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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 24 - 22 giugno 2017 PAG. 11 Elezioni comunali parziali dell’11 giugno 2017 IL 40% DELL’ELETTORATO DISERTA LE URNE A Genova, Lucca e Como la diserzione è più del 50%. Frana il M5S. Il PD arretra colpito dall’astensionismo. Mdp stampella del PD. Il “centro-destra” riprende quota. Mezza Palermo si astiene. Orlando rieletto con appena il 22,6% dei voti degli elettori e grazie all’appoggio di 7 liste compresa quella del PD. “Centro-destra” e “centro-sinistra” si disputano il governo dei comuni CONTINUIAMO A COMBATTERE LE ILLUSIONI ELETTORALI, GOVERNATIVE E RIFORMISTE E A QUALIFICARE L’ASTENSIONISMO COME UN VOTO DATO AL PMLI E AL SOCIALISMOxxxx L’astensionismo avanza anche a Palermo, Ischia e Paola Risoluzione della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze sull’invito della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI LAVOREREMO NEL MOVIMENTO NON UNA DI MENO AL PRESIDIO PERMANENTE DAVANTI AI CANCELLI DELLA FABBRICA DI MILANO Il PMLI porta la sua solidarietà di classe agli operai dell’INNSE Presse Calorosamente accolta la delegazione marxista-leninista che ha anche versato un contributo economico alla cassa di resistenza degli operai in lotta RICORDATO CON AFFETTO FERRUCCIO PANICO COME OPERAIO DI AVANGUARDIA NELLE LOTTE DEGLI ANNI ’80 SALTA L’ACCORDO ELETTORALE TRA I QUATTRO PRINCIPALI BANDITI DEL REGIME NEOFASCISTA N OCCASIONE DELLA FINALE DI CHAMPIONS LEAGUE Rischiata una strage a Torino 1.527 feriti per il fuggi fuggi dei tifosi per paura di una bomba LA SINDACA APPENDINO, QUESTORE E PREFETTO DEVONO DIMETTERSI CON LA DESTRA E RENZI Il M5S vuol abolire i sindacati Debole risposta di Landini I VACCINI NON DEVONO ESSERE OBBLIGATORI NO ALLE SANZIONI LA SARDEGNA IN PIAZZA CONTRO LE SERVITU’ MILITARI 40 mila ettari occupati dai poligoni COMUNICATO DELL’ORGANIZZAZIONE DI VICCHIO DEL MUGELLO DEL PMLI Il reparto di senologia dell’ospedale del Mugello non si tocca! PAG. 11 PAG. 11 PAG. 3-4 PAGG. 2-3 PAG. 7 PAG. 7 PAG. 5 PAG. 6 PAG. 8 PAG. 13

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 24 - 22 giugno 2017

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Elezioni comunali parziali dell’11 giugno 2017

Il 40% dell’elettorato dIserta le urne

A Genova, Lucca e Como la diserzione è più del 50%. Frana il M5S. Il PD arretra colpito dall’astensionismo. Mdp stampella del PD. Il “centro-destra” riprende quota. Mezza Palermo si astiene. Orlando rieletto con appena il 22,6% dei voti degli elettori e grazie all’appoggio di 7 liste compresa quella del PD. “Centro-destra” e “centro-sinistra” si disputano il governo dei comuni

CONTINUIAMO A COMBATTERE LE ILLUSIONI ELETTORALI, GOVERNATIVE E RIFORMISTE E A QUALIFICARE L’ASTENSIONISMO COME UN

VOTO DATO AL PMLI E AL SOCIALISMOxxxx

L’astensionismo avanza anche a Palermo, Ischia e Paola

Risoluzione della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze sull’invito della Commissione per il

lavoro femminile del CC del PMLI

LAvoREREMo NEL MovIMENto

NoN uNA dI MENoAL PREsIdIo PERMANENtE dAvANtI AI CANCELLI dELLA

FAbbRICA dI MILANo

Il PMLI porta la sua solidarietà di classe agli operai dell’INNsE Presse

Calorosamente accolta la delegazione marxista-leninista che ha anche versato un contributo economico alla cassa di

resistenza degli operai in lottaRICORDATO CON AFFETTO FERRUCCIO PANICO

COME OPERAIO DI AVANGUARDIA NELLE LOTTE DEGLI ANNI ’80

sALtA L’ACCoRdo ELEttoRALE tRA I quAttRo PRINCIPALI bANdItI

dEL REGIME NEoFAsCIstAN oCCAsIoNE dELLA FINALE dI ChAMPIoNs LEAGuE

Rischiata una strage a torino1.527 feriti per il fuggi fuggi dei tifosi per paura di una bomba

LA SINDACA APPENDINO, QUESTORE E PREFETTO DEVONO DIMETTERSI

CoN LA dEstRA E RENzI

Il M5s vuol abolire i sindacatiDebole risposta di Landini

I vACCINI NoN dEvoNo EssERE

obbLIGAtoRINO ALLE SANzIONI

La Sardegna in piazza contro Le Servitu’ miLitari

40 mila ettari occupati dai poligoni

CoMuNICAto dELL’oRGANIzzAzIoNE dI vICChIo dEL MuGELLo dEL PMLI

Il reparto di senologia dell’ospedale del Mugello

non si tocca!PAG. 11

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PAG. 3-4PAGG. 2-3

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2 il bolscevico /elezioni comunali N. 24 - 22 giugno 2017

Elezioni comunali parziali dell’11 giugno 2017

Il 40% dell’elettorato dIserta le urne

A Genova, Lucca e Como la diserzione è più del 50%. Frana il M5S. Il PD arretra colpito dall’astensionismo. Mdp stampella del PD. Il “centro-destra” riprende quota. Mezza Palermo si astiene. Orlando rieletto con appena il 22,6% dei voti degli elettori e grazie all’appoggio di 7 liste compresa quella del PD. “Centro-destra” e “centro-sinistra” si disputano il governo dei comuni

CONTINUIAMO A COMBATTERE LE ILLUSIONI ELETTORALI, GOVERNATIVE E RIFORMISTE E A QUALIFICARE L’ASTENSIONISMO COME UN VOTO DATO AL PMLI E AL SOCIALISMO

Alle elezioni comunali par-ziali dell’11 giugno il 40% de-gli elettori ha disertato le urne. È un fatto importantissimo che conferma l’inesorabile distac-co degli elettori e delle masse dalle istituzioni rappresentati-ve borghesi, dai governi e dai partiti della classe dominante, siano questi di “centro-sinistra” o di “centro-destra” o trasver-sali come il Movimento cinque stelle. Ed è tanto più importan-te perché avviene in elezioni locali dove conta tantissimo la presenza di numerose liste e di candidati che hanno la pos-sibilità di avere un rapporto più diretto e persino personale e familiare con gli elettori.

La tornata elettorale dell’11 giugno riguardava quasi un quinto dell’elettorato italiano.

1.004 comuni di regioni a sta-tuto ordinario, e delle regioni a statuto speciale Friuli Venezia-Giulia, Sicilia e Sardegna per un totale di 9.172.026 elettori.

Tra i comuni in cui si è vo-tato vi sono quattro comu-ni capoluoghi di regione (Ge-nova, L’Aquila, Catanzaro e Palermo) e altri 21 comuni capoluoghi di provincia (Ales-sandria, Asti, Cuneo, Como, Lodi, Monza, Belluno, Pado-va, Verona, Gorizia, La Spe-zia, Parma, Piacenza, Lucca, Pistoia, Frosinone, Rieti, Lec-ce, Taranto, Trapani, Orista-no). Le precedenti elezioni si erano tenute ne 2012 fuorché a Lodi e Padova, entrambe commissariate. La prima per-ché è stato arrestato l’ex sin-daco, la seconda per bagarre

interne alla maggioranza. Sal-tate le elezioni invece in sette comuni per mancanza di liste candidate.

Erano considerate un test importante non solo per la di-mensione dell’elettorato coin-volto ma anche per studiare strategie in vista delle future e ormai prossime elezioni politi-che.

Vince l’astensionismo

Il dato che più salta all’oc-chio è quello della diserzione dalle urne. In complesso nel-le regioni a statuto ordinario e in Sardegna il 39,9% dell’elet-torato ha disertato le urne. Si tratta del 6,7% in più rispetto alle precedenti elezioni comu-nali. In Sicilia la diserzione ha raggiunto il 41,8% e in Friu-li Venezia-Giulia addirittura il 44,6% dell’intero corpo eletto-rale.

Come è normale in elezioni di carattere locale, l’andamen-to della diserzione varia da provincia a provincia, in base alle specifiche e concrete con-dizioni economiche, sociali e politiche, ma non presenta più macroscopiche differenze fra Nord, Centro e Sud d’Italia. Anzi il Centro e il Nord han-no sostanzialmente raggiun-to e superato lo stesso Sud. In tutte le province si registra un incremento della diserzio-ne dalle urne fino a doppia ci-fra come nei comuni della pro-vincia di Bergamo (+11,6%), Lecco (+11,4%), Forlì-Cesena (+12,7%), Bologna (+10,2%), Parma (+10,9%), Ancona (+10%), Roma (+11,6%), Nuo-ro (+10,4) fino alle cifre re-cord della provincia di Asco-li Piceno (+17,9%) e Modena (+15,3%).

Nelle cittadine di Ischia e Barano d’Ischia l’astensioni-smo (diserzione dalle urne, voto annullato e lasciato in bianco) raggiunge rispettiva-mente il 30,7% e il 41,6% con incrementi del 4,4% nel primo caso e del 10,5% nel secondo, premiando l’impegno dei mar-xisti-leninisti per la propagan-da astensionista. Anche a Pa-ola (Cosenza) l’astensionismo raggiunge il 31,7%, +2,4% ri-spetto alle elezioni del 2012. Già su questo numero è pre-sente un’analisi specifica di questo risultato.

Stando ai soli comuni ca-poluogo, che complessiva-mente rappresentano il grosso dell’intero corpo elettorale in-vestito da questa tornata elet-torale, la diserzione è anco-ra più marcata. Sono infatti le grandi città a fare da maggior traino all’astensionismo. A Ge-nova (51,6%), Como (50,9%) e Lucca (50,7%) la diserzio-

ne dalle urne coinvolge oltre il 50% degli elettori. Sfiora il 50% a Belluno (49,7%), Mon-za (48,1%), Palermo (47,4%), Parma (46,4%).

I maggiori incrementi si re-gistrano a Como (+11,2%), Parma (+10,9%), Verona (+10,8%), Palermo (+10,6) e Cuneo (+10,2%).

Sono valori inimmaginabi-li appena un decennio fa e in città roccaforti del “centro-sini-stra” come Genova, La Spezia e Parma, e in regioni come l’E-milia-Romagna e la Toscana.

E ci riferiamo solo alla com-ponente dell’astensionismo costituita dalla diserzione dal-le urne alla quale andrebbe-ro aggiunte le altre due com-ponenti del voto annullato e lasciato in bianco. Anche se ormai queste due ultime com-ponenti hanno un peso molto relativo che si aggira intorno all’1%.

Basterebbero queste cifre per capire che a vincere è sta-to l’astensionismo cioè quella grande massa di elettori che continuano caparbiamente a prendere le distanze dai parti-ti e dalle istituzioni del regime. E a perdere sono state ancora una volta le istituzioni rappre-sentative borghesi, i partiti del regime neofascista imperante, i sindaci e i consigli comunali che risultano così delegittimati in quanto riconosciuti e soste-nuti solo da una esigua mino-ranza.

Frana il M5SSono state le prime elezioni

veramente deludenti per il Mo-vimento 5 stelle da quando si è affacciato nell’arena politica. Dopo gli exploit delle elezioni amministrative parziali dell’an-no scorso dove si trovò a con-quistare Comuni come Roma e Torino, questa volta il parti-to di Grillo e Casaleggio è a contare le perdite più che le conquiste. Non conquista e nemmeno va al ballottaggio in nessuno dei comuni capo-luogo e scarsa è la sua pre-senza anche nei comuni su-periori ai 15 mila abitanti dove la competizione proseguirà il 25 giugno prossimo. Soprat-tutto perde copiosamente voti rispetto alle elezioni comunali del 2012 e frana letteralmen-te rispetto alle ultime elezioni politiche. Il Movimento 5 stel-le è sostanzialmente tornato ai livelli del 2012 dove raccoglie-va l’8,1% dei voti validi, men-tre oggi i voti sono il 7,8%. Ri-spetto alle elezioni politiche del 2013, quando il M5S arri-vò al 25,8%, il calo è addirittu-ra del 18%. Troppo presto per registrare una tendenza defini-tiva. Per ora il M5S guadagna consensi nelle competizioni nazionali ma stenta molto a li-

vello locale. Nonostante che sia ormai presente nell’81,4% dei 161 comuni superiori ai 15 mila elettori (+27% rispet-to alle elezioni precedenti). Fra l’altro in base agli studi sui flussi elettorali resi noti dall’I-stituto Cattaneo, gli elettori che rispetto alle elezioni poli-tiche 2013 hanno abbandona-to il M5S hanno preso tante di-rezioni diverse, ma soprattutto si sono riversati proprio nell’a-stensionismo. Un dato che conferma fra l’altro la funzione drenante che ha svolto e con-tinua a svolgere il M5S rispetto all’astensionismo.

Particolarmente cocente la sconfitta a Parma che storica-mente è stata la prima città ca-poluogo conquistata dal Movi-mento 5 stelle. In questa città il sindaco uscente, l’ex M5S Fe-derico Pizzarotti va in vantag-gio al ballottaggio con la sua lista “Effetto Parma” sottraen-do trasversalmente voti so-prattutto al “centro-sinistra” e al “centro-destra”. Circa una metà di elettori che lo aveva-no votato nel 2012 non lo han-no scelto per la seconda volta ma nemmeno hanno votato il nuovo candidato del M5S che si ferma al 3,2% dei voti validi, preferendo riversarsi in massa nell’astensionismo.

Il PD arretra, il “centro-destra”

respiraIl PD e Renzi gongolano

per il risultato elettorale solo perché risulta ridimensiona-to il M5S che considerano il loro principale avversario nel-la prossima competizione poli-tica. In realtà, se il M5S piange il PD e l’intero “centro-sinistra” non hanno nulla di che ridere.

Il PD, secondo l’Istituto Cat-taneo, perde rispetto al 2012 l’1,8% dei consensi e la “sini-stra” (Sel, Sinistra Italiana, Ar-ticolo Uno, Rivoluzione civile, ecc.) l’1%. Ancor più pesante la perdita rispetto alle politiche 2013: -3,2% il PD, -1,7% la “si-nistra”. Significativo è che gli elettori che hanno abbando-nato il PD e il “centro-sinistra” in questa tornata si sono river-sati in gran parte nell’astensio-nismo.

È per esempio il caso di Genova, dove il “centro-sini-stra” perde verso l’astensio-nismo il 23% dei suoi elettori rispetto al 2012 e addirittura un terzo rispetto alle elezio-ni politiche 2013. Ciò spiega, fra l’altro, come mai in quella città il “centro-sinistra” si trova a rincorrere per la prima volta

ElEzIonI coMunalI DEll’11 gIugno 2017

Diserzione dalle urne nei 25 comuni capoluogo

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Alessandria 44,3 38,4 5,9Asti 42,5 36,8 5,7Cuneo 41,4 31,2 10,2Como 50,9 39,7 11,2Lodi 39,8 36,4 3,4Monza 48,1 40,3 7,8Belluno 49,7 42,0 7,7Padova 39,2 29,9 9,3Verona 41,2 30,4 10,8Gorizia 42,1 38,9 3,2Genova 51,6 44,5 7,1La Spezia 44,7 44,0 0,7Parma 46,4 35,5 10,9Piacenza 43,6 35,0 8,6Lucca 50,7 44,2 6,5Pistoia 44,4 42,5 1,9Frosinone 27,5 24,1 3,4Rieti 27,5 23,7 3,8L’Aquila 32,2 27,6 4,6Lecce 29,8 26,2 3,6Taranto 41,5 37,6 3,9Catanzaro 27,5 24,2 3,3Palermo 47,4 36,8 10,6Trapani 41,1 35,4 5,7Oristano 38,1 31,0 7,1* Le precedenti elezioni comunali si sono tenute tutte nel 2012 fuorché nei due capoluoghi commissariati dove le elezioni si sono tenute anticipatamente, ossia Lodi (elezioni precedenti nel 2013) e Padova (2014)

Elezioni comunali dell’11 giugno 2017DISERzIonE DAllE uRnE

nEllE PRoVIncE DEl FRIulI VEnEzIa-gIulIa E In SIcIlIa

Provincia DISERZIONE 2017Gorizia 42,9Pordenone 45,9Trieste 41,7Udine 45,1FRIULI VENEZIA-GIULIA

44,6

Agrigento 45,5Caltenissetta 48,8Catania 36,3Enna 55,8Messina 34,4Palermo 44,6Ragusa 36,2Siracusa 33,5Trapani 39,0SICILIA 41,8Purtroppo delle province del Friuli Venezia-Giulia e della Sicilia non siamo in grado di fornire il raffronto con le passate elezioni comunali poiché le due regioni autonome non hanno fornito i relativi dati e per noi sarebbe al momento troppo lungo e laborioso ricostruirli. Il dato di quest’anno è comunque già di per sé significativo.

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N. 24 - 22 giugno 2017 elezioni comunali / il bolscevico 3al ballottaggio il candidato del “centro-destra” che pure si è limitato a mantenere i propri voti. Secondo Cattaneo ciò è successo in maniera copiosa anche ad Alessandria, La Spe-zia, Padova, Parma, Piacenza e Pistoia, le città che per ora ha preso in esame. A La Spe-zia, per esempio, il “centro-si-nistra” ha visto il 20% dei suoi elettorali confluire nell’asten-sionismo. Rispetto alle politi-che sono il 33% a Piacenza e il 30% a Pistoia gli elettori del “centro-sinistra” passati all’a-stensione.

Fra l’altro nei 161 comuni superiori ai 15.000 abitanti il PD si presentava in coalizione con liste civiche di “centro-sini-stra” o partiti alla sua sinistra.

Stando all’analisi del sito Youtrend, in 142 comuni con più di 15 mila abitanti, la me-dia del PD in questa tornata è al 16,6%. Ben lontano dal 40% cui ambirebbe il nuo-vo duce Renzi. Se ha salva-to in qualche modo il risultato lo deve quasi tutto alle liste ci-viche del “centro-sinistra”, che tutte assieme vengono stimate al 20,2%, e ai voti del Mpd che quasi ovunque gli ha fatto da stampella offrendogli una ver-gognosa e quanto mai preve-dibile copertura a sinistra.

Il “centro-destra” tira un leg-gero respiro di sollievo. Tie-ne rispetto al 2012 e recupera qualcosa rispetto alle disastro-se politiche 2013. Il merito va soprattutto ai voti guadagna-ti dalla Lega Nord e dai par-titi riuniti sotto l’etichetta “De-stra” (Fratelli d’Italia, Alleanza nazionale, ecc.), mentre For-za Italia guadagna rispetto alle politiche il 3,2% ma cala del 2,2% rispetto al 2012.

“Centro-sinistra” e “centro-destra” si sono fra l’altro av-vantaggiati dalla sparizione dei partiti del cosiddetto “centro” (UDC, Scelta civica, Alleanza popolare, ecc.) i cui elettori si sono riversati trasversalmente a destra e a manca, ivi com-preso il M5S.

Sindaci e consigli comunali

delegittimatiPer tirare le somme definiti-

ve di questa tornata elettorale, manca a questo punto il turno di ballottaggio che si terrà do-menica 25 giugno e riguarderà la stragrande maggioranza dei comuni più popolosi e dei co-muni capoluogo. Comunque vada sappiamo però già che i sindaci e i consigli comunali che verranno eletti partono sfi-duciati e delegittimati dal forte astensionismo.

Al primo turno sono sta-

ti eletti solo tre sindaci: a Cu-neo, Frosinone e Palermo. In tutti e tre i casi, per l’effetto del forte astensionismo, i sin-daci sono stati eletti solo da una minoranza dell’elettorato. A Cuneo il sindaco di “centro-sinistra” è eletto dal 34% degli elettori. A Frosinone il sindaco di “centro-destra” è stato eletto dal 39,8% degli elettori.

Un discorso a parte merita il caso di Palermo. Qui Leolu-ca Orlando è stato rieletto al primo turno col 46,3% dei voti validi, anche perché la legge elettorale siciliana prevede il quorum al 40% e non al 50%, ma solo dal 22,6% degli elet-tori, visto che per metà gli elet-tori di Palermo si sono astenu-ti. Non solo. Nel 2012 Orlando fu eletto quasi a sorpresa col sostegno di solo due liste (“La Sinistra” e l’Italia dei valori di Di Pietro). Quest’anno al con-trario sono ben 7 le liste che lo sostenevano fra cui anche il PD, che pur di stare in co-alizione ha rinunciato a pre-sentare il proprio simbolo, ex esponenti di “centro-destra”, “centristi” e “moderati” vari. In-somma i circa 20 mila voti in più che ha racimolato rispetto al 2012 sono veramente pochi rispetto alle liste che ha imbar-cato nel frattempo.

È la quinta volta che Or-lando guiderà il Palazzo delle Aquile, ma non crediamo che possa fare qualcosa di più e di meglio rispetto a ciò che non ha fatto nei vent’anni prece-denti (fin da quando era anco-ra democristiano) per le mas-se popolari palermitane.

Per quanto riguarda le al-tre città che vanno al ballottag-gio saranno sostanzialmente “centro-sinistra” e “centro-de-stra” a disputarsi il governo dei comuni. Il PD con le liste civi-che ha raggiunto il ballottaggio in 86 casi mentre il “centro-de-stra” in 89 e parte in vantag-gio tre volte di più. Nei 22 co-muni capoluogo PD e Forza Italia saranno presenti in 20 casi ma il “centro-destra par-te in vantaggio in 15 comuni e il “centro-sinistra” solo in 5. Il rapporto è completamente in-vertito rispetto al 2012 quando in vantaggio era il “centro-sini-stra” in 13 comuni e il “centro-destra” in appena 2.

la battaglia dei marxisti-leninisti

continuaLa tendenza astensionista

sembra inarrestabile. Tutta-via le liste in cui compaiono la falce e martello continua-no a essere votate. Si tratta di centinaia di migliaia di fau-tori del socialismo che cre-

dono ancora che si possono cambiare le cose e la società per via parlamentare. In base ad alcuni calcoli che valutano intorno al 6-7% dei voti validi la percentuale raggiunta dal-la “sinistra”, solo in questa tornata elettorale vi sono ol-tre trecentomila elettori di si-nistra che hanno votato partiti alla sinistra del PD.

Una contraddizione tra l’a-stensionismo elettorale di massa e il partecipazionismo elettorale di una componente fra le più avanzate dell’eletto-rato.

Una contraddizione che pesa sullo sviluppo della co-scienza politica del proleta-riato e delle masse e della lot-ta di classe.

