Diritto Internazionale Privato

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Compendio di DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO A cura del dott. Marco De Stasio www.studiodestasio.it

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Compendio di

DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

A cura del dott. Marco De Stasio

www.studiodestasio.it

Seconda edizione, gennaio 2006

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PRINCIPI GENERALIIl Diritto Internazionale Privato (D.i.p) indica il complesso delle norme giuridiche dello Stato che regolano quei rapporti privatistici che presentano elementi di estraneità rispetto ad esso. Rapporti giuridici di questo tipo sono ad esempio un matrimonio celebrato in Italia tra cittadini francesi o la compravendita di un immobile stipulata in Italia ma avente ad oggetto beni situati in Germania.Non si tratta di una disciplina analoga al vero e proprio diritto internazionale, ma, piuttosto, di norme che, pur essendo destinato a disciplinare rapporti e fattispecie che hanno punti di contatto con altri paesi, fanno parte dell’ordinamento giuridico di un determinato Stato ed hanno valore esclusivamente in esso. Il D.i.p., differentemente da quanto possa supporsi, è un settore del diritto interno e si caratterizza rispetto agli altri rami del diritto per il suo specifico oggetto (sarebbe preferibile infatti parlare di “diritto interno in materia internazionale” per evidenziare che tali norme, interne dal punto di vista della fonte di produzione e dell’ambito di applicazione, sono però destinate a regolare rapporti e fattispecie che sono in qualche modo collegati ad una pluralità di Stati).

Il diritto internazionale privato dalle origini al XX secoloDal punto di vista scientifico di D.i.p. si comincia a parlare soltanto nel secolo scorso, grazie al contributo di giuristi come lo Story, il Savigny e l’italiano Stanislao Mancini. Ciò non toglie che l’esigenza di predisporre una disciplina giuridica speciale per quei rapporti economico – sociali che coinvolgono soggetti e/o beni collocati nell’ambito di comunità politiche diverse si fosse già manifestata anche in epoche molto remote.Dopo la parentesi delle invasioni germaniche, caratterizzate dall’applicazione contemporanea di più leggi in funzione della stirpe di chi ne invocava l’applicazione, la funzione propria del D.i.p. viene svolta dallo ius comune inteso come sistema giuridico tendenzialmente universale risultante dalla rielaborazione, ad opera dei giuristi medievali, del diritto romano giustinianeo e, in particolare, del Corpus iuris civilis. È proprio grazie a tale rielaborazione che vengono risolti i problemi di coordinamento tra gli statuti locali. Con la locuzione statutum si designava, a partire dall’XI secolo, ogni norma giuridica emanata dall’organo dotato del potere legislativo.In altre parole i giuristi, soprattutto italiani, tra i quali si ricordano Carlo Tocco, Accursio e Bartolo da Sassoferrato, individuarono le norme per risolvere i conflitti tra i diversi statuti del sistema del Corpus iuris civilis, fatto oggetto, per l’occasione, di interpretazioni assai libere e creative.È soltanto in epoca moderna, per effetto anche del fenomeno della codificazione giuridica, che il D.i.p. acquista, anche dal punto di vista scientifico – dogmatico, specificità ed autonomia rispetto agli altri settori del diritto. Tra i giuristi che hanno contribuito in maniera decisiva allo sviluppo degli studi internazionalprivatistici, spiccano su tutti, i nomi di Story, Savigny e Mancini.Ad essi si riconducono tre diverse ricostruzioni del fenomeno del D.i.p.: posizione di Story: il giurista americano individua il fondamento del di

quella applicazione di norme straniere, che caratterizza il

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funzionamento del D.i.p., nella c.d. comity ovvero nel rispettoreciproco, da parte degli stati, delle proprie leggi in considerazione dei vantaggi che ciascuna nazione può trarne. Si tratta, dunque, di una concezione estremamente pragmatica, tipica della cultura anglosassone;

contributo del Savigny: nella sua opera fondamentale “Sistema del diritto romano odierno” c’è il tentativo di individuare un complesso di regole di validità universale grazie al quale risolvere ogni problema di coordinamento tra le diverse leggi nazionali. Invece di determinare la sfera di applicazione di tutte le diverse norme di un ordinamento, il Savigny ritiene più utile determinare, in riferimento alle diverse tipologie di rapporti, a quale legge essi debbano ricollegarsi. Occorre, cioè, stabilire il criterio in funzione del quale i vari tipi di rapporto possono essere ricondotti ad un sistema giuridico piuttosto che ad un altro;

la scuola italiana (Mancini): anche per Mancini, padre della scuola italiana del D.i.p., il problema fondamentale della disciplina consiste nella ricerca di principi in base ai quali agevolmente si può decidere quale legislazione debba applicarsi a ciascuna specie di rapporti di diritto.Mancini, in particolare, individua tre fondamentali criteri: il criterio della nazionalità, per la disciplina dei rapporti di famiglia,

della condizione delle persone e delle successioni; il criterio di libertà, per la disciplina di tutte le fattispecie rispetto

alle quali il legislatore riconosce di non avere interesse ad introdurre, con proprie leggi, limitazioni all’esercizio della libertà lecita ed inoffensiva dello straniero;

il criterio di sovranità, che opera quando gli stranieri, al pari dei cittadini, vengono assoggettati, ad esempio, alle leggi penali, di ordine pubblico ed a tutto il diritto pubblico dello Stato.

Il sistema italiano di diritto internazionale privato è stato costituito per lungo tempo, e fino alla approvazione della legge 31 maggio 1995, n. 218, da un numero piuttosto esiguo di disposizioni contenute in varie fonti normative. La legge, che si compone di 74 articoli, si pone come un vero e proprio codice, per la prima volta raccolto in un unico testo di legge, del diritto internazionale privato e processuale italiano.La struttura della legge fondamentale del nuovo diritto internazionale privato italiano si articola in quattro gruppi funzionali di norme: il primo (Titolo I, artt. 1 – 2) stabilisce e delimita la sfera di operatività

della legge che, fermo restando il rispetto delle eventuali diverse regole sancite da convenzioni internazionali alle quali l’Italia aderisce o aderirà, disciplina in modo organico ed esaustivo sia il diritto internazionale privato propriamente detto che il diritto processuale civile internazionale. Complementare a tale finalità di coordinamento e sintesi della materia è la disposizione dell’art. 73 che prevede l’abrogazione di norme preesistenti sparse tra le preleggi, il codice civile e di procedura civile;

il secondo gruppo di norme (Titolo II, artt. 3 – 12) costituisce il nuovo sistema del diritto processuale civile internazionale. Tali disposizioni, cioè, disciplinano lo svolgimento del processo civile allorquando lo stesso coinvolge persone, fatti, atti, beni o provvedimenti che

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presentano elementi di estraneità ovvero punti di contatto con ordinamenti giuridici diversi da quello in cui si svolge il processo.

A tale gruppo devono funzionalmente ricondursi anche le disposizioni transitorie dell’art. 72, 2° comma, sulla disciplina dei procedimenti già pendenti. Proprio in riferimento al diritto transitorio, rispetto al quale sono sorti i primi problemi applicativi ed interpretativi della nuova legge, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che le norme del nuovo sistema di diritto internazionale privato trovano applicazione in tutti i giudizi iniziati successivamente all’entrata in vigore della legge n. 218 del 1995 se se riferiti a rapporti giuridici di fatto sorti prima di tale epoca (purché non si tratti di situazioni giuridiche “esaurite” che si identificano in quelle definitivamente accertate in sede giurisdizionale o in quelle che abbiano già compiutamente realizzato tutti i loro effetti – Cass. 12538 del 1999).Al D.i.p. possono essere affiancate altre discipline giuridiche.Vengono in considerazione, principalmente: il diritto penale internazionale; il diritto amministrativo internazionale; il diritto processuale civile internazionale.Tutte queste discipline, insieme al D.i.p., costituiscono il c.d. diritto statale esterno o, come anche si suole dire, il diritto interno in materia internazionale.Nell’ambito di tale insieme una particolare considerazione deve essere riservata al diritto penale internazionale, ovvero a quelle norme del diritto penale interno che regolano le fattispecie criminose connotate da elementi di estraneità e la collaborazione processuale penale tra più Stati.In primo luogo, questa particolare attenzione può dirsi giustificata dall’allarmante sviluppo della criminalità organizzata la cui attività sempre più spesso si sviluppa su scala internazionale o, addirittura, mondiale.Inoltre, nel nostro paese, il sistema di diritto penale processuale internazionale ha ricevuto un nuovo e più moderno assetto con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale che, con le norme degli artt. 696 e segg. del c.p.p. ha regolato le materie della estradizione, delle rogatorie e dell’esecuzione in Italia e di sentenze di condanne straniere. Il principio fondamentale cui si è ispirato il legislatore del nuovo codice è rimasto quello della prevalenza sulle norme del codice, delle norme di origine internazionale. L’art. 696 c.p.p. stabilisce, infatti che le norme del codice trovano applicazione soltanto in via sussidiaria, quando cioè la materia non è regolata da norme contenute in trattati internazionali o di diritto internazionale generale. In effetti nell’ambito del diritto penale internazionale è possibile individuare due aree omogenee. Da un lato si pongono le norme che delimitano l’ambito di applicazione della legge penale sostanziale, definendo i criteri in base ai quali individuare la normativa (nazionale o straniera) applicabile ad attività criminose che presentano elementi di estraneità (es. omicidio di un italiano commesso da un francese in america).

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Dall’altro si possono raccogliere le disposizioni più strettamente processuali penali, che regolano la cooperazione tra gli Stati nella repressione dei reati.A quest’ultimo gruppo debbono ricondursi le norme in materia di estradizione, rogatorie internazionali, riconoscimento di efficacia di sentenze pronunciate da giudici stranieri. Il principio fondamentale al quale si ispirano le norme del diritto penale internazionale sostanziale italiano è quello della territorialità, in forza del quale la legge penale nazionale si applica a tutti coloro, cittadini o stranieri, che commettono reati nel territorio dello Stato (art. 6 c.p.).Tale principio, che appare espressione dell’idea di sovranità territoriale dello Stato, viene però derogato, in alcuni casi, in ossequio ai principi della difesa dello Stato e dei suoi cittadini nonché delle altre comunità.Così, ad es., l’art. 10 c.p. consente la punizione secondo la legge italiana, a condizione che l’autore del fatto si trovi nel territorio dello Stato, del cittadino straniero che, al di fuori del territorio italiano, abbia commesso un delitto in danno di un cittadino italiano punito con la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo ad un anno.Per evitare che le norme di D.i.p. predisposte da ogni ordinamento statale contrastino tra di loro, accade che tra più stati vengano stipulati veri e propri trattati internazionali aventi lo scopo di unificare, in un determinato settore, le norme di D.i.p. degli stati parti di tale accordo internazionale che hanno l’obbligo di emanare nel proprio ordinamento le norme del D.i.p. concordate. È il caso, ad esempio, delle numerose convenzioni dell’Aja in materia di adozione, testamento, divorzio, protezione dei minori ed adozione internazionale, della Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali.

NOZIONE, OGGETTO E FUNZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATOOggetto delle norme di D.i.p. è la regolamentazione dei fatti che presntano, rispetto allo Stato, elementi di estraneità. In considerazione di questo oggetto specifico, può apparire giustificato il qualificativo internazionale che compare nella locuzione diritto internazionale privato. Invero, i fatti regolati dalle norme in questione hanno carattere di internazionalità nel senso che appaiono collegati, oltre che con lo Stato in cui si pone il problema di regolarli con uno o più Stati stranieri. Il qualificativo non si giustifica, invece, se con esso si intende riferirsi alla natura delle norme di D.i.p. attribuendosi tali norme al diritto internazionale in senso stretto ovvero alle norme che regolano i rapporti tra gli Stati. Le norme di D.i.p. restano, infatti, sotto ogni punto di vista, norme di diritto interno. Ciò non toglie, peraltro, che possono esistere un diritto internazionale privato convenzionale, adottato, cioè, sulla base di accordi internazionali, e quindi norme del diritto internazionale vero e proprio, in materia di D.i.p.. Anche in tal caso, comunque, il trattato impegna lo Stato ad emanare tali norme piuttosto che porsi esso stesso, direttamente, come fonte di D.i.p..

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LE FONTI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATOFerma la natura di “diritto interno”, le fonti del diritto internazionale privato si individuano nelle normali fonti di produzione del diritto proprie di ciascun ordinamento giuridico. Le norme di d.i.p, al pari di qualunque altra norma gerarchicamente subodinata, deve dunque conformarsi alla Costituzione e non essere in contrasto con la legislazione comunitaria.Nel nostro ordinamento la fonte principale del D.i.p., come gli altri rami del diritto è rappresentata dalla legge.

La Legge 31 maggio 1995 n 218La L. 218/1995 (intitolata “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”), con i suoi 74 articoli, si pone come un vero e proprio codice, per la prima volta raccolto in un unico testo di legge, del diritto internazionale privato e processuale italiano. Contiene la disciplina della giurisdizione italiana, dell’efficacia in Italia delle sentenze e dei provvedimenti stranieri, una parte dedicata ai principi generali del diritto internazionale privato e una parte con le norme di conflitto previste per le singole categorie. Essa ha determinato l’abrogazione delle norme delle preleggi, del codice civile, del codice di rito (giurisdizione e procedimento di delibazione) incompatibili con essa facendo salva l’applicazione delle convenzioni internazionali di d.i.p. e, in particolare, della Convenzione di Roma in materia di obbligazioni contrattuali.Per quanto concerne il ruolo del diritto non scritto, ovvero della consuetudine, va evidenziato come, nel nostro ordinamento, essa abbia, nel D.i.p. come negli altri settori del diritto, una rilevanza piuttosto modesta a causa della presenza di un sistema di norme scritte notevolmente sviluppato.

Convenzioni internazionali d.i.p.Sono le convenzioni stipulate tra Stati con la funzione di dettare norme di conflitto coerenti per un insieme di Paesi al fine di evitare che vi siano discipline difformi. Le norme di d.i.p. di origine convenzionale prevalgono su quella di origine nazionale: attualmente, questa prevalenza è sancita espressamente dall’ art. 2 della legge 218/1995. Si parla, con riferimento a questo tipo di disposizioni, di D.i.p. convenzionale o speciale.

Convenzione di Roma del 1981Entrata già da tempo in vigore, la Convenzione di Roma del 1981 aveva abrogato l’art. 25 delle preleggi ponendo una disciplina articolata ed organica delle obbligazioni contrattuali. La legge di riforma del 1995 l’ha richiamata espressamente quale testo normativo fondamentale cui è demandata la disciplina della materia, salva l’applicabilità di altre convenzioni.La Convenzione di Roma è stata stipulata con il duplice fine di completare ulteriormente il procedimento di integrazione giudiziaria ex art. 220 Trattato CEE e di rendere meglio applicabile la precedente Convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale che lasciava spazi aperti alla pratica c.d. del “forum shopping”.

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Il diritto comunitarioÈ noto che gli organi della Comunità Europea hanno facoltà di adottare atti normativi, alcuni dei quali, come i regolamenti, le decisioni e le direttive hanno efficacia giuridica vincolante per gli Stati membri. Nell’ambito degli stessi una forza cogente più diretta ed immediata deve essere riconosciuta ai regolamenti che hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili nel territorio di tutti gli Stati dell’Unione europea. I diritti da essi sanciti sono, in altri termini, azionabili da ogni persona e tutelabili in sede giurisdizionale al pari di quelli sanciti dalle leggi statali. Orbene, negli ultimi anni, come già ricordato, i competenti organi comunitari (Consiglio o Commissione) hanno adottato numerosi regolamenti in materia di diritto internazionale privato e processuale. Tali disposizioni, sa pure con esclusivo riferimento ai rapporti riconducibili agli ordinamenti di Stati aderenti alla UE, proprio per il loro valore cogente diretto, che le colloca a pieno titolo tra le fonti del diritto di ciascun paese, entrano a far parte del nostro sistema di diritto internazionale privato prevalendo, in virtù del principio di specialità, su quelle, eventualmente incompatibili, della legge 218/1995.

La prassiÈ sempre frequente, in dottrina, l’inserimento nel panorama delle fonti del diritto internazionale private regole di diritto consuetudinario. Ci si riferisce, in particolare alla lex mercatoria. Tale espressione definisce un sistema di norme e regole nate spontaneamente per regolare, in alcuni settori commerciali (es. crediti, trasporti, assicurazioni), i rapporti economici con elementi di internazionalità.

La funzione delle norme di diritto internazionale privatoSecondo un primo orientamento, poiché le norme del D.i.p. hanno lo scopo di determinare la legge applicabile ad una fattispecie concreta poiché tale legge può tanto essere quella nazionale quanto quella di uno Stato estero, la funzione delle norme di D.i.p. è duplice consistendo: nel delimitare l’ambito di applicazione del diritto interno; nel richiamare, se del caso, norme del diritto straniero.In altri termini, l’efficacia delle norme di diritto internazionale privato può spiegarsi tanto in direzione interna, determinando l’applicazione della lex fori, cioè della legge nazionale, quanto in direzione esterna, giustificando l’applicazione di norme di altri Stati.Questa concezione, detta bilaterale, delle norme di D.i.p. è condivisa da vasti settori della dottrina recente (Conforti, Vitta) ed appare inoltre più coerente al tenore delle codificazioni moderne di D.i.p. che appaiono largamente ispirate al principio dell’uguaglianza tra diritto statale e diritto straniero.Secondo un’altra concezione c.d. unilaterale, la funzione della norma di D.i.p. è unica, nel senso che l’efficacia di tali norme si esplica esclusivamente in una direzione. A questo proposito occorre distinguere due ulteriori posizioni dottrinali: in una prima prospettiva (Morelli) si sostiene che, poiché

l’applicazione del diritto interno non ha bisogno di una particolare giustificazione avendo luogo di per sé stessa in virtù di un principio di naturale effettività dell’ordinamento, l’unica funzione della norma di

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D.i.p. consiste nel richiamo o rinvio agli ordinamenti stranieri per la disciplina delle fattispecie con elementi di estraneità (concezione unilaterale estroversa);

una differente articolazione della concezione unilateralistica è offerta dal Quadri secondo il quale le norme di D.i.p. avrebbero la funzione non già di rinviare al diritto straniero ma, al contrario, di delimitare l’ambito di applicazione dell’ordinamento interno (concezione unilaterale introversa).

Secondo Quadri, quindi, l’applicazione del diritto straniero a determinati rapporti non sarebbe il risultato del funzionamento delle norme di D.i.p. ma di un principio generale di coordinamento con gli ordinamenti stranieri ovvero di un principio fondamentale, fondato sulla buona fede, la cui ratio consiste nella necessità di garantire la continuità ed uniformità della vita giuridica. Sviluppando tale impostazione fino alle sue estreme conseguenze Quadri giunge ad affermare che nella scelta dell’ordinamento straniero l’interprete non deve sentirsi vincolato dal criterio di collegamento contenuto nella norma di D.i.p.. Tale criterio opera solo allorquando si tratta di decidere l’applicabilità o meno del diritto interno, ma non in sede di scelta del diritto straniero nella quale occorre fare riferimento essenzialmente alla volontà dello stesso ordinamento straniero di essere applicato a quel determinato fatto (c.d. autocollegamento).

Non è agevole stabilire quale ricostruzione sia preferibile, certo è, però, che in termini di diritto positivo le tesi unilaterali sono contraddette dalla formulazione tipicamente bilaterale delle nostre norme di D.i.p.. Né si può trascurare come anche in Stati (es. Francia), in cui talune norme di D.i.p. erano state legislativamente congegnate in modo unilaterale, la giurisprudenza abbia finito, in sede applicativa, per bilaterizzarle tutte. Da ultimo va sottolineato come il nostro legislatore pur eliminando il divieto assoluto di tenere conto delle norme di diritto internazionale privato dell’ordinamento straniero, già contenuto nell’art. 30 delle preleggi (divieto del rinvio oltre o indietro), non sempre tiene conto del criterio di collegamento prescelto dal cittadino straniero richiamato.In definitiva, anche in considerazione del più comune atteggiamento giurisprudenziale, appare preferibile la concezione bilaterale che porta a identificare la funzione delle norme di D.i.p. nella scelta della disciplina applicabile alla fattispecie con elementi di estraneità attuata attraverso l’applicazione dello stesso diritto interno, o, in alternativa, grazie al rinvio agli ordinamenti stranieri.

La struttura della norma di D.i.p.La struttura di ogni norma di D.i.p. si articola in due elementi costanti:1. una categoria che consiste nell'insieme dei fatti e dei rapporti

oggetto della norma di conflitto1;

1 In relazione ad essa si sviluppa il problema delle qualificazioni: ci si chiede, cioè, se l’ampiezza delle categorie descritte dalle norme di d.i.p. debba essere interpretata alla luce dell’ordinamento interno o alla stregua degli ordinamenti stranieri cui si fa rinvio. Alla luce di quanto disposto dalll'art. 15 della L. 218/95 sembra preferibile risolvere il problema facendo ricorso ad una doppia qualificazione: una volta individuata, sulla base di una prima qualificazione operata alla stregua dell'ordinamento nazionale, una

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2. un criterio di collegamento, che determina la legge da applicare. Il principale criterio di collegamento è rimasto, anche con la legge di riforma, quello della legge dello Stato cui appartiene il soggetto coinvolto nel rapporto (criterio della cittadinanza).

