Al direttivo Filctem-Cgil di Pisa CriTiCATA lA direzione...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 5 - 9 febbraio 2017 PAG. 11 PAG. 12 PAG. 2 PRESSO LA SEDE DELLA CELLULA “MAO” DI MILANO “Terza Nota” intervista Urgo sul PMLI e lo Stato islamico Al direttivo Filctem-Cgil di Pisa CRITICATA LA DIREZIONE DELLA CGIL PER COME HA GESTITO I REFERENDUM CAMMILLI: OCCORRE UN NUOVO, UNICO E GRANDE SINDACATO VERDETTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE L’Italicum di Renzi è incostituzionale Salvati però la truffa del premio di maggioranza e i capilista bloccati OCCORRE IL PROPORZIONALE SENZA SBARRAMENTO Intervenendo al Senato GENTILONI SI AUTOELOGIA PER I SOCCORSI E L’AIUTO AI TERREMOTATI LA REALTA’ LO SMENTISCE Proteste dei terremotati davanti alla Camera. L’abnegazione dei soccorritori ha impedito che il numero dei morti fosse ancor più alto Raggi indagata per falso e abuso Grillo esalta il fascista Trump e imbroglia i suoi parlamentari INQUISITO ANCHE IL CANDIDATO SINDACO M5S A PALERMO SILENZIO ASSORDANTE DI DE MAGISTRIS De Luca dispone la chiusura anche dell’ospedale San Gennaro dei poveri GIOVANI E DISOCCUPATI OCCUPANO LO STORICO NOSOCOMIO REGENI FU ASSASSINATO DAL REGIME EGIZIANO La prova decisiva è nel filmato clandestino del giovane ricercatore italiano. Manifestazioni in tutta Italia L’AMBASCIATORE ITALIANO NON TORNI IN EGITTO A CENA A MONTECITORIO CON L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA FINI Arrestato Corallo, il re delle slot machine. C’è di mezzo la casa venduta alla moglie di Fini indagata per riciclaggio In carcere anche Laboccetta, ex parlamentare Pdl Gentiloni conferma il generale Del Sette inquisito Mattarella firma il decreto nonostante che il comandante dei carabinieri sia indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento con Luca Lotti nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Consip All’incontro di Astana RUSSIA, TURCHIA E IRAN SI ACCORDANO SUL CESSATE IL FUOCO IN SIRIA Il PYD e la YPG curdi non rispetteranno l’accordo. Il governo siriano e parte dell’opposizione negozieranno a Ginevra CONTINUERÀ LA GUERRA CONTRO L’IS E AL-NUSRA IL DISCORSO DI SCUDERI “DA MARX A MAO” È “ANCORATO AL PASSATO”? DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu- sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi. Andrea Cammilli guida la delegazione nazionale del PMLI alla manife- stazione nazionale della Fiom, Roma il 28 marzo 2015 (foto il bolscevico) Milano, 13-12-2016. Un momento dell’intervista di “Terza Nota” ad Angelo Urgo (foto Il Bolscevico) PAG. 12 PAG. 4 PAG. 6 PAG. 13 PAG. 9 PAG. 3 PAG. 15 PAG. 7

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 5 - 9 febbraio 2017

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Presso lA sede dellA CellulA “MAo” di MilAno

“Terza nota” intervista urgo sul PMli e lo

stato islamico

Al direttivo Filctem-Cgil di Pisa

CriTiCATA lA direzione dellA CGil Per CoMe hA GesTiTo i reFerenduMCammilli: OCCOrre un nuOvO, uniCO e grande sindaCatO

VerdeTTo dellA CorTe CosTiTuzionAle

l’italicum di renzi è incostituzionale salvati però la truffa del premio di maggioranza e i capilista bloccati

OCCOrre il prOpOrziOnale senza sbarramentO

intervenendo al senato

Gentiloni si autoeloGia per i soccorsi e l’aiuto ai terremotati

la realta’ lo smentisceproteste dei terremotati davanti alla Camera. l’abnegazione dei

soccorritori ha impedito che il numero dei morti fosse ancor più alto

raggi indagata per falso e abuso

grillo esalta il fascista trump e imbroglia i suoi parlamentariinquisitO anChe il CandidatO

sindaCO m5s a palermO

silenzio AssordAnTe di de MAGisTris

de luca dispone la chiusura anche dell’ospedale san Gennaro dei poveri

giOvani e disOCCupati OCCupanO lO stOriCO nOsOCOmiO

reGeni Fu AssAssinATo dAl reGiMe eGiziAno

La prova decisiva è nel filmato clandestino del giovane ricercatore italiano. Manifestazioni in tutta Italia l’ambasCiatOre italianO nOn tOrni in egittO

A CenA A MonTeCiTorio Con l’ex PresidenTe dellA CAMerA Fini

Arrestato Corallo, il re delle slot machine. C’è di mezzo la casa venduta alla moglie di Fini indagata per riciclaggioin carcere anche laboccetta, ex parlamentare pdl

Gentiloni conferma il generale del sette inquisito

Mattarella firma il decreto nonostante che il comandante dei carabinieri sia indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento con luca lotti nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Consip

All’incontro di Astana

russiA, TurChiA e irAn si ACCordAno sul CessATe il FuoCo in siriA

il pYd e la Ypg curdi non rispetteranno l’accordo. il governo siriano e parte dell’opposizione negozieranno a ginevra

COntinuerà la guerra COntrO l’is e al-nusra

il disCOrsO di sCuderi “da marx a maO” è

“anCOratO al passatO”?

DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu-sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi.

Andrea Cammilli guida la delegazione nazionale del PMLI alla manife-stazione nazionale della Fiom, Roma il 28 marzo 2015 (foto il bolscevico)

Milano, 13-12-2016. Un momento dell’intervista di “Terza Nota” ad Angelo Urgo (foto Il Bolscevico)

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2 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2017

Verdetto della Corte Costituzionale

l’italicum di renzi è incostituzionale Salvati però la truffa del premio di maggioranza e i capilista bloccati

OccOrre il prOpOrziOnale Senza SbarramentO“Questa legge, che doveva

essere esempio per il mondo, se la esportano adesso la devo-no vendere a un costo minore: è deteriorata”. Con questa effica-ce espressione l’avvocato Feli-ce Besostri, uno del gruppo di legali ricorrenti contro l’Italicum e già autore del vittorioso ricor-so contro il porcellum, ha com-mentato la sentenza della Corte costituzionale del 25 gennaio, che ha giudicato anticostitu-zionale la legge elettorale ultra maggioritaria ideata da Renzi e Berlusconi nel famigerato patto del Nazareno di tre anni fa, e poi imposta al parlamento con ben tre voti di fiducia nel 2015.

Una legge peggiore del por-cellum e perfino della legge fa-scista Acerbo, che Matteo Renzi si era cucito su misura per con-sentirgli, in combinazione con la controriforma fascista e piduista del Senato, di conquistare la maggioranza assoluta della Ca-mera e governare il Paese con poteri simili a quelli di Mussolini. Un disegno che gli era apparso a portata di mano dopo l’otte-nimento del 41% alle elezioni europee del 2014, e non a caso l’Italicum prevedeva una soglia di voti di quell’ordine di grandezza (35% inizialmente, poi portato a 40%) per assegnare, con un premio di maggioranza del 15%, ben il 54% dei seggi alla Camera, permettendogli così di governare incontrastato e da solo.

Anche perché grazie sem-pre a quella legge il suo potere sarebbe stato rafforzato dai ca-pilista bloccati, da lui personal-mente scelti, e candidabili in 10 collegi diversi, escludendo così dal parlamento anche i suoi av-versari interni. Ma soprattutto perché, anche in mancanza del raggiungimento della soglia del 40%, il secondo turno di ballot-taggio senza soglia gli avrebbe assicurato comunque la vittoria e il premio di maggioranza. Un

meccanismo truffaldino e sfac-ciatamente incostituzionale, perché avrebbe permesso ad un partito del 30% come il PD (con il 20% e anche meno del corpo elettorale) di conquistare la maggioranza assoluta in par-lamento.

l’incostituzionalità del ballottaggio

renzianoE infatti è stato proprio que-

sto uno dei due motivi di in-costituzionalità giudicati validi dalla Consulta (l’altro è stato quello parzialmente accolto sulle pluricandidature). Non po-teva essere diversamente, data la macroscopica violazione del principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzio-ne, che il ballottaggio ideato da Renzi avrebbe comportato: è evidente infatti che con un si-mile meccanismo il voto degli elettori del PD (o comunque del partito vincente al ballottaggio), cioè il voto di una minoranza, avrebbe contato molto di più di quello del resto dei votanti, cioè della maggioranza.

Per questo la bocciatura del ballottaggio, il cuore dell’Itali-cum, quello che lo stesso Renzi aveva definito “il punto chiave” della legge, veniva data pra-ticamente per scontata dalla maggior parte dei costituziona-listi. E probabilmente anche per questo fu deciso di rimandare la sentenza, inizialmente prevista ad ottobre, a dopo il referen-dum del 4 dicembre: l’inevita-bile bocciatura anche parziale dell’Italicum avrebbe infatti dan-neggiato la campagna renziana per il Sì.

Il governo Gentiloni, fotoco-pia di quello di Renzi, ha ten-tato invano di salvare la legge, tramite l’avvocatura dello Stato che aveva chiesto di respingere

in blocco tutti gli undici motivi di incostituzionalità presentati. Tuttavia la Consulta, pur boc-ciando il ballottaggio, ha sal-vato il premio di maggioranza al raggiungimento del 40% dei voti, nonché i capilista bloccati. Con solo una modifica alle plu-ricandidature in 10 collegi, che si potranno sempre fare, ma il capolista non potrà scegliere a sua discrezione dopo il voto il collegio preferito, il quale andrà invece estratto a sorte tra quelli in cui risulta eletto.

È su questi punti – premio di maggioranza, capilista bloc-cati e pluricandidature – che la Corte si è maggiormente divi-sa, tanto che la sentenza ha ri-chiesto più tempo del previsto, e alla fine la posizione dei due giudici fatti eleggere da Renzi, Amato e Barbera, sono riusciti a strappare un vantaggioso com-promesso per il nuovo duce. Consegnandogli, come è stato rilevato da molti commentatori, una pistola carica per andare velocemente alle elezioni e sce-

gliersi i candidati che vuole lui.Anche perché in coda alla

sentenza la Corte ha scritto che la legge così come è uscita mo-dificata “è suscettibile di imme-diata applicazione”. Ovvero che potrebbe essere usata in caso di scioglimento delle Camere anche in mancanza di un’altra legge varata appositamente dal parlamento. Il che ha fatto esul-tare i tirapiedi di Renzi, come il capogruppo PD alla Came-ra, Rosato, secondo il quale si può “andare a votare subito”, e come il capogruppo al Senato, Zanda, arrivato addirittura a so-stenere che la Corte “ha confer-mato l’impianto dell’Italicum”.

renzi sogna la rivincita

Lo stesso Renzi ha incassa-to la sentenza della Consulta come una vittoria, inaugurando per l’occasione il suo blog per-sonale al modo di Grillo (ma con i colori celeste e bianco di For-za Italia), in cui ha postato su-bito la parola d’ordine della sua campagna elettorale: “Il futuro, prima o poi, torna”. Il nuovo duce vuole cioè tornare a Pa-lazzo Chigi sull’onda di una so-gnata legittimazione elettorale, da ottenere con elezioni subito, questa stessa primavera, ad aprile o al massimo l’11 giugno. Con il Mattarellum, se anche gli altri partiti ci stanno, oppure anche con l’Italicum sforbiciato dalla Consulta. Magari per “tor-nare” appunto a fare il premier in tempo per presenziare al G7 di Taormina del prossimo 27 maggio.

Non gli è bastata la sberla del 4 dicembre, che si è già messo alle spalle, e sogna ancora di “ripartire” dal 40% di Sì al refe-rendum come se si traducesse automaticamente in voti per lui: “Ma anche quella sconfitta ap-

partiene al passato. E ci sono milioni di italiani, milioni, che hanno votato ‘sì’ e che voglio-no vedere tornare il futuro”, ha scritto infatti sul blog.

Insieme a lui premono per andare subito al voto con l’Ita-licum dimezzato anche Grillo e Salvini, mentre tutti gli altri nic-chiano, e si aggrappano alle in-dicazioni di Mattarella che prima di sciogliere le Camere chiede al parlamento di “armonizzare” le leggi elettorali di Camera e Se-nato, che ora come ora sareb-bero parecchio diverse, renden-do impossibile la formazione di una maggioranza. Il Senato infatti non ha premio di maggio-ranza, le soglie di sbarramento sono più alte (8% per i partiti che corrono da soli e 3% per quelli coalizzati), e sono pos-sibili le coalizioni di partiti, con uno sbarramento del 20%.

La sinistra del PD è contra-ria ad andare a votare in queste condizioni, ma solo perché sa che Renzi la farebbe fuori dal-le candidature sicure. E anche Berlusconi, al quale pure vanno benissimo i capilista bloccati perché se li può scegliere a pia-cimento, è contrario alle elezio-ni subito perché vuole aspettare prima la sentenza della Corte di Strasburgo che potrebbe giudi-carlo di nuovo candidabile.

Per quanto attenuato nei suoi effetti perversi, l’Italicum così modificato dalla Corte costitu-zionale è invece da respingere risolutamente e per principio, perché resta comunque una leg-ge maggioritaria del tutto simile al porcellum (salvo che quest’ul-timo non aveva una soglia per il premio di maggioranza), e per-ché consente alle segreterie dei partiti parlamentari di scegliere i candidati più fidati e servili. La legge elettorale deve essere in-vece un proporzionale puro, e senza soglie di sbarramento per entrare in parlamento.

tramite il pennivendolo anticomunista Michele smargiassi

Bugie de “la repuBBliCa” sulla CoMMeMorazione di lenin a CaVriago

Dal nostro corrispondente �dell’Emilia-RomagnaIl quotidiano “la Repubbli-

ca” si conferma ancora una volta tra i capofila dei giornali anticomunisti, infatti non solo non ha dato notizia dello svol-gimento della grande Com-memorazione di Lenin che si è svolta domenica 22 gennaio a Cavriago nel 93° Anniversa-rio della scomparsa, mentre sono stati tanti i giornali non-ché i siti internet e le televisioni che hanno realizzato interviste e servizi poi pubblicati e man-dati in onda, ma addirittura si è fatto beffa della rossa inizia-tiva citandola con appena un paio di righe all’interno di un articolo, pubblicato a pagina 12 dell’edizione del 30 genna-io, di una intera pagina sulla disaffezione dei giovani di Ca-vriago dalla politica in generale e dal PD in particolare. E lo ha fatto tramite la penna veleno-sa di Michele Smargiassi, ex giornalista de “l’Unità”, che l’ha liquidata con: “Dieci giorni

fa era l’anniversario della sua morte (di Lenin, ndr), è arrivato il solito pullman di devoti con le bandiere rosse … Ai piedi della statua, 2 mazzolini di fiori artifi-ciali un po’ polverosi”.

“La Repubblica” non si smentisce, e in così poco spa-zio riesce a dire così tante bu-gie. Proprio servendosi dell’au-tore del libro “Un’autentica bugia: la fotografia, il vero, il falso”. A riprova della non cre-dibilità dei pennivendoli della borghesia anticomunisti.

Intanto non si è trattato cer-to del “solito pullman di devoti” ma di una larga partecipazione di compagni del PMLI giunti da varie città della Regione, della Lombardia, del Piemonte e del-la Toscana, oltre a compagni del PCI, PRC, lista “Cavriago città aperta” e di molti cavria-ghesi e reggiani. Fin dall’inizio i compagni già presenti in piazza sono stati circondati dalla sim-patia della popolazione e han-no registrato con soddisfazio-ne la confluenza dalle varie vie

che conducono a piazza Lenin dei tanti cavriaghesi desidero-si di essere presenti a questa commemorazione, a conferma di quanto ampia sia stata an-che la presenza di sostenitori locali di Lenin.

E poi dove avrà visto Smar-giassi i “2 mazzolini di fiori ar-tificiali un po’ polverosi” non si sa, visto che il PMLI.Emilia-Romagna e l’Organizzazione di Modena del PMLI hanno depositato ai piedi del busto 2 bellissimi mazzi di fiori rossi freschi, tra l’altro il busto è te-nuto sempre in ordine dall’at-tuale “custode” volontario Sil-vano Morini, presente da anni alla Commemorazione e che proprio in questa occasione è stato chiamato accanto agli oratori ufficiali e ha ricevuto un grande e meritato applauso.

Infine Smargiassi si è ben guardato dal dire che ad or-ganizzare la manifestazione è stato, come fa da oltre 10 anni, il PMLI.Emilia-Romagna, affiancato da 2 anni dal PCI

Cavriago (Reggio Emilia), 22 gennaio 2017. Al termine della Commemorazione di Lenin per il 93° Anniversario della scompar-sa il PMLI depone due mazzi di fiori ai piedi del busto di Lenin ri-spettivamente a nome del PMLI.Emilia-Romagna e dell’Organiz-zazione di Modena del PMLI. A sinistra il compagno Denis Bran-zanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna (foto Il Bolsce-vico)

(prima PdCI), e in questa occa-sione anche dal PRC e dalla Li-sta “Cavriago città aperta” che hanno svolto anch’essi un inter-vento, evidentemente ha paura che citando il PMLI e una mani-festazione che ricorda gli inse-gnamenti di Lenin possa attirare l’attenzione dei lettori sul nostro Partito e sul socialismo; il black out della gran parte dei mezzi di informazione potrà certamente rallentare lo sviluppo del PMLI ma non fermarlo, perché come dimostra anche la Commemo-razione di Lenin, che cresce anno dopo anno, l’incontro tra il PMLI e i veri comunisti non può essere evitato, se ce la mettia-mo tutta per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso!

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N. 5 - 9 febbraio 2017 interni / il bolscevico 3

Un nuovo metodo è sta-to seguito dall’Istat e prevede l’integrazione delle rilevazioni dell’istituto nazionale di statisti-ca incrociate con quelle di Inps, Inail e ministero del Lavoro. I ri-sultati però non cambiano e de-cretano ancora una volta il fal-limento del Jobs Act sul piano occupazionale. La martellante propaganda di Renzi sugli ef-fetti “miracolosi” di questa con-troriforma si scontrano con la realtà dei fatti. Lo hanno capito bene le masse popolari che il 4 dicembre non solo hanno dife-so la Costituzione respingendo il disegno fascista del nuovo duce, ma hanno sonoramente bocciato la politica economica del suo governo e il Jobs Act in particolare.

Stavolta sono i dati trime-strali sull’occupazione diffusi dall’Istat a fine anno a smontare un ulteriore pezzo del castello di menzogne costruito da Ren-zi. Nel terzo trimestre 2016 le assunzioni a termine superano di gran lunga quelle stabili. Nei primi sei mesi dell’anno erano prevalse le assunzioni a tempo indeterminato, anche se biso-gna sempre ricordare come la forma dei contratti a tutele cre-scenti introdotte dal Jobs Act non sono rapporti stabili come nel passato perché lasciano per i primi tre anni la possibilità ai padroni di licenziare libera-mente il lavoratore attraverso il pagamento di un misero inden-nizzo.

Tendenzialmente, ossia in rapporto all’anno precedente, rimane una lieve crescita gene-rale pari a 239 mila occupati in più ma nella seconda parte del 2016 questo processo si è arre-stato e l’occupazione comincia a calare e a cambiare tipologia. Nei mesi luglio-agosto-set-tembre si registrano 93mila nuovi contratti di assunzione ma balza subito agli occhi la sproporzione tra quelli a tempo indeterminato, che sono 10mila e di quelli a termine che sono 83mila.