Una contraddizione che può essere risolta solo dal PMLI, dalla sua capacità di convincere le fautrici e i fau-tori del socialismo che l’uni-ca via per abbattere il capita-lismo, realizzare il socialismo e dare il potere al proletaria-to è quella della Rivoluzione d’Ottobre, di cui quest’anno ricorre il Centenario.

Dobbiamo quindi continua-re a decuplicare i nostri sfor-zi per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, go-vernative, costituzionali e ri-formiste che di fatto sabotano la lotta di classe e rallentano la presa di coscienza antica-pitalista, antistituzionale e ri-voluzionaria del proletariato e delle masse popolari italiane e per qualificare l’astensio-nismo come un voto dato al PMLI e al socialismo.

Questo lavoro va fatto fin da ora là dove vi saranno le elezioni di ballottaggio il 25 giugno, ma anche ovunque in vista delle elezioni poli-tiche che si terranno in au-tunno o a primavera prossi-ma e per le quali la classe dominante borghese e i suoi servi, vecchi e nuovi volponi riformisti, stanno già metten-do in cantiere nuove trappole elettorali e politico-organiz-zative per ingannare l’elet-torato di sinistra, ingabbiarlo nel recinto della Costituzione borghese e nel riformismo a rimorchio del regime neofa-scista.

Intanto trasmettiamo i più vivi e riconoscenti ringrazia-menti da parte dei dirigen-ti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi ai militanti, ai simpa-tizzanti e agli amici del Par-tito che si sono impegnati, ciascuno in base alle proprie possibilità, a propagandare l’astensionismo marxista-le-ninista. Particolarmente ap-prezzati gli articoli scritti su “Il Bolscevico”.

Palermo: metà dell’elettorato diserta le urne

�Dal corrispondente della Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di PalermoNelle ultime elezioni svol-

tesi l’11 giugno a Palermo l’astensionismo ha vinto: il 47,4% degli elettori ha diser-tato le urne dimostrando così che anche in Sicilia le cose stanno lentamente cambiando e la voglia di cambiamento è sempre più impellente.

Sebbene Leoluca Orlan-do sia stato rieletto con quasi il 50% dei voti validi (ma solo dal 22,6% degli elettori), con un distacco di più di 15 pun-

ti sul secondo candidato, Fer-randelli, del “centro-destra”.

Orlando, candidato del PD diventa cosi per la quinta vol-ta, sindaco di Palermo, e vie-ne considerato il padrone di Palermo.

Ma quel che più conta è l’aumento dell’astensionismo. Un’elettore su due non è an-dato alle urne dimostrando una totale sfiducia nelle istitu-zioni. Ora occorre che trasfor-mino questo voto in un voto dato al PMLI e al socialismo.

Il volantinaggio della Cel-lula del PMLI di Palermo che

chiamava all’astensionismo ha fatto la sua parte. Dobbia-mo non stancarci nel propa-gandare l’astensionismo mar-xista-leninista affinché cresca la consapevolezza che solo il PMLI può dare a Palermo, alla Sicilia e all’Italia tutta l’antica potenza e splendore. Perché solo il PMLI può portare l’Ita-lia ad essere unita, rossa e so-cialista.

W il PMLI, W i 5 Maestri del proletariato internaziona-le, W il Compagno Segretario Giovanni Scuderi, W il CC del PMLI, W i Compagni.

Elezioni comunali dell’11 giugno 2017

DISERzIonE DAllE uRnE PRoVIncIa PER PRoVIncIa

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Alessandria 41,7 35,1 6,6Asti 42,0 35,3 6,8Biella 33,7 31,0 2,7Cuneo 39,5 30,3 9,3Novara 42,2 33,2 9,0Torino 42,0 32,5 9,6Verbano-Cusio-Ossola 44,4 40,0 4,5Vercelli 37,0 29,8 7,2PIEMONTE 41,2 33,1 8,1Bergamo 42,3 30,8 11,6Brescia 37,9 28,8 9,1Como 47,9 38,0 9,8Cremona 38,2 33,5 4,7Lecco 38,6 27,2 11,4Lodi 39,2 34,7 4,5Mantova 39,4 29,8 9,6Milano 46,2 38,2 8,0Monza e della Brianza 48,2 39,8 8,4Pavia 41,3 33,6 7,7Sondrio 32,7 26,3 6,4Varese 44,9 38,3 6,6LOMBARDIA 44,7 36,3 8,4Belluno 50,4 43,4 7,0Padova 39,2 29,9 9,3Rovigo 38,9 30,2 8,7Treviso 46,4 38,4 8,1Venezia 43,4 36,7 6,8Verona 39,9 30,3 9,7Vicenza 41,1 33,5 7,5VENETO 42,0 33,4 8,6Genova 50,9 43,8 7,1Imperia 37,8 29,8 8,0La Spezia 44,4 43,8 0,6Savona 38,3 31,8 6,5LIGURIA 49,4 43,1 6,2Bologna 40,7 30,5 10,2Ferrara 44,2 40,5 3,8Forlì-Cesena 45,7 33,0 12,7Modena 49,1 33,8 15,3Parma 46,4 35,5 10,9Piacenza 42,9 34,4 8,5Ravenna 41,9 33,5 8,4Reggio Emilia 40,7 36,7 4,0Rimini 39,4 31,1 8,3EMILIA-ROMAGNA 44,5 34,5 10,0Arezzo 37,0 33,9 3,1Firenze 42,1 36,1 6,0Grosseto 30,1 24,7 5,4Livorno 34,9 29,4 5,6Lucca 46,7 41,8 4,9Massa-Carrara 40,4 36,5 3,9Pisa 45,9 40,0 5,9Pistoia 44,3 41,1 3,2Siena 35,4 31,3 4,1TOSCANA 43,3 39,0 4,3Perugia 30,4 25,2 5,2Terni 35,0 29,7 5,3

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UMBRIA 32,3 27,0 5,3Ancona 42,4 32,4 10,0Ascoli Piceno 45,3 27,4 17,9Fermo 38,7 34,2 4,5Macerata 40,9 34,5 6,4Pesaro e Urbino 32,7 25,9 6,8MARCHE 40,5 33,3 7,2Frosinone 29,2 25,1 4,1Latina 31,9 26,7 5,2Rieti 26,9 23,2 3,7Roma 43,3 31,7 11,6Viterbo 26,6 21,3 5,3LAZIO 37,2 28,6 8,6Chieti 37,9 32,6 5,3L’Aquila 29,6 25,1 4,5Pescara 35,9 33,1 2,8Teramo 38,1 33,2 4,9ABRUZZO 33,5 28,8 4,7Campobasso 49,1 45,2 4,0Isernia 51,7 46,9 4,8MOLISE 49,3 45,3 4,0Avellino 32,0 28,0 4,1Benevento 40,3 36,0 4,3Caserta 30,7 26,2 4,5Napoli 32,5 26,9 5,5Salerno 29,7 25,3 4,4CAMPANIA 31,7 26,7 5,0Bari 31,7 26,9 4,7Barletta-Andria-Trani 34,3 28,7 5,6Brindisi 28,6 24,9 3,7Foggia 35,4 31,6 3,8Lecce 31,4 26,9 4,5Taranto 36,2 32,4 3,8PUGLIA 33,3 28,9 4,4Matera 31,9 28,9 2,9Potenza 42,4 38,5 3,9BASILICATA 39,1 35,6 3,6Catanzaro 32,1 27,8 4,3Cosenza 36,5 32,6 3,9Crotone 38,2 33,8 4,4Reggio Calabria 38,7 33,9 4,7Vibo Valentia 45,8 41,5 4,2CALABRIA 36,6 32,3 4,3Cagliari 46,4 39,4 7,0Nuoro 38,3 27,9 10,4Oristano 38,3 31,9 6,4Sassari 31,3 25,6 5,7Sud Sardegna 34,4 27,6 6,8SARDEGNA 37,3 30,3 6,9IN COMPLESSO ** 39,9 33,2 6,7

* Nella maggioranza dei casi si tratta di elezioni comunali che si sono tenute nel 2012.** In questo dato non sono compresi i comuni delle province del Friuli-Venezia Giulia e della Si-cilia i cui risultati non sono forniti dal ministero degli Interni ma dalle rispettive regioni a statuto speciale.

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4 il bolscevico / elezioni comunali N. 24 - 22 giugno 2017

Trionfa l’asTensionismo al primo Turno delle elezioni comunali dell’11 giugno a paola (cosenza)

Il 31,7% dell’elettorato, 4.768 elettori su 15.025 si è astenuto: un elettore su 3 ha di-sertato le urne, ha annullato la scheda o l’ha lasciata in bian-co, incrementando l’astensioni-smo del 2,4% rsul corpo eletto-rale rispetto al primo turno delle comunali del 2012.

Un risultato straordinario e tanto più significativo se si con-sidera che l’affluenza in gene-re alle amministrative è sem-pre superiore alle regionali ed europee, ma inferiore alle poli-tiche, per non parlare poi del-la pressione esercitata sull’e-lettorato (con tanto di squallide promesse di lavoro) da parte di un esercito di ben 5 candidati a sindaco, sostenuti da 17 liste composte da circa 300 candi-dati in lotta per 16 poltrone in consiglio comunale.

Non solo, ma essendo arri-vati al ballottaggio con consen-si assai minoritari due candidati dei tre che costituiscono la tri-plice ripartizione locale del par-tito unico della nazione fascista e mafiosa, quindi due destre, se ne deduce che l’astensioni-smo a Paola è soprattutto di si-nistra.

Le percentuali dei candidati e delle liste sono dunque gon-fiate di quasi il 33% se non si considera l’astensionismo, il quale delegittima i 5 candidati a sindaco, i partiti e le liste bor-ghesi al servizio del capitalismo e del regime neofascista.

Nessuno dei candidati a sindaco raggiunge il 50% + 1 dei voti validi, sarà necessario quindi il ballottaggio fra i primi due domenica 25 giugno.

Il più votato fra i candidati è stato l’ex sindaco dal 2003 al 2012, ricandidatosi con la Co-alizione di salute pubblica, Ro-berto Perrotta, oggi Psi.

Questo bandito, che ha di-strutto Paola causando fra l’al-tro un dissesto di ben 27 milio-ni e mezzo di euro, nonostante 6 liste di appoggio, fra le qua-li il PD, Psi ed altre 4 conte-nenti all’interno (e all’esterno) un’accozzaglia di politicanti

borghesi, trasformisti, corrotti e massoni che vanno dai falsi comunisti espulsi dal Prc, pas-sando per gli ex sindaci Gravi-na, FI, e Pizzini, Dc poi FI, fino ai veri fascisti, si ferma appena al 26,8% del corpo elettorale (il 39,7% dei votanti) raccattando fra l’altro 167 voti in meno del-le sue liste.

Non solo, è lontano migliaia di voti dalle elezioni del 2003 e del 2007 quando era candida-to con il solo “centro-sinistra” (e nemmeno tutto) che lo videro “vincere” ai ballottaggi pur rap-presentando sempre poco più di un paolano su tre.

Oggi con appena 4.074 voti ed il 26% dell’elettorato, parla già di “vittoria”!

La sua faccia di bronzo è pari solo alla sua sete di potere e al suo bisogno di continuare a mangiare sulle spalle del po-polo al servizio della borghesia e della ’ndrangheta!

La sua vittoria al ballottag-gio significherebbe per il popo-lo paolano, perfino dopo la de-stra di Ferrari e degli orfani di Scopelliti, passare dalla padel-la alla brace!

Si piazza secondo il sindaco uscente Basilio Ferrari, oggi FI, eletto al ballottaggio nel 2012, che si ferma al 19,4% del corpo elettorale (il 28,8% dei votanti) perdendo ben 2.314 voti rispet-to al primo turno del 2012 (e ot-tenendo 111 voti in meno delle liste collegate) lasciando quin-di per strada quasi la metà dei voti ottenuti al primo turno del-le comunali 2012, quando ne prese 5269, attestandosi infatti oggi a 2.955 voti.

Il fatto è che i paolani non hanno gradito i suoi 5 anni di fallimentare amministrazione nera e filomafiosa, espressione dell’ex governatore Scopelliti, della famiglia Sbano, dei fratelli Gentile, di Sergio Stancato e di Jole Santelli.

Terzo classificato il massone Pino Falbo, espressione di Pie-ro Lamberti (ex PCI-PDS-DS-PSDI) ex alleato e oggi nemico giurato di Perrotta, e dei dissi-

denti del PD locale. Si ferma all’11,9% (il 17,7% dei votanti).

I Falbiani voteranno per Fer-rari al ballottaggio. Perrotta, Ferrari e Falbo sono la tripli-ce ripartizione locale del parti-to unico della nazione fascista e mafiosa (per i dettagli su liste e candidati vedi l’articolo de “Il Bolscevico” n 21-2017) la loro bocciatura è il segnale inequi-vocabile dell’avversione delle masse di Paola verso i governi nazionali e locali della destra e della “sinistra” borghese (a co-minciare dalla giunta regiona-le borghese, neofascista e fi-lomafiosa del governatore PD Mario Oliverio), al servizio del-la borghesia nazionale e loca-le (e quindi della ’ndrangheta) e dell’Ue imperialista.

Quarto Enzo Limardi, l’at-tore candidato da quel che ri-mane della “sinistra radicale” paolana e vari rottami di “cen-tro-sinistra” ispirati dalle falli-mentari giunte comunali “aran-cioni”: si ferma al 6,4% (9,6% dei votanti) e riuscirà ad esse-re eletto consigliere comunale solo in caso di vittoria di Per-rotta.

Incredibile la “debacle” del M5S e del suo candidato Car-melo Meo: il 2,7% (4,1% sui vo-tanti).

I seguaci di Grillo non solo non drenano l’astensione ma arrivano ultimi, senza consi-glieri e perdendo praticamente quasi tutti i voti presi alle politi-che del 2013: raccattano infat-ti 424 voti per Meo e 299 per la lista contro i 2.350 voti delle politiche.

Lo sponsor di Meo è l’oscu-ro senatore cosentino Nicola Morra,che lo ha imposto sen-za nemmeno le squallide “co-munarie online”, come fece lo scorso anno con il massone Coscarelli a Cosenza, arrivato ultimo.

Fa dunque il bis a Paola, se-gno che in Calabria, almeno sul piano amministrativo, Grillo e compagnia hanno pochissimo seguito fra gli elettori. Ma sa-rebbe però un errore sottovalu-

tarli alle politiche.Per quanto riguarda le liste,

prima è FI,camuffata in “Mode-rati per Paola con Ferrari”, con il 9,7% (14,48% sui votanti) lon-tana anni luce dai “fasti” dell’al-lora Pdl.

Secondo il PD del camera-ta Renzi con l’8,2% (il 12,24% dei votanti) che perde più di 300 voti rispetto alle politiche del 2013, dunque lontanissimo dal vecchio Pci-Pds-Ds e so-prattutto dal 40% e dalla “voca-zione maggioritaria” renziana, anche per effetto della lotta per bande interna al partito in vista delle prossime politiche.

Segue il Psi con il 7% (11,9% dei votanti) in calo rispetto al 2012, quindi, sempre in calo, Grande Paola degli Sbano e dei Gentile, il Pri di Stancato e così via per le altre liste e par-titi, spesso e volentieri con per-centuali da prefisso telefonico.

Non saranno eletti consiglie-ri comunali, nemmeno in caso di vittoria del bandito Perrotta, i falsi comunisti e veri fascisti Emanuele Carnevale ed An-tonella Provenzano, sgherri di

Lucio Cortese, come lui espulsi dal Prc per l’alleanza con Per-rotta e con i fascisti, candidati nella lista “Un’Idea per la Cit-tà”. Chi di trotzkismo e alleanza con i fascisti (e i mafiosi) feri-sce.. di astensionismo elettora-le di sinistra perisce! Questa è la verità.

Dunque nessuna forza falso comunista, come avviene del resto dal secolo scorso, sarà presente in consiglio comuna-le. (vedremo semmai in giun-ta..)

Il 25 di giugno si sfideranno dunque il bandito Roberto Per-rotta con il suo “centro-sinistra di destra” e la destra di Basilio Ferrari.

Il primo non è stato votato da oltre il 73% degli elettori, il secondo da oltre l’80%, segno che i politicanti borghesi anche a Paola sono sempre più tanti piccoli colonnelli senza eserci-to o quasi.

L’alternativa il 25 di giugno non è tra queste 2 facce del-la stessa medaglia borghese, neofascista e filomafiosa, ma tra loro due da una parte ed il

PMLI, il proletariato ed il socia-lismo dall’altra.

Spetta al PMLI, dotandosi fra l’altro di un corpo da Gigan-te Rosso, qualificare l’asten-sionismo generico in astensio-nismo anticapitalista e per il Socialismo, fare acquisire alla classe operaia coscienza di es-sere per sé e condurla alla con-quista del potere politico, che poi è la madre di tutte le que-stioni.

Viva la vittoria dell’astensio-nismo a Paola al primo turno delle comunali dell’11 giugno!

Al ballottaggio del 25 giugno vota per il PMLI e il Socialismo astenendoti!

Creiamo le istituzioni rap-presentative delle masse fau-trici del Socialismo basate sul-la democrazia diretta, la parità di genere e a carattere perma-nente: le Assemblee Popolari e i Comitati Popolari!

Per Paola e la Calabria go-vernate dal popolo e al servizio del popolo!

Per l’Italia unita, rossa e so-cialista!

comunicaTo dell’organizzazione isola d’ischia del pmli

l’astensionismo cresce e diventa il terzo “partito” a ischia

A Ischia l’impegno dell’Or-ganizzazione isolana del PMLI è stato premiato. Gli astensionisti sono il terzo “partito”, migliorando le posi-zioni delle precedenti elezio-ni: il 30% è il dato definitivo che mette insieme chi ha di-sertato le urne, chi ha votato scheda bianca e chi ha an-nullato la scheda.

Durante la campagna elet-torale per l’astensionismo, condotta dall’Organizzazio-ne isolana del PMLI, è stata registrata un’ampia condivi-sione. Molti hanno letto con interesse il volantone diffu-so, hanno apprezzato l’inter-vista pubblicata sulla stampa locale per spiegare i motivi dell’astensionismo marxista-leninista, hanno accolto con simpatia, anche lo spazio elettorale messo a disposi-zione dalla emittente televisi-va locale.

Sappiamo bene che la maggioranza di chi ha diser-tato le urne non necessaria-

mente condivide la scelta del nostro Partito, ma certamen-te non ha più fiducia in que-sta politica, è disgustata dai sistemi clientelari che tendo-no a radicarsi sempre più, ha rifiutato la presenza di candi-dati sconosciuti che, pur non avendo mai partecipato alla vita civile del paese, hanno raccolto voti grazie all’impe-gno elettorale dei loro geni-tori, come se si trattasse di affari di famiglia; una mag-gioranza che ha voluto così condannare quel fenomeno di randagismo politico che ha sorretto coalizioni formate, senza alcun pudore, da PD, Forza Italia, liste con fascisti di vecchia data, Articolo 1.

Nel comune di Barano ha vinto la dinastia Gaudioso, di padre in figlio; a Ischia, ha vinto la coalizione di Enzo Ferrandino, già vicesindaco nella giunta di Giosy Ferran-dino, il sindaco mandato in galera per la vicenda del me-tano; non è stata premiata la

scelta di sedicenti “rivoluzio-nari” di spostare nelle istitu-zioni le lotte che vanno inve-ce condotte nelle piazze, nei posti di lavoro.

L’Organizzazione isola-na del PMLI continuerà le sue battaglie quotidiane con-tro ogni forma di affarismo, di clientelismo, nell’interes-se dei lavoratori, per garanti-re una sanità sicura, per una vivibilità ancora inesistente, per il diritto alla mobilità, in di-fesa del patrimonio paesag-gistico e storico.

Il PMLI si rivolge in par-ticolare, ai giovani perché possano essere protagonisti anche delle lotte che siamo chiamati a condurre per una scuola diversa, contro l’alter-nanza-lavoro, per un’Italia li-bera dai legacci europei ed americani, per costruire un’I-talia unita, rossa e socialista.L’Organizzazione isola d’I-

schia del PMLIIschia, 12 giugno 2017

Volantinaggio, spazio elettorale televisivo, intervista sulla stampa locale

Intensa campagna elettorale astensIonIsta del pmlI ad IschIa

�Dal corrispondente dell’Organizzazione isola d’Ischia del PMLIL’Organizzazione isola d’I-

schia del PMLI è stata intensa-mente impegnata nel condur-re la campagna elettorale per l’astensionismo, nei comuni di Ischia e Barano chiamati a rin-novare i consigli comunali.

Sono state distribuite centi-naia di copie di un pieghevole a quattro pagine, contenente il documento elettorale dei mar-xisti-leninisti dell’isola d’Ischia. Esso è stato ampiamente ap-

prezzato da quanti hanno avu-to modo di leggerlo. La diffusio-ne ha creato anche l’occasione per discutere sulla scelta tatti-ca del Partito di astenersi dal voto. Qualcuno ha chiesto: “Ci sono molte buone osservazio-ni nel documento, perché non candidarsi per mettersi alla prova?”. Così come altri hanno espresso dubbi sulla necessità di giungere ad una svolta rivo-luzionaria per abbattere questo sistema: “Ma chi vuoi che fac-cia la rivoluzione? E chi la ve-drà?”.

Apprezzato l’intervento del compagno Gianni Vuoso, in una intervista andata in onda nell’ambito di uno spazio elet-torale, di ben 15 minuti, messi a disposizione dall’emittente “Te-leischia”. Numerosi i commenti positivi giunti dopo la pubblica-zione sul quotidiano “Il dispari”, di una intervista al compagno Vuoso, realizzata da Viviana Bertolini in un’intera pagina, in-titolata “Gianni Vuoso insiste: astenetevi dal voto contro il randagismo politico”.

Infine, il comunicato stampa, a elezioni concluse, per sotto-lineare che l’astensionismo ad Ischia è ormai il terzo “partito”, avendo conquistato il 30%, con un buon aumento rispetto alle elezioni del 2012.

Iniziative utili a radicare il Partito sull’isola. Ora l’Organiz-zazione ritiene indispensabile incrementare il lavoro per solle-citare un confronto più intenso soprattutto con i giovani.

Appare necessario compie-re un balzo in avanti e avere come obiettivo, la creazione di una Cellula del PMLI.

*Tale lista è stata confrontata con i voti presi da il Popolo della libertà nel 2012

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N. 24 - 22 giugno 2017 interni / il bolscevico 5

Salta l’accordo elettorale tra i quattro principali banditi del regime neofaSciSta

L’accordo per fare una leg-ge elettorale “alla tedesca” e poi andare subito dopo al voto, forse già a settembre, raggiunto tra i quattro princi-pali banditi del regime neofa-scista, Renzi, Berlusconi, Sal-vini e Grillo, non ha retto ed è saltato alle prime votazioni in parlamento. La riforma elet-torale detta anche tedeschel-lum, su cui in commissione Af-fari costituzionali PD, FI, Lega e M5S si erano messi d’accor-do - vale a dire circa l’80% del-la Camera, per cui il suo testo doveva essere praticamente blindato - è stata invece affon-data al primo colpo dai fran-chi tiratori su un emendamen-to di secondaria importanza, ed è stata perciò rinviata in Commissione dove l’Ufficio di presidenza dovrà decidere la sua sorte, che probabilmente, date le contraddizioni riacutiz-zatesi tra i quattro partiti con-traenti, sarà l’accantonamen-to definitivo.

