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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 44 - 3 dicembre 2015 PAG. 12 UNA STORICA INDICAZIONE TATTICA NEI CONFRONTI DEGLI ISLAMICI Stalin e la sharia Manifestazione organizzata dalla Fiom in una città blindata e con l’esercito per le strade A ROMA CONTRO LA GUERRA E LA POLITICA ECONOMICA DEL GOVERNO RENZI Landini si barcamena tra contrarietà alla guerra e lotta al “terrorismo”. Insoddisfacente discorso politico e sindacale. La delegata della Cgt francese: “la guerra non è la risposta”. Richiesto a gran voce lo sciopero generale L’APPLAUDITA DELEGAZIONE DEL PMLI GUIDATA DA ALESSANDRO FREZZA TIENE ALTA LA BANDIERA DELL’ANTIMPERIALISMO VERSO LA CONFERENZA ONU DI PARIGI SUL RISCALDAMENTO CLIMATICO L’accordo Usa Cina sulle emissioni prefigura un vertice tutto interno al capitalismo SULLA GUERRA, LO STATO ISLAMICO E I “VALORI DELL’OCCIDENTE” Non farsi imbrogliare dalla propaganda imperialista VOTATO ALL’UNANIMITÀ, CON 395 SÌ, L’ASTENSIONE DI SEL-SI E SOLO 5 CONTRARI, L’EMENDAMENTO CHE DÀ AL PREMIER IL POTERE DI UTILIZZARE LE FORZE SPECIALI INVIATE ALL’ESTERO CON LE STESSE IMMUNITÀ DEI SERVIZI SEGRETI Il governo Renzi aumenta finanziamenti e truppe delle missioni militari all’estero UNA CONFERMA CHE L’ITALIA È IN GUERRA, ANCHE SE RENZI LO NEGA Barbarie dell’imperialismo coperta dalle Organizzazioni internazionali FRANCIA E RUSSIA BOMBARDANO ASSIEME LO STATO ISLAMICO Il Consiglio di sicurezza dell’Onu unanime contro l’IS. Obama: Lo distruggeremo. Con “il più forte sostegno” dell’Ue, compresa l’Italia del nuovo duce Renzi, è in atto un massacro della popolazione: 1.300 morti nei bombardamenti russi e 3.700 da quelli Usa I POPOLI EUROPEI DEVONO OPPORSI ALLA GUERRA IMPERIALISTA La guerra allo Stato islamico e la guerra mondiale Per ora i paesi imperialisti sono uniti per distruggere l’unico Stato del Medio Oriente che li combatte in armi. Dopo si scontreranno per il dominio di tale regione e del mondo CESSARE LA GUERRA ALLO STATO ISLAMICO È L’UNICA VIA PER EVITARE ATTI TERRORISTICI IN ITALIA Le menzogne di Hollande, Obama e Renzi e la nostra posizione sullo Stato islamico Per abolire ogni barbarie, bisogna abolire l’imperialismo Il terrorismo dello Stato islamico e quello delle “BR” Equipararli fa comodo solo ai governi imperialisti CONTINUA LA RIVOLTA CONTRO LA “BUONA SCUOLA” Migliaia di studenti in piazza per lo sciopero generale dei “sindacati di base” del 13 novembre e per la “giornata dello studente” del 17 novembre. Annunciate nuove occupazioni. Cariche poliziesche a Napoli e Milano. Solidarietà del PMLI SERVE UN UNICO GRANDE MOVIMENTO STUDENTESCO PER BATTERE LA “BUONA SCUOLA” E FERMARE LA GUERRA IMPERIALISTA CACCIAMO IL GOVERNO RENZI E TUTTI I GOVERNI IMPERIALISTI PERCHÉ SOLO IL SOCIALISMO ELIMINERÀ DEFINITIVAMENTE LE BARBARIE Tramite le penne del fondatore Scalfari, del direttore Ezio Mauro e del loro tirapiedi Folli “LA REPUBBLICA” BATTE I TAMBURI DI GUERRA CONTRO LO STATO ISLAMICO L’organo ufficioso del PD si appella alla difesa della “civiltà occidentale”, ossia del capitalismo, dell’imperialismo e del liberalismo Roma, 21 novembre 2015. In piazza del Popolo, durante i co- mizi finali della manifestazione nazionale della FIOM, spicca- no i manifesti e le insegne del PMLI (foto Il Bolscevico) PAG. 2 PAG. 3 PAG. 7 PAG. 6 PAG. 14 PAG. 13 PAG. 11 PAG. 5 PAG. 4 PAG. 2 PAG. 7 PAG. 5

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 44 - 3 dicembre 2015

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UnA storicA indicAzione tAtticA nei confronti deGli islAmici

stalin e la sharia

manifestazione organizzata dalla fiom in una città blindata e con l’esercito per le strade

A RomA contRo lA gueRRA e lA politicA economicA del goveRno Renzi

Landini si barcamena tra contrarietà alla guerra e lotta al “terrorismo”. Insoddisfacente discorso politico e sindacale. La delegata della Cgt francese: “la guerra non è la risposta”. Richiesto a gran voce lo sciopero generaleL’appLaudIta deLegazIone deL pMLI guIdata da aLessandRo FRezza tIene aLta La bandIeRa deLL’antIMpeRIaLIsMo

Verso la conferenza onu di Parigi sul riscaldamento climatico

l’accordo Usa cina sulle emissioni prefigura un vertice tutto interno al capitalismo

sUllA GUerrA, lo stAto islAmico e i “vAlori dell’occidente”

non farsi imbrogliare dalla propaganda imperialista

votAto All’UnAnimità, con 395 sì, l’Astensione di sel-si e solo 5 contrAri, l’emendAmento che dà Al Premier il Potere di UtilizzAre le forze sPeciAli

inviAte All’estero con le stesse immUnità dei servizi seGreti

il governo renzi aumenta finanziamenti e truppe delle missioni militari all’estero

una ConFeRMa Che L’ItaLIa è In gueRRa, anChe se RenzI Lo nega

Barbarie dell’imperialismo coperta dalle organizzazioni internazionali

frAnciA e rUssiA BomBArdAno Assieme lo stAto islAmico

Il Consiglio di sicurezza dell’onu unanime contro l’Is. obama: Lo distruggeremo. Con “il più forte sostegno” dell’ue, compresa l’Italia del nuovo duce Renzi, è in atto un massacro della popolazione: 1.300 morti nei bombardamenti russi e 3.700 da quelli usa

I popoLI euRopeI devono oppoRsI aLLa gueRRa IMpeRIaLIsta

la guerra allo stato islamico e la guerra mondiale

per ora i paesi imperialisti sono uniti per distruggere l’unico stato del Medio oriente che li combatte in armi. dopo si scontreranno per il dominio di tale regione e del mondo

cessAre lA GUerrA Allo stAto islAmico è l’UnicA

viA Per evitAre Atti terroristici in itAliA

le menzogne di hollande, obama e renzi e la nostra

posizione sullo stato islamicoper abolire ogni barbarie, bisogna abolire

l’imperialismo

il terrorismo dello stato islamico e quello delle “Br”

equipararli fa comodo solo ai governi imperialisti

Continua la rivolta Contro la “Buona sCuola”

Migliaia di studenti in piazza per lo sciopero generale dei “sindacati di base” del 13 novembre e per la “giornata dello studente” del 17 novembre. annunciate nuove occupazioni. Cariche poliziesche a napoli e Milano. solidarietà del pMLIseRve un unICo gRande MovIMento studentesCo peR batteRe La “buona sCuoLa” e FeRMaRe La gueRRa IMpeRIaLIsta

cAcciAmo il Governo renzi e tUtti i Governi imPeriAlisti Perché solo il sociAlismo eliminerà definitivAmente le BArBArie

tramite le penne del fondatore scalfari, del direttore ezio mauro e del loro tirapiedi folli

“lA rePUBBlicA” BAtte i tAmBUri di GUerrA contro lo stAto islAmicoL’organo ufficioso del PD si appella alla difesa della “civiltà occidentale”,

ossia del capitalismo, dell’imperialismo e del liberalismo

Roma, 21 novembre 2015. In piazza del Popolo, durante i co-mizi finali della manifestazione nazionale della FIOM, spicca-no i manifesti e le insegne del PMLI (foto Il Bolscevico)

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2 il bolscevico / attentati a Parigi e lotta all’imperialismo N. 44 - 3 dicembre 2015

Sulla guerra, lo Stato islamico e i “valori dell’Occidente”

NON farSi imbrOgliare dalla prOpagaNda imperialiSta

C’è un altro bombardamento non meno micidiale, oltre a quelli terrificanti e senza sosta sulla Si-ria e sull’Iraq, ed è il bombarda-mento che la propaganda impe-rialista rovescia incessantemente sulle masse popolari dal giorno degli attentati di Parigi. Una vera e propria propaganda di guerra, pervasiva e martellante, che ha al suo servizio l’intera macchina dell’“informazione”, tanto quella che risponde alla destra neofa-scista quanto quella che fa capo alla “sinistra” borghese, oggi uni-te come mai - a parte solo, e non sempre, i toni e le sfumature - nel cercare di persuadere le masse che la guerra allo Stato islamico (Is) è una guerra della “civiltà con-tro la barbarie”, che nel colpire a Parigi i terroristi islamici hanno voluto colpire i “valori”, la “de-mocrazia” e le “libertà occidenta-li”, che quella in corso in Medio Oriente è una potenziale “terza guerra mondiale”, e che pertanto non solo i bombardamenti sono giustificati, ma finanche un inter-vento militare sul terreno da parte della santa alleanza internaziona-le imperialista contro l’Is. Allean-za che include la superpotenza americana e quella europea, e che in questo momento ha nella Francia di Hollande e nella Russia di Putin la sua punta di lancia.

La tesi della “barbarie” isla-mica che avrebbe dichiarato guerra alla “civiltà occidentale” è falsa, perché nasconde il mostro dell’imperialismo che si cela die-tro l’edificante concetto di “civiltà occidentale”, e perché scambia deliberatamente la causa con l’effetto per nascondere che è proprio la barbarie dell’imperiali-smo che genera barbarie.

La barbarie di Parigi infatti è grande, ma non ha confronti con quella immensa che l’imperiali-

smo sta infliggendo da decen-ni ai popoli del Medio Oriente. Sono almeno 36 anni che quei martoriati territori e popoli non sono stati lasciati in pace un atti-mo dalle invasioni e dalle bombe dell’imperialismo: dall’invasione dell’Afghanistan da parte dell’al-lora socialimperialismo sovietico, a cui è subentrato quello Usa af-fiancato da quello europeo con la Nato, all’invasione e la distru-zione dell’Iraq da parte dei boia imperialisti Bush e Blair, fino agli attuali bombardamenti indiscri-minati di Obama, Hollande e Pu-tin sulla Siria e l’Iraq già ridotti in macerie. Questa barbarie, che nasce unicamente dalla insazia-bile sete di rapina e di profitto delle potenze imperialiste, cen-trata in questo caso sul petrolio, non è paragonabile con quella di Parigi, né come durata, né come intensità, distruzioni e numero di vittime, che si contano ormai a milioni. Ed è anzi essa stessa la causa della barbarie di Parigi, quella che genera come reazione gli attentati terroristici dei com-battenti islamici.

Cessare la guerra allo Stato islamico

Altrettanto falsa è la tesi dello “scontro di civiltà”, cioè tra l’“in-tegralismo islamico” e i “valori”, la “democrazia” e le “libertà” occi-dentali, e così via. Una tesi partico-larmente sporca, questa, per varie ragioni: perché mira innanzitutto a carpire il consenso delle masse a sostegno dei rispettivi governi imperialisti e alla guerra ai popoli islamici, mascherando i loro veri interessi economici e le loro guer-re di rapina dietro il pretesto della difesa dei “nostri valori democra-tici” e della “pace” internazionale.

Perché viene strumentalizzata in chiave xenofoba per ghettizzare le comunità musulmane e giustifica-re l’imbarbarimento delle politiche contro i migranti. Perché serve da pretesto per misure sempre più liberticide e fascistizzare le Costi-tuzioni, come dimostra la politica di Hollande e la stessa politica di Renzi e Alfano.

E infine perché in questo modo i governi imperialisti possono con-fondere le idee alle masse sul vero motivo per cui avvengono attentati come quelli di Parigi, e sull’unico vero mezzo per evitarli: cessare la guerra allo Stato islamico, cessare i bombardamenti e ritirare tutte le forze militari imperialiste dalla re-gione, lasciare che quei popoli de-cidano da se stessi e senza inge-renze il proprio destino, aiutandoli solo pacificamente con l’assisten-za umanitaria, la cooperazione e l’accoglienza dei rifugiati. Solo così sarà possibile evitare che gli attentati continuino a colpire i pae-si della coalizione imperialista.

Anche sulla terza guerra mon-diale la propaganda imperialista bara spudoratamente, perché non è certo dallo Stato islamico che essa può scaturire ma dal-la contesa tra le grandi potenze imperialiste per il dominio eco-nomico e militare del mondo in-tero, come ha già dimostrato la storia della prima e della secon-da guerra mondiale. Oggi questa contesa appare in ombra, perché le grandi potenze imperialiste si sono alleate per combattere il co-mune nemico, l’Is, che è l’unica forza in questo momento che si oppone oggettivamente ai loro piani di saccheggio del Medio Oriente, specie dopo che hanno ridotto al silenzio o tirato dentro la loro santa alleanza paesi fino a ieri antimperialisti come l’Iran. Ma le contraddizioni tra le superpo-

tenze non sono sparite per que-sto, esse continuano a esistere e crescere, in particolare tra i due principali contendenti, l’imperia-lismo Usa e il socialimperialismo cinese, che prima o poi verranno alle mani per decidere quale delle due resterà padrona del campo.

la guerra non dichiarata di renziAnche l’Italia imperialista di

Renzi è in guerra, per quanto quest’ultimo lo neghi per non al-larmare troppo le masse italiane e non gelare la debole “ripresa” economica, e cerchi di distin-guersi dalla politica apertamente guerrafondaia della Francia per non attirare ritorsioni terroristiche proprio mentre sta per iniziare il giubileo. Ma invece lo è di fatto e sempre di più, come dimostra la decisione di cancellare il previsto ritiro delle truppe dall’Afghani-stan, con l’invio di altre centinaia di militari in Afghanistan e in Iraq per combattere contro i talebani e l’Is, l’aumento del 30% dei fi-nanziamenti a tutte le missioni di guerra all’estero e il rafforzamen-to dello schieramento aeronavale italo-europeo nel Mediterraneo centrale e meridionale, in eviden-te preparazione di un intervento militare internazionale guidato dall’Italia in Libia.

Già da prima del 13 novem-bre l’Italia è, tra i paesi europei, seconda solo alla Francia per il numero di truppe impegnate in missioni di guerra fuori dai propri confini. E la prima come numero di truppe impegnate sul terreno nella “coalizione anti-Daesh” in Iraq, anche se non impegnate in combattimenti diretti. Lo ha volu-to rimarcare anche la guerrafon-daia Pinotti alla recente Direzio-

ne del PD dedicata alla politica estera, che in risposta alle con-tinue rassicurazioni del ministro degli Esteri Gentiloni sul fatto che “l’Italia non è in guerra”, ha chiarito invece con orgoglio mili-tarista che “l’impegno dell’Italia è tanto e non si è mosso solo sulla scia dell’emotività. La decisione di avere un contingente molto numeroso (in Iraq, ndr) e anche l’impostazione del decreto che prevede un aumento del contin-gente (da 525 a 750 uomini, ndr) è un elemento precedente ai fatti di Parigi”.

Che l’Italia è in guerra lo dimo-stra anche l’emendamento fatto inserire in tutta fretta nel decreto missioni e votato quasi all’unani-mità dalla Camera militarizzata, con il sì del M5S e l’astensione di SEL-SI, col quale Renzi si è assegnato il potere di decidere personalmente l’impiego di corpi speciali per operazioni all’estero in situazioni di “emergenza”; cor-pi che potranno anche compiere reati protetti dalle speciali immu-nità riservate agli agenti dei servi-zi segreti. E lo dimostrano infine anche le misure da stato d’asse-dio, la militarizzazione del Paese e il clima antislamico e xenofo-bo, invocati e coperti da tutta la stampa di regime, con in testa tra l’altro l’organo ufficioso del PD, “la Repubblica”, sempre più in prima fila nel battere sui tamburi di guerra tramite le penne ormai apertamente interventiste del suo fondatore Scalfari, del direttore Mauro e degli editorialisti Folli e Merlo.

il vero nemico è l’imperialismo

Non è facile per le masse re-sistere a questo bombardamen-

to a tappeto mediatico, anche perché il M5S di Grillo e la sini-stra riformista di SEL-SI si sono sostanzialmente piegati alla par-tecipazione dell’Italia alla santa alleanza imperialista e all’appello del nuovo duce Renzi alla nuo-va “solidarietà nazionale contro il terrorismo”. Soltanto il PMLI, dopo che anche i falsi comunisti, i trotzkisti e “ultrasinistri” si sono omologati al coro assordante contro l’Is come origine di tutti i mali, è rimasto oggettivamente in campo per aprire gli occhi alle masse e aiutarle a comprendere quale gioco sporco si nasconde realmente dietro l’asfissiante pro-paganda imperialista.

Tuttavia occorre che le masse resistano e non si facciano im-brogliare da essa, ma ragionan-do con la propria testa e richia-mando alla memoria l’illuminante esperienza storica delle lotte an-ticolonialiste e di liberazione dei popoli del passato, capiscano che pur non condividendo asso-lutamente, come noi, l’ideologia, la cultura, la strategia, i metodi di lotta, le azioni e gli obiettivi dello Stato islamico, è l’imperialismo il vero nemico dei popoli, la vera causa di tutte le guerre, la barba-rie che genera ogni barbarie.

È l’imperialismo il vero mo-stro da combattere e abbattere, se si vuole veramente abolire le guerre, e il popolo italiano può e deve dare il suo contributo a que-sta lotta universale cominciando col rifiutarsi di avallare la politica interventista e guerrafondaia del governo imperialista del nuovo duce Renzi. Che va buttato giù con la lotta prima possibile, per impedire che trascini ulteriormen-te il Paese in questa nuova guer-ra imperialista, non dichiarata ma reale a tutti gli effetti.

UNa StOriCa iNdiCaziONe tattiCa Nei CONfrONti degli iSlamiCi

Stalin e la shariaSharia, un termine arabo che

vuol dire “la giusta via”, è il codi-ce di leggi dei musulmani, la cui origine risale al VII secolo.

Non tutti i musulmani lo in-terpretano allo stesso modo e non tutti i paesi arabi lo applicano in-tegralmente o parzialmente. Esso è oggetto di forti e violenti con-traddizioni tra le varie correnti musulmane, specie tra sunniti e sciiti ma anche dentro ciascuna corrente.

Una delle interpretazioni e ap-plicazione è quella dello Stato islamico.

I marxisti-leninisti, natural-mente non credono affatto alla sharia, che è agli antipodi del-la nostra concezione del mondo. Tuttavia il nostro atteggiamento politico verso chi la sostiene va-ria a secondo della situazione in-ternazionale e nazionale. Perché è sempre la contraddizione prin-cipale del momento che deter-mina la nostra scelta politica, le alleanze e le priorità della lotta ideologica.

Stalin, intervenendo il 13 no-vembre 1920, al Congresso dei popoli del Daghestan non ha avu-

to problemi a concedere a quel paese l’applicazione della sha-ria pronunciando queste parole: “Il governo della Russia offre a ogni popolo il pieno diritto di governarsi in base alle sue leggi e ai suoi costumi.

Esso ritiene lo sciariat un di-ritto inoppugnabile, normale, che hanno anche altri popoli che abitano la Russia.

Se il popolo daghestano de-sidera conservare le sue leggi ed i suoi costumi, questi debbo-no essere conservati”.

In quel momento a Stalin, d’accordo con Lenin e il gover-no sovietico, interessava che il Daghestan rimanesse, come re-gione autonoma sovietica, all’in-terno della Repubblica socialista federativa sovietica della Rus-sia, mettendo in secondo piano la questione della sharia, da risolve-re successivamente, mentre i co-munisti impazienti la volevano risolvere subito.

Egli si rifaceva al program-ma del Partito secondo cui “Il PC della Russia si attiene al punto di vista storico-classista e tiene con-to del grado di sviluppo raggiun-

to da una determinata nazione; se si trova sulla strada del medioe-vo alla democrazia borghese o su quella della democrazia borghese

alla democrazia sovietica o pro-letaria.”

Stalin, un mese avanti, esat-tamente il 10 ottobre 1920, in un

articolo sulla “Pravda”, organo del CC del PC della Russia, inti-tolato “La politica del potere so-vietico e la questione nazionale

in Russia”, spiegava perché era opportuno concedere al Daghe-stan l’applicazione della sharia.

Queste le sue parole: “Se le masse del Daghestan, fortemen-te permeate di pregiudizi reli-giosi, seguono i comunisti ‘sulla base della sciariat’, è chiaro che la via della lotta diretta contro i pregiudizi religiosi, in questo paese deve essere sostituita da sistemi indiretti, più cauti. Ecc. ecc”. Ed ha aggiunto: “Dalle im-prese cavalleresche per ‘l’im-mediata comunistizzazione’ delle masse popolari arretrate bisogna passare ad una politica cauta e ponderata che incana-li gradatamente queste masse nell’alveo generale dello svilup-po sovietico.”