Il problema delle qualificazioni L’analisi del primo dei due elementi della tipica struttura della norma di D.i.p. ovvero, l’indicazione, per categorie, dei rapporti che si intendono con quella norma disciplinare introduce in tema delle qualificazioni che rappresenta una delle più tradizionali problematiche internazionalprivatistiche.Poiché le norme di D.i.p. nel descrivere le fattispecie che intendono regolare utilizzando categorie tecnico – giuridiche (es. obbligazioni, successioni), ci si domanda, visto che la norma di D.i.p. può richiamare altri ordinamenti, se il significato e la comprensività di tali categorie debbano essere individuati alla luce dell’ordinamento interno, cui appartengono le norme di D.i.p., o alla stregua degli ordinamenti straneri cui si fa rinvio.Il problema delle qualificazioni viene risolto, in dottrina, in modo diverso: secondo un primo orientamento, che può essere considerato

sicuramente maggioritario a livello internazionale, il significato e l’ambito di comprensione delle espressioni tecnico – giuridiche utilizzate nella struttura delle norme di D.i.p. andrebbe chiarito alla luce delle norme e degli istituti della lex fori ovvero dell’ordinamento cui appartengono le stesse norme di D.i.p. (Morelli, Ballarino, Vitta);

di diverso avviso sono coloro che sostengono che i criteri in base ai quali stabilire in quale categoria (obbligazioni, successioni) debbano ricomprendersi i diversi rapporti giuridici andrebbero desunti dalla c.d. lex causae cioè dalle norme dell’ordinamento straniero che la stessa norma di D.i.p. indica come competente a disciplinare la fattispecie (Pacchioni);

di parla, invece, di teoria comparatistica per designare coloro che, sostenendo la completa autonomia del sistema di D.i.p. dall’ordinamento statale cui appartengono, affermano che il senso delle locuzioni adoperate da tali norme andrebbe ricostruito, a conferma del carattere internazionale della disciplina, attraverso un’analisi comparativa, sino a giungere ad una sorta di minimo comune denominatore, del significato che tali categorie rivestono in tutti gli ordinamenti dei paesi civili (Meriggi).

La teoria della lex fori è sostanzialmente condivisa anche dalla giurisprudenza che in passato ha avuto modo di osservare, con riferimento all’art. 26 disp. prel. c.c. in tema di legge regolatrice della forma degli atti, che la nozione di forma va desunta dalla legge italiana (Cass. 690/1961; Cass. 3966/1965).Nei confronti della teoria della lex fori vengono, tuttavia, sollevate due obiezioni fondamentali:1. in primo luogo, la qualificazione del rapporto con elementi di

estraneità alla stregua dei canoni della lex fori potrebbe condurre a

norma i diritto cui fare riferimento e, quindi, il sistema giuridico estero di riferimento, le successive interpretazioni e applicazioni (seconda qualificazione) andranno svolta la luce dei principi del diritto straniero.

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risultati pratici poco accettabili in considerazione della possibile eterogeneità o addirittura incompatibilità tra la sistematica dell’ordinamento nazionale e quella dell’ordinamento straniero;

2. in secondo luogo, il problema della qualificazione degli istituti giuridici del tutto sconosciuti in alcuni ordinamenti (es. bigamia o il ripudio del diritto ebraico).

Per superare tali inconvenienti sono stati suggeriti due correttivi: in primo luogo, è stato chiarito che, allorquando le norme di D.i.p.

utilizzano parole come obbligazioni, fatti illeciti etc., non intendono fare riferimento agli istituti dell’ordinamento interno così come disciplinati e regolati dalla lex fori, ma a concetti e categorie giuridiche che sono patrimonio comune di moltissimi sistemi normativi, sia pure con sfumature diverse, e che, quindi, vanno interpretati con una certa larghezza ed elasticità;

in secondo luogo è stato osservato (teoria della doppia qualificazione) che l’ordinamento straniero, richiamato dalla norma di D.i.p., non può che essere considerato globalmente senza limitare l’indagine ad un determinato settore in nome di un velleitario parallelismo con l’ordinamento statale. Ne consegue che una volta individuato, sulla base di una qualificazione del rapporto svolta alla stregua della sistematica dell’o.g. nazionale, la norma di D.i.p. cui fare riferimento e quinsi, il sistema giuridico stereo al quale questa fa rinvio, si individueranno nell’ambito dell’ordinamento straniero (seconda qualificazione), le norme giuridiche nel cui ambito di applicazione il rapporto in esame si colloca.

Alla luce della disposizione dell’art. 15 della nuova legge fondamentale del diritto internazionale privato italiano può senz’altro affermarsi che la c.d. teoria della doppia qualificazione ha finito per trovare riconoscimento normativo. La norma in questione stabilisce, infatti, che dopo il richiamo, il diritto straniero deve essere interpretato secondo i criteri interpretativi e di successione nel tempo che sono a lui propri esattamente come farebbe il giudice estero.

Il criterio di collegamentoTutte le fattispecie di rapporti regolati dalle norme di D.i.p. si caratterizzano per la presenza di un elemento di estraneità cioè una qualche circostanza che pone in collegamento la vicenda, oltre che, naturalmente con l’ordinamento nazionale, con uno o più stati esteri. Tale circostanza si identifica con il criterio di collocamento.Il criterio di collegamento indica quell’aspetto del rapporto che il legislatore ritiene determinante ai fini dell’individuazione dell’ordinamento straniero da richiamate. In questo senso il criterio di collegamento è uno degli elementi caratteristici della struttura tipica della norma di D.i.p..

Il criterio della cittadinanza in particolareIl criterio della cittadinanza rimane il criterio fondamentale del nostro sistema di d.i.p.. La legge di riforma si è premurata di cercare di risolvere le difficoltà relative alla presenza di soggetti con più cittadinanze, di soggetti senza alcuna cittadinanza e di rapporti giuridici coinvolgenti soggetti aventi diverse cittadinanze:

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Soggetto con doppia nazionalità: nei casi di doppia nazionalità del soggetto la nuova legge ha disposto che nel caso in cui una delle cittadinanze sia italiana si applica la legge nazionale, non dovendosi considerare straniero un soggetto fornito della cittadinanza italiana; nel caso invece in cui il soggetto abbia due cittadinanze delle quali nemmeno una italiana si applica la legge del Paese con il quale la persona presenta il collegamento più stretto.Apolidi o rifugiati: nel caso degli apolidi o dei rifugiati si applica la legge dello Stato in cui essi hanno il domicilio o, in mancanza, la residenza.Rapporti coinvolgenti soggetti con differente nazionalità: nel caso in cui nel rapporto oggetto di regolamentazione internazionalprivatistica siano coinvolti più soggetti aventi differente nazionalità si apre, in linea di principio, il problema della legge da applicare. Tale problema è solitamente risolto volta per volta e con soluzioni man mano diverse dalla legge di riforma: per la promessa di matrimonio è previsto che, in caso di soggetti con differente nazionalità, si applichi il diritto italiano; per i rapporti personali tra coniugi è invece prevista l’applicazione della legge dello Stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata; infine, per i requisiti per contrarre matrimonio è prevista l’applicazione di entrambe le leggi richiamate rispetto al proprio cittadino.

In alcune materie al criterio della cittadinanza sono stati preferiti criteri di collegamento diversi. Così, per la regolamentazione delle questioni relative alle obbligazioni non contrattuali , l’art. 62 della legge 218 del 1995 individua come criterio di collegamento quello del luogo in cui è avvenuto il fatto dal quale esse derivano. Analogamente, in materia di possesso, di proprietà e di diritti reali in genere, si fa riferimento alla legge del luogo in cui le cose si trovano.Altri criteri di collegamento alternativi a quello della cittadinanza sono: quello del luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione. Tale

criterio era già stato adottato, in materia di titoli di credito, da talune convenzioni internazionali recepita anche in Italia ed è stato poi accolto dall’art. 59 della legge 218/95 come criterio generale di diritto comune per la disciplina della cambiale, del vaglia cambiario e dell’assegno. Per gli altri titoli di credito la medesima disposizione da riferimento al luogo di emissione;

quello della volontà manifesta delle parti. L’art. 57 della legge 218/95 stabilisce, infatti, che tutte le obbligazioni contrattuali sono disciplinate esclusivamente dalle regole adottate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980. ed è proprio tale Convenzione che fissa nella volontà comune delle parti il criterio principale e dominante della regolamentazione giuridica dei contratti.

Le modalità di acquisto, perdita e riconoscimento della cittadinanza italiana hanno formato oggetto di una nuova disciplina organica attraverso la legge n. 91 del 1991 che ha sostituito l’ormai anacronistica normativa della legge 555 del 1912 più volte modificata.

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Concorso di criteri di collegamentoNon è infrequente che nell’ambito della stessa norma di D.i.p. siano indicati più criteri di collegamento. Il significato di questo concorso di più criteri di collegamento può essere diverso potendosi avere: concorso successivo, quando il rapporto tra i diversi criteri indicati

nella norma è di sussidiarietà di guisa che soltanto quando quello indicato per primo non è, per qualsiasi motivo, in grado di funzionare, ci si rivolge al secondo e così via. Questo tipo di concorso si realizza nell’ambito dell’art., 26 della legge 218 del 1995 secondo cui la promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi o in mancanza dalla legge italiana;

concorso alternativo, nell’ipotesi in cui non viene stabilito tra i diversi criteri di collegamento indicati dalla norma di D.i.p. un rigoroso ordine di preferenza, avvenendo la scelta tra di essi in funzione dei risultati pratici cui essa conduce. Così, ad esempio, l’art. 48, in relazione alla forma del testamento, individua tre criteri di collegamento alternativi nell’ambito dei quali, in omaggio ad un più generale principio di conservazione dell’efficacia dell’atto, la scelta cadrà su quello che richiama la legge rispetto alla quale l’atto può considerarsi formalmente valido;

concorso cumulativo, allorquando pur essendo il criterio di collegamento formalmente unico, esso finisce di fatto per funzionare richiamando due o più ordinamenti diversi. È il caso ad esempio, della disciplina relativa al riconoscimento del figlio naturale (art. 35) allorquando avviene tra persone di nazionalità diversa.

Nei casi in cui il problema non sia espressione risolto dal legislatore con l’indicazione dell’unica legge applicabile, la giurisprudenza tende a ritenere la legittimità di una qualche forma di richiamo coordinato alle diverse leggi cui il criterio fa rinvio.

FUNZIONAMENTO DELLA NORMA DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATOIl risultato pratico del loro funzionamento consista nel rinvio o richiamo, per la regolamentazione di una fattispecie con elementi di estraneità, ad un determinato ordinamento giuridico. Nei casi in cui il criterio di collegamento non conduca all’applicazione della stessa legge italiana, il richiamo o il rinvio ha per oggetto norme del diritto straniero. Il fenomeno del rinvio ovvero il fenomeno per cui un ordinamento attribuisce valore giuridico a norme appartenenti ad un ordinamento diverso che, di per sé stesso, non avrebbero nel primo alcun valore, non è esclusivo del D.i.p. e può essere inteso in modo diverso. Si parla infatti di rinvio formale o non recettizio nell’ipotesi in cui l’ordinamento richiamante riconosce direttamente all’ordinamento straniero la competenza ad emanare norme giuridiche in un determinato settore con la conseguenza che tali norme esplicano direttamente la loro efficacia anche nel territorio dello Stato richiamante man mano che vengono prodotte senza necessità di essere precedentemente inglobate nell’ordinamento giuridico del quale proviene il rinvio.

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Il rinvio si definisce, invece materiale o recettizio, quando la norma straniera si intende incorporata nella norma di richiamo, concepita quale norma in bianco, e, quindi, recepita e riprodotta nell’ordinamento nazionale.Nella difficoltà di qualificare il rinvio operato dalle norme di D.i.p. come formale o materiale, la dottrina più recente (Morelli, Peragassi), ha elaborato una terza ricostruzione del meccanismo di richiamo realizzato con le norme di D.i.p. che può essere sinteticamente definita del rinvio di produzione (Ballarino). Il nucleo essenziale di questa teoria può essere correttamente individuato nell’idea secondo cui le norme di D.i.p. sono vere e proprie norme sulla produzione giuridica.Le norme di D.i.p. funzionerebbero come norme sulla produzione giuridica nel senso che attribuirebbero valore di fatti di produzione giuridica cioè di fonti del diritto alle stesse fonti che hanno tale valore nell’ordinamento straniero richiamato.La tesi del rinvio di produzione sembra ulteriormente confermata dal tenore della norma dell’art. 15 della legge 218 del 1995 che sottolinea come il rinvio si estende all’ordinamento giuridico straniero complessivamente e dinamicamente inteso. Pur permanendo, talvolta, difficoltà di ordine pratico difficilmente superabili, il giudice italiano dovrebbe applicare le norme straniere richiamate esattamente come farebbe, in quel momento particolare, il giudice straniero e tenendo conto, per di più, di tutte le altre norme o atti stranieri che in qualunque modo potessero specificare o integrare il contenuto della singola norma richiamata.

Interpretazione ed applicazione del diritto straniero richiamatoUna volta individuato, grazie al criterio di collegamento, il diritto straniero richiamato sorgono i problemi connessi alla sua interpretazione ed applicazione da parte del giudice nazionale.La prevalente dottrina concorda nel ritenere che le norme straniere richiamate da quelle di D.i.p. debbano essere considerate come norme giuridiche a tutti gli effetti con la conseguenza che: l’errata applicazione del diritto straniero può costituire motivo di

ricorso per cassazione in quanto rappresenta violazione o falsa applicazione di norme di legge (art. 360 c.p.c.);

vale anche per le norme straniere il principio iura novit curia nel senso che spetta al giudice, anche in mancanza di indicazione delle parti, recepire la norma giuridica applicabile al caso concreto.

Tale impostazione ha ricevuto consacrazione nell’art. 14 della legge 218 del 1995 che stabilisce che fermo restando il lecito ausiliario e di stimolo delle parti interessate, l’accertamento del contenuto della legge straniera individuata come applicabile al caso concreto, spetta, come dovere d’ufficio, al giudice. Nessun dubbio può sussistere, quindi, in ordine all’esperibilità del ricorso per Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di legge straniere richiamate dalle disposizioni di conflitto italiane (Cass. 6646 del 2001; Cass. 2791 del 2002).L’art. 15 precisa, inoltre, che il diritto straniero dovrà essere inteso in maniera organica e dinamica e, dunque, alla luce dei criteri interpretativi suoi propri.

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Mancata individuazione del diritto stranieroNon si può escludere, peraltro, che, nonostante i suoi sforzi personali e l’eventuale collaborazione delle parti, il giudice nazionale non riesca ad individuare la norma straniera espressamente applicabile alla fattispecie sottoposta alla sua cognizione. In tal caso in passato, secondo un primo orientamento dottrinale (Morelli e Micheli), il giudice avrebbe dovuto rigettare la domanda. Tale tesi veniva criticata per un duplica ordine di motivi: in primo luogo perché conduceva all’iniquo effetto, con il passaggio

in giudicato della sentenza di rigetto, della perdita del diritto da parte dell’istante;

in secondo luogo, perché si collegava ad una concezione delle norme straniere come elementi di fatto.

Vi è stato allora chi (Vitta) ha affermato l’applicabilità, in tali circostanze, della lex fori sulla base del rilievo che, in mancanza del diritto straniero richiamato, la legge nazionale, cui si deroga in relazione alle fattispecie che presentano elementi di estraneità, si riespande, acquistando la sua pienezza applicativa. Tale tesi era condivisa dalla prevalente giurisprudenza. Altri ancora (Ballarino) ipotizzavano che, allorché non risultasse possibile accertare con precisione la norma straniera richiamata, il giudice dovesse fare riferimento ai principi di D.i.p. italiano. Ciò in quanto non può non riconoscersi l’efficacia, anche in tale settore, della generale disposizione dell’art. 12 delle preleggi in base alla quale, in caso di lacune dell’ordinamento, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (analogia legis) ovvero, se ciò non sia sufficiente, ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato (analogia iuris). Proprio tale ultima ricostruzione teorica sembra direttamente ispirata la disposizione dell’art. 14, comma 2, della legge 218 /1995. Il legislatore ha previsto, infatti, che qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera richiamata, potrà applicare quella indicata da altri criteri di collegamento previsti, per le medesime ipotesi o per ipotesi simili, dalle norme del diritto internazionale privato. Soltanto in caso di fallimento di questo ulteriore sforzo di indagine di tipo internazional – privatistico, si potrà fare ricorso alla lex fori ovvero alla legge italiana.

Ordinamento straniero plurilegislativo Può anche accadere che l’ordinamento straniero richiamato non sia unitario, ma, al contrario, risulti composto da più sistemi o sottosistemi giuridici. In tal caso l’art. 18 della legge 218/1995 prevede che la legge concretamente applicabile dovrà essere determinata secondo i criteri propri dell’ordinamento straniero, ivi compresi quelli suggeriti dalla dottrina o elaborati dalla giurisprudenza. (Teoria della competenza straniera).

Adattamento Per adattamento si intende, invece, la delicata operazione di coordinamento cui viene chiamato l’interprete allorquando la norma di D.i.p., per difetto tecnico di formulazione o per volontà esplicita del legislatore, finisce per richiamare, in relazione alla medesima fattispecie concreta, norme giuridiche appartenenti a sistemi normativi diversi. In

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tutte queste ipotesi, siano essse il frutto di una scelta consapevole del legislatore o di una sua svista nella strutturazione del criterio di collegamento, l’interprete, posto di fronte ad un vero e proprio richiamo cumulativo di norme straniere, è costretto ad un tipo di intervento che, oltre ad incontrare enormi difficoltà, presenta un inevitabile tasso di discrezionalità creativa. Non sorprende, dunque, che, secondo una parte della dottrina, sarebbe più corretto ed opportuno risolvere le questioni collegate all’applicazione cumulativa di norme straniere diverse con la scelta di una sola tra esse ovvero con l’applicazione della legge nazionale. Quest’ultima soluzione si impone nel caso in cui il contenuto delle norme straniere richiamate contemporaneamente sia del tutto reciprocamente incompatibile.

FUNZIONAMENTO DELLA NORMA DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E I

LIMITI ALL’APPLICAZIONE DELLA NORMA STRANIERA RICHIAMATA

Portata del rinvio: rinvio "oltre" e rinvio "indietro"Come già evidenziato, allorquando la norma di D.i.p. rinvia ad un ordinamento straniero, questo deve intendersi richiamato nel suo complesso, senza poter artificiosamente limitare il richiamo ad una singola norma interpretativa separatamente dal sistema cui si iscrive.I principi fondamentali relativi all’applicazione delle norme di d.i.p. sono contenuti nelle disposizioni da 13 a 19 del titolo III della legge di riforma, raccolte nel capo I “Disposizioni generali”, posto immediatamente prima delle singole norme di d.i.p.; tali disposizioni in parte disciplinano aspetti già regolati in precedenza, cambiandone anche radicalmente la disciplina (come nel caso del rinvio), altre volte risolvono problemi precedentemente non disciplinati, come la necessità o meno della prova in giudizio del diritto straniero.Per quanto riguarda la portata del rinvio, occorre esaminare il problema che può derivare dall' esistenza, nell'ordinamento richiamato, di una norma di rinvio per lo stesso rapporto: si potrebbe ritenere che il rinvio operi meccanicamente richiamando tutte le norme dell'ordinamento straniero compresa una eventuale norma di d.i.p. che contenga un ulteriore rinvio con la conseguenza che questo dovrebbe ritenersi operante. In questi casi si potrebbe avere il c.d. rinvio indietro, quando cioè viene richiamata la legge italiana, o il c.d. rinvio oltre, quando viene richiamata la legge di un altro paese.La legge 218/1995 ha completamente mutato la disciplina previgente ammettendo, sia pure entro certi limiti, sia il rinvio indietro sia il rinvio oltre. La regola di massima è quella per cui il rinvio indietro è ordinariamente consentito, mentre invece quello oltre lo è solo se l’ordinamento ulteriormente richiamato “accetta il rinvio” cioè non fa un ancora ulteriore rinvio ad un altro ordinamento. Sono poi stati previsti diversi limiti sia al rinvio indietro che al rinvio oltre sia in riferimento al tipo di criterio di collegamento funzionante nel caso concreto, sia alla

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materia che viene disciplinata, sia al risultato che si produrrebbe ammettendo il rinvio. In particolare:

Scelta delle parti. Innanzitutto il rinvio oltre o indietro è escluso quando la legge è stata scelta dalle parti (come ad es. nel caso delle obbligazioni contrattuali): qui il rispetto della volontà delle parti, chiaramente orientata a che il loro rapporto fosse disciplinato dalla legge di un determinato paese, prevale sulle eventualmente diverse norme di d.i.p. dell’ ordinametno richiamato.Forma degli atti e obbligazioni contrattuali. In secondo luogo il rinvio oltre e il rinvio indietro sono esclusi per determinate materie: la forma degli atti e le obbligazioni non contrattuali (tra cui il fatto illecito).Filiazione in ipotesi di esclusione del rapporto. Infine l’operatività del rinvio oltre e del rinvio indietro rimane esclusa nella regolamentazione dei rapporti di filiazioni tutte le volte che il rinvio oltre o il rinvio indietro porterebbero ad escludere il rapporto di filiazione: in questo caso è evidente che ha assunto rilievo preponderante la tutela del minore.

