Italia centrale devastata solidarieta’ ai...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XL - N. 41 - 10 novembre 2016 LA BATTAGLIA DEL PMLI PER IL NO ENGELS SU ENGELS Italia centrale devastata SOLIDARIETA’ AI TERREMOTATI Ricostruire tutto bene e subito. Risarcire i danneggiati. Lavoro a chi l’ha perso. L’ultima parola alle popolazioni terremotate APPOGGIAMO I VOLONTARI E LE DONAZIONI Risoluzioni delle Cellule: “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze e “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce Uniamoci per affossare la controriforma al referendum PAG. 4 Firenze: Diffusi centinaia di volantini del PMLI all’assemblea regionale Cgil per il NO. Calorosa accoglienza e proficue discussioni con diversi delegati Varese: La popolazione investita dal banchino del PMLI si esprime per il NO Ischia: Il Comitato del No apre la campagna elettorale in Piazza degli Eroi. Attiva presenza del PMLI Biella: Rosso gazebo del PMLI ammirato dai passanti Fucecchio: Diffusi centinaia di volantini del PMLI. Gli elettori incrociati propendono per il NO Caltagirone: Gli studenti del liceo Secusio in assemblea levano alto il No alla controriforma costituzionale. Importante segnale di risveglio del movimento studentesco locale PAG. 2 PAGG. 8-9 PAG. 5 Grazie al Jobs Act i Comuni fanno man bassa di voucher VOUCHER DI STATO Come la pubblica amministrazione favorisce il precariato e il supersfruttamento AL DIRETTIVO PROVINCIALE DELLA FILCTEM-CGIL DI FIRENZE Un operaio del Mugello spinge affinché la CGIL si impegni per la vittoria del NO al referendum Corrispondenze Operaie Questa rubrica è a disposizione delle operaie e degli operai non membri del PMLI che vogliono esprimere la loro opinione sugli avvenimenti politici, sin- dacali, sociali e culturali, o che vogliono informare le lettrici e i lettori de “Il Bolscevico” sulla situazione, sugli avvenimenti e sulle lotte della loro azienda NO ALLE BARRICATE ANTIPROFUGHI Napoli dà il benvenuto ai 466 migranti salvati in Libia UNA PROPOSTA DI STAMPO KEYNESIANO PER AUMENTARE INVESTIMENTI E CONSUMI E SOSTENERE IL CAPITALISMO IN CRISI Il Piano del Lavoro della Cgil non porta alcun vantaggio ai lavoratori La denuncia di “Roars” a proposito delle 500 “cattedre Natta” RENZI E GIANNINI NOMINANO I SUPERDOCENTI DI REGIME Esattamente come Mussolini fascistizzava gli atenei con la “chiamata per chiara fama” LA CORRUZIONE DILAGA ANCHE A PISA E IN TOSCANA DA SEMPRE GOVERNATE DAL PD Il “People mover” di Pisa nell’inchiesta sulle mazzette negli appalti PAG. 4 PAG. 7 PAG. 11 PAG. 14 PAG. 7 PAG. 12_

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XL - N. 41 - 10 novembre 2016

La battagL ia deL PML i Per i L NO

EngEls su EngEls

Italia centrale devastata

solidarieta’ ai terremotatiRicostruire tutto bene e subito. Risarcire i danneggiati. Lavoro a chi l’ha perso.

L’ultima parola alle popolazioni terremotateappoggiamo i voLontaRi e Le donazioni

Risoluzioni delle Cellule: “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze e “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce

Uniamoci per affossare la controriforma al referendum

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Firenze: Diffusi centinaia di volantini del PMLI all’assemblea regionale Cgil per il NO. Calorosa accoglienza e proficue discussioni con diversi delegati

Varese: La popolazione investita dal banchino del PMLI si esprime per il NO

Ischia: Il Comitato del No apre la campagna elettorale in Piazza degli Eroi. Attiva presenza del PMLI

Biella: Rosso gazebo del PMLI ammirato dai passanti

Fucecchio: Diffusi centinaia di volantini del PMLI. Gli elettori incrociati propendono per il NOCaltagirone: Gli studenti del liceo Secusio in assemblea levano alto il No alla controriforma costituzionale. Importante segnale di risveglio del movimento studentesco locale

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Grazie al Jobs Act i Comuni fanno man bassa di voucher

Voucher di stato

Come la pubblica amministrazione favorisce il precariato e il supersfruttamento

AL DIREttIVO PROVINCIALE DELLA FILCtEM-CGIL DI FIRENzE

Un operaio del Mugello spinge affinché la CGIL si impegni per la vittoria del NO al referendum

Corrispondenze Operaie Questa rubrica è a disposizione delle operaie e degli operai non membri del PMLI che vogliono esprimere la loro opinione sugli avvenimenti politici, sin-dacali, sociali e culturali, o che vogliono informare le lettrici e i lettori de “Il Bolscevico” sulla situazione, sugli avvenimenti e sulle lotte della loro azienda

No alle barricate aNtiprofughi

napoli dà il benvenuto ai 466 migranti salvati in Libia

UNA PROPOStA DI StAMPO kEyNESIANO PER AUMENtARE INVEStIMENtI E CONSUMI E SOStENERE IL CAPItALISMO IN CRISI

Il Piano del Lavoro della Cgil non porta alcun vantaggio ai lavoratoriLa denuncia di “Roars” a proposito delle 500 “cattedre Natta”

RENzI E GIANNINI NOMINANO I

SUPERDOCENtI DI REGIMEesattamente come mussolini fascistizzava gli

atenei con la “chiamata per chiara fama”

LA CORRUzIONE DILAGA ANChE A PISA E IN tOSCANA DA SEMPRE GOVERNAtE DAL PD

Il “People mover” di Pisa nell’inchiesta sulle mazzette negli appalti

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2 il bolscevico / Commemorazione di Mao N. 41 - 10 novembre 2016

Il Centro del PMLI ha invitato le istanze di base a redigere una Risoluzione sul discorso del compagno Giovanni Scuderi “Da Marx a Mao”. Lo stesso Centro ci ha trasmesso alcune Risoluzioni che dan-no una idea precisa della sintonia ideologica e politica che esiste tra la base del Partito e il Comitato centrale con alla testa il compagno Giovanni Scuderi.

Continuiamo la loro pubblicazione.

Risoluzione della Cellula “neRina ‘luCia’ Paoletti” di FiRenze

Per dare al PMli un corpo

da Gigante RossoLe compagne e i compagni

della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Pa-oletti” di Firenze del PMLI dopo aver studiato a livello individuale e successivamente approfondito a livello collettivo il discorso del compagno Giovanni Scuderi, a nome del CC del PMLI, per il 40° Anniversario della scomparsa di Mao, esprimono il proprio pieno appoggio alla linea politica emer-sa.

Una Commemorazione di li-vello storico sia perché ricorreva il quarantennale della scomparsa di Mao sia per la qualità magistra-le dell’intervento del compagno Scuderi e l’importanza strategica dei temi trattati.

Ringrazia il compagno Scuderi per la semplicità, la chiarezza e l’alto livello di documentazione nonostante la complessità degli argomenti affrontati e la loro rile-vanza politica.

L’essenza di questo discor-so dimostra quanto sia storica-mente dimostrato che i Maestri sono le cinque dita di una stessa mano. Esiste infatti un filo rosso ininterrotto, ben evidenziato dal compagno Segretario generale, che li lega saldamente tra loro su temi teorici, politici, economi-ci e organizzativi che riguardano l’emancipazione del proletariato, la trasformazione della società capitalista, il socialismo, l’impe-rialismo e le guerre di liberazione nazionali.

A chi pensa idealisticamente che i cinque Maestri siano stati degli esseri soprannaturali dotati di capacità intellettuali e orga-nizzative fuori da ogni portata il compagno Scuderi sgombera subito il campo ricordandoci in-vece che anche loro hanno avuto un percorso di crescita politica e ideologica non diverso dalla mag-gioranza di noi.

Il compagno ci sprona dunque a fare una profonda riflessione sul senso della nostra militanza mar-xista-leninista per darci la giusta direzione da seguire in vista dei prossimi impegni politici indican-doci le prossime tappe importanti da percorrere come se fosse una gara ciclistica.

Tenendo ben presente l’obiet-tivo del traguardo finale ma pre-occupandoci prima delle tappe che, tutte in salita, dovremo via via percorrere.

La priorità a medio termine è quella di lavorare e fare duri sforzi per dare al PMLI un corpo da Gi-gante Rosso oltre che nella mente anche nel corpo.

Prepariamoci dunque in modo corretto ai prossimi intensi impe-gni, migliorando il nostro lavo-ro politico applicando la parola d’ordine: “Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studia-re”, così come nei nostri interventi scritti o orali dovremo far tesoro di tre indicazioni importanti: mas-

sima dialettica, argomentazione e documentazione.

Nell’ottica di studiare, capi-re, applicare e propagandare il discorso di Scuderi “Da Marx a Mao” per trasformare l’Italia e noi stessi, la Cellula si impegna nell’immediato a stilare un pro-gramma di affissioni del volantino di Scuderi presso scuole e uni-versità di Firenze e a coinvolgere

simpatizzanti e amici.Inoltre si impegna a parteci-

pare alle manifestazioni per il NO al referendum costituzionale e a quelle in difesa della scuola pub-blica, nonché a svolgere la più lar-ga diffusione del nostro volantino referendario.

Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del PMLI

Risoluzione della Cellula “neRina ‘luCia’ Paoletti” di leCCe del PMli

un immenso stimolo per la riflessione, per lo studio e per

il nostro lavoro politico

Profondissimo è il rammarico per non essere stati con voi nel quarantennale della morte del Grande Timoniere: sfortunate cir-costanze economiche unite ad un sovraccarico di ore lavorative nei mesi di agosto e settembre, ci hanno impedito di raggiunger-vi fisicamente. Ciò nonostante, i disagi e lo sfruttamento capitali-stico non ci hanno certo impedi-to di leggere e studiare lo storico discorso del compagno Scuderi, la cui forte carica rivoluzionaria ha certamente rappresentato per noi un’immensa fonte di stimolo per la riflessione, per lo studio e per il lavoro politico: per questi moti-vi intendiamo esprimergli il nostro affetto più sincero.

Condividiamo appieno quanto

affermato contro il governo Ren-zi, sottolineando come il nostro NO al referendum sia ribadito con forza e spirito antifascista: il pia-no liberista e piduista di Renzi sta certamente infiammando il mal-contento delle masse, specie nel Mezzogiorno. In terra di Puglia, le contraddizioni generate da uno sfruttamento selvaggio da parte di multinazionali come la TAP, le imminenti trivellazioni a largo delle coste, la carenza dei servizi pub-blici, le privatizzazioni, mancanza di lavoro (con conseguente cre-scita della criminalità), caporalato, ecc. hanno chiaramente incre-mentato la sfiducia nelle istituzioni borghesi. Tuttavia le masse prole-tarie sono regredite ad uno stadio premarxista per colpa dei revisio-

La piazza è il nostro ambiente ideale e naturale di lotta e di propaganda, assieme a quello delle fabbriche, dei campi, delle scuole e delle università.

Frequentiamola il più possibile per diffondere i messaggi del Partito, per raccogliere le rivendicazioni, le idee, le proposte e le informazioni delle masse e per stringerci sempre più a esse.

STAREIN PIAZZA

nisti e questo complica certamen-te il lavoro politico e i rapporti con le avanguardie delle masse. Risol-vere questa contraddizione signi-fica sciogliere un nodo del nostro tempo.

Affermare come il pensiero e l’opera dei cinque Maestri del proletariato internazionale appar-tengano ad un unico movimento di classe è di centrale importanza. Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao sono infatti legati da un “filo ros-so”: esso altro non è che la scien-tificità stessa del marxismo-leni-nismo-pensiero di Mao. Tagliare il “filo rosso” significa abbandonare il metodo scientifico per sostituir-lo con un metodo non scientifico, per la gioia della borghesia. Non a caso il compagno Scuderi an-novera tra le cause storiche che hanno portato alla nascita del marxismo proprio la lotta all’idea-lismo, quella filosofia non scienti-fica opposta in modo diretto alla filosofia materialista, che costitui-sce la chiave di volta dell’apparato ideologico borghese e la matrice del revisionismo moderno. Circa questo argomento Mao, in linea con quanto aveva già scritto Le-nin nella sua monumentale e fon-damentale opera Materialismo ed Empiriocriticismo (1912), distingue due concezioni del mondo una di matrice idealistica, “metafisica”, l’altra materialistica, propria del marxismo-leninismo; Mao, in Sul-la contraddizione (1937), scrive: “in contrapposizione alla con-cezione metafisica del mondo, la concezione materialistico-dialettica esige che nello studio dello sviluppo di una cosa si parta dal suo contenuto interno, dal nesso in cui una cosa si tro-va con le altre; che si consideri cioè lo sviluppo delle cose come loro automovimento interno e necessario, ogni cosa nel suo movimento e le cose circostanti come reciprocamente connes-se e agenti l’una sull’altra. La

causa fondamentale dello svi-luppo delle cose non si trova fuori di esse ma dentro di esse, nella natura contraddittoria insi-ta nelle cose stesse.

Ciò che la filosofia idealista e il revisionismo moderno intendono stroncare, deformare o annichilire è il cuore del marxismo-leninismo-pensiero di Mao stesso: la dialet-tica. Il materialismo dialettico è il metodo rivoluzionario scientifico e arma del proletariato sia per quan-to riguarda il raggiungimento degli obbiettivi storici di classe sia per ciò che concerne la concezione proletaria del mondo. Ci ha mol-to colpito ciò che ha pronunciato il compagno Scuderi circa i futuri sviluppi dell’autentico pensiero rivoluzionario in senso scientifico: “Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non finirà mai di sviluppar-si, è una scienza e in quanto tale non può non svilupparsi in base alle nuove conoscenze, alle nuove esperienze, ai nuovi avvenimen-ti nazionali e internazionali, alle novità della lotta di classe e della lotta per la produzione. Solo che fino a oggi i suoi sviluppi sono per lo più di valore locale. Non è an-cora emersa dalla lotta di classe una esperienza proletaria rivolu-zionaria e marxista-leninista che abbia un valore universale”. La forza universale della dialettica marxista, qualora sia pienamente studiata ed applicata può divenire il carburante per una nuova spinta del proletariato italiano, europeo e internazionale valicando i partico-larismi e le barriere ideologiche.

Tutto questo non è certamente possibile senza un forte e radicato Partito marxista-leninista autenti-camente rivoluzionario. Al Partito che vuol fare la rivoluzione non deve mancare una teoria scienti-ficamente rivoluzionaria ed un’or-ganizzazione efficiente. Anche se l’obiettivo del socialismo resta ancora lontano non dobbiamo sfi-duciarci: il compagno Scuderi ci ricorda che “Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao ci hanno lasciato in eredità un grande patrimonio ide-ologico, politico e organizzativo, facciamolo fruttare. Ciascuno in base alle proprie possibilità e ca-pacità e secondo il posto e il ruo-lo che il Partito ci ha assegnato. Con tranquillità e serenità, senza affanni, un passo per volta, impa-rando e insegnando gli uni dagli altri, dando il meglio di noi stessi, tenendo ben alte le bandiere dei grandi maestri del proletariato.”

Studiamo, capiamo, applichia-mo e propagandiamo con deter-minazione il discorso di Scuderi “Da Marx a Mao”!

Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo!

Con i Maestri e il PMLI vince-remo!Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti”

di Lecce del PMLIFirenze, 11 settembre 2016, Commemorazione di Mao nel 40° della scomparsa. Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tiene il discorso commemorativo

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N. 41 - 10 novembre 2016 Commemorazione di Mao / il bolscevico 3

Questa rubrica è a disposizione dei simpatizzanti, degli amici e degli alleati del PMLI, nonché delle lettrici e dei lettori de “Il Bol-scevico” anticapitalisti e antifascisti che vogliono esprimere la loro opinione sul discorso di Scuderi “Da Marx a Mao”.

Gli articoli non dovrebbero superare le 3 mila battute, spazi in-clusi. Grazie.

Ha analizzato la storia e la situazione attuale

da vero erede dei Maestri del proletariato

internazionaledi Luciano, Scandicci (Firenze)

– operaio in pensioneLa mia impressione sul discor-

so del compagno Giovanni Scude-ri, pronunciato a Firenze l’11 set-tembre scorso, è che sia stato uno dei più grandi discorsi pronunciati. Egli ha analizzato varie tematiche passate e presenti da vero erede dei cinque grandi Maestri. Ogni fatto nuovo che avviene oggi in Italia e nel mondo lo ha giudicato da vero marxista-leninista. Egli tie-ne ben dritto il timone della “nave” senza deviare né a “sinistra” né a destra quindi merita tutta la mia ammirazione. Questo discorso sarebbe, non una parte, ma tutto da incorniciare. È un documento valido per l’attualità e per il futuro e si divide in più parti.

1) Il marxismo, che aprì una nuova epoca per la lotta di clas-se togliendola dai vicoli ciechi e, come la Comune di Parigi dimo-strò, poteva avere risultati reali.

2) Il leninismo. Lenin studiando il marxismo capì che lo si poteva sviluppare e applicare nella pratica in Russia. Egli lottando non solo contro lo zarismo e i revisionisti di quei tempi diede vita a uno Stato

del proletariato e diede l’esempio da seguire valido per tutto il mon-do. Stalin. Senza di lui tutto sa-rebbe fallito perché realizzò quello che nessuno aveva mai realizzato cioè uno Stato con una economia di pace socialista e una dittatura del proletariato contro la borghesia e il suo grande merito fu quello di salvare il primo Stato socialista dai rispettivi tentativi di distruggerlo da parte dei revisionisti interni.

3) Il pensiero di Mao. Mao es-sendo stato l’ultimo dei cinque Maestri, quindi più esperto perché ha imparato dalla storia del movi-mento comunista internazionale, ha saputo realizzare non solo il so-cialismo in Cina ma ha smasche-rato il tradimento dei revisionisti interni e internazionali come nel 1956 quando accusò i revisionisti sovietici di tradimento. I revisioni-sti, anche quelli italiani, risposero che il Partito comunista cinese era settario e dogmatico mentre Kru-sciov era colui che avrebbe svi-luppato il marxismo-leninismo. La storia seguente e la pratica dei fatti da allora a oggi hanno dato ragio-ne a Mao e quindi merita di essere chiamato Maestro per sempre.

(Da un incontro di Giovanni Scuderi con un giovane, Firenze 17.12.95)

Senza le cinque fiducie ci perderemmo nel capitalismo

4) Il revisionismo. Questa parte del discorso è di una importanza vitale per il Partito per conquistare il socialismo e mantenerlo in piedi. Il Partito senza lotta al revisioni-smo passerebbe tra i partiti della borghesia.

5) Capitalismo e socialismo. Il futuro del mondo è il socialismo reale. Non esiste alternativa. Chi propone una terza via è un utopi-sta. Le varie borghesie monopoli-stiche che oggi dominano il mon-do finiranno per cacciare il pianeta in una catastrofe sia con le guerre imperialiste sia con l’inquinamen-to atmosferico. Solo il socialismo può salvare il mondo.

6) Il governo Renzi. Questo go-verno rispetto ai governi preceden-ti vuole accelerare lo spostamento in senso fascista della Costituzio-ne del 1948 e la legge elettorale.

Scuderi e il PMLI lo attaccano nel-la giusta maniera e a fondo e non come fanno le false “opposizioni” che nascondono la natura fascista di Renzi e del suo governo. Cosa aspettano che Renzi arrivi in par-lamento vestito da Mussolini per allarmare il Paese? O forse si sono dimenticati che Mussolini prese il potere per via legale nel 1924 gra-zie alla legge elettorale di Giacomo Acerbo approvata in parlamento il 18 novembre 1923.

7) Il Partito. La concezione del Partito la condivido in pieno per-ché viene concepita non come un Partito qualsisi ma come lo indica Lenin nella citazione riportata dal discorso di Scuderi.

Il compagno Giovanni Scuderi, e lo ha dimostrato in 46 anni, è una guida insuperabile per il PMLI.

Tanti auguri a tutto il PMLI.

Mette in guardia sui pericoli del revisionismo e del trotzkismo per la causa del socialismo

di Domenico, simpatizzante della Cellula “Stalin” della

provincia di CataniaHo vissuto l’evento della com-

memorazione di Mao con uno stato d’animo particolare, appun-to perché si trattava del compa-gno Mao, cioè di uno dei cinque Maestri del proletariato.

Attraverso le immagini del vi-deo su Mao, proiettato nella sala del Palazzo dei congressi, non si poteva non rivivere il travagliato

e sofferto cammino della Lunga Marcia organizzata da Mao, che durò circa 12 anni. E non poteva rimanere fermo lo stato emotivo ad un simile evento, ma una forte e esplosiva emozione ti attraver-sava e ti riscaldava i muscoli del cuore e quelli del corpo mentre si predispongono tesi per riflettere sulla grandezza strategica e po-litica di Mao e contestualmente la mente storica andava imme-diatamente alle Guardie Rosse,

alla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria.

Il discorso del compagno Scuderi è stato articolato da mol-ti avvisi di segnale, per riportarci anche a modulare attività politi-che facendo riferimento e pren-dendo esempio da Mao, e altresì spostando il fuoco del discorso alla realtà politica di oggi, e alle nefandezze che il duce e piduista Renzi, con la sua cricca stanno negativamente operando in Italia.

