e la missione del proletariato - pmli.it · farla contare nel mondo e tra ... La Boschi non si...

16
Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 32 - 11 settermbre 2014 www.pmli.it PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Comitato centrale Domenica 7 settembre 2014 - ore 10.00 Firenze - Sala ex Leopoldine - Piazza Tasso, 7 parlerà Loris Sottoscritti a nome del Comitato centrale del PMLI Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] Commemorazione di Mao nel 38° Anniversario della scomparsa 1976 - 9 Settembre - 2014 Mao e la missione del proletariato Mao e la missione del proletariato Fuoco sul quartier generale! - manifesto del 1967 L’iniziativa è aperta al pubblico

Transcript of e la missione del proletariato - pmli.it · farla contare nel mondo e tra ... La Boschi non si...

Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 32 - 11 settermbre 2014

www.pmli.it

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOComitato centrale

Domenica 7 settembre 2014 - ore 10.00Firenze - Sala ex Leopoldine - Piazza Tasso, 7

parlerà Loris Sottoscrittia nome del Comitato centrale del PMLI

Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

Commemorazione di Mao nel 38° Anniversario della scomparsa1976 - 9 Settembre - 2014

Maoe la missione

del proletariato

Maoe la missione

del proletariato

Fuoco sul quartier generale! - manifesto del 1967

L’iniziativaè apertaal pubblico

2 il bolscevico / regime neofascista N. 32 - 11 settembre 2014

L’Ufficio politico del PMLI ha denunciato immediatamen-te, 24 ore dopo aver ottenuto la fiducia in Senato, la natura di destra del governo del Ber-lusconi democristiano Renzi. Nessun altro partito, nemmeno i politicanti e i sindacalisti più a sinistra della borghesia l’ave-vano capito. All’inizio balbet-tavano, non sapevano come inquadrarlo, erano confusi, ab-

bagliati dal decisionismo, dalla velocità, dalla demagogia, dal-la mancia promessa di 80 euro in media al mese a una parte dei lavoratori. Poi, piano pia-no, ci sono arrivati. Grazie al PMLI? Non tutti hanno però capito che

Matteo Renzi è una reincarna-zione moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi; che le sue “riforme” elettorali, isti-tuzionali e costituzionali con-cordate con il neoduce Berlu-sconi sono golpiste, antidemo-cratiche e piduiste; che il suo nazionalismo è simile a quello di Mussolini che voleva dare all’Italia “un posto al sole” per farla contare nel mondo e tra

le grandi potenze imperialiste; che la liberalizzazione dei con-tratti a termine e dell’apprendi-stato è un crimine sociale che aumenta il precariato e pena-lizza i giovani. Solo ieri l’al-tro, Grillo ha riconosciuto che Renzi è “figlio della P2”, ma si

contraddice definendolo “ebe-tino”. Se non si ferma subito, Renzi durerà venti anni. Che si sve-glino allora i vertici dei sinda-cati confederali e i “sindacati di base” e proclamino unita-riamente uno sciopero genera-le di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. I marxisti-leninisti italiani co-munque non gli daranno pace

finché il suo governo non sarà spazzato via dalla piazza. La sua camicia bianca a maniche rimboccate democristiana e fascista ci disturba la vista. Per rifarci gli occhi, auspichiamo di vedere tante camicie rosse nelle manifestazioni

dal Rapporto di Giovanni Scuderi alla 4ª Sessione plenaria allargata del 5° Comitato centrale del PMLI - Firenze, 5 Aprile 2014

Il duce e i suoi successori

N. 32 - 11 settembre 2014 regime neofascista / il bolscevico 3Secondo il piano fascista della P2 e il famigerato patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi

I SeNatoRI aPPRovaNo IN PRIma lettuRa la caNcellazIoNe del SeNato

della coStItuzIoNe del ’48La Boschi non si vergogna di baciare in aula i suoi compari Romani e Verdini di Forza Italia

“Questa riforma porta due fir-me: quelle di Renzi e di Berlusco-ni”. La dichiarazione trionfale del capogruppo di Forza Italia Roma-ni rivela perfettamente il significa-to politico dell’approvazione della controriforma che cancella il Se-nato della Costituzione del ’48, avvenuta in prima lettura l’8 ago-sto scorso proprio nell’aula di Pa-lazzo Madama. Solo che ai nomi del nuovo Berlusconi e del delin-quente di Arcore, Romani avreb-be dovuto aggiungere quello del rinnegato Giorgio Napolitano, loro grande sponsor e protettore, e quello di Licio Gelli, a cui spetta il copyright del progetto originale.

Questa controriforma, concor-data tra Renzi e Berlusconi nel fa-migerato patto del Nazareno del 18 gennaio, contestualmente con la legge elettorale Italicum e con la benedizione del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, realizza infatti un passaggio fondamentale del piano fascista della P2, spia-nando la strada al completamento e all’ufficializzazione della repub-blica presidenziale già in vigore di fatto. A questo mira l’abolizio-ne “del bicameralismo perfetto” (“un’anomalia tutta italiana”, se-condo la falsa definizione dell’in-quilino del Quirinale), con la tra-sformazione del Senato di 315 rappresentanti in una camera di 100 membri non eletti a suffragio universale, di cui 5 nominati dal Capo dello Stato e 95 nominati dai partiti maggioritari scegliendoli tra i governatori regionali e i sindaci, nella misura rispettivamente di 74 e 21. Senza potere legislativo, se non su provvedimenti di inte-resse regionale e costituzionale, e senza alcun potere di controllo sul governo, dato che non vota la fi-ducia e che può solo esprimere pa-reri non vincolanti sulle leggi ap-provate dalla Camera. Però dotata ancora di immunità parlamentare, in modo da poter servire all’occor-renza per salvare dai processi For-migoni, Penati, Fiorito, Scopelliti, Orsoni e corrotti vari.

A ciò si aggiunga che la Ca-mera dei deputati, unico organo legislativo rimasto, sarà tenuta a garantire corsie preferenziali ai provvedimenti del governo, con l’obbligo di approvarli o respin-gerli entro due mesi, pena la loro messa in votazione, articolo per ar-ticolo e con voto di fiducia. Non si fa fatica a capire, allora, che que-sta controriforma sovverte radi-calmente l’equilibrio tra i poteri istituzionali disegnato nella Carta del ’48, riducendo drasticamente il potere del parlamento e aumen-tando di conseguenza quello del governo e del presidente del Con-siglio in particolare, sancendo con ciò una trasformazione surrettizia della repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, nella for-ma del premierato.

Infatti il potere legislativo ri-dotto a una sola camera e con ul-teriori limitazioni, e l’altra camera nominata dai partiti, senza potere legislativo e di controllo, ma che, pur così addomesticato, asservito e privo di legittimazione del voto popolare, partecipa all’elezione del capo dello Stato, dei giudici

costituzionali e del Consiglio su-periore della magistratura, in com-binazione con una legge elettorale ultra maggioritaria come l’Itali-cum, consentirà al candidato pre-mier vincente non soltanto di ga-rantirsi la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e di sceglier-si i senatori. Ma anche di nominare il presidente della Repubblica, di controllare 10 dei 15 giudici del-la Corte costituzionale (5 nomina-ti dal capo dello Stato e 5 dal par-lamento), e di assoggettare pure il Csm, tramite un terzo di consi-glieri e il vicepresidente nominati dal parlamento, più il presidente che poi è lo stesso capo dello Sta-to. Uno sfregio allo Stato di diritto borghese.

Poteri mussoliniani al presidente del consiglio

A quanto detto sopra bisogna ancora aggiungere la riduzione dei diritti democratici ed elettorali borghesi dovuta all’abolizione del-le province, che taglia ulteriormen-te la rappresentanza politica per le masse già decurtata del Senato, e alle nuove soglie di sbarramento per i referendum abrogativi e per le leggi di iniziativa popolare: le cui firme da raccogliere sono state au-mentate da 500 mila a 800 mila per i referendum (sia pure, per effetto di un emendamento, abbassando il quorum dalla maggioranza degli aventi diritto alla maggioranza dei votanti alle precedenti politiche); e da 50 mila a 150 mila (nel testo del governo erano state addirittura quintuplicate), per le leggi di ini-ziativa popolare.

Si tratta quindi nel complesso di poteri affidati ad un presiden-te del Consiglio che non hanno precedenti nella storia dell’Unità d’Italia, tranne nel caso di Mus-solini, denunciati anche da diversi autorevoli giuristi e costituzionali-sti democratico borghesi come Do-menico Gallo, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Massimo Villone ed altri. Senza contare che, come già aveva tentato di fare il rinne-gato D’Alema con la Bicamerale golpista (“Renzi è riuscito là dove non ce l’ha fatta Massimo D’Ale-ma”, ha riconosciuto infatti l’ex dalemiano Nicola Latorre), il pre-mierato così instaurato surrettizia-mente da Renzi vuole essere solo un ponte verso la repubblica presi-denziale a tutto tondo, come stabi-lito nel “piano di rinascita demo-

cratica” e nello “Schema R” della P2. Non a caso infatti a giugno, in occasione dell’accordo con Berlu-sconi sul testo definitivo a firma Fi-nocchiaro-Calderoli da presentare in Senato, al ringalluzzito neodu-ce che era tornato alla carica chie-dendo di inserire anche l’elezione diretta del presidente della Repub-blica, Renzi non aveva chiuso le porte, ma si era limitato a giudi-carla una questione “inopportuna e intempestiva”. E la ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, con candore, aveva precisato in un’in-tervista all’organo dei vescovi ita-liani “Avvenire”: “Oggi il tema è il nuovo Senato e io sono serena. Il treno corre. Mi auguro che non ci siano slittamenti. Una volta appro-vata questa riforma possiamo pas-sare al tema del presidenzialismo. Chiudiamo, poi apriamo un nuovo tavolo”.

Il che dimostra che il patto del Nazareno va ben oltre i soli “atti parlamentari”, come vorreb-be gabellare Renzi, ma è un pat-to strategico e a lungo termine che comprende anche la repubblica presidenziale e altre cose incon-fessabili, come la controriforma della giustizia e il controllo totale dell’informazione tramite il duo-polio Rai-Mediaset in mano ai due contraenti: in altre parole coinci-de esattamente con il piano della P2 di Gelli, di Craxi e dello stesso Berlusconi. Non a caso ex craxia-ni come Maurizio Sacconi (NCD), Lucio Barani (PD) e Gennaro Ac-quaviva, hanno esaltato la con-troriforma di Renzi e Berlusconi come la realizzazione della “Gran-de riforma” di Craxi, lanciata nel settembre 1979.

Senato espropriato da Renzi, Berlusconi, Napolitano e Grasso Anche il modo sfacciatamente

antidemocratico, autoritario e sbri-gativo con cui è stata approvata, per una legge di revisione costitu-zionale di tale portata, che modifi-ca una quarantina di articoli della Carta del ’48, in neanche un mese dalla sua presentazione in aula il 14 luglio, conferma il disegno fa-scista e piduista che ci sta dietro. I partiti non facenti parte della mag-gioranza avevano presentato circa 7.800 emendamenti, di cui 6.000 da parte di SEL e alcune centinaia da parte del M5S. Ma un miglia-io anche da parte della ventina di “dissidenti” di Forza Italia capeg-

giati da Augusto Minzolini, altri da parte della Lega e alcuni anche da parte della decina di “dissidenti del PD capeggiati da Vannino Chiti.

L’ostruzionismo parlamentare che si prospettava metteva quin-di in serio pericolo l’approvazione entro la pausa estiva che Renzi e la Boschi volevano a tutti i costi, e ciò costringeva la triade Renzi, Berlusconi, Napolitano, a interve-nire con tutto il suo peso per stron-carlo. Berlusconi minacciando di espulsione i suoi “dissidenti”, e Renzi minacciando i suoi (e l’inte-ro parlamento) con lo spauracchio delle elezioni anticipate: “Questo parlamento è a un bivio: o dimo-stra di essere capace di cambiare facendo le riforme o si condanna da solo e si torna a votare”, avver-tiva il Berlusconi democristiano”, indicando all’opinione pubblica i dissenzienti come “gufi” e “frena-tori” che si oppongono al cambia-mento solo per conservare la pol-trona e i privilegi.

Quanto al rinnegato Napolita-no, il 22 luglio interveniva nuo-vamente a gamba tesa per coprire a sinistra Renzi, accusato da più parti di tendenze “autoritarie” e di inammissibile fretta per una legge di revisione costituzionale, ammo-nendo a “non agitare spettri di in-sidie e macchinazioni autoritarie”, perché “non c’è stata nessuna im-provvisazione né improvvisa fret-tolosità”, e che con la grande mole di emendamenti “non si miri a de-terminare in questo modo un nuo-vo nulla di fatto in materia di revi-sione costituzionale”.

Forti di queste autorevoli co-perture, il capogruppo del PD Zan-da e quello di FI Romani riusciva-no ad imporre in combutta tra loro una riunione della Capigruppo che con 5 voti di scarto decideva la di-scussione ad oltranza della legge dal 28 luglio, dalle 9 a mezzanot-te e sabati e domeniche compre-se, fino alla sua approvazione pri-ma delle ferie. Con il ricorso anche all’uso della “ghigliottina” (taglio dei tempi degli interventi) e del “canguro” (se un emendamento è bocciato lo sono automaticamente anche tutti quelli di contenuto si-mile): un palese sopruso perché, a norma dell’art. 85 bis del regola-mento parlamentare, non vale per le leggi di revisione costituziona-le.

Da parte loro le “opposizioni” chiedevano invece il diritto a 900 voti segreti, e il presidente del Se-nato Grasso, che a suo tempo ave-

va espresso critiche all’abolizione del Senato elettivo, cercava di am-mansirle concedendone solo due sulle minoranze linguistiche. No-nostante ciò il PD, non fidandosi del tutto delle esitazioni di Grasso, insorgeva contro di lui per la sua “scelta incomprensibile”, con la Serracchiani che sibilava: “Si ri-cordi chi l’ha messo lì”. Ci ha pen-sato allora Napolitano, convocan-dolo al Quirinale e rampognandolo duramente, a spegnere i suoi resi-dui scrupoli e a metterlo in riga, tanto che da quel momento l’ex procuratore antimafia è diventato il più fedele e accanito strumen-to della maggioranza nell’imporre il diktat all’intero parlamento: ta-gliando i tempi degli interventi, fa-cendo decadere centinaia di emen-damenti per volta con la tecnica del “canguro”, negando sistemati-camente le votazioni segrete e infi-schiandosene delle proteste e delle contestazioni a lui rivolte in aula.

opposizione opportunista

e di bandiera di Sel e m5S

Ma va detto anche che le “op-posizioni” parlamentare non han-no rappresentato certo un serio ostacolo allo schiacciasassi PD-Forza Italia ben oliato da Napoli-tano e Grasso. Il partito di SEL e la Lega si sono defilati dal “fron-te ostruzionista” non appena Renzi ha fatto balenare loro la possibilità - del tutto ipotetica perché richie-de il via libera di Berlusconi che ancora non c’è - di una modifica all’Italicum per abbassare il quo-rum per entrare in parlamento dal 4,5% al 4%: purché in coalizione rispettivamente col PD e con FI, perché da soli il quorum restereb-be comunque al 8%. Ma tanto è bastato al partito di Vendola, che non aspettava altro che quel “se-gnale da Renzi” invocato a più ri-prese dalla sua capogruppo Lore-dana De Petris, insieme al piccolo ritocco alle firme per i referendum, per giustificare il suo repentino af-flosciamento; specie dopo che il PD l’aveva minacciato di rompere le alleanze nelle giunte locali e alle prossime elezioni amministrative, a cominciare dalle regionali in Pu-glia, Calabria ed Emilia Romagna.

Quanto ai parlamentari del M5S, rimasti isolati, non hanno saputo né voluto estendere la loro protesta di bandiera fuori dall’aula

e nelle piazze, e negli ultimi giorni si sono ritirati in un inconcluden-te Aventino che non ha fatto altro che spianare la strada alla più rapi-da approvazione della controrifor-ma. Del resto, prima che la legge fosse presentata in aula, anche il movimento di Grillo aveva prova-to a trescare opportunisticamente con Renzi sulla “riforma” elettora-le e del Senato, e solo perché Ren-zi e la Boschi lo avevano snobbato riconfermando l’asse privilegia-to col delinquente di Arcore si era deciso a scegliere la via dell’ostru-zionismo.

Si è così arrivati alla votazione finale dell’8 agosto, che ha visto il provvedimento approvato con 183 sì, quelli della maggioranza e di Forza Italia, e 4 astenuti, men-tre SEL, M5S, Lega, GAL e Grup-po misto non hanno partecipato al voto. C’è comunque da sottolinea-re che i sì sono stati appena 22 so-pra la soglia di maggioranza di 161 voti. In effetti sono mancati all’ap-pello oltre 40 voti rispetto ai 226 che governo e partito del neoduce avevano sulla carta. Tra cui 16 se-natori del PD e 19 di FI, mentre 8 alfaniani si sono dati “assenti”.

Quindi senza i voti di Forza Italia, cioè 40 al netto dei “dissi-denti”, la controriforma costitu-zionale sarebbe stata bocciata, il che dà pienamente ragione a Ro-mani nel dire che essa porta la fir-ma di Renzi e di Berlusconi. E del resto ciò veniva anche visivamen-te confermato dalle disgustose sce-ne di “congratulazioni” reciproche a cui le loro donne e i loro uomini si sono lasciati andare in aula sen-za ritegno, con la relatrice Finoc-chiaro che abbracciava Schifani e la Boschi che non si vergognava di abbracciare e baciare Romani e il plurindagato Verdini.

Anche se ancora mancano tre passaggi parlamentari è chiaro però che Renzi, Berlusconi e Na-politano hanno fatto fare un passo decisivo alla controriforma fasci-sta e piduista della Costituzione, e salvo incidenti sempre possibili ora hanno la strada in discesa ver-so la sua approvazione definitiva in tempi non lunghissimi, forse già entro la metà del 2015. Perciò non c’è da perdere tempo, ma occorre sviluppare subito un ampio movi-mento di lotta di tutti i sinceri de-mocratici e progressisti, per con-trastarla ed affossarla prima che sia troppo tardi.

Non c’è neanche da aspetta-re per far ciò il referendum con-fermativo, come propongono “Il Fatto Quotidiano”, che ha raccolto 250 mila firme contro la “democra-zia autoritaria” di Renzi, e associa-zioni democratico-borghesi come Libertà e giustizia presieduta da Sandra Bonsanti, considerando la sproporzione di mezzi politico-me-diatici in mano ai due banditi del Nazareno che lo trasformerebbero anzi in un plebiscito a favore loro e della controriforma piduista. Per noi invece, il modo più sicuro per affossarla, resta quello di abbatte-re al più presto il governo di destra del nuovo Berlusconi con la lotta di massa nelle piazze, nei luoghi di la-voro, nelle scuole e nell’Università in tutto il Paese.

Roma, 9 agosto 2014 dopo l’approvazione della riforma del Senato. La ministra per le Riforme Costituzionali Elena Boschi abbraccia il capogruppo al Senato di Forza Italia Paolo Romani e riceve le congratulazioni di Denis Verdini della presidenza di Forza Italia

4 il bolscevico / interni N. 32 - 11 settembre 2014

Il PIl -0,2%, Il PeggIore deglI ultImI 14 annI

l’Italia di renzi in recessione“L’Italia ha le condizioni per

la ripresa: lavoreremo in agosto e a settembre ci sarà una ripartenza con il botto. Italiani, andate in fe-rie tranquillamente”. Appena cin-que giorni dopo la sparata otti-mistica di Renzi alla conferenza stampa del 1° agosto, è arrivata la doccia gelata dei dati Istat sul Pil (Prodotto interno lordo) del secon-do trimestre 2014, che segnano un altro arretramento dell’economia italiana: -0,2%, il che significa che l’Italia è nuovamente in reces-sione, essendo il Pil diminuito per due trimestri consecutivi, dato che nel periodo gennaio-marzo aveva già registrato un -0,1%.

Si tratta, secondo l’istituto na-zionale di statistica, del peggior risultato degli ultimi 14 anni per quanto riguarda il trimestre apri-le-giugno, che riporta il Paese in recessione per la terza volta negli ultimi cinque anni. Se poi, come alcuni economisti prevedono, la tendenza negativa dovesse confer-marsi anche nel resto dell’anno e il 2014 dovesse chiudersi in rosso, questo sarebbe il terzo anno con-secutivo di recessione per il Pa-ese. E quel che è peggio è che il nuovo arretramento riguarda tutti e tre i grandi comparti dell’econo-mia, agricoltura industria e servi-zi. Non c’è insomma un solo set-tore che “tiri” in qualche modo l’economia del Paese in questo momento. Neanche le esportazio-ni, perché anzi secondo l’Istat il loro calo è il maggior responsabi-le del decremento del Pil, mentre l’apporto della domanda interna è stato nullo: il che, dato che questo è il primo trimestre a guida total-mente Renzi e del suo bonus elet-toralistico, significa anche che gli 80 euro hanno avuto un impatto

zero sui consumi, come già ave-vano segnalato le associazioni dei commercianti.