In ogni caso la disciplina in materia di ammissibilità del rinvio indietro ed oltre non vale quando in materia esiste una convenzione internazionale che prevede diversamente (13, comma 4°, l. 218/95): in tali casi si segue la soluzione prevista dalla convenzione; la regola posta dalla legge è quindi valida solo nel caso non sia disposto diversamente (tale impostazione è coerente con la subordinazione della legge alle convenzioni internazionali di cui all’Art. 2 della stessa legge).

Interpretazione del diritto stranieroLa legge 218/1995 non si è limitata a stabilire il principio dell’obbligo, per il giudice italiano, di conoscere il diritto straniero ma ha anche indicato i criteri che egli deve utilizzare nella sua interpretazione; più in particolare, è stato disposto che il giudice interpreta e applica la legge straniera “secondo i propri criteri di interpretazione ed applicazione nel tempo”. Il giudice italiano, quindi, potrà, anzi dovrà, fare ricorso agli strumenti ermeneutici previsti dagli ordinamenti da cui proviene il diritto applicabile e dovrà considerare applicabile le norme richiamate secondo i principi valevoli nell’ordinamento di provenienza. Si tratta di una ulteriore apertura internazionalistica della legge di riforma.

LIMITI ALL’APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIEROIl funzionamento delle norme di d.i.p. è soggetto a diversi limiti: ordine pubblico e norme di applicazione necessaria sono previsti sia dalla legge fondamentale di riforma sia da altri testi fondamentali tra cui, segnatamente, la Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali. La dottrina poi ha enucleato altri limiti al funzionamento delle norme di d.i.p. nella incostituzionalità delle norme di d.i.p. o del diritto richiamato rispetto alla Costituzione vigente nell’ordinamento di origine.

Limite dell’ordine pubblicoSecondo l' art. 16 della legge 218/1995 la legge straniera richiamata non è applicata quando i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico. La Legge di riforma ha infatti mantenuto e ribadito il tradizionale limite

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dell’ordine pubblico all’efficacia in Italia delle disposizioni straniere richiamate. Analoga disposizione è poi rinvenibile nella Convenzione di Roma in materia di obbligazioni contrattuali.La prevalente dottrina concepisce l’ordine pubblico internazionale come un limite, un’eccezione al normale funzionamento del D.i.p. giustificata dalla necessità di impedire che, attraverso il varco del richiamo operato dalle norme di conflitto,possano fare ingresso e trovare applicazione in Italia norma ed istituti che si pongono in contrasto con quei fondamentali principi del nostro ordinamento che costituiscono le basi etiche della comunità nazionale. Si parla a proposito dell’ordine pubblico di limite successivo e negativo: successivo perché presuppone il normale funzionamento del sistema di D.i.p. e negativo perché l’applicazione della legge viene esclusa quando gli effetti che ne derivano sono in contrasto con i fondamentali principi interni.Non è mancato tuttavia chi (Quadri), riprendendo una impostazione più antica, risalente al sistema del Mancini, ha elaborato una concezione positiva anche dell’ordine pubblico internazionale. In tale prospettiva l’esclusione prodotta dla meccanismo dell’ordine pubblico altro non sarebbe che l’effetto della sfera di vigore eccezionalmente ampio di taluni principi dell’ordinamento internazionale.

Assai controversi sono i rapporti tra il concetto di ordine pubblico internazionale, richiamato dagli artt. 16, 64 e 65 della legge 218/1995, e quello di ordine pubblico interno, richiamato, come limite all’autonomia negoziale privata, degli artt. 1343 e 1418 c.c.. Nonostante le varie ricostruzioni operate dalla dottrina è oramai opinione comune che l’ordine pubblico previsto e regolato dall’art. 16 della legge abbia sempre e comunque carattere internazionale anche quando incide su atti negoziali privati, poiché il riferimento a questi ultimi non si estende a tutti gli atti di autonomia privata ma soltanto a quelli caratterizzati da internazionalità per provenienza e disciplina giuridica. Si ritiene altresì che l’ordine internazionale abbia un contenuto più ristretto dovendo esso incidere su fattispecie rispetto alle quali, visto che presentano elementi di collegamento con altri ordinamenti, è ragionevole pretendere un rispetto meno rigoroso dei principi propri dell’ordinamento nazionale. Pur senza adottare ufficialmente, almeno in termini di norma positiva, l’espressione internazionale, non vi è dubbio che il legislatore del 1995 abbia inteso privilegiare l’idea di una specificità dell’ordine pubblico di cui all’art. 16 della legge di riforma.

Il concetto di ordine pubblico presenta i caratteri della relatività: l’ordine pubblico è suscettibile di profonde

trasformazioni nello spazio e nel tempo; della indeterminatezza: proprio per la sua variabilità nello spazio e

nel tempo il contenuto dell’ordine pubblico non può essere predeterminato in modo analitico e rigido dal legislatore.

Pertanto richiede una attenta valutazione del Giudice correlata alla fattispecie concreta posta al suo esame (a solo titolo di esempio è considerata contraria all’ordine pubblico una norma che consenta il ripudio unilaterale della moglie). Occorre precisare che l’art. 16 della legge 218/1995, infatti, sottolinea espressamente che il giudizio di

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eventuale contrasto con l’ordine pubblico non ha per oggetto la norma straniera ma i suoi effetti.

È opinione diffusa in dottrina e giurisprudenza che l’intensità del meccanismo dell’ordine pubblico internazionale muti in funzione del tipo di atto straniero rispetto al quale si trova adoperare. In particolare si ritiene che il limite dell’ordine pubblico debba essere fatto valere in maniera meno rigorosa quando non si faccia questione dell’applicazione diretta delle leggi straniere ma, piuttosto, del riconoscimento di effetti già prodotti, sulla base di tali leggi, all’estero. Così, ad esempio, non vi sono difficoltà nell’ammettere la legittimità dei figli nati da un matrimonio poligamico celebrato all’estero, mentre in nessun caso il giudice italiano consentirebbe, applicando le norme straniere sulla poligamia, la celebrazione in Italia, derogando, quindi, all’art. 27, di un matrimonio poligamico tra cittadini stranieri. Le ragioni teoriche di questo funzionamento attenuato del limite dell’ordine pubblico in sede di delibazione di sentenze straniere o, comunque, di riconoscimento di effetti già prodotti di norme straniere che il giudice italiano si rifiuterebbe di applicare direttamente, non sono state, in verità, particolarmente approfondite. In genere si tende a ritenere che tale fenomeno si giustifica in base all’evidente differenza che c’è tra il fare direttamente qualcosa ed il limitarsi a riconoscere quanto è già stato fatto da altri.Non può trascurasi che, su questo tema, di recente, la Cassazione, con sentenza n. 365 del 2003 in tema di accertamento giudiziale di filiazione naturale, ha statuito in tema di delibazione di sentenze straniere, il concetto di ordine pubblico processuale è riferibile ai principi inviolabili posti a garanzia del diritto di agire e di resistere in giudizio, non anche alle modalità con cui tali diritti sono regolamentati o si esplicano nelle singole fattispecie. Per questa via risulterebbe ulteriormente ribadita la natura peculiare dell’ordinamento pubblico internazionale processuale rispetto a quello c.d. sostanziale che è destinato ad operare come limite al richiamo del diritto straniero operato dalle norme di collegamento.

Prima della riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato ci si chiedeva quale disciplina, in caso di mancata applicazione del diritto straniero richiamato dovuta al limite dell’ordine pubblico, dovesse trovare la fattispecie concreta. In coerenza con quanto già previsto dall’art. 14, comma 2, per altre ipotesi di mancata applicazione del diritto straniero, l’art. 16, comma 2, della legge 218 del 1995 ha accolto la tesi secondo la quale, a meno che non vi siano particolari e specifiche ragioni che consiglino l’applicazione di una norma italiana, l’impossibilità di far funzionare la norma di D.i.p. per motivi di ordine pubblico determina una lacuna nel nostro ordinamento con successivo ricorso agli strumenti, predisposti dall’art. 12 disp. prel. c.c., dell’analogia legis e, soprattutto, iuris ovvero ai principi generali del nostro ordinamento.Il legislatore ha quindi previsto che qualora la norma straniera richiamata produca effetti contrari all’ordine pubblico, il giudice potrà applicare quella indicata da altri criteri di collegamento internazionale privato che regolano la stessa materia o materie affini. Soltanto anche

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in caso di fallimento anche di questo ulteriore sforzo di ricerca di tipo internazional – privatistico, si potrà fare ricorso alla lex fori ovvero alla legge italiana.

Norme di applicazione necessariaSono dette “norme di applicazione necessarie” quelle norme che – in determinati settori – sono dotate di una sfera di applicazione autonoma che prescinde dai normali criteri del D.i.p.. È il caso ad esempio dell’art. 116 c.c. laddove stabilisce che, anche per il matrimonio del cittadino straniero si applicano i divieti (precedente matrimonio, rapporti di parentela) stabiliti dagli artt. 86, 87 e 88 c.c. italiano. Possono raccogliersi in tale categoria anche le leggi che, per motivi sociali, fissano vincoli in materia di locazione di immobili (blocco degli sfratti, equo canone).Va chiarito che il fenomeno delle norme di applicazione necessaria riguarda pur sempre norme interne che regolano materie privatistiche , giacché, qualora si facesse riferimento a norme di matrice esclusivamente pubblicistica si uscirebbe automaticamente al di fuori dell’ambito di operatività dell’intero sistema di D.i.p..L’art. 17 della legge 218 del 1995, sotto la rubrica, per l’appunto, di norme di applicazioni necessaria, sancisce il primato delle norme interne che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere considerate sempre applicabili, anche in presenza del richiamo, in virtù di norme di diritto internazionale privato, a leggi straniere. Le norme di applicazione necessaria costituiscono un limite preventivo e positivo, perché, a differenza dell’ordine pubblico, prescindono dal funzionamento delle norme di conflitto.

L’identificazione delle norme c.d. di applicazione necessaria non è sempre agevole atteso che in diverse ipotesi tale qualificazione non viene formulata dal legislatore in maniera espressa. Autorevole dottrina (Ballarino) ha ritenuto di poter distinguere, ai fini dell’individuazione delle norme di questo tipo tre criteri: criterio formale: con tale criterio si possono individuare quelle norme

che contengono un’autonoma e circostanziata definizione del proprio ambito applicativo spaziale e personale;

criterio tecnico: si riferisce a norme che, pur non essendo contrassegnate, come quelle precedenti, da una esplicita definizione autonoma della propria sfera d’operatività, possono ritenersi applicabili anche in deroga alle regole di D.i.p per il solo fatto di appartenere ad un complesso normativo che, per sua stessa natura, e dotato di efficacia territoriale assoluta;

criterio finalistico: si riferisce a norme che producono, alla luce della ratio che le ispira, una deroga al sistema di D.i.p..

Anche tale disputa è stata risorta dalla legge di riforma, la quale all’art. 17, nel fare richiamo all’oggetto ed allo scopo delle norme individuabili come di applicazione necessaria, appare privilegiare il criterio finalistico.Le norme di diritto internazionale privato materiale. Accanto alla categoria delle norme di applicazione necessaria vi è stato chi (Ballarino) ha elaborato la teoria delle norme di diritto internazionale

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privato materiale. Tale espressione designerebbe quelle norme che, in presenza di un rapporto o fattispecie con elementi di internazionalità, provvedendo direttamente a disciplinare tali situazioni, nel caso in cui le normali regole di richiamo non si ritengono idonee a valorizzare gli aspetti di internazionalità della vicenda. In altri termini la differenza tra le norme di diritto internazionale privato materiale e quelle di applicazione necessaria e vere e proprie si individua, più che nel funzionamento, nella direzione in cui le prime operano. Norme del genere non sono state individuate nel nostro ordinamento, ma esistono in altri ordinamenti giuridici: è il caso, ad esempio, del codice di commercio internazionale cecoslovacco il cui art. 3 dispone: “Se, conformemente al D.i.p., la legge cecoslovacca è applicabile, specialmente se le persone interessate scelgono la legge cecoslovacca o designano il diritto cecoslovacco come applicabile alla disciplina di un rapporto giuridico, la presente legge sarà applicata in via esclusiva, a condizione che si tratti di un rapporto nato nelle relazioni commerciali ai sensi della presente legge”.

IncostituzionalitàLa prevalente dottrina e la più recente giurisprudenza concordano nel ritenere che il giudice italiano abbia il potere-dovere di non applicare le norme straniere che, ancorché richiamate dal nostro sistema di d.i.p., si pongono in contrasto con la carta costituzionale. In effetti il potere del giudice italiano di non applicare norme straniere contrastanti con la legge fondamentale del nostro Stato trova il suo fondamento normativo nella disposizione dell’art. 16 della legge 218 del 1995 che esclude l’applicazione di norme straniere, ancorché richiamate secondo i vigenti criteri di collegamento, i cui effetti si rivelano contrari all’ordine pubblico c.d. internazionale. Non vi è dubbio che, in qualsiasi accezione si intenda l’ordine pubblico internazionale, in esso debbano senz’altro ritenersi compresi i principi fondamentali sanciti dalla Carta Costituzionale.

Quanto, invece, alla prospettiva di un controllo di costituzionalità della norma straniera secondo i principi costituzionali dell’ordinamento di provenienza non c’è in dottrina il medesimo accordo: secondo alcuni, infatti, occorre distinguere a seconda che

nell’ordinamento di provenienza il sindacato di legittimità costituzionale sia del tipo c.d. diffuso o centralizzato. Soltanto se la norma straniera richiamata proviene da un sistema in cui il controllo è del tipo diffuso, il giudice italiano potrebbe esercitarlo anch’egli, in caso contrario, infatti, finirebbe per esercitare un potere non previsto nell’ordinamento di origine. Se il sindacato di costituzionalità è accentrato il giudice italiano dovrà tenere conto delle decisioni già adottate, ma oltre a non potersi sostituire all’organo competente non sarà neppure in grado di attivarlo chiedendogli di pronunciarsi sulla costituzionalità della disposizione;

altri hanno ritenuto di dover distinguere a seconda che, nell’ordinamento straniero d’origine, la legge incostituzionale venga sanzionata dalla nullità o dalla sanzione più tenue della annullabilità;

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non è mancato infine chi in posizione estremistica, ha negato del tutto il sindacato del giudice italiano sulla legittimità costituzionale d’origine della norma straniera richiamata. La giurisprudenza, in una delle poche occasioni favorevole sulla base del principio che il giudice italiano deve applicare la legge straniera “come se stesse all’estero” verificando, dunque, anche la legittimità costituzionale della norma richiamata.

Il rinvio fatto all’ordinamento estero si rivelerebbe, in sostanza, soltanto apparente, determinandosi di fatto una disciplina, difforme da quella che il medesimo rapporto avrebbe ricevuto nell’ordinamento richiamato.Di ulteriore conforto a tale ricostruzione appare il contenuto della disposizione dell’art. 15 della legge 218 del 1995 laddove ribadisce che la norma straniera richiamata non può essere interpretata ed applicata in manovra avulsa dal più ampio ed organico sistema normativo in cui si inserisce.

La reciprocitàUna particolare limitazione al normale funzionamento del sistema di D.i.p. può essere, infine, individuata nell’istituto della reciprocità ovvero nel meccanismo con il quale l’efficacia del richiamo al diritto straniero operato dalla norma di D.i.p. viene subordinata alla verifica della reciprocità cioè del fatto che, in analoghe circostanze, l’ordinamento straniero richiamato avrebbe fatto rinvio allo Stato richiamante. L’unico caso di reciprocità, nel sistema italiano di D.i.p. è previsto dall’art. 5, comma 2, delle preleggi al cod. della navigazione. Tale norma subordina, infatti, alla condizione di reciprocità l’operatività del criterio di collegamento della legge nazionale della nave o dell’aeromobile per la disciplina dei fatti e gli atti compiuti nel territorio sottoposto alla sovranità italiana. Secondo la dottrina assolutamente prevalente non attiene alla reciprocità come limite al funzionamento della norma di richiamo la disposizione dell’art. 16 delle preleggi al codice civile. Tale norma attiene esclusivamente al godimento dei diritti civili, così come previsti e regolati dalle leggi italiane, da parte dello straniero residente nel nostro territorio e non può, dunque, funzionalmente e strutturalmente, essere assimilata alle norme di diritto internazionale privato.

La lex mercatoriaUn ulteriore fenomeno di limitazione al normale funzionamento della norma di diritto internazionale privato viene individuato da una sempre più consistente dottrina dell'azione della cosiddetta lex mercatoria. Tale espressione definisce un sistema di norme e regole nate spontaneamente per regolare, in alcuni settori commerciali, i rapporti con elementi di internazionalità. Ciò che caratterizza tale sistema normativo, rispetto a quello di diritto internazionale privato, è l'origine non statale: si tratta di norme derivanti o dalla volontà e ripetuta osservanza di determinate regole da parte della generalità degli operatori economici del settore, ovvero dalla codificazione espressa formulata dalle associazioni di categoria o da organizzazioni internazionali non statali. Tra le clausole di lex mercatoria più diffuse si possono ricordare quelle relative al rischio di perimento delle merci durante il trasporto (cd. FOB) o sull'assicurazione del trasporto a carico

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del venditore (CIF). Pur senza sottovalutare l'ampiezza del fenomeno, parte della dottrina ha evidenziato come la lex mercatoria abbia un valore meramente contrattuale e come tale non possa sostituirsi integralmente al diritto internazionale privato vero e proprio nella disciplina dei rapporti commerciali internazionali.

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LA NORMATIVA IN PARTICOLARE

SOGGETTI DI DIRITTO

Stato delle personePer stato di una persona si intende la posizione giuridica che questa occupa in una società organizzata ad ordinamento giuridico con conseguente titolarità di diritti ed obblighi (Vitta).Nel nostro ordinamento, come nella maggior parte degli ordinamenti giuridici continentali, la cittadinanza resta, anche con le limitazioni della legge 218 del 1995, il criterio di collegamento per eccellenza, valido per l’individuazione delle norme da applicare agli aspetti fondamentali della vita della persona. Nel nostro ordinamento la cittadinanza è ora disciplinata dalla legge n. 91 del 1992. Alla stregua di tale legge la cittadinanza italiana si può acquistare: per ius sanguinis ovvero per nascita da madre o padre italiani anche

in caso di nascita avvenuta all’estero; ius soli: il figlio di genitori ignoti trovato in Italia, si presume, fino a

prova contraria, cittadino Italiano; per beneficio di legge: lo straniero diventa cittadino italiano se

sussiste almeno un requisito di fatto (nascita in Italia – origine italiana) ed un requisito di diritto (aver prestato servizio militare italiano – assumere un pubblico impiego, anche all’estero, alle dipendenze dell’Italia – la residenza legale in Italia da almeno due anni prima del compimento della maggiore età) tra quelli previsti dalla legge;

per ius communicatio: lo straniero o apolide che contrae matrimonio con un cittadino o cittadina italiana acquista, a sua volta,cittadinanza se risiede da almeno sei mesi in Italia prima del matrimonio ovvero se il matrimonio continua per almeno tre anni;

per naturalizzazione: la cittadinanza viene concessa, su domanda dello straniero o apolide, con decreto da parte del Capo dello Stato.

L’art. 6 della legge prevede, come cause ostative all’acquisto della cittadinanza, la commissione, da parte dello straniero di alcuni reati ovvero la sussistenza di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica.La legge disciplina anche le cause di perdita della cittadinanza italiana, che sono: la rinuncia da parte del cittadino che, dopo aver acquisito la

cittadinanza straniera, stabilisca la propria residenza all’estero; la mancata osservazione dell’ingiunzione proveniente dall’autorità

italiana di abbandonare un impiego, una carica o un servizio prestato a favore di uno Stato straniero;

accettazione o mancato abbandono di posizioni analoghe nelle ipotesi di stato di guerra tra lo stato straniero e l’Italia;

rinuncia alla cittadinanza, con il compimento della maggiore età, da parte dei figli minori di stranieri che sono, in uno dei modi previsti dalla legge, divenuti cittadini italiani;

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revoca dell’adozione nell’ipotesi di cittadino straniero adottato da cittadino italiano.

Nel sistema attuale il soggetto potrà tranquillamente conservare la doppia cittadinanza, salvo avvalersi, se del caso, e della rinuncia di cui al primo punto. opportunamente, con una disposizione transitoria, il legislatore ha riconosciuto (art. 17) a coloro, che avevano in passato perso per tale motivo la cittadinanza italiana, la possibilità di riacquistarla presentando formale dichiarazione entro il 15 agosto 1995.