Il discorso del compagno Scu-deri, sul premier, martellava sul fatto che “Bisogna fermare Renzi, bisogna cacciare via Renzi, prima che compia altri danni”. Natural-mente non è mancato da parte

di Scuderi, di menzionare come, sia il revisionismo sia il trotzki-smo, sono stati e sono ancora degli ostacoli pericolosi alla rea-lizzazione del socialismo. Inoltre il compagno Giovanni Scuderi ha spiegato che i Maestri del prole-tariato hanno combattuto strate-gicamente e tatticamente queste formazioni aberranti come anche il capitalismo e l’imperialismo, esortando i compagni militanti a praticare la critica e l’autocritica e soprattutto il centralismo demo-cratico. Inoltre ha marcato cosa significa essere un comunista e quale impegno non facile ciò comporta quotidianamente.

Tant’è vero che la situazione attuale è drammatica e insoste-nibile a livello socioeconomico e politico, poiché si stanno verifi-cando una miriade di ingiustizie e scorrettezze a tutti i livelli. Viviamo un momento storico di repressio-ne che, emerge con tutta la sua cattiveria inimmaginabile già nelle modifiche apportate ai 47 articoli della Costituzione.

Quindi il discorso del compa-gno Scuderi, Segretario generale del PMLI, ci invita a combattere il neofascista Renzi e la sua cricca, utilizzando gli insegnamenti dei cinque Maestri del proletariato internazionale, con i quali ci av-viamo verso la rivoluzione per la realizzazione infine del comuni-smo.

Per concludere questa breve e sintetica riflessione, volevo dire che, è importante lavorare per “dare al PMLI un corpo da Gigan-te Rosso”.

sulla Commemorazionedi Mao

“Il Bolscevico” cartaceo

Richiedete

Firenze, 11 settembre 2016, Commemorazione di Mao nel 40° della scomparsa. Il canto degli Inni del Partito accompagnano la conclusione della Commemorazione. Al centro il compagno Giovanni Scuderi, a Monica Martenghi e a destra Mino Pasca e Simone Malesci

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4 il bolscevico / vota NO al referendum N. 41 - 10 novembre 2016

Un iamoc i pe r a f fos sa re l a con t ro r i fo rma a l re fe rendum

Fermo restando che per noi marxisti-leninisti non è il referendum ma la lotta di classe, di massa e di piazza lo strumento privilegiato per lottare contro la classe dominante borghese in camicia nera e i suoi governi e per difendere i diritti e gli interessi delle masse lavoratrici, popolari e giovanili, bisogna andare a votare e votare No al referendum.

Ciò non è in contraddizione con la nostra indicazione tattica astensionista alle elezioni politiche, am-ministrative e di principio per le europee. Qui non si tratta di delegittimare le istituzioni rappresentati-ve borghesi o l’imperialismo europeo, ma di una scelta concreta da fare su una questione specifica e ben definita. Facciamo perciò appello agli astensionisti di sinistra affinché non disertino le urne ma anzi siano in prima fila in questa battaglia. Sen-za farsi intimidire o fuorviare dall’accusa dei renziani e dei loro pennivendoli di votare No insieme alla destra. Anche se nel-lo schieramento per il No sono presenti partiti della destra, che non ci stanno certo per difendere la Costituzione del ’48 ma solo per motivi strumentali ed elettoralistici, bisogna essere consapevoli che in questa battaglia la destra è rappresentata proprio da Renzi e la sua banda e da chi lavora per la vittoria del Sì. Da chi lavora cioè per completare il piano fascista e gol-pista della P2.

Antifascisti, democratici, progressisti, astensionisti di sinistra, uniamoci per impedire che si realizzi il disegno mussoliniano di Renzi e per mandarlo a casa! Lottiamo uniti nelle piazze, nelle scuole e in tutti i luoghi di lavoro, partecipiamo ai Comitati per il NO, per sconfiggere la sua strapotente macchina propagandistica e demagogica e per convincere milioni di elettori ad affossare sotto una valanga di NO al referendum la sua controriforma fascista e piduista del Senato!

(Estratti dal Documento del Comitato centrale del PMLI “Al referendum. Vota NO alla controriforma piduista e fascista del Senato”, 21 giugno 2016, apparso su “Il Bolscevico” n. 26 e 36/2016)

Al direttivo provinciAle dellA FilcteM-cGil di Firenze

Un operaio del Mugello spinge affinché la cGil si impegni per la vittoria del no al referendum

Giovedì 13 ottobre, presso la Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia (Firenze), si è svolto il Direttivo provinciale della FILC-TEM-CGIL di Firenze.

Erano presenti circa 40 dele-gate e delegati. La Segretaria del-la Camera del Lavoro di Firenze Paola Galgani ha tenuto le con-clusioni.

All’ordine del giorno, tra l’altro, gli interventi sul sistema pensio-nistico e la questione del referen-dum costituzionale.

I lavori si sono aperti con la re-lazione del segretario provinciale FILCTEM Marasco che, seppur criticando le modalità con le qua-li il sindacato è stato invitato al tavolo della trattativa (“quando siamo sotto elezioni si chiama-no tutti al tavolo”) e dichiaran-do che su alcune richieste della CGIL non c’erano state risposte soddisfacenti, ha detto che co-munque è dovere del sindacato stesso continuare a confrontarsi col governo.

Sul referendum costituzionale, prendendo spunto dal documen-to redatto dalla CGIL nazionale, ha affermato che esso è una po-sizione articolata che comunque non richiede alle iscritte e agli iscritti una disciplina particola-re (come ormai purtroppo ben sappiamo, ndr). Ha poi detto che la “riforma” licenziata dal parla-mento e oggetto del referendum non indulge alla dittatura ma alla confusione anche se poi ha am-messo che con la legge elettorale “Italicum” il possibile futuro presi-dente del Consiglio eletto avreb-be ben più poteri di quelli attuali. Infine, ha invitato le delegate e i delegati a portare il tema del refe-rendum nelle assemblee laddove è possibile.

Dopo la relazione introdutti-va si è dato il via agli interventi, alcuni dei quali degni di nota. 1) una funzionaria dell’Empolese-

Valdelsa, ha affermato che ten-tare di cambiare la Costituzione con un referendum per il quale non è previsto un quorum di vo-tanti è pericoloso e deprimente e che prendendo a spunto la trat-tativa sul sistema pensionistico il governo sta facendo una mossa tattica in vista del referendum stesso; 2) un funzionario, sempre dell’Empolese-Valdelsa, ha det-to che la Costituzione è servita anche per salvaguardare il mon-do del lavoro e che sul sistema pensionistico l’attuale governo non pensa e non parla ai giovani;

3) un delegato, pur difendendo la trattativa tra governo e parti sociali, ha affermato che l’APE è pericolosa perché vi entrano banche e assicurazioni.

Sono intervenuto anch’io, cri-ticando fortemente l’azione del governo e sollecitando il sinda-cato ad avere una posizione più battagliera rispetto a quanto pro-spettato sul sistema pensionisti-co. Perché andando nel dettaglio si capisce bene che le proposte governative sono chiaramente semplici enunciazioni, prive di precise misure finanziarie e che

se si andrà ad un accordo firmato esso sarà l’ennesimo colpo alla previdenza pubblica a tutto van-taggio di quella privata.

Sulla posizione referendaria della CGIL ho affermato che si tratta senz’altro di un passo in avanti, anche se a me rimango-no dubbi e riserve sull’effettivo coinvolgimento del sindacato nella battaglia. Valga ad esempio quel passaggio dove si dice che alle iscritte e agli iscritti si lascia libertà di scelta sul voto. Ho poi affermato che non concordo con l’analisi che la CGIL fa sulla con-troriforma costituzionale. Essa (la CGIL) la ritiene solo una “riforma sbagliata” mentre in realtà non è che l’obbiettivo preciso che già si poneva la P2 di Licio Gelli e por-tata avanti negli anni da Craxi, da Berlusconi e adesso da Renzi. Ho concluso chiedendo un impegno più fattivo della CGIL per la vitto-ria del NO al referendum, poiché la vittoria del Sì favorirebbe l’at-tuazione di nuove controriforme che colpiscono i lavoratori a fa-vore dei padroni, come ha dimo-strato ampiamente il Jobs Act.

L’intervento è stato largamen-te applaudito. Un delegato di fabbrica che è intervenuto suc-cessivamente ha concordato con quanto da me detto e alla fine della riunione non sono mancati attestati di condivisione da parte di altri delegati.

Dopo gli interventi si è passa-ti alle conclusioni. La Segretaria della Camera del Lavoro fiorenti-na Paola Galgani sul referendum ha affermato che il PD lancia messaggi fuorvianti e fa il populi-sta ma ha poi ribadito (così come fatto dal Segretario provinciale) che la modifica costituzionale non rende “comprensibile” la Carta costituzionale, continuando ad andare nel solco della “riforma sbagliata”. Sulla trattativa sul si-stema pensionistico ha affermato

che essa è e deve restare aperta poiché il messaggio alle catego-rie svantaggiate lo deve dare il sindacato e che la discussione va sorretta ed accompagnata da qui al 2017.

Da queste conclusioni si evin-ce chiaramente che la maggioran-za di “destra” della CGIL non vuol impegnarsi a fondo per la tutela dei lavoratori, poiché troppo at-tenta a non finire estromessa dai tavoli delle trattative col governo. Niente di nuovo, in realtà, perché

è la strada che ormai il sindacato pratica dal lontano 1992 quando fu deciso di non essere più sinda-cato di conflitto ma sindacato che opera “per la compartecipazione alla vita dell’azienda” e del Pae-se. A noi sinceri marxisti-leninisti l’onere e l’onore di risvegliare le coscienze del proletariato!

Coi Maestri e il PMLI, vince-remo!

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

Scuderi: Partecipiamo attivamente alla battaglia per il NO

Il nostro Partito deve partecipa-re attivamente e senza risparmio di energie alla battaglia referenda-ria, unendosi a tutte le forze con le quali è possibile unirsi, entran-do nei Comitati per il NO promos-si dalla “sinistra” borghese, pur mantenendo ferme le nostre mo-tivazioni, che vanno esposte con la massima dialettica e con spirito unitario. Fino alla celebrazione del referendum dobbiamo concen-trarci interamente su questa fon-damentale battaglia antifascista.(Giovanni Scuderi, “Da Marx a Mao”, discorso per il 40° Anniversa-rio della scomparsa di Mao, Firenze 11 settembre 2016)

Roma, 25 ottobre 2014. Un gruppo di lavoratori della provincia di Fi-renze al concentramento del corteo al Piazzale dei Partigiani per la manifestazione nazionale contro il Jobs Act

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N. 41 - 10 novembre 2016 vota NO al referendum / il bolscevico 5

La battaglia del PMLI per il NOFIRENZE

Diffusi centinaia di volantini del PMLI all’assemblea regionale Cgil per il NO .

Calorosa accoglienza e proficue discussioni con diversi delegati

IschIaIl Comitato del No apre la campagna elettorale in Piazza degli Eroi. Attiva

presenza del PMLI

Mercoledì 26 ottobre 2016 alle ore 9.30 presso l’Obihall di Firenze si è svolta l’assemblea generale regionale sul referen-dum costituzionale. Presenti la segretaria generale della CGIL Susanna Camusso; Ugo De Siervo, presidente emerito del-la Corte Costituzionale; Toma-so Montanari, vice presiden-te di Libertà e Giustizia; Carlo Smuraglia, presidente ANPI nazionale.

All’iniziativa alcuni compa-gni del PMLI all’ingresso del teatro hanno distribuito alcune centinaia di volantini con la pa-rola d’ordine “Vota NO alla con-troriforma piduista e fascista del Senato” e una sinstesi del Documento del Comitato cen-trale del PMLI molto apprezza-to dai partecipanti.

Diversi delegati hanno in-trattenuto brevi discussioni coi diffusori del PMLI concordando

soprattutto sull’obiettivo stra-tegico di far vincere il NO il 4 dicembre e cacciare il nuovo duce Renzi. Alcuni ci hanno fatto i complimenti per le bel-lissime locandine con il foto-montaggio di Renzi travesti-to da Mussolini indossate dai compagni sui corpetti che sono stati superfotografati sia dai partecipanti che dai giornalisti presenti all’iniziativa.

Un gruppo di operaie e di operai della Pelletterie Celin di Greve In Chianti hanno chie-sto alcune decine di copie del volantino per poterlo attacca-re sulla bacheca sindacale del-la fabbrica e distruibuirlo fra i compagni di lavoro.

Un operaio di Terricciola (Siena) ci ha chiesto il manife-sto di Renzi/Mussolini ed è sta-to invitato a scaricarlo dal sito del PMLI.

vaREsELa popolazione investita dal banchino del

PMLI si esprime per il NO

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Viggiù del PMLISabato 29 ottobre l’Orga-

nizzazione di Viggiù del PMLI ha organizzato in piazza San Giuseppe a Varese un banchi-no per il NO al referendum del 4 dicembre sulla controriforma fascista e piduista del senato del governo Renzi.

È stato constatato con mol-ta soddisfazione dai marxisti-leninisti come la piazza vare-sina nella quasi totalità si sia espressa a sostegno del NO.

Le decine di donne e uomini, ragazze e ragazzi che riceve-vano il nostro volantino espri-mevano sostegno alla battaglia e la loro totale convinzione di votare NO al referendum per mandare a casa Renzi e con-trastare le sue politiche antipo-polari.

La campagna per il NO dei marxisti-leninisti continuerà nelle prossime settimane nel-le piazze e davanti alle fabbri-che per dare ancora più forza a questa fondamentale battaglia antifascista.

�Dal corrispondente dell’Organizzazione dell’isola d’Ischia del PMLIIl Comitato del NO è sceso

domenica 30 ottobre in Piaz-za degli Eroi ad Ischia. Folta la delegazione. Presente, ovvia-mente, anche il PMLI col rap-presentante dell’Organizzazio-ne isola d’Ischia, compagno Gianni Vuoso, che ha indossa-to la maglietta del Partito e ha distribuito un documento sul referendum redatto in proprio. Molti i volantini distribuiti.

Tanti, residenti e turisti, han-no espresso la loro intenzione di voto e da una media som-maria, è risultato che su dieci persone ben 7 hanno dichiara-to di votare NO, tre di essere per il SI. Soddisfazione è sta-

ta espressa da tutti. Nello stes-so tempo molti si son chiesti se una media analoga possa es-sere estesa all’intero elettorato nazionale ed internazionale.

Apprezzamento è stato espresso per il documento re-datto dall’Organizzazione iso-lana del PMLI. Qualcuno ha sottolineato che il volantino ri-porta considerazioni chiare e incisive. Un anziano elettore ha dichiarato: “Io voto NO, non sono comunista ma apprezzo l’opera che svolge questo par-

tito ad Ischia e ho letto due vol-te il documento per capire bene ed è tutto chiaro; devo dire che invece, la televisione non parla chiaro e non ti fa capire niente”.

Non è mancata qualche po-lemica, anche se pacata e di tono amichevole, con gli al-tri componenti il Comitato che avrebbero preferito un “ano-nimato ideologico e di partito” perché esporre il simbolo di partito con una maglietta così chiara e con un volantino dove campeggia la falce e martello con l’immagine di Mao, sareb-be “controproducente e negati-va”. Sempre amichevolmente, il nostro compagno ha sottoli-neato che il PMLI quando par-tecipa a una iniziativa lo fa pie-no titolo e a viso aperto, con la

propria identità, con la propria storia e con le proprie opinio-ni. Qualcuno ha osservato che la conclusione del documen-to è troppo forte. Questa la ri-sposta: “La sinistra borghese ha sempre evitato espressioni chiare e forti e per questo si è liquefatta”.

“Il Dispari” nell’edizione di lunedì 31 ha pubblicato la foto che mostra il compagno Vuoso e il documento integrale per il NO, redatto dall’Organizzazio-ne isolana del PMLI.

BIELLaRosso gazebo del PMLI ammirato dai

passanti

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Biella del PMLICome precedentemente

annunciato da un comunicato stampa, rilanciato dalla quasi totalità degli organi d’informa-zione locali, e non solo, saba-to 29 ottobre militanti e sim-patizzanti dell’Organizzazione di Biella del PMLI hanno pre-disposto un rosso gazebo per propagandare le ragioni del NO al prossimo referendum costituzionale di dicembre in cui il governo del nuovo duce Renzi intenderebbe cancellare definitivamente la Costituzione del ’48.

Per tutto il tempo del presi-dio decine e decine di biellesi si sono soffermati ad ammira-re i manifesti di Partito, appesi ai lati del gazebo, che raffigu-rano Renzi in divisa da Mus-solini mentre sovrasta il Par-lamento. In moltissimi hanno accolto con favore il volantino del PMLI in cui vengono spie-

gate e riassunte le considera-zioni dei marxisti-leninisti ita-liani al prossimo referendum. Un’amica del Partito ha sotto-scritto per la campagna refe-rendaria e ha affermato di es-sersi compiaciuta nel vedere i manifesti del Partito affissi nei comuni di Candelo e Pralungo (in provincia di Biella).

Un simpatizzante, visto il gazebo, si è intrattenuto coi compagni affrontando temati-che di ordine ideologico e poli-tico sostenendo: “Sono i poteri forti e le grandi banche d’affari a pressare sul disegno piduista di Renzi e della Boschi per tra-sformare l’Italia in una repub-blica presidenziale”.

Purtroppo a causa di impre-visti problemi di lavoro il pre-sidio marxista-leninista è sta-to concluso prima del tempo prestabilito ma nella convinzio-ne che verrà riallestito ancora una volta prima del voto del 4 dicembre prossimo.

FucEcchIoDiffusi centinaia di volantini del PMLI. Gli

elettori incrociati propendono per il NO �Redazione di FucecchioContinua incessante la cam-

pagna dei marxisti-leninisti per il NO al referendum sulla con-troriforma costituzionale Ren-zi-Boschi. Sabato 29 ottobre in piazza Pertini a Fucecchio sono stati diffusi centinaia di volantini con il documento del PMLI che spiegano i veri sco-pi di questa “riforma” piduista e neofascista. Buona parte delle persone che abbiamo incrocia-to durante la diffusione sem-bravano avere le idee chiare su come votare il 4 dicembre, con una propensione per il NO.

Non è mancato chi ha chie-sto ai nostri compagni spiega-zioni sulle reali motivazioni che stanno dietro ai due fronti, non sapendo ancora come votare, confusi anche dall’eterogeneità dei due schieramenti. Un pas-sante però aveva le idee chiare

e dopo aver visto il nostro vo-lantino ci ha detto “è da tanto tempo che ci provano a fare una Costituzione più autorita-ria”, avallando quanto era scrit-to nel nostro documento.

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLISabato 29 ottobre presso il

liceo Secusio di Caltagirone si è svolta un’assemblea d’istituto con all’ordine del giorno la di-scussione sul referendum co-stituzionale del 4 dicembre.

Si è trattato di un’occasione particolare poiché, da qualche anno a questa parte, nelle pic-cole realtà scolastiche (come quella calatina) si è diffusa a macchia d’olio la consuetudine di organizzare vere e proprie conferenze durante le assem-blee degli studenti e su temati-che vaghe e distanti dai proble-mi reali degli studenti.

Per la prima volta dopo circa quattro anni, al Secusio si è te-nuta una vera assemblea degli studenti, senza ospiti esterni, ma con al centro gli studenti, fi-nalmente liberi di poter interve-nire e dibattere.

Si tratta di un fatto tutt’altro che irrilevante perché dimostra che il movimento studentesco locale sta progressivamen-

te svegliandosi dopo anni di inattività. Il periodo del “risve-glio” degli studenti è tutt’altro che casuale: non è più possibi-le star zitti di fronte alla demo-lizione della scuola pubblica, all’alternanza scuola-lavoro e ai comportamenti scellerati dei presidi, legittimati dalla “Buona scuola”.

Gli studenti del Secusio sono ripartiti, dopo la manife-stazione del 22 ottobre scorso, da un’assemblea di fondamen-tale importanza, dato il tema trattato: il referendum del 4 di-cembre.

La maggior parte degli stu-denti si è pronunciata a favo-re del NO, segno che la propa-ganda del governo Renzi non è riuscita a far colpo.

Tra i numerosi interventi nei quali la “riforma” è stata analiz-zata e contestata punto per pun-to, vi è stato quello della compa-gna Aurora dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLI, in cui è stata ribadita l’importanza di an-dare a votare NO, trattandosi di una battaglia antifascista. Tutta-via, sappiamo che nonostante l’importanza di questo referen-dum per evitare il totale affos-samento delle già limitate libertà democratico-borghesi, lo stru-mento da noi prediletto è sem-pre la lotta di classe.