Una storica indicazione tat-tica verso gli alleati musulmani, che il PMLI applica nei confronti dello Stato islamico che combat-te contro la santa alleanza impe-rialista, che è il comune nemico e il nemico principale di tutti i po-poli amanti della pace, della li-bertà, dell’autodeterminazione, dell’indipendenza e della sovra-nità dei Paesi.Stalin insieme a due rappresentanti del Tagikistan negli anni Trenta

N. 44 - 3 dicembre 2015 attentati a Parigi e lotta all’imperialismo / il bolscevico 3Votato all’unanimità, con 395 sì, l’astensione di sel-si e solo 5 contrari, l’emendamento che dà al premier

il potere di utilizzare le forze speciali inViate all’estero con le stesse immunità dei serVizi segreti

il governo renzi aumenta finanziamenti e truppe delle missioni militari all’estero Approvati dalla Camera 301 milioni di euro per l’ultimo trimestre, che portano a quasi un miliardo la spesa nel 2015. Di cui 200 in Iraq, 185 in Afghanistan e 147 per lo schieramento nel Mediterraneo. Il contingente operante in Iraq contro lo Stato islamico aumenterà da 525 a 750 militari, quello operante in Afghanistan

contro talebani e Is salirà da 630 a 834 unità. Solo 38 milioni per la cooperazione internazionale UnA ConferMA Che l’ItAlIA è In gUerrA, AnChe Se renzI lo negAIl 19 novembre, a tambur bat-

tente, ovvero in pieno clima con-sociativo da stato di guerra, la Ca-mera ha convertito in legge con 319 sì, 103 no e 13 astensioni, il decreto di rifinanziamento del-le missioni militari all’estero per l’ultimo trimestre 2015, varato lo scorso ottobre dal Consiglio dei ministri. Si tratta di uno stanzia-mento di 301 milioni di euro che si vanno a sommare ai 695 già spe-si per i primi 9 mesi di quest’an-no, portando a quasi un miliardo di euro la spesa complessiva per le missioni di guerra nel 2015.

Rispetto all’andamento previsto dal precedente decreto di finanzia-mento, perciò, lo stanziamento per l’ultimo trimestre ha avuto un’im-pennata di ben il 30 % rispetto ai 9 mesi precedenti, dato che se la spe-sa fosse stata proporzionale avreb-be dovuto essere di 231 milioni (695 milioni divisi per 3 trimestri = 231 milioni a trimestre), mentre è stata portata a 301 milioni di euro, con un aumento appunto del 30%. Aumento che è andato infatti a co-prire un crescente impegno bellico deciso dal governo nei tre teatri di guerra in cui l’Italia imperialista è maggiormente impegnata.

Si tratta dell’Afghanistan, con la recente decisione di Renzi di aderire all’appello di Obama per non ritirare le truppe della mis-sione Nato “Resolute support”, anzi aumentando gli effettivi da 630 a 834 uomini, con una spesa di 58,617 milioni di euro (+39%), che si aggiungono ai 126,406 già spesi nei primi 9 mesi dell’an-no, per un totale di 185 milioni di euro. Seguito dalla più recen-te missione di guerra in Iraq con-tro lo Stato islamico (la cosiddet-ta coalizione anti Daesh, in cui per adesso i militari italiani svolgono funzioni di addestramento di trup-pe locali anti Is), con una spesa di 64,987 milioni, corrispondente ad un aumento di ben il 44,4%, che aggiunti ai 135 milioni degli altri tre trimestri fanno 200 milioni in tutto il 2015. E con un aumento di truppe dagli attuali 525 a 750 ef-fettivi, quasi un raddoppio.

E c’è poi l’impegno nella re-centissima missione aeronavale europea a guida italiana Eunav-for Med nel sud del Mediterraneo e davanti alle coste libiche, che sommato a quello per il rafforza-mento del dispositivo aeronavale nel Mediterraneo centrale, ha avu-to uno stanziamento complessivo di quasi 58 milioni, che aggiunti agli oltre 66 già spesi fanno altri 124 milioni di euro. Insieme que-sti tre soli teatri di guerra assorbo-no circa la metà delle spese di tutte le missioni di guerra (509 milio-ni) e quasi la metà del personale militare: 2.615 uomini su un to-tale di 5.434, di cui la metà, circa 2.700, sono impegnati all’estero. Una forza militare seconda come consistenza in Europa solo a quel-la francese, che conta 3.300 uomi-ni, mentre ci seguono ben distac-cati la Germania con 1.700 uomini e il Regno unito con 395.

una legge per condurre

la guerra all’isCiò non toglie che anche qua-

si tutte le altre missioni di guerra in teatri “meno caldi” siano state ampiamente riforaggiate, e qua-si sempre con aumenti consisten-ti, come per esempio la missione nei Balcani (25,602 milioni pari a +30%), quella Unifil nel sud del Libano (42,820 milioni pari a +7,5%), la missione europea Ata-lanta contro la pirateria, quella in Somalia-Corno d’Africa-Gibuti, e così via. Ma anche da questa leg-ge di rifinanziamento e da come questo è stato ripartito tra le varie missioni appare chiaro che le mire imperialiste del governo del nuo-vo duce Renzi e i relativi sforzi interventisti si stanno concentran-do sui tre teatri principali suddet-ti, la Libia, l’Iraq e l’Afghanistan, e su un nemico principale presen-te in tutte e tre queste regioni, lo Stato islamico; oltre naturalmente ai talebani contro cui l’Italia com-batte fin dall’inizio dell’invasione dell’Afghanistan.

È questa la conferma più evi-dente che l’Italia è in guerra, an-che se Renzi lo nega per tranquil-lizzare le masse, sapendo che esse sono in maggioranza nettamente contrarie al coinvolgimento in una guerra, e per non suscitare troppo allarme di fronte all’escalation in-terventista e bellicista che sta fa-cendo fare un passo alla volta alla sua politica estera e militare, ma anche interna. Lo dimostra, a que-sto proposito, l’inserimento all’ul-timo momento nel decreto mis-sioni, e l’approvazione in fretta e furia a stragrande maggioranza, di un emendamento che conferisce al premier il potere di impiegare i corpi militari speciali per opera-zioni all’estero, protetti da speciali immunità riservate finora solo agli operatori dei servizi segreti.

Esso infatti trasferisce dal mi-nistero della Difesa direttamen-te nelle mani del presidente del Consiglio, acquisito il parere (pu-ramente consultivo) del Comitato parlamentare per la sicurezza (Co-pasir), di emanare “disposizioni per l’adozione di misure di intel-ligence di contrasto, in situazioni di crisi o emergenza all’estero che coinvolgano aspetti della sicurez-za nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero, con la cooperazione di assetti della dife-sa”.

In sostanza vuol dire che il pre-mier potrà disporre per le opera-zioni speciali all’estero di una ca-tena di comando affidata ai servizi segreti del Dis (cioè a se stesso), che a loro volta potranno ordinare, saltando il ministero della Difesa, operazioni di corpi speciali come i paracadutisti del Col Moschin, gli incursori del Comsubin e i Gis dei carabinieri. I suddetti corpi spe-ciali, e tutto il personale coinvolto nelle operazioni, godranno inoltre

delle speciali immunità concesse ai servizi segreti, comprese quelle di compiere azioni “previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta”. Solo dopo 24 mesi il premier ha l’ob-bligo di informare il Copasir delle azioni segrete che ha ordinato in base ai nuovi poteri.

il “senso di responsabilità” di m5s e sel-si

Questo emendamento, sopran-nominato “emendamento Pari-gi” perché approvato approfittan-do del clima favorevole a misure “eccezionali” instaurato in Ita-lia come in tutta Europa dopo gli attentati di Parigi, era stato pro-posto e fatto approvare dal presi-dente della commissione Difesa Nicola Latorre, l’ex esponente dei “D’Alema Boys” portati a Palaz-zo Chigi dal rinnegato D’Alema al tempo del suo governo e ora pas-sati quasi tutti al servizio di Ren-zi. Faceva parte della nuova legge quadro sulle missioni internazio-nali ancora in discussione in parla-mento, ma vista l’occasione favo-revole del clima da stato di guerra, Latorre, su ordine evidentemente di Renzi, ne ha proposto lo stral-cio per un’approvazione rapida in-serendolo nel decreto missioni.

E la sua approvazione è stata fulminea e a stragrande maggio-ranza, a testimoniare del clima di “unità nazionale” contro il “terro-rismo islamico” che regna tra le forze politiche parlamenari, con il Movimento 5 Stelle, inizialmente orientato per il no, che si è spac-cato finendo poi per votare sì as-sieme ai partiti della maggioran-za e a Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia; con la sola foglia di fico di aver ottenuto un paio di mo-difiche del tutto marginali dopo

una concitata trattativa col gover-no, come l’informazione al Copa-sir dopo 24 mesi e la specificazio-ne dei corpi speciali da impiegare. I sì sono stati quindi 395, contro solo 5 no, mentre il gruppo SEL-Sinistra italiana si è vergognosa-mente astenuto.

Quest’ultimo, sulla votazione finale dell’intero provvedimento, ha poi votato no, ma solo per sal-vare la faccia e non senza rimarca-re, con la dichiarazione finale del suo rappresemtante Erasmo Palaz-zotto, “il grande senso di respon-sabilità che ci guida”, insieme ad “un apprezzamento per l’atteggia-mento, la cautela e la compostezza che il Governo italiano sta aven-do nella reazione immediatamente successiva agli attentati di Parigi”. Ma comunque senza chiedere il ri-tiro delle truppe italiane dall’Af-ghanistan, dall’Iraq e dalle altre

missioni di guerra.Anche il M5S ha votato no al

decreto di rifinanziamento, e a dif-ferenza di SEL-SI ha chiesto espli-citamente il ritiro dall’Afghanistan (che del resto avrebbe già dovuto avvenire entro l’anno). Ma non da tutti gli altri teatri di guerra, a co-minciare dall’Iraq che, come si è visto, è in questo momento al pri-mo posto nell’impegno finanziario

e militare del governo imperialista di Renzi. Mentre per la cooperazio-ne internazionale il decreto, che ora passa al Senato per la conversione definitiva in legge, stanzia solo 38 milioni, che poi in gran parte fini-scono in Iraq, Afghanistan e in altri paesi dove operano le missioni mi-litari italiane, come ulteriori finan-ziamenti alla guerra mascherati da aiuti alla popolazione.

i taleBani: “se la francia Vuole eVitare attacchi futuri camBi le sue politiche sBagliate”

Gli osservatori hanno eviden-ziato varie ragioni legate ai re-centi sanguinosi attentati a Parigi e l’hanno valutate da diversi punti di vista. Tuttavia, il motivo princi-pale potrebbe essere la politica coloniale della Francia e le inva-sioni militari nel mondo islamico. Seguendo il modello delle guerre dei Crociati del 20° e del 21° secolo, Parigi, sotto un pretesto o un altro, ha occupato le terre dei musulmani, li ha bombardati e ha loro creato problemi politici ed economici.

Negli ultimi dieci anni, la Fran-cia, al fine di ottenere, proteggere ed estendere i propri interessi coloniali ha condotto attacchi militari in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria; ha ucciso e cacciato e im-

prigionato gli abianti di quei paesi e causato danni alle loro propri-età.

Quantunque gli attacchi a Pari-gi non abbiano alcun legame con gli afgani e l’Afghanistan, la Fran-cia si è confermata fin dall’inizio un alleato degli Stati Uniti durante l’invasione dell’Afghanistan. La Francia ha giocato un ruolo im-portante nel rovesciamento del regime islamico sostenuto dalla popolazione. Analogamente ha ucciso e torturato persone in Lib-ia, Siria e altri paesi islamici.

Pochi mesi fa, un attacco a sorpresa contro la sede della rivista Charlie Hebdo aveva scos-so la Francia; in quell’attacco 14 artisti, dipendenti e direttore della rivista furono uccisi.

Due giovani islamici effet-tuarono l’attacco in risposta alla stampa delle vignette sul pro-feta Maometto. Tuttavia, dopo l’attacco, Charlie Hebdo non solo non cessò la sua campagna di odio verso i musulmani ma pub-blicò ripetutamente e con tirature senza precedenti vignette oltrag-giose verso il profeta Maometto.

Gli ultimi attacchi a Parigi dipendono direttamente dagli odiosi governanti politici fran-cesi. In altre parole, i recenti at-tacchi di Parigi sono il risultato di politiche sbagliate della Francia. Pertanto, se intende in futuro sal-vaguardare se stessa da questo tipo di pericolosi attacchi, è im-portante che la Francia, prima di tutto, riconsideri le sue politiche.

i finanziamenti delle missioni di guerra italiane nel 2015

Tabella dei finanziamenti alle principali missioni di guerra (in milioni di euro), quelli già effettuati nei primi tre trimestri del 2015 e quelli stanziati nell’ultimo trimestre col decreto missioni approvato il 19 novembre, con le variazioni percentuali degli stanziamenti attuali rispetto alla previsione del precedente decreto e le variazioni del personale militare.

In basso sono riportati anche i totali dei finanziamenti e del personale militare di tutte le missioni, dai quali emerge un aumento medio della spesa del 30%. Ciò a fronte di un personale militare complessivamente invariato grazie allo spostamento di uomini da alcune missioni come Active Endea-vour e la sorveglianza nel Baltico per concentrarli soprattutto nelle missioni in Afghanistan (+204 militari e un aumento di spesa del 39%), nella coalizione anti Daesh in Iraq (+225 militari e +44,4% di stanziamenti), e nella missione aeronavale europea a guida italiana Eunavfor Med nel sud del Mediterraneo e davanti alle coste libiche. Un altro consistente aumento di stanziamenti (+81%, quasi un raddoppio) è stato destinato al rafforzamento del dispositi-vo aeronavale nel Mediterraneo centrale.

La diminuzione della voce “spese per trasporti, assicurazioni e infrastrut-ture” si spiega con la cancellazione del ritiro della missione in Afghanistan, che la assorbiva in gran parte, e che comunque ammonta a più di 87 milioni nel 2015. Se la si conteggiasse, come sarebbe logico, nel finanziamento di quella missione, invece che come voce a parte, ne farebbe salire il costo totale a 272 milioni di euro.

FINANZIAMENTI (in milioni di euro) VAR. % SU UNITA' DI PERS. VARIAZIONEPERIODO 1/1-30/9 2015 1/10-31/12 2015 FINANZIAM. MILITARE PERS. MIL.

MISSIONI

KOSOVO 59,170 25,602 +30 542 542

ACTIVE ENDEAVOUR 19,105 4,213 -34 355 233

EUNAVFOR MED 26,000 33,486 +34,5 1020 1031

AFGHANISTAN 126,406 58,617 +39,1 630 834(RESOLUTE SUPPORT)

EMIRATI ARABI 14,384 5,982 +25 99 102

LIBANO (UNIFIL, ecc.) 119,477 42,820 +7,5 1125 1125

COALIZ. ANTI DAESH (Iraq) 135,001 64,987 +44,4 525 750

ATALANTA (miss. UE antipirat.) 29,474 13,620 +38,6 585 408

SOMALIA-CORNO D'AFR.- GIBUTI 21,235 7,566 +6,9 256 257

MEDITERRANEO CENTRALE 40,453 24,497 +81(potenziam. dispos. aeronavale)

SPESE contratti ass. e trasporto, 73,457 13,726 -33realizzazione infrastrutture ecc.)

TOTALE FINANZIAMENTI 694,927 301,170 +30 5448 5434E PERSONALE MILITARE

Le truppe italiane a Nassirya (Iraq)

4 il bolscevico / attentati a Parigi e lotta all’imperialismo N. 44 - 3 dicembre 2015

Barbarie dell’imperialismo coperta dalle Organizzazioni internazionali

Francia e russia BOmBardanO assieme lO statO islamicO

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu unanime contro l’IS. Obama: Lo distruggeremo. Con “il più forte sostegno” dell’Ue, compresa l’Italia del nuovo duce Renzi, è in atto un massacro

della popolazione: 1.300 morti nei bombardamenti russi e 3.700 da quelli UsaI pOpOLI eUROpeI devOnO OppORSI aLLa gUeRRa ImpeRIaLISta

Il 23 novembre sono parti-te dalla portaerei francese Char-les de Gaulle, in navigazione nel Mediterraneo orientale, le prime missioni per bombardare le po-stazioni dello Stato islamico (Is), al momento quelle in Iraq, annun-ciava il capo dello Stato maggio-re interforze francese, il genera-le Pierre de Villiers, affermando che erano stati distrutti due obiet-tivi. Il potenziamento della forza di intervento nella regione voluto dal presidente Hollande comincia-va a far sentire i suoi effetti anche se non ancora nella zona siriana di Raqqa, la capitale dell’Is, il bersa-glio principale della rappresaglia dell’imperialismo francese per gli attentati del 13 novembre a Pari-gi; sulla popolosa città dove i 350 mila abitanti vivevano da una set-timana sotto il tiro delle bombe dei caccia francesi e russi e degli eli-cotteri di Assad.

L’intervento militare in Siria deciso dal nuovo zar Putin a soste-gno del regime di Assad e per non perdere le strategiche basi nel pae-se era scattato lo scorso 30 settem-bre. La rivendicazione da parte dell’Is dell’abbattimento dell’ae-reo civile russo sul Sinai offriva a Vladimir Putin lo spunto per di-chiarare anche la Russia “vittima del terrorismo” e tanto più legitti-mata a attaccare lo Stato islamico; Putin dava ordine ai suoi genera-li di intensificare i raid su Raqqa che per la prima volta era colpita anche da missili da crociera lan-ciati da navi russe alla fonda nel Mediterraneo. Solo un anno fa, nel novembre 2014, il presidente rus-so era in un angolo e abbandona-va il G20 di Brisbane in Australia dove era stato messo sotto accu-sa dagli altri paesi imperialisti per

l’intervento della Russia nella cri-si ucraina; il recente G20 di Antal-ya in Turchia lo ha visto tornare protagonista.

In attesa dell’incontro ufficiale a Mosca del 26 novembre, Putin e Hollande concordavano telefoni-camente un “coordinamento degli sforzi” contro lo Stato islamico, a partire dalla cooperazione nava-le e il coordinamento tra le intel-ligence. Da Mosca si annunciava che da subito l’incrociatore Mo-skva, che si trovava nel Mediterra-neo, avrebbe cooperato con le for-ze navali francesi “come alleato”.

Il ministro della difesa russo Serghiei Shoigu annunciava che Mosca aveva cominciato dal 17 novembre ad usare in territorio si-riano anche 25 bombardieri stra-tegici a lungo raggio che avevano lanciato missili da crociera con-tro postazioni nemiche ad Alep-po, Idlib e nella zona dei pozzi pe-troliferi i Dayr Az-Zor e su Raqqa. L’aviazione russa finora concen-trata in azioni più contro le zone attorno alla capitale Damasco e alle basi di Latakia si affiancava ai Mirage francesi nelle azioni su Raqqa; la capitale dello Stato isla-mico era già sotto tiro da 15 mesi dei caccia Usa.

Per alcuni giorni non si sono avute notizie dell’esito dei bom-bardamenti franco-russi e america-ni su Raqqa, il bolletino di guerra dei paesi imperialisti parlava solo di edifici distrutti e obiettivi rag-giunti. Il 18 novembre l’Osserva-torio siriano per i diritti umani an-nunciava la morte di 33 miliziani dell’Is, solo il 20 novembre forni-rà le prime cifre della barbarie im-perialista in Siria; sotto le bombe russe sono morte in tre mesi 1.300 persone, sotto quelle americane in

più di un anno almeno 3.700.L’interventismo imperialista

della Francia trovava il pieno so-stegno delle Organizzazioni in-ternazionali, a partire dall’Unione europea imperialista. “La Francia ha chiesto aiuto e l’Europa unita risponde sì”, assicurava la respon-sabile della Politica estera Ue Fe-derica Mogherini che, con al fian-co il ministro francese della Difesa Jean-Yves Le Drian, annuncia il sostegno “unanime” del Consiglio di Difesa della Ue all’attivazione, per la prima volta dalla istituzio-ne del Trattato di Lisbona, firma-to il 13 dicembre del 2007, della cosiddetta “clausola di difesa col-lettiva”, come richiesto da Hollan-de. Il Trattato di Lisbona implica

l’obbligo dei Paesi membri di for-nire aiuto e assistenza a uno Stato europeo vittima di un’aggressione armata sul suo territorio, non ri-chiede alcuna decisione formale e rimanda la definizione del tipo di assistenza a intese bilaterali.

“Il nostro è stato innanzitutto un atto politico, che non ha prece-denti nella storia europea”, spie-gava il ministro Le Drian, aggiun-gendo che chiederà agli alleati di “condividere il fardello” dello sforzo militare “perché la Francia non può fare tutto da sola in Iraq, in Siria, nel Sahel, in Libano e ga-rantire anche la propria sicurezza sul territorio nazionale”. Perciò “vogliamo chiedere ai nostri part-ner, nella misura delle loro capaci-

tà, aiuto nella lotta contro Daesh in Iraq e in Siria e una maggiore partecipazione militare ai teatri di operazione dove la Francia è già impegnata”, spiegava il ministro.

“Escludo un intervento in Si-ria, mentre ci sarà un rafforzamen-to della nostra missione in Iraq. Abbiamo assicurato alla Francia la massima disponibilità. Ma sul piano militare l’Italia fa già mol-to, perché siamo tra i primi contin-genti in Iraq per la lotta all’Is”, ri-spondeva il ministro italiano della Difesa, Roberta Pinotti, assicuran-do a Parigi il sostegno imperialista dell’Italia del nuovo duce Renzi.

Dopo l’11 settembre 2001 l’imperialismo americano con una mossa analoga aveva chiesto e ottenuto la solidarietà degli al-leati atlantici in base all’articolo 5 della Nato. Sembrava un gesto formale ma dopo qualche mese la Nato era intervenuta in Afghani-stan con la partecipazione di molti membri dell’alleanza militare im-perialista. Una ragione di più per i popoli europei per non cadere nel-la trappola dello “scontro di civil-tà” e per opporsi alla guerra im-perialista.

Dopo il “forte sostegno” del-la Ue arrivava all’imperialismo francese quello dell’Onu. Il Con-siglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvava all’unanimità il 20 novembre la risoluzione pre-sentata dalla Francia che invita gli Stati membri “a raddoppiare e co-ordinare gli sforzi per prevenire e reprimere gli atti terroristici”. E chiede a tutti i 193 Paesi membri di “adottare tutte le misure neces-sarie in linea con il diritto interna-zionale”, per sconfiggere lo Stato islamico. La risoluzione era votata dai rappresentanti dei membri per-

manenti Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina, e dai membri nel 2015 e nel 2016 che sono Angola, Ciad, Cile, Gior-dania, Lituania, Malaysia, Nuova Zelanda, Nigeria, Spagna e Vene-zuela.

