2015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 45 - 10 dicembre 2015 2015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita del grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico ENGELS: PARTE AVUTA DAL LAVORO NEL PROCESSO DI UMANIZZAZIONE DELLA SCIMMIA PAGG. 7-9 MANIFESTAZIONE A ROMA DEI LAVORATORI DEL PUBBLICO IMPIEGO INDETTA DA CGIL, CISL, UIL, CONFSAL E GILDA “Contratto Subito” per il pubblico impiego Venerdì 20 c’era stato lo sciopero proclamato dal sindacato USB POLETTI RIVUOLE IL COTTIMO E LO SPACCIA PER “NUOVO” MODELLO CONTRATTUALE Demagogia mussoliniana in uno stato di guerra dell’Italia RENZI INDORA LA PILLOLA DELLA MILITARIZZAZIONE DEL PAESE Mance elettorali ai poliziotti e ai 18enni MILITARIZZATA LA FORESTALE Più di duemila eventi in oltre 150 Paesi chiedono un futuro alimentato dalle sole energie rinnovabili DUE MILIONI DI ATTIVISTI IN “MARCIA” IN TUTTO IL MONDO Nella capitale francese la “Marcia per il Clima” è stata vietata per questioni di sicurezza. I francesi però si organizzano e non rinunciano alla piazza formando una catena umana e ricoprendo place de la Republique di scarpe. Nel pomeriggio la polizia carica il corteo non autorizzato SI APRE A PARIGI LA CONFERENZA ONU SUL CLIMA Nell’affollatissimo centro città LA CELLULA NAPOLETANA DEL PMLI DIFFONDE IL DOCUMENTO DI CRITICA ALLA GIUNTA ANTIPOPOLARE DE MAGISTRIS I volantini andavano via come il pane INVITATO UFFICIALMENTE IL PMLI A UN DIBATTITO DELLA “7ª FESTA PER L’UNITÀ DELLA SINISTRA D’ALTERNATIVA” DI PRAY (BIELLA) URBAN SMASCHERA L’INTERVENTO DI FERRERO Volantinaggio a Borgo S. Lorenzo (Firenze) NON FARSI INGANNARE DALLA PROPAGANDA IMPERIALISTA Non trovate delirante il comunicato dell’Isis sugli attentati di Parigi? DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu- sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi. 70° ANNIVERSARIO DEL PROCESSO DI NORIMBERGA Il processo di Norimberga fu necessario. Metterlo in discussione vuol dire fare un regalo ai nazisti di ieri e di oggi Le potenze occidentali ostacolarono la denazificazione, demilitarizzazione e democratizzazione della Germania Sicilia Nasce il Crocetta quater, falso antimafioso e nemico delle masse Un’accozzaglia di fascisti e filomafiosi. In giunta insieme al PD, l’UDC, tra cui la segretaria personale di Cuffaro, il PDR di Cardinale, l’NCD NON DIAMOGLI TREGUA. DIFENDIAMO GLI INTERESSI DELLE MASSE AL DIRETTIVO FILCTEM-CGIL DI PISA Critiche al nuovo contratto dei chimici e alla propaganda dei governanti sui conflitti in corso Cammilli: “Ritirarsi dalle guerre per far cessare gli attentati. La firma del contratto soddisfa solo la Confindustria” BASTA DISPERDERE LE FORZE. SERVE UN UNICO FORTE MOVIMENTO STUDENTESCO della Commissione giovani del CC del PMLI OSPITE COMPIACENTE DE “L’UNITÀ” DI RENZI Rizzo imbroglia su Gramsci e Berlinguer Il segretario generale del nuovo PC revisionista è onnipresente nei media. Come mai? Al PMLI non sono concessi né una riga sui giornali né un secondo in radio e tv OBAMA E I GOVERNANTI IMPERIALISTI EUROPEI AIUTANO IL BOMBARDIERE HOLLANDE Putin: un’alleanza anche a guida Usa. La Germania invia aerei e navi. Cameron bombarderà RENZI: “L’IS HA COLPITO L’EUROPA E L’UMANITÀ NON SOLO LA FRaNCIa”, DobbIamo DIstRUggeRLo PAG. 3 PAG. 2 PAG. 12 PAG. 11 PAG. 12 PAG. 6 PAG. 5 PAG. 4 PAG. 4 PAG. 12 PAG. 5 PAG. 15 PAG. 3

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 45 - 10 dicembre 2015

2015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita del grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico

EngEls: PartE avuta dal lavoro nEl ProcEsso di

umanizzazionE dElla scimmiaPAGG. 7-9

MAnifestAzione A RoMA dei lAvoRAtoRi del Pubblico iMPieGo indettA dA cGil, cisl, uil, confsAl e GildA

“contratto subito” per il pubblico

impiegoVenerdì 20 c’era stato lo sciopero proclamato dal sindacato USBpoletti riVUole il cottimo e lo Spaccia per

“nUoVo” modello contrattUale

demagogia mussoliniana in uno stato di guerra dell’italia

Renzi indoRA lA PillolA dellA MilitARizzAzione del PAese

mance elettorali ai poliziotti e ai 18enni militarizzata la ForeStale

Più di duemila eventi in oltre 150 Paesi chiedono un futuro alimentato dalle sole energie rinnovabili

Due milioni Di attivisti in “marcia” in tutto il monDo

nella capitale francese la “marcia per il clima” è stata vietata per questioni di sicurezza. i francesi però si organizzano e non rinunciano alla piazza

formando una catena umana e ricoprendo place de la republique di scarpe. nel pomeriggio la polizia carica il corteo non autorizzato

Si apre a parigi la conFerenza onU SUl clima

nell’affollatissimo centro città

lA cellulA nAPoletAnA del PMli diffonde il docuMento

di cRiticA AllA GiuntA AntiPoPolARe de MAGistRis

i volantini andavano via come il pane

InvItato uffIcIalmente Il PmlI a un dIbattIto della “7ª festa Per l’unItà della sInIstra d’alternatIva” dI Pray (bIella)

uRbAn sMAscheRA l’inteRvento di feRReRo

volantinaggio a borgo s. lorenzo (firenze)

non farsi ingannare Dalla propaganDa

imperialista

non trovate delirante il comunicato dell’isis

sugli attentati di parigi?

DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu-sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi.

70° AnniveRsARio del PRocesso di noRiMbeRGA

il processo di norimberga fu necessario. Metterlo in

discussione vuol dire fare un regalo ai nazisti di ieri e di oggiLe potenze occidentali ostacolarono la denazificazione, demilitarizzazione e democratizzazione della germania

sicilia

nasce il crocetta quater, falso antimafioso e nemico delle masse

Un’accozzaglia di fascisti e filomafiosi. In giunta insieme al PD, l’UDC, tra cui la segretaria personale di Cuffaro, il PDR di Cardinale, l’NCD

non diamogli tregUa. diFendiamo gli intereSSi delle maSSe

Al diRettivo filcteM-cGil di PisA

critiche al nuovo contratto dei chimici

e alla propaganda dei governanti sui conflitti in corso

cammilli: “ritirarsi dalle guerre per far cessare gli attentati. La firma del

contratto soddisfa solo la Confindustria”

bAstA disPeRdeRe le foRze. seRve un unico foRte

MoviMento studentesco

della commissione giovani del cc del PMli

osPite coMPiAcente de “l’unità” di Renzi

Rizzo imbroglia su Gramsci e berlinguer

il segretario generale del nuovo pc revisionista è onnipresente nei media. come

mai? al pmli non sono concessi né una riga sui giornali né un secondo in radio e tv

obama e i governanti imperialisti europei aiutano il bombarDiere HollanDe

putin: un’alleanza anche a guida Usa. la germania invia aerei e navi. cameron bombarderàrenzi: “l’iS ha colpito l’eUropa e l’Umanità non Solo la

FRaNCIa”, DobbIamo DIstRUggeRLo

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2 il bolscevico / conferenza mondiale sul clima N. 45 - 10 dicembre 2015

Più di duemila eventi in oltre 150 Paesi chiedono un futuro alimentato dalle sole energie rinnovabili

Due milioni Di attivisti in “marcia” in tutto il monDoNella capitale francese la “Marcia per il Clima” è stata vietata per questioni di sicurezza. I francesi

però si organizzano e non rinunciano alla piazza formando una catena umana e ricoprendo place de la Republique di scarpe. Nel pomeriggio la polizia carica il corteo non autorizzato

SI apRe a paRIgI la CoNfeReNza oNU SUl ClIMa La 21esima Conferenza

dell’Onu sui cambiamenti clima-tici si è aperta a Parigi nel pome-riggio di domenica 29 novembre. All’indomani partiranno in modo ufficiale i lavori ai quale parteci-pano i rappresentanti di 193 Pa-esi ed oltre 150 capi di Stato, a cominciare dal presidente ame-ricano Barack Obama, quello cinese Xi Jinping, l’indiano Na-rendra Modi e il russo Vladi-mir Putin. Per l’Italia partecipa-no il premier, Matteo Renzi, ed il ministro dell’Ambiente Gianlu-ca Galletti. I negoziati andranno avanti fino all’11 dicembre; qua-si due settimane di colloqui dun-que, per raggiungere un nuo-vo accordo mondiale che superi Kyoto, protocollo in gran parte disatteso, in materia di gas ser-ra e riscaldamento globale. Per quasi tutto il mondo della scien-za ambientale, oggi più che mai in gioco c’è il futuro del pianeta, e da ciò la necessità di siglare un nuovo accordo globale sul-la lotta ai cambiamenti climatici che rischiano di cambiare il volto della Terra, rendere invivibili am-pie zone del pianeta e distrugge-re per sempre interi ecosistemi.

Lo scenario attualeNelle settimane che hanno

preceduto l’apertura della Con-ferenza, tutti i portavoce dei pa-esi coinvolti hanno sottolinea-to come la volontà comune sia quella di frenare il riscaldamento del pianeta, limitare l’escalation delle emissioni di CO2 nell’a-ria, arginando così anche i di-sastri naturali provocati dall’au-mento delle temperature medie di atmosfera ed oceani. Stando alle dichiarazioni, il primo obiet-tivo politico di Parigi è quello di far dimenticare al mondo intero il fallimento del summit di Copena-ghen quando, nel dicembre del 2009, il tutto si concluse con un clamoroso fiasco, con intenti pa-ralizzati dallo scontro fra le su-perpotenze USA, Cina ed India e con l’Europa poco più che spet-tatrice. In realtà la situazione alla vigilia della Conferenza di Parigi,

promesse a parte, è totalmente insoddisfacente poiché il totale dei piani nazionali dei 170 paesi che rappresentano il 90% del to-tale delle emissioni carboniche, ammesso poi che essi vengano rispettati al dettaglio, portereb-be comunque ad un aumento di 2,7 gradi della temperatura me-dia del pianeta, sfondando an-che la soglia di quel limite pres-soché riconosciuto da tutti quale

aumento massimo “sostenibile”, e fissato in +2 gradi C. Anche un rapporto dell’ONU stessa con-ferma questa amara condizione di insufficienza: “Con i piani at-

tuali non si evita un aumento so-stanziale delle emissioni da qui al 2030.

La preoccupazione delle associazioni

ambientaliste internazionali

Più di un campanello d’al-larme è suonato nella testa dei milioni di ambientalisti di tutto il mondo che, comprendendo la delicatezza del momento e me-mori delle “truffe” passate, stan-no sottolineando da tempo che i cambiamenti climatici riguar-dano tutti da vicino e risultano essere oggi una vera e propria emergenza che ha ripercussio-ni in campo ambientale, sociale, economico ed anche geopoliti-co. La Coalizione Italiana “Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima”, alla quale aderiscono oltre 150 soggetti fra sindacati dei lavo-ratori, organizzazioni di società civile, degli agricoltori, di solida-rietà, confessionali, ambienta-liste ecc., ha evidenziato, oltre alle problematiche strettamente legate alla questione ambienta-le, quanto la questione climatica sia intrecciata con le migrazioni, le guerre ed i drammatici even-

ti che scuotono il Medio Orien-te, l’Europa ed il mondo intero. Il timore di tutto il mondo attivi-sta ambientale è quello che la Conferenza di Parigi non riesca ad essere incisiva fino in fondo e capace di definire un nuovo scenario energetico ed un nuo-vo modello di sviluppo che pun-ti alla tutela del bene comune e delle risorse naturali. Per que-sto, e con la volontà di diveni-

re parte attiva della Conferenza stessa, il 28 ed il 29 novembre più di duemila eventi in oltre 150 paesi del mondo, hanno com-posto la “Marcia Globale per il

Clima”. Alla base delle richieste comuni, giustizia climatica, un nuovo scenario energetico che fermi le emissioni di gas ser-ra aprendo la strada ad equilibri nuovi e sostenibili che dovrebbe-ro concretizzarsi in un accordo fra i governi in questione “ambi-zioso e vincolante” che consen-ta di limitare innanzitutto il riscal-damento globale almeno sotto i 2 gradi C, che acceleri la transi-zione verso la de carbonizzazio-ne, per un mondo alimentato al cento per cento da energie rin-novabili nel 2050. E che dire poi dei pesticidi dannosi per l’uomo? Solo in Europa la Ue ha chiesto di ritirarne 320.

Oltre due milioni di manifestanti in tutto

il mondo “Non c’e’ un Planet B” era la

parola d’ordine a Sydney, in Au-stralia, dove 45mila persone si sono radunate, mentre 5mila erano ad Adelaide e un miglia-io hanno sfilato sotto la pioggia a Seul. A dare il via alle manife-stazioni, il grande evento a Mel-bourne venerdì, cui sono segui-ti raduni di sabato dalla Nuova Zelanda, ad Aukland, dove si è tenuta una “Haka” di massa, la

tradizionale danza maori. Le Fi-lippine hanno ospitato manife-stazioni nelle sei maggiori città, coinvolgendo le comunità che hanno sofferto l’impatto deva-stante di cicloni sempre più vio-lenti. La mobilitazione mondiale ha unito i masai della Tanzania, che hanno marciato per ottene-re energie rinnovabili nel crate-re di Ngorongoro minacciato da siccità estreme sempre più fre-

quenti, con le migliaia di manife-stanti berlinesi alla Porta di Bran-deburgo; i leader indigeni che a Bogotá hanno celebrato la “Ma-dre Terra” e gli oltre 5.000 cicli-

sti che hanno attraversato Città del Messico per testimoniare la volontà comune di difendere il pianeta dai rischi dei mutamen-

ti climatici. Dal Bangladesh al Giappone, passando per il Su-dafrica e la Gran Bretagna, ed eventi simili hanno avuto luogo a Rio de Janeiro, New York, Jo-hannesburg, Madrid, Edimbur-go ed tante altre città ancora, per un totale di oltre due milioni di manifestanti in tutto il mondo.

Le piazze italianeIn Italia la manifestazione

principale si è tenuta a Roma dove secondo gli organizzatori sono stati 20 mila i partecipan-ti alla marcia partita da Campo dè Fiori e diretta ai Fori imperia-li, dove si è tenuto un concerto conclusivo. Eventi minori che si sono svolti lungo tutto lo Stivale: a Torino, Milano, Trieste, Vene-zia, Genova, Catanzaro, Paler-mo. Dai cortei trapela un cauto ottimismo, in particolare dai rap-presentanti degli organismi più istituzionali: secondo alcuni di-rigenti del Wwf ad esempio, al termine delle due settimane di negoziati “un accordo globale e vincolante ci sarà, sarà tutta una questione di dettagli, la COP21 può essere un punto di svolta”. “Tutti vogliono arrivare a Parigi per ottenere un risultato, il pun-to è capire se riuscirà a tutelare i più vulnerabili oppure no”, preci-sano manifestanti un po’ più cri-tici che incalzano: “la mobilita-zione dovrà continuare, perché quanto concordato a Parigi ven-

ga tradotto in azione”. Già diver-so il polso di gran parte dei par-tecipanti che, pur animati dalla speranza possibilista dell’esito, pensano che non vi siano le basi per aspettarsi una soluzione de-finitiva proprio da coloro che han-no le responsabilità maggiori in ambito di riscaldamento globale e che non hanno mai fatto se-guire alle proprie promesse, atti concreti per ridurre le emissioni di gas serra e CO2. Dure critiche anche al governo del Berlusco-ni democristiano Renzi che, alla stessa stregua degli altri in Eu-ropa e nel mondo, sembra non voler sentire le ragioni della terra e dei suoi abitanti. Il governo tira dritto col decreto “Sblocca Italia” e con le sue trivelle tese ad age-volare le estrazioni petrolifere in terra ed in mare; con il nuovo ri-corso all’incenerimento dei rifiu-ti considerati gli inceneritori “di carattere strategico nazionale”, pare pensare più ai profitti degli

amici privati che all’interesse del nostro territorio e dell’intero Pia-neta, come appare evidente da tali scellerate scelte prese sulla pelle della popolazione.

La manifestazione di Parigi

In realtà già all’indomani del-la notizia dell’annullamento della “marcia” di Parigi a causa degli attentati del 13 novembre scor-so, gli attivisti francesi si sono organizzati per gridare il pro-prio sostegno alla necessità di frenare il cambiamento climati-co: privati di fatto della possibili-tà di manifestare, gli ambientali-sti hanno deciso di ricoprire una delle piazze più importanti della capitale francese quale place de la Republique, di scarpe. Più di

quattro tonnellate ne sono state raccolte in appena una settima-na, come affermato da Avaaz, il movimento globale per la mobi-litazione dei cittadini che ha ide-ato l’iniziativa, a testimonianza della determinazione della po-polazione ad essere ascoltata. Lungo Boulevard Voltaire oltre 10.000 persone si sono date la mano, alcuni dei quali mostran-do cartelli con su scritto “sfrutta-no, inquinano, fanno profitti! l’e-mergenza è sociale e climatica”. I manifestanti hanno interrotto la catena umana di fronte al Bata-clan, in segno di rispetto per le 90 persone rimaste uccise nella sala concerti durante gli attentati dello scorso 13 novembre. Non sono mancati però momenti di forte tensione; tutto è successo nel primo pomeriggio quando un gruppo di manifestanti ha tenta-to di forzare il cordone di polizia per far partire il corteo non auto-rizzato. Polizia e manifestanti si

sono fronteggiati per alcuni minuti poi la polizia ha caricato selvag-giamente disperdendo i manife-stanti. Solo a quel punto e con la forza, tutta la place de la Repu-blique è stata sgomberata. Stru-mentali le dichiarazioni del presi-dente della repubblica francese Hollande che ha definito “vergo-gnosi” gli incidenti avvenuti nel pomeriggio, deprecando il fatto che la “la protesta sia avvenuta proprio dove c’erano candele, fiori e altri ricordi” in memoria delle vit-time degli attentati, e rafforzando così l’opinione pubblica alla sua incalzante politica guerrafondaia imperialista che fa inevitabilmen-te da sfondo a questa Conferenza su di un tema di fondamentale im-portanza per il mondo intero che ha tutta l’aria di divenire comples-sa, contraddittoria e tutta interna al capitalismo.

Parigi, 29 novembre 2015. Le violente cariche della polizia contro i manifestanti che rivendicavano la difesa e la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse all’apertura del summit mondiale sul clima

Los Angeles (USA) 29 novembre 2015. La marcia per il clima

29 novembre 2015. La marcia di Berlino per il clima

Roma, 29 novembre 2015. La marcia per il clima

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N. 45 - 10 dicembre 2015 interni / il bolscevico 3Demagogia mussoliniana in uno stato Di guerra Dell’italia

“Italia, Europa. Una risposta al terrore”: con questo slogan Matteo Renzi ha presentato il 24 novembre le linee guida del suo governo per affrontare la “sfida del terrorismo islamico” dopo gli attentati di Parigi. E per farlo ha scelto lo sfondo solenne del-la sala degli Oriazi e Curiazi dei Musei capitolini, la stessa dove nel 1957 fu firmato il trattato di Roma che diede il via alla Co-munità europea. Una “location” scelta a sommo studio, per tene-re un discorso tale da esaltare al tempo stesso l’Europa e il ruolo dell’Italia nella sua costruzione e difesa, ma anche e soprattutto l’orgoglio nazionale nel rivendi-care, sulle orme di Mussolini, un ruolo autonomo e specifico del nostro Paese in politica estera nella sua sfera di influenza storica - il Mediterraneo, l’Africa, il Medio Oriente - che risale fino alla storia di Roma, richiamata non a caso dal grande arazzo della battaglia tra gli Orazi e i Curiazi che cam-peggiava alle sue spalle.

Con ciò Renzi ha voluto ri-spondere anche alle polemiche sollevate dalla sua presa di posi-zione più cauta rispetto alle bur-banzose dichiarazioni di guerra di Hollande, negando che l’Ita-lia sia in guerra ed evitando per il momento di impegnarsi nella partecipazione diretta ai bombar-damenti sullo Stato islamico in Siria e Iraq. Una cautela dettata soprattutto dall’imminenza del Giubileo e dalla preoccupazione di non gelare la stentata “ripresa” economica, ma giustificata con la motivazione che “occorre evita-re una Libia-bis” e che prima di bombardare “occorre avere una strategia chiara”: “L’Italia non si tira indietro, ma lo fa in uno sce-nario in cui non ci possiamo per-mettere una Libia-bis perché le conseguenze sarebbero superiori a quelle che è lecito attendersi”, aveva ripetuto infatti anche il giorno precedente, con un velato riferimento all’intervento milita-re deciso unilateralmente dalla Francia nel 2011.

Col suo discorso, quindi, Ren-zi ha voluto dissipare ogni so-spetto di mancanza di fermezza

nell’affrontare adeguatamente l’“emergenza terrorismo” sul pia-no militare all’esterno e polizie-sco all’interno, ribadendo i già cospicui impegni militari interna-zionali dell’Italia, recentemente rinforzati in finanziamenti e sol-dati, e annunciando un robusto programma di militarizzazione del Paese, finanziato con un miliardo di euro. Ma contemporaneamen-te ha indorato la pillola dello stato di guerra di fatto e del nuovo giro di vite alla militarizzazione del Pa-ese con l’annuncio dello stanzia-mento di un altro miliardo per la “cultura” e per mance elettorali ai poliziotti e ai diciottenni. Due mi-liardi in tutto da aggiungere alla legge di Stabilità, già approvata dal Senato e ora all’esame della Camera, da reperire confidando nell’allentamento dei vincoli di bilancio sulle spese per l’antiter-rorismo promesso dalla Commis-sione europea.

l’italia è in guerra e mira alla libia

Il nuovo duce ha esordito in-fatti ribadendo che “l’Italia non cambia la propria posizione ma al contrario vede confermate le proprie priorità, a cominciare dal-la centralità strategica per l’inte-ro pianeta del Mediterraneo, dei Balcani e del Medio Oriente”, e che essa “si riconosce nella co-

alizione internazionale più am-pia possibile, in cui il ruolo degli Stati Uniti d’America è crucia-le, per sconfiggere il fanatismo, l’estremismo, il terrorismo”. Il che equivale ad ammettere che l’Italia è invece effettivamente in guer-ra, tanto perché glielo impone la sua riconfermata ed anzi esaltata partecipazione alla santa alle-anza imperialista internazionale contro l’Is capeggiata dagli Usa, quanto perché i suoi interessi nazionali “strategici” risiedono principalmente nelle regioni che sono teatro di questa guerra. E in particolare in Libia, che in questo momento rappresenta il vero e il più ambito obiettivo per l’imperia-lismo italiano, quello per cogliere il quale, non appena si presenterà la congiuntura favorevole, Renzi si tiene in serbo le nuove risorse finanziarie e militari, piuttosto che bruciarle ora in Siria per compia-cere Hollande.