In termini numerici, nono-stante gli sforzi propagandistici

del governo, rimane più o meno tutto fermo e non deve trarre in inganno l’aumento percentuale degli occupati salito di alcu-ni punti percentuali. Questo è dovuto in una certa misura all’invecchiamento della popo-lazione che ha ridotto la con-sistenza della fascia di età tra i 15 e i 64 anni. La riduzione degli inattivi la si deve in gran parte alla legge Fornero che nega la pensione ben oltre i 64 anni. Tutto questo incide sulla disoc-cupazione giovanile che infatti continua ad aumentare ed è la più alta in Europa, seconda solo alla Grecia. Tra gli under 35 l’occupazione scende sia rispetto al trimestre precedente (-1,1%) che sull’anno (-0,6%). Rispetto al periodo aprile-mag-gio-giugno gli occupati di que-sta fascia d’età sono arretrati di altre 55 mila unità.

Rispetto al trimestre pre-cedente (dati congiunturali) si registra un aumento del lavo-ro dipendente, mentre quello autonomo è in forte calo. Se andiamo a guardare i diver-si settori vediamo che il saldo dell’industria rimane invariato mentre il lavoro indipendente registra un calo dell’1,5%, pari ad 80 mila occupati in meno. L’unico aumento lo abbiamo nel terziario e sopratutto negli alberghi, nella ristorazione e nel commercio (+1,1%). Particolari settori dove il precariato rag-giunge i massimi livelli, il che fa presupporre che sia di questo tipo la nuova occupazione che si è creata.

L’ulteriore sviluppo del pre-cariato è confermato dall’en-nesimo aumento dell’uso dei voucher. Nei primi 9 mesi del 2016 ne sono stati venduti 109,5 milioni, il 34,6% in più rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. I dati sui buoni lavoro sono comun-que da prendere con le molle perché il numero mediano di voucher riscossi dal singolo lavoratore che ne ha usufruito è 29 nell’anno 2015: ciò signi-fica che i prestatori di lavoro accessorio hanno riscosso me-

diamente voucher per 217,50 euro netti. Numeri inverosimili a fronte della loro reale diffusione a dimostrare come questo stru-mento, già di per sé elusivo di molti diritti, serve a coprire una larga fetta di lavoro completa-mente a nero.

Un altro dato allarmante è quello sugli infortuni che au-mentano dell’1,1% rispetto all’analogo trimestre del 2015. L’Istat rileva che ciò è in linea con l’aumento dell’occupazi-ne tendenziale. Anche se così fosse significa che sulla preven-zione degli incidenti sul lavoro non si è fatto nessun passo in avanti.

Ma il dato forse più eloquen-te è quello sull’andamento delle richieste di nuove assunzioni rispetto all’entrata in vigore del Jobs Act, in particolare di quelle a tempo indeterminato,

pur sempre nelle limitazioni del contratto a tutele crescenti. Eb-bene, l’incremento più signifi-cativo è concentrato nell’ultimo trimestre del 2015 e, con un effetto trascinamento, si pro-trae nel primo del 2016 per poi declinare sempre di più fino alla situazione attuale dove predo-mina il contratto a termine.

Un andamento strettamen-te legato agli sgravi fiscali che il governo ha generosamente erogato ai padroni. Come ab-biamo più volte denunciato, e non siamo solo noi, l’aumento, seppur modesto, dell’occupa-zione successivo al Jobs Act è dovuto essenzialmente a questi denari pagati dalla collettività che nel 2015 ammontavano a oltre 8mila euro per ogni sin-gola assunzione, ridotti a poco più di 3mila nel 2016 e che nel 2017 termineranno.

Gentiloni conferma il generale Del Sette inquisito Mattarella firma il decreto nonostante che il comandante dei carabinieri sia indagato per rivelazione

di segreto e favoreggiamento con Luca Lotti nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti ConsipCome primo atto del 2017

il governo di matrice renziana antipopolare, piduista e fascista guidato da Gentiloni ha confer-mato per un altro anno Tullio Del Sette alla carica di comandante generale dei Carabinieri, quan-tunque costui sia stato iscritto lo scorso 17 dicembre dalla procura di Roma sul registro degli indagati per favoreggia-mento e rivelazione di segreto istruttorio nell’ambito dell’in-chiesta sugli appalti truccati e soffiate alla Consip (la centrale unica degli acquisti della pubbli-ca amministrazione controllata dal Tesoro) insieme al generale dei carabinieri Emanuele Salta-

lamacchia, comandante della Legione Toscana. Nello stesso procedimento risulta imputato degli stessi reati il braccio de-stro di Renzi Luca Lotti, già sot-tosegretario alla Presidenza del consiglio, attuale ministro allo sport e aspirante alla delega sui servizi segreti con Gentiloni.

Il generale Del Sette, 66 anni a maggio, già capo di Gabinetto del ministro della Difesa Rober-ta Pinotti, era stato nominato da Renzi per due anni a dicembre del 2014. La proroga era già pronta il 22 dicembre scorso ma il suo contemporaneo coin-volgimento nell’inchiesta aveva momentaneamente costretto

Gentiloni a rimandarla ma solo di qualche settimana.

Del Sette per la verità nei giorni scorsi aveva anche offerto le proprie dimissioni, ma il Con-siglio dei ministri, su proposta del ministro della guerra Roberta Pinotti e senza il minimo imba-razzo da parte del capo dello Stato Mattarella che ha subito controfirmato la nomina, ha pro-rogato il suo incarico insieme a quello del capo di Stato Maggio-re della Difesa Claudio Graziano e del capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Danilo Errico.

L’inchiesta sugli appalti Con-sip che tra l’altro chiama in causa vari boss del cosiddetto “Giglio

Magico” renziano tra cui anche il padre, Tiziano Renzi, che al mo-mento non risulta indagato, ma il cui nome fa spesso capolino tra i vari fascicoli d’indagine.

Il paradosso è che adesso, per decisione del governo, i ca-rabinieri sono chiamati a svol-gere indagini e accertamenti sul loro comandante generale, cal-pestando il dettato costituziona-le e le leggi vigenti che regolano il reclutamento degli ufficiali nel-le Forze armate e esigono che l’aspirante ufficiale deve “essere in possesso di qualità morali e di condotta incensurabili” e ovvia-mente libero da qualsiasi altro carico penale pendente.

Anche la Cgil della Camusso ricorre sistematicamente ai voucher

I voucher vengono oramai utilizzati in tutti i settori e da tutti i soggetti, anche da chi a parole li ripudia. È venuto alla luce come la Cgil, che ha richie-sto un referendum per abolirli, utilizzi questo strumento per pagare chi lavora occasional-mente in alcune delle sue strut-ture. O meglio, questo è quanto sostiene il sindacato, perché risulterebbe invece che ne faccia un ricorso sistematico. A denunciarlo è il presidente dell’Inps Tito Boeri in un’inter-vista a Repubblica secondo cui nell’ultimo anno la Cgil ha uti-lizzato voucher per un valore di 750 mila euro.

Boeri accusa di ipocrisia non solo la Cgil ma anche gli altri sindacati, ad esempio la Cisl ne

ha utilizzati il doppio, per un va-lore di 1milione e mezzo di euro. C’è anche un attacco alle pen-sioni dei sindacalisti che, grazie ad alcune falle nella legislazio-ne, tramite appositi versamenti, possono aumentarsi la pensio-ne negli ultimi anni di attività, come ci ricorda la scandalosa vicenda dell’ex segretario della Cisl, Bonanni.

Tutte cose vere anche se sono state tirate fuori ora in maniera tutt’altro che disinte-ressata. Boeri pesca adesso dal cassetto i dati perché è fa-vorevole ai voucher e auspica solo risibili “aggiustamenti” da parte del governo, così da giu-stificare l’eliminazione del rela-tivo referendum. Comunque il loro utilizzo da parte della Cgil,

oltre ad essere un compor-tamento ipocrita, si dimostra anche un clamoroso errore po-litico: chiedere l’abolizione dei voucher e poi utilizzarli nelle proprie strutture è stato un cla-moroso autogol.

E non siamo neanche con-vinti che la Cgil voglia vera-mente abolirli. Basta leggere la dichiarazione dello SPI (la cate-goria più coinvolta nell’utilizzo dei voucher) “da parte nostra – afferma il sindacato dei pensio-nati – non c’è alcuna ipocrisia visto che la Cgil nella sua pro-posta di legge Carta dei diritti universali del lavoro agli articoli 80 e 81 propone l’introduzione di norme volte a regolamentare il lavoro subordinato occasiona-le e accessorio”, quindi più che

abolirli li vuole solo modificare. Vogliamo aggiungere che la

categoria degli ipocriti (termine usato ripetutamente da Boe-ri) è molto ampia. Ad esempio ne fanno parte anche i sindaci di Napoli e Torino, dove il falso rivoluzionario De Magistris e la pentastellata Appendino si fan-no paladini, a parole, della bat-taglia contro questo strumento di lavoro nero legalizzato e poi nella pratica le loro ammini-strazioni sono tra quelle che ne fanno più largo uso. Lo stesso Boeri è un altro ipocrita perché potrebbe fornire altri dati in suo possesso, ad esempio sarebbe interessante sapere quali sono i grandi utilizzatori dei voucher. Ma per loro forse vale la legge sulla privacy.

Come risulta dalla nota trimestrale di Istat, Inps, Inail e ministero del Lavoro

I ContrAttI A termIne SuperAno queLLI StAbILI

Nella seconda metà del 2016 cala l’occupazione, cresce il precariato e l’utilizzo dei voucher, penalizzati soprattutto i giovani

Luca Lotti, attuale ministro allo sport, si intrattiene affabilmente con il generale Del Sette confermato comandante generale dei Carabinieri

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4 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2017

Intervenendo al Senato

GentIlonI SI autoeloGIa per I SoccorSI e l’aIuto aI terremotatI. la realta’ lo SmentISce

Proteste dei terremotati davanti alla Camera. L’abnegazione dei soccorritori ha impedito che il numero dei morti fosse ancor più alto

Mentre nelle regioni del Centro Italia flagellate dal terremoto e dal maltempo si piangono ancora i 5 morti as-siderati nel teramano e nel pe-scarese, le 6 dell’elisoccorso di Campofelice e soprattutto le 29 vittime dell’Hotel Rigo-piano su cui la procura di Pe-scara ha aperto un’inchiesta per indagare proprio il crimi-nale ritardo con cui la catena di comando dei soccorsi si è attivata; nonostante a due set-timane dall’evento si contano ancora a decine i paesi non raggiunti dai soccorsi con in-tere popolazioni abbandonate a se stesse stretti nella mor-sa di gelo e neve che in molte località ha superato i tre metri di altezza e le continue scos-se di assestamento rischiano di provocare nuovi crolli e ul-teriori ingenti danni all’eco-nomia e soprattutto al bestia-me rimasto intrappolato sotto le centinaia di stalle e capan-noni rasi al suolo; il 25 genna-io il premier Gentiloni duran-te la sua audizione al Senato ha avuto la sfrontata faccia di bronzo di autoelogiarsi per l’a-iuto prestato con un “rilevan-te dispiegamento di uomini e mezzi coordinati dalla Prote-zione civile”.

In un’aula praticamente deserta, che la dice lunga su quanto governo e parlamento abbiano a cuore la difficile si-tuazione che stanno vivendo le popolazioni colpite, Genti-loni ha furbescamente stru-mentalizzato l’abnegazione dei soccorritori che, pur privi di mezzi e risorse, con turbi-ne e spazzaneve impossibi-litati a muoversi perché privi di manutenzione, senza cate-

ne e perfino senza carburan-te, non si sono dati per vinti e hanno inforcato gli sci e pelli per raggiungere le persone in difficoltà e impedire che il nu-mero dei morti non fosse an-cora più alto.

“Siamo orgogliosi dei nostri soccorritori, sono cittadini ita-liani esemplari: forte e unani-me deve essere il sentimento di riconoscenza per le 11mila persone intervenute che si prodigano per salvare vite” ma, ha attaccato subito dopo Gentiloni, insieme ai lutti e alle vite salvate: “Rimarranno im-presse le immagini dello Sta-to che mobilita tutte le proprie energie... Credo che sia stato messo in atto ogni sforzo pos-sibile dal punto di vista uma-no, organizzativo, tecnico per cercare di salvare i dispersi. Davanti alla concatenazione degli eventi in una crisi sen-za precedenti, il dispiegamen-to delle forze, coordinate dalla Protezione Civile, è stato mol-to rilevante”.

Nel tentativo di scrollarsi di dosso ogni responsabilità cir-ca il criminale ritardo con cui sono stati inviati i primi soc-corsi e del perché è stata completamente ignorata l’al-lerta meteo lanciata una setti-mana prima degli eventi, Gen-tiloni ha aggiunto: “È giusto a livello di governo verificare in questa dinamica quanto ab-biano inciso le circostanze eccezionali e quanto ciò ab-bia messo in luce problemi più generali di manutenzio-ne. Se ci sono stati ritardi e responsabilità saranno le in-chieste a chiarire. Il governo non teme la verità che serve a fare meglio e non ad avvele-

nare i pozzi. Io che condivido la ricerca della verità non con-divido la voglia di capri espia-tori e giustizieri anche perché la storia è lesta a trasformare i giustizieri in capri espiatori. Al di là di singoli errori che le in-chieste accerteranno - ha pro-seguito - abbiamo mostrato una capacità di reazione del sistema all’altezza di un gran-de Paese, non a caso abbia-mo un sistema di Protezione civile all’avanguardia: non è di destra o sinistra, di questo o quel governo, è un patrimonio italiano che dobbiamo tenerci stretto. La prossima settimana - ha concluso Gentiloni - vare-remo un decreto. Nessuno im-magini che sia un ritorno all’in-dietro, sarà un passo avanti e molto mirato nei suoi obietti-vi”. Il decreto, ha spiegato il premier, “sarà mirato a inter-venire in alcuni punti e gangli l’accumulo di ritardi che finora

non ci sono stati ma possono accumularsi nei prossimi mesi e che possiamo prevenire... Le risorse ci sono: 4 miliardi nella legge di bilancio e altri ci saranno come ho anticipa-to personalmente al presiden-te della commissione europea Jean Claude Juncker”.

Parole a dir poco vergo-gnose e inaccettabili; che mi-stificano oltre ogni limite la realtà dei fatti e cozzano sfac-ciatamente con la contempo-ranea manifestazione di pro-testa organizzata da centinaia di terremotati riuniti nel comi-tato spontaneo “Quelli che il terremoto...” che sono sfilati in corteo da Piazza Santi Apo-stoli a Montecitorio.

Da Amatrice ad Arquata, da Accumoli a Capo d’Acqua, in tanti si sono ritrovati in piaz-za, a cinque mesi di distanza dalla prima grande scossa di agosto, tra abbracci, occhi lu-

cidi e tanti striscioni e cartel-li di protesta contro i governi Gentiloni-Renzi e il commis-sario Errani in cui si legge: “dal 24 agosto l’unica cosa che si è mossa è la terra sot-to i nostri piedi”; “avete detto ‘non vi lasceremo soli’ e noi non vi daremo tregua”; “uno Stato incapace” di soccorrere le popolazioni ma “capace di trovare i soldi per le banche”; “i fondi per la ricostruzione sono bloccati e da alcuni pae-si non hanno ancora spostato una pietra. Vergogna”; “dopo 5 mesi solo desolazione e col-pevole abbandono”; “la buro-crazia uccide più del terremo-to”, “Montanari sì, fessi no. Nessuno faccia il furbo” e “Ad Amatrice la scossa, a Roma datevi una mossa”.

“Siamo qui per manifesta-re la nostra amarezza – spie-ga uno degli organizzatori del-la protesta - per come è stata

gestita tutta questa emergen-za. Siamo molto arrabbiati e per tanti motivi. Che fine han-no fatto i soldi versati per so-lidarietà dagli italiani? Dove sono le casette e i moduli abi-tativi che ci avevano promes-so? Non possiamo più aspet-tare chiacchiere e parole, vogliamo finalmente i fatti”.

In lotta ci sono anche gli studenti de L’Aquila, sostenuti dai genitori e dagli insegnan-ti, per chiedere scuole sicure dal momento che a distanza di quasi 8 anni dal terremoto gli edifici che li ospitano non sono stati messi in sicurezza e presentano alti rischi di vul-nerabilità sismica.

Sotto le finestre di Monteci-torio i manifestanti hanno or-ganizzato una specie di con-ferenza stampa per illustrare la grave situazione che anco-ra vivono migliaia di terremo-tati. Ma dal governo non si è fatto vedere nessuno. “All’in-contro sono mancati gli attori principali di questa situazione, i rappresentanti del governo e il commissario Vasco Errani”, commenta con amarezza il rappresentante dei paesi col-piti nel territorio marchigiano, il quale non si dà certo per vin-to e avverte che: “se le nostre proposte cadranno nel vuoto, torneremo a manifestare, con forme più forti e incisive di pro-testa”.

Mentre un altro manifestan-te al termine del sit-in com-menta: “Quando i politici di-cevano che non ci avrebbero lasciati soli, mi era venuto il dubbio che non fossero since-ri, ma mai mi sarei aspettato di vedere una disorganizzazione del genere”.

Scioperi e proteSte per le Scuole al geloServe una grande mobilitazione studentesca per invertire lo sfacelo della scuola pubblica

Oltre dieci anni di tagli inin-terrotti e pesanti sforbiciate alla scuola pubblica ora si fan-no sentire anche mettendo a rischio la salute degli studenti in classe: mentre il freddo tra-volge tutta Italia da nord a sud, isole comprese, numerose scuole non possono permet-tersi il riscaldamento e le aule dove gli studenti devono rima-nere seduti immobili per diver-se ore restano così esposte al “gelicidio”.

In certi casi gli studenti si ar-rangiano indossando i giubbot-ti o portandosi da casa borse termiche o addirittura stufette, pagate naturalmente dai geni-tori. In altri, sempre più nume-rosi, si ribellano a questa situa-zione inaccettabile.

Il caso di Roma è emblema-tico: nelle scorse settimane, nella Capitale gli studenti del li-ceo “Galilei” all’Esquilino dopo la ricreazione si sono rifiutati di rientrare per il freddo eccessi-vo. E non sono stati gli unici: proteste simili si sono svolte in altri istituti della Capitale. I ge-nitori del “Plinio Seniore” han-no protestato in prima perso-na. Al “Righi”, invece, è stata la scuola stessa a far uscire gli studenti per via del clima. An-che quest’ultimo provvedimen-

to, benché appropriato per tu-telare la salute degli studenti, è comunque grave perché ri-vela che la situazione è ormai insopportabile. A Messina, ad-dirittura, sono state chiuse ben undici scuole per il medesimo motivo. In certi istituti il riscal-damento non c’è proprio.

Le proteste, iniziate in real-tà già a dicembre, con la fine delle ferie natalizie e il ritorno a scuola si sono allargate a mac-chia d’olio in tutta la penisola e le isole. A conferma di quanto il problema sia diffuso su tutto il

territorio nazionale.In certi casi, le autorità sco-

lastiche sono arrivate al punto di ricorrere a misure discipli-nari per reprimere gli studenti che protestavano per il più che basilare diritto di fare lezione al caldo. È il caso, per esem-pio, della preside dei licei “Ni-colosio” di Recco e “Da Vigo” di Rapallo, in Liguria, che ha scritto una circolare per stig-matizzare lo sciopero degli studenti definendo “ottimale” il riscaldamento. La Rete degli Studenti medi riferisce che un

simile provvedimento si è ab-battuto sugli studenti di alcu-ni istituti toscani, come il liceo “Cicognini-Rodari” di Prato, che si rifiutavano di entrare a scuola perché la temperatura era andata sotto i 14 gradi ga-rantiti dal sindaco Biffoni, ben-ché il minimo per legge sia di 18 gradi.