Che il successo di quest’as-semblea degli studenti sia di esempio per tutti gli studenti più avanzati in un momento così de-licato per il movimento studente-sco, non più “scarico e intimori-to”, almeno nella nostra zona.

caLTaGIRoNEGli studenti del liceo Secusio in assemblea levano

alto il No alla controriforma costituzionaleIMPORtANtE SEGNALE DI RISvEGLIO DEL

MOvIMENtO StuDENtESCO LOCALE

Varese, 29 ottobre 2016. Una delle discussioni attorno al banchino del PMLI per il NO. Col “corpetto” il compagno Alessandro Frezza (foto Il Bolscevico)

Firenze, Obihall, 26 ottobre 2016

Ischia, 30 ottobre 2016. Il compagno Gianni Vuoso partecipa al ban-chino di propaganda del locale Comitato del NO

Fucecchio, 29 ottobre 2016. La diffusione del volantino del PMLI per il No (foto Il Bolscevico)

Ù

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6 il bolscevico / vota NO al referendum N. 41 - 10 novembre 2016

4 NOVEMBREStaffetta referendaria Anpi in streaming di 24 ore anche il 5 novembre “La sovranità appartiene al popolo”, con costitu-zionalisti, musicisti, attori tra cui Carlo Smuraglia (Presidente Anpi), Susanna Camussso (Segr. gen. Cgil), Maurizio Landini (Segr. gen. Fiom-Cgil), Stefano Rodotà (giurista), Ottavia Piccolo (attrice)VERONA - Incontro pubblico sul referendum costituzio-nale, 20,00 – 22,00. Sala Lucchi, Palazzina Masprone, Piazzale Olimpia, presentazione: Avv. Maria Luisa Tezza (Coordinatrice Lista Civica CSU Veneta). Interverranno: Sen. Patrizia Businella (Segretario Commissione Affari Costituzionali), Avv. Silvia Manderino (Direttivo nazionale Comitato per il NO). Moderano il dibattito: Enrico Giardini (Giornalista de L’Arena), Antonio Abramich (Giornalista televisivo)LAIVES (BOLZANO) - Serata informativa, 20,30 – 22,30. Te-atro San Giacomo. Relatori: Dr. Francesco Palermo (Senatore, Costi-tuzionalista), Dr. Pasquale Profiti (Magistrato, Sostituto Procuratore presso Procura di Trento)MILANO - Le ragioni del SI e del NO a confronto, 21,00 – 23,15. ARCI Olmi, Via degli Ulivi 2, coordina: Stefano Marini (Presi-dente del Circolo ARCI Olmi). Per il SI: Massimo Vannuccini (membro Segreteria provinciale PD, assessore Comune di Agliana). Per il NO: Francesco Baicchi (Comitato Nazionale per il NO)SAN CASCIANO IN VAL DI PESA (FIRENZE) - Le ragioni del NO 21,30 – 23,30 Circolo ARCI Cerbaia, Via Bini Smaghi 26, con Dott. Bruno Variale (Magistrato in pensione, già Consigliere Corte d’Appel-lo di Firenze) - Prof. Francesco Pardi (Coordinamento Nazionale De-mocrazia Costituzionale)

5 NOVEMBRERUFINA (FIRENZE), Anpi Sezione “Martiri di Berceto” la mattina davanti alla Coop e il pomeriggio in Piazza Umberto 1°, al merca-to, tavolino per distribuire materiale informativo sulla riforma costituzionale e per parlare con le persone sui tanti buoni motivi che ci sono per votare NO al referen-dumGENOVA - Le ragioni del NO, 10,00 presso Auditorium del Cen-tro Civico Buranello, Via Nicolò Daste, Sampierdarena. Comitato per il NO e Sezione ANPI “Cioncolini-Musso” con Gianni Pastorino, consi-gliere regionale Liguria, Lara Trucco, costituzionalista, docente Uni-versità di Genova, Vincenzo Paolillo, avvocato, Presidente Comitato per lo Stato di DirittoRAVENNA - Le ragioni del NO, 10,00 – 12,00. Sala D’Attorre, via Ponte Marino, con Walter Tocci e Costantino Ricci per il NOMELFI (POTENZA) - E’ una questione di Democrazia: le ragioni del NO, 17,30 – 19,30 Palazzo Donadoni, intervengono: Prof. Massimo Villone (Costituzionalista) - Alessandro Fundone (Pre-sidente ANPI Basilicata)ROMA - Perché NO, 18,30 – 20,30 Via Giovanni Marchesini, 8, con: Claudio De Fiores (Ordinario di Diritto Costituzionale), preceduto

alle 18 da un piccolo rinfrescoCOLNAGO DI CORNATE D’ADDA (MONZA E BRIANZA) - In-contro pubblico sulle ragioni del NO, 21,00 – 23,00, sala “Gaber-Jannacci”, Via Manzoni, 2i - Antonello Patta (Segretario Re-gionale PRC), Gianmarco Corbetta (Consigliere Regionale M5S), Al-fredo Luis Somoza (Giornalista e Scrittore)PIACENZA - Concerto per il NO, 21,00 – 23,00, Music Restau-rant & Pub, Via Cittadella, 2/b, Marco “Ray” Mazzoli Boogie and Blues Piano solo e voceSINALUNGA (SIENA) - Le ragioni del NO, 21,15 – 23,15, Cen-tro Sociale Auser, Via Nello Boscagli, intervengono: Ugo De Siervo (Presidente Emerito Corte Costituzionale), Nico Stumpo (Deputato PD)

6 NOVEMBREBOLOGNA - Le ragioni del NO, 16,00 – 18,00. Centro Sociale Santa Viola, Via Emilia Ponente, 131, discutono con i cittadini: Iva-no Marescotti (Attore teatro e cinema) - Anna Cocchi (Presidente dell’ANPI di Bologna) presiede - Claudio Corticelli (segretario Sezione ANPI M.Ventura) PADOVA - Riforma costituzionale: SI e NO al confronto, 21,15 – 23,15, Sala Paladin, Palazzo Moroni, Via del Municipio 1 - Per il NO: Prof. Giovanni Maria Flick (ex Presidente Corte Costitu-zionale e ex Ministro della Giustizia) - Per il SI: On. Giorgio Santini (Senatore PD, Commissione Bilancio) - Modera - Evelina Cataldo (cit-tadina attiva)

7 NOVEMBRECARPI (MODENA) - Comitato per il NO di Modena, ore 21 presso il Circolo Kalinka confronto fra SI (On. Ghizzoni) e NO (prof. Elio Tavilla) FORNOVO DI TARO (PARMA) - Le ragioni del SI e del NO, 21,00 – 23,00. Sala civica Foro 2000, On.Giuseppe Romanini (Ca-mera Deputati) - Avv. Silvia Manderino (Coord. Democrazia Costitu-zionale) – modera Luigi Alfieri (giornalista e scrittore)

8 NOVEMBREAREZZO - Le ragioni del NO, 21:00 – 23:00, Cgil Arezzo, Via

Monte Cervino, 24 con Ugo De Siervo (Presidente Emerito Corte Co-stituzionale) - Marco Baldassarre (Deputato) - David Faltoni (Avvoca-to) Interverranno - Alessandro Mugnai (Segr. Prov. CGIL Arezzo) - Fau-sto Tenti (Comitato per il NO Arezzo)BRUXELLES - La ragione dei NO, 19,00 - Elvas - Ristorante por-toghese 87, rue Wery con Sergio Cofferati, europarlamentare ed ex segretario generale della CGIL, Curzio Maltese, europarlamentare del gruppo sinistra unita GUE/NGL

9 NOVEMBRECASALE MONFERRATO (ALESSANDRIA) - Presentazione del libro “Io dico NO”, 21,00 – 23,00, Labirinto, Via Benvenuto Sangiorgio, 4, con il Prof. Livio Pepino. ex magistrato e già membro del CSM, oggi direttore delle Edizioni Gruppo Abele e presidente del Controsservatorio Valsusa

10 NOVEMBRESANDRIGO (VICENZA) - Serata di approfondimento, 20,45 – 22,45, Biblioteca Comunale Domenico Pittarini, Viale Ippodromo, 2, con - Silvia Manderino (Avvocato e Coordinatrice Comitati Veneti per il NO) - Enrico Cappelletti (Senatore della Repubblica M5S) - mo-derano Francesco Lovo (Comitato vicentino per il NO) - Simone Con-tro (Consigliere Comunale di Sandrigo, M5S)FIRENZE – Ne parliamo con, 21,00 – 23,00, Obihall, Via Fabrizio De André, intervengono Massimo D’Alema - Ugo De Siervo - Stefano Grassi - Tomaso MontanariPISA - Io voto no, tour ricostituente, 18,00 – 20,00 con Andrea Per-tici, Pippo Civati, Giulio Cavalli, Luca Pastorino

25 NOVEMBREROMA - Manifestazione nazionale promossa dall’Anpi al teatro Brancaccio

27 NOVEMBREROMA – Corteo nazionale per il NO al referendum – C’è chi dice NO ore 14 - piazza Repubblica, ore 18 – piazza del Popolo con Artisti per il NO, concerto musica e parole

Scuderi: Fermiamo il completamento del regime neofascista votando NO

(Renzi) “ha accentrato il potere sul governo e su di sé esautorando il parlamento, ed ora con la controriforma del senato tenta di completare il regime neofascista persegui-to dalla P2, dai fascisti e da Berlusconi. Va fermato, votando NO al referendum. Que-sta è una battaglia storica antifascista che riguarda tutto il popolo, compreso gli asten-sionisti, che in questo caso hanno il dovere e l’interesse a recarsi alle urne e votare NO. Perché, come ha detto il Comitato centrale del PMLI nel documento sul referen-dum, “esso rappresenta un punto di svolta cruciale, perché sono in ballo l’affossamen-to definitivo della Costituzione del 1948 e delle residue libertà democratico-borghesi e la difesa dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari”.(Giovanni Scuderi, “Da Marx a Mao”, discorso per il 40° Anniversario della scomparsa di Mao, Firenze 11 settembre 2016)

“Renzi dice le stesse cose che Gelli diceva quarant’anni fa”

di Aldo GiannuliLa loggia P2 ebbe caratte-

re elitario, orientato a un con-trollo indiretto e occulto del potere. Aveva il suo “nucleo traente” nel “partito toscano” alleato al partito romano, con l’obiettivo di dar vita a un “ter-zo polo” bancario che con-sentisse l’accesso al “salotto buono della finanza”. La P2 realizzò una innovazione di metodo basata sulla “politica di relazione”. Per più versi dif-ferente è il renzismo, ma con punti di contatto.

Esaminando la riforma co-stituzionale proposta da Ren-zi, sono non pochi i punti di identità con quanto proposto dal Piano di Rinascita De-mocratica (prosecuzione nel-

la linea del sistema elettora-le maggioritario, liquidazione del Senato, abolizione del-le Provincie, abolizione del Cnel, condizionamento della Corte costituzionale ecc.), il che è solo un indice di con-vergenza.

Altri elementi potremmo ri-cavarli dalla prassi quotidiana di questo governo, ad esem-pio l’occupazione della Rai in vista del referendum; la nor-mativa in materia di banche popolari e di credito coope-rativo; quella sulla scuola; la marcata propensione a limita-re il diritto di sciopero, per cui anche i sorveglianti dei mo-numenti nazionali o dei musei svolgerebbero un servizio es-senziale e quindi potrebbero

essere assoggettati alle limi-tazioni di legge; il modo in cui si è risolto il problema della responsabilità civile dei magi-strati, e altro ancora.

Tutti punti che fanno rima con i programmi gelliani. Ma quello che più conta è la con-fluenza sulla questione cen-trale: la concezione della Costituzione e la forma di go-verno.

Nella storia ci sono stati due tipi di Costituzione: quel-le ottriate (“donate”dal so-vrano) e quelle “pattizie”, o “di garanzia” (risultanti da un ampio accordo fra parti politi-che), alle quali si è aggiunto un terzo tipo, quelle di “parti-to” o “prevaricanti” (un singo-lo partito, talvolta con piccole formazioni di alleati al segui-to, impone un suo testo agli altri). La Costituzione italiana del 1948 è una costituzione pattizia e a dirlo sono i nume-ri: fu approvata con 458 voti

su 556 componenti (82,37%) in un’Assemblea eletta con metodo rigorosamente pro-porzionale, senza premi di maggioranza o clausole di sbarramento.

La riforma costituzionale di Renzi è stata votata alla Ca-mera con 361 voti favorevo-li su 630 (57,3 per cento), in un parlamento eletto con leg-ge maggioritaria (incostituzio-nale), e al Senato con 180 voti (55,21 per cento) su 326 componenti eletti con meto-do maggioritario. I partiti fa-vorevoli alla riforma rappre-sentavano il 55,36 per cento del voto popolare; ma Forza Italia si è poi dissociata schie-randosi per il “No” nel refe-rendum.

Non mi pare ci siano dub-bi sul fatto che sia una “Costi-tuzione di partito”, nella quale un’occasionale maggioranza (di assai dubbia legittimità co-stituzionale) ha sopraffatto le

altre parti politiche imponen-do la sua Costituzione. Da questo punto di vista, la con-cezione del testo costituzio-nale è molto prossima a quel-la di Gelli, che proponeva un comitato di saggi dotati di pie-ni poteri. Gianfranco Miglio definì la Costituzione “il pat-to che il vincitore offre ai vin-ti”. Questa era ieri la conce-zione di Gelli ed è oggi quella di Renzi: una Costituzione di partito per un regime di par-tito.

E veniamo al secondo punto di contatto con l’ide-ologia piduista: la forma di governo. Tanto Gelli quanto Renzi sono sostenitori della centralità del governo rispetto al Parlamento e del primato della governabilità sulla rap-presentanza

Questa impostazione lea-deristica porta con sé un co-rollario: l’ostilità per qualsiasi tipo di corpo intermedio (par-

titi, sindacati, associazioni…), rimpiazzato dal rapporto di-retto del leader con la base

Gelli non nascondeva la sua ostilità verso i sindaca-ti e concepiva i partiti come comitati elettorali al servizio del leader-presidente. L’av-versione al Pci non era de-terminata solo dalle posizio-ni in politica estera o dal suo (sempre più formale) antica-pitalismo, ma anche dal suo forte radicamento territoria-le. Molti lamentano l’alleanza di Renzi con Denis Verdini, che vedono come un segno di pericoloso affiancamen-to con una certa destra. Ma quel che conta è che il se-gretario del Pd dica le stes-se cose che diceva Gelli qua-rant’anni fa.

[Dal volume Aldo Giannuli, ‘Da Gelli a Renzi (passando per Berlusconi)”, Ponte alle Grazie editore]

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N. 41 - 10 novembre 2016 interni / il bolscevico 7

No alle barricate aNtiprofughi

Napoli dà il benvenuto ai 466 migranti salvati in LibiaQuello che è successo il 24

ottobre a Gorino, una frazione di 450 abitanti del comune di Goro nel delta del Po, quan-do mezzo paese è sceso in piazza ed ha eretto barricate per impedire l’accesso ad un pullman con 12 profughe afri-cane spaventate, di cui una incinta, per essere alloggiate insieme ai loro 8 bambini in un ostello requisito dal prefetto di Ferrara, è un fatto molto gra-ve e da respingere con forza come frutto del clima razzista e xenofobo nei confronti dei migranti che si va diffonden-do come un cancro nel nostro Paese.

Il fatto ancor più grave e allarmante è che sia accadu-to in un paese di pescatori, con tradizioni solidaristiche e di sinistra radicate in tutto il Polesine, in un comune con un’amministrazione di “cen-tro-sinistra” come Goro, in una regione “rossa” come l’Emilia e in una provincia come quel-la di Ferrara dalle antiche e solide tradizioni antifasciste: segno che il degrado sociale e la barbarie razzista e xeno-foba fomentati e alimentati impunemente da anni dalla destra neofascista e leghista ha raggiunto livelli di guardia, intaccando e corrompendo alle radici la coscienza civile e la rete di solidarietà sociale un tempo orgoglio di queste

popolazioni.Se questo accade la re-

sponsabilità non può essere solo della Lega razzista di Salvini e dei fascisti di Casa-pound, di Forza nuova e di Fratelli d’Italia, che fomenta-no nelle masse la paura dei migranti e incitano a cacciarli, e che ora si fregano le mani eleggendo Gorino ad em-blema dell’Italia “che resiste all’invasione straniera”. La re-sponsabilità è anche dei partiti della “sinistra” borghese, che da tempo hanno gettato alle ortiche i principi e i valori soli-daristici storici del movimento operaio per abbracciare l’in-dividualismo, il carrierismo e il sistema corruttivo borghese, e hanno abbandonato e distrut-to uno dopo l’altro tutti i presi-di territoriali politici, sindacali e culturali (sezioni di partito, case del popolo, sedi sinda-cali e associazioni culturali) che una volta sostenevano e mantenevano vivi nelle masse quei principi e quei valori.

E quel che è peggio è che ormai si sono ridotti ad inse-guire sempre più la destra sul suo stesso terreno razzista e xenofobo per acchiappare voti e mantenersi al potere, tanto che sempre più spesso si vedono amministratori di “centro-sinistra” che in nul-la si distinguono da quelli di “centro-destra” e leghisti nel

respingere i migranti, o quan-tomeno nell’assecondare op-portunisticamente i pregiudizi e le reazioni viscerali xenofo-be dei loro concittadini, come è stato appunto il caso del sindaco di Goro.

È vero che come ora di-cono i manifestanti di Gorino cercando di giustificarsi - spa-ventati evidentemente dalle reazioni indignate di gran par-te dell’opinione pubblica al loro comportamento xenofo-bo - non erano stati avvertiti e

preparati per tempo dalle au-torità dell’arrivo delle migran-ti, e questo apre un discorso sui metodi ottusamente buro-cratici e verticistici con cui il ministero di Alfano e i prefetti ai suoi ordini gestiscono la distribuzione dei richieden-ti asilo nelle varie regioni. A cui bisognerebbe aggiunge-re l’atteggiamento ipocrita di Renzi che strumentalizza l’“emergenza migranti” per avere più potere contrattuale con la Ue. Vedi il suo amico

sindaco di Firenze, Nardella, che chiede di non mandare più profughi in Toscana per-ché sarebbe “al collasso”. Ma tutto ciò non può essere la scusa accampata a poste-riori per giustificare un com-portamento oggettivamente sproporzionato e intollerabile, comprese le indegne manife-stazioni di giubilo con griglia-te e vino per tutti alla notizia del dietro-front del prefetto e della ripartenza delle migranti verso altre destinazioni di for-tuna, di cui forse ora molti de-gli stessi manifestanti in cuor loro si vergognano.

Persino la diocesi di Ferra-ra ha condannato le barricate parlando di una “notte che ripugna alla coscienza cri-stiana”. In un’intervista a “la Repubblica” un pensionato veneziano di 72 anni, rievo-cando i suoi ricordi di bambi-no durante l’alluvione del ’51 nel Polesine, quando la sua ed altre famiglie di contadini dei paesi vicini ospitavano i senza tetto dividendo con loro quel poco che avevano, così rimprovera i manifestan-ti che hanno fatto le barrica-te antimigranti: “Proprio non capisco come fa la gente di Goro, dei pescatori, persone abituate a una vita dura, a prendersela con delle giovani, con dei bambini. Hanno per-so ogni briciolo di buonsenso

e anche di memoria per non ricordare che anche loro han-no avuto bisogno di essere accolti. Non hanno scuse e anche il loro sindaco è stato troppo tenero”.

Parole chiarissime che indicano la giusta mentalità da adottare, per i pescato-ri di Goro come per tutte le masse popolari italiane, per non cadere nella trappola fa-scista della xenofobia e del razzismo e avere un giusto at-teggiamento nei confronti dei migranti.

Lo stesso che hanno avu-to i cittadini di Napoli, acco-gliendo con uno striscione di benvenuto preparato dal centro sociale Insurgencia i 466 migranti salvati in opera-zioni lungo le coste libiche, e sbarcati nel porto partenopeo la sera precedente le barri-cate di Gorino. Di cui 160 ri-marranno in Campania, e 49 di essi, ragazzi tra i 13 e i 17 anni, sono stati sistemati in un centro polifunzionale a Mare-chiaro.

Lo stesso atteggiamen-to positivo e accogliente del Comune di Riace (Reggio Calabria), un paese di con-tadini che ha aperto le porte ai migranti senza limitazioni, offrendo loro alloggi e corsi di formazione e salvandosi così dallo spopolamento a cui sembrava condannato.

La denuncia di “RoaRs” a pRoposito deLLe 500 “cattedRe natta”Correva l’anno 1935. Nel

pieno del buio ventennio fasci-sta. Un regio decreto deciso da Mussolini stabilisce che le com-missioni preposte ai concorsi per scegliere i docenti universitari sa-ranno nominate direttamente dal governo, che avrà anche facoltà di annullare i concorsi in caso di risultati sgraditi. Era la “chiama-ta per chiara fama”, quando per “fama” si intendeva l’ossequiosa fedeltà al fascismo ed al duce, in altre parole la fascistizzazione dell’università e della docenza.

Non è molto diverso da quan-to è emerso nei giorni scorsi sui propositi del governo Renzi per le cosiddette “cattedre Natta”, dedicate al premio Nobel per la chimica Giulio Natta: si tratta di cinquecento docenti universi-tari ai quali verranno assegnate le cattedre per chiamata diret-ta, senza concorso. Già di per sé questo è grave, perché è un provvedimento tampone che non risolve assolutamente il proble-ma dei tagli alla docenza, ma c’è un aspetto ancora peggiore. Infatti, secondo quanto denuncia la rete degli universitari “Roars”, il decreto governativo già pronto prevede che sarà la presidenza del Consiglio a nominare i 25 presidenti delle commissioni che dovranno scegliere i cosiddetti “superprof”.