Eccolo allora ricordare al pre-sidente francese e agli altri guer-rafondai che lo accusano vela-tamente di defilarsi sulla guerra totale all’Is, che “l’Italia onora le proprie responsabilità internazio-nali. Che sono particolarmente evidenti in Afghanistan, in Soma-lia, in Libia, in Libano, in Kosovo, in Iraq e in molti altri scenari di tensione”; cosa che gli ha rico-nosciuto anche il vicepresidente Usa Biden, nell’incontro avuto con lui all’ambasciata americana

a Roma. Ma anche puntualizzare ai suoi critici che l’Italia “si man-tiene fedele al principio per il qua-le una coalizione internazionale necessita del rispetto delle regole del diritto internazionale e di una visione strategica per il futuro dei territori in cui si interviene”.

un miliardo per militarizzare il Paese

Ma che l’Italia sia in guerra a tutti gli effetti è confermato anche dal piano per la “sicurezza” che Renzi ha annunciato, che costerà un miliardo e che prevede un in-vestimento di 150 milioni di euro per la cosiddetta cyber security, con la creazione di una gigante-sca rete di telecamere, pubbliche e private, per spiare (“nel rispet-to della privacy” ha sottolineato sfrontatamente il premier) tutto ciò che si muove nelle strade e nei locali pubblici delle città. A cui si aggiunge un investimento di 50 milioni “per rinnovare la strumen-tazione delle forze dell’ordine”, che dovranno essere “riorganiz-zate”, anche con l’assorbimento delle guardie forestali nell’arma dei carabinieri, il che rappresenta una loro militarizzazione a tutti gli effetti realizzata con un semplice atto burocratico.

Segue poi un investimento supplementare di ben 500 milioni di euro “per la difesa italiana, con

investimenti efficaci finalizzati a dare una risposta immediata” a non meglio precisate “esigenze organizzative e di rilancio”. “Sia-mo orgogliosi dei nostri militari, non faremo mancare loro il no-stro sostegno”, ha commentato a questo proposito il premier, smentendo così nella maniera più efficace la favola che “l’Italia non è in guerra” che continua a rac-contare agli italiani.

E c’è infine l’estensione del bonus di 80 euro “a tutte le don-ne e gli uomini che lavorano per le forze dell’ordine a cominciare da chi sta sulla strada”: pare di capire, quindi, anche a tutti quelli che non l’hanno già avuto come pubblici dipendenti al di sotto di 1.500 euro di retribuzione lorda, il che rappresenta una palese discriminazione verso tutte le al-tre categorie di lavoratori, per le quali vale invece tale limite che non varrebbe più per poliziotti e carabinieri. Senza contare i pen-sionati, beffati ancora una volta da Renzi che usa spregiudicata-mente gli 80 euro come una man-cia elettorale da elargire quando e a chi gli fa più comodo.

la demagogia dell’“investimento

in cultura”Il massimo della demagogia il

nuovo duce lo ha raggiunto con l’annuncio di un corrisponden-te finanziamento di un miliar-do “per la cultura”, perché “la specificità italiana” vuole che la “risposta al terrorismo non sia soltanto emotiva”, e che “per ogni euro investito in più in si-curezza, ci deve essere un euro in più investito in cultura”. E a questo proposito ha annunciato un investimento di 500 milioni alle città metropolitane per in-terventi di riqualificazione delle periferie urbane. Più altri 300 milioni per elargire un bonus di 500 euro ai diciottenni, senza distinzione di reddito delle fami-glie, da spendere per “consumi culturali”: una sfacciata man-cia elettorale, questa, come ha sottolineato anche il suo mae-stro Berlusconi, che di queste cose se ne intende. Poi altri 50 milioni per borse di studio a studenti universitari “più me-ritevoli”, anche qui pare senza distinzione di reddito, e infine altri 150 milioni per finanziare la possibilità di donare il due per mille anche ad associazioni culturali, scuole di musica, tea-tri locali ecc.

“Tenere insieme sicurezza e identità, polizia e cultura è la proposta che l’Italia avanza con determinazione”, ha con-cluso il nuovo duce sintetiz-zando con una frase a effetto questa sua nuova operazione mediatica, che consiste nel far ingoiare meglio la pillola della militarizzazione del Paese indo-randola con la sua demagogia che ha mutuato da Mussolini riadattandola in chiave moder-na e tecnologica. E della quale ha voluto dare un ultimo e più eloquente saggio, chiudendo la sapiente rappresentazione con queste parole che riecheggia-no i proclami nazionalistici del duce: “Perché tutto intorno a noi, anche questa sala, ci dice che la bellezza è più forte della barbarie. La sfida è difficile. E noi dobbiamo esserne all’altez-za. Lo saremo, ne sono certo, se ci ricorderemo che noi – tutti insieme – siamo l’Italia”.

renzi indora la pillola della militarizzazione

del Paese Mance elettorali ai poliziotti e ai 18enni

Militarizzata la Forestale

manifestazione a roma dei lavoratori del pubblico impiego indetta da Cgil, Cisl, uil, Confsal e gilda

“Contratto subito” Per il PubbliCo imPiegoVenerdì 20 c’era stato lo sciopero proclamato dal sindacato UsB

poletti riVUole il cottiMo e lo spaccia per “nUoVo” Modello contrattUaleGrande manifestazione a

Roma dei lavoratori pubblici. In 30mila hanno invaso le strade della capitale per rivendicare an-zitutto il rinnovo del contratto na-zionale bloccato oramai da quasi 7 anni, blocco che ha fatto per-dere ai lavoratori del settore ben 4.800 euro. Del resto i dipendenti pubblici sono il bersaglio preferito di tutti gli ultimi governi, di qual-siasi tendenza: di destra, “tecni-co”, di “sinistra”. Questo blocco dei salari è sempre stato una voce fondamentale dei cosiddetti tagli alla spesa pubblica fatti ricadere sulla parte più debole dei dipen-denti della pubblica amministra-zione e attuati indistintamente dai governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi.

C’è voluta una sentenza della Corte Costituzionale per consi-derare illegittima questa disparità di trattamento con gli altri lavo-ratori e giudicare come un diritto costituzionale l’adeguamento del contratto al costo della vita. Ma chi si era fatto delle illusioni di un pronto intervento del governo per rimediare a questa ingiustizia è stato smentito. Il nuovo duce Renzi e il ministro Madia hanno proposto la scandalosa cifra di 5 euro netti al mese in busta paga, giustamente e sdegnosamente ri-gettati da tutte le sigle sindacali.

Non a caso questa misera ci-

fra è stato uno dei bersagli prin-cipali dei manifestanti che sabato 28 novembre hanno sfilato per le strade di Roma. “Contratto su-bito” era la parola d’ordine del corteo assieme a “basta parole” e “non vogliamo l’elemosina”. Al concentramento in Piazza della Repubblica sono confluiti lavo-ratori provenienti da tutta Italia e di svariate professioni: molti dalla scuola e dalla sanità, i funzioni centrali, quelli dei servizi pubbli-ci locali, di sicurezza e soccorso, università, ricerca.

I dipendenti pubblici in Italia sono 3 milioni e trecentomila e al di là delle continue campagne denigratorie sono numericamen-te sotto la media europea, così come le retribuzioni. In Italia ci sono 58 dipendenti ogni mil-le abitanti, più o meno come in Germania ma molto meno che in Francia (94) per non parlare della Svezia (138). Essi “incidono” sul PIL per l’11%, in Danimarca per il 19,2, in Francia 13,4, in Spagna 11,9. Lo stesso vale per i salari mentre l’unica cosa dove supe-riamo tutti sono le retribuzioni dei manager pubblici che guadagna-no stipendi simili a capi di Stato e l’altissimo numero di dirigenti, piazzati da questo o quel partito o politico borghese di turno.

Dal palco in piazza Venezia, dove si concludeva la manifesta-

zione, hanno preso la parola rap-presentanti dei lavoratori e leader sindacali. Gli interventi si sono concentrati sulla richiesta imme-diata di un nuovo contratto, che tolga dal tavolo l’elemosina dei 5 euro. Il segretario della Uil Car-melo Barbagallo ha richiesto un aumento di “150 euro per recu-perare almeno in parte il terreno perduto”. La Camusso ha detto che quei 300 milioni stanziati dal-la Legge di Stabilità, che suddivi-si fanno i famigerati 5 euro in bu-sta paga, “i lavoratori se li sono già pagati da soli, visti i blocchi prolungati del salario accessorio e del turn over”

L’altro tema caldo è proprio il blocco del turn over, che ha por-tato al crollo delle assunzioni pari al 4,7% dal 2010, equivalente a quasi 180mila posti di lavoro in meno mentre negli ultimi 15 anni i posti persi sono stati 300mi-la. Eppure la Madia, ha detto la Camusso, “ha un chiodo fisso, i licenziamenti” . Con l’inevitabile ricaduta sul peggioramento dei servizi pubblici ricordato dalla segretaria della Cgil “tagliano da anni la sanità, e con l’attuale legge di stabilità si prepara un nuovo pesante intervento. Inoltre, con il blocco del turn over, non si permette un rinnovamento delle pubbliche amministrazioni, men-tre i giovani restano a casa”.

Non sono mancate frecciate al ministro del lavoro, l’esponen-te del PD ed ex presidente delle cooperative “rosse”, Graziano Poletti, che il giorno prima aveva dichiarato: “dovremo immagi-nare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimen-to l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera. L’ora di lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione”. Ma che innovazione! Il ministro vuo-le un salario basato sui risultati aziendali e addirittura personali,

insomma rivuole il cottimo, un si-stema vecchio come il cucco che i lavoratori e il movimento operaio hanno sempre combattuto.

Per il ministro i lavoratori non devono avere più né una digni-tosa retribuzione né diritti con-trattuali, questa è la posizione portata avanti da tutto l’esecutivo guidato dal nuovo duce Renzi, perciò serve una mobilitazione più forte. I segretari confederali hanno dichiarato che se non ci saranno proposte serie da parte del governo sarà sciopero di tut-

to il pubblico impiego. Staremo a vedere. Di certo i lavoratori, sia del pubblico che del privato sono sempre più insofferenti e pretendono rinnovi contrattuali che smettano di restituire soldi e diritti ai padroni.

Una settimana prima, venerdì 20 novembre, c’è stata invece la mobilitazione lanciata dal sinda-cato USB (unione sindacale di base) che ha indetto uno sciope-ro per l’intera giornata. In 20mila sono scesi in piazza in quattro manifestazioni a Milano, Roma, Napoli e Cagliari. Nonostante le difficoltà relative al clima imme-diatamente successivo agli at-tentati di Parigi, con falsi allarmi e militarizzazione delle città, la que-stura della capitale non voleva neppure concedere il permesso di manifestare. Ad aprire i cortei gli striscioni “vostre le guerre no-stri i morti” seguito da “la legge di stabilità che vogliamo: riconqui-stare servizi, salario, diritti”.

Lo sciopero, oltre che per il contratto, era indetto contro la Legge di Stabilità e i continui ta-gli ai servizi pubblici e sociali. Le adesioni sono state particolar-mente alte nelle municipalizzate e negli ospedali, specie delle grandi città. Anche l’USB ha promesso altri scioperi se il governo non si deciderà ad ascoltare le richieste dei lavoratori pubblici.

Roma, 28 novembre 2015. Manifestazione nazionale dei lavoratori del pubblico impiego in lotta per il rinnovo del contratto nazionale di la-voro

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4 il bolscevico / interni N. 45 - 10 dicembre 2015

Sicilia

NaSce il crocetta quater, falSo aNtimafioSo e Nemico delle maSSe

Un’accozzaglia di fascisti e filomafiosi. In giunta insieme al PD, l’UDC, tra cui la segretaria personale di Cuffaro, il PDR di Cardinale, l’NCD

NoN DIamoglI tRegUa. DIfeNDIamo glI INteRessI Delle masse �Dal nostro corrispondente della SiciliaEra evidente a luglio, dopo lo

scandalo che aveva coinvolto il governatore in persona sul caso Borsellino, che la profonda crisi del Crocetta ter, nato a novembre 2014 e trascinatosi esattamente un anno, non era superata, nonostan-te il nuovo duce Renzi avesse dato la sua benedizione alla permanen-za in carica.

Dietro la crisi si nascondono infatti problematiche strutturali, non risolvibili con un colpo di tea-tro in stile renziano

Problemi che nascono, in primo luogo, dal radicato atteggiamen-to ducesco del governatore, ormai arroccato in una gestione sempre più ingiustificata, sfacciata e per-sonalistica del potere e degli sno-di di finanziamenti e voti in Sici-lia e concentrato nell’allargamento della sua cerchia clientelare a sca-pito del PD. Nell’ingestibile faida governativa, ormai aperta da mesi, si inserisce la violenta ascesa anti-democratica dei renziani siciliani. All’assalto del governo Crocetta, chiedono sempre più poltrone di spessore, con il fine ultimo di far-lo fuori. La reazione a catena inve-ste le altre correnti interne al PD: i franceschinani vengono messi al palo a favore dei renziani e dei cu-perliani. Le nuove alleanze “centri-ste”, che inglobano l’NCD a soste-gno di Renzi, chiedono più spazio in giunta. L’UDC non è disposto a concedere un millimetro.

L’immagine di questo scorcio finale del potere di Crocetta, ci ri-manda un governatore in fibrilla-zione politica per risolvere le con-traddizioni da lui stesso scatenate, che, mentre più si agita, più fini-sce imbrigliato nei laccioli da lui stesso tesi. Un governatore sem-pre più isolato dalle masse, che non sopportano la sua arroganza antipopolare e l’ipocrisia della sua antimafia da salotto, emersa cla-morosamente con la vicenda Bor-sellino e l’inchiesta per mafia nei confronti di Antonello Montante, presidente degli imprenditori si-ciliani, colui che dettava le linee politiche al governo Crocetta fino almeno al ritiro formale dell’ap-poggio avvenuto a luglio.

composizione del crocetta quaterLa frattura tra Crocetta e Con-

findustria diventa evidente col ri-tiro a luglio della funzionaria con-findustriale, Linda Vancheri, alla guida delle Attività produttive dal 2012. Crocetta se ne infischia del crollo di uno dei pilastri della sua legislatura, va avanti e, dopo aver retto lui stesso per qualche mese l’assessorato, sostituisce la Van-cheri con l’interim a Mariella Lo Bello, sua fedelissima.

Crocetta manovra un assesso-rato chiave tramite il suo braccio destro, già assessore alla forma-zione e Vicepresidente. Forte ac-centramento. Ma perché? Fatta salva la smania di potere di Cro-cetta, la motivazione principale è che il governatore ha interesse, è

quasi “obbligato”, a gestire diret-tamente l’assessorato che nelle ul-time settimane è stato al centro del nuovo scandalo in cui è implicato. È dentro quell’assessorato, infatti, che si è scatenato il terremoto che ha coinvolto i massimi vertici di Confindustria Sicilia, con cui Cro-cetta è compromesso.

I contorni della vicenda ci mo-strano ancora una volta come la mafia in Sicilia abbia la sua mente politica proprio dentro il governo in carica. A parlare è Marco Ven-turi che, lasciando la direzione di Confindustria “Centro Sicilia”, at-tacca duramente Antonello Mon-tante, inquisito per mafia, e l’at-teggiamento ignavo del presidente nazionale Squinzi. E, andandose-ne, Venturi ne ha pure per il go-vernatore: “Montante, da diverso tempo portatore di poteri illimita-ti, domina il sistema di Confindu-stria, incide in alcuni settori ‘ne-vralgici’ del Paese e determina le scelte del presidente della Regione siciliana”. E sull’uomo che deter-mina le scelte di Crocetta, Venturi racconta di “episodi inquietanti”: pretese di lettere riservate dove si chiedeva di certificare il falso, pressioni per condizionare l’azio-ne di pulizia nelle aree industriali e fermare Alfonso Cicero, il pre-sidente dell’Irsap, l’ente che ha sostituito gli undici consorzi in-dustriali. Interviene il presiden-te dimissionario dell’Irsap: “Cro-cetta abbia il coraggio di riferire i motivi per i quali mi ha chiama-to per incontrarmi nel febbraio del 2014 e nel luglio 2015: mi ha avanzato indicibili richieste. Non mi sentirei per nulla tranquillo a continuare a guidare l’Irsap con un presidente della Regione con-dizionato anche da altri soggetti”: tra i soggetti c’è Montante indaga-to per mafia.

Crocetta risponde a colpi di querele ma, come già aveva ten-tato di fare con la sanità dopo lo scandalo delle intercettazioni sulla Borsellino, deve tentare di mettere le mani su un assessorato esplosi-vo, su cui si gioca la sua perma-nenza al governo e, forse, ben al-tro.

I renziani, che tanto si sono agitati in questi ultimi mesi, chie-dendo elezioni anticipate, manten-gono intatto il loro potere, con tre assessorati di notevole peso: quel-lo all’Economia con Alessandro Baccei. Con lui Renzi ha in mano le chiavi della cassaforte Sicilia. Dell’area maggioritaria del PD, ri-mane Vania Contrafatto, assessore all’Energia, un settore con il qua-le l’area del Berlusconi democri-stiano si assicura interventi milio-nari a pioggia. Già a luglio Baldo Gucciardi, renziano di ferro, ave-va sostituito la Borsellino, consi-derata di area cuperliana, e messo uno stop ai tentativi del governa-tore di mettere le mani direttamen-te sull’assessorato più importante della Sicilia. Il “signore dei voti” del PD trapanese è uno di quel-li che garantirà migliaia di voti ai renziani alle prossime regionali.

Nel Crocetta quater entra il cuperliano Antonello Cracolici, come Assessore per l’agricoltura,

sviluppo rurale e della pesca me-diterranea, che va a sostituire Nico Caleca, area ex-MPA. Ai cuper-liani appartiene Bruno Marziano, neo Assessore per l’istruzione e la formazione professionale, che ha lasciato dopo un disastro del boom di disoccupazione la pol-trona dell’assessorato al Lavo-ro. I cuperliani perdono però una poltrona, perché la manager Cleo Li Calzi, inizialmente nominata in giunta come assessore al Turi-smo, sport e spettacolo deve cede-re all’altra area rappresentata dai fedeli dell’ex-segretario Giusep-pe Lupo, in progressivo allontana-mento da Franceschini e avvicina-mento al nuovo duce. Fuori la Li Calzi e dentro Anthony Barbagal-lo, campione di salto della quaglia ( DC, Partito Popolare Italiano, La Margherita per la Sicilia”, Partito Democratico).

Antonio Fiumefreddo, presi-dente di Riscossione Sicilia, ap-prodato al PD dopo un sostegno a FI, al MPA e al Megafono e vi-cino al governatore e a Salvatore Cardinale, è inizialmente nomina-to assessore delle autonomie loca-li e funzione pubblica, sostituendo l’esponente dell’UDC, Marcella Castonovo, legata all’ex ministro Gianpiero D’Alia, e al sindaco di Catania, Enzo Bianco (PD).

Ma il veto del PD è durissimo. Fiumefreddo rinuncia. L’interim viene assunto dal governatore. E a tutt’oggi Crocetta sta tentando di nominare Luisa Lantieri, UDC, braccio destro ed ex-segretaria del detenuto per mafia Salvatore Cuf-faro. Un tentativo di nomina che manda in fibrillazione la coalizio-ne di maggioranza. I renziani, per i quali non è ancora chiusa la par-tita, minacciano il ritiro del soste-gno. Scontentissimo, ovviamen-te anche Salvatore Cardinale, che potrebbe a breve ritirare il soste-gno, anche se intanto rimane in giunta con l’Assessore per il Terri-torio e l’Ambiente Maurizio Cro-ce, Sicilia Futura, PDR, (Patto dei Democratici per le Riforme), la formazione dell’ex-ministro vici-na ai renziani e che si pone l’ob-biettivo di un patto strategico con Alfano a sostegno di Crocetta.

Giovanni Pistorio Assessore per le infrastrutture e la mobilità, UDC, va a sostituire Giovanni Piz-zo UDC. In realtà, il responsabile regionale dell’UDC, già fondatore nel 2005 del Movimento per l’Au-tonomia, dal 2007 segretario alla Presidenza del Senato e segretario federale del Movimento per le Au-tonomie, era già entrato in giunta a fine giugno, come nuovo asses-sore alla Funzione pubblica. Il suo ingresso aveva sdoganato la pre-senza di assessori politici in giun-ta, mettendo fine all’ipocrisia de-gli esponenti di partito coperti. Ma aveva anche generato una reazio-ne a catena, che avrebbe innesca-to la crisi finora irrisolta, con l’ab-bandono di Borsellino.

La fidelizzazione dell’UDC continua con la nomina di Gianlu-ca Miccichè, nuovo segretario re-gionale del partito dopo Pistorio, all’Assessorato alla famiglia, poli-tiche sociali e lavoro.

Carlo Vermiglio, AP-NCD in tre anni è il quinto assessore per i beni culturali e l’identità sicilia-na. Fa fuori il franceschiniano An-tonio Purpura. Il nuovo assessore è espressione di quel riavvicina-mento in prospettiva elettorale tra NCD e UDC. Con lui, anche se non formalmente, Alfano entra nel governo siciliano e partecipa alla spartizione della torta.

crocetta se ne deve andareIntanto è stata depositata la

mozione di sfiducia al governa-tore, proposto dai 14 deputati del M5S e firmata anche dagli 8 par-lamentari di Forza Italia e dai tre della Lista Musumeci.

Viene discussa mentre scrivia-mo. Con buona probabilità la mo-zione in un parlamento ostaggio di Crocetta non sortirà nessun effet-to. Certo è che la vicenda politica del governatore è giunta al termi-ne e la spina va staccata. Le cifre sono sotto gli occhi di tutti: il disa-vanzo da 1,4 miliardi per il 2016, nonostante i micidiali tagli alle masse popolari, i 24 mila foresta-li che aspettano i fondi per poter tornare al lavoro, i 16 mila precari degli enti locali che attendono gli stipendi dalla Regione, i 12 mila dipendenti degli enti regionali cui manca la certezza dello stipendio a fine mese.

Mentre a Palazzo d’Orleans i partiti borghesi da tre anni gioca-no a risiko con le poltrone di go-verno, il tasso di disoccupazione passa dal 19% al 22%.

Al suo governo, al PD, a Renzi e al parlamento che lo hanno so-stenuto, dobbiamo il record della disoccupazione, soprattutto gio-vanile, della cassa integrazione, dell’emigrazione e della miseria, il degrado delle strutture pubbli-che, i crolli delle autostrade e del-le scuole, la svendita dell’isola alle strategie militari degli Usa e della Nato, alle compagnie petrolifere.

Ammesso che Crocetta possa venire fuori dalle contraddizioni scatenate nella cupola di gover-no, la verità è che ha miseramente fallito agli occhi delle masse po-polari e se ne deve andare! Dietro la sua antimafia di facciata insie-me ai suoi “compagni di viaggio”, da Montante, a Helg, ha tessuto intrecci di interessi milionari di stampo mafioso, di voti e clien-tele, esattamente come facevano Cuffaro e Lombardo, ma mostran-do un totale disinteresse verso i problemi della masse popolari, i diritti e le regole della democrazia borghese. Per rimanere attaccato alla poltrona ha restaurato il pote-re dei filomafiosi dell’UDC in Si-cila, cui assomiglia sempre di più, ha tirato dentro il governo il fasci-sta Alfano. Crocetta è forma che lo spregiudicato, vessatorio, ipocrita, violento e antipopolare regime ne-ofascita di stampo piduista renzia-no ha preso in Sicilia.

Che le masse lavoratrici, tra cui i precari, i pensionati, i disoccupa-ti, gli studenti, i sindacati e i mo-vimenti, le forze politiche, socia-

li, culturali e religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e pro-gressiste facciano propria la batta-glia per cacciare via Crocetta, fal-so antimafioso e affamatore delle masse siciliane.

La soluzione però non è certo quella di sostituire a quello di Cro-cetta l’apparato clientelare dei ren-ziani in ascesa. Alle prossime ele-zioni regionali bisogna sfiduciare

e delegittimare con una valanga di voti astensionisti i partiti e le istituzioni del regime capitalista, neofascista e mafioso, che han-no ridotto la Sicilia alla miseria, adottando la proposta del PMLI di costituire le istituzioni rappresen-tative delle masse fautrici del so-cialismo fondate sulla democrazia diretta, ossia le Assemblee popo-lari e i Comitati popolari.

al direttivo filctem-cgil di PiSa

critiche al nuovo contratto dei chimici e alla

propaganda dei governanti sui conflitti in corso

Cammilli: “Ritirarsi dalle guerre per far cessare gli attentati. la firma del contratto

soddisfa solo la Confindustria” �Redazione di FucecchioSi è svolto martedì 17 no-

vembre nei locali della Camera del Lavoro di Pisa il direttivo provinciale dei lavoratori del settore chimico-farmaceuti-co, tessile, abbigliamento e dell’energia (Filctem) della Cgil. La riunione è iniziata con un mi-nuto di silenzio per ricordare i morti degli attentati di Parigi. Di quegli avvenimenti, nonostante non fossero all’ordine del gior-no, inevitabilmente ne hanno parlato quasi tutti coloro che sono intervenuti al dibattito.