La nuova legge elettorale era frutto di un accordo pre-ventivo tra i due vecchi soci del patto del Nazareno, Ren-zi e Berlusconi, che l’avevano congegnata in funzione di un nuovo governo di “larghe inte-se” basato sui loro due parti-ti, in previsione del fatto pra-ticamente certo che nessuno dei tre partiti maggiori, PD, M5S e un’ipotetica lista FI-Le-ga, avrebbe avuto il premio di maggioranza del 40% alla Ca-mera necessario per governa-re da solo in base all’Italicum riformato dalla sentenza della Corte costituzionale. A questo accordo aveva aderito anche Salvini, in base alla sua li-nea che non importa con qua-le legge purché si vada prima

possibile a votare. D’altra par-te anche il nuovo duce Ren-zi aveva fretta di andare al più presto al voto, possibilmente a settembre, perché avendo appena vinto le primarie vuole sfruttarne l’abbrivio senza far-si logorare dai giochetti politi-ci e dalla legge di Bilancio, e perché non sta più nella pel-le di tornare a Palazzo Chigi prendendosi la rivincita sul 4 dicembre.

una legge a misura di “larghe intese” pd-fiIn realtà di tedesco la leg-

ge di Renzi e Berlusconi ave-va più che altro il nome, per-ché pur essendo come quella tedesca in parte proporziona-le e in parte uninominale, con sbarramento al 5% per i parti-ti minori, vi erano anche delle differenze sostanziali studia-te ad arte per adattarsi ai loro interessi: il sistema tedesco prevede infatti il voto disgiun-to tra collegi uninominali e li-stino proporzionale per le cir-coscrizioni, con due schede separate (si può votare cioè un candidato per i collegi e un altro partito per il proporziona-le), e con una ripartizione a metà tra seggi uninominali e proporzionali. Inoltre gli eletti nei collegi uninominali hanno la precedenza nell’assegna-zione dei seggi rispetto agli eletti col proporzionale, cioè sono certi di entrare in parla-mento.

Con la legge di Renzi e Berlusconi, invece, la scheda era unica, così come il voto che vale tanto per l’uninomi-nale quanto per la lista pro-porzionale collegata. Inoltre i capilista, che possono essere

fino a sei, tutti rigorosamente scelti dalle rispettive segrete-rie, possono candidarsi anche in tre circoscrizioni (pluricandi-dature), oltre che in un collegio uninominale. Ed hanno la pre-cedenza per l’ottenimento del seggio, anche se nel collegio è risultato primo un altro can-didato del loro stesso partito. Pur essendo risultato vincito-re nel collegio uninominale, cioè, un candidato non aveva la sicurezza di entrare in par-lamento, perché il suo seggio poteva essere assegnato ad un nominato pluricandidato nel listino proporzionale vota-to automaticamente grazie ai suoi stessi voti.

Era evidente che tutto que-sto meccanismo era conge-gnato appositamente per per-mettere ai due soci del nuovo Nazareno di nominarsi i propri fedeli rappresentanti in parla-mento, almeno in buona par-te, e allo stesso tempo, con lo sbarramento aumentato al 5%, di tagliare fuori tutti i pic-coli partiti, costringendoli o a coalizzarsi tra di loro o, più probabilmente, a intrupparsi nelle loro liste per avere una qualche probabilità di entrare in parlamento. Tant’è che in-furiato per essere stato scari-cato senza tanti complimenti da Renzi, il leader di Alternati-va popolare, Angelino Alfano, che con questa legge rischia-va di non entrare neanche in parlamento, aveva lasciato trapelare che a febbraio l’ex premier gli aveva proposto di scriversi da se stesso la leg-ge elettorale, se in cambio si fosse assunto l’incarico di far cadere il governo Gentiloni per provocare le elezioni an-ticipate.

anche grillo nell’inciucio a quattro

È a questo punto che an-che Grillo ha rotto gli indugi ed ha voluto entrare nella parti-ta. Già da tempo le trattative del M5S con il PD sulla legge elettorale erano in corso, gui-date con discrezione dal vice-presidente della Camera Luigi Di Maio tramite il suo emissa-rio in commissione Affari co-stituzionali, Danilo Toninelli. Perché il M5S ha deciso di se-dersi al tavolo delle trattative e aderire all’inciucio PD-FI-Le-ga, contraddicendo oltretutto i suoi proclami contro il “parla-mento dei nominati” e doven-do mettere a tacere non po-che proteste e dissidi sia nella propria base elettorale che nei suoi stessi gruppi parlamenta-ri? Come ad esempio da par-te di Roberto Fico, che non ha nascosto la sua contrarietà e della senatrice Paola Taverna, che lo ha addirittura definito “un mega-porcellum”, aggiun-gendo che “io non mi sarei ne-anche messa seduta”? Vero-similmente perché anche a Grillo faceva comodo la soglia di sbarramento alta e la pos-sibilità dell’elezione sicura dei suoi candidati più scelti e fe-deli che questo sistema tede-sco taroccato consente, e an-che per dare ai “mercati” e ai potentati economici una pro-va di “maturità e responsabi-lità” del M5S, impersonata dal candidato premier in pectore Di Maio, in vista di una pos-sibile quanto auspicata espe-rienza di governo.

Per disinnescare i malu-mori della base e dare via li-bera all’adesione all’accordo a quattro, il 28 maggio Grillo ha

convocato perciò la solita far-sa della consultazione on line tra gli iscritti sulla piattaforma Rousseau, annunciando che il “modello tedesco” aveva otte-nuto il 95% delle preferenze. Ma ciò non essendo sufficien-te, ha dovuto anche cercare di strappare qualcosa in più in commissione tramite l’azione mediatrice di Di Maio e Toni-nelli e promettere ai suoi altre possibili modifiche migliorative al testo tramite appositi emen-damenti da presentare in aula.

Frutto di questa mediazio-ne in commissione è stata la riduzione del numero dei col-legi uninominali e la riduzione delle pluricandidature a due (un collegio e una lista pro-porzionale), che consentiva la certezza del seggio, tranne un paio di eccezioni, ai candi-dati eletti nell’uninominale. A prezzo però dell’innalzamen-to al 62% della quota propor-zionale per le liste collegate automaticamente. Niente da fare infatti sul voto congiunto, su cui PD, FI e Lega erano ir-removibili, essendo il passa-porto per far eleggere i can-didati da loro nominati nelle liste circoscrizionali. Di Maio e Toninelli promettevano allora che voto disgiunto e preferen-ze sarebbero state ripresen-tati in aula attraverso appo-siti emendamenti, tra cui uno chiesto espressamente da Grillo per inserire un “premio di governabilità” al 40% come nel tanto deprecato Italicum.

come è saltato l’accordo in aula

Era chiaro che questi pro-positi di “miglioramenti” dei vertici M5S erano più che al-tro fumo negli occhi per tran-quillizzare la loro base: PD, FI e Lega li avevano infatti avvi-sati che il testo concordato in commissione era praticamen-te blindato, e del resto que-sti tre partiti insieme avrebbe-ro avuto voti a sufficienza per respingere qualsiasi emenda-mento pericoloso. Ma aveva-no fatto i conti senza l’oste, ossia la pochissima voglia dei loro parlamentari di lasciare anticipatamente la poltrona e forse dover rinunciare anche al relativo vitalizio.

A dare ali al loro malumo-re è stato anche un interven-to di Giorgio Napolitano, che da sempre vede come fumo negli occhi lo scioglimento anticipato delle Camere per l’”instabilità” che può provoca-re nei “mercati”: “Il voto antici-pato è paradossale, è un col-po alla credibilità del Paese”, ha tuonato infatti l’ex presi-dente della Repubblica, e ha aggiunto: “In tutte le democra-zie si vota a scadenza natura-le. Questa è una legge elet-torale fatta da quattro leader per calcolo di convenienza”. Per le stesse ragioni anche il presidente di Confindustria, Boccia, aveva espresso con-trarietà alla fine anticipata del-la legislatura. Contrario anche Prodi e così perfino Ezio Mau-ro, sul pur filorenziano quoti-diano La Repubblica.

Si è così arrivati alla di-scussione in aula della legge e alla giornata fatidica dell’8 giugno, quando è stato messo in votazione un emendamen-

to della deputata berlusconia-na Biancofiore, votato anche dai 5 Stelle che ne avevano presentato uno uguale, e che estendeva il tedeschellum an-che all’Alto Adige, al posto del vigente mattarellum. Un si-stema elettorale, questo, che garantisce una solida mag-gioranza al partito altoatesi-no SVP, che è anche alleato del PD e presta i suoi voti al governo in Senato. I renziani non potevano dunque che re-spingerlo, e così hanno fatto FI e Lega, mentre M5S, MDP e SI votavano a favore. Sul-la carta l’emendamento non avrebbe quindi avuto la mini-ma possibilità di passare, e invece grazie al voto segre-to, alle numerose assenze nei banchi della maggioranza e a una valanga di franchi tirato-ri, di cui molti del PD e certa-mente tutti quelli di AP di Alfa-no, è stato approvato con 270 sì e 256 no.

tornano in campo italicum “riformato” e

porcellumA quel puto il PD rinfaccia-

va al M5S la responsabilità di aver fatto fallire l’accordo, e il relatore della legge, Emanue-le Fiano, la dichiarava “morta”, e accusava i 5 Stelle di aver-la “uccisa”. Mentre a sua vol-ta il movimento di Grillo accu-sava Renzi di aver provocato apposta l’incidente per i suoi calcoli elettorali. Renzi riuni-va d’urgenza la segreteria del PD che decideva di sospen-dere ogni trattativa e rimanda-re tutto a dopo le amministra-tive. Poi si recava al Quirinale per sondare Mattarella circa la possibilità di approvare la leg-ge con un decreto, ricevendo-ne però un rifiuto. Alla fine è stato concordato di rinviare la legge in commissione in atte-sa di decidere cosa farne.

Salvo quindi un’improbabi-le ripresa delle trattative, a cui Grillo e Berlusconi sarebbe-ro anche favorevoli ma Ren-zi sembra ormai decisamen-te contrario, il patto elettorale a quattro sul tedeschellum è da considerarsi fallito. I calco-li del nuovo duce Renzi, dopo questa nuova sconfitta, sono ora concentrati sull’ipotesi di elezioni col sistema attuale ri-sultante dagli interventi corret-tivi della Consulta sull’Italicum e sul Porcellum: proporziona-le con sbarramento al 3% e premio di maggioranza fino al 55% al superamento del 40% dei voti per la Camera; e al Senato soglia di sbarramen-to al 20% per le coalizioni e al 8% per le singole liste, che però scende al 3% se queste fanno parte di coalizioni che superano la soglia del 20%.

È in questo scenario im-provvisamente mutato che, pur non rinunciando all’asse privilegiato con Berlusconi, il nuovo duce ha ripreso anche i contatti con Pisapia per son-dare una possibile alleanza elettorale al Senato. Quest’ul-timo si è dichiarato disponibi-le, ma a patto che ci siano le primarie per scegliere chi ne debba essere il leader e can-didato premier, svelando così le sue ambizioni personali ce-late dietro il progetto di “rico-struzione del centro-sinistra”.

il fascista ripulito fini accusato di riciclaggio

Sequestrato un milione di euroL’ex presidente della Ca-

mera Gianfranco Fini non è un “coglione” ma un “disone-sto” che “era ben a conoscen-za” dei loschi intrallazzi finan-ziari di sua moglie Elisabetta Tulliani, di suo fratello Gian-carlo Tulliani e di suo padre Sergio Tulliani, tutti indaga-ti per vari reati tra cui anche il riciclaggio di denaro sporco del boss dei videopoker Fran-cesco Corallo.

Lo ha confermato il Gico della Guardia di Finanza che il 29 maggio, su ordine Pub-blico ministero (Pm) Barbara Sargenti con l’aggiunto Mi-chele Prestipino e il procura-tore capo Giuseppe Pignato-ne, ha sequestrato al fascista ripulito un milione di euro in polizze vita.

Il sequestro rientra nell’in-dagine per cui Fini è indagato per concorso in riciclaggio nel filone d’inchiesta che riguarda la vendita della casa a Mon-tecarlo che, secondo gli inqui-renti fu decisa proprio da Fini “nella piena consapevolezza” delle condizioni concordate con Francesco Corallo e i Tul-liani.

La famigerata casa mone-

gasca di proprietà di Alleanza nazionale nel 2008, con l’au-torizzazione dell’allora presi-dente Fini, fu venduta a due società offshore, dietro le quali si nascondevano pro-prio Giancarlo ed Elisabetta Tulliani.

Il sequestro delle polizze è arrivato pochi giorni dopo la pubblicazione delle motiva-zioni con le quali il tribunale del riesame di Roma ha con-fermato il precedente seque-stro di una serie di beni ai Tul-liani in cui fra l’altro si legge che Fini e sua moglie “erano ben a conoscenza” della pro-venienza del denaro di Coral-lo. Una verità ribadita anche dal giudice per le indagini pre-liminari (Gip) Simonetta D’A-lessandro che, in quasi cen-to pagine di provvedimento, ripercorre tutta la storia che ha portato al coinvolgimento dell’ex leader di Alleanza Na-zionale.

Riprendendo alcuni stralci dell’interrogatorio di Fini il Gip chiosa: “Fini, negando tutte le contestazioni mosse ritiene che il suo coinvolgimento sia frutto della dichiarazioni false di Amedeo Laboccetta e del-

le millanterie di Giancarlo Tul-liani nei confronti suoi e della sorella Elisabetta per accredi-tarsi con Francesco Corallo. Ebbene – continua il Gip – si tratta di una negatoria del tut-to inverosimile”.

Secondo gli inquirenti il se-questro di oggi trova fonda-mento nella “centralità proget-tuale e decisionale” assunta da Fini nella vicenda. Per gli investigatori della guardia di finanza, l’operazione di vendi-ta dell’appartamento di Mon-tecarlo, ceduto da Alleanza Nazionale alle società offsho-re Printemps e Timara, ricon-ducibili a Giancarlo e Elisa-betta Tulliani, fu realizzata “alle condizioni concordate con Francesco Corallo ed i Tulliani” e decisa da Gianfran-co Fini “nella piena consape-volezza di tali condizioni”.

In tutti questi mesi Fini si è sempre dichiarato innocente; ha giurato di non sapere nul-la degli affari di sua moglie e dei suoi familiari con Corallo arrivando a dire: “Magari sono un coglione, ma non un diso-nesto”.

I fatti però dimostrano esattamente il contrario in

quanto Fini ormai da mesi è indagato con l’accusa di complicità nel riciclaggio di un tesoro intestato a tre suoi congiunti: circa 6 milioni di euro versati segretamente, attraverso anonime socie-tà offshore da Corallo che, a sua volta, dal dicembre scor-so è in stato d’arresto alle Antille Olandesi.

Corallo è l’imprenditore catanese titolare del gruppo Global Starnet (già denomi-nato Atlantis e poi Bplus) che nel 2004 ha ottenuto, benché fosse figlio di un pericoloso pregiudicato, la concessione statale a gestire il business miliardario delle macchinette mangiasoldi (new slot e vlt) che a partire da quell’anno hanno invaso l’Italia. Coral-lo è stato arrestato con i più stretti collaboratori nella sua base ai Caraibi, con l’accusa di aver sottratto all’Italia oltre 250 milioni di euro: profitti in-camerati con le macchinette mangiasoldi, trasferiti all’este-ro e occultati in anonime so-cietà offshore grazie proprio alla complicità di Fini, di sua moglie Elisabetta, di suo co-gnato e di suo suocero.

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6 il bolscevico / interni N. 24 - 22 giugno 2017

In occasione della finale di Champions League

RIsChIata una stRage a toRIno1527 feriti per il fuggi fuggi dei tifosi per paura di una bomba

La sindaca appendino, questore e prefetto devono dimettersiLe “scuse” alla popolazio-

ne della sindaca Cinquestel-le di Torino Chiara Appendino, del questore Angelo Sanna e del prefetto Roberto Saccone sono tardive e inadeguate.

Sono loro i massimi respon-sabili di quanto accaduto la sera del 3 giugno in piazza San Carlo a Torino durante la pro-iezione della finale di Cham-pions League Juventus-Real Madrid. Un evento che, a cau-sa dell’incompetenza degli or-ganizzatori e della sciatteria con cui sono stati predisposti i controlli e le misure di sicurez-za, ha rischiato di trasformarsi in una strage.

Poco dopo le 22, tra le 30mila persone che seguiva-no la partita su un maxischer-mo, a causa di un finto allarme bomba, si è diffuso il panico e nel fuggi fuggi generale centi-naia di persone sono state tra-volte e schiacciate. Moltissimi si sono feriti a causa dei coc-ci di bottiglia e lattine dissemi-nati in tutta la piazza venduti al pubblico da una trentina di venditori ambulanti, probabil-mente abusivi, che circolavano liberamente senza alcun tipo di controllo. Il bilancio definitivo è di 1.527 persone medicalizza-te, una cinquantina di ricovera-ti di cui 8 in codice rosso com-preso un bambino di 7 anni in rianimazione.

La Procura ha aperto un fa-scicolo, al momento senza in-dagati, in cui si ipotizza il reato di lesione colpose plurime.

In realtà le responsabili-tà politiche e organizzative ci sono, sono gravissime, evi-denti e ricadono in massima parte sulla sindaca Appendino, il questore e il prefetto che, in qualità di massimi responsa-

bili dell’ordine pubblico e del-la sicurezza, hanno messo a rischio l’incolumità di 30 mila persone e perciò, invece di giocare allo scaricabarile, fa-rebbero bene a dimettersi im-mediatamente.

Invece a una settimana dal-la ressa in Piazza San Carlo il capro espiatorio è stato sem-plicemente individuato nell’as-sessora all’Ambiente, Stefania Giannuzzi, silurata dalla sinda-ca Appendino e sostituita con il capogruppo consiliare M5S Al-berto Unia.

Durante la sua audizione in consiglio comunale la Ap-pendino ha cercato di scrol-larsi di dosso ogni responsa-bilità ribadendo che l’evento è stato organizzato con le stes-se modalità del 2015 (quan-do amministrava il PD di Fas-sino) e dallo stesso soggetto: il consorzio Turismo Torino. Ha elencato i numeri dei controlli e degli agenti dispiegati dal Co-mune (106 i vigili), ha chiamato in causa il Comitato provincia-le della sicurezza e la questura e infine ha cercato di addossa-re la colpa anche ai venditori di bevande additati come “piaga”.

Il rimpallo delle responsa-bilità è cominciato con la Ap-pendino che ha giustificato la sua decisione di non rimarca-re, nell’ordinanza comunale ad hoc emessa alla vigilia dell’e-vento, il divieto di portare botti-glie e lattine in pizza, ritenendo fra l’altro sufficiente il regola-mento di polizia urbana del Co-mune.

In particolare la sindaca ha puntualizzato che i “suoi uomi-ni”, cioè la polizia municipale, dovessero controllare solo il perimetro di Piazza San Carlo, mentre all’interno operavano

polizia e carabinieri (circa 200 agenti).

“Non possiamo cedere alla paura – ha attacato la sindaca pentastellata - Non possiamo farci vincere da questo nervo-sismo diffuso grazie al terrore che ha visto tanti luoghi teatro di fatti tragici, ma tutto questo si deve coniugare con azioni che, seppur auspicate da mol-to tempo, non sono al momen-to state attuate. Mi riferisco in particolare alla cospicua pre-senza di venditori abusivi di bevande in contenitori di ve-tro e metallo, anche all’interno dell’area delimitata, nonostan-te i controlli e le sanzioni ele-vate, piaga ormai endemica dei grandi eventi organizzati in questa e in altre città. Que-sto grave problema può es-sere efficacemente affrontato solo grazie ad ulteriori azioni di prevenzione e repressione che devono necessariamen-te essere condivise da tutte le forze dell’ordine. Solo in que-sto modo pensiamo che il fe-nomeno possa essere definiti-vamente arginato”.

Tenta di sfilarsi anche il que-store Sanna che in un’intervi-sta ha dichiarato che l’ordinan-za anti-vetro “è stata dichiarata incostituzionale, quindi non era valida – perciò ha aggiunto – Noi abbiamo fatto molto di più di quanto fatto in eventi analo-ghi. Credo che adesso sia im-portante lavorare sul motivo della tragedia. È importante capire cosa è successo e tro-vare, laddove esistono, delle responsabilità”.

Il realtà come ha scritto il giornalista Franco Bechis sul suo blog: “La Corte Costituzio-nale non si è mai sognata di vietare perché incostituziona-

li le ordinanze su alcol e vetro che infatti vengono adottate in ogni comune, e a Torino fan-no parte addirittura del regola-mento della polizia municipale. Con la sentenza 115 del 7 apri-le 2011 la Corte invece ha cas-sato una norma del pacchet-to sicurezza varato nel 2008 dal governo di Silvio Berlusco-ni con cui si davano a ‘sindaci sceriffi’ poteri di ordinanza per derogare alla legge in maniera permanente... non c’entravano né alcol né vetro. Quello che fu bocciato perché incostituzio-nale era il potere dei sindaci di derogare in modo assoluto e permanente alla legislazione nazionale con loro ordinanze... Sarebbe incostituzionale vieta-re sempre e ovunque la vendi-ta di alcol o di bottiglie di ve-tro per asporto, ma è legittima l’ordinanza di divieto per singo-li eventi o anche per lunghi pe-riodi (ad esempio la bella sta-

gione) oppure in singole aree della città in orari limitati (ad esempio quelle notturne). Or-dinanze di questo tipo esistono in ogni comune di Italia, e sono esistite pure a Torino. Ma non c’erano per piazza San Carlo”.

La verità è che nel mondo si fanno grandi eventi quasi tut-ti i giorni. La prassi di gestio-ne di questi eventi (concerti, manifestazioni, raduni religiosi, ecc.) è nota, codificata e con-solidata da tempo. Essa pre-vede ad esempio che la folla venga divisa in diverse aree non comunicanti per impedi-re l’effetto onda (che a Torino ha invece travolto tutti), si fa in modo che ci siano vie di fuga per ogni area, ben segnalate e scorrevoli, senza baracchini e bancarelle di venditori am-bulanti che intralcino il percor-so, la gente in ingresso viene ispezionata minuziosamente (soprattutto si dà la caccia alle

bottiglie di vetro, lattine e altri oggetti contundenti che diven-tanto pericolosissimi in caso di panico o incidenti).