Un vero disastro, che ridico-lizza e svela tutta l’inconsistenza dell’ottimismo parolaio del nuovo Berlusconi con cui cerca di incan-tare le masse per nascondere quel che sta preparando alle loro spalle. Basti pensare che nel Def (il Do-cumento di economia e finanza adesso da aggiornare e perciò rin-viato da settembre ad ottobre), il governo prevedeva per quest’an-no un aumento del Pil dello 0,8%, e su questa base aveva fissato un rapporto deficit/Pil del 2,6%; met-tendo così in conto uno 0,4% di margine (rispetto al 3% fissato dal patto di stabilità europeo) da poter spendere per la “ripresa”. Invece è ormai chiaro che sarà grassa se l’anno chiuderà a zero e se si potrà parlare di un anno di stagnazione piuttosto che di recessione.

Del resto a fine luglio lo stesso Renzi, avvertito della doccia gela-ta in arrivo, perché il Fondo mo-netario internazionale aveva già ridimensionato la crescita italiana dallo 0,8% ad un più misero 0,3%, aveva cercato di attutire il colpo ammettendo che “non siamo nel-le condizioni di avere quel percor-so virtuoso che immaginavamo di avere”; ma dando la colpa alla “ri-presa a livello europeo che non sta arrivando o sta arrivando in modo meno forte del previsto”.

Tuttavia nella conferenza stam-pa del 1° agosto, dove pure ave-va dovuto ammettere, causa la “si-tuazione difficile”, di non poter rispettare la promessa dell’esten-sione del bonus di 80 euro ai pen-sionati, aveva assicurato che non ci sarà nessuna stangata in arrivo, e così ha ripetuto come un man-

tra fino ad oggi. In un’intervista a “la Repubblica” del 4 agosto ave-va ribadito che “non ci sarà una manovra correttiva quest’anno”, confermando “solo” l’impegno già preso a ridurre la spesa di 16 miliardi (quelli per il 2015 previsti dalla Spending review, ndr), e ave-va sentenziato: “In ogni caso non toccheremo le tasse: tutti i denari che servono verranno dalla ridu-zione della spesa”. Una promes-sa rassicurante per i più abbienti e per le imprese, ma non certo per le masse popolari, visto che alla fine è sempre su di esse che ricadran-no i tagli alla spesa pubblica.

Intanto oggi, dopo l’annuncio che l’Italia è tornata in recessio-ne, non si parla più “solo” di 16 miliardi, ma si parla di almeno 23-25 miliardi da trovare per la Leg-ge di stabilità 2015. Anche perché altrimenti a fine anno il tetto del 3% deficit/Pil sarà raggiunto se non sfondato, e questo provoche-

rebbe una procedura di infrazione da parte della Ue. Renzi, cercan-do anche di fare asse con Hollande e di tirare dalla sua parte Draghi, preme sulla Merkel per dilaziona-re le scadenze, ma ammesso che lo ottenga la cosiddetta troika (Ue, Fmi e Bce) ha già fatto sapere che vuole in cambio “riforme struttu-rali e certe”, tradotte cioè in prov-vedimenti scritti nero su bianco, e non solo promesse verbali come da Berlusconi nel 2011. In parti-colare riguardo al lavoro, con la soppressione dei contratti nazio-nali e i salari legati alla produttivi-tà aziendale, la libertà di licenzia-mento, ecc. E poi tagli alla spesa pubblica e alle tasse alle imprese, privatizzazioni e liberalizzazioni.

Dunque, per quanto Renzi con-tinui a spargere ottimismo e rassi-curazioni, la stangata del governo è in preparazione e sarà dolorosis-sima. Sono già state avanzate ipo-tesi di un nuovo prelievo di “so-

lidarietà” dalle pensioni (Poletti), di un nuovo blocco dei contratti del pubblico impiego (già blocca-ti dal 2009) e così via. Ipotesi tutte smentite per ora dal bugiardo Ren-zi, mentre intanto il commissario alla Spending review Cottarelli sta preparando un piano per tagliare drasticamente il numero delle so-cietà partecipate dagli Enti locali, che impiegano circa 500 mila per-sone e che secondo un suo rappor-to dovrebbero passare da 8.000 a 1.000 nel giro di tre anni, con un risparmio di 2-3 miliardi, ma an-che con “inevitabili esuberi del personale”.

Non a caso Berlusconi, ricon-fermando la “opposizione respon-sabile” di Forza Italia al governo, ha offerto ripetutamente a Renzi il suo appoggio anche sulla politica economica, purché riguardi “mi-sure liberali” come riduzione delle tasse e taglio alla spesa. Intanto il primo partner di Renzi nella mag-

gioranza, il leader del NCD Alfa-no, ha colto subito la palla al balzo dell’annuncio Istat per invocare la cancellazione seduta stante dell’ar-ticolo 18 per tutti. Richiesta respin-ta da Renzi, ma con motivazioni ancor più minacciose della prete-sa di Alfano: “L’articolo 18 – ha risposto infatti il premier – è solo un simbolo, un totem ideologico. Proprio per questo trovo inutile di-scutere adesso se abolirlo o meno. Serve solo ad alimentare il dibatti-to agostano”. E subito dopo ha ag-giunto che il governo intende sem-mai riscrivere tutto lo Statuto dei lavoratori, articolo 18 compreso: lo sta cucinando il ministro del La-voro Poletti dentro il Jobs Act, che prevede il “contratto a tutele cre-scenti” (niente art. 18 per i primi tre anni, poi si ma con pesanti li-mitazioni), e un nuovo Statuto sot-to la voce “nuovo codice del lavo-ro semplificato”, che manometterà altri diritti acquisiti dei lavoratori.

Per bollette, tasse sulla casa, libri e corredo scolastici

una stangata dI 1.912 euro a famIglIa Il potere di acquisto è diminuito di oltre il 13,4% dal 2008 a oggi

Mentre il Berlusconi democri-stiano Renzi si esibisce in pubbli-che farse tentando di nasconde-re alle masse popolari italiane la crisi profonda in cui versa il siste-ma capitalista, la Federconsuma-tori e l’Adusbef, presentando con ben maggiore serietà i dati elabo-rati dall’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, lanciano l’al-larme: al rientro dalle ferie, per quelle famiglie che hanno potuto permettersele, ad attendere al var-co gli italiani ci sarà una pesante stangata autunnale in termini di

prezzi, tariffe e costi da sostenere.Secondo queste associazioni di

consumatori infatti tra settembre e novembre la spesa per la scuo-la ammonterà in media per le fa-miglie a 779,25 euro, la Tasi co-

sterà 231 euro, le varie bollette complessivamente 460 euro, la seconda rata della Tari 156 euro e il riscaldamento mediamente 285 euro, per un totale di 1.912 euro.

Ulteriori costi si aggiungeran-

no poi per le famiglie che hanno figli che frequentano a scuola il tempo pieno, perché si aggiunge-rà anche la mensa scolastica, per un totale di circa 205,50 euro per tale periodo, mentre chi ha un fi-

glio che frequenta l’università do-vrà sostenere anche la prima rata delle tasse, per un importo medio di 326 euro.

È questa una spesa - sottoline-ano le due associazioni di consu-matori - che è divenuta ormai in-sostenibile per le famiglie, il cui potere di acquisto - diminuito di oltre il 13,4% dal 2008 ad oggi - è sceso ai suoi minimi storici, e tale sforzo non si limiterà a provocare ripercussioni estremamente nega-tive sulle condizioni economiche delle famiglie, ma inciderà in ma-niera sempre più grave sull’intero andamento della domanda di mer-cato, trascinando ulteriormente al

ribasso i consumi e l’intero appa-rato produttivo.

A tale spesa supplementare pe-raltro, soprattutto per ciò che ri-guarda le tasse scolastiche e quelle che dovrebbero alimentare servizi pubblici come Tasi e Tari, non si accompagnerà di certo una cresci-ta dei relativi servizi, che di anno in anno sono sempre più scaden-ti, complice il famigerato patto di stabilità che impedisce la spe-sa pubblica per nuove assunzioni, investimenti per lo sviluppo tec-nologico, ricerca e interventi di modernizzazione e messa in sicu-rezza, a partire dalle strutture sco-lastiche ed ospedaliere.

errata corrigeaPPoggIamo le 4 delIbere dI

InIzIatIva PoPolare a roma

Sullo scorso numero, a pag. 4, è saltata la firma “Dal cor-rispondente della Cellula ‘Rivoluzione d’Ottobre’ di Roma” all’articolo “Appog-giamo le 4 delibere di iniziati-va popolare a Roma”.

Ce ne scusiamo con i com-pagni interessati e con i lettori.

secondo una rIlevazIone Istat sul 2013

In calabria il 32,4% delle famiglie è poveroIl 5% in più sul 2012

Secondo i rilievi riguardanti l’anno 2013 dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) una famiglia su 3 in Calabria è povera.

Esattamente il 32,4% del totale e ben il 5% in più rispetto al 2012 quando erano il 27,4% del totale.

La Calabria è anche in que-sto fanalino di coda dell’Italia, va peggio solo in Sicilia dove la percentuale delle famiglie povere raggiunge il 34,5%.

Andando nel dettaglio si vede come la povertà aumenta nelle

famiglie con a carico figli mino-renni dove l’incidenza di povertà, infatti, è pari al 20,4% tra le cop-pie con due figli e al 32,9% tra quelle che ne hanno almeno tre, e se i figli hanno meno di 18 anni sale rispettivamente, al 23,1% e al 34,3%.

Questi dati sono soprattutto il frutto della cronica mancanza di occupazione nella regione che colpisce maggiormente le donne e i giovani; secondo il rapporto Bes (Benessere equo e sosteni-bile) elaborato dall’Istat e dal Cnel nel biennio 2011-2012 la percen-tuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano (i cosiddetti Neet) è del 31,8% ri-

spetto ad una media nazionale del 22,7%. Fenomeno questo che incoraggia l’emigrazione verso altre zone d’Italia o verso l’estero.

Questi sono solo alcuni dati al-larmanti delle terribili condizioni di vita delle masse popolari calabre-si prodotte dal capitalismo, dalle sue crisi e dai governi nazionali e locali delle destra e della “sinistra” borghese.

Solo il socialismo salverà la Calabria e l’intera Italia dalla mi-seria e dal regime neofascista che oggi ha il volto del Berlusconi democristiano Renzi!

Giordano - provincia di Cosenza

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886 Associato all’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

chiuso il 3/9/2014ore 16,00

N. 32 - 11 settembre 2014 interni / il bolscevico 5Un atto antisindacale di Renzi e Madia

DiMezzati i peRMessi e i Distacchi sinDacali nel pUbblico iMpiego

I leader confederali incassano il colpo senza reagireOccOrre subItO lO scIOperO generale dI 8 Ore

cOn manIfestazIOne nazIOnale sOttO palazzO chIgIIl 20 agosto il ministro per la

Semplificazione e Pubblica Am-ministrazione, la renziana racco-mandata di ferro piddina, Marian-na Madia, ha emanato la circolare n. 5/2014 per dare piena attuazio-ne alla controriforma di stampo piduista e fascista della pubbli-ca amministrazione e in partico-lare per quanto riguarda l’artico-lo 7 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito con modi-ficazioni dalla legge n.114 dell’11 agosto 2014, il quale stabilisce che: “a decorrere dal 1° settem-bre 2014, i contingenti complessi-vi dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali già attribui-ti al personale delle pubbliche am-ministrazioni, stabiliti a seconda dei rispettivi ordinamenti di setto-re mediante le procedure bilaterali tipizzate (procedimenti negoziali recepiti con decreti del Presiden-te della Repubblica e contratti col-lettivi nazionali), sono ridotti del cinquanta per cento per ciascuna associazione sindacale”.

Si tratta di un altro tassello che fa parte del progetto golpista renziano mutuato dal famigerato “Piano di rinascita democratica” della P2 teso a spazzare via gli ul-timi brandelli della Costituzione

borghese del 1948 e completare la piena realizzazione della seconda repubblica neofascista, presiden-zialista, federalista, piduista e raz-zista.

Al pari dei suoi predecessori e maestri: Mussolini e Berlusco-ni, Renzi sferra un attacco diretto e senza precedenti ai diritti e alle libertà sindacali dimezzando i per-messi, i distacchi e le aspettative

sindacali. Lo scopo del governo, che lancia così un chiaro segnale agli industriali e ai padroni, è chia-ro: colpire il sindacato riducendo in modo drastico (la metà!) le ri-sorse ed i funzionari. L’attacco, si badi bene, non è volto, come dice Renzi con piglio ducesco, a col-pire la burocrazia sindacale ben-sì le lavoratrici e i lavoratori del pubblico impiego. Limitando le

libertà e le agibilità sindacali, pe-raltro tutelate tanto dalla Costitu-zione borghese, oramai fatta carta-straccia dalla borghesia in camicia nera, quanto dallo Statuto dei la-voratori, il chiaro intento è quello di fare arretrare la coscienza poli-tica dei lavoratori del pubblico im-piego. Premessa fondamentale per spianare la strada alla prossima controriforma costituzionale che

sancirà la fine dello Stato demo-cratico-borghese e il ritorno del fa-scismo sotto nuove forme, metodi e vessilli.

I dipendenti statali e degli enti locali devono diventare, questo il nero disegno del governo, né più né meno che dei docili soldatini senza diritti, ligi al dovere e pronti ad eseguire gli ordini dirigenziali senza fiatare.

Ad essere dimezzati non sono solo i distacchi, e con essi i funzio-nari sindacali, ma anche e soprat-tutto le ore di permesso a disposi-zione dei lavoratori per partecipare ad assemblee, direttivi, riunioni e corsi di formazione sindacale.

Tutto ciò in attesa che entri in vigore con i relativi decreti at-tuativi tutto il resto della riforma Renzi-Madia a cominciare dalla mobilità obbligatoria entro 50 chi-lometri, blocco dei contratti, me-ritocrazia, niente assunzione per i 250mila precari, aumento del part-time, demansionamento e irregi-mentazione dei dirigenti sottopo-sti al governo e ulteriore riduzione e privatizzazione delle aziende municipalizzate.

Ciononostante i vertici sindaca-li confederali non hanno mosso un dito. Hanno incassato il colpo e non

hanno avuto nemmeno il coraggio di criticare la controriforma dive-nendo di fatto complici di questo infame atto antisindacale sferrato contro i lavoratori del pubblico im-piego dai nuovi gerarchi della se-conda repubblica Renzi e Madia.

È l’ennesimo segno evidente che gli attuali sindacati hanno fatto il loro tempo, non hanno più nulla da dire. Vanno azzerati e sostituiti con un unico sindacato delle lavo-ratrici, dei lavoratori, delle pensio-nate e dei pensionati, fondato sul-la democrazia diretta e sul potere sindacale alle assemblee generali dei lavoratori e dei pensionati.

Per fermare l’offensiva del nuovo Berlusconi democristiano è necessaria una immediata mobili-tazione delle masse con il diretto coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori del pubblico im-piego. I sindacati confederali e “di base” devono subito proclamare uno sciopero generale di otto ore con manifestazione nazionale sot-to Palazzo Chigi. Il governo Ren-zi deve essere spazzato via, primo passo per una presa di coscienza da parte dei lavoratori che solo il socialismo potrà davvero cambia-re l’Italia e dare il potere politico al proletariato.

RappoRto cgil Relativo ai contRatti Di lavoRo stipUlati nel pRiMo tRiMestRe Del 2014

Metà dei contratti solo per un mese. Uno su sei è solo per un giorno prevalente l’assunzione a tempo determinato.

Ma Squinzi e Marchionne chiedono ulteriore flessibilitàUna precarietà dilagante che

viene confermata da tutte le stati-stiche e da qualsiasi indagine che si occupi del mondo del lavoro. L’ultima in ordine di tempo è il rapporto della Cgil sui contratti di lavoro stipulati nei primi tre mesi del 2014 resa pubblica all’inizio di agosto. Il primo dato significativo riguarda le assunzioni a tempo de-terminato che, come era prevedibi-le e oramai scontato, sono di gran lunga la maggioranza: ben il 67% del totale, e sono in netta crescita, difatti segnano un +6% rispetto al 2013 a discapito di quelle a tem-po indeterminato che rappresenta-no solo il 17,6% del totale, mentre l’8% è stato assunto con i contratti di collaborazione, poco più del 2% con quelli di apprendistato.

Ma quello che balza maggior-mente agli occhi è la durata media dei contratti; sempre più breve. Su 1.849.844 nuovi rapporti di lavo-ro, nel 1° trimestre del 2014 ben 804.969, il 43,5 %, hanno avu-to una durata inferiore al mese e 331.666, uno su sei quindi, un solo giorno, quasi quanto quelli di du-rata superiore a un anno, 397.136. Si può capire bene da questi dati che una fetta di coloro che in Italia risultano occupati in realtà lo sia-no solo temporaneamente, e per quanto riguarda quelli assunti re-

centemente questa è la condizione largamente prevalente. Accanto all’esercito dei disoccupati, che si aggira intorno al 13%, ce n’è uno altrettanto grande che passa conti-nuamente dallo stato di occupato a quello di disoccupato.

Altro dato significativo è il bas-so numero di contratti di appren-distato. Pur rappresentando un’ul-teriore forma di sfruttamento della forza lavoro confermano che l’oc-cupazione giovanile non aumenta di un millimetro frenata dal con-tinuo allungamento dell’età pen-sionistica unita alla crisi econo-mica capitalistica. Il dato certo e incontrovertibile è che l’Italia in una decina di anni ha registrato la diffusione del lavoro precario con percentuali tra le più alte d’Europa: +122% contro il 62% della Spagna e il 48% di Francia e Germania. “Grazie” a controriforme del mer-cato del lavoro inziate negli anni ’90 e portate avanti in egual misu-ra dai governi di “centro-destra” e di “centrosinistra”, che continuano tuttora con l’attuale esecutivo gui-dato dal Berlusconi democristiano Renzi e il suo Jobs Act.

La Cgil afferma che “il vero pro-blema non è come aumentare i li-cenziamenti ma come aumentare l’occupazione” con il chiaro riferi-mento ai continui attacchi a quello

che rimane dell’articolo 18. Nono-stante i fatti dimostrino come in Ita-lia sia molto facile licenziare l’Am-ministratore Delegato del gruppo Fiat-Crysler Marchionne e il pre-sidente di Confindustria Giorgio Squinzi dalle tribune di convegni

di padroni e manager hanno avuto la faccia tosta di chiedere ulteriore flessibilità del mercato del lavoro.

Qui c’è poco da liberalizzare, i padroni oramai chiedono di can-cellare la totalità dei diritti conqui-stati dal movimento operaio affin-

ché la crisi del sistema capitalistico sia sempre più caricata sulle spalle dei lavoratori e delle masse popo-lari per salvare il “sistema Italia” e i loro lauti guadagni. Marchion-ne e Squinzi hanno incitato e inti-mato al governo di andare avanti

su questa strada ma noi pensiamo che non ce ne sia assolutamente bisogno perché Renzi ha sempre dimostrato di essere sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda ed è stato insediato a Palazzo Chigi proprio per questo.

avrebbe ricevuto fondi pubblici attraverso l’ilva senza averne diritto

conDannato Riva a 6,5 anni peR fRoDeIl 21 luglio i giudici della ter-

za sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannato Fabio Riva, ex vicepresidente di Riva Fire e attualmente in libertà vigi-lata a Londra, a 6 anni e mezzo di reclusione per associazione a delinquere e truffa ai danni dello Stato per la frode attuata dal grup-po Riva attraverso l’Ilva.

Secondo l’accusa, la società avrebbe ricevuto contributi del-la Simest (controllata dalla Cas-sa depositi e prestiti) finalizza-ti all’export senza averne diritto. Condanne anche per Alfredo Lo Monaco, amministratore della so-cietà svizzera Eufintrade Sa a 5 anni di carcere e Agostino Alber-ti, ex dirigente di Ilva Sa (socie-tà svizzera del gruppo Riva), a 3 anni.

Condannata anche la holding Riva Fire, imputata in base alla legge 231/2001 sulla responsabi-lità amministrativa degli enti: la società dovrà pagare una multa di 1,5 milioni di euro. Per i tre im-putati e per la società è stata inol-tre disposta la confisca di 90,8 milioni di euro. Tutti, in solido, dovranno anche versare una prov-visionale di 15 milioni di euro al ministero dello Sviluppo. Inol-tre, i giudici hanno stabilito che la Riva Fire non potrà ricevere finanziamenti, sussidi e agevola-zioni dallo Stato per un anno. Né potranno essere versati i contribu-ti già deliberati dalla Simest in fa-vore dell’Ilva, con il gruppo Riva che dovrà rimborsare i contributi già ricevuti.