Tra dirigenti scolastici, uffi-ci scolastici regionali, sindaci e province è uno scaricabarile reciproco. Alla fine, però, sen-za nulla togliere alle respon-sabilità individuali dei presidi

che sanzionano gli studenti in lotta per studiare in condizio-ni dignitose, la causa sta nelle politiche dissennate persegui-te a livello nazionale e locale ai danni della scuola pubblica. Un altro caso emblematico si ritrova a Carbonia, in Sarde-gna, dove gli studenti dell’isti-tuto tecnico-commerciale “Ce-sare Beccaria” si sono rifiutati di fare lezione nel gelo delle loro aule; da tempo si sareb-bero dovuti trasferire in un edi-ficio più idoneo, ora occupato però dagli studenti della scuo-la media della cittadina dopo il crollo del tetto di quest’ultima. Il presidente della provincia di Rieti e rappresentante dell’U-pi (Unione province italiane), Giuseppe Rinaldi, ha sottoline-ato che “i tagli imposti alle pro-vince dalle manovre economi-che sono insostenibili perché hanno effetti disastrosi sui ser-vizi ai cittadini”.

Chiaramente quindi il pro-blema alla base è costitui-to dall’autonomia scolastica, che di fatto è la fine del finan-ziamento statale perché la-scia ogni istituto alla mercé del mercato e costretto a ricercar-si da sé i fondi, dai tagli all’i-struzione pubblica e anche dai tagli agli enti locali, che do-

vrebbero occuparsi della ma-nutenzione delle scuole. Tutto mentre si continuano a far pio-vere soldi per salvare le ban-che, pagare le spese militari e, ancora più grave, finanziare le scuole private mentre quelle pubbliche restano al gelo.

Le studentesse e gli studen-ti hanno tutto il diritto di conti-nuare la loro lotta attraverso il blocco della didattica, le mani-festazioni, i picchetti e ogni al-tro metodo di lotta ritengano opportuno per rivendicare i do-vuti lavori per rendere piena-mente funzionanti gli impianti di riscaldamento.

Al contempo l’ennesima e gravissima conseguenza del-lo sfacelo della scuola pubbli-ca dimostra che è più che ur-gente dare vita a una grande mobilitazione per conquista-re la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle stu-dentesse e dagli studenti. Co-minciando col costruire un go-verno alternativo delle scuole per controbattere colpo su col-po ai provvedimenti delle au-torità scolastiche, elaborare proprie proposte da imporre con la mobilitazione, e lottare per conquistare gradualmente il diritto di autogestire i servizi scolastici.Una recente manifestazione di studenti contro le aule senza riscaldamento. Qui siamo a La Spezia

Roma., 25 gennaio 2017. La forte e combattiva protesta dei terremotati del Centro Italia sotto Montecitorio

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N. 5 - 9 febbraio 2017 tragedia di rigopiano / il bolscevico 5L’allarme degli esperti non ne impedì l’ampliamento

Le istituzioni sapevano che L’hoteL Rigopiano eRa a Rischio vaLangheCondannare i governanti, gli amministratori e tutti i responsabili del disastro e dei 29 mortiNonostante dall’Ordine

dei Geologi della Regione Abruzzo, all’indomani della sciagura, sia arrivato l’invito a non rilasciare dichiarazio-ni prima di poter effettuare riscontri sul sito libero dalla neve, due geologi diffusero immediatamente le loro rico-struzioni sulla valanga che ha sepolto l’hotel Rigopiano. Secondo i due esperti, con alle spalle 35 anni di studi, e una vita spesa in montagna, il rischio in quel luogo era fin troppo evidente poiché l’ho-tel era sito “Alla base di un canalone alto 1.000 metri, con due grandi nicchie di di-stacco evidenti anche a un giovane osservatore”. Non si doveva costruire nulla dun-que, specie un hotel a 4 stel-le. “È una questione di ri-schio. In una scala da 1 a 10 il rischio per me era 9. Pun-to”, ha dichiarato Paolo Mo-naco. “La baita raffigurata da qualcuno in foto antiche ne-gli anni 20, poi 50 e 70 veni-va usata raramente dal Cai e da poche persone esper-te. Non certo per turismo di massa”.

terremoto e valanghe

A lungo si è cercato di cor-relare la valanga alle scosse sismiche di alto impatto ri-levate nei giorni preceden-ti in regione, con l’intento di attribuire la sciagura al solo intrecciarsi di condizioni at-mosferiche particolarmente ed eccezionalmente avver-se; tuttavia secondo molti esperti, a svariate ore di ri-tardo è scientificamente im-possibile che un terremoto possa innescare una valan-ga. Per altri invece sareb-be possibile ma nessuno ha evidenziato un collegamen-to stretto e certo in questo caso. La cosa invece certa è che nevichi a gennaio in un territorio prevalentemen-te montuoso come l’Abruz-zo, come è altrettanto chiaro che le slavine rientrano nella “normalità” di grandi nevica-te, e le grandi nevicate Ap-penniniche non sono un fat-to nuovo. Oggi tutto ciò che accade, in particolare a ca-rattere meteorologico, vie-ne definito “emergenza” e con ciò si vorrebbe attribuire tutta la responsabilità delle conseguenti sciagure al fato, ad avvenimenti straordina-ri ed incontrollabili. Ma in re-altà, quanto si fa a carattere preventivo, in termini di strut-ture e sicurezza, affinché si-ano ridotti al minimo gli im-patti e le conseguenze sulla popolazione?

Nel caso dell’hotel Rigo-piano ben poco si è fatto in tanti anni e, oltre alle dichia-razioni dei due geologi, c’è molto di più a supportare i dubbi secondo i quali la pe-

ricolosità dell’area era ben nota e, conseguentemente, la strage praticamente an-nunciata.

La commissione e l’ampliamento

nonostante i pareri degli esperti

Secondo i verbali della Commissione valanghe del comune di Farindola, istitu-ita nel 1999 e per qualche

“oscuro” mistero sciolta nel 2005, appare chiaro che il resort di lusso è stato co-struito su un versante mon-tano conosciuto per essere “soggetto a slavine” e colle-gato da una viabilità provin-ciale che d’inverno è sempre stata più chiusa che aperta. Ecco cosa scriveva la gui-da alpina Pasquale Iannetti, appena nominato consulen-te della neonata commis-sione: “La zona (Rigopiano, ndr) deve essere tenuta sot-to stretto controllo”. Era il 18 marzo 1999. “Vero è che si ha memoria di un fenomeno rilevante risalente al 1959, ciò non deve essere consi-derato un fatto che non si possa ripetere”. Ed ancora: “Con questi dati la Commis-sione valanghe potrà fornire indicazioni certe affinché per il futuro si possa garantire la sicurezza delle infrastruttu-re alberghiere, delle strade e dei parcheggi di Rigopiano (…) In merito alla possibilità di caduta di masse nevose, slavine o valanghe nell’area di Rigopiano, non vi è dubbio che sia il piazzale antistan-te il rifugio Acerbo (a poche decine di metri dall’albergo, ndr), che la strada provincia-le che porta a Vado di Sole, possano essere interessa-te da caduta di masse nevo-se o valanghe”. Nelle carte della Commissione acquisi-te dalla procura di Pescara che ora indaga per disastro colposo e omicidio colposo

plurimo, il nome del resort Rigopiano non appare. Infat-ti il vecchio alberghetto esti-vo viene comprato, ristruttu-rato e ampliato, generando il resort oggi sepolto dalla va-langa, tra il 2006 e il 2007 proprio quando il Comune ri-tenne con decisione incom-prensibile di disfarsi dello “strumento” Commissione. Nelle carte si trovano deci-ne di elementi già raccolti e ben evidenziati, che avreb-bero dovuto mettere in guar-

dia sia chi voleva costruire, sia chi doveva autorizzare l’ampliamento. Verbale del 11 marzo 1999: “La monta-gna di Farindola risulta sog-getta a valanghe, pertanto al fine di garantire la pubblica e privata incolumità la Pro-vincia di Pescara ha ritenu-to di chiudere la strada d’ac-cesso alla località Vado di Sole da Rigopiano”. Verba-le del 12 marzo 1999: “Si è ritenuto opportuno di tenere sotto controllo la zona di Val-le Bruciata, il piazzale di so-sta Rigopiano (...) median-te controlli quotidiani a vista nelle ore più calde, se si no-tassero distacchi e principi di scivolamento si potrà pren-dere tempestivamente pre-cauzioni a garanzia di even-tuali calamità”. Verbale del 4 marzo 2003: “La Provincia ha ritenuto di non provvede-re allo sgombero della neve tra Vado di Sole a Rigopia-no in modo da non consen-tire il transito, per garantire l’incolumità pubblica e pri-vata”. Ancora nel febbraio 2003 la commissione sotto-pose il caso alla Scuola di Montagna abruzzese. “Il ri-schio valanghe su entram-bi i versanti risulta di livello 4, con condizione di pericolo forte, per cui sono da aspet-tarsi valanghe spontanee di medie dimensioni ed anche singole grandi”. In Commis-sione e a livello istituzionale locale, dunque, è nota a tutti la pericolosità del sito in pre-

senza di neve. L’ultimo ver-bale della commissione è datato 24 febbraio 2005, e in quell’occasione, contra-riamente alla posizione della Provincia del marzo 2003, si dice: “La volontà politica del Comune di Farindola è quel-la di tenere sgombera dalla neve la provinciale fino alla località Fonte Vetica, al fine di non precludere le attivi-tà legate al turismo inverna-le nella zona”. Fonte Vetica ospita un rifugio e si trova sul

versante opposto di quello dove si trova l’hotel Rigopia-no ed ha anch’esso difficoltà d’accesso. Dall’inverno del 2005 in poi, della Commis-sione valanghe di Farindo-la si perde ogni traccia. Per dieci anni di fila la Prefettura di Pescara ha ribadito ai sin-daci la necessità di ricostitu-irla, ogni volta che ha dovuto trasmettere un bollettino Me-teomont di rischio 4 (su sca-la 5), sempre senza esito. Lo fa ancora il 10 marzo 2015, con una lettera firmata dalla vice prefetto Ida De Cesaris: “Si prega di valutare l’even-tuale attivazione della Com-missione, prevista dalla leg-ge regionale del 1992”.

il processo per corruzione. coinvolti

e poi assolti vari esponenti del pD

Nella storia dell’albergo di Farindola, struttura nata nel 1972 e completamente ri-strutturata e dotata di tutti i confort nel 2007, non manca niente; report ignorati, com-missioni insabbiate e anche un processo per corruzione e abusivismo edilizio che ve-deva coinvolti esponenti del Partito Democratico. La vi-cenda inizia nel 2008 quan-do l’amministrazione comu-nale attraverso una delibera procede a “sanare” una pre-sunta occupazione di suolo pubblico. La Procura di Pe-

scara ipotizza che ciò sia av-venuto in cambio di denaro e posti di lavoro. La struttura, un tempo casolare adibito a rifugio, s’avviava a diventa-re un quattro stelle. Finirono sotto processo sette perso-ne tra cui il sindaco di Fa-rindola dell’epoca Massimi-liano Giancaterino e il suo successore Antonello De Vico oltre a due ex assesso-ri, Ezio Marzola e Walter Co-langeli, e all’ex consigliere Andrea Fusaro. Secondo l’i-potesi del Pm, i politici Gian-caterino e De Vico avrebbe-ro approvato la delibera in cambio di “promessa di un versamento di denaro de-stinato al finanziamento del partito”, il PD. Consiglieri e assessori avrebbero invece acconsentito al via libera in cambio di “assunzioni pre-ferenziali per i propri protet-ti”. In primo grado lo scorso novembre gli imputati sono stati assolti perché “il fatto non sussiste”, poi è arrivata come manna dal cielo la pre-scrizione che impedirà il pro-cesso d’appello.

Le responsabilità di amministratori comunali e della

RegioneQuanto emerge met-

te dunque spalle al muro gli amministratori locali. Ma non sono soli perché gravi responsabilità ricadono sul-la Regione Abruzzo: nei fatti l’esistenza di una mappa co-noscitiva del territorio non si è tradotta, proprio per omis-sione della Regione stessa prolungatasi per 25 anni, in una mappa del rischio va-langhe prevista dalla legge 4 del 1992. Questa legge pre-vede infatti per le aree a ri-schio, accertate o potenziali, l’inedificabilità di nuovi edifi-ci e il divieto di uso invernale per le strutture esistenti. Pur mancante il Piano Valanghe, in ogni caso nel percorso di ristrutturazione dell’hotel si doveva evidenziare il conte-sto di rischio e agire di con-seguenza bloccando tut-to, come prevede il Decreto 11/03/1988.

accertare e perseguire i responsabili

Noi ci auguriamo innanzi-tutto che tali responsabilità, sostanziali quanto evidenti, vengano accertate e gli ar-tefici perseguiti ed adegua-tamente puniti per i 29 morti di Rigopiano. In ultima ana-lisi, oltre alla vicenda giudi-ziaria, pensiamo che sia in-dispensabile fare adeguata prevenzione ambientale co-noscendo a fondo il territorio nel quale viviamo ed i suoi

rischi: alluvioni, frane e an-che valanghe sono la logica conseguenza di decenni di cementificazioni, di aggres-sione indiscriminata al terri-torio ed abusivismo. Ad uc-cidere, quasi sempre, non è la sedicente “natura killer” ma la criminale indifferen-za ai possibili rischi da parte di potenti e costruttori mos-si unicamente dalla ricerca del profitto e del potere e da sempre abituati ad agire con dinamiche oscure, di corru-zione, clientelari o di como-do. Oggi tutti noi, e nello spe-cifico i 29 morti del resort, paghiamo semplicemente il conto dell’incoscienza so-ciale del capitalismo. Tenia-mo dunque a mente le se-guenti parole di Engels: “Ad ogni passo ci vien ricorda-to che noi non dominiamo la natura come un conqui-statore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le appartenia-mo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro do-minio sulla natura consi-ste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato”1. Trop-po spesso piangiamo vittime causate dalla speculazione, nelle grandi come nelle pic-cole opere; in particolare ne-gli ultimi mesi nell’Italia cen-trale, a causa della mancata messa in sicurezza o per l’incauta costruzione di edi-fici in aree inadeguate, no-nostante le storiche caratte-ristiche territoriali di certi siti. Le stesse costruzioni, come Rigopiano, sono state volu-te a tutti i costi da imprendi-tori e dalla politica locale, e celebrate come successi per le comunità, nascondendo i profitti dietro l’opportunità occupazionale che rivestiva-no. Sempre attuale è ancora una volta Engels che a fine ottocento scriveva: “Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria uma-na sulla natura. La natu-ra si vendica di ogni no-stra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle qua-li avevamo fatto assegna-mento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annul-lano a loro volta le prime conseguenze”2.

NOTE1. cit. dal 1873 al 1883 ed alcu-

ne integrazioni furono redatte nel 1885 – 1886. Opere Com-plete Marx – Engels, Editori Riuniti, vol. XXV, p.468.

2. cit.dal 1873 al 1883 ed alcu-ne integrazioni furono redat-te nel 1885 – 1886 - Dialettica della natura, Edizioni Rinasci-ta 1950, p.216.

I soccorsi al lavoro sulla valanga di neve che ha seppellito quello che resta dell’hotel di Rigopiano

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6 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2017

Raggi indagata peR falso e abuso Grillo esalta il fascista Trump e imbroglia i suoi parlamentari

InquIsITo anche Il candIdaTo sIndaco M5s a PalerMo

Scuole a riSchio SiSmico: Scioperano gli Studenti a l’aquila

Nelle scorse settimane le studentesse e gli studen-ti dell’istituto Cotugno de L’A-quila, che comprende gli indi-rizzi umanistici raccogliendo circa 1.200 alunni, hanno dato vita ad un importante sciopero rifiutandosi di rien-trare in classe dopo che le

scosse del 18 gennaio hanno riportato in strada gli abitanti della città che ancora si lecca le ferite del terribile terremoto dell’aprile 2009.

Gli studenti, che hanno picchettato gli ingressi del-la scuola con striscioni e car-telli anche ironici come “Co-

tugno in lotta”, “Verità per il Cotugno”, “Sicuri da morire”, “L’istituto può crollare in ogni minuto”, rivendicavano inter-venti immediati per mette-re in sicurezza il luogo dove trascorrono buona parte della propria giornata e che letteral-mente rischierebbe di crollar-

gli in testa, se non verranno prese le dovute misure.

Allo sciopero hanno aderito diversi insegnanti, che hanno preso parte alla contestazio-ne per appoggiare le legittime rivendicazioni degli studenti. “Siamo compatti”, assicura-no i rappresentanti degli stu-denti e dei docenti. Persino la preside ha scritto una lettera al sindaco della città, Massi-mo Cialente (PD), per chie-dere la chiusura dell’edificio perché “non è idoneo a sop-portare i carichi verticali che attualmente insistono sulla struttura”.

Nessun appoggio, invece, dalla provincia, cui spettereb-bero gli interventi d’edilizia ri-chiesti. Anzi, per il presidente Antonio De Crescentiis (PD), la scuola “non è a rischio crol-lo”. Peccato che i genitori del Cotugno siano riusciti, attra-verso un accesso agli atti, ad entrare in possesso dello studio di vulnerabilità sismi-ca dell’istituto, che attesta un indice di vulnerabilità sismi-ca dello 0,26%, ben inferiore all’1%, considerato in sicurez-

za. Una negligenza che non può non evocare l’incubo del-la Casa dello studente crolla-ta il 6 aprile del 2009 ucciden-do otto ragazzi.

Questo importante scio-pero si somma alle proteste delle scorse settimane in tut-ta Italia per chiedere interven-ti immediati contro le scuo-le rimaste al freddo e al gelo per via di impianti di riscalda-mento guasti, malfunzionan-ti o semplicemente inesisten-

ti. Questa è la via giusta per rivendicare ciò che spetta di diritto alle studentesse e agli studenti della scuola pubbli-ca, a partire dall’edilizia per mettere in sicurezza i loca-li! Per mettere in sicurezza le scuole della provincia de L’A-quila servirebbero 9 milioni, ma il governo Gentiloni con la neo-ministro Valeria Fedeli non interviene. Anzi, procede a tambur battente con l’attua-zione della “Buona scuola”.

Il 24 gennaio Virginia Rag-gi ha ricevuto ufficialmente dalla procura di Roma il temu-to avviso di iscrizione nel regi-stro degli indagati per il caso della nomina di Renato Mar-ra, fratello del suo ex capo di gabinetto e capo del persona-le del Comune di Roma, Raf-faele Marra, finito agli arresti per corruzione insieme al co-struttore romano Sergio Scar-pellini. Un avviso “annuncia-to” da tempo ma più grave del previsto, in quanto al re-ato di abuso d’ufficio dato da tutti per scontato i pm titola-ri dell’inchiesta, Paolo Ielo e Francesco Dall’Olio, hanno aggiunto per la sindaca quello ancor più politicamente imba-razzante di falso in atto pub-blico.

La vicenda prende le mos-se da una precedente inchie-sta sulle nomine in Cam-pidoglio, che inizialmente riguardava solo l’incarico di capo della segreteria a Sal-vatore Romeo, ma nella qua-le è poi confluita anche una segnalazione dell’Autorità an-ticorruzione di Raffaele Can-tone sul conflitto di interessi ravvisato nella nomina di Re-nato Marra, già graduato della polizia municipale, a respon-sabile del dipartimento Turi-smo del Comune con un au-mento di stipendio di 20 mila euro lordi l’anno. Alla segnala-zione dell’Anac, che avanza-va il sospetto di un intervento del fratello Raffaele nella sud-detta nomina, la Raggi, pur provvedendo a rimuovere l’ex vigile dal nuovo incarico, ave-va assicurato al Responsabi-le anticorruzione del Comune che la nomina di Renato Mar-ra era stata decisa solo da lei, escludendo tassativamente qualsiasi coinvolgimento del

capo del personale.Da qui l’accusa di falso in

atto pubblico, in quanto gli inquirenti sostengono inve-ce che Raffaele Marra era intervenuto attivamente nel-la promozione del fratello, e che la Raggi ne era perfet-tamente a conoscenza, cioè avrebbe mentito all’Anticorru-zione (nonché ai giornalisti e allo stesso Movimento 5 Stel-le, ndr). Accusa che si va ad aggiungere all’abuso d’ufficio (contestato contemporanea-mente anche a Raffaele Mar-ra), per non aver proceduto come d’obbligo a seleziona-re i candidati a quella carica in base ai rispettivi curricula.