Invece in piazza San Carlo a Torino non c’era nulla di tutto ciò. Nessuno era responsabile di niente. Decine di venditori di bevande giravano liberamen-te tra la folla offrendo bottiglie e lattine. Le vie di fuga, po-che perché alcune erano sta-te chiuse, erano intasate da bancarelle varie e quindi poco scorrevoli.

Tuttò ciò ha trasformato davvero Piazza San Carlo “in una sorta di pentola a pressio-ne, con le valvole chiuse” tap-pezzata da una gran quantità di bottiglie e lattine che hanno provocato la maggior parte dei ferimenti quando è scoppia-to il panico con moltissimi feri-ti che accusavano proprio tagli profondi ai piedi e in varie altre parti del corpo.

Dunque le autorità che avrebbero dovuto vigilare (sin-daco, prefetto, questore) non possono tirarsi indietro o gioca-re allo scaricabarile. Garantire la sicurezza di piazza San Car-lo toccava a loro. In particolare alla sindaca Appendino, titolare delle deleghe alla sicurezza in città, e quindi preposta in prima persona ad accertarsi (anche attraverso le sue strutture) che in piazza San Carlo tutto fos-se in ordine. Invece la sindaca Cinquestelle ha pensato bene di “regalare” ai torinesi la visio-ne della partita, e subito dopo è volata a godersi lo spettacolo in tribuna vip a Cardiff lasciando 30 mila persone in balia degli eventi, senza personale addet-to alla sorveglianza, come se si trattasse di una scampagna-ta fuori porta.

neL pRImo tRImestRe 2017

più licenziamenti e contratti a termine, meno a tempo indeterminatoCertificato il fallimento del Jobs Act di Renzi

Il Jobs Act di Renzi, come abbiamo denunciato più vol-te fin dalla sua approvazione, è un’autentica iattura per i la-voratori e porta benefici solo ai padroni che in due anni si sono già pappati 18 miliardi di incen-tivi, non hanno creato un solo nuovo posto di lavoro e ora, grazie alla contestuale aboli-zione dell’articolo 18, hanno dato il via a nuove ondate di li-cenziamenti.

A certificarlo sono i dati dif-fusi il 18 maggio dall’Osserva-torio sul precariato Inps secon-do cui con la fine degli incentivi alle imprese continuano a cala-re drasticamente anche i con-tratti a tempo indeterminato mentre sono in forte aumento i licenziamenti disciplinari, il la-voro precario, in apprendistato e in somministrazione.

Nel primo trimestre 2017 i nuovi contratti stabili, compre-se le trasformazioni da appren-distato o da contratti a termi-ne, sono stati 398.866: il saldo tra i nuovi posti e le cessazio-ni di contratti stabili è stato di 17.537 contro i 41.731 dell’a-

nalogo periodo del 2016, quan-do gli sgravi c’erano ancora pur se in forma ridotta, e i 214.765 nuovi contratti “netti” (612.158 attivazioni meno 397.393 ces-sazioni) attivati nel primo trime-stre 2015. Un crollo del 91,8 per cento. Spariti gli sgravi, le imprese sono tornate a licen-ziare e ad assumere solo con contratti a termine, proprio come prima del Jobs Act e del-la legge di Stabilità per il 2016.

1.439.000 sono state le as-sunzioni nel periodo esamina-to dall’Osservatorio Inps, con un +9.6% rispetto all’anno pre-cedente. Peccato che siano gli apprendisti a essere i più assunti, con un aumento del 29.5%, e i lavoratori a tempo determinato (+16.5%). Cala il tempo indeterminato (-7,6%).

Dunque le cosiddette nuo-ve assunzioni di cui cianciano Renzi e i suoi tirapiedi al Lavo-ro e all’Economia, Poletti e Pa-doan, non sono dovute all’at-tivazione di contratti di lavoro stabili, come di solito viene fat-to credere. Da questa cifra vanno sottratte le trasformazio-

ni da contratto a tempo deter-minato a tempo indeterminato, incluse le prosecuzioni a tem-po indeterminato degli appren-disti: sono 89 mila, con una ri-duzione del 6,8% rispetto allo stesso periodo del 2016. Van-no poi esclusi 40 mila contratti di apprendistato e, soprattutto 315 mila contratti precari, inclu-si quelli stagionali. I contratti a tempo indeterminato veri e pro-pri sono appena 22 mila. L’Inps sottolinea che le cessazioni dei contratti sono state 381 mila. Il saldo è di 17.537 unità per di più in calo rispetto al primo tri-mestre del 2016 quando il sal-do era di 41 mila unità e gli sgravi erano a pieno regime. Rispetto allo stesso periodo del 2015 c’è un abisso: il saldo era di oltre 214 mila unità.

Ad aumentare insomma è soltanto il lavoro precario a cominciare dagli apprendisti (+29,5%), ossia da coloro che dopo il periodo di prova o di formazione professionale po-trebbero essere non conferma-ti sul posto di lavoro. Dopo di loro ci sono gli assunti a tem-

po determinato (+16,5%). Ed è sintomatico sottolineare che i settori dove più crescono i contratti precari sono quelli del commercio, turismo e ristora-zione, ossia dove la rotazione della forza lavoro a basso tas-so di competenze e produttività è più alta.

Non solo. A partire da que-sti primi tre mesi del 2017 l’Inps ha registrato un boom di un’al-tra forma di precariato giovani-le, e studentesco in particola-re, che si lega direttamente alla controriforma scolastica Ren-zi-Giannini attraverso il proget-to di “alternanza scuola-lavoro” grazie al quale le assunzioni in apprendistato sono aumen-tate del 35% ed è significativa anche la crescita dei cosiddet-ti contratti di somministrazio-ne (+14%). Ossia del vecchio “lavoro interinale” in mano alle agenzie private.

Accanto a tutto ciò, i dati Inps confermano anche un’al-tra tendenza, ormai in atto da mesi, che riguarda la cresci-ta esponenziale dei licenzia-menti per motivi disciplinari

tra i dipendenti a tempo inde-terminato nelle aziende oltre i 15 dipendenti. L’abolizione dell’articolo 18 voluta da Renzi è coincisa con un aumento in un anno del 14,4% da 16.004 a 18.349. Rispetto al 2015 sono aumentati del 44%. Nei primi

tre mesi di quest’anno le azien-de hanno licenziato 143 mila persone con un aumento del 2,8 rispetto al 2016. Un dato che conferma un altro aspetto devastante della controriforma del lavoro, ossia il cosiddetto “contratto a tutele crescenti”.

Torino 3 giugno 2017. Una veduta della piazza dove si stava tenendo il video della finale di Champions dopo l’arrivo dei soccorsi ai feriti

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N. 24 - 22 giugno 2017 interni / il bolscevico 7Con la destra e Renzi

Il M5S vuol abolIre I SIndacatIDebole risposta di Landini

La lingua batte sempre dove il dente duole, e allo stesso modo il Movimento 5 Stelle torna periodicamente a riproporre la cancellazione dei sindacati, verso i quali non ha mai nascosto del resto la sua insofferenza. A partire dal suo stesso monarca assoluto, il milionario qualunquista Bep-pe Grillo, che in un comizio a Brindisi nel gennaio 2013, in piena campagna elettorale per le politiche, ebbe a dichiara-re: “Eliminiamo i sindacati che sono una struttura vecchia come i partiti, voglio uno Stato con le palle”.

Più di recente, il 10 apri-le scorso, un altro attacco del genere, anche se meno roz-zo di quello del loro padre pa-drone, è stato sferrato da tre parlamentari del movimento, i deputati Claudio Cominardi e Tiziana Ciprini e la senatrice Nunzia Catalfo, che in un post

sul blog di Grillo, introducendo il tema lavoro nell’ambito del-la consultazione sul program-ma del M5S, hanno scritto tra l’altro: “Difendere il lavorato-re significa anche promuove-re forme nuove di democrazia e partecipazione sui luoghi di produzione, tagliando al tem-po stesso i vecchi privilegi e le incrostazioni di potere del sindacato tradizionale. La pre-senza e l’incidenza del lavo-ratore nella governance della propria impresa, per il movi-mento 5 stelle, va disinterme-diata”.

Ora, se le parole hanno un senso, è chiaro che quel-le “forme nuove di democrazia e partecipazione sui luoghi di produzione”, logicamente le-gate alla richiesta di “disinter-mediazione” tra il lavoratore e l’impresa, non può significare in soldoni che l’abolizione pura e semplice del sindacato, an-

che se formalmente ci si limi-ta a chiederne genericamente il “taglio dei vecchi privilegi e incrostazioni di potere”.

Lo scenario evocato dai tre parlamentari M5S è infatti quello di un lavoratore che non è più parte di un soggetto col-lettivo, il sindacato, tramite il quale insieme agli altri lavora-tori si confronta con la contro-parte padronale per difendere i diritti e le condizioni proprie e di tutti, a livello aziendale come di categoria, e a livello locale come nazionale, ma un lavoratore che contratta indi-vidualmente le sue condizioni economiche e normative, sen-za bisogno di un corpo di in-termediazione come il sinda-cato e senza uscire dai confini dell’azienda per cui lavora.

È la stessa concezione di destra già teorizzata e porta-ta avanti nei decenni passati da Craxi e Berlusconi, e oggi

ripresa e messa in pratica dal nuovo duce Renzi, che ha fat-to della “rottamazione”, e della “rottamazione” del sindacato in particolare, una sua bandie-ra personale. Ed è significativo che su questo terreno si trovi in piena sintonia anche Grillo, a dimostrazione della natura essenzialmente qualunquista e di destra del movimento da lui fondato.

Poco importa che per cor-reggere il tiro, viste le proteste suscitate un po’ dappertutto dall’attacco del blog al sinda-cato, anche nella stessa base dei 5 Stelle, l’ufficio stampa del movimento alla Camera si sia affrettato a emettere un co-municato in cui si precisa che “annunciare di voler tagliare i privilegi e le incrostazioni di po-tere del sindacato tradizionale, anche rispetto alla rappresen-tanza sui luoghi di lavoro, non significa voler eliminare le si-

gle o i diritti sindacali”. Il fatto è che, come si evince anche dal suo programma e dal recen-te convegno di Ivrea, il movi-mento di Grillo e Casaleggio teorizza una concezione cor-porativa del lavoro, dove i la-voratori collaborano con il pa-dronato per il “miglioramento” dell’azienda e della produzio-ne, hanno rappresentanze nei consigli di amministrazione e “partecipano agli utili”.

È chiaro che in uno scenario cogestionario di tal fatta il sin-dacato è del tutto inutile, alme-no inteso in forma conflittuale, ed è per questo che il M5S tor-na ogni tanto a chiederne più o meno apertamente l’aboli-zione. E c’è da aspettarsi per-ciò che alle parole seguano i fatti, se mai dovesse andare al governo con le prossime ele-zioni politiche. All’attacco anti-sindacale dal blog di Grillo ha risposto anche Maurizio Lan-

dini, con un’intervista a La Re-pubblica dal tono però alquan-to fiacco e difensivo: “Se fanno questi ragionamenti così come li faceva Renzi, non si va da nessuna parte”, ha dichiara-to il segretario della Fiom, in-vitando il M5S, “se proprio vogliono forme nuove di parte-cipazione”, a votare la “legge sulla rappresentanza” deposi-tata in parlamento.

“Disintermediare – ha poi aggiunto entrando più nello specifico – vuol dire rinunciare alla contrattazione collettiva. Vogliamo davvero il modello americano, con un sindacato di mercato e aziendale? Ab-biamo già dato, mi sembra. Lo Statuto del lavoro non esi-ste più, le pensioni non ci sono più, disoccupazione alta, fles-sibilità al massimo, licenzia-menti. Non mi pare la strada da seguire”, si è limitato a con-cludere mestamente Landini.

I vaCCInI non devono esseRe obblIgatoRINo aLLe saNzioNi

È stato emanato lo scorso 19 maggio dal Consiglio dei ministri un decreto legge che prevede, a partire dal pros-simo anno scolastico, l’intro-duzione obbligatoria di otto vaccinazioni per l’iscrizione a scuola, portandole dalle 4 at-tuali a 12.

I vaccini saranno obbliga-tori per la fascia di età da 0 a 6 anni, mentre per la scuo-la dell’obbligo fino al secondo anno di superiori - ovvero dai 6 fino ai 16 anni - sono inve-ce previste pesanti sanzioni per i genitori che non rispetta-no l’obbligo, con la previsione espressa della segnalazione, da parte dell’azienda sanita-ria territoriale competente, al tribunale per i minorenni dei genitori o soggetti che eserci-tano la potestà genitoriale che violino l’obbligo di vaccinazio-ne, affinché tale organo giu-risdizionale possa procedere alla sospensione della potestà genitoriale.

Alle quattro vaccinazioni già obbligatorie per legge (dif-terite, tetano, poliomielite ed epatite B) si aggiungono quel-le per morbillo, parotite, ro-solia, pertosse, Heamophilus B, varicella, meningococco B

e meningococco. Il premier Gentiloni parla di “modalità transitorie.

Per i bambini fino a sei anni di età la mancata vaccinazio-ne comporterà l’impossibili-tà di iscriversi ad asilo nido e scuola materna, mentre per i bambini e ragazzi della scuo-la dell’obbligo le famiglie do-vranno presentare alla scuo-la il certificato di vaccinazione, in mancanza della quale il di-rigente scolastico farà una se-gnalazione all’azienda sani-taria locale di competenza, la quale contatterà la famiglia e darà un arco di tempo nel quale effettuare la vaccinazio-ne al proprio figlio.

In ogni caso, qualora gli esercenti la potestà genito-riale sui minori dovessero ri-fiutarsi di procedere alla vac-cinazione dei propri figli, ci saranno una serie di sanzioni pecuniarie molto pesanti, dai 500 ai 7500 euro.

Si tratta quindi di una vera e propria inversione di rotta rispetto ai provvedimenti che nel 1999 avevano tolto l’ob-bligatorietà della vaccinazione (salvo che per i quattro caso sopra descritti) istituita a par-tire dal 1967, per l’iscrizione a

scuola. Si tratta di un provvedimen-

to abnorme che è del tutto in-giustificato e spropositato, e dietro al quale è lecito so-spettare che vi siano interessi economici delle multinazionali farmaceutiche, perché non bi-sogna dimenticare che l’ex mi-nistro della Sanità De Lorenzo fu condannato in via definiti-va insieme al funzionario mi-nisteriale Poggiolini per avere ricevuto una tangente da 600 milioni di lire pagata dalla mul-tinazionale GlaxoSmithKline al Ministro della Salute De Lo-renzo per indurlo a introdurre il vaccino contro l’epatite B nel 1991 nonostante l’assenza di sufficienti sperimentazioni.

Il primo motivo di critica contro il provvedimento del ministro Lorenzin è l’abuso dello strumento del decreto legge che, come è noto, può essere emanato dal governo soltanto se vi sono le condi-zioni di necessità e urgenza.

Poiché non vi sono i pre-supposti né della necessità né dell’urgenza, che sussistereb-bero soltanto qualora vi fosse quantomeno una conclamata minaccia di un’epidemia o ad-dirittura un’epidemia in corso, non esistono i presupposti per cui il governo debba scaval-care la naturale sede legislati-va parlamentare, e quindi una approfondita discussione in tal senso, su una materia che, per i motivi che si spieghe-ranno, è piuttosto controver-sa. Del resto è lo stesso pre-sidente del Consiglio Paolo Gentiloni ad avere detto, nella conferenza stampa in cui il go-verno ha annunciato il decre-to legge, che non c’è nessuna emergenza sanitaria.

È evidente che si tratta di una fretta del tutto sospetta.

Un ulteriore motivo di criti-ca entra nel merito del provve-dimento, ovvero bisogna chie-dersi se ci sia un’evidenza medica che tutti questi vacci-ni debbano essere obbligatori da un punto di vista sanitario.

Sulla base dei dati desun-

ti dal giornale scientifico Eu-rosurveillance - una pubbli-cazione settimanale dedicata esclusivamente al controllo e al monitoraggio delle malat-tie infettive nel territorio eu-ropeo, edita dal Centro eu-ropeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, un’a-genzia indipendente dell’U-nione Europea - attualmen-te Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Islanda, Irlanda, Lituania, Lus-semburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito non prevedono l’obbligatorietà per alcun tipo di vaccino, il Belgio ne ha solo uno obbligatorio, la Francia e Malta ne hanno tre, la Grecia ne ha quattro. D’altra parte la Repubblica Ceca e la Slove-nia ne hanno sette obbligatori, l’Ungheria, la Polonia e la Ro-mania ne hanno otto, la Bul-garia e la Slovacchia nove e la Lettonia ne ha dodici, e in quest’ultimo gruppo di otto Paesi ci sono già da tempo di-scussioni per ridurne l’elevato numero che, se aveva un sen-so alcuni decenni fa quando vi erano ancora malattie en-demiche che non erano sta-te completamente debella-te in quei territori e contro cui le autorità sanitarie dell’epo-

ca combatterono con succes-so, ora non è più giustificabi-le con la scomparsa di gran parte delle patologie infettive (tubercolosi, tifo, vaiolo, per-tosse, poliomielite, solo per ci-tarne alcune presenti fino alla seconda metà del Novecento) dall’intero continente europeo, Russia compresa, alle quali le vaccinazioni si riferiscono.

Infine vi è una profonda contraddizione tra l’obbliga-torietà delle ulteriori otto vac-cinazioni previste dal decreto e lo strumento delle sanzioni pecuniarie e sospensive della potestà genitoriale: infatti se realmente la mancata vacci-nazione dei bambini costituis-se un rischio sanitario colletti-vo, lo strumento delle sanzioni sarebbe inadeguato, in quan-to si rischierebbe comunque di introdurre nelle scuole bam-bini e ragazzi potenzialmente nocivi per la salute pubblica.

Il costringimento a una vac-cinazione di massa obbliga-toria, accompagnata da una campagna di stampa truffal-dina, antiscientifica e ricatta-toria e imposta con lo spau-racchio di pesanti sanzioni economiche alle famiglie e di perdita dei diritti sui propri fi-gli o minori tutelati, deve es-sere categoricamente rifiuta-

to in quanto non vi è nessuna necessità da un punto di vista sanitario e costituirebbe sol-tanto un regalo alle multina-zionali farmaceutiche, e sono molti i pediatri che hanno de-nunciato un uso del tutto inap-propriato dello strumento della vaccinazione: infatti è appro-priata nella scienza medica la somministrazione delle te-rapie che siano indispensabi-li o quantomeno utili, evitando di somministrare cure super-flue, in quanto ogni cura (in questo caso i vaccini) ha ne-cessariamente delle controin-dicazioni, un concetto che tut-ti gli altri Paesi europei hanno compreso riducendo, anziché aumentando, il numero delle vaccinazioni che si riferiscono a malattie anacronistiche che fortunatamente fanno parte del passato.

Tanto furore a imporre per legge le vaccinazioni tout court è quanto mai sospetto perché le autorità di governo italiane non sono altrettanto sensibili e decisioniste su emergenze sanitarie come l’inquinamento e le emissioni di polveri sottili, di cui sono accertate le mor-tali conseguenze sulla soprav-vivenza umana? No, dunque, alle sanzioni; i vaccini non de-vono essere obbligatori.

vIdeo

Manifestazione NO Vax di Firenze del 3 giugno contro l’obbligo della vaccinazione

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8 il bolscevico / interni N. 24 - 22 giugno 2017

La Sardegna in piazza contro Le Servitu’ miLitari

40 mila ettari occupati dai poligoniIn Sardegna vi sono 40.000

ettari di territorio occupati sta-bilmente dai poligoni militari. A questi, si aggiunge l’occupazione temporanea utile alle esercitazio-ni che interessano periodicamen-te un tratto di mare e di spazio ae-reo pari a circa 20.000 chilometri quadrati, quasi come la superfi-cie dell’intera Sardegna. Il mese scorso l’isola ha dovuto ospitare l’esercitazione “Mare aperto”, che ha visto addirittura il transito di navi provenienti da diversi tea-tri di guerra nel porto di Cagliari. Contestualmente, il sito web di informazione Sardiniapost, scri-veva che: “Nei mesi scorsi la fab-brica di bombe made in Sardinia usate dai sauditi nel conflitto in Yemen, ha avviato l’iter per l’am-pliamento dello stabilimento sar-do, mettendo sul piatto 40 milioni in due anni”. Una evidente esca-lation della militarizzazione dell’i-sola, se è vero com’è vero che i vertici tedeschi della società, di-retta emanazione della tedesca Rheinmetall, si sono mossi anche verso Sa Stoia, l’area industriale di Iglesias, dove Rwm vorrebbe allestire un deposito per lo stoc-caggio di “materiali di imballaggio vari” nel quale è però prevista an-che la realizzazione di un deposi-to di materiale combustibile con una superficie lorda pari a 1.700 metri quadrati. Praticamente or-mai la Sardegna non serve agli imperialisti italiani e d’occidente solo come grande piattaforma militare per le forze armate na-zionali e per la Nato, ma anche come grande centro di produ-zione di armi da esportare verso paesi in guerra. Il 2 giugno, nel giorno della festa della Repubbli-ca borghese italiana, a Cagliari si sono riunite centinaia di persone per manifestare contro le servitù militari e contro la militarizzazio-ne dell’isola; in poche parole, “A Foras!”, fuori le basi militari dalla Sardegna! Proprio per iniziativa di “A foras”, il cartello che raccoglie la galassia antimilitarista sarda, migliaia di persone hanno voluto ricordare che le istituzioni hanno unilateralmente imposto alla Sar-degna un carico di servitù militari attualmente pari a circa il 60% del totale italiano, a fronte di una popolazione sarda che è circa il 3% di quella italiana. Al mattino un corteo nel centro della città è partito da Marina Piccola per diri-gersi verso piazza dei Centomila,

mentre al pomeriggio si è tenuto un concerto al parco del Colle San Michele contro l’occupazio-ne militare della Sardegna. Degno di nota il fatto che assieme agli antimilitaristi hanno sfilato i 400 dipendenti sardi di Tre e di Wind che temono di perdere il lavoro dopo l’accorpamento delle due compagnie di telefonia mobile e la sua probabile riorganizzazione. L’iniziativa, secondo i promotori, è stata “una grande mobilitazione di tutta la Sardegna contro tutti gli eserciti e contro tutte le multina-zionali delle armi che, con la com-plicità del governo nazionale e di quello regionale in carica e dei suoi predecessori, operano ogni giorno nell’isola, traendo profitto dall’industria bellica e continuan-do a portare morte e distruzione nel mondo e sempre nuove on-date di profughi disperati verso le nostre coste.” In questo senso, è’ un dato di fatto che nel solo 2017 il governo Renzi-Gentiloni ab-bia destinato 23 miliardi di euro spese militari, il che equivale oltre 64 milioni al giorno pari a poco più dell’1,5% del pil, mentre, ad esempio, le spese per il diritto pubblico alla salute ed all’istru-zione sono state ulteriormente tagliate, e che alla ricerca siano arrivati appena 5 miliardi annui. Quindi, mentre milioni di famiglie versano in condizioni di povertà assoluta, le spese militari per so-stenere la politica neocolonialista imperialista e interventista del governo continua ad aumentare, come già annunciato dagli studi dell’Osservatorio sulle spese mi-litari italiane Mil€x (www.milex.org) presentate il 23 novembre alla Camera. Considerati non solo il bilancio della Difesa, ma anche tutti i capitoli di spesa “militari” in capo al ministero dello Sviluppo economico, come le aggressioni imperialiste all’estero e i program-mi di “ammodernamento e acqui-sto” di armamenti utili a foraggia-re le aziende belliche nostrane a cominciare dalla Leonardo, ossia l’ex Finmeccanica, Fincantieri e Iveco che nel corso degli ultimi anni si sono spartiti commesse per oltre 50 miliardi di euro, è evi-dente come il 2017 superi ancora certe aspettative, ad esclusivo vantaggio delle 112 industrie ar-miere (12 grandi e cento piccole e medie) beneficiarie delle com-messe statali. (vedi “il bolscevico” 1/2017).