Il sistema scoperto dai Pubbli-

ci ministeri (Pm) milanesi, consi-steva nello sfruttamento dei con-tributi all’esportazione previsti dalla Legge Ossola, la normati-va sull’erogazione di aiuti per le aziende che esportano all’este-ro, tramite fondi pubblici erogati dalla Simest. Per ottenerli, i Riva avevano creato un’apposita socie-tà, la svizzera Ilva Sa, che acqui-stava tubi dall’Ilva e li rivendeva, allo stesso prezzo, ad alcune so-cietà estere.

Così facendo l’Ilva concedeva all’Ilva Sa una dilazione di paga-mento di 5 anni, ottenuta la qua-le però, la consociata svizzera si faceva pagare subito dagli acqui-renti esteri: così da incassare in 90 giorni sempre l’intero valore. Ed è qui che entrava in gioco la Eufintrade. L’Ilva portava alla fi-

nanziaria svizzera le cambiali in-ternazionali ricevute da Ilva Sa come pagamento delle forniture di tubi e la Eufintrade le scontava: pagando cioè a Ilva il valore del-la vendita meno una percentuale. In questo modo Eufintrade incas-sava il 15% dei contributi erogati dalla Simest.

Il sistema sarebbe andato avan-ti dal 2003 sino a pochi mesi fa. Il profitto totale ammonterebbe a 121 milioni di dollari più 18 mi-lioni di sterline: oltre 100 milio-ni di euro. A perderci sia lo Stato, che erogava contributi non dovu-ti, che le altre imprese esportatrici che concedevano le dilazioni ma che non hanno mai incassato le agevolazioni perché i fondi stan-ziati dallo Stato erano finiti.

Bologna, manifestazione dei lavoratori del pubblico impiego

6 il bolscevico / interni N. 32 - 11 settembre 2014

Renzi, Alfano, Pinotti manganellatori come Mussolini e Berlusconi

Carabinieri e polizia CariCano i noTav

I manifestanti volevano impedire gli espropri dei terreni per il Terzo Valico, la linea ad alta velocità tra Genova e Rivalta Scrivia

Intrecci tra politicanti e crimi-nalità organizzata calabrese, piog-gia di finanziamenti pubblici per banchieri, faccendieri, cementifi-catori, amianto, repressione, pro-cessi, lacrimogeni e manganelli. Parliamo della mostruosa opera del Tav-Terzo Valico, definita sul sito della Cociv, il consorzio che ha avuto affidati i lavori senza gara d’appalto, “una nuova linea ferro-viaria che consente di potenziare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferro-viarie del Nord Italia e con il resto d’Europa”. In realtà una linea as-solutamente inutile, come denun-cia il Comitato No Terzo Valico, ma imposta alle masse da pezzi da novanta della politica borghe-se quale Luigi Grillo, ex senatore PDL, quello che ha confessato di aver preso una tangente per i la-

vori dell’Expo 2015, e voluta for-temente dai vertici regionali e na-zionali del PD.

Un’opera che, dunque, lascia intravedere un imponente giro di affari e favori, considerato che il costo preventivo dei 54 chilome-tri del Terzo Valico, che verrà inte-ramente coperto da fondi pubblici regalati a privati, è di 6 miliardi e 200 milioni di euro. Ed è lo stes-so governo Renzi a proteggere e foraggiare tale mostruosa opera, prevedendo nel recente decreto “sblocca Italia” ulteriori duecento milioni di euro di finanziamenti. A condizione tuttavia che i cantieri si aprano entro giugno del 2015. Non importa nulla al governo de-gli sventramenti, delle deforesta-zioni, dell’abbattimento di case, del prosciugamento delle falde, della presenza di amianto. La pa-

rola d’ordine di Palazzo Chigi è “accelerare” sul Terzo Valico e reprimere la protesta. È questo il contesto antidemocratico e filo-mafioso in cui si è svolto l’attac-co militare del 30 luglio, col quale le “forze dell’ordine” hanno vio-lentemente represso la protesta di massa contro la prima parte delle espropriazioni.

Tanti attivisti NoTav da tutto il Piemonte e la Liguria si erano ri-trovati all’alba a Libarna, vicino a Serravalle (Alessandria). Dopo un primo tentativo degli agenti di convincere gli irremovibili mani-festanti è partita la violenta carica, con spintoni, lancio di lacrimogeni con gas CS, vietato dalle conven-zioni internazionali, manganella-te e pestaggi dei manifestanti che si erano rifugiati nei boschi cir-costanti. Le cariche e il lancio di

lacrimogeni si sono ripetuti a più riprese durante i tentativi di espro-prio in varie località. Diversi feriti, tra cui un anziano a cui è stato rot-to un braccio con una manganella-ta. Per tentare di fermare la prote-sta di massa le “forze dell’ordine” hanno chiuso le strade provincia-li con i blindati e agenti in assetto antisommossa. L’indomabile pro-testa di massa è tuttavia continua-ta per l’intero giorno sostenuta da centinaia di abitanti dei comuni di Arquata, Serravalle e Pozzolo, tut-ti in provincia di Alessandria, sce-si in piazza per impedire la rea-lizzazione degli espropri. Questo nonostante le “forze dell’ordine” avessero circondato e isolato i pa-esini.

Non appena le proditorie cari-che sono partite in Valsusa i No TAV per solidarietà hanno chiuso

i cancelli del cantiere dell’alta ve-locità.

I marxisti-leninisti esprimono solidarietà militante ai No Tav-Terzo Valico aggrediti e feriti dalle “forze dell’ordine” del Berlusconi democristiano Renzi, di Alfano e della Pinotti. La nostra solidarie-tà va anche a tutto il movimento contro il Terzo Valico e alle mas-se popolari che appoggiano corag-giosamente e in modo determina-to la lotta. Renzi, Alfano e Pinotti dimostrano con questo vile attac-co repressivo di non avere alcun problema nell’uso del manganel-lo, nell’imposizione di divieti e proibizioni violente per reprimere il dissenso, pur di difendere gli in-teressi dei pescecani e dei mafio-si nel progetto del Terzo Valico. Il governo del Berlusconi demo-cristiano Renzi non è diverso dai

governi che lo hanno preceduto, i suoi metodi sono quelli di Mus-solini e Berlusconi. Non merita quindi alcuna fiducia. Va spazza-to via senza indugio e con la mas-sima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizio-ne di classe e di massa nelle fab-briche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nel-le piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studen-tesche.

Il PMLI appoggia fermamen-te la lotta di massa contro il Ter-zo Valico e condivide la scelta del movimento di mobilitarsi il pros-simo 10 settembre per opporsi all’esproprio dei terreni dove sor-ge il presidio No Terzo Valico, e nel bosco di Moriassi a Serraval-le.

Niscemi (Caltanissetta)

In migliaia occupano la base UsaDal nostro corrispondente �della SiciliaUna grande giornata di lotta di

massa contro il MUOS quella del 9 agosto a Niscemi che neanche le intimidazioni nei giorni prece-denti la manifestazione sono riu-scite ad impedire. Gravissime le aggressioni al movimento: già nel pomeriggio del 2 agosto il Presi-dio permanente, che si preparava ad accogliere il campeggio inter-nazionale, dal 6 al 12 agosto e la manifestazione, era stato vigliac-camente assaltato e aveva subito gravi danni. All’azione intimidato-ria di stampo mafioso si aggiun-gevano i fogli di via a 29 attivisti,

cui era stato proibito di entrare nel territorio di Niscemi.

Il grande corteo, partito nel pri-mo pomeriggio dal Presidio per-manente dei Comitati No-Muos, era aperto dallo striscione del Co-mitato delle mamme No-MUOS. Subito dopo la partenza alcuni degli attivisti hanno bruciato i fogli di via e i divieti di dimora ricevuti. Il corteo, con centinaia di bandiere No MUOS, si è subito diretto verso il cancello 1 della base USA. Tan-tissimi gli striscioni presenti e un grandissimo bandierone palesti-nese con la scritta “Gaza-Niscemi Resistenza”. Arrivati molto vicini alle antenne, la testa del corteo ha

iniziato a tagliare le reti di recinzio-ne e le “forze dell’ordine” italiane hanno immediatamente caricato coloro che avevano oltrepassato il varco. Il corteo è entrato in massa nella base e gli agenti in assetto antisommossa hanno dovuto riti-rarsi. A questo punto, migliaia di manifestanti hanno ripreso pos-sesso per l’intero pomeriggio di un pezzo di terra che appartiene incontestabilmente alle masse popolari siciliane e non ai guer-rafondai imperialisti del governo italiano e di quello statunitense. Il corteo ha protetto la discesa dal-

le antenne di quegli attivisti che si erano arrampicati il giorno prima.

I marxisti-leninisti siciliani ap-poggiano e ritengono giusta e do-verosa l’occupazione della base militare imperialista USA di Nisce-mi. Ogni forma di lotta di massa decisa dal movimento per arrivare all’obbiettivo della chiusura della base va condivisa. Parallelamen-te condanniamo le cariche delle “forze dell’ordine” sui manifestan-ti, come le aggressioni giudiziarie nei confronti dei militanti del mo-vimento.

Il successo del corteo e l’oc-

cupazione della base imperialista americana di Niscemi sono un chiarissimo e forte messaggio di sfiducia nei confronti del governo Crocetta che ha tradito la Sicilia, consegnandola nelle mani dei guerrafondai. È un alt al governo Renzi che deve essere costretto a ritirare le autorizzazioni agli USA, nonché un’oggettiva sconfessio-ne della politica estera dell’Italia e dell’Europa imperialiste che vo-gliono ridurre la Sicilia a portaerei delle guerre d’aggressione del Mediterraneo.

Un coraggioso movimento che cresce progressivamente sta di fatto iniziando a mettere in discus-

sione la spesa militare, l’acquisto di nuovi e sempre più micidiali ar-mamenti, la crescente povertà e insicurezza del territorio italiano, la sua devastazione, implementa-ta dai folli progetti di “grandi ope-re”, la partecipazione alla NATO, patti militari imperialisti tra l’Italia e gli USA.

Rileviamo anche come nel mo-vimento No-MUOS stia progressi-vamente prendendo piede la sto-rica parola d’ordine della chiusura della base di Sigonella, di cui l’im-pianto di MUOS di Niscemi è ele-mento integrante ed ultima avan-zata frontiera tecnologico-militare.

Le “forze dell’ordine” caricano

Il NUovo veCChIo tRotzkIstA ANtIstAlINIstA sANsoNettI

di eugen Galasso

Piero Sansonetti, romano con origini aristocratiche e di censo, che in tv e sulla stampa si defi-nisce sempre “comunista” ma in realtà esprime la quintessenza del revisionismo, ora, con ardita ope-razione finanziaria e di marketing, lancia, anzi ha ormai lanciato più di due mesi fa, “Il Garantista”, nuovo quotidiano nazionale, dove, affer-mando di richiamarsi alla lezione di Umberto Terracini, notoriamente antistalinista e revisionista feroce, che, all’epoca della denuncia dei presunti “crimini di Stalin” (1956) da parte di Krusciov (relazione al 20° Congresso del PCUS) fu “più realista del re”, invitando ad anda-re ancora oltre, riabilitando il go-verno ungherese (iper-revisionista) di Béla Kun, denunciando quello che, secondo lui, era il “desiderio di non sapere” da parte di tanti “comunisti italiani”.

Ora, nel giornale di Sansonetti,

il “garantista super”, il critico “da sinistra” della “demonizzazione di Berlusconi”, l’esponente revi-sionista Elettra Deiana, di prove-nienza trotzkista, membro della dirigenza di SEL, in “Come si di-venta replicanti del Male”, testo dedicato a Hannah Arendt, già allieva e amante del filosofo nazi-sta Martin Heidegger, pensatrice ebrea che diventa oggi il vessillo di chi, contro ogni altro sistema, ma in specie contro il marxismo-leninismo, equipara, ancora una volta, nazismo e stalinismo. In “Il Garantista” del 20 agosto scorso, a pag. 9 si legge, infatti: “Sistema totalitario (il nazismo sott.) come anche lo stalinismo, ebbe a chia-rire, in tempi precoci e con grande - a quei tempi - coraggio intellet-tuale, Hannah Arendt, perché lo stalinismo condivise col nazismo la negazione della vita umana, la riduzione di ogni essere umano a pura superfluità”.

Ecco, in breve, la quintessenza del revisionismo anticomunista e

antistalinista: senza tener conto, anzi volendo ignorare la gran-dezza e lungimiranza del Maestro Stalin, che salvò l’URSS, come anche tutta l’Europa, dal nazismo e dal fascismo, denunciando l’op-portunismo dei partiti socialisti (socialdemocratici), come anche il comunismo, volendo ignorare an-cora la continuità di Stalin con gli insegnamenti di Marx ed Engels nonché di Lenin, come anche la successiva continuità tra Stalin e Mao.

Deiana e con lei il direttore re-sponsabile Sansonetti avallano, ancora una volta, quanto a “sini-stra” è ormai moda diffusa, stile di vita e di pensiero dominante: la caccia a Stalin come responsabile di ogni malefatta del Novecento e dello squarcio di secolo e millen-nio ormai passato. Il mio vuol es-sere un avvertimento a chi voglia “pascersi” di questa stampa che si propone come “alternativa”.

CoMUNICAto del FoRUM tosCANo deI MovIMeNtI PeR l’ACqUA

Il Report Istat 2014 certifica il fallimento della gestione pubblico-privata in toscana

Depurazione insufficiente, scarsa qualità, perdite, mancati investimenti sull’acqua. Che paghino i gestori!

Riceviamo e volentieri pubbli-chiamo in estratti.

La politica deve ormai fare i conti con il fallimento della gestio-ne pubblico-privata del servizio idrico e del controllo sullo stesso da parte dell’Autorità Idrica To-scana (A.I.T.). Dal Report ISTAT del 2014 sul censimento delle acque per uso civile appare chiaro che i gestori della nostra regione “fanno acqua“ da tutte le parti. Le perdite in rete sono aumentate, dal 2008 ad oggi, del 10%.

Gli stessi gestori hanno fatto della depurazione dei reflui il pro-prio cavallo di battaglia, afferman-do di dover aumentare le tariffe per sopperire alle carenze esisten-ti, ed evitare quindi il pagamento di multe salate alla Comunità Eu-ropea.

Ma sulla questione vanno fat-te alcune considerazioni, comin-ciando a rilevare che se i cittadini hanno ridotto il consumo di acqua (periodo di riferimento 2008/2012) di quasi il 20%, ciò significa che anche gli scarichi fognari si sono ridotti in egual misura. Eppure dai dati ISTAT viene fuori che siamo passati da una quota del 54% di carichi inquinanti trattati nel 2008, a solo il 51% nel 2012. Come si spiega questo dato?

Come non bastasse, dai con-trolli che hanno riguardato preva-lentemente le province di Firenze, Arezzo e Pistoia, si evince che vi è un netto peggioramento della qua-lità delle acque (classificazione: A1 = ottime, A2 = decenti, A3 = qua-lità al limite dell’utilizzo senza de-roghe, Sub A3 utilizzabili per uso

potabile solo in casi eccezionali). Nessuna stazione di rilevamento ha acqua buona, quelle in classe A3 sono in netto peggioramento, e circa il 30% delle stazioni è in classe Sub A3.

Valutando inoltre che molte at-tività produttive inquinanti hanno chiuso i battenti per la crisi, che sono diminuiti tutti i consumi ali-mentari e non, non possiamo che chiederci quali siano stati gli inve-stimenti effettuati dai gestori.

Se andiamo a toccare appunto il tasto dolente degli investimenti. La totalità dei gestori non ha mai realizzato tutti gli investimenti pre-visti, e se ne annuncia una ripro-grammazione: in Publiacqua SpA ne mancano oltre 69 milioni, in Acque SpA 31 milioni, in ASA 21,4 milioni.

N. 32 - 11 settembre 2014 renzi / il bolscevico 7Non solo la P2

La PoteNte baNca americaNa JP morgaN isPira reNzi

Dietro l’“irresistibile ascesa” ai vertici del PD e del governo ita-liano del nuovo Berlusconi demo-cristiano Matteo Renzi così come dietro il programma di “riforme istituzionali e costituzionali” sti-lato insieme al delinquente Ber-lusconi e attuato con l’avallo del nuovo Vittorio Emanuele III Na-politano, non c’è solo la mano della P2 ma anche l’ispirazione politica ed economica delle gran-di banche d’affari internaziona-li con alla testa la statunitense JP Morgan da cui Renzi trae i punti qualificanti della sua politica go-vernativa.

Basta mettere a confronto le dichiarazioni contro i sindaca-ti, il programma politico mutua-to direttamente dal piano della P2 e le controriforme istituziona-li e costituzionali piduiste, golpi-ste e fasciste avanzate dal gover-no Renzi e che stanno procedendo al passo dell’oca in parlamento, per rendersene conto che si trat-ta praticamente della stessa ricet-ta propugnata dalla JP Morgan per uscire dalla crisi: cancellare la Co-stituzione borghese antifascista del 1948, asservire il parlamento e il potere giudiziario all’esecutivo, liquidare i sindacati, i diritti e le tutele dei lavoratori e irregimen-tare i lavoratori a cominciare dal pubblico impiego e dalla scuola.

La riprova sta nel report di 16 pagine pubblicato alla fine di maggio 2013 dalla banca d’affari statunitense in cui si faceva il pun-to sulla crisi economica in Euro-pa e si segnalava ai vari stati, fra cui l’Italia, la necessità di proce-dere celermente con riforme strut-turali non solo in campo politico ed economico ma anche riguar-do le Costituzioni nate in seguito alla lotte partigiane e la caduta dei fascismi (si veda “Il Bolscevico” n°27/2013).

Nel documento tra l’altro si legge che: “All’inizio della crisi si pensò che i problemi struttura-li nazionali fossero in larga misu-ra di natura economica: eccessivi costi bancari, non adeguato alline-

amento del tasso di cambio inter-no reale e rigidità strutturali. Ma col tempo apparve chiaro che pe-savano molto anche i problemi di natura politica. Le Costituzioni e gli ordinamenti creati nella perife-ria meridionale dell’Europa dopo la caduta del fascismo, hanno ca-ratteristiche che vanno cambia-te se si vuole proseguire sul cam-mino dell’integrazione. Quando la Germania parla di un decennio per il processo di aggiustamento, ovviamente pensa sia alla rifor-ma economica sia a quella politi-ca”. Secondo i dati diffusi dalla JP Morgan l’Olanda è il Paese nelle migliori condizioni di salute da un punto di vista strutturale, seguita a breve distanza da Finlandia e Ir-landa. In fondo alla classifica tro-viamo Portogallo, Italia e Grecia.

Esaminando in particolare il caso dell’Italia il rapporto senten-zia che le riforme del 2012 rappre-sentano un progresso, ma che c’è ancora molto da fare. “Tuttavia va considerato che per migliorare la situazione strutturale dell’econo-mia, l’Italia non può limitarsi ad approvare nuove leggi, ma deve profondamente modificare la bu-rocrazia e la giustizia. Questa re-altà si evince dal rapporto tra mi-sure quantitative (leggi a tutela del lavoro e normativa a disciplina del mercato) e percezione sullo stato di salute dell’economia. L’Italia non sarebbe in termini quantitati-vi molto lontana dalla media dei Paesi dell’Eurozona, ma la perce-zione per quanto concerne il com-mercio e il mercato del lavoro è molto lontana da un livello accet-tabile. Da questo si deduce che il problema riguarda più l’interpre-tazione delle leggi da parte della complessa burocrazia pubblica e del sistema giudiziario che le leg-gi in quanto tali... Gli ordinamenti costituzionali dei Paesi periferici dell’Eurozona sono stati approva-ti all’indomani della caduta di re-gimi dittatoriali e condizionati da questa esperienza. Le costituzioni tendono a mostrare una forte in-fluenza socialista a testimonianza

della forza politica della sinistra in quel periodo della storia. Que-sti sistemi politici evidenziano in genere le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli, debolezza del go-verno centrale rispetto alle auto-nomie regionali, tutela costituzio-nale dei diritti del lavoro, sistemi di costruzione del consenso tali da alimentare il clientelismo.

Questi Paesi non sono riusciti –

se non in parte – a realizzare rifor-me economiche incisive a causa dei limiti costituzionali (Portogal-lo), del prevalere delle autonomie locali (Spagna) e dell’emergere di partiti populisti (Italia e Grecia)”.

Il problema, concludeva il rap-porto, preoccupa tanto i Paesi peri-ferici quanto l’Unione europea nel suo complesso. Il banco di prova sarà il comportamento nell’anno

prossimo dell’Italia e del suo nuo-vo governo che si è detto deciso a riformare il sistema politico.

Altro che “cambiare verso all’Italia”, altro che “rottamazio-ne”, il programma di Renzi mu-tuato dal piano della P2 è ispi-rato anche dai papaveri dell’alta finanza mondiale come la potente banca americana JP Morgan che è stata tra le protagoniste dei pro-

getti della finanza creativa e quin-di della crisi dei subprime che dal 2008 devasta i mercati capitalisti-ci di tutto il mondo. Fino a essere stata formalmente denunciata nel 2012 dal governo federale ame-ricano come responsabile della crisi, in particolare per l’acquisto della banca d’investimento Bear Sterns.