Capacità giuridica e capacità di agireLa capacità giuridica delle persone, consistente nell’idoneità ad essere titolari di posizioni giuridiche soggettive, viene regolata dalla legge nazionale della persona; la regolamentazione della capacità di agire invece è più complessa: in linea di principio anche il possesso della capacità di agire è regolato dalla legge nazionale della persona, sono però introdotte alcune regole particolari che assegnano rilevanza alle regole del Paese in cui l’atto è compiuto o da cui viene regolato il rapporto cui l’atto si riferisce:

Atti per cui si è capaci secondo il diritto del paese in cui si compie: innanzitutto è previsto che, in ogni caso, quando un soggetto compie un atto per il quale sarebbe incapace secondo la sua legge nazionale ma capace secondo quella del paese in cui lo compie, lo compie validamente, salvo il solo caso in cui la controparte al momento della conclusione del contratto sapeva della sua incapacità secondo il diritto nazionale o avrebbe potuto conoscerla (23, comma 2°, l. 218). Questo principio impedisce l’operare del richiamo effettuato dalla norma di d.i.p. con lo scopo di tutelare l’affidamento nella validità dei negozi presente in chi ha contratto con la persona di nazionalità estera; ovviamente questa tutela viene meno se il contraente conosce l’ incapacità della controparte o avrebbe potuto conoscerla agevolmente. Questa disposizione non si applica agli atti di diritto familiare, a quelli in materia di successioni e a quelli che hanno per oggetto beni che si trovano all’estero.Atti per il cui compimento la legge straniera richiede condizioni speciali: il criterio di collegamento della cittadinanza non vale quando esiste per l’atto che è stato compiuto una specifica norma di d.i.p. che indica la legge regolatrice dello stesso e, al tempo stesso, la legge indicata prevede speciali condizioni di capacità per il compimento dell’atto: in tal caso la legge che regola la capacità di agire non è più quella nazionale del disponente ma quella indicata come regolante il rapporto cui inerisce l’atto da compiere.

Posizione degli incapaciPer quanto riguarda la posizione degli incapaci, occorre distinguere tra la situazione del minore e quella dei maggiori di età che per effetto di totale o parziale incapacità sono stati interdetti o inabilitati e di coloro che sono stati emancipati:

la posizione del minore è diversa a seconda che questo sia soggetto alla potestà dei genitori o sia invece sottoposto a tutela: per il minore sottoposto alla potestà dei genitori valgono i criteri di collegamento previsti in materia di rapporti tra genitori e figli e cioè

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fondamentalmente quello della legge nazionale del minore; per il minore che, invece, è sottoposto a tutela la legge di riforma ha richiamato la previgente Convenzione dell’Aja che prevede il criterio di collegamento del luogo di residenza del minore. Tale convenzione si applica anche quanto il minore non risiede in uno degli Stati contraenti (carattere universale).gli istituti della tutela e curatela, previsti rispettivamente per interdetti e inabilitati ed emancipati, sono disciplinati dalla legge nazionale dell’ incapace (43 l. 218). La legge tuttavia dispone che, in via cautelare, il giudice italiano, quando è necessario tutelare la persona o i beni dell’incapace può applicare le norme italiane adottando le relative misure; in questo modo le norme italiane si pongono come di applicazione necessaria ma limitatamente ai casi in cui è necessario provvedere d’urgenza: al di fuori di casi di urgenza di provvedere si dà invece luogo all’applicazione del diritto dello Stato cui appartiene l’ incapace.

Scomparsa, assenza, morte presuntaLa scomparsa, l’assenza e la morte presunta sono regolati dall’ultima legge nazionale della persona (22, comma 1°, l. 218).

CommorienzaL’istituto della commorienza è regolato dalla legge indicata dalla norma di d.i.p valevole per il tipo di rapporto in relazione al quale è necessario stabilire l’ ordine dei decessi: essendo tale rapporto ordinariamente quello successorio si applicherà solitamente la norma in materia di successioni; la legge dispone infatti che quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad un’altra e non consta quale di esse sia morta per prima, il momento della morte si accerta in base alla legge regolatrice del rapporto rispetto al quale l’accertamento rileva (21 l. 218); questa norma di d.i.p. non richiama quindi un’altra legge sostanziale ma un’altra norma di d.i.p. la quale indicherà la legge applicabile: si tratta di una sorta di “rinvio interno” al sistema di d.i.p. che il legislatore ha utilizzato per individuare volta per volta, automaticamente, la disciplina più consona.

Persone giuridicheLe persone giuridiche e le organizzazioni collettive che, pur senza personalità giuridica, hanno natura di soggetti di diritto collettivi, sono regolati dalla legge dello Stato nel cui territorio si è perfezionato il procedimento di costituzione, salvo che la sede dell’ente o l’oggetto principale della sua attività si trovi in Italia, nel qual caso si fa luogo all’applicazione del diritto italiano (25, comma 1°, l. 218). La legge di riforma, nel dettare questa disposizione, ha abrogato le vecchie disposizioni in materia di società contenute nel codice civile, prevedendo nel contempo una disciplina di più ampia applicazione della precedente, estesa a qualsiasi tipo di ente.

Diritti della personalitàLa legge nazionale del soggetto regola anche l’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità. Possono definirsi diritti della personalità quelli che hanno ad oggetto alcuni attributi essenziali della persona

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umana: diritto alla vita, all’integrità fisica, alla riservatezza, all’onore, al nome.

FORMA DEGLI ATTIIn materia di forma degli atti la legge di riforma non contiene una disposizione di tipo generale, valevole per qualsiasi atto, come si aveva in precedenza con l’ art. 26 delle preleggi: sono invece previste specifiche disposizioni per ciascun tipo di atto come ad esempio in materia di testamento o di donazione; per tutti quegli atti per cui non è espressamente disposto, deve ritenersi valida la regola per cui la forma dell’atto è regolata dalla stessa legge che regola il rapporto.

La pubblicità degli attiL’art. 55 della legge 218 del 1995, riproducendo sostanzialmente l’abrogato art. 26, comma 2, delle preleggi, disciplina espressamente le forme di pubblicità degli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali stabilendo che esse devono essere regolate dalla legge del luogo in cui le cose che formano oggetto di tali diritti si trovano al momento dell’atto; è quindi, anche indicato il tempo dell’individuazione della lex rei sitae.Per quel che riguarda, invece, le forme di pubblicità relative ad atti diversi da quelli che incidono su diritti reali sembra preferibile ritenere, in mancanza di un’esplicita indicazione normativa, che esse debbano essere regolate, in considerazione della loro funzione di tutela dell’affidamento dei terzi dalla legge del luogo in cui può essere radicato l’interesse ad avere conoscenza dell’atto stesso. Così, ad esempio, per la pubblicità degli atti relativi alle vicende di una società commerciale sarà opportuno fare riferimento alla legge del luogo in cui la società ha sede o, comunque, svolge la sua attività.Analogamente per gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti relativi aventi ad oggetto beni si farà rinvio alla legge del luogo in cui si trovano i beni.

RAPPORTI DI FAMIGLIA E DIRITTI DELLA PERSONALITÀ

Promessa di matrimonioLa promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi, ove vi sia, e in mancanza, cioè nel caso in cui i nubendi abbiano differente nazionalità, da quella italiana (26 l. 218). In questo caso la legge di riforma ha risolto il possibile conflitto derivante dall’esser coinvolti nel rapporto soggetti con diverse cittadinanze prevedendo l’applicazione del diritto italiano.

MatrimonioLa regolamentazione internazionalprivatistica dell’atto di matrimonio è articolata in disciplina dei requisiti per contrarre matrimonio e forma della celebrazione:

requisiti per contrarre matrimonio: i requisiti per contrarre matrimonio sono disciplinati dalla legge nazionale di ciascuno dei nubendi; in questo caso, a differenza che nel precedente, si può far

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luogo all’applicazione di due leggi nazionali diverse. In caso di nubendi con differente nazionalità occorrerà fare una valutazione separata della sussistenza dei requisiti alla luce delle leggi nazionali di appartenenza. L’operatività del richiamo della legge nazionale dei coniugi è limitata da due specifiche norme di applicazione necessaria: gli artt. 116 e 115 cod. civ: secondo il primo per la validità del matrimonio contratto dallo straniero in Italia è comunque necessario il rispetto di alcune condizioni previste dal diritto italiano (libertà di stato, assenza di legami di parentela); l’articolo 115 cod. civ. prevede invece l’ obbligo di eseguire le pubblicazioni: tanto il cittadino italiano che intende contrarre matrimonio all’estero quanto lo straniero che è residente o domiciliato in Italia e intende contrarre matrimonio in Italia sono tenuti all’ obbligo delle pubblicazioni.forma di celebrazione: in materia di forma della celebrazione del matrimonio la legge prevede 3 distinti criteri di collegamento: essi verranno applicati nell’ordine in cui sono previsti scartando successivamente quelli che eventualmente condurrebbero alla invalidità del matrimonio; questi tre criteri infatti sono stati previsti per la conservazione, il più possibile, dell’ efficacia del matrimonio. Essi sono quello del luogo di celebrazione del matrimonio, quello della legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione e, infine, quello dello stato di comune residenza dei coniugi al momento della celebrazione (art. 28 della legge 218 del 1995).

Il matrimonio concordatarioCi si domanda, peraltro, se tra le forme matrimoniali previste dalla legge italiana possa essere utilizzata, da parte di cittadini stranieri che intendono contrarre matrimonio in Italia ovvero da cittadini italiani che vogliono sposarsi all’estero, anche quella c.d. concordataria.Quanto all’utilizzabilità del matrimonio concordatario da parte di cittadini italiani all’estero, va preliminarmente chiarito che il problema non riguarda le ipotesi di matrimoni religiosi riconosciuti dallo Stato estero in cui vengono celebrati. In tal caso, infatti, i nubendi non fanno altro che utilizzare la legge del luogo in cui viene celebrato il matrimonio; facoltà che è loro senza dubbio concessa ai sensi dell’art. 28 della legge 218 del 1995.In problema si pone, invece, nell’ipotesi in cui i cittadini italiani intendono fare uso della disciplina sul matrimonio concordatario italiano come propria legge nazionale. La prevalente dottrina internazionalprivatistica è orientata in senso negativo sulla base del rilievo che le norme concordatarie avrebbero efficacia esclusivamente nell’ambito dello Stato italiano.Altra parte della dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza hanno, al contrario, riconosciuto la possibilità di far uso, da parte dei cittadini italiani che contraggono matrimonio all’estero, della forma canonico – concordataria con conseguente dichiarazione di validità ed efficacia, anche in Italia, di matrimoni concordatari celebrati tra cittadini italiani in Stati in cui (Francia – Germania) i matrimoni religiosi non sono riconosciuti agli effetti civili.

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La giurisprudenza considerando il matrimonio concordatario come una delle forma matrrimonialei previste dal diritto italiano accorda anche ai cittadini stranieri la facoltà di farne uso come legge del luogo di celebrazione del matrimonio (art. 28, legge 218/95).

Rapporto matrimonialeLa regolamentazione internazionalprivatistica del rapporto matrimoniale è basata, come in passato, sulla distinzione tra rapporti personali e patrimoniali. Il criterio fondamentale previsto è comunque quello della legge nazionale comune dei coniugi e, in mancanza di legge comune, quello della legge del luogo dove è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale.Nel caso dei rapporti patrimoniali i coniugi possono tuttavia convenire, per iscritto, che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge di un altro Stato, a condizione che scelgano un Paese di cui uno di essi è cittadino o in cui almeno uno di essi vi risieda (convenzione matrimoniale) (30 ,comma 1°, l. 218) sempre che l’accordo sia ammesso e considerato valido dalla legge scelta o da quella del luogo in cui esso è stipulato (30, comma 2°, l. 218). La scelta della legge effettuata dai coniugi è opponibile ai terzi solo se si dimostra che questi ne avevano avuto conoscenza ovvero se la hanno ignorato per loro colpa. Nel caso di convenzioni patrimoniali coniugali su beni immobili l’opponibilità a terzi presuppone il rispetto delle forme di pubblicità immobiliare previste dalla legge dello Stato in cui si trovano i beni. Le obbligazioni alimentari sono espressamente regolate dall’art. 45.

Separazione personale e divorzioLa patologia della vita matrimoniale può originare due vicende giuridicamente assai diverse: la separazione personale tra i coniugi ed il divorzio. La separazione si distingue dal divorzio perché non determina lo scioglimento del vincolo matrimoniale anche se determina significative trasformazioni del contenuto dei rapporti coniugali, sia personali che patrimoniali con carattere potenzialmente transitorio.La separazione personale dei coniugi è regolata dalla legge nazionale comune al momento della domanda di separazione e, in mancanza, dalla legge del Paese nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata (31, comma 1°, l. 218). Si tratta come è evidente degli stessi criteri di collegamento individuati, per tutti i rapporti coniugali personali, dall’art. 29 della legge 218 del 1995. I mezzi e le forme attraverso le quali giungere alla dichiarazione della separazione personale saranno regolati, ex art. 12 legge 218 del 1995, dalla legge del luogo in cui la domanda viene promossa.La disposizione che prevede la regolamentazione internazionalprivatistica di separazione e divorzio ha però valore soprattutto perchè qualifica le norme italiane che prevedono tali istituti come di applicazione necessaria in modo che tutte le volte che sono richiamati ordinamenti che non prevedono separazione e divorzio si applica il diritto italiano.

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L’art. 31 della legge ha espressamente affrontato il problema estendendo anche all’istituto del divorzio l’operatività dei criteri di collegamento fissati per tutti i rapporti coniugali personali e per la separazione. Il secondo comma della stessa disposizione prevede che nel caso in cui la separazione o il divorzio non siano per nulla previsti e regolati dalla legge straniera individuata come applicabile, troverà applicazione la legge italiana. Il presupposto per l’applicazione della legge italiana è l’assenza dell’uno o dell’altro istituto nell’ordinamento straniero e non l’impossibilità per la parte di avvalersene nel caso concreto.

Si discute se il divorzio possa essere pronunciato per motivi che, ancorché previsti dalla legge nazionale dei coniugi, non lo siano dalla legge italiana. Parte della dottrina si è pronunciata in senso negativo argomentando che tale ulteriore limitazione si desume, nel sistema italiano di D.i.p., dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1902. Altri (Morelli), invece, propendono per la soluzione positiva, atteso che l’art. 3 della stessa Convenzione precisa che si deve osservarsi la sola legge nazionale se ciò è previsto dalle norme di D.i.p. dello Stato in cui si chiede la pronuncia del divorzio previsto, appunto dall’ordinamento italiano. Resta in ogni caso fermo il limite dell’ordine pubblico.

Quanto al riconoscimento delle sentenze straniere di divorzio deve ritenersi, a seguito della legge 898 del 1970, consentita al giudice italiano l’applicazione diretta delle norme straniere sul divorzio richiamate dalle regole di D.i.p. essendo scomparso, nel nostro sistema, il principio dell’indissolubilità del matrimonio. Ciò non toglie il permanere dell’operatività del limite dell’ordine pubblico (es. di norme straniere sul divorzio che ammettono, quale causa di scioglimento, il ripudio unilaterale del marito o che escludono qualunque obbligo alimentare tra i coniugi successivamente al divorzio).Con il riconoscimento dell’istituto del divorzio anche in Italia è venuto meno l’ostacolo del riconoscimento di sentenze straniere di divorzio pronunciate nei confronti di cittadini italiani anche se hanno contratto matrimonio in Italia. Questa possibilità, inoltre, sussiste anche nel caso di matrimoni celebrati in forma concordataria atteso che l’art. 2 della legge sul divorzio ha esplicitamente riconosciuto al giudice italiano la facoltà di far cessare gli effetti civili dei matrimoni concordatari facendo venir meno così la c.d. riserva di giurisdizione precedentemente riconosciuta, rispetto a tali matrimoni, in favore dei tribunali ecclesiastici.

Rapporti tra genitori e figliLa regolamentazione internazionalprivatistica attuale dei rapporti tra genitori e figli distingue tra disciplina dei rapporti in senso stretto, cioè dei diritti e doveri che legano genitori e figli, e disciplina degli status che i figli possono avere in seno alla famiglia. Mentre per i primi la disciplina è semplice e si riduce ad un solo criterio di collegamento, per i secondi è più complessa e prevede una serie complessa di criteri con il fine di

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favorire l’acquisto dello status di figlio legittimo, di consentire il riconoscimento del figlio naturale e di tutelare il minore nelle ipotesi dell’adozione.Il criterio fondamentale di tutta la materia è comunque quello della legge nazionale del figlio (art. 36 l. 218); la legge di riforma ha quindi ribaltato completamente la disciplina previgente, del resto già colpita da incostituzionalità, che prevedeva il criterio di collegamento della legge nazionale del padre (art. 20 preleggi).

Gli “status” dei figliIn materia di status dei figli la legge pone innanzitutto un criterio di collegamento fondamentale della materia stabilendo che lo stato di figlio è determinato dalla sua legge nazionale al momento della nascita (art. 33, comma 1°, l. 218); a tale criterio di collegamento se ne aggiungono altri con lo scopo di favorire l’ acquisto dello stato di figlio legittimo o riconosciuto. L’ istituto dell’ adozione è oggetto di specifica disciplina. In dettaglio:

acquisto dello status di figlio legittimo: la legge regola distintamente l’ipotesi di acquisto dello status di figlio legittimo per effetto della nascita o per effetto di successiva legittimazione:

o per quanto riguarda l’acquisto al momento della nascita, è considerato legittimo il figlio che sia considerato tale dalla sua legge nazionale o altrimenti dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita del figlio (art. 33, comma 2°, l. 218);

o per quanto riguarda invece l’acquisto per successiva legittimazione e la legittimazione per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazione di uno dei genitori nel medesimo momento (34, comma 1°, l. 218).

Di recente la Suprema Corte (Cass. 2791 del 2002) ha stabilito che tra i presupposti dell’accertamento (o disconoscimento) biologico della paternità, soggetti, ai sensi dell’art. 33 della legge 218 del 1995, alla legge nazionale del figlio al momento della nascita, debba inserirsi anche la verifica dei requisiti di ammissibilità dell’azione giudiziaria di riconoscimento (o disconoscimento). In precedenza tale profilo, in quanto eminentemente di natura processuale, era stato ritenuto soggetto alla lex fori. È stata ritenuta ad esempio ammissibile, alla stregua della legge camerunese, l’azione esperita da una cittadina del Camerun nell’interesse della figlia, della stessa cittadinanza della madre, per ottenere il riconoscimento della paternità naturale da un cittadino italiano ancorché promossa a distanza di oltre due anni dalla nascita.riconoscimento del figlio naturale: le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene (35, comma 1°, l. 218).adozione: in materia di adozione il principio fondamentale è quello per cui quando essa è diretta ad attribuire all’adottato lo stato di figlio legittimo si applica il diritto italiano; il legislatore della riforma

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ha voluto quindi espressamente far salve le disposizioni della legge 184 in materia di adozione qualificandole come di applicazione necessaria; tale legge infatti contiene minuziose disposizioni in materia di adozione di minori stranieri da parte di italiani e di minori italiani all’estero. In tutti i casi in cui l’adozione non è diretta all’attribuzione dello stato di figlio legittimo si applica la legge nazionale degli adottanti, se comune, o in mancanza quella dello Stato di residenza comune degli adottanti o quello dello Stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata (38, comma 1°, l. 218). La disciplina internazionalprivatistica dell’adozione è quindi opposta rispetto a quella dei rapporti tra genitori e figli: qui il criterio è quello della legge del minore, nell’adozione quello della legge degli adottandi.

L’intera materia dell’adozione è stata, nel nostro ordinamento giuridico, profondamente riformata con la legge 4 maggio 1983 n. 184. Si può distinguere:adozione di figli minori: essa si applica a tutti i minori, anche se hanno superato gli otto anni, che si trovano in condizione di abbandono morale o materiale, da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, non dovute a situazioni di forza maggiore di carattere transitorio. Il procedimento di adozione, che si svolge davanti al Tribunale dei minorenni, si articola in tre fasi: 1. dichiarazione di adattabilità; affidamento preadottivo, in cui viene verificata l’idoneità dell’inserimento dell’adottando nella famiglia degli adottanti; 3. dichiarazione di adozione ovvero il decreto con cui il Tribunale per i minorenni, decorso un anno dalla data dell’inizio dell’affidamento preadottivo, dichiara, se ne sussistono le condizioni, l’adozione.Adozione dei maggiori di età: tale forma di adozione resta disciplinata dalle norme del codice civile che regolavano la vecchia adozione ordinaria.Adozione in casi particolari: si applica ai minori che non si trovano in condizione di abbandono e rispetto ai quali, dunque, non ricorrono i presupposti dell’adozione vera e propria.Affidamento dei minori: trattasi di uno strumento attraverso il quale ci si propone di risolvere situazioni di disagio familiare temporanee senza fare ricorso all’ingresso, certamente meno idoneo all’accoglienza in un ambito familiare, in istituti di assistenza.Adozione internazionale: regola l’adozione di minori stranieri in Italia che l’adozione all’estero di minori italiani. Prima della legge del 1995 la materia dell’adozione era disciplinata, dal punto di vista internazionalprivatistico, dagli artt. 17 e 20, comma 2, delle preleggi sulla falsariga della materia della filiazione. Tale stato di cose era già profondamente mutato con la legge del 1983 che, nel regolare la c.d. adozione internazionale, ha dettato una grande quantità di norme di applicazione necessaria (natura riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione: S.U. n. 392 del 1988) che, dunque, limitano notevolmente la reale operatività dei criteri di collegamento. Il richiamo della legge nazionale delle parti avviene, quindi, soltanto in vista della disciplina di quegli aspetti dell’adozione che non risultino

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già regolati da norme italiane di applicazione necessaria. Quanto ai principi che regolano, nel sistema della legge 1983, così come modificata nel 1998, l’adozione internazional essi possono così riassumersi:a. le persone residenti in Italia che intendono adottare un minore straniero residente all’estero devono presentare dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedere che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione;b. una volta dichiarati idonei gli aspiranti all’adozione devono incaricare la procedura di adozione ad un ente autorizzato il quale svolgerà le pratiche di adozione presso le competenti autorità del paese estero;c. l’adozione può essere disposta dalla competente autorità del paese estero. In questo caso la Commissione per le adozioni internazionali, valutate le conclusioni dell’ente incaricato, dichiara che l’adozione risponde al superiore interesse del minore e ne autorizza l’ingresso e la residenza permanente in Italia. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello Stato civile. Se l’adozione deve perfezionarsi in Italia, il Tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento dell’autorità straniera come affidamento preadottivo; decorso il periodo di affidamento, il Tribunale, sussistendone i presupposti, pronuncia l’adozione e ne dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. Per effetto della legge 91 del 1992 il minore straniero adottato dal cittadino italiano acquista la cittadinanza.