“Così la stampa mi massacra”

Le contestazioni dei pm si basano su una serie di inter-cettazioni ambientali dei ca-rabinieri e su alcuni messaggi rinvenuti nel telefonino di Raf-faele Marra, dai quali risulta chiaramente non soltanto l’in-teressamento attivo del capo del personale per spingere il fratello a farsi avanti per chie-dere la nomina a capo del di-partimento del Turismo, per il quale si era “liberato il posto”, ma anche le rimostranze della Raggi a Marra per non averla informata del tutto sui risvol-ti e sulle conseguenze del-la promozione del fratello. In particolare i magistrati sono in possesso di una chat di Te-legram denominata “Quattro amici al bar”, a cui partecipa-vano la Raggi, il suo ex capo della segreteria, Romeo, l’ex vicesindaco Daniele Frongia (ora sostituito dall’ex veltro-niano Luca Bergamo) e Raf-faele Marra, nella quale in un

caso la sindaca chiede a Mar-ra rassicurazioni sugli aspetti legali della nomina del fratel-lo, e in un altro lo rimprovera di non averle detto che avreb-be avuto uno scatto di stipen-dio di 20 mila euro: “Così mi metti in difficoltà”, si sarebbe lamentata la Raggi, aggiun-gendo che “la stampa mi sta massacrando”. Agli atti della procura c’è anche una email, inviata in copia alla Raggi, in cui l’assessore Meloni ringra-ziava Raffaele Marra di aver-gli suggerito la nomina del fratello al dipartimento del Tu-rismo.

Insomma, non soltanto la Raggi ha difeso contro tutto e contro tutti e fino all’ultimo il suo ex capo di Gabinetto, già fiduciario del fascista Aleman-no nella sua giunta supercor-rotta, decidendosi a scaricarlo solo quando è stato arrestato per essersi messo “a disposi-zione” dell’imprenditore Scar-pellini che gli aveva paga-to l’acquisto di una casa; ma è arrivata addirittura a copri-re con una menzogna un suo abuso commesso in evidente conflitto d’interessi.

Che cosa la legava così forte a Marra da finire nei guai per averlo tenuto a tutti i costi al centro del suo “raggio ma-gico”? Una parziale risposta può venire forse anche dalla deposizione in procura di Ro-berta Lombardi, l’acerrima ri-vale della Raggi che ora si vanta di avere avuto ragione nel mettere in guardia il M5S dagli intrighi della sindaca, e che ha riferito le rivelazioni di un “collaboratore del movi-mento” secondo il quale die-tro il documento che nel 2015 servì a screditare il rivale del-la Raggi alla candidatura alla guida del Campidoglio, Mar-

cello De Vito (ora presidente dell’Assemblea capitolina), ci sarebbe stato anche Raffae-le Marra. Il che confermereb-be che dietro la vittoria del-la Raggi alle “comunarie” del M5S romano c’era la destra romana, e che quindi è alla destra romana che la sinda-ca è debitrice. Da cui l’accani-mento quasi suicida nella di-fesa di Marra.

grillo blinda la Raggi e minaccia i

“malpancisti”A questo punto ci sareb-

bero tutte le condizioni per l’“autosospensione” della Raggi a norma di regolamen-to M5S e la sua sostituzione con il suo vice Bergamo. Ma Grillo, che già aveva disinne-scato per tempo la mina cam-biando in corsa il regolamento stesso rendendo non più ob-bligatorie le sanzioni in caso di avviso di reato, la difende a spada tratta dettando la linea: “Raggi ha adempiuto ai doveri indicati dal nostro codice eti-co (avvisandolo del ricevuto avviso della procura, ndr), lei è serena e io non posso che esserle vicino in un momento che umanamente capisco es-sere molto difficile”. In realtà il suo obiettivo inconfessato è quello di tenerla in piedi alme-no fino a “scavallare” le pos-sibili elezioni politiche di pri-mavera, che la sentenza della Consulta ha avvicinato.

A tale scopo il padre padro-ne del M5S ha stretto di un al-tro giro la mordacchia a par-lamentari e amministratori, in particolare a quelli delle ris-sose fazioni romane sempre in guerra tra loro, ma anche a quei parlamentari che sem-

plicemente criticano la sinda-ca per aver portato al disastro in pochi mesi la più importan-te esperienza di governo del movimento: “Il programma per le elezioni non sarà defi-nito dai parlamentari ma dagli iscritti, chi non sarà d’accordo con questo programma po-trà perseguire il suo in un’al-tra forza politica”, ha scritto infatti in un post dal tono mi-naccioso. Quanto alle intervi-ste e dichiarazioni personali, ha avvertito Grillo, tutte van-no “concordate coi responsa-bili della comunicazione”, e “chi danneggia l’immagine del M5S può incorrere in richiami e sospensioni. Non si fanno sconti a nessuno”.

L’avvertimento era rivolto in particolare a Roberto Fico, principale rivale del “premier in pectore” Luigi Di Maio, e che poco prima aveva osato criticare il capo per la sua sor-tita in favore di Trump e Putin: “La politica internazionale ha bisogno di uomini forti come Trump e Putin, li considero un beneficio dell’umanità. Due giganti come loro che si par-lano è il sogno di tutto il mon-do”, aveva farneticato infatti Grillo in un’intervista al setti-manale francese “Le Journal de Dimanche”. Anzi, per lui il fascista Trump “sembra un moderato e i media hanno de-formato il suo punto di vista”. Da parte sua Fico, in un’inter-vista a “la Repubblica”, in ri-ferimento anche alle voci di possibili trattative tra Casa-leggio e la Lega per eventua-li intese elettorali, aveva com-mentato: “Dio ce ne scampi da Trump e Salvini”. Aggiun-gendo che “sull’immigrazio-ne varrà il programma votato dagli iscritti, non c’è post che tenga”.

sempre più dissidenti e indagati

Ormai Grillo è sempre più costretto a ricorrere alle san-zioni e alle minacce per tene-re insieme il movimento che considera di sua proprietà e intende governare come un monarca. Dopo la sua sorti-ta sfacciatamente di destra, proprio nella sua Genova tre consiglieri comunali, già in dissenso per la figuraccia al parlamento europeo e sulla mordacchia alle dichiarazio-ni, hanno abbandonato il M5S per protesta alle sue dichiara-zioni su Trump. E non è che in altre città le cose vadano molto meglio che a Roma: an-che a Torino la giunta Appen-dino sta diventando sempre più bersaglio dei movimenti e dei centri sociali che l’ave-vano appoggiata e che ora si dicono delusi della sua politi-ca, in particolare per il via li-bera alla costruzione di super-mercati e centri commerciali e per le mancate promesse sul-la moratoria agli sfratti.

Per non parlare della fai-da che continua a dilaniare il M5S a Palermo, sempre più invischiato nello scandalo del-le firme false e adesso alle prese con l’iscrizione nel re-gistro degli indagati per “indu-zione a rendere dichiarazioni mendaci” di un altro suo illu-stre rappresentante: Ugo Fo-rello, avvocato fondatore del movimento “Addiopizzo” e oggi nientemeno che candi-dato del M5S a sindaco del capoluogo siciliano. Secondo i parlamentari indagati per lo scandalo, avrebbe “pilotato” le dichiarazioni della supertesti-mone Claudia La Rocca a loro danno, millantando rapporti privilegiati con la procura.

La piazza è il nostro ambiente ideale e naturale di lotta e di propaganda, assieme a quello delle fabbriche, dei campi, delle scuole e delle università.

Frequentiamola il più possibile per diffondere i messaggi del Partito, per raccogliere le rivendicazioni, le idee, le proposte e le informazioni delle masse e per stringerci sempre più a esse.

STAREIN PIAZZA

L’aquila, gli studenti dell’Istituto Cotugno in lotta

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N. 5 - 9 febbraio 2017 corruzione / il bolscevico 7A cenA A Montecitorio con l’ex presidente dellA cAMerA Fini

Arrestato corallo, il re delle slot machine c’è di mezzo la casa venduta alla moglie

di Fini indagata per riciclaggioIn carcere anche Laboccetta, ex parlamentare Pdl

Con l’accusa di “associa-zione per delinquere finalizza-ta a commettere una serie di reati di peculato (cioè furto di denaro pubblico), riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pa-gamento delle imposte”, il 13 dicembre è finito in manette il boss degli imprenditori cata-nesi, Francesco Corallo, dive-nuto il re del gioco d’azzardo legalizzato grazie alla conces-sione statale.

Corallo è stato acciuffato dalla polizia olandese nell’isola caraibica di Saint Marteen ed è inquisito dalla Procura di Roma come capo di un’associazione per delinquere dedita al rici-claggio di denaro sottratto al fisco. Si parla di oltre 250 mi-lioni di euro che il suo gruppo Atlantis-Bplus (di recente ribat-tezzato Global Starnet) avreb-be dovuto garantire allo Stato italiano, per pagare le tasse sui profitti delle sue macchinette mangiasoldi e rovina famiglie (slot e vlt).

Secondo le indagini del re-parto antimafia della Guardia di Finanza, i soldi guadagnati in Italia col gioco d’azzardo sono stati occultati in una rete di società caraibiche offsho-re controllate dai più stretti collaboratori di Corallo a co-minciare dal fascista Amedeo Laboccetta, rappresentante per l’Italia del gruppo di Co-rallo dal 2004 al 2008, nonché parlamentare prima di An e poi di Forza Italia fino al 2013, già indagato per favoreggiamento a Milano e tuttora tra i dirigen-ti di Forza Italia in Campania; Rudolf Baetsen, il suo braccio destro ai Caraibi; Alessandro

La Monica, manager per l’Ita-lia dal 2008 al 2013, e Arturo Vespignani, dirigente in carica fino al luglio 2014. Tutti arresta-ti su ordine del Gip Simonetta d’Alessandro.

Secondo l’accusa almeno 85 milioni di euro sono stati sottratti al fisco italiano fino al 2007, mentre altri 150 milioni sono spariti fino al 2014 dalle casse nazionali della società Atlantis-Bplus, che da oltre un decennio ha la concessio-ne statale a gestire il business miliardario del gioco d’azzardo legalizzato.

Gli intrallazzi di Fini e famigliaLa maxinchiesta della Pro-

cura di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Miche-le Prestipino e dal sostituto Barbara Sargenti, è partita nel 2004, e ha coinvolto anche Elisabetta, Sergio e Giancarlo Tulliani, rispettivamente com-pagna, suocero e cognato dell’ex presidente della Came-ra, Gianfranco Fini. I tre sono indagati per il reato di riciclag-gio nell’ambito delle indagi-ni che ora sembrano gettare nuova luce anche sulla torbida vicenda della compravendita di un appartamento a Monte-carlo che coinvolse lo stesso Fini nel 2010.

Dalle carte risulta che l’im-mobile di Alleanza nazionale fu comprato da Sergio e Gian-carlo Tulliani, il suocero e il cognato dell’allora presidente della Camera ed ex boss di An, proprio con i soldi del re delle slot Corallo.

La vicenda inizia nel 2008 quando l’immobile di boule-vard Princesse Charlotte, 14, di proprietà del partito Allean-za Nazionale (lo aveva ricevuto come donazione) viene ven-duto alla offshore Printemps, società che – si legge nell’or-dinanza – è “riconducibile a Giancarlo Tulliani, che ha abitato nell’appartamento in questione e ha lì trasferito la sua residenza il primo gennaio 2009. Tulliani, del resto, risul-ta iscritto all’Aire-Ambasciata d’Italia Monaco, proprio dal primo gennaio 2009, con l’in-dirizzo “BD Princesse Charlot-te 14 – Montecarlo (Principato di Monaco)”. Pochi mesi dopo, l’immobile viene nuovamente venduto, dalla Printemps alla società caraibica Timara: “Il prezzo di quest’ultima com-pravendita veniva fissato in € 330.000,00 (€ 330.000,00 e costi di € 30.100,00), vale a dire proprio la cifra bonificata dal conto caraibico di Corallo”. Già anni fa la procura di Roma aveva indagato sul prezzo del-la vendita tra An e e Printemps, archiviando il fascicolo. In que-sta vecchia indagine c’è anche una nota dell’allora Ministro degli Affari Esteri Franco Frat-tini, indirizzata al Procuratore di Roma, “con la quale veniva trasmessa una missiva del Pri-mo Ministro di Saint Lucia (EE) King Stephenson, datata 2010, nella quale, il Primo Ministro affermava che Tulliani Giancar-lo era il titolare effettivo delle società Printemps Ltd, Timara Ltd e Jaman Directors Ltd”. La stessa lettera poi è stata ritrovata nell’ufficio di Corallo

nella sede dell’Atlantis Casino, in Sint. Maarten, durante una perquisizione.

I Tulliani secondo l’accu-sa hanno aiutato Corallo a far sparire circa quattro milioni di dollari, mettendo a disposi-zione del re delle slot i propri conti segreti. Su un deposito estero di Sergio Tulliani, in par-ticolare, sono arrivati 3 milioni e 599 mila dollari nel novembre 2009; mentre Giancarlo Tullia-ni nel luglio dello stesso anno ha incassato a Montecarlo un bonifico di altri 281 mila dollari. Tutti fondi usciti dalla società italiana, ripuliti nelle offshore ai Caraibi e quindi rientrati nei conti dei Tulliani in modo da nascondere che provenivano da Corallo.

Sempre con i soldi di Coral-lo, secondo quanto risulta da-gli atti dell’inchiesta, l’ex parla-mentare Amedeo Laboccetta si era pagato anche la campa-gna elettorale che nel 2008 lo aveva portato alla Camera sot-to la bandiera del Pdl. A docu-mentarlo, tra l’altro, è un prelie-vo in contanti di 50 mila euro, trasformati da Laboccetta, il 27 marzo 2008, in un assegno circolare intestato al tesoriere della sua campagna elettorale nel collegio Campania 1.

Secondo il Gip “in concor-so tra loro Giancarlo Tulliani quale titolare del conto cor-rente estero acceso presso la Compagnie Monegasque de Banque S.A. (Monaco), Sergio Tulliani quale titolare di conto corrente estero acceso pres-so Kbc Bank Nv di Bruxelles, mettevano a disposizione detti conti per ricevere ingen-

ti somme di denaro dal conto corrente della società Ifps ac-ceso presso la Fcib (First Ca-ribbean International Bank) di Saint Maarten, riconducibile a Corallo Francesco, su cui era delegato ad operare Rudolf Baetsen, al fine di ostacolarne l’identificazione della prove-nienza delittuosa (peculato), consentendo la realizzazione del segmento finale del flusso di denaro tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco, Belgio“. Non solo. Nelle carte dell’inchiesta si leg-ge anche di un bonifico di 2,4 milioni di euro, con la casuale “liquidation foreign assets – decree 78/2009, 2.4M Euro”, finito nel 2009 a Sergio Tulliani. Secondo gli inquirenti, il decre-to legge del quale si parla fa riferimento all’articolo 21 del dl 78 del 2009, ovvero quello ine-renti al rilascio di concessioni in materia di giochi.

La provenienza del dena-ro è spiegato in un altro pas-saggio dell’ordinanzza del Gip che precisa: “Dopo che Joyeusaz Bernardo e Laboc-cetta Amedeo, tra novembre 2004 e febbraio 2005, tra-sferivano € 25.238.450,00 (a fronte di Preu per l’anno 2004 non versato o versato in ritar-do per euro 33.937.436,00), sul conto corrente olandese nr. 24.23.34.474 intestato alla società Atlantis World Mana-gement N.V. acceso presso la Fortis Bank Baetsen, nell’anno 2006, trasferiva € 7.540.000 ($ 9.555.422,00) sul conto cor-rente nr. 10040278 intestato alla società offshore Interna-tional Financial Planning Servi-ces Ltd acceso presso la Fcib (First Caribbean International Bank) di Saint Maarten, ricon-ducibile a Corallo Francesco, nuovamente trasferiti, in par-te, (nel 2009) con bonifico di $ 281.387,49 a favore di Tulliani Giancarlo e con bonifico di $ 3.599.807,49 a favore di Tullia-ni Sergio con la specifica “liqui-dation foreign assets – decree 78/2009, 2.4M Euro”.

Fini e corallo a cena a Montecitorio

Nell’interrogatorio di garan-zia Laboccetta ha spiegato che Fini non è affatto l’allocco che ha voluto far credere, ma

conosceva benissimo Corallo, tant’è che nel 2004, l’ex boss di An venne ospitato (insieme al suo staff) dal re dell’azzardo nelle Antille olandesi, per una vacanza all’insegna delle im-mersioni subacquee; uno degli hobby prediletti di Fini. Insieme a lui c’era anche l’allora came-rata di partito Laboccetta che ricorda come il soggiorno fu in-teramente pagato da Corallo.

Mentre nel 2009, ha detto ancora ai giudici Laboccetta, l’allora presidente della Ca-mera organizzò un piccolo ricevimento per pochi intimi nella sua stanza a Montecito-rio per festeggiare la nascita della seconda figlia avuta con Elisabetta Tulliani. In quell’oc-casione, tra gli invitati, oltre a Laboccetta, ci sarebbe sta-to anche Francesco Corallo. Un’ulteriore dimostrazione che tra il ricco imprenditore del gio-co e la terza carica dello Stato ci sarebbe stato - sempre a leggere le parole di Laboc-cetta - un rapporto più che di semplice conoscenza. Ma c’è di più. Sempre a detta di La-boccetta sarebbe stato ancora l’ex presidente della Camera a spendere il nome del cognato per aiutare il “re delle slot” a realizzare un affare immobiliare a Roma.

Su questo fronte una svolta importante è arrivata nel cor-so di una perquisizione svolta novembre del 2014 presso una abitazione di Corallo, in piazza di Spagna a Roma. In quella circostanza gli inquirenti mise-ro le mani su un pc dove erano presenti file che rendicontava-no i movimenti finanziari delle società riconducibili al “Re delle slot”. Tra le varie voci an-che una che portava a Sergio e Giancarlo Tulliani. Corallo avrebbe accreditato ai Tulliani, su un conto corrente estero, circa 2 milioni e 400mila euro per una consulenza che gli in-quirenti giudicano fasulla. Nel pc in possesso a Corallo quel passaggio di denaro è “giusti-ficato” con la dicitura: “liquida-zione attività estere – Decreto 78/2009, 2,4 milioni di euro”. Il decreto in questione è quello approvato nel 2009 che garan-tiva ai concessionari dei video slot la possibilità di accedere, tramite specifiche garanzie, ai fondi per l’acquisto e per il col-legamento delle slot.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 1/2/2017

ore 16,00

nell’accordo tra il candidato e i boss locali ogni preferenza costava 50 euro

22 Arresti per voto di scAMbio in puGliA Natale Mariella si presentò nel 2015 a sostegno del

governatore PD EmilianoIl presidente della Regio-

ne Puglia, Michele Emiliano, è stato sostenuto alle elezioni regionali del 2015 anche dai voti della criminalità organizza-ta pugliese.

È questo che emerge dall’inchiesta della Procura della Repubblica di Bari che ha portato lo scorso 13 dicembre all’emissione, da parte del Giu-dice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo pugliese, dell’ordinanza di cu-stodia cautelare in carcere a carico di 22 persone.

Le indagini erano partite nel novembre 2015, dopo le dichiarazioni rese in carcere

dal pentito della criminalità or-ganizzata pugliese Michele Di Cosola, che ha parlato di un accordo messo in piedi da Na-tale Mariella - candidato non eletto alle elezioni regionali del 2015 nella lista dei Popolari a sostegno del governatore Emi-liano - d’accordo con le prin-cipali organizzazioni criminali del capoluogo pugliese, che prevedeva il pagamento di 50 euro, 20 agli elettori e 30 alle organizzazioni criminali, per ogni preferenza procurata allo stesso Mariella.