NeL goverNo, a bruxeLLes, NeLLe società PubbLiche

gli uomini di renzi piazzati in posti di potere

Matteo Renzi sta piazzando spudoratamente i suoi amici e compari quasi tutti fiorentini o comunque toscani in tutti i po-sti chiave, nel governo, nel PD, a Bruxelles e nelle società pub-bliche.

Al governo ha piazzato il mi-nistro delle Riforme costitu-zionali Maria Elena Boschi e il sottosegretario a Palazzo Chigi Luca Lotti, personaggio che ge-stisce disinvoltamente il cliente-lismo romano che gravita attor-no al PD.

Un altro renziano, Erasmo D’Angelis, già consigliere regio-nale in Toscana, già ai vertici di

Publiacqua ed ex sottosegretario ai Trasporti del governo Letta, oggi è capo struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastruttu-re idriche a Palazzo Chigi nonché capo segreteria del presidente del Consiglio.

A capo dell’ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio Renzi ha fortemente voluto An-tonella Manzione, ex capo dei vi-gili urbani a Firenze mentre egli era sindaco, mentre il fratello di quest’ultima, Domenico Manzio-ne, è viceministro dell’Interno. A Palazzo Chigi invece lavorano tre amici personali di Renzi: il foto-

grafo Tiberio Barchielli, origina-rio di Rignano sull’Arno e ami-co personale di Renzi sin dalla sua infanzia, Giuliano Da Empo-li, che è pure presidente del Ga-binetto Viesseux, e infine l’israe-liano trapiantato a Firenze Yoram Gutgeld, direttore del McKinsey & Company, che punta a un po-sto di rilievo nella direzione eco-nomica dell’Italia.

Renzi non si è lasciato sfug-gire neanche l’Agenzia delle En-trate, dove ha piazzato l’empo-lese Rossella Orlandi, vecchia conoscenza dell’attuale presi-dente del Consiglio, che ha vo-luto come viceministri il prate-

se Antonello Giacomelli di Prato ed il socialista Riccardo Nencini di Barberino di Mugello, mentre sono stati nominati sottosegretari il magistrato pontremolese Cosi-mo Ferri, stretto amico di Denis Verdini, il fiorentino alfaniano Gabriele Toccafondi e la ex sin-daco di Campiglia Marittima ed ex bersaniana Silvia Velo.

Il commercialista di Renzi, Marco Seracini, è salito al ver-tice di Montedomini, un’azienda pubblica fiorentina di servizi alla persona, mentre il suo avvocato, il pistoiese Alberto Bianchi - tra l’altro condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale ad un ri-

sarcimento di 4,7 milioni di euro - entrerà presto nel Consiglio di Amministrazione di Enel.

Bianchi - insieme a Maria Ele-na Boschi, Marco Carrai (vedi “Il Bolscevico” n°13/2014) e Luca Lotti - gestisce anche la Fonda-zione Open, la cassaforte renzia-na, mentre suo fratello Francesco Bianchi è stato nominato com-missario straordinario del Mag-gio Musicale Fiorentino da feb-braio 2013, sempre su pressioni dell’allora sindaco di Firenze.

L’imprenditore senese nonché finanziatore renziano Fabrizio Landi è stato nominato consiglie-re d’amministrazione di Finmec-

canica, l’imprenditrice fiorentina Elisabetta Fabri ora siede anche lei nel Consiglio di Amministra-zione di Poste Italiane, l’aretina Diva Moriani - già vicepresiden-te di In-tek, la società di Vincen-zo Manes finanziatore di Ren-zi - grazie al nuovo presidente del Consiglio ha trovato spazio all’Eni.

Anche a Bruxelles il vento del nepotismo renziano soffia forte: il pisano Ferdinando Nelli Fero-ci, ambasciatore in pensione ed ex capo di gabinetto di Massimo D’Alema alla Farnesina, è il nuo-vo commissario italiano in Euro-pa al posto di Antonio Tajani.

Da saccoNi e acquaviva aL PiDuista cicchitto

i craxiani in coro: “renzi fa la grande riforma di craxi”

Tra i più entusiastici sostenitori del golpe piduista con cui Renzi, con la benedizione di Napolitano e attuando il patto col neoduce Ber-lusconi, ha abolito il Senato, sono stati gli ex craxiani che in coro hanno lanciato una vera e propria campagna mediatica per rivendi-care la primogenitura di questo nero progetto golpista sottoline-ando con insistenza le similitu-dini tra la “Grande Riforma” che l’allora neoduce Craxi voleva at-tuare negli anni Ottanta del seco-lo scorso e quella propugnata dal Berlusconi democristiano Renzi. L’ex ministro berlusconiano e fe-roce nemico dei lavoratori Sacco-ni, gongolante dichiarava al Tg3: “Finalmente realizzano quella in-tuizione avuta con la Grande Ri-forma di Bettino Craxi”.

Si tratta di una controriforma che investì il dibattito di quegli anni e che doveva avere i caratteri del presidenzialismo mussolinia-no, adattato a un sistema maggio-ritario; controriforma che oggi è al vaglio dell’esecutivo renziano che vuole arrivare là dove l’ex segre-tario del PSI non giunse.

Non a caso craxiani di ferro

come Gennaro Acquaviva da di-versi anni battono sul tema della “Grande Riforma” e, mano mano, il paragone tra Craxi e Renzi è co-minciato ad affiorare, soprattut-to per il piglio decisionista: “la dote, che fu particolarmente sua - di Craxi, n.d.r. -, di saper prendere decisioni politiche serie e rischio-se con freddezza e al momento giusto, costruendosi contempora-neamente condizioni e forza suf-ficienti a fargli convogliare sulla decisione un consenso ampio e so-lido, in grado di portarlo - conti-nua Acquaviva - alla realizzazione della decisione stessa”.

A fargli da eco l’ex Ministro della Giustizia e numero due del defunto PSI, Claudio Martelli: “È vero, Craxi fece grandi cose ma non andò oltre l’11% dei voti. Aveva un carattere troppo ruvido e spigoloso per piacere alle masse, mentre Renzi è molto più gioviale e quel suo atteggiarsi a moschet-tiere lo rende immediatamente simpatico: può attuare la “grande riforma” e il presidenzialismo”.

Sulla stessa lunghezza d’onda De Michelis: “L’incontro di Craxi con Giorgio Almirante, segretario

del Movimento sociale italiano, mi ha ricordato molto la rottura che ha provocato Renzi invitan-do Silvio Berlusconi al Nazareno. Craxi voleva rompere la conven-tio ad excludendum che c’era contro i missini, rottamando l’idea di arco costituzionale. Mi ricordò che anche nel partito fu criticatis-simo perché sdoganava i fascisti. A differenza di Craxi, può accele-rare sulla grande riforma istituzio-nale”.

In una intervista del 3 maggio scorso a Il Fatto aveva rincara-to la dose anche l’ex ministro PSI Rino Formica: “quando io cito la massoneria, per quanto riguarda la maggioranza in sonno tra Berlu-sconi e Renzi, mi riferisco al me-todo. Un metodo che porta a de-cisioni prese in modo occulto, in ambienti massonici o paramasso-nici. E poi non dimentichiamo la grande suggestione offerta dalla potente rete della massoneria to-scana”. Concludendo: “i program-mi di Gelli e Renzi sono uguali e oggi non c’è alcuna forza maggio-ritaria, compresa quella di Grillo, che si pone il problema della de-mocrazia organizzata”.

Sembra non essere un caso, dunque, il compattamento degli ex socialisti craxiani attorno alla figura del Berlusconi democri-stiano Renzi, considerato quasi un predestinato nel completare le controriforme del ventennio ber-lusconiano e del disegno della P2 di Gelli, sull’onda di quanto ten-tò e non riuscì a fare il suo pre-decessore Craxi, che come Renzi ha avuto Mussolini come maestro e ispiratore. Conseguentemente è necessario lottare in piazza per spezzare l’asse piduista e golpista Renzi-Berlusconi, per impedire il completamento della seconda re-pubblica neofascista e l’instau-razione di un altro ventennio col volto moderno e tecnologico di Renzi dopo quello di Berlusconi. Vuol dire anche, per il proletaria-to, riprendere coscienza che il suo compito storico è quello di abbat-tere il capitalismo, conquistare il potere politico ed instaurare il so-cialismo, senza il quale non sarà mai possibile cambiare veramente l’Italia e liberarsi per sempre dallo sfruttamento e dalla restaurazione del fascismo sotto nuove forme e con nuovi vessilli.

di Ernesto GuidiEra tanta la curiosità di vedere

con i nostri occhi e palpare diret-tamente quale fosse oggi l’atteg-giamento del popolo russo verso i grandi Maestri del proletaria-to internazionale Lenin e Stalin, verso il socialismo e l’esperienza storica della dittatura del proleta-riato e cosa fosse rimasto invece della deriva revisionista e anti-marxista-leninista di Krusciov o del socialimperialismo inaugura-to dall’era di Breznev, se infine il capitalismo governato da Pu-tin avesse realmente fatto tabula rasa dei simboli e degli ideali che avvinsero la Russia e l’Unione delle Repubbliche socialiste so-vietiche dal ‘17 in poi. Queste le principali domande che mi han-no suggerito di spendere la poco più di una settimana di ferie dal lavoro professionale a Mosca, questa megalopoli di 11 milio-ni di abitanti che tutt’oggi ospi-ta le tombe di Lenin e Stalin e che storicamente è stata il fulcro del movimento comunista rus-so e internazionale. La Direzio-ne de “Il Bolscevico” ha appog-giato questo mio proposito e mi ha chiesto di scrivere un reporta-ge per il giornale. Accompagna-to da un giovane lettore e amico de “il Bolscevico”, che ringrazio per l’assistenza tecnica e foto-grafica, abbiamo scandagliato in lungo e in largo la capitale russa per visitare gli oltre venti siti del nostro programma iniziale e rac-cogliere le impressioni del popo-

lo moscovita e russo, e dei turisti che da ogni angolo del mondo, soprattutto in estate, invadono la città.

La prova più tangibile di come il popolo russo ami ancora Lenin e Stalin ci è venuta dalla visita al mausoleo ai piedi del Cremlino sulla Piazza Rossa che abbiamo compiuto per due volte a distan-za di una settimana. Il mausoleo di Lenin è aperto dalle 10 alle 13 cinque giorni alla settimana. Già dalle 9 del mattino troviamo la coda chilometrica dei visitatori che vogliono rendere omaggio al padre della Rivoluzione d’Otto-bre; un vero e proprio serpentone che costeggia il bellissimo giar-dino Aleksandrovsky, composto da centinaia e centinaia di per-sone (saranno qualche migliaio ogni giorno) che diminuisce e si riallunga man mano che le guar-die danno il via a blocchi di una ottantina di persone alla volta. Molti sono russi venuti da ogni angolo dello sterminato paese, da quelli di etnia europea a quelli caucasici e delle ex Repubbliche asiatiche, ma molti anche i visi-tatori da tutto il mondo compresa l’Italia. Si percepiscono una ba-bele di lingue, famiglie che spie-gano in maniera interessata ai fi-gli o nipoti cosa e chi vedranno, i nomi di Lenin e Stalin rimbalza-no ovunque. È soprattutto con gli italiani che ci soffermiamo a par-lare, molti di loro sono in vacan-za con tour organizzati che na-turalmente nel programma non avevano certo inserito la visita al mausoleo. Un gruppo di Roma ci dice con vanto che hanno co-

stretto la guida a portarli lì, “Non possiamo venire fin qui e non ve-dere il grande Lenin”, altri addi-rittura avevano dei fiori rossi con tanto di targa “I compagni italia-ni”, scritto anche in inglese, da lasciare sulla tomba di Stalin. Il

militare addetto al controllo col metal detector alla vista dei fio-ri e letta la dedica ci strizza l’oc-chio e ci alza il pollice in segno di assenso, è dei nostri anche lui.

La visita alla salma imbal-samata di Lenin dura si e no un minuto ma l’emozione è gran-dissima e ti rimane dentro per tutta la giornata. Per arrivare a vedere Lenin si devono scende-re due ripide scale completamen-te al buio, essendo sotto il livello della Piazza Rossa e per moti-vi di conservazione della salma la temperatura è bassissima, ad ogni angolo vigila un militare che fa rispettare il silenzio asso-luto, all’interno non si possono scattare foto né tenere le mani in tasca. È permesso di rallentare il passo ma non di fermarsi davan-ti alla teca rossa illuminata dove dal 1924 riposa Lenin.

Usciti emozionati col grop-po in gola per la visita risaliamo sulle mura del Cremlino dove ci sono le tombe con relativo busto di alcuni dirigenti dell’Urss. Qui si possono fare foto ma il tem-po concesso è pochissimo. Per questo procediamo speditamen-te verso la tomba di Stalin che è l’ultima, non mancando di rile-vare come la tomba di Breznev sia senza fiori e senza visitato-ri. Onoriamo fugacemente inve-

ce i compagni d’armi di Lenin e Stalin, Dzerzhinsky, Sverdlov, Kirov, Kalinin e Zhdanov. Tutti i gruppi si fermano davanti alla tomba di Stalin, quella con sem-pre fiori rossi freschi. “È così per tutto l’anno” ci dicono, “è la più visitata e fotografata”.

A poche centinaia di metri dal mausoleo di Lenin uscendo dalla Piazza Rossa, un manifesto an-nunciava una mostra tempora-nea su Lenin e Stalin nelle sale esibizioni del museo storico di Stato, quello che fino al 1993 era il museo centrale Lenin. Un’oc-casione da non perdere. Inizia-ta il 26 marzo scorso la mostra andrà avanti fino al 13 gennaio del 2015. Dal titolo “Il mito dei leaders sovietici” l’esposizione, come si legge nel volantino che ci viene dato alla cassa, “mo-stra l’evoluzione dell’immagi-ne di Lenin e del suo successore Stalin”. La visitiamo con curio-sità e ne rimaniamo favorevol-mente impressionati. Le grandi e luminose sale dedicate ai due Maestri del proletariato interna-zionale partono da immagini di vita familiare con quadri e bu-sti, poi ci sono gli abiti e indu-menti originali, gli oggetti, ma-nifesti d’epoca che ripercorrono la vita e l’opera di Lenin e Stalin. Tra i tanti segnaliamo i celeberri-

mi cappelli di Lenin, ecceziona-le il colbacco nero col quale in una Mosca gelata nel 1918 fece il comizio all’inaugurazione del monumento a Marx e Engels, i suoi cappotti usati dall’esilio del 1910 in poi, il suo primo studio molto modesto, nonché le pipe di Stalin e le sue uniformi mili-tari fino a quella indossata per la parata della vittoria sul nazifa-scismo del 9 maggio 1945. Ec-cezionale un quadro enorme che prende tutta una parete con Le-nin che interviene al Congresso della Terza internazionale comu-nista del 1919, nonché altri che ritraggono Lenin e Stalin al la-voro fianco a fianco per la rivo-luzione socialista e nell’edifica-zione del socialismo in Urss. Dei visitatori ci colpisce la presenza di diversi nonni con i nipoti, pro-dighi a mostrare e commentare ai più piccoli quello che stavano vedendo.

Soddisfatti, soprattutto per il taglio corretto dato alla mostra ne vogliamo sapere di più, tan-to da chiedere un incontro con il responsabile dell’allestimento. Trattasi della signora Elena Za-charova a cui tramite la segre-teria chiediamo la possibilità di un’intervista per “il Bolscevico”. Ci viene dato un appuntamen-to cinque giorni più tardi presso

8 il bolscevico / reportage da mosca N. 32 - 11 settembre 2014

Reportage di un redattore de “il Bolscevico” da Mosca

IL POPOLO RUSSO AMA ANCORA LENIN E STALIN

Intervista esclusiva a Elena Zakharova curatrice della mostra temporanea sui due grandi Maestri: “L’ho fatto perché voglio che i giovani russi apprezzino la vita e l’opera di Lenin e Stalin”

L’incaricato di un folto gruppo di italiani depone un mazzo di fiori rossi sulla tomba di Stalin. Sulla targa rossa con lettere gialle la scritta “I compagni italiani” tradotta anche in inglese

Una delle tante code chilometriche per rendere omaggio a Lenin

la sede della mostra. Puntuali ci presentiamo e Zacharova rimane particolarmente colpita dall’esi-stenza del PMLI e del suo organo di stampa. Ben volentieri accet-ta l’intervista che conduciamo in francese, non è la prima, ne ave-va rilasciate alcune alle televi-sioni russe e internazionali satel-litari ai tempi dell’inaugurazione ma di durata più breve e di carat-tere generale. “Nell’esposizione avete visto – ci dice – gli ogget-ti personali che appartenevano a Lenin e a Stalin, nonché i qua-dri le foto e i poster che mostrano tutta la storia del mito di Lenin e Stalin. Abbiamo voluto mette-re in mostra oggetti nascosti per decenni e mai visti dal pubbli-co”. “Mi dispiace - ha continua-to - che non avete potuto vederli tutti perché diverse stanze le ab-biamo dovute togliere per far po-sto alla mostra temporanea sul-la prima guerra mondiale (di cui quest’anno per la Russia cade il centenario, ndr)”.

Molti di questi oggetti ci dice la curatrice sono rimasti nei ma-gazzini del museo dal 1993, al-lorché Eltsin con decreto fascista chiuse il museo centrale Lenin. Ma lei non ha mai perso la spe-ranza e dopo anni è riuscita a ri-portarli in visione di tutti grazie anche all’intervento di alcuni sponsor, tra cui il canale televi-sivo Russia 24, quotidiani e set-timanali d’arte.

Alla domanda su quante pos-sibilità ci fossero di trasformare la mostra da temporanea in per-manente Zacharova ha risposto che dipende dal numero di visi-tatori e dalle richieste che giun-geranno dalla Russia in tal sen-so. “Di sicuro chiederemo una proroga con ampliamento delle sale. Ma non abbiamo vita faci-le. Il curatore di una mostra sulle cosiddette ‘purghe staliniane’ qui a Mosca ha inveito sulla stampa contro la nostra iniziativa, ma abbiamo visto che abbiamo col-pito nel segno. Noi ci vogliamo rivolgere in particolare ai gio-vani che non conoscono Lenin e Stalin, pensano che il primo fos-se un satapro e l’altro un assas-sino, così fanno credere i media asserviti a Putin. Io voglio inve-ce che apprezzino la vita e l’o-pera di questi due grandi leader”.

A noi la mostra ci è partico-larmente piaciuta anche perché non viene dato spazio ai nemici del socialismo e del marxismo-leninismo. E la curatrice ce lo ha confermato andando a prendere il libro delle presenze, dove i vi-sitatori scrivono le loro impres-sioni. “Vedete – ci legge con sod-disfazione i commenti dei russi – questo dice che i verdetti del-la storia non si cambiano, Zino-viev, Kamenev e Bucharin erano nemici del popolo. Quest’altro inneggia a Lenin e Stalin e al socialismo. Altri - continua sfo-gliando il librone - ci dicono di non mollare e rendere perma-nente il museo di Lenin e Sta-lin”. Dopo quasi un’ora ci con-gediamo, rinnovando la nostra soddisfazione sull’iniziativa e salutando fraternamente la Za-charova che manda i suoi saluti al Partito e al giornale.

Un altro aspetto dell’attacca-mento del popolo russo verso Le-nin e Stalin lo abbiamo rilevato nelle visite ai musei e monumen-ti, dove il periodo dell’edifica-zione del socialismo autentico e integrale assume uno spazio net-tamente preminente sulla deriva revisionista kruscioviana o sul-la politica socialimperialista di Breznev, per non parlare della pe-

restrojka gorbaciovana totalmen-te assente. In molti casi e signi-ficativamente questi siti, musei o monumenti assieme al tricolo-re nazionalista di Putin portano al vento le bandiere rosse.

Noi abbiamo iniziato dal mu-seo di storia contemporanea che narra dalle sommosse del 1905 legate al 1917 con la Rivolu-zione d’Ottobre dove si dà giu-stamente grande spazio a Lenin, per arrivare fino agli anni ’80. Di grande interesse la collezione di manifesti di propaganda dell’e-

poca, le armi e le divise dei bol-scevichi, la prima macchina da stampa per i volantini ed i primi numeri della “Pravda” nonché un trattore con tanto di bandiera ros-sa con falce e martello e scritte inneggianti alla rivoluzione e al socialismo. Tanti i quadri, drappi e bandiere dedicati a Lenin così come a Stalin, altrettanti quelli che ritraggono insieme i due Ma-estri. Per Stalin segnaliamo una splendida scultura che lo ritrae intento ad abbracciare i bambini che gli donano fiori, la prima co-pia della Costituzione dell’Urss del 1936 ricoperta di pelle rossa e con le scritte impresse con oro a caldo, il numero della “Pravda” uscito in edizione straordinaria che annunciava al Paese la sua morte nel ’53.