È palese la volontà mussoli-niana del governo di normaliz-zare l’università e irregimentare l’insegnamento al suo interno, specialmente dopo che molti do-centi universitari si sono espressi contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi. Non è difficile im-maginare quanto farebbe gola al governo avere docili professori di diritto costituzionale o diritto del lavoro che passano il loro tempo

a cantare le lodi della Costituzione renziana o che giustificano il Jobs Act, i voucher e le altre forme di precariato. Nemmeno Berlusconi e Gelmini erano arrivati a tanto!

Tra l’inizio della crisi nel 2008 e il 2016, il blocco del turn-over e i tagli hanno falcidiato 12.500 posti di docenza nell’università pubbli-ca, non parliamo poi della ricerca di base, a brandelli. I finanziamenti pubblici sono stati sforbiciati di 1 miliardo di euro. Eppure, il gover-no Renzi rimedia importanti som-me di denaro pubblico (38 milioni per gli stipendi nel 2016, 75 milioni a regime dal 2017) per un misero numero di nuove cattedre, accu-ratamente selezionate e assegna-te dall’esecutivo stesso. Non solo: come nota il professor Gianfranco Viesti in un’intervista al “manife-sto” del 25 ottobre, i superprofes-sori potranno andare a insegnare dove credono e probabilmente sceglieranno i cosiddetti “centri di eccellenza”, Milano in primis, aggravando il divario fra atenei di serie A e di serie B. Il trionfo dei baroni, del nepotismo e dei favo-ritismi!

Tra l’altro, il provvedimento potrebbe non limitarsi a questi 500 “superdocenti”. Se funzio-nerà, potrebbe diventare la nor-ma delle assunzioni universitarie,

proprio come sotto il fascismo. È la responsabile scuola del PD, Francesca Puglisi, a suggerirlo: “il decreto Natta... potrebbe rivelar-si un procedimento da estender e poi a tutti i docenti universitari, non solo alle supercattedre”.

Se ciò avvenisse, la libertà d’insegnamento nel nostro Pa-

ese sarebbe definitivamente as-soggettata al regime neofascista di fatto in vigore. Anche perché non bisogna dimenticarsi che già la “Buona scuola” introduce la chiamata diretta dei docenti nel-la scuola pubblica, anche se ad assumerli sono i presidi-manager e non l’esecutivo in via diretta

(com’è accaduto alla moglie di Renzi recentemente a Firenze). C’è urgente bisogno di una gran-de mobilitazione di protesta delle studentesse e degli studenti, ma anche dei docenti democratici e antifascisti, per sbarrare la strada a questo scempio.

Comunque questo è solo

l’ultimo degli atti che il governo Renzi esegue a imitazione del fascismo mussoliniano. Basti pensare alle relazioni industriali anti-operaie in voga nel venten-nio, oggi estese a tutti col Jobs Act; alla legge elettorale Italicum, che sembra copiata dalla legge Acerbo in vigore sotto Musso-lini, e perciò da noi ribattezzata Fascistissimum; al nazionalismo sfrenato, alle ambizioni neocolo-niali e alla campagna per la na-talità; fino alla controriforma co-stituzionale che accresce i poteri dell’esecutivo.

Ce n’è a sufficienza per ca-pire che Renzi è il nuovo duce e che va cacciato prima che possa imporre se stesso e il regime ne-ofascista per un altro ventennio. Seppelliamolo sotto una valanga di NO al referendum del 4 dicem-bre.

Renzi e Giannini nominano i superdocenti di regime

Esattamente come Mussolini fascistizzava gli atenei con la “chiamata per chiara fama”

Mimmo Marasà, alla testa della potente lobby dei laboratori d’analisi in sicilia

ieRi con cuffaRo, oGGi coL M5s“I Cinquestelle sono come l’ex

governatore mafioso della Sicilia Totò Cuffaro, con loro ci si può dialogare”.

lo ha ammesso candidamente in una intervista pubblicata su “la Repubblica” del 26 settembre scorso il boss del più importante sindacato dei laboratori d’analisi in Sicilia, Domenico Marasà.

Al cronista Antonio Fraschilla, che chiede al boss della più po-tente lobby dei laboratori d’analisi in Sicilia di spiegare i motivi per cui dopo aver sostenuto per anni l’ex governatore Cuffaro ottenendo in

cambio forti vantaggi soprattutto per quanto riguarda il dissennato aumento delle convenzioni con prestazioni non sempre all’altezza, adesso l’associazione da lui capeggiata ha deciso di soste-nere il movimento di Grillo, Marasà candidamente risponde che: “I 5 Stelle hanno dimostrato voglia di confrontarsi e capire, come face-va Cuffaro. Lui ci ascoltava, con questi ragazzi del Movimento si dialoga. Questa è la realtà. Devo dare atto a questi ragazzi che con noi non hanno fatto passaggi elet-torali, non ci hanno chiesto voti.

Ma l’unico nuovo progetto che può canalizzare il nostro consenso è quello con i 5 Stelle. La nostra è una scelta naturale”.

Che il 5 Stelle fosse un mo-vimento interclassista, per nulla democratico, bensì a carat-tere marcatamente proprietario e personalistico, dai caratteri politici qualunquisti e ambigui e per questo in grado di stringere accordi e alleanze perfino coi neofascisti di Forza Nuova, lo avevamo già visto e denunciato nel recente passato; ma mai ci saremmo aspettati che Grillo, e

il suo M5S finissero per essere sponsorizzati da un potente lob-bista che fino a ieri tubava col pluri pregiudicato per mafia Sal-vatore Cuffaro, detto Totò vasa vasa, ex governatore della Sicilia nonché senatore del Pid (Popo-lari Italia Domani), condannato in via definitiva a gennaio 2011 a 7 anni di reclusione per favoreggia-mento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio emessa nell’ambito del processo “talpe alla dda” di Palermo.

Evidentemente: chi si somiglia si piglia!

26 ottobre 2016. Un presidio di Insurgencia accoglie a Napoli le cen-tinaia di rifugiati, in gran parte somali, salvati dopo 5 giorni di mare. Nello striscione si legge “benvenuti rifugiati, Napoli è la vostra casa”

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8 il bolscevico / Engels su Engels N. 41 - 10 novembre 2016

EngEls su EngEls

1860La cosa di gran lunga più im-

portante è che esca presto il tuo secondo fascicolo, e io spero che non ti lascerai distogliere dal continuare a lavorarci a causa di questa faccenda di Vogt. Sii una buona volta meno coscienzio-so nei riguardi dei tuoi lavori; va sempre anche troppo bene per il miserabile pubblico. La cosa principale è che il lavoro sia scrit-to e che esca; i punti deboli che a te saltano agli occhi questi so-mari non li scoveranno; e se so-pravvengono tempi agitati, che guadagno ci hai quando tutto il tuo lavoro sarà interrotto prima che tu abbia terminato il Capitale in generale? Conosco benissi-mo tutte le altre faccende che si mettono di mezzo, ma so anche che il motivo principale di ritardo risiede sempre nei tuoi scrupoli personali. Alla fin fine, è sempre meglio che il lavoro esca, piutto-sto che non esca per niente per delle considerazioni di tal fatta.

(Engels, Lettera a Marx, 31 gennaio 1860, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 15)

Ieri sera ho conferito con Lu-pus. Soltanto quando gli lessi ad alta voce la lettera di Lassalle mi resi ben conto della filisteria e dell’arroganza di quel tipo, ma nello stesso tempo anche del suo “metodo”. Costui, anche nelle minime sciocchezze, è uno spirito assoluto vecchio hegelia-no: proprio come nell’economia vuol porsi come unità superiore nel definitivo contrasto tra te e gli economisti, così ora si pone già come superiore unità tra te e Vogt. Da te il “principio”, da Vogt la “politica italiana” che ci può essere di più bello? Questa schi-fosa saccenteria da referendario cacasentenze, il quale comincia col dire che bisognerebbe dichia-rare che Vogt non è stato corrot-to, e poi, prendendola sul serio, trasforma in un’assurdità l’unica cosa spiritosa che Fröbel dice nella sua dichiarazione!

Lupus si domandava se non si potesse costringere, secondo il codice prussiano, la “National-Zeitung” ad accettare una tua dichiarazione. Credo anch’io che nella legge sulla stampa ci sia un articolo del genere. If so, bisognerebbe valersene subito, appena ricevuto l’opuscolo, per-ché, come dice a ragione Las-salle, habent sua fata libelli, non si può sapere come va a finire quest’opuscolo, e quanto più la risposta è rapida, tanto più sicuro è l’effetto.

Quoad il nostro opuscolo,

Proseguiamo la pubblicazione delle importanti citazioni autobio-grafiche di Engels iniziata sul nu-mero 31/2016 de “Il Bolscevico” in occasione del 5 agosto, 121° anniversario della scomparsa del cofondatore del socialismo scientifico e grande Maestro del proletariato internazionale e pro-seguita dal n. 39/2016 senza in-terruzione di continuità. Tra due parentesi quadre […] compaiono le nostre traduzioni di locuzioni in altre lingue che potrebbero altri-menti risultare incomprensibili.

abbiamo lo svantaggio di esse-re personalmente sulla difensiva e di non poter rispondere con delle menzogne alle menzogne. Poi il secondo svantaggio che il pubblico-filisteria ci odia a priori; noi a dire il vero non siamo gui-dati odium generis humani [odio verso il genere umano], ma certo da odium generis bourgeois [odio verso il genere borghese], ed è proprio la stessa cosa.

Ma abbiamo in compenso il vantaggio di poter dare della nostra politica italiana un’espo-sizione che sposta le cose su di un altro piano, mette da parte i fatti personali e ci dà il vantaggio, anche se non davanti ai liberali berlinesi, certo davanti alla mag-gior parte della Germania di farci rappresentare la parte popolare, nazionale. In particolare ci torna a proposito la faccenda della Sa-voia.

Ora io penso bene che, appe-na arriverà l’opuscolo (Lassalle non potrebbe mandarlo per po-sta?), tu faccia le valigie e venga qui, e allora concordiamo definiti-vamente il come, cosa e quando. Io approfitterei volentieri dell’oc-casione per venire a Londra, ma siccome tua moglie non deve sa-pere nulla, è meglio che tu venga qui, e inoltre se ci sarà parecchio da lavorare, io non potrei restare tanto tempo a Londra. E poi bi-sogna anche mettersi d’accordo se si dovrà fare il mio nome nel titolo; io vedo soltanto un motivo in contrario, ma mi sembra asso-lutamente decisivo; però ne par-leremo a voce.

(Engels, Lettera a Marx, 2 feb-braio 1860, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLI, pagg. 21-22)

Quali credi che siano le prossi-me proposte di G. Ermen?

1. Egli vuole pagare a rate alla mamma e assumere da solo l’azienda;

2. io dovrei rimanere da lui come rappresentante per altri 4 anni alle condizioni previste dal contratto!

Costui crede che noi gli cede-remmo a così buon prezzo l’ere-dità della ditta Ermen & Engels e che io accetterei con gratitudine una simile degradazione nei suoi riguardi.

Le trattative sono state abba-stanza amichevoli. Per quanto mi riguardava, rifiutai direttamente la prospettiva che voleva aprirmi di fare forse per 4 anni il socio, al che chiesi delle garanzie prima di prendere in considerazione la cosa; gli dissi che la nostra opi-nione è che, se si dovesse venire a una separazione, si dovreb-be fare una divisione in natura e concorrenza. Ciò lo ha molto sor-preso e la faccenda non è andata avanti.

(Engels, Lettera a Emil Engels, 11 aprile 1860, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 571)

La faccenda con Ermen sta ab-bastanza a posto. La mia famiglia investe nella ditta 10.000 sterline di capitale, che deve poi lasciare a me se diverrò partner. La mia posizione materiale migliora su-bito, almeno la percentuale del-la partecipazione. Ti racconterò tutto questo a voce quando verrò costà a Pentecoste.

(Engels, Lettera a Marx, 10 maggio 1860, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 63)

Mia madre è in grave pericolo. Due telegrammi da Barmen. Nes-suno può entrare da lei. Bisogna che io torni laggiù, farò i passi necessari. Non so come andrà la cosa. Ho la testa in subbuglio per questa faccenda, pare che sia davvero tifo.

(Engels, Lettera a Marx, 11 maggio 1860, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 64)

Quanto a Vogt: debbo dire che il tuo titolo non mi piace affatto. Se gli vuoi affibbiare un sopran-nome, deve essere un sopran-nome che si capisca senza aver letto il libro, oppure può compa-rire nel libro stesso soltanto dopo il passo che lo spiega. Io credo che quanto più il titolo è semplice e non arzigogolato, tanto meglio, soltanto bisogna che oltre a Vogt vi compaia anche, se possibile, Bonaparte o almeno Plon-Plon. Se “Carl” Vogt non ti va a genio, chiamalo signor Vogt, sebbene io non veda perché “Carl” non pos-sa stare prima di “Karl”: nessuno troverebbe da farci dello spirito sopra.

(Engels, Lettera a Marx, 1° ot-tobre 1860, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 109)

Nel caso che loro richiedes-sero ai collaboratori uno stato di servizio, certamente non mi tro-verei in una buona situazione: da

volontario di un anno nella briga-ta di artiglieria della guardia prus-siana sono giunto solo al grado di sergente e più tardi nel Baden ho partecipato alla spedizione del 1849 dalla parte degli insorti. Tut-tavia, dall’epoca del mio servizio militare, mi sono continuamente occupato di cose militari.

(Engels, Lettera alla reda-zione della “Allgemeine Militär-Zeitung”, 24 agosto 1860, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 609)

Nelle ultime quattro settimane, per una quantità di circostanze che Dio sa come hanno coinciso, ho dovuto ritirare talmente tanto denaro, che ora devo assoluta-mente aspettare qualche giorno. Se possibile domani ti rimetterò una sterlina, e appena la cosa andrà nei prossimi giorni, ti rimet-terò di più. Per qualche tempo almeno sono ridotto a farmi dare soltanto piccole somme ogni vol-ta; per il momento si tratta per me, nei confronti di Ermen, to appear to live within my income [di far vedere che vivo nei limiti delle mie entrate] (cosa che non ho fatto nello scorso anno finan-ziario); è nelle trattative un’arma che non devo assolutamente sciupare. Se sapessi un pretesto qualsiasi tenterei di chiedere in prestito a Gumpert per due set-timane 5 sterline, ma non potrei farlo senza che si accorgesse del

vero motivo, e inoltre non so se in questa stagione le ha. So benis-simo in che bolletta tu sei, e farò tutto il possibile, ma le 10 sterline che ti ho mandato recentemente sono già segnate in anticipo sul conto di dicembre, dimodoché questo mese è già ben gravato. Tuttavia domani riceverai sicura-mente qualche cosa.

(Engels, Lettera a Marx, 3 di-cembre 1860, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 130)

Qui accluse le 2 sterline paga-bili a Camden Town.

Più leggo il libro, più difficile mi diventa immaginare come Vogt se la caverà con queste storie “che mai si pubblicheranno”. 41 copie a Londra in questi pochi giorni è moltissimo; ora saranno già di più. È certamente il miglio-re lavoro polemico che tu abbia scritto finora, è più semplice nello stile del Bonaparte [Il 18 Brumai di Luigi Buonaparte, nota dei cu-ratori], eppure, dove è necessa-rio, altrettanto efficace.

(Engels, Lettera a Marx, 19 dicembre 1860, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 143)

1861Ecco i contratti, 7 copie, l’ot-

tava l’ho trattenuta qui firmata. Devo dire che, se non fosse stato per te, difficilmente mi sarei risol-to a questo passo. È stato per me un boccone amaro escludere me stesso, come a me sembra senza alcuna ragione o pretesto perti-nente, dall’unica azienda paterna che ci rimanga, che sicuramente ci rimanga. Io credo che questo diritto mi spettasse, e che i miei fratelli non avevano il diritto di pre-tendere da me che io rinunciassi senz’altro e senza motivo alcuno a questo diritto in favore loro. Ciò che chiedevo non era certamente ingiusto, inoltre avanzai le mie ri-chieste tempestivamente, perché se ne tenesse conto nella discus-sione. Emil Blank mi dette ragio-ne, quando fu qui. Ma in seguito non mi sono state date più noti-zie, e solo quando gli altri hanno già concluso tutto, si viene da me e si pretende il mio consen-so a rinunciare alle mie richieste, in base a motivi, nella lettera di Emil, che saranno assai opportu-ni dal punto di vista commerciale, ma che io non avrei fatto valere certo in questo modo di fronte ai miei fratelli; inoltre, come conso-lazione, si dà a me l’assicurazio-ne di Emil che Gottfried Ermen, secondo la convinzione di Emil, non romperà il contratto con me. Questa convizione è controbilan-ciata da quella del nostro avvoca-to, il quale ha detto a Emil più di una volta che il contratto, come contratto, non mi fornisce alcuna garanzia legale. Così loro hanno l’azienda di Engelskirchen e io mi tengo la convizione di Emil.

Cara mamma, per amor tuo ho inghiottito tutto ciò e diverse altre cose. Per nulla al mondo vorrei anche solo minimamen-te contribuire ad amareggiare la sera della tua vita con liti familia-ri per l’eredità. Io credo che sia il mio comportamento quando

sono stato tra voi, come anche le mie lettere abbiano fornito testi-monianza sufficiente del fatto che io ero ben lontano dal frapporre ostacoli a qualsiasi accordo, che al contrario mi sacrificavo volen-tieri per sistemare tutto secondo i tuoi desideri. Perciò ho firmato senz’altro anche questa cosa; non voglio a nessun costo che tu venga tormentata più a lungo con queste storie e debba avere per questo delle preoccupazio-ni. Anche riguardo ai miei fratelli non nutrirò alcun risentimento e nemmeno parlerò della faccenda, purché essi non mi ci costringano assolutamente, giacché la cosa è fatta e io non ho voglia di fare il grande perché credo di essermi sacrificato. Tuttavia ritengo mio dovere dire apertamente quali sono stati i miei motivi in tutta la storia, e va da sé che io non pen-so neppure lontanamente che tu avresti potuto dare a questa cosa una piega più favorevole per me. Al contrario, io so che durante le trattative tu hai sempre pensa-to anche a me e hai fatto tutto il possibile per me.

La questione in tal modo è chiusa, punto e basta. Difficil-mente me ne sentirai parlare ancora, e si capisce che, quan-do Emil verrà qui, io lo riceverò con gli stessi sentimenti fraterni di sempre; per quanto le nostre opinioni siano state diverse, egli rimane un bravo ragazzo, che si è sempre preoccupato dei miei interessi qui.

(Engels, Lettera a Elise Engels, 13 febbraio 1861, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLI, pagg. 634-635)

1862Ti spedisco oggi una cassetta,

carriage paid, contenente:8 bottiglie di Bordeaux4 bottiglie di vino del Reno del

18462 bottiglie di Sherry.Non ho Porto, che sarebbe

adatto al caso. Spero che faccia bene a Jenny. Povera bambina! Del resto, penso che la cosa non abbia importanza. È cresciuta ro-busta, e con la cura e il moto si rimetterà in forze.

(Engels, Lettera a Marx, 28 febbraio 1862, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 241)

Se ti feci il conto delle mie spese non fu certo con l’intenzio-ne di farti passar la voglia di “pre-mere”, come tu dici, su di me. Al contrario penso che continuere-mo anche nel futuro ad aiutarci reciprocamente, ove è possibile in qualche modo, senza guarda-re quale dei due, momentanea-mente, sia il “pressante” e quale il “pressato”, poiché le parti si possono mutare. L’unico motivo di tutta la mia esposizione, fu di mostrarti l’impossibilità di mette-re insieme, per il momento, più di 10 sterline.

(Engels, Lettera a Marx, 8 ago-sto 1862, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 305)

SEGUE IN 9ª ë

Engels nel 1860

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1863Troverai giusto che questa

volta la mia propria disgrazia e la tua fredda accoglienza di essa mi abbiano reso effettivamente im-possibile il risponderti prima.

Tutti i miei amici, inclusi i cono-scenti filistei, in questa circostan-za, che a dir il vero mi ha colpito abbastanza da vicino, dimostra-rono maggior partecipazione e amicizia di quanto potessi aspet-tarmi. Tu trovasti che il momento era opportuno per far prevalere il tuo gelido modo di pensare. Soit!

Tu sai come vanno le mie fi-nanze. Sai anche che faccio di tutto per strapparti dai guai. Ma non posso arrivare, adesso, come anche tu devi sapere, alla somma piuttosto grossa di cui parli.

(Engels, Lettera a Marx, 13 gennaio 1863, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 347)

Ti ringrazio della tua sincerità. Capisci tu stesso quale impres-sione mi aveva fatto la tua penul-tima lettera. Non è possibile esser vissuti tanti anni insieme con una donna, senza esser colpiti terri-bilmente dalla sua morte. Sentii che con lei seppellivo l’ultima parte della mia giovinezza. Quan-do ricevetti la tua lettera, non era ancora sepolta. Io ti dico, la tua lettera mi rimase fissa in capo per tutta una settimana, non potevo dimenticarla. Never mind, la tua ultima compensa quella, e sono lieto di non aver perduto con Mary anche il mio più vecchio e migliore amico.