Il sistema, riferisce il pentito, mirava a coinvolgere soprattut-to elettori più bisognosi, e per

coloro che non collaboravano, c’erano pesantissime minacce da parte della malavita, anche di morte.

Mariella per ora risulta sol-tanto indagato nella vicenda, mentre è finito agli arresti il suo più stretto collaboratore Armando Giove - con l’accu-sa di avere fatto da tramite tra Mariella e il clan malavitoso dei Di Cosola, che ha visto 21 suoi affiliati finire in carcere.

Le accuse per i 22 arrestati sono - a vario titolo - di aver preso parte ad un’associazione armata di tipo mafioso, scam-bio elettorale politico-mafioso e coercizione elettorale in con-

corso.Da un punto di vista politico,

al di là del fatto che Mariella non sia stato eletto, è gravissi-mo che il PD Michele Emiliano abbia accettato senza battere ciglio e sapendo bene con chi aveva a che fare (Emiliano, si ricordi, è un ex pubblico mini-stero, e sarebbe ingenuo cre-dere che come tale non fosse bene informato) la collabora-zione di persone colluse con il mondo della malavita comune come Natale Mariella, che si è procurato una cospicua parte dei 5.866 voti che ricevette tra-mite un accordo con la crimi-nalità organizzata.

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8 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2017

SponSorizzata fortiSSimamente dal governatore pd della toScana, enrico roSSi, e dal SottoSegretario SocialiSta, riccardo nencini

no e ancora no all’autostrada tirrenicaDevastazione del territorio, sperpero di soldi pubblici e regalo ai Benetton. Tra Rosignano e Cecina il pedaggio più caro

d’Europa. Adeguare l’Aurelia alla superstrada a 4 corsie, già in funzione tra Grosseto e RosignanoNuove autostrade, spre-

chi di soldi pubblici, danni e speculazione. Fra gli altri, ab-biamo già un calzantissimo quanto recente esempio: la BreBeMi, autostrada che col-lega Brescia a Bergamo e Mi-lano, costruita nel 2009 dal governo Berlusconi e dal ciel-lino Formigoni, allora Presi-dente della Regione Lombar-dia, con l’avallo della CGIL di Bergamo. Questa autostrada a pedaggio è diventata il sim-bolo delle grandi opere stra-dali-truffa; per premere con

l’inizio dei lavori, furono fat-te circolare dai promotori pre-visioni di traffico fantasiose spinte fino ai 60.000 tra auto e camion al giorno. Nella so-stanza oggi il traffico non c’è e per invogliare gli autisti a pren-derla, si è addirittura arrivati a scontare gli esosi pedaggi, mentre allo stesso tempo, la Regione Lombardia, con sol-di pubblici, ha tirato fuori cen-tinaia di milioni di euro per evi-tare il fallimento della società di gestione confermando lauti compensi al suo CDA. E pen-

sare che inizialmente il costo complessivo, annunciato pari a 1,6 miliardi di euro, fu dichia-rato “interamente a carico dei privati”, col cosiddetto project financing. Una truffa. Per l’au-tostrada Tirrenica gli studi uf-ficiali sul tratto Tarquinia – Grosseto, parlano chiaro. In un report della società ingle-se Steer Davies Gleave, sia le previsioni di breve termine, sia quelle di medie e lungo, evi-denziano come da qui al 2040 si giungerebbe al massimo a un traffico di circa 15.000 vei-coli al giorno, dei quali solo un decimo di mezzi pesanti. Quantomeno, per provare a giustificare un’opera comun-que dannosa, ne servirebbero il doppio, e invece sono appe-na un quarto di quelli vagheg-giati nel 2009 per la fallimen-tare bretella lombarda.

gli affari del gruppo Benetton

Il grande Gruppo Benet-ton, già proprietario di Sat – Società Autostrada Tirrenica, per un miliardo e 400 milioni di euro dovrebbe costruire i 90 chilometri della nuova ar-teria maremmana da Tarqui-nia a Grosseto; da Grosseto a Rosignano invece, l’auspica-ta speculazione autostradale è per ora tramontata e rimar-rà in funzione l’attuale super-strada non a pagamento. La concessione che Sat otter-rà nel malaugurato caso l’au-tostrada si faccia, durerà per ben 26 anni, fino al 2043. Se-condo alcuni esperti, consi-derato lo scarso traffico ed ipotizzando pedaggi appena superiori ai medi attuali del-le tratte limitrofe, questa ope-ra sarebbe più una grana che un affare per chi se l’accolle-rà; ma come la mettiamo se il costruttore e gestore fosse,

come in questo caso gestore anche di altri 3.000 chilometri di rete autostradale del Pae-se? Gli sarebbe sufficiente in-trodurre un generale aumen-to dei pedaggi, come peraltro accade già oggi puntualmen-te di anno in anno, per coprire le perdite del tratto, generan-do invece ulteriori utili. Il trat-to di autostrada già esistente da Collesalvetti a Rosignano e ancor più quello tra Rosi-gnano e Cecina Nord hanno invece il grande privilegio di essere i più cari d’Europa, nel rapporto costo/chilometro.

i danni ambientali ed economici alle popolazioni dei comuni coinvolti

Secondo Sat, il pedaggio da Fonteblanda a Grosseto, andata e ritorno si aggirereb-be tra gli 8 e i 10 euro. Agli abitanti dei comuni coinvol-ti, sarebbero concessi appe-na 5 anni di esenzione con la sola promessa di rivedere in seguito gli accordi. Secondo i comuni e i comitati, una pro-posta inaccettabile. La que-stione pedaggio è un susse-guirsi di contraddizioni: se per arrivare a Grosseto non si paga, per attraversare i tre co-muni maremmani di Magliano, Orbetello e Capalbio, si dovrà mettere mano al portafoglio. Un punto cruciale da affronta-re è dunque quello della via-bilità alternativa, che dovrà consentire ai residenti di spo-starsi gratuitamente e ai turisti di poter circolare senza avere sulla testa la spada di Damo-cle di una vera e propria ga-bella. Nonostante lo si igno-ri, esiste infatti una normativa europea che non consente la concessione di agevolazio-ni alle stesse classi di utenti

– in questo caso automobili-sti – a prescindere dalla loca-lità di residenza; altro principio desumibile dalla sentenza di cassazione 116/2007 (sezioni unite), spiega che non si può esigere un pedaggio per un servizio di pubblica utilità se non esiste un servizio sosti-tutivo gratuito, poiché già pa-gato con la fiscalità generale, strade comprese. Riassumen-do, a nord di Grosseto ci sarà una superstrada ulteriormen-te ammodernata senza alcun pedaggio e con arterie idonee per supportare il traffico loca-le all’interno dei territori; il trat-to a pagamento che vogliono Regione e governo sarà in-vece proprio nei comuni con maggiori difficoltà di inseri-mento e dove viene arrecato maggior danno alle economie, all’ambiente ed a tutta la po-polazione. Da un punto di vi-sta strettamente ambientale, sono previsti viadotti e galle-rie per attraversare il sud della Maremma. Il nuovo tratto do-vrebbe snodarsi tra la Lagu-na di Orbetello e la Valle d’oro di Capalbio, tanto ricca di re-perti archeologici: proprio per le caratteristiche paesaggisti-che del territorio, questo trat-to era rimasto fra i pochi a non avere ancora ufficialmente un progetto definitivo. Tutto ciò senza dimenticare il dissesto idrogeologico che interesserà le falde acquifere, catastrofico quanto onnipresente in pres-soché tutte le grandi opere.

no all’autostrada, sì all’adeguamento della superstrada

a 4 corsieAppurato quanto sopra,

perché allora non adeguare con una spesa enormemen-te più contenuta, l’Aurelia in

una superstrada a 4 corsie senza incroci e caselli, na-turalmente senza pedaggio, incentivando quindi anche il carattere turistico dell’area e risparmiando l’ambiente ed il paesaggio, vera ricchez-za dell’area? In questo mo-mento, nonostante le mille ragioni per seppellire l’ipo-tesi, non ultima la posizione contraria dei sindaci dei co-muni interessati e dei comi-tati, è in corso la VIA, valuta-zione di impatto ambientale, l’ultimo passo prima dell’ef-fettiva apertura dei cantie-ri. Pare inspiegabile, se non si conoscesse a fondo di chi stiamo parlando, il fatto che l’insistenza sull’opera pro-venga direttamente e pratica-mente in maniera prevalente dal Presidente della Regio-ne Toscana, Enrico Rossi, candidato anche per la se-greteria del PD, e Riccardo Nencini, socialista e sottose-gretario alle infrastrutture ed ai trasporti, grande promoto-re da sempre di opere inuti-li e dispendiose per le casse pubbliche,su tutte la TAV. Noi marxisti-leninisti siamo cer-ti che quest’opera non sia un avanzamento delle condizio-ni materiali di vita del prole-tariato e delle masse toscane ma, al contrario, contribuirà al peggioramento delle stesse; oltre alla questione ambien-tale e sui pedaggi, pare scon-tato che in un cantiere così esteso si aprirà un nuovo ter-reno fertile per la corruzione e lo smistamento di appalti – come peraltro accertato dalla magistratura circa l’aggiudi-cazione di lavori sulla BreBe-MI nella quale entrò in ballo anche la Lega Cooperative di Penati - , così come fioriran-no i subappalti aumentando i pericoli e lo sfruttamento per i lavoratori in dinamiche ormai senza controllo.

possibile tratto della tirrenica

per turbativa d’asta

Salone del libro a Torino: 4 arreSTi, indagaTo l’ex aSSeSSore di FaSSino

Quattro persone sono state arrestate il 12 luglio scorso dai carabinieri della procura di To-rino nell’ambito dell’inchiesta sul Salone del libro.

Tra gli indagati c’è anche l’ex assessore alla Cultura della giunta Fassino, Maurizio Braccialarghe, che ha subito una perquisizione e che con-divide con gli arrestati l’accu-sa di turbativa d’asta.

L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Gian-franco Colace, è incentrata sul modo in cui la multinazio-nale francese Gl Events, che gestisce Lingotto Fiere, ha ot-tenuto lo scorso anno l’appal-to per organizzare tra il 2016 e il 2018 il Salone con un bando cucito su misura.

In manette sono finiti Regis Faure, direttore generale della Gl Events Italia, filiale italiana della multinazionale france-se, Roberto Fantino, diretto-re commerciale e marketing di Lingotto Fiere, società di Gl Events che gestisce il polo fieristico torinese, e Valenti-

no Macri, segretario generale della Fondazione per il Libro. Ai domiciliari è finito Antonio Bruzzone, dirigente di Bolo-gna Eventi.

Nel corso dell’inchiesta è emerso che l’“uccellino” Fan-tino, in qualità di componente della Commissione giudicatri-ce, passava tramite Macri in-formazioni coperte da segre-to (quali la presentazione di manifestazioni di interesse, l’identità degli interessati, la presentazione delle offerte) a un dirigente di Lingotto Fiere, così da consentire alla multi-nazionale francese di modu-lare la propria partecipazione alle varie fasi della procedura di gara a seconda delle infor-mazioni ricevute e di contatta-re uno degli altri partecipanti per concordare la sua uscita di scena.

L’indagine era partita dall’i-potesi di peculato nei confron-ti di Rolando Picchioni, ex pre-sidente della Fondazione per il libro, un ente che in questi giorni è tornato al centro del-

la polemica per la volontà dell’Associazione italiana edi-tori di lanciare una nuova fiera dell’editoria a Milano.

Nell’ordinanza di arresto del Giudice per le indagini pre-liminari (Gip ) Adriana Cosen-za si legge che nel settembre 2015 la fondazione indice una gara per concedere al miglior offerente l’organizzazione lo-gistica (vendita spazi per gli stand, biglietti…) del Salone del libro “da realizzarsi esclu-sivamente in Torino presso il Lingotto Fiere”, una “clausola essenziale e imprescindibile”. Con una serie di telefonate e incontri riservati Macri informa costantemente Fantino sulle fasi della gara e sull’arrivo di offerte concorrenti. Gl Events ha una piccola percentuale di Bologna Fiere, così Fan-tino e Bruzzone discutono e quest’ultimo decide di non ostacolare i torinesi. Alla fine del procedimento la commis-sione valutativa apre l’unico plico con le offerte giunte ed è quello di Gl Events Italia.

Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 la concessione non viene ufficialmente aggiudica-ta perché la Fondazione per il libro, partecipata da Città di Torino, Regione Piemonte e l’Associazione italiana edito-ri, è in grosse difficoltà econo-miche (dovute anche agli alti costi d’affitto imposti dal Gl Events per gli spazi del Salo-ne e gli scarsi ricavi garantiti in passato), al punto che un con-sigliere, il segretario generale della Compagnia di San Pa-olo Piero Gastaldo, dice agli investigatori: “In un’organiz-zazione di carattere privatisti-co, io stesso avrei proposto di dichiarare lo stato fallimenta-re”. Servono i soldi degli enti pubblici, senza i quali la Fon-dazione non può pagare Gl Events per l’inizio dei lavori.

A questo punto, spiega an-cora il Gip Cosenza, Faure “metteva a parte delle pros-sime fasi della vicenda anche gli amministratori locali Brac-cialarghe Maurizio, nonché l’assessore regionale per la

Cultura, Parigi Antonella”. Te-lefona all’allora assessore ed ex manager Rai “per manife-stare le proprie aspettative ed i propri auspici rispetto all’at-tesa aggiudicazione”; il sosti-tuto procuratore Gianfranco Colace aggiunge che “que-sta telefonata denota un teno-re di estrema confidenza tra i due interlocutori nonostante uno sia esponente politico e di un’amministrazione che di fatto è parte della Fondazione del libro, ente appaltante del-la gara in oggetto, e l’altro sia il vertice di una delle società che ha partecipato al bando stesso”.

Pochi giorni prima di Nata-le Fantino spiega a Faure di aver incontrato Macri, il quale gli ha riferito che la fondazio-ne dovrebbe ricevere 600mila euro da Regione e Comune, una somma di denaro insuffi-ciente per il Salone del 2016. Il dg prende l’iniziativa: “Il Fau-re palesava l’intento di voler avvicinare il sindaco Fassi-no in modo di ‘sensibilizzarlo’

della questione e così riven-dicare l’aggiudicazione della gara”. Lo fa via mail, scriven-do anche a Braccialarghe e alla presidente della fondazio-ne Giovanna Milella.

Non è il suo unico tentativo di influenzare l’ex sindaco PD. Prima ancora aveva contatta-to il capo di gabinetto di Fassi-no, Alessandra Gianfrate, per lamentarsi della mancata ero-gazione di fondi dal Comune alla Fondazione, e aveva fat-to lo stesso con la Milella af-finché sollecitasse l’ex sinda-co. Il 9 dicembre 2015 parla direttamente con il primo citta-dino per organizzare l’annuale pranzo delle famiglie indigenti all’Oval, struttura del Comune concessa a Gl per soli 45mila euro l’anno. Stando a quan-to scritto dal giudice nell’or-dinanza, Faure si era dimo-strato disponibile in modo da mantenere “buoni rapporti con l’autorità in vista di un possibi-le futuro appoggio”.

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N. 5 - 9 febbraio 2017 interni / il bolscevico 9

Regeni fu assassinato dal Regime egiziano

La prova decisiva è nel filmato clandestino del giovane ricercatore italiano. Manifestazioni in tutta Italia L’aMbascIatore ItaLIano non tornI In egItto

Giulio Regeni, il giovane ri-cercatore friulano dell’universi-tà di Cambridge, rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 dalla poli-zia segreta, barbaramente tor-turato nelle prigioni del regime e ritrovato cadavere nove gior-ni dopo lungo l’autostrada per Alessandria, fu assassinato dal regime fascista del dittatore egiziano Al-Sisi.

La conferma è arrivata nei giorni scorsi proprio a ridosso dell’anniversario della morte di Giulio attraverso la diffusione di un filmato montato ad arte e mandato in onda dalla Tv egi-ziana nell’ennesimo tentativo di screditare il giovane ricercatore friulano e farlo passare per un infiltrato dello spionaggio ingle-se che lavorava per destabiliz-zare il governo, finanziava i sin-dacati e li incitava a organizzare manifestazioni in vista del temu-to anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir di sei anni fa.

Il video riguarda un incontro tra Giulio Regeni e il capo del sindacato degli ambulanti, Mo-hamed Abdallah, risalente al 6 gennaio del 2016. Nel filmato, girato di nascosto dallo stes-so Abdallah - che ha ammes-so di aver denunciato Regeni ai servizi segreti del Cairo - il sindacalista cerca di provoca-re e di corrompere il ricercato-re italiano chiedendogli dei sol-di per curare la moglie malata di cancro.

Secondo quanto è emer-so dall’inchiesta della Procu-ra di Roma, Abdallah denun-ciò i suoi rapporti con Regeni alla polizia del Cairo prima del 6 gennaio e in quella occasio-ne sarebbe stato concordato come fare le riprese video della durata di un’ora e 55 minuti. Di questi, 45 minuti è durato il col-loquio tra Abdallah e Regeni, e comunque durante l’incontro il ricercatore non mostrò alcuna disponibilità ad una destinazio-ne delle 10 mila sterline di fi-nanziamento diversa da quella

di portare a termine il suo pro-getto di ricerca per il sindacato ambulanti.

Dunque si è trattato dell’en-nesimo tentativo di depistaggio orchestrato dalla National Se-curity Agency (Nsa), il Servizio segreto civile interno del regi-me egiziano, alle dirette dipen-denze di Al-Sisi e del suo mi-nistro dell’Interno Magdy Abdel Ghaffar.

Del resto non è certo la pri-ma volta che il regime di Al-Sisi e la Nsa tentano di insabbiare le indagini. All’inizio dissero di non avere alcuna informazione sulla scomparsa di Giulio, poi inscenarono il falso incidente stradale lungo l’autostrada per Alessandria dove il 3 febbraio 2016 fu fatto ritrovare il cadave-re di Giulio, successivamente attribuirono l’omicidio ai Fratel-li musulmani e infine il tentati-vo di far passare l’assassinio di Regeni per un delitto a sfondo omosessuale e ventilando la sua uccisione per mano di una banda di spacciatori in quanto dedito all’uso di droghe.

Invece dal filmato origina-le che dura quasi due ore ed è stato acquisito agli atti dalla procura di Roma, emerge che Regeni fu incastrato dai servizi segreti egiziani che il 6 gennaio 2016 nascosero una microca-mera nel bottone della giacca di Mohammed Abdallah il qua-le subito dopo aver registra-to l’incontro avuto con Regeni nel mercato Ahmed Helmy, nel quartiere Ramses del Cairo, lo ha venduto e denunciato ai suoi aguzzini.

La telecamera che dove-va smascherare Regeni come spia di un Paese straniero fu infatti messa a disposizione, quello stesso giorno, da un gio-vane capitano della Nsa i cui uffici erano nel quartier gene-rale del Servizio al Cairo, nel centralissimo quartiere Sadr City. Non solo. Era stato lo stesso Servizio segreto a solle-

citare quella provocazione che si immaginava dovesse diven-tare una trappola.

I particolari li racconta lo stesso Abdallah ai magistrati della Procura generale del Cai-ro in un lungo verbale in lingua araba del 10 maggio 2016 di cui solo in queste ultime setti-mane gli inquirenti della procu-ra di Roma hanno potuto avere piena contezza nella traduzio-ne giurata che ne è stata fatta.

Quelle carte fra l’altro con-fermano che il 7 gennaio 2016 furono proprio due agenti di una stazione di Polizia del Cai-ro a raccogliere la denuncia presentata da Abdallah contro Regeni e che sono almeno tre i poliziotti indagati per il mas-sacro dei cinque componenti della banda di criminali comu-ni, specializzata nel rapimento di turisti stranieri, uccisi al Cai-ro il 24 marzo 2016 (i due che fecero fuoco e un terzo che eseguì la perquisizione dell’a-bitazione di uno degli assassi-nati collocandovi i documenti di Giulio) nel macabro tentati-vo di iscrivere la morte di Reg-geni nell’ambito di una guerra fra bande di balordi.