Era da un po’ di tempo che gli allevatori di Macchiareddu, nell’hinterland cagliaritano, si ritrovavano a contare pecore e capre morte senza alcun appa-rente motivo. Gli animali pasco-lavano in una zona poco distante dallo stabilimento della Fluorsid, azienda di proprietà del presi-dente del Cagliari Calcio Tom-maso Giulini e specializzata nel-la produzione di fluoro e derivati. Dunque sono stati i veterinari del servizio sanitario nazionale, fatte le analisi ed escluse le patologie più consuete, a presentare un esposto alla Guardia forestale della Regione Sardegna che al termine dell’indagine ha seque-strato due aree tra il comune di Assemini e il sito della Fluorsid, per un totale di 8 ettari, poiché è soprattutto in questo perime-tro che sono stati accatastati o interrati, secondo i magistrati, i materiali inquinanti. Pochi giorni fa l’inchiesta ha portato a sette arresti per associazione a de-

linquere, disastro ambientale e inquinamento. In carcere sono finiti Michele Lavanga, diretto-re dello stabilimento Fluorsid, Sandro Cossu, responsabile della sicurezza ambiente del-la società, Alessio Farci, inge-gnere a capo della produzione dell’azienda, Marcello Pitzalis e Simone Nonnis, rispettivamente dipendente ed ex dipendente della società Ineco che lavora nello stabilimento di Macchia-reddu. Ai domiciliari il titolare della Ineco Armando Benvenuto Bollani e Giancarlo Lecis, tec-nico della Fluorsid. Eppure già nel 1983 alcuni allevatori ave-vano intentato una causa civile contro l’azienda perché diversi capi di bestiame si erano am-malati di fluorosi; al tempo la Corte d’appello di Cagliari ave-va condannato la Fluorsid a un elevato risarcimento danni ma, come scrive il gip Cristina Orna-no nell’ordinanza di 168 pagine che ha portato agli ultimi arresti

“a quasi 20 anni dalla condanna nulla è mutato”. A completare il quadro, pochi giorni fa la Guar-dia forestale ha sequestrato una cava a Monastir, piccolo paese a pochi chilometri da Cagliari, contenente al suo interno ce-mento e altri scarti di lavorazio-ne provenienti dalla Fluorsid. Il territorio sotto monitoraggio si è quindi allargato sino al litorale di Portoscuso. Insomma, un di-sastro ambientale di proporzioni enormi. Fino ad oggi l’inchiesta ha confermato un quadro cata-strofico: una grave contamina-zione dell’aria per effetto della dispersione di polveri nocive ed altamente concentrate prove-nienti dallo stabilimento Fluor-sid, una grave contaminazione del suolo e una contaminazione delle falde acquifere con metalli pesanti di valori anche tremila volte superiori a quanto con-sentito. Il gip contesta anche lo sversamento di rifiuti pericolosi e di fanghi acidi nella laguna di

Santa Gilla, fra l’altro tutelata da vincoli nazionali e da norme Ue. Le indagini non sono ancora concluse ma marciano in dire-zione della conferma di un alto livello di coinvolgimento dell’in-tera dirigenza e della stessa pro-prietà della Fluorsid. Ancora una volta una azienda che per i propri interessi non si preoccupa di in-quinare irrimediabilmente l’am-biente, e di far strage di animali e, conseguentemente, di esseri umani; una ulteriore conferma – se ce ne fosse ancora biso-gno – che capitalismo e rispetto e salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica, viaggiano in due direzioni diametralmente opposte. È per questo che oc-corre legare le lotte ambientali a quella per il socialismo, se oltre a denunciare simili malefatte, ad indignarsi ed a protestare, si vuole davvero cambiare le cose rendendo l’ambiente ed il lavoro a misura d’uomo, nel rispetto ed a beneficio di entrambi.

7 arresti e 8 ettari sequestrati a Cagliari

sversamento di fluoro e derivati fa strage di pecore e capre

Non è la prima volta che finisce nel mirino l’azienda del presidente del Cagliari calcio

Dopo che per anni avevano ricevuto solo rimborsi dalla Biblioteca nazionale di roma

Franceschini licenzia gli “scontrinisti” non piu’ disposti a lavorare gratis

La recente vicenda degli “scontrinisti” romani purtroppo non fa che confermare quanto abbiamo scritto e detto più volte riguardo le vere intenzioni dietro l’estensione del Servizio civile universale e della possibile “leva obbligatoria” dei giovani al suo interno, ossia impiegare mano-dopera sottopagata quando non gratuita e non tutelata per andare a tappare i buchi dello Stato.

“Scontrinisti” erano i cosid-detti “volontari” della Biblioteca nazionale centrale di Roma, che non essendo formalmente assunti venivano pagati in rimborsi spe-se e perciò dovevano presentare scontrini per 400 euro. Nonostante questo, svolgevano tutte le man-sioni di un ordinario lavoratore della biblioteca, fra cui la vigilanza, l’accoglienza, il prestito e i servizi

di magazzino, facevano i turni e dovevano addirittura accordarsi per le ferie. Per assumerli, il Mi-nistero dei Beni e attività culturali (MiBACT) diretto da Franceschini aveva fatto come le grandi imprese che, per non avere un rapporto di-retto con i lavoratori e non doversi far carico dei loro diritti, ricorrono a cooperative più o meno fittizie: gli “scontrinisti” erano infatti assunti dalla cooperativa “Avaca”, il cui presidente è Gaetano Rastelli, diri-gente del sindacato istituzionale e filogovernativo FLP-BAC.

Contro questa situazione di sfruttamento palese e precarietà estrema, i lavoratori “scontrinisti” hanno cominciato a muoversi con denunce sempre più in grado di squarciare il muro di silenzio intor-

no a loro. Con la CGIL hanno pro-vato ad avviare un’azione sindaca-le presso il direttore della biblioteca e il ministero, vedendosi però chiudere le porte in faccia dietro la scusa bell’e buona che non sareb-bero lavoratori ma solo volontari. Il 18 maggio scorso hanno quindi pubblicato una lettera aperta su “Facebook” per denunciare la loro condizione e indetto una manife-stazione per il 25 maggio davanti alla biblioteca. Chiedevano di es-sere finalmente riconosciuti come lavoratori a tutti gli effetti, ciò che poi erano nei fatti.

Contro di loro “Avaca”, sicu-ramente eterodiretta dal gover-no, ha giocato d’anticipo e gli “scontrinisti” sono stati licenziati con un sms il 22 maggio, in una

palese vendetta per le sacrosante denunce dei lavoratori. Nessuno riceverà alcuna indennità di di-soccupazione, nonostanti alcuni abbiano maturato un’anzianità di fatto anche superiore ai 10 anni. La CGIL ha definito questa ritor-sione una “pratica studentesca” e l’USB ha chiesto che i lavoratori vengano assunti dall’azienda di servizi “Ales”, di proprietà pub-blica.

Questa è però solo la punta dell’iceberg della pratica sempre più intensa e diffusa sia a livello nazionale sia a livello locale di fare ricorso ai cosiddetti “volon-tari” per sopperire alla cronica mancanza di organico nelle bi-blioteche, nei musei e nel resto delle installazioni culturali italiane,

a causa del blocco dei concorsi e del turn over. Anziché avviare un piano di assunzioni e lavorare per riaprire i concorsi, però, il gover-no risparmia sulla pelle dei lavo-ratori immettendo lavoro gratuito. Infatti la circolare del MiBACT del 20 aprile scorso invita le bi-blioteche pubbliche statali a fare “un’attenta valutazione in merito alla sostenibilità economica delle convenzioni in scadenza con le associazioni”, perché l’arrivo del Servizio civile porterà infornate di giovani in cerca di lavoro ai qua-li viene offerto di fare i manovali gratis. La circolare aggiunge che, in caso di “assunzione” di ulteriori “volontari”, si dovrà “prevedere la rotazione semestrale delle unità di volontari assegnati” (oltre al dan-

no la beffa) e “applicare modalità organizzative atte a scongiurare qualsivoglia pretesa di riconosci-mento di rapporto di lavoro su-bordinato”. Tradotto: non ricono-scete mai e poi mai ai lavoratori le tutele e i diritti che chiedono legittimamente, che tanto fra sei mesi c’è il ricambio. Il PD insom-ma non ha più nemmeno un bri-ciolo di vergogna quando si tratta di promuovere lo sfruttamento dei giovani.

Non servono altre conferme insomma per capire che lottare per il lavoro significa anche bat-tersi contro i piani del governo Gentiloni di Renzi prima di lui per estendere e rendere addirittura obbligatorio il Servizio civile, la bella maschera dietro cui si na-scondono schiavismo e preca-riato.

Schiavismo e precariato selvaggi mascherati da “volontariato”

Cagliari, 2 giugno 2017. La manifestazione contro le servitù militari

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N. 24 - 22 giugno 2017 marx su marx / il bolscevico 9

1852Per quanto riguarda la situazione

del commercio, non ci capisco più niente. Ora sembra che la crisi sia alle porte e che la City sia a terra, ora tutto va di nuovo a gonfie vele. Io so che tutto questo non impedisce affatto la catastrofe. Ma, per seguire il movimento attuale, Londra non è in questo momento il posto migliore.

(Marx, Lettera a Engels, 4 febbraio 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 21)

Accludo la continuazione del mio articolo [Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, capitolo IV]. La cosa mi si sviluppa sotto le mani, adesso riceverai altri 2 articoli in proposito. Inoltre ti manderò col prossimo invito postale qualcosa sul signore Mazzini. (…)

I nostri amici stanno in celle, separati l’uno dall’altro e dal mondo, non possono ricevere né lettere né visite e nemmeno libri, cosa che in Prussia non viene mai negata nemmeno ai delinquenti comuni.

La vergognosa sentenza del Senato di accusa sarebbe stata impossibile, se la stampa si fosse occupata sia pure minimamente della faccenda. Ma i fogli liberali come la “Kölnische” hanno taciuto per vigliaccheria e quelli “democratici” (anche la “Lithographierte Correspondenz”, che Kinkel fa stampare con quattrini americani) per odio contro i comunisti, per paura di perdere importanza, per rivalità contro i “nuovi” martiri. Questo è il ringraziamento dei cani verso la “Neue Rheinische Zeitung” che ha sempre difeso il canagliume democratico nei suoi conflitti col governo (per esempio Temme, ecc.). Questo è il ringraziamento del signor Kinkel alla “Westdeutsche Zeitung”, su cui Becker lo ha lodato e Bürges difeso. Les canailles! Il faut les attaquer à mort [Quelle canaglie! Bisogna attaccarle a morte].

(Marx, Lettera a Joseph Weydemeyer, 13 febbraio 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pagg. 517-518)

Questa settimana non posso mandarti nulla, per la semplice ragione che da 8 giorni sono in difficoltà tali col maledetto denaro, che non posso continuare i miei studi in biblioteca e ancor meno scrivere articoli.

Marx, Lettera a Joseph Weydemeyer, 20 febbraio 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 522)

Da una settimana sono nella piacevole condizione di non potere più uscire per mancanza degli abiti impegnati al Monte di Pietà e di non potere più mangiare carne per mancanza di credito. Tutto questo è una merda, ma temo che questo sudiciume vada a finire in uno scandalo. L’unica buona notizia l’abbiamo ricevuta dalla cognata ministeriale, la notizia della malattia dell’indistruttibile zio di mia moglie. Se questo cane adesso muore sarò fuori dei pasticci.

(Marx, Lettera a Engels, 27 febbraio 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 30)

Per quanto mi riguarda, non a me compete il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna e la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, storiografi borghesi hanno descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle classi ed economisti borghesi la loro anatomia economica. Ciò che io ho fatto di nuovo è stato: 1) dimostrare che l’esistenza delle classi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione; 2) che la lotta delle classi conduce necessariamente alla dittatura del proletariato; 3) che questa dittatura medesima non costituisce se non il passaggio all’abolizione di tutte le classi e a una società senza classi. Mascalzoni ignoranti come Heinzen, i quali non solo negano la lotta, ma persino l’esistenza delle classi, dimostrano soltanto, nonostante i loro latrati sanguinari e le loro pose umanistiche, di ritenere le condizioni sociali nelle quali la borghesia domina come il prodotto ultimo, come il non plus ultra della storia, di non essere che servi della borghesia, una servitù che è tanto più ripugnante, quanto meno questi straccioni riescono a capire anche solo la grandezza e la necessità transitoria del regime borghese stesso.

(Marx, Lettera a Joseph Weydemeyer, 5 marzo 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 537)

Evviva il nuovo cittadino del mondo! Non è possibile venire al mondo in un’epoca più formidabile che oggigiorno. Quando si viaggerà in sette giorni da Londra a Calcutta ci avranno tagliato la testa a tutti e due da moltissimo tempo o avremo delle teste tremanti. E Australia e California e l’oceano Pacifico! I nuovi cittadini del mondo non riusciranno più a capire quanto piccolo era il nostro mondo.

Marx, Lettera a Joseph Weydemeyer, 25 marzo 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 539)

Il signor Mazzini infatti, da due anni papa della chiesa democratica in partibus, ritenne che fosse finalmente venuto il tempo di dare sfogo in lingua francese ai suoi veleni contro il socialismo e la Francia, ed esattamente nella “Nation” di Bruxelles, che ha comprato, d’accordo con Ledru-Rollin, per 10.000 franchi dei fondi italiani.

Là riversa sui socialisti la colpa del 2 dicembre, della presa di Roma, in breve di tutta la controrivoluzione, e nella sua altisonante maniera da domenicano strepita contro gli eritici, le sètte, il materialismo, lo scetticismo, la babele francese, con altrettanta decisione con quanta qui a Londra lecca il sedere ai borghesi liberali.

(Marx, Lettera a Engels, 30 marzo 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pagg. 43-44)

Louis Blanc, come prevedevo, cerca di sfruttare la dichiarazione comune contro Mazzini per formare un nuovo “réseau d’action” [“rete d’azione”] e per imporsi come capo del partito rivoluzionario. Voleva attrarre perfino me nella sua fusione di tutti i socialisti “francesi” e mi ha fatto invitare a una riunione. Naturalmente non l’ho nemmeno degnato d’una risposta, ma ho soltanto manifestato all’intermédiaire il mio stupore per questa indelicatezza. Dato che arriva Proudhon, un’alleanza con me sarebbe molto comoda al piccolo.

(Marx, Lettera a Engels, 5 aprile 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 48)

Nella settimana scorsa ho avuto a che fare con uno schifo di cui non puoi farti un’idea. Il giorno del funerale [della figlioletta Franziska, nota dei curatori] i denari promessimi da tutte le parti non vennero, sicché alla fine fui costretto a correre da alcuni miei vicini francesi per pagare i beccamorti inglesi.

Marx, Lettera a Engels, 24 aprile 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 54)

Avevo dato a Bangya, per Szemere, alcune brevi biografie dei grandi uomini tedeschi di Londra. Questa lettera, non so come, è stata letta a un libraio tedesco, senza che gli si facesse il mio nome. Ora lui chiede dei “profili” di questi uomini, e, a quanto dice Bangya, sarebbe pronto a dare 25 sterline per alcuni fogli a stampa. Naturalmente anonimi o pseudonimi. Ora, qu’en penses-tu [che ne pensi]? Veramente dovremmo fare insieme un simile romanzo umorisitico. Io ho qualche scrupolo. Se tu credi che io debba acconsentire a questa merda, devi fare

una raccolta delle mie lettere e degli altri scritti che tu hai sottomano, dove si trovino frammenti atti a caratterizzare quei cani. In ogni caso mi dovresti mandare alcune glosse su Willich “in azione” e “nella Svizzera”.

(Marx, Lettera a Engels, 30 aprile 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pagg. 63-64)

Siccome da settimane, ma specialmente dagli ultimi quattordici giorni, debbo correre sei ore al giorno per procurarmi da mangiare e inoltre sono di nuovo torturato dalla landlady [padrona di casa], non m’è restato altro che scrivere ieri a Johnson per chiedergli se mi vuole scontare una cambiale sulla “Tribune”.

(Marx, Lettera a Engels, 5 agosto 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 99)

Da una delle accluse lettere di Cluss vedrai che il signor Kinkel aveva proclamato a Cincinnati in un circle [circolo] di borghesi che “Marx ed Engels non sarebbero dei rivoluzionari, ma piuttosto due mascalzoni che a Londra sarebbero stati cacciati dagli operai fuori dalle osterie”.

(Marx, Lettera a Engels, 6 agosto 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 103)

Mia moglie è malata, la piccola Jenny è malata, Lenchen ha una specie di febbre nervosa. Il dottore non potevo e non posso chiamarlo, perché non ho denaro per le medicine. Da otto o dieci giorni ho nutrito la famiglia con pane e patate, ed è anche dubbio che io riesca a scovarne oggi. Questa dieta non era naturalmente vantaggiosa con le condizioni climatiche di ora. Articoli per Dana non ne ho scritti perché non avevo il penny per andare a leggere i giornali. (…)

Quando ero da te e tu mi dicesti che mi avresti potuto procurare una somma un po’ più grande per la fine di agosto, io lo scrissi a mia moglie per tranquillarla. La tua lettera di tre o quattro settimane fa accennava che non c’erano molte speranze, ma ne lasciava ancora qualcuna. Così io avevo preso tempo fino al principio di settembre con tutti i creditori, ai quali, come sai, vengono sempre pagati soltanto dei piccoli acconti. Ora c’è l’assalto generale.

Ho tentato ogni via, ma invano. In primo luogo quel cane di Weydemeyer mi frega 15 sterline. Scrivo a Streit in Germania (perché lui aveva scritto a Dronke in Svizzera). Questo bestione non risponde neppure. Mi rivolgo a Brockhaus e gli offro per la “Gegenwart” articoli di contenuto innocuo. Rifiuta in una lettera molto cortese. Finalmente la settimana scorsa corro dattorno il giorno intero con un inglese che voleva farmi scontare le cambiali di Dana. Pour le roi de Prusse [Per il re di Prussia, cioè: inutilmente].

La cosa migliore e più desiderabile che potrebbe accadere sarebbe che la landlady mi cacciasse di casa. Perlomeno in tal caso mi libererei di un debito di 22 sterline. Ma riesco appena a crederla capace di tanta cortesia. Inoltre il fornaio, il lattaio, quello del tè, il greengrocer [il verduraio], e ancora un vecchio debito col macellaio. Come debbo fare a farla finita con tutta questa merda del diavolo? Finalmente, negli ultimi otto o dieci giorni ho preso in prestito qualche scellino e qualche pence da certi zoticoni, il che è stato per me la cosa più noiosa, ma era necessario per non crepare.

Avrai visto dalle mie lettere che, come al solito, io navigo con grande indifferenza tra la merda quando io stesso ci sto dentro, purché non ne senta parlare neanche da lonano. Ma, que faire [che fare]? La mia casa è un lazzaretto, e la crisi comincia a disturbare talmente che mi costringe a

dedicarle la mia altissima attenzione. Que faire?

(Marx, Lettera a Engels, 8 settembre 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pagg. 135-136)

Per la nostra corrispondenza dobbiamo provvedere altrimenti. È certo che nel ministero Derby c’è uno che legge le nostre lettere. Inoltre (di sera), almeno a titolo di prova, si piazza una sentinella davanti a casa mia. Perciò non posso assolutamente scriverti cose che io non ritenga consigliabile che il governo prussiano venga a sapere in questo momento.

(Marx, Lettera a Engels, 25 ottobre 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 168)

Ieri ho impegnato il vestito che mi feci a Liverpool, per comprare della carta da scrivere.

(Marx, Lettera a Engels, 27 ottobre 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 175)

Se ti è possibile, fa per venerdì un articolo per la “Tribune” sull’affare di Colonia [Su richiesta di Marx Engels scrisse l’articolo “Il processo contro i comunisti di Colonia” con la firma di Marx]. Ora tu conosci tutto il materiale altrettanto bene quanto lo conosco io, e da quattro o cinque settimane ho tanto trascurato la merda di casa mia per il public business [la questione di interesse comune] che per questa settimana, con tutta la buona volontà, non posso rimettermi al lavoro.

(Marx, Lettera a Engels, 16 novembre 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 203)

Ricevete in allegato: 1. Un manoscritto mio: Rivelazioni sul processo dei comunisti a Colonia. Questo manoscritto è partito ieri per la Svizzera, onde essere colà stampato e poi scagliato in Germania come strenna per i signori prussiani. Dovresti stamparlo costì, se credi di poterne ricavare almeno i costi di produzione sul mercato americano. Se più, tant mieux [tanto meglio]. In questo caso, bisognerebbe cominciare già a parlarne sulla stampa, per fomentare la curiosità. L’opuscolo, nel caso fosse pubblicato, dovrebbe essere stampato anonimo in America così come avviene in Svizzera. Sarete in grado di valutare l’umore di questo opuscolo, se riflettete che il suo autore, per mancanza di sufficiente copertura alle spalle e ai piedi, è stato praticamente internato e oltre a ciò era minacciato di veder piombare ad ogni momento sulla sua famiglia davvero una insopportabile miseria. Il processo mi ha ancor più impelagato, giacché per cinque settimane, invece di lavorare per guadagnarmi il pane, ho dovuto lavorare per il partito contro le macchinazioni del governo. Oltre a ciò mi ha totalmente alienato editori tedeschi, con cui speravo di concludere un contratto per la mia Economia. Infine l’arresto di Bermbach mi ha tolto la prospettiva di ricavare qualcosa dai “Brumai”.

(Marx, Lettera a Adolf Cluss, 7 dicembre 1852, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 594)

Per tutto questo tempo ti ho fatto compagnia con le emorroidi. Soltanto, per fortuna mia questa volta, le mie, siccome sono capitate in un momento di magra, non hanno un processo “maligno” . In caso di bisogno devi applicare delle sanguisughe. C’est le grand moyen [Questo è il mezzo migliore].