La risoluzione non fornirebbe le basi legali per ricorrere all’uso della forza dato che il testo non richiama il capitolo 7 della Car-ta Onu, quello usato in occasione della prima Guerra del Golfo nel 1990 e in Libia nel 2011. Ma le bombe sono già partite e l’Onu ar-riva a posteriori per darle una par-venza di legalità.

Dal vertice dell’Asean di Kua-la Lumpur del 22 novembre alzava la voce anche il presidente ameri-cano Barack Obama che per riaf-fermare il ruolo guida dell’impe-rialismo americano sosteneva che “distruggeremo l’Is sul campo di battaglia senza rinunciare ai no-stri valori, grazie alla nostra coa-lizione”. E prometteva una vitto-ria totale: “Strapperemo la terra che hanno rubato, taglieremo i loro mezzi di finanziamento, strappe-remo le loro reti, decapiteremo i loro vertici e alla fine li distrugge-remo. Tutti faremo la nostra parte. Noi continueremo a guidare la co-alizione, stiamo rafforzando la col-laborazione con la Francia e altri partner. Difenderemo la dignità di tutti i popoli, di tutte le persone. In questo senso riusciremo a sconfig-gerli. Non c’è posto per un’ideolo-gia come quella dell’Is all’interno del nostro mondo che vuole vivere in pace, in armonia e in sicurezza”. Detto dalla potenza imperialista che dal 1990 tempesta di bombe i popoli della regione mette soprat-tutto in evidenza l’arrogante ipo-crisia imperialista di Obama.

Piena intesa tra la destra e la “sinistra” BOrghese

il parlamento francese approva lo stato d’emergenzaIl presidente francese François

Hollande subito dopo gli attenta-ti a Parigi del 13 novembre ave-va proclamato lo stato d’emer-genza che entro 12 giorni doveva essere confermato dal parlamen-to. Camera e Senato senza nean-che attendere la scadenza prevista lo hanno approvato a larghissima magioranza il 19 e 20 novembre e lo hanno esteso per tre mesi.

Solo alcuni parlamentari socia-listi e verdi hanno votato contro il documento che prevede misure speciali fasciste fatte passare dal governo di Manuel Valls sull’on-da della fanfara patriottarda suo-nata per primo da Hollande nella “guerra al terrorismo”.

La legge sullo stato d’emergen-za risale al 1955, emanata per ap-

plicare misure repressive interne per contrastare la guerra di libera-zione d’Algeria, attribuisce poteri eccezionali alla polizia fra i qua-li la regolamentazione della circo-lazione e del soggiorno delle per-sone, la chiusura di luoghi aperti al pubblico; i Prefetti possono im-porre il coprifuoco nelle zone di loro competenza e applicare par-ticolari controlli e censure sulla stampa, sottoporre a limitazioni le riunioni e le manifestazioni.

Così come avvenne nel no-vembre del 2005 con la legge n.

2005-1425 che decretava lo sta-to d’emergenza per la repressio-ne della rivolta delle banlieues, la nuova legge varata dal parlamento conferma tra le altre la possibili-tà del Prefetto di proibire le ma-nifestazioni e prevede per la po-lizia la possibilità di applicare il domicilio coatto extragiudiziario non solo “per attività pericolose provate - spiegava il premier Val-ls - ma anche per minacce fonda-te su elementi seri, oppure basate

su comportamenti o frequentazio-ni, affermazioni o progetti”. Si po-trà cioè essere fermati anche solo sulla base del semplice sospetto. Come i 118 messi in “domicilio coatto” il 14 novembre.

Fra le altre misure libertici-de votate dal parlamento di Pari-gi vi sono quelle che permettono agli agenti di girare armati anche se fuori servizio, che consentono alla polizia di imporre il braccia-letto elettronico senza il permesso

finora necessario da parte del ma-gistrato inquirente. Se la censura sulla stampa prevista dalla vecchia legge è soppressa viene introdotta la possibilità di bloccare i siti In-ternet e sciogliere gruppi o asso-ciazioni giudicati pericolosi.

Lo stato d’emergenza è sta-to modificato per “adattare il suo contenuto all’evoluzione delle tecnologie e delle minacce”, come aveva chiesto Hollande nel suo discorso alle camere riunite con-giuntamente a Versailles. Uno sta-to d’emergenza in versione mo-

varate leggi speciali fasciste

derna, che non ne cambia la natura repressiva e fascista, e che comun-que non è ancora quello che vor-rebbe Hollande.

Il presidente francese intende-rebbe inserirlo persino nel testo costituzionale del 1958 inseren-do un articolo su un “regime civi-le di stato di crisi” che sia una via di mezzo tra stato d’emergenza e stato d’assedio, regolati dagli ar-ticoli 16 e 36. Il percorso di mo-difica della Costituzione non è né breve né semplice ma il governo socialista pensa di poter viaggiare spedito dopo aver avviato lo stu-dio della riforma riprendendo pro-poste fatte dal Comitato presiedu-to dall’ex primo ministro di destra Eduard Balladur nel 2007.

N. 44 - 3 dicembre 2015 attentati a Parigi e lotta all’imperialismo / il bolscevico 5

L’attacco avvenuto a Parigi nel-la notte fra il 13 e il 14 novembre versando il sangue di centoventi-nove civili innocenti ha, com’è na-turale, scosso profondamente tutti. L’attacco è avvenuto esattamente un mese dopo la 5a Sessione ple-naria del 5° CC del PMLI e la sua presa di posizione riguardo l’at-tuale lotta antimperialista dei mo-vimenti islamici, fra cui l’IS. Que-sti nuovi fatti impongono forse di rimettere in discussione la politi-ca estera antimperialista del Parti-to, segnatamente la sua posizione sullo Stato Islamico? Questa po-sizione, anche alla luce dei nuovi avvenimenti, resta coerente con i principi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dell’antimpe-rialismo?

L’attacco di Parigi è ingiustifi-cabile e assolutamente non condi-visibile, poiché ha colpito tanti in-nocenti, prevalentemente giovani, alla cieca, accusati ingiustamente di essere “crociati”. Tuttavia non bisogna lasciare che l’orrore per un attacco di questo tipo oscuri il proprio raziocinio, bisogna sem-pre pensare con la propria testa, non perdere di vista il contesto in cui avvengono i fatti e non cedere alla propaganda degli imperialisti e dei guerrafondai.

Hollande, Obama e Renzi han-no sostanzialmente sostenuto che l’IS ha dichiarato guerra all’Occi-dente. Ma così falsificano la sto-ria e capovolgono le responsabili-tà: sono stati gli USA, la Francia, l’Italia, la Germania, la Gran Bre-tagna ecc. ad avere invaso, messo a ferro e fuoco e depredato l’Af-ghanistan e l’Iraq, a essersi inge-riti illegalmente negli affari interni della Libia e della Siria bombar-dandole, nascondendo le loro

azioni imperialiste e crimina-li come “guerra al terrorismo” e “missioni umanitarie”, quando in realtà hanno causato a quei popo-li le stesse devastazioni e le stesse tragedie che ora sono state portate, al contrario, in Europa, con i fat-ti di Parigi e con gli altri attacchi che probabilmente, purtroppo, se-guiranno.

Hollande, Obama e Renzi ci chiedono di unirci attorno ai “va-lori” dell’Occidente. Fingono cioè che ci siano un “noi” e un “loro” impegnati in una guerra di civiltà o di religione. Ci chiedono di unir-ci con chi devasta il Medio Orien-te da oltre quindici anni, con chi bombarda la Siria, con chi ha di-strutto l’ospedale di Medici Sen-za Frontiere a Kunduz, con chi fa “missioni umanitarie” a suon di bombe su villaggi, ospedali, scuo-le, alimentando ad arte i conflitti etnici e religiosi locali per favorire il proprio dominio e la rapina del-le risorse di quei territori. Il nostro governo ci chiede di unirci in di-fesa della democrazia, ma è pro-prio il governo che ha fatto a pez-zi le libertà democratico-borghesi nel nostro Paese con l’Italicum, l’abolizione del Senato e altri provvedimenti, che ha legalizza-to il supersfruttamento del lavoro e cancellato i diritti dei lavorato-ri con il Jobs Act, che distrugge la scuola pubblica, che manganella chi osa protestare, che presumibil-mente inasprirà le leggi liberticide nel nome della “sicurezza” (come ha già annunciato di voler fare). No, non c’è nessun “noi” Occi-dente democratico e libero in lotta contro “loro” islamici tirannici e sanguinari. Ci sono gli imperialisti che opprimono il loro stesso popo-lo e i popoli degli Stati che inva-

dono e bombardano, da una parte, ed i popoli e gli Stati oppressi e in-vasi dall’imperialismo, dall’altra.

Come ricorda Lenin: “Il Par-tito comunista, interprete co-sciente della lotta del proletaria-to per l’abbattimento del giogo della borghesia anche nella que-stione nazionale, non deve muo-vere da principi astratti e for-mali ma […] da una distinzione netta tra le nazioni oppresse, soggette, private dai loro dirit-ti, e le nazioni che ne sfruttano e opprimono altre”. Chi ama la pace, vuole l’amicizia fra i popoli, si oppone all’imperialismo e aspi-ra al progresso e alla libertà di tut-ti i popoli non può assolutamente appoggiare questi governi; il suo appoggio deve andare, al contra-rio, alle lotte dei popoli e degli Stati oppressi. Oggi questi ultimi comprendono anche lo Stato isla-mico, che, come conseguenza del-la complessa situazione politica, economica e culturale esistente in quei luoghi e per via dell’assenza di forze antimperialiste di sinistra in grado di conquistare l’egemo-nia, è divenuto il più forte. Og-gettivamente sta combattendo una guerra di resistenza contro l’impe-rialismo (sia pure con metodi e atti raramente condivisibili in quanto sono spesso rivolti contro obietti-vi civili e non militari). Finalmen-te sono anche altri ad ammetterlo, sembra che tanti antimperialisti e progressisti confusi e tentennanti ora abbiano capito a che cosa por-tano la guerra e i bombardamen-ti contro l’IS. L’unica soluzione per evitare nuove tragedie come quella di Parigi è quindi fermare questa guerra in corso da quindi-ci anni, che è una guerra ingiusta, imperialista, utile solo a ingrassare

gli imperialisti, i capitalisti, i fab-bricanti e commercianti d’armi e i monopolisti di casa nostra, a spese del nostro amato popolo e dei po-poli fratelli, a cominciare da quel-lo francese e dei Paesi arabi.

Questo è l’unico significato dell’appoggio di fatto, solamente di fatto, e su un piano puramente politico e non organizzativo, alla guerra di resistenza che l’IS con-duce per cacciare gli imperialisti dal suo territorio. Ma ciò non ci impedisce di essere contrari alla sua ideologia reazionaria e oscu-rantista, alla sua cultura religiosa retrograda, alla sua organizzazio-ne sociale feudale, alla sua stra-tegia per un mondo islamico, alle sue tattiche e a molti suoi atti, non ci impedisce di essere totalmente contrari ai massacri di Parigi, del Bardo e così via, all’oppressione delle minoranze etniche e religio-se nei territori dell’IS, agli attac-chi contro l’eroico popolo curdo. Noi non appoggiamo l’IS in quan-to organizzazione statale, politica e militare, semplicemente ci oppo-niamo con tutte le nostre forze alla guerra contro di esso, perché è in-giusta e non porterà a nient’altro che a ulteriori spargimenti di san-gue innocente.

Per tornare al cuore della rifles-sione, dunque, l’attacco di Parigi non ha smentito ma confermato in pieno la posizione del Partito, dimostrando quanto quest’ultimo sia stato lungimirante e abbia in-quadrato correttamente la natu-ra del problema sin dall’attacco a “Charlie Hebdo”.

Gli imperialisti non hanno al-cun diritto di decidere sul destino dello Stato islamico, questo dirit-to spetta solamente ai popoli che vi abitano. “Le nazioni hanno il

diritto di organizzarsi come de-siderano, hanno il diritto di con-servare qualsiasi loro istituzione nazionale nociva o utile, e nes-suno può (non ne ha il diritto!) intervenire con la violenza nel-la vita di una nazione”; questa magistrale citazione di Stalin im-posta perfettamente il problema. Ciò non comporta necessariamen-te condividere queste istituzio-ni, tant’è che Stalin distingue fra nocive e utili, ma semplicemen-te ribadire il fondamentale prin-cipio antimperialista secondo cui nessuna potenza può arrogarsi il ruolo di gendarme del mondo e dettare legge in altri Stati sovra-ni. Ci hanno provato l’imperiali-smo americano e il socialimperia-lismo sovietico e hanno provocato solo morte e distruzione, ci stanno provando gli imperialisti russi ed europei e l’esito non sarà diverso. Piaccia o no, l’IS è uno Stato sor-to dal disfacimento dei regimi ira-cheno e siriano, non una semplice organizzazione terroristica, peral-tro ha abbattuto i confini nazionali decisi arbitrariamente dagli impe-rialisti occidentali tramite l’accor-do Sykes-Picot, che era il sogno anche di Nasser e successivamen-te del baathismo.

Solo allora, quando i popoli sa-ranno liberi di decidere il proprio destino senza ingerenze imperiali-ste esterne, esploderà la contraddi-zione fra questi popoli oppressi e lo Stato islamico che li opprime e prima o poi anche il Califfato rea-zionario verrà travolto e distrutto dal progresso della storia. In que-sto quadro, si potrebbe addirittu-ra dire che chi sostiene, a sinistra, l’intervento dell’imperialismo, magari russo, paradossalmente ri-tarda la fine dell’IS.

Quanto torna prepotentemente vivo e pulsante l’accorato appel-lo lanciato dal compagno Erne nel suo rapporto alla Sessione plena-ria del CC: “lasciate in pace quei popoli, lasciateli decidere libera-mente da soli il loro destino e la-sciateli risolvere autonomamen-te le loro contraddizioni interne e, d’incanto, si dissolverà ogni nube di guerra”!

Invece, queste nubi si stanno addensando sempre più nere e mi-nacciose, per colpa dei governan-ti imperialisti europei, americani e russi, a cominciare da Hollande che con il discorso di guerra al par-lamento francese del 16 novembre ha proclamato la nuova avventura militare dell’imperialismo, contro la quale non solo il popolo france-se, ma tutti i popoli europei coin-volti, oltre a quello americano, devono opporsi. Ciò preannuncia soltanto altri lutti e distruzioni ai popoli arabi ed europei.

La soluzione l’ha indicata con chiarezza e lungimiranza l’Uffi-cio politico del PMLI nel comuni-cato del 14 novembre: spiegando che gli attentati di Parigi “sono la diretta conseguenza della crimina-le guerra che la santa alleanza im-perialista, della quale fa parte la Francia di Hollande, conduce con-tro lo Stato islamico”, ha avvertito che “è facilmente prevedibile che essi continueranno e investiranno tutti i paesi della suddetta coali-zione. Per evitarli l’unica strada è quella di cessare la guerra allo Sta-to islamico”.

È la barbarie dell’imperiali-smo che genera barbarie. Per abo-lire ogni barbarie, bisogna abolire l’imperialismo.

Le menzogne di Hollande, Obama e Renzi e la nostra posizione sullo Stato islamico

Per abolire ogni barbarie, bisogna abolire l’imperialismo

IL teRRORISmO deLLO StatO ISLamIcO e queLLO deLLe “BR”

Equipararli fa comodo solo ai governi imperialistiIl nuovo duce Renzi, parlan-

do dal G20 ad Antalya, in Tur-chia, ha affermato che l’Italia “ha sconfitto il terrorismo inter-no negli anni ’70 e ’80 e le stra-gi di mafia. Ha la forza per poter affrontare questa fase che stiamo vivendo”. Siccome tutto fa bro-do per portare l’opinione pubbli-ca dalla parte della guerra all’IS, i governanti imperialisti non solo rovesciano tutte le responsabilità e giocano la parte degli aggrediti, ma addirittura mescolano insieme cose che non c’azzeccano niente l’una con l’altra per confondere le masse. Vediamo perché.

Da una parte, il terrorismo delle sedicenti “Brigate Rosse” era controrivoluzionario e anti-popolare, perché espressione di quella piccola borghesia oppor-tunista, avventuriera e impazien-te che pensa di poter sostituire la lotta di classe con atti terroristici di piccolo gruppo. Questo tipo di terroristi, apparentemente “rossi” ma in realtà neri e anticomuni-

sti, sono utilissimi al capitalismo per soffocare situazioni poten-zialmente rivoluzionarie, come avvenne infatti nel Settantaset-te, salvo poi “pentirsi” e tornare all’ovile della borghesia (vedi la fine del loro leader Curcio, rici-clato al riformismo, all’eletto-ralismo e al gandhismo, e com-pari). Senza poi contare che le “BR” erano manovrate dai servi-zi segreti italiani, dalla CIA e dal Mossad. Il PMLI ha sempre re-spinto e condannato il terrorismo delle “BR” (a cominciare dal co-mizio del compagno Giovanni Scuderi all’Isolotto a Firenze il 25 Aprile 1974) per quello che era: un’arma funzionale alla bor-ghesia reazionaria, fascista e gol-pista che voleva creare una situa-zione di panico e instabilità per rimettere la camicia nera all’Ita-lia, come ha dimostrato in segui-to la scoperta del “Piano di ri-nascita democratica” della P2 di Gelli e Berlusconi, che Renzi sta portando a termine.

Quanto all’affermazione sul-la mafia: pare proprio che Renzi viva su un altro pianeta se è dav-vero convinto che la mafia sia sta-ta sconfitta e che le stragi del ’92-’93 siano state fermate da chissà quale azione dello Stato borghe-se italiano e non dalla famigerata “trattativa”. Comunque, anche in questo caso, il terrorismo eversi-vo mafioso non ha assolutamente nulla a che fare con il terrorismo antimperalista islamico.

Di tutt’altra natura è infat-ti il cosiddetto “terrorismo” del-lo Stato islamico. In quest’ultimo caso si tratta di un’emanazione della resistenza armata all’impe-rialismo, che finora aveva potu-to invadere, bombardare e mas-sacrare i Paesi e i popoli del Medioriente e dell’Africa sen-za sentirsi minacciato al proprio interno; adesso, invece, ha per-so quel vantaggio perché i com-battenti antimperialisti islamici gli hanno portato in casa quella stessa guerra che essi subiscono

da oltre un decennio. Il loro sco-po quando colpiscono i civili dei Paesi aggressori (i morti di Pari-gi, l’aereo russo sul Sinai, ecc.), è far sentire gli imperialisti insicu-ri persino nelle loro retrovie e in-durli a ritirarsi dai Paesi che oc-cupano o bombardano. È dunque una mistificazione definirli terro-risti giacché essi non sono altro che combattenti islamici antim-perialisti. Definendoli terroristi i guerrafondai imperialisti e i loro tirapiedi cercano, da una parte, di criminalizzare e demonizza-re i propri nemici e, dall’altra, di nascondere che da decenni stan-no mettendo a ferro e fuoco Me-dio Oriente e Nord Africa e ora si trovano a fronteggiare la guerra di resistenza allo Stato islamico, deciso a rispondere colpo su col-po ai loro crimini di guerra. Ter-roristi sono semmai i governan-ti russi e francesi che tempestano quotidianamente di bombe città di Raqqa e spacciano per opera-zioni militari contro lo Stato isla-

mico i loro indiscriminati massa-cri della popolazione.

Ciò non significa affatto che noi appoggiamo le azioni indi-scriminate dei combattenti isla-mici contro civili innocenti. Anzi, non le condividiamo affat-to, perché non torcono un capello ai governanti imperialisti, i quali come s’è visto non hanno alcun riguardo per la vita dei loro po-poli e li considerano soltanto car-ne da cannone per i loro sporchi interessi. Noi agiremmo diversa-mente, come del resto hanno agi-to diversamente in passato i mo-vimenti di liberazione nazionale egemonizzati da forze diverse. Tuttavia questo non ci impedi-sce di capire le ragioni dei com-battenti islamici, che ricorrono peraltro agli stessi metodi san-guinari usati dagli imperialisti per terrorizzare le popolazioni di quei Paesi, solo che in questo caso vengono chiamate “azioni umanitarie” dai media nostrani.

Noi vogliamo che queste azio-

ni cessino il prima possibile, ma, come ha spiegato l’Ufficio politi-co del PMLI nel comunicato del 10 gennaio scorso all’indomani dell’attacco a “Charlie Hebdo”: “Ormai, dall’11 settembre di New York, la guerra di resisten-za all’imperialismo, sotto forma di azioni terroristiche, è portata fin dentro i Paesi imperialisti, ed è impensabile fermarla se gli im-perialisti non si ritirano dai Paesi che occupano o che controllano”. Concetto ribadito nel comunica-to del 14 novembre sugli attenta-ti di Parigi: “Questi attentati, non condivisibili ma comprensibili, sono la diretta conseguenza del-la criminale guerra che la santa alleanza imperialista, della qua-le fa parte la Francia di Hollande, conduce contro lo Stato islamico. Ed è facilmente prevedibile che essi continueranno e investiranno tutti i paesi della suddetta coali-zione. Per evitarli l’unica strada è quella di cessare la guerra allo Stato islamico”.

6 il bolscevico / attentati a Parigi e lotta all’imperialismo N. 44 - 3 dicembre 2015

Tramite le penne del fondatore Scalfari, del direttore Ezio Mauro e del loro tirapiedi Folli

“La REpubbLica” baTTE i TaMbuRi di guERRa conTRo Lo STaTo iSLaMico

L’organo ufficioso del PD si appella alla difesa della “civiltà occidentale”, ossia del capitalismo, dell’imperialismo e del liberalismo

Nel ventennio nero la parola d’ordine degli imperialisti guidati da Mussolini era “A chi l’Abissi-nia? A Noi!”. Oggi la nuova for-mulazione di quelli guidati da Renzi è “A chi lo Stato islamico? A noi!”.