Fatti e circostanze che insie-me alla perquisizione della Nsa effettuata senza mandato giu-diziario nella casa di Dokki nel dicembre 2015 quando Giulio era in vacanza; alle foto scat-tate sempre in quel dicembre che segnalano la presenza di Giulio in una riunione del sin-dacato fino alla consegna della telecamera con cui effettuare le riprese clandestine il 6 gen-naio dimostrano come “la prati-ca Regeni” fu istruita dalla Nsa molte settimane prima del 7 gennaio 2016, quando ufficial-mente entra in scena la poli-zia. E che ancora il 22 gennaio, quando Abdallah torna a con-tattare la Nsa, che a sua vol-ta lo cerca, come documenta-no i tabulati, la pratica continui ad essere considerata di gran-

de attualità, nonostante, uffi-cialmente, la polizia l’avesse già archiviata come “irrilevan-te” per la sicurezza nazionale.

Stando agli agenti egiziani, le attività di investigazione del-la polizia su Regeni sarebbe-ro durate tre giorni, dal 7 gen-naio (data della denuncia di Abdallah che riteneva Regeni una ‘spia’) al 10 gennaio. Tut-to ciò non corrisponde affatto a quanto scoperto dai magistra-ti di piazzale Clodio. Dai tabu-lati risulta che il primo incontro tra Abdallah e Giulio risale all’8 dicembre 2015 al mercato di Ramses. Dunque, gli accerta-menti della polizia si sarebbe-ro dovuti esaurire l’11 (quan-do Regeni, unico occidentale, venne fotografato nel corso di una riunione di sindacalisti egi-ziani) o, al massimo, il 12 di-cembre. Invece, l’attività di in-vestigazione è proseguita a gennaio inoltrato, a pochi gior-ni dalla scomparsa del ricerca-tore italiano: lo provano i con-tatti telefonici tra l’ex capo degli ambulanti e la National Securi-ty dell’8, dell’11 e del 14 genna-io, quindi in epoca successiva alla presunta data di denuncia (6 gennaio) presentata contro Regeni.

I genitori di Giulio, dopo aver visionato il video, in una inter-vista a “Il Piccolo di Trieste” hanno detto: “È ancora pre-maturo affrontare nel profondo quest’aspetto, ci sono le inda-gini in corso. Quanto è emerso nel tempo, grazie alla biografia di Giulio, è la sua forza e dispo-nibilità umana verso gli altri. La sua costante e incessante ri-cerca di dialogo e confronto, con se stesso e con gli altri. La sua competenza e onestà. Da parte nostra – hanno aggiun-to - non ci siamo mai sottratti a nulla, pur di ottenere la verità e dunque giustizia. Sappiamo essere pazienti ma siamo inar-restabili: vogliamo la verità e la vogliamo tutta”. A tal proposito,

hanno sottolineato ancora i co-niugi Regeni: “è stato neces-sario, doveroso, importante e fruttuoso il richiamo dell’amba-sciatore dall’Egitto”.

Il primo anniversario della morte di Giulio è stato ricordato il 25 gennaio in tutta Italia con una serie di manifestazioni per chiedere ora più che mai di fare piena luce su tutta la vicenda e scoprire finalmente chi ha or-dinato il sequestro, chi ha ese-guito l’omicidio e soprattutto chi e perché ha coperto e con-tinua a coprire i mandanti e gli aguzzini di Giulio.

La manifestazione naziona-le si è svolta a Roma all’Univer-sità La Sapienza dove a tutti i manifestanti è stato distribuito un cartello con un numero, da 1 a 365, per ricordare i giorni che sono passati dalla scom-parsa di Giulio. Altre manifesta-zioni e fiaccolate si sono svol-te a Fiumicello (la città dove Giulio era cresciuto), Roma (a San Lorenzo in Lucina), Napoli (in Piazza Dante) a partire dal-le ore 19.41, l’ora in cui Giulio Regeni scomparve.

In ogni caso va sottoline-ato che se i servizi egiziani si sono potuti permettere di farsi impunemente beffe finora del-la ricerca della verità, della fa-miglia Regeni e dell’intero no-

stro Paese, è anche perché il governo Renzi e il suo succes-sore Gentiloni glielo hanno ta-citamente e vergognosamente lasciato fare: e questo in nome dell’“amicizia” tra i due gover-ni e personale tra Renzi e Al-Sisi, degli affari miliardari che intercorrono tra i due paesi (l’I-talia, con 5 miliardi l’anno di in-terscambio e investimenti per 10 miliardi è il secondo partner commerciale dell’Egitto dopo la Germania) e della stretta al-leanza militare nel quadro del-la guerra al comune nemico, lo Stato islamico.

La verità è che da quando il corpo di Regeni è stato “ritro-vato”, sia Renzi che Gentiloni non hanno fatto altro che ripe-tere come un mantra che “non ci accontenteremo di meno che della verità”, ma non han-no mosso un dito contro gover-no egiziano.

Occorre invece interrompe-re subito tutte le relazioni diplo-matiche e tutti gli accordi eco-nomici, politici e militari con il governo egiziano, promuovere azioni in tutte le sedi internazio-nali per accusarlo di violazione dei diritti umani e applicargli le relative sanzioni e pretendere che altrettanto facciano le au-torità della UE. L’ambasciatore italiano non torni in Egitto.

Roma. La manifestazione chiedere la verità ed avere giu-stizia su Regeni, sotto Montecitorio il 27 gennaio 2017, ad un anno dalla scomparsa

Appello di “Non una di meno” a tutti i sindacati

ScioperiAmo l’8 mArzo per dire No AllA violeNzA mASchile Sulle doNNe

Siamo le donne che han-no costruito la grande mobili-tazione nazionale dello scorso 26-27 novembre che ha visto scendere in piazza più di due-centomila persone.

Con lo slogan Non Una di Meno ci siamo rimesse in mar-cia contro la violenza maschi-le sulle donne insieme a tutti coloro che hanno riconosciu-to questa lotta imprescindibile per la trasformazione radicale dell’esistente.

La manifestazione ha riba-dito che la violenza è un pro-blema strutturale delle nostre società e agisce in ogni ambi-to della nostra vita. Il femmini-cidio è la punta dell’iceberg, l’e-pilogo tragico di una catena di discorsi e atti, simbolici e con-creti, che dalla casa al posto di lavoro, dalla scuola all’universi-tà, negli ospedali e sui giornali, nei tribunali e nello spazio pub-blico tende ad annientarci.

Sappiamo come la violenza

sulle donne si esprime in una molteplicità di agiti/piani: nella disparità salariale; nelle tante discriminazioni sui posti di la-voro, nei luoghi della formazio-ne e della ricerca; nello sfrutta-mento del lavoro domestico e di cura, che sia svolto gratui-tamente oppure in cambio di un salario, nella maggior parte dei casi da una donna migran-te obbligata dal ricatto del per-messo di soggiorno; nel ricatto della precarietà; nella privatiz-zazione della salute e dei servi-zi; nella negazione della libertà di scelta e dell’autodetermina-zione, nella violenza ostetrica e medica, nell’obiezione di co-scienza dilagante, nella squali-ficazione del nostro ruolo e del-la nostra dignità.

Ma siamo altrettanto con-sapevoli – e dobbiamo farlo capire a molti – del peso che le donne, più della metà del-la popolazione mondiale, han-no nei processi economici,

sociali,culturali, produttivi e ri-produttivi, e della forza di mo-bilitazione trasformativa che possono esprimere e stanno esprimendo in tutto il mondo.

Le giornate del 26 e 27 No-vembre sono state solo l’inizio di un percorso di lotta, di ela-borazione, di trasformazione, dunque, perché sentiamo for-temente il bisogno che tutto questo non rimanga sul piano esclusivamente simbolico.

Per questo abbiamo fatto nostro l’appello delle donne ar-gentine alla costruzione di uno SCIOPERO INTERNAZIONA-LE DELLE DONNE PER IL PROSSIMO 8 MARZO. Una giornata in cui rivendicare la nostra forza agendo la nostra sottrazione/astensione da ogni funzione produttiva e riprodutti-va che ci riguardi.

Si tratta di una pratica già sperimentata in passato ma inedita nella sua dimensio-ne internazionale, che prende

spunto dagli scioperi delle don-ne argentine e polacche dei mesi scorsi. È una sfida che lanciamo per rimettere al cen-tro, dopo il 26 e il 27 novembre, il protagonismo delle donne contro la violenza psicologica, fisica, sociale, economica, po-litica e culturale, perché “Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo”.

Chiediamo, quindi, a tutti i sindacati confederali, di base e autonomi, in particolare a tut-ti quelli che hanno aderito alle giornate del 26 e del 27 No-vembre, di mettersi al servizio della mobilitazione delle donne e di indire lo sciopero genera-le per la giornata dell’8 Marzo 2017, essere strumento utile allo sciopero e non ostacolo all’adesione delle lavoratrici e di tutt* coloro intendano parte-cipare a questa nuova giornata di lotta per la nostra autodeter-minazione.

Non Una Di Meno

Pubblichiamo l’appello della rete “Non una di meno” a tutti i sindacati: confedera-li, “di base” e autonomi a in-dire unitariamente uno scio-pero generale nazionale per l’8 Marzo giornata internazio-nale delle donne. Le modali-tà di questo sciopero saran-no discusse nell’assemblea nazionale di Bologna del 4-5 febbraio prossimi. Una scelta quella di “Non una di meno” dell’8 Marzo che sa-lutiamo con piacere, proprio quest’anno cade il centenario della prima manifestazione delle operaie di Pietrogrado contro lo zarismo svolta l’8 Marzo del 1917, dopo poco divampò la grande Rivolu-zione d’Ottobre. Un 8 Marzo per “riprenderci questa gior-nata di lotta” come dicono le promotrici per dire no alla violenza fisica, psicologica,

culturale ed economica sulle donne. Il PMLI augura il pie-no successo dell’Assemblea nazionale e ne appoggia la piattaforma contro la violen-za maschile sulle donne, sul-le lesbiche e sui transessuali. Siamo d’accordo sull’affer-mazione di “Non una di meno” spiegando le motiva-zioni dello sciopero che “sen-za donne non c’è rivoluzione possibile!” ed è per questo che il PMLI invita le don-ne a “lottare contro il gover-no Gentiloni e il capitalismo, per il socialismo. Perché solo abbattendo il capitalismo e il potere della borghesia e in-staurando il socialismo con il proletariato al potere è possi-bile realizzare la piena eman-cipazione delle donne, la to-tale parità tra le donne e gli uomini e costruire un mondo nuovo”.

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Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

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N. 5 - 9 febbraio 2017 PMLI / il bolscevico 11Presso la sede della Cellula “Mao” di Milano

“Terza NoTa” iNTervisTa Urgo sUl PMli e lo sTaTo islaMiCo

�Dal corrispondente della Cellula “Mao” di Milano del PMLIIl 13 dicembre scorso il Se-

gretario del Comitato lombar-do del PMLI, nonché della Cellula “Mao” di Milano, com-pagno Angelo Urgo, ha con-cesso un’intervista al giorna-lista della rivista on-line “La Terza Nota”, Davide Rega, il quale ha preventivamente ga-rantito che alla redazione del-la sua testata “siamo tutti con-vintamente antifascisti”; nel caso tale redazione avesse avuto un orientamento fasci-sta o filo-fascista l’intervista, ovviamente, non sarebbe sta-ta concessa.

Nell’intervista Rega ha volu-to fare domande sull’operato e la linea del Partito, soprattutto su “alcune prese di posizione controverse, come l’appoggio allo Stato Islamico e all’asten-sionismo alle elezioni”.

Rispondendo al suo inter-vistatore, Urgo ha spiegato che l’attuale attività del PMLI è prevalentemente di propa-ganda: “propagandiamo la li-nea del Partito, che non è so-lamente quella strategica. Per esempio, partecipiamo al sin-dacato, nello specifico lavoria-mo nella CGIL”. “Non perché pensiamo sia un sindacato ri-voluzionario - ha specificato Urgo - ma perché seguiamo la tattica leninista di stare nel sindacato più partecipato, la-vorandoci dall’interno per con-dizionare i lavoratori sulla no-stra piattaforma rivendicativa”.

“Veniamo alle questioni più spinose” ha quindi incalzato Rega domandando le ragioni del nostro appoggio allo Stato Islamico. Urgo ha risposto che il nostro non è un appoggio strategico; tra l’IS e il PMLI, dai punti di vista ideologico, cultu-rale, tattico e strategico, c’è un abisso incolmabile; la nostra posizione è tattica, concerne specificatamente la tattica an-timperialista esposta da Stalin nella sua celebre opera “Prin-cipi del Leninismo”.

Urgo ha tenuto a specifica-

re che consideriamo lo Stato Islamico come un’entità stata-le che oggettivamente si op-pone all’invasione e aggres-sione (diretta e per procura) di varie potenze imperialiste malamente coalizzatesi e ten-denzialmente rivali. “Alla fine da dove nasce lo Stato Isla-mico?” si è chiesto il compa-gno per poi rispondere: “dalla comunità arabo-sunnita che si è ribellata inizialmente in Iraq, contro la dominazione impe-rialista succedutasi alla cadu-ta di Saddam Hussein, e poi in Siria, alla discriminatoria ditta-tura della borghesia alawita guidata dal clan degli Assad”.

Il fatto che tale ribellione all’oppressione imperialista ed etnico-religiosa abbia preso (nella maggioranza degli ara-bo-sunniti) la forma dell’ideo-logia salafita, e abbia adottato la Sharia, concezioni che non condividiamo e che sono anni

luce lontane dalle nostre, “è il frutto del livello di coscienza del proletariato in quel Paese” do-vuto anche al vuoto ideologico causato dallo scempio politico e ideale che i revisionisti falsi comunisti e il partito Baath han-no fatto (screditandola col loro operato fatto falsamente in suo nome) della giusta aspirazione a una autentica società laica e socialista.

“Cosa pensate allora del Rojava – ribatte l’intervistato-re - dove i curdi e altre etnie cercano di sviluppare un’e-sperienza socialista, demo-cratica, femminista, ma fan-no anche una guerra senza quartiere all’ISIS?”. Il nostro compagno ha spiegato che il partito politico che promuove il Rojava non è un partito mar-xista-leninista e che noi non consideriamo nemmeno che porti avanti il socialismo. Urgo ha quindi sottolineato che “ri-

conosciamo legittime le riven-dicazioni indipendentiste, o autonomiste, del Rojava, e ri-teniamo l’aggressione dell’IS ai curdi siriani un errore”, per poi spiegare che lo Stato Isla-mico “non è un’organizzazio-ne coscientemente, sogget-tivamente, antimperialista, lo è solamente oggettivamente”. Altrimenti il Califfato avrebbe capito che sarebbe stata ne-cessaria una tregua coi mili-ziani curdi invece di aggredirli e spingerli in braccio agli im-perialisti americani. “Le forma-zioni militari del Rojava (YPG e YPJ) si chiamano gruppi di difesa, però, premendo verso Raqqa non si va più in difesa: stanno giocando una guerra di attacco che non è più quel-la del Rojava, dei curdi, ma è quella dell’imperialismo ame-ricano”.

Per concludere l’argomen-to Urgo ha affermato che la nostra rivendicazione antim-perialista è trattare la pace con lo Stato Islamico e met-tere fine a questa guerra im-perialista di aggressione per il petrolio, e non solo; una guer-ra che inoltre non fa altro che provocare rappresaglie terro-ristiche su civili innocenti che vivono nei Paesi aggressori.

Alla domanda su come qualifichiamo l’astensionismo alle elezioni politiche e se con-sideriamo tutti i voti degli aste-nuti come voti nostri, Urgo ha risposto che l’astensionismo rappresenta una forma di voto di delegittimazione delle istitu-zioni borghesi, “da qui a dire che sono tutti voti nostri ce ne passa!”.

Su cosa ne pensiamo del famoso “Odio gli indifferenti” di Gramsci il compagno Urgo ha premesso che il PMLI non è gramscista dato che Antonio Gramsci è stato un antifasci-sta ma non un marxista-leni-nista, “ideologicamente non era nemmeno un materiali-sta ma, in effetti, un idealista crociano”. Rispondendo alla domanda Urgo ha affermato che “questa posizione non la

condividiamo perché pensia-mo che sia compito del Partito marxista-leninista far prende-re coscienza anche agli indif-ferenti; avere questo atteggia-mento elitario, di disprezzo, verso chi al momento è indif-ferente, perché non è ancora cosciente, della propria condi-zione sociale e di classe, è un partire male in partenza”.

L’intervista si è conclu-sa con alcune domande a ri-sposta rapida. Rispondendo a queste, Urgo ha ribadito il nostro attaccamento a Sta-lin come nostro Grande Ma-estro, affermando che su di lui si sono dette le cose più truci e infamanti, proprio per-ché è stato il primo a edificare una società socialista; ha riaf-fermato che Krusciov e il XX Congresso del PCUS rappre-sentano la restaurazione del capitalismo in Unione Sovieti-ca; ha definito Mao quale ul-timo Grande Maestro del pro-letariato internazionale che ha edificato il socialismo in Cina e – col Grande Balzo in Avanti e la Grande Rivoluzio-ne Culturale Proletaria e quin-di la continuazione della lotta di classe nelle condizioni del socialismo - l’ha portato an-che più avanti dell’esperienza sovietica.

Il nostro compagno ha af-fermato inoltre in merito al PCI revisionista che era un

“Partito di massa, ma non par-tito di quadri”, non era un par-tito di tipo bolscevico, così come inteso da Lenin già nel 1903. Era un partito revisio-nista e riformista, che aveva come suo Alfa e Omega la Costituzione borghese e non il socialismo. Poi è stato an-che un partito conservatore con Berlinguer, fino a diven-tare, nella seconda metà de-gli anni ’80, un partito che si è allineato alla linea reazionaria e liberista della borghesia ita-liana ed europea.

In merito al proletariato di oggi Urgo ha detto che no-nostante si sia cercato di pro-clamarne l’estinzione esso permane ed è sempre più sfruttato: “Oggi come oggi ci accorgiamo che esiste la classe operaia solo quando gli operai muoiono. La classe operaia esiste ancora, se la si vuole vedere”.

Correttamente sintetizzata sulla base della registrazione, l’intervista è stata pubblicata l’8 gennaio sul sito de “La Ter-za Nota” (http://laterzanota.info/). Alla cui redazione van-no i nostri ringraziamenti per averla pubblicata dopo aver-ci dato l’occasione di espor-re, seppur in estrema sinte-si, le nostre posizioni politiche spesso censurate, ignorate o calunniate dai mass-media borghesi e di regime.

vorrei il modulo per l’ammissione al PartitoBuonasera PMLI,mi chiamo Michela e vivo in

Romagna. Vorrei gentilmente richiedere il modulo per la do-manda di ammissione al Par-tito.

Sostengo la filosofia mar-xista e la validità della causa della rivoluzione e della co-struzione del socialismo.

Attendo vostre notizie. Gra-zie e buona giornata.

Michela - Romagna

Un’esperienza importante e gratificante

essere stati a CavriagoCare compagne e cari

compagni del PMLI, avere partecipato, per la

prima volta, alla Commemo-razione del grande Maestro del proletariato Lenin in quel

di Cavriago (Reggio Emilia), è stata per me un’esperienza importante e gratificante. Vo-glio ringraziare gli organizza-tori, fra i quali il nostro ama-to Partito, per il taglio unitario dato all’iniziativa (quante ban-diere rosse!) e il compagno Denis Branzanti per il signifi-cativo intervento fatto a nome del PMLI. Desidero ringrazia-re, inoltre, il compagno Se-gretario generale Giovanni Scuderi per il bellissimo e sti-molante saluto fatto pervenire agli intervenuti.

Credo proprio che, se avrò la possibilità sia di tempo che economiche, tale iniziativa mi vedrà ancora presente negli anni a venire.