Tante le targhe e le lapidi, e tutte ben curate, che ricordano Lenin e l’edificazione vittorio-sa del socialismo. Le troviamo dappertutto camminando nelle maestose vie della capitale co-steggiate da palazzi e strutture dell’epoca di Stalin molte delle quali ancora sormontate da gran-di stelle rosse e falce e martel-lo. Nei negozi di souvenir dalla nota via Arbat fino ai mercati-ni di Izmailovo, tazze, piatti, set di bicchieri da vodka, calendari, cartoline, manifesti, magliette, matrioshke, busti, statuette con Lenin e Stalin sono i più richie-sti dai russi e dagli stranieri. Alla Lubijanka dove si trova la più grande libreria di Mosca a 8 pia-ni Lenin e soprattutto Stalin han-no degli scaffali interi dedicati a loro. Ci ha colpito in particolare l’uscita recentissima di una gran-de quantità di testi, purtroppo tutti in russo, dedicati a Stalin, alla sua vita privata, allo scon-

tro col rinnegato Trotzki, alla di-rezione della vittoriosa grande guerra patriottica.

E poi ancora la metropolita-na, con ben 12 linee e che ogni giorno muove oltre 9 milioni di persone, di cui ogni stazione è un vero e proprio museo ed un osan-na a Lenin, con statue, dipinti e mosaici a lui dedicati, al socia-lismo, alla resistenza e alla vit-toria sul nazifascismo, al lavoro e alla vita delle Repubbliche so-cialiste sovietiche. Voluta ferma-mente da Stalin per alleviare le

difficoltà di movimento della po-polazione in una città immensa fu inaugurata nel 1935 grazie so-prattutto allo sforzo eroico degli oltre 10.000 giovani del Komso-mol (l’organizzazione della gio-ventù sovietica). Fu dedicata a Lenin ed all’ingresso di ogni sta-zione una grande scritta ce lo ri-corda. Così come dedicata a Le-nin è la maestosa Biblioteca di Stato, una delle più grandi del mondo.

Entusiasmante e bellissima la visita al museo delle ferrovie dove con emozione siamo saliti sul treno che il 23 gennaio 1924 trasportò la salma di Lenin a Mo-sca per i funerali di Stato. La lo-comotiva e il vagone che traspor-tava Lenin sono splendidamente conservati come ci hanno tenu-to a spiegare le custodi del mu-seo, visibilmente soddisfatte del-la nostra ammirazione.

N. 32 - 11 settembre 2014 reportage da mosca / il bolscevico 9

Le mie impressioni sulla visita al mausoleo di Lenin

e alla tomba di Stalin“Ho avuto l’impressione che Lenin

non fosse morto ma stesse solo dormendo”di Vladimir

Durante la mia vacanza a Mosca sono stato al mausoleo di Lenin. Una tappa doverosa per rendere omaggio al grande uomo artefice della Rivoluzio-ne d’Ottobre e del socialismo in Russia, di cui mi onoro di por-tarne il nome.

Come le migliaia di perso-ne di ogni nazionalità che ogni giorno visitano il feretro di Le-nin ho fatto una fila lunghissi-ma prima di trovarmelo davan-ti. Un’emozione fortissima nel vedere la salma di Lenin. L’as-soluto silenzio e il buio del-la sala dove solo la teca di Le-nin era illuminata aumentavano la mia emozione nell’omaggia-re solennemente questo grande Maestro del proletariato inter-nazionale. Un sentimento comu-ne penso a tutti i visitatori. Ho avuto l’impressione che Lenin non fosse morto ma che stesse solo dormendo. Il volto rilassa-to e sereno di chi sa che i suoi insegnamenti non sono casca-ti nel vuoto ti trasmette fiducia nel futuro.

Uscito dal mausoleo ho vi-sitato il cimitero sul retro che ospita i personaggi che han-no avuto un ruolo importan-te nell’instaurazione del socia-lismo in URSS. Con me avevo un mazzo di rose rosse perché

sapevo che in questo cimitero c’era sepolto anche Stalin. Una piacevole e grande sorpresa nel vedere la maggior parte dei visi-tatori ignorare la tomba di per-sonaggi come Breznev e diriger-si ad ammirare quella di Stalin.

La tomba composta da una lastra di granito alla base, e la lapide con il busto di Stalin era una delle poche che aveva maz-zi di fiori. Non so se è stato un caso che in quel giorno c’erano un sacco di italiani che come me visitavano la sua tomba e face-vano foto. La sensazione è che nonostante tutte le campagne contro questo grande politico

definito anche sui libri di scuola come un dittatore alla stregua di Hitler la sua memoria nel cuo-re dei sinceri comunisti è anco-ra viva ed è un onore fare visita alla sua tomba se si è in vacanza a Mosca. Ho deposto il mazzo di fiori rossi con immenso piacere.

Questa felice esperienza mi ha arricchito personalmente, perché per i pochi giorni che sono stato a Mosca e nonostante le varie controrivoluzioni che ci sono state dopo la morte di que-sti due Maestri ho potuto capire cosa di positivo hanno impresso nel popolo russo e non solo.

Addirittura anche nel museo della vodka i nostri Maestri la fanno da padroni. Una gran te-sta di Lenin all’ingresso accan-to ad una guardia bolscevica in uniforme e una sezione dedicata a Stalin con il documento da lui firmato che sospendeva la diret-tiva proibizionista in vigore sulla vodka durante la guerra patriotti-ca antinazifascista per permette-re ai soldati al fronte di combat-tere il gelido inverno russo. Per questo un particolare tipo di vod-ka fu dedicato a Stalin che com-pare sull’etichetta.

Emozionanti sono state le vi-site al museo della grande guer-ra patriottica e al museo centrale delle forze armate. In ambedue

sono ricostruiti tutti i passaggi della seconda guerra mondiale ed esce prepotente il ruolo deci-sivo del popolo russo guidato da Stalin. Innumerevoli i manifesti che ritraggono Stalin presente in tutti i momenti decisivi della re-sistenza alla belva nazifascista, così come i quadri. Ci ha colpito particolarmente la ricostruzione della parata della vittoria avve-nuta il 9 maggio 1945 con delle teche che contengono tutte le in-segne naziste che quel giorno fu-rono portate ai piedi del mauso-leo di Lenin su cui stavano Stalin e i generali dell’Armata rossa vittoriosa. Mentre gli schermi gi-ganti posizionati ai lati manda-vano continuamente le immagini

a colori di quella indimenticabile giornata per il popolo russo e tut-ti i popoli della terra. Così come abbiamo potuto ammirare la ban-diera rossa originale che fu issata sul Reichstag di Berlino.

Una enorme statua di Lenin posta di fronte ad una porta con i simboli di tutte le Repubbliche socialiste sovietiche apre tutt’og-gi l’Esposizione delle conquiste dell’economia nazionale, un cen-tro lungo due chilometri e largo uno dove tutte le Repubbliche ai tempi del socialismo avevano una rappresentanza. I padiglioni, che abbiamo visto uno ad uno, presentano un’immensa varie-tà di stili architettonici, simbolo del contributo dei diversi grup-pi etnici e artistici alla causa co-mune del socialismo. Un effetto d’insieme grandioso e spettaco-lare, con mosaici ritraenti Lenin, Stalin e immagini delle conqui-ste del socialismo. Un luogo che anche oggi richiama molti giova-ni sposi di Mosca che lo scelgo-no per farsi le foto.

Per tutto quanto descritto, seppur sinteticamente e non in maniera completa, torniamo dal soggiorno moscovita felici e ar-ricchiti personalmente dell’espe-rienza vissuta e confortati dal fat-to che il popolo russo e non solo ama ancora i nostri grandi Mae-stri Lenin e Stalin e che la loro vita e opera non potranno mai es-sere cancellate dalla storia.

2003 Un giovane posa con orgoglio davanti alla statua di Lenin all’ingresso del mastodontico Centro di esposizione delle conquiste dell’economia na-zionale

Mosca, Museo di storia contemporanea. Uno dei primi drappi originali dei bol-scevichi nel 1917

La bandiera rossa con falce e martello che sventolò sul Reichstag a Berlino è conservata splendidamente nel museo centrale delle forze armate

2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

N. 32 - 11 settembre 2014 PMLI / il bolscevico 11Risoluzione della Cellula “Rivoluzione d’ottobRe” di baRi del PMli sul RaPPoRto di sCudeRi al CC del PMli

difendiamo il Partito su ogni fronte sviluppando una forte coscienza proletaria e rivoluzionaria,

studiando e trasformando noi stessiIl Rapporto del Segretario

generale, compagno Giovanni Scuderi fornisce un’apprezza-bilissima visione d’insieme sugli obiettivi immediati e più distanti che tutto il Partito deve e dovrà affrontare.

Non è una descrizione fredda e distaccata della realtà, bensì un tesoro che ogni compagna e compagno deve far proprio e svi-luppare per ben comprendere la situazione interna del Partito, le sue difficoltà, i modi corretti per risolvere e superare tali difficoltà e di come rapportarsi in modo pratico e coscienzioso dal punto di vista proletario e rivoluzionario alla politica nazionale per quanto riguarda ad esempio gli avveni-menti in campo sindacale.

Sicuramente per quanto ri-guarda le contraddizioni interne al Partito, il compagno Scuderi ci offre il giusto punto di vista mar-xista-leninista: queste contrad-dizioni esisteranno sempre e si potranno persino sviluppare nel momento in cui il Partito crescerà e si animerà ulteriormente la lotta di classe assieme alle manovre di ogni nemico del Partito e del socialismo per distruggerlo. Noi però prevarremo perché lo stes-so Segretario generale ci fa com-

prendere che, se tali problemati-che sono affrontate degnamente e in modo adeguato, nulla può infrangere la struttura partitica dal punto di vista materiale e ide-ologico. Continuando a vigilare, sviluppando una forte coscienza proletaria e rivoluzionaria, stu-diando e trasformando continua-mente noi stessi potremo difen-dere su ogni fronte il Partito. Che nessuno provi a infrangere que-sto mirabile esempio di pionieri-smo, che ci condurrà un giorno alla Rivoluzione socialista e alla costruzione del socialismo in questo Paese! Che nessuno provi a osteggiare la sua marcia perché il Partito è dalla parte della ragio-ne sia per la sua storia che per i suoi nobili fini. Il supremo inte-resse della causa, non dovrà mai smettere di brillare e continuerà a esser viva questa fiamma con la volontà di ogni compagna e com-pagno del Partito.

Oltremodo importante è il pas-saggio in cui Scuderi ci ricorda di applicare la linea del Partito nella realtà pratica e di dare al Parti-to maggiore forza, preparazione e abilità facendo sì che in ogni campo si formino degli speciali-sti rossi al servizio del PMLI: ciò è fondamentale affinché il Parti-

to possieda, nel tempo, tutti gli strumenti conoscitivi adeguati non solo per comprendere al me-glio in modo autonomo la realtà attuale e poterla studiare ma so-prattutto per poterla successiva-mente modificare. Gli specialisti rossi sono sicuramente una forza del proletariato e del Partito per-ché usano e useranno le proprie conoscenze per sviluppare e di-fendere il PMLI.

Importantissimo ciò che il compagno Segretario genera-le afferma sul finanziamento del Partito: se da un lato è vero che sorgeranno delle difficoltà perché vi è stata la fine dell’attività vita-le, dall’altro dobbiamo ricordarci che il PMLI è un Partito autentica-mente marxista-leninista e di tipo bolscevico pertanto potrà riorga-nizzarsi e continuerà a marciare facendo affidamento sulle sue forze. Ogni compagna e compa-gno del Partito darà ciò che può e farà di più, a costo di risparmiare ogni singola graffetta e ogni fo-glietto ma la scalata al cielo che passa dalla difesa e dalla crescita del Partito non si arresterà mai: facendo trionfare la volontà pro-letaria e rivoluzionaria e avendo la giusta coscienza, ogni militante sarà carburante per la motrice del

PMLI. Il Partito, nella sua storia, ha superato con forza e dignità diverse difficoltà e non potremo mai accettare neanche lontana-mente l’idea di piegarci e accet-tare sommessamente le difficoltà gettateci addosso dai nemici del Partito e da parte della borghesia.

Il compagno Scuderi ha ma-gnificamente smascherato l’U-nione europea, con dati alla mano: una vera prigione per i popoli di tutta l’Europa, un orri-bile tritacarne imperialistico che va distrutto e non riformato. La stessa cosa dobbiamo fare nei confronti del Berlusconi demo-cristiano Matteo Renzi, pargolo di Gelli e nemico del proletariato italiano; dice infatti saggiamente il compagno Scuderi: “I marxisti-leninisti non si daranno pace sino a quando il suo governo non sarà spazzato via dalla piazza”. Che questo rappresenti un giuramen-to per tutte le compagne e i com-pagni: fuoco sul quartier generale nemico! Battaglia dopo battaglia disfarremo l’avversario.

Viva il PMLI!Seguiamo le indicazioni del

compagno Segretario generale!Difendiamo il Partito da ogni

nemico e contro ogni avversità!Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

diffusioni a fiRenze PeR la CoMMeMoRazione

di Mao �Redazione di FirenzeLe compagne e i compa-

gni di Firenze oltre a contri-buire attivamente all’orga-nizzazione della prossima Commemorazione di Mao nel

38° Anniversario della scom-parsa, hanno organizzato le diffusioni per invitare giovani, operai, lavoratori, masse po-polari a partecipare all’inizia-tiva.

Sabato 30 agosto sono state effettuate diffusioni al Mercato di Piazza Dalmazia e alla Coop e Mercato di via Salvi Cristiani. In entrambe le occasioni i volantini sono sta-ti presi con interesse e sono state intrecciate discussioni sulla differenza delle condi-zioni di vita del proletariato in Cina guidata dal grande Maestro del proletariato in-ternazionale Mao e su quelle attuali all’insegna invece del capitalismo. Un ex delegato della CGIL Ataf si ricordava

del Partito poiché aveva par-tecipato a Firenze all’iniziativa pubblica in occasione del 50° Anniversario della scomparsa di Stalin.

Martedì 2 settembre si

è svolta una diffusione sul ponticino dell’Isolotto in oc-casione del mercatone delle Cascine.

Volantini sono stati affissi nei pressi di numerose scuole medie superiori della città e di alcune tra le più importanti fabbriche. Diffusi alla fabbrica Galileo. Nei prossimi giorni i compagni diffonderanno alla Mensa universitaria di Via San Gallo e alla Stazione Santa Maria Novella.

Per l’occasione sono sta-ti stampati i manifesti, affissi tramite le pubbliche affissioni nei quartieri fiorentini.

Inoltre come di consueto sono stati invitati all’iniziativa simpatizzanti e amici fiorenti-ni del Partito.

Riunione di studio delle istanze RoMagnole e MaRChigiana sul RaPPoRto di

sCudeRi al CC del PMliCondivisione totale delle analisi e delle indicazioni del Segretario generale

�Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaLunedì 11 agosto si è tenuta

presso la sede della Cellula “Sta-lin” di Rimini del PMLI una riu-nione di studio sul Rapporto del

compagno Giovanni Scuderi alla quarta Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI.

Durante l’incontro, al quale hanno partecipato militanti e sim-patizzanti delle Cellule “Stalin” di

Rimini e Forlì e delle Organizza-zioni di Ravenna e Gabicce Mare (Pesaro Urbino) del Partito, è stato letto per intero il Rapporto, con-diviso totalmente dai presenti che hanno poi discusso in particolare alcuni temi ivi trattati: le contrad-dizioni nel Partito, con la richiesta di informazioni e aggiornamenti a riguardo, l’auspicio che la vigilan-za rivoluzionaria rimanga sempre ben alta per evitare l’infiltrazione di elementi anti-Partito e sottoli-neando l’importanza del rispetto del centralismo democratico; le vittorie del PMLI, approfondendo in particolare la questione dell’a-pertura della nuova sede nazio-nale e, correlatamente, la difficile situazione economica del Partito e la conseguente sospensione della pubblicazione cartacea de “Il Bolscevico”. Una sospensione che, come ha detto il compagno Scuderi “ci priva di un fondamen-tale strumento della propaganda, ma non è determinante per il suc-cesso del nostro lavoro politico e organizzativo. Il fattore deter-minante per la vita e lo sviluppo del Partito è l’applicazione, con determinazione, perseveranza e intelligenza tattica, della linea del Partito, negli ambienti di lavoro, di studio, di vita e negli organi-smi di massa, soprattutto in quelli sindacali e studenteschi”.

La mancanza de “Il Bolscevi-co” cartaceo, così come lo ab-biamo conosciuto sino a settem-bre dell’anno scorso, si fa sentire ma i compagni romagnoli non si sono persi d’animo e da subito hanno provveduto, e provvedono settimanalmente, alla stampa di diverse copie sia per uso interno che per i simpatizzanti ed even-tuali diffusioni.

Sono poi stati affrontati e di-scussi i tre problemi aperti, le elezioni europee e amministra-tive dello scorso 25 maggio e il governo del Berlusconi democri-stiano Renzi. Successivamente è stata organizzata la partecipa-

zione delle istanze presenti alla Commemorazione di Mao del 7 settembre a Firenze e pianificate alcune iniziative di propaganda da tenere nel mese di agosto e nei mesi successivi.

Firenze. Una delle diffusio-ni organizzate dal Comitato provinciale di Firenze per propagandare la Comme-morazione di Mao. Qui siamo in via Salvi Cristia-ni. Accanto due ragazze osservano il manifesto che annuncia la Commemora-zione (foto Il Bolscevico)

al concerto dei “Punkreas”

diffuso Con suCCesso a sesto san giovanni il volantino Col doCuMento

del PMli sul PReCaRiato �Dal corrispondente della Cellula “Mao” di Milano Applicando la direttiva del

Comitato Lombardo del PMLI di cogliere l’occasione dei concerti che attualmente attraggono i gio-vani di sinistra per far circolare le posizioni del PMLI, alcuni compa-gni della Cellula “Mao Zedong” di Milano, venerdì 1 agosto, hanno diffuso dalle 19,30 alle 21, all’en-trata dello Spazio Carroponte di Sesto San Giovanni (Milano) sede del concerto del gruppo punk-ska-rock “Punkreas”, centinaia di volantini riportanti gli estratti del documento dell’UP del Partito dal titolo “Lottiamo e formiamo un grande fronte unito per aboli-re il precariato”, con i punti del-la piattaforma rivendicativa dei marxisti-leninisti sul tema. Sul retro del volantino erano riporta-ti gli indirizzi internet per reperire per intero il suddetto Documento sul sito ufficiale del PMLI, oppu-re scaricando il file in PDF de “Il Bolscevico” n.13/2014, oltre a in-vitare a scaricare settimanalmen-te il nostro giornale dall’apposita pagina del sito.

Giovani e meno giovani giunti per il concerto hanno accolto vo-lentieri il nostro volantino: già alla vista del simbolo del Partito molti l’hanno cominciato a leggere su-bito, altri si sono fermati a par-

lare coi nostri compagni su temi inerenti la precarietà del lavoro e le controriforme del lavoro, della scuola e delle pensioni prosegui-te anche dall’attuale governo del Berlusconi democristiano Renzi.

Una iniziativa di propaganda intensiva, quella dei marxisti-leninisti milanesi, coronata dal successo e che andrà replicata al

più presto consci che non si può aspettare che siano i giovani di sinistra a venire al Partito ma che è il Partito che deve andare dai giovani di sinistra ovunque lad-dove attualmente si ritrovano in massa, che si tratti di cortei, pre-sidi, feste o concerti, adeguando la tattica e il modo di presentarsi all’occasione specifica.

Gabicce (Pesaro Urbino), 25 agosto 2014. Un momento della diffusione realizza-ta dall’Organizzazione di Gabicce Mare del PMLI (foto Il Bolscevico)

Sesto San Giovanni (Milano), 1° agosto 2014. La diffusione del volantino col documento del CC del PMLI sul precariato all’entrata dello spazio concerti (foto Il Bolscevico)

RegistRato inteResse da PaRte di Residenti e villeggianti

volantinaggio del PMli a gabicce Mare

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Gabicce Mare del PMLILunedì 25 agosto militanti

dell’Organizzazione di Gabicce Mare (Pesaro Urbino) del PMLI e delle Cellule “Stalin” di Forlì e di Rimini, si sono riuniti a Gabicce per diffondere volantini e giornali del Partito.

I compagni si sono dati ap-puntamento in Via Vittorio Vene-to, pieno centro della nota loca-lità balneare romagnola. Sono stati diffusi alcune centinaia di volantini dal titolo: “Giovani, date le ali al vostro futuro” e alcune copie de “Il Bolscevico” n.31, fat-to stampare per l’occasione dai compagni forlivesi.

Anche quest’anno si è sentita

fortemente la mancanza del ban-chino, che attirava molto le mas-se verso il nostro materiale e le stimolava al dialogo, e forse pro-prio per questo messo al bando dall’ex sindaco Curti, che vietò le concessioni temporanee di suolo pubblico nelle zone a traffico limi-tato (ZTL).