All’epoca del duce, erano gli intellettuali fascisti a formulare le tesi di appoggio al massacro im-perialista, la “novità” di oggi è che sono alcuni tra gli intellettuali più osannati della “sinistra” bor-ghese a fare da cantori e istigatori del macello imperialista del regi-me Renzi/PD. È questo il primo dato politico che emerge dai tre articoli bombaroli comparsi il 15 e il 16 novembre su “la Repubbli-ca,” nell’ordine firmati dal fon-datore di tale quotidiano Eugenio Scalfari, del direttore Ezio Mauro e dal loro tirapiedi Stefano Folli.

Scalfari e il “barbaro” dell’iSL’“Eia Eia Alalà” della “sini-

stra” borghese lo lancia per primo Scalfari già fascista e monarchi-co sotto Mussolini. Nel suo edito-riale “Come possiamo vincere la barbarie del terrorismo”, evoca lo spettro di “una guerra di religio-ne” presunta, che nasconderebbe in realtà la voglia dell’IS e di co-loro che “hanno scelto di essere schiavi di chi li dirige, le cellule d’uno Stato che non ha confini stabili, non ha una sua Costituzio-ne, ma ha un gruppo di comando, scuole di preparazione alla disu-manità...” di distruggere in modo cieco la nostra civiltà, perché non hanno amore per la libertà e per “la specie cui appartengono, odia-no tutti gli altri, mentre amano solo quei pochi che condividono con loro l’odio per gli altri e vo-gliono distruggerli”.

Ammesso che i combatten-ti dell’IS siano mossi dall’“odio per la specie”, ci chiediamo come mai questa argomentazione Scal-fari non la attribuisca anche ai capi delle potenze imperialiste

che hanno massacrato milioni di iracheni, palestinesi, siriani, libi-ci, afghani ecc. disseminandone i brandelli di carne bombardata nei territori mediorientali. Non ap-partengono forse alla specie uma-na?

Quando l’IS attacca è barbarie contro la specie umana, quando le potenze imperialiste massacrano, Scalfari non se ne fa un proble-ma, non prova indignazione, sem-plicemente non esistono, o forse esistono, ma come diceva Hitler: “Annientare una vita senza valore non comporta alcuna colpa, il de-bole deve essere distrutto”.

Colpevole Scalfari non solo di nascondere la violenza delle po-tenze imperialiste, contro cui l’IS si sta rivoltando, ma due volte colpevole, anche di sfoderare un intero armamentario da barbarie ideologica, bugiarda, aggressiva, razzista, contro i popoli, tre volte colpevole perché con questa mel-ma ideologica tenta di convince-re le masse popolari italiane del-la giustezza di “sgominare l’Is e i suoi capi” con un bagno di san-gue, con l’occupazione milita-re di un territorio straniero, mai invocata in termini così sfacciati dall’epoca di Mussolini: “Le na-zioni aggredite ed i loro alleati – secondo il pennivendolo di “la Repubblica” - debbono scendere sul terreno che sta tra Siria, Iraq e Libia, ma non solo con bombar-damenti aerei ma con truppe ade-guate. Ci vuole un’alleanza poli-tica e militare che metta insieme tutti i membri della Nato a comin-ciare dagli Usa e in più i Paesi arabi, la Turchia (che nella Nato c’è già), la Russia e l’Iran. Cre-do che sia questo il modo di agire nell’immediato futuro”.

Non importa a questo guerra-fondaio se l’invasione di un terri-torio straniero va contro gli stessi principi della Costituzione bor-ghese che lui ha difeso a parole in passato, non gli importa se im-porrà “vincoli molto stretti alla nostra vita privata”, leggasi noi masse popolari faremo la fame e

i nostri diritti saranno ristretti al lumicino, non gli importa se que-sta guerra di aggressione compor-terà perdite, sangue e distruzione in Medio Oriente e in Italia: Ren-zi ha parlato e lui obbedisce. Anzi lo sprona a bombardare l’IS.

Mauro e la “superiorità” dell’occidente

All’adunata degli editoriali-sti guerrafondai di “Repubblica” che chiedono a Renzi la distruzio-ne dell’IS partecipa Ezio Mauro con il suo editoriale “La coscien-za dell’Occidente”: dallo spazio della “barbarie” in cui vivono, gli “jihadisti assassini confusamente sanno che qui è custodita l’anima universale che loro vogliono an-nientare, perché dà vita a ciò che hanno eletto come il loro nemico supremo e finale: la civiltà occi-dentale, culla, sede e testimonian-za della democrazia dei diritti e della democrazia delle istituzio-ni. Questo è il bersaglio, perché questo è intollerabile, in quanto è l’ultimo universalismo super-stite, dunque alternativo, l’unico modello di vita che resiste dopo la morte delle ideologie, e viene liberamente scelto ogni giorno da milioni di uomini e donne”.

Mauro in sostanza ci vuole dare a bere che ci sono dei giova-ni “barbari” che scelgono di com-battere con l’IS e/o di fare miglia-ia di chilometri, mettersi delle bombe addosso e andare a farsi saltare in aria, uccidendo centina-ia di persone, solo perché voglio-no colpire l’Occidente in quanto “civiltà di libertà e diritti”.

Non c’entrerebbe nulla dun-que secondo Mauro la disperazio-ne di quei popoli soffocati dal tal-lone imperialista!

Ma di che sta parlando que-sto cortigiano di Renzi!? Il capi-talismo e i suoi “valori” non han-no certo attributi di universalità. Dov’è, ci chiediamo, l’univer-salismo dei diritti, della libertà,

dell’accettazione dei “valori” del capitalismo in Italia o in Occiden-te? Ed è tanto meno vero che il capitalismo sia l’unico modello alternativo o sopravvissuto alle ideologie. Esso è in piena crisi in Occidente, dove massacra le mas-se popolari, mentre al contrario l’unico sistema alternativo, quello rappresentato dalle idee socialiste e di pace tra i popoli è ancora ben vivo e vincente in prospettiva.

E certo in Medio Oriente il ca-pitalismo più che universalità e diritti ha portato esclusione, re-pressione, sfruttamento. Quei po-poli hanno assaggiato i presunti principi di “libertà” e “universa-lità” del capitalismo di cui parla Mauro a forza di bombe e stragi.

Bisogna avere il coraggio di dire “siamo tutti occidentali”, continua Mauro, “passando dal-la compassione alla condivisione, con il peso della responsabilità che ne consegue, anche per reggere il carico della risposta indispensa-bile per garantire la sicurezza dei cittadini, fino all’uso della forza militare se necessaria”.

E invece diciamo noi bisogna rispedire al mittente tale appel-lo a compattarsi politicamente e militarmente in difesa dei “valo-ri” della democrazia borghese e dell’imperialismo vorace e conti-nuare a mettere in evidenza quan-to è marcio e criminale tale siste-ma. Ciò a dispetto della richiesta di Mauro di tacere e di smetter-la con la “distruttiva” svalutazio-ne quotidiana “della democrazia che noi occidentali facciamo nei nostri discorsi e nella nostra pra-tica”.

Il fanatismo capitalista di Mauro è comunque pericolosis-simo perché tende a intorbida-re le acque a far pensare che la contraddizione fondamentale in questa crisi internazionale sia tra “coscienza occidentale” e “barba-ri jiadisti”.

Invece bisogna dire senza ti-more che la contraddizione è tra imperialisti ed antimperialisti. Bi-sogna piuttosto avere il coraggio di dire “siamo tutti antimperiali-sti”, come hanno iniziato a fare in decine rispondendo sul sito di “Repubblica” a questo editoriale guerrafondaio. Citiamo solo due esemplificativi interventi: “Come sempre Mauro, non scrive una pa-rola, sulle vittime innocenti, dei portatori di democrazia. Non ti passa per la testa, che questa gen-te, si può vendicare? Se qualcuno ti viene a picchiare a casa tua, che fai? Gli offri un caffè”?

E poi: “Non è rimasto mol-to da proporre come sana pro-spettiva democratica occidentale non solo a chi vuole distruggere la nostra società ma anche a noi stessi nel prossimo futuro... la so-cietà occidentale stessa è una pol-veriera pronta ad esplodere anche senza interventi esterni visto che disoccupazione, diseguaglianza sociale, tagli a tutte le risorse per i servizi, corruzione sono ormai una costante...”

Questi interventi svelano che attualmente esistono in Italia mi-gliaia di voci oggettivamente an-timperialiste. Ancora frammenta-te, tuttavia ci danno tuttavia forza in questa battaglia ideologica di vitale importanza per il futuro e la sicurezza delle masse popolari italiane, che il PMLI unico Partito in Italia, sta combattendo contro il governo e i suoi lacchè per por-tare a nudo la verità e interpretar-la su un piano ideologico di classe al fine di allargare il fronte degli antimperialisti, compattarli e por-tarli su un piano soggettivo, im-pedire la guerra a suon di bombe all’IS e il perpetrarsi della barba-rie delle potenze imperialiste.

Folli e la richiesta di misure straordinarie

E sullo stesso numero de “la Repubblica” incalza l’altro mili-ziano ideologico di Renzi, Folli, su “il ruolo dell’Italia nella guerra nuova”. Senza retorica, si propone Folli, che però, non spiegando in cosa questa aggressione imperia-lista che si prepara sarebbe “nuo-va”, muove dall’esaltazione reto-rica dell’intervento guerrafondaio del nuovo duce che “chiede a tutti senso di responsabilità”.

I temi della “solidarietà” e del-la “responsabilità” vanno riempiti secondo Folli “di contenuti inediti per non apparire stantii sullo sfon-do dell’Europa attonita”. Folli su-pino al clima da emergenza na-zionale, si ritiene a questo punto autorizzato a fare delle afferma-zioni politiche gravissime, ever-sive degli stessi principi fondanti della democrazia borghese, quan-do afferma che va rimandata uni-camente al campo della maggio-ranza e del governo “la questione di come reagire all’IS”. Insomma niente dibattito chiede Folli nel suo editoriale e, ancora una vol-ta, emerge quanto più di politica-mente stantio e puzzolente si pos-sa determinare in una situazione in cui la borghesia imperialista e i suoi lacchè scendono in cam-

po per difendere i propri interes-si internazionali. Il dibattito, per-sino quello debole e annacquato dei partiti parlamentari, per Folli è negativo. In sostanza, come dis-se Mussolini “al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o reputata tale, cioè nei momenti di ordinari amministrazione. Vi im-maginate voi una guerra stabilita per referendum”?

Al silenzio delle masse e delle strutture organizzate si deve ag-giungere la ricerca di un “mag-giore spazio” nell’“élite ristretta” dei “Paesi amici”, nell’ambito del coordinamento della “guerra to-tale”, leggasi guerra mondiale im-perialista, allo Stato islamico. In fondo per Folli l’Italia si sarebbe conquistato questo diritto, avendo mostrato la propria disponibilità all’aggressione dei popoli come dimostra “l’impiego di quattro bombardieri sui cieli dell’Iraq” da considerarsi “il biglietto d’ingres-so per essere ammessi in questo club europeo più ristretto”.

Folli brama la guerra e il ba-gno di sangue e chiede già “con-seguenze anche dolorose”, una “linea impopolare”, lo “ stato d’emergenza” la restrizione di “qualche spazio di libertà”, forti spese per la difesa, per l’“intelli-gence”, per i controlli capillari di ordine pubblico, la revisione del bilancio statale in termini milita-ri e la riconsiderazione delle prio-rità.

Noi invece auspichiamo che le masse popolari italiane resistano all’asfissiante e martellante pro-paganda bellicista e antislamica riversatasi sul Paese e ragionando con la propria testa comprendano, come spiega il comunicato stam-pa dell’Ufficio politico del PMLI, che “è la barbarie dell’imperiali-smo che genera barbarie”.

Dalla presa di coscienza biso-gna passare al contributo attivo per fermare la guerra ed un pos-sibile attacco militare dell’Italia all’IS. E il più grande contributo che il popolo italiano possa dare alla lotta universale contro l’im-perialismo e la barbarie è quello di opporsi ad ogni atto interven-tista e guerrafondaio del gover-no imperialista del nuovo duce Renzi, rispedendo al mittente le “analisi” guerrafondaie, razziste e nazistoidi che ormai circolano sui quotidiani della “sinistra” bor-ghese.

dopo ESSERE inTERvEnuTo aLLa RaSMiSSionE TELEviSiva “QuinTa coLonna” di RETE 4

arrestato un musulmano per aver accusato Francia e usa

per gli attentati di parigi È accusato di propaganda di idee fondate sulla

discriminazione e l’odio razziale, etnico e religiosoAlla spietata caccia al terro-

rista islamico scatenata in tutta Europa dai governi guerrafondai partecipa anche l’Italia del nuo-vo duce Renzi. A farne le spese è un giovane musulmano con cit-tadinanza italiana arrestato dagli agenti della Digos della Questura di Roma il 17 novembre con l’ac-

cusa di propaganda di idee fonda-te sulla discriminazione e l’odio razziale, etnico e religioso.

Il giovane B.S.J., 24 anni, du-rante la trasmissione televisi-va “Quinta Colonna” in onda su Rete 4, aveva rilasciato dichia-razioni con le quali aveva con-diviso le ragioni della strage a

Charlie Hebdo, nonché accusato anche Francia e Usa di essere i principali responsabili della stra-ge del 13 novembre a Parigi.

Al giovane, ammanettato presso la moschea di Centocelle a Roma, sono stati inoltre seque-strati documenti in lingua araba tuttora al vaglio degli inquirenti.

Numero di telefono e fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

Il numero di telefono e del fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente 055 5123164. Usatelo liberamente, saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessato al PMLI e al suo Organo.

N. 44 - 3 dicembre 2015 attentati a Parigi e lotta all’imperialismo / il bolscevico 7

Stiamoin cordata

stretti l’uno all’altrosostenendoci

reciprocamentetenendo ben alta la bandiera

dell’antimperialismoCon i Maestri e il PMLI

vinceremo!

LA GUERRA ALLO STATO ISLAMICO E LA GUERRA MONDIALE

Per ora i paesi imperialisti sono uniti per distruggere l’unico Stato del Medio Oriente che li combatte in armi. Dopo si scontreranno per il dominio di tale regione e del mondo

Per giustificare l’aggressio-ne armata allo Stato islamico e alimentare ad arte il clima apo-calittico di questi giorni, la san-ta alleanza imperialista ha bat-tuto ripetutamente il tamburo della guerra mondiale, espres-sione mediaticamente effica-ce ma totalmente inadeguata. Dal nuovo zar del Cremlino Pu-tin che è arrivato a sollecitare “la comunità internazionale a creare una autentica unità per far fronte al male del terrori-smo”, addirittura come l’alle-anza che si rinsaldò nella se-conda guerra mondiale contro Hitler, fino a papa Bergoglio che ormai da tempo parla del-la situazione mediorientale e della guerra allo Stato islami-co come di “una terza guerra

mondiale” seppur “combattuta a pezzi”. Sulla scia dei gover-nanti imperialisti la moltitudine di commentatori ed editorialisti, organi di informazione e di opi-nione, della destra e della “sini-stra” borghese in Italia e all’e-stero, che non lesinano parole e fiumi di inchiostro per illustra-re la “nuova guerra mondiale”.

Ma la guerra allo Stato isla-mico non è una guerra mondia-le. È una guerra dove per ora i paesi imperialisti sono uniti per distruggere l’unico Stato del Medio Oriente che li combat-te in armi, che contrappone la guerra di liberazione alla guer-ra di occupazione, il terrorismo antimperialista, anche se trop-po spesso sbaglia gravemente bersaglio colpendo civili incol-

pevoli e innocenti, al terrorismo imperialista, che non si è pie-gato all’imperialismo e lo com-batte con ogni mezzo godendo del consenso di consistenti fette delle popolazioni locali e arruo-lando nel suo esercito un nume-ro sempre crescente di giova-ni all’interno e all’esterno dello Stato islamico. Una guerra che fa unicamente gli interessi degli imperialisti, cioè del capitalismo e delle classi dominanti bor-ghesi, che per sostenere le loro economie e “spazi vitali” usano le armi per sottomettere i popoli che si ribellano al loro dominio e per depredare le ricchezze, so-prattutto il petrolio e le materie prime, dei loro paesi.

La loro santa alleanza con-tro lo Stato islamico è insta-

bile e temporanea e già oggi presenta crepe e divisioni che riflettono i loro contrapposti in-teressi di predoni pronti a spar-tirsi le prede in guerra. Ma alla lunga le superpotenze imperia-liste puntano sempre a prevale-re l’una sull’altra quando si trat-ta di assicurarsi l’egemonia in una determinata area o nell’in-tero globo. E ciò anche a costo di scatenare una guerra mon-diale. È lampante come i peri-coli di guerra mondiale imperia-lista siano oggi i più gravi dalla fine degli anni ’80 e finché esi-sterà l’imperialismo la pace nel mondo sarà sempre in perico-lo. La rivalità tra le superpoten-ze conduce inevitabilmente alla guerra imperialista, è stato così nel passato, non può che esse-re così nel futuro. Oggi lo scon-tro maggiore a livello planetario avviene tra l’imperialismo ame-ricano, quello russo, europeo e il socialimperialismo cinese. Ma per la legge dello sviluppo diseguale del capitalismo l’at-tuale superpotenza egemone, quella Usa, entrerà sempre più in conflitto aperto con la nuova superpotenza emergente, il so-cialimperialismo cinese. E ine-vitabilmente tale scontro per l’egemonia mondiale condurrà alla guerra mondiale.

La seconda guerra mondia-le per la sua ampiezza, i suoi sconvolgimenti, distruzioni e vittime, non ha avuto eguali nella storia dell’umanità. Essa coinvolse l’Europa, l’Asia, l’A-

frica e l’Oceania, un territorio immenso di 22 milioni di kmq. Furono coinvolte nelle sue ro-vine 1 miliardo e 700 milioni di persone, ovvero i tre quarti del-la popolazione della terra. La guerra fu combattuta sul territo-rio di 40 Stati provocando circa 50 milioni di morti, 5 volte più che nella prima guerra mondia-le del 1914-1918. Rievocandola gli imperialisti dimostrano di vo-

ler “pensare in grande”, dimen-ticando però che oggi sono loro gli Hitler e i Mussolini, sono loro gli aggressori uniti per combat-tere lo Stato islamico colpevole di difendersi e di contrattacca-re. Gli amanti della pace, della libertà e dell’autodeterminazio-ne dei popoli, dell’indipendenza e della sovranità dei paesi non possono accettare questa tesi imperialista.

Cessare la guerra allo Stato islamico è l’unica via per

evitare atti terroristici in ItaliaMentre i politicanti borghe-

si europei e il governo Renzi insieme ai suoi miliziani ide-ologici si affannano a cerca-re alleanze per la guerra e a giustificare con argomentazio-ni false e prive di fondamenti politici e scientifici la necessi-tà di distruggere lo Stato isla-mico, innalzando il livello della tensione e militarizzando le cit-tà, nessuno di loro si pone in maniera concreta l’obbiettivo di evitare gli attacchi terroristici in Italia e in Europa.

Eppure, il modo sarebbe semplice. Basterebbe eliminar-ne le cause dirette proceden-do con un approccio scientifi-co al problema, partendo cioè dai dati che ci sono. Come dice il comunicato dell’IS, che nes-sun mezzo di informazione del-la destra e della “sinistra” bor-ghese ha pubblicato a riprova che l’oggettività, l’obiettività e il diritto di cronaca, nonché l’in-teresse per la sicurezza del-le masse popolari sono pura favola quando per i governi si tratta di difendere la barbarie imperialista.

Un’iniziativa invece presa da “Il Bolscevico”, che fa del-la ricerca scientifica nel campo politico la base di ogni pubbli-cazione. Dal comunicato dell’IS che ha fatto conoscere qual è la vera motivazione dell’inter-vento armato dello Stato isla-mico a Parigi discende che la via per evitare atti terroristici in Italia è lì, sotto i nostri occhi.

Il comunicato dell’IS lo dice chiaramente: “Abbiamo bersa-gliato Parigi perché ha colpito i musulmani nella terra del Calif-fato con i loro aerei da guerra”. E continua: “La Francia e colo-ro che seguono la sua strada devono sapere che resteranno i principali bersagli dello Sta-to Islamico e continueranno a sentire l’odore della morte per avere condotto questa crocia-ta, per avere insultato il nostro profeta, per sostenere la lotta

all’islam in Francia e per ave-re colpito i musulmani nella ter-ra del Califfato con i loro aerei da guerra, e che non hanno ot-tenuto nulla nelle maleodoranti strade di Parigi. Questo attac-co è solo l’inizio della tempe-sta e un avvertimento per co-loro che vogliono imparare dai loro errori”.

L’attacco a Parigi è, dunque, la diretta conseguenza della criminale guerra che la san-ta alleanza imperialista, della quale fa parte la Francia di Hol-lande, conduce contro lo Sta-to islamico. Finora quest’ulti-mo ha combattuto con le armi in pugno gli eserciti aggressori, che fossero americani o siria-ni, francesi o iraniani. Cosicché i paesi imperialisti potevano continuare a godere del pri-vilegio di non essere toccati dalla guerra visto che il cam-po di battaglia si trova a mi-gliaia di chilometri di distanza. Adesso non è più così. I com-battenti antimperialisti dell’IS stanno portando le loro azio-ni militari nel cuore stesso dei paesi maggiormente impegna-ti nell’aggressione. Questi atti di guerra dell’IS noi li abbia-mo definiti non condivisibili ma comprensibili.

Ecco perché se vogliamo che cessino gli attacchi terro-ristici in Europa bisogna allora che cessi la causa prima che li ha generati e li alimenta inces-santemente, ossia i bombarda-menti e l’aggressione allo Stato islamico.

Se invece non cesserà l’ag-gressione imperialista all’IS è facilmente prevedibile che gli attacchi armati in Europa conti-nueranno, si intensificheranno e investiranno tutti i paesi del-la suddetta coalizione aggiun-gendo barbarie a barbarie.

I popoli europei, dunque, nei loro stessi interessi e sicurez-za non hanno alcun motivo per appoggiare questa guerra di aggressione. Da un eventuale

intervento militare aperto dell’I-talia in questo macello imperia-lista otterremo solo svantaggi, finiremo per pagare sulla no-stra pelle le conseguenze mili-tari dei bombardamenti all’IS, subiremo la restrizione delle li-bertà borghesi, il perenne stato di emergenza, con l’aumento delle spese militari e la sottra-zione di fondi ai servizi pubbli-ci, alla sanità, alla scuola, ai trasporti, l’aumento della disoc-cupazione, la fame, la povertà.