Un caro saluto rosso a tut-ti voi, uniti in cordata per il Socialismo, coi Maestri ed il PMLI, vinceremo!

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

la mia passione politica a disposizione

del PMliSo che a Reggio Emilia

(città Medaglia d’oro alla Re-sistenza) non c’è una Cellula del PMLI. Do la mia passio-ne politica a disposizione. Le masse sono stanche. Addirit-tura qualche padrone sostie-ne che le classi non esistono più. Meno mercato, più Stato.

Lotta continua compagni!Luciano – Reggio Emilia

“il Bolscevico” è l’unica fonte informativa a

mettere il dito nella piaga“Il Bolscevico”, come sem-

pre, è l’unico giornale (a stam-pa o online), anzi l’unica fon-te informativa, a mettere il dito nella piaga sugli interventi tar-divi e catastroficamente attivi post factum, ossia a cose fat-

te, per il disastro atmosferico e sismico in Italia Centrale (Um-bria, Marche, Lazio, Abruzzo) della scorsa settimana.

Lo fa sul numero 4 del 2 febbraio scorso, evidenzian-do come i soccorsi siano sta-ti tardivi e insufficienti, come la Protezione Civile (sempre osannata dai media di regi-me), sia sempre quella: da Zamberletti (Friuli, più di qua-rant’anni fa) a Bertolaso (L’A-quila, otto anni fa), ad oggi con Vasco Errani, c’è una scelta di continuità che è quella della borghesia, che non si perita di lasciare morire tanti prole-tari e tante proletarie in con-dizioni terribili. I pochi salvati lo sono a patto che “si conver-tano” alla ragione dello Stato borghese e della carità spic-ciola e meramente assisten-zialista, regolarmente delega-ta alla Caritas et similia.

Eugen Galasso - Firenze

“la voce di lucca” ha pubblicato il saluto di scuderi

alla Commemorazione di lenin a Cavriago

In data 27 gennaio “La voce di Lucca” on-line ha pub-blicato il testo integrale del saluto del compagno Giovan-ni Scuderi ai partecipanti alla Commemorazione di Lenin che si è svolta a Cavriago il 22 gennaio, promossa congiun-tamente dal PMLI.Emilia-Romagna e dalla federazione di Reggio Emilia del PCI.

ICavriago (Reggio Emilia), 22 gennaio 2017. Il compagno Urgo, Segre-tario del Comitato lombardo del PMLI e della Cellula “Mao” di Milano, tiene alto il ritratto di Lenin durante la Commemorazione del grande Ma-estro del proletariato internazionale (foto Il Bolscevico)

La pagina web della rivista on-line “La Terza Nota” con l’intervista al PMLI

Page 12: Al direttivo Filctem-Cgil di Pisa CriTiCATA lA direzione ...pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n050902.pdfinfatti non ha premio di maggio-ranza, le soglie di sbarramento sono più alte

12 il bolscevico / PMLI N. 5 - 9 febbraio 2017

Al direttivo Filctem-Cgil di Pisa

CritiCAtA lA Direzione DellA Cgil Per Come hA gestito i reFerenDum

Cammilli: OCCOrre un nuOvO, uniCO e grande sindaCatORedazione di Fucecchio �

Forti e generalizzate sono state le critiche dei delegati dei lavoratori del chimico-farma-ceutico, tessile-abbigliamento e del settore elettrico appartenenti alla categoria Filctem-Cgil riuniti nel direttivo provinciale svoltosi a Pisa il 20 di gennaio.

Il direttivo si è aperto con l’approvazione del bilancio 2016 dove il funzionario intervenuto per spiegare le varie voci ha sot-tolineato, tra le altre cose, il calo dei tesserati e di conseguen-za delle entrate. Ciò è dovuto in parte alla diminuzione degli occupati in provincia, a questo vanno aggiunti altri fattori, come la crisi economica che fa pesare sui lavoratori anche i 10-20 euro mensili della tessera sindacale. Non si può tacere nemmeno sul fatto che influisca anche la per-dita di consensi e di credibilità che la Cgil sta subendo in questi

ultimi anni.Successivamente è stata

letta la relazione da parte di un esponente della categoria che ha toccato molti temi, come la vittoria del referendum costitu-zionale del 4 dicembre, i tre refe-rendum, di cui uno bocciato dal-la Consulta, promossi dalla Cgil con oltre 3 milioni di firme, temi locali come la trattativa per il rin-novo del contratto della Concia e altri più generali come quello dell’immigrazione. Alcune anali-si erano in parte condivisibili ma è mancato qualsiasi accenno di critica alla politica dell’attuale governo Gentiloni.

Gli interventi che si sono suc-ceduti non hanno lesinato criti-che al gruppo dirigente naziona-le della Cgil. Tra questi quello del compagno Andrea Cammilli che ha parlato tra i primi. Nel suo intervento ha ricordato la vitto-ria nel referendum che ha san-cito l’uscita di scena “purtroppo

temporanea” di Renzi. Una vit-toria antifascista che ha respinto l’accentramento del potere nelle sue mani ma anche una sonora bocciatura verso la sua politi-ca economica, in primis il Jobs Act. Il governo che si è formato è però della stessa natura, per-sino nei personaggi, manca solo Renzi alla presidenza ma quella di Gentiloni non è altro che la sua continuazione.

Il compagno ha poi criticato la dirigenza Cgil per come ha gestito i tre referendum. Pur ri-tenendo quella della Corte Co-stituzionale sull’articolo 18 una sentenza politica il fior fiore di costituzionalisti messi in campo da Camusso e soci si sono rive-lati incompetenti fornendo ap-pigli per la sua bocciatura tan-to da far sospettare che ciò sia stato fatto volutamente. Questo tipo di critica è stato fatto pro-prio da tutti gli intervenuti che hanno giudicato inaccettabile

la gestione del quesito referen-dario sull’articolo 18, a cui va aggiunto l’atteggiamento scon-siderato sui voucher, utilizzato in molte strutture sindacali per pagare prestazioni occasionali, specie dallo SPI, il sindacato dei pensionati.

A conclusione del suo inter-vento il compagno Cammilli ha sottolineato come la Cgil, per contrastare la perdita di tessere evidenziata dal bilancio, dovreb-be riappropriarsi del ruolo per cui è nata, ovvero rappresentare gli interessi dei lavoratori e abban-donare la ricerca ostinata della concertazione. Ma per fare que-sto occorrerà un nuovo, unico e grande sindacato svincolato dalle compatibilità economiche del capitalismo e dai suoi partiti, non burocratico e democratico che sappia intercettare anche i lavoratori più giovani e la sempre più vasta area del precariato.

il disCOrsO di sCuderi “da marx a maO” è “anCOratO al passatO”?

DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu-sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi.

Ciao compagni,vi do il mio punto di vista sul

PMLI, e spero possa far nascere un dibattito e non un attrito: ho letto integralmente il discorso di Scuderi “Da Marx a Mao” e lo ri-tengo un interessante documento storico; però onestamente il PMLI è troppo ancorato al passato, se-condo me ha lo sguardo rivolto indietro. Anche se i messaggi sono giusti, andrebbero rivisti in chiave moderna. Citando ogni volta nei discorsi Mao o Lenin, si cade nella retorica.

A mio modo di vedere dovreb-be essere più aperto all’interno, e modificare parte della fraseologia per entrare nelle teste e nei cuori della gente.

Anche se Guevara non è sta-to un marxista al 100% (che poi è tutto da dimostrare), non lo si può lasciare agli avversari. Anche il riconoscimento dell’ISIS è qual-cosa che non capisco.

Simone, simpatizzante PCI, Roma

Ciao compagno Simone,nessun “attrito”, fra compagni

è bene essere franchi, leali e dirsi

le cose apertamente, nell’interes-se della causa.

Il discorso di Scuderi ci pare tutt’altro che “ancorato al passa-to”. Per esempio ci sono lunghi capitoli sul governo Renzi, sulla costruzione del Partito, sul pro-getto di socialismo che guardano ben avanti, non indietro. Se non citiamo Lenin o Mao, o meglio se non ci ricolleghiamo ai Maestri del proletariato internazionale che ci hanno lasciato insegnamenti im-prescindibili per capire e combat-tere il capitalismo, come possia-mo fare bene la lotta di classe? Se leggi attentamente i discorsi di Scuderi e degli altri dirigenti del PMLI, i suoi documenti e gli arti-coli del “Bolscevico”, vedrai che noi cerchiamo sempre di legare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao alle condizioni concrete.

Ciascuna classe e ciascun par-tito cita i propri maestri, chi aperta-mente chi indirettamente. Noi non abbiamo paura a dire che i nostri sono Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e non abbiamo intenzione di rinunciare alla loro bandiera rossa. L’esatto contrario di quanto hanno fatto i partiti revisionisti, in Italia e

nel mondo, che hanno cestinato il marxismo considerandolo “roba vecchia” e oggi hanno completa-mente smarrito la bussola. Infatti si infognano sulla Costituzione del ’48, che però nasce come un com-promesso al ribasso per il proleta-riato e che nei fatti non esiste più, pensa solo al presidenzialismo di fatto, all’indebolimento del parla-mento, alla cancellazione di fatto dell’articolo 11, all’inserimento del fiscal compact.

Certo che dobbiamo entrare “nelle teste e nei cuori della gen-te” ma con un’alternativa valida al capitalismo. È compito degli au-tentici comunisti lavorare affinché il proletariato recuperi la sua co-scienza di classe e si batta contro l’intero sistema di sfruttamento capitalistico. Ma se modificassi-mo la “fraseologia” cancellando i riferimenti al marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao e al sociali-smo, non ti sembra che faremmo il gioco della borghesia, che ha interesse a far dimenticare il co-munismo? Attento, compagno: storicamente, questa è la via che ha portato l’ex PCI a omologarsi al capitalismo trasformandosi in-

fine nell’attuale PD.Riguardo a Guevara e all’IS,

non sappiamo se hai letto i do-cumenti del PMLI in merito. Ti invitiamo a farlo perché la tua “critica” di appena due parole su questi temi molto importanti, soprattutto l’IS, lascerebbe inten-dere che ti basi più che altro sul “sentito dire” o che comunque non hai approfondito molto. Spe-riamo tu non ti sia fatto influenza-re da avversari del PMLI. Se non è così ne siamo felici, ma non ca-piamo perché tu non abbia arti-colato meglio il tuo punto di vista, dandoci peraltro modo di chiarire le nostre posizioni.

Sull’IS ti invitiamo a leggere in via immediata la seconda parte del discorso di Scuderi dell’11 ottobre 2015 e l’editoriale “Spez-

zare la spirale guerra imperialista e attentati terroristici”, succes-sivamente l’intero rapporto del compagno Erne alla 5ª Sessio-ne plenaria del CC del PMLI. Da questi documenti capirai che noi non condividiamo per niente l’ideologia, la religione, il progetto di società e gli attacchi terroristici dell’IS contro i civili, tuttavia da coerenti antimperialisti ci oppo-niamo alla guerra che gli impe-rialisti americani, europei e russi stanno conducendo contro di esso per spartirsi il Medioriente. In questo senso appoggiamo la resistenza dell’IS per scacciare gli occupanti stranieri, ma giudi-chiamo gravissimi errori gli attac-chi contro i civili, attacchi che co-munque non cesseranno se non si ferma la guerra.

Su Guevara, puoi leggere il saggio di Scuderi: “Dove porta la bandiera di Guevara”. Comunque non ci pare che esista il pericolo di lasciare Guevara “agli avversa-ri”, si tratta invece di riconoscere che è stato un importante rivolu-zionario antimperialista, ma che il suo pensiero e la sua azione non erano marxisti-leninisti. Il pro-blema è che i neorevisionisti e i trotzkisti ne hanno fatto un’icona da sostituire a Lenin e persino a Marx.

Speriamo di avere chiarito al-meno in parte i tuoi dubbi. In ogni caso continuiamo a confrontarci. Facendo attenzione a non cade-re nelle trappole del revisionismo e del riformismo, che non hanno mai portato i sinceri comunisti da nessuna parte.

Il compagno Andrea Cammilli, Responsabile della Commissione di mas-sa del CC del PMLI guida la delegazione nazionale del PMLI alla manife-stazione nazionale della Fiom, Roma 28 marzo 2015 (foto il bolscevico)

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N. 5 - 9 febbraio 2017 napoli / il bolscevico 13Silenzio assordante di De Magistris

De Luca DiSpone La chiuSura anche DeLL’oSpeDaLe San Gennaro Dei poveri

giovani e disoccupati occupano lo storico nosocomioRedazione di Napoli �È permanente l’occupazione

da fine ottobre da parte delle masse popolari del quartiere Sanità contro la vergognosa chiusura deIl’Ospedale San Gennaro dei Poveri, uno dei più antichi e storici nosocomi partenopei che si colloca a due passi dal ponte dedicato alla partigiana delle Gloriose Quat-tro Giornate di Napoli, Lena Ce-rasuolo, nell’ottica dello sman-tellamento criminale voluto e propugnato dal governatore antipopolare De Luca. Ennesi-mo attacco alla sanità campa-na con la scusa dell’apertura prossima dell’Ospedale del Mare in tutti i suoi reparti che dovrebbero sopperire alle pre-sunte insufficienze sia del San Gennaro che della Annunziata. Servizi pubblici e sanitari vitali

che colpiscono due quartieri simbolo di Napoli come quello che attornia via Forcella o che costeggia la Sanità, in balia dei nuovi clan emergenti che non risparmiano sangue e colpi di pistola pur di ribadire il loro dominio territoriale. Assenti le istituzioni nazionali e locali in camicia nera dove si sottolinea l’ennesimo silenzio assordante del neopodetsà De Magistris e della sua giunta arancione che nulla hanno fatto per impedire la chiusura dei due nosocomi.

Le masse popolari, ma so-prattutto i giovani e i senzalavo-ro organizzati, hanno occupato l’ospedale e in assemblea per-manente hanno dichiarato che il “San Gennaro è uno degli ulti-mi poli di occupazione che crea benessere e servizi utili al quar-tiere, la sua chiusura cancelle-

rebbe ulteriori posti di lavoro in un territorio in cui dilaga la disoccupazione e che da mesi è sotto attacco di una guerra di camorra spietata. Siamo in pre-sidio permanente - continuano gli occupanti - all’interno della struttura per impedire il trasferi-mento dei macchinari e di tutte le attrezzature medico sanita-rie”.

Noi marxisti-leninisti dal can-to nostro condividiamo piena-mente la lotta degli occupanti contro la chiusura dell’ospedale napoletano le cui responsabilità politiche ricadono totalmente su De Luca e su De Magistris.

Si tratta per Lo più Di GiovaniSSiMi tra GLi 8 ai 13 anni

Sempre più giovani i pusher della camorra a napolile politiche del governo gentiloni e della giunta de magistris, che condannano alla disoccupazione e al degrado delle periferie

urbane, li danno in pasto alla camorraRedazione di Napoli �“Ci si chiede come mai que-

sto fenomeno della criminalità a Napoli non cessi. La risposta? Qui bambini dall’età più tenera vengono avviati al crimine e vi-vono in un ambiente dove il cri-mine è la normalità. La città non può più tollerare questo circolo, dobbiamo spezzarlo”. Sono le ferme parole del procuratore Giovanni Colangelo che inter-viene nella durissima polemica tra Saviano e De Magistris e che riesplode all’indomani degli

arresti nel cuore del centro sto-rico, a pochi passi da piazza del Plebiscito. Il nuovo caso scop-piato a Napoli è probabilmente senza precedenti: il clan Elia, associazione a delinquere di stampo camorristico secondo la Procura di Napoli dedita allo spaccio di droga, utilizza decine di bambini per confezionare dosi di cocaina e spacciare. È quanto emerge da un’inchiesta che ha portato all’arresto di quasi un centinaio di esponenti del clan, con ben 45 ordini di custodia

cautelare in carcere. Una maxio-perazione che ha fatto raggelare gli inquirenti quando hanno sco-perto, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, che, quasi “per gioco” una bimba di 8 anni e un bimbo di 10 anni, ri-empivano buste di droga.

Questi i fatti: nella zona del Pallonetto di Santa Lucia e nell’area a ridosso di piazza del Plebiscito e del Borgo Marinari il clan Elia spadroneggia ormai da alcuni anni con guadagni di più di 5 mila euro al giorno, grazie

anche all’uso di minori. Una delle vicende raccontate in conferen-za stampa dagli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli parla di una bimba di otto anni che confeziona dosi di droga in salotto con sua mamma camorrista che le insegna come imbustare la “polvere” e sotto la supervisione dello zio che le forniva i rudimenti necessari al dosaggio della “roba”.

Mentre la camorra soffoca sempre di più Napoli, i minorenni crescono ormai in una sconcer-tante normalità fatta di attività il-lecita, di traffico di stupefacenti, di pistole e finanche di omicidi. Com’è successo ai giovanissi-mi arrestati in questi giorni per l’omicidio di Genny Cesarano, con l’omissione (per omertà e per paura) degli amici più stretti che non hanno fornito agli inqui-renti i dettagli per un arresto ra-pido del killer protagonista della “stesa” punitiva.

Un altro dato nuovo, a con-

ferma – per dirla con le parole del procuratore aggiunto Filip-po Beatrice (coordinatore della Direzione distrettuale antimafia partenopea) – del loro “ruolo sempre più centrale” è dato dal-la donne capocamorra, situazio-ne già consolidata nel clan dei Casalesi e ora di pieno regime nei gruppi criminali napoletani, come si è visto con l’arresto del clan Amato-Pagano.

La camorra impiega i bimbi al di sotto dei 14 anni (la soglia di età di punibilità penale) per i propri affari per eludere le maglie della precaria giustizia penale borghese. Una volta presi i mi-norenni gli stessi vengono edu-cati non al gioco ma al crimine, pronti, dopo pochi anni (tra i 16 e i 18 anni), ad imbracciare una arma e avviarsi a scalare le vette della compagine criminale.

La cosiddetta “paranza dei bambini” denunciata dal gior-nalista Roberto Saviano, non si tratta dunque di una invenzione

come sosterrebbe il sindaco Luigi De Magistris tesa in parti-colare a far fare guadagni d’oro a Saviano e denigrare incondi-zionatamente Napoli, ma una terribile e atroce realtà. Bambini e bambine, e minorenni in gene-rale, nei quartieri più poveri cre-scono a pane e camorra senza che le istituzioni nazionali e lo-cali in camicia nera riescano a produrre uno straccio di piano che risani il territorio e costrui-sca opportunità di lavoro stabile e a salario pieno attraverso lo sviluppo e la nuova industria-lizzazione. I governi del nuovo duce Renzi e della sua fotoco-pia Gentiloni, ma anche il sinda-co, stanno condannando intere generazioni alla criminalità so-prattutto nei quartieri più poveri e disagiati, ma anche quelli del centro storico come dimostrano i fatti avvenuti al Pallonetto S. Lucia dove si è consumato l’en-nesimo fallimento dell’ammini-strazione De Magistris.

comunicato del csoa officina 99 - napoli

contro Lo SGoMbero DeL caMpo roM e La vioLenza DeLLe iStituzioni

Venerdì 27 gennaio ore 10.30 sit-in Piazza Plebiscito

Durante la cerimonia ufficiale per la giornata della memoria, della Shoah e anche del “Porra-jmos” con lo sterminio di centi-naia di migliaia di rom nei campi di concentramento, facciamo sentire tutti e tutte la nostra voce contro questo ennesimo atto di violenza istituzionale, contro i ri-gurgiti razzisti e fascisti!

Milletrecento persone, 450 bambini... Da alcune settima-ne il campo rom di via Brecce a Gianturco è oggetto di uno sgombero tanto silenzioso quanto violento. Uno sgombero silenzioso perché messo in atto da polizia e vigili urbani con tec-niche che mirano a spaventare e far fuggire gli abitanti del cam-po. Gli atteggiamenti aggressi-vi delle forze di polizia e la loro presenza costante nella forma di un assedio permanente, il se-questro vigliacco dei più sem-plici strumenti di sopravvivenza (dalla macchina al furgone, dal carrello al cibo fino ai pacchi della Caritas), le continue iden-tificazioni dei solidali, il tentati-vo di bloccare i giornalisti che cercavano di documentare tutto questo, vogliono intimidire i rom

e distruggere qualsiasi legame di solidarietà con la loro lotta.