(Marx, Lettera a Engels, 14 dicembre 1852, Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 212)

MARX SU MARXProseguiamo la pubblicazione di importan-ti citazioni autobiografiche di Marx iniziata sul numero 10/2017 de “Il Bolscevico” in occasione del 14 marzo, 134° Anniversario della scomparsa del cofondatore del socia-lismo scientifico e grande Maestro del pro-letariato internazionale, e proseguita sui n. 12, 14, 15, 17, 19, 20, 21 e 23/2017. Tra parentesi quadre […] compaiono le note dei curatori.

[10 - continua]

Marx si incontra con alcuni esuli tedeschi a Parigi

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10 il bolscevico / interni N. 24 - 22 giugno 2017

Corruzione nella sanità pubblica a Roma

Indagato Il deputato dI FI angeluCCI peR appaltI e mazzette

Aggiustavano le gare d’appal-to grazie a “una ramificata rete di reciproche facilitazioni affaristi-che finalizzate alla realizzazione di profitti e vantaggi personali, perpetrate mediante traffici di influenze e la redazione di false attestazioni”.

È il contesto corruttivo scoper-to all’interno della sanità pubblica romana e ricostruito dai pubblici ministeri (Pm) della Procura di Roma che il 15 marzo hanno or-dinato l’arresto per 9 persone, tra dirigenti della Asl Roma 1 e im-prenditori, tutte accusate a vario titolo di corruzione e turbativa di appalti, e iscritto altre 10 nel re-gistro degli indagati per traffico di influenze e falso.

Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni e denaro per 4,140 milioni di euro, frutto, se-condo l’accusa, del profitto illeci-to ricavato dalla società di analisi mediche “Diagnostica medica srl”, e di 330 mila euro derivati da una prolungata attività di corruzione.

Al centro dell’inchiesta c’è Maurizio Ferraresi, dirigente del-la Asl 1 capitolina e responsabile della Commissione patenti, finito in galera per almeno tre episodi tra corruzioni e turbativa d’asta.

Ferraresi, secondo le accuse,

era stipendiato da due imprendi-tori titolari degli studi di “diagno-stica medica srl”, Mario Dionisi (anche lui finito in carcere) e sua sorella Rossella (ai domiciliari). Il dirigente medico riceveva 5mila euro al mese per consigliare, a chi si rivolgeva alla Commissione patenti, gli studi Dionisi.

Ferraresi secondo i Pm ha an-che aiutato alcuni imprenditori a entrare in contatto con un altro dirigente Asl, Claudio Cascarino (arrestato), responsabile per l’uni-tà operativa dell’affidamento di una gara di appalto da 14 milioni per la manutenzione dell’azien-da sanitaria. Chi voleva lavorare all’appalto doveva entrare, pa-gando, a far parte di una ristretta cerchia di amici che, secondo gli inquirenti, venivano scelti da Fer-raresi e Cascarino.

Gli altri imprenditori finiti agli arresti domiciliari sono: Alessan-dro Federici, Carlo Maria Martino, Domenico Francia, Nello Delli Castelli e Maurizio Ramoino, col-laboratore di Cascarino.

Tra gli indagati invece figura fra gli altri il superboss berlu-sconiano delle cliniche private e dell’editoria, senatore di Forza Italia dal 2008, nonché editore del fogliaccio Libero, Antonio

Angelucci, accusato di traffico di influenze, che punisce forme di lobbying illecite dietro compenso o promessa di utilità.

Angelucci ha tentato di aggiu-stare due processi in Cassazione. Un procedimento riguardava una misura cautelare reale riferita a un sequestro disposto dalla procura di Bari nei confronti del consorzio San Raffaele e della Finanziaria Tosinvest per 7milioni di euro. Il secondo processo era ineren-te a una causa di lavoro con un medico, in precedenza assunto presso il San Raffaele, il cui ricor-so era pendente in Cassazione dopo la decisione del tribunale civile. La prima è fallita perché il presidente della VI sezione della suprema corte respinse l’offerta, mentre nel secondo caso il piano rimase solo sulla carta.

Angelucci, secondo le accuse della procura di Roma, avreb-be contattato Ferraresi affinché intervenisse per avere una sen-tenza favorevole in Cassazione. In cambio del favore Ferraresi avrebbe chiesto l’assunzione delle fidanzate dei suoi due figli. Stipulato l’accordo Ferraresi si rivolse a Franco Amedeo, ex ma-gistrato della Cassazione in pen-sione, che, a sua volta, avrebbe

promesso una soluzione favore-vole ad Angelucci pretendendo in cambio un certificato medico falso da Ferraresi che serviva a una sua amica per un’operazione di plastica al seno. Il certificato era necessario per ottenere una mastoplastica attraverso il Servi-zio sanitario nazionale e non pri-vatamente.

Il mercimonio alla fine non andò in porto perché quando Amedeo provò a parlare con il giudice della Cassazione che doveva prendere la decisione su Angelucci fu respinto.

Angelucci, che da semplice portantino, grazie all’aiuto del banchiere Cesare Geronzi e alle sue entrature nei piani alti del servizio sanitario pubblico, è di-venuto in poco tempo il boss delle cliniche private e dal 2008 compare costantemente in cima alla graduatoria dei parlamenta-ri più ricchi: nel 2015 dichiarava redditi per poco meno di quattro milioni di euro. L’anno successi-vo si è fermato a 1 milione e 657, nonché recordman dell’assentei-smo in parlamento dove, secon-do i dati di Openpolis, ha fatto registrare il 99.59% di assenze su 20.828 votazioni elettroniche, figurando 630° su 630 deputati.

Contro le giornate antifasci-ste indette dall’Anpi in diverse città italiane il movimento gio-vanile di Forza Nuova, Lotta Studentesca, ha pensato bene di compiere veri e propri blitz di marca squadrista.

Il 26 maggio a Milano la sede dell’Anpi di Crescenzago è stata recintata con nastro adesivo da uomini con indosso tute bian-che che utilizzano gli operai ad-detti alle disinfestazioni, i quali hanno poi scattato una foto con un cartello dove vi è scritto “At-tenzione! Disinfestazione. Il 27 maggio puzza di vecchio e di marcio”, foto che è stata pub-blicata sul sito di Forza Nuova.

Identici manifesti sono stati affissi il giorno successivo dal movimento giovanile di Forza Nuova nel portone del circo-lo Arci Zei di Lecce e in varie zone del capoluogo salentino, soprattutto nel quartiere univer-sitario, una evidente provoca-zione contro i partecipanti alla marcia antifascista in program-ma a Nardò.

Lo stesso giorno 27 maggio poi anche per le strade di Reg-gio Emilia e nel portone dove hanno sede gli uffici della Pro-vincia, dove era stato convoca-to il convegno dal titolo “Essere antifascisti oggi”, sono stati af-fissi identici cartelli.

Nel pomeriggio dello stes-so giorno infine a Milano, in via Vittor Pisani, alcune centinaia di fascisti di Forza Nuova hanno sfilato lanciando slogan razzisti contro gli immigrati e inneg-giando alla ‘disinfestazione’ nei confronti di immigrati, antifasci-sti e Anpi, rivendicando le pro-vocatorie azioni squadriste di Milano, Lecce e Reggio Emilia.

Andrea Di Cosimo, respon-sabile nazionale del movimen-to, ha scritto sulla pagina Fa-cebook di Lotta Studentesca allo scopo di rivendicare tali ignobili iniziative provocatorie: “I militanti di LS, in tuta bianca da lavoro, hanno anche affisso numerosi cartelli per informare la cittadinanza della disinfesta-zione in corso contro zecche e fastidiosi animaletti, purtroppo presenti nel luogo” e prosegue sostenendo che “i nostri militan-ti sono impegnati in una vasta

operazione di disinfestazione in molte città italiane per liberarle dalla presenza di zecche e par-tigiani vari”.

Il linguaggio simbolico e concettuale che fa riferimento alla ‘disinfestazione’ nei con-fronti degli avversari politici, uti-lizzato dai nazifascisti di Forza Nuova, è un chiaro riferimento alla pratica nazista delle camere a gas, nelle quali milioni di inno-centi vennero introdotti facendo credere loro che si trattava di una semplice disinfestazione da pulci e pidocchi, mentre invece veniva loro somministrato gas letale che li potrò alla morte, per cui è inaccettabile che settanta anni dopo la fine della seconda guerra mondiale ignobili perso-naggi che si ispirano a ideologie genocidi possano ancora invo-care disinfestazioni contro altri esseri umani da essi considerati al pari di insetti da cui liberarsi.

I gruppi nazifascisti devono essere messi fuori legge oggi, come impone la Costituzione.

Chiediamo a tutti i partiti po-litici antifascisti, al mondo catto-lico, all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, agli esponenti delle altre comunità religiose e alla società civile progressista e a tutti i sinceri democratici a fare un fronte comune affinché le criminali provocazioni degli squadristi nazifascisti vengano messe definitivamente a tacere con la messa al bando definiti-va di tali movimenti che con le loro azioni, verbali e simboliche, offendono a oltre settanta anni di distanza la memoria di tanti morti innocenti insieme alla me-moria dei tanti Partigiani che in tre continenti si batterono con-tro una simile barbarie disuma-na.

D’altra parte, la risposta che hanno dato gli antifascisti è consistita in oltre 100 mani-festazioni in tutta Italia indette dall’Anpi, che hanno visto una grande partecipazione di popo-lo, alla quale hanno partecipa-to studenti, operai, immigrati, esponenti della cultura demo-cratica e antifascista e tanti gio-vani pronti a continuare la lotta antifascista dei loro nonni e dei loro padri.

In vaRIe CIttà

Blitz squadristi di Fn contro l’anpi

truffa da 2 milioni di euro ai danni delle vittime del pizzo

arrestata per truffa la presidente anti-racket Salento

Lo scorso 12 maggio, su or-dine del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce Giovanni Gallo e su richiesta dei sostituti procuratori Massimiliano Carducci e Roberta Licci della procura della Repubblica dello stesso capoluogo salentino, sono state arrestate quattro persone tra cui la presidente dell’Associa-zione antiracket Salento, Maria Antonietta Gualtieri, finita in car-cere, nell’ambito di un’inchiesta che ha visto iscritti nel registro degli indagati 40 persone.

Oltre alla Gualtieri, sono finiti in carcere Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del settore finanzia-rio del Comune di Lecce, e Lillino Gorgoni, funzionario dello stes-so Comune, mentre è finita agli arresti domiciliari la segretaria dell’associazione antiracket Si-mona Politi.

È poi stata disposta la misu-ra cautelare dell’interdizione dai pubblici uffici nei confronti di set-te persone, tra cui l’assessore al Bilancio Attilio Monosi, politica-mente vicino alla lista di Raffaele Fitto “Direzione Italia”.

L’accusa formulata dai ma-gistrati salentini è, a vario titolo, di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, concus-sione, corruzione e falso, il tutto finalizzato a ottenere un finan-ziamento di 2 milioni di euro, ef-fettivamente percepiti nel 2012, destinato alle vittime del racket

e dell’usura, assegnato dall’uffi-cio del commissario straordinario antiracket istituito presso il mini-stero dell’Interno.

L’Associazione antiracket Sa-lento, sulla base di una conven-zione firmata nel 2012 con l’uffi-cio del commissario antiracket, gestisce i tre sportelli di Lecce, Brindisi e Taranto, con l’obiettivo di prestare assistenza alle vitti-me - anche tramite la consulen-za di avvocati, commercialisti ed esperti del settore bancario - e favorire l’accesso ai finanziamenti previsti dal Fondo di solidarietà.

Le indagini hanno invece sve-lato l’esistenza, per usare le te-stuali parole scritte dal giudice per le indagini preliminari nell’or-dinanza che dispone le misure cautelari, di un “sodalizio crimi-nale capeggiato dal presidente dell’associazione” che - con il coinvolgimento sia di pubblici uf-ficiali dell’ufficio del commissario Antiracket sia di amministratori pubblici sia di imprenditori privati - ha messo in atto condotte cri-minali con l’obiettivo di accedere attraverso in modo fraudolento ai finanziamenti “in grave danno del Bilancio statale e della Comunità Europea”.

Più specificamente, le indagini hanno dimostrato che L’Associa-zione e i relativi sportelli sarebbe-ro stati costituiti sin dall’inizio non con l’obiettivo di prestare consu-lenza e fornire servizi alle vittime

di estorsioni, ma soltanto di in-cassare i finanziamenti pubblici, tanto che nei rendiconti sono fi-nite da subito spese fittizie per il personale e sono state utilizzate fatture per operazioni inesistenti sull’acquisizione di beni e servizi tra cui la consulenza dei profes-sionisti, la realizzazione di lavori presso gli sportelli di assistenza o la promozione di inesistenti campagne pubblicitarie e la ren-dicontazione di spese per viaggi e trasferte mai eseguite.

L’associazione, per accede-re ai contributi, aveva stipulato contratti di collaborazione con di-

pendenti fittizi e compiacenti pro-fessionisti, emettendo false buste paga o ricevendo fatture per pre-stazioni professionali inesistenti. Le somme indebitamente perce-pite dai finti collaboratori veniva-no successivamente restituite in contanti alla stessa presidente dell’Associazione. Venivano fatte salve, poi, le ritenute previden-ziali e assistenziali, regolarmente pagate, e alla fine la presidente attestava falsamente il raggiungi-mento degli obiettivi stabiliti dal-la convenzione con il ministero dell’Interno.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 14/6/2017

ore 16,00

7 meSI dI CaRCeRe peR FuRto all’ex CapogRuppo m5S dI aleSSandRIa

È ormai evidente a tutti che il Movimento 5 Stelle predica bene ma razzola male.

L’ennesima conferma di ciò è data dalla condanna a sette mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, inflitta dal tribunale di Alessandria ad Angelo Malerba, quarantatreen-ne consulente assicurativo ed ex capogruppo della formazione politica nel Consiglio comunale

del capoluogo di provincia pie-montese.

Il 10 marzo 2016 Malerba era stato arrestato dai carabinieri in flagranza di reato all’uscita del-la palestra che frequentava con l’accusa di furto di due banco-note da 50 euro da un armadietto dello spogliatoio.

Erano mesi che i clienti della palestra denunciavano furti avve-nuti nello spogliatoio maschile, e

per tale motivo i locali erano sotto osservazione da parte delle forze dell’ordine, che avevano installa-to proprio quelle telecamere che hanno poi documentato il furto di cui si è reso autore l’esponente del Movimento 5 Stelle.

E pensare che il Movimento 5 Stelle aveva candidato, nel 2012, il ladruncolo degli armadietti a sindaco di Alessandria, esaltan-done l’onestà e magnificandone

le elevate doti morali: nel blog di Beppe Brillo l’esponente del movimento politico Domenico Di Filippo in un post del 14 marzo 2012 aveva invitato gli alessan-drini a riconoscere in lui un uomo “con la faccia pulita” e nella stessa data un altro esponente grillino di Alessandria, Andrea Cammalleri, invitava i cittadini a votare per la squadra capeggiata da Malerba in quanto, a suo dire, essi avreb-bero così avuto “la possibilità di sapere in tempo reale quello che succede in consiglio e soprattutto come vengono spesi i loro soldi”.

Se Malerba fosse diventato sindaco di Alessandria grazie alle decisioni del Movimento 5 Stel-le di candidarlo, probabilmente gli alessandrini si sarebbero resi conto, e non necessariamente in tempo reale, che il sindaco avrebbe certamente trattato le casse comunali del loro comune in modo non dissimile da come avrebbe alcuni anni dopo trattato il fatidico armadietto.

Numero di telefono e fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

Il numero di telefono e del fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente 055 5123164. Usatelo liberamente, saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessato al PMLI e al suo Organo.

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N. 24 - 22 giugno 2017 PMLI / il bolscevico 11Risoluzione della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze sull’invito della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI

LavoReReMo NeL MovIMeNto NoN uNa dI MeNoLe compagne e i compagni

della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze si sono ri-uniti lunedì 5 giugno per ana-lizzare e approfondire l’invito della Commissione per il lavo-ro femminile del CC del PMLI a far parte del Movimento “Non una di meno” prendendo contatto con la rete nella no-stra città.

Un movimento che sta otte-nendo a livello di massa gran-di adesioni e che al momento attuale rappresenta sul piano nazionale un punto di riferi-mento che coinvolge gli am-bienti di lavoro, sindacali, di scuola e università e dei Cen-tri sociali.

Un’occasione da non la-sciarci sfuggire in quanto da sempre la Cellula di Firenze del PMLI è impegnata nel la-voro di massa e per il proseliti-smo. L’adesione al Movimen-

to ci darebbe la possibilità di raggiungere direttamente le masse femminili e lavorare per aiutarle a risolvere i loro problemi, anche alla luce del-le indicazioni del compagno Giovanni Scuderi contenute nel suo discorso pronuncia-to per il 40° Anniversario della fondazione del PMLI a propo-sito delle due cose da fare per dare al Partito un corpo da Gi-gante Rosso.

Le compagne e i compagni sono intervenuti dando il pro-prio contributo ed esprimen-dosi a favore dell’invito ricevu-to, aiutati anche dal contributo di esperienza fatto da compa-gne che hanno già partecipa-to a manifestazioni ed assem-blee del Movimento.

Pur non condividendo appieno la linea politica di quest’ultimo siamo ben con-sci che molti sono i temi che ci

uniscono e per i quali da sem-pre ci battiamo. Motivo per cui ci sono tutte le premesse per svolgere bene il lavoro di fron-te unito sulla base della linea

femminile del PMLI.Coscienti e determinati a

mettere al centro dei nostri in-terventi la risoluzione dei pro-blemi immediati delle masse

femminili, in primis quelli del lavoro e della violenza ma-schile sulle donne, tanti al-tri sono i temi che ci unisco-no al Movimento “Non una di meno”, come l’aver individua-to nel capitalismo e nel neoli-berismo i principali responsa-bili della violenza di genere sulle donne, sulle lesbiche, sui gay e le persone transessuali. Cosi come la lotta in difesa di diritti come l’aborto, per il lavo-ro, servizi sociali fondamentali come i consultori e asili nido.

Siamo pienamente consa-pevoli che questo sforzo ri-chiederà ulteriori sacrifici alle compagne e ai compagni del-la Cellula impegnati nel lavoro di radicamento a livello locale, soprattutto alla luce di un nuo-vo movimento di lotta nato re-centemente a Firenze, contro la chiusura della Asl del Lun-garno S. Rosa, e di impedi-

menti oggettivi che ostacola-no il lavoro delle compagne e dei compagni, quali problemi di salute ed impegni di lavoro.

La Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del PMLI accoglie con spirito rivoluzio-nario l’invito della Commissio-ne per il lavoro femminile del CC del PMLI e si impegna a partecipare alle occasioni di incontro del Movimento con-scia della forza che ci provie-ne dalla teoria e dalla pratica del marxismo-leninismo-pen-siero di Mao, dalla ricchezza della linea femminile e dal la-voro di fronte unito del Partito per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso.

Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del

PMLI

Firenze, 11 giugno 2017

Per rispondere allo “schiaffo” del governo Gentiloni che ha riammesso i vou-cher, furbescamente abrogato per evitare di essere sconfitto al referendum, la Cgil ha promosso una manifestazione nazionale a Roma per il 17 giugno.

Il concentramento avrà luogo alle ore 9 in piazza della Repubblica e in piazza-le Ostiense. Alle ore 12 in Piazza San Giovanni la Camusso terrà il comizio con-clusivo.

La battaglia contro i voucher è anche una nostra battaglia, a parte la paro-la d’ordine “per la Costituzione”, per questo confidiamo nella più larga possibi-le partecipazione del Partito. Mobilitiamoci da subito e mobilitiamo quanti più simpatizzanti e amici. Facciamo in modo che ci siano tante bandiere e cartelli del PMLI contro voucher e il governo Gentiloni.

Prenotate al più presto il posto nei mezzi di trasporto della Cgil e della Fiom, preferendo quest’ultima. Facciamo l’impossibile per essere presenti e attivi a questo importante appuntamento politico, tra l’altro un’occasione per attirare l’attenzione delle operaie e degli operai e delle lavoratrici e dei lavoratori più combattivi sul PMLI. Diffondiamo il volantino “No voucher” del PMLI.

Prendiamo esempio dal compianto compagno Lorenzo Santoro che fino all’ul-timo dei suoi giorni è stato in piazza tenendo alte le bandiere dei Maestri e del PMLI.

Buona manifestazione.

aL PResIdIo PeRMaNeNte davaNtI aI CaNCeLLI deLLa FabbRICa dI MILaNo

Il PMlI Porta la sua solIdarIetà dI classe aglI oPeraI dell’INNse Presse

Calorosamente accolta la delegazione marxista-leninista che ha anche versato un contributo economico alla cassa di resistenza degli operai in lottaRiCoRdato Con affetto feRRuCCio PaniCo Come oPeRaio di avanguaRdia nelle lotte degli anni ’80 �Dal corrispondente della Cellula “Mao” di Milano del PMLI Nella mattinata di giove-

dì 8 giugno, una delegazione della Cellula “Mao” di Milano del PMLI si è recata presso il presidio permanente davanti ai cancelli della INNSE Pres-se di via Ribattino, nel po-polare quartiere milanese di Lambrate, a portare solida-rietà di classe agli operai in lotta contro la chiusura della fabbrica. Calorosamente ac-colti dagli operai presenti, i nostri compagni hanno por-tato, leggendolo, il comunica-to di solidarietà del Comitato lombardo del PMLI assieme ad una copia de Il Bolscevi-co n. 19 che pubblica l’artico-lo della Redazione di Milano dal titolo “Gli operai INNSE di nuovo in lotta in difesa del posto di lavoro”.

Nel comunicato si legge: “Il Comitato lombardo del Partito marxista-leninista ita-

liano (PMLI) esprime la pro-pria solidarietà di classe alle lavoratrici ed ai lavoratori del-la INNSE di Lambrate in lotta contro i padroni Camozzi. In particolare portiamo la nostra solidarietà ai quattro combat-tivi lavoratori licenziati dall’a-zienda (3 di essi nel 2009 si barricarono sul carroponte nella vittoriosa lotta contro la chiusura della fabbrica), azione repressiva nel piano d’offensiva dei Camozzi per tentare di stroncare la lotta dei lavoratori contro le politi-che padronali, che a differen-za delle vuote e truffaldine parole dispensate nel 2009 dalla società, riguardo possi-bili incrementi occupaziona-li si sono rivelate in realtà in una politica tutta rivolta allo sfruttamento e all’aumento dei profitti dei loro gonfi por-tafogli a discapito delle de-cine di operaie e operai che ogni giorno mandano avan-ti e producono la ricchezza

dell’azienda.Il PMLI sostiene e soster-

rà sempre - insieme alle mi-gliaia di operaie e operai, lavoratrici e lavoratori, orga-nizzazioni sociali e sindacali che da tutta Italia hanno fat-to giungere a voi la loro soli-darietà - la vostra giusta lot-ta per mantenere macchinari e occupazione sul territorio di Lambrate e non permet-tere che la smania di avidità dei capitalisti getti nell’incu-bo della disoccupazione voi e le vostre famiglie. Bisogna continuare a lottare con tut-te le forme (scioperi, picchet-ti, occupazione della fabbri-ca, blocchi stradali, ecc) che riterrete utili e necessari per vincere questa vitale batta-glia contro i padroni e il loro progetto di macelleria occu-pazionale”.