(Engels, Lettera a Marx, 26 gennaio 1863, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 352)

Devi scusare il mio lungo si-lenzio. Ero in una condizione così desolata, da cui dovevo alla fine cercar di strapparmi. Ho tentato di darmi alle lingue slave, ma la solitudine m’era insopportabile. Dovetti distrarmi violentemente. Questo m’ha giovato, ora sono di nuovo il vecchio birbone di prima.

(Engels, Lettera a Marx, 17 febbraio 1863, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 362)

Poiché non ho saputo più niente da tua moglie, spero che nel frattempo tu sia stato meglio e che gli ascessi ti siano guariti. Bevi pur vino e mangia carne, questo è l’essenziale. Negli ultimi giorni mi hanno, nelle ore serali, molto disturbato in ufficio, pro-prio nell’unico momento in cui mi è possibile pensare alla corri-spondenza privata, altrimenti mi sarei già fatto vivo prima.

(Engels, Lettera a Marx, 24 novembre 1863, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pag. 412)

1864Vorrei che domani tu potes-

si venire per un paio di giorni. Prevedo che questa settimana sarò occupatissimo, ed è sempre bene che uno di noi veda i medici un paio di volte al giorno e nello stesso tempo si prenda cura di tutto quanto occorre. Inoltre ne avrei gran piacere per altre ra-gioni.

(Engels, Lettera a Marx, 1° maggio 1864, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLI, pagg. 434-435)

1865I tuoi suggestions [suggeri-

menti], sono arrivati ieri ancora a tempo giusto e sono stati messi a profitto ambedue.

(Engels, Lettera a Marx, 13 febbraio 1865, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 71)

Il nuovo movimento mi fa tre-mendamente sudare. Sa il diavo-lo che cosa voglia dire, dopo aver fatto corrispondenza tutto il gior-no per l’azienda, dover ancor alla sera scrivere fino all’una o alle due, per il partito e l’editore, ecc.

(Engels, Lettera a Marx, 11 marzo 1865, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 101)

Io non sono più hegeliano, ma continuo a nutrire una grande pietà e simpatia per quel vecchio colossale.

(Engels, Lettera a Friedrich Al-bert Lange, 29 marzo 1865, Ope-re Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 513)

Ho molto piacere che il libro [“Il Capitale”, nota dei curatori] proceda rapidamente; da alcune frasi della tua lettera avevo tratto il sospetto che tu fossi di nuovo arrivato ad una svolta inaspetta-ta che potesse rimandar tutto a tempo indefinito. Il giorno in cui partirà il manoscritto, prenderò una sbornia coi fiocchi, a meno che tu non venga qui il giorno seguente e si possa combinarla insieme.

(Engels, Lettera a Marx, 7 ago-sto 1865, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 148)

1866Davvero devi deciderti a far

qualche cosa di giudizioso, per venir fuori da questa faccenda dei foruncoli, perfino se il tuo li-bro [“Il Capitale”, nota dei cura-tori] dovesse subire un ritardo di altri tre mesi. Il guaio si fa davvero troppo serio, e se il tuo cervello, come dici tu stesso, non è up to the mark [all’altezza] per le cose teoriche, lascialo dunque per un poco riposare pienamente dal-le teorie superiori. Tralascia per qualche tempo di lavorare di not-te e conduci una vita un poco più regolare. Quando sarai ristabilito, vieni qui, per 15 giorni o giù di lì affinché tu abbia un po’ di cam-biamento, e porta pur tanti qua-derni con te, che qui per quanto starà in me, potrai un poco lavo-rare.

(Engels, Lettera a Marx, 10 febbraio 1866, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 191)

Adesso fammi il piacere man-gia arsenico, e vieni qui non ap-pena il tuo stato un poco lo per-metta, sicché tu stia meglio una buona volta. Con questo eterno esitare e rimandare ti rovinerai, nessuno può continuare a resi-stere a questa storia cronica di favi, prescindendo dal fatto che alla fine può comparirne uno che prenda una svolta tale che tu te ne vada al diavolo. E dove van-no poi a finire allora il tuo libro [“Il Capitale”, nota dei curatori] e la tua famiglia?

Tu sai che sono pronto a fare il possibile, e in questo caso estre-mo anche di più di quanto potrei arrischiare in altre circostanze. Ma sii però ragionevole e fa a me e alla tua famiglia questo unico piacere, di lasciarti curare. Che cosa ne sarebbe di tutto il movi-mento, se ti succedesse qualche cosa, e, dato il tuo comporta-mento, si dovrà arrivare proprio a

questo. In verità io non ho quiete né giorno né notte finché non ti so fuori da questa storia, ed ogni giorno in cui non ho tue notizie sono inquieto e penso che tu stia di nuovo peggio.

(Engels, Lettera a Marx, 22 febbraio 1866, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLII, pagg. 200-201)

Ti mando qui acclusi due bi-glietti J/F 65865 e 66, da Lst. 5, in totale Lst. 10, datati Manche-ster, 30 gennaio 1865. Vorrei po-terti assicurare più di 200 sterline all’anno, ma purtroppo non pos-so. Se tutto andrà bene, potrò certamente procurare ancora un 50 sterline in più.

(Engels, Lettera a Marx, 10 agosto 1866, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 275)

L’annuncio che il manoscrit-to [del I volume de “Il Capitale”, nota dei curatori] è partito mi to-glie una pietra dal cuore. Dunque finalmente un commencement

d’exécution [inizio di esecuzione], come dice il Code pénal [Codice penale]. Per questo io bevo un bicchiere speciale alla tua salute. Il libro ha molto contribuito a ro-vinare la tua salute; adesso che te ne sei liberato, sarai anche un tutt’altro uomo.

(Engels, Lettera a Marx, 11 novembre 1866, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 292)

1867Hurrà! Questo grido fu irre-

primibile quando finalmente vidi scritto che il primo volume [“Il Capitale”, nota dei curatori] è finito, e che tu vuoi subito an-dare con esso ad Amburgo. Per-ché non manchi il nervus rerum [nerbo delle cose], ti mando qui acclusi sette mezzi biglietti da 5 sterline, in complesso 35 sterli-ne, e manderò le seconde metà subito dopo ricevuto il solito te-legramma.

(Engels, Lettera a Marx, 4 apri-le 1867, Opere Marx Engels, Edi-tori Riuniti, vol. XLII, pag. 313)

A tua moglie, che mi ha scrit-to oggi, mando 10 sterline e così pure, subito al principio del pros-simo mese, le altre 10 a Wheeler. Con ciò ti metterai relativamen-

te tranquillo su questo punto; secondo quanto mi scrivi, per l’avvenire finalmente ti si apre davanti, per fortuna, una più ral-legrante prospettiva. Ho sempre pensato che questo maledetto libro [“Il Capitale”, nota dei cura-tori] a cui hai dedicato così lunga fatica, fosse il nocciolo di tutte le tue disgrazie, da cui non sare-sti uscito né mai avresti potuto uscire fino a quando non te lo fossi scrollato di dosso. Questa eterna cosa incompiuta ti schiac-ciava fisicamente, spiritualmente e finanziariamente, e posso be-nissimo concepire che dopo la liberazione da questo incubo a te sembri adesso di essere comple-tamente un altro uomo. (...)

Non desidero nient’altro che la liberazione da questo bestiale commercio che, divorando il mio tempo, mi demoralizza comple-tamente. Finché vi sono dentro, non sono capace di niente; spe-cialmente da quando il principale sono io, le cose sono peggiorate per via della maggior responsa-

bilità. Se non fosse per la consi-derazione del reddito aumentato, davvero vorrei piuttosto ridiven-tare commesso. In ogni modo la mia vita di commerciante fra pochi anni sarà finita e allora an-che gl’introiti fluiranno molto ma molto più scarsi, ed io continua-mente rigiro nel cervello sul come faremo allora con te. Se però le cose vanno secondo la piega di adesso, allora potranno arran-giarsi, quand’anche non venisse la rivoluzione e buttasse all’aria tutti i progetti finanziari. Ma se questo non succede, mi propon-go però di fare della mia libera-zione un gran divertimento e di scrivere un libro ameno: Dolori e gioie della borghesia inglese.

(Engels, Lettera a Marx, 27 aprile 1867, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLII, pagg. 321-322-323)

Finora ho riveduto circa 36 fo-gli di stampa [del primo volume de “Il Capitale”, nota dei cura-tori] e mi congratulo per il modo perfetto con cui i più complessi problemi economici sono stati semplificati e quasi fatti sensibil-mente chiari soltanto col metterli a punto e collocarli nella loro giu-sta connessione. Lo stesso per la famosissima, in relazione alla materia, esposizione del rappor-to fra lavoro e capitale – qui per la prima volta in piena e perfetta connessione. È stato per me un gran divertimento anche il vedere come tu ti sei impratichito del vo-cabolario tecnologico, cosa che

certamente dovette presentare molte difficoltà, al cui riguardo ebbi parecchi misgivings [timori].

(Engels, Lettera a Marx, 23 agosto 1867, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 355)

Io mi ritrovo qui da 2 mesi seduto nel mio ufficio e perdo molto tempo con il pidocchioso commercio.

(Engels, Lettera a Ludwig Ku-gelmann, 12 ottobre 1867, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLII, pagg. 611-612)

La stampa tedesca continua a tacere sul “Capitale”, eppure è estremamente importante che accada qualcosa. Uno degli ar-ticoli che Le sono stati mandati l’ho trovato nella “Zukunft”; mi dispiace non aver saputo che eventualmente esso era stato destinato per questo giornale, in quella sede ci si sarebbe potuti presentare più apertamente. Ma non importa. La cosa principale è

che il libro, insomma, venga con-tinuamente recensito. E poiché Marx non è capace di muoversi liberamente in questa faccenda e si vergogna come una verginel-la, così dobbiamo farlo appunto noi. Mi faccia dunque il piacere di informarmi sul successo che finora Lei ha avuto in questa fac-cenda, e quali giornali crede di poter ancora utilizzare. In questo caso, per parlare come il nostro vecchio amico Gesù Cristo, dob-biamo essere innocenti come le colombe e astuti come i serpen-ti. Quei bravi economisti volgari sono abbastanza furbi da stare in guardia verso questo libro e da non parlarne assolutamente, se non vi sono costretti. E noi dobbiamo costringerli a farlo. Se il libro viene recensito in 15-20 giornali – non importa se favo-revolmente o sfavorevolmente, se in articoli, corrispondenze o nella parte non redazionale – semplicemente come una pub-blicazione importante, che meri-ta attenzione, allora tutta quella banda si metterà a ululare da sé, e i Faucher, Michaelis, Roscher e Max Wirth in questo caso non potranno fare a meno di inter-venire. È nostro dannato dovere far pubblicare questi articoli, se possibile contemporaneamen-te sui giornali, specialmente in quelli europei, anche reazionari. Su questi ultimi si potrebbe at-tirare l’attenzione sul fatto che i signori economisti volgari, nei parlamenti e nelle assemblee di

economisti, si riempiono la boc-ca, ma qui, dove vengono messe in luce le conseguenze della loro stessa scienza, si compiacciono di tenere la bocca chiusa. E così via. Se Lei ritiene desiderabile il mio aiuto, mi faccia sapere per quale giornale desidera qualco-sa: io sono sempre disposto a intervenire al servizio del partito.

(Engels, Lettera a Ludwig Ku-gelmann, 8 e 20 novembre 1867, Opere Marx Engels, Editori Riuni-ti, vol. XLII, pagg. 616-617)

Le avrei già mandato vari ar-ticoli, se domenica non avessi avuto un attacco influenzale con mal di gola, mal di denti e natu-ralmente la febbre, che mi ob-bligò a giacere sul divano. Per fortuna queste cose hanno in me un decorso acuto e rapido, sic-ché oggi sono di nuovo in grado di lavorare e mi metterò subito al tavolino. Ma non creda che si possa fare così presto a scrivere sullo stesso libro [il I volume de “Il Capitale”, nota dei curatori] una dozzina di recensioni, e non solo dire qualcosa di diverso in ognuna di esse, ma anche farle in modo che non si veda che esse provengono tutte dallo stesso autore. In un lavoro del genere si fa spesso una pausa e bisogna prendere fiato per riflettere.

(Engels, Lettera a Ludwig Kugelmann, 12 dicembre 1867, Opere Marx Engels, Editori Riu-niti, vol. XLII, pag. 629)

1868Spero che tu ti sia finalmen-

te liberato da quel favo ostina-to. Ma finirai ben col capire che non è possibile continuare così, senza far niente, e che occor-re per lo meno del forte moto quotidiano all’aria aperta, e che devi “rinunciare” in piena regola al lavoro notturno (non appena ti sarà possibile la prima cosa), per rimetterti in generale in gra-do di lavorare. Altrimenti il II vo-lume non sarà mai fatto. (…)

Non puoi pretendere che io sgobbi sugli opuscoli russi di Borkheim; per lo meno non puoi farlo in questo momento. Sono molto preso dall’azienda, tor-no a casa tardi, cosicché prima delle otto non arrivo a far nulla; per giunta debbo vivere molto regolarmente, perché in questi ultimi tempi ho dormito male e di conseguenza al mattino sono completamente giù, il che non mi era mai capitato prima. Inol-tre vi sono gli impegni a volte inevitabili e la necessità assoluta di fare del moto per rimettermi a posto la questione del sonno. Ogni opuscolo russo mi porte-rebbe via 8-15 giorni, perché dovrei riallenarmi e perché i vo-cabolari sono cattivi.

(Engels, Lettera a Marx, 23 gennaio 1868, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLIII, pagg. 25-26)

Causa del mio silenzio è sta-to il fatto che con la mia lettera volevo allo stesso tempo annun-ziarti la spedizione del vino. Ma il tipo che mi imballa il vino, ha avuto un infortunio e starà a let-to per lo meno quindici giorni, e perciò non ho potuto farlo sino-ra. Se mi è possibile, lo imballerò io stesso domani. Avrai dell’otti-mo Claret 1863 e vino del Reno 1857; di vino della Mosella ne ho ancora poche bottiglie soltanto che si trovano a Mornington Street dove non posso farle im-ballare.

(Engels, Lettera a Marx, 2 febbraio 1868, Opere Marx En-gels, Editori Riuniti, vol. XLIII, pag. 31)

[continua - 4]

N. 41 - 10 novembre 2016 Engels su Engels / il bolscevico 9 ë DALLA 8ª

Engels e Marx al lavoro

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PARTITO MARXISTA-LENINISTAITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a

50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] -- www.pmli.it

Gli astensionisti

di sinistra non siastengono al

referendum costituzionale

Votano NO

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N. 41 - 10 novembre 2016 interni / il bolscevico 11Una proposta di stampo keynesiano per aumentare investimenti e consumi e sostenere il capitalismo in crisi

Il PIano del lavoro della CgIl non Porta alCUn vantaggIo

aI lavoratorIIl 13 settembre, presso la sede

nazionale della confederazione in Via del Corso a Roma la Cgil ha presentato il suo Piano del Lavo-ro. E tuttavia vogliamo avvertire che non si tratta di una vera e propria novità, poiché tale Piano è una sintesi e una riproposizione di quello del 2013 e poi tirato fuo-ri di nuovo nel 2015, con qualche aggiustamento e aggiornamento. Il vero atto di nascita risale quindi a più di tre anni fa, con l’uscita di un lungo ed articolato documen-to di 27 pagine mentre quello at-tuale si riduce a poco più di sei, grafici compresi.

Le date sono importanti per collocare gli avvenimenti nel loro contesto temporale. Quando nel 2013 vide la luce il Piano del Lavoro alla testa della Cgil, che si approssimava al congresso, c’era ancora Guglielmo Epifani ed eravamo alla vigilia (manca-va poco più di un mese) delle elezioni politiche, che facevano presagire una scontata vittoria della “sinistra” borghese a guida Bersani-Vendola sulla destra che vedeva il suo capo Berlusconi ri-dimensionato per i suoi scandali finanziari e sessuali e “sfiduciato” dall’Unione Europea (UE). Il Pia-no del Lavoro appariva a tutti gli effetti una specie di “manifesto” dove la Cgil elencava le proprie rivendicazioni a un futuro gover-no “amico” di “centro-sinistra”.

Le cose andarono diversa-mente a causa della tripartizione dei voti validi tra “centro-sinistra”,

destra e Movimento 5 Stelle, la quale creò un blocco alla forma-zione del nuovo esecutivo. Per ovviare a ciò si formò il “governo delle larghe intese” guidato da Letta e sostenuto da Berlusconi, fino all’arrivo del nuovo cavallo scelto dalla borghesia e dall’UE, Renzi, che siglò con il capo di Forza Italia il Patto del Nazareno con l’intenzione di scrivere insie-me la controriforma della Costitu-zione, il che ci fa capire come sia strumentale il NO di Berlusconi al referendum del 4 dicembre. Il Piano del Lavoro è finito presto nel dimenticatoio e tutti e tre i governi hanno ignorato le richie-ste della Cgil. Renzi si è spinto più avanti di tutti schierandosi con Marchionne e ha attaccato ripetutamente la Cgil mettendo in discussione il ruolo e l’esistenza stessa del sindacato, tollerando solo un sindacato unico corpora-tivo e di regime.

Adesso si rispolvera il Pia-no del Lavoro, con un chiaro ed esplicito riferimento a quello as-sai più famoso lanciato dalla Cgil di Di Vittorio nel 1949-50, in una situazione nazionale e interna-zionale completamente diversa, anche se entrambi nati con lo scopo dichiarato di ridurre la di-soccupazione. Tutti e due hanno comunque un altro comune de-nominatore: hanno una visione corporativa del sindacato, che assume un ruolo di soggetto apparentemente autonomo ma facente parte esso stesso delle

istituzioni borghesi e integrato nel sistema capitalistico, portatore non delle istanze dei lavoratori ma di “interessi generali”, come diceva lo stesso sindacalista pu-gliese.

Il Piano del Lavoro del do-poguerra era profondamente riformista e d’ispirazione social-democratica, aveva sì lo scopo di ridurre la disoccupazione che aveva raggiunto livelli drammati-ci, ma l’obiettivo più generale era quello di ricostruire l’economia post-bellica dell’Italia attraverso l’alleanza dei lavoratori con la borghesia, perpetuando la linea dell’ ”unità nazionale” che aveva avuto senso durante la Resi-stenza e fino alla fine della guerra, ma era insostenibile in quel fran-gente storico in cui la DC, sotto pressione americana, aveva cac-ciato il PCI dal governo, era stata lanciata una pesante offensiva padronale contro i lavoratori e si era aperta la caccia e la perse-cuzione nelle fabbriche contro i comunisti, era iniziata la Guerra Fredda.

Il Piano non ebbe alcun segui-to nonostante fosse moderato e conciliatorio con il capitale tan-to che non piacque nemmeno all’allora PCI di Togliatti e perfino al PSI che invitavano la Cgil di Di Vittorio a occuparsi più del-le condizioni degli operai e dei contadini che di piani nazionali di sviluppo. È la stessa Cgil della Camusso, a cui piace tanto rifar-si al revisionista e riformista Di

Vittorio, a ricordarci come il suo Piano del Lavoro “ nulla aveva a che fare con un programma di riforme volto a un cambiamento radicale dei rapporti sociali. Non si trattava di un progetto sociali-sta, in altre parole”, e su questo noi marxisti-leninisti siamo per-fettamente d’accordo.

Ma torniamo ai giorni nostri e al “Piano del Lavoro, un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile”, come è stato denominato nell’ultima sua versione. Un progetto che parte dal pensiero keynesiano, come ammette la Cgil, nel senso che si ispira alle teorizzazioni dell’eco-nomista borghese britannico Keynes il quale sosteneva l’in-tervento statale nell’economia di mercato in particolari momenti di crisi, favorendo l’occupazione e i salari in modo da far ripartire i consumi e superare più age-volmente i periodi di magra, non tanto per andare incontro ai lavo-ratori ma con lo scopo di far ri-partire e perpetuare l’economia e il sistema capitalistico.

Da “keynesiani” a renziani il passo è breve. Perché alla fine per la Cgil le cause della crisi e dell’impoverimento dei lavora-tori e delle masse popolari sono attribuibili alla politica di auste-rità, dei vincoli troppo stretti sul debito pubblico e della rigidità dell’Unione Europea che non tie-ne di conto della diversità dei vari Paesi che compongono l’UE. In ultima analisi sposa il tormento-

ne di Renzi che chiede maggiore flessibilità sui conti pubblici e un occhio di riguardo per l’Italia e gli altri paesi in maggiore difficoltà.

Nel concreto il documento ci ricorda le conseguenze di 8 anni di crisi economica capitalistica: 1,6 milioni di posti di lavoro in meno, gli individui in condizione di povertà assoluta passati da 1 milione 789 mila a 4 milioni e 102 mila, l’aumento dell’indice di di-suguaglianza nella distribuzione del reddito, l’aumento della cassa integrazione, la diminuzione dei salari e tanti altri drammatici dati di cui ci siamo occupati spesso anche sulle pagine del Bolscevi-co.