Tuttavia, è stato fatto un buon lavoro tra le masse residenti e vil-leggianti che in molti casi si sono mostrate interessate alla nostra iniziativa.

Dopo tre ore di attività mili-tante i compagni si sono salutati fraternamente, dandosi appunta-mento alla imminente Comme-morazione pubblica del grande maestro Mao organizzata dal PMLI a Firenze.

12 il bolscevico / cronache locali N. 32 - 11 settembre 2014

Milano 1944 – 10 agosto 2014

Celebrato il 70° anniversario del saCrifiCio dei 15 martiri di Piazzale loreto

Il PMLI attualizza lo spirito antifascista della Resistenza contro il governo Renzi e il suo

completamento del regime neofascista �Redazione di MilanoIl 10 agosto 1944 quindici anti-

fascisti e partigiani, in maggioran-za operai, imprigionati dai fascisti furono prelevati dal carcere di San Vittore di Milano dalle SS tedesche comandate da Theodor Saevecke (divenuto in seguito agente della CIA e vicedirettore dei servizi di sicurezza del ministero degli In-terni della Germania Federale) e su ordine del responsabile delle SS per l’Italia nord-occidentale Walter Rauff (inventò le camere a gas mobili montate sui camion e si rese responsabile della morte di 150.000 civili in Polonia e in URSS, nel dopoguerra grazie ai “buoni uf-fici” del Vaticano e della CIA, fuggì in Cile dove lavorò come consulen-te presso la DINA, la famigerata polizia segreta del boia Pinochet) e fu detto loro che sarebbero stati condotti a Bergamo per essere poi inviati ai lavori forzati in Germania nell’Organizzazione Todt. Invece furono portati a Piazzale Loreto e lì vennero fucilati da un plotone di repubblichini della Legione Autono-ma Ettore Muti.

Tutto ciò venne giustificato come rappresaglia per un atten-tato (mai rivendicato) falsamente attribuito ai Gap contro un camion tedesco nei pressi dell’Albergo Tita-nius dove alloggiava la Wermacht e che non vide perire alcun soldato tedesco. La cosa più vergognosa fu che non solo i corpi dei martiri vennero lasciati per un giorno sul selciato della piazza con un cartel-lo con scritto “Questi sono i GAP: assassini”, ma che i parenti delle vittime non potettero avvicinarsi

alla piazza dove intanto le guardie repubblichine ridevano, calciavano e sputacchiavano sui corpi, mentre alcuni soldati nazisti assistevano compiaciuti.

Per il 70° Anniversario del sa-crificio dei quindici Martiri fucilati in Piazzale Loreto, come ogni 10 agosto, l’Anpi ha organizzato nella mattinata una cerimonia invitando a parteciparvi la Milano antifascista e al solito le istituzioni borghesi. Mi-litanti e simpatizzanti della Cellula “Mao Zedong” di Milano del PMLI erano presenti con le rosse bandie-re del PMLI portando nei corpetti la riproduzione del manifesto del Par-tito “Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi”.

I nostri compagni hanno diffuso un centinaio di volantini piegati a due pagine riportanti la riproduzio-ne del suddetto manifesto, l’invito a scaricare settimanalmente “Il Bol-scevico” in formato PDF, dall’ap-posita pagina del Sito del PMLI, e l’articolo integrale “‘Democrazia autoritaria’ o regime neofascista?” (“Il Bolscevico” n°29) che fa chia-rezza sulla meritoria, e da noi ap-poggiata, campagna antifascista e antipiduista lanciata da Il Fatto Quotidiano.

Ad aprire gli interventi istituzio-nali è stato Francesco Cappelli (as-sessore Educazione giunta Pisa-pia) che ha retoricamente parlato di tramandare la memoria della Re-sistenza ai giovani “affinché man-tengano viva questa memoria e ne facciano fondamento nelle loro scelte”, quando il suo assessorato nulla ha fatto in tal senso mentre la sua giunta abbandona al degrado

lo stesso monumento dei 15 Martiri di Piazzale Loreto e non perseguita legalmente per “ricostituzione del disciolto partito fascista” (Legge n. 645 del 1952) le organizzazioni na-zifasciste che brulicano in città col sostegno economico di Provincia e Regione.

Anche alla luce di quanto sopra detto risultano oltremodo retorici e ipocriti gli interventi dell’assessore alle politiche sociali della giunta provinciale del neofascista alfania-no Guido Podestà, il fascioleghista Massimo Pagani (che ha solenne-mente affermato che assieme alla sua giunta “difenderemo con tutte le nostre forze i principi di eguaglian-za, pace e solidarietà scolpiti e an-cora vivi nella nostra Costituzione”, sic!), e della consigliera regionale PD Sara Valmaggi che si è beata di aver promosso la legge regionale n.150/2010 “Sostegno alle attività di studio e memoria sui fondamenti e lo sviluppo dell’assetto democra-tico della Repubblica”, che ai fatti, più che finanziare iniziative volte a promuovere la memoria della Resi-stenza, è servita come espediente per sostenere economicamente il revisionismo storico neofascista

per il “ricordo del martirio e dell’e-sodo giuliano-dalmata-istriano”.

È quindi intervenuto Sergio Fo-gagnolo, presidente dell’Associa-zione “Le radici della Pace - I Quin-dici” e figlio di uno dei martiri, che oltre a descrivere i particolari delle efferatezze dell’eccidio e di ciò che accadde dopo, ha denunciato come trasversalmente le odierne istituzioni e i loro partiti continuino a dimenticare surrettiziamente e a voler cancellare la memoria antifa-scista della Resistenza per favorire una “tacita legittimazione” che equi-para gli eroici partigiani e antifasci-sti coi criminali fascisti repubblichi-ni. Fogagnolo ha quindi denunciato il ventennio berlusconiano come “la rovina morale ed economica del Paese, oltre alla falsificazione della Storia”, ma non si è spinto oltre, continuando a nutrire fidu-cia (anche elettoralistica) per delle istituzioni che di “democratico” (nel senso democratico borghese) han-no solo il nome, e dimenticando l’attuale operato del governo Ren-zi, che sta completando l’instau-razione della seconda repubblica neofascista così come ideata nei piani della P2 di Gelli e Berlusconi.

A 11 Anni dAllA scoMpArsA

Fiori rossi sulla tomba di Falzarano

�Dal corrispondente della Cellula “Vincenzo Falzarano” di FucecchioI compagni di Fucec-

chio non si sono dimenti-cati di lui. Come ogni anno nel mese di agosto vie-ne deposto un vaso di fio-ri rossi sopra la tomba del compagno Vincenzo Fal-zarano, sepolto nel cimite-ro di Monsummano Terme (Pistoia).

A 11 anni dalla sua scomparsa sono sempre vivi il suo ricordo, la sua tempra combattiva e la vi-vacità che lo caratterizza-vano. Un compagno esem-plare sempre in prima fila, che non lesinava le forze quando c’era da difende-re i lavoratori e tenere alta la bandiera rossa, e si di-stingueva come un impa-reggiabile diffusore de “Il Bolscevico”.

Un compagno che, no-nostante la lunga militan-za nel PCI e nel PRC, non ha esitato a voltare pagi-na e abbracciare la causa del socialismo entrando nel PMLI. Il giorno 21, as-sieme alla vedova Filome-na, alcuni compagni della Cellula di Fucecchio che porta il suo nome lo hanno ricordato con affetto e spi-rito militante.

Mettiamocela tutta per denunciare la vera

natura del governo renzi e abbatterloSi tratta di un Robin Hood alla

rovescia: toglie ai poveri per dare ai ricchi. È il governo Renzi, nato senza alcun consenso popolare, ma solo per volere di Napolitano, della borghesia e del capitalismo italiano ed europeo e che si di-stingue dai passati governi (Ber-lusconi, Monti, Letta-Alfano) per il fatto che nessuno meglio di lui sa fare gli interessi della borghe-sia e del capitalismo. Il suo piglio autoritario è peggiore di quello di Berlusconi, sia come presidente del Consiglio, sia come segretario nazionale del PD. Decide tutto lui, senza accettare il minimo con-fronto con i sindacati sulle cosid-dette “riforme”, a partire da quelle sui diritti dei lavoratori, sul sistema elettorale e costituzionale. Insom-ma si tratta di un vero e proprio Mussolini che adotta per filo e per segno lo stesso linguaggio di Ber-lusconi.

Come un fulmine a ciel sereno, durante le ferie estive quando non si possono mobilitare i lavoratori, sempre che CGIL, CISL e UIL avessero la volontà di farlo, dopo la liberalizzazione dei contratti a termine e del precariato arriva il colpo di grazia per distruggere dalle fondamenta non solo l’arti-colo 18, ma anche lo Statuto dei lavoratori, per rendere il lavoro più flessibile, con l’estensione dei contratti precari, legiferati in base

all’indirizzo della Legge 30 (come già descritto su “Il Bolscevico” n. 13/2014 in un’analisi particolareg-giata che inviterei i compagni a rileggere).

Dal cilindro di Matteo Renzi viene fuori la “riforma” strutturale dei diritti dei lavoratori: abolizione dell’articolo 18 per 3 anni in modo che le aziende possano fare pol-pette dei lavoratori. Inoltre libera-lizzazione dei contratti a termine e di ogni forma di lavoro precario e sottopagato e infine neutraliz-zazione dei sindacati confederali. Con loro non si tratta. Insomma l’Italia deve uscire dalla crisi sacri-ficando gli interessi e le conquiste dei lavoratori.

Anche il contentino degli 80 euro dati in busta paga ai lavora-tori che percepiscono una paga inferiore ai 2 mila euro al mese è stata una manovra elettorale per fare prendere più voti al PD in occasione delle europee. Ma sia-mo proprio sicuri che le 80 euro andranno tutte nelle tasche dei lavoratori? Io credo di no! per il seguente motivo: nel Sud Italia il datore di lavoro spesso fa firmare la busta paga ai suoi dipendenti e alla fine di tutto la retribuzione netta non corrisponde a quanto scritto.

Come abbiamo potuto vedere e toccare con mano Renzi con un abile raggiro di parole tenta di imbrogliare i lavoratori e le masse popolari, così come ha fatto Ber-lusconi anche lui finge di essere per l’Europa dei popoli, ma i fatti dimostrano che non solo condi-vide la politica d’austerità e inter-ventista della UE imperialista, ma

anzi la pompa a tutto gas come fanno tutti i reazionari a partire dal rinnegato Napolitano.

Prima ci libereremo di questo governo meglio sarà per tutti. Noi marxisti-leninisti ce la metteremo tutta per mettere a nudo la politica economica, sociale, antipopola-re, interventista e guerrafondaia dell’UE imperialista e del governo italiano che ne segue le orme, per convincere le masse popolari e i lavoratori e le lavoratrici ad ab-batterlo con lo sciopero generale con manifestazione a Roma e in tutte le piazze d’Italia. Raccoglia-mo le forze creiamo un grande fronte unito per abbattere il gover-no Renzi e incamminarci verso il socialismo.

Facciamo del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo!

Coi Maestri e il PMLI vincere-mo!

W la Via dell’Ottobre!W la dittatura del proletariato

contro la borghesia e il capitali-smo!

Francesco Campisi – simpatizzante di Belpasso

(Catania) del PMLI

il pMli mi sembra la più autentica

espressione contemporanea delle

idee socialisteSalve,sono interessato a conosce-

re meglio e direttamente il PMLI. Vivo in un paesino abbastanza

fuori mano qualora avessi inten-zione di arrivare a Pineto fino alla sede del PMLI a me più vicina; un compagno mi ha detto che esistono anche a Pescara inizia-tive politiche collegate al PMLI. Qualora questa dichiarazione fosse vera per me sarebbe mol-to più semplice poter partecipare personalmente contribuendo alla vita politica che riguarda la cau-sa socialista e comunista qui in Abruzzo.

Posso dire con estrema since-rità che è la prima volta che mi av-vicino ad organizzazioni politiche con l’intento di porvi il mio diretto e personale contributo, perciò non conosco quali sono le dinamiche iniziali, le regole, le procedure for-mali e le consuetudini che vanno rispettate. Perciò spero che da parte vostra, qualora vi sia un interesse, possa avere delucida-zioni a tal riguardo. Confido pro-fondamente nella scienza della rivoluzione socialista e nell’inse-gnamento dei grandi Maestri del socialismo, per questo voglio dare il mio supporto per la diffusione di queste idee ormai smarrite dalla nostra comunità avvelenata dalla sub-cultura borghese.

Il PMLI fra tanti partiti e mo-vimenti di sinistra italiani sembra essere la più autentica espres-sione contemporanea delle idee socialiste attuate in una logica di partito. Questo mi spinge con inte-resse sincero e colmo di speran-za ad avvicinarmi al vostro partito, almeno per conoscerlo meglio e, chissà, per iscrivermi ad esso. Confido nella vostra disponibilità.

Lorenzo - Abruzzo

sto studiando i Maestri per diventare un

marxista-leninista Salve,ho 19 anni e sono uno studen-

te.Sono venuto a conoscenza

dell’esistenza del PMLI solo da qualche mese e sono d’accordo con le idee e le posizioni del Parti-to. Non posso ancora definirmi un marxista-leninista maturo ma sto studiando ciò che i Maestri hanno scritto e sto pian piano maturando il mio pensiero, comprendendo come l’informazione e la cultura del contesto in cui viviamo siano lungi dall’essere neutrale e che siamo invece completamente bor-ghesi.

Auguro a me e a voi che il so-cialismo scientifico e rivoluziona-rio possa trionfare in Italia.

Luca, via e-mail

Mi piace confrontarmi con voi

Cari compagni,io sono iscritto al Partito dei

Comunisti Italiani e dopo anni di militanza in Rifondazione Comu-nista sento che il PdCI è la mia casa. So che entrambi i partiti sono per voi la cosa più lontano dal co-munismo. Mi piace però confron-tarmi con altri comunisti che han-no posizioni diverse dalle mie.

Saluti comunisti.Marco, PdCI – Lodi

no alla cosiddetta “valorizzazione del

territorio”Qui da noi, in Irpinia, sono de-

cenni che si “valorizza” il territorio ed ormai è rimasto ben poco da “valorizzare”. Ecco che il petrolio (il prezioso “olio nero”, in nome del quale i potenti del mondo scate-nano guerre ovunque, conflitti e disastri a profusione) si tramuta in una sorta di “manna caduta dal cielo”. È ovvio che una simile oc-casione non è da sprecare per i voraci “pescecani” di casa nostra (o “Cosa nostra”) e tutti gli altri fa-melici predatori in agguato da fuo-ri provincia. Per tali e altre ragioni, appena sento qualche vecchio volpone locale parlare ancora di una presunta, o pretesa, “valoriz-zazione del territorio” (tradotto in pratica equivale a: scempio am-bientale, devastazione, truffa ed estorsione legalizzata, rapina su vasta scala, ladrocinio e ruberie in grande stile e via discorrendo), mi viene subito l’orticaria.

Si tratta di una sorta di insoffe-renza profonda, ovvero di allergia, verso ogni forma di “valorizzazio-ne del territorio”).

Lucio Garofalo – Lioni (Avellino)

Fate bene a deprecare i governanti israeliani Molto bene compagni, non biso-

gna aver paura di deprecare quei mascalzoni dei governanti israelia-ni che massacrano i palestinesi.

Nicola Spinosi – Firenze

Roma, 12 novembre 1994. Il com-pagno Vincenzo Falzarano diffon-de con vigore “Il Bolscevico” du-rante la manifestazione nazionale contro la finanziaria e il I governo Berlusconi (foto Il Bolscevico)

21 agosto 2014, cimitero di Monsummano Terme (Pi-stoia). La compagna Lucia Guida assieme alla vedova Filomena, rendono omaggio al compagno Vincenzo Fal-zarano (foto Il Bolscevico)

Milano, 10 agosto 2014. Commemorazione nel 70° Anniversario del sacrificio dei 15 martiri trucidati a Piazzale Loreto. La bandiera del PMLI svetta bella alta portata dai compagni milanesi (foto Il Bolscevico)

N. 32 - 11 settembre 2014 cronache locali / il bolscevico 13Secondo uno studio del Comieco

Diminuisce la raccolta Differenziata a napoliLa giunta antipopolare del neopodestà De Magistratis fallisce definitivamente il suo obiettivo principale

�Redazione di NapoliNon si capisce con quale

faccia tosta il neopodestà De Magistris stia continuando a mil-lantare la possibilità di una sua ricandidatura a palazzo S. Gia-como a circa un anno e mezzo dalle prossime elezioni ammini-strative. In una città completa-mente insozzata dai rifiuti ab-bandonati, dai topi e dal pericolo blatte che è tornato a riemerge-re, la pubblicazione dei dati uf-ficiali sullo stato della raccolta differenziata hanno creato scon-

certo, svegliando dal torpore dei primi tre anni anche la stampa del regime neofascista.

Nel 2013 le percentuali di dif-ferenziata in città sono ulterior-mente diminuite, rispetto ai livelli già molto bassi del 2012. I rifiuti correttamente smaltiti lo scorso anno, attraverso il porta a porta o le campane stradali, corrispon-dono a poco più del 20%. Lo certifica uno studio del Comieco - il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica - che analizza i dati

relativi alla raccolta esclusiva di carta e cartone, così come di quella totale, per tutti i materiali da separare. In entrambi i casi, Napoli risulta agli ultimi posti della graduatoria nazionale, al punto che dal rapporto, tra le 106mile tonnellate annue di rifiuti differenziati e le 497mila di rifiuti globali, viene fuori la percentuale del 21,3%, inferiore di tre punti a quella dello scorso anno.

Un fallimento che è ora defi-nitivo atteso che la giunta aran-cione sta affilando le armi per

puntare ad una improbabile ri-conferma alle prossime ammini-strative, magari con un’alleanza con il PD. Un misero fallimento sul piano ambientale le cui re-sponsabilità ricadono tutte sul neopodestà narcisista De Magi-stris e sul suo sodale e falso co-munista assessore all’ambiente Tommaso Sodano (PRC) che avevano fatto della raccolta dif-ferenziata il principale cavallo di battaglia della campagna eletto-rale 2010-2011.

70° AnniverSArio dellA StrAge nAzifASCiStA

ricordate le vittime dell’eccidio del Padule di fucecchio Il PMLI l’unico Partito presente

�Redazione di FucecchioPer ricordare la strage del

Padule nel suo 70° Anniversario ci sono state tante iniziative nei comuni che furono tragicamente

interessati dall’eccidio compiu-to dai nazifascisti il 23 agosto 1944 che causò 175 vittime: Fu-cecchio, Monsummano Terme, Larciano, Cerreto Guidi e Ponte

Buggianese. La manifestazione unitaria si è però tenuta a Castel-martini nel comune di Larciano (Pistoia), davanti al monumento ai caduti della strage inaugurato nel settembre del 2002.

Per la cronaca ricordiamo che quel giorno, alla presenza dell’al-lora presidente della Repubblica Ciampi, i marxisti-leninisti innal-zarono il cartello “Buttiamolo giù, facciamo come i gloriosi parti-giani” (riferito a Berlusconi allora capo del Consiglio), nonostante le minacce e le intimidazioni dei carabinieri e di un esponente di Forza Italia, prontamente respin-te dai compagni e anche da molti presenti.

Quest’anno la manifestazione ha avuto uno dei momenti più toccanti quando alcuni giovani attori hanno messo in scena quei tragici momenti. Alcune ragazze non ce l’hanno fatta a trattenere le lacrime per la commozione, sintomo che i giovani sono tutt’al-tro che insensibili ai soprusi subiti dal nostro popolo; piuttosto sono le istituzioni borghesi locali che sono latitanti anziché impegnate a tenere alti i valori della Resi-stenza e dell’antifascismo.

Anche gli stessi partiti che seppur a parole si rifanno a quei valori sono ufficialmente assenti da queste cerimonie: a Castel-martini era presente solo il PMLI con la sua bandiera rossa con la falce e martello che, certe volte, viene mal tollerata dai rappre-sentanti istituzionali. Alla con-clusione dell’iniziativa sono state diffuse alcune decine di copie di un volantino che riportava larghi estratti dell’articolo de “Il Bolsce-vico” apparso in occasione del 25 Aprile 2014.

CommemorAto il 70° AnniverSArio dell’imPiCCAgione dei tre

PArtigiAni in PiAzzA A rimini �Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di RiminiIl 16 agosto a Rimini è sta-

to commemorato il 70° anni-versario dell’impiccagione dei tre partigiani in Piazza Giulio Cesare (ora, alla memoria, ri-nominata Piazza Tre martiri).

La Cellula “Stalin” di Ri-mini del PMLI ha partecipato alla commemorazione ufficia-

le portando la bandiera del Partito nel corteo che ha at-traversato la città e che si è concluso con la deposizione di una ghirlanda.