Il compagno Andrea Cam-milli nel suo intervento ha sottolineato come quei morti, pur essendo vittime innocenti, sono la diretta conseguenza delle guerre fatte da Usa, Fran-cia, Regno Unito, Italia e Russia in Medio Oriente e Africa: Siria, Iraq, Libia, Afghanistan e in tanti altri Paesi. L’unico modo per far cessare gli attentati è ritirarsi da queste guerre an-che se, ha detto il compagno, difficilmente rinunceranno a salvaguardare i loro interessi economici, geopolitici e allo sfruttamento delle risorse di questi paesi. I popoli, i lavora-tori, non hanno alcun interesse ad appoggiare questa guerra che fa unicamente gli interessi delle classi dominanti.

Dobbiamo dire che molti hanno lanciato accuse contro i governi europei e americano, respingendo la propaganda che vuol ridurre i conflitti inter-nazionali a una lotta tra la de-mocrazia e la barbarie ovvero i paesi islamici e tutti quelli che non accettano le regole impo-ste dagli occidentali.

Il resto della discussio-ne si è incentrato sul rinnovo contrattuale della categoria. Cammilli ha esposto una criti-ca circostanziata di una firma che ha soddisfatto soltanto i padroni e ha recepito in pieno il Jobs Act e il “nuovo modello contrattuale” voluto da Squinzi che riduce ai minimi termini il contratto nazionale e delega gli aumenti alla contrattazione e

alla produttività aziendale. Fe-derchimica e Farmindustria (le associazioni padronali) hanno ottenuto la restituzione dell’ul-timo aumento del contratto in corso, risparmiato il pagamen-to della festività della Pasqua, la limitazione del diritto di scio-pero attraverso le “clausole di raffreddamento dei conflitti”, mentre si dà sempre maggiore spazio agli enti bilaterali, alla previdenza e alla sanità inte-grativa, cioè privata.

Le critiche su questi e altri punti sono stati riprese da al-tri lavoratori. In particolare una delegata di un’azienda farma-ceutica ha chiesto spiegazioni su questi cedimenti a Cardinali, lì presente a nome della Filctem nazionale. Costui, nelle sue lunghissime conclusioni, ha cercato di ribaltare l’impressio-ne negativa generale espressa dalla sala cercando di farlo ap-parire come un “buon contrat-to approvato nelle assemblee con oltre il 90%”. Ci chiediamo dove sono state svolte queste assemblee, sicuramente non nella provincia di Pisa. Nono-stante la sua filippica il dirigen-te sindacale non ha convinto i lavoratori.

Roma, 21 novembre 2015. Il compagno Andrea Cammilli alla manifestazione nazionale della Fiom (foto Il Bolscevico)

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Basta disperdere le forze serve un unico forte movimento studentesco

Ospite cOmpiacente de “L’Unità” di Renzi

Rizzo imbroglia su Gramsci e BerlinguerIl segretario generale del nuovo PC revisionista è onnipresente nei media. Come mai? Al PMLI non sono concessi

né una riga sui giornali né un secondo in radio e tvChe cosa ci fa un articolo di

Marco Rizzo sulle pagine de “L’Unità” di Renzi? Il segretario generale del nuovo Partito Co-munista revisionista firma infatti un suo intervento per il numero speciale dell’11 novembre scor-so dedicato a Enrico Berlinguer, in cui si propone di spiegare “cosa ha portato il Partito di An-tonio Gramsci a diventare oggi quello di Matteo Renzi”, ed è singolare che lo faccia da ospite compiacente e compiaciuto del megafono personale del nuovo duce. Ma poi l’operazione diven-ta chiara una volta letto l’articolo, che già nel titolo ne anticipa tut-ta l’ambiguità: “Berlinguer? Una persona onesta ma non comuni-sta”.

Rizzo individua nella politica conciliante post-resistenziale di Togliatti, poi sfociata nella “via italiana al socialismo”, l’inizio di quella che chiama la “consun-zione della grande esperienza storica e politica dei comunisti in Italia”. Ma intanto giustifica tale politica (che tra l’altro omette si-gnificativamente di chiamare col suo vero nome, e cioè revisioni-sta), perché la situazione di allo-ra “era innegabilmente avversa ad una reale possibilità di ‘fare la rivoluzione’ in Italia”. E secondo lui sarebbe bastato che a preva-lere fosse stata la linea trotzki-sta di Secchia, il quale diceva che “tra fare la rivoluzione e non fare nulla c’è una bella differen-za”, per salvare il PCI dalla fine ingloriosa che ha fatto.

Dalla sua fondazione nel 1921 fino alla “svolta” togliattia-na, invece, per Rizzo il PCI è stato un partito autenticamente comunista. E Gramsci, “con la sua concezione della conquista

dell’“egemonia’ e della ‘guerra di posizione’” non è stato a suo dire “l’antesignano delle vie nazionali al socialismo”, ma al contrario la sua concezione del partito e del-lo Stato “è sempre stata protesa alla conquista del potere politi-co”. Una falsificazione grossola-na della storia, questa, perché sono proprio le teorie di matri-ce liberal-riformista di Gramsci, che sostituivano la costruzione dei Consigli operai a quella del partito marxista-leninista, il con-cetto di “blocco storico” a quel-lo di lotta di classe, il concetto di “egemonia” (non come la conce-piva Lenin) a quello della dittatu-ra del proletariato, e il concetto di “guerra di posizione” a quel-lo di insurrezione rivoluzionaria per il socialismo, che posero per prime le fondamenta revisioniste del PCI. Poi riprese e sviluppate da Togliatti nel dopoguerra con la “via italiana al socialismo”. Se Gramsci fosse stato un vero co-munista, come mai settori del-la borghesia e del trotzkismo lo considerano ancora adesso uno dei loro punti di riferimento, in Italia e all’estero?

Rizzo copre il revisionista Berlinguer

Quanto al pensiero di Berlin-guer, “persona onesta ma fuori dal comunismo”, Rizzo ne cri-tica i “punti cardinali” che sono “il compromesso storico, la de-mocrazia come valore universa-le, l’eurocomunismo, l’accetta-zione dell’ombrello della Nato, l’adesione alla UE ed infine le considerazioni sull’esaurimento della spinta propulsiva della Ri-

voluzione sovietica”. Ma poi fini-sce per dipingerlo ambiguamen-te come un “isolato” in un partito ormai saldamente in mano alla corrente “migliorista” dei vari Amendola e Napolitano, tan-to da ritrovarsi da solo di fronte ai cancelli della Fiat nel 1980 e nella lotta in difesa della scala mobile. Leader ormai “ininfluen-te” di fronte alla “mutazione ge-netica” già avvenuta nel partito e che “non aveva voluto contra-stare”.

Un’altra falsificazione della storia che si svela da sé, quan-do più avanti Rizzo rievoca l’in-tervista a Giampaolo Pansa sul “Corriere della Sera” del 15 giu-gno 1976, in cui Berlinguer “sen-tenziò l’accettazione definiti-va dell’Occidente capitalistico e della sua micidiale alleanza mili-tare, la NATO”. E l’intervista del 2 agosto 1978 ad Eugenio Scal-fari, in cui sposò “il processo di unità europea e capitalistica”. Con ciò ammettendo implicita-mente che era proprio lui, ancor prima degli anni ‘80, e non sol-tanto l’ala “migliorista”, a propu-gnare e guidare l’integrazione del PCI revisionista nel sistema capitalista e imperialista occi-dentale, completando il percorso revisionista aperto da Gramsci e portato avanti da Togliatti.

anche Rizzo ha contribuito

all’avvento di RenziD’altra parte, se come dice

Rizzo la “mutazione genetica” del PCI era già compiuta alla fine degli anni ’70, come mai nel 1981 egli lasciò Lotta Con-tinua per entrare in quel parti-

to, ricoprendovi vari incarichi di-rigenti e restandovi fino al suo autoscioglimento nel 1991? E vi entra proprio nell’anno, il 1981, in cui da parte di Berlinguer, ri-corda sempre Rizzo, “viene de-finitivamente reciso il ‘cordone ombelicale’ anche ideale, con la storia del movimento operaio e comunista”, con la famosa fra-se sull’esaurimento della “spin-ta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre”.

Ma da buon trotzkista Rizzo non solo si guarda bene dall’ac-cennare a questa contraddizio-ne e fare quantomeno autocri-tica, ma conclude l’articolo con la blanda critica a Berlinguer e senza rispondere alla domanda che lui stesso si era posto all’i-nizio: senza spiegare cioè come si è passati da Berlinguer a Ren-zi, un processo di cui anche lui ha fatto parte come dirigente del PCI revisionista fino alla sua fine. Per non parlare della sua successiva carriera politica (an-che come parlamentare euro-peo) nel PRC e nel PdCI, partiti che hanno sempre fiancheggia-to e coperto a sinistra, anche go-

vernandoci insieme, i partiti neo-liberali PDS e DS eredi del PCI.

E comunque Rizzo si è ben guardato dall’attaccare Renzi e la sua politica neofascista, pi-duista, filopadronale, antiope-raia e interventista, a dimostra-zione che la sua comparsata su “L’Unità” è frutto di una recipro-ca “legittimazione” tra i due im-broglioni politici. E il momento scelto non è casuale, visto che coincide con la nascita di Sini-stra italiana, formata dall’allean-za parlamentare tra i fuorusciti riformisti di sinistra del PD gui-dati da Fassina e D’Attorre e il partito di Vendola.

Rizzo coccolato dai media borghesi

Così adesso anche “L’Unità” di Renzi si va ad aggiungere alla sempre più lunga lista di giornali che ospitano Rizzo sulle loro pa-gine; e di media borghesi, con in testa le reti tv della Rai e di Me-diaset, che parlano spesso delle iniziative del suo partito perso-nale, anche se inesistente tra le

masse. Come è successo anche ultimamente per la sua iniziati-va del 7 novembre in occasione dell’anniversario della Rivoluzio-ne d’Ottobre a Roma, in com-pagnia del segretario del KKE revisionista greco, che è stata sponsorizzata contemporanea-mente da TG1, AdnKronos, Huf-fington Post-gruppo Espresso.

Gli stessi media borghesi che lo invitano regolarmente ai loro talk show, come fa spesso Rai3-Agorà, e ha fatto anche in oc-casione della suddetta iniziati-va. Mentre invece al PMLI non è concesso né una riga sui giorna-li né un secondo di trasmissione in radio e tv. Ma evidentemente ad essi fa comodo ospitare un imbroglione trotzkista come lui, per fare da tappezzeria e pre-sentarlo come unico vero “co-munista” rimasto in Italia: per darsi una patente di “democra-ticità” e “pluralismo” a buon mer-cato dando voce al suo innocuo comunismo da salotto, così da oscurare l’unica autentica voce marxista-leninista rappresenta-ta dal PMLI e impedire che arrivi alle larghe masse popolari.

Ripetendo un fenomeno che da diverso tempo caratterizza le mobilitazioni studentesche nel nostro Paese, si sono recente-mente tenute due tornate di ma-nifestazioni separate, il 13 e 17 novembre, pur essendo entram-be contro la “Buona scuola” e i tagli contenuti nella legge di sta-bilità. Lo stesso era avvenuto il 2 e il 9 ottobre. Le giornate del 2 ottobre e del 13 novembre era-no promosse da autonomi, cen-tri sociali e collettivi, quelle del 9 ottobre e 17 novembre dai “sin-dacati studenteschi”. La diffe-renza (non di poco conto) stava nel fatto che la mobilitazione del 13 coincideva con lo sciopero generale della scuola proclama-to dai “sindacati di base”.

Le studentesse e gli studen-ti marxisti-leninisti hanno ap-poggiato e partecipato a que-ste mobilitazioni nell’interesse esclusivo della lotta contro la “Buona scuola”, pur senza con-dividerne in pieno la linea e i metodi. Da parte degli autono-mi rileviamo tendenze avven-turistiche e settarie; i sindacati studenteschi d’altro canto si ri-fiutano di uscire dal pantano del riformismo e del legalitarismo e sono spesso succubi del vertice

della CGIL. Non ci spieghiamo altrimenti perché, ad esempio, non abbiano dato forza allo scio-pero generale del 13 e non ab-biano fatto pressione sulla CGIL affinché facesse altrettanto.

Da dove nascono queste di-visioni? E, in ultima analisi, a chi tornano utili?

Nascono dal settarismo e dal frazionismo, in quanto ciascun raggruppamento cerca di porta-re acqua esclusivamente al pro-prio mulino e a quello dei partiti di riferimento. Di fatto, le que-stioni e i problemi generali del-le masse studentesche cadono in secondo piano e ne escono danneggiati. Alla fine, chi vince è il governo, che non si trova di fronte a una forza studentesca davvero consistente.

Per non muoversi alla cieca, bisogna sempre mettere a fuo-co la contraddizione principale in ogni battaglia: in questo caso, la lotta contro la “Buona scuo-la” e le politiche del governo in materia d’istruzione è la lot-ta che deve unire tutte le mas-se studentesche che aspirano al cambiamento, a prescindere

dai collettivi, organismi o orga-nizzazioni di appartenenza. Su questo punto bisogna fare per-no per dare vita ad un unico grande movimento studentesco che si batta senza tregua contro le politiche di fascistizzazione, aziendalizzazione e privatizza-zione della scuola e dell’univer-sità e contro il governo che le ha partorite, quello del nuovo duce Renzi.

Per uscire dal frazionismo che attualmente caratterizza il movimento, è necessario mo-bilitare la base, cioè le larghe masse studentesche, discute-re dal basso sulle iniziative, sul-le date e le modalità delle mo-bilitazioni per poterne mettere in campo di unitarie e forti, non fra-zionate e quindi divise e deboli. Ma non solo, va anche discussa una linea politica, programmati-ca e rivendicativa comune, che ora manca, e infatti il movimen-to studentesco risente moltissi-mo dell’assenza di un orienta-mento chiaro e condiviso, senza il quale non riesce a prendere in mano l’iniziativa e passare all’of-fensiva.

È per questi motivi che da tempo battiamo sullo stesso chiodo: l’organizzazione del mo-vimento studentesco.

La nostra proposta è dare vita alle assemblee generali delle studentesse e degli stu-denti in ogni scuola e ateneo, inteso come luogo dove con-frontarsi sugli indirizzi politici, programmatici, organizzativi, i metodi e le iniziative di lotta in modo da raggiungere la massi-ma intesa possibile. Le propo-ste, le piattaforme, le decisioni e i documenti delle assemblee generali di scuola ed ateneo potrebbero poi essere messe a confronto in assemblee regio-nali e nazionali.

L’assemblea generale è già stata sperimentata con suc-cesso nel Sessantotto, quan-do era la norma riunirsi ed ela-borare iniziative e rivendicazioni dal basso. Anche la Pantera del 1990 si dotò di assemblee locali e nazionali, un accenno debolis-simo si è avuto persino nell’On-da del 2008, ma in questi casi è mancata la forza di farla affer-mare e consolidare. Comunque

si tratta di esperienze importan-ti da tenere presenti per impara-re tanto dai punti di forza quanto dagli errori e difetti del passato.

È chiaro che, parlando di or-ganizzazione del movimento studentesco, noi non intendia-mo assolutamente burocratiz-zarlo o imporgli strutture verti-cistiche. È vero invece l’esatto contrario. Addirittura potremmo dire che il movimento è ben più “burocratizzato” adesso, diviso fra tante organizzazioni diverse che cercano di lottizzare ed ege-monizzare la protesta, rispetto a quanto lo sarebbe dotando-si dell’assemblea generale. Se non si hanno velleità leaderisti-che e opportunistiche, che spes-so nascondono ambizioni elet-torali, non si può avere paura di aprire un dibattito su come dare concretamente un’organizzazio-ne al movimento studentesco.

Le forze attualmente più avanzate non devono nemme-no temere che prevalga il rifor-mismo. Un fronte unito come questo prevede sia unità sull’o-biettivo comune, sia lotta per l’egemonia, combattendo dia-

letticamente tutte le posizio-ni sbagliate e fuorvianti. Grazie al lavoro degli studenti avanza-ti, fra cui i marxisti-leninisti, e at-traverso l’esperienza, le masse studentesche arriveranno a ca-pire la vera natura del riformi-smo, del legalitarismo, del co-stituzionalismo e del pacifismo, i limiti da essi imposti gli staranno sempre più stretti, finché non sa-ranno conquistate ad una linea rivoluzionaria. In ogni caso, il ri-formismo a livello di massa non si sconfigge certo abbandonan-do il lungo e paziente lavoro di convincimento delle larghe mas-se e illudendosi di poter contare sulle sole avanguardie.

Le divisioni, il frazionismo, il settarismo non portano a nul-la di buono, anzi fanno il gioco del governo, mentre l’unità del-le masse studentesche fondata sulla democrazia diretta, su una linea comune e discussa demo-craticamente e sull’autonomia delle rispettive organizzazioni, può portare veramente a con-quiste e alla vittoria di una bat-taglia così essenziale per il pre-sente e il futuro dell’istruzione pubblica in Italia.

La Commissione Giovani del CC del PMLI

della commissione giovani del cc del pmLi

L’articolo di Rizzo su l’Unità dell’11 novembre 2015

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6 il bolscevico / processo di Norimberga N. 45 - 10 dicembre 2015

70° anniversario del processo di norimberga

il processo di norimberga fu necessario. metterlo in discussione vuol dire fare un regalo ai nazisti di ieri e di oggi

Le potenze occidentali ostacolarono la denazificazione, demilitarizzazione e democratizzazione della GermaniaIl 20 novembre 1945 si apri-

va nella città di Norimberga il processo al termine del quale dei ventidue criminali nazisti alla sbarra tre vennero assolti, set-te condannati a pene detentive e dodici condannati a morte per impiccagione. Hermann Göring pur condannato sfuggì al cape-stro suicidandosi al termine del processo così come aveva fatto Robert Ley in precedenza. Allo-ra come oggi, a distanza di set-tanta anni, i nazisti, i loro eredi e i loro reggicoda hanno cerca-to con ogni mezzo di contesta-re la legittimità e la necessità di quel processo. Allora furono so-prattutto i criminali caporioni hit-leriani alla sbarra a contesta-re il diritto dei vincitori “alleati” a giudicarli ma anche esponen-ti liberali come Benedetto Croce, che di fatto nulla aveva fatto per contrastare la salita al potere di Mussolini e durante il ventennio non fu mai vittima del carcere e del confino che il regime riserva-va agli antifascisti conseguen-ti. In un discorso del 1947 alla Costituente così si esprimeva: “Segno inquietante di turbamen-to spirituale sono ai giorni nostri (bisogna pure avere il coraggio di confessarlo) i tribunali senza alcun fondamento di legge, che il vincitore ha istituito per giudi-care, condannare e impiccare, sotto nome di criminali di guer-ra, uomini politici e generali dei popoli vinti, abbandonando la di-versa pratica, esente da ipocri-sia, onde un tempo non si dava quartiere ai vinti o ad alcuni di loro e se ne richiedeva la conse-gna per metterli a morte, prose-guendo e concludendo con ciò la guerra”.

Da allora il montante revisio-nismo storico si è dato l’obiettivo di rovesciare quei giusti verdetti storici emanati prima sui campi di battaglia, come la fucilazione di Mussolini decisa dal Comita-to di Liberazione Nazionale Alta Italia e dal Comando Generale del Corpo Volontari della Liber-tà, e poi nelle aule dei tribuna-li durante i processi che giudica-rono i criminali nazisti e fascisti, come fu nel caso del processo di Norimberga. Fino al punto che persino “Il Fatto quotidiano” ri-corda questo settantesimo an-niversario rilanciando un vergo-gnoso articolo di Massimo Fini che si conclude con queste pa-role: “Oggi... si può dire che quei processi erano ingiusti, illegitti-mi, pericolosi”. Costui con scan-dalosa disinvoltura mette sullo stesso piano fascismo e antifa-scismo, Hitler e Stalin, aggres-sori e aggrediti: “Ma questioni giuridiche a parte, l’effetto a no-stro parere più inquietante e gra-vido di conseguenze storiche dei processi di Norimberga e di Tok-yo fu quello di ingenerare un pe-ricoloso equivoco: che i vincitori fossero davvero migliori dei vinti nel momento in cui si chiudeva la guerra. Fa una certa specie, per esempio, pensare che sul-lo scranno dei giurati, a Norim-berga, sedevano, per giudicare di “atti di aggressione”, i rappre-sentanti di un paese, l’Urss, che aveva assalito e squartato, con un attacco vilissimo e proditorio, concertato proprio con Hitler, la Polonia e che era responsabile delle fosse di Katyn. Fa specie

sapere che, a quel processo su “crimini contro l’umanità”, fece la sua apparizione, fra coloro che giudicavano, il sovietico Vi-sinskij, il pubblico ministero delle “purghe” di Mosca del 1936-37.” Fini ha tanta bile anticomunista da sposare in toto la propagan-da fascista che accusa Stalin di aver invaso la Polonia di con-certo con Hitler e gli attribuisce la responsabilità dell’eccidio di Katyn. Quest’ultimo caso fu una colossale provocazione contro l’Armata Rossa da parte dell’e-sercito del III Reich peraltro ac-compagnata dal verdetto fasullo di una commissione internazio-nale manipolata dai nazisti.

Tant’è vero che alcuni mem-bri di quella commissione, qual-che anno dopo al Processo di Norimberga, testimoniarono e descrissero in quali condizioni di ricatto e di pressione psicologica furono costretti a dichiarare il fal-so sull’eccidio di Katyn.

La macabra messa in scena ordita dai nazisti e diretta perso-nalmente da Hitler, che in questo genere di cose aveva già dimo-strato tutta la sua maestria il 27 febbraio del 1933 con l’incendio del Reichstag, si ritorse ancora una volta contro gli stessi nazisti che alla fine delle indagini, svolte da una commissione medico le-gale e da esperti di vari Paesi del mondo, furono ritenuti i veri re-sponsabili dell’efferata strage di Katyn. Un verdetto che tre anni dopo verrà inequivocabilmente e definitivamente riconfermato an-che al processo di Norimberga in cui furono esibite schiaccian-ti prove e innumerevoli testimo-nianze, molte delle quali scritte e controfirmate, che deponevano contro i nazisti e a favore dell’U-nione Sovietica (si veda l’arti-colo http://www.pmli.it/eccidio-katynhitlernostalin.htm).

In realtà la questione cru-ciale che faceva da sfondo al processo di Norimberga era la piena denazificazione, demilita-rizzazione e democratizzazione della Germania, mentre le po-tenze occidentali erano già pro-iettate verso la guerra fredda e puntavano a servirsi di quanto restava del nazismo e del mili-tarismo tedesco in funzione an-tisovietica.

la posizione sovietica e quella delle potenze

occidentaliLe differenze tra i sovietici e

le potenze occidentali emerse-ro già durante la guerra. Cosa fare dei nazisti e del militarismo tedesco dopo la loro sconfitta? Come evitare ai popoli dell’Euro-pa e del mondo una nuova guer-ra mondiale scatenata dalla Ger-mania? Le posizioni dei sovietici e degli imperialisti occidenta-li non avrebbero potute essere più distanti. Anche se l’Unione Sovietica aveva pagato il prezzo più caro della guerra, più di ven-tidue milioni di morti tra militari e civili, essa non voleva la scom-parsa della Germania. Il capi-talismo e il militarismo tedesco erano i veri responsabili dell’ag-gressione all’Urss e dei terribili crimini ai danni del suo popolo. Stalin nel 1942, dunque nel mo-mento in cui le armate hitleriane raggiungevano la loro massima

espansione nell’occupazione dei territori sovietici, dichiarò: “A volte nella stampa stranie-ra si diffonde la voce che l’E-sercito rosso ha per scopo di sterminare il popolo tede-sco e distruggere lo Stato te-desco. Questa è, certamente, una sciocca menzogna e una calunnia poco intelligente. (…) sarebbe ridicolo identificare la cricca di Hitler col popolo te-desco, con lo Stato tedesco. L’esperienza della storia inse-

gna che gli Hitler vengono e se ne vanno, mentre il popo-lo tedesco, lo Stato tedesco ri-mangono. La forza dell’Eser-cito rosso consiste, infine, nel fatto che esso non ha e non può avere un odio di razza ver-so gli altri popoli e quindi an-che verso il popolo tedesco.”