Diritti della personalitàIn materia di diritti della personalità è stabilita l’applicazione della legge nazionale del soggetto che ne è titolare; la legge di riforma specifica poi che le conseguenze delle violazioni di un diritto della personalità sono regolate dalla legge applicabile ai fatti illeciti (24, comma 2°, l. 218).

SUCCESSIONI E DONAZIONII profili internazionalprivatistici delle successioni mortis causa sono disciplinati dall’art. 46 della legge 218 del 1995 che individua la legge applicabile, indipendentemente dal luogo in cui si trovano i beni dell’asse ereditario, nella legge nazionale del de cuius al tempo della morte (46 l. 218/95); tale criterio è applicabile a tutte le questioni concernenti l’apertura della successione, la capacità di succedere, la designazione dei successibili, i criteri di ripartizione dell’asse ereditario. Viene così ribadito il principio tradizionale della unità e universalità della successione mortis causa che ne richiedono la sottoposizione ad un’unica legge.Il de cuius può tuttavia scegliere di regolamentare la propria successione con un’altra legge, e cioè con quella dello Stato di residenza, a condizione che esprima questa scelta in forma testamentaria (cioè all’interno dello stesso testamento) e che dopo averla manifestata non muti lo Stato di propria residenza, nel qual caso

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infatti la validità della scelta viene meno. In ogni caso la scelta effettuata da un cittadino italiano non può pregiudicare gli eredi necessari o legittimari residenti in Italia al momento dell’apertura della successione.

Forma del testamentoIl testamento è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza. Tale pluralità di criteri di collegamento ha il fine di salvaguardare la validità del testamento riducendo al minimo le ipotesi di nullità. In questo modo il testatore al momento di redigere le sue ultime volontà può contare sull’applicazione delle diverse leggi a lui familiari.

Mancanza di successibiliNel caso in cui l’applicazione della legge richiamata per la disciplina della successione non consenta di individuare successibili, i beni ereditari del de cusuis esistenti in Italia sono devoluti allo Stato italiano, con esclusione di quelli trovantesi al di fuori del territorio italiano (art. 49). Tale regolamentazione sembra aver accolto la tesi per cui l’acquisto dei beni da parte dello Stato, in mancanza di successibili, è una manifestazione della sovranità dello Stato: infatti lo Stato italiano in base a questa normativa acquista i soli beni che si trovano sul suo territorio.

Testamento internazionaleIn materia successoria non si può prescindere dal ricordare la Convenzione di Washington del 1973 sull’adozione di norme uniformi in materia testamentaria.In particolare è previsto che il rispetto di determinati requisiti formali conferisce validità al testamento indipendentemente dal luogo in cui lo stesso è stato redatto, dalla situazione dei beni, dalla nazionalità, residenza o domicilio del testatore. In sostanza, più che individuare un unico criterio di collegamento riconosciuto da tutti gli Stati contraenti, la convenzione di Washington ha predisposto direttamente una disciplina unitaria della forma del testamento. Si potrebbe parlare, in questo senso, di una ipotesi di introduzione convenzionale di norme di applicazione necessaria. Tali requisiti sono i seguenti:

a) forma scritta, non necessariamente autografa;b) dichiarazione resa dal testatore alla presenza di due testimoni che

l’atto in questione contiene le sue ultime volontà;c) sottoscrizione dell’atto da parte del testatore;d) ricezione della dichiarazione del testatore e della sua

sottoscrizione nonché di quella dei due testimoni da parte di una personalità all’uopo adibita dall’ordinamento dei vari Stati contraenti.

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I patti successoriLa legge di riforma del diritto internazionale privato non contiene alcuna disposizione diretta espressamente alla disciplina dei c.d. patti successori ovvero degli atti con i quali taluno si impegna a disporre della propria successione (patti successori istitutivi) ovvero dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta (patti successori dispositivi) o, infine, rinuncia a diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta (patti successori rinunziativi). Tale omissione è verosimilmente collegata al fatto che, nel nostro sistema giuridico, tali patti sono espressamente vietati dalla legge e colpiti, qualora stipulati da nullità (art. 458 c.c.). E’ stato però osservato che la presenza di tale divieto nel diritto interno non elimina la possibilità che il giudice italiano vengachiamato a ricercare la disciplina applicabile a patti successori ritenuti validi da ordinamenti stranieri. Esistono infatti stati (Germania, Regno Unito) che, a diverse commissioni, ammettono tali patti e riconoscono loro validità ed efficacia.Va, tuttavia, segnalata la presenza di un orientamento che, attraverso il riconoscimento alla norma dell’art. 458 c.c. del rango di norma ad applicazione necessaria contesta in assoluto tale possibilità. Tanto premesso, ci si domanda, in assenza di una norma espressa, quale sia il criterio di collegamento applicabile ai patti successori. A ben vedere i riferimenti logicamente possibili sono essenzialmente due: se si privilegia il contesto mortis causa dell’atto si farà

inevitabilmente riferimento alla regola fissata dall’art. 46 della legge 218 ovvero alla legge nazionale del de cuius al momento della morte;

se, al contrario, si accorda maggiore attenzione al profilo negoziale si farà ricorso agli articolati (ed alternativi o concorrenti) criteri di collegamento fissati, per le obbligazioni contrattuali in genere, dall’art. 57 della stessa legge.

Pare preferibile, attesa la natura di questione di diritto interno che la scelta della norma di conflitto applicabile conserva, la prima soluzione appare più coerente alla collocazione sistematica che i patti successori ricevono nel nostro ordinamento.

DonazioniLe donazioni, analogamente alle successioni, sono regolate dalla legge nazionale del donante (art. 56 legge 218/95); sempre come per le successioni, il donante al momento della formazione dell’atto può optare per l’applicazione della legge dello Stato in cui pur non avendone la cittadinanza risiede. Il criterio della legge nazionale del donante si applica a tutti gli aspetti della donazione (effetti, beni che ne possono formare oggetto, validità, revocabilità) con la sola esclusione della capacità e della forma.Per stabilire, in concreto, se ci si trovi in presenza di una donazione o di un’altra fattispecie negoziale, dovrà come sempre in tema di qualificazioni, aversi riguardo all’ordinamento nazionale. Ne consegue che il criterio fissato dall’art. 56 della legge 218/95 si applica a tutti i negozi di attribuzione patrimoniale caratterizzati dall’arricchimento di una parte e l’impoverimento corrispondente dell’altra compiuti con

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animus donandi. Restano quindi escluse dalla sfera di operatività della norma di D.i.p. in esame le donazioni indirette (remissione del debito, contratto a favore di terzo) e gli altri atti che, pur essendo a titolo gratuito, non presentano il requisito della liberalità (prestito, comodato). È discusso, invece, se le donazioni obnuziali debbano essere trattate come donazioni ordinarie debbono essere disciplinate dalla legge regolatrice dei rapporti tra i coniugi. Il criterio in questione si applica, invece, a quelle fattispecie espressamente sottoposte dalla legge italiana alla disciplina legislativa delle donazioni, quali la donazione modale o quella fra i coniugi.Quanto alla forma della donazione, essa è regolata dalla legge del luogo in cui è stata compiuta. La riforma del 1995 ha quindi sottratto la donazione, nonostante la sua natura contrattuale, all’applicazione delle regole della Convenzione di Roma in materia di obbligazioni contrattuali, per sottoporla ad una disciplina analoga a quella prevista per le successioni, in considerazione del comune spirito di liberalità.

DIRITTI REALILa legge applicabile agli istituti della proprietà, degli altri diritti reali e del possesso sui beni materiali è stata individuata, secondo tradizione, in quella del luogo in cui è sita la cosa (lex rei sitae) (51 l. 218/1995). Il legislatore ha poi specificato, con ulteriori disposizioni, come vada applicato questo criterio in ipotesi relative a beni mobili, che possono appunto essere spostati, e relative a beni immateriali, rispetto ai quali non è possibile individuare un luogo di situazione, neppure temporaneo.Rimangono esclusi dal funzionamento del criterio di collegamento previsto in generale per i diritti reali tutti quegli istituti che pur avendo natura di diritto reale afferiscono ad un altro genere di rapporti nella cui importanza rimangono assorbiti come ad es. l’usufrutto legale dei genitori sui figli minori per il quale vale il criterio di collegamento previsto per i rapporti tra genitori e figli, cui evidentemente attiene l’ istituto, e non quello previsto per i diritti reali.La legge del luogo in cui si trova la cosa regola il contenuto vale a dire le facoltà che spettano al titolare ed i limiti d’esercizio dei diritti reali nonché i modi di protezione dei diritti (rivendica, azioni possessorie). Vi è, peraltro, chi, riconoscendo a tali istituti carattere eminentemente processuale sostiene l’applicabilità relativamente ai mezzi di tutela, dell’art. 12 della legge 218 del 1995, con conseguente applicazione della lex fori.La legge del luogo vale, altresì, per la disciplina dei modi d’acquisto, negoziali e non, dei diritti reali e del possesso non anche, però, per quel che concerne il titolo giustificativo del diritto ovvero il fatto giuridico in base al quale un determinato soggetto acquista la titolarità del diritto reale. Il criterio della lex rei sitae vale anche, così come prevede espressamente l’art. 51 della legge, per il possesso nonché per i diritti reali di garanzia cioè il pegno e l’ipoteca.

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Beni mobili in transitoIl legislatore si è premurato di specificare quale sia il criterio di collegamento nell’ipotesi in cui i beni non si trovino in un luogo preciso ma siano in transito: in tal caso si applica la legge del luogo di destinazione (52 l 218/1995).

Usucapione di beni mobiliL’usucapione dei beni mobili rimane regolato dalla legge dello Stato nel cui territorio il bene si trova al momento del compimento del termine prescritto per l’acquisto (53 l. 218/1995).

Diritti sui beni immaterialiI diritti sui beni immateriali (proprietà intellettuale etc.) sono regolati dalla legge dello Stato in cui vengono utilizzati (54 l. 218/1995).

Pubblicità degli attiLe forme di pubblicità giuridica degli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali (ad es.: trascrizione) sono regolate dalla legge del luogo nel quale i beni oggetto degli atti si trova al momento del compimento dell’atto. Questa disposizione si estende sia ai beni mobili, mobili registrati che immobili ma riguarda solo gli atti relativi alla proprietà e gli altri diritti reali con esclusione di quelli che sono solamente costitutivi o regolativi di diritti di obbligazione.La forma richiesta ai fini della validità o prova dell’atto (forma vincolata ad substantiam o ad probationem) cui si applica in mancanza di diverse previsioni la legge che regola la sostanza dell’atto.

OBBLIGAZIONI

Obbligazioni contrattuali

FontiIn materia di obbligazioni contrattuali la legge di riforma ha richiamato espressamente ed integralmente la Convenzione di Roma del 1981, precedentemente entrata in vigore, facendo salve le altre convenzioni internazionali applicabili in materia (57 l. 218/95).L’ art. 2 della Convenzione prevede che la legge da essa designata si applica anche se è quella di uno Stato non contraente (c.d. carattere universale): ciò significa che se, in base ai criteri di collegamento indicati, deve darsi applicazione alle regole di uno Stato non firmatario della Convenzione, tali regole si applicano ugualmente. Con l'entrata in vigore della Convenzione di Roma si è verificata la più importante innovazione nel sistema del D.i.p. dalla sua prima codificazione del 1865 (Ballarino). La disciplina internazionalprivatistica delle obbligazioni contrattuali è integrata da due categorie di norme: innanzitutto norme di carattere generale valevoli per qualsiasi tipo di contratto e, in secondo luogo, norme specifiche valevoli per un solo tipo contrattuale o addirittura solo per alcune fattispecie di un determinato tipo contrattuale. La scelta fondamentale della Convenzione di Roma in materia è stata quella di dettare principalmente regole generale

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nonostante una generale tendenza diffusa a prevedere regolamentazioni specifiche e differenziate per contratto.

Regole generaliLa regole generali poste dalla Convenzione si applicano comunque a tutte le obbligazioni contrattuali indipendentemente dal tipo di contratto: è stata infatti respinta la proposta di dettare discipline diversificate in relazione ai tipi di contratti. Rimane dunque da esaminare la disciplina relativa ai criteri di collegamento e ai limiti posti al loro funzionamento. Le sue disposizioni devono essere esaminate da due punti di vista: i criteri di collegamento ed i limiti previsti al loro funzionamento.

Criteri di collegamentoI criteri di collegamento previsti nella Convenzione sono due: la scelta delle parti e quello del collegamento più stretto. Tali criteri non sono rigidamente alternativi tra loro ma possono anche funzionare contemporaneamente per il medesimo contratto (41 e 312a p. Conv.).La volontà delle parti può essersi manifestata sia in modo espresso che tacito: quest'ultimo caso si ha quando essa risulta "in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze" (31 Conv.). Le ipotesi in cui la scelta delle parti può essere effettuata in maniera implicita sono quindi, a ben guardare, due: la prima si ha quando essa risulta da disposizioni del contratto mentre la seconda nel caso in cui risulti dalle "circostanze". La scelta implicita è desumibile dalle disposizione del contratto quando le parti hanno fatto costantemente riferimento nel contratto alla legge di uno Stato per la sua regolamentazione pur senza aver espressamente scelta; l' altra ipotesi invece si ha quando pur non risultando la scelta dal tenore letterale del contratto vi sono "elementi estrinseci al testo del contratto" tali da farla ritenere sussistente (Mengozzi)La Convenzione prevede che le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto ovvero a una parte soltanto di esso (31 Conv.); questo comporta più in particolare due possibilità: innanzitutto che siano indicate più leggi in relazione a parti diverse del contratto (c.d. splitting o depeçage) oppure che sia indicata una legge relativamente ad una determinata parte del contratto lasciando la rimanente soggetta al criterio del paese più collegato.

Mutamento della legge applicabileLe parti possono convenire, in qualsiasi momento, di sottoporre il contratto ad una legge diversa da quella che lo regolava in precedenza, vuoi in funzione di una scelta anteriore, vuoi in funzione di altre disposizioni della convenzione (32 Conv.). Di conseguenza le parti possono, sia che avessero che non avessero già scelto una determinata legge, indicarne una diversa come regolatrice del contratto; è stato però precisato che qualsiasi modifica relativa alla legge applicabile non inficia la validità formale del contratto e non pregiudica i diritti dei terzi: ciò significa che la situazione giuridica favorevole di cui godevano i terzi in forza dell'applicazione al contratto della legge di un determinato Stato non viene meno anche se risulta applicabile la legge di un altro Stato non più prevedente tale situazione favorevole. La disciplina delle

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condizioni di validità del patto è quella dell' ordinamento cui si fa riferimento per la regolamentazione del contratto e la cui disciplina sarebbe applicabile se il pactum fosse valido (34 Conv.): dispone infatti la convenzione che "l'esistenza e la validità del contratto o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile (…) se il contratto o la disposizione fossero validi" (81 Conv.). La soluzione adottata è quindi opposta a quella adottata dall'art. 25 almeno secondo alcune interpretazioni (Mengozzi).

Criterio del collegamento più prossimoQualora non sia stata scelta la legge applicabile, il contratto è regolato dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto (41 Conv. ). La individuazione di tale paese avviene sulla base di presunzioni iuris tantum e valevoli cioè sino a che non ne venga data prova contraria: più in particolare, il sistema della convenzione in materia è basato sulla previsione di una presunzione generale temperata da alcune eccezioni. In via generale, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese nel quale la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione, la propria residenza abituale o, se organizzazione collettiva, la propria amministrazione centrale (42 Conv.). Per i contratti che hanno per oggetto un bene immobile vale la presunzione del paese di situazione dell'immobile (43 Conv.) mentre per quelli di trasporto merci vale il paese in cui il vettore ha la sua sede principale al momento della conclusione del contratto se esso coincide con quello in cui si trova il luogo di carico o di scarico o la sede principale del mittente (44 Conv.); le presunzioni in materia vengono meno quando "dal complesso delle circostanze risulta che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro paese".

Limiti al funzionamento dei suddetti criteriLa Convenzione prevede sia limiti generali, valevoli per ambedue i criteri, sia un limite specifico per la sola volontà delle parti:

Limiti generali. In via generale la Convenzione dopo aver ribadito i limiti dell’o.p. e delle norme di applicazione necessaria prevede un limite che fa riferimento a norme di un ordinamento diverso sia da quello del foro che da quello richiamato: è infatti disposto che "nell'applicazione della convenzione potrà essere data efficacia alle norme imperative di un altro paese con il quale la situazione presenti uno stretto legame, se e nella misura in cui, secondo il diritto di quest'ultimo, le norme stesse siano applicabili quale che sia la legge regolatrice del contratto"; la convenzione poi specifica che "ai fini di decidere se debba essere data efficacia a queste norme imperative, si terrà conto della loro natura e del loro oggetto nonché delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o non applicazione" (71 Conv.): ciò significa che il funzionamento dei criteri di collegamento previsti dalla Convenzione può essere limitato nell'ipotesi in cui il contratto presenti un collegamento "stretto" con un determinato ordinamento nel quale sono previste in materia disposizioni imperative; tale limite, peraltro, non opera rigidamente e in ogni caso: l'interprete deve valutare natura e oggetto delle

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disposizioni imperative e, soprattutto, le conseguenze che deriverebbero dall'operare del limite.Limite specifico alla scelta della legge ad opera delle parti. È previsto anche un limite generale al funzionamento della scelta della legge per volontà delle parti: è l' ipotesi in cui il contratto presenta un collegamento esclusivo con un determinato paese: in tal caso il collegamento viene valorizzato dalla convenzione ritenendo che la volontà delle parti non possa escludere l'applicazione delle disposizioni che in quell'ordinamento sono state considerate imperative; presupposto per il funzionamento di questo limite che è al momento della scelta tutti i dati di fatto del contratto facciano riferimento ad un unico paese.

Validità, forma e capacitàI requisiti di validità e forma del contratto con elementi di internazionalità sono disciplinate dagli artt. 8 e 9 della Convenzione. In particolare, per quel che riguarda la forma, la Convenzione adotta un opportuno criterio di conservazione dell’efficacia del contratto stabilendo che il contratto è valido, non soltanto si possiede i requisiti di forma richiesti dalla legge che, in base ai criteri della Convenzione, è destinata a regolarlo, ma anche se possiede i requisiti necessari secondo la legge del luogo in cui è concluso, anche se la stessa non viene in considerazione per la disciplina degli altri aspetti del contratto. L’esistenza e la validità del contratto o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù della Convenzione stessa. Così, ad esempio, nel in cui le parti rimandino, per la disciplina del contratto, alla legge tedesca, è appunto alla stregua di tali norme che dovranno essere esaminate le questioni, diverse dalla forma, relative all’esistenza e validità del contratto. Fanno eccezione a tale regola la questione attinenti la capacità. Come per le norme generali del diritto internazionale privato, valgono anche per le norme della Convenzione i limiti dell’ordine pubblico e delle norme di applicazione necessaria.La Convenzione di Roma non si occupa della capacità tuttavia all’art. 11 detta una norma in tema di incapacità il cui scopo è tutelare la buona fede di chi ha contrattato con una persona che in base alla legge del paese del negoziato aveva i requisiti di capacità richiesta ma che poi ha fatto valere un’incapacità discendente dalla sua legge nazionale.

Regole specificheEsistono regole specifiche per i "contratti conclusi dal consumatore", per il contratto di lavoro e per la compravendita internazionale di beni mobili.

Contratti conclusi dai consumatoriÈ la Convenzione stessa a fornire la nozione di "contratti conclusi dai consumatori": essi sono "i contratti aventi ad oggetto la fornitura di beni mobili materiali o di servizi ad una persona, il consumatore, per un uso che può considerarsi estraneo alla sua attività professionale, e ai contratti destinati al finanziamento di tale fornitura" (51 Conv.); il regime previsto per tali contratti è speciale sia nel caso le parti abbiano effettuato la scelta della legge sia nel caso in cui tale scelta manchi:

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Scelta della legge. Per tali contratti è stato disposto che "la scelta ad opera delle parti della legge applicabile non può aver per risultato di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge del paese nel quale risiede abitualmente" (52 Conv.); lo scopo di tale regime internazionalistico speciale è di permettere al consumatore di fare affidamento sull'applicazione delle norme del suo paese dirette appunto alla sua tutela.Mancanza di scelta. In mancanza di scelta della legge ad opera delle parti i contratti suddetti "sono sottoposti alla legge del paese nel quale il consumatore ha la sua residenza abituale" (53 Conv.).