Da notare che quella del PMLI è stata l’unica bandie-ra di Partito presente mentre c’erano quelle dell’ANPI. Una rossa presenza apprezzata e fotografata dai manifestanti.

firenze. Contro i licenziamenti e lo sfruttamento

Primo sciopero dei lavoratori eataly

L’amico di Renzi, il padrone Farinetti, licenzia e sfrutta �Redazione di FirenzeSolo otto mesi fa ha aperto a

Firenze Eataly, un’inaugurazione “benedetta” e pompata dal Berlu-sconi democristiano Renzi, allora neopodestà di Firenze, che ha aper-to le porte del cuore di Firenze al capitalista e amico Oscar Farinetti.

Renzi lodava Farinetti come co-raggioso, come amante della bel-lezza, perché regalava un’oppor-tunità a Firenze per dare lavoro soprattutto ai giovani e alle donne.

In realtà dietro questo “circo” del cibo, pompato e pubblicizzato, si trovano sfruttamento ai massi-mi livelli e paghe da fame. I lavo-ratori denunciano che le commesse prima di uscire dal negozio a fine turno devono mettersi in fila per il controllo delle borse, dato che l’a-zienda vuole assicurarsi che nessu-no prenda niente. Gli stipendi arri-vano scarsamente a 8 euro l’ora per 40 ore settimanali compresa la do-menica. I contratti tutti ovviamen-te a tempo determinato, alla sede di Bari inaugurata un anno fa, Farinet-ti ebbe un contenzioso con i sinda-cati per aver fatto ben 160 assunzio-ni con contratti interinali mentre il limite della legge Biagi ne fissa 4 su 50 assunzioni.

A Firenze assunti a tempo de-

terminato in 120, dopo neanche un anno la metà ha ricevuto il ben ser-vito senza neanche uno straccio di spiegazione. E’ scattata così la pro-testa e lo sciopero con presidio da-vanti a Eataly, organizzata dai Co-bas per rivendicare “il mancato rinnovo dei contratti di sommini-strazione in scadenza; la mancata stabilizzazione dei contratti a tempo determinato; le condizioni di lavo-ro; la totale arbitrarietà dell’azien-da nell’organizzazione del lavo-ro; il rifiuto da parte dell’azienda a qualsiasi confronto con i lavoratori e perché non è mai stata data possi-bilità ai lavoratori per un’assemblea aziendale, sotto nessuna forma”. Un’ex dipendente ha denunciato che i lavoratori apprendono delle decisioni aziendali tramite affissio-ne in una bacheca delle direttive.

Noi marxisti-leninisti esprimia-mo solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori Eataly che bene hanno fatto a scioperare contro Farinetti che rappresenta un altro “squalo” capitalista, osannato e protetto dal capo del governo che non sta dal-la parte del proletariato, in partico-lare dei giovani come ama vantarsi, bensì dalla parte degli interessi del-la borghesia della quale fa parte a pieno titolo.

in Puglia il capitalismo continua a seminare distruzione

e’ moStruoSo il Progetto delle trivelle nell’AdriAtiCo

�Dal nostro corrispondente della PugliaLa “Global Petroleum Limi-

ted”, colosso dell’estrazione pe-trolifera quotato in Gran Bretagna e in Australia, ha intenzione con l’avvallo dei governanti borghe-si di trivellare il fondale nel bel mezzo del Mar Adriatico al largo della Puglia. Si tratta di un’area di 700 km quadrati sulla quale la multinazionale ha presentato ben quattro istanze: non si tratta di “voci di corridoio” o “indiscre-zioni, ma di chiare dichiarazioni riportate sul sito ufficiale del Mini-stero dell’Ambiente e prontamen-

te intercettate dal “Comitato No Triv Terra di Bari”.

Il “No Triv”, per opporsi alla ambientale realizzata ad unico profitto di un manipolo di capita-listi, affaristi e politicanti asserviti, ha subito esposto le giuste ragio-ni per dimostrare che tale mo-struosa opera messa in atto dalla “Global Petroleum Limited” è una pura follia e se mai sarà realizzata costituirà un danno macrosco-pico su più fronti. Non sarà solo il settore turistico a ricevere forti ripercussioni, nell’ambito di un territorio come quello del Mez-zogiorno e della Puglia già impo-

raduno fascista a russi (ravenna)Presidio degli antifascisti

�Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaSi è svolto, come annunciato,

sabato 23 agosto in un casolare a Cortina nel Comune di Russi (Ravenna) il previsto raduno ne-ofascista denominato “Ritorno al Campo Hobbit“, in evidente riferimento ai “Campi Hobbit” ideati negli anni 70 dal Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano del fucilatore di partigiani Almirante.

Secondo il programma: “gio-chi ludici”, cineforum, conferenza (si può ben immaginare di quale

tenore fosse il tutto) ed anche un ring entro quale era previsto un “corso di autodifesa”, ma è leci-to pensare che in questi corsi ci si prepari più ad aggredire che a difendersi….

Il tutto ovviamente contornato da celtiche, simboli della X Mas, effigi con Mussolini.

Alcuni dei presenti hanno poi partecipato alla cerimonia per ri-cordare il boia Ettore Muti che si è svolta il giorno successivo al ci-mitero monumentale di Ravenna e organizzata dall’Associazione Arditi d‘Italia.

Tutto ciò non è bastato all’amministrazione comunale di Russi e alle “forze dell’or-

dine” per vietare ed impedire il raduno neofascista, la pri-ma si è limitata a prenderne le distanze, le seconde hanno “vigilato” sul suo svolgimento, pronte quindi ad intervenire in caso di legittima contestazione antifascista, con la giustifica-zione che si sia svolto in una casa privata, come se le leggi e la Costituzione non fossero applicabili nelle aree private, ma evidentemente per i fascisti è proprio così.

Bene hanno fatto quindi gli antifascisti a contestare il raduno, con un presidio in Piazza Farini a Russi.

23 agosto 2014. La bandiera del PMLI sventola a Castelmartini (Pistoia) alla commemorazione del 70° Anniversario dell’eccidio del Padule di Fucecchio (foto Il Bolscevico)

verito, ma vanno tenute in primo piano le gravi conseguenze am-bientali che a cascata pioveran-no su intere comunità. I territori interessati sono quelle al largo di Molfetta e Brindisi, sulla costa a nord di Bari: pesca e turismo, settori basilari di queste terre, ri-schiano di essere spazzati via da questo scellerato progetto.

Il Comitato “No Triv” ripor-ta inoltre che vari studi e analisi scientifici evidenziano la perico-losità assoluta delle attività d’e-strazione che saranno intraprese; i petrolieri adopereranno il co-siddetto “air-gun” (letteralmente “pistola ad aria”) ovverosia una tecnica che prevede di sparare ad altissima pressione aria nei

fondali marini creando immense esplosioni: è inutile dunque ram-mentare quali scenari disastrosi si preannunciano per i fondali e l’intera porzione di Mar Adriatico.

Il Comitato “No Triv” annun-cia battaglia e in una nota fa sa-pere quanto segue: “...cerchere-mo un fronte comune costruito dal basso con chi in Puglia e non solo voglia condividere questa lotta per la difesa del proprio territorio”.

marina di Carrara

SCioPeri e mAnifeStAzioni in SolidArietà dei lAvorAtori dei nuovi CAntieri APuAniA

Solidarietà militante del PMLI �Dal nostro corrispondente della ToscanaAgosto di lotta per i lavoratori

dei Nuovi Cantieri Apuania (NCA) di Marina di Carrara. Scioperi, picchetti e manifestazioni per protestare contro la direzione Ad-miral Tecnomar di Giovanni Co-stantino che di punto in bianco ha licenziato due lavoratori della portineria per aver concesso le chiavi della sala riunioni alla Rsu e inflitto due provvedimenti disci-plinari ai lavoratori della Rsu per aver fatto entrare nella sala dei giornalisti in vista di una confe-renza stampa sul futuro ancora incerto dell’azienda.

Un’azione di chiaro stampo antisindacale, di mussoliniana memoria per mano di Costantino che ha acquistato NCA nel 2012 e che fin da subito ha voluto im-porre ai lavoratori aumenti vertigi-

nosi di produttività e sfruttamen-to, infischiandosene delle recenti proteste dei lavoratori per la man-canza di sicurezza, rincarando la sua vena capitalista e padronale affermando “gli operai, sono, per un terzo, dei fannulloni che con una mentalità obsoleta ostaco-lano il cambiamento. Impeden-do di dare lavoro a chi lo merita davvero. Basta coi fannulloni. Le imprese virtuose devono poterli sostituire con operai virtuosi”.

Pronta e immediata la soli-darietà della FIOM, FIM e UILM, nonché del sindacato unitario dei giornalisti che rivendica anche il diritto all’informazione. A centi-naia sono scesi in piazza a fianco dei lavoratori per richiedere l’im-mediato ritiro dei licenziamenti e dei provvedimenti disciplinari.

Il prossimo 2 settembre vi sarà un incontro tra i segretari di ca-

tegoria e i dirigenti aziendali per chiarire la situazione. La suddetta riunione sarà invece boicottata da CGIL, CISL e UIL che incon-treranno invece la commissione Lavoro del Comune di Carrara. Il 4 settembre assemblea di tutti i lavoratori per fare il punto sulla situazione e valutare le prossime iniziative.

Anche noi marxisti-leninisti siamo dalla parte dei lavoratori ai quali esprimiamo solidarietà mili-tante e ci uniamo nel richiedere il ritiro immediato dei licenziamenti e dei provvedimenti disciplinari.

Ai lavoratori dev’essere garan-tita sicurezza nei luoghi di lavoro e libertà di assemblea all’interno della fabbrica di cui sono i veri “padroni”. La lotta contro le deci-sioni della direzione aziendale va portata fino in fondo, sostenuta concretamente fino alla vittoria.

14 il bolscevico / esteri N. 32 - 11 luglio 2014

Per l’uccisione di un ragazzo nero a Ferguson nel Missouri

gli afroamericani in rivolta contro le violenze razziste della polizia

“La discriminazione razziale negli Stati Uniti è un prodotto del sistema colonialista e imperiali-sta. La contraddizione tra le mas-se nere negli Stati Uniti ed i circo-li dirigenti degli Stati Uniti è una contraddizione di classe” (Mao Zedong, Dichiarazione a sostegno della lotta afro-americano contro la repressione violenta scritta il 16 aprile 1968 e pubblicata su Beijing Review del 19 Aprile 1968). Ciò che Mao scrisse per commemora-re Martin Luther King pochi gior-ni dopo il suo barbaro assassinio è più che mai attuale negli Stati Uni-ti di Obama dove sulla questione dei neri già i suoi padri fondatori come George Washington, Thomas Jeffer-son e James Madison hanno predi-cato bene giurando, a parole, nella Dichiarazione di Indipendenza, di riconoscere l’uguaglianza di tutti gli uomini, afroamericani compresi, ma hanno razzolato male, nei fatti, per tutta la loro vita gestendo da capita-listi, per esclusivo profitto personale quindi, aziende agricole con centina-ia di schiavi afroamericani.

La contraddizione di classe poi non è venuta meno con la libera-zione dei neri nel 1865, infatti essi hanno da allora costituito, e con-tinuano a costituire, negli ex Stati schiavisti la parte più povera del-

la popolazione, sottoposta tuttora a vessazioni e a veri e propri omi-cidi a sangue freddo come quello accaduto a Ferguson, un sobbor-go di Saint Louis nel Missouri, il 9 agosto 2014 dove un diciottenne afroamericano disarmato, Micha-el Brown, è stato abbattuto sen-za pietà da un poliziotto bianco che gli ha sparato dalla distanza

di molti metri dopo una discussio-ne animata. Il successivo 19 ago-sto a distanza di pochi chilometri da Ferguson, a Saint Louis, un al-tro giovane afroamericano, il ven-titreenne Kajieme Powell, veniva letteralmente massacrato da nu-merosi colpi sparati da alcuni po-liziotti bianchi mentre era a molti metri di distanza e, seppur arma-

to di coltello, non poteva a quel-la distanza costituire alcun perico-lo per i poliziotti. Di quest’ultimo episodio è stato diffuso anche un video dal quale si comprende bene che si è trattato di un vera e pro-pria esecuzione a sangue freddo.

La protesta degli afroamerica-ni supportati anche da moltissimi bianchi sostenitori dei diritti civili

è esplosa subito dopo l’assassinio di Brown, esasperandosi poi dopo l’omicidio del secondo giovane: per oltre una settimana la cittadi-na di Ferguson è stata teatro sia di cortei sia di scontri sfociati in sac-cheggi e atti di vandalismo, sin-tomo evidente dell’esasperazione della popolazione afroamericana e in genere del proletariato degli Stati Uniti che cova sotto la cenere della repressione.

A Ferguson, dopo una settima-na di violente proteste e disordi-ni ai quali la polizia ha risposto in modo fascista con arresti e pestag-gi, il 16 agosto il governatore del Missouri ha imposto il coprifuoco notturno e ha fatto intervenire nel-la cittadina squadre speciali della polizia, dette SWAT, dotate di ar-mamento militare per il manteni-mento dell’ordine pubblico, fatto che da solo dimostra quali rischi di tensioni sociali le autorità temano.

In novanta città degli Stati Uniti nel frattempo sfilavano cor-tei e si indicevano manifestazioni a sostegno della lotta degli afro-americani di Ferguson e di Saint Louis, segno evidente che l’Ame-rica antirazzista e democratica è ormai cosciente che il sistema che governa gli Stati Uniti può offrire al proletariato, nero o bianco che

sia, solo emarginazione economi-ca e sociale - anche a causa di un sistema di istruzione volutamen-te inefficiente - e spietata repres-sione da parte della polizia che si mescola anche all’odio razziale, residuo quest’ultimo del sistema economico criminale che rimase in vigore fino a un secolo e mez-zo fa. Tale violenza razzista del-la polizia è immotivata, come nel caso di Brown, o comunque abis-salmente sproporzionata, come nel caso di Powell, ma è sempre fomentata dalla certezza dell’im-punità che i poliziotti hanno, po-tendo contare su un sistema giu-diziario borghese che li copre nei loro atti criminali perpetrati nei confronti di soggetti che appar-tengono sia a una minoranza raz-ziale sia soprattutto ad una condi-zione sociale proletaria. Il fattore sociale del resto è determinante - più di quello razziale - nella com-missione di crimini da parte degli appartenenti a corpi di polizia in qualsiasi società divisa in clas-si: si pensi a ciò che è successo in Italia ad Aldrovandi, a Cucchi, a Uva, a Rasman, che se fosse-ro stati rampolli di qualche fami-glia della media o alta borghesia avrebbero ricevuto un trattamento ben differente.

Ferguson (Missouri), 30 agosto 2014. La combattiva manifestazione contro la polizia che ha assassinato il giovane Mi-chael Brown

si inasPrisce la tensione tra l’iMPerialisMo euroPeo

e quello russo Carri armati di Putin “sconfinano” in Ucraina. Kiev chiede aiuti militari. La Commissione europea pronta a

nuove e più dure sanzioni alla Russia. La Nato potrebbe istituire una forza mobile di rapido intervento In preparazione del vertice Nato

del 4 e 5 settembre in Gran Breta-gna, il presidente americano Barack Obama affermava iI 29 agosto che “non lanceremo una guerra Usa-Russia” ma all’ordine del giorno c’è il riarmo dell’Occidente “per difen-dere gli altri membri della Nato” con nuove basi a Est (Polonia, Paesi bal-tici) e col possibile schieramento di truppe anche in paesi come Svezia e Finlandia. La Russia di Putin col mi-nistro degli Esteri Lavrov continua-va a sostenere che Mosca non accen-derà il conflitto in Ucraina mentre sul campo la situazione è opposta, con l’aiuto militare fornito alle for-mazioni indipendentiste, comprese quelle neonaziste, e la partecipazio-ne diretta di reparti russi che hanno “sconfinato” in Ucraina; Obama da parte sua non impegna direttamente gli Usa ma affida il compito di te-nere alta la sfida sul piano militare alla Nato e sul piano politico e eco-nomico all’Unione europea; il risul-tato è comunque che la crisi Ucrai-na è ancora lungi dall’avviarsi lungo la strada di una soluzione diploma-tica mentre si inasprisce la tensione tra l’imperialismo europeo e quello russo che alimenta un conflitto che potrebbe sfociare in una guerra im-perialista.

La presenza dell’Alleanza at-lantica “sarà più visibile a Est”,

affermava il segretario generale Anders Fogh Rasmussen l’1 set-tembre confermando le indicazio-ni della Casa Bianca sul rafforza-mento della capacità di intervento delle forze di pronto impiego del-la Nato. Altri dettagli sulla mobili-tazione della Nato li aveva rivela-ti il giorno precedente un servizio del Financial Times che annuncia-va come “la Gran Bretagna ed altri sei Stati stanno per creare una nuo-va forza di spedizione congiunta di almeno 10 mila uomini per raffor-zare il potere della Nato in risposta all’aggressione russa in Ucraina, mentre Kiev ha rinnovato gli for-zi per aderire all’alleanza militare”. L’obiettivo, scriveva il quotidiano britannico, è quello di “creare una forza di divisione pienamente fun-zionante per un rapido dispiega-mento e regolari, frequenti eserci-tazioni. Funzionari coinvolti nella pianificazione affermano che avrà la capacità di aumentare significa-tivamente in termini di dimensio-ni”. La forza speciale “sarà guidata da comandanti britannici, insieme ad altre nazioni partecipanti che contribuiranno con unità e truppe specializzate. Tra i Paesi coinvol-ti attualmente ci sono Danimarca,

Lettonia, Estonia, Lituania, Norve-gia e Paesi Bassi. Anche il Canada ha espresso interesse a partecipa-re”. L’annuncio ufficiale sembre-rebbe affidato al premier britanni-co David Cameron in occasione del summit della Nato, a cui la Russia di Putin non è stata invitata.

Intanto al governo neoliberista di Kiev arrivava un regalo del Fondo economico monetario (Fmi) sotto forma di un prestito da 1,4 miliardi di dollari; l’anticipo del programma di soccorso per oltre 16 miliardi di dollari varato dall’organizzazione finanziaria imperialista per dare os-sigeno al sistema economico ucrai-no in gravissima difficoltà.

Il 29 agosto, a fronte di un ri-baltamento dell’inerzia della guerra fino ad allora a vantaggio dell’esercito di Kiev che avanza-va nelle regioni controllate dagli indipendentisti ma stoppato in va-rie zone grazie anche all’aiuto mi-litare russo, il premier Yatseniuk affermava che c’era la possibili-tà che l’Ucraina potrebbe chiede-re l’adesione alla Nato, così i paesi imperialisti occidentali avrebbero anche la base “legale” per il possi-bile intervento militare. E rinnova-va la richiesta di aiuti militari. Nei

giorni precedenti le forze indipen-dentiste avevano aperto un nuovo fronte, a Novoazovsk sulle sponde del Mar Azov, minacciando di cre-are un collegamento territoriale di-retto tra l’enclave nel Donbass e la Crimea, “ritornata” sotto controllo di Mosca. Il governo di Kiev de-nunciava una “invasione non dissi-mulata” da parte delle truppe russe prontamente documentate dai sa-telliti spia della Nato.

Che in Ucraina ci siano o meno le migliaia di soldati russi, secondo la denuncia di Kiev, è certo. Mosca ha aiutato e aiuta gli indipenden-tisti con armamenti e “consiglie-ri tenici”, con le stesse funzioni e modalità di quelli inviati dagli Sta-ti uniti a Kiev fin dai primi giorni delle proteste contro l’ex presiden-te Yanukovich nel novembre scor-so. Chi paga il pegno delle ingeren-ze dei due schieramenti imperialisti sono le masse popolari ucraine.

Nella giornata del 30 agosto, il vertice dell’Unione europea (Ue) di Bruxelles, dedicato alle nomine del polacco Tusk a presidente del Consiglio europeo e di Federica Mogherini a “ministro degli Este-ri”, riceveva il presidente ucraino Poroshenko e discuteva della crisi

nel paese per decidere se inaspri-re le sanzioni contro la Russia. Un-gheria, Slovaccia e Cipro sono gli unici che frenavano mentre i paesi baltici, con Gran Bretagna e Polo-nia, erano in prima fila a spingere perché l’Europa spedisse a Kiev le armi per resistere ai separatisti rus-si. La presidente lituana Dalia Gry-bauskaite affermava che “la Russia è in guerra con l’Europa” e biso-gnava rispondere. La risposta mili-tare toccava alla Nato, l’Ue pensa-va per il momento all’adozione di nuove e più dure sanzioni alla Rus-sia su pressione in particolare della cancelliera Merkel che solo fino a una settimana prima frenava. No-nostante gli sforzi che abbiamo fat-to per tenere aperti i canali diplo-matici, affermava la Merkel, Putin è venuto meno alle promesse e “va verso l’escalation militare”, biso-gna reagire con nuove sanzioni.

Una posizione subito sposa-ta dal ministro degli Esteri italia-no Federica Mogherini, appena eletta a Alto Rappresentante della politica estera della Ue che preci-sa come sia “interesse dell’Ucrai-na, dell’Europa e della Russia che la crisi abbia una soluzione politica e non una soluzione militare” ma

se le mosse europee, di concerto con quelle Usa, passano dall’ina-sprimento delle sanzioni e dai pre-parativi militari in sede Nato, non viaggiano verso la soluzione politi-ca. La Ue è una delle parti in causa e un passo del governo Renzi do-vrebbe essere quello di tirare fuori l’Italia da un conflitto che potrebbe sfociare in una guerra imperialista.