Chiara la posizione sovietica. Distruggere la cricca hitleriana ed il militarismo tedesco sepa-rando le loro criminali respon-sabilità da quelle del popolo te-desco. Ben diversa la posizione delle potenze occidentali. Infi-schiandosene del nazismo e dei suoi crimini, i capitalisti occiden-tali vedevano nella guerra una duplice opportunità: la riduzio-ne della Germania a loro fedele alleata, dopo che era stata una pericolosissima “concorrente” nella competizione imperialista per il dominio del mondo, e un forte ridimensionamento dell’U-nione sovietica.

Mentre la gloriosa Armata rossa ricacciava a prezzo di per-dite enormi le armate naziste gli “alleati” occidentali avanzavano lentamente e con poche perdi-te e, con la propria flotta aerea, radevano al suolo le città tede-sche con indiscriminati bombar-damenti a tappeto. In perfetta coerenza con i loro obiettivi gli americani e gli inglesi uccisero più di un milione di civili tede-schi nel corso dei loro raid ae-rei. Il ministro del tesoro degli Stati Uniti Henry Morgenthau, con il pieno sostegno di Roose-velt e Churchill, elaborò un pia-no (il “piano Morgenthau”) in cui veniva previsto il totale smantel-lamento dell’industria tedesca e l’obbligo per i tedeschi a pra-ticare solo l’agricoltura e la pa-storizia. Con l’avvicinarsi della fine della guerra però gli impe-rialisti occidentali si trovarono di fronte ad una amara sorpre-sa. L’Unione Sovietica di Stalin non era stata affatto piegata dal-le armate naziste ma era inve-ce più forte che mai! La vittoria sul nazifascismo aveva mostra-to l’efficienza militare dell’Arma-

ta rossa e il coraggio e la forza del popolo sovietico che era sta-to in grado di annientare la belva nazista. L’Urss, e con essa il so-cialismo, si era affermata come un rosso faro di luce per i popoli oppressi. No, il rischio per gli im-perialisti ed i capitalisti occiden-tali era davvero troppo grande. Molto meglio stringere accordi con quanto restava del nazismo e del militarismo tedesco.

La Germania, insomma, do-veva essere utilizzata in funzio-

ne antisovietica e per questo mantenuta come potenza eco-nomica e militare. Molto meglio per i capitalisti e gli imperialisti avere un concorrente in più nella guerra per i mercati che rischiare di perdere tutto con la vittoria del socialismo!

le diverse concezioni del processo

Terminata la guerra i popoli del mondo vennero a conoscen-za dei terribili crimini commessi dai nazisti. Campi di sterminio, camere a gas, schiavitù e op-pressione di interi popoli. L’impe-rialismo tedesco si era reso re-sponsabile di azioni criminali che non potevano restare impunite. Come già dichiarato nel corso della guerra i principali criminali nazisti dovevano essere giudica-ti pubblicamente in un processo che facesse luce sui loro crimini. Quali i principali criminali nazisti da processare? Quali, in concre-to, le azioni da compiere affinché emergessero le responsabilità della guerra ed i terribili crimini perpetrati dai nazisti durante la stessa? Su questi fondamentali punti le posizioni dell’Urss e del-le potenze occidentali si rivelaro-no subito contrastanti.

Per Stalin e la dirigenza so-vietica lo scopo principale del processo era accertare le rea-li responsabilità dell’ascesa del nazismo e dei suoi terribili cri-mini. Il nazismo non era certo piovuto dal cielo ma era stato fi-nanziato dai banchieri e dagli in-dustriali tedeschi. Erano questi i criminali che avevano creato Hitler, che lo avevano finanzia-to e con esso avevano fatto affa-ri d’oro, non da ultimo sfruttando come schiavi i popoli dei pae-si occupati. Per i sovietici non vi erano dubbi. Lo scopo ultimo del processo doveva essere la defi-nitiva cancellazione del nazismo e del militarismo tedesco così da costruire la nuova Germania come paese democratico.

Ben diversa la posizione delle potenze occidentali che voleva-

no invece circoscrivere la “por-tata” del processo limitandosi a processare i principali caporio-ni nazisti, quelli troppo noti per i loro crimini e quindi con cui sa-rebbe stato impossibile instaura-re una collaborazione. Il proces-so doveva insomma limitarsi a perseguire i pochi imputati, ad-dossare loro tutte le responsa-bilità e chiudere in questo modo la faccenda così da potere utiliz-zare l’apparato politico-militare nazista in funzione antisovieti-

ca. Le potenze occidentali, Sta-ti Uniti, Gran Bretagna e Francia minacciarono in più occasioni i sovietici di celebrare processi separati con gli imputati da essi catturati. Interessante notare a questo riguardo come quasi tutti i caporioni nazisti sotto proces-so si erano consegnati, spesso spontaneamente, agli americani o agli inglesi. E si rifiutarono di includere tra i criminali di guer-ra il corpo dello stato maggiore hitleriano e del comando supre-mo delle forze armate del Reich nazista

i criminali nazisti giudicati e quelli impuniti

All’avvio del processo erano presenti al banco degli imputati alcuni dei principali criminali na-zisti ma, come abbiamo detto, non erano invece presenti altri criminali altrettanto, se non ad-dirittura in misura maggiore, re-sponsabili. Mancavano i Krupp (come del resto in Italia manca-vano gli Agnelli) che avevano fi-nanziato il nazismo ed aveva-no armato le sue aggressioni. Al processo di Norimberga di fatto sfuggirono i veri e principali re-sponsabili del nazismo e, con esso, della guerra. Le potenze occidentali decisero di rimanda-re l’accusa al “mondo economi-co nazista” in successivi proces-si del tutto minori che oltretutto, con la scusa della frattura con l’Urss dopo che essi stessi ave-vano scatenato la guerra fredda, svolsero da soli.

A Norimberga per tutta la du-rata del processo, mentre veni-vano alla luce i crimini immani perpetrati dai nazisti, gli ameri-cani, assieme agli inglesi ed ai francesi, mantennero una po-sizione ambigua ed oscillante. Le norme processuali da essi imposte concessero agli impu-tati ben oltre il semplice diritto alla difesa. Venne loro conces-sa la possibilità di svolgere del-le vere e proprie arringhe poli-tiche. Göring ed altri caporioni nazisti in non poche occasio-

ni pontificarono il loro operato esaltando il nazismo come l’u-nico baluardo contro il comuni-smo. Durante alcune sedute le parti parevano invertite. I nazi-sti al banco degli imputati tra-sformati in accusatori dell’Urss e del suo popolo, quello stesso popolo che essi avevano cerca-to di distruggere!

Nonostante l’ostruzionismo dei magistrati e dei procurato-ri occidentali gli imputati nazisti vennero inchiodati nelle loro re-sponsabilità poiché i principali crimini di guerra e contro l’uma-nità erano stati compiuti nell’Eu-ropa orientale e nell’Urss i sovie-tici avevano accesso diretto alle inoppugnabili prove di questi ter-ribili delitti. Del resto mentre in occidente i nazisti si erano per-lopiù limitati ad una occupazione militare era all’est che essi attua-rono una politica di sterminio ed era qui che essi avevano costrui-to i campi di sterminio con le loro camere a gas ed i loro forni cre-matori. Dimostrate le loro terribi-li responsabilità i criminali nazisti Frank, Frick, Jodl, Kaltenbrun-ner, Keitel, Von Ribbentrop, Ro-senberg, Sauchel, Streicher e Seyss-Inquart vennero ricono-sciuti colpevoli e condannati a morte. Stessa sorte per Göring, suicidatosi.

Nonostante i loro crimini, gra-zie all’opposizione dei magistrati occidentali che misero il veto alla loro condanna a morte, vennero condannati solo a pene detenti-ve Dönitz, successore di Hitler come presidente del Reich, Spe-er, il responsabile degli arma-menti e dei campi di lavoro for-zati, Raeder, grande ammiraglio del Reich, Funk, ministro dell’e-conomia, Von Neurath, ministro degli esteri fino al 1938 e quin-di governatore del “protettora-to” di Boemia e di Moravia fino al 1942, Von Schirach, capo del-la gioventù hitleriana e governa-tore di Vienna ed Hess, l’ex se-gretario del partito nazista che nel maggio del 1941 era volato in Scozia per proporre agli ingle-si una pace separata in previsio-ne di una guerra comune contro l’Unione Sovietica. Tre imputati, Fritzsche, Von Papen e Schacht vennero invece assolti. Mentre però Fritzsche e Von Papen ave-vano svolto ruoli secondari e non criminali (Fritzsche era un sem-plice commentatore radiofonico mentre Von Papen era relega-to in Turchia come ambasciato-re) lo stesso non poteva davvero dirsi di Schacht. In qualità di ban-chiere e di ministro delle finanze Schacht rese possibile l’avven-to del nazismo e, per il tramite dell’alta borghesia tedesca, for-nì ad esso le indispensabili ri-sorse economiche. Sfruttando le sue conoscenze nel mondo del-la finanza dei paesi capitalisti-ci Schacht fu il garante di Hitler con il capitalismo mondiale, de-sideroso di usare la Germania nazista in funzione antisovietica. Mentre nella Germania orienta-le, poi Ddr, i sovietici aiutavano il popolo tedesco a risollevarsi dal-le macerie della guerra ed a co-struire un nuovo futuro di pace e democrazia, Schacht, assieme a molti altri criminali nazisti politici e militari, riebbe subito posizioni di prestigio nella Germania occi-dentale.

I gerarchi nazisti sugli scranni degli imputati nell’aula durante il processo di Norimberga

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In occasione del 195° An-niversario della nascita di En-gels, che cade il 28 novembre, pubblichiamo in questa pagina il fondamentale capitolo “Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia” scritto nel giugno 1876, dell’o-pera “Dialettica della natura” scritta dal 1873 al 1883, alcune integrazioni furono redatte nel 1855-1886. Ciononostante En-gels non riuscì a portare a termi-ne questa sua opera per sovrac-carico di lavoro dopo la morte di Marx e per impegni più urgen-ti, tra cui la stesura dell’ “Anti-

Dühring” scritto nel 1878.Della “Dialettica della natu-

ra” sul n. 31 de “Il Bolscevico” di quest’anno abbiamo pubbli-cato l’ “Introduzione” e “Prima prefazione all’“Anti-Dühring” sulla dialettica.

Quest’opera è il risultato di approfondimenti e sistematici studi di matematica e di scienze naturali, tra cui l’opera di Dar-win sull’origine della specie per selezione naturale, da parte di Engles, il quale nella sua “Pre-fazione alla seconda edizione dell’’Anti-Dühring’ scritta il 23 settembre del 1885 spiega il mo-

tivo per cui l’ha redatta. Ecco le sue parole: “In questa mia rica-pitolazione della matematica e delle scienze naturali si tratta-va di convincere me stesso, an-che nei particolari singoli, cosa della quale, su un piano gene-rale, per me non c’era nessun dubbio, - che nella natura sono operanti, nell’intrico degli in-numerevoli cambiamenti quelle stesse leggi dialettiche del mo-vimento che anche nella storia dominano le apparenti acciden-talità degli avvenimenti... per me non poteva trattarsi di co-struire le leggi dialettiche intro-

ducendole nella natura, ma di rintracciarle in essa e di svilup-parle da essa”.

Il capitolo che qui pubbli-chiamo, che segue il passaggio dalle scienze naturali alle scien-ze sociali, spiega la funzione del lavoro e della natura, l’origine della vita, l’origine dell’esse-re umano, le differenze tra que-sti e gli altri animali, il rapporto tra l’essere umano e la natura, l’uso capitalistico della natura e la necessità di sopprimere gli effetti dell’attività produttiva del capitalismo cambiando sistema economico. Il tutto alla luce del

materialismo storico e del mate-rialismo dialettico.

Merita qui sottolineare alcu-ni concetti fondamentali di En-gels per quanto riguarda il ri-spetto della natura. Occorre “conoscere le sue leggi (del-la natura, ndr) e di impiegarle in modo appropriato”, perché “noi le apparteniamo con car-ne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo”.

Inoltre per dominare e rego-lare gli effetti negativi dell’at-tività produttiva,”occorre un completo capovolgimento del modo di produzione da noi se-

guito fino ad oggi, e con esso tutto il nostro attuale ordina-mento sociale nel suo comples-so”.

Questo vuol dire che per ri-solvere alla radice il problema ecologico e ambientale ci vuo-le il socialismo. È quanto hanno proposto i fondatori del sociali-smo scientifico fin da “Il Mani-festo del Partito comunista”. Il che comporta di portare fino in fondo la lotta di classe che può avere fine, come dice Engels, “solo con l’abbattimento della borghesia e l’abolizione di tutti i contrasti di classe”.

N. 45 - 10 dicembre 2015 195° anniversario della nascita di Engels / il bolscevico 72015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita del grande Maestro

del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico

EngEls: PartE avuta dal lavoro nEl ProcEsso

di umanizzazionE dElla scimmia

EngEls: PartE avuta dal lavoro nEl ProcEsso

di umanizzazionE dElla scimmia

Il lavoro è la fonte di ogni ric-chezza, dicono gli studiosi di eco-nomia politica. Lo è, accanto alla natura, che offre al lavoro la mate-ria greggia che esso trasforma in ricchezza. Ma il lavoro è ancora infinitamente più di ciò. È la pri-ma, fondamentale condizione di tutta la vita umana; e lo è invero a tal punto, che noi possiamo dire in un certo senso: il lavoro ha creato lo stesso uomo.

Centinaia di migliaia di anni fa, in una fase ancora non precisabile di quell’era che i geologi chiama-no terziaria, probabilmente verso la sua fine, viveva in una qualche parte della zona torrida - verosi-milmente su di un grande conti-nente ora sprofondato nell’Oceano Indiano - una famiglia di scimmie antropomorfe giunta a uno stadio particolarmente alto di sviluppo. Darwin ci ha dato una descrizione approssimativa di questi nostri an-tenati. Erano estremamente pelosi, avevano la barba, le orecchie ap-puntite, e vivevano in branchi su-gli alberi.

A motivo anzitutto del loro modo di vivere (l’arrampicarsi porta a un impiego delle mani di-verso da quello dei piedi) queste scimmie cominciarono a perdere l’abitudine di aiutarsi con le mani quando procedevano su terreno piano e ad assumere sempre più la posizione eretta.

Con ciò era fatto il passo deci-sivo per il trapasso dalla scimmia all’uomo.

Tutte le scimmie antropomorfe ancora viventi possono stare ritte e muoversi facendo uso solo dei due piedi. Ma solo in caso di neces-sità e in modo estremamente im-pacciato. Il loro modo naturale di camminare è in posizione semie-retta e comporta l’impiego del-le mani. La maggior parte di esse appoggia le articolazioni del pol-so sul terreno e fa oscillare il cor-po, con le gambe contratte, tra le lunghe braccia. Proprio come uno storpio, che cammini con le gruc-

ce. In generale, possiamo osserva-re ancor oggi nelle scimmie tutti i gradini di passaggio dall’andare a quattro zampe fino al cammina-re sui due piedi. Ma quest’ultimo modo di procedere, in tutte le spe-cie di scimmie, non arriva mai ad essere più che un mezzo accesso-rio in caso di bisogno.

Se il camminare eretti diven-ne per i nostri villosi antenati dap-prima regola e col tempo una as-soluta necessità, ciò vuol dire che alle mani spettarono frattanto, at-tività di natura via via sempre più diversa dall’originaria. Anche tra le scimmie regna una certa divi-sione di compiti nell’impiego del-la mano e del piede. Come si è già accennato, nell’arrampicarsi la mano viene usata in modo di-verso dal piede. Essa viene usata di preferenza per cogliere il cibo e tenerlo fermo; cosa che accade già nel caso di mammiferi infe-riori per le zampe anteriori. Con le mani, molte scimmie si costrui-scono nidi sugli alberi o addirittu-ra, come lo scimpanzé, tettoie tra i rami per ripararsi dai temporali. Con le mani afferrano randelli per difendersi dai loro nemici, o pietre e frutta per bombardarli. Con esse compiono in prigionia tutta una serie di piccole operazioni imi-tando gli uomini. Ma proprio in quest’ultimo caso si vede quanto è grande la differenza tra la mano non sviluppata della scimmia, an-che della più simile all’uomo, e la mano dell’uomo altamente perfe-zionata dal lavoro di centinaia di migliaia di anni. Il numero delle articolazioni e dei muscoli, la loro disposizione generale sono, nei due casi, gli stessi; ma la mano del selvaggio più arretrato può com-piere centinaia di operazioni che nessuna scimmia riesce ad imita-re. Nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra.

Perciò le operazioni alle qua-li i nostri antenati impararono ad abituare la loro mano, a poco a

poco, nel corso di molti millenni, non possono essere state all’inizio se non molto semplici. I selvaggi più arretrati, anche quelli nei quali c’è da supporre una ricaduta nel-lo stato più propriamente anima-le con contemporanea involuzio-ne dell’organismo, sono sempre a un livello molto superiore a quello di quegli esseri di transizione. Per-ché si arrivasse al momento in cui il primo ciottolo fu lavorato dal-la mano dell’uomo fino ad esse-re trasformato in coltello, possono essere trascorse epoche di lun-ghezza tale che al confronto l’epo-ca storica a noi nota può apparire insignificante. Ma il passo decisi-vo era compiuto: la mano era di-

ventata autonoma e poteva ora ac-quistare una crescente destrezza: la maggiore scioltezza così acqui-stata si trasmise e si accrebbe di generazione in generazione.

La mano non è quindi soltan-to l’organo del lavoro: è anche il suo prodotto. La mano dell’uo-mo ha raggiunto quell’alto grado di perfezione, sulla base del qua-le ha potuto compiere i miracoli dei dipinti di Raffaello, delle sta-tue di Thorvaldsen, della musica di Paganini, solo attraverso il la-voro: attraverso l’abitudine a sem-pre nuove operazioni, attraverso la trasmissione ereditaria del partico-lare sviluppo dei muscoli, dei ten-dini, e, a più lungo andare, anche

delle articolazioni, per questa via acquisito: attraverso la sempre rin-novata elaborazione dei perfezio-namenti così ereditati per mezzo di nuove, e sempre più complica-te, operazioni.

Ma la mano non era isolata. Essa era soltanto un singolo mem-bro di un organismo completo, estremamente complesso. E ciò che era acquisito per la mano, era acquisito anche per tutto il corpo, al servizio del quale la mano lavo-rava, e invero in duplice modo.

In primo luogo, come conse-guenza della legge che Darwin ha chiamato di correlazione del-lo sviluppo. Secondo questa leg-ge, determinate forme di singole parti di un essere organico sono sempre collegate a certe forme di altre parti, che non hanno apparen-temente alcun rapporto con le pri-me. Tutti gli animali, per esempio, che possiedono globuli rossi sen-za nucleo e il cui occipite è col-legato alle prime vertebre dorsali mediante due articolazioni (i con-dili), hanno anche, senza eccezio-ne, ghiandole mammarie per l’al-lattamento dei piccoli. E così, nei mammiferi, zoccoli bifidi sono re-golarmente legati a uno stomaco plurimo per la ruminazione. Mo-dificazioni di determinate forme portano con sé modificazioni del-la forma di altre parti del corpo, senza che noi siamo in grado di spiegare tale rapporto. Gatti com-pletamente bianchi con occhi az-zurri sono sempre, o con pochis-sime eccezioni, sordi. Il graduale raffinamento della mano umana e il parallelo sviluppo del piede per la necessità del cammino in posi-zione eretta hanno indubbiamente agito di riflesso su altre parti del corpo anche a causa di simili cor-relazioni. Ma una tale influenza è stata studiata ancora troppo poco, per poter qui andare al di là di una semplice constatazione della sua esistenza.

Molto più importante è la re-azione diretta, dimostrabile, del-

lo sviluppo della mano sul resto dell’organismo. Come abbiamo già detto, i nostri antenati scim-mieschi erano socievoli; è eviden-temente impossibile far discen-dere l’uomo, il più socievole di tutti gli animali, da un progenito-re prossimo non socievole. Il do-minio sulla natura iniziatosi con lo sviluppo della mano, con il lavo-ro, ampliò, ad ogni passo in avan-ti che veniva fatto, l’orizzonte dell’uomo. Egli andava scopren-do, di continuo, nuove proprietà, fino ad allora sconosciute, nelle cose della natura. D’altro lato, lo sviluppo del lavoro ebbe come ne-cessaria conseguenza quella di av-vicinare di più tra di loro i membri della società, aumentando le occa-sioni in cui era necessario l’aiuto reciproco, la collaborazione, ren-dendo chiara a ogni singolo mem-bro l’utilità di una tale collabo-razione. Insomma: gli uomini in divenire giunsero al punto in cui avevano qualcosa da dirsi. Il bi-sogno sviluppò l’organo ad esso necessario: le corde vocali, non sviluppate, della scimmia, si anda-rono affinando, lentamente ma si-curamente, abituandosi a una mo-dulazione sempre più accentuata; la bocca e gli organi vocali impa-rarono a poco a poco a emettere una sillaba articolata dopo l’altra.

Il paragone con le bestie dimo-stra che questa spiegazione della nascita del linguaggio dal lavo-ro e con il lavoro è l’unica giusta. Quel poco che le bestie, anche le più sviluppate, hanno da comu-nicarsi se lo possono comunicare anche senza linguaggio articolato. Nessuna bestia allo stato di natura sente come una mancanza il fatto di non parlare o di non poter com-prendere il linguaggio umano. Le cose stanno in modo del tutto di-verso per le bestie che sono state addomesticate dall’uomo. Nella consuetudine con l’uomo, il cane

SEGUE IN 8 e 9ª ë

Engels. Londra 1890

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ed il cavallo hanno fatto talmen-te l’orecchio al linguaggio artico-lato da poter comprendere facil-mente qualsiasi lingua, nei limiti delle idee ad essi accessibili. Han-no inoltre acquistato la capacità di provare dei sentimenti, che prima erano ad essi estranei: come l’at-taccamento all’uomo, la ricono-scenza ecc. Chi ha avuto consue-tudine con queste bestie non si sottrae facilmente all’idea che ci siano parecchi casi nei quali esse, adesso, sentono come una man-canza la loro incapacità di parla-re; mancanza alla quale certo non si può più purtroppo portare un ri-medio perché i loro organi voca-li si sono ormai troppo nettamente differenziati in una ben determi-nata direzione. Ma là dove esiste un organo adatto, anche una tale incapacità viene a cadere, entro certi limiti. Gli organi vocali de-gli uccelli son certo diversi quanto è possibile immaginarlo da quelli umani, e tuttavia gli uccelli sono le sole bestie che imparino a par-lare. L’uccello che ha la voce più sgradevole, il pappagallo, è quel-lo che parla meglio. Non si dica che egli non comprende quello che dice. Senza dubbio, ripeterà ciarliero tutto il suo patrimonio di parole per ore ed ore, per il sem-plice gusto di parlare e per il fat-to che sta in compagnia di uomi-ni. Ma entro i limiti delle cose che comprende può imparare anche a capire quello che dice. Si insegni-no a un pappagallo delle ingiurie, in modo che si faccia una idea del loro significato (è uno dei sommi piaceri dei marinai che tornano veleggiando dai paesi tropicali); lo si stuzzichi, e si vedrà ben pre-sto che sa far uso dei suoi insul-ti non meno appropriatamente di un’erbivendola berlinese. Lo stes-so si dica per quel che riguarda la richiesta di leccornie.