Sono solo gli imperialisti che ne avranno il vantaggio, spe-rando di riprendersi la Siria, l’I-raq e la Libia, come se fosse il loro cortile di casa.

Il PMLI per amore delle masse italiane, vuole tener-le fuori dal macello imperiali-sta. Ma sono esse che hanno in mano la chiave per impedi-re che vengano ridotte al si-lenzio, irregimentate e trasci-nate alla guerra. Accogliendo l’appello del PMLI, esse devo-no fare di tutto per impedire di essere spinte nel baratro della guerra imperialista e delle ri-torsioni terroristiche. Nel loro interesse, devono mobilitarsi per richiedere l’abolizione dello stato di “Allerta2”, che già ora si ritorce contro di esse. Devo-no costringere il governo Ren-zi, presente in armi in Iraq e Afghanistan, e pronto a bom-bardare con i Tornado e i Dro-ni lo Stato islamico nel territorio che questo ha strappato all’I-raq, a fermarsi. Deve manda-re a casa questo governo che è una iattura per la sua politica interna ed estera.

E ciò facendo impediremo che il nostro Paese si macchi di un altro crimine imperialista, paragonabile con quelli di cui fu responsabile l’odiato regi-me mussoliniano e inoltre po-trà sottrarre questo fiume di miliardi che alimenta la guerra per destinarlo al miglioramento delle condizioni di vita e di la-voro della popolazione.

Un simbolo ingannevole

Questo simbolo, con so-vrapposta la Torre Eiffel al tra-dizionale simbolo del pacifi-smo è stato creato poche ore dopo gli attentati di Parigi dal vignettista francese di Charlie Hebdo, Jean Jullien e in poco tempo ha fatto il giro dei social network, e delle tv europee. Lo stesso autore ha raccontato come il disegno sia nato di get-to, partendo dall’idea di pace e cercando di unirla al simbolo di

Parigi proprio perché “la gente si riunisce in un senso di unità e di pace”.

Se sia frutto dell’“istintiva e umana” reazione dell’autore poco importa. Esso di fatto rap-presenta una mistificazione, un ingannevole tentativo, sull’on-da dell’emozione e della paura creata ad arte, di rendere il po-polo francese ed europeo soli-dale all’aggressione della san-ta alleanza imperialista, della quale fa parte la Francia di Hol-lande, contro lo Stato islamico.

Quel generico simbolo pa-cifista, nato nei primi anni ses-santa a sostegno della campa-gna per il disarmo nucleare e poi utilizzato dagli antimperia-listi americani contro l’aggres-sione Usa al Vietnam, nulla ha da condividere con la barbarie che l’imperialismo semina con-tro l’IS.

8 il bolscevico / attentati a Parigi e lotta all’imperialismo N. 44 - 3 dicembre 2015

Mali

MoviMenti antiMperialisti islaMici attaccano la presenza francese a BaMako

21 morti e 7 feritiLa mattina del 20 novembre

un gruppo di militanti dell’orga-nizzazione Al Morabitoum as-saltava l’Hotel Radisson blu a Bamako, capitale del Mali, prendendo in ostaggio oltre un centinaio di persone. Nell’al-bergo erano presenti mol-ti stranieri fra i quali almeno 22 dipendenti del Dipartimen-

to della Difesa Usa sia militari che civili. Gli ostaggi erano li-berati da un blitz condotto dal-le forze speciali statunitensi e francesi. Le cifre ufficiali del blitz registrano 21 morti, inclusi due assalitori, e 7 i feriti.

L’attacco era rivendicato con una telefonata resa nota da al Jazeera da due gruppi

legati ad al-Qaeda, il Magh-reb Islamico (Aqim) e Al Mora-bitoum.

Del gruppo Al Morabitoum facebano parte anche i militanti che lo scorso 8 agosto aveva-no assaltato l’hotel Le Byblos a Sevare, nel centro del Paese e a poca distanza da una base militare. Anche allora erano in-

tervenuti i militari francesi per porre fine al sequestro.

Le azioni dei due movi-menti, e di altri che sono at-tivi nel nord del paese contro il governo centrale di Bama-ko, sono il residuo della rivolta del 2012 dopo il golpe militare che depose il presidente Ama-dou Toumani Tourè e che por-

tò varie organizzazioni separa-tiste e islamiste a conquistare il controllo del nord del paese.

Per “liberare” queste aree e riportarle sotto il controllo del governo centrale di Bamako scese in campo la Francia, la ex potenza coloniale, che con l’Operation Serval intervenne militarmente. Le bombe fran-cesi lanciate su Timbuctu, Ki-dal e Gao nei territori occupa-ti dagli indipendentisti e dagli islamisti segnarono nel 2013 l’inizio della guerra di Parigi contro Al Qaeda in Africa.

A missione compiuta le for-ze francesi lasciarono formal-mente il campo alla missione di stabilizzazione delle Nazio-ni Unite (Minusma), partita l’1 luglio 2013.

Le truppe francesi resta-vano comunque nel paese che anzi in Mali dispiegava la più grande operazione milita-re nel continente, denominata Barkhane, impiegando oltre 3 mila militari, 20 elicotteri, 200 blindati e altri 200 veicoli, 6 ae-rei da combattimento, 5 droni

e 12 aerei da trasporto. L’ope-razione Barkhane era lanciata l’1 agosto 2014 mettendo sot-to la guida francese le forze di Mauritania, Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso, il cosiddetto G5 Sahel. L’imperialismo francese si assumeva il compito di gui-da e coordinatore nella “lot-ta al terrorismo” nella regione. La missione francese era uffi-cialmente volta ad “appoggiare le forze armate dei paesi part-ner nelle loro azioni di lotta ai gruppi armati e terroristi e di impedirne la ricostituzione”, si leggeva nel sito ufficiale delle forze armate francesi.

Una alleanza che lavorava a pieno ritmo, non ultima con l’operazione “Vignemale” nel nord del Mali e del Niger, in corso dalla fine di ottobre, du-rante la quale un migliaio di mi-litari francesi erano impegnati in rastrellamenti nella regione. La Francia non è “in guerra” dal 13 novembre, come soste-neva Hollande, l’imperialismo francese in Mali è già in guerra da tempo.

No alla bliNdatura delle froNtiere dell’ueIl vertice del consiglio dei

ministri degli Interni dei 28 paesi dell’Unione europea tenuto a Bruxelles il 20 no-vembre per discutere delle misure da adottare dopo gli attentato di Parigi decideva di blindare le frontiere con una modifica parziale del trattato di Schengen.

Come richiesto dalla Fran-cia non viene rimessa in di-scussione la libera circolazio-ne tra i paesi che aderiscono

al trattato ma viene parzial-mente modificata l’applica-zione di un articolo, il 7.2 del trattato, per rendere obbliga-tori controlli come il rileva-mento del impronte digitali e la scansione del viso per tut-ti, anche per i passeggeri eu-ropei.

Al giro di vite sui control-li si aggiungerà la schedatu-ra dal 2016 per i passeggeri dei voli anche intracomuni-tari, in applicazione del fa-

migerato Pnr, il passenger name record.

Lo spazio Schengen è composto da 26 Paesi euro-pei, di cui 22 membri dell’Ue. Della Ue non ne fanno parte Gran Bretagna e Irlanda, Ci-pro, Croazia, Bulgaria e Ro-mania. Extra Ue sono Nor-vegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera. Dal 1995, per l’Italia dal 1997, sono sta-ti aboliti i controlli sistematici alle frontiere interne dei Pa-

esi aderenti. Il trattato preve-de il sistema d’informazione comune di scambio di infor-mazioni, chiamato Sis, per la registrazione degli ingressi nella Ue. Il sistema potrebbe adesso essere applicato per il controllo dei movimenti an-che interni alla Ue. Questa e altre misure saranno oggetto del vertice dei ministri degli Interni in programma il pros-simo 4 dicembre.

e’ il petrolio la principale fonte di finanziaMento dello stato islaMico

Da alcuni giorni i bombarda-menti aerei scatenati degli ag-gressori imperialisti america-ni e russi contro i territori dello Stato islamico hanno preso di mira le infrastrutture petrolife-re e la capillare rete di autobotti e camion cisterna che traspor-tano e distribuiscono la benzi-na e il petrolio su tutto il territo-rio controllato dall’Is e fanno la spola dai pozzi alle raffinerie e poi verso i terminal di raccolta per l’esportazione.

Ciò conferma che fin dall’ini-zio della sua fondazione il pe-trolio rappresenta la principa-le fonte di finanziamento dello Stato islamico.

Deir al-Zour, la regione pe-trolifera dell’Est siriano ai con-fini dell’Iraq, ha una potenzia-lità produttiva di 400 mila barili di greggio al giorno, mentre al-tri 100 mila barili arrivano dal Nord iracheno, nell’area di Mo-sul.

Gli esperti valutano che la produzione del Califfato si ag-giri oggi sui 40 mila barili al giorno e l’Is può vendere il suo greggio, in condizioni di mono-polio, nella regione che control-la, ma anche fuori: il regime di Assad, i ribelli anti-Assad della Siria del nord, i curdi a est di Mosul. Il petrolio dell’Is è spes-so l’unico disponibile in tutta la regione. La stima dei profitti è di circa un milione di dollari al giorno, come ha dichiarato il sottosegretario Cohen durante la sua deposizione. Secondo altre fonti, il fatturato potrebbe raggiungere anche i due milioni di dollari al giorno, per una pro-

duzione stimata in 20-30 mila barili (dati del New York Times, settembre 2014) solo per i poz-zi in territorio iracheno. La raf-finazione avviene utilizzando impianti mobili montati su ca-mion, in grado di muoversi ra-pidamente sul territorio, acqui-stati normalmente da fornitori turchi. Il trasporto avviene so-prattutto grazie a una miriade di autobotti che raggiungono il confine, pronti a vendere a bro-ker che provengono dai paesi vicini, con sconti tali da rende-re particolarmente competitivo il prezzo sul mercato. Alcune fonti statunitensi hanno riferito anche di veri e propri oleodotti artigianali, che vengono aper-ti o chiusi a distanza utilizzan-do la rete cellulare. Lo scorso anno le autorità turche hanno scoperto una pipeline di quasi cinque chilometri, in grado di contrabbandare dalla Siria mi-gliaia di barili di greggio, ad un prezzo di circa 40 dollari, ben al di sotto dei valori di mercato.

Gli esperti calcolano che questo flusso porti oggi l’equi-valente di un milione, un milio-ne e mezzo di dollari al giorno nelle casse del Califfato. In pro-spettiva, un tesoro di 4-500 mi-lioni di dollari l’anno.

L’Is ha il controllo diretto dei giacimenti, di alcune delle maggiori raffinerie e gestisce quasi tutto il trasporto del greg-gio mediante l’impiego di cen-tinaia di operatori indipenden-ti. Infatti nelle aree controllate dall’Is fuori dai giacimenti ci sono code fino a 6 chilometri di camion che aspettano di poter

riempire le loro cisterne.Ecco perché il comando

Usa ha deciso di colpire pro-prio questa cruciale rete di tra-sporti. I bombardamenti aerei mirano a distruggere le auto-botti per ridurre, da un lato, i

finanziamenti dell’Is di almeno un quarto, da 40 a 10 milioni di dollari al mese. Così facendo gli aggressori imperialisti spe-rano anche di minare alla radi-ce il sistema di potere del Ca-liffato, il consenso e i rapporti

con la popolazione civile.Comunque sia, il petrolio

pur essendo la principale fon-te di finanziamento non è cer-to l’unica. L’is dispone anche dei fondi trovati nelle banche di Mosul e degli altri territori occu-

pati e che, secondo l’intelligen-ce americana, ammontano fra i 500 milioni e un miliardo di dol-lari a cui si aggiungo i finanzia-menti diretti dei paesi del Gol-fo, valutati in circa 40 milioni di dollari.

N. 26 - 2 luglio 2015 esteri / il bolscevico 15

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l’Ufficio politico delPARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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I marxisti-leninisti italiani si stringono solidali ai familiari delle vittime incolpevoli degli attentati terroristici a Parigi.Questi attentati, non condivisibili ma comprensibili, sono la diretta conseguenza della criminale guerra che la santa alleanza imperialista, della quale fa parte la Francia di Hollande, conduce contro lo Stato islamico. Ed è facilmente prevedibile che essi continueranno e investiranno tutti i paesi della suddetta coalizione. Per evitarli l'unica strada è quella di cessare la guerra allo Stato islamico.I popoli non hanno alcun motivo per appoggiare questa guerra che fa unicamente gli interessi degli imperialisti, cioè del capitalismo e delle classi dominanti borghesi, che per sostenere le loro economie e "spazi vitali" usano le armi per sottomettere i popoli che si ribellano al loro dominio e per depredare le ricchezze, soprattutto il petrolio e le materie prime, dei loro paesi.Attualmente è il Medio Oriente, in particolare la Siria, l'Iraq e la Libia, che fa gola all'imperialismo americano, europeo e russo. Nonostante essi siano in contraddizione e in lotta per l'egemonia in quella regione, ora sono uniti per combattere lo Stato islamico, che rappresenta il maggiore osta-colo per i loro piani di dominio nel Medio Oriente.Gli amanti della pace, della libertà e dell'autodeterminazione dei popoli, dell'indipendenza e della sovranità dei paesi, non possono quindi stare dalla parte degli aggressori imperialisti, ma da quella dello Stato islamico aggredito. Il PMLI, nonostante non condivida assolutamente la sua ideologia, cultura, tattica, strategia e tutti i suoi metodi di lotta, azioni e obiettivi, non può non ap-poggiarlo nella sua lotta contro gli imperialisti. Perché è interesse comune liberare il mondo dall'imperialismo, che è la causa delle guerre, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dell'esi-stenza delle classi, delle ingiustizie sociali, della fame, della disoccupazione, della disparità terri-toriale e dei sessi, del fascismo, del razzismo, dell'omofobia, dell'emigrazione. E' la barbarie dell'imperialismo che genera barbarie.Non esiste un imperialismo buono, quello russo o cinese, e un imperialismo cattivo, quello ameri-cano o europeo. Tutti gli imperialismi sono cattivi e nemici dell'umanità. Lottano tra di loro per il dominio sul globo anche a costo di scatenare una guerra mondiale. Devono essere fermati.Il contributo più grande che il popolo italiano possa dare a questa lotta antimperialista universale è quello di opporsi a ogni atto interventista e guerrafondaio del governo imperialista del nuovo duce Renzi. Esso è presente in armi in Iraq e Afghanistan, ed è pronto a bombardare con i Torna-do e i Droni lo Stato islamico nel territorio che questo ha strappato all'Iraq. Aspetta solo di avere la contropartita a cui tiene tanto, quella della guida della missione militare in Libia.Il popolo italiano deve rifiutarsi di diventare carne da cannone per l'imperialismo italiano e, nel caso in cui l'Italia partecipasse a una eventuale guerra mondiale imperialista, deve sollevarsi anche in armi, se occorre, per imperdirla.Questo governo è una iattura per la sua politica interna ed estera, bisogna cacciarlo.14 novembre 2015, ore 9,04

Perché gli attacchi terroristici a Parigi.E' la barbarie dell'imperialismo

che genera barbarie

Comunicato dell’Ufficio politico del PMLI

10 il bolscevico / attentati a Parigi e lotta all’imperialismo N. 44 - 3 dicembre 2015

Chi ha sCatenato l’attaCCo all’umanità?

Dall’invasione sovietica in afghanistan alla guerra allo stato islamico: 36 anni di guerre imperialiste in medio oriente

Milioni di morti in gran parte civili, donne e bambiniI governanti e i media guer-

rafondai accusano i combatten-ti antimperialisti dell’Is di avere scatenato coi loro attentati a Pa-rigi l’attacco all’umanità. In realtà sono state le potenze imperialiste ad aver messo a ferro e fuoco da almeno 36 anni il Medio Oriente e il Nord Africa.

E la torre Eiffel che molti me-dia, fra cui “Il Fatto Quotidiano”, cercano di spacciare per simbolo pacifista ha finito per rappresen-tare l’interventismo militare ad opera del colonialismo e dell’im-perialismo francese, dall’Algeria al Ciad, dalla Libia al Mali alla Siria.

afghanistanDal 24 dicembre 1979 al 14

aprile 1988 subisce l’invasione del socialimperialismo sovietico. Quasi dieci anni di guerra segna-no un bilancio di oltre 2 milioni di morti afghani e oltre 5 milioni di profughi. L’Urss socialimperia-lista conta circa 15 mila caduti. Dopo gli accordi di Ginevra e il ritiro delle truppe russe, in Afgha-nistan prevalgono e prendono il potere mujaheddin talebani, il che fa scattare l’intervento arma-to della Nato.

La missione “Isaf” e le opera-zioni militari “Enduring Freedom” capeggiate dagli Usa contro i loro stessi ex alleati talebani ini-ziano il 7 ottobre 2001 e vedono la partecipazione anche degli inglesi e di altri paesi imperialisti tra cui l’Italia che si aggiungono nel corso del conflitto. La “guer-ra al terrorismo” in Afghanistan, dichiarata da George Bush junior all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001 a New York, dura per 13 anni, fino al 31 dicembre 2014.

Secondo le stime del proget-to Costs of war i bombardamenti a tappeto effettuati dalle truppe imperialiste dell’Isaf hanno raso al suolo intere città e villaggi e provocato la morte di almeno 21mila civili in gran parte donne e bambini. Senza contare gli ol-

tre 13mila tra soldati e poliziotti afghani che, secondo le fonti del governo afgano, hanno perso la vita nei combattimenti.

L’ultimo report dell’Unama – la Missione di Assistenza in Afgha-nistan delle Nazioni Unite – indica il 2014 come l’anno col numero di morti e feriti civili registrati più alto dal 2009, anno d’inizio delle osservazioni. Il numero di vittime civili è cresciuto tra il 2013 e il 2014 del 19 per cento, superan-do anche il precedente record registrato nel 2011 quando a per-dere la vita furono 3.133 civili.

Tra le vittime in Afghanistan figurano anche 53 militari italia-ni. I feriti italiani hanno superato invece quota 650 unità. In tutto, le vittime tra i militari dei 48 paesi della coalizione imperialista sono state circa 3.500 unità, in gran parte statunitensi.

Secondo il database “iCasual-ties” che registra i dati dei militari rimasti uccisi durante l’operazio-ne Enduring Freedom i paesi che hanno perso più uomini sono gli Stati Uniti d’America (2.356 ca-duti) e il Regno Unito (453), segui-ti da Canada (158), Francia (86) e Germania (54).

Per quanto riguarda i costi economici della guerra in Afgha-nistan, le ultime stime parlano di mille miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti, senza contare quelli destinati alla operazione “Free-dom’s Sentinel” iniziata nel 2015. Uno studio del Watson Institute for International Studies della Brown University ha stimato il co-sto totale delle aggressioni ame-ricane contro gli “Stati canaglia” in Afghanistan, Pakistan e Iraq pari a 4.400 miliardi di dollari.

iraq prima guerra del Golfo

Nei due mesi di violenti bom-bardamenti tra febbraio e marzo 1991, tra i civili, morirono più di 1.000 kuwaitiani; 3.664 iracheni e circa 300 vittime di altre naziona-lità. Tra l’esercito iracheno ci fu-

rono oltre 20 mila morti e 75.000 feriti. Tra la coalizione occidentale guidata dagli Usa e composta da quasi un milione di uomini inviati da Regno Unito, Italia, Francia, Arabia Saudita, Kuwait, Egitto, Siria, Canada, Australia, Spagna, Belgio ecc. ci furono 658 morti e 772 feriti. L’ “Operation Desert Storm” (Tempesta nel deserto) fu decisa dagli Usa di George Bush senior in risposta all’invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam Ussein.

iraq seconda guerra del Golfo

Secondo uno studio pubblica-to dalla rivista PLOS Medicine a fine 2013, la seconda guerra im-perialista all’Iraq e l’occupazione militare hanno causato, diretta-mente o indirettamente, almeno 405.000 morti tra il 2003 e il 2011, a cui vanno aggiunte almeno altre 56.000 vittime che apparteneva-no a famiglie costrette a lascia-re il Paese. Più del 60 per cento delle morti in eccesso (rispetto all’aspettativa di vita media) di uomini, donne e bambini iracheni è stata direttamente causata da colpi d’arma da fuoco, bombe, attacchi aerei o altre violenze; il resto è dovuto a cause indiret-te, ma sempre riconducibili alla guerra, fame, malattie, mancanza di medicine e pessime condizioni degli ospedali e delle fognature.

Anche se alcuni documenti dell’esercito americano svelati da Wikileaks fissano addirittura il totale a “più di 100 mila”. Men-tre, secondo uno studio condotto da Opinion Research Business, un’agenzia di sondaggi londine-se, i morti negli otto anni di guerra ammontano a ben 1,2 milioni.

Si calcola che per ogni soldato occidentale ucciso durante l’oc-cupazione sono morti tra i 24 e i 30 civili iracheni. Negli ultimi dieci anni 4 milioni e mezzo di bambini iracheni sono rimasti orfani e una donna su dieci vedova. I minori che vivono per strada, senza ac-cesso ai servizi essenziali come il cibo e la casa si contano a mi-gliaia; altre centinaia di “fortunati” invece sono ospitati nei pochi or-fanatrofi del paese. Attualmente, un quinto della popolazione fra i 10 e i 49 anni è analfabeta, men-tre prima della guerra l’Iraq van-tava il primato di alfabetizzazione nella regione. Adesso solo il 38% della popolazione ha un’occupa-zione lavorativa e ben il 22,5% di essa sopravvive con appena 2 dollari al giorno.

Secondo le stime dell’agenzia France Presse ancora oggi cir-ca 5.000 iracheni muoiono ogni anno in seguito ad attentati e sparatorie.