Il 30 agosto, in un colloquio tele-fonico col presidente uscente della Commissione, Josè Manuel Barro-so, il nuovo zar del Cremlino Pu-tin rispondeva alle accuse dei mi-litari russi “sconfinati” in Ucraina affermando che “il problema non è questo ma che se voglio in due settimane prendo Kiev”. Il giorno precedente Putin aveva afferma-to che “sono necessari negozia-ti per la creazione di uno Stato nel sud-est” dell’Ucraina. Il portavoce del Cremlino smentiva che Putin si riferisse alla necessità di creare nell’Ucraina dell’est uno Stato che avrebbe già un nome, Novorossia. Certo Mosca potrebbe non puntare alla conquista di un nuovo territo-rio da controllare, dopo la Crimea, ma potrebbe “accontentarsi” per il momento di mantenere sotto pres-sione il governo di Kiev e frenare la sua corsa nelle braccia della Ue e della Nato. Il percorso opposto a quello sostenuto da Ue e Nato.

L’ItaLIa sI tIrI fUorI da Un ConfLItto Che Potrebbe sfoCIare In Una gUerra InterImPerIaLIsta

N. 32 - 11 settembre 2014 esteri / il bolscevico 15Come se fosse il gendarme del mondo. L’Ue gli dà mano armando i curdi

Obama bOmbarda Le pOstaziOni deLLO statO isLamiCO

per fermarne L’avanzata L’Italia di Renzi arma i curdi scavalcando il parlamento e violando l’art. 11 della Costituzione

IL papa attaCCa sIa gLI Usa sIa Lo stato IsLamICo defInIto aggRessoReUn comunicato del diparti-

mento della Difesa americano del 31 agosto comunicava il suc-cesso dei raid aerei contro le po-stazioni dello Stato islamico (Is, nella sigla inglese) vicino alla cit-tà di Amerli e alla diga di Mosul e sottolineava che dall’8 agosto i raid in Iraq erano stati in tota-le 120. I bombardamenti Usa per fermare l’avanzata delle forma-zioni dell’Is erano approvati dal re dell’Arabia Saudita Abdullah che allarmato affermava che “se li ignoriamo sono sicuro che rag-giungeranno l’Europa in un mese e l’America in un altro”. Sempre il 31 agosto il segretario di Sta-to americano John Kerry indica-va che “occorre una risposta uni-ta guidata dagli Stati Uniti e una coalizione di nazioni il più ampia possibile” e che al vertice Nato di Cardiff e nel suo successivo viag-gio in Medio Oriente avrebbe cercato sostegno a questa posi-zione “tra i paesi che sono più di-rettamente minacciati”. La “mi-naccia” è rappresentata dall’Is e l’imperialismo americano si muove come se fosse il gendar-me del mondo. Quel gendarme che con Bush ha aggredito l’Iraq, dopo l’Afghanistan, e incendiato definitivamente la regione; un’o-pera proseguita meticolosamente anche da Obama con il supporto dei sionisti israeliani e dei paesi arabi reazionari.

Il presidente americano an-nunciava l’8 agosto di aver “au-torizzato bombardamenti aerei mirati in Iraq per colpire i ter-roristi, proteggere il personale americano e prevenire un poten-ziale genocidio. (...) Non pote-vamo chiudere gli occhi”; i raid sarebbero stati tutti quelli neces-sari, indicava Obama, con “bom-bardamenti mirati” a oltranza. Ricordava che era stato contra-rio alla guerra in Iraq iniziata nel 2003 dal suo predecessore Bush e di aver mantenuto la sua promes-sa elettorale sul ritiro delle trup-pe nel 2011 ma la situazione era

adesso cambiata. A cambiarla era stata l’avanzata delle forze dell’Is che dopo la conquista nel giugno scorso di Mosul e delle regioni a cavallo del confine con la Siria nelle quali era stato proclamato il Califfato, avevano conquistato il controllo della più grande diga del paese, presso Mosul, e si era-no dirette verso l’importante cen-tro petrolifero di Erbil, protetto dai peshmerga, dalle formazioni dei curdi iracheni tra i più fede-li amici degli Usa in Iraq. Erbil non è solo la capitale della regio-ne autonoma dei curdi iracheni è anche la porta dei pozzi petro-liferi della zona sui quali hanno messo le mani le compagnie stra-niere, Shell, BP, Chevron, Exxon Mobil e le principali cinesi, per citarne alcune.

L’intervento Usa aveva una motivazione “umanitaria”, la necessità di “spezzare l’assedio dell’Is che sta provocando una tragedia umanitaria”, nella zona del monte Sinjar dove decine di migliaia di profughi, in particola-re della minoranza religiosa ya-zidi, si erano rifugiati. Gli aerei da trasporto americani C-130 ef-fettuavano lanci di cibo e medi-cinali, i caccia F-18 lanciavano bombe. “Non invieremo truppe di terra”, affermava Obama che assicurava: “come comandante in capo non permetterò che gli Stati Uniti siano trascinati in un’altra guerra in Iraq”. E i 120 raid ae-rei in tre settimane cosa sarebbe?

A supporto di Obama si schie-rava l’Onu, non c’era nessun dubbio. Il Consiglio di sicurezza in una dichiarazione approvata all’unanimità lanciava un appello alla comunità internazionale af-finché sostenesse il governo ira-cheno, condannasse le violenze dello Stato Islamico e quella che veniva definita una vera e propria “persecuzione” nei confronti del-le minoranze religiose. Il segreta-rio generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, chiedeva un inter-vento in aiuto al regime fantoccio

di Baghdad.Per il governo italiano rispon-

deva il sottosegretario agli Este-ri Mario Giro: “Sosteniamo l’ini-ziativa di Obama in Iraq, ma ci vuole molto di più. È una situa-zione molto grave di cui il gover-no italiano si sta occupando. Il vi-ceministro Pistelli è a Erbil dove sta portando gli aiuti ai cristiani che sono scappati da Karakosh e dalla piana di Ninive, e a tutte le minoranze. Il governo è preoccu-pato. Occorre un’azione forte per proteggere le minoranze”.

Il 20 agosto la forte azione del governo italiano si traduceva nel-la decisione di armare i curdi ira-cheni scavalcando il parlamento e violando l’art. 11 della Costi-

tuzione. Il presidente del Con-siglio, Matteo Renzi, era in Iraq in una missione lampo per as-sicurare al regime fantoccio di Baghdad la piena collaborazione dell’Italia e dell’Ue per “vincere insieme la battaglia contro il ter-rorismo”; a Roma le commissio-ni Esteri e Difesa di Camera e Se-nato approvavano la risoluzione della maggioranza per la forni-tura di armi, contrari M5S e Sel. Sel condannava “le persecuzioni ed atrocità commesse dai mili-ziani Isis verso le popolazioni ci-vili”, sottolineando “l’urgenza di una forte iniziativa internaziona-le nell’ambito delle nazioni uni-te per la protezione dei civili”, la posizione del papa, bocciato solo

l’intenzione del governo di arma-re i “peshmerga” curdi.

Nella capitale irachena Renzi si incontrava col presidente Fou-ad Masoum, il premier incaricato di formare il nuovo governo Hai-der al-Abadi e il premier uscente Nouri al-Maliki ai quali assicura-va anche che “l’Europa in que-sti giorni deve essere in Iraq al-trimenti non è Europa, perché chi pensa che la Ue volti le spalle da-vanti ai massacri, impegnata solo a pensare allo spread, o sbaglia previsione o sbaglia semestre”.

La decisione del governo ita-liano di armare i curdi iracheni era infatti conseguente alla ana-loga decisione in sede Ue del 15 agosto dalla riunione dei ministri

degli Esteri europei a Bruxelles. I Ventotto accoglievano “con favo-re” la decisione di alcune capita-li di rifornire i curdi “in accordo alle capacità e leggi dei singoli stati e col consenso delle autorità irachene” dando il via libera e il sostegno a chi decideva di inviare equipaggiamenti militari al Kur-distan iracheno.

Anche papa Francesco si uni-va al coro chiedendo alla comu-nità internazionale di proteggere i cristiani in Iraq. In successi-ve dichiarazioni arrivava fino a affermare che “è lecito fermare l’aggressore ingiusto”. Il papa furbescamente ribaltava le cose e definiva l’Is “l’aggressore ingiu-sto” e quindi di fatto giustifica-va l’intervento per fermarlo. La posizione pacifista di papa Fran-cesco era: “fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo avere memoria. Quante volte sot-to questa scusa di fermare l’ag-gressore ingiusto le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma que-sto, come si ferma un aggressore ingiusto”. Il compito a chi spet-terebbe? Ma “all’Organizzazio-ne delle Nazioni Unite nata dopo la Seconda guerra mondiale” che dovrebbe “valutare con quali mezzi” arrestare la “Terza guer-ra mondiale a pezzi” in corso. Il pontefice prendeva le distan-ze anche dai raid degli Usa ma la strada indicata attraverso l’O-nu può includere anche interven-ti militari.

Una colonna di militari dell’Isis

Scaricatestampatediffondete

Il BolScevIco

16 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014Mao su MaoIn occasione del 38° Anniversario della sua

scomparsa vogliamo onorare il grande Maestro del proletariato internazionale Mao pubblicando alcune sue citazioni autobiografiche. Da cui esco-no confermati ed esaltati il suo grande amore verso le masse e verso lo studio, e la sua modestia mar-xista-leninista. Più volte Mao rimarca che bisogna imparare dalle masse e di quanto sia indispensabi-le per un marxista-leninista “continuare ad essere il loro allievo” non staccandosi mai da esse. Con modestia proletaria Mao spiega in più occasioni perché dobbiamo incessantemente studiare le ope-re dei Maestri del proletariato, giacché nessuno nasce materialista o marxista-leninista, e solo con il costante studio possiamo diventarlo e continuare a esserlo, alimentando giorno dopo giorno la no-stra coscienza politica in senso marxista-leninista come egli sostiene in un incontro con alcuni mem-bri del partito comunista giapponese nel 1964 “La mia storia personale va dall’ignoranza al risveglio, dall’idealismo al materialismo, dalla fede in esse-ri supremi all’ateismo. Pretendere che io sia sem-pre stato un marxista, non sarebbe una cosa giusta. Dire che sia sempre stato al corrente di tutto, nem-meno questo sarebbe vero. Quest’anno compio 71 anni, eppure vi sono ancora tante cose di cui non so nulla, ogni giorno continuo a studiare. Se non si studia, se non si fanno ricerche e indagini, non c’è alcuna programmazione politica né alcuna politica corretta (…)”. Impariamo da Mao a non smettere mai di studiare se vogliamo rimanere sempre rossi e continuare a progredire nella lunga marcia verso l’Italia unita,rossa e socialista.

Imparare dalle masseOggi sento ancora vivamente la necessità di uno stu-

dio minuzioso della situazione cinese e internazionale; ciò si spiega con il fatto che le mie conoscenze in que-sto campo sono ancora insufficienti. Non posso assolu-tamente affermare che so tutto, e che gli altri non sanno niente. Imparare dalle masse insieme con tutti i compa-gni del Partito, continuare a essere il loro allievo; questo è il mio desiderio.(Da Prefazione e poscritto a “Inchiesta sulle campagne”, marzo 1941, Opere scelte, vol. 3, pp. 9-10)

Bisogna comprendere che i veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non com-prendiamo questo, non potremo acquisire neppure le no-zioni più elementari.(Da Prefazione e poscritto a “Inchiesta sulle campagne”, marzo 1941, Opere scelte, vol. 3, p. 9)

Continuare a imparare attraverso la lotta e dalle vaste masse popolari.(Da Messaggio di congratulazioni per conto del CC del PCC alla Conferenza nazionale degli eroi combattenti e alla Conferenza na-

zionale degli operai, contadini e soldati modello, 25 settembre 1950, Opere scelte, vol. 5°, p. 36.)

Il Partito comunista dovrà lottare duramente, dovrà mettersi al servizio del popolo con tutto il cuore e non solo con metà, o con due terzi.(Da Perseveriamo in una vita semplice e in una lotta ardua e teniamo rapporti stretti con le masse, marzo 1957, Opere scelte, vol. 5°, p. 602)

Io sono un cinese per mancanza di altro.(Lettera a Chiang del 6 luglio 1966)

Lo stile marxista-leninistaLa cosa essenziale è che noi siamo per uno stile di

vita semplice e di dura lotta, che questo stile ci caratte-rizza politicamente.(Da discorso alla seconda sessione plenaria dell’VIII Comitato cen-trale del Partito comunista cinese, 11 novembre 1956, Opere scel-te, vol. 5, p. 463)

Dobbiamo mantenere la stessa energia, lo stesso ar-dore rivoluzionario, lo stesso spirito di sacrificio che ci hanno animato negli anni della guerra rivoluzionaria, e portare fino in fondo il nostro lavoro rivoluzionario.(Citata da Chan alla Prima Sessione della IV Assemblea popolare nazionale della Repubblica popolare cinese 31 gennaio 1975)

La sessione plenaria del VII Comitato centrale adot-tò alcune norme che non sono state scritte nella risolu-zione.

Prima, non celebrare i compleanni. Queste celebra-zioni non procurano longevità. L’essenziale è far bene il proprio lavoro. Seconda, niente regali. Almeno nel Par-tito. Terza, fare meno brindisi. Quarta meno applausi. Non proibiteli, quando vengono dall’entusiasmo delle masse non bisogna smorzarlo con docce fredde. Quinta, non dare ai luoghi nomi di persona. Sesta, non mettere compagni cinesi sullo stesso piano di Marx, Engels, Le-nin, Stalin. I nostri rapporti con loro sono tra studenti e maestri, e così deve essere.

Rispettare queste norme significa avere un atteggia-mento di modestia.(Combattere le idee borghesi all’interno del Partito, 12 agosto 1953, Opere scelte, vol. 5°, p. 123)

Il Comitato centrale del Partito decise che questo si-stema ideologico corretto dovesse chiamarsi “pensiero di Mao Zedong”, ma non significava che sia soltanto il mio pensiero individuale.

Esso racchiude molti pensieri.Per dirla correttamente, il “pensiero di Mao Zedong”

è il pensiero che racchiude le idee corrette della nostra generazione di rivoluzionari proletari solo che usa il mio nome. (…) chiaramente, può essere che il mio contri-buto a questo sistema ideologico corretto sia un po’ più esteso.(Manoscritti di Mao Zedong successivi alla fondazione della Repub-blica popolare cinese, vol. 2, Pechino, Casa editrice della letteratu-ra del CC, 1988, p. 423)

Continuare a studiare se si vuol progredire

Un tempo io avevo una quantità di idee non marxiste e solo in seguito ho assimilato il marxismo. Ho studiato un po’ di marxismo sui libri iniziando così a trasformare la mia ideologia, ma la trasformazione si è realizzata so-prattutto nel corso di una lotta di classe prolungata. Ed io devo continuare a studiare se voglio ancora progredi-re, altrimenti tornerei indietro.(Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 1957, Opere scelte, vol. 5°, p. 559)

Ci sono molte cose che io non ho studiato. Io sono una persona con molti difetti, non sono affatto perfetto. Ci sono spesso dei momenti che non mi piaccio. Non mi sono impadronito di tutti i vari campi della scienza marxista. E, per esempio, non conosco bene le lingue straniere. Soltanto da poco ho cominciato lo studio di opere economiche. Compagni, io però studio con deter-minazione e continuerò a studiare fino a quando morirò, smetterò quando morirò! Insomma, fino a quando sarò vivo, studierò ogni giorno.

Creiamo un ambiente di studio. Penso che anch’io posso imparare qualcosa, altrimenti, quando verrà per me il momento di incontrare Marx, mi troverò piuttosto imbarazzato. Come farò se mi farà qualche domanda e non sarò capace di rispondergli! Certamente egli è mol-to interessato a tutti gli aspetti della rivoluzione cinese. Io non sono molto ferrato nemmeno in scienze naturali né in ingegneria.

Ci sono tante cose da studiare ora. Come ce la fare-mo? Semplicemente andando avanti allo stesso modo, imparando un po’, perseverando e penetrando un po’ più a fondo. Io dico che se avete veramente intenzio-ne di farlo, potete certamente imparare, che siate gio-vani o vecchi.(Sessione allargata della Commissione per gli affari militari e della Commissione per gli affari esteri, 11 settembre 1959)

Nel 1911 ho preso parte alla rivoluzione democra-tico-borghese, guidata da Sun Yat-sen. A quell’epoca eravamo soldati. Poi ho studiato per tredici anni: sei li ho sprecati nella lettura di Confucio e per sette anni ho letto le opere del capitalismo. Ho preso parte al movi-mento studentesco facendo opposizione al governo di allora. Ho organizzato movimenti di massa e ho parteci-pato all’opposizione contro l’aggressione straniera. Ma non avevo mai pensato di organizzare un qualche parti-to. Non conoscevo né Marx né Lenin. Perciò non ave-vo l’idea di organizzare un partito comunista. Mi fidavo dell’idealismo, di Confucio e del dualismo di Kant. Più tardi la situazione mutò. Nel 1921 organizzammo il par-tito comunista. Allora in tutto il paese vi erano settan-ta membri del partito, che elessero dodici delegati, nel 1921 fu tenuto il primo Congresso del Partito al quale io partecipai come delegato (…)

La mia storia personale va dall’ignoranza al risve-glio, dall’idealismo al materialismo, dalla fede in esseri supremi all’ateismo. Pretendere che io sia sempre stato un marxista, non sarebbe una cosa giusta. Dire che sia sempre stato al corrente di tutto, nemmeno questo sa-

rebbe vero. Quest’anno compio 71 anni, eppure vi sono ancora tante cose di cui non so nulla, ogni giorno conti-nuo a studiare. Se non si studia, se non si fanno ricerche e indagini, non c’è alcuna programmazione politica né alcuna politica corretta (…).

Ho perduto molte battaglie, e ho commesso non po-chi errori. Queste battaglie perdute, questi errori mi han-no educato e anche gli errori di altre persone sono state per me istruttivi. Mi ha educato soprattutto quella gente che voleva “rettificarmi”.(Incontro con i signori Sesakikoro, Kuroda Hisao, Hoosako Kane-mitsu e altri del partito socialista giapponese, 10 luglio 1964)

In tutte le cose l’uno si divide in due. Anche in me l’uno si divide in due. Ero un maestro elementare; quan-do ero piccolo credevo anch’io a dei e spiriti e andavo in pellegrinaggio con mia madre ai templi della monta-gna. Prima della Rivoluzione d’Ottobre non sapevo as-solutamente niente di Marx, di Marx sentii parlare solo più tardi.(Osservazioni durante un colloquio – 24 marzo 1964)

La coscienza delle masse viene elevata gradualmen-te. Anche la nostra coscienza cresce passo a passo... An-che la mia coscienza si è elevata passo a passo. Quan-do frequentavo la scuola media non sapevo che esisteva il marxismo. Il mio apprendimento ha attraversato due fasi. Durante la prima fase ho studiato le opere di Con-fucio in una scuola privata.

Durante la seconda fase ho frequentato la scuola me-dia e credevo all’idealismo di Kant e al dualismo che sono le basi dell’ideologia capitalista. La situazione og-gettiva spingeva verso il marxismo la gente tra cui vi-vevo...

Non avevo la qualificazione per frequentare l’uni-versità. Non avevo i soldi per studiare. Le circostanze non mi permettevano di continuare lo studio. Perciò mi sono iscritto a un istituto per insegnanti. Dovevo diven-tare insegnante in una scuola elementare. Sono diven-tato persino direttore di una scuola elementare. Come insegnante ho lavorato moltissimo in quel periodo. Non avevo ancora preso particolarmente in considerazione la possibilità di diventare membro del partito comunista. A quei tempi la lotta era soprattutto lotta contro i signori della guerra e per la democrazia. Si boicottavano i pro-dotti giapponesi. A un certo punto ho letto il giornale Gioventù nuova. Allora non era un giornale comunista. Successivamente non potevo più lavorare come inse-gnante, dovevo occuparmi del movimento studentesco e del movimento sindacale. Fu allora che nacque il Par-tito comunista.(Colloquio con una delegazione di scrittori giapponesi, 21 giugno 1960)

Io in origine ero un intellettuale borghese ed ero in-fluenzato dalle pratiche sociali borghesi e dell’edu-cazione borghese. Io credevo nel buddismo, in Kant e nell’anarchismo. Tutto ciò equivale all’idealismo anar-chico e quindi io ero un intellettuale borghese.(In un discorso a “Un’assemblea di dirigenti di partiti democratici e di personalità democratiche” del 30 aprile 1957 non pubblicata nelle Opere scelte)

La classe operaia deve dirigere tutto (Ottobre 1970)