I marxisti-leninisti hanno inoltre versato un contribu-to economico per la cassa di resistenza necessaria ad

autofinanziare il presidio e a sostenere le ingenti spese le-gali per far fronte alla repres-

sione padronale del gruppo Camozzi.

I nostri compagni si sono

intrattenuti con i partecipanti al presidio, in particolare con Dario (storico esponente del-la lotta dell’INNSE), il qua-le ha ricordato con affetto il compagno Ferruccio Panico - pioniere del PMLI in Lom-bardia scomparso nel gen-naio 2009 - parlandone come combattivo operaio d’avan-guardia nelle lotte degli ope-rai della Innocenti di Lambra-te negli anni ’80.

Firenze, 8 marzo 2017. La combattiva e partecipata manife-stazione organizzata per la Giornata internazionale delle don-ne da “Non una di meno” che ha aperto col proprio striscione il corteo (foto il Bolscevico)

Milano, 8 giugno 2017. Una delegazione della Cellula “Mao” di Milano del PMLI ha portato la sua solidarietà agli operai in lotta della INNSE presse. In primo piano Cristina Premoli “propagandista modello del PMLI”. Accanto il volantino del Comitato lombardo del PMLI (foto il Bolscevico)

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12 il bolscevico / napoli N. 24 - 22 giugno 2017

Nella zona operaia dei Gerolomini a Pozzuoli

Disoccupati napoletani contestano De lucaLottare per iL Lavoro stabiLe, a saLario pieno, a tempo pieno e sindacaLmente tuteLato �Redazione di NapoliÈ diventato virale il video

che riprende il “confronto” che in data 7 giugno il governatore PD della Campania, Vincenzo De Luca, ha tenuto a margine di una giornata in cui l’ex sin-daco di Salerno aveva fatto visita nella zona dei Gerolomi-ni, zona operaia del comune di Pozzuoli per una inaugura-zione presso un cantiere della Cumana, nella tratta ferroviaria

Dazio-Gerolomini. Ad “accogliere” il governa-

tore sono stati i disoccupati napoletani, raggruppati nel movimento “7 Novembre” che hanno chiesto di interloquire con De Luca per chiedere ri-sposte concrete per il lavoro, dopo una serie di ingiustificati rifiuti da parte del suo entou-rage.

A un certo punto, come si vede dal video, alcuni delegati

del movimento si avvicinano al presidente per chiedere spie-gazioni. A quel punto i manife-stanti si accalcano per sentire le risposte di De Luca. Nelle prime battute il governatore nega di essere a conoscen-za che i disoccupati da mesi hanno intavolato con la giun-ta De Magistris un progetto di lavoro teso a dare speranza ai giovani e li invita a presentare questo progetto. Di fronte alla

replica di un giovane disoccu-pato che ribadiva che esisteva questa progettualità, il gover-natore si infuriava e con arro-ganza e disprezzo urlava: “se mi volete sentire, senti, se no me ne vado”. Al che il ragazzo ribatteva: “si calmi! Mica sono un criminale!”. Ma De Luca insisteva: “sul mio tavolo non sono mai arrivati proposte e progetti, gli assessori comu-nali vi prendono in giro, man-

dandovi a comprare il sale, gli assessori regionali non hanno poteri e responsabilità spetta al comune di Napoli presen-tare dei progetti socialmente utili” per poi ribadire che la commissione regionale stabili-rà le somme da erogare per il progetto di lavoro.

Incalzato dai disoccupati che lo contestavano, lo stesso De Luca concludeva il suo in-tervento affermando che “non

ha nessuna idea o progetto per risolvere le questione “la-voro” ma solo la disponibilità dei fondi europei”. Una goccia nel mare, per il precariato e i disoccupati della nostra re-gione cui va contrapposto un progetto di lavoro straordinario per Napoli e la Campania con assunzioni e un lavoro, stabile a salario pieno, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.

Sei omicidi iN tre GiorNi

riesplodono le faide di camorra a Napolide magistris, de Luca, orlando all’unisono: “serve l’esercito”

�Redazione di NapoliIl sindaco di Napoli Luigi De

Magistris, che da qualche mese è anche il responsabile della Città metropolitana, come il go-verno Gentiloni, non hanno sa-puto porre un freno all’ondata di criminalità che sta travolgendo centro e hinterland partenopeo: solo richiesta di videosorve-glianza ed esercito, fino al soli-to scaricabarile tra le istituzioni nazionali e locali in camicia nera sulle responsabilità politiche.

La settimana di sangue era cominciata con due ferimenti in un raid a Castellammare di Stabia da parte di alcuni killer della camorra che però sba-gliavano il bersaglio ferendo due studentesse universita-rie di 23 e 20 anni, la prima accompagnata in ospedale e operata d’urgenza è salva per un soffio. Tra giovedì 25 e venerdì 26 maggio, invece, si consumavano ben sei omi-cidi tra Napoli e provincia con ricadute importanti sulla spar-tizione del territorio da parte delle cosche. Ore 8,10 del 25 maggio, l’ex assessore PSDI al

comune di Afragola, Salvato-re Caputo, considerato l’emi-nenza grigia del sanguinario e potente clan Moccia, viene raggiunto da alcuni killer che gli scaricano addosso dodici proiettili uccidendolo sul col-po. Nel pomeriggio dello stes-so giorno, intorno alle 16, a Giugliano, uno dei comuni più grandi e popolosi della pro-vincia di Napoli, in pieno cen-tro, a due passi dal municipio, vengono ammazzati Vincenzo ed Emanuele Staterini, padre e figlio con legami con il rione Sanità ma con precedenti tra cui l’associazione a delinque-re. Secondo gli inquirenti la guerra dal centro di Napoli si è spostata momentaneamente verso Giugliano perché la fa-miglia Staterini è vicina al clan Vastarella, uno dei più potenti gruppi criminali dello storico rione. Al di là che si tratti di un regolamento di conti interno al clan o una offensiva della “paranza dei bambini” appar-tenente al gruppo emergente dei Sequino, sta di fatto che è tornato copioso il sangue alle

porte di Napoli. Lo dimostra il quarto omicidio avvenuto all’alba del 27, questa volta in uno dei salotti buoni della borghesia napoletana, ossia la Riviera di Chiaia. Un sicario con passamontagna uccide Carmine Picale, che secondo gli inquirenti è legato al clan Mazzarella. Nel pomeriggio dello stesso giorno ancora un doppio omicidio, questa volta a Miano, a due passi dal quar-tiere Scampia: zio e nipote, entrambi si chiamavano Car-lo Nappello considerati vicino al clan Lo Russo, tra i gruppi egemoni della camorra nella zona nord di Napoli.

Il risveglio delle faide, con le vecchie famiglie camorristiche pronte a cedere il posto ai gio-vani, lo dimostra l’arresto del 16enne nipote di Cesare Paga-no, indiscusso capocamorra in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso e droga, che stava costruendo, all’ombra dello zio, una nuova “paranza” di adolescenti pron-ti a sostituire i boss in cella. Nemmeno 15enne aveva ordi-nato e fatto eseguire un duplice omicidio a Melito, in provincia di Napoli per far capire imme-diatamente di che pasta fosse

fatto il suo clan nascente; fino al suo arresto e la detenzione presso il carcere minorile.

Inutile dire che all’indomani di questi omicidi è cominciato il solito disco rotto delle respon-sabilità e di chi ha fatto di più e chi di meno, con richiesta di centinaia di agenti delle “forze dell’ordine” a presidiare il terri-torio da parte della giunta aran-cione e critiche al ministro della Giustizia Orlando che risponde piccato affermando che sono già stati inviati tra il capoluogo campano e il suo hinterland ben 900 unità. Un coro cui si è unito l’ex “nemico” Vincenzo De Luca che con tonalità diver-se ma all’unisono con Orlando e De Magistris ha chiesto di-rettamente uno spiegamento maggiore dell’esercito. Sulla stessa linea il presidente della Municipalità di Chiaia-S.Fer-dinando, Francesco De Gio-vanni, di Forza fascisti, che ha chiesto addirittura di blindare il quartiere: “militarizzare Chiaia: una divisa ogni dieci metri, più potere all’esercito in strada”.

Di tutt’altro tenore l’inter-vento dello sceneggiatore e scrittore Maurizio Braucci, componente del Comitato per la legalità al Comune di Napoli,

che ha posizioni diametralmen-te opposte ai governi centrali e locali: “l’azione repressiva non basta, non è sufficiente è un meccanismo incompleto, non ci sono le volontà politiche di agire su altri piani, come ap-punto la prevenzione: parlo del sociale, della cultura e del pia-no economico. Con una crisi economica enorme – aggiunge Braucci – nessuna possibilità di impiego, lavoro e forma-zione, non ci può essere una soluzione reale al problema: le istituzioni non sono capaci di portare avanti questa pro-gettualità perché non è mai stata nelle loro prerogative”. La stoccata è per tutti: “La repressione è uno strumento insufficiente e gli agenti lo san-no. Mi chiedo piuttosto perché quando esplode l’emergenza criminale parli solo il ministro della Giustizia e insieme al lui non si esprimano anche il mini-stro dell’Istruzione, del Lavoro e del Welfare”. E ancora: “c’è una forma di autoassoluzione delle istituzioni sulle gravissime carenze istruttive, lavorative ed economiche che riguardano Napoli e il Sud in generale. E che non sia una priorità del go-verno non lo dico certo io, lo

dicono i morti per strada”. Noi marxisti-leninisti dicia-

mo da tempo quello che in sin-tesi ricorda lo scrittore Braucci: serve un piano straordinario per dare occupazione soprattutto ai giovani e levarli dalle grinfie pelose della camorra organiz-zata. Gli assessorati al lavo-ro e ai “beni comuni”, guidati dall’ex CGIL Enrico Panini e da Carmine Piscopo, non sembra-no affatto diretti a costruire un progetto destinato ad arginare il fenomeno della disoccupa-zione a Napoli ma a rimanere dei dicasteri-fantasma, inerti e lasciati a se stessi, così nel passato anche nel futuro. La giunta De Magistris, dopo aver annunciato al suo secondo mandato di avviare una seria riqualificazione urbana puntan-do al risanamento dei quartieri popolari, ha di fatto lasciato agire la piovra camorristica in maniera sempre più spregiudi-cata e arrogante con i clan che aumentano le proprie trame sul territorio partenopeo nell’indif-ferenza, nell’incapacità e nella mancanza di una alternativa politica seria da parte delle istituzioni borghesi in camicia nera rappresentate da Gentilo-ni, De Luca e De Magistris.

La consigliera comunale Pd Valente polemizza con la giunta de magistris

“iL comuNe di NaPoLi e’ Piu’ iNdebitato di Prima: quaSi due miLiardi di diSaVaNzo”si dimentica però i disastri nazionaLi e LocaLi deL partito di renzi“Il rendiconto 2016 che oggi

la giunta comunale porta in Con-siglio è la più oggettiva e incon-testabile rappresentazione del fallimento dell’amministrazione De Magistris”. Ad affermarlo Valeria Valente deputata e con-sigliera comunale del Pd. “Dopo cinque anni, nonostante un pia-no di rientro che ha beneficiato di circa 1,5 miliardi di risorse per il risanamento, inclusi il fondo di rotazione per uscire dal pre-dissesto e le anticipazioni di liquidità per il pagamento dei creditori, il Comune di Napoli è più indebitato di prima: è ar-rivato alla cifra record di 1,9 mil-iardi di disavanzo, è tornato a pagare i creditori con oltre 500 giorni di attesa, ma soprattutto è un’istituzione più costosa e

più ingiusta nei confronti dei cittadini più deboli. Oggi Napoli spende come quasi nessuna città italiana nella struttura buro-cratica (14 milioni in più all’anno rispetto al suo fabbisogno), mentre spende pochissimo per i servizi pubblici e in particolare per il welfare: circa 76,6 milioni di euro in meno dell’effettivo fabbisogno. E a pagare continu-ano ad essere le famiglie più po-vere e i meno abbienti, se con-sideriamo che da quest’anno è stata ulteriormente abbassata a 8mila euro annui la soglia di es-enzione per l’addizionale Irpef e si prospettano ulteriori aumenti per ogni tipo di servizio e tariffa a partire dal biglietto per autobus e metro. Tutto questo mentre i 600 euro di reddito di cittadi-

nanza annunciati l’anno scorso sono rimasti una promessa da campagna elettorale”, aggiunge Valente.

Per la piddina “De Magis-tris ha realizzato la più grande redistribuzione del reddito all’incontrario: penalizza i pov-eri e fa pagare in proporzione di meno ai ricchi e ai furbi. La capacità di riscossione del Comune è ai minimi storici e rischiamo un’ulteriore sanzi-one, pari a circa 13 milioni di euro, per non aver centrato per il secondo anno consecutivo la soglia minima di copertura (36%) dei servizi comunali. A pagare, ancora una volta, sa-ranno i più deboli, che oltre alle mancate prestazioni, subiranno ulteriori aumenti che serviranno

a coprire l’ammenda. Quanto ancora Napoli potrà reggere questo stato delle cose prima che l’amministrazione si decida a invertire la rotta?”.

Valente critica duramente il sindaco Luigi De Magistris dimenticando però volentieri i disastri dei malgoverni nazionali PD e fingendo che il sindaco sia in qualche modo all’opposizione del PD, ma la realtà è che anche nei disastri locali a Napoli il PD e tutti gli altri partiti borghesi sono colpevoli quanto il sindaco De Magistris perché loro sono il capitalismo.

Per portare benessere a Na-poli ci vuole l’Italia socialista con una dittatura operaia gui-data dal PMLI.

Dario - Napoli

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

GIUGNO

B-O - Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl-Informazione, Snater, Libersind-Confsal – Blocco prestazioni accessorie di tutti gli impiegati,

quadri e operai delle società del Gruppo Rai (Rai, Rai Way, Rai Com e Rai Cinema)

KUn meSe dI Lotte fIno aL 7 LUGLIo Slc-Cgil – Poste-Comunicazioni – Sciopero prestazioni aggiuntive dei

lavoratori di Poste Italiane Spa

MUn meSe dI Lotte fIno aL 7 LUGLIo Cobas Pt-Cub-Usb – Poste-Comunicazioni - Sciopero prestazioni

aggiuntive dei lavoratori di Poste Italiane Spa

O Slc-Cgil, fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl-tlc - telecomunicazioni – Sciopero lavoratori dei call center di Wind tre Spa. dal 15 al 25 sciopero delle

reperibilità, del lavoro programmato notturno e delle prestazioni aggiuntive.

P - Usb VVf - ministero dell’Interno - Sciopero dei Vigili del fuoco

Q- Confederazione CUB, SGB aereo – Sciopero generale lavoratori comparto aereo, aeroportuale e indotto degli aeroporti

Q - Cobas Lavoro Privato, CUB, SGB, Confederazione CUB - Sciopero generale lavoratori comparti trasporti pubblici e privati; trasporto

pubblico locale con modalità territoriali

R – Cgil - manifestazione nazionale a Roma contro i nuovi voucher

T-V - Slaiprolcobas federato Slai-Cobas - Generale Plurisettoriale - Sciopero dei lavoratori Settori privato,cooperativo ed appalti

inerenti anche il settore pubblico

U – Usi - Generale Plurisettoriale – Sciopero dei lavoratori delle Cooperative Sociali ed enti del terzo Settore

U - Slc-Cgil, fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl-telecomunicazioni – Sciopero dei lavoratori di ericsson telecomunicazioni Spa

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N. 24 - 22 giugno 2017 cronache locali / il bolscevico 13Firenze

“L’ASL di SAntA RoSA non Si toccA! chiudeRe LA ASL? non vi Si FA FARe”Il combattivo Comitato contesta la Regione Toscana. Adesione e partecipazione del PMLI

�Redazione di Firenze“L’ASL di Santa Rosa non si

tocca! Chiudere la ASL? Non vi si fa fare”: questa la parola d’ordine del primo volantino prodotto dal neonato (il 28 apri-le scorso) Comitato di resisten-za ASL di Santa Rosa, contro la chiusura imminente della gran-de struttura di circa 7.000 metri quadri; operazione ventilata da anni oggi diventata operativa da parte della Regione Tosca-na a guida PD, Articolo 1-MDP. L’assessore regionale alla salu-te Stefania Saccardi (PD), per risparmiare l’affitto dell’attuale sede dell’assessorato in via Al-derotti a Careggi, ha deciso di trasferire qui i suoi uffici, sfrat-tando gli ambulatori e gli uffici di anagrafe, cup, urp, sulla pelle della popolazione di 3 quartieri (il 4, 1 e 3, in pratica metà del-la popolazione di Firenze) che verrebbe privata del proprio diritto alla salute e alla sanità pubblica. In particolare ne sof-friranno le categorie più deboli per cui accedere ai servizi della ASL risulta in ogni caso più dif-ficile, faticoso e anche costoso, in particolare anziani, mamme con bambini, giovani e meno giovani con problemi di salute mentale e dipendenze.

Dalle notizie trapelate, entro 2 anni l’assessorato alla Salute lascerà i locali di via Taddeo Al-derotti per spostarsi nell’attuale sede ASL di Santa Rosa in Ol-

trarno. Il progetto preliminare è già stato approvato e si sta procedendo a quello esecutivo. Tale piano dovrebbe coinvolge-re anche l’ex ospedale San Gio-vanni di Dio di Borgo Ognissan-ti, oggi in disuso, questo forse ospiterà alcuni dei servizi oggi a Santa Rosa, che si dice trove-ranno una ricollocazione in vari presidi della città nell’arco di ben cinque anni. Già in questo progetto si prevede di lasciare per alcuni anni la popolazione senza gli attuali servizi.

Nel 2018 dovrebbero co-minciare i lavori, la delocaliz-zazione dei servizi era prevista rivolgendosi nella transizione al privato cosiddetto “sociale” (Misericordia, Humanitas, Cro-

ce Rossa, ecc.). Progetto per ora rientrato di fronte alla presa di posizione del Comitato. An-che il sindacato Funzione Pub-blica della CGIL ha sollecitato “con la massima urgenza una risposta esaustiva circa le scel-te assunte dalla direzione della ASL Toscana centro e dall’as-sessorato alla Salute della Re-gione Toscana per il cambio di destinazione d’uso del presidio di Lungarno Santa Rosa da sa-nitario a uffici dell’assessorato stesso... facendo seguito alla chiusura anche degli ambu-latori prima presenti in Borgo Ognissanti, un bacino di uten-za che corrisponde agli abitanti dei quartieri 1 e 4 resterebbe praticamente senza presidi di

riferimento... riteniamo non at-tuabile questo ennesimo taglio al servizio pubblico e al diritto alla salute, tanto più che da anni, già da quando si propone-va di vendere a privati l’edificio, non è mai stata presentata una proposta ufficiale sulle nuove allocazioni dei servizi che co-munque verrebbero frammen-tati e dispersi sul territorio”. Va anche detto che in tutti questi anni il degrado della struttura, delle apparecchiature, ecc., è progredito notevolmente poi-ché ogni intervento è stato sempre rimandato, quindi im-pianti, infissi, bagni, ascensori, sanificazione del sottosuolo e bonifica da amianto sono tutti da fare.

Secondo il Comitato la Re-gione Toscana è proprietaria di vari immobili da ristrutturare adeguati alle esigenze dell’as-sessorato (come la villa di Ru-sciano e San Salvi), il cui utiliz-zo non andrebbe a incidere su nessun servizio esistente.

La Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del PMLI ha aderito al Comitato. Compagni del nostro Partito hanno parte-cipato attivamente al Comitato portando nella discussione la denuncia dei devastanti tagli governativi e regionali alla sa-nità nell’ottica di privatizzare i servizi e smantellare il servizio sanitario nazionale.

comunicAto deLL’oRgAnizzAzione di vicchio deL mugeLLo deL PmLi

il reparto di senologia

dell’ospedale del mugello non si tocca!

L’Organizzazione di Vic-chio del Mugello del PMLI giudica sciagurata la decisio-ne dell’AUSL Toscana centro di chiudere il reparto di seno-logia all’ospedale del Mugel-lo di Borgo San Lorenzo (Fi-renze) e di trasferire il relativo reparto all’ospedale di ponte a Niccheri a Firenze. Questo è un ulteriore taglio dell’assi-stenza sanitaria nella nostra zona: l’ospedale mugellano viene sempre più depaupera-to costringendo la popolazio-ne a rivolgersi agli ospedali fiorentini e a percorrere gran-di distanze, anche ben oltre cento chilometri tra andata e ritorno nel caso della popo-lazione dell’Alto Mugello, o a rivolgersi alla sanità privata. È un provvedimento che ha una valenza antifemminile perché si vanno a colpire le don-ne malate di tumore al seno complicando notevolmente la possibilità di curarsi.

Le responsabilità politiche di questa decisione ricadono, in primis, sull’amministrazio-ne regionale di “centro-sini-stra” di Enrico Rossi (Articolo 1-MDP) che ha pensato bene di mettere la soglia di 150

nuovi casi all’anno che ogni centro deve trattare. Prima si svuotano le strutture di per-sonale e si riducono le risorse allungando le liste di attesa e costringendo i pazienti a ri-volgersi altrove, poi, creato il pretesto, si taglia il servizio: il gioco è fatto! La stessa re-sponsabilità ricade sulla po-litica sanitaria privatizzatrice del governo di matrice ren-ziana antipopolare, piduista e fascista Gentiloni e della sua ministra della salute Beatrice Lorenzin.

È bene che la popolazione mugellana, le forze politiche, sindacali, sociali e religiose dicano basta a questa situa-zione e in difesa del reparto di senologia all’ospedale del Mu-gello, partecipino e sostenga-no la sacrosanta mobilitazione di queste settimane promos-sa dal movimento “Non una di meno Mugello” ad iniziare dall’annunciata manifestazio-ne del prossimo 23 giugno.

La senologia a Borgo non si tocca! Tutti in piazza il 23 giugno! Organizzazione di Vicchio

del Mugello del PMLIVicchio, 13 giugno 2017

LetteRA APeRtA deLL’ASSociAzione vALdiSieve e deLL’ASSociAzione “viveRe in vALdiSieve”

ci appelliamo agli amministratori affinché non diano via libera a progetti stradali dannosi per l’ambiente e supercostosi

Politici e Amministratori per anni hanno straparlato della cura del ferro, ovvero dello sposta-mento delle risorse pubbliche su nuovi investimenti miranti a favo-rire il Trasporto Pubblico Locale (TPL) via Ferrovia, aiutando così a ridurre in modo considerevole uno dei problemi attuali del Pia-neta e anche della nostra area: l’aumento di emissioni di so-stanze inquinanti nell’atmosfera per l’uso sconsiderato di auto private a causa della persistente carenza del Servizio Pubblico. E mentre si gettano risorse ingenti in progetti folli e inutili come l’Al-ta Velocità (TAV) in Val di Susa e a Firenze (complessivamen-te già 1,6 miliardi di Euro spesi senza aver scavato un metro dei Tunnel previsti, ecco cosa viene proposto qui a casa nostra: un bel viadotto stradale di 1,5 Km al disopra di un’area incontamina-ta del fiume Arno: I due Ponti di Vallina, con una spesa a preven-tivo di ben 55 milioni di euro.