Nella seconda guerra del Gol-fo in Iraq sono morti anche circa 4.800 soldati delle forze della co-alizione, in maggioranza ameri-cani, ma anche britannici, italiani e di altri paesi che hanno preso parte alla guerra.

somaliaIn seguito alle aggressio-

ni militari sotto l’egida dell’Onu cominciate nel 1992 e riprese nel 2007 e nel 2008 con la varie missioni Onusom, Unitaf, Resto-re Hope e IBIS a guida Italiana e AMISOM, il Paese sprofonda in una sanguinosa guerra civile tut-tora in corso che conta già oltre 500.000 morti. Secondo l’Acnur (Alto Commissariato delle Nazio-ni Unite per i rifugiati), le persone costrette dalla guerra a lasciare le loro case e/o a cercare rifugio all’estero sono più di un milione e 980.000. Nel solo 2007 il gruppo di difesa dei diritti umani, “Elman” stima circa 6.000 morti, 8.000 fe-riti ed oltre 700.000 civili in fuga. Tra le vittime del conflitto anche la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il cineoperatore Miran Hrovatin che indagavano su un losco traffico di rifiuti pericolosi e armi.

libiaDal 19 marzo al 31 ottobre

2011 sotto l’egida delle Nazioni Unite e della NATO, Stati Uniti, Francia, Belgio, Italia, Regno Uni-to, Spagna, Canada, Danimarca, Grecia, Norvegia, Bassi Paesi Bassi, Romania e Turchia inizia-no un violento bombardamento aereo e navale seguito da un’oc-cupazione militare per il mancato rispetto della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Na-zioni Unite. Intervento che porta al rovesciamento del regime di

Gheddafi e alla sua morte.La Francia avvia l’aggressione

con l’operazione “Harmattan” im-piegando i caccia Rafale, Mirage 2000-D e Mirage 2000-5 colpen-do mezzi corazzati dell’esercito libico nelle zone attorno la città di Bengasi. L’attacco è seguito dal lancio di 112 missili da crociera tipo Tomahawk da parte di 25 unità navali e sommergibili sta-tunitensi e britannici dispiegatesi nel Mediterraneo per l’operazione

“Odyssey Dawn”.Il bilancio, secondo un rap-

porto sommario del ministero della salute libico datato 13 luglio 2011, è terrificante. Le pioggia di bombe ha praticametne distrutto il Paese e buona parte delle infra-strutture provocando la morte di almeno 1.108 civili e 4.500 feriti tra la popolazione. Mentre le fonti militari USA hanno dichiarato di non sapere l’esatto numero del-le perdite civili. Inoltre tra le file

dell’ex esercito libico sono andati distrutti o danneggiati 1.492 tra carri, APC, trasporti SAM e altri veicoli, 350 depositi di munizioni e 535 postazioni SAM distrutti, vari aerei distrutti o danneggiati, 412 centri di comando distrutti, 8 navi da guerra affondate nei porti di Tripoli, Zuara e Homs e un nu-mero di soldati uccisi o feriti sco-nosciuto secondo le stesse fonti NATO del 29 aprile 2011.

il massacro imperialista

Secondo lo studio prodotto dalla Brown University di Pro-vidence, nel Rhode Island la “guerra al terrorismo” scatenata da George Bush junior dopo l’11 settembre 2001 contro Afghani-stan e Iraq e le operazioni militari

ad esse correlate in Pakistan (tipo l’Operazione Geronimo contro bin Laden), ha superato di gran lunga i 4 trilioni di dollari (4 mila miliardi). Più della seconda guer-ra mondiale, che per l’Ufficio del bilancio del Congresso america-no ammonta, ai prezzi di oggi, a 4.1 trilioni di dollari.

Il conto comprende i costi sostenuti solo dagli Usa esclusa l’ultima aggressione in Libia. A

ciò si aggiungono purtroppo gli altissimi “costi” di vite umane. Lo studio della Brown calcola che i morti siano fra i 250.000 e i 258.000. Una piccola fetta - 6.100 - sono i militari Usa, poi ci sono i 125.000 morti in Iraq (una cifra probabilmente sottostima-ta), i 14.000 in Afghanistan (senza conteggiare quelli del Pakistan, molte migliaia), poi i morti per via indiretta (ferite, stenti, mancanza di cure, ecc.). Infine i profughi: fra i 7-8 milioni.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 25/11/2015

ore 16,00

Raqqa, capitale dello Stato islamico, tartassata dai bombardamenti

Truppe USA invadono l’Iraq durante l’operazione Desert Storm (anni Novanta)

Le truppe del socialimperialismo sovietico in Afghanista (anni Ottanta)

Il contingente italiano a Kabul (Afghanistan)

N. 44 - 3 dicembre 2015 attentati a Parigi e lotta all’imperialismo / il bolscevico 11

Cacciamo il governo Renzi e tutti i governi imperialisti perché solo il socialismo eliminerà definitivamente le barbarie

Come non condividere dopo i fatti di Parigi il co-municato dell’Ufficio po-litico del Partito degno di considerazione, visto che i media di regime ci stanno bombardando accusando, accusando, accusando.

Ovviamente va tutta la nostra comprensione alle povere vittime igna-re, come ce ne sono tan-te, delle politiche dei loro regimi d’appartenenza ma comprensibili dal punto di vista di una diretta conse-guenza della guerra che la santa alleanza condu-ce, con alla testa la Fran-cia. Pochi a livello pubbli-co condannano i continui bombardamenti sui civi-li, donne, bambini, anzia-ni, disabili, vittime di una continua aggressione im-perialista ma per i media di regime non fanno noti-zia o perché sono lontani da noi o perché ci siamo abituati; bella umanità de-gna delle “democrazie” oc-cidentali. Non c’è nessuna riflessione, nessuna anali-

si. C’è solo una discussio-ne unilaterale: sono assas-sini e basta, per cui vanno soppressi, questo si sen-te. Ma l’Europa si è vista allo specchio, quanti milio-ni forse miliardi di volte ha ucciso, massacrato, depre-dato esportando terrore e crimine ovunque è andata?

Guardiamo solo il se-condo conflitto mondiale, il nazifascismo antibolsce-vico: quanti milioni di morti ha fatto ovunque si è istal-lato, quante persone sono morte, hanno sofferto. Non fanno autocritica non vedo-no che sono loro i diretti re-sponsabili di continue ag-gressioni imperialiste. Con la scusa di dare un nuovo volto al vecchio continen-te con la cosiddetta “demo-crazia” adesso si sentono più giusti, più buoni, mi-gliori oserei dire santi. Che abominio!

Non esiste, dice il do-cumento, un imperialismo buono, russo o cinese, e uno cattivo, quello ameri-cano o europeo. Tutti gli

imperialismi sono cattivi e nemici dell’umanità, come dimostrano i fatti di Parigi. Devono essere fermati, op-ponendosi ad ogni atto in-terventista e guerrafonda-io del nuovo duce Renzi e company.

Il compagno Mao dice: “l’imperialismo e tutti i reazionari hanno una du-plice natura, sono vere ti-gri e, nello stesso tempo, tigri di carta” (1968). Un anno prima alla conferenza di Mosca Mao disse: “Ho affermato che tutti i rea-zionari sono tigri di car-ta. Per la semplice ragio-ne che essi sono staccati dal popolo... Hitler non era una tigre di carta?... Non è stato abbattuto? Così lo sarà l’imperatore della Cina, l’imperialismo giapponese”.

Le politiche dei regimi imperialisti europei sono staccate dalle masse po-polari ecco perché queste, poi, si ritrovano ad esse-re vittime. Se sapessero quello che fanno i loro go-

verni reagirebbero con fer-mezza per evitare crimini inauditi in ogni luogo. Ma per arricchirsi questi quat-tro maiali, che hanno fat-to del denaro il loro dio, hanno bisogno di sacrifi-care sull’altare le loro vitti-me innocenti. I popoli inve-ce hanno il diritto alla loro autodeterminazione, alla loro libertà. Basta con que-sti crimini! Va riaffermato che i mandanti delle stra-gi sono i regimi neofascisti che generano odio fra le masse e fra i popoli dove essi mettono piede.

Sì compagni, caccia-mo questo governo, me-glio cacciamoli tutti, perché tanto sappiamo che solo il socialismo, e il comuni-smo poi, eliminerà ogni in-giustizia, ogni sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ogni barbarie e ingiustizia so-ciale.

Gloria eterna al marxi-smo-leninismo-pensiero di Mao!

Maurizio -Figline Valdarno (Firenze)

Opinionisulla posizione del PMLIsull’imperialismoe lo Stato Islamico

“Perché la solidaretà “vada a tutte le vittime del terrorismo”

AlCune studentesse esCono dAll’AulA duRAnte il minuto

di silenzio“Siamo uscite dall’aula perché

non abbiamo capito come mai si deve esprimere solidarietà solo alle vittime di Parigi e non a quel-li che muoiono in tutti gli attenta-ti in altre parti del mondo”, come in Siria, Libia, Marocco, Tunisia o Palestina. Così alcune studentes-se che frequentano la prima clas-se dell’Istituto tecnico Daverio di Varese hanno argomentato la loro scelta di uscire dall’aula lunedì 17 novembre durante il minuto di si-lenzio per commemorare i morti della strage dei terroristi in Fran-cia. “Non ci sono razze di serie A o razze di serie B. - ha poi spie-gato una di loro - E poi il minuto di silenzio per tutti lo abbiamo fat-to lì fuori”.

È bastato che questa posizio-ne non omologata alla campagna islamofoba imperante nel paese trapelasse fuori dalle mura scola-stiche per farne un caso nazionale e gettare in un tritacarne mediatico e repressivo queste giovanissime studentesse, che subito i media hanno etichettato di origine maroc-china e di fede islamica (notizia fal-sa, visto che la preside ha precisa-to a più riprese che erano studenti di nazionalità diverse, incluso ita-liana, e religioni diverse.

A scatenare la caccia allo stu-dente islamico l’assessore fascio-

leghista alla polizia locale Carlo Piatti che ha subito sollecitato l’at-tenzione del prefetto. Sul fatto ha indagato la Digos e i carabinie-ri che però non hanno contestato alcunché dal punto di vista pena-le. Ma la canea islamofoba, che ha assunto i connonati di un vero e proprio linciaggio si è scatena-ta soprattutto sui media e sul web con alla testa il caporione dei fa-scioleghisti Salvini che ha invoca-to che le ragazze e le loro famiglie venissero immediatamente rimpa-triati (ma dove, se taluni sono citta-dini italiani?) o come il neofascista berlusconiano Maurizio Gasparri (“siamo alla follia queste persone devono essere immediatamente espulse”). Mentre, come avvoltoi, le troupe di due programmi delle reti di Berlusconi, Le Iene e Mat-tino5, si sono appostati all’uscita della scuola, per carpire dichiara-zioni sensazionali da parte degli studenti.

A mettere la parola fine alla go-gna mediatica in cui erano finite le studentesse ribelli, ma in defini-tiva tutta la scuola, ci hanno pen-sato tutti gli studenti del Daverio che venerdì 21, hanno organizza-to una manifestazione davanti alla loro scuola dove il minuto di silen-zio è stato ripetuto ma questa volta per tutte le vittime del terrorismo.

Articolo apparso sulla rivista dello stato islamico dabiq

“I crocIatI sI credevano al sIcuro mentre cI bombardavano”

Qui di seguito pubblichiamo la prima parte di un articolo ap-parso sul n°12 della rivista del-lo Stato islamico “Dabiq” (È il nome della cittadina siriana, vi-cino ad Aleppo, dove, secondo un detto attribuito a Maomet-to, avverrà nella storia lo scon-tro finale fra i musulmani e i cri-stiani).

I mezzi di informazione bor-ghesi usano bollare i combat-tenti dell’Is con i più infaman-ti degli epiteti, come quello di tagliagole, ma poi si guardano bene dal pubblicare anche un solo loro documento, se non distorcendone ad arte passi isolati. Sanno soltanto demo-nizzarli per impedire che emer-gano le vere ragioni della loro contrapposizione ai paesi im-perialisti. Il che conferma che la completezza e l’obiettività dell’informazione sono una fa-voletta per creduloni e soste-nitori della vantata superiorità della democrazia borghese.

Come abbiamo fatto sul nu-mero 43 de “Il Bolscevico”, quando abbiamo pubblicato il Comunicato con cui l’Is ha ri-vendicato gli attentati a Parigi, ora vogliamo proporre ai nostri lettori quest’articolo che spiega esaurientemente che le azioni dei combattenti islamici antim-perialisti sono la risposta diret-ta e immediata alla guerra sca-tenata dall’imperialismo contro lo Stato islamico, capeggia-ta in questo frangente dal tan-

dem Putin-Hollande. Ecco quali sono le vere ragioni che tutti i guerrafondai imperialisti e i loro tirapiedi nascondono.

Ribadiamo il nostro più fer-mo dissenso quando accusa-no l’intera popolazione russa e francese di essere formata da crociati e quindi la considerano indistintamente il bersaglio del loro intervento armato. Con ciò rischiano di agire specularmen-te ai veri crociati, ossia i gover-nanti imperialisti, quali Putin, Hollande, Obama e Renzi, e i circoli guerrafondai che sono i veri responsabili dei criminali e indiscriminati bombardamenti della capitale dello Stato isla-mico Raqqa. Non è inoltre con-divisibile il loro richiamo alla guerra di religione, ma ciò è as-solutamente secondario, rispet-to alla questione principale che è, in questi casi, l’unità nella lot-ta antimperialista.

Il testo inglese è comparso in https://azelin.files.wordpress.com/2015/11/the-islamic-sta-te-e2809cdc481biq-magazine-12e280b3.pdf

{Loro credevano che le loro fortezze li avrebbero difesi con-tro Allah. Ma Allah li raggiunse da dove non se lo aspettavano e gettò il terrore nei loro cuori: demolirono le loro case con le loro mani e con il concorso del-le mani dei credenti. Traetene dunque una lezione, o voi che avete occhi per vedere.} [Al-

Hashr: 2]I crociati divisi d’Oriente e

d’Occidente si credevano al si-curo nei loro jet mentre bom-bardavano i musulmani del Khi-lafah. {Vi combatteranno uniti solo dalle loro fortezze o dietro le mura} [Al-Hashr: 14]. Ma Al-lah ha decretato che la punizio-ne sarebbe caduta sui crociati guerrieri dove non se la sareb-bero aspettata. E così, gli attac-chi benedetti contro i russi e i francesi sono stati eseguiti con successo nonostante la guerra dell’intelligence internazionale contro lo Stato Islamico. È fuor di dubbio che ambo le nazio-ni crociate abbiano distrutto le proprie case con le loro stesse mani tramite la loro ostilità ver-so l’islam, i musulmani e l’orga-nismo musulmano del Khilafah.

Il “30 settembre 2015”, dopo aver sostenuto per anni gli ido-latri alawiti contro i musulmani del Nord, la Russia ha deciso di prendere parte alla guerra in via diretta, con la propria avia-zione. È stata una frettolosa de-cisione di arroganza da parte della Russia, come se ritenes-se che le sue guerre contro i musulmani del Caucaso non si-ano un’onta sufficiente. E così, dopo aver trovato un modo per eludere la sicurezza dell’aero-porto internazionale di Sharm el-Sheikh e dopo aver deciso di abbattere un aereo appar-tenente ad una nazione della coalizione occidentale guidata

dagli americani contro lo Stato Islamico, un aereo russo è sta-to assunto come nuovo bersa-glio. La bomba è stata portata segretamente a bordo dell’ae-roplano, portando alla morte di 219 russi e 5 altri crociati, appe-na un mese dopo la decisione sconsiderata della Russia.

Un anno prima, il “19 set-tembre 2014”, la Francia inizia-va con arroganza a lanciare at-tacchi aerei contro il Khilafah. Come la Russia, era accecata dalla superbia e convinta che la sua distanza geografica dalle terre del Khilafah l’avrebbe pro-tetta dalla giustizia dei mujahi-din. Non aveva capito nemme-no che l’offesa al Messaggero non sarebbe rimasta impuni-ta. Pertanto, lo Stato Islamico

ha inviato i suoi prodi cavalie-ri a portare la guerra nelle ter-re natie dei malvagi crociati, lasciando Parigi ed i suoi resi-denti “scioccati e sbigottiti”. Gli otto cavalieri hanno messo Pa-rigi in ginocchio, dopo anni di sfacciatezza francese contro l’islam. Le azioni di otto uomini armati solo di fucili d’assalto e cinture esplosive hanno provo-cato uno stato di emergenza su scala nazionale.

E così la vendetta è stata in-flitta su coloro i quali si senti-vano al sicuro nelle cabine dei loro jet.

La guida dei fedeli Abu Bakr al-Husayni al-Baghdadi (pos-sa Allah proteggerlo) ha det-to: “Nel nome di Allah, avre-mo vendetta! Nel nome di Allah, avremo vendetta! Anche se ci vorrà del tempo, avremo vendetta, e ogni ferita inflitta all’Ummah sarà ripagata a chi l’ha perpetrata in misura mol-to superiore. {Coloro che si di-fendono quando sono vittime dell’ingiustizia} [Ash-Shura: 39] Presto, ad Allah piacendo, ver-rà il giorno in cui il musulmano camminerà ovunque da padro-ne, con onore, riverito, a te-sta alta, la sua dignità preser-vata. Chiunque osi offenderlo sarà punito e ogni mano che gli arrecherà danno verrà ta-gliata. Sappia pure, il mondo, che viviamo oggi in una nuo-va era. Chiunque era disperso, ora deve stare in allerta. Chiun-

que era dormiente, ora deve ri-svegliarsi. Chi era scioccato e sbigottito ora deve capire. I musulmani oggi hanno una di-chiarazione forte e tonante da fare e possiedono stivali pe-santi. Hanno una dichiarazione da fare che costringerà il mon-do a sentire e capire il significa-to del terrorismo, e stivali che calpesteranno l’idolo del nazio-nalismo, distruggeranno l’idolo della democrazia e smasche-reranno la sua natura devian-te” [Messaggio ai mujahidin ed all’Ummah musulmana nel mese del Ramadan].

Sì, per Allah, il Khilafa si vendicherà di ogni aggressio-ne alla sua religione ed al suo popolo, il prima possibile. Che gli arroganti sappiano che i cieli e le terre appartengono ad Al-lah. {Disse Mosè al suo popolo: “Chiedete aiuto ad Allah e sop-portate con pazienza: la terra è di Allah ed Egli ne fa erede colui che sceglie tra i Suoi ser-vi. L’esito felice sarà per coloro che Lo temono} [Al-A’raf: 128].

E allora quando i crociati in-terromperanno le loro ostilità contro l’islam e i musulmani? Quando capiranno che il Khi-lafah intende restare? Quan-do riconosceranno che la so-luzione ai loro patetici disordini è proprio davanti ai loro ciechi occhi? Perché fino ad allora, il giusto terrore continuerà a col-pire al centro dei loro cuori af-fievoliti.

La copertina del n°12 della rivista dello Stato islamico “Dabiq”

�Dal nostro inviato specialeIn una Roma sferzata dal vento

e dalla pioggia sabato 21 novem-bre si è tenuta la manifestazione che la Fiom aveva indetto da tem-po. I temi erano il lavoro, il con-tratto nazionale, l’abbassamento dell’età pensionabile, per il diritto al reddito, alla salute e alla scuo-la pubblica. Giocoforza dopo gli attentati di Parigi del 13 novem-bre la manifestazione ha messo al centro anche altri obiettivi, ri-assunti nello striscione che apriva il corteo: “contro le guerre, io non ho paura”, e non l’hanno avuta le migliaia di lavoratori che sono af-fluiti nella capitale con oltre 200 pullman provenienti da tutta Italia.

La manifestazioneSicuramente c’è chi ha specu-

lato e ha remato contro questa ma-nifestazione cercando di boicot-tarla, nel tentativo d’impedire di rendere visibile il dissenso contro la guerra che, dopo i primi giorni di smarrimento creati da una tam-bureggiante propaganda imperia-lista di regime, si sta invece ma-nifestando in maniera sempre più diffusa tra i lavoratori e le masse popolari. Roma era praticamente blindata; oltre a un dispiegamen-to fatto di migliaia di poliziotti e carabinieri, si aggiungevano 700 militari messi a disposizione del Ministero dell’Interno guidato da Angelino Alfano. Nelle stazioni della metropolitana uomini dell’e-sercito armati di fucili automatici, per le vie della città i colori mime-tici delle camionette e di altri mez-zi dell’esercito.

I manifestanti hanno sfidato falsi allarmi bomba nella metro e chi ventilava possibili attacchi chimici e batteriologici. Partico-

larmente odiosa la campagna di giornali e mezzi d’informazione che diffondevano paura inducen-do chi voleva andare a Roma il 21 novembre a rinunciare. Si sono distinti in questa opera il megafo-no del governo Renzi “la Repub-blica” e il quotidiano web diretto da Lucia Annunziata e dello stes-so gruppo Espresso, L’ Huffington Post. Quest’ultimo alcuni giorni fa titolava: “Fiom: ma in molti disdi-cono per paura”. Tutto questo cli-ma, più indotto che reale, non ha sicuramente favorito la parteci-pazione, pur non raggiungendo la presa che si voleva sui metalmec-canici della Cgil. Certo la Fiom si poteva sforzare un po’ di più per contrastare questa propaganda.

Le stesse avverse condizio-ni meteorologiche hanno influito su una più alta partecipazione e il maltempo previsto, puntualmente è arrivato ma piazza della Repub-blica, luogo del concentramento, si è riempita lo stesso di bandiere. Il rosso è stato il colore dominante portato in gran parte dalla Fiom. Il grosso dei partecipanti era rappre-sentato dai metalmeccanici prove-nienti dai poli industriali delle re-gioni del Nord: Brescia, Bergamo, Milano, Mantova, Padova, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna, anche dal centro-sud sono comunque arrivati migliaia di partecipanti.