Per l'applicazione del regime speciale, in ogni caso, non è però sufficiente che il contratto sia del tipo suddetto ma è anche necessario che soddisfi alcune condizioni: esso deve aver tratto origine da una proposta specifica o da una pubblicità nel paese di residenza del consumatore, il consumatore deve aver compiuto nello stesso paese gli atti per la conclusione del contratto, il venditore deve in tale paese aver ricevuto l'ordine oppure, se si tratta di vendita di merci, anche nel paese del venditore purché il compratore vi sia stato portato con viaggio organizzato dal venditore al fine di incoraggiare la vendita.

Contratto di lavoroIl regime previsto per il contratto di lavoro è speciale, analogamente a quello previsto per i contratti conclusi dai consumatori, sia nell' ipotesi in cui le parti abbiano effettuato la scelta di una legge sia nell' ipotesi in cui tale scelta manchi:

Scelta della legge. Le parti del contratto di lavoro possono scegliere la legge applicabile ma tale scelta "non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge" del paese con il quale il contratto presenta il collegamento più prossimo (61 Conv.); tale disposizione ha ovviamente una funzione di tutela dell'affidamento del lavoratore sull'applicazione delle norme di protezione vigenti nel suo paese. Si tratta di un limite posto alla scelta della legge ad opera delle parti più vasto di quello valevole in via generale, il quale richieda la sussistenza di un collegamento esclusivo in cui tutti i dati di fatto del contratto si riferiscano allo stesso paese.Mancanza di scelta. In mancanza di scelta si applica il criterio del collegamento più stretto. Per la individuazione di tale paese valgono due presunzioni aventi natura iuris tantum; occorre distinguere a seconda che sia possibile individuare un paese nel quale il lavoratore svolge abitualmente il suo lavoro in esecuzione del contratto: in caso sia individuabile tale paese sarà da considerare quello con cui vi è il collegamento più prossimo mentre in caso contrario viene in rilievo quello in cui "si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore"; entrambi questi criteri possono essere superati quando risulta "dall' insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese" (62 Conv.): anche in questo caso la scelta della Convenzione è quindi stata a favore di un criterio elastico.

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Compravendita internazionale di beni mobiliLa Convenzione dell'Aja si applica solo alle vendite che hanno per oggetto beni mobili corporali, salvo diverse e minuziose limitazioni. I criteri di collegamento sono due: uno principale, costituito dalla volontà delle parti, e uno secondario, variabile. Il criterio di collegamento della volontà delle parti è analogo a quello previsto dalla Convenzione. L’analogia si estende anche al fatto che la sua validità deve essere valutata lege causae e non lege fori; in caso di mancanza di un apposito patto esplicito o implicito, vale la regola per cui si applica la legge del paese di residenza abituale del venditore nel momento di ricevimento dell'ordine (accettazione del compratore), salvo che il venditore non abbia ricevuto l'ordine nel paese di residenza del compratore, nel qual caso si applica la legge di quest'ultimo.

RappresentanzaL’istituto della rappresentanza è regolato diversamente a seconda che si tratti di esercizio professionale o meno della stessa. Nel caso di esercizio professionale della rappresentanza, questa è regolata dalla legge del luogo in cui il rappresentante ha la propria sede d’affari, sempre che tale sede fosse conosciuta o conoscibile al terzo; negli altri casi, invece, si applica la legge dello Stato in cui il rappresentante ha esercitato in concreto i propri poteri rappresentativi.La forma dell’atto di conferimento del potere di rappresentanza è regolata dalla legge applicabile al rapporto ovvero da quella del luogo in cui è stato posto in essere (61, comma 2°, l. 218/95).

L’E-CommerceIl termine E- Commerci va ad indicare quell’ampio e particolare fenomeno volto alla conclusione delle transazioni commerciali tramite quel sistema informatico internazionale che, collegando milioni di computer tra loro, ha dato luogo ad una rete denominata internet. La particolarità di Internet è quella di aver dato vita ad un mondo virtuale, il Ciberspazio, caratterizzato dal fatto che durante la c.d. navigazione si esce fuori innumerevoli volte dalle frontiere del proprio Stato senza neppure rendersene conto. Le operazioni legate all’E-Commerce si svolgono in uno spazio non fisico ma virtuale. Pertanto molte categorie elaborate dal diritto quali il luogo di esecuzione dell’obbligazione, il luogo in cui si verifica l’evento dannoso, la contraffazione di marchi, la responsabilità per danni da prodotti difettosi non riescono ad adattarsi a tale realtà.Alla luce della natura soltanto virtuale dello spazio nel quale si svolge la contrattazione via internet, è stato variamente affrontato il tema della determinazione del luogo in cui questo tipo di negozio giunge a perfezionamento.Di fatto sulla rete l’offerta contrattuale viene diffusa in due modi: presentandola in una pagine Web, in un sito; inviandola per e mail. Nel primo caso la qualificazione giuridica più corretta appare quella dell’offertà al pubblico, essendo la stessa rivolta ad incertam personam e, pertanto, troverà la sua disciplina di riferimento nell’art. 1336 c.c..

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Nel secondo caso, invece, si applicherà la fondamentale disposizione dell’art. 1335 c.c. che considera pervenuta la proposta quando essa giunge all’indirizzo del destinatario a meno che questi non provi di non esserne venuto, senza colpa, a conoscenza. La norma dell’art. 1326 c.c. stabilisce, poi, che il contratto è concluso nel momento e nel luogo in cui il proponente viene a conoscenza dall’accettazione della controparte.Con riferimento allo specifico dell’e-commerce sembra diventare sempre più diffusa la tesi che tale momento e tale luogo devono individuarsi in quello in cui ha sede il server del provider presso cui l’accettazione perviene. Tale luogo, rispetto a quello della persona fisica che, con modalità diverse, può provvedere allo scarico della posta elettronica appare più certo e fermo.Anche per l’e-commerce valgono i criteri di collegamento fissati dall’art. 57 della legge 218/1995. Come noto tale disposizione fa espresso richiamo alle regole approvate dalla Convenzione di Roma 1980, resa esecutiva in Italia con la legge 975 del 1984. l’art. 3 della Convenzione assume come criterio primario di collegamento quello dalla scelta delle parti. Nella pratica commerciale di Internet tale intesa preventiva è divenuta regola consueta. Soltanto qualora tale scelta manchi troveranno applicazione gli altri criteri fissati dalla Convenzione di Roma.Sempre con specifico riferimento all’effettiva realtà operativa dell’e-commerce va rilevato come nella maggior parte dei casi, il contratto venga concluso tra un consumatore ed un soggetto che svolge l’attività commerciale in forma imprenditoriale. In tali casi, ai sensi dell’art. 5 della Convenzione, a tutela della parte economicamente più debole, dovrà, in deroga alle regole generali, trovare applicazione la legge del paese in cui il consumatore abbia la sua abituale residenza.Un cenno particolare meritano le donazioni via Internet.Nella rete è infatti diffusa la cessione di software a titolo gratuito. Ai sensi dell’art. 56 della legge 218 del 1995, che resta applicabile anche a tali fenomeni, le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante. Questi, però, può disporre, con dichiarazione espressa, che l’atto di liberalità sia sottoposto alla legge dello Stato in cui egli risiede.

Obbligazioni non contrattuali

Obbligazioni da fatto illecitoLa regolamentazione internazionalprivatistica delle obbligazioni da fatto illecito è stata completamente ridisegnata prevedendo diversi criteri di collegamento. Il criterio fondamentale è attualmente quello della legge del luogo in cui si è verificato l’evento (art. 62), salvo che il danneggiato non chieda l’applicazione della legge del luogo in cui si è stata posta in essere la condotta che ha condotto al danno. Infine, in ogni caso, si applica la legge nazionale comune di danneggiante e danneggiato, qualora ricorrano questi due estremi (comunione di cittadinanza e residenza).La legge di riforma ha anche specificato che questi criteri di collegamento si applicano anche alle violazioni dei diritti della personalità coerentemente con la loro natura di illeciti aquiliani;

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all’interno della regola generale, la legge ha previsto una disciplina specifica per una particolare forma di responsabilità aquiliana e, precisamente, la responsabilità da prodotto difettoso: in tali casi si applica, a scelta del danneggiato, la legge del luogo in cui il produttore ha il domicilio o l’amministrazione ovvero quella dello Stato in cui il prodotto è stato acquistato salvo che il produttore non dimostri che la circolazione del prodotto in quello Stato è avvenuta senza la sua volontà (63 l. 218/1995).

Obbligazioni da altri atti o fatti idonei a produrleLa promessa di pagamento è regolata dalla legge del luogo in cui la promessa viene manifestata (58 l. 218/95).L’arricchimento senza causa, la gestione di affari altrui e gli altri fatti produttivi di obbligazioni sono regolati dalla legge dello Stato in cui si è verificato il fatto da cui deriva l’obbligazione (61 l. 218/1995); la legge ha fatto riferimento ad una categoria discussa in dottrina, quella delle obbligazioni ex lege: in realtà, infatti, fonti delle obbligazioni sono solo gli atti e fatti previsti come tali dalla legge la quale da un certo punto di vista non è fonte delle obbligazioni mentre per altro verso lo è sempre perchè è la legge ad attribuire ad atti e fatti il potere di generare obbligazioni. La categoria delle obbligazioni ex lege non ha senso e di fatto vi si ricorre quando non si sa bene identificare la fonte dell’ obbligazione ma in realtà questa risiede sempre.

SOCIETÀ E PROCEDURE DI INSOLVENZACome già evidenziato, l’art. 25 della Legge di riforma detta una disciplina nuova per quanto attiene le persone giuridiche. La legge 218 del 1999 ha, inoltre, abolito espressamente gli articoli 2505 e 2509 del codice civile che prevedevano l’applicazione della legge italiana: alle società costituite all’estero ma aventi in Italia la sede oppure

l’oggetto principale dell’impresa; alle società costituite in Italia ma con l’oggetto della loro attività

all’estero.Le persone giuridiche e le organizzazioni collettive che, pur senza personalità giuridica, hanno natura di soggetti di diritto collettivi, sono regolati dalla legge dello Stato nel cui territorio si è perfezionato il procedimento di costituzione, salvo che la sede dell’ente o l’oggetto principale della sua attività si trovi in Italia, nel qual caso si fa luogo all’applicazione del diritto italiano (25, comma 1°, l. 218).Sia il contenuto che i requisiti formali del contratto di società sono disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente. L’art. 25 al n. 2 contiene una elencazione esemplificativa degli elementi disciplinati dalla lex societatis. Essi sono: la natura giuridica; la denominazione o ragione sociale; la costituzione, la trasformazione e l’estinzione; la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi; la rappresentanza dell’ente; la responsabilità per le obbligazioni dell’ente; le conseguenze delle violazioni della legge all’atto costitutivo.

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Saranno assoggettati alla legge regolatrice dell’ente anche i conferimenti ed, in genere, i poteri degli organi rappresentativi. Per quel che riguarda le azioni occorre distinguere nel senso che saranno assoggettati alla legge regolatrice del contratto (lex contractus) i contratti aventi per oggetto azioni mentre la lex societatis regolerà tutto ciò che riguarda la vera e propria vita delle stesse (emissione, natura e modalità di trasferimento).

Le vicende societarieTrasferimento della sede statutaria: i trasferimenti della sede statutaria da uno Stato ad un altro, saranno efficaci solo se posti in essere in conformità alle leggi vigenti nei detti Stati interessati (art. 3 della legge 218/95).Fusione di enti con sedi in stati diversi: la procedura sarà regolata dalla legge di ciascuna delle società interessate mentre, per quanto concerne gli effetti della fusione sulla posizione dei soci e gli organi sociali, si applicheranno le norme della società risultante dalla fusione. Si applicherà quindi l’art. 25 della legge.

Procedure di insolvenzaNell’ambito delle procedure di insolvenza si inseriscono tutti quei procedimenti di esecuzione collettiva che, in presenza di una incapacità dell’imprenditore di adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte, sono finalizzati all’uguale soddisfacimento dei creditori nel rispetto delle cause legittime di prelazione.A regolare le situazioni di insolvenza per i soggetti dell’Unione Europea è intervenuto il regolamento CE n. 1346/2000 il quale, in completa riforma dell’art. 9 della Legge Fallimentare, ha stabilito che la competenza ad aprire la procedura di insolvenza spetta al Tribunale dello Stato membro nel cui territorio si trova il centro degli interessi principali del debitore che per le società coincide, generalmente, con la sede statutaria. Alla procedura di insolvenza si applica la legge dello Stato membro nel quale la stessa è stata aperta e la decisione di aprire detta procedura trova automatico riconoscimento in tutti gli stati membri quando produce effetto nello stato medesimo.Le disposizioni di cui sopra sono direttamente applicabili in tutti gli Stati dell’unione, eccezione fatta per la Danimarca, e, pertanto, ogni persona può avvalersene direttamente innanzi ai giudici nazionali. Sono escluse espressamente dal suo campo di applicazione le impresi di assicurazione, gli enti creditizi e d’investimento. Affinché possa trovare applicazione il Regolamento in questione la procedura di insolvenza deve presentare i seguenti elementi: carattere concorsuale, nel senso che i diritti di tutti i creditori

vengono esaminati nello stesso momento e, conseguentemente, vengono sospese le azioni individuali;

insolvibilità del debitore, cioè la constatazione del fatto che allo stesso è impossibile soddisfare le proprie obbligazioni;

spossessamento del debitore e cioè la limitazione del suo potere di gestione e disposizione dei propri beni;

designazione di un curatore.

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DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALEPer diritto processuale civile internazionale si intende il complesso delle norme giuridiche che regolano lo svolgimento del processo civile allorquando lo stesso coinvolge persone, fatti, atti o provvedimenti che presentano elementi di estraneità ovvero punti di contatto con ordinamenti giuridici diversi da quello in cui si svolge il processo.Come evidenziato anche il diritto internazionale processuale è costituito da norme di diritto interno emanate dal legislatore nazionale per disciplinare autonomamente determinate situazioni processuali.Una volta definita la natura e la funzione del diritto processuale civile internazionale è possibile evidenziare quali affinità e differenze sussistano tra la disciplina in esame ed il diritto internazionale privato. Alla base di entrambe le discipline vi è,in fati, la stessa esigenza: il regolamento di fattispecie, processuali e sostanziali, caratterizzate da elementi di estraneità. A ciò si aggiunga che tra il diritto internazionale privato e quello processuale si stabilisce un inevitabile collegamento operativo. Si può, infatti, affermare che il diritto processuale internazionale rappresenta la forma necessaria attraverso la quale il diritto internazionale privato trova vita e concretezza.Anche il diritto processuale civile internazionale italiano trova la sua disciplina fondamentale nelle disposizioni della legge 218 del 1995, che, soprattutto con le disposizioni del titolo II (artt. 3-12), affronta tutte le principali problematiche poste dal coinvolgimento nel processo di un elemento estraneo. A tali norme si possono aggiungere fonti provenienti dall’adesione dell’Italia ad accordi internazionali aventi ad oggetto meccanismi processuali. Fondamentale in tal senso è la Convenzione di Bruxelles del 1968 che, nell’ambito dei paesi CEE, ha creato un vero e proprio sistema uniforme di diritto processuale internazionale, al quale, del resto, si ispira gran parte delle norme della legge di riforma. Alla Convenzione di Bruxelles ha fatto seguito, nell’ambito del sempre più frequente intervento del legislatore comunitario nel campo del diritto internazionale privato e processuale, l’adozione, da parte del Consiglio dell’Unione Europea del Regolamento CE 44/01. Tale provvedimento ha disciplinato la competenza giurisdizionale internazionale, il riconoscimento e l’attuazione delle decisioni in materia civile e commerciale. La convenzione di Bruxelles, dunque, continuerà ad essere applicata soltanto ai territori degli Statiche sono esclusi dall’ambito dell’applicazione del Regolamento (Danimarca).

Criteri di collegamentoAi sensi dell’art. 3 della L. 218/95, i criteri generali di giurisdizione internazionale del giudice italiano si individuano: nel domicilio in Italia del convenuto; nella residenza in Italia del convenuto; nella presenza in Italia di un rappresentante autorizzato a stare in

giudizio ex art. 77 cpc (Art. 77 Rappresentanza del procuratore e dell`institore: “Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non e stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari. Tale

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potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica e all`institore”).

Si tratta di criteri alternativi ed operano indipendentemente dalla cittadinanza del convenuto.Inoltre, il comma 2 dell’art. 3 L. 218/95 stabilisce che la giurisdizione internazionale del giudice italiano sussiste in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione.A seguito dell'entrata in vigore del Regolamento CE n. 44/2001, ogni riferimento a tale convenzione si intende come fatto al Regolamento. D'altra parte il Regolamento in buona parte riproduce il contenuto della convenzione di Bruxelles del 1968. La disciplina delle convenzioni e del Regolamento si applica alle sole materie civili e commerciali con esclusione delle controversie concernenti lo stato e la capacità delle persone, i rapporti familiari e le successioni nonché dei procedimenti fallimentari ed arbitrali. Quanto ai criteri fissati dal regolamento in parola, essi presuppongono sempre che il convenuto abbia domicilio nel territorio di uno degli Stati membri ancorché non necessariamente quello in cui l'azione viene esercitata. I criteri sono diversificati a seconda che la controversia giudiziaria inerisca: materia contrattuale: luogo in cui l'obbligazione è stata o deve essere

eseguita; obbligazioni alimentari: luogo in cui il creditore ha il domicilio o la

residenza; illeciti civili dolosi o colposi: luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto

o può avvenire; risarcimento di danni da reato: luogo in cui è stata esercitata l'azione

penale; esercizio di succursali, agenzie o qualunque sede di attività

imprenditoriale: luogo in cui essa ha sede; la fondazione, amministrazione e gestione di un trust: luogo in cui il

trust ha domicilio.In tutti questi casi la disciplina è strutturata in modo da tutelare la parte più debole (il consumatore) con norme in materia di giurisdizione più favorevoli ai suoi interessi rispetto alle regole generali. La giurisdizione italiana è sempre esclusa in riferimento alle azioni reali(es. rivendica) relative ad immobili siti all'estero.Qualora infine la giurisdizione italiana non sia già stata affermata alla luce dei criteri generali indicati dall'art. 3, la legge di riforma prevede all'art. 4, in via sussidiaria, la giurisdizione italiana nei seguenti casi: accettazione espressa delle parti che hanno in tal senso convenuto

per iscritto (forma scritta ad probationem); accettazione implicita da parte del convenuto che compare in

giudizio senza eccepire il difetto di giurisdizione del giudice italiano nel primo atto difensivo che, nel nostro ordinamento si identifica nella comparsa di costituzione e risposta.

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La Suprema Corte, così limitando la sfera di autonomia delle parti, ha precisato, in una recente decisione (S.U. n. 1200 del 2000) che la clausola di accettazione espressa della giurisdizione italiana non può essere limitata soltanto ad alcune delle controversie scaturenti dal contratto.Per completezza si ricorda che il criterio della cittadinanza del convenuto (criterio di collegamento principe prima della Convenzione di Bruxelles) sopravvive come criterio speciale in alcune particolari materie quali, ad esempio, la filiazione (art. 37) o l’adozione (art. 40).

Provvedimenti cautelariL’art. 10 L. 218/95 stabilisce che, in materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dai criteri generali indicati dall’art. 3, quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito.

Volontaria giurisdizioneIn materia di giurisdizione volontaria, la giurisdizione sussiste, oltre che nei casi generali previsti dall’art. 3, anche quando il provvedimento richiesto è destinato a produrre effetti nei confronti di persone con cittadinanza italiana o residenti in Italia ovvero quando le procedure si riferiscono a rapporti sottoposti alla legge sostanziale italiana (art. 9 legge 218/95).

Matrimonio e potestà dei genitori, successioni, adozione, minoriNell’ambito dei Paesi dell’UE, la materia del matrimonio e della potestà dei genitori è disciplinata dal Regolamento CE 1347/00 che afferma la giurisdizione dei giudici sello Stato membro di cui i coniugi sono entrambi cittadini ovvero nel cui territorio si trova: la residenza abituale dei coniugi, del convenuto, di uno dei coniugi (in caso di domanda congiunta) ovvero dello stesso attore. Al di fuori degli Stai membri valgono i criteri generali fissati dagli artt. 3 e 32 della legge 218/95. analogamente restano fuori dalla sfera di operatività del Regolamento le questioni relative agli obblighi di mantenimento in favore del coniuge e dei figli.Le controversie in materia di successioni restano, invece, attribuite, ai sensi dell’art. 50 della legge di riforma del diritto internazionale privato italiano, al giudice italiano qualora: il de cuius era cittadino italiano; la successione si era aperta in Italia; la maggior parte dell’asse ereditario si trova in Italia; il convenuto è domiciliato o residente in Italia ovvero abbia accettato

la giurisdizione italiana; la domanda concerna beni situati in Italia.Ai sensi dell’art. 42 della legge, infine, il contenuto della Convenzione internazionale dell’Aja sulla protezione dei minori del 1961 è stato trasformato in norma generale si diritto internazionale processuale, valida erga omnes.