Il problema da affrontare per l’attuale diuturno caos di traf-fico privato nella zona è reale, ma le due Associazioni am-bientaliste della Valdisieve han-no deciso di opporsi a questo tipo di progetto per le evidenti contraddizioni con l’assunto sbandierato per anni: rendere efficiente e accessibile econo-micamente l’uso del treno per il pendolarismo.

In occasione del Consiglio Comunale a Pontassieve del 23 maggio u.s. le due Associa-

zioni del nostro territorio hanno inviato ai Consiglieri la nota sottostante, ribadendo quali dovrebbero essere le priorità da favorire e chiedendo loro di impegnarsi finalmente per la CURA del FERRO.

Lettera ai consiglieri comunali di Pontassieve

Oggetto: Consiglio Comu-nale 23 maggio 2017 - OdG su Doppio Ponte di Vallina

Le nostre Associazioni sono da anni presenti sul territorio a difesa del suo ambiente. Dopo la lotta vittoriosa contro l’ince-neritore a Rufina, stanno lavo-rando a ipotesi per modificare l’attuale gestione dei rifiuti.

Un altro terreno di intervento positivo verso la diminuzione dell’inquinamento e la qualità della vita è la battaglia per un servizio di Trasporto Pubblico Locale (TPL) che veda privi-legiato un servizio ferroviario adeguato e conveniente per eli-minare il traffico di auto private (da fonti ufficiali sono 17.000) che ogni giorno si riversano sulla città di Firenze e dintor-ni. A riguardo, il 14 novembre 2015, abbiamo organizzato a Pontassieve un convegno dal titolo “Con il treno si può”, di cui troverete ampi riferimenti all’interno delle Osservazioni allegate e presentate dalle no-

stre due Associazioni ai fini del-la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) .

La scelta dell’auto privata è quasi obbligata dalla carenza del servizio via ferro, anche a causa dei costi: da Pontassie-ve a Firenze una famiglia di tre persone spenderebbe, andata-ritorno, 21.00 euro. La frazione delle Sieci a causa del traffico automobilistico sulla SS67 è una delle aree più colpite in ter-mini di bassa qualità della vita; così come lo è la frazione di Compiobbi (Fiesole). Per ovvia-re a tale problema è nata l’idea di spostare parte del traffico dalla SS67 alla SP34: la sua rea-lizzazione è stata correttamente vincolata al by-pass dell’abitato di Vallina. Un concorso di idee ha privilegiato la soluzione del progetto di un Doppio Ponte che scavalca l’ansa e oasi in-contaminata di Quintole con un nastro di acciaio lungo 1,5 Km. e alto sino a 17 metri, con tre grandi svincoli, e con un Costo a Preventivo di € 55 milioni.

Riteniamo che il progetto in essere abbia non solo un im-patto devastante sull’ambiente fluviale circostante ma che tra-sformi, per la sua tipicità, la SP 34 in una “superstrada veloce” e quindi in un invito ad altri cit-tadini a percorrerla, incremen-tando così il traffico privato e l’automatico aumento dell’inci-dentalità.

L’argomento che ci ha poi convinti a preparare e inviare in

Regione le Osservazioni al pro-getto nell’ambito della Procedu-ra di VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale), è la decisione di finanziare un’opera, costosissi-ma per l’alta tecnologia scelta, che trasforma i due ponti in un simil-viadotto autostradale.

Per risolvere un problema reale (Sieci-Compiobbi-Vallina) si spendono ingenti risorse pubbliche che, purtroppo, sono immancabilmente destinate ad aumentare prima del termine dei lavori come tutte le piccole/grandi Opere Pubbliche italiane. Sono sicuramente possibili altre

soluzioni meno impattanti, sem-pre in area Vallina, con un impe-gno finanziario molto minore rispetto all’attuale progetto.

Il nostro è un appello alle Amministrazioni Comunali in-teressate e alla Città Metropo-litana perché in breve tempo si chieda alle Ferrovie dello Stato FS, responsabili ora anche di ANAS, di elaborare alternative più semplici, partecipate, che permettano la realizzazione in tempi certi del by-pass di Valli-na e consenta di dirottare parte delle risorse pubbliche rispar-miate nella realizzazione di un

metrotreno ad Anello tra Firen-ze-Mugello-Valdisieve-Firenze. Non abbiamo la competenza per suggerire le soluzioni tec-niche ma in altri Paesi stanno circolando treni che non han-no bisogno dell’elettrificazione delle linee esistenti.

Grazie della Vostra attenzio-ne, e augurandoVi buon lavoro, salutiamo cordialmente.

Associazione Valdisieve – Fernando Romussi

Associazione “Vivere in Valdisieve” -

Roberta Vigna22 maggio 2017

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il volantino diffuso dal Comitato di Resistenza ASL di S.Rosa

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N. 24 - 22 giugno 2017 esteri / il bolscevico 15

ArAbiA sAuditA e AlleAti rompono col QAtAr troppo Amico dell’irAn

Gli Usa accendono la miccia e dopo mediano. Putin e Erdogan col QatarLa coalizione imperialista a

guida Usa intensificava gli at-tacchi in Siria e Iraq su Raqqa e Mosul con l’obiettivo di chiu-dere in breve tempo il capitolo dell’esistenza dello Stato isla-mico, l’Arabia Saudita che non partecipa direttamente alle due azioni militari ne apriva un altro annunciando il 5 giugno la rot-tura dei rapporti diplomatici e la chiusura di spazio aereo e fron-tiere terrestri con il Qatar; l’emi-rato della penisola del Golfo Persico finiva così isolato per-ché accusato di finanziare il ter-rorismo e di essere troppo ami-co dell’Iran. All’isolamento del Qatar lanciato da Riad parteci-pavano in prima battuta gli Emi-rati Arabi Uniti (EAU), l’Egitto e il Bahrein, cui si aggiungevano le Maldive, il governo libico di Tobruk (quello non riconosciuto dall’Onu e sostenuto dall’Egitto) e quello dello Yemen tenuto in piedi dall’aggressione militare della coalizione a guida saudita. Si tratta della crisi più grave dal 1981, dall’istituzione in funzio-ne anti-iraniana del Consiglio di cooperazione del Golfo, di cui fanno parte l’Arabia saudita, il Bahrein, gli Emirati arabi uniti, il Kuwait, l’Oman e il Qatar.

Il 9 giugno Arabia Saudita, Bahrain, Egitto ed Emirati Arabi Uniti pubblicavano un elenco di 59 personalità e 14 organizza-zioni ospitate dal Qatar e accu-sate di appoggiare e finanziare il terrorismo, ovvero Hamas, gruppi legati ad Al-Qaeda e l’IS. Arabia Saudita e Emirati rilanciavano con la pubblicazio-ne di una lista di condizioni cui il Qatar avrebbe dovuto accettare per la riapertura dei rapporti di-plomatici; fra queste la chiusura definitiva dell’emittente televisi-va al-Jazeera e di una serie di organi di stampa e siti finanziati dal Qatar, l’espulsione di tutti gli attivisti dei Fratelli musul-mani e di Hamas dal paese con la chiusura delle loro sedi e il congelamento dei loro conti bancari, il blocco delle attività di molte “associazioni caritate-voli islamiche” attive nel Qatar e da tempo criticate anche dal Dipartimento di Stato Usa per i doni di “natura sospetta” in pa-esi martoriati da guerre civili e dai venti della cosiddetta “Pri-mavera araba”.

La lista dei paesi che im-mediatamente appoggiavano l’embargo e l’elenco delle ri-chieste al Qatar già indicano quale sia la linea di rottura tra Riad e Doha. Che non è di ora ma è nata diversi anni fa quan-do l’Arabia Saudita sembrava messa in secondo piano nella lotta per l’egemonia regionale; l’imperialismo americano sotto la gestione Obama cambiava atteggiamento verso l’Iran fino all’intesa sul nucleare, attacca-ta da Riad come da Tel Aviv, e si inseriva nella corrente a favo-re delle “rivoluzioni arabe” del 2011 che rovesciavano i vecchi regimi, sotto gli occhi delle te-lecamere della rete televisiva Al Jazeera che amplificava le loro azioni. Qatar e Turchia erano in campo con aiuti in Egitto, a sostegno del governo dei Fra-telli musulmani e del presiden-te Morsi, in Libia, in appoggio del governo islamico di Tripoli che ha dovuto cedere il passo a quello di Serraj appoggiato dall’Onu; in Siria precedevano l’intervento dei paesi imperia-

listi con il sostegno a gruppi dell’opposizione a Assad. Ap-poggiavano il Movimento di Re-sistenza Islamica (Hamas) e la resistenza palestinese ospitan-do a Doha il leader in esilio Kha-led Mashaal, sostituito lo scor-so 6 maggio da Ismail Haniyeh di Gaza. La difesa dell’ordine “costituito” era invece il dogma di Riad con re Saud che inviava i carri armati a reprimere le pro-teste della maggioranza sciita in Bahrein, finanziava il golpe di al Sisi in Egitto che ripristi-nava la dittatura di Mumarak e proteggeva le milizie libiche del governo di Tobruk che stanno allargando il loro controllo nel-la Libia orientale. Nel caso del Baherein l’intervento era scat-tato nel nome dello scontro tra sciiti “sobillati” dall’Iran e sunni-ti, come successivamente nello Yemen, negli altri sembrerebbe una contraddizione interna al mondo sunnita tra gli interpreti della versione ultra-tradiziona-lista che segue i dettami di al-Wahhab, leader religioso mu-sulmano del 18mo secolo, dal quale rivendicano una parente-la diretta gli al-Thani, l’attuale famiglia regnante in Qatar. Altro elemento di scontro è la dire-zione della grande moschea di Doha, aperta nel 2011 e diretta dall’imam Yusuf Al Qaradawi, uno dei leader dei Fratelli mu-sulmani, l’organizzazione reli-giosa messa al bando in Arabia Saudita e Emirati. Ma le ragioni del braccio di ferro non sono religiose, se non in linea secon-daria, sono sostanzialmente politiche e economiche con in gioco l’egemonia del mondo arabo, musulmano e del Medio Oriente. La famiglia al Thani ha la colpa di non accettare la gui-da di Riad, di giocare per conto proprio nelle varie crisi regionali in cordata assieme alla Turchia del fascista Erdogan e di man-tenere rapporti politici e econo-mici con l’Iran, la potenza locale avversaria diretta dei sauditi.

Il Qatar è interessato a man-tenere relazioni cordiali con l’Iran anche per poter sfruttate il comune giacimento di gas na-turale North Dome-South Pars che si trova fra i due paesi, nelle acque del Golfo Persico.

Già nel 2014 Arabia Saudita, Emirati arabi e Bahrein avevano attaccato il Qatar che appog-giava il governo del presidente Morsi e dei Fratelli musulmani in Egitto e arrivarono il 5 marzo fino al ritiro degli ambasciato-ri da Doha. Altre scaramucce precedenti, fra il 2002 e il 2007, avevano visto Riad ritirare prov-visoriamente il suo ambascia-tore dall’emirato a causa delle dichiarazioni di alcuni dissidenti sauditi trasmesse da Al-Jazee-ra.

Lo scontro del 2014 fu so-speso con l’emersione dell’IS, la cui distruzione divenne ele-mento di unità fra paesi im-perialisti e arabi. Il “nemico comune” IS sembra prossimo a perdere le basi in Siria e Iraq, anche se lo scontro coi paesi imperialisti cambierà forma ma resterà lo stesso aperto come dimostrano gli ultimi attacchi terroristici in Europa e finan-co per la prima volta in Iran, lo scorso 7 giugno con l’assalto al parlamento di Teheran e al mausoleo di Khomeini. Riad non ha atteso la chiusura della guerra in Siria e Iraq con l’IS e

ha riavvolto il nastro della storia ripartendo da tre anni fa. Dallo scontro con Doha, anteprima di quello ben più sostanziale e pericoloso con l’Iran.

Il Qatar respingeva le accuse affermando che “non vi è alcu-na prova che il governo del Qa-tar sostenga il fondamentalismo islamico” e rilanciava l’obiettivo della cooperazione regionale nel Golfo accettando l’interven-to di mediazione del Kuwait. Il Kuwait è l’unica monarchia del Golfo ad aver istituzionalizzato la presenza dei Fratelli musul-mani. Doha ritirava le sue trup-pe che combattevano al fianco dei sauditi al confine con lo Ye-men e le dispiegava al confine tra Qatar e Arabia Saudita.

A fianco del Qatar si schie-rava la Turchia. Erdogan l’8 giugno firmava due decreti per il dispiegamento di truppe tur-che in una base vicino Doha di un contingente di 5 mila uomini che potrebbe salire a 15 mila e per l’addestramento delle unità della gendarmeria dell’emirato. Le operazioni erano previste dall’accordo stipulato tra Anka-ra e Doha nello scorso aprile per il dispiegamento delle truppe turche nell’emirato con l’obietti-vo di rafforzare la cooperazione militare ma che sia reso ope-rativo in questo momento ha un peso politico e militare non indifferente. Un segnale verso Riad a non forzare la mano.

L’Iran rispondeva alle ac-cuse rilanciate da Trump e da Riad col ministero degli Esteri di Teheran che il 6 giugno rin-viava al mittente le accuse di “terrorismo” sottolineando che la Repubblica islamica iraniana sostiene “la lotta legittima di nazioni che vivono in condizioni di occupazione, […] questo non può essere un esempio di ter-rorismo”, e ribadiva che l’ap-poggio di Washington a Israele e all’occupazione della Palesti-

na fanno degli Stati Uniti “il più grande sponsor del terrorismo di Stato”.

Turchia e Iran aprivano un ponte aereo per rifornire l’isola-ta Doha di cibo fresco e l’agen-zia iraniana Tasnim rivelava il 12 giugno che sarebbero pronte tre navi a salpare alla volta del Qatar, con a bordo 350 tonnel-late di cibo.

Donald Trump a Riad il 21 maggio aveva dato fuoco alle polveri; la Dichiarazione del vertice straordinario del Con-siglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (GCC) e gli Stati Uniti d’America tenuto a Riad, sottolineava la volontà delle due parti di consolidare la partnership strategica sul-la guerra al terrorismo, leggi Stato islamico, e in particolare nel mettere in pratica le misu-re per prosciugarne le fonti di finanziamento. Il secondo ber-saglio indicato dai paesi arabi e dall’imperialismo americano era l’Iran accusato di “attività destabilizzanti” nella regione. D’altra parte lo stesso presi-dente americano Trump negli incontri di Riad, in coda ai suoi interventi centrati sulla guerra all’IS, ha diverse volte attacca-to l’Iran che “dal Libano all’Iraq allo Yemen sostiene, arma e addestra terroristi, milizie e altri gruppi estremisti che diffondo-no distruzione e caos attraver-so la regione”. “Fino a che il re-gime iraniano non vorrà essere partner di pace, tutte le nazioni con coscienza devono lavorare insieme per isolarlo”, affermava Trump rispondendo alle solleci-tazioni del padrone di casa, il re Salman Bin Abdulaziz Al-Saud, che aveva definito l’Iran “la punta avanzata del terrorismo globale”.

Il presidente americano esultava non appena Riad mirava sul Qatar per sparare verso l’Iran. Trump e il segre-

tario di Stato Rex Tillerson per alcuni giorni impersonavano il classico gioco delle due parti col presidente che sparava a zero su Doha e il ministro che smorzava i toni. Alla notizia del-la rottura delle relazioni Trump sosteneva che la decisione di Riad di isolare il Qatar “è l’inizio della fine dell’orrore del terro-rismo” e si dichiarava felice di vedere che la sua visita ufficiale “sta ripagando”. In un secondo momento correggeva il tiro e invitava re Salman dell’Arabia Saudita a agire per l’unità fra le varie potenze del Golfo men-tre il Dipartimento della Difesa statunitense emetteva una nota in cui ringraziava il Qatar per il “sostegno alla presenza mili-tare” Usa sul proprio territorio, dalla sede del quartier generale di Stati Uniti CENTCOM alla Al Udeid Air Base, fra le più gran-di basi nel mondo dell’aviazio-ne americana. Ma il 9 giugno Trump tornava sull’argomento nella conferenza stampa dopo l’incontro a Washington col pre-sidente romeno Klaus Iohannis e raccontava che “sono appe-na tornato da un viaggio stori-co in Europa e Medio Oriente, dove ho lavorato per rafforzare le nostre alleanze, forgiare nuo-ve amicizie e unire tutti i popoli civilizzati nella lotta contro il ter-rorismo. (…). Ho affrontato un vertice di più di 50 leader arabi e musulmani dove i principali at-tori della regione hanno accet-tato di smettere di sostenere il terrorismo, siano essi finanziari, militari o addirittura morali. La nazione del Qatar, purtroppo, è stata storicamente un finanzia-tore del terrorismo ad un livel-lo molto elevato e, alla luce di quella conferenza, le nazioni si sono riunite e mi hanno parlato di affrontare il Qatar per il suo comportamento. Così abbiamo deciso di fare una azione dura ma necessaria, perché dobbia-

mo fermare il finanziamento del terrorismo. Ho deciso, insieme con il Segretario di Stato Rex Tillerson e i nostri vertici militari, che è arrivato il momento di in-vitare il Qatar a porre fine ai suoi finanziamenti al terrorismo”.

La politica di Riad trovava il sostegno dei sionisti di Tel Aviv che ritengono possa indeboli-re la resistenza palestinese. La Russia di Putin puntava al dia-logo tra le parti preoccupata di non aprire una nuova crisi con protagonsita il suo alleato ira-niano quando ancora non tutti i giochi si sono sistemati in Siria e dintorni. Anche i paesi eu-ropei singolarmente e la Ue si tenevano fuori non seguendo l’Arabia Saudita negli embarghi a Doha. La Ue ha “buone rela-zioni con tutti i Paesi del Golfo e le manterrà”, noi sosteniamo il lavoro di mediazione del Ku-wait affermava la Mogherini il 10 giugno dopo l’incontro a Bruxelles col ministro degli esteri del Qatar.

Il premier iracheno Haider al-Abadi dichiarava che “non siamo interessati da queste controversie” ma “manteniamo buone relazioni con tutti i Pae-si” della regione e aggiungeva che l’obiettivo del suo esecu-tivo è quello di rendere sicure le frontiere con la Siria in coor-dinamento con le forze fedeli al presidente siriano Bashar al-Assad, alleato di Teheran. Realizzando un collegamento diretto tra le forze della cosid-detta “mezzaluna sciita” dalla resistenza libanese di Hezbol-lah a Teheran. Un collegamento che accende il fuoco negli occhi dei regimi di Tel Aviv e Riad; coi sauditi che aprono lo scontro con Doha, col via libera degli Usa, in nome della guerra al ter-rorismo ma puntando all’Iran di Rohani, la diretta concorrente per l’egemonia locale dei paesi arabi reazionari e dei sionisti.

elezioni in GrAn bretAGnA

i conservatori perdono la maggioranza assoluta. i laburisti avanzano

Corbyn, l’altra faccia della May. Entrambi al servizio del capitalismoIl 31,3% dEll’ElEttorato dIsErta lE UrnE

La premier inglese Teresa May voleva per i Conservatori una maggioranza parlamentare ancora più ampia dei 17 seggi che aveva per pilotare più age-volmente il negoziato con la Ue per l’uscita della Gran Bretagna. Con questo obiettivo lo scorso aprile aveva indetto le elezioni politiche anticipate che si sono tenute l’8 giugno ma così come il suo predecessore David Ca-meron aveva sbagliato i conti sul referendum sulla Brexit per-so quando pensava di vincerlo, ha perso anche la maggioranza relativa alla Camera e si avvia a governare con maggiori in-cognite di durata solo grazie all’intesa in via di definizione col gruppo omofobo e antiabortista dei protestanti nord-irlandesi del Democratic Unionist Party (Dup). Piangono i Tories guidati dalla May, ridono nella sede del Labour di Jeremy Corbyn che

con un programma leggermente spostato a “sinistra” pare avere invertito il declinio dei laburisti.

I risultati definitivi mettono in risalto anzitutto che il 31,3% dell’elettorato ha disertato le urne, due punti percentuali in meno delle politiche precedenti del 2015 ma che confermano come quasi un terzo dei 46,9 milioni di elettori ha disertato le urne e votato la sua sfiducia a governo e parlamento borghe-si. I Conservatori hanno otte-nuto il 42,45% dei voti validi e 318 seggi, con una perdita di 13 seggi; i Laburisti col 39,99% conquistano 262 seggi, guada-gnandone 32; gli scozzesi del SNP ottengono il 3,04% e 35 seggi, perdendone 19; i liberal-democratici col 7,37% otten-gono 12 seggi, 3 in più; chiude la lista dei principali partiti il DUP con lo 0,91% dei voti e 10 seggi, 2 in più. Sempre pochi

ma sono quelli che potrebbero bastare alla May per formare un governo sostenuto da 348 seg-gi sui 650 del parlamento; il 10 giugno il Dup acconsentiva a un “accordo di principio” con il partito conservatore al momen-to dato per scontato ma in via di definizione. Sparisce l’unico seggio dei razzisti dell’Ukip, i compari del M5S all’europarla-mento di Bruxelles.

La May il 9 giugno, dopo un breve colloquio a Buckingham Palace con la regina, annun-ciava che avrebbe fatto “un nuovo governo, per rispetta-re la promessa della Brexit” e confermava i ministri in carica alla guida dei principali ministe-ri, da Boris Johnson agli Esteri a Amber Rudd agli Interni, da Philip Hammond alle Finanze a Michael Fallon alla Difesa e confermava David Davis quale ministro per la Brexit.

I “capri espiatori” della scon-fitta della May erano identificati nei due capi dello staff di Dow-ning Street e i più stretti consi-glieri della premier che si dimet-tevano il 10 giugno.

I laburisti di Jeremy Corbyn recuperano parte del loro elet-torato in particolare in Galles e in Scozia a scapito dei naziona-listi del SPN di Nicola Sturgeon che al momento pare voler met-tere nel cassetto il progetto di un nuovo referendum separati-sta. Corbyn ha rispolverato pa-role d’ordine in difesa del wel-fare, dell’occupazione e contro la guerra, dell’abolizione delle pesantissime tasse universi-tarie. Ma ha anche attaccato il governo della May per i tagli alle forze di polizia dopo gli at-tentati di Manchester e Londra. Corbyn è in ultima analisi l’altra faccia della May, sono entrambi al servizio del capitalismo.

Page 16: Nuova serie Il 40% dell’elettorato dIserta le urnepmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n242206.pdf · 2017. 6. 22. · Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie- Anno XLI

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