In primo luogo il lavoro, dopo di esso e con esso il linguaggio: ecco i due stimoli più essenzia-li sotto la cui influenza il cervel-lo di una scimmia si è trasforma-to gradualmente in un cervello umano, molto più grande e per-fetto secondo ogni verosimile ipo-tesi. Al perfezionamento del cer-vello si accompagnò però di pari passo il perfezionamento dei suoi strumenti più immediati: gli or-gani sensoriali. Come il gradua-le sviluppo del linguaggio è ne-cessariamente accompagnato da un corrispondente affinamento dell’organo dell’udito, cosi più in generale lo sviluppo del cervello è accompagnato da quello di tut-ti i sensi. L’aquila vede molto più lontano dell’uomo, ma l’occhio dell’uomo scorge molto di più nel-le cose che non quello dell’aqui-la. Il cane ha narici assai più pene-tranti dell’uomo, ma non distingue fra di loro la centesima parte degli odori che per l’uomo sono ben de-terminati indici di cose differenti. E il tatto, che nella scimmia esiste solo al suo più grezzo stato inizia-le, si è andato formando solo con la formazione della mano umana, attraverso il lavoro.

Lo sviluppo del cervello e dei sensi al suo servizio, della co-scienza che si andava facendo vieppiù chiara, della capacità di astrarre e di ragionare, esercitò di

rimando la sua influenza sul lavo-ro e sul linguaggio, dando ad en-trambi un nuovo impulso per un ulteriore sviluppo. Questo ulterio-re sviluppo non arrivò davvero a una definitiva conclusione quan-do l’uomo arrivò a distinguersi in modo definitivo dalla scimmia. Tale sviluppo invece, nelle linee generali, è proseguito possente; certo in misura diversa a secon-da dei popoli e delle epoche, qua e là perfino interrompendosi e su-bendo delle involuzioni in un dato posto e in una data epoca. Esso fu da un lato potentemente stimolato, dall’altro indirizzato in un senso determinato da un nuovo elemen-to che compare quando l’uomo di-viene veramente tale: la società.

Sono certamente trascorsi cen-tinaia di migliaia di anni (non più, per la storia della terra, di quel che sia un secondo per la vita umana*) prima che dai branchi di scimmie arrampicatrici venisse fuori una società di uomini. Ma alla fine essa si trovò formata. E qual è la diffe-renza che noi troviamo ancora una volta come differenza caratteristi-ca tra il branco di scimmie e la tri-bù di uomini? Il lavoro. Il branco di:scimmie si limitava a devasta-re il proprio territorio di pascolo, quel territorio i cui limiti erano segnati o dalla posizione geogra-fica o dalla resistenza di un bran-co confinante. Il branco intrapren-deva sì migrazioni e battaglie, per conquistare nuovo terreno di pa-scolo, ma era incapace di trar fuo-ri dal suo territorio di pascolo più di quel che la natura stessa offriva (a prescindere dal fatto che incon-sapevolmente lo concimava con i suoi escrementi). Una volta che tutti i possibili territori di pasco-lo erano stati occupati non poteva più aver luogo nessun incremen-to della popolazione delle scim-mie; il numero delle bestie pote-va tutt’al più mantenersi costante. Ma presso tutte le bestie ha luogo, in misura elevata, lo spreco del nutrimento, e con esso l’uccisio-ne in germe del nuovo nutrimento. Il lupo non risparmia, come fa il cacciatore, la femmina del caprio-lo, che gli deve fornire nel pros-simo anno i piccoli. Le capre di Grecia, distruggendo con il loro pascolare i piccoli arbusti all’ini-zio della loro crescita, hanno spo-gliato di vegetazione tutti i monti del paese. Questa «depredazione» propria delle bestie riveste un im-portante ruolo nella graduale tra-sformazione delle specie animali, in quanto le costringe ad assuefar-si a un nutrimento diverso dal loro abituale: con ciò nuovi composti chimici entrano nel loro sangue, e tutta la costituzione dell’organi-smo si altera a poco a poco, fin-ché si estinguono le vecchie spe-cie nelle forme in cui si erano una volta fissate. Non v’è dubbio che tale depredazione ha potentemen-te contribuito all’umanizzazione dei nostri antenati. Una razza di scimmie, molto più avanti di tut-te le altre per intelligenza e capa-cità di adattamento, dovette essere portata da questa depredazione ad allargare sempre di più il numero delle piante per il suo nutrimento, a scegliere di queste piante sem-pre di più le parti adatte alla nu-trizione di modo che, insomma,

il nutrimento divenne sempre più vario e più varie con esso le so-stanze immesse nell’organismo, i presupposti chimici dell’umaniz-zazione. Tutto ciò non era però an-cora vero e proprio lavoro. Il la-voro comincia con la preparazione di strumenti. E quali sono gli stru-menti più antichi, quelli che ritro-viamo per primi? Quelli che dob-biamo ritenere come i più antichi, stando a ciò che è stato scoperto del patrimonio degli uomini prei-storici, e stando a ciò che ci dice tanto il modo di vivere dei primi popoli di cui ci tramanda notizia la storia, che il modo di vivere at-tuale dei selvaggi più arretrati? Sono strumenti per la caccia e per la pesca: i primi, al tempo stesso, armi. Ma la caccia e la pesca pre-suppongono il passaggio dall’ali-mentazione puramente vegetale al gusto della carne: e questo è un al-tro passo essenziale nel processo di umanizzazione. L’alimentazio-ne carnea conteneva, quasi bell’e pronte, le sostanze più essenziali delle quali l’organismo ha biso-gno per rinnovare i suoi tessuti; abbreviò i tempi della digestio-ne e con essa di tutti gli altri pro-cessi vegetativi dell’organismo, cioè di quei processi che hanno il loro corrispondente nel regno ve-getale; e portò con ciò un acqui-sto di tempo, di sostanze, di ener-gia, per l’attivazione della vita più propriamente animale. E quanto

più l’uomo in divenire si allonta-nava dalla pianta, tanto più si ele-vava anche al disopra della bestia. Come l’abitudine al cibo vegetale, accanto alla carne, ha trasformato il cane e il gatto selvaggio in ser-vitori dell’uomo, così l’assuefa-zione alla carne come cibo, accan-to ai vegetali, ha contribuito a dare all’uomo in divenire forza fisica e indipendenza. Ma la nutrizio-ne carnea esercitò la sua influen-za più importante sul cervello, al quale pervenivano, in copia molto maggiore di prima, le sostanze ne-cessarie per il suo nutrimento e per il suo sviluppo, e che si poté quin-di sviluppare in modo più rapido e più completo di generazione in generazione. Col permesso dei si-gnori vegetariani, l’uomo non si sarebbe formato senza alimenta-zione carnea; e se è pur vero che l’alimentazione carnea ha prima o poi, per un certo periodo, con-dotto tutti i popoli a noi conosciu-ti all’antropofagia (gli antenati dei berlinesi, i Veletabi o Velsi, man-giavano i loro genitori ancora nel X secolo), la cosa ormai non ci tocca più.

L’alimentazione carnea portò a due nuovi progressi di importan-za decisiva: l’uomo imparò a ser-virsi del fuoco e ad addomestica-re le bestie. Il primo fatto abbreviò ancor di più il processo digestivo, portando alla bocca un cibo, po-tremmo dire, già per metà dige-

rito; il secondo fatto rese più ab-bondante l’alimentazione carnea, aprendo, accanto alla caccia, una nuova regolare forma di riforni-mento, e procurò inoltre, con il lat-te e i suoi prodotti, un nuovo nutri-mento di valore certo non inferiore alla carne per composizione. I due fatti divennero così, già in modo diretto, nuovi mezzi di emancipa-zione per l’uomo; ci porterebbe ora troppo lontano il soffermarci nei dettagli sulla loro influenza in-diretta, per quanto importante essa sia stata per lo sviluppo dell’uomo e della società.

L’uomo imparò a vivere sot-to ogni clima, cosi come imparò a mangiare tutto ciò che era com-mestibile. L’uomo, l’unico anima-le che possedesse in sé la com-piuta capacità di farlo, si espanse su tutta la terra abitabile. Gli altri animali che si sono assuefatti ad ogni clima - gli animali domestici e gli insetti - lo hanno fatto non da soli, con i propri mezzi, ma al se-guito dell’uomo. Il passaggio dal clima uniformemente caldo della patria d’origine a quello di regio-ni più fredde, nelle quali l’anno si divideva in estate e inverno, creò nuovi bisogni: abitazione e ve-stiario per proteggersi dal freddo e dall’umidità. Nuovi campi di la-voro e con essi nuove attività, che allontanarono sempre di più l’uo-mo dall’animale.

Per l’azione congiunta del-

la mano, degli organi vocali e del cervello, che esercitò la sua in-fluenza non soltanto su ogni sin-golo individuo, ma anche sulla so-cietà, gli uomini divennero capaci di compiere operazioni sempre più complicate, di proporsi mete sem-pre più elevate e di raggiungerle. Il lavoro stesso, col passare delle generazioni, divenne altra cosa: divenne più completo, più multi-forme. Alla caccia e alla pesca se-guì l’agricoltura, a quest’ultima la filatura e la tessitura, la lavorazio-ne dei metalli, la ceramica, la na-vigazione. Insieme al commercio e all’industria comparvero infine l’arte e la scienza; dalle tribù ve-nero fuori le nazioni e gli Stati. Si svilupparono il diritto e la politi-ca, e con essi si sviluppò il riflesso fantastico delle cose umane nel-la mente umana: la religione. Di fronte a tutte queste creazioni che si presentavano come prodotti di-retti della mente e che sembravano dominare le società umane, i più modesti prodotti del lavoro ma-nuale furono relegati in un secon-do piano; tanto più che la mente organizzatrice del lavoro poté far seguire da mani che non erano le proprie il lavoro ideato, e ciò sin dai primissimi stadi dello svilup-po sociale (per es., già nella fami-glia semplice). Tutto il merito dei rapidi progressi della civiltà ven-ne attribuito alla mente, allo svi-luppo e all’attività del cervello; gli uomini si abituarono a spiegare la loro attività con il loro pensiero invece che con i loro bisogni (che senza dubbio nel cervello si riflet-tono, e giungono alla coscienza). Sorse così, col tempo, quella con-cezione idealistica della vita, che ha dominato le menti sin dalla fine della civiltà antica. Essa è ancora tanto dominante, che persino gli scienziati materialisti della scuo-la darwinista non riescono anco-ra a farsi un’idea chiara delle ori-gini dell’uomo, perché, essendo ancora sotto l’influsso ideologico dell’idealismo, non riconoscono la funzione che ha avuto il lavoro in quel processo.

Come si è già accennato, anche gli animali, proprio come l’uomo, seppure non nella stessa misura, modificano con la loro attività la natura che li circonda. E le modi-ficazioni da essi apportate all’am-biente reagiscono a loro volta, come abbiamo visto, su quegli animali stessi che ne sono stata la causa. Poiché nella natura non esistono avvenimenti isolati. Ogni fatto agisce sull’altro e viceversa. Il più delle volte, è proprio la di-menticanza di questo movimento in tutte le direzioni, di questa azio-ne mutua, che impedisce ai no-stri scienziati di veder chiaro nei più semplici fenomeni. Abbiamo osservato come le capre abbiano impedito il rimboschimento della Grecia; le capre e i maiali sbarca-ti a Sant’Elena dai primi navigan-ti che vi approdarono hanno qua-si portato a termine la loro opera di distruzione dell’antica vege-tazione e hanno così preparato il terreno adatto all’espansione del-le piante portate più tardi da nuovi navigatori e da colonizzatori. Ma

8 il bolscevico / 195° anniversario della nascita di Engels N. 45 - 10 dicembre 2015

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 2/12/2015

ore 16,00

Engels interviene al Congresso dell’Aia della Prima Internazionale (settembre 1872) che sanzionò l’espul-sione degli anarchici dall’Associazione dei lavoratori. Marx siede appena dietro

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se gli animali esercitano un’in-fluenza duratura sull’ambiente in cui vivono, la cosa avviene sen-za alcuna intenzione ed è, per gli animali stessi, qualcosa di casua-le. Quanto, più però l’uomo si al-lontana dall’animale, tanto più la sua influenza sulla natura assume l’aspetto di attività premeditata, svolta secondo un piano indirizza-to a ben determinati scopi, antici-patamente noti. L’animale distrug-ge la vegetazione di una regione senza sapere quello che fa. L’uo-mo la distrugge per seminare sul terreno così sgombrato e per pian-tarvi alberi e viti, e sa che egli ri-avrà la semente moltiplicata. Egli trasferisce da una regione all’altra piante utili e animali domestici, e modifica così la flora e la fau-na di interi continenti. Ma v’è di più. Con l’allevamento, ad arte, tanto le piante che gli animali ven-gono modificati in modo tale dal-la mano dell’uomo, da divenire irriconoscibili. Le piante selvag-ge, dalle quali discende la varietà del nostro grano, si cercano anco-ra invano. È ancor sempre in di-scussione da quali bestie selvag-ge derivino i nostri cani, che tante differenze hanno tra loro stessi, o le nostre altrettanto varie razze di cavalli.

È del resto ovvio che a noi non viene in mente di contestare agli animali la capacità di agire secon-do un piano, premeditatamente. Al contrario. Attività orientata secon-do un piano esiste già, in germe, dovunque protoplasma, albume vivente, esiste e reagisce: compie cioè dei movimenti, sia pur sem-plici, in conseguenza di determi-nati stimoli esterni. Tali reazioni hanno luogo là dove ancora non ci sono addirittura cellule, per non parlare di cellule nervose. Il modo in cui le piante che divorano inset-ti afferrano la loro preda appare sotto un certo aspetto come un’a-zione predisposta secondo un pia-no, per quanto del tutto inconsape-vole. Negli animali, nella misura in cui si sviluppa il sistema nervo-so, si sviluppa la capacità di un’a-zione preordinata e cosciente, ca-pacità che raggiunge già un alto livello nei mammiferi. Nella cac-cia alla volpe inglese si può osser-vare ogni giorno con quanta pre-cisione la volpe sappia impiegare la sua grande conoscenza dei luo-ghi, per sfuggire ai suoi persecuto-ri, e quanto ben conosca e utiliz-zi tutte le particolarità del terreno atte a interrompere la traccia. Nel caso dei nostri animali domesti-ci più altamente sviluppatisi nel-la consuetudine con l’uomo, pos-siamo osservare ogni giorno atti di scaltrezza che stanno assoluta-mente allo stesso livello di quel-li che fanno i piccoli dell’uomo. Poiché, come la storia dello svi-luppo del seme umano nel grem-bo materno non rappresenta altro che un’abbreviata ripetizione del-la storia dello sviluppo, lunga mi-lioni di anni, degli organismi degli animali nostri antenati, a partire dai vermi, così lo sviluppo spiri-tuale del piccolo dell’uomo non rappresenta che una ripetizione,

solo ancor più abbreviata, dello sviluppo intellettuale di quegli an-tenati, perlomeno dei più recenti. Ma nessuna preordinata azione di nessun animale è riuscita a impri-mere sulla terra il sigillo della sua volontà. Ciò doveva essere pro-prio dell’uomo.

Insomma, l’animale si limita a usufruire della natura. esterna, e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l’uomo la ren-de utilizzabile per i suoi scopi mo-dificandola: fa domina. Questa è l’ultima, essenziale differenza tra l’uomo e gli altri -animali, ed è an-cora una volta il lavoro che opera questa differenza1.

Non aduliamoci troppo tutta-via per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vitto-ria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in secon-da e terza istanza ha effetti del tut-to diversi, impreveduti, che trop-po spesso annullano a loro volta le prime conseguenze. Le popo-lazioni che sradicano i boschi in Mesopotamia, in Grecia, nell’A-sia Minore e in altre regioni per procurarsi terreno coltivabile, non pensavano che così facendo cre-avano le condizioni per l’attuale desolazione di quelle regioni, in quanto sottraevano ad esse, estir-pando i boschi, i centri di raccolta e i depositi dell’umidità. Gli italia-ni della regione alpina, nel con-sumare sul versante sud gli abeti così gelosamente protetti al ver-sante nord, non presentivano af-fatto che, così facendo, scavavano la fossa all’industria pastorizia sul loro territorio; e ancor meno im-maginavano di sottrarre, in que-sto modo, alle loro sorgenti alpi-ne per la maggior parte dell’anno quell’acqua che tanto più impe-tuosamente quindi si sarebbe pre-cipitata in torrenti al piano duran-te l’epoca delle piogge. Coloro che diffusero in Europa la colti-vazione della patata, non sape-vano di diffondere la scrofola as-sieme al tubero farinoso. Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un po-polo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le appartenia-mo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consi-ste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di cono-scere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato.

E, in effetti, comprendiamo ogni giorno più esattamente le sue leggi e conosciamo ogni gior-no di più quali sono gli effetti im-mediati e quelli remoti del nostro intervento nel corso abituale del-la natura. In particolare, dopo i poderosi progressi compiuti dal-la scienza in questo secolo, siamo sempre più in condizione di cono-scere, e quindi di imparare a domi-nare anche gli effetti naturali più remoti, perlomeno per quello che riguarda le nostre abituali attività produttive. Ma quanto più ciò ac-

cade, tanto più gli uomini non solo sentiranno, ma anche sapranno, di formare un’unità con la natu-ra, e tanto più insostenibile si farà il concetto, assurdo e innaturale, di una contrapposizione tra spi-rito e materia, tra uomo e natura, tra anima e corpo, che è penetrato in Europa dopo il crollo del mon-do dell’antichità classica e che ha raggiunto il suo massimo sviluppo nel cristianesimo.

Ma se è stato necessario il la-voro di millenni sol perché noi im-parassimo a calcolare, in una cer-ta misura, gli effetti naturali più remoti della nostra attività rivolta alla produzione, la cosa si presen-tava come ancor più difficile per quanto riguarda i più remoti effet-ti sociali di tale attività. Abbiamo citato il caso delle patate e della scrofola, diffusasi col loro diffon-dersi. Ma cos’è la scrofola di fron-te agli effetti che provocò sulle condizioni di vita delle masse po-polari di interi paesi il fatto che i lavoratori fossero ridotti a cibarsi di sole patate? di fronte alla care-stia che colpì l’lrlanda nel 1847 in conseguenza della malattia che di-strusse le patate, e fece finire sotto terra un milione di irlandesi che si nutrivano di patate e quasi esclu-sivamente di patate, altri due mi-lioni al di là del mare? Quando gli arabi impararono a distillare l’al-cool non si sognavano neppure di aver creato la principale tra le armi destinate a cancellare dalla faccia della terra gli aborigeni della an-cor non scoperta America. E quan-do Colombo scoprì questa Ameri-ca non sapeva che, così facendo, risvegliava a nuova vita la schia-vitù già da lungo tempo superata in Europa e gettava le basi per il commercio dei negri. Gli uomini, che con il loro lavoro produssero la macchina a vapore, tra il dicias-settesimo e il diciottesimo seco-lo, non avevano affatto il presen-timento di costruire lo strumento che più d’ogni altro era destinato a rivoluzionare la situazione so-ciale di tutto il mondo, a procurare in particolare alla borghesia, in un primo tempo, il predominio socia-le e politico, attraverso la concen-trazione della ricchezza nelle mani della minoranza e la totale espro-

priazione della stragrande mag-gioranza, per generare poi tra bor-ghesia e proletariato una lotta di classe, che può aver fine solo con l’abbattimento della borghesia e l’abolizione di tutti i contrasti di classe. Ma anche in questo campo noi riusciamo solo gradualmente ad acquistare una chiara visione degli effetti sociali mediati, remo-ti, della nostra attività produttiva, attraverso una lunga e spesso dura esperienza, e attraverso la raccolta e il vaglio del materiale storico; e così ci è data la possibilità di do-minare e regolare anche questi ef-fetti.

Ma per realizzare questa rego-lamentazione, occorre di più che non la sola conoscenza. Occorre un completo capovolgimento del modo di produzione da noi seguito fino ad oggi, e con esso di tutto il nostro attuale ordinamento sociale nel suo complesso.

Tutti i modi di produzione fino ad oggi esistiti si sono sviluppa-ti avendo di mira i risultati prati-ci più vicini, più immediati, del lavoro. Le ulteriori conseguen-ze manifestantisi solo in un tem-po successivo, operanti solo per graduale accumulazione e ripe-tizione, rimanevano del tutto tra-scurate. L’iniziale proprietà col-lettiva del suolo corrispondeva da una parte a uno stadio di sviluppo

dell’uomo, che limitava in genera-le il suo orizzonte alle cose più vi-cine, e presupponeva d’altra par-te una certa abbondanza di terreno a disposizione, che consentiva un certo giuoco di fronte ad eventuali cattivi risultati di quell’economia primitiva di tipo forestale. Esau-ritasi questa sovrabbondanza di terreno, si disgregò anche la pro-prietà collettiva. Ma tutte le for-me superiori di produzione hanno portato alla divisione della popo-lazione in diverse classi e con ciò al contrasto tra classi dominanti e classi oppresse; con ciò però l’in-teresse della classe dominante di-veniva l’elemento che dava impul-so alla produzione, nella misura in cui quest’ultima non si limitava alle più indispensabili necessità di vita degli oppressi. Questo pro-cesso si è sviluppato nella maniera più completa nel modo di produ-zione capitalistico oggi dominan-te nell’Europa occidentale. I sin-goli capitalisti, che dominano la produzione e lo scambio, possono preoccuparsi solo degli effetti pra-tici più immediati della loro atti-vità. Anzi questi stessi effetti - per quel che concerne l’utilità dell’ar-ticolo prodotto o commerciato - vengono posti completamente in secondo piano: l’unica molla della produzione diventa il profitto che si può realizzare nella vendita.

La scienza borghese della so-cietà, l’economia politica clas-sica, si occupa soprattutto degli effetti sociali immediatamente visibili dell’attività umana rivol-ta alla produzione e allo scambio. Ciò corrisponde completamente all’organizzazione sociale, di cui essa è l’espressione teorica. In una società in cui i singoli capitalisti producono e scambiano solo per il profitto immediato, possono esser presi in considerazione solo i ri-sultati più vicini, più immediati. Il singolo industriale o commercian-te è soddisfatto se vende la merce fabbricata o comprata con l’usua-le profittarello e non lo preoccupa quello che in seguito accadrà alla merce o al compratore. Lo stesso si dica per gli effetti di tale attivi-tà sulla natura. Prendiamo il caso dei piantatori spagnoli a Cuba, che bruciarono completamente i bo-schi sui pendii e trovarono nel-la cenere concime sufficiente per una generazione di piante di caf-fè altamente remunerative. Cosa importava loro che dopo di ciò le piogge tropicali portassero via l’ormai indifeso humus e lascias-sero dietro di sé solo nude rocce? Nell’attuale modo di produzione viene preso prevalentemente in considerazione, sia di fronte alla natura che di fronte alla società, solo il primo, più palpabile risul-tato. E poi ci si meraviglia ancora che gli effetti più remoti delle atti-vità rivolte a un dato scopo siano completamente diversi e per lo più portino allo scopo opposto; che l’armonia tra la domanda e l’of-ferta si trasformi nella loro oppo-sizione polare, come mostra l’an-damento di ogni ciclo industriale decennale (e anche la Germania, nel “crac”, ne ha esperimentato un piccolo preludio); ci si meraviglia che la proprietà privata basata sul lavoro personale porti come ne-cessaria conseguenza del suo svi-luppo alla mancanza di ogni pro-prietà per i lavoratori, mentre tutti i possessi si concentrano sempre di più nelle mani di chi non lavo-ra; che […] 2.

* Sir W. Thomson, un’autorità di primo rango in questo senso, ha calcolato che devono essere tra-scorsi all’incirca cento milioni di anni dall’epoca in cui la ter-ra è giunta a un tal punto del suo raffreddamento da permettere la vita su di essa a piante ed ani-mali.

