo studioso deve conoscere il termine dacomparare in quanto tale che, pertanto, è oggetto di un processo di astra-zione dal proprio ordinamento giuridico.

Per ottenere la conoscenza del termine, nell’ambito del procedimentocomparativo, è necessario procedere alla scomposizione dello stesso nellesue distinte componenti. Tale operazione serve per analizzare ogni detta-

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glio del termine per consentire un effettivo raffronto con le corrispondentiparti degli altri termini.

Il comparatista deve poi elaborare lo schema comparativo, ovvero unagriglia analitica nella quale vengono suddivise e catalogate le peculiarità ele componenti dell’elemento in base a categorie di problemi diversi.

Regola elementare e fondamentale della prima fase è di esaminare il termineesclusivamente alla luce dell’ordinamento cui esso appartiene, analizzandolodall’interno e nel suo quadro sistematico, agendo in veste di giurista autoctono(DAVID, COSTANTINESCO) ed utilizzando gli strumenti interpretativi, la logi-ca e lo spirito dell’ordinamento di appartenenza del termine in studio.

Da questo principio generale derivano cinque regole metodologiche:

1. Prima regola: studiare il termine da comparare così com’è.Ovvero studiare il termine come esiste in fatto, alla luce del suo reale

funzionamento in un dato ordinamento ed alla luce del metodo ermeneuticoutilizzato dai giuristi di quel sistema.

2. Seconda regola: studiare il termine da comparare nelle sue fontioriginali.Dal che deriva, come corollario, la regola di diffidare da informazioni di

seconda mano o da traduzioni letterali.

La lingua rappresenta uno dei principali ostacoli per il comparatista e, a riguardo, vasottolineata l’opera degli Istituti di diritto comparato i quali, attraverso biblioteche transnazio-nali, riviste o traduzioni di codici, cercano di facilitare l’accesso ai diritti stranieri. Uno studiocomparativo che abbia velleità scientifiche, però, deve esprimere le proprie analisi direttamen-te sulle fonti originali, senza accontentarsi di lavori di intermediazione.

Al fine di valutare il termine alla luce delle sue fonti originali è indi-spensabile la conoscenza linguistica dell’ordinamento straniero che si esa-mina e, in particolar modo, la comprensione della terminologia giuridicadegli ordinamenti che ha ad oggetto. I vocabolari giuridici sono, infatti,relativi ai singoli ordinamenti, con differenze più marcate tra modelli diver-si, ciò perché nell’ambito del diritto comparato, una traduzione non devemai essere squisitamente letterale ma essenzialmente giuridica e deve assi-curare non tanto la trasposizione di termini linguistici corrispondenti, masoprattutto l’individuazione di nozioni equivalenti.

Il registro giuridico, infatti, non appartiene al settore linguistico ma aquello giuridico, del quale rappresenta lo strumento di espressione esterna.

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Capitolo Secondo22

Per accedere alle fonti originali, tuttavia, lo studioso non può fare esclu-sivamente affidamento sulle conoscenze linguistiche, ma deve comprende-re lucidamente la peculiare nomenclatura giuridica, mettendosi nella vestedel giurista del sistema che sta analizzando.

3. Terza regola: esaminare il termine da comparare tenendo conto dellatotalità delle fonti del diritto.Secondo la terza regola metodologica, lo studioso deve analizzare il

termine che intende conoscere alla luce della totalità delle fonti giuridi-che del diritto straniero che esamina. Ciò si giustifica in quanto i testilegislativi possono essere insufficienti e l’applicazione giurisprudenzialepuò divergere, anche considerevolmente, dalla regola stabilita dal legisla-tore.

Di conseguenza, lo studioso deve necessariamente affiancare all’esamedei testi di un dato sistema straniero lo studio della giurisprudenza, delladottrina e della prassi.

Anche le fonti, infatti, sono relative alle singole esperienze giuridiche, e mostrano varia-zioni considerevoli quando si passa all’esame di sistemi differenti. Basti pensare all’importan-za ed alla centralità delle fonti scritte negli ordinamenti di civil law, diametralmente oppostaalla matrice marcatamente giurisprudenziale degli ordinamenti anglosassoni.

Si considerino, inoltre, le differenti possibilità di accesso alle fonti di un dato ordinamen-to, con la trasparenza dei sistemi europei ed anglosassoni quasi del tutto assente nelle esperien-ze socialiste ed islamiche.

Solo conoscendo il modello d’appartenenza degli ordinamenti da esaminare il comparati-sta può individuare le fonti in virtù delle quali eseguire lo studio.

La terza regola metodologica appare subito di fondamentale importanzaove si consideri che il semplice testo legislativo, da solo, è assolutamenteinadeguata ex se per esprimere le esatte coordinate di un istituto straniero.

Molto spesso, difatti, ci si può trovare dinanzi ad un testo incompleto o semplicementeredatto male o che necessita del concorso di testi integrativi.

Lo studio dei testi deve essere completato da quello della giurisprudenza, che può mette-re in luce una considerevole distanza tra enunciato e applicazione o addirittura giungere, inalcuni casi, ad una pratica disapplicazione del dato normativo.

Il comparatista non può, inoltre, esimersi dal conoscere la dottrina nazionale nonché laprassi delle regole esaminate che, anche in ordinamenti che affermano il primato della legge,può divergere significativamente dagli enunciati scritti, modificando o addirittura creando isti-tuti (si pensi all’arricchimento senza giusta causa, introdotto in via giurisprudenziale in Fran-cia, o alle violazioni positive del contratto ed alla responsabilità delittuale dell’ordinamentotedesco).