Mentre la classe operaia ha marcato la sua presenza, la Coali-zione Sociale, “il soggetto” politi-co voluto da Landini, alla prova dei fatti si è dimostrata inconsi-stente e i gruppi, comitati, movi-menti e singole personalità che avevano appoggiato il progetto si sono dileguate lasciando la Fiom praticamente da sola, anche se non sono mancate presenze interessate

a farsi vedere in piazza ad esclusi-vo scopo elettorale come gli espo-nenti di Sinistra Italiana, il nuovo gruppo nato da SeL e da vari fuo-riusciti del PD.

A contrastare chi voleva im-porre la paura e il clima di unità nazionale sotto le bandiere della “guerra al terrorismo” ci ha pensa-to il combattivo corteo a cui hanno partecipato moltissimi lavoratori immigrati. Scritte contro la guer-ra, le spese militari ma anche per il contratto, contro il Jobs Act e gli attacchi ai diritti dei lavoratori. Tanti i cori contro il governo Ren-zi e il PD, più volte si sono sentiti slogan che richiedevano a gran voce lo sciopero generale. Nono-stante il rispetto per i morti di Pa-rigi l’invito del governo a calzare l’elmetto è stato respinto al mit-tente da un corteo vivace e colora-to, dove non sono mancati la mu-

sica e i balli dei migranti.

Il discorso di LandiniIn piazza del Popolo era mon-

tato il palco per gli interventi fi-nali, a causa del mal tempo in ve-loce peggioramento i 15 interventi previsti sono stati ridotti a tre o quattro. Lo stesso intervento con-clusivo di Landini è stato drastica-mente tagliato perché quando ha preso la parola il segretario della Fiom si è scatenato un vero e pro-prio diluvio. Questo però non può giustificare il suo insoddisfacente discorso, sia sul piano politico che sindacale.

Landini si è barcamenato tra il rifiuto della guerra e la lotta al ter-rorismo, facendo un discorso poco convincente. “Il mondo del lavoro è contro il terrorismo e contro le guerre”, denunciando come que-sto clima possa mettere a repenta-glio la convivenza e l’accoglienza verso i migranti. “La guerra non può essere la soluzione, dopo l’11 settembre si rispose con la guerra, e il risultato è che è nato l’Isis”. Affermazioni parziali che avval-lano l’idea che i Paesi capitalisti dell’Occidente sbagliano strate-gia, ma alla fine sono dalla parte della ragione.

“C’è qualcuno che vende armi e compra petrolio dai terroristi, quindi il primo embargo da fare è economico”, questa è la massima accusa fatta ai governi interventi-sti. Una denuncia fin troppo debo-le che elude la questione principa-le ovvero l’imperialismo. Manca totalmente la denuncia dell’impe-rialismo come causa principale dei conflitti in corso, guerre che han-no la loro origine nelle politiche di Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Italia, portate avanti soprat-tutto con le armi, o su un piano più economico come fanno Germania

e Unione Europea che s’ingerisco-no negli affari dei paesi del Medio Oriente, Africa, Asia e ovunque ci sia da salvaguardare i loro interes-si economici e geopolitici.

Come sostiene il PMLI è la barbarie dell’imperialismo che ge-nera barbarie, gli attentati di Pari-gi che hanno causato vittime in-colpevoli, sono una conseguenza di questa politica di dominio. Al-trimenti ci accodiamo a Hollande che afferma che il 13 novembre è stata dichiarata “guerra all’oc-cidente”, quando gli interventi in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria dimostrano piuttosto che è sta-to l’imperialismo a dichiarare da tempo guerra ai popoli e a tutti co-loro che non fanno i loro interes-si. La stessa Francia interviene a suo piacimento con le armi in Co-sta d’Avorio, Burkina Faso, Mali, Ciad, Niger, Centrafrica da decen-ni. Landini avrebbe dovuto quan-tomeno chiedere il ritiro di tutti i militari italiani che operano fuori dai nostri confini nazionali, altri-menti si accredita chi come Ren-zi vuole camuffare le missioni di guerra come operazioni di pace.

Dal palco ha parlato anche una rappresentante della Cgt, il mag-giore sindacato francese. Ha cri-ticato Hollande per le restrizioni alle libertà democratiche e ha sot-tolineato il fatto che la Francia è il secondo esportatore mondiale di armi dopo gli Usa e più di Russia e Cina: “Veniamo da anni di mol-teplici interventi militari in Iraq, in Siria, in Libia, Lungi dal portare la democrazia in quei luoghi, alimen-tano la catena dei conflitti, dell’o-dio, portano la crisi. La Francia ha deciso di scendere in guerra ma la Francia è anche il secondo pa-ese esportatore di armi nel mondo, prima di Russia e Cina”. Ma an-che qui, specie alla luce dei fatti in Mali avvenuti il giorno prima, ci si poteva aspettare una critica più convinta, in particolare ver-so la politica neocoloniale portata avanti dal suo Paese con qualsia-si governo, destra o “sinistra”, che invece non è arrivata.

Tornando a Landini, il suo di-scorso si è concluso toccando i temi di politica interna che era-no originariamente al centro del-

la manifestazione. Ha definito “sbagliata” la Legge di Stabilità (cioè la vecchia finanziaria), che ha avuto il suo primo passaggio al Senato nel più assoluto silen-zio, notizia quasi completamen-te oscurata dall’assordante propa-ganda di questi giorni che ha dato spazio solo alla caccia al terrori-sta, ai tamburi di guerra, al richia-mo all’unità nazionale ed europea nel nome della “lotta al terrori-smo”. Landini ha auspicato il rin-novo dei contratti e ha rivendicato l’età pensionabile a 41 anni per chi ha iniziato a lavorare presto, invi-tando Cisl e Uil a una mobilitazio-ne unitaria per una riforma della Legge Fornero.

Nessun richiamo però allo sciopero generale nazionale con-tro il governo Renzi, la sua poli-tica economica e sociale verso i lavoratori e le masse popolari e le sue controriforme piduiste e ne-ofasciste. Al suo posto ha invo-cato il referendum contro il Jobs Act e un nuovo Statuto dei Lavo-ratori che ampli le tutele anche ai precari. Senza scioperi e mobili-tazione però si finisce per sostitu-ire la lotta referendaria e legisla-tiva alla lotta di classe. Posizioni che rispecchiano la “pace” ormai raggiunta con la Camusso, non a caso presente accanto a lui rilas-sata e fino all’ultimo, diversamen-te dal passato dove si era mostrata fredda e contrariata. Per tutti que-sti motivi reputiamo il discorso di Landini al di sotto delle aspettati-ve della stessa piazza, sia sul pia-no politico che su quello sindaca-le.

Il PMLIAlla manifestazione della Fiom

ha partecipato anche una delega-zione nazionale del PMLI diretta da Alessandro Frezza. Pur non es-sendo particolarmente numeroso il gruppo di compagni, composto in buona parte da giovani, ha fatto con impegno tutto quanto era nelle sue possibilità, dimostrando gran-de combattività. Ancora una volta viene confermato che le manife-

12 il bolscevico / manifestazione Fiom a Roma N. 44 - 3 dicembre 2015

Manifestazione organizzata dalla Fiom in una città blindata e con l’esercito per le strade

A RomA contRo lA gueRRA e lA politicA economicA

del goveRno RenziLandini si barcamena tra contrarietà alla guerra e lotta al “terrorismo”. Insoddisfacente discorso politico e

sindacale. La delegata della Cgt francese: “la guerra non è la risposta”. Richiesto a gran voce lo sciopero generaleL’appLaudIta deLegazIone deL pMLI guIdata da aLessandRo FRezza

tIene aLta La bandIeRa deLL’antIMpeRIaLIsMo

SEGUE IN 13ª ë

Roma, 21 novembre 2015. Il compagno Alessandro Frezza guida la delegazione nazionale del PMLI (foto Il Bolscevico)

Roma, 21 novembre 2015. Parte della delegazione nazionale del PMLI (foto Il Bolscevico)Roma, 21 novembre 2015. Pace ritrovata tra Maurizio Landini, segre-tario generale FIOM, e Susanna Camusso, segretaria generale CGIL

stazioni con larga partecipazione delle masse operaie e lavoratrici sono generalmente tra quelle dove il Partito si muove come un pesce nell’acqua.

Fin dall’arrivo dei primi com-pagni in piazza della Repubblica si è subito dimostrata apertura nei nostri confronti. Tra coloro che si sono avvicinati c’è stato un ope-raio dell’Ilva di Genova che ha ri-chiesto una delle nostre locandine contro Renzi che portavamo nei corpetti e ha acquistato una nostra spilla mentre un lavoratore della provincia di Varese si è detto di-sponibile a far circolare nella sua fabbrica i nostri volantini. Diffusi diverse copie de “Il Bolscevico”.

La nostra delegazione è entra-ta senza problemi nella parte ini-ziale del corteo mentre gli altri partiti sono rimasti ai margini e in coda al corteo. Con le bandie-re rosse dei Maestri e del Partito, i corpetti, i cartelli contro il gover-no Renzi, la nostra delegazione è

stata ancor più di altre volte super-fotograta. Qualcuno ci ha chiesto di poter essere immortalato con il nostro cartello in mano. Incessan-temente dal megafono sono sta-ti lanciati i nostri slogan. Quelli contro il Jobs Act, per il ripristino dell’articolo 18 e il richiamo allo sciopero generale con manifesta-zione a Roma sono stati rilanciati anche dagli spezzoni che avevamo davanti e dietro di noi. Lo stesso vale per le canzoni proletarie, Bel-la Ciao, Bandiera Rossa e l’Inter-nazionale. Al nostro passaggio ab-biamo visto anche molte persone applaudire in segno di approvazio-ne per la nostra “coreografia” e la nostra combattività. Un lavoratore si è avvicinato e ci ha detto “siete i più forti di tutta la manifestazio-ne”. Lanciato con forza e ripetu-tamente lo slogan “Italia in guer-ra NO”

Dobbiamo registrare però un brutto episodio nei nostri con-fronti da parte dal servizio d’or-dine della Fiom, o meglio di una parte di esso. Dopo essere arriva-ti da poco in piazza San Giovan-ni, più di un compagno è stato in-

vitato a spostarsi adducendo come giustificazione la nostra posizio-ne che copriva con le bandiere e i cartelli le riprese del palco. In prima fila però, dove vi erano al-cuni compagni, i modi sono stati molto aggressivi nonostante il no-stro atteggiamento collaborativo. Fino a quando un elemento, spal-leggiato da altri due, ha strattona-to la nostra bandiera fino sfilar-la e facendo cadere a terra l’asta. Di fronte alle nostre proteste e allo stupore dei lavoratori presenti me-ravigliati dall’arroganza mostrata in particolare da un elemento, già conosciuto per gesta analoghe a Milano, ci è stato restituito tutto e alla fine i compagni si sono rimes-si nella stessa posizione fino alla fine della manifestazione.

I dirigenti nazionali con alla testa il compagno Giovanni Scu-deri hanno ringraziato tutti i par-tecipanti per aver “trasmesso ai manifestanti una bella immagi-ne politica e organizzativa del PMLI... ricavandone degli apprez-zamenti, degli incoraggiamenti e persino degli applausi. A riprova della giustezza della linea del Par-tito e dei buoni rapporti che abbia-mo con la classe operaia, in parti-colare con i metalmeccanici.” La lettera di ringraziamento si chiu-de con un incitamento a conti-nuare “a tenere ben alta la nostra bandiera antimperialista e antigo-vernativa, decuplicando gli sfor-zi affinché un numero sempre più grande di anticapitalisti nemici del governo Renzi si unisca attorno ad essa.”

Denunciamo infine che il sa-botaggio e l’oscuramento media-tico è continuato anche durante e dopo la manifestazione. Le tele-visioni hanno relegato a pochi se-condi di filmati e a stringati com-menti l’iniziativa della Fiom che ha trovato assai meno spazio di quella organizzata contro il terro-

rismo da alcune associazioni isla-miche a Roma e Milano, manife-stazioni auspicate dal governo, dalle istituzioni e dalla destra. De-stra borghese che sperava in una scarsa partecipazione per poi ac-cusare i musulmani di essere tut-ti dei fiancheggiatori dei terroristi, cosa che poi è puntualmente avve-nuta. Lo stesso discorso vale per i quotidiani, sulle prime pagine del giorno dopo non c’è traccia della manifestazione dei metalmecca-nici ad esclusione de il manifesto trotzkista, ma con un titolo come al solito fuorviante e che non in-terpreta il vero sentimento dei par-tecipanti che hanno voluto dire no alla guerra e alla politica antiope-raia del governo del nuovo duce Renzi che affama e toglie i diritti ai lavoratori.

N. 44 - 3 dicembre 2015 accordo Usa-Cina sulle emissioni / il bolscevico 13Verso La conFerenza onu dI ParIgI suL rIscaLdaMento cLIMatIco

L’accordo usa cina sulle emissioni prefigura un vertice tutto interno al capitalismo

A pochi giorni dall’inizio del-la Conferenza dell’ONU di Parigi sul clima alla quale parteciperan-no più di 190 paesi di tutto il mon-do, prevista per il 30 novembre prossimo con l’obiettivo di rag-giungere un accordo globale sulla riduzione dei gas serra, l’attenzio-ne di tutti i media internaziona-li è stata concentrata dalla fine di settembre a celebrare l’accordo USA-Cina sul clima. Entrambi i paesi sono responsabili del 45% delle emissioni di CO2 del mon-do; la Cina è attualmente il primo “emettitore” ma in prospettiva sto-rica, è responsabile solo del 7,6% contro il 30% del totale che spet-ta agli USA. In questo contesto si inserisce la decisione dell’UE che ha recentemente deliberato il ta-glio del 40% delle emissioni di gas serra entro il 2030, avendo come base i dati del 1990.

Il socialimperialismo cinese ha dichiarato di voler portare entro il 2030 al 20% del totale (ora 10%) l’energia prodotta senza l’utiliz-zo di combustibili fossili; inoltre, considerando inappropriatamen-te il nucleare al pari delle rinno-vabili, sostiene di poter sviluppa-re oltre 1.000 gigawatt di energia “pulita”. In ultimo, ma non per importanza, il presidente XI Jin-ping ha affermato che sono pronti ben 3 miliardi di dollari al suppor-to di iniziative “green” nei paesi in via di sviluppo che noi leggiamo

come una ulteriore iniezione d’in-fluenza economica neoimperia-lista del colosso asiatico, più che aiuti a soddisfare esigenze di pro-gresso. Gli USA hanno invece an-nunciato di voler ridurre le emis-sioni di gas serra del 25-28% entro il 2025, sulla base dati 2005.

L’annuncio dell’avvenuto ac-cordo è stato salutato da un plauso unanime; anche il segretario ge-nerale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha speso parole al mie-le per elogiare quello che è stato definito come un “importante con-tributo all’accordo sul clima che sarà raggiunto a Parigi”. In realtà nell’accordo la riduzione annun-ciata da Obama prende come base il 2005, anno di massime emissio-ni, mentre la convenzione Onu sui cambiamenti climatici, ratifica-ta anche dagli Usa, indica come anno di riferimento il 1990, quan-do le emissioni erano ben più bas-se. Inoltre, a guardar bene, la ridu-zione riguarderebbe solo il settore elettrico. Il risultato, secondo al-cuni studiosi di settore, sarà che gli Stati Uniti al 2030 aumente-ranno del 4% le loro emissioni ri-spetto al 1990, e altri paesi, visto l’esempio, hanno già annunciato simili “finte riduzioni”.

Anche un altro punto fermo degli accordi internazionali fin qui raggiunti qual è il limite dei 2 °C massimi di aumento delle tempe-ratura media globale, desta per-

plessità poiché quello non è un limite fissato dai climatologi che costantemente lanciano l’allarme del riscaldamento globale; il li-vello in realtà si basa sulle stime dei costi rivenienti dal limitare le emissioni da combustibili fossili fatti dall’economista inglese Ni-cholas Stern, secondo le quali fer-marci a 450 ppm è il limite massi-mo a cui ci si può spingere senza bloccare lo sviluppo economico mondiale. Di fatto una stima oltre la quale non può andare il modello di sviluppo e di produzione capi-talistico e non un limite necessario per salvaguardare veramente il no-stro pianeta, le risorse e la natura. Da un punto di vista climatologi-co, dunque, nessuno sa con certez-za se sia un limite ragionevole o meno e nonostante i 450 ppm sia-no solo un compromesso aleatorio, l’unica certezza è che al momento le misure annunciate non arrivano al 60% di quanto necessario per non superare quel limite.

Verso Parigi 2015. cochabamba e le

accuse al capitalismoCon queste premesse, mosse per

mano dei due principali paesi re-sponsabili del cambiamento clima-tico, tante associazioni diverse per storia, cultura, obiettivi e ragioni sociali, in Italia e in tutto il mondo,

guardano con fiducia alla conferen-za di Parigi con un unico obiettivo: contrastare i cambiamenti climatici dando vita a una coalizione aperta a tutti quelli che condividono l’obiet-tivo di costruire iniziative e mobi-litazioni comuni e diffuse, così da raggiungere la massima sensibiliz-zazione possibile sulla lotta ai cam-biamenti climatici.

Al centro degli obiettivi indivi-duati dalla Coalizione Italiana per Parigi 2015 (sorta da un insieme di oltre 50 associazioni ambienta-liste italiane), quello di favorire la conversione del modello agricolo verso il biologico valorizzando il contributo dell’agricoltura alla ri-duzione delle emissioni, per bloc-care il programma governativo di sviluppo delle trivellazioni, per avviare la costruzione nei diver-si settori industriali di un modello produttivo che acceleri la transi-zione energetica in corso, garan-tendo i livelli occupazionali, per un futuro pulito, efficiente e rin-novabile.

Anche a livello mondiale l’ar-gomento è al centro di un grande dibattito culturale, sociale e poli-tico; testimonianza ne è anche il “Vertice dei popoli sull’ambien-te” che si è tenuto a Cochabam-ba, in Bolivia nella metà dell’ot-tobre scorso che ha denunciato in maniera chiara e forte che la re-sponsabilità del cambiamento cli-matico è totalmente da attribuirsi

al capitalismo. Fra i punti fonda-mentali del documento, la neces-sità di adottare un nuovo modello globale senza consumismo, guer-re, mercantilismo, capitalismo e imperialismo ma proiettato verso la costruzione ed il consolidamen-to di un nuovo ordine mondiale basato sul “viver bene” e il no sec-co all’aumento del debito estero dei paesi del Sud del mondo.

Nonostante una carta di tan-te buone intenzioni e di preziose e giuste denunce verso il capitali-smo e l’imperialismo, perfino al-cuni suoi promotori si chiedono, pur rimanendo possibilisti, se il vertice di Parigi potrà soddisfare certe richieste. Parla così il sin-daco di Bogotà, delegato per la Colombia: “Abbiamo proprio bi-sogno del discorso politicamente corretto dell’ONU? Meglio sareb-be convocare a Parigi le molti-tudini dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e rilanciare una nuova Comune, come quella di Parigi in cui è nata la parola socialismo. Oggi è cominciata una nuova era e a Parigi può esserci una nuova op-portunità.”

Naturalmente sappiamo bene che tutti i richiami al socialismo sono strumentali poiché nei pae-si dell’America latina, ed in par-ticolare in quelli che hanno avu-to un ruolo di primo piano nella Conferenza come Venezuela, Bo-livia, Uruguay e Colombia, il so-

cialismo è al momento un mirag-gio anche nelle rivendicazioni di quei partiti che lo utilizzano nel proprio vocabolario. Rimangono interessanti comunque alcune de-nunce dirette senza giri di parole agli effettivi responsabili del ri-scaldamento globale e delle rapi-ne energetiche dei già poveri paesi del Sud del mondo, quali sono il profitto al centro di una economia capitalista ed imperialista.

Seguiremo con attenzione l’e-volversi dei lavori anche se sia-mo certi che le aspettative osten-tate dai capi di governo del Sud del mondo non potranno avere soluzione alla conferenza di Pa-rigi poiché è proprio il capitali-smo che ha bisogno di continuare a legittimarsi con l’avallo di tut-ti i governi, ivi inclusi quelli che egli rapina ed affama con l’impe-rialismo. Le premesse quindi de-lineano l’ennesima grande parata di grandi proclami e scarsi risul-tati, che ha come scopo principale quello di mantenere costanti i rap-porti internazionali e sociali, e su-balterni i numerosi paesi in “in via di sviluppo”, al pugno di paesi ca-pitalistici industrializzati imperia-listi. La soluzione anche sul tema dell’ecologia e dell’ambiente esi-ste e si chiama socialismo, quel-lo reale che si basa sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao; il che non è certo materia trattabile alla conferenza ONU di Parigi.

ë DALLA 12ª

Roma, 21 novembre 2015. Alcuni membri della delegazione nazionale del PMLI: da sinistra Angelo Urgo, Alessandro Frezza, Antonella Casalini e Andrea Cammilli, Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI (foto Il Bolscevico)

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

2628

Usb - Cub - Cat - Sciopero 24 ore personale F.S. SpA, Trenitalia SpA, Rfi SpA, Trenord Srl

Cgil - Cisl - Uil - Manifestazione nazionale a Roma lavoratori pubblico impiego

NOVEMBRE

10Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt Trasporti, Ugl-TA, Flai-Ts, Usb-Lp Cub - Sciopero trasporto Aereo, Sea SpA- Aziende di

Handling Aeroporti Italiani

DICEMBRE

Roma, 21 novembre 2015. Due combattive compagne della delegazio-ne nazionale del PMLI (foto Il Bolscevico)

14 il bolscevico / contro la “buona scuola” N. 44 - 3 dicembre 2015

Continua la rivolta Contro la “Buona sCuola”

Migliaia di studenti in piazza per lo sciopero generale dei “sindacati di base” del 13 novembre e per la “giornata dello studente” del 17 novembre. Annunciate nuove occupazioni. Cariche poliziesche a Napoli e Milano. Solidarietà del PMLI

Serve uN uNICo grANde MovIMeNto StudeNteSCo Per bAttere LA “buoNA SCuoLA” e ferMAre LA guerrA IMPerIALIStA

Le studentesse e gli studen-ti sono tornati in piazza in tut-ta Italia per far sentire forte e chiara la loro opposizione alla “Buona scuola” e dire a Renzi e Giannini che la protesta non è assolutamente finita, anzi, si sviluppa e si rilancia a livello nazionale come in tante situa-zioni locali, prendendo ora di mira anche la legge di stabilità, che prevede 660 milioni di tagli all’istruzione pubblica.