1 Annotazione a matita in margine al manoscritto: “Nobilitazione”.

2 Qui il manoscritto si interrom-pe.

(Marx-Engels, Opere comple-te, vol. 25, pagg. 458-470, Edito-ri Riuniti)

N. 45 - 10 dicembre 2015 195° anniversario della nascita di Engels / il bolscevico 9

COSA FARE PER ENTRARE NEL PMLISecondo l’art. 12 dello Statuto, per essere membro del PMLI occorre accettare il Programma e lo Sta-

tuto del Partito, militare e lavorare attivamente in una istanza del Partito, applicare le direttive del Par-tito e versare regolarmente le quote mensili, le quali ammontano: lavoratori euro 12,00; disoccupati e casalinghe euro 1,50; pensionati sociali e studenti euro 3,00.

Lo stesso articolo dello Statuto specifica che “può essere membro del Partito qualunque elemento avanzato del proletariato industriale e agricolo, qualunque elemento avanzato dei contadini poveri e qualunque sincero rivoluzionario sulle posizioni della classe operaia... Non può essere membro del Par-tito chi sfrutta lavoro altrui, chi ha e professa una religione o una filosofia non marxista”.

Oltre a ciò occorre accettare la linea elettorale astensionista del Partito.L’ingresso al PMLI avviene dopo l’accettazione della domanda di ammissione il cui modulo va ri-

chiesto al Partito.

Engels nel suo studio di Londra nel 1885

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N. 26 - 2 luglio 2015 esteri / il bolscevico 15

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l’Ufficio politico delPARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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I marxisti-leninisti italiani si stringono solidali ai familiari delle vittime incolpevoli degli attentati terroristici a Parigi.Questi attentati, non condivisibili ma comprensibili, sono la diretta conseguenza della criminale guerra che la santa alleanza imperialista, della quale fa parte la Francia di Hollande, conduce contro lo Stato islamico. Ed è facilmente prevedibile che essi continueranno e investiranno tutti i paesi della suddetta coalizione. Per evitarli l'unica strada è quella di cessare la guerra allo Stato islamico.I popoli non hanno alcun motivo per appoggiare questa guerra che fa unicamente gli interessi degli imperialisti, cioè del capitalismo e delle classi dominanti borghesi, che per sostenere le loro economie e "spazi vitali" usano le armi per sottomettere i popoli che si ribellano al loro dominio e per depredare le ricchezze, soprattutto il petrolio e le materie prime, dei loro paesi.Attualmente è il Medio Oriente, in particolare la Siria, l'Iraq e la Libia, che fa gola all'imperialismo americano, europeo e russo. Nonostante essi siano in contraddizione e in lotta per l'egemonia in quella regione, ora sono uniti per combattere lo Stato islamico, che rappresenta il maggiore osta-colo per i loro piani di dominio nel Medio Oriente.Gli amanti della pace, della libertà e dell'autodeterminazione dei popoli, dell'indipendenza e della sovranità dei paesi, non possono quindi stare dalla parte degli aggressori imperialisti, ma da quella dello Stato islamico aggredito. Il PMLI, nonostante non condivida assolutamente la sua ideologia, cultura, tattica, strategia e tutti i suoi metodi di lotta, azioni e obiettivi, non può non ap-poggiarlo nella sua lotta contro gli imperialisti. Perché è interesse comune liberare il mondo dall'imperialismo, che è la causa delle guerre, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dell'esi-stenza delle classi, delle ingiustizie sociali, della fame, della disoccupazione, della disparità terri-toriale e dei sessi, del fascismo, del razzismo, dell'omofobia, dell'emigrazione. E' la barbarie dell'imperialismo che genera barbarie.Non esiste un imperialismo buono, quello russo o cinese, e un imperialismo cattivo, quello ameri-cano o europeo. Tutti gli imperialismi sono cattivi e nemici dell'umanità. Lottano tra di loro per il dominio sul globo anche a costo di scatenare una guerra mondiale. Devono essere fermati.Il contributo più grande che il popolo italiano possa dare a questa lotta antimperialista universale è quello di opporsi a ogni atto interventista e guerrafondaio del governo imperialista del nuovo duce Renzi. Esso è presente in armi in Iraq e Afghanistan, ed è pronto a bombardare con i Torna-do e i Droni lo Stato islamico nel territorio che questo ha strappato all'Iraq. Aspetta solo di avere la contropartita a cui tiene tanto, quella della guida della missione militare in Libia.Il popolo italiano deve rifiutarsi di diventare carne da cannone per l'imperialismo italiano e, nel caso in cui l'Italia partecipasse a una eventuale guerra mondiale imperialista, deve sollevarsi anche in armi, se occorre, per imperdirla.Questo governo è una iattura per la sua politica interna ed estera, bisogna cacciarlo.14 novembre 2015, ore 9,04

Perché gli attacchi terroristici a Parigi.E' la barbarie dell'imperialismo

che genera barbarie

Comunicato dell’Ufficio politico del PMLI

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N. 45 - 10 dicembre 2015 attentati a Parigi e lotta all’imperialismo / il bolscevico 11

DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu-sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi.

Non trovate delirante il comunicato dell’Isis sugli attentati di Parigi?

Trovo il comunicato dell’ISIS sugli attentati di Parigi assolutamen-te delirante. Il colpevole di quanto sta accadendo in Medio Oriente non è la popolazione ma, in questo caso, il governo francese, e chi governa l’ISIS dovrebbe saperlo. Fare azioni del genere, per far capire all’occi-dente l’orrore che si vive quotidianamente in quei martoriati paesi, oltre a mettersi sullo stesso piano di chi, bombardando indiscriminatamente, continua a fare vittime civili, non aiuta certo la convivenza pacifica tra credenti di opposte religioni!

Sappiamo tutti benissimo di chi è la colpa di tutto questo, le vittime delle stragi altro non sono che figlie del cinismo imperialista occiden-tale e russo! Siamo tutti d’accordo nell’appoggiare l’autodeterminazio-ne dei popoli e la loro lotta di liberazione, penso che chiunque abbia un briciolo di cervello sia per un fronte antimperialista, ma personalmen-te voglio scegliermi i compagni con cui fare questo fronte. Posso com-prendere che i militanti dell’ISIS fanno parte di una generazione che ha vissuto una guerra d’invasione sulla propria pelle, una generazione che ha visto parenti e amici morire, però mi riesce impossibile giustificare certi atti. Non è uccidendo persone innocenti, infedeli che vivono in pa-esi dall’ISIS ritenuti luoghi di abominio e perversione, che si combatte l’imperialismo.

Quanto aveva ragione Marx affermando che la religione è l’oppio dei popoli! Mi dispiace, ma non sono d’accordo, non ritengo secondari gli inneggiamenti religiosi, così come non ritengo secondari gli sgozza-menti e gli eccidi perpetrati nei confronti degli sciiti. Non sono d’accor-do neppure sul fatto che quel che conta, in questi casi, sia l’unità antim-perialista a prescindere, e quindi considerare l’ISIS membro del fronte antimperialista!

Saluti rossi.Bob - Emilia

Abbiamo l’impressione che tu abbia malinteso il motivo per il quale è stato pubblicato il comu-nicato dell’IS. “Il Bolscevico” non voleva appoggiare tale comunica-to, bensì mostrare ai suoi lettori che la vera motivazione dell’at-tacco era il ruolo della Francia fra gli Stati che devastano il Medio Oriente da oltre un decennio. Ciò è specificato anche nella nota di introduzione al comunicato, dove peraltro si specifica: “Ovviamente noi consideriamo un errore grave considerare crociati le vittime in-colpevoli e innocenti di tale inter-vento armato. I veri crociati sono i governanti imperialisti francesi con alla testa Hollande che hanno bombardato barbaramente persino la capitale dello Stato islamico. È inutile aggiungere che non possia-mo nemmeno condividere gli in-neggiamenti religiosi”. Fin qui, di-rei che ora ci siamo.

Marx aveva ragione da vendere nel denunciare la religione come oppio dei popoli. Infatti l’islam è utilizzato dai governanti reaziona-

ri arabi per garantirsi la stabilità. Al contempo però non possiamo ignorare che esistono movimenti islamici antimperialisti e persino governi islamici antimperialisti. Altrimenti dovremmo ripudiare l’eroica lotta del popolo palesti-nese solo perché è guidato pre-valentemente da gruppi islamici come Hamas, o perché nella sua guerra contro lo Stato nazi-sioni-sta d’Israele perdono la vita anche civili israeliani. In questo senso la religione è secondaria, ma solo in questa fase, quando si tratta di uni-re tutto il popolo contro l’aggres-sore e le contraddizioni interne a questo popolo passano momenta-neamente in secondo piano.

Quando Stalin evocava il fa-moso esempio dell’emiro afgha-no, non si sognava minimamente di appoggiare la sua visione reli-giosa o la sua monarchia reazio-naria, semplicemente sosteneva la sua lotta contro i colonialisti, per-ché era una lotta che sarebbe torna-ta utile all’intero popolo afghano, con la stessa forza con cui avreb-

be sostenuto, se fosse scoppiata in seguito, la lotta rivoluzionaria del popolo afghano per abbattere la monarchia. E quando Mao si al-leò al Kuomintang per combattere i giapponesi che avevano invaso la Cina, non mise forse in secondo piano il fatto che il Kuomintang fosse ferocemente anticomunista e controrivoluzionario?

Se certe forze che sono diame-tralmente opposte a noi per quanto riguarda ideologia, strategia e me-todi di lotta, lottano contro il no-stro stesso nemico, ciò è del tutto indipendente dalla nostra volontà. Dobbiamo prenderne atto. La re-sistenza antimperialista dei popo-li che sono vittime dell’invasione americana ed europea ha partori-to l’IS, che è figlio del suo tem-po e delle condizioni in cui è nato. L’IS lotta contro gli imperialisti e rivendica la fine della loro guerra d’aggressione; è fuori discussio-ne che lo faccia spesso con meto-di sbagliatissimi, e infatti il nostro Partito li critica. Ma ciò non cam-bia che anche noi lottiamo per la

fine di questa guerra. Ciò porta ad un fronte antimperialista di fatto, il che non toglie che noi rifiutia-mo l’ideologia e i metodi dell’IS e auspichiamo il giorno in cui i po-poli arabi, finalmente liberi dalle bombe americane ed europee, po-tranno liberarsi anche del califfa-to e costruire società migliori, pro-gressiste, democratiche e, prima o poi, socialiste.

La questione cruciale, tutta-via è che è in corso una guerra di aggressione imperialista contro l’Iraq, la Siria, lo Yemen, la Libia. Il nostro compito antimperialista è perciò rivendicare la fine im-mediata della guerra e combattere contro ogni sua escalation. Anche perché tu dici: “Sappiamo tutti be-nissimo di chi è la colpa di tutto questo, le vittime delle stragi al-tro non sono che figlie del cinismo imperialista occidentale e russo”, ma purtroppo non è così, la pro-paganda imperialista pompata dai media rischia di fare larga presa e noi dobbiamo opporci con tutte le nostre forze, perché ne va del-

la pace e della sicurezza del nostro popolo.

Non dobbiamo concedere nem-meno una virgola all’imperiali-smo, altrimenti facciamo il suo gioco. Sul fronte giornalistico, il nostro compito è quindi fare chia-rezza sulle responsabilità, dire chiaro e tondo che gli Stati euro-pei imperialisti sono gli aggres-sori e che quindi la responsabilità di mettere fine alla guerra sta in-teramente a loro. Su questo dob-biamo concentrare i nostri sforzi, perché questa è la lotta principale al momento. Specie ora che questa guerra è fatta anche di attacchi ter-roristici contro i civili europei, che non condividiamo, ripetiamo, ma che non possiamo non inquadrare all’interno di questa guerra, come ci sembri fare anche tu.

Su tante cose importanti sia-mo d’accordo, mentre non sem-bra che riusciamo a intenderci sull’importanza eccessiva che tu dai all’aspetto religioso in questo momento. In ogni circostanza, in ogni frangente, in ogni lotta, noi dobbiamo mettere bene a fuoco la contraddizione principale: in que-sto caso, la contraddizione princi-pale è fra i Paesi imperialisti ag-gressori e i popoli arabi aggrediti. La contraddizione fra il progresso sociale e storico di questi popoli da una parte, e la religione reazio-naria dei loro governanti o dei mo-vimenti che li dirigono dall’altra, passa momentaneamente in se-condo piano, perché in questo mo-mento questi popoli e i loro gover-nanti e movimenti che li dirigono devono respingere uniti l’aggres-sione imperialista. Lo stesso vale per noi, antimperialisti dei Paesi imperialisti, a cui spetta il compi-to di combattere contro i rispettivi governi imperialisti. Solo un do-mani, quando l’imperialismo se ne sarà andato da quei luoghi, quando quei popoli non dovranno preoc-cuparsi di chi li bombarda giorno e notte, la religione diventerà parte della contraddizione principale.

Come te pensiamo che gli in-neggiamenti religiosi siano inac-cettabili, come te pensiamo che considerare Parigi luogo di abomi-

nio e perversione da un punto di vista religioso sia un grave errore, però riteniamo che l’aspetto più importante del comunicato dell’IS non sia questo, bensì il passaggio in cui afferma che la Francia è sta-ta colpita perché bombarda i po-poli arabi; prova a rileggerti il co-municato, noterai anche tu che gli stessi islamici integralisti dell’IS pongono l’accento sui bombarda-menti, non tanto sulla “perversio-ne”. Lo stesso viene fatto nell’ar-ticolo di “Dabiq” pubblicato sul numero scorso de “Il Bolscevi-co”. Questo è importante perché richiama i governi europei, ame-ricano e russo alla loro responsa-bilità: cessare la guerra e ritirare i loro eserciti dal Medio Oriente e dall’Africa. Abbiamo con ciò vo-luto pubblicare due documenti che i media borghesi si guardano bene da rendere noti, da cui si ca-pisce che sono proprio i circoli e i governi guerrafondai a parlare di guerra di civiltà per nascondere la natura economica e politica del conflitto che vede un pugno di po-tenze imperialiste nel ruolo di ag-gressori e i combattenti dell’IS e i popoli della regione in quello de-gli aggrediti.

Purtroppo non siamo noi a de-cidere con chi avere a che fare nel fronte antimperialista, perché esso oggi non corrisponde ai nostri de-sideri soggettivi. Possiamo però decidere come rapportarci. Infat-ti appoggiamo la resistenza dei movimenti islamici antimperiali-sti, ma non gli attacchi terroristici contro i civili né la loro ideologia né le loro istituzioni né la guerra contro i curdi, ecc.

L’importante comunque è che siamo d’accordo sulla lotta contro i nuovi piani di guerra all’imperia-lismo e contro gli appelli all’“uni-tà nazionale” da parte dei gover-nanti borghesi, compreso Renzi. Questa è la questione principale al momento sulla quale dobbiamo restare uniti senza vacillare.

Sull’IS continuiamo a discute-re, diamo tempo al tempo e lascia-mo che gli avvenimenti ci dicano chi ha ragione e chi torto.

Saluti rossi e antimperialisti.

Ritengo l’ISIS una creatura dell’imperialismo e Assad

un coerente antimperialistaAvendo saputo dell’apertu-

ra di una sezione de Il Bolscevi-co al dibattito sulla posizione del PMLI sull’ISIS, avevo progettato

di “dire la mia” dopo qualche ri-flessione. I fatti di Parigi mi hanno definitivamente convinto a farlo.

Premettendo che non condivi-

do assolutamente la tattica di di-fesa dell’ISIS, mi piacerebbe en-trare nel merito della questione e chiarire anche, col vostro ausilio, qualche domanda che mi è sorta in questo tempo. Secondo me non è vero che non esistono forze antim-perialiste nell’attuale situazione internazionale “a parte l’ISIS”. In Siria, l’unica figura coerentemen-te antimperialista è quella di As-sad che, ben lungi dall’essere “di-pendente dalla Russia”, ha portato avanti in questo quindicennio del-le buonissime politiche economi-che e sociali che hanno reso la Si-ria un paese avanzato e con molte meno piaghe sociali dei paesi oc-cidentali: al 2010, per esempio, il PIL fu quadruplicato e la disoc-cupazione dimezzata. Tutte le re-ligioni convivevano pacificamen-te. Poi gli imperialisti USA e i loro lacchè inglesi, francesi, israeliani, turchi e gli emirati oscurantisti del Golfo decisero di scatenare quella falsa “rivoluzione” che in quattro anni ha portato ben 300.000 morti.

Tutto perché gli imperialisti vole-vano prendersi la Siria, ma il po-polo siriano gliel’ha impedito e alle ultime elezioni Assad ha pre-so l’89% dei voti!

Sulla Russia, trovo che in que-sta particolare congiuntura storica stia svolgendo un ruolo progressi-sta d’opposizione alle mire ege-moniche dell’imperialismo USA e contro l’egemonismo in generale, così come l’Iran, e ciò è testimo-niato anche dalla fiducia che gli ucraini dell’est ripongono in essa. Non capisco perché definirla “im-perialista” (nemmeno la Cina, pur essendo un paese revisionista e ca-pitalista, mi sembra definibile tale almeno per ora), anzi, mi sembra una valida forza su cui appoggiar-si, come sta facendo anche la Co-rea socialista, e tra l’altro è l’unica che combatte davvero il terrori-smo: sembra che il PMLI oggi non sostenga più alcun paese antimpe-rialista.

L’ISIS tra l’altro fu creato da-gli stessi USA nel 2005, i quali

tutt’oggi continuano a finanziar-la insieme ai mostri di cui so-pra, nell’ambito dell’invasione dell’Iraq che portò alla detroniz-zazione dell’altro antimperiali-sta, Saddam. Non capisco perché chiamarli antimperialisti: Il loro obiettivo è l’instaurazione della Sharia mondiale, perseguitano i comunisti curdi, e lo Stato che vo-gliono creare non ha alcuna legit-timità dirittuale perché non è mai esistito! Tutte le loro rivendicazio-ni muovono da posizioni religiose, non politiche.

So bene che il PMLI dice di non appoggiare i metodi, le strategie, le tattiche e l’ideologia dell’ISIS: ma allora che cosa appoggia?

Un’altra curiosità che mi è sor-ta è come mai nel 2001 il PMLI definì l’attentato alle Torri Ge-melle “miope e folle” e ora, ne Il Bolscevico sull’ultima sessione plenaria del CC, quello sia diven-tato “l’inizio della stagione di lot-ta degli islamici antimperialisti”; come mai il PMLI, che ha sempre

condannato ogni forma di terrori-smo, adesso distingue tra “terrori-smo rivoluzionario” e “terrorismo controrivoluzionario”: per come la vedo io, a paragone furono più rivoluzionari l’attentato a Berlu-sconi nel 2009, la sparatoria a Pa-lazzo Chigi nel 2012 e quella nella Banca di Milano quest’anno, che se non altro esprimevano il forte disagio della vita sotto il capita-lismo e l’impossibilità di andare avanti così.

In conclusione, credo che l’uni-ca posizione davvero comunista da adottare sia sì il solidarizzare con le vittime dell’attentato di Parigi, ma condannare l’ISIS come or-ganizzazione messa su dall’impe-rialismo USA e dai suoi lacchè e fermare l’immigrazione incontrol-lata che, nascondendo tra i profu-ghi elementi tutt’altro che impec-cabili, mette ogni giorno che passa sempre più a rischio la sicurezza dei popoli europei.

Jean-Claude - Firenze

Un’immagine del raid russo su Ragga capiale dello Stato islamico

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12 il bolscevico / PMLI N. 45 - 10 dicembre 2015

Nell’affollatissimo centro città

La CeLLuLa NapoLetaNa deL pMLI dIffoNde IL doCuMeNto dI CrItICa aLLa

gIuNta aNtIpopoLare de MagIstrIsI volantini andavano via come il pane

Dal corrispondente della �Cellula “Vesuvio Rosso” di NapoliDomenica 29 novembre in

piazza S. Domenico Maggiore la Cellula “Vesuvio Rosso” di Na-poli del PMLI ha propagandato il suo ficcante documento relativo alle malefatte compiute nei qua-si quattro anni di amministrazione dal falso rivoluzionario arancione Luigi De Magistris.

La squadra di propaganda marxista-leninista ha ritenuto in-dispensabile questo largo volan-tinaggio, dato che in vista delle prossime elezioni il neopodestà napoletano e la sua giunta stan-no tentando di ripulire la propria “faccia” rispetto al sostanziale immobilismo di questi anni sulle problematiche che attanagliano le masse popolari di Napoli.

La diffusione si è svolta del migliore dei modi colorata da una magnifica giornata di sole con le strade gremite dalle masse e da turisti che, incuriositi dal nostro documento, in più riprese hanno chiesto maggiori approfondimen-ti sulla nostra posizione politica elettorale astensionista.

L’iniziativa si è conclusa dopo aver distribuito diverse centina-ia di copie del volantino, date via come il pane, una giornata che ha rinvigorito i compagni parteno-pei galvanizzandoli e proiettando-li a pianificare altri diffusioni con l’intento di smascherare il neopo-destà De Magistris fino alla pros-sima tornata elettorale ribadendo che l’unica via in grado di creare una reale partecipazione popolare è l’astensionismo con la creazione di Assemblee popolare e Comita-

ti popolari cittadino e di quartie-re delle masse fautrici del socia-lismo, che facciano da contraltare

alla dittatura delle istituzioni e dei politicanti borghesi che soffocano le masse partenopee.

Stiamoin cordata

stretti l’uno all’altrosostenendoci

reciprocamentetenendo ben alta la bandiera

dell’antimperialismoCon i Maestri e il PMLI

vinceremo!

rIsposta deI CoMpagNI roMaNI aLLa soLIdarIetà deL partIto

Le intimidazioni ci hanno resi ancor più coscienti e sicuri nella lotta contro l’imperialismo e il capitalismo

Ecco la lettera con la quale i compagni romani rispondo-no alla solidarietà ricevuta da istanze centrali e locali del Par-tito dopo l’intimidazione subìta nel corso della manifestazione studentesca del 17 novembre scorso e di cui è apparsa la cro-naca sul numero scorso del no-stro giornale.

Cari compagne e compagni,grazie della solidarietà. È

molto importante sentire tutto il Partito vicino e unito. Se questi provocatori in stile fascista pen-

savano di intimidirci e metterci paura, hanno sbagliato di gros-so. Possiamo affermare piutto-sto che abbiano sortito l’effetto contrario: ossia siamo ancora più coscienti e sicuri della no-stra linea politica e orgogliosi di essere l’unico Partito che ha analizzato la natura dello Stato Islamico in profondità, scan-sando via tutte le distorsioni, le iperboli, le sterili teorie complot-tistiche, le euforie guerrafonda-ie e il banale umanitarismo dei media occidentali, dei servi del-la borghesia e della propaganda

borghese.Nello scenario internazionale

è impossibile oggi staccare l’IS dalla lotta all’imperialismo di Usa, UE e Russia. Lo capiranno presto anche questi falsi comu-nisti, travestiti male da cavalieri della democrazia e della libertà con le effigi russe sul petto rac-colte dalle ceneri socialimpe-rialiste, o verranno spazzati via dagli eventi storici in continuo divenire.

Cellula “Rivoluzione d’Ot-tobre” di Roma del PMLI

pMLI IN azIoNe a Borgo s. LoreNzo (fIreNze)

Interesse per il volantino “Non farsi imbrogliare dalla propaganda imperialista”

Dal corrispondente �dell’Organizzazione di Vicchio del Mugello del PMLI L’Organizzazione di Vicchio

del Mugello (Firenze) del PMLI nel pomeriggio di venerdì 27 novembre ha diffuso il volanti-no con l’importante editoriale de “Il Bolscevico” n° 44 dal titolo “Non farsi imbrogliare dalla propaganda imperialista”, al mercato settimanale di viale della Resistenza a Borgo San Lorenzo.

L’obbiettivo del volantino è di mettere un argine al bombar-damento dei mass-media bor-ghesi nei confronti delle masse dopo gli attentati di Parigi.

C’è stato interesse tra la popolazione per il volantino, un’anziana indicando il sim-bolo del Partito ha esclamato “Questo mi piace!”. Con alcu-ni abbiamo anche scambiato qualche parere e diversi sono i dubbi emersi sull’operato dei Paesi imperialisti. In genera-le rileviamo con piacere che il bombardamento mediatico

lascia i segni ma non ha fatto “tabula rasa”.

Insomma, questo volantino del nostro Partito è arrivato al momento giusto per chiarire le idee tra la popolazione.

Invitato ufficialmente il pMLI a un dibattito della “7ª festa per l’unità della sinistra d’alternativa” di pray (Biella)

urBaN sMasChera L’INterveNto dI ferrero Dal corrispondente �dell’Organizzazione di Biella del PMLISabato 28 novembre 2015

all’interno della “7ª festa per l’unità della sinistra d’alternativa” di Pray, in provincia di Biella, si è tenuto il dibattito pubblico “Unità dei Co-munisti, unità della Sinistra un’esi-genza e un impegno” che ha visto quali relatori il segretario nazionale del PRC, Paolo Ferrero e Paolo Comella della segreteria provincia-le di SEL di Vercelli. Moderatrice del dibattito è stata Lucietta Bel-lomo, segretaria della federazione Biellese del PRC che ha ufficial-mente invitato l’Organizzazione biellese del PMLI al dibattito.

Ha preso subito la parola l’esponente di SEL che tra una frase vuota e l’altra ha incredi-bilmente difeso quelle ammini-strazioni locali, tra cui quella co-munale di Torino, in cui il partito di Vendola appoggia senza ver-gogna il PD nelle comuni scelte antipopolari fatte di tagli ai servizi sociali ed assistenziali in diretto sfavore per le masse popolari.

Successivamente è interve-nuto Paolo Ferrero, che in prima battuta ha ringraziato per l’invito gli organizzatori della festa in Val-sessera e ha affermato che ciò che conta per i dirigenti nazionali del PRC sarebbe “Mantenere un rapporto vivo e diretto con gli iscritti di base del partito”. Ha poi elencato molti mali che affliggono l’Italia d’oggi dall’elevato tasso di disoccupazione giovanile alla pe-ricolosa demagogia razzista e xe-nofoba della Lega Nord di Matteo Salvini sottolineando che i media dell’attuale regime neofascista lo interpellano unicamente quando accadono tristi fatti di cronaca nera, come gli omicidi, perché i giornalisti prezzolati di regime hanno l’esclusivo interesse nel fare scontrare, come in un ring di combattimento, gli esponenti razzisti e qualunquisti della Lega Nord con quelli ritenuti “comuni-sti” o, quantomeno, di “sinistra”.

Ferrero ha tenuto a sottoline-are che in oltre 7 anni da segre-tario nazionale di Rifondazione non è mai stato consultato per esporre le tesi del PRC sulle pro-poste di destinazione alternativa

delle risorse statali in favore dei giovani, della sanità e scuola pubbliche. Ha poi denunciato la totale sudditanza delle istituzioni politiche alle banche cui vengo-no letteralmente regalati milioni di euro, provenienti dalle tasse degli italiani, che poi gli istituti di credito prestano alle lavoratrici e ai lavoratori imponendo interes-si altissimi, quasi al limite dello strozzinaggio.

Al termine degli interventi dei relatori hanno portato i saluti gli invitati ufficiali tra cui Alex Villar-boito, neosegretario di Coalizione Sociale di Vercelli, nonché RSU di una fabbrica metalmeccanica vercellese che ha riconfermato l’intenzione di Coalizione Sociale di non trasformarsi nell’ennesimo partito politico a sinistra del PD ma di rimanere un “Laboratorio di idee per la sinistra” dove chiun-que e qualunque associazione può portare il proprio contributo. Anche qui, diciamo noi, nulla di nuovo sotto il sole.

Ha poi preso la parola il com-pagno Gabriele Urban, Respon-sabile dell’Organizzazione biel-lese del PMLI, che dopo aver ringraziato la segretaria del PRC di Biella, Lucietta Bellomo, per l’invito ufficiale riconfermando il proficuo lavoro di fronte unito che a Biella vede il PMLI ed il PRC im-pegnati su comuni battaglie come la lotta contro le “grandi opere” inutili, quali le battaglie NO TAV, e contro il razzismo e il neofasci-smo, ha evidenziato le questioni

principali del proprio intervento che verteva sulla necessità delle militanti e dei militanti di base del PRC di pretendere risolutivamen-te dai propri dirigenti nazionali delle politiche tattiche e strate-giche sinceramente comuniste e non riformiste e socialdemo-cratiche come quelle realizzate fin dalla fondazione del PRC nel 1991.

Nelle sue risposte Paolo Fer-rero ha risposto direttamente al compagno Gabriele Urban facen-do autocritica per l’appoggio di-retto di Rifondazione al secondo governo Prodi, dove lui ha rico-perto il ruolo di ministro della so-lidarietà sociale, affermando che d’ora in avanti non faranno mai più alleanze col PD di Renzi in quanto questo è “Un partito che applica espressamente politiche di destra”.

Incalzato dalla segretaria del PRC di Biella che gli chiedeva come sia possibile un’unità della sinistra con un partito come SEL di Nichi Vendola che appoggia direttamente, e con convinzione, molte amministrazioni locali con il PD, Ferrero ha fumosamente risposto che si dovrà “Conoscere caso per caso” per poi citare più volte papa Francesco ed il “Cat-tolicesimo sociale come una delle componenti ideologiche fonda-mentali su cui basare future alle-anze programmatiche” lasciando molto confusi e perplessi le po-che decine di militanti del PRC convenuti al pubblico dibattito.

Napoli, 29 novembre 2015. Il compagno Andrea discute con gli in-teressati la posizione della Cellula “Vesuvio Rosso” sulla giunta De Magistris (foto Il Bolscevico)

Il compagno Franco Dreoni, , alla manifestazione naziona-le dei metalmeccanici (foto Il Bolscevico)

Il compagno Gabriele Urban interviene all’iniziativa del PRC. Al cen-tro del tavolo della presidenza Paolo Ferrero (foto Il Bolscevico)

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N. 45 - 10 dicembre 2015 corrispondenze e contributi / il bolscevico 13In aumento le IntImIdazIonI fascIste a napolI

nazifascisti aggrediscono con un

coltello una studentessa antifascista

La giunta De Magistris quando prende provvedimenti?

Redazione di Napoli �Martedì 17 novembre alle

21 e 30 in via Caldieri, quartie-re Vomero, si è consumata una vile grave aggressione ai danni di una studentessa liceale di 17 anni da parte di un fascista.

La ragazza, in un video realiz-zato dai centri sociali napoletani, ha denunciato immediatamente l’aggressione che così si è svi-luppata: mentre rincasava attra-versando il quartiere, all’altezza di via Caldieri veniva fermata, con la scusa di un’indicazione, da un individuo sulla quarantina, da lei immediatamente riconosciu-to come appartenente all’orga-nizzazione nazifascista di Casa-pound, che già l’aveva provocata nei giorni precedenti. Il fascista, questa volta, l’ha afferrata, sbat-tuta con violenza contro il muro e poi le ha premuto un coltello contro la gola, minacciandola in vario modo, e cosa ancora peg-giore, molestandola sessualmen-te. La ragazza aveva potuto no-tare che subito dietro a costui c’erano altri tre individui che controllavano la strada, come se l’agguato fosse premeditato. No-nostante le fosse stato imposto di non urlare e fosse minacciata col coltello premuto sulla pelle, la studentessa ha trovato la forza di gridare, costringendo i quattro a dileguarsi rapidamente. Un’ag-gressione che, secondo i giovani dei centri sociali, sarebbe ricon-ducibile a Casapound, che “nelle settimane passate aveva promes-so – addirittura con minacce sui social network – ‘vendetta’ con-

tro i ragazzi dei collettivi che nel corso di un’iniziativa di pulizia della zona antistante alla succur-sale del Pansini, avevano ‘osato’ stracciare degli striscioni inneg-gianti all’odio e al razzismo”.

D’altronde già i gravi accol-tellamenti nel 2011 fuori all’uni-versità “Federico II”, all’altezza delle facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche, in piena cam-pagna elettorale, bissati da altri episodi culminati nell’aggres-sione di una squadraccia nazifa-scista verso la fine di marzo del 2015 al liceo scientifico “Vin-cenzo Cuoco”, nel quartiere Sa-nità, storicamente denominata la “centrale rossa antifascista” per aver respinto i fascisti vecchi e nuovi. Per tutto aprile e mag-gio Casapound non è riuscita ad uscire dal suo covo di via Foria perché ogni giorno le studentes-se e studenti del liceo presidia-vano la strada, mentre i nazifa-scisti venivano ben protetti dalla Digos e dalle “forze dell’ordine” in assetto antisommossa agli or-dini di Renzi e Alfano.

Un segnale chiaro e forte dato dagli antifascisti che han-no poi manifestato lo scorso 20 novembre per ribadire il loro no a questa teppaglia chiedendo la chiusura dei covi nazifascisti a Napoli. Silenzio, invece, dalla giunta arancione del neopodestà De Magistris che, sbandiera il suo antifascismo con i suoi pom-posi proclami, per poi non ricac-ciare, con i provvedimenti ne-cessari, questi topi di fogna nella cloaca da dove sono venuti.

e’ necessarIo, come propone Il pmlI, costruIre un governo alternatIvo

nelle scuole e nelle unIversIta’Il risultato dell’autonomia sco-

lastica che dagli anni 90 ha avuto sempre il beneplacito dei vertici sindacali confederali reazionari, non ha portato altro che una scuo-la e un’istruzione sempre più in mano alla borghesia e ai padroni e all’asservimento al neo liberismo con le varie riforme che si sono succedute negli ultimi decenni e portate a conclusione dalla vi-gliacca legge 107 del nuovo duce Renzi. In sostanza questo percor-so ha ridotto l’istruzione pubblica e la scuola italiana ad una merce, subordinandola di fatto agli inte-ressi dei pescecani capitalisti di Confindustria; contemporanea-mente sta distruggendo il sapere emancipante e i diritti garantiti per tutti, formando le nuove genera-zioni di cittadini acritici e consu-matori anziché consapevoli ed emancipati. Il tutto funzionale ad un futuro di estremo sfruttamento e schiavismo nei confronti prima degli studenti e poi dei lavoratori.

Gli studenti attraverso la scuo-la-lavoro, 400 ore per i tecnici e i professionali e 200 ore per i licei, vengono quasi sempre ingaggiati e ingannati da aziende ed enti sot-toponendoli senza salario a svol-gere lavori non compatibili con i loro indirizzi di studio ma funzio-nali a produrre solo profitti gratuiti; essi si ritroveranno poi con nes-suna professionalità da presenta-re nei propri curriculum quando dovranno entrare nel “mercato del lavoro”. In pratica la scuola per gli studenti è come un parcheggio dove poi gli sfruttatori vanno ad attingere gli schiavi moderni con una minima preparazione. I lavo-ratori hanno invece, da ben sei anni, il contratto di lavoro scaduto e bloccato con una perdita sala-riale di circa 250-300 euro pari al 20% circa, ai quali il governo fa-scista di Renzi ha offerto in legge di stabilità il vergognoso aumento contrattuale che varia dagli 8 ai 12 euro mensili.

Con il blocco delle assunzio-ni del personale ATA (ausiliario-tecnico-amministrativo) con più di 36 mesi di servizio, sdoganando di fatto il precariato e non con-

sentendo in caso di malattia la sostituzione in particolare per il settore amministrativo mettendo nel caos organizzativo le scuole, i dirigenti scolastici cercano di risolvere con intimidazioni gerar-chiche e con l’aumento dei carichi di lavoro per i pochi rimasti certe mancanze d’organico. Per non parlare delle nuove assunzioni dei docenti che dopo 3 anni potranno rischiare anche il licenziamento se non si asserviranno ai voleri dei nuovi presidi-manager e ai precari con cattedre di poche ore che a tutt’oggi stanno lavorando senza essere retribuiti.

Per questi motivi ho aderito allo sciopero generale indetto dai Cobas-scuola del 13 novembre scorso nell’attesa che anche i sindacati confederali si decida-

no ad indirne un altro invece di convocare assemblee e manife-stazioni che di fatto, a mio avviso, non fanno altro che soffocare la lotta degli studenti, dei docenti e del personale ATA, dando anche questa volta come su altre riforme un messaggio di resa e di appiatti-mento agli attacchi ai propri diritti (borghesi) che stanno subendo le masse lavoratrici e studentesche in generale e in questo caso della scuola pubblica.

È necessario un fronte comune tra studenti, docenti e personale ATA per combattere, boicottare le istituzioni scolastiche gli organi collegiali di stampo fascista volute dalla “riforma” Renzi.

Sarebbe veramente necessa-rio, come propone il PMLI, costru-ire un governo alternativo nelle

scuole e nelle università che si basi sull’autogestione anche dei piani formativi e della didattica che ad oggi è impregnata da valori borghesi al servizio dei capitalisti e non solo degli spazi.

La scuola e l’istruzione in ge-nerale devono ritornare pubbliche e gratuite e culturalmente non funzionali agli interessi della bor-ghesia capitalista ma funzionali agli interessi del proletariato e del popolo smascherando una vol-ta per tutte il marciume dei valori borghesi corrotti dal capitalismo, lo sfruttamento dell’uomo sull’uo-mo e le ingiustizie sociali.

Ci vorrebbe infine un’istruzione socialista controllata dal proleta-riato al servizio del proletariato.

Massimo - Pontassieve (Firenze)

Accade nulla attorno a te?

RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’

Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quartiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, so-prusi, malefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposizione le seguenti rubriche: Lettere, Dia-logo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse, Corrispondenze operaie e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagina. Invia i tuoi “pezzi’’ a:

Via A. del Pollaiolo 172/a - 50142 FirenzeFax: 055 5123164 - e-mail: [email protected]

stalIn molto cI Insegna sulla lotta contro

I pregIudIzI relIgIosIdi eugen galasso - firenze

Come sempre, dei grandi Mae-stri è la saggezza, che per un mar-xista-leninista è la capacità di ca-pire la dinamica e la dialettica della lotta di classe, in rapporto a quella tra forze produttive e rap-porti produttivi.

Così le indicazioni di Stalin (ne “Il Bolscevico” n. 44) in rapporto alla sharia sono assolutamente op-portune, come ovvio e compren-sibile a priori, del resto. Così, ri-affermare, nel novembre del 1920 che “Esso (il governo della Rus-sia) ritiene lo shariat un diritto inoppugnabile, normale, che han-no anche altri popoli che abitano la Russia. Se il popolo daghestano desidera conservare le sue leggi e i suoi costumi, questi debbono es-sere conservati”. Al tempo stesso, riconoscendo che le masse del Da-ghestan (a maggioranza islamica ma chiaramente ciò varrebbe per ogni altra religione, che nasce da pregiudizi irrazionali, da paure a-

scientifiche e i pregiudizi li porta con sé) “sono fortemente perme-ate da pregiudizi religiosi”, parla di “sistemi indiretti, più cauti”, al posto della “Lotta diretta contro i pregiudizi religiosi”. Tale “po-litica cauta e ponderata che inca-nali gradualmente queste masse nell’alveo generale dello svilup-po sovietico”, ci insegna molto per l’oggi: impossibile pretendere sic stantibus rebus (per come ora stanno le cose, ossia la situazio-ne oggettiva dei combattenti dello Stato islamico) che rinuncino tout court al pregiudizio religioso ma, nel nome di una comune lotta an-ti-imperialista, è più che possibi-le che una gran parte di tali mas-se (di masse ormai si tratta), in un futuro prossimo, prenda atto re-alisticamente della situazione di sfruttamento da parte della “San-ta alleanza” imperialista, avvici-nandosi al marxismo-leninismo e rinunciando ai propri fantasmi re-ligiosi, di cui la sharia è una delle espressioni.

la “Buona scuola” mette il bavaglio alle voci critiche e dissidenti,

vuol tacitare i soggetti più scomodiUn episodio quantomeno avvi-

lente ed increscioso, è accaduto nella scuola dove insegno. Hanno promosso un convegno con i soliti personaggi politici (De Mita, ecc.) ed hanno costretto gli insegnanti ad essere presenti in seguito ad un ordine di servizio, convocando ufficialmente un collegio dei do-centi che non si è mai tenuto. Un abile stratagemma per obbligare il corpo docente a fornire una platea gratuita alla mercé di questi nota-bili politici.

Si è trattato di un vero abuso di potere, un atto illecito, un’inac-cettabile imposizione nei nostri confronti. Per cui ho denunciato la cosa, divulgando un resoconto alla stampa, in seguito ripreso da un parlamentare di SEL, il quale

ha emanato un proprio comunica-to ed ha promesso di presentare un’interrogazione parlamentare. Contestualmente, la CGIL scuola ha inviato una nota formale all’Uf-ficio Scolastico della Campania. D’ora innanzi potrei subire atti ri-torsivi. Personalmente, non temo nulla. Nel malaugurato caso, use-rò le mie abituali “armi”, vale a dire la parola scritta. Questi signorotti politici devono capire che non possono spadroneggiare sempre, comunque e dovunque.

Non si può non contestare tale iniziativa, platealmente strumenta-le, che piega la scuola agli scopi di alcuni politicanti. Come docenti, che hanno una dignità professio-nale, umana ed etica da tutelare, non possiamo prestarci a simili giochetti, a pretesti utili a promuo-vere passerelle politiche che non hanno alcuna attinenza diretta con gli interessi e i problemi reali della scuola. È una circostanza esem-plare che attesta, in modo netto

ed inequivocabile, come non esi-sta alcuna discontinuità rispetto alla precedente gestione della scuola. Anzi, l’iniziativa si collo-ca in perfetta linea con il vecchio modello politico-direttivo. Mi sono espresso in ogni modo contro la “Buona scuola”.

Il 5 maggio scorso si è astenuto dal lavoro l’80% circa dei dipen-denti della scuola (si è trattato dello sciopero più imponente, massiccio e partecipato nella storia della scuo-la pubblica italiana), ho preso parte a numerose assemblee sindacali e a manifestazioni di piazza. Da oltre un anno e mezzo mi batto contro la barbarie renziana. Ho scritto e continuo a scrivere post, lettere e articoli contro l’inciviltà renziana. Ma invano. Tale vicenda testimo-nia come la legge 107/2015 serva solo a mettere il bavaglio alle voci critiche e dissidenti, a tacitare e far allineare i soggetti più scomodi.Lucio Garofalo - Lioni (Avellino)

sul piano morale la chiesa cattolica è pluriomicidadi marcello ranieri -

pogliano milanese (milano)

Quasi tutti sono a conoscenza dell’esistenza del Tribunale Penale Internazionale Dell’Aja. Tale orga-no di giurisdizione internazionale si occupa di giudicare in caso di Crimini contro l’umanità. Quelli più noti sono certamente il genocidio e la strage. Essi consistono nello sterminare sistematicamente e per lunghi periodi gruppi di persone e intere popolazioni. Molte condotte della Chiesa nel corso della sto-ria, la più nota sono certamente le crociate, rientrano a pieno titolo in tali categorie.

È fuori di dubbio che su di un piano morale la Chiesa cattolica è pluriomicida! La domanda che ci si

pone è: se tali carneficine fossero perpetrate oggi, le gerarchie cat-toliche sarebbero mai sbattute sul banco degli imputati? Vedremmo mai il falso vicario di Cristo (Cristo non ha lasciato alcun vicario) alla sbarra degli imputati?

La Chiesa cattolica si è sem-pre posta come obiettivo quello di opprimere il popolo e i propri fedeli; come grazie al suo potere ha occultato il vero messaggio del dettato biblico, stravolgen-done integralmente il contenuto, così comprerebbe anche il silen-zio delle Autorità internazionali e tutti, ipocritamente, tacerebbe-ro, in nome della cooperazione e dell’accoglienza di tutti, con buo-na pace di chi, in nome di Cristo, anziché ricevere amore, viene spedito al cimitero.

Page 14: 2015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita ...pmli.it/ilbolscevicopdf/2015/2015n451012.pdf · ti alla tutela del bene comune e delle risorse naturali. Per que-sto,

14 il bolscevico / lettere N. 45 - 10 dicembre 2015

Lavoriamo e studiamo seriamente per

trasformare noi stessi e il mondo

Cari compagni,ho letto l’articolo del compa-

gno Maurizio Littera sulle indica-zioni di Mao ai marxisti-leninisti, articolo che secondo me rap-presenta una sintesi ineccepibi-le della vita dei giovani marxisti-leninisti. Quello che noi giovani abbiamo è un fardello pesante poiché non sempre è facile riu-scire a far breccia tra gli studenti che, come diceva il compagno, sono vittime di un’educazione in-dividualista borghese (di cui noi cerchiamo sempre di liberarci).

Ci sono tanti ostacoli nel cam-mino che supereremo fino a rag-giungere i nostri nobili obiettivi lavorando e studiando seriamen-te, trasformando noi stessi e il mondo.

Una compagna siciliana

Grazie per avermi riportato sulla giusta via che avevo smarrito con il precedente impegno

politicoCare compagne e cari com-

pagni,grazie per la mail di ringra-

ziamento che mi avete invia-to. Non vi nascondo che quanto avete scritto mi fa molto piacere ed è per me un ulteriore stimo-lo a continuare nella mia attività al servizio del Partito, della clas-se operaia e, in generale, delle masse popolari. Come ho già anticipato al compagno Franco, dell’Organizzazione di Vicchio del Mugello, che ho come riferi-mento, verserò al Partito un ulte-riore contributo al momento del-la riscossione della tredicesima mensilità.

Per quanto riguarda il lavo-ro che svolgo per il PMLI, grazie per le belle ed importanti parole ma sono io che vi devo ringrazia-re per avermi riportato sulla giu-

sta via; via che avevo smarrito con il precedente impegno poli-tico (come sapete).

In ultimo, l’appoggio sulla questione dell’Is è doveroso per chi crede che il capitalismo vada abbattuto e instaurato il sociali-smo, certo con le dovute distin-zioni rispetto al nostro pensiero ma fermamente convinti che de-vono essere appoggiati i movi-menti antimperialisti. La barbarie genera solo barbarie.

Certo non è facile sostene-re la nostra posizione alla luce del martellamento mediatico sul-la questione, ma vi posso assi-curare che sono molti quelli che sono stanchi di vivere nel terro-re indotto dai macellai capitalisti. Nostro compito è far emergere le contraddizioni con la dialettica ed il confronto.

Ancora grazie a voi, compa-gne e compagni e al PMLI, un caro saluto rosso e a presto.

Coi Maestri e il PMLI, vince-remo!

Andrea - Borgo San Lorenzo (Firenze)

Appoggio pienamente e senza riserve la linea

politica estera e interna del PMLI

Care compagne e cari com-pagni,

esprimo la mia solidarietà al PMLI sull’attacco mediatico di tipo borghese e capitalista che ha subìto per il suo appoggio allo Stato islamico e ai compagni di Roma e Napoli aggrediti dai falsi comunisti durante le manifesta-zioni.

Mi complimento e sono d’ac-cordo con il compagno Erne ri-guardo all’analisi chiara e detta-gliata sull’imperialismo durante la 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI pubblicata su “Il Bolscevico”. Sono solidale con i movimenti islamici antimperialisti che stanno combattendo contro la santa alleanza imperialista di cui fa parte anche l’Italia.

Come marxista-leninista ap-

poggio pienamente e senza ri-serve la linea politica estera e interna del PMLI. Il nostro Se-gretario generale, compagno Giovanni Scuderi, ha precisato tre cose per me importanti: la pri-ma che tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione, all’indi-pendenza e che devono risolve-re da loro le contraddizioni inter-ne; la seconda che tra noi e l’Is esiste un abisso incolmabile dal punto di vista ideologico, cultu-rale, tattico e strategico e, infine, che non condividiamo gli atti ter-roristici con cui l’Is si espone no-nostante siano comprensibili.

Saluti marxisti-leninisti.Sempre tutto per il PMLI, il

proletariato e il socialismo!Teniamo alta la bandiera

dell’antimperialismo!Coi Maestri e il PMLI vince-

remo!Claudio - Modena

Bellissimo ed efficacissimo il volantino

sulla propaganda imperialista

Bellissimo ed efficacissimo il volantino del PMLI “Non farsi im-brogliare dalla propaganda im-perialista”, che mette a nudo ciò che di marcio (in realtà tutto) è nell’imperialismo e nella sua lo-gica.