Estratto della pubblicazione

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23Il metodo comparativo

Gli ordinamenti vanno, quindi, esaminati nella totalità delle loro fonti, ed il comparatistache voglia pervenire ad una conoscenza completa del termine deve mostrarsi pronto ad un’analisiche abbracci non solo il diritto scritto ma anche quello applicato.

4. Quarta regola: rispettare la gerarchia delle fonti dell’ordinamentoesaminato.È ovvio che, nell’addentrarsi in un diritto straniero, il comparatista incon-

tra l’ulteriore ostacolo rappresentato da una gerarchia delle fonti diversa daquella conosciuta nella sua esperienza nazionale (esempio: ordinamenti isla-mici ove spesso sorge conflitto tra testo coranico e legge dello Stato).

In linea di tendenza, la gerarchia delle fonti non muta in ordinamentiappartenenti allo stesso modello, o tuttalpiù dà vita a variazioni.

Come si vedrà più approfonditamente trattando i singoli sistemi ed ordinamenti, le espe-rienze di civil law, pur mostrando differenti discipline nei dettagli, conoscono unanimemente ilprimato della legge e la funzione sussidiaria della consuetudine e della giurisprudenza. Diconseguenza, uno studioso proveniente da un ordinamento di civil law ed intenzionato ad esa-minare termini di diritti appartenenti al suo stesso modello, non incontrerà difficoltà particolariavendo piena familiarità con la relativa gerarchia delle fonti.

I sistemi di derivazione anglosassone, invece, non individuano la fonte principale nellalegge bensì nella common law, ovvero nell’insieme delle regole di diritto elaborate nel corsodei secoli dai tribunali; la differenza rispetto alle esperienze romano-germaniche appare per-tanto netta, e di conseguenza saranno ben maggiori le difficoltà che si presenteranno al compa-ratista che voglia confrontare termini appartenenti alle due differenti famiglie.

La gerarchia delle fonti costituisce un elemento determinante, che carat-terizza ogni modello e lo differenzia dagli altri.

5. Quinta regola: interpretare il termine da comparare secondo il me-todo ermeneutico dell’ordinamento al quale appartiene.Ogni istituto giuridico, essendo relativo nel tempo e nello spazio, per

potere essere correttamente inteso ed interpretato necessita del metodo usua-le caratteristico dell’ordinamento in cui è applicato. Non esiste, infatti, unmetodo ermeneutico universalmente applicabile, né il giurista deve attribu-ire valori universali ai procedimenti tecnici di ricerca (particolari) ai quali èabituato.

Il metodo di interpretazione, inoltre, non è lo stesso per lo studio delmodello anglosassone e per quello continentale.

L’interpretazione giuridica rappresenta, quindi, un altro elemento de-terminante, che varia profondamente tra modelli diversi e, parzialmente, traordinamenti appartenenti ad uno stesso sistema.

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Capitolo Secondo24

7. Segue: LA SECONDA FASE: LA COMPRENSIONE DEL TER-MINE DA COMPARARE

Una volta conosciuto il termine da comparare, si passa alla seconda fase,che ha per oggetto la sua comprensione. Tale operazione consiste nel rein-tegrare il termine da comparare nel quadro del proprio ordinamento.

Oltre ai fattori di tecnica giuridica (esaminati nella prima fase), infatti,il comparatista è tenuto a svelare il background storico, sociale, politico edeconomico del termine, che ne costituisce la realtà di riferimento.

La comparazione impone, quindi, di travalicare i meri confini giuridicial fine di cogliere le relazioni esistenti tra due regole, effettivamente funzio-nanti, in ambienti giuridici e storico-sociali diversi.

MONTESQUIEU affermava che è indispensabile mettere in relazione la norma giuridicacon l’ambiente circostante e che non è possibile comprendere realmente un diritto stranierodalla semplice analisi dei testi, essendo necessario valutare in primo luogo il regime politicosottostante: ad esempio, nella dittatura la legge si identifica con la volontà del tiranno, nellarepubblica con quella del popolo, nella monarchia con le scelte del sovrano, nell’oligarchianella volontà della classe dominante.

Le ragioni che, ai fini della comprensione, impongono di reintegrare iltermine da comparare all’interno dell’ordinamento originario di apparte-nenza sono quattro (COSTANTINESCO):

1. Prima ragione: l’interferenza di altri istituti dello stesso ordinamentocon il termine da comparare.Ogni ordinamento, infatti, è una struttura complessa, le cui articolazioni

sono in un rapporto d’interdipendenza strutturale e teleologica.Nell’ambito di un ordinamento accade spesso che un istituto abbia un’in-

fluenza determinante su un altro (il termine da comparare), completandolo,disapplicandolo sostanzialmente, rendendolo desueto (3).

Pertanto, la prima ragione esprime la necessità che il comparatista ab-bracci, nella propria analisi, anche tutti quegli istituti affini o complemen-tari che sono legati al termine da comparare da un rapporto teleologico oche, in ogni caso, abbiano un’influenza su di esso.

(3) Così per ragioni fiscali si fa uso dei negozi indiretti che talvolta finiscono con il renderemeno conveniente il ricorso ai negozi tradizionali (esempio: il leasing nei contratti d’impresa è fi-scalmente più conveniente della compravendita per motivi di ammortamento).

Estratto della pubblicazione