Attraverso un’agenzia nazio-nale, dove accanto al pubblico opera anche il privato, attraverso accordi con le amministrazioni lo-cali, si potrebbe ottenere, secon-do la Cgil l’assunzione a tempo indeterminato di 20.000 ricerca-tori, 100.000 persone nella pub-blica amministrazione, 300.000 contratti straordinari 3 anni+3 in prevenzione del territorio e 100.000 contratti triennali nella cultura ovvero contratti a termine, 60.000 occupati in nuove coope-rative, 20.000 occupati in nuove imprese giovanili innovative, le cosiddette start up. Le risorse, 50-60 miliardi di euro in tre anni, andrebbero trovate sperando in un allentamento delle redini della UE sulla spesa pubblica o, seconda possibilità, con una pa-trimoniale (che nessun governo pensa minimamente di attuare).

Il Piano del lavoro è molto lontano dai tanti progetti di inter-vento pubblico diretto in econo-mia del passato, è ancora meno incisivo. La Cgil punta a definire un “nuovo ruolo del settore pub-blico”, partendo dal presupposto che la crescita si può ottenere solo agendo sul lato della doman-da: aumentando investimenti e consumi. Per ottenerli il ruolo dei

privati è quello principale, mentre quello statale è subordinato ed entra in scena solo per “stimola-re” quello privato, in particolare detassando e agevolando le im-prese, cosa che del resto sta già facendo, e alla grande, il nuovo duce Renzi.

Certo che servirebbe un Piano straordinario per l’occupazione, ma non è certo quello della CGIL. Il piano del lavoro non potrà esse-re tale senza mettere in discussio-ne il tema dell’intervento pubblico in economia, dell’avocazione allo Stato della proprietà di infrastrut-ture, banche, settori strategici dell’industria. Consapevoli che nel capitalismo non potrà esserci mai la piena occupazione, occor-re rivendicare l’assunzione stabi-le di tutti i precari nella pubblica amministrazione, eliminare tutte le forme di precariato e quelle che legalizzano il lavoro nero come i voucher, ridurre l’orario di lavoro a 35 ore, bloccare le privatizza-zioni, nazionalizzare le banche, gli enti e le grandi aziende d’in-teresse generale, dare sostegno adeguato a chi perde il lavoro, pensioni dignitose, e tanto altro.

Tutto questo richiederebbe anche di svincolarsi dalle gabbie imposte dalla UE imperialista e dal Fondo monetario interna-zionale e soprattutto servirebbe una mobilitazione forte per so-stenere richieste di questo tipo che qualsiasi governo borghese si rifiuterebbe di concedere. Ma la Cgil, pur richiedendo un allen-tamento delle restrizioni della UE non la mette in discussione e ne riconosce l’autorità. Allo stesso modo con il governo nazionale ri-cerca continuamente il dialogo e la concertazione, come abbiamo visto con le pensioni, il contratto del pubblico impiego e la legge di bilancio, quando invece servireb-be alzare il livello dello scontro per opporsi alla politica reazionaria e antioperaia del governo Renzi.

a lUglIo 11 arrestI, ora è stata CommIssarIata la soCIetà Che gestIsCe I PrInCIPalI eventI nel CaPolUogo lombardo, dal salone del mobIle alla settImana della moda

alla mafia gli appalti di Fiera di milano Accade nulla

attorno a te?RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’Chissà quante cose accadono attorno a te, che

riguardano la lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quartiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, so-prusi, malefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposizione le seguenti rubriche: Lettere, Dia-logo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse, Corrispondenze operaie e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagina. Invia i tuoi “pezzi’’ a:

Via A. del Pollaiolo 172/a - 50142 FirenzeFax: 055 5123164 - e-mail: [email protected]

Tutto il sistema fieristico di Mi-lano è ormai pesantemente condi-zionato dalla mafia, come le ultime inchieste della magistratura del capoluogo lombardo dimostrano senza ombra di dubbio, a comin-ciare dal clamoroso arresto, lo scorso 5 luglio, di 11 persone ad opera della direzione distrettuale antimafia.

Allora (si veda peraltro “Il Bol-scevico” n. 29 del 21 luglio 2016, p. 3) finirono in carcere (con l’accusa di associazione a delinquere con aggravante di finalità mafiosa fina-lizzata al compimento dei reati di riciclaggio di denaro, di appropria-zione indebita e altri reati valutari e tributari) il presidente del consorzio di cooperative Dominus scarl, Giu-seppe Nastasi, il suo collaboratore Liborio Pace e cinque altre persone tra cui un potente avvocato e il pa-dre di Nastasi, anche egli impren-ditore, mentre altre quattro finirono agli arresti domiciliari.

Il consorzio Dominus scarl, specializzato nell’allestimento di stand, aveva lavorato molto per Fiera Milano spa dalla quale ave-

va ricevuto in subappalto l’incarico di realizzare alcuni padiglioni per l’Expo dell’anno scorso, una com-messa triennale dal valore di 20 milioni di euro ottenuta dalla Nolo-stand spa, società che appartiene al gruppo Fiera di Milano, e i cui vertici, accertarono i magistrati mi-lanesi, avevano stretti contatti con l’associazione a delinquere che gestiva la Dominus scarl.

Lo scorso 3 ottobre il Tribunale di Milano ha disposto addirittura il commissariamento dell’intero set-tore di Fiera Milano spa che si oc-cupa di allestimenti fieristici e che è strettamente legato a Nolostand spa, società già commissariata lo scorso luglio.

Il commissario straordinario do-vrà controfirmare tutti gli atti relativi al settore di Fiera Milano Spa inte-ressato dalla misura di prevenzio-ne, relativamente agli atti di spesa di maggiore rilevanza attinenti ai rapporti con Nolostand spa.

Tale provvedimento è stretta-mente connesso all’indagine re-lativa alle infiltrazioni mafiose nel capoluogo lombardo, coordinata

dal procuratore aggiunto Ilda Boc-cassini e dai pm Paolo Storari e Sara Ombra, che lo scorso luglio ha condotto agli 11 arresti.

I giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale mila-nese scrivono a chiare lettere, per giustificare un provvedimento così grave nei confronti di un settore così importante di Fiera Milano spa, che quest’ultima non risulta a partire dallo scorso luglio “avere attivato adeguati ed efficaci stru-menti di prevenzione per evitare contaminazioni illegali” a seguito del commissariamento della con-trollata Nolostand spa.

Nel decreto, inoltre, il tribuna-le mette chiaramente in evidenza che Nolostand spa non disponeva di reale autonomia operativa e ge-stionale rispetto alla controllante Fiera Milano spa, e questo getta ombre pesantissime sulla dirigen-za della stessa società control-lante, in quanto già nella richiesta di amministrazione giudiziaria per Nolostand spa venivano riportate alcune intercettazioni telefoniche relative, come scrivono i pubbli-

ci ministeri nella loro richiesta di commissariamento di luglio, alla “prassi oramai consolidata secon-do cui il quadro direttivo di Fiera Milano, per qualsivoglia proble-matica gestionale, organizzativa ed operativa, interloquiva consape-volmente ed in modo diretto con Nastasi Giuseppe e Pace Liborio, nonostante entrambi non avevano alcun titolo o incarico formale per interfacciarsi con la società per azioni”.

Il giro d’affari che ruota intorno all’attività realizzazione di stand in eventi fieristici da parte di Fiera Milano spa – operata direttamente o tramite la controllata Nolostand spa – è enorme: si pensi soltanto al Salone del Mobile e alla Setti-mana della Moda, eventi che sono peraltro sotto i riflettori mediatici, e quindi appare grave che tale infil-trazione mafiosa sia potuta passa-re inosservata agli amministratori pubblici, come il nuovo sindaco PD di Milano Sala, o ad autorità, come l’Anac di Cantone, che han-no (o meglio, avrebbero) il compito di vigilare proprio in tal senso.

Page 12: Italia centrale devastata solidarieta’ ai terremotatipmli.it/ilbolscevicopdf/2016/2016n411011.pdfLa denuncia di “Roars” a proposito delle 500 “cattedre Natta” RENzI E GIANNINI

12 il bolscevico / interni N. 41 - 10 novembre 2016

Grazie al Jobs Act i Comuni fanno man bassa di voucher

Voucher di Stato Come la pubblica amministrazione favorisce il precariato e il supersfruttamento

Prima la Fornero e ora il Jobs Act hanno finito per liberalizzare i voucher, nati nel 2008 e inizial-mente utilizzati limitatamente e solo in particolari condizioni e settori. Uno strumento che era stato presentato come mezzo facile e semplice da usare per pagare poche prestazioni margi-nali, cioè lavoretti che sarebbero stati svolti in nero da soggetti altrimenti impegnati. Anno dopo anno, se ne è tenuta l’etichetta ma si sono eliminati i limiti per soggetti e attività, e quello che era stato propagandato come un grimaldello per combattere il la-voro nero si è dimostrato l’esatto contrario: la legalizzazione di rap-porti di lavoro fuori da qualsiasi regola contrattuale.

Anna Zilli, docente di Diritto del Lavoro all’università di Udi-ne, in un’intervista all’Espresso lo spiega bene: “La formulazio-ne originaria aveva una filosofia di emersione esplicita e molto chiara: piccoli lavori marginali, appunto, che diventa più facile e più sicuro svolgere in regola. Ma alla lunga, annacquandone i limiti, il risultato è un travaso dal lavoro standard, con i suoi costi diretti (primo fra tutti, la previden-za) e indiretti (malattia, maternità, ferie), verso mere prestazioni di lavoro, che costano pochissimo, anche perché il valore del vou-cher è lo stesso dal 2004. Così oggi i settori di maggior impiego del voucher sono il commercio (18,0 per cento), il turismo (13,7)

e i servizi (13), mentre solo il 6 per cento ormai è venduto nel settore agricolo e appena il 3 per cento nei servizi domestici, le tipologie per cui era nato e che, in termini asso-luti, si mantengono costanti”.

Con il Jobs Act si sono ampliati i margini: oggi si può lavorare per voucher, in ogni settore, anche nella pubblica amministrazione e senza alcuna limitazione se non quella economica, fino a 7.000 euro netti all’anno. In due anni, tra il 2013 e il 2015, l’utilizzo dei lavoratori pagati con i voucher è più che raddoppiato, da 609mila a 1,3 milioni e sembra che gli enti locali abbiano fatto la loro parte, i comuni soprattutto. Col prete-sto delle ristrettezze di bilancio, i comuni hanno finito per “appalta-re” ai buoni lavoro anche servizi centrali per la gestione dei terri-tori. Come la cura del verde o la rimozione della neve dalle strade. Bastano dieci euro lordi per com-prare un’ora di prestazione, fioc-cano le iniziative pubbliche che ne incentivano l’uso, favorendo la svalutazione e la precarizzazione del lavoro.

Tra gli ultimi bandi pubblicati, c’è quello del Comune di Atripal-da, in provincia di Avellino, che offre voucher per “lavori di giar-dinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monu-menti”. La stessa cosa propone il Comune di Assisi (bando se-gnalato da Rassegna.it, sito del-la Cgil), che ha chiuso da poco una selezione per la ricerca di

personale “disponibile a svolge-re prestazioni di lavoro di natura occasionale di tipo accessorio, retribuite mediante buoni lavoro (voucher)” per mansioni che van-no dalla preparazione e pulizia dei luoghi per manifestazioni culturali e artistiche ai servizi di manu-tenzione del territorio. E l’elenco potrebbe andare avanti ancora per molto: si erogano voucher a Cantù per la manutenzione degli edifici scolastici, a Benevento per la cura del decoro urbano, a San Pietro in Cariano (Verona) per ac-compagnare gli studenti a scuola e sostituire i segnali stradali dan-neggiati.

Se il personale dipendente dei Comuni non basta, i servizi extra si “pagano” con i voucher: a Gorizia il comune ha messo in palio i buoni lavoro da dieci euro persino per coprire il servizio di

trasporto dei defunti. Ma i vou-cher non sono utilizzati solo per lavori “marginali”. A Tromello, Pa-via vengono usati per l’aggiorna-mento degli archivi delle posizioni dei contribuenti per Ici, Imu, Tasi e Tari. Stessa cosa è avvenuta a Cavriago, dove si prevede l’ac-cesso a banche dati interne ed esterne all’amministrazione. In questi casi, “oltre al risparmio re-tributivo sulla pelle dei lavoratori – denuncia la Cgil Funzione Pub-blica- e al processo di svilimen-to del lavoro” c’è un elemento in più: “la mancanza di quei vincoli di riservatezza imposti invece ai dipendenti pubblici, prevista dai contratti e non dal ricorso ai voucher, cruciale nella gestione di dati sensibili che riguardano i cittadini tutti”.

Tutte le inchieste svolte su questo tema dimostrano che il

voucher viene usato in maniera generalizzata anche dalle ammi-nistrazioni pubbliche che si com-portano come e peggio di una qualsiasi ditta privata, di qualsia-si “colore” esse siano. Al pari di quelle guidate dalla destra, anche le giunte di “sinistra” o “arancio-ni” nate da coalizioni che alle ele-zioni amministrative mettevano ai primi posti dei loro programmi la lotta al precariato, in realtà lo alimentano attraverso l’uso dei voucher; pensiamo alle giunte De Magistris a Napoli, Pisapia e poi Sala a Milano, Emiliano e poi Decaro a Bari, città che conosco-no molto bene l’utilizzo del pre-cariato e il supersfruttamento dei lavoratori nell’amministrazione comunale.

Quanto è avvenuto con i vou-cher sembra lo stesso film già visto con la flessibilità dell’orario

di lavoro, con le deroghe al con-tratto nazionale, con le limitazioni al diritto di sciopero, con il blocco dei salari del pubblico impiego e delle pensioni. Le misure prese dal governo, sostenute dal pa-dronato e spesso con il consen-so dei sindacati confederali, sono inizialmente presentate come provvisorie o indirizzate a parti-colari settori economici e lavora-tivi, per poi essere generalizzate e liberalizzate, diventando la regola invece dell’eccezione. Per questo non crediamo che la cosiddetta “tracciabilità” dei voucher serva a molto, questo sistema di lavo-ro nero e capolarato legalizzato deve essere cancellato abolen-do definitivamente il sistema dei “buoni lavoro”.

Contro lo sfruttAmento selvAGGio e le Condizioni di lAvoro

Presìdi e mobilitazione dei fattorini foodora Lo scorso 8 ottobre a Torino è

partita la protesta dei fattorini di Foodora - l’azienda tedesca che si occupa della consegna di cibi a domicilio - che si è progressi-vamente allargata nei giorni suc-cessivi anche all’altra città italiana nella quale opera l’impresa, Mila-no.

I lavoratori hanno protestato per chiedere maggiori tutele con-trattuali e una retribuzione più di-gnitosa, visto che si tratta di un la-voro precario e rischioso: a fronte di decine di chilometri che in me-dia vengono percorsi in bicicletta o in motorino in mezzo al traffico di grandi città l’azienda ha deciso arbitrariamente di passare dalla paga di 5 euro l’ora a 2,70 euro per ogni consegna effettuata, impo-nendo di fatto unilateralmente un vero e proprio cottimo senza una paga fissa, con l’ovvia conseguen-za che tutto il tempo in cui non ci sono ordini i lavoratori non vengo-no retribuiti.

A conti fatti, i fattorini rischiano di mettersi in tasca meno di 3 euro l’ora.

Inoltre sono a esclusivo carico dei fattorini le spese per la manu-tenzione dei mezzi che utilizzano, bici e motorino, nonché le spese telefoniche, e per di più i loro spo-stamenti vengono continuamente monitorati dall’azienda tramite una apposita app telematica.

Tra le richieste dei lavoratori c’è naturalmente quella più ovvia, cioè di essere riconosciuti come dipendenti, come ha spiegato chiaramente in una nota il comi-tato spontaneo sorto subito dopo l’inizio della protesta: “il nostro contratto è una sorta di Co.co.co fatto male, una forma contrat-tuale superata ormai da anni che definisce una collaborazione tra un’azienda committente e un libe-

ro professionista. Tuttavia noi rider siamo a tutti gli effetti dipendenti di Foodora: costretti ad indossare la loro divisa, sottoposti a rapporti gerarchici, in balia delle loro deci-sioni e sottoposti a delle valutazioni per cui se non siamo accondiscen-denti nei loro confronti ci vengono dati meno turni”.

Si tratta, come è chiaro, di un

vero e proprio lavoro dipendente mascherato però da collabora-zione, esattamente come quello delle false partite IVA o dei lavo-ratori pagati con i voucher, con la conseguenza peraltro che, non essendo ufficialmente inquadrati come lavoratori subordinati, essi non hanno diritto a ferie retribuite, tredicesima, contributi, accesso a sussidi di disoccupazione e per malattia, limitandosi l’azienda a garantire un’assicurazione che co-pre solo le spese mediche per gli incidenti sul lavoro, ma se stanno

male e non possono lavorare non vengono pagati, così come non vengono pagati se si fanno male mentre lavorano e devono restare a casa.

Dopo che la protesta aveva raggiunto anche Milano, i lavora-

tori di Foodora hanno quindi orga-nizzato il 20 ottobre un’assemblea pubblica che si è svolta nel cortile del Campus Luigi Einaudi di Torino alla presenza di alcune centinaia di persone, allo scopo di creare un momento di confronto con tutto il mondo del lavoro, e soprattut-to quello generato dalle moderne start up che si contraddistingue per dinamiche ancora poco cono-sciute e che comunque si caratte-rizza per una sistematica preca-rietà sconosciuta nelle tradizionali forme di lavoro e si presta ancora

di più, rispetto a queste ultime, allo sfruttamento illimitato dalla forza-lavoro.

All’assemblea hanno parteci-pato circa seicento persone, di cui solo una piccola parte erano i lavoratori della Foodora interes-

sati alla protesta, con il coinvolgi-mento anche di lavoratori di altre realtà produttive, di studenti e di sindacalisti, e proprio dalle Confe-derazioni Cgil, Cisl e Uil di Torino è arrivata, tramite un comunicato stampa congiunto, la piena solida-rietà alla protesta dei fattorini.

Il sistema di consegne a domi-cilio sul quale si fonda l’attività di Foodora segna un salto di qualità nello sfruttamento capitalista di manodopera, in quanto utilizza il meccanismo dell’algoritmo per gestire la fluttuazione della do-

manda, ovvero si basa sull’avere a disposizione una forza-lavoro fles-sibile, che può venire mobilizzata o smobilizzata in base alla domanda dei consumatori, e il tentativo di questo tipo di impresa di passare a un sistema di compensi stabili-to a prestazione piuttosto che al classico sistema di retribuzione fissa, cioè alla classica retribuzio-ne prevista dai contratti collettivi, permette alle piattaforme di elude-re totalmente i costi dei potenziali tempi morti o di bassa domanda sui lavoratori stessi, operando dunque una stretta al ribasso sui costi del lavoro, e addossando in definitiva sui lavoratori tutti gli altri rischi.

Il modello sul quale si fonda un’impresa come Foodora è assai simile al settore della logistica, nel quale la maggior parte dei profitti vengono estratti attraverso l’inten-sificazione dei ritmi lavorativi dei facchini, e questo modello, pur spacciato per un nuovo modello di economia nel quale viene data ai lavoratori una opportunità di lavo-ro flessibile e gestibile dagli stessi quasi fossero piccoli imprenditori, nasconde per essi una vera e pro-

pria trappola, innanzitutto sul piano giuridico, in quanto i fattorini di Fo-odora sono a tutti gli effetti dei la-voratori dipendenti e non dei lavo-ratori autonomi in grado di gestire i loro servizi con un sufficiente gra-do di autonomia: infatti essi hanno nei confronti dell’azienda una serie di doveri quali quello di esclusività, in quanto il contratto con Foodo-ra li obbliga a non poter lavorare per aziende concorrenti ad essa, quello di attenersi alle disposizioni aziendali quali l’uso dell’abbiglia-mento aziendale, il rispetto dei tempi e in generale la piena sot-toposizione a regole aziendali, ma hanno in compenso una retribuzio-ne da fame, un regime di estrema precarietà e soprattutto un regime di rischi lavorativi addossati esclu-sivamente su di loro, senza consi-derare la mancanza assoluta di fe-rie retribuite, indennità di malattia, retribuzione base, il che comporta che questo nuovo tipo di regime lavorativo, sotto le mentite spoglie di modernità, si pone nello stesso ambito dei famigerati voucher e delle finte partite IVA.

Pagati 3 euro l’ora

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 2/11/2016

ore 16,00

Torino, 11 ottobre 2016. Un presidio dei lavoratori di Foodora

Page 13: Italia centrale devastata solidarieta’ ai terremotatipmli.it/ilbolscevicopdf/2016/2016n411011.pdfLa denuncia di “Roars” a proposito delle 500 “cattedre Natta” RENzI E GIANNINI

N. 41 - 10 novembre 2016 corruzione / il bolscevico 13

L’accordo di renzi con aLibaba arricchirà L’amico carrai

Grazie ad un accordo stipula-to dal governo Renzi l’11 giugno 2014 e diventato operativo ad agosto scorso le aziende italiane potranno vendere nel mercato ci-nese attraverso la piattaforma on line “Alibaba”, il colosso dell’e-ccomerce fondato da Jack Ma che fattura oltre 180 miliardi di dollari all’anno.

Un risultato ottenuto grazie agli ottimi rapporti fra Renzi e il boss del colosso commerciale cinese che in teoria dovrebbe avvantaggiare le esportazioni di tutte le imprese italiane ma che in pratica finirà per arricchire pro-prio l’amico Marco Carrai.