Eugen Galasso - Firenze

D’accordissimo con Scuderi sulla lotta senza quartiere all’imperialismo

A tutte le compagne e ai com-pagni del PMLI,

sono del tutto solidale col compagno Scuderi, il quale so-stiene che chi non perora la cau-sa dell’Is contro la santa allean-za dell’imperialismo mondiale, che vuole distruggere lo Stato islamico, indirettamente appog-gia l’imperialismo.

E sono altresì d’accordissimo con Scuderi quando spiega e de-nuncia che fra i marxisti-leninisti e l’Is esiste un abisso incolma-bile dal punto di vista ideologi-co, culturale, tattico e strategico e tutti i suoi metodi di lotta, atti e obiettivi. Ma una cosa fonda-mentale ci accomuna quello del-la lotta senza quartiere all’impe-rialismo.

A conferma di quanto sopra detto non si può essere solida-li con la carneficina che è avve-nuta in Francia il 13 novembre, giacché lotte simili non hanno fatto altro che il gioco dell’impe-rialismo.

Saluti marxisti-leninisti.Rino La Rosa, simpatizzante

di Catania del PMLI

Con molta commozione abbiamo ricevuto nella

mia Federazione la bandiera dei MaestriSalve compagni!Ho ricevuto la bandiera dei

Maestri: volevo portarmela a Roma per la manifestazione di sabato scorso ma i programmi hanno subito un brusco cam-biamento a causa di una stirata al collo fenomenale (e 14 ore in pullman erano improponibili).

Questa settimana mi sono mosso pochino per rimetter-mi, presto rifarò un versamento anche se il momento non è dei

migliori, ho paura per il lavoro. Sono stagionale all’Arena di Ve-rona, se cercate online vedrete tutti i disastri e nodi che stanno venendo al pettine, ci taglieran-no gli stipendi, già bassi, di un terzo).

Tranquilli che la bandiera (che ha ricevuto molta commozione nella mia Federazione) farà bel-la mostra di sé su un’asta.

Saluti rossi.A presto.Dennis, FGCI-PCDI - Verona

Vorrei studiare 4 opuscoli di Scuderi e avere la bandiera dei

MaestriRispettabilissimi compagni

del PMLI,ho avuto il desiderio in questi

ultimi mesi di leggere qualcosa sui due grandi Maestri (che tan-to bene hanno fatto all’Europa), Lenin e Stalin. Così della Picco-la Biblioteca marxista-leninista ho letto: “Lenin, la vita e l’ope-ra”; “Lenin, Sullo Stato”; “Stalin, la vita e l’opera”; Stalin, “Trotzki-smo o Leninismo”; Stalin, “Prin-cipi del leninismo - Questioni del leninismo; Stalin, “Problemi eco-nomici del socialismo nell’Urss”.

Ho letto anche “Viva la Gran-de Rivolta del Sessantotto” a cura del PMLI. Un movimento, quest’ultimo, che è stato il mag-giore dell’Europa occidentale dopo il ’45.

Vorrei chiedervi quattro opu-scoli di Giovanni Scuderi (sem-pre che non siano esauriti): il n. 1, “Solo il PMLI può riportare alla vittoria il socialismo; il n. 2, “Il socialismo tornerà di moda”; il n. 3, “L’astensionismo marxi-sta-leninista è il voto dell’opposi-zione proletaria rivoluzionaria al regime neofascista per il sociali-smo”, il n. 11, “Impugniamo l’ar-ma dell’astensionismo per l’Italia unita, rossa e socialista”. Tra pa-rentesi io mi astengo alle elezio-ni ormai da 5 anni e 8 mesi.

Poi vorrei richiedervi un gad-get, cioè la bandiera dei Maestri, in cambio di una donazione.

Saluti marxisti-leninisti.Giancarlo - Padova

Il PMLI è l’unico Partito del socialismo

Compagni, credo che gli ideali del PMLI

siano bellissimi e vincenti. Il PMLI è l’unico (e vero) Partito del socialismo e, nonostante il blackout imposto dai governi ita-liani, la sua voce si diffonderà e, alla fine, vedremo il rosso trion-fare!

Viva, viva, viva il PMLI e i cin-que Maestri!

Massimiliano - provincia de L’Aquila

Posso fare propaganda e iniziative sulle posizioni

del PMLISe create volantini poco cari-

chi di inchiostro colorato posso fare propaganda e iniziative cor-relate sugli argomenti, soprat-tutto sulla democrazia proletaria diretta, che reputo basilare per creare coscienza politica ed ac-quisizione del potere politico di massa ai diversi livelli. Le zone dove io posso agire per distan-ze chilometriche sono Lomellina cioè Mortara, Vigevano, Robbio, Sannazzaro de Burgundi- Ales-

sandria e Monferrato e la par-te di Vercelli città e zona verso Casale Monferrato. Posso agire quasi quotidianamente.

Saluti proletari.Elfi - provincia di Pavia

Gli autori del programma di RenziIl governo non eletto da nes-

suno, ma paracadutato dall’alto grazie ai poteri forti, applica il se-guente programma di governo: la riforma fascista, piduista, ca-pitalista del lavoro (Jobs Act) è semplicemente un copia incolla del programma di governo di Sil-vio Berlusconi con il quale venne eletto nel 2001. Renzi e il falso comunista a cui piace la lasagna e la mortadella (Poletti) non ha fatto neanche fatica, ha copiato e incollato ciò che scriveva la de-stra nel 2001.

Per le altre riforme il governo ha attinto a piene mani dal Pia-no di rinascita democratica del-la loggia massonica P2 di Gelli e dalla lettera della Bce. In en-trambi i casi il governo si è limita-to a applicare ciò che questi an-tiproletari, fascisti hanno scritto. Anche qui per il governo zero fa-tica.

Una considerazione: cosa sa-rebbe successo se queste rifor-me le avesse fatte la destra ber-lusconiana? Ci sarebbe stata la sollevazione popolare, sciope-ri su scioperi. Perché quando queste pseudo riforme le fa que-sto governo non succede nien-te? Qui bisogna bloccare il Pae-se, paralizzarlo, scioperare a più non posso, qui c’è il rischio di un nuovo regime. E la CGIL che fa? Nulla, né scioperi né manifesta-zioni, niente. La Camusso se ne sta in silenzio non proferisce pa-rola. Come mai sta in silenzio? Forse tramite il silenzio e la me-ditazione vuole raggiungere l’il-luminazione come il Buddha?

Alessandro - Firenze

D’accordo con Mao sullo svolgimento delle lezioni

scolasticheHo letto stamattina il testo

del discorso di Picerni su “Mao e l’istruzione nel socialismo”. Ho trovato alcuni spunti interessanti che non conoscevo di Mao, uno su tutti lo svolgimento delle sue lezioni intese come ricerca co-mune, anche al docente. L’ho sempre pensata così e non sa-pevo che l’illustre teorico fosse proprio il presidente Mao.

Per il resto Picerni ha detto tante verità, che del resto sono sotto gli occhi di tutti, sempre che si vogliano vedere e non si giri la testa dall’altra parte.

Auguri per tutto.Alessandro - Cervia

(Ravenna)

Il nostro Paese sta dalla parte sbagliata

Condivido l’articolo de “Il Bol-scevico” su “Non farsi imbroglia-re dalla propaganda imperiali-sta”. Tale propaganda è cibo per cani scemi.

Renzi spera di salvare capra e cavoli. Il nostro Paese sta dalla parte sbagliata, certo in subordi-ne rispetto agli alleati più potenti e bellicosi, eppure è coinvolto al-meno dai tempi della prima guer-ra contro l’Iraq, in modo diretto o come supporto logistico.

Faccio notare inoltre come i media più seguiti escludano le voci critiche.

Cari saluti.Nicola Spinosi - Firenze

Nel nome della “sicurezza” vengono

sacrificate le libertà che ancora ci restano sulla

cartaAl di là delle questioni di or-

dine geopolitico internazionale, che sono senza dubbio serie, sto spostando la mia attenzione sul tema, non meno importante, del-le dinamiche e dei processi so-ciali interni, ossia sul quadro dei conflitti di classe e dei rapporti di forza intestini al blocco politico borghese, che in simili casi trova giovamento e si ricompatta im-mediatamente.

Insomma, è palese che il cli-ma di panico e inquietudini ge-nerato dal terrorismo, giustifica l’invocazione di una maggiore si-curezza sociale da parte dell’o-pinione pubblica (ammaestra-ta come non mai) e da parte di quelle forze politiche che gioca-no e speculano sulla pelle della gente e della democrazia resi-dua, che in tal modo va a farsi benedire definitivamente.

Si stabilisce così, una sorta di compromesso politico interno in base al quale, sull’altare di una sicurezza, solo illusoria, vengo-no sacrificate le libertà che anco-ra ci restano sulla carta. Ed ecco che grandi capitali europee, come Parigi e Roma, vengono ad essere presidiate militarmen-te, in uno stato di belligeranza in-terna. Tra poco saranno revocati i diritti costituzionali allo sciope-ro e alla libera espressione del pensiero.

Lucio Garofalo - Lioni (Avellino)

Grillo vuole servirsi della legge che punisce gli

assenteistiSalve compagni,Qui a Roma Grillo, se vince le

elezioni, vuole licenziare gli ope-rai assenteisti! Serve mobilitarsi!

Mail da Roma

INIZIATIVE DEL PMLIå MODENAPortico Via Emilia Centro tra Via Scudari e Piazza Ova

Banchino di propaganda dalle ore 16 alle 18l Domenica 13 dicembre 2015l Sabato 19 dicembre 2015l Giovedì 31 dicembre 2015l Sabato 9 gennaio 2016

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

1477

1011

16

Unione Camere Penali Italiane – Sciopero avvocati

Confsal Unsa - Comparto Ministeri - Presidenza Consiglio Ministri – Sciopero personale del Comparto

Ministeri

Cobas Pt, Cub-Usb- Sciopero dipendenti Poste Italiane SpA

Feder.Mot. - Ministero della Giustizia – Sciopero Giudici onorari e Vice Procuratori onorari

Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt Trasporti, Ugl-Ta, Flai-Ts, Usb-Lp Cub - Sciopero trasporto Aereo, Sea SpA - Aziende di

Handling Aereoporti ItalianiFp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl - Sanità privata, Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus – Sciopero lavoratori Fondazione

Don GnocchiAnaao-Cimo-Emac-Cgil-Fvm-Fassid-Cisl-Fesmed-Ampo-Uil-Fimgg-Snami-Smi-IS Cisl-Simet-Sumai-Fespa-Fimp-

Cipe-Andi - Servizio Sanitario Nazionale - Sciopero Medici del Ssn e Medici dell’assistenza

primaria, della medicina e dei servizi

DICEMBRE

Page 15: 2015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita ...pmli.it/ilbolscevicopdf/2015/2015n451012.pdf · ti alla tutela del bene comune e delle risorse naturali. Per que-sto,

N. 45 - 10 dicembre 2015 esteri / il bolscevico 15

Obama e i gOvernanti imperialisti eurOpei aiutanO il bOmbardiere HOllande

Putin: un’alleanza anche a guida Usa. La Germania invia aerei e navi. Cameron bombarderàRenzi: “L’iS ha CoLPito L’eURoPa e L’Umanità

non SoLo La FRanCia”, dobbiamo diStRUGGeRLoNegli incontri tenuti fra il 24 e il

26 novembre il presidente france-se François Hollande ha raccolto ampio sostegno dai colleghi im-perialisti, da Obama ai governan-ti europei e infine a Putin, per il ruolo di punta che si è preso nel-la guerra allo Stato islamico (is) dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre.

Dopo il primo incontro, quel-lo alla Casa Bianca con Barack Obama del 24 novembre Hollan-de riferiva che il presidente ame-ricano gli aveva promesso “un aiuto illimitato” per raggiunge-re l’obiettivo di “distruggere l’Is”. Nella conferenza stampa tenu-ta al termine dell’incontro a Wa-shington il bombardiere Hollan-de ripeteva che “gli alleati devono distruggere l’Isis ovunque si tro-vi e le sue risorse che sono so-stanziose. Dobbiamo colpire gli impianti petroliferi, il traffico della droga e quello degli esseri uma-ni. Bisogna ampliare i bombar-damenti contro l’Is in Siria e Iraq ed è urgente chiudere il confine

tra Turchia e Siria per prevenire il flusso di terroristi che arrivano in Europa”. Hollande confermava che “la Francia non interverrà mi-litarmente sul campo in Siria” ma non si disinteressava certo del futuro del paese una volta che si era guadagnata la prima fila dell’attacco imperialista a suon di bombardamenti; infatti il pre-sidente francese indicava che a Damasco doveva essere assicu-rata “una transizione politica che porti all’uscita Assad, perché non si può pensare che i siriani pos-sano riunirsi con chi è all’origine di uno dei più grossi massacri di questi anni. Ci vuole un governo di unità”.

Tornato a Parigi riceveva il 26 novembre all’Eliseo il presidente del consiglio italiano Matteo Ren-zi che prima di tutto sottolineava quanto l’Italia sia impegnata “a li-vello militare in molti casi assieme alla Francia nella coalizione in Af-ghanistan, in Libano, nel Kosovo, in Africa dove è molto forte l’im-pegno dei nostri amici francesi e

dove anche noi abbiamo alcuni interventi a partire dalla Somalia”. “Pensiamo però che ci sia la ne-cessità di uno sforzo sempre più inclusivo, di una coalizione sem-pre più ampia - aggiungeva - che porti alla distruzione dello Stato islamico e del disegno atroce che esso rappresenta”. L’Is “ha colpi-to l’Europa e l’umanità non solo la Francia”, dobbiamo distrugger-lo, ripeteva Renzi.

Sempre il 26 novembre Hol-lande incassava il concreto aiu-to della Germania. La cancelliera Merkel aveva già promesso il pro-lungamento al 31 maggio 2016 della missione dei 350 soldati in-quadrati in una brigata mista fran-co-tedesca in Mali, in corso dal febbraio 2013, nell’ambito della European union training mission per la formazione delle forze ar-mate locali. Il governo di Berlino decideva di inviare navi da guer-ra e aerei Tornado, seppur da ri-cognizione, per intervenire in Si-ria. Alla partita si vorrebbe unire anche l’inglese David Cameron

che richiedeva al parlamento il via libera per bombardare in Si-ria, permesso che lo scorso anno gli era stato negato.

Il tour de force diplomatico del bombardiere Hollande si conclu-deva al Cremlino dal nuovo zar Vladimir Putin. “Il nostro nemi-co è il Daesh. Sono venuto qui a Mosca per vedere come possia-mo agire insieme e coordinarci in modo da poter attaccare questo

gruppo terroristico ma anche per raggiungere una soluzione politi-ca per la pace in Siria”, afferma-va Hollande indicando gli obietti-vi dell’incontro. L’intesa tra i due capofila imperialisti per combat-tere fianco a fianco il Daesh era già stata costruita sul campo nei bombardamenti su Raqqa, l’inte-sa sul futuro della Siria restava al palo; per Hollande il presiden-te siriano Bashar al-Assad “non

può avere alcun ruolo nel futuro del Paese”, per Putin rimane un “alleato naturale” nella lotta con-tro l’Is e per tenere i piedi nel pa-ese o quantomeno nella parte tra Damasco, Aleppo e la costa dove ha le basi. A tal fine Putin si di-chiarava disposto a partecipare a una “larga coalizione comune” sotto l’egida dell’Onu ma anche a cooperare con la coalizione già esistente guidata dagli Stati Uniti.

Un caccia bombardiere Tornado tedesco come quelli messi a disposizione dalla Germania per la crociata anti-IS

Obama: “ankara ha il il diritto di difendere lo spazio aereo”

la turchia abbatte un caccia russo perché “aveva sconfinato” I paesi imperialisti uniti contro l’Is ma divisi per assicurarsi le spoglie della Siria e le zone di influenza nella regione

Il 28 novembre il presidente russo Vladimir Putin dopo aver firmato il decreto che vieta l’im-portazione di alcuni tipi di pro-dotti turchi e introduce divieti e limitazioni alle attività delle or-ganizzazioni facenti capo ad An-kara, vietava alle aziende rus-se di assumere lavoratori turchi dal prossimo primo gennaio, so-spendeva i voli charter tra i due Paesi e ordinava a agenzie e operatori turistici di non vendere pacchetti di viaggi verso la Tur-chia. Dall’1 gennaio 2016 sarà inoltre ripristinato il regime dei vi-sti tra Russia e Turchia. Queste sanzioni hanno una durata “prov-visoria”, entreranno in vigore con la pubblicazione del decreto e re-steranno valide finché non saran-no cancellate dal governo russo. Il decreto di Putin è l’ultimo atto della crisi tra i due paesi aperto il 24 novembre dall’abbattimen-to di un aereo russo sul teatro di guerra siriano. Una crisi grave, seppur tenuta finora su toni bas-si ma dagli sviluppi non ancora prevedibili perché dimostra che i paesi imperialisti sono uniti con-tro l’Is ma divisi per assicurarsi

le spoglie della Siria e le zone di influenza nella regione; Russia e Turchia sono due fra i protagoni-sti della partita.

I venti di guerra tra alleati im-perialisti nei cieli del Medio Orien-te sono soffiati molto forte il 24 novembre allorché il premier tur-co, Ahmet Davutoglu, dava l’ordi-ne di abbattere il jet russo Sukhoi Su-24 che secondo Ankara ave-va sconfinato lungo la frontiera con la Siria “per 17 secondi” e ignorato ripetuti avvertimenti di andarsene. Per il ministero del-la Difesa russo il Su-24 si trova-va in territorio siriano e era stato abbattuto da un F16 turco mentre tornava alla base aerea di Khmei-mim, nei pressi di Latakia, e ca-deva in territorio siriano nel villag-gio di Yamadi.

La versione turca era accredi-tata dagli alleati Nato; “gli accer-tamenti di diversi alleati hanno confermato la versione della Tur-chia”, spiegava il segretario Nato, Jens Stoltenberg, che comunque lanciava un appello alla “calma e alla de-escalation” e sottolineava la necessità di “rafforzare il mec-canismo per evitare questi inci-

denti nel futuro”.Ai militari Nato rispondeva Vik-

tor Bondarev, capo di Stato mag-giore dell’aeronautica russa, che sosteneva come F16 fossero pronti a colpire tempo prima del passaggio dei jet russi che era-no impegnati in territorio siriano a colpire le basi delle formazio-ni cecene e dei ribelli turcomanni contrari al regime di Assad e so-stenuti da Ankara. Già alcuni gior-ni prima l’ambasciatore russo ad Ankara era stato convocato per dare spiegazioni dei bombarda-menti di Mosca sui villaggi turco-manni.

Secco il commento del presi-dente russo Vladimir Putin che

definiva l’azione “una pugnalata alle spalle” e avvertiva che “avrà conseguenze tragiche nei rap-porti tra Russia e Turchia”. Intan-to saltava la visita a Ankara del ministro degli Esteri russo Ser-gei Lavrov prevista per il 25 no-vembre.

I rapporti tra Mosca e Anka-ra erano andati peggiorando nel tempo in particolare dopo la de-cisione di Putin di intervenire militarmente in Siria a difende-re Assad e per mantener il con-trollo delle zone dove ha le basi; pestando i piedi a Erdogan e alle ambizioni egemoniche loca-li dell’imperialismo turco. Nel re-cente G20 di Antalya, in casa di

Erdogan, Putin aveva accusato che “i jihadisti dell’Is sono finan-ziati da persone provenienti da 40 Paesi, tra cui anche membri del G20”, puntando il dito in par-ticolare sulla Turchia; “La Russia non sta combattendo davvero l’Is in Siria, sta uccidendo turcoman-ni e siriani a Latakia”, rilanciava Erdogan dopo l’abbattimento del jet di Mosca.

Nel contenzioso tra i due gal-letti imperialisti interveniva Ba-rack Obama affermando che “la Russia deve spostare l’obiettivo dei suoi interventi” per colpire l’Is e non i ribelli anti-Assad mentre Ankara “ha il diritto di difendere il proprio territorio”; era il segna-

le che l’imperialismo americano stava col presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Anche se poi il 30 novembre a Parigi, alla confe-renza sul clima, chiedeva a Tur-chia e Russia di “trovare un per-corso diplomatico per risolvere la questione”, perché “abbiamo tutti un nemico comune e voglio essere sicuro che, insieme alla Turchia, alleato Nato, stiamo con-centrando la nostra attenzione a garantire che l’Is non sia più una minaccia”. Le questioni legate alla spartizione delle spoglie del-la Siria e delle zone di influenza nella regione dovrebbero venire solo dopo. Facile a dirsi più diffi-cile a farsi.

in turchia

assassinatO l’avvOcatO dei curdiaveva difeso in tv il PKK. manifestazioni di protesta a diyarbakir e istanbul

Il capo dell’Ordine degli av- vocati di Diyarbakir, Tahir Elci, è stato assassinato il 28 novembre in margine a una manifestazoine nel quartiere i Sur che era stata indetta in difesa dei diritti dei cur-di e per denunciare lo stato di as-sedio cui il regime di Ankara ha sottoposto da tempo la città come il resto delle zone curde. La poli-zia imponeva immediatamente il coprifuoco a Diyarbakir che non impediva l’esplosione della rab-bia curda; i manifestanti sfidava-no gli idranti e i lacrimogeni della polizia per sfilare gridando “spal-la a spalla contro il fascismo”. Altre manifestazioni di protesta per l’assassinio dell’avvocato dei curdi si svolgevano a Istanbul e Izmir.

A Istanbul era già in corso una manifestazione lungo viale Istiklal a sostegno della libertà di stam-pa in seguito agli arresti con le accuse di spionaggio del diretto-

re e del capo-redattore di Anka-ra del quotidiano di opposizione Cumhuriyet che aveva pubblicato un servizio sui legami tra i servizi turchi e militanti dell’Is.

Il partito filocurdo Hdp definiva l’omicidio di Tahir Elci un “assas-sinio premeditato” e appoggia-va le manifestazioni ricordando come Elci fosse nel mirino del partito di governo Akp e dei suoi media.

L’avvocato era diventato un caso nazionale dopo che, il 14 ot-tobre scorso, aveva rilasciato una dichiarazione alla Cnn turca nella quale aveva sostenuto che il Pkk “è un movimento politico che ha importanti domande politiche e che gode di vasto supporto, an-che se alcune sue azioni sono di natura terroristica”. Per questa di-chiarazione il legale era stato ar-restato il 19 ottobre a Diyarbakir e rinviato a giudizio con l’accusa

di propaganda di organizzazio-ne terroristica. Era stato rilascia-to ma la procura di Istanbul ave-va chiesto per lui la condanna a 7 anni e mezzo.

Dopo la vittoria elettorale del primo novembre il presidente Er-dogan ha rilanciato la repressio-ne dei movimenti kurdi e col pre-testo della lotta al terrorismo e all’Is ha continuato a colpire il suo bersaglio principale, il popolo cur-do, imponendo il coprifuoco nelle principali province curde e assas-sinando almeno 30 manifestan-ti caduti sotto i colpi della polizia durante le proteste.

Proteste che sono continuate il 29 novembre quando decine di migliaia di curdi hanno partecipa-to a Diyarbakir ai funerali di Elci che sono diventati l’occasione per manifestare contro la repres-sione in corso nel paese e accu-sare i leader turchi di assassinio.Istambul, 28 novembre 2015. In Piazza Taksim la protesta contro l’uccisione dell’avvocato curdo Tahir Elci

Page 16: 2015 - 28 novembre – 1820. 195° Anniversario della nascita ...pmli.it/ilbolscevicopdf/2015/2015n451012.pdf · ti alla tutela del bene comune e delle risorse naturali. Per que-sto,

N. 26 - 2 luglio 2015 esteri / il bolscevico 15

www.pmli.it

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

Per evitare gli attacchiterroristicicessare dibombardare l’Is

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