Una strategia già speri-mentata: l’intenzione è quella di scacciare il maggior nume-ro possibile degli abitanti del campo per rendere meno visi-bile e scandaloso lo sgombero finale. Cacciati da via Brecce, i rom saranno costretti a trovare un’altra sistemazione d’emer-genza, almeno fino al prossimo episodio di razzismo o al pros-simo sgombero, in un circolo vizioso senza fine assecondato dalle istituzioni. Persone che vivono a Napoli da anni, molti da decenni, tanti sono nati qui e non hanno vissuto altra terra che questa... Mentre si esalta la città vetrina, in periferia anche il semplice diritto a un tetto con-tinua a essere negato.

Da quasi un anno tutti gli attori istituzionali di questa violenza, che lascerà in mezzo alla strada più di mille persone, rifiutano qualsiasi responsabili-tà. La Procura, mentre si erge a custode della sicurezza e della legalità, si limita in realtà a tu-telare le mire speculative del proprietario del terreno su cui si trova il campo, mettendo gli interessi della proprietà davanti alla vita delle persone. La re-

gione si nasconde e sfugge alle proprie responsabilità, ripropo-nendo la linea programmatica del suo governatore, che alle questioni sociali irrisolte rispon-de solo con la repressione e gli sgomberi.

L’amministrazione Comu-nale infine, mentre proclama i valori dell’accoglienza, da mesi risponde solo con vane pro-messe e soluzioni inadeguate alla richiesta degli abitanti del campo di ottenere un’altra si-stemazione, nascondendosi dietro la scusa dell’emergenza. Un’emergenza costruita ad arte perché da sempre colpevol-mente ignorata, in quanto nes-suna istituzione si è mai preoc-cupata di progettare una vera politica abitativa per i rom di Napoli, l’unico modo per uscire dalla politica dei ghetti.

Con risorse e fondi dedicati, nazionali ed europei, scomparsi nel nulla come i sedici milioni di euro assegnati alla Prefettura di Napoli pochi mesi fà...

Contro il razzismo e la guer-ra ai poveri: diritti per tutti!

#nessunescluso

Solidali di via BrecceAntirazziste e antirazzisti

di Napoli

neLLa LiSta “DeMa” anche ex pDL e ex Fi

De Magistris candida a pozzuoli cossiga, ex uDc

piano piano si autosmaschera la presunta “rivoluzione arancione” dell’ex pm

Redazione di Napoli �Sarebbe un “outsider”, secondo la stam-

pa del regime neofascista, il nuovo candidato per la lista “Dema – democrazia e autonomia” al comune di Pozzuoli, la ex “piccola URSS”, alla poltrona di sindaco. Si tratta, invece, di un riciclato, esattamente un ex UDC, già consiglie-re comunale nel comune flegreo, il probabile candidato del movimento vicino a De Magistris, ossia Alessandro Cossiga, con il padre, Erman-no, già legatissimo al partito di Alfano e Casini. Con questa candidatura di regime l’ex pm pun-terebbe a spodestare l’attuale “centro-sinistra” guidato da diversi anni dall’attuale neopodestà Figliolia (PD), traghettando gli ex SeL e Sinistra Italiana in particolare, ma anche alcuni volti noti al “centro-destra”. Si parla di Pasquale Giacob-be, già consigliere regionale per Forza Italia con

Caldoro presidente e già sindaco di Pozzuoli tra il 2008 e il 2010 prima dell’avvento di Figliolia. Si parla dell’ex assessore al Commercio della giunta Figliolia, il vendoliano Carlo Morra e, in ultimo proprio di Alessandro Cossiga, legatissi-mo all’UDC e consigliere comunale a sostegno della casa del fascio per due legislature munici-pali a Pozzuoli.

Dovesse venire l’ufficialità (l’unica alternativa che circola sarebbe Niky della Corte, fuoriusci-to dal PD, ex consigliere di maggioranza di Fi-gliolia, ora simbolo di liste civiche e giovanili), la candidatura di Cossiga a guida del movimento politico “DeMa” non farebbe altro che squarcia-re il velo di ipocrisia del neopodestà De Magi-stris e della sua presunta rivoluzione cittadina per prestare il fianco nella sua lista alla destra e alla “sinistra” del regime neofascista.

Una manifestazione degli abi-tanti del quartiere Sanità contro la chiusura dell’ospedale San Gennaro

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N. 5 - 9 febbraio 2017 esteri / il bolscevico 15All’incontro di Astana

Russia, TuRchia e iRan si accoRdano sul cessaTe il fuoco in siRia

Il PYD e la YPG curdi non rispetteranno l’accordo. Il governo siriano e parte dell’opposizione negozieranno a Ginevra ContInuerà la Guerra Contro l’Is e al-nusra

Nella conferenza sulla Si-ria che si è tenuta a Astana, in Kazakhstan, il 23 e 24 gennaio Russia, Iran e Turchia hanno ribadito che “cercheranno, at-traverso iniziative concrete, di utilizzare la loro influenza sulle parti, per consolidare il regime di cessate il fuoco, istituito ai sensi gli accordi conclusi il 29 dicembre del 2016 e sostenu-to dalla risoluzione del Consi-glio di Sicurezza delle Nazio-ni Unite n. 2336 (2016), al fine di contribuire a ridurre al mi-nimo le violazioni e la violen-za, garantendo il libero acces-so umanitario, rapido e senza intoppi, in linea con la risolu-zione del Consiglio di sicurez-za delle Nazioni Unite n. 2165 (2014), garantendo altresì la protezione e la libera circola-zione dei civili in Siria “. Le tre potenze imperialiste si fanno garanti del mantenimento del-la tregua in Siria sottoscritta dal regime di Damasco e una parte delle opposizioni arma-te e nel comunicato finale del vertice assicurano che i patti stipulati tra le parti siriane e vi-dimati dall’Onu saranno rispet-tati.

Il vertice di Astana tra go-

verno di Damasco e opposi-zioni era il primo passaggio previsto dagli accordi. Un ne-goziato indiretto tra le parti si-riane con incontri separati gui-dati dai rappresentanti dei tre paesi, gli unici firmatari del do-cumento finale.

Russia, Turchia e Iran han-no di nuovo garantito che “non esiste una soluzione militare alla crisi siriana, che può es-sere risolta solo attraverso un processo politico” basato sul-le risoluzioni dell’Onu. Una volta che gli eserciti di Mosca e Ankara e le milizie di Tehe-ran avranno raggiunto i propri obiettivi militari nel paese, ov-viamente. Fino a allora sono piovute bombe russe e turche e continueranno a piovere per-ché la tregua non vale per tutti gli attori sullo scenario siriano: i tre paesi imperialisti confer-mavano la loro determinazione a combattere congiuntamente lo Stato islamico (IS) e Fatah Al Sham (ex Al nusra) definite organizzazioni terroristiche, di-verse dagli altri “gruppi armati dell’opposizione” siriana.

La guerra all’IS resta una delle priorità di Putin e Erdo-gan tanto che a metà gennaio

i due paesi firmavano un me-morandum per prevenire “inci-denti” tra aerei da guerra turchi e russi, nonché per preparare “operazioni congiunte in Siria per distruggere i gruppi terro-ristici internazionali”. Il 17 gen-naio le forze aeree russe e tur-che effettuavano assieme 36 raid contro l’IS ad el Bab, nella provincia di Aleppo su obiettivi concordati dai due Stati mag-giori. Un’azione che rappre-sentava anche un avvertimen-to alle formazioni curde delle Forze Democratiche Siriane (FDS) attive nella zona nono-stante il fascista Erdogan ab-bia più volte chiesto il loro al-lontanamento da quella che considera una proprio zona di influenza. L’azione della Rus-sia contro l’IS si ripeteva il 21 gennaio quando sei bombar-dieri a lungo raggio Tu-22M3 colpivano vari bersagli nella provincia di Deir ez-Zor; i bom-bardieri erano partiti da basi in Russia.

Il documento firmato da Russia, Turchia e Iran sotto-lineava come “l’incontro inter-nazionale di Astana sia una piattaforma efficace per un dialogo diretto tra il governo

e la opposizioni come richie-sto dalla risoluzione n. 2254 dell’Onu”. Per sottolineare che la soluzione della crisi si-riana era possibile solo sotto la loro regia e sulla base dei loro accordi di spartizione del paese. Annunciava il prosie-guo delle trattative “tra il go-verno e l’opposizione, sotto gli auspici delle Nazioni Uni-te, il prossimo 8 febbraio a Ginevra”. Neanche tre gior-ni dopo il ministro degli Este-ri russo Sergei Lavrov dove-va comunicare che l’incontro era rinviato alla fine di febbra-io, incolpando l’Onu del ritar-do nell’organizzazione.

I problemi per lo sviluppo dei negoziati però sono diversi a cominciare dai diversi obiet-tivi che hanno il regime di Da-masco e i gruppi dell’opposi-zione. Già prima del vertice il responsabile della delegazio-ne delle opposizioni siriane aveva sottolineato che “l’op-posizione mira a stabilizza-re il cessate il fuoco in manie-ra completa e a portare avanti la transizione politica, comin-ciando dall’uscita di scena di Bashar Assad e del suo regi-me”. Quello che era l’obiettivo

iniziale anche della Turchia. In-tanto i gruppi che partecipano ai negoziati puntano a conge-lare l’offensiva militare di Da-masco per evitare la perdita delle altre parti di territorio che ancora controllano. Per Assad i colloqui partiti a Astana do-vevano avere come priorità la resa e l’amnistia per gli oppo-sitori armati. Due posizioni al momento inconciliabili.

Altra questione non secon-daria per lo sviluppo dei ne-goziati di pace è quella relati-va al futuro delle regioni curde e evidenziata dall’assenza al tavolo dei negoziati dei rap-presentanti della Federazione democratica del Nord Siria e delle Forze Democratiche Si-riane (SDF). O meglio del Par-tito dell’Unione Democratica (PYD) e delle Unità di Difesa del Popolo (YPG) che ne costi-tuiscono l’ossatura. In una nota le YPG denunciavano che “il meeting di Astana è promosso da Russia, Iran e Turchia, cioè coloro che sono maggiormen-te coinvolti in Siria e sono par-te delle cause del conflitto si-riano. L’unica soluzione per la Siria è la soluzione democrati-ca ed essa non potrà mai ve-

dere la luce finché tutte le parti presenti sul campo non saran-no sedute attorno al tavolo dei negoziati.” “Le decisioni prese ad Astana senza la nostra pre-senza non porteranno a nes-suna soluzione e soprattutto non saranno vincolanti per noi” aggiungeva il co-presidente del PYD Saleh Muslim.

Era l’agenzia iraniana Fars a dare la notizia che il governo di Damasco si era detto favore-vole a una “soluzione politica dei problemi curdi attraverso colloqui politici tra le due par-ti”. E la stampa russa il 26 gen-naio dava notizia che a Astana la delegazione di Mosca aveva informalmente presentato una bozza di Costituzione che ga-rantiva la sovranità e l’integrità della Siria come Stato multiet-nico e multiconfessionale. Sta al popolo siriano decidere se la Siria “sarà autonoma, una fe-derazione o una confederazio-ne”, garantiva un portavoce del ministero degli Esteri russo. In-tanto però Mosca apriva un ta-volo di discussione sulla Costi-tuzione con rappresentanti di formazioni curde siriane lega-te ai curdi iracheni di Barzani, quelli alleati della Turchia.

Piano dell’Ue per respingere i migranti in Libia“Gestire meglio la migrazio-

ne e salvare vite lungo la rot-ta del Mediterraneo centrale”, è l’impegno che si è preso la Comissione europea nel do-cumento messo a punto in vi-sta dei prossimi appuntamenti europei sul tema dei migranti. Un impegno che sembrerebbe “nobile” ma che dietro la fac-ciata nasconde la proposta di una serie di misure immedia-te per blindare le coste libiche e bloccare le partenze dei mi-granti. Il compito sarà affidato in prima battuta alle autorità li-biche, con i pattugliamenti da-vanti alle coste e un controllo rigoroso delle permeabili fron-tiere del sud del paese con Ciad e Niger. La Ue li chiama salvataggi in mare ma sono respingimenti, o meglio “ritorni volontari assistiti”.

Il piano è stato presentato il 25 gennaio a Bruxelles dal-

la Commissione europea e dall’Alta rappresentante del-la politica estera Ue, Federica Mogherini, che ha sottolineato come al momento siano stati stanziati 200 milioni di euro per la formazione e l’equipaggia-mento della guardia costiera li-bica e per “migliorare la condi-zione per i migranti” sul suolo libico, una situazione che rico-nosce essere “molto grave sui diritti umani, soprattutto delle donne”.

Il premier laburista di Malta Jospeh Muscat, presidente di turno della Ue, aveva lanciato l’allarme migranti nell’incontro del 24 gennaio col presiden-te della Commissione Ue Jean Claude Juncker: “ci sarà una nuova crisi di migranti nei pros-simi mesi e i numeri potrebbe-ro essere peggiori del 2016”. E prima ancora che il commissa-rio Ue all’Immigrazione, il gre-

co Dimitri Avramopoulos, e la Mogherini illustrassero il loro progetto aveva esposto quanto messo a punto in un documen-to informale della presidenza maltese in cui si chiedeva agli Stati membri di pensare “alla creazione di una linea di pro-tezione” per fermare i migranti “molto più vicina ai porti di ori-gine, nelle acque territoriali li-biche”; una operazione da af-

fidare alle “forze libiche come operatori di prima linea ma con un sostegno europeo forte e duraturo” data la poca affida-bilità dell’instabile governo fan-toccio del premier al Serraj.

Il documento della Commis-sione seguiva la stessa traccia indicando la necessità di defi-nire una doppia “linea di pro-tezione” per impedire ai mi-granti di sbarcare in Europa.

Il primo muro sul percorso dei migranti sarà quello messo in atto dalla guardia costiera di Tripoli, in acque territoriali libi-che. La guardia costiera libica, il cui addestramento affidato alla missione europea Sophia è quasi giunto al termine, avrà il compito di fermare i barco-ni alla partenza. Sorvegliate e appoggiate in acque interna-zionali dalle navi militari della

Ue. Il secondo muro sarà quel-lo di terra, anzitutto lungo la li-nea di confine che separa la Libia dal Niger per cercare di chiudere una delle vie di tran-sito dei migranti e bloccarli fuo-ri dal paese. Successivamente la Ue conta di blindare le fron-tiere sud della Libia anche gra-zie a accordi di collaborazio-ne con altri paesi africani quali Mali, Ciad ed Egitto.

In Siria

LA RUSSIA ottIene L’USo PeR ALtRI 49 AnnI deLLA bASe nAvALe dI tARtUS e dI qUeLLA AeReA dI HmeymIm

L’iniziativa diplomatica dell’imperialismo russo per consolidare le posizioni van-taggiose conquistate in Medio Oriente con l’intervento milita-re in Siria a sostegno del regi-me di Assad non si limita ai ne-goziati che hanno preso il via con la riunione di Astana del 23 gennaio. Se al momento il Cremlino è riuscito a mettere in linea dietro di sé la Turchia e l’Iran, che sulla spartizione della Siria hanno progetti dif-ferenti, ha pensato comunque a consolidare la sua presenza militare nel paese, nella base navale di Tartus e in quella ae-rea di Hmeymim.

Un documento pubblicato il 23 gennaio sul portale d’in-formazione del governo russo annunciava che Russia e Siria avevano firmato un accordo per l’espansione e la moder-nizzazione della base navale russa nel porto siriano di Tar-tus. “L’attuale accordo ha una validità di 49 anni e sarà pro-lungato automaticamente ogni 25 anni, a meno che una delle due parti non notifichi all’altra, non meno di un anno prima in

forma scritta e per via diploma-tica, della sua intenzione di ter-minarlo”, era precisato nel do-cumento che sottolineava in particolare il diritto riconosciuto dal regime di Damasco alla Fe-derazione russa di avere piena autorità legale sulla struttura di Tartus e la concessione dell’u-so gratuito. L’accordo prevede un ampliamento della base in modo da poter permettere l’at-tracco e l’assistenza a 11 navi contemporaneamente, alcune anche di grandi dimensioni, ri-spetto alle 4 attuali e di medie dimensioni.

Se l’accordo per la conces-sione da parte di Damasco di Tartus alla Russia vale mez-zo secolo con prolungamenti automatici, quello per la base aerea ad Hmeymim è valido a tempo indeterminato. L’ac-cordo tra Siria e Russia sul-la concessione della base aerea risale all’agosto 2015 e rispondeva alla necessità dell’imperialismo russo di cor-rere in aiuto al regime di As-sad colpito duramente dal-le milizie delle opposizioni armate da Turchia e Arabia

Saudita ma soprattutto dal-le vittorie dello Stato islamico che a Raqqa stabiliva la sua capitale. Di lì a poco scatta-va l’intervento militare in Si-ria deciso dal nuovo zar Pu-tin anche per non perdere le strategiche basi nel paese.

L’accordo con Damasco per la concessione della base ae-rea, anche essa a titolo gratu-ito, è stato perfezionato a fine 2016 e ratificato con un decre-to presidenziale firmato da Pu-tin che chiarisce come nella base comandino i gnerali rus-si, seppur “in coordinamen-to con la parte siriana” e che il personale del gruppo aereo

può “liberamente attraversare il confine siriano senza essere soggetto al controllo da parte delle autorità di frontiera e do-ganali”.

Se la Russia pensa alle basi, l’Iran pensa agli affari. Il 17 gennaio Iran e Siria hanno firmato alcuni accordi econo-mici fra i quali quello che as-segna a Teheran la licenza per operare nel settore della tele-fonia mobile siriana. Il regime di Damasco ha inoltre regala-to all’Iran i diritti di estrazione di fosfati dal sito minerario di Sharqiya e 1.000 ettari di ter-reno destinati a ospitare termi-nal di gas e petrolio.

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

47

1

FlmUniti-Cub – Telecomunicazioni – Sciopero personale di Telecom Italia SpA

OSR Cub-OSR Usb lavoro privato Trasporto aereo – Sciopero generale dei lavoratori del comparto aereo, aeroporturale ed

indotto degli aeroporti per 4 ore

Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil - Cobas del Lavoro Privato – Telecomunicazioni – Sciopero dei lavoratori delle aziende del

settore telecomunicazioni associate ad Asstel

FEBBRAIO

Osp Sgb - Ost Filt-Cgil - Osr Fit-Cisl – Uilt-Uil - Osr Faisa-Cisal - Osr Sul-Ct - Sciopero personale del trasporto pubblico

locale con modalità e date differenziate sul territorio2-4

Page 16: Al direttivo Filctem-Cgil di Pisa CriTiCATA lA direzione ...pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n050902.pdfinfatti non ha premio di maggio-ranza, le soglie di sbarramento sono più alte

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ioPARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] -- www.pmli.it

VIVA LO SCIOPERO GLOBAL

EDELL’8 MARZO

No alla violenza maschile sulle donneSALUTIAMO

APPOGGIAMO

l’Assemblea nazionale di NON UNA DI MENO e le auguriamo pieno successo

la piattaforma contro la violenzamaschile sulle donne, sulle lesbiche e sui transessuali

INVITIAMO le donne a lottare contro il governo Gentiloni e il capitalismo, per il socialismo.Perché solo abbattendo il capitalismo e il potere della borghesia e instaurando il socialismo con il proletariato al potere è possibile realizzare la piena emancipazione delle donne, la totale parità tra le donne e gli uomini e costruire un mondo nuovo

“Le donne portano sulle loro spalle la metà del cielo e devono conquistarsela” Mao Zedong