Non a caso l’accordo prevede che tutte le aziende italiane che vo-gliono vendere su “Alibaba” devono passare dalla “E-MarcoPolo Spa” che fa tramite. Una società ad hoc registrata a Modena il 30 giugno 2016, guarda caso proprio alla vigi-lia dell’entrata in vigore dell’accordo italo-cinese, con un capitale sociale di appena 50 mila euro.

La “E-MarcoPolo Spa”, se-condo quanto riferito da Davide Vecchi su “il Fatto Quotidiano” del 30 settembre, ha un unico socio: la “Imprenditori per E-MarcoPolo srl”. Quest’ultima è stata costituita una settimana prima, il 22 giugno 2016, sempre a Modena, con un

capitale sociale di 100 mila euro e quattro soci: “Cremonini Spa” (60%), “Gap Fr” (23,23%) e poi la “Carfin Srl” (11,61%) e la “Cam-bridge Management Consulting Lab Spa” entrambe riconducibili a Carrai attraverso il fratello Ste-fano Carrai e l’amico Renato At-tanasio Sica che fa parte insieme ad Agusto Cremonini (presidente) e a Alberto Ghelfi del cda della “Imprenditori per E-MarcoPolo srl” di cui Carrai detiene di fatto il 16% delle quote proprietarie. At-tanasio Sica detiene infatti il 21% della Cambridge di cui è anche amministratore delegato e ha una participazione in altre due socie-

tà di Carrai: la “YourFuture” e la “Cys4” di cui è invece vicepresi-dente e Carrai presidente.

In buona sostanza d’ora in avanti tutte le aziende italiane che useranno la piattaforma Alibaba per vendere in Cina dovranno pagare una gabella all’amico del premier Carrai.

Del resto nel fitto intreccio di amici e stretti collaboratori fio-rentini che fanno parte del cosid-detto “giglio magico” di Renzi, gli curano i rapporti coi “poteri for-ti” nazionali e internazionali, coi mercati finanziari, la massoneria, gli imprenditori e i mass-media di regime, spicca su tutti proprio

l’ex capo della segreteria, Mar-co Carrai. Una inquietante figura di cattolico “tradizionalista” con mille relazioni più o meno occul-te che vanno dall’Opus Dei alla Compagnia delle opere (Comu-nione e liberazione), vero e pro-prio anello di collegamento tra Renzi e gli ambienti della masso-neria, i circoli finanziari e il mondo dell’imprenditoria.

Da quando, nel 2009, Matteo Renzi è diventato presidente del-la Provincia, poi sindaco di Firen-ze e quindi premier, Carrai, che lo ha sempre sostenuto e finanziato fin dal primo “Big bang” alla Le-opolda, ha collezionato una serie

sterminata di partecipazioni azio-narie, presidenze di municipaliz-zate, società, consigli di ammini-strazione e recentemente anche in predicato per una carica poli-tica a Palazzo Chigi dove è stato nominato per decreto capo della nuova struttura di cyber security formata da una ventina di 007 distaccati tra Guardia di Finanza e servizi segreti Aise e Aisi, col compito di vigilare sulla sicurez-za cibernetica che non sarà più svolto dal Nucleo per la sicurezza cibernetica fino ad oggi guidato dal generale Carmine Masiello, consigliere militare della presi-denza del Consiglio.

aLLa testa dei tangentisti L’ex coLonneLLo deLL’esercito gianpiero piccotti

7 arresti per tangenti sulla ricostruzione dopo il terremoto dell’abruzzo

Sette persone - tra pubblici ufficiali, tecnici progettisti ed im-prenditori - sono finite agli arresti domiciliari lo scorso 13 ottobre su disposizione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, con le gravissime accuse di as-sociazione a delinquere, corru-zione, concussione, turbativa d’asta e falso in atto pubblico re-lativamente a fatti che riguardano la ricostruzione in Abruzzo dopo il sisma del 2009.

Sono stati anche sequestra-ti 330.929,63 euro ritenuti, dalla stessa autorità giudiziaria, profit-to del reato di corruzione.

Gli arrestati sono: l’ottantenne ex colonnello dell’esercito Gian-piero Piccotti di Perugia, ritenuto dagli inquirenti il capo dell’orga-nizzazione criminale; il sessan-tunenne Angelo Melchiorre, re-sponsabile tecnico del Comune di Bussi sul Tirino - in provincia di Pescara - dove attualmente vive, con l’incarico dal primo agosto 2011 di membro delle commis-sioni di gara del Comune di Bu-gnara, nonché dal 17 maggio 2013 responsabile coordinatore dell’ufficio territoriale per la ri-costruzione dell’area omogenea numero 5; Antonio D’Angelo, 58 anni, nato e residente a Prato-la Peligna (provincia dell’Aquila) finito nell’inchiesta in qualità di Responsabile Unico del Proce-dimento della gara per la proget-tazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di ricostruzione della scuola elementare e materna ‘V. Clemente’ di Bugnara, in provin-cia dell’Aquila; l’imprenditore ed editore di Assisi Stefano Roscini, 49 anni; il geometra Angelo Ric-cardini, 55 anni, di Gubbio; Emi-lio Di Carlo, 54 anni, di Bussi sul Tirino, finito nell’inchiesta nella sua qualità di direttore dei lavori e progettista degli aggregati n. 43-45 del Comune di Bussi; e infine Marino Scancella, 65 anni, di Bussi sul Tirino, indagato in qualità di architetto incaricato dal comune di Bussi della progetta-zione dell’aggregato n. 30 nello stesso comune.

Le indagini della procura del-la Repubblica di Pescara hanno preso il via dalle dichiarazioni rese da un imprenditore umbro aggiudicatario di tre appalti per la ricostruzione degli aggregati edi-lizi del Comune di Bussi sul Tirino

per un valore pari ad otto milioni di euro, a seguito della richiesta, da parte del direttore dei lavori, di una tangente del 12% del valore degli appalti - corrispondente a 960 mila euro - al fine di dividerla con altri tecnici coinvolti.

Le indagini hanno messo in luce un piano organico per gesti-re in modo unitario l’attività edi-lizia sugli edifici danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009 a Bussi sul Tirino e Bugnara, e il sistema messo in piedi dall’organizzazio-ne criminale si basava sulla pre-ventiva assunzione dei numero-sissimi incarichi di progettazione da parte dei professionisti per far assumere al gruppo una posizio-ne di vero e proprio monopolio degli appalti per la ricostruzione, e le disinvolte modalità operati-ve prevedevano la corruzione di pubblici ufficiali e l’imposizione alle ditte edili di condizioni con-trattuali capestro tali da costrin-gerle a versare grosse somme di denaro per accedere al mercato degli appalti della ricostruzione.

Secondo la ricostruzione della procura pescarese il buon esito dell’istruttoria per la richiesta del contributo pubblico sulla rico-struzione veniva garantito da An-gelo Melchiorre che, ricordiamo, era responsabile dell’ufficio Tec-nico numero 5 del cratere aquila-no, il quale secondo l’accusa in cambio otteneva la promessa del versamento di tangenti sul valore complessivo degli appalti, che – considerando solo quelli gestiti dal gruppo degli indagati - supe-rava i 29 milioni di euro.

Allo stesso funzionario inoltre venivano promessi indebiti be-nefici quali lavori edili gratuiti in un’abitazione di sua proprietà, la messa a disposizione di un auto e l’assunzione di un familiare in una delle ditte affidatarie dei lavori.

Lo stesso Melchiorre poi, han-no appurato le indagini, si era fat-to distaccare presso l’ufficio tec-nico del comune di Bugnara per tentare di turbare, con l’appoggio del Responsabile Unico del Pro-cedimento Antonio D’Angelo, la gara pubblica per la progetta-zione esecutiva ed esecuzione dei lavori di ricostruzione della scuola elementare e materna ‘V. Clemente’, e questo sareb-be costato alle ditte appaltatrici complessivamente 10.000 euro in contante con la promessa di

ulteriori 130.000. Ma il ruolo principale nell’inte-

ra organizzazione a delinquere lo avrebbe avuto, sempre secondo il giudice per le indagini di Pesca-ra che ha spedito il gruppetto agli arresti domiciliari, l’ex colonnello dell’esercito Piccotti: sarebbe infatti l’ufficiale in congedo ad aver elaborato l’intero piano fina-lizzato a gestire in modo unitario l’attività della ricostruzione degli edifici interessati dal sisma, il co-

siddetto ‘Piano Abruzzo’, come emergerebbe chiaramente da un documento dattiloscritto rinvenu-to nel computer a lui sequestrato durante una perquisizione, docu-mento che reca la denominazione inequivocabile di ‘nuovi accordi scelta soggetti attuatori progetti e imprese’, creato il 13 ottobre 2010, inviato poi per posta elet-tronica all’imprenditore Stefano Roscini.

Nell’ordinanza del giudice per

le indagini preliminari di Pescara si legge che nel documento “ve-nivano indicati i progettisti delle opere, definiti ‘soggetti attuatori progetti’, che avrebbero dovuto essere contrattualizzati con Ro-scini ed in Consorzio Gescom (di Roscini), ente privato già costitu-ito al momento dell’elaborazione del piano”, con il chiaro obiettivo di esercitare un controllo presso-ché totale nelle fasi della ricostru-zione.

L’architetto Marino Scancella avrebbe successivamente avuto il ruolo di procacciatore di com-messe per conto di Roscini e Pic-cotti, commesse alle quali ovvia-mente sarebbero state applicate le tangenti: “le ditte del consor-zio Gescom - scrive infatti il gip nell’ordinanza - hanno ricevuto commesse di lavori per un totale di 29 aggregati pari a un valore in denaro di 29.504.164 euro sui 39 aggregati totali”.

“mazzette per pilotare le sentenze” a funzionario della presidenza del consiglioA casa di Mazzocchi la Finanza ha trovato 237.500 euro divisi in buste

Lo scorso 19 luglio – durante una perquisizione domiciliare ef-fettuata nell’ambito dell’indagine della procura della Repubblica di Roma sugli illeciti commessi da un gruppo di faccendieri guidati da Raffaele Pizza, accusato di aver truccato appalti e orienta-to nomine e assunzioni in enti pubblici - la guardia di finanza ha trovato a casa del funzionario della presidenza del Consiglio Renato Mazzocchi l’ingente cifra di 237.500 euro in contanti divi-si in buste, e inoltre un appun-to su alcune indagini in corso e numerose sentenze cartacee del Consiglio di Stato firmate dall’ex presidente in pensione Pasquale de Lise.

L’inchiesta vede coinvolti, tra gli altri, anche il parlamentare del Nuovo Centro Destra Antonio Marotta e l’ex sottosegretario del governo Berlusconi, Giuseppe Pizza, che è fratello dell’impren-ditore che risulta a capo della cricca affaristica.

I magistrati romani ritengono che Mazzocchi, indagato per rici-claggio e corruzione, fosse in re-altà un semplice intermediario, e che quindi i soldi non fossero de-stinati tutti a lui, ma in gran parte a qualcuno capace di incidere sulle decisioni giudiziarie dei tri-bunali amministrativi al fine di fa-vorire la cricca di uomini d’affari guidati dall’imprenditore Raffaele Pizza, arrestato agli inizi di luglio

con l’accusa di avere pilotato ap-palti e favorito assunzioni in enti pubblici.

Il nome di Mazzocchi era spuntato fuori da un’agenda tenuta da Pizza, sequestrata durante la perquisizione conte-stuale al suo arresto, nella qua-le l’imprenditore aveva annotato scrupolosamente nomi di politici e funzionari, tra cui anche quel-lo di Massimo Sarmi, assunto al vertice di Milano Serravalle dopo essere stato amministratore dele-gato di Poste Italiane. Altro nome presente nell’agenda è quello del presidente della regione Lombar-dia Roberto Maroni, che avrebbe dato il suo benestare alla nomi-na, per la quale lo stesso Pizza si vantava in una delle intercetta-zioni di essersi procurato l’aiuto del ministro dell’Interno Angelino Alfano.

I soldi ritrovati a casa di Maz-

zocchi, ritengono a ragione i ma-gistrati, servivano in gran parte a corrompere magistrati ammi-nistrativi, e infatti non si spiega altrimenti il motivo per cui il fun-zionario custodisse in casa nu-merose sentenze del consiglio di Stato, tra cui quella con cui era stato accolto il ricorso di Silvio Berlusconi contro il provvedi-mento di Bankitalia che gli impo-neva la cessione delle quote di Mediolanum.

Questo ha fatto scrivere i pubblici ministeri titolari dell’in-chiesta di “mazzette per pilotare le sentenze”.

Le verifiche disposte dal pro-curatore aggiunto Paolo Ielo e dal pubblico ministero Stefa-no Fava - titolari dell’inchiesta - si concentrano sulle sentenze emesse negli ultimi due anni, e si intrecciano con le indagini che hanno portato recentemente in

carcere l’immobiliarista Stefano Ricucci, per la cui vicenda è in-dagato il giudice amministrativo Nicola Russo, accusato di aver ottenuto soldi e favori, compre-so il pagamento di notti in hotel con una donna, per pilotare l’esi-to dei provvedimenti a favore di Ricucci.

Tra le carta sequestrate a casa di Mazzocchi c’erano anche le bozze di numerosi provvedimen-ti amministrativi, documenti che non sono di dominio pubblico, per cui i pubblici ministeri stanno cercando di capire in che modo il funzionario se li sia procurati, quali contatti abbia con i giudici dei tribunali amministrativi re-gionali e del consiglio di Stato, e soprattutto se, oltre a Nicola Russo, ci fossero altri magistrati amministrativi a vendere a caro prezzo le loro sentenze a chi po-teva ben pagarle.

Numero di telefono e fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

Il numero di telefono e del fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente 055 5123164. Usatelo liberamente, saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessato al PMLI e al suo Organo.

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14 il bolscevico / cronache locali N. 41 - 10 novembre 2016

La corruzione dilaga anche a Pisa e in Toscana da sempre governate dal PD

IL “PeoPLe mover” DI PIsa neLL’InchIesTa suLLe mazzeTTe negLI aPPaLTI

�Dal nostro corrispondente della Toscana“Un modello di mobilità per

tutta la Toscana, un’opera stra-tegica per la città di Pisa e per l’intera Toscana. Un’infrastrut-tura che mette in collegamento l’aeroporto con la stazione ferro-viaria, con un parcheggio scam-biatore e piste ciclabili, riuscen-do quindi ad integrare trasporto su ferro, su gomma e su bici-cletta. Si tratta di un esempio di quello che vogliamo che sia la mobilità Toscana”. Era il gennaio 2016 quando l’assessore regio-nale ai Trasporti, Vincenzo Cec-carelli, ha effettuato un sopral-luogo sul cantiere del “People Mover”, accompagnato dal sin-daco di Pisa, Marco Filippeschi

(PD), dall’assessore comunale ai Lavori pubblici, Andrea Serfo-gli, e dai vertici di Pisamo (la dit-ta privato-pubblico dei trasporti di Pisa).

È di questi giorni la notizia che anche i lavori al People Mo-ver di Pisa sono finiti sotto in-chiesta della Procura di Roma, come la Tav Milano-Genova e il 6° Macrolotto dell’A3 Salerno-Reggio Calabria.

L’importo per questo progetto è stimato in 71 milioni di euro e la Regione Toscana ha investito 21 milioni di euro (di fondi europei) su questa infrastruttura. La so-cietà concessionaria di progetto, Pisamover Spa, vede la parte-cipazione nel capitale di Leitner Spa, di Condotte d’Acqua Spa e

di altre società (Inso Spa e Con-dotte Investimenti Infrastrutturali Srl) del Gruppo Condotte d’Ac-qua. Parte del progetto è finan-ziato da Mps Capital Services e Iccrea Bancaimpresa per oltre 40 milioni.

Il Peolple Mover è una navet-ta su rotaia che metterà in colle-gamento l’aeroporto Galileo Ga-lilei con la stazione ferroviaria della città. I convogli sono com-posti da tre cabine e sono sta-ti costruiti da Leitner, azienda di Vipiteno. Viaggeranno grazie a carrelli al cui sviluppo ha col-laborato anche l’Università di Pisa, con il Dipartimento di in-gegneria civile e industriale. Il progetto di collegamento People Mover funziona con un sistema

con tecnologia a fune su rotaia, ossia un impianto dotato di due convogli composti da 3 moduli intercomunicanti, con funziona-mento a “va e vieni” tra le due stazioni. Un progetto che ingras-serà anche Toscana aeroporti Spa che gestisce l’aeroporto di Pisa.

L’intreccio di nomi non facili-ta la comprensione dei sogget-ti coinvolti in questo affare di corruzione e di mangia mangia da parte dei pescecani capita-listi. Chi ha dato la commessa del progetto People mover è Pi-samo, l’azienda di mobilità del Comune di Pisa. L’azienda che gestisce la commessa è Pisa-mover, un’associazione di im-prese fra Leitner spa, Condotte

d’Acqua, Inso e Agudio spa, tut-te società che lavorano a livello internazionale.

L’ex direttore dei lavori del People mover di Pisa, Giampie-ro De Michelis con i vertici di Pi-samover è accusato di corruzio-ne, di aver violato i suoi doveri di imparzialità inserendo nel-lo Stato di avanzamento lavori (Sal) dell’agosto 2015 opere non completamente ultimate o pro-gettualmente carenti e di aver omesso, nel dicembre 2015, di applicare le penali previste per i ritardi nell’esecuzione dell’ope-ra. Il tutto in cambio della pro-messa da parte del contraente Pisamover di affidare servizi di progettazione e assistenza agli impianti a società riconducibili a De Michelis e al suo socio Do-menico Gallo. Sono agli arresti domiciliari per corruzione il pre-sidente Mariano Aprea, il project manager, direttore del cantiere e direttore della sicurezza Miche-le Firpo e il funzionario Pacifico Belli, tutti di Condotte d’Acqua che ha numerose società con-trollate in tutto il mondo.

De Michelis, con una lette-ra indirizzata al sindaco di Pisa Filippeschi alla fine di dicembre 2015 gettava sospetti sulla ge-stione di appalti e subappalti ma anche ombre sullo svolgimento di alcune lavorazioni della me-tropolitana di superficie che col-legherà l’aeroporto alla stazione ferroviaria.

Ma Comune e Pisamo re-spinsero le accuse e informaro-no subito la magistratura pisa-na cosa che invece non fece De Michelis che fu licenziato dalla sua ditta Sintel engineering (so-

cietà che ha cantieri edili in tut-ta Italia). L’ex direttore dei lavori accusò la società di averlo “si-lurato” perché si era rifiutato di controfirmare la rendicontazione dei lavori “dopo la modifica del-le schede contabili” per masche-rare alcune inadempienze e non perdere i finanziamenti europei.

De Michelis è ora accusa-to anche di aver tentato di ricat-tare l’amministratore delegato della Sintel, Giandomenico Mo-norchio, figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Mo-norchio, minacciando di rivelare presunti illeciti compiuti da Mo-norchio e dai vertici di Condotte Spa e di Impregilo (altra holding nota per affari illeciti) ai magi-strati di Firenze titolari dell’in-chiesta “Sistema” sulle direzioni lavori di grandi opere.

Su tutta l’inchiesta non una parola da parte del rampante governatore della Toscana En-rico Rossi che anzi sul proget-to aveva affermato: “un’opera di dimensione europea che non ha niente da invidiare a quelle delle città continentali più avanzate. È la dimostrazione che non scher-zavamo quando abbiamo deciso di dirottare qui un finanziamento europeo straordinario di 21 mi-lioni di euro, che sono stati ben allocati e ben spesi”. Eppure il PD da sempre governa la regio-ne e la provincia e il comune di Pisa.

L’inchiesta è all’inizio, ma è l’ennesima conferma di quanto siano voraci i pescecani capita-listi per trarre il massimo profitto a discapito delle reali e urgenti necessità del proletariato e delle masse popolari.

consiglio comunale presidiato dalla popolazione

La giunta pentastellata di civitavecchia si fa beffa della volontà popolare

No all’ennesima servitù ambientale sul territorio. “È ora di cacciare Cozzolino” �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Civitavecchia del PMLILunedì 17 ottobre si è svolto

il consiglio comunale di Civita-vecchia (Roma) aperto alla po-polazione sul progetto del mega forno crematorio. Più volte si è sfiorata la rissa per il clima ac-cesissimo; tra i circa 300 pre-senti in diversi hanno alzato la voce e urlato: “Siamo pronti a pagare qualunque penale ma su questo territorio non si deve bru-ciare nemmeno un cerino”.

Il consiglio comunale aper-to ha assunto l’aspetto del refe-rendum popolare dove, a gran voce la platea, dov’era presen-te l’Organizzazione locale del PMLI, ha fatto sentire la sua vo-lontà, cioè quella di rifiutare l’en-nesima servitù ambientale in un territorio già vessato da fonti in-quinanti pesantissime (centrale Enel a carbone, fumi della me-ganavi da crociera, centro chi-mico militare che smaltisce l’i-prite).

“È ora di cacciare il neopo-

destà Cozzolino!”, gridavano a gran voce i presenti, in rappre-sentanza di quanto manifestato dalla maggioranza della popo-lazione, presidiando la seduta fino alla fine. “Abbiamo riposto fiducia in voi – ha detto una ma-dre di tre figli residente nel quar-tiere Santa Lucia rivolgendosi direttamente al sindaco – per-ché credevamo nel cambiamen-to e alle promesse fatte. Ma non è stato così! Altri comuni, ammi-nistrati da voi grillini, stanno por-tando avanti una battaglia con-

tro questo tipo di inquinanti. Voi state disattendendo le nostre speranze e vi apprestate a dare vita ad una nuova servitù che per 27 anni terrà l’area di Pun-ton De Rocchi sotto scacco. Noi non vogliamo che questo pro-getto vada avanti”.