Lo sciopero del 13 novembre

Migliaia di studentesse e studenti sono scesi in piazza venerdì 13 novembre, in oc-casione dello sciopero genera-le della scuola proclamato da Cobas, Unicobas, Anief e Cub per chiedere la “stabilizzazio-ne di tutti i precari” e “risorse vere, non elemosine, per il rin-novo contrattuale”. Una gior-nata estremamente importan-te, insomma, perché si trattava dell’unico sciopero della scuola convocato contro la legge 107 e la legge di stabilità, in netta contrapposizione alla passività del vertice della CGIL. A Roma lo sciopero è stato portato fin sotto il ministero dell’Istruzio-ne in viale Trastevere da 7mila docenti e studenti, ma il go-verno, con il solito piglio mus-soliniano, se n’è fregato della piazza e ha addirittura accusa-to studenti e insegnanti di scio-perare “contro le assunzioni” (così la deputata Malpezzi).

Secondo Cobas Scuola, con un’adesione del 25% no-nostante il boicottaggio dei principali sindacati (CGIL, CISL, UIL, Snals e Gilda), sono stati “un ottimo sciope-ro e una bellissima manife-stazione” che hanno mandato “un segnale chiaro al governo e anche a quei lavoratori/trici che oggi sono andati a scuola: la partita contro la cattiva scuo-la di Renzi non è terminata”.

Come già era avvenuto il 2 ottobre, contro gli studenti sce-si in piazza nel resto d’Italia si è scatenata la furia repressiva delle “forze dell’ordine”, poste a difesa dei palazzi del capitale e del governo. A Napoli gli stu-denti sono stati manganella-ti perché si stavano dirigendo verso la Confindustria parteno-pea e due ragazzi di 18 e 22 anni sono stati portati in que-stura e denunciati per resisten-za, violenza e manifestazio-ne non autorizzata. Lo stesso trattamento è stato riservato a Milano al corteo studentesco che marciava dietro lo striscio-ne “Contro gerarchie e scuole azienda, resistiamo alla buo-na scuola”, brutalmente cari-cato non appena ha tentato di raggiungere la locale sede del MIUR; un insegnante di 50 anni e una ragazza di appena 18 sono stati feriti alla testa.

Tramite un tempestivo co-municato, pubblicato sul nu-mero scorso de Il Bolscevico, la Commissione giovani del CC del PMLI ha condannato le cariche, espresso solidarie-tà militante ai feriti e chiesto l’immediato rilascio dei ferma-ti. “Ormai – vi si legge – è chia-ro che il nuovo duce Renzi ri-sponde alla protesta solo con la repressione neofascista. Il suo governo del manganello va cacciato via”.

Manifestazioni si sono svol-te anche nelle altre principa-li città italiane, fra cui Torino, dove è stata data alle fiamme una bandiera del PD.

Le manifestazioni del 17 novembre

Manifestazioni, assemblee, flash mob e tante altre inizia-tive si sono svolte martedì 17 novembre dietro striscioni ros-si “Vogliamo tutto per tutti”, in occasione della giornata inter-nazionale dello studente, che ricorda i massacri degli stu-denti cecoslovacchi ad ope-ra dei nazisti nel 1939 e degli studenti cileni da parte di Pino-chet nel 1973.

A Roma 2mila studenti han-no raggiunto il MIUR dopo che la questura aveva inizialmen-te revocato il permesso di ma-nifestare dietro il pretesto del-l’“antiterrorismo” (a riprova del vero significato delle paventa-te “leggi speciali”). In tante al-tre città gli studenti hanno te-nuto assemblee sul diritto allo studio e inscenato flash mob, come a Milano, dove hanno rovesciato carriole di macerie davanti a palazzo Marino per chiedere investimenti nell’edi-lizia scolastica.

Importante e variegata la piattaforma della protesta del 17, le cui rivendicazioni princi-pali andavano da più fondi per il diritto allo studio al ritiro dei tagli contenuti nella legge di stabilità, dall’accoglienza per tutti i profughi e i migranti in fuga da guerra e povertà al riti-ro dello “Sblocca Italia”.

In conclusione, un’altra giornata importante nella ri-volta contro la “riforma” Renzi-Giannini, al termine della quale sono state annunciate nuove occupazioni.

Il PMLI ha preso parte a di-verse manifestazioni. A Roma un gruppetto non identificato ha provocato i nostri compagni con insulti per la posizione del Partito sull’IS.

Unirsi contro la “Buona scuola” e la guerra

imperialistaRipetendo un fenomeno

purtroppo non insolito nelle recenti mobilitazioni studen-tesche, quindi, si sono svolte separatamente due giornate

di lotta, una con la partecipa-zione degli autonomi, dei cen-tri sociali e di collettivi, l’altra organizzata dai sindacati stu-denteschi. Naturalmente le for-ze scese in campo avevano li-nee e piattaforme diverse, ma l’obiettivo delle masse studen-tesche che le hanno seguite, nonché della loro base, è uno solo: opporsi alla “Buona scuo-

la” e ai tagli contenuti nella leg-ge di stabilità.

Su questa base è possibi-le, urgente e necessario unir-si, ciascuno conservando la propria autonomia organizza-tiva, ma elaborando iniziative, date, rivendicazioni il più pos-sibile unitarie, discusse e deci-se dal basso, cercando di dare vita ad un unico, grande e for-

te movimento studentesco. Va anche discussa una linea po-litica, programmatica e riven-dicativa comune, perché ora si avverte moltissimo l’assen-za di una direzione chiara e condivisa. Lo strumento ideale per fare tutto questo, già spe-rimentato in passato e in par-ticolare nel Sessantotto, sono le assemblee generali delle

studentesse e degli studenti di ogni scuola e ateneo, dove confrontarsi sugli indirizzi po-litici, programmatici e organiz-zativi in modo da raggiungere la massima intesa possibile. Altrimenti si disperdono le for-ze e l’iniziativa resta nelle mani del governo.

Alle coraggiose studentesse e ai coraggiosi studenti, così come a tutti i giovani antifasci-sti e antimperialisti del nostro Paese, spetta anche il compi-to di opporsi con tutte le loro forze alla barbarie della guer-ra imperialista. Da parte loro va respinto risolutamente l’appel-lo della classe dominante bor-ghese e del suo governo all’u-nità nazionale nel nome di una “democrazia” e “libertà” che le stesse manganellate di venerdì 13 novembre hanno dimostrato essere ipocrite e false. Non bi-sogna cedere alla propaganda del governo imperialista di Ren-zi che fa passare gli aggresso-ri per aggrediti e viceversa, ma scendere in piazza, organizza-re assemblee e persino occu-pare le scuole e le università per difendere la pace, rifiutarsi di diventare carne da cannone e così evitare che il nostro Pa-ese venga esposto al rischio di attentati terroristici.

Il 17 novembre cortei degli studenti in tutta Italia. A Roma il corteo programmato dagli organizzatori della “Rete del-la conoscenza” era stato an-nullato alle 9 dalla questura di Roma, appena mezzora prima dell’inizio del concentramento a Porta San Paolo, davanti alla stazione della metropolitana Piramide. La causa dell’annul-lamento sarebbe dovuta all’au-mento delle misure restrittive sulle manifestazioni e sulla si-curezza dopo gli attentati di Parigi che ha reso Roma una città militarizzata.

Il tempo trascorreva con circa 400 studenti radunati in piazza che a suon di slogan chiedevano di partire. Final-mente alle 11 dopo una tratta-tiva tra organizzatori e “forze dell’ordine” è stato ottenuto il permesso di svolgere il corteo.

Il PMLI era presente con la Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma. I compagni indossa-

vano i corpetti con il manifesto “Per avere una buona scuo-la occorre che essa sia gover-nata dalle studentesse e dagli studenti”. Inoltre, un po’ con-tro i pronostici, è stato possibi-le tenere alta la rossa bandiera del Partito senza creare malu-mori tra gli organizzatori.

La bandiera del PMLI era l’unica presente in tutta quan-ta la manifestazione ed è sta-ta notata con grande interesse da alcune studentesse di Fra-scati che hanno chiesto di po-terla sventolare dietro al loro striscione.

Proprio in questo spezzo-ne del corteo che raccoglieva gli studenti medi dei Castel-li Romani, è nata anche una proficua discussione con uno studente che ha confidato di seguire il sito internet del PMLI sempre con molto interesse, e con molta franchezza e umiltà ha espresso le sue perplessi-tà riguardo la nostra posizione

sullo Stato islamico in chiave antimperialista. Nonostante la distanza di posizioni lo studen-te ha comunque rispettato la nostra spiegazione con l’inten-zione di approfondire meglio l’argomento alla luce dei nuovi accadimenti.

Negli altri spezzoni gli stri-scioni più rilevanti scrivevano: “Free Education” alla testa del corteo e “no Buona scuola, no Austerità”. Lo slogan ripetu-to più volte è stato: “Contro la scuola dei padroni, dieci cento mille occupazioni”.

Il corteo scortato da ingen-ti forze di polizia ha percorso una strada certamente anoma-la e isolata per raggiungere a mezzogiorno il ministero dell’i-struzione. Qui terminava il cor-

teo, gli studenti hanno mostra-to gli striscioni sulla scalinata e da un furgoncino sono stati fat-ti alcuni interventi.

Proprio sul finire della ma-nifestazione i compagni del PMLI sono stati avvicinati da un gruppetto di provocato-ri che hanno iniziato a insul-tare il Partito per la posizione sull’IS. Dagli insulti si è passati agli spintoni e a un finto sputo seguito da gravi epiteti. Anco-ra una volta questi provocatori cercavano solamente lo scon-tro fisico senza provare nem-meno ad affrontare la questio-ne. Bravi ancora una volta i compagni a non cadere nella trappola delle provocazioni e a portare a termine la manife-stazione.

Romatanti striscioni contro la “buona scuola”

di renzi. Molto interesse da parte degli studenti verso il PMLI. Alcune studentesse

di frascati chiedono di sventolare la bandiera marxista-leninista. un gruppetto di provocatori spintona e insulta i nostri

compagni per la posizione antimperialista

Roma, 17 novembre 2015. Il corteo studentesco assedia il Ministero dell’Istruzione (foto Il Bolscevico)

Milano, 13 novembre 2015. Un aspetto della manifestazione degli studenti

N. 44 - 3 dicembre 2015 contro la “Buona scuola” / il bolscevico 15

MILANOViolente cariche poliziesche contro gli studenti

in lotta. La squadra di propaganda diffonde l’Appello della Commissione giovani del CC

del PMLI: “Insegnanti e studenti unitevi contro la ‘Buona scuola’ neofascista e il sapere

borghese”

cAtANIADuemila in piazza contro la “Buona scuola”

e per il diritto alla casa. Il PMLI accolto con entusiasmo dagli studenti

PALERMOGrande manifestazione. Iniziate le

occupazioni. Alcuni studenti chiedono di portare la bandiera del PMLI

durante il corteo

�Redazione di MilanoVenerdì 13 novembre a cen-

tinaia sono scesi in piazza gli studenti medi ed universitari di Milano e provincia per il corteo milanese in occasione dello sciopero nazionale della scuo-la indetto da CUB, UniCobas, ANIEF e Cobas.

La manifestazione milanese è partita da piazza Cairoli ed è stata organizzata da Rete Stu-denti Milano, Casc Lambrate,

Collettivo Bicocca e Dillinger Unimi.

Tra gli studenti era attiva la squadra di propaganda del-la linea studentesca marxi-sta-leninista composta da gio-vani militanti e simpatizzanti della Cellula “Mao” di Milano del PMLI che ha diffuso centi-naia di copie di un volantino ri-portante l’Appello della Com-missione giovani del CC del PMLI: “Insegnanti e studenti, unitevi contro la ‘Buona scuola’ neofascista e il sapere borghe-se”, che ha suscitato interesse e discussione coi nostri com-pagni ai quali sono stati chiesti anche chiarimenti in merito alla nostra posizione antimperiali-sta a proposito dello Stato isla-mico ed in generale sull’attuale conflitto in Medioriente.

“Contro gerarchie e scuo-le azienda resistiamo alla buo-na scuola” si leggeva sullo stri-scione d’apertura del corteo mentre su alcuni cartelli: “No al preside sceriffo”.

Non sono mancate le prote-ste contro i fascisti (“Fuori dalle scuole i fascisti” davanti al liceo Tenca in Porta Volta) e la Chie-sa cattolica con striscioni con-tro l’arcivescovado (“Bertone, pagaci le rette”), in riferimento

ai recenti scandali in Vaticano per l’uso improprio dei soldi per la carità.

Il corteo si è diretto verso gli uffici del ministero dell’istruzio-ne (MIUR) in via Pola, dove gli studenti hanno trovato un cor-done di polizia, con due file in tenuta antisommossa. Gli or-ganizzatori hanno iniziato una contrattazione con le forze dell’ordine. Sul ponte di via Fa-rini striscione che recita “Il la-

scito di Expo 2015: debito, ce-mento, lavoro gratis”.

Violente cariche della polizia in via Pola, quando il serpen-tone composto da studenti e docenti ha deviato dal percor-so prestabilito e ha cercato di raggiungere gli uffici del MIUR.

Alcuni ragazzi sono rimasti contusi e feriti, con tagli al cuo-io capelluto e alle mani: nessu-no, però, ha chiesto l’intervento del 118. Le loro condizioni non sono gravi. Tra le persone col-pite anche un professore di let-tere 50enne dell’istituto supe-riore Vespucci: “Ero dietro allo striscione che apriva il corteo e siamo stati colpiti, ma non c’e-ra da parte nostra alcun atteg-giamento violento o intimidato-rio”, ha raccontato l’insegnante al quale è stato portato un sac-chetto di ghiaccio.

I marxisti-leninisti esprimo-no solidarietà militante ai feriti riaffermando che studentesse e studenti hanno il sacrosanto diritto di rispondere alla repres-sione occupando le scuole e le università e di impiegare ogni forma di lotta, purché di massa, per ottenere il ritiro della “Buo-na scuola” e raggiungere i loro obiettivi.

�Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di CataniaMartedì 17 novembre, gior-

nata internazionale del Diritto allo Studio, studentesse e stu-denti medi e universitari sono scesi in piazza a Catania per manifestare contro la “Buo-na scuola” di Renzi e Gian-nini e per rivendicare il dirit-to alla casa. In circa duemila si sono trovati in piazza Roma per giungere poi in piazza Uni-versità.

La manifestazione era aper-ta da uno striscione del comi-tato “Casa X Tutti Catania”: “Riprendiamoci casa e istruzio-ne”. In testa alcune delle fami-glie che, stanche di ascoltare le false promesse dell’ammi-nistrazione comunale del neo-podestà exDC Bianco, da circa due settimane occupano uno stabile in via Calatabiano. Al-cuni cartelli, a questo proposi-

to, dicevano: “Casa, reddito, di-gnità”; “Casa per tutti”; “Senza casa non si può studiare”; “Vo-gliamo risposte e trasparen-za. Dove sono gli alloggi?”; “+ case – speculazione”.

A seguire, le delegazioni studentesche intonavano slo-gan contro la “Buona scuola”, la partecipazione dei priva-ti all’interno delle scuole me-die superiori – la quale mira a trasformare le scuole in azien-de e dunque ad ingrassare le tasche dei padroni –, per una scuola pubblica e alla portata di tutti. Erano presenti: il liceo artistico “E. Greco”; lo scientifi-co “E. Boggio Lera” con lo stri-scione “La buona scuola siamo noi”; l’“I.T. Archimede” con lo striscione “Stessi fondi e diritti per ogni scuola di ogni quartie-re e zona”; i collettivi studente-schi Kaos e Lps. Altri striscio-ni recitavano: “Siamo diventati ricchi e non lo sapevamo. Stu-denti contro il nuovo Isee”; “Sfruttati a scuola come a la-voro”.

La manifestazione ha ri-scosso consensi da parte dei catanesi che appoggiavano le rivendicazioni degli studenti, criticando l’operato del gover-no del nuovo duce Renzi e le sue politiche antipopolari, col-pevoli, a loro dire, del sempre più alto tasso di disoccupazio-ne e della continua migrazione di giovani e meno giovani all’e-stero.

Gli studenti, inoltre, hanno fortemente criticato la figura del “preside-sceriffo” e il carat-tere “meritocratico” della scuo-la renziana, che non fa altro

che mettere in competizione gli studenti, dividendoli. Hanno “sanzionato” il Banco di Sicilia di via Sant’Euplio con l’esposi-zione del manifesto “Specula-te sulle nostre vite”. Poco più avanti, a sottolineare il carat-tere antifascista della manife-stazione, si poteva leggere: “Ci chiamavano banditi, ci chiama-no teppisti. Ieri partigiani, oggi antifascisti”. Un ricordo dell’ec-cido nazista che, nel ‘39, vide la morte di 9 studenti e dei loro professori, in Cecoslovacchia.

Un’altra tappa fondamen-tale del corteo, ha visto i ma-nifestanti stazionare nei pres-si della Prefettura. Qui, hanno preso la parola alcune famiglie in emergenza abitativa.

Alla manifestazione han-no aderito, tra gli altri, Officina Rebelde, militanti No Muos e compagne e i compagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania e dell’Organizzazio-

ne di Caltagirone del PMLI.I marxisti-leninisti della pro-

vincia etnea presenti in piazza, gli unici a far sventolare la ban-diera rossa con falce e martel-lo, hanno diffuso centinaia di volantini. Tra questi: “Studenti, insegnanti, lavoratori Ata. Uni-tevi per creare il governo al-ternativo della scuola e dell’u-niversità”; il comunicato della Commissione giovani del CC “Viva le proteste degli studen-ti! No alla repressione!”; il ma-nifesto che sarebbe stato dif-fuso sabato 21 novembre alla manifestazione nazionale del-la Fiom a Roma; “Leggete ed esprimete la vostra opinione su ‘Mao e l’istruzione nel sociali-smo’”.

I compagni sono stati accolti con entusiasmo dagli studenti, con i quali ci si è confrontati sul-la linea studentesca del Partito. Alcuni di questi hanno chiesto spiegazioni circa la posizione del PMLI sullo Stato Islamico e la santa alleanza imperialista. Ad essi è stata chiarita la posi-zione del Partito ed è stato data copia del comunicato stampa dell’Ufficio politico “Perché gli attacchi terroristici a Parigi. È la barbarie dell’imperialismo che genera barbarie”.

�Dal corrispondente della Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di PalermoVenerdì 20 novembre si è

svolta a Palermo una grande manifestazione in cui studen-ti e insegnanti hanno confluito a piazza Politeama fino a giun-gere davanti alla sede di Con-

findustria Sicilia.Erano presenti migliaia di

studenti e insegnanti con i “sin-dacati di base”, che con cori e striscioni, manifestavano con-

tro la cosiddetta “Buona scuo-la” renziana e le aziende che potranno trovare profitto dal la-voro gratuito degli studenti tiro-cinanti.

Alcuni striscioni recitavano: “No alle privatizzazioni, non siamo schiavi”, oppure, “L’ap-prendimento non ha prezzo”.

Il PMLI era presente tra gli studenti con la bandiera. Diversi hanno riconosciuto il nostro Partito e alcuni ra-gazzi hanno chiesto di pote-re portare la bandiera rossa con falce e martello ed effige di Mao.

Alcuni studenti hanno in-cominciato a intonare canzoni come “Bella ciao”. Anche mol-ti professori hanno chiesto in-formazioni sul Partito. Solo in pochi ci conoscevano, ma evi-dentemente la nostra presenza costante incomincia a farsi no-tare e apprezzare.

Al termine della manifesta-zione, alcune scuole sono sta-te occupate dagli studenti.

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Taurianova del PMLIIl 17 novembre gli studen-

ti del Liceo Scientifico “Miche-le Guerrisi” di Cittanova (Reg-gio Calabria) hanno preso parte alla mobilitazione indet-ta come di consueto per quel-la che è stata proclamata come “giornata internazionale dello studente” dalle sigle europee di riferimento delle organizza-zioni studentesche riformiste: la ESU (Unione europea degli studenti) e OBESSU (Bureau organizzativo delle unioni sco-lastiche studentesche), per lot-tare contro la privatizzazione, della fascistizzazione e la ca-pitalizzazione della scuola e contro la “riforma” della “Buona

scuola” fascista.L’Organizzazione di Tau-

rianova del PMLI ha effettua-to la diffusione del volantino con l’appello della Commissio-ne giovani centrale del Partito “Unitevi per create il governo alternativo della scuola”, accol-to positivamente dagli studenti.

Sottolineiamo la migliore or-ganizzazione rispetto alle pre-cedenti manifestazioni, ma sono ancora migliorabili diversi aspetti, con la partecipazione totale degli studenti e non solo di quelli delle classi più anzia-ne.

Lottiamo contro la “Buona scuola” del governo Renzi!

Coi Maestri e il PMLI vince-remo!

Catania, 17 novembre 2015. La manifestazione degli studenti (foto Il Bolscevico)

Milano, 13 novembre 2015. La diffusione dell’Appello della Commissio-ne Giovani del CC del PMLI a unirsi contro la “Buona scuola” alla mani-festazione degli studenti (foto Il Bolscevico)

Palermo, 20 novembre 2015. La manifestazione degli studenti

INIZIATIVE DEL PMLIå MODENAPortico Via Emilia Centro tra Via Scudari e Piazza Ova

Banchino di propaganda dalle ore 16 alle 18l Martedì 1 dicembre 2015l Domenica 13 dicembre 2015l Sabato 19 dicembre 2015l Giovedì 31 dicembre 2015l Sabato 9 gennaio 2016

cIttANOVAProficuo volantinaggio del PMLI

SOTTOSCRIVI PER IL PMLI PER IL TRIONFO DELLA CAUSA DEL SOCIALISMO IN ITALIA

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

N. 26 - 2 luglio 2015 esteri / il bolscevico 15

www.pmli.it

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

Per evitare gli attacchiterroristicicessare dibombardare l’Is

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