Derogabilità della giurisdizione italianaAi sensi dell’art. 4 comma 2 della L. 218/95, la giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga è provata per iscritto (forma scritta ad

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probationem) e la causa verte su diritti disponibili (in tal caso la disponibilità di trasferisce sul piano processuale. La deroga, per essere efficace, deve consentire l’individuazione di un giudice che potrà essere effettivamente investito dalle controversie. L’art. 4, comma 3, stabilisce, infatti, a tutela dell’interesse oggettivo a che ogni questione abbia un giudice, che la deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri convenzionalmente prescelti non possano conoscere della causa. In considerazione della frequenza, nei rapporti commerciali internazionali, del ricorso alle clausole contrattuali di deroga alla giurisdizione italiana, la disposizione dell’art. 4, comma 2, è stata oggetto di numerose e contrastanti interpretazioni. Le S.U. della Cassazione hanno, da ultimo, precisato che la clausola, anche se stipulata prima dell’entrata in vigore della legge 218 del 1995, è valida se azionata dopo tale data in quanto gli effetti del patto con cui è stata scelta la giurisdizione si producono solo nel momento in cui viene proposta la domanda (sent. n. 369 del 1999). È stata invece esclusa la validità di tale clausola allorquando, in tema di contratti internazionali, stipulati a distanza, essa sia stata inserita dal contraente estero nei documenti da lui redatti, sottoscritti e trasmessi ma il documento di accettazione della proposta sottoscritto dal contraente italiano non contenga alcun riferimento a tale opzione (Cass., S. U., n. 58 del 2000).

Momento determinante per la giurisdizioneL’art. 5 cpc, direttamente richiamato dall’art. 8 della L. 218/95, stabilisce che la giurisdizione e la competenza del giudice si determinano con riferimento allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda a nulla rilevando gli eventuali mutamenti di tale stato di fatto intervenuti successivamente (principio della perpetratio iurisdictionis).Il momento della proposizione, cui fa riferimento, l’art. 5 c.p.c., è quello in cui la domanda viene portata a conoscenza dell’altra parte con la notificazione della citazione. La seconda parte dell’art. 8 della legge 218/95 prevede che la giurisdizione sussista anche se i fatti e le norme che la determinano sono sopravvenuti dopo l’instaurazione del processo.Con l’espressione stato di fatto si fa riferimento a tutti i presupposti, anche se caratterizzati da un contenuto normativo come la residenza o il domicilio o la cittadinanza, della giurisdizione italiana ai sensi dell’art. 3 della legge, con esclusione, dunque, della sola ipotesi del mutamento delle norme sulla giurisdizione che resterebbe soggetta ai normali principi sulla successione delle leggi. A tal proposito va ricordato che la riforma del codice di procedura civile ha modificato l’originaria formulazione dell’art. 5 c.p.c. e ha ulteriormente ampliato il principio della perpetratio iurisdictionis stabilendo che la giurisdizione e la competenza si determinano riguardo allo stato di fatto ed alla legge vigente al momento della proposizione della domanda.

Litispendenza internazionaleAi sensi dell’art. 7 della L. 218/95, la litispendenza internazionale può escludere la giurisdizione italiana. Questa, tuttavia, non è rilevabile d’ufficio e deve quindi essere eccepita da una delle parti. Occorre altresì che fra i due giudizi sussista identità delle parti, dell’oggetto e del titolo

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nonché che il Giudice italiano ritenga l’eventuale provvedimento straniero produttivo di effetti nel territorio nazionale. Il giudice italiano viene, per questa via ma con effetto solo incidentale, chiamato ad un controllo anticipato sulla riconoscibilità della futura sentenza, alla luce delle cause di non riconoscibilità previste dagli artt. 64 e 65 della legge 218 del 1995.Se tale duplice valutazione è positiva il Giudice italiano non provvede alla cancellazione della causa dal ruolo così come previsto per il caso della litispendenza interna dall’art. 39 cpc; procede invero alla sospensione del procedimento in attesa della definizione di quello avviato all’estero. Qualora il procedimento straniero non si concluda con una decisione o quest’ultima non sia riconosciuta in Italia, le parti potranno riassumere il giudizio dinanzi al Giudice italiano.Contro il provvedimento che abbia rigettato l’eccezione di litispendenza non è esperibile lo strumento preventivo del regolamento di giurisdizione non potendosi, in tal caso, alcun effettivo problema di giurisdizione (orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione). Un problema in tal senso sorgerà invece allorché, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza straniera, il giudice italiano dichiarerà il proprio difetto di giurisdizione. Contro l’ordinanza che dispone la sospensione è invece esperibile il rimedio del regolamento necessario di competenza.In ambito comunitario la Convenzione di Bruxelles del 1968, all’art. 21, stabilisce che nel caso in cui davanti a Giudici di diversi paesi contraenti siano state proposte fra le stesse parti domande aventi il medesimo oggetto ed il medesimo titolo, sospende d’ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del Giudice precedentemente adito. Se la competenza del Giudice preventivamente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito deve, anche d’ufficio, dichiarare la propria incompetenza a favore del giudice precedentemente adito. La Corte di Giustizia ha dato alla nozione di litispendenza comunitaria un contenuto affatto autonomo rispetto a quella prevista e regolata dall’ordinamento dei singoli Stati ed ha considerato sufficiente, perché vi sia identità di titolo, l’identità di rapporto giuridico fondamentale sul quale si radica la domanda (ad es. lo stesso contratto) e, ai fini della corrispondenza delle domande, il medesimo scopo perseguito dall’attore. Va inoltre aggiunto che la sospensione del procedimento per litispendenza internazionale, nel sistema della Convenzione di Bruxelles, viene attivata d’ufficio e non su eccezione di parte.Con il regolamento CE 44/2001 sulle decisioni in materia commerciale, è stato per la prima volta sancito una sorta di principio di litispendenza internazionale per connessione: all’art. 28 stabilisce infatti che su istanza di parte ed a certe condizioni, il giudice possa dichiararsi incompetente anche se il procedimento avviato all’estero è non identico ma semplicemente connesso.

Immunità della giurisdizione italianaA prescindere dall’esistenza o meno dei titoli di giurisdizione di cui all’art. 3 della legge 218 del 1995, la giurisdizione dei giudici italiani viene meno rispetto a determinate categorie di soggetti: Stati stranieri, la cui sovranità risulta incompatibile con la soggezione

all’autorità di un giudice appartenente ad una altro Stato;

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Organizzazioni internazionali (ONU, CEE, FAO, NATO); Agenti diplomatici, i cui atti compiuti nell’esercizio delle funzioni

rappresentative, sono imputabili direttamente allo Stato al quale appartengono e, per questa via, rientrano nell’esclusione di cui al primo capoverso.

LA DISCIPLINA PROCESSUALEIn linea generale lo svolgimento del processo, anche in presenza di elementi di estraneità, resta disciplinato dalla lex fori cioè dalla legge dello Stato in cui il processo si svolge. Così l’art. 12 della L. 218/95 stabilisce che “il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana”.Sussistono tuttavia alcune norme particolari: Art. 142 cpc nella parte in cui detta disposizioni relative al

compimento di notifiche di atti giudiziari a persone non residenti o domiciliate in Italia;

Art. 204 cpc relativamente all’assunzione di prove all’estero per rogatoria;

Art. 163bis e 415 cpc sui diversi termini processuali per le notificazioni estere;

Art. 22 cpc ultimo comma relativamente all’individuazione del giudice italiano competente per le successioni aperte all’estero.

I mezzi di provaUna corrente minoritaria della dottrina ritiene che la disciplina dei mezzi di prova dovrebbe essere quella del fatto che rappresentano. In realtà appare preferibile la teoria di chi ritiene che i mezzi di prova, attenendo al diritto processuale piuttosto che a quello sostanziale, debbano essere anch’essi regolati dalla lex fori.

RICONOSCIMENTO ED EFFICACIA DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE E DEGLI ATTI

STRANIERISempre attinente allo svolgimento dei processi civili con aspetti di internazionalità è il problema del rilievo che il giudice italiano potrà e dovrà accordare agli atti giuridici stranieri eventualmente rilevanti ai fini della decisione della controversia sottoposta al suo esame.Naturalmente la soluzione varia anche a seconda della natura dell’atto straniero sottoposto al giudice. Dobbiamo anzitutto distinguere:1. quanto agli atti legislativi, dovrà ricorrersi al diritto internazionale

privato;2. quanto agli atti amministrativi, in via generale, non avranno alcun

valore nel sistema nazionale ad eccezione di quelli espressamente riconosciuti da leggi speciali (ad. Esempio la patente di guida);

3. quanto alle sentenze straniere, la legge 218/95 ha definitivamente accantonato il principio della improducibilità di effetti in difetto di delibazione. Ora le sentenze straniere, ricorrendo determinati presupposti, sono automaticamente riconosciute.

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Il principio del riconoscimento automaticoCome detto, perché una sentenza straniere possa essere automaticamente riconosciuta nel nostro ordinamento, debbono ricorrere alcuni presupposti indicati dall’art. 64 della L. 218/95:1. il provvedimento straniero deve essere qualificabile come

“sentenza”;2. il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo

i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano;

3. l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;

4. le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge;

5. essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;

6. essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;

7. non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;

8. le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico.A differenza del sistema preesistente dunque, la sentenza straniera è automaticamente riconosciuta. L’intervento dell’autorità giudiziaria non ha più un carattere preventivo ed obbligatorio ma soltanto successivo ed eventuale.Infatti, ai sensi dell’art. 67 della L. 218/95, l’intervento del giudice italiano avrà luogo:a) quando chiunque vi abbia interesse (generalmente il soccombente)

contesti il possesso dei requisiti suddetti;b) quando occorra attribuire efficacia esecutiva alla sentenza in

mancanza di spontanea esecuzione da parte del soccombente.Il giudizio di accertamento è di competenza della Corte d’Appello del luogo in cui la sentenza dovrà essere eseguita. Si ritiene che detta procedura debba poi essere intrapresa per tutte quelle sentenze che richiedano annotazione, iscrizione e trascrizione nei pubblici registri italiani.Infine, occorre ricordare che i principi ora dettati per il riconoscimento automatico delle sentenze straniere ricalcano in generale quanto già stabilito: con la Convenzione di Bruxelles del 1968: aveva introdotto sempre

nel segno della più ampia circolazione degli atti giuridici e dell’organizzazione della disciplina dei rapporti, un vero e proprio principio di riconoscimento internazionale automatico delle decisioni giudiziarie adottate dai giudici di uno degli Stati contraenti (art. 26). Tali provvedimenti, dunque, producono effetti nel territorio di tutti gli Stati contraenti senza necessità di alcuna delibazione o forme analoghe di controllo giurisdizionale nazionale. Solo in caso di contestazione la Convenzione prevede l’attivarsi di un meccanismo

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giudiziario di verifica, peraltro organizzato in modi e forme semplificate rispetto alla delibazione ordinaria;

con il regolamento CE n. 44/2000: in detto regolamento è stato ribadito il principio, introdotto dalla Convenzione di Bruxelles all’art. 26, del riconoscimento internazionale automatico delle decisione giudiziarie adottate dai giudici di uno degli Stati contraenti. Ai sensi dell’art. 32 del Regolamento per decisione giudiziaria deve intendersi, prescindendo dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro. Anche il Regolamento prevede che in caso di contestazione la parte interessata debba chiedere il riconoscimento per via giudiziaria della sentenza straniera. Se il riconoscimento è richiesto in via incidentale davanti ad un giudice di uno Stato membro, tale giudice, è, al riguardo, competente. Le decisioni giudiziarie non possono essere riconosciute se contrarie all’ordine pubblico, al rispetto dei principi del contraddittorio e del diritto della difesa nonché alla litispendenza internazionale e al passaggio in giudicato delle decisioni (requisiti tutti indicati dall’art. 34 del Regolamento). Anche nel sistema designato dal regolamento comunitario, per ottenere l’esecuzione coattiva della decisione straniera in Italia la parte interessata dovrà rivolgersi alla Corte d’Appello territorialmente competente.

Il riconoscimento delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio concordatarioUna particolarità da non dimenticare è che per quanto attiene al riconoscimento delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio concordatario, l’art. 8 dell’Accordo di Villa Madama del 1984 fra il nostro Paese e la Santa Sede prevede che “le sentenze di nullità del matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della Corte d’Appello competente”.Deve, pertanto, ritenersi che necessità, ancor oggi, il ricorso al procedimento di delibazione per tali sentenze che restano, così, sottratte al meccanismo del riconoscimento automatico previsto dagli artt. 64 e 65 della 218 del 1995.

Il riconoscimento delle sentenze arbitrali stranierePer quanto attiene alle sentenze arbitrali straniere (rese sempre più numerose dall’intensificarsi dei rapporti commerciali tra operatori di nazionalità differenti), in attuazione della Convenzione di New York del 1958 sulle sentenze arbitrali, la L. 25/1994 ha riformato alcuni articoli del codice di procedura civile. E’ previsto che i lodi stranieri possano essere dichiarati esecutivi con un procedimento emesso inaudita altera parte e previa verifica, da parte del Tribunale, delle condizioni richieste dall’art. 839 cpc.La controparte che voglia far valere, in contraddittorio, l’esistenza di una delle circostanze elencate espressamente dall’art. 840 cpc e che impediscono il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero, ha l’onere di proporre opposizione nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notificazione del decreto di accoglimento, innanzi alla competente Corte d’Appello. L’opposizione può essere proposta anche dalla parte

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che si vede respinte la richiesta di concessione dell’efficacia del lodo straniero. A tal proposito la Suprema Corte ha ritenuto, con sentenza 8163 del 2000, inammissibile la proponibilità dell’azione di accertamento negativo circa la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento nel nostro ordinamento del lodo straniero sulla base della considerazione che il nostro ordinamento prevede uno specifico e tipico strumento di tutela ancorato a condizioni e presupposti peculiari il cui utilizzo non può escludere alla controparte l’utilizzo degli specifici strumenti previsti dagli artt. 839 e 840 c.p.c..

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LA LEGGE DI RIFORMA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO (L. 218/95)

TITOLO I – DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1: Oggetto della legge. 1. La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri.

Articolo 2: Convenzioni internazionali. 1. Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia.2. Nell'interpretazione di tali convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza della loro applicazione uniforme.

TITOLO II – GIURISDIZIONE ITALIANA

Articolo 3: Ambito della giurisdizione. 1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge.2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio.

Articolo 4: Accettazione e deroga della giurisdizione. 1. Quando non vi sia giurisdizione in base all'articolo 3, essa nondimeno sussiste se le parti l'abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo.2. La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili.3. La deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri incaricati declinano la giurisdizione o comunque non possono conoscere della causa.

Articolo 5: Azioni reali relative ad immobili siti all'estero. 1. La giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero.

Articolo 6: Questioni preliminari. 1. Il giudice italiano conosce, incidentalmente, le questioni che non rientrano nella giurisdizione italiana e la cui soluzione è necessaria per decidere sulla domanda proposta.

Articolo 7: Pendenza di un processo straniero. 1. Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto nell'ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad istanza della parte interessata.2. La pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge.3. Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano.

Articolo 8: Momento determinante della giurisdizione. 1. Per la determinazione della giurisdizione italiana si applica l' articolo 5 del codice di procedura civile. Tuttavia la giurisdizione sussiste se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del processo.

Articolo 9: Giurisdizione volontaria 1. In materia di giurisdizione volontaria, la giurisdizione sussiste, oltre che nei casi specificamente contemplati dalla presente legge e in quelli in cui è prevista la competenza per territorio di un giudice italiano, quando il provvedimento richiesto concerne un cittadino italiano o una persona residente in Italia o quando esso riguarda situazioni o rapporti ai quali è applicabile la legge italiana.

Articolo 10: Materia cautelare. 1. In materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito.

Articolo 11: Rilevabilità del difetto di giurisdizione. 1. Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudice d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale.

Articolo 12: Legge regolatrice del processo. 1. Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana.

TITOLO III – DIRITTO APPLICABILE

Capo I – Disposizioni generali

Articolo 13: Rinvio. 1. Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato:a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio;b) se si tratta di rinvio alla legge italiana.

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2. L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa:a) nei casi in cui le disposizioni della presente

legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate;

b) riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti;

c) in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo.

3. Nei casi di cui agli articoli 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione.4. Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione.

Articolo 14: Conoscenza della legge straniera applicabile. 1. L'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate.2. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Articolo 15: Interpretazione e applicazione della legge straniera. 1. La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo.

Articolo 16: Ordine pubblico. 1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Articolo 17: Norme di applicazione necessaria. 1. E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

Articolo 18: Ordinamenti plurilegislativi. 1. Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordinamento.2. Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie presenta il collegamento più stretto.

Articolo 19: Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze. 1. Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apolide o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio o, in mancanza, la legge dello Stato di residenza.2. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale.

Capo II – Capacità e diritti delle persone fisiche

Articolo 20: Capacità giuridica delle persone fisiche. 1. La capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Le condizioni speciali di capacità, prescritte dalla legge regolatrice di un rapporto, sono disciplinate dalla stessa legge.

Articolo 21: Commorienza. 1. Quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, il momento della morte si accerta in base alla legge regolatrice del rapporto rispetto al quale l'accertamento rileva.

Articolo 22: Scomparsa, assenza e morte presunta. 1. I presupposti e gli effetti della scomparsa, dell'assenza e della morte presunta di una persona sono regolati dalla sua ultima legge nazionale.2. Sussiste la giurisdizione italiana per le materie di cui al comma 1:a) se l'ultima legge nazionale della persona era

quella italiana;b) se l'ultima residenza della persona era in Italia;c) se l'accertamento della scomparsa,

dell'assenza o della morte presunta può produrre effetti giuridici nell'ordinamento italiano.

Articolo 23: Capacità di agire delle persone fisiche. 1. La capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge.2. In relazione a contratti tra persone che si trovano nello stesso Stato, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui il contratto è concluso può invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale solo se l'altra parte contraente, al momento della conclusione del contratto, era a conoscenza di tale incapacità o l'ha ignorata per sua colpa.3. In relazione agli atti unilaterali, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui l'atto è compiuto può invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale soltanto se ciò non rechi pregiudizio a soggetti che senza loro colpa hanno fatto affidamento sulla capacità dell'autore dell'atto.4. Le limitazioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano agli atti relativi a rapporti di famiglia e di successione per causa di morte, né agli atti relativi a diritti reali su immobili situati in uno Stato diverso da quello in cui l'atto è compiuto.

Articolo 24: Diritti della personalità. 1. L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto.2. Le conseguenze della violazione dei diritti di cui al comma 1 sono regolate dalla legge applicabile alla responsabilità per fatti illeciti.

Capo III – Persone giuridiche

Articolo 25: Società ed altri enti. 1. Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il

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procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti.2. In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente:a) la natura giuridica;b) la denominazione o ragione sociale;c) la costituzione, la trasformazione e l'estinzione;d) la capacità;e) la formazione, i poteri e le modalità di

funzionamento degli organi;f) la rappresentanza dell'ente;g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità

di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità;

h) la responsabilità per le obbligazioni dell'ente;i) le conseguenze delle violazioni della legge o

dell'atto costitutivo.3. I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati.

Capo IV – Rapporti di famiglia

Articolo 26: Promessa di matrimonio. 1. La promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi o, in mancanza, dalla legge italiana.

Articolo 27: Condizioni per contrarre matrimonio. 1. La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia.

Articolo 28: Forma del matrimonio. 1. Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento.

Articolo 29: Rapporti personali tra coniugi. 1. I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune.2. I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Articolo 30: Rapporti patrimoniali tra coniugi. 1. I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali. I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.2. L'accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l'accordo è stato stipulato.3. Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa. Relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano.

Articolo 31: Separazione personale e scioglimento del matrimonio. 1. La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.2. La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana.

Articolo 32: Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio. 1. In materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall'articolo 3, anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia.

Articolo 33: Filiazione. 1. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita.2. E' legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita del figlio.3. La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge.

Articolo 34: Legittimazione. 1. La legittimazione per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento.2. Negli altri casi, la legittimazione è regolata dalla legge dello Stato di cui è cittadino, al momento della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene legittimato. Per la legittimazione destinata ad avere effetto dopo la morte del genitore legittimante, si tiene conto della sua cittadinanza al momento della morte.

Articolo 35: Riconoscimento di figlio naturale. 1. Le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene.2. La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.3. La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso è fatto o da quella che ne disciplina la sostanza.

Articolo 36: Rapporti tra genitori e figli. 1. I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

Articolo 37: Giurisdizione in materia di filiazione. 1. In materia di filiazione e di rapporti personali fra genitori e figli la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti rispettivamente dagli articoli 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia.

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Capo V - Adozione

Articolo 38: Adozione. 1. I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione. Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio legittimo.2. E' in ogni caso salva l'applicazione della legge nazionale dell'adottando maggiorenne per la disciplina dei consensi che essa eventualmente richieda.

Articolo 39: Rapporto fra adottato e famiglia adottiva. 1. I rapporti personali e patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Articolo 40: Giurisdizione in materia di adozione. 1. I giudici italiani hanno giurisdizione in materia di adozione allorché:a) gli adottanti o uno di essi o l'adottando sono

cittadini italiani ovvero stranieri residenti in Italia;

b) l'adottando è un minore in stato di abbandono in Italia.

2. In materia di rapporti personali o patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi i giudici italiani hanno giurisdizione, oltre che nelle ipotesi previste dall'articolo 3, ogni qualvolta l'adozione si è costituita in base al diritto italiano.

Articolo 41: Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione.

Capo VI – Protezione degli incapaci e obblighi alimentari

1. I provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli articoli 64, 65 e 66.2. Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori.

Articolo 42: Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori. 1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la legge 24 ottobre 1980, n. 742.2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.

Articolo 43: Protezione dei maggiori d'età. 1. I presupposti e gli effetti delle misure di protezione degli incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura, sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace. Tuttavia, per proteggere in via provvisoria e urgente la persona o i beni dell'incapace, il giudice

italiano può adottare le misure previste dalla legge italiana.

Articolo 44: Giurisdizione in materia di protezione dei maggiori d'età. 1. La giurisdizione italiana in materia di misure di protezione degli incapaci maggiori di età sussiste, oltre che nei casi previsti dagli articoli 3 e 9, anche quando esse si rendono necessarie per proteggere, in via provvisoria e urgente, la persona o i beni dell'incapace che si trovino in Italia.2. Quando in base all'articolo 66 nell'ordinamento italiano si producono gli effetti di un provvedimento straniero in materia di capacità di uno straniero, la giurisdizione italiana sussiste per pronunciare i provvedimenti modificativi o integrativi eventualmente necessari.

Articolo 45: Obbligazioni alimentari nella famiglia. 1. Le obbligazioni alimentari nella famiglia sono in ogni caso regolate dalla Convenzione dell'Aja del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, resa esecutiva con la legge 24 ottobre 1980, n. 745.

Capo VII - Successioni

Articolo 46: Successione per causa di morte. 1. La successione per causa di morte è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta, al momento della morte.2. Il soggetto della cui eredità si tratta può sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l'intera successione alla legge dello Stato in cui risiede. La scelta non ha effetto se al momento della morte il dichiarante non risiedeva più in tale Stato. Nell'ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta non pregiudica i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte della persona della cui successione si tratta.3. La divisione ereditaria è regolata dalla legge applicabile alla successione, salvo che i condividenti, d'accordo fra loro, abbiano designato la legge del luogo d'apertura della successione o del luogo ove si trovano uno o più beni ereditari.

Articolo 47: Capacità di testare. 1. La capacità di disporre per testamento, di modificarlo o di revocarlo è regolata dalla legge nazionale del disponente al momento del testamento, della modifica o della revoca.

Articolo 48: Forma del testamento. 1. Il testamento è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza.

Articolo 49: Successione dello Stato. 1. Quando la legge applicabile alla successione, in mancanza di successibili, non attribuisce la successione allo Stato, i beni ereditari esistenti in Italia sono devoluti allo Stato italiano.

Articolo 50: Giurisdizione in materia successoria. 1. In materia successoria la giurisdizione italiana sussiste:a) se il defunto era cittadino italiano al momento

della morte;b) se la successione si è aperta in Italia;c) se la parte dei beni ereditari di maggiore

consistenza economica è situata in Italia;

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d) se il convenuto è domiciliato o residente in Italia o ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all'estero;

e) se la domanda concerne beni situati in Italia.

Capo VIII – Diritti reali

Articolo 51: Possesso e diritti reali. 1. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano.2. La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto.

Articolo 52: Diritti reali su beni in transito. 1. I diritti reali su beni in transito sono regolati dalla legge del luogo di destinazione.

Articolo 53: Usucapione di beni mobili. 1. L'usucapione di beni mobili è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al compimento del termine prescritto.

Articolo 54: Diritti su beni immateriali. 1. I diritti su beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato di utilizzazione.

Articolo 55: Pubblicità degli atti relativi ai diritti reali. 1. La pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti reali è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al momento dall'atto.

Capo IX - Donazioni

Articolo 56: Donazioni. 1. Le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante al momento della donazione.2. Il donante può, con dichiarazione espressa contestualmente alla donazione, sottoporre la donazione stessa alla legge dello Stato in cui egli risiede.3. La donazione è valida, quanto alla forma, se è considerata tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato nel quale l'atto è compiuto.

Capo X – Obbligazioni contrattuali

Articolo 57: Obbligazioni contrattuali. 1. Le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, resa esecutiva con la legge 18 dicembre 1984, n. 975, senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali, in quanto applicabili.

Capo XI – Obbligazioni non contrattuali

Articolo 58: Promessa unilaterale. 1. La promessa unilaterale è regolata dalla legge dello Stato in cui viene manifestata.

Articolo 59: Titoli di credito. 1. La cambiale, il vaglia cambiario e l'assegno sono in ogni caso regolati dalle disposizioni contenute nelle Convenzioni di Ginevra del 7 giugno 1930, sui conflitti di legge in materia di cambiale e di vaglia cambiario, di cui al regio decreto-legge 25 agosto 1932, n. 1130, convertito dalla legge 22 dicembre 1932, n. 1946, e del 19 marzo 1931, sui conflitti di legge in materia di assegni bancari, di cui al regio

decreto-legge 24 agosto 1933, n. 1077, convertito dalla legge 4 gennaio 1934, n. 61.2. Tali disposizioni si applicano anche alle obbligazioni assunte fuori dei territori degli Stati contraenti o allorché esse designino la legge di uno Stato non contraente.3. Gli altri titoli di credito sono regolati dalla legge dello Stato in cui il titolo è stato emesso. Tuttavia le obbligazioni diverse da quella principale sono regolate dalla legge dello Stato in cui ciascuna è stata assunta.

Articolo 60: Rappresentanza volontaria. 1. La rappresentanza volontaria è regolata dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la propria sede d'affari sempre che egli agisca a titolo professionale e che tale sede sia conosciuta o conoscibile dal terzo. In assenza di tali condizioni si applica la legge dello Stato in cui il rappresentante esercita in via principale i suoi poteri nel caso concreto.2. L'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza è valido, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui è posto in essere.

Articolo 61: Obbligazioni nascenti dalla legge. 1. La gestione di affari altrui, l'arricchimento senza causa, il pagamento dell'indebito e le altre obbligazioni legali, non diversamente regolate dalla presente legge, sono sottoposti alla legge dello Stato in cui si è verificato il fatto da cui deriva l'obbligazione.

Articolo 62: Responsabilità per fatto illecito. 1. La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento. Tuttavia il danneggiato può chiedere l'applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno.2. Qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato.

Articolo 63: Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto. 1. La responsabilità per danno da prodotto è regolata, a scelta del danneggiato, dalla legge dello Stato in cui si trova il domicilio o l'amministrazione del produttore, oppure da quella dello Stato in cui il prodotto è stato acquistato, a meno che il produttore provi che il prodotto vi è stato immesso in commercio senza il suo consenso.

TITOLO IV – EFFICACIA DI SENTENZE ED ATTI STRANIERI

Articolo 64: Riconoscimento di sentenze straniere. 1. La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando:a) il giudice che l'ha pronunciata poteva

conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano;

b) l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;

c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge;

d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;

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e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;

f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;

g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico.

Articolo 65: Riconoscimento di provvedimenti stranieri. 1. Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa.

Articolo 66: Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria. 1. I provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano.

Articolo 67: Attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento. 1. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla corte d'appello del luogo di attuazione l'accertamento dei requisiti del riconoscimento.2. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l'attuazione e per l'esecuzione forzata.3. Se la contestazione ha luogo nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al giudizio.

Articolo 68: Attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'estero. 1. Le norme di cui all'articolo 67 si applicano anche rispetto all'attuazione e all'esecuzione forzata in Italia di atti pubblici ricevuti in uno Stato estero e ivi muniti di forza esecutiva.

Articolo 69: Assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri. 1. Le sentenze e i provvedimenti di giudici stranieri riguardanti esami di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti, interrogatori o altri mezzi di prova da assumersi nella Repubblica sono resi esecutivi con decreto della corte d'appello del luogo in cui si deve procedere a tali atti.2. Se l'assunzione dei mezzi di prova è chiesta dalla parte interessata, l'istanza è proposta alla corte mediante ricorso, al quale deve essere unita copia autentica della sentenza o del provvedimento che

ha ordinato gli atti chiesti. Se l'assunzione è domandata dallo stesso giudice, la richiesta deve essere trasmessa in via diplomatica.3. La corte delibera in camera di consiglio e, qualora autorizzi l'assunzione, rimette gli atti al giudice competente.4. Può disporsi l'assunzione di mezzi di prova o l'espletamento di altri atti istruttori non previsti dall'ordinamento italiano sempreché essi non contrastino con i princìpi dell'ordinamento stesso.5. L'assunzione o l'espletamento richiesti sono disciplinati dalla legge italiana. Tuttavia si osservano le forme espressamente richieste dall'autorità giudiziaria straniera in quanto compatibili con i princìpi dell'ordinamento italiano.

Articolo 70: Esecuzione richiesta in via diplomatica. 1. Se la richiesta per l'assunzione di mezzi di prova di atti di istruzione è fatta in via diplomatica e la parte interessata non ha costituito un procuratore che ne promuova l'assunzione, i provvedimenti necessari per questa sono pronunciati d'ufficio dal giudice procedente e le notificazioni sono fatte a cura del cancelliere.

Articolo 71: Notificazione di atti di autorità straniere 1. La notificazione di citazioni a comparire davanti ad autorità straniere o di altri atti provenienti da uno Stato estero è autorizzata dal pubblico ministero presso il tribunale nella cui giurisdizione la notificazione si deve eseguire.2. La notificazione richiesta in via diplomatica è eseguita, a cura del pubblico ministero, da un ufficiale giudiziario da lui richiesto.3. La notificazione avviene secondo le modalità previste dalla legge italiana. Tuttavia si osservano le modalità richieste dall'autorità straniera in quanto compatibili con i princìpi dell'ordinamento italiano. In ogni caso l'atto può essere consegnato, da chi procede alla notificazione, al destinatario che lo accetti volontariamente.

TITOLO V – DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Articolo 72: Disposizioni transitorie. 1. La presente legge si applica in tutti i giudizi iniziati dopo la data della sua entrata in vigore, fatta salva l'applicabilità alle situazioni esaurite prima di tale data delle previgenti norme di diritto internazionale privato.2. I giudizi pendenti sono decisi dal giudice italiano se i fatti e le norme che determinano la giurisdizione sopravvengono nel corso del processo.

Articolo 73: Abrogazioni. 1. Sono abrogati gli articoli dal 17 al 31 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, nonche' gli articoli 2505 e 2509 del codice civile e gli articoli 2, 3, 4 e 37, secondo comma, del codice di procedura civile; gli articoli dal 796 all'805 del codice di procedura civile sono abrogati a far data dal 31 dicembre 1996.

Articolo 74: Entrata in vigore1. La presente legge entra in vigore il 1 settembre 1995; gli articoli dal 64 al 71 entrano in vigore il 31 dicembre 1996.

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SOMMARIO

PRINCIPI GENERALI.......................................................................................................3

Il diritto internazionale privato dalle origini al XX secolo........................................3NOZIONE, OGGETTO E FUNZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO........................6LE FONTI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO...........................................................6

La Legge 31 maggio 1995 n 218................................................................................7Convenzioni internazionali d.i.p................................................................................7Convenzione di Roma del 1981.................................................................................7Il diritto comunitario..................................................................................................7La prassi.....................................................................................................................8La funzione delle norme di diritto internazionale privato..........................................8

La struttura della norma di D.i.p...................................................................................9Il problema delle qualificazioni.................................................................................9Il criterio di collegamento........................................................................................11Il criterio della cittadinanza in particolare...............................................................11Concorso di criteri di collegamento.........................................................................12

FUNZIONAMENTO DELLA NORMA DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO........................13Interpretazione ed applicazione del diritto straniero richiamato..............................13Mancata individuazione del diritto straniero............................................................14Ordinamento straniero plurilegislativo....................................................................15Adattamento.............................................................................................................15

FUNZIONAMENTO DELLA NORMA DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRI-VATO E I LIMITI ALL’APPLICAZIONE DELLA NORMA STRANIERA RICHIAMATA...................................................................................................................15

Portata del rinvio: rinvio "oltre" e rinvio "indietro"...................................................15Interpretazione del diritto straniero.............................................................................16

LIMITI ALL’APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO........................................................16Limite dell’ordine pubblico......................................................................................17Norme di applicazione necessaria............................................................................19Incostituzionalità......................................................................................................20La reciprocità...........................................................................................................21La lex mercatoria......................................................................................................21

LA NORMATIVA IN PARTICOLARE..........................................................................22

SOGGETTI DI DIRITTO........................................................................................................22Stato delle persone...................................................................................................22Capacità giuridica e capacità di agire.......................................................................23Posizione degli incapaci...........................................................................................23Scomparsa, assenza, morte presunta........................................................................24Commorienza...........................................................................................................24

Persone giuridiche.......................................................................................................24Diritti della personalità.............................................................................................24

FORMA DEGLI ATTI...........................................................................................................24La pubblicità degli atti.............................................................................................25

RAPPORTI DI FAMIGLIA E DIRITTI DELLA PERSONALITÀ...................................................25Promessa di matrimonio..............................................................................................25Matrimonio...................................................................................................................25

Il matrimonio concordatario.....................................................................................26Rapporto matrimoniale................................................................................................26Separazione personale e divorzio................................................................................27

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Page 63: Diritto Internazionale Privato

Rapporti tra genitori e figli..........................................................................................28Gli “status” dei figli.................................................................................................28

Diritti della personalità................................................................................................30SUCCESSIONI E DONAZIONI...............................................................................................30

Forma del testamento...................................................................................................31Mancanza di successibili..............................................................................................31Testamento internazionale...........................................................................................31

I patti successori.......................................................................................................32Donazioni.....................................................................................................................32

DIRITTI REALI...................................................................................................................33Beni mobili in transito..................................................................................................33Usucapione di beni mobili...........................................................................................34Diritti sui beni immateriali...........................................................................................34Pubblicità degli atti......................................................................................................34

OBBLIGAZIONI..................................................................................................................34Obbligazioni contrattuali.............................................................................................34

Fonti.........................................................................................................................34Regole generali.........................................................................................................34Criteri di collegamento.............................................................................................35Mutamento della legge applicabile..........................................................................35Criterio del collegamento più prossimo...................................................................36Limiti al funzionamento dei suddetti criteri.............................................................36Validità, forma e capacità........................................................................................37

Regole specifiche..........................................................................................................37Contratti conclusi dai consumatori...........................................................................37Contratto di lavoro...................................................................................................38

Compravendita internazionale di beni mobili..............................................................38Rappresentanza............................................................................................................38

L’E-Commerce.........................................................................................................39Obbligazioni non contrattuali......................................................................................40

Obbligazioni da fatto illecito....................................................................................40Obbligazioni da altri atti o fatti idonei a produrle....................................................40

SOCIETÀ E PROCEDURE DI INSOLVENZA...........................................................................40Le vicende societarie................................................................................................41Procedure di insolvenza...........................................................................................41

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE.............................................................42Criteri di collegamento.............................................................................................43Provvedimenti cautelari...........................................................................................44Volontaria giurisdizione...........................................................................................44Matrimonio e potestà dei genitori, successioni, adozione, minori...........................44Derogabilità della giurisdizione italiana..................................................................45Momento determinante per la giurisdizione............................................................45Litispendenza internazionale....................................................................................46Immunità della giurisdizione italiana.......................................................................47

LA DISCIPLINA PROCESSUALE.................................................................................47

I mezzi di prova........................................................................................................47

RICONOSCIMENTO ED EFFICACIA DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE E DEGLI ATTI STRANIERI...............................................................................................47

Il principio del riconoscimento automatico..............................................................48

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Page 64: Diritto Internazionale Privato

Il riconoscimento delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio concordatario..................................................................................................................................49Il riconoscimento delle sentenze arbitrali straniere..................................................49

LA LEGGE DI RIFORMA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO (L. 218/95).................................................................................................................................51

TITOLO I – DISPOSIZIONI GENERALI................................................................................51Articolo 1: Oggetto della legge................................................................................51Articolo 2: Convenzioni internazionali....................................................................51

TITOLO II – GIURISDIZIONE ITALIANA.............................................................................51Articolo 3: Ambito della giurisdizione....................................................................51Articolo 4: Accettazione e deroga della giurisdizione.............................................51Articolo 5: Azioni reali relative ad immobili siti all'estero......................................51Articolo 6: Questioni preliminari.............................................................................51Articolo 7: Pendenza di un processo straniero.........................................................51Articolo 8: Momento determinante della giurisdizione...........................................51Articolo 9: Giurisdizione volontaria........................................................................51Articolo 10: Materia cautelare.................................................................................51Articolo 11: Rilevabilità del difetto di giurisdizione...............................................51Articolo 12: Legge regolatrice del processo............................................................51

TITOLO III – DIRITTO APPLICABILE..................................................................................51Capo I – Disposizioni generali....................................................................................51

Articolo 13: Rinvio..................................................................................................51Articolo 14: Conoscenza della legge straniera applicabile......................................52Articolo 15: Interpretazione e applicazione della legge straniera............................52Articolo 16: Ordine pubblico...................................................................................52Articolo 17: Norme di applicazione necessaria.......................................................52Articolo 18: Ordinamenti plurilegislativi.................................................................52Articolo 19: Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze.................................52

Capo II – Capacità e diritti delle persone fisiche........................................................52Articolo 20: Capacità giuridica delle persone fisiche..............................................52Articolo 21: Commorienza.......................................................................................52Articolo 22: Scomparsa, assenza e morte presunta..................................................52Articolo 23: Capacità di agire delle persone fisiche................................................52Articolo 24: Diritti della personalità........................................................................52

Capo III – Persone giuridiche......................................................................................52Articolo 25: Società ed altri enti..............................................................................52

Capo IV – Rapporti di famiglia....................................................................................53Articolo 26: Promessa di matrimonio......................................................................53Articolo 27: Condizioni per contrarre matrimonio..................................................53Articolo 28: Forma del matrimonio.........................................................................53Articolo 29: Rapporti personali tra coniugi.............................................................53Articolo 30: Rapporti patrimoniali tra coniugi.........................................................53Articolo 31: Separazione personale e scioglimento del matrimonio.......................53Articolo 32: Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione person-ale e scioglimento del matrimonio...........................................................................53Articolo 33: Filiazione.............................................................................................53Articolo 34: Legittimazione.....................................................................................53Articolo 35: Riconoscimento di figlio naturale........................................................53Articolo 36: Rapporti tra genitori e figli..................................................................53Articolo 37: Giurisdizione in materia di filiazione..................................................53

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Page 65: Diritto Internazionale Privato

Capo V - Adozione.......................................................................................................53Articolo 38: Adozione..............................................................................................53Articolo 39: Rapporto fra adottato e famiglia adottiva............................................53Articolo 40: Giurisdizione in materia di adozione...................................................53Articolo 41: Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione.. 54

Capo VI – Protezione degli incapaci e obblighi alimentari........................................54Articolo 42: Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori...................................................................................................................................54Articolo 43: Protezione dei maggiori d'età...............................................................54Articolo 44: Giurisdizione in materia di protezione dei maggiori d'età...................54Articolo 45: Obbligazioni alimentari nella famiglia................................................54

Capo VII - Successioni.................................................................................................54Articolo 46: Successione per causa di morte...........................................................54Articolo 47: Capacità di testare................................................................................54Articolo 48: Forma del testamento...........................................................................54Articolo 49: Successione dello Stato........................................................................54Articolo 50: Giurisdizione in materia successoria...................................................54

Capo VIII – Diritti reali...............................................................................................54Articolo 51: Possesso e diritti reali..........................................................................54Articolo 52: Diritti reali su beni in transito..............................................................54Articolo 53: Usucapione di beni mobili...................................................................54Articolo 54: Diritti su beni immateriali....................................................................54Articolo 55: Pubblicità degli atti relativi ai diritti reali............................................54

Capo IX - Donazioni....................................................................................................54Articolo 56: Donazioni.............................................................................................54

Capo X – Obbligazioni contrattuali.............................................................................55Articolo 57: Obbligazioni contrattuali.....................................................................55

Capo XI – Obbligazioni non contrattuali.....................................................................55Articolo 58: Promessa unilaterale............................................................................55Articolo 59: Titoli di credito....................................................................................55Articolo 60: Rappresentanza volontaria...................................................................55Articolo 61: Obbligazioni nascenti dalla legge........................................................55Articolo 62: Responsabilità per fatto illecito...........................................................55Articolo 63: Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto......................55

TITOLO IV – EFFICACIA DI SENTENZE ED ATTI STRANIERI...............................................55Articolo 64: Riconoscimento di sentenze straniere..................................................55Articolo 65: Riconoscimento di provvedimenti stranieri.........................................55Articolo 66: Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria...................................................................................................................................55Articolo 67: Attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento........................................................55Articolo 68: Attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'estero................56Articolo 69: Assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri.................56Articolo 70: Esecuzione richiesta in via diplomatica...............................................56Articolo 71: Notificazione di atti di autorità straniere.............................................56

TITOLO V – DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI............................................................56Articolo 72: Disposizioni transitorie........................................................................56Articolo 73: Abrogazioni.........................................................................................56Articolo 74: Entrata in vigore..................................................................................56

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