Per il sindaco Antonio Coz-zolino e la vice sindaca Danie-la Luceroni, entrambi pentastel-lati, la volontà della popolazione vale assai poco, come del resto per ogni altro politicante borghe-se di fronte ai suoi lucrosi affari.

Da ogni frase dei maestri impariamo sempre qualcosa

L’importantissima iniziativa de “Il Bolscevico” di pubblicare antologicamente anche le let-tere dei Maestri è ancora una volta di grande attualità, invi-tandoci sempre a riprendere in mano i testi, in questo caso (mi riferisco al n. 39/2016) l’e-pistolario di Engels che, salvo una lettera, rivolta a Jenny von Westfalen in Marx (la moglie di Marx, assolutamente marxista anch’ella, nonostante le peral-tro rinnegate origini aristocra-tiche) sono tutte indirizzate al grande amico, compagno, col-laboratore Karl Marx, di cui En-

gels si sentì sempre il “secon-do violino”, anche se in realtà le analisi storiche, economi-che, filosofiche di Engels sono assolutamente fondamenta-li. Se pensiamo alla “Guerra contadina in Germania”, per le opere storiche, alle fondamen-tali integrazioni di Engels al “Capitale” di Marx, ma anche a un’opera giovanile engelsia-na quale “La condizione della classe operaia in Inghilterra”, nata dall’esperienza diretta di Friedrich Engels nella fabbrica britannica del padre, per l’eco-nomia, a opere fondamentali quali “Dialettica della natura” e l’“Antidühring” per la sistema-zione teorica del materialismo dialettico in rapporto a quel-lo storico, abbiamo un quadro

importante, ma ancora parzia-le della situazione.

In questo “numero due” del-la pubblicazione dell’epistola-rio di Engels troviamo, con il consueto stile, straordinaria-mente acuto, ironico (anche quando l’ironia è molto amara) molto altro: penso allo studio delle questioni militari, a par-tire da Clausewitz e non solo (“Vom Kriege”, ossia “Della Guerra”, citato nella lettera a Marx del 7 gennaio 1858, in Marx-Engels, Opere comple-te, Roma, Editori Riuniti, vol. XL, p.265, cit. a pag. 9 de “Il Bolscevico”, n. 39, cfr. sopra), dove però Engels (come era ovvio prevedere) va molto ol-tre l’analisi clausewitziana sul-la guerra e sulla politica come “continuazione della guerra con altri mezzi” - che si trova nel citato “Vom Kriege” - met-tendo in scacco lo stratega del-lo Stato prussiano, affermando tout court che “la guerra è si-mile soprattutto al commercio” (ibidem).

Ecco un’affermazione fon-damentale per ogni marxi-sta-leninista: non esiste guer-ra che non esprima la volontà espansionistica e imperialisti-ca della classe dominante, id est della classe borghese. Lo vediamo sempre: si pensi, per contestualizzare la riflessione riferendola all’oggi, alla volon-tà imperialistica di USA e UE in Siria e Iraq, ma anche altro-ve, non solo nello scacchiere vicino-medio-orientale. Contro la presunzione idealistica, per

cui la guerra sarebbe l’effetto di volontà ideali (religiose, fi-losofiche, giuridiche, statuali), Engels ci insegna che la vera valutazione è da fare in rap-porto al possesso di fonti ener-getiche, materie prime, terre da sfruttare; credo che l’esem-pio citato prima, in particolare per le fonti energetiche, sia in tal senso particolarmente cal-zante.

Nelle lettere qui citate non mancano, anzi abbondano, riferimenti personali relativi all’amicizia, per esempio nel-le considerazioni di toccante umanità, sulla morte di un figlio di Marx (lettera a Marx, ovvia-mente, dell’11 luglio 1857, in op. cit., n. citato de “Il Bolsce-vico”, dove Engels sottolinea il dolore ovviamente ancora più grande di Jenny Marx), alle re-ciproche difficoltà economiche, per esempio alle retribuzioni londinesi di Marx, editorialista pesantemente sottopagato del giornale “Tribune”, dove En-gels sottolinea: “Questi yanke-

es sono davvero schifosi” e poi “ti hanno spremuto come un li-mone” (lettera a Marx del 22 gennaio 1857, in op. cit., stes-so n. de “Il Bolscevico”). Anche qui ogni riferimento attuale è più che giustificato e ogni letto-re/lettrice de “Il Bolscevico” tro-verà il proprio, purtroppo.

Da ogni frase dei Maestri impariamo qualcosa e non af-fermazione peregrina o casua-le.

Eugen Galasso - Firenze

Il discorso di scuderi è spiegato in termini chiari e l’ho letto due

volteDopo che mi avete inviato

il volantino sono andato a ve-dere con attenzione il discorso del Segretario generale, anzi l’ho letto due volte, era molto interessante così sono anda-to a vedere altri suoi discorsi. Inoltre, il discorso era spiega-

to in termini molto chiari, an-che se mi ha un po’ ricordato la scomparsa di Mao.

Intanto ho letto qualche ar-ticolo de “Il Bolscevico” in for-mato pdf e il volantino del “No Renzi day” da voi gentilmente mandato.

Volevo informarvi che sono riuscito a formare un gruppo di studenti, basta che si lavori e poi si è rispettati.

Saluti marxisti-leninisti.Coi Maestri e il PMLI vince-

remo!Compagno Pietro,

Piemonte

molto interessante l’articolo sulla

situazione a mosul Grazie, sempre molto in-

teressante, mi riferisco all’ar-ticolo de “Il Bolscevico” sulla situazione a Mosul e in quella regione.

Iacopo - Pistoia

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

4710

Usi-Ait, Cub - Sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private

Anpac, Anpav, Fit-Cisl - Sciopero personale navigante (piloti e assistenti di volo) della Soc. Air Italy, Ryanair

Limited, Vueling Airlines Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e RSU - Sciopero nazio-nale di tutte le lavoratrici e i lavoratori di Almaviva,

per l’intero turno

NOVEMBRESOTTOSCRIVI PER IL PMLI PER IL TRIONFO DELLA CAUSA DEL SOCIALISMO IN ITALIA

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

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N. 41 - 10 novembre 2016 esteri / il bolscevico 15L’Unesco chiede a israeLe di rispettare

Lo statUs qUo sULLa spianata deLLe moscheeRenzi sconfessa l’astensione dell’Italia per compiacere il governo sionista e nazista di Israele

Lo scorso 18 ottobre a Parigi il Consiglio esecutivo dell’Unesco (l’agenzia dell’O-nu per l’istruzione, la cultura e la tutela del patrimonio sto-rico-archeologico nel mondo, ndr) ha approvato una risolu-zione che chiede a Israele di rispettare statuti e conven-zioni internazionali relative ad alcuni luoghi sacri di Ge-rusalemme Est, Betlemme ed Al Kalil/Hebron. In particola-re chiede a Tel Aviv il rispetto dello status quo sulla spianata delle moschee a Gerusalem-me, della Tomba di Rachele a Betlemme e della Tomba dei Patriarchi e relativa moschea di Al Kalil-Hebron, località ed edifici nei territori palestine-si sotto occupazione militare israeliana a partire dal 1967. La risoluzione difende inol-tre il diritto della popolazio-ne di Gaza alla ricostruzione

e alla fine del blocco imposto da Israele.

La risoluzione “Palestina Occupata”, presentata da Al-geria, Egitto, Libano, Maroc-co, Oman, Qatar e Sudan è stata approvata dai 58 stati membri del consiglio esecu-tivo dell’organizzazione con 24 voti favorevoli, 6 contrari e 26 astensioni. I 6 pesi contra-ri sono stati Estonia, Germa-nia, Lituania, Paesi Bassi, Re-gno Unito e Stati Uniti; tra i 26 astenuti ci sono il Giappone e i rappresentanti dei paesi eu-ropei di Francia, Spagna, Ita-lia e la Grecia di Tsipras.

La risoluzione sottolinea-va anzitutto l’importanza che “Gerusalemme e le proprie mura” hanno per tutte le tre religioni monoteiste e stig-matizzava il fatto che Israe-le, quale “potenza occupan-te” realizzi scavi e lavori di

trasformazione illegali nell’a-rea della città vecchia di Ge-rusalemme come negli altri luoghi sacri. L’Unesco denun-ciava “le continue irruzioni da parte di estremisti della destra israeliana e dell’esercito nella moschea di Al Aqsa e nell’Ha-ram al Sharif, e chiedeva a Israele, potenza occupante, di adottare misure per preve-nire provocazioni che viola-no la santità e l’integrità” della Spianata dello moschee. Ri-cordava che i luoghi sacri di Betlemme e Al Kalil/Hebron fanno parte della Palestina e denunciava che a Betlemme gli occupanti israeliani eleva-no muri ed impediscono l’ac-cesso ai fedeli di altre religioni alla Tomba di Rachele men-tre nel caso di Al Kalil/Hebron tentano di impossessarsi di parti della Tomba dei Patriar-chi, divenuta una moschea.

Nella parte finale la risoluzio-ne denunciava le uccisioni di civili, gli attacchi alle scuole e agli edifici culturali, il blocco e gli impedimenti posti ai lavori di ricostruzione della Striscia di Gaza.

L’Unesco in sostanza con-dannava le violazioni avve-nute sulla Spianata delle Mo-schee e richiamava Tel Aviv al rispetto dello status quo di Gerusalemme che formal-mente è ancora sotto giurisdi-zione giordana. E ribadiva che Israele è la potenza occupan-te a Gerusalemme est, in li-nea con il diritto internaziona-le e le risoluzioni dell’Onu 242 e 338 votate dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Il regime sionista e nazista di Tel Aviv considera la città di Gerusalemme come la sacra ed indivisa capitale di Israe-le e punta tra le altre a vede-

re riconosciuta formalmente l’occupazione dei territori pa-lestinesi e di vedersi ricono-sciuto il ruolo di garante dei luoghi sacri della città con un nuovo accordo internazionale che dovrebbe prendere il po-sto di quello bilaterale con la Giordania.

Il regime del boia Netan-yahu ha fatto fuoco e fiamme contro la risoluzione dell’U-nesco con motivazioni risi-bili quali quella che i luoghi sacri vengano indicati con i nomi arabi e che non si fac-cia menzione del cosiddetto “muro del Pianto”, un muro di contenimento della collina sul-la cui cima si stende la Spia-nata delle Moschee, di epo-ca ottomana, eletto a luogo di preghiera dagli ebrei. Il re-gime sionista indossa i panni della vittima e intanto prose-gue senza sosta la politica di

colonizzazione e annessione dell’intera Palestina, valle del Giordano compresa.

L’arrogante governo sio-nista e nazista di Israele ha “convinto” tra gli altri il presi-dente del consiglio italiano Matteo Renzi che ha scon-fessato l’astensione dell’Italia a Parigi. Renzi definiva “allu-cinante” la risoluzione dell’U-nesco e scaricava ogni re-sponsabilità sul ministro degli esteri Gentiloni accusandolo di aver votato “in automatico” in linea con la posizione eu-ropea. “Non si può continuare con queste mozioni finalizzate ad attaccare Israele”, tuonava Renzi che in piena campagna elettorale per il referendum si mostrava “feroce” verso l’Eu-ropa e minacciava “se c’è da rompere su questo l’unità eu-ropea che si rompa”. Sul re-sto no.

Sgomberato con la forza il campo profughi di calaiS

Buldozer e ruspe della so-cietà appaltatrice che ha vin-to la gara hanno iniziato il 26 ottobre la demolizione delle baracche del campo profughi di Calais non appena l’ultimo migrante presente era stato messo sui pullman e portato altrove. “La missione è com-piuta, non c’è più nessuno nel campo, tutti sono al ripa-ro”, in anticipo sui tempi pre-visti, affermava la prefetto del Pas-de-Calais, Fabienne Buc-cio, annunciando la fine dell’o-perazione di sgombero del più grosso campo profughi euro-peo per la quale aveva mobi-litato più di un migliaio di po-liziotti.

In quella zona di Calais, sui cumuli di una discarica tossica dismessa, erano apparse già nel 1999 le prime tende di mi-granti e profughi che sostava-no in attesa di poter passare lo Stretto della Manica e sbarca-re in Gran Bretagna. Negli ulti-mi anni, con le ondate di pro-fughi provenienti dai Balcani e dall’Africa, tende e baracche erano cresciute fino a ospita-re tra le otto e le diecimila per-sone. Il viaggio dei migran-ti era a mala pena contenuto dai governi di Parigi e Londra, con l’esecutivo francese che più volte tentava di chiudere il campo e quello britannico che arrivava fino a stanziare quasi

tre milioni di euro per innalza-re un muro in cemento armato per tentare di sigillare la stra-da della città francese che por-ta all’imbarco dei traghetti per Dover e del tunnel per i treni che passano sotto la Manica.

Con il varo della controrifor-ma del lavoro, la Loi travail, im-posta al parlamento e al pae-se che protestava in piazza il presidente Francois Hollande ha perso gran parte di credibi-lità finanche nel suo elettorato; in vista delle presidenziali del prossimo anno ha deciso di usare il pugno di ferro contro i migranti anche per recuperare spazio tra i suoi principali av-versari di destra. Primo bersa-

glio del governo è diventato il campo di Calais sgomberato a forza a partire dal 24 ottobre per motivi “umanitari”, togliere dal fango i profughi e dare loro ospitalità in altri centri finora ri-fiutati perché lontani dalla via di accesso alla Gran Bretagna. La gran parte dei migranti di Calais non hanno il “requisito” di profughi per poter sperare di essere accolti oltremanica, allontanarli da Calais significa rendere quantomeno più diffi-cile l’arrivo in Gran Bretagna.

La prefetto Buccio dichiara-va lo Stato di emergenza e isti-tuiva una “zona di protezione” attorno al campo; in altre paro-le la polizia sigillava il campo e

vietava l’ingresso financo alle associazioni di volontari pre-senti da anni sul posto. Le ba-stavano due giorni per dichia-rare “missione compiuta” e per indicare in 6.600 i migranti che erano stati sottoposti ai con-trolli presso la stazione di smi-stamento. Più di 3 mila erano stati messi a forza sugli auto-bus e spediti in 450 centri di accoglienza e di orientamento (Cao) sparsi in 11 delle 13 re-gioni della Francia; 772 mino-renni erano ospitati in contai-ner non lontani dal campo, 217 erano accettati in Gran Breta-gna avendo parenti nel pae-se, gli altri dovevano aspetta-re una risposta da Londra. Una

parte dei migranti saranno ri-spediti nei paesi di primo ap-prodo, Italia e Grecia anzitutto, dove avrebbero dovuto chie-dere asilo e fermarsi secondo il regolamento di Dublino.

Le associazioni di volonta-riato che seguivano i migran-ti del campo avevano censito fino a 10.200 persone; dalle ci-fre ufficiali manca quindi alme-no un terzo della popolazione del campo, fuggita prima dell’i-nizio dell’operazione o duran-te. E altri migranti sono arriva-ti nella zona negli stessi giorni con la prefettura di Calais che precisava come “la Francia non si farà carico” di questi nuovi arrivi.

Lo dichiara iL presidente dUterte

Le Filippine si separano dagli Usa e si schierano con la cina e la russia

La volontà del presidente fi-lippino Rodrigo Duterte di al-lentare i rapporti “troppo stret-ti” con Washington e migliorare il dialogo con Pechino era nota da tempo e non sorprende quin-di il suo formale annuncio del 21 ottobre quando ha confermato il cambio di politica estera del Pa-ese, la separzione delle Filippi-ne dagli Usa, dei quali è ferreo alleato dal 1946, e il passaggio dalle parte di Cina e Russia.

Annuncio “la mia separazio-ne dagli Stati Uniti, non dal pun-to di vista sociale ma da quello militare ed economico. L’Ame-rica ha perso”, dichiarava Du-terte nella Grande sala del po-polo a Pechino dove si trovava da alcuni giorni in visita ufficia-le. Alla platea di capitalisti cinesi presenti annunciava “mi separo da loro e quindi sarò dipenden-te da voi per tutto il tempo. Ma non abbiate paura, anche noi vi aiuteremo, come voi ci aiu-terete”, prospettando loro nuovi e lucrosi affari. Ma il presiden-te filippino non si limitava a di-

pingere nuovi scenari solo eco-nomici, pensava ancora più in grande e, dopo essersi dichia-rato socialista durante la vitto-riosa campagna elettorale pre-sidenziale del giugno scorso, affermava che “mi sono sposta-to nel vostro flusso ideologico e forse dovrò anche andare in Russia per parlare con Putin e dirgli che siamo in tre contro il resto del mondo: Cina, Filippine e Russia”.

Un programma a dir poco ambizioso, nel quale il ruolo delle Filippine non è centrale, ma che mette certamente in dif-ficoltà i paesi imperialisti rivali: è un colpo allo schieramento im-perialista costruito con pazien-za da Obama e guidato dagli Usa che sulla alleanza econo-mica e militare di paesi lungo l’arco che parte dalla Corea del Sud e passa da Giappone e Fi-lippine fino al Vietnam ha co-struito la cintura di contenimen-to dell’espansionismo cinese nella regione e non solo.

Il presidente cinese Xi

Jinping definiva Cina e Filippine due Paesi “vicini di casa attra-verso il mare” che “non hanno ragione” di avere un atteggia-mento “ostile o di confronto”. E il comunicato ufficiale diffuso alla fine dell’incontro con Dutar-te evidenziava come i due lea-der avessero intrattenuto collo-qui “ampi” e “amichevoli”.

La nuova intesa tra Cina e Filippine era rappresentata an-zitutto dalla firma di 13 memo-randum di intesa, che vanno dai commerci al controllo dei nar-cotici, dalla sicurezza marittima alle infrastrutture, per definire una serie di accordi commer-ciali dal valore di 13,5 miliardi di dollari. Solo un acconto, af-fermava il ministro filippino del Commercio, Ramon Lopez, dato che gli scambi tra i due partner potrebbero raggiunge i 60 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. “In termini di rap-porti economici, non terminere-mo gli scambi e gli investimenti con l’America”, precisava il mi-nistro per tentare di parare le

inevitabili proteste che partiva-no dalla Casa Bianca.

Un Obama a fine mandato incassava il colpo e affidava al portavoce del Dipartimento di Stato John Kirby una debole replica. Al momento il governo americano si limitava a dichia-rasi “sorpreso” dalle parole del presidente filippino che sono “senza alcuna ragione in con-trasto con gli stretti rapporti che abbiamo con il popolo filippino e con il governo”. Mentre il capo del Pentagono Ashton Carter si limitava a sottolineare che gli Usa intendono conservare il loro alleato e ricordava tra gli altri l’accordo di cooperazione militare, firmato col predeces-sore di Duterte, che consen-te agli Usa di utilizzare cinque basi aeree e navali nell’arcipe-lago e le prossime esercitazio-ni militari congiunte non ancora cancellate.

Che le esercitazioni congiun-te erano state concellate lo co-municherà una settimana dopo lo stesso presidente filippino in

visita ufficiale in Giappone dal premier Shinzo Abe che nell’oc-casione rivestiva anche i panni del mediatore per evitare una rottura definitiva fra Manila e Washington. Duterte il 27 otto-bre a Tokyo firmava accordi mi-litari e commerciali per 210 mi-lioni di dollari ma annunciava anche di voler mandare via i mi-litari Usa dalle Filippine.

Solamente tre mesi fa Cina e Filippine sembravano ai ferri corti dopo la sentenza del 12 lu-glio della Corte permanente di arbitrato (Cpa) sulla Legge del Mare dell’Aja, in base alla qua-le Pechino “non ha alcun dirit-to” di sovranità sui isole e atolli contesi nel mar Cinese meridio-nale. Il governo di Pechino re-spingeva la sentenza del tribu-nale internazionale sostenendo che la Cina sarebbe stata “la prima ad aver scoperto, dato un nome, esplorato e sfruttato” l’a-rea, esercitando in modo “con-tinuativo e pacifico” sovrani-tà e la giurisdizione. Il governo di Manila replicava tramite una

nota ufficiale del ministro degli Esteri Perfecto Yasay che chie-deva alla Cina il rispetto della sentenza e annunciava di vo-ler discutere della controversia col premier cinese Li Keqiang al successivo summit Asia-Eu-ropa (Asem) di Ulan Bator, in Mongolia.

Il presidente Duterte invece definiva la sentenza una “pie-tra miliare” ma non elogiava la decisione del tribunale dell’Aja e di fatto manifestava l’intenzio-ne di abbandonare lo schiera-mento imperialista a guida Usa rilanciando il proposito del suo governo di voler condividere le risorse naturali con la Cina. La conferma arriverà due mesi dopo. Duterte definiva l’arbitra-to solo “un pezzo di carta con quattro angoli” e in uno dei me-morandum firmati a Pechino, Cina e Filippine si accordavano per la creazione di una “Com-missione congiunta di guardia costiera e cooperazione marit-tima” nel mar Cinese meridio-nale.

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AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE