Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx,...

16
Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 29 - 27 luglio 2017 150° Anniversario della pubblicazione de “Il Capitale” MARX, ENGELS E LENIN SU “IL CAPITALE” RELAZIONE DI DENIS BRANZANTI ALLA 13ª RIUNIONE DEI MARXISTI-LENINISTI DELL’EMILIA-ROMAGNA “Nulla ci deve impedire di essere dei marxisti- leninisti e ad agire come tali”: applichiamo le indicazioni concrete di Scuderi Se continuiamo a seguire gli insegnamenti dei Maestri in base alle indicazioni del PMLI le nostre bandiere rosse non sbiadiranno mai e un giorno saranno la bandiera dell’Italia unita, rossa e socialista 16 luglio 2017. Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Ro- magna, pronuncia il discorso introduttivo alla tredicesima riunione dei militanti e dei simpatizzanti attivi dell’Emilia-Romagna del Partito La ministra della Difesa si è incontrata al Pentagono col suo omologo Usa Mattis PINOTTI: PRONTI AD ANDARE A RAQQA “Più carabinieri a Mosul e un hub anti-terrorismo a Napoli” “PER GLI USA SIAMO UN PARTNER AFFIDABILE” NON TUTTI I BAMBINI STRANIERI NATI IN ITALIA POTRANNO DIVENTARE ITALIANI Ius soli troppo restrittivo Sul tema si aggrava il razzismo del M5S. Gentiloni ne rimanda l’approvazione definitiva IL MOVIMENTO DI GRILLO SEMPRE PIÙ A DESTRA M5S e Lega contro la legge antifascista Spiaggia fascista a Chioggia Secondo il “Rapporto di ricerca sul mercato del lavoro” elaborato dalla Fondazione di Vittorio I DISOCCUPATI REALI SONO IL DOPPIO DI QUELLI UFFICIALI Italia fanalino di coda in tutta l’area Euro QUALI SONO LE CRITICHE CHE I MARXISTI-LENINISTI RIVOLGONO AGLI ANARCHICI? di Simone - provincia di Monza COMUNICATO DELL’ORGANIZZAZIONE ISOLA D’ISCHIA DEL PMLI Vogliamo le dimissioni del sindaco imbrigliato nella rete di sporchi interessi di bottega Ad oltre un mese dalle elezioni il paese è ancora in balìa delle onde Sul Monte Giovi (Firenze) al 68° Raduno dei partigiani e dei giovani LA POPOLAZIONE TIENE VIVI I VALORI E LO SPIRITO DELLA RESISTENZA E DELL’ANTIFASCISMO Il PMLI promuove il canto di “Bella Ciao” al corteo commemorativo dei parti- giani. Il vicepresidente ANPI provinciale lancia un forte richiamo alle istituzioni che non ostacolano il dilagare dei gruppi neofascisti. Seguìto e apprezzato lo spet- tacolo teatrale con lettura dei brani dedicati alla Resistenza e canzoni popolari. Dal palco un “saluto speciale” ai compagni del PMLI SUCCESSO DEL ROSSO BANCHINO DI PROPAGANDA DEL PMLI PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO ëåò Mao e la lotta di classe contro il capitalismo per il socialismo Commemorazione di Mao nel 41° Anniversario della scomparsa 1976 9 Settembre 2017 parlerà Andrea Cammilli a nome del Comitato centrale del PMLI Domenica 17 settembre 2017 ore 10.00 Mao e la lotta di classe contro il capitalismo per il socialismo Firenze - Sala ex-Leopoldine - piazza Tasso,7 l’iniziativa è aperta al pubblico Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it PAG. 9 PAGG. 10-13 PAG. 2 PAG. 5 PAG. 3 PAGG. 8-9 PAG. 14 PAG. 4 PAG. 6 PAG. 6

Transcript of Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx,...

Page 1: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 29 - 27 luglio 2017

150° Anniversario della pubblicazione de “Il Capitale”

Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”

RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone deI mARxIstI-lenInIstI dell’emIlIA-RomAgnA

“nulla ci deve impedire di essere dei marxisti-leninisti e ad agire come tali”: applichiamo le

indicazioni concrete di scuderiSe continuiamo a seguire gli

insegnamenti dei Maestri in base alle indicazioni del PMLI le nostre bandiere rosse non sbiadiranno mai e un giorno saranno la bandiera dell’Italia unita,

rossa e socialista

16 luglio 2017. Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Ro-magna, pronuncia il discorso introduttivo alla tredicesima riunione dei militanti e dei simpatizzanti attivi dell’Emilia-Romagna del Partito

la ministra della difesa si è incontrata al Pentagono col suo omologo usa mattis

Pinotti: Pronti ad andare a raqqa

“Più carabinieri a Mosul e un hub anti-terrorismo a Napoli”“Per gLI USa SIaMo UN PartNer affIdabILe”

non tuttI I BAmBInI stRAnIeRI nAtI In ItAlIA PotRAnno dIventARe ItAlIAnI

Ius soli troppo restrittivo

Sul tema si aggrava il razzismo del M5S. Gentiloni ne rimanda l’approvazione definitiva

Il movImento dI gRIllo semPRe PIù A destRA

m5s e lega contro la legge antifascistaSpiaggia fascista a Chioggia

secondo il “Rapporto di ricerca sul mercato del lavoro” elaborato dalla Fondazione di vittorio

I dIsoCCuPAtI ReAlI sono Il doPPIo dI quellI uFFICIAlI

Italia fanalino di coda in tutta l’area euro

QUaLI SoNo Le CrItIChe Che I MarxIStI-LeNINIStI

rIvoLgoNo agLI aNarChICI?di simone - provincia di monza

ComuNiCato dell’orgaNizzazioNe isola d’isChia del Pmli

vogliamo le dimissioni del sindaco imbrigliato

nella rete di sporchi interessi di bottega

ad oltre un mese dalle elezioni il paese è ancora in balìa delle onde

sul monte giovi (Firenze) al 68° Raduno dei partigiani e dei giovani

lA PoPolAzIone tIene vIvI I vAloRI e lo sPIRIto

dellA ResIstenzA e dell’AntIFAsCIsmo

Il PMLI promuove il canto di “bella Ciao” al corteo commemorativo dei parti-giani. Il vicepresidente aNPI provinciale lancia un forte richiamo alle istituzioni che non ostacolano il dilagare dei gruppi neofascisti. Seguìto e apprezzato lo spet-

tacolo teatrale con lettura dei brani dedicati alla resistenza e canzoni popolari. dal palco un “saluto speciale” ai compagni del PMLI

SUCCeSSo deL roSSo baNChINo dI ProPagaNda deL PMLI

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

ëåò

Maoe la lotta

di classe contro il capitalismo

per il socialismo

Commemorazione di Mao nel 41° Anniversario della scomparsa

19769 Settembre2017

parlerà Andrea Cammillia nome del Comitato centrale del PMLI

Domenica 17 settembre 2017 ore 10.00

Maoe la lotta

di classe contro il capitalismo

per il socialismo

Firenze - Sala ex-Leopoldine - piazza Tasso,7l’iniziativa è aperta al pubblico

Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it

PAg. 9 PAgg. 10-13

PAg. 2

PAg. 5 PAg. 3

PAgg. 8-9

PAg. 14 PAg. 4

PAg. 6PAg. 6

Page 2: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

2 il bolscevico / interni N. 29 - 27 luglio 2017

La ministra della Difesa si è incontrata al Pentagono col suo omologo Usa Mattis

Pinotti: Pronti aD anDare a raqqa“Più carabinieri a Mosul e un hub anti-terrorismo a Napoli”

“Per gli Usa siaMo UN PartNer affidabile”L’Italia intensificherà il suo

impegno militare in Afghani-stan e in Iraq, ed è pronta ad andare anche a Raqqa non appena si creeranno le condi-zioni favorevoli: sono questi i gravi impegni che Roberta Pi-notti ha preso con il suo omo-logo americano James Mattis, nella visita che la ministra del-la Difesa gli ha reso l’11 luglio a Washington.

“Siamo ben consapevoli che l’Italia rappresenta un Pa-ese di frontiera in prima linea”, ha detto Mattis nel salutare l’o-spite. ”Grazie anche – ha ag-giunto – per il contributo che state dando alla campagna per la sconfitta dell’Isis, sie-te il secondo Paese per con-tributo di truppe”. “L’incontro è andato molto bene. Devo dire che l’Italia è tenuta in grande considerazione”, ha dichiarato soddisfatta la ministra alla fine dell’incontro: “Abbiamo ana-lizzato tutti gli scenari: la crisi del Golfo, l’Arabia Saudita, il Qatar, la questione Corea del Nord. Quindi Afghanistan, Iraq, Libia e Siria. Un ragionamento a 360 gradi”.

Pinotti ha rivelato alcu-ni particolari di questi collo-qui rispondendo alle doman-de dell’inviato de “La Stampa”, come per esempio sull’impiego dei militari italiani in Iraq dopo la cosiddetta “liberazione” di Mosul, avvertendo che non è previsto nessun disimpegno,

neanche parziale dell’Italia in questa regione, ma piuttosto una sua “rimodulazione”. E che cosa intendesse con que-sto lo ha ventilato sottolinean-do con orgoglio che “Mattis ha ricordato che siamo il secon-do contributore in Iraq”, come a dire che tali intendiamo re-stare: “In questo ambito – ha aggiunto infatti -, senza modi-ficare i numeri, possiamo im-maginare rimodulazioni. Prima l’obiettivo principale era adde-strare l’esercito; ora potremmo intensificare la missione dei carabinieri per produrre nume-ri maggiori di polizia locale”.

Nemmeno i 500 militari in-viati a “proteggere” la diga di Mosul verranno ridotti né tan-to meno ritirati, nonostante che virtualmente il pericolo rappre-sentato dalle milizie dell’IS non esista più. E questo per-ché, ha detto la ministra, “finita l’entità statuale dell’Isis, resta il pericolo di cellule terroristi-che”. Insomma, un motivo per giustificare la presenza milita-re italiana in questo martoria-to paese, che con una scusa o con l’altra dura ininterrot-tamente da 14 anni, si trova sempre.

Stessa musica anche per la missione di guerra in Afghani-stan, sulla quale la Pinotti ha ugualmente rassicurato il suo collega americano, visto che alla domanda dell’inviato de “La Stampa” se l’Italia invie-

rà più soldati in quel paese ha così risposto: “Rafforzare l’ad-destramento è importante. Se ci liberiamo di alcune funzioni logistiche, potremmo aumen-tare gli addestratori, sempre nell’ambito dei numeri attuali di circa 950 soldati”. Cioè for-malmente nessun aumento di truppe “o quasi”, ma nei fatti meno addetti ai trasporti e al-tre attività collaterali e più mili-tari sul campo di combattimen-to, che poi è ciò che interessa ai suoi amici del Pentagono.

Ma la guerrafondaia del go-verno Renzi-Gentiloni non si è limitata a questi pur già gravis-simi impegni. Non ha escluso infatti neanche un’estensione dell’impegno militare italiano alla Siria, e nella fattispecie a Raqqa, sempre mascherato nella forma di addestramen-to di forze di sicurezza locali dopo l’attacco finale che viene dato per imminente alla roc-caforte siriana dello Stato isla-mico. La Pinotti la prende lar-ga, sottolinea che mentre in

Iraq c’è un mandato dell’Onu e una richiesta del governo le-gittimo, in Siria c’è il mandato Onu “ma la situazione è con-fusa, non tutti considerano il governo legittimo, e l’autori-tà locale non è riconosciuta”. Tuttavia, “nell’ambito di una possibile chiarificazione delle condizioni, le forze in campo, e il percorso politico, potrem-mo valutare un contributo”, ha concluso la ministra, impe-gnando l’Italia in questo nuovo scenario di guerra del tutto ine-dito e senza neanche degnarsi di sapere se il parlamento e il Paese sono d’accordo.

Non c’è da stupirsi se poi, riferendo le sue impressio-ni su Mattis, ha detto che “ha grande fiducia e stima per l’I-talia determinata dal fatto che siamo un partner affidabile”, e che “quando parla con noi, parla con un paese di cui sa di potersi fidare”. Tanto che non a caso il segretario alla Dife-sa Usa l’ha gratificata confer-mando “il massimo supporto alla strategia italiana in Libia, riconoscendo la nostra espe-rienza. Loro vogliono aiutare le diverse parti in campo a par-larsi, per aiutare la stabilizza-zione del governo unitario, e sono disponibili a capire se da parte italiana ci sono richieste”. Gli americani riconoscono cioè che la Libia è nella sfera di in-fluenza dell’Italia e riconosco-no il primato dell’Italia nella

guida di un’eventuale interven-to internazionale di “stabilizza-zione” di quel paese.

E in questo ambito, ma più in generale per tutta la strate-gia interventista dell’imperiali-smo italiano ed europeo, Mat-tis ha risposto positivamente anche alla richiesta della Pi-notti di sostegno alla creazione a Napoli di un “hub della Nato per la sicurezza nel Mediter-raneo”. Ovvero di un centro di comando e di concentramento di forze aeronavali nel Sud del-lo stivale per la “proiezione” ra-pida in tutta la regione del Me-diterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa, sempre col prete-sto della guerra al “terrorismo”: “Noi abbiamo già avuto una ri-sposta positiva dalla ministe-riale, con molti paesi anche nordici che hanno promesso di inviare personale. Ma pen-siamo che la sicurezza a Sud sia una delle grandi sfide della Nato, e quindi chiediamo ulte-riori risorse, perché da Napoli possono partire molti progetti. Parliamo soprattutto di capa-city building, e Mattis è d’ac-cordo”, ha detto compiaciuta in proposito la ministra italiana con l’elmetto.

È questo l’unico genere di “investimenti” che lei e il gover-no interventista e imperialista Renzi-Gentiloni sono disposti a sostenere per lo sviluppo del Mezzogiorno?

Con L’aCCorDo Di BerLUsConi

renzi impone orfeo alla direzione della raiil 9 giugno il Consiglio di

amministrazione della Rai ha “eletto” all’unanimità, con il solo voto contrario del con-sigliere in quota M5S, Car-lo Freccero, il nuovo diretto-re generale nella persona del giornalista Mario Orfeo, ex ca-poredattore de la Repubbli-ca sotto Ezio Mauro e già di-rettore de Il Mattino di Napoli, del Tg2 e de Il Messaggero di Roma, prima di approdare alla direzione del Tg1, dalla quale ora ha fatto il salto alla mas-sima carica operativa dell’ente radiotelevisivo pubblico. Orfeo succede al dimissionario Anto-nio Campo Dall’Orto, renziano già dai tempi della prima Leo-polda, eppure caduto lo stes-so in disgrazia dopo meno di due anni dalla nomina a ple-nipotenziario dell’ex premier a viale Mazzini, quando il nuo-vo duce si prese la Rai con un patto spartitorio con Berlu-sconi, assicurandosi la mag-gioranza del nuovo Cda e il direttore generale, mentre al pregiudicato di Arcore anda-vano due consiglieri e la presi-dente Monica Maggioni.

Non che Campo Dall’Or-to avesse cambiato casacca o fatto chissà quale sgarbo a Renzi, anzi si era sempre di-mostrato un suo fedele e os-sequioso fiancheggiatore, ma il nuovo duce gli aveva in qualche modo addebitato di non essersi speso abbastan-za per lui nella campagna re-ferendaria. E in ogni caso, in

vista delle imminenti elezioni amministrative e delle non lon-tane elezioni politiche, voleva che alla testa della Rai ci fos-se un suo uomo ancor più fida-to, qualcuno che si fosse gua-dagnato sul campo i galloni di suo primo megafono alla Rai, e chi meglio di Orfeo avrebbe potuto ricoprire quel ruolo?

Come direttore del tg del-la rete ammiraglia della Rai, infatti, Orfeo si è sempre di-mostrato il più solerte e fida-to sostenitore di Renzi, tan-to che durante la campagna referendaria quest’ultimo ha avuto uno spazio senza pre-cedenti su tutte le reti Rai, e sul Tg1 in particolare. Secon-do dati dell’Agcom pubblicati a novembre 2016, l’ex premier aveva avuto da solo il 21,5% del tempo di parola e il 36,5% del tempo di notizia concesso ai politici sul tg diretto da Or-feo. Cioè più di un terzo delle notizie riguardavano Renzi e più di un quinto dei servizi era-no occupati dalla sua voce.

Perché renzi ha scelto proprio orfeo

E nonostante la pesan-te sconfitta e le dimissioni da capo del governo, le cose non sono cambiate di molto anche dopo il referendum: la chiac-chierata con Renzi nel Tg1 delle 20 è diventata un for-mat fisso come i “discorsi al caminetto” di Roosevelt; si

sono intensificati i “panini”, di cui Orfeo si è dimostrato uno specialista (servizi nei qua-li le dichiarazioni subito ta-gliate di un esponente anti-renziano sono compresse tra due dichiarazioni più lunghe di due renziani, oppure di un renziano e di un berlusconia-no, il che fa lo stesso); per non parlare dei servizi monografici, “interviste” di alcuni minuti con solo le parole di Renzi, appe-na inframezzate di balbettii di assenso di pochi secondi da parte del giornalista di turno.

Sono diventati proverbia-li, inoltre, dei veri e propri ca-polavori di occultamento sul tg di Orfeo, come quando il Tg1 del 30 aprile 2016, in merito all’inchiesta “Tempa rossa”, pur essendo costretto a citare la famosa intercettazione del-la ministra Guidi che tirava in ballo Maria Elena Boschi, rie-sce comunque in tutto il ser-vizio a non pronunciare mai il nome della Boschi stessa. Un altro famigerato esempio delle capacità mimetiche del diret-tore è quello del 23 dicembre scorso: Il Fatto Quotidiano ha appena dato notizia che Luca Lotti è indagato nell’inchiesta Consip, ma il Tg1 delle 13,30 riesce a ignorare la clamorosa notizia per ben 20 minuti su 27 totali. Lo scoop di Marco Lil-lo sulla telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano vie-ne addirittura ignorato dalla rete ammiraglia della Rai, che decide di parlarne solo quan-

do arriva la replica dell’ex pre-mier.

Questo tanto per far capi-re chi è Mario Orfeo e perché Renzi abbia scelto proprio lui alla testa della Rai. Una scelta che fra l’altro andava benissi-mo anche a Berlusconi, per il quale Orfeo, contraddistintosi per essere amico di tutti quel-li che contano, dalla berlusco-niana Mara Carfagna quando era al Mattino all’ex presiden-te Napolitano, e per servire sempre il potente di turno, ap-pariva un buon compromes-so nel quadro del nuovo patto del Nazareno che sta realiz-zando con Renzi. A far deci-dere Renzi ad attuare il cam-bio della guardia tra Dall’Orto e Orfeo, fino ad allora tenuto in sospeso, era stato il fallimento dell’accordo in parlamento sul-la nuova legge elettorale: quel-lo è stato il segnale per Renzi che era meglio prepararsi ad ogni evenienza, anche eletto-rale, avendo le spalle coperte dal lato della comunicazione.

Un’operazione nel quadro del nuovo

nazarenoChe la scelta di Orfeo fosse

frutto di un accordo preventivo tra Renzi e Berlusconi, scat-tato al momento della rottura sulla legge elettorale, lo si era capito chiaramente da diver-si episodi. Subito dopo la ba-garre scoppiata in parlamen-

to che ha sancito il fallimento dell’accordo sulla legge eletto-rale, i consiglieri Rai in quota maggioranza sono stati con-vocati dal sottosegretario con delega alle Telecomunicazio-ni, Giacomelli, e dal ministro con delega all’Editoria, Lotti, con all’odg urgente la nomina del nuovo dg della Rai, nella persona di Mario Orfeo già de-cisa da Renzi. Il giorno dopo, infatti, si doveva riunire il Cda dell’azienda per nominare il nuovo direttore.

Quella stessa sera, ricevu-to da Gentiloni a Palazzo Chi-gi, Renzi gli rispondeva picche alla sua proposta di nominare dg della Rai Nino Rizzo Nervo, amico personale del premier e attuale vicesegretario alla presidenza del Consiglio. La mattina del giorno dopo, pri-ma della riunione del Cda Rai, il forzista Maurizio Gaspar-ri dava già come cosa fatta la nomina di Orfeo, aggiungen-do che la nomina era approva-ta anche da Gianni Letta, che aveva trattato con Renzi per conto di Berlusconi. Più chia-ro di così.

Una mezz’ora dopo toccava alla Maggioni sancire ufficial-mente l’accordo sottobanco tra Renzi e Berlusconi “pro-ponendo” la nomina di Orfeo a direttore generale, che risul-tava ovviamente “eletto” all’u-nanimità escluso il consiglie-re Freccero, che per opporsi si era inutilmente autocandi-dato chiedendo un’audizione

alla commissione di Vigilan-za per confrontare il suo curri-culum con quello di Orfeo. La soddisfazione dei renziani per il nuovo riuscito golpe del capo è stata espressa per tutti dal consigliere Guelfo Guelfi - ex “Lotta Continua” legato a dop-pio filo a Sofri, spin doctor e gosth writer personale di Ren-zi fin dai tempi in cui questi si faceva le ossa alla Provincia e al Comune di Firenze - con questa ridicola esaltazione del nuovo dg: “Il direttore del Tg1 Mario Orfeo è un collezionista di record, che ha portato la te-stata a essere invidiata in tut-to il mondo e fonte autorevo-le del sistema informativo non solo del nostro Paese”.

Molto grave il comunicato congiunto del sindacato nazio-nale dei giornalisti Fnsi e del sindacato interno dei giorna-listi Usigrai, che in controten-denza rispetto ai precedenti colpi di mano di Renzi sull’in-formazione pubblica, che era-no sempre stati denunciati e condannati, stavolta sembra volergliela far passare liscia, facendo gli auguri a Orfeo e chiedendogli “da subito atti concreti di discontinuità con la gestione degli ultimi due anni”. Come se non fosse ancora chiaro che Orfeo è stato scelto proprio per continuare e raffor-zare la politica accentratrice di Renzi rispetto al sistema infor-mativo pubblico imposta due anni fa con la sua controrifor-ma della Rai.

L’incontro tra Mattis, neo segretario alla difesa della presidenza Trump e Roberta Pinotti, Ministra della Difesa a Washington l’11 luglio scorso

Page 3: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

N. 29 - 27 luglio 2017 interni / il bolscevico 3Secondo il “RappoRto di RiceRca Sul meRcato del lavoRo” elaboRato dalla Fondazione di vittoRio

I DIsoccupatI realI sono Il DoppIo DI quellI uffIcIalI

Italia fanalino di coda in tutta l’area EuroIn Italia il numero dei disoc-

cupati reali è di circa 2 milioni in più rispetto al dato ufficiale diffuso agli inizi di luglio dall’I-stat.

A fare luce su questa dram-matica realtà che attanaglia milioni di lavoratori e soprat-tutto i giovani è il “Rapporto di ricerca sul mercato del lavoro” elaborato dalla Fondazione di Vittorio (FdV), dal titolo “La di-soccupazione dopo la grande crisi”, elaborato a giugno 2017 e diffuso l’11 luglio.

Per misurare il tasso di di-soccupazione reale la FdV ha definito due diversi parametri di valutazione: (il tasso di sot-toutilizzo della forza lavoro e il tasso di disoccupazione al-largata) e proposto un meto-do alternativo di stima della disoccupazione ossia: “il tas-so di disoccupazione poten-ziale” utilizzando le rilevazioni della Bce e la percezione de-gli intervistati della “Rilevazio-ne Continua della Forza Lavo-ro dell’Istat”.

La conclusione è che: “Nel-la grande sacca dell’inattività si nasconde un pezzo rilevan-te della disoccupazione, per-sone fuori dal mercato che il criterio di classificazione tradi-zionale non cattura”. Pertan-to, si legge ancora nel rappor-to: “Il tasso di disoccupazione nella sua formulazione più estensiva (che considera an-che la sottoccupazione) si attesta in Italia nel 2016 al 23,8%. L’altra stima (il tasso di disoccupazione allargata) attribuisce alla disoccupazio-ne un peso minore ma ancora sopra il 20% della forza lavo-ro. Il tasso di disoccupazione

potenziale corretto - a cura di questa Fondazione - porta il peso della disoccupazione al 18,5%, quasi sette punti sopra il tasso ufficiale”.

L’Istat infatti considera come disoccupati solo “le per-sone non occupate tra i 15 e i 74 anni che: hanno effettua-to almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nelle quat-tro settimane che precedo-no la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività auto-noma) entro le due settima-ne successive; oppure, inizie-ranno un lavoro entro tre mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a la-vorare (o ad avviare un’attivi-tà autonoma) entro le due set-timane successive, qualora fosse possibile anticipare l’ini-zio del lavoro”.

Mentre la ricerca della FdV considera giustamente non solo i disoccupati formalmen-te riconosciuti, ma anche le “forze di lavoro potenziali ag-giuntive (FLPA) ossia tutte le persone in età 15-74 anni im-mediatamente disponibili a lavorare ma non impegnate nella ricerca di un impiego (i cosiddetti scoraggiati) e dalle persone che stanno cercando attivamente ma non sono su-bito disponibili a lavorare”.

Il tasso di disoccupazione schizza così al 18,5%, ben 6,8 punti sopra il tasso ufficiale, e il numero dei disoccupati sale a 5 milioni e 200 mila.

“Una misura della disoccu-pazione che incorpora le FLPA (considerandole alla stregua dei disoccupati attivi) – si leg-ge ancora nel rapporto della

FdV - consiste nel rapporto tra disoccupati+FLPA e le forze di lavoro allargate (occupati + di-soccupati + FLPA): questo è il tasso di disoccupazione al-largata, che nella media dei Paesi dell’Area Euro (AE) si attestava nel 2016 al 14,3% (4,3 punti sopra il tasso uffi-ciale), in Germania al 6,3%, in Spagna al 23,3% (vale a dire 3,7 punti sopra il tasso ufficia-le) e in Italia al 21,8% (10,1 punti sopra il tasso ufficiale!). Nel corso degli ultimi 8 anni il rapporto tra il tasso di disoc-cupazione allargata e il tasso di disoccupazione ufficiale è risultato relativamente stabi-le nella media dei Paesi AE (oscillando tra 1,5 e 1,4) men-tre in Italia, dove quel rapporto è particolarmente alto (1,9 nel 2016) si è osservata una mo-derata tendenza alla diminu-zione (era 2,4 nel 2008)”.

Lo studio della FdV forni-sce, inoltre, un’analisi compa-rativa con le rilevazioni della Bce inerente la cosiddetta of-ferta di lavoro reale. Attraver-so le due diverse metodologie di calcolo adottate si registra in entrambi i casi una disoccu-pazione italiana superiore al 20%. Il tasso di disoccupazio-ne allargata per i Paesi dell’a-rea euro è pari al 14,6% (4,3 punti sopra il tasso ufficiale) e al 21,8% per l’Italia (circa 10 punti sopra il tasso ufficiale), mentre il tasso di sottoutiliz-zo della forza lavoro raggiun-ge il 17,6% per la zona euro e il 23,8% per il nostro Paese (più del doppio del tasso uffi-ciale di disoccupazione).

“Quale delle tre stime si voglia prendere a riferimen-

to per misurare la disoccupa-zione effettiva in Italia (23,8%, 21,8%, 18,5%) il valore è mol-to più alto rispetto al dato uf-ficiale - sottolinea il presiden-te della Fondazione di Vittorio Fulvio Fammoni - e confer-ma quindi che nell’inattività si cela una quota importante di disoccupazione che le stati-stiche tradizionali non cattu-rano”. Nel rapporto si spiega infatti che il tasso di occupa-zione italiano, 8,3 punti sotto quello della zona euro, non è compatibile con un tasso di

disoccupazione ufficiale solo 2 punti più alto: dati spiega-bili solo con la dimensione dell’inattività. “Affinché il mer-cato del lavoro italiano abbia un profilo coerente con quel-lo riferito all’eurozona, occor-rerebbe - conclude Fammoni - ridurre drasticamente il nu-mero di disoccupati ufficiali e far emergere una parte con-sistente della disoccupazione potenziale”.

Altro che “siamo usciti dal tunnel della crisi” come ha detto pochi giorni fa il mini-

stro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ospite della seconda giornata della festa Left Wing a Fiuggi. La verità è che la po-litica economica di lacrime e sangue e il contestuale azze-ramento dei diritti e delle tute-le sindacali imposto col Jobs Act a colpi di fiducia da Ren-zi e poi proseguita con Genti-loni hanno gettato sul lastrico intere generazioni di lavoratori e di giovani a cui viene preclu-so perfino la possibilità di spe-rare in un lavoro dignitoso e in un futuro migliore.

l’ex SegRetaRio della Fiom entRa nella SegReteRia cgil

landini normalizzato dalla camussoA capo dei metalmeccanici la “fedelissima” Francesca Re David

La notizia era nell’aria da tempo e ora è ufficiale: Mau-rizio Landini, segretario na-zionale della Fiom (da cui ha rassegnato le dimissioni), en-tra nella segreteria generale della Cgil che da 9 passa a 10 membri. Un segnale che può essere letto solo in un modo, quello della normalizzazio-ne della Fiom, della ricucitura delle divergenze tra l’organiz-zazione dei metalmeccanici e la segreteria confederale at-traverso la ricomposizione di quella frattura, spesso defini-ta “anomala”, che per lungo tempo ha tenuto su posizioni distinte la “casa madre” Cgil dalla categoria più numerosa, forte e combattiva del maggio-re sindacato italiano.

È stata la stessa Susanna Camusso a sponsorizzare l’in-gresso di Landini, una mos-sa chiaramente concordata da tempo fra i due. L’Assem-blea Generale, l’organismo intermedio tra il direttorio ri-stretto della segretaria e gli or-ganismi territoriali e di catego-ria creata nemmeno due anni fa dalla Cgil, lo ha eletto alla seconda votazione perché se-condo le regole statutarie del

sindacato, alla prima votazio-ne dovevano partecipare 219 persone, i 2/3 degli aventi di-ritto; cifra che però non è stata raggiunta e si è quindi dovu-to procedere con una secon-da votazione. Alla seconda consultazione è invece basta-to raggiungere il 50% + 1 degli aventi diritto perché l’elezione fosse valida.

Bisogna andare indietro di parecchi anni per trovare un leader della Fiom membro della segreteria nonostante il peso dei metalmeccanici den-tro la Cgil. Non è stato certo un caso, bensì era il segnale della persistente conflittuali-tà, pur tra alti e bassi, tra i due soggetti. La Fiom in questi de-cenni molte volte ha fatto scel-te politiche e contrattuali diver-se dal resto della Cgil, pur tra mille contraddizioni, spesso facendo marcia indietro o sen-za andare sino in fondo. Tutta-via il sindacato dei metalmec-canici si è posto quasi sempre su posizioni più avanzate; per rimanere in tempi più recenti ricordiamo la partecipazione al Social Forum di Genova nel 2001, le critiche aperte al go-verno Prodi che portarono ad

una forte tensione con la se-greteria di Epifani, al sostegno ai NO Tav, agli accordi separa-ti a Pomigliano come rifiuto di relazioni sindacali di tipo mus-soliniano volute dall’AD della Fiat Sergio Marchionne, poi estese a tutte le fabbriche ita-liane con il Jobs Act di Renzi.

Anche sulla democrazia nelle aziende e nel sindacato la Fiom ha sempre dato batta-glia affinché ci fosse lo spazio per il protagonismo dei lavora-tori e per opinioni diverse da quelle della segreteria. Pro-prio su questo punto ci sono state delle giravolte che han-no portato Landini da posizio-ni di rifiuto del Testo Unico sul-la Rappresentanza (TUR) e di autonomia verso la Camus-so ad accettare quell’accordo antisindacale che limita la de-mocrazia, le lotte e il diritto di sciopero e ad usare un meto-do autoritario dentro la Fiom che ha portato, tra gli altri, al licenziamento tramite il ritiro del distacco sindacale, di Ser-gio Bellavita della minoranza Cgil e a usare provvedimen-ti disciplinari contro 11 operai iscritti alla Fiom della Fca di Melfi per aver rifiutato i ricatti

di Marchionne.Ma i segnali del riavvicina-

mento tra Landini e Camusso e il ritorno all’ovile del leader della Fiom erano sempre più frequenti tanto che l’ingresso in segreteria di Landini non ha sorpreso più di tanto. Nei sa-lotti televisivi annunciava di voler occupare le fabbriche e di voler difendere la digni-tà dei lavoratori ma nella pra-tica cedeva su tutto, firmando pessimi contratti “unitari” che contraddicevano i suoi slo-gan e avvicinavano la Fiom alle omologhe organizzazioni di categoria di Cisl e Uil, dia-logava con Renzi, riabilitava Marchionne, accettava il TUR.

Stando così le cose il bilan-cio del suo mandato non può che essere negativo dal pun-to di vista dei lavoratori. L’illu-sione di aver trovato un valido interprete della combattività e dello spirito di classe dei me-talmeccanici è andata rapi-damente delusa, mentre sul piano politico si era già con-sumato il fallimento della sua creatura, la “Coalizione socia-le”. Se lascia la Fiom in condi-zioni peggiori di come l’aveva trovata, in buona parte è de-

merito suo. La sua elezione in segreteria è presentata come un fattore positivo di ritrovata unità ma in realtà chiude la pa-rabola di Landini che si ritrova accolto come il “figliol prodigo” che ha sbagliato ma si è rav-veduto.

Il futuro non promette nien-te di buono se andiamo a guardare chi siederà sulla pol-trona di Corso Trieste. La nuo-va segretaria sarà Francesca Re David, fedelissima di Lan-dini, ex Pci, poi vicina a SeL,

sposata con il giornalista del TG3 Fabio Venditti, provie-ne dall’apparato e non ha mai messo piede in fabbrica per lavorare. Come biglietto da vi-sita presenta il peggior con-tratto che la categoria abbia mai firmato, visto che lei si è spesa molto per la sua stesura e nelle trattative per il rinnovo avvenuto pochi mesi fa. Sta ai lavoratori e ai delegati di base lottare per fermare la deriva collaborazionista che ha pre-so la Fiom.

Il “bacio della pace” tra Landini e Camusso alla manifestazione naziona-le della Fiom a Roma del 28 marzo 2015

Page 4: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

4 il bolscevico / legge antifascista N. 29 - 27 luglio 2017

Il movimento di Grillo sempre più a destra

M5S e Lega contro La Legge antifaSciSta

Spiaggia fascista a ChioggiaDa sempre, e con un cre-

scendo che pare non arre-starsi mai la XII disposizione transitoria della Costituzione e le leggi Scelba e Mancino antiterroriste vengono ignora-te, calpestate e derise. E so-pra di esse viene calpestato lo spirito stesso della Resisten-za; la memoria di donne e uo-mini che nelle file partigiane e in aiuto ad esse, hanno perso la vita per restituire al nostro Paese libertà e dignità, sepol-te nel ventennio nero. Adesso nelle librerie non si contano i testi principali del fascismo ri-editi e regolarmente in vendi-ta; gadget fascisti di ogni tipo infestano le bancarelle di tan-tissime città italiane e sale, ci-miteri, stadi e perfino le piazze – e non solo di Predappio, pa-ese natale di Mussolini e vo-mitevole ritrovo di nostalgici – accolgono spesso le braccia tese in saluto romano dei neo-fascisti intenti a rimembrare le gesta del duce o dei vili franchi tiratori repubblichini. Tv e gior-nali danno loro ampio risalto e prime pagine, così come il web è stracolmo di siti e pagine apologetiche. Recentemente anche l’ANPI ha denunciato l’i-gnobile collaborazionismo, de-finito “pessimo controllo”, del-le istituzioni che in molte città italiane hanno accettato liste dichiaratamente fasciste, con simboli direttamente ricondu-cibili al fascismo come il fascio littorio, consentendo loro di partecipare direttamente alle elezioni comunali. Una vergo-gna senza fine che passa an-che per i numerosi e frequenti tentativi di restringimento della democrazia borghese perpe-trati in vari modi, a cominciare dall’aver ridotto la Costituzio-ne repubblicana a carta strac-cia, rilanciandone il suo sman-tellamento definitivo come accaduto lo scorso 4 dicembre col referendum costituzionale. In quest’ultimo caso, natural-mente, non si parla di simbo-li ma di sostanziali affinità con l’assetto istituzionale mussoli-niano.

La spiaggia fascista di Chioggia

Nelle scorse settimane, a seguito di una denuncia di un giornalista di “Repubblica”, ha tenuto banco sui media di re-gime la notizia della “spiag-gia fascista” di Punta Canna, a Sottomarina di Chioggia. Un susseguirsi di frasi, slogan e immagini inneggianti a Musso-lini e al fascismo che facevano da sfondo ad uno stabilimento balneare su una spiaggia data in concessione dall’ammini-strazione comunale; una vera e propria base di propaganda del fascismo nella quale i det-tati costituzionali antifascisti erano regolarmente calpesta-ti. Dopo l’intervento della pre-fettura e della questura di Ve-nezia, Gianni Scarpa, il titolare fascista, ha dovuto smantella-re i simboli affissi tra cabine ed ombrelloni; via cartelli, manife-sti, scritte inneggianti a Benito Mussolini e ai saluti romani, ai “me ne frego!” e al “manganel-

lo”, all’“ordine” ed alla “discipli-na” del duce. Povere di conte-nuto antifascista sono però le motivazioni con le quali la pre-fettura ha fatto togliere i cartel-li fascisti. Nell’ordinanza il pre-fetto motiva le ragioni del suo provvedimento facendo riferi-mento alla condotta di Scar-pa: c’è “il pericolo concreto ed attuale - scrive - che la persi-stenza di tali comportamenti possa provocare esplicite rea-zioni di riprovazione e sdegno nell’opinione pubblica, così vi-vamente turbata, con conse-guenti manifestazioni avverse e di riflesso, il rischio di turba-tive dell’ordine pubblico”. So-stanzialmente non se ne chie-de la rimozione per apologia di fascismo, reato contestato allo Scarpa dalla Digos, ma per una mera questione di si-curezza che non si capisce chi intenda effettivamente tutela-re, se la memoria antifascista o il titolare fascista stesso dai possibili “linciaggi” antifascisti. Sempre nell’ordinanza prefet-tizia, si intima all’imprenditore fascista di “astenersi dall’ul-teriore diffusione di messaggi contro la democrazia”. Gli au-dio pubblicati da “Repubblica” inchiodano Scarpa, la cui voce è stata diffusa dagli altopar-lanti in spiaggia mentre teneva un mini comizio per intrattene-re i 650 clienti del lido, colmo di inni al regime e minacce di “sterminare tutti i tossici”. Cio-nonostante non è ancora chia-ro se il Comune di Chioggia, sulla base di quanto stabili-to dalla Prefettura, revoche-rà la concessione demaniale a Punta Canna; indicativa è però la vigliaccheria, tipica del “fascista in ritirata” fin dall’al-ba del 25 Aprile del 1945, che in piena bufera, ha dichiarato alla stampa: “Fascista io? Ma quando mai”. Vista la gravità della vicenda, particolarmen-te vergognose e complici sono state le parole minimizzanti del vicesindaco Cinque stel-le di Chioggia, Marco Verone-se, anche assessore al dema-nio, che ha definito il tutto una “questione di folklore”, dichia-rando e dimostrando di ave-re ben altri obiettivi in testa, “Perché sprecare le già risibili risorse di uomini della polizia in cose come queste, invece di occuparsi del controllo de-gli abusivi in spiaggia cui la polizia locale non riesce a far fronte?”. Non è un caso che tempo fa il blog di Grillo abbia pubblicato un post di Scarpa che si metteva a disposizione del M5S

Il PD e l’opportunismo

della “nuova legge” sull’apologia del

fascismoDopo aver consentito tut-

to ciò in mezza Italia, in tutti i comuni amministrati dal PD senza aver mai mosso un dito, ecco che il partito di Renzi si sveglia e opportunisticamen-te coglie l’occasione per cer-care consensi demagogici tra gli antifascisti e magari ricucire con quella parte dell’ANPI che storicamente gli è più vicina ma se ne è allontanata a se-guito della campagna anti par-tigiana imbastita dallo stesso Renzi, dalla Boschi e dai suoi scagnozzi. E così la montagna PD ha partorito il topolino della proposta di legge contro l’apo-logia di fascismo avanzata da Emanuele Fiano, già veltronia-no passato con Franceschini e ora molto vicino a Renzi. Ol-tre alla Costituzione che, fra l’altro, vieta la ricostruzione in qualsiasi forma del disciol-to Partito fascista, a contrasta-re legislativamente fenome-ni vecchi e nuovi di fascismo, sono già vigenti la legge Scel-ba e quella Mancino. La prima risale al 1952 e nelle intenzioni del legislatore doveva essere, appunto, la legge di attuazio-ne della XII norma transitoria e finale della Costituzione, nei fatti poco “robusta” in campo antifascista se è vero che già il 26 dicembre 1946 alcuni re-duci della “repubblica sociale” poterono fondare il Movimento Sociale Italiano (MSI) di cui il fucilatore di partigiani Giorgio Almirante fu segretario racco-gliendo l’appoggio del gene-rale fascista Rodolfo Graziani, inserito a suo tempo dall’O-NU nella lista dei criminali di guerra per l’uso di gas tossici nelle campagne imperialiste d’Etiopia e d’Abissinia; MSI che partecipò alle elezioni co-munali di Roma del 1947 e alle politiche nazionali nel 1948. I fucili della lotta partigiana era-no ancora fumanti e il fasci-smo continuava a permeare le istituzioni repubblicane. La seconda, Mancino, che pren-de il nome dall’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino, è del 1993 e sulla carta sanzio-na e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia na-zifascista, e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi raz-ziali, etnici, religiosi o naziona-

li. Entrambe le leggi stanno lì in attesa che qualcuno si de-cida ad applicarle. “La legge Scelba prima e quella Manci-no dopo - dichiara Fiano - han-no di fatto previsto che nel no-stro ordinamento repubblicano ci siano dei limiti all’espressio-ne di opinioni. E le idee di vio-lenza, razzismo e discrimina-zione non devono più tornare”. La nuova proposta di legge punisce la propaganda del re-gime fascista e nazifascista con immagini o contenuti di cui vieta produzione e vendi-ta. Conferma il bando di gad-get nostalgici e paccottiglia varia che riportano immagini e frasi del ventennio mussolinia-no. Vieterebbe inoltre espres-samente il saluto romano e l’o-stentazione pubblica di simboli fascisti, istituendo l’aggravan-te nel caso in cui la propagan-da avvenga sul web.

Per il M5S e per la Lega la legge è

liberticidaIn un parere depositato in

Commissione giustizia alla Camera, il M5S si è detto con-trario alla legge Fiano, defi-nendo il provvedimento “liber-ticida” e lesivo della libertà del pensiero. Posizione condivisa dal razzista e fascista Salvini, segretario della Lega. La deri-va a destra del partito di Gril-lo appare quindi evidente, e a

poco servono i continui procla-mi di coloro che internamen-te al movimento continuano a vantarsi di “non essere né di destra né di sinistra”, appog-giando però prima la linea raz-zista della Lega (e poi anche del PD) contro l’immigrazione, poi adducendo imbarazzanti giustificazioni contro una leg-ge probabilmente inutile nella sua applicabilità, ma senz’altro antifascista. Vittorio Ferrare-si, capogruppo in Commissio-ne giustizia M5S, parla di “pa-strocchio non necessario” dal momento in cui esistono due leggi che puniscono l’apologia del fascismo e che sarebbero a suo dire “già efficaci contro le manifestazioni di propagan-da e il saluto romano, già puni-bili e punite”. Ciò che è grave è che secondo i 5 Stelle, il prov-vedimento in esame interviene sulla libertà di opinione. “Ven-gono punite”, si legge nel loro parere, “anche condotte mera-mente elogiative, o estempo-ranee che, pur non essendo volte alla riorganizzazione del disciolto partito fascista, siano chiara espressione della reto-rica di tale regime, o di quel-lo nazionalsocialista tedesco”. Si tratta quindi in realtà di vero e proprio tentativo di sdogana-mento dell’apologia del fasci-smo, poiché nella sostanza si afferma che il fascismo è una semplice opinione che ha pari dignità con tutte le altre, e non un reato politico da perseguire penalmente.

Antifascismo militante

Minimizzare così la porta-ta dei neofascismi equivale ad essere complici della sua dif-fusione; ed è per questo che non possiamo che denuncia-re fermamente la posizione di Lega e M5S, in particolare nel tentativo di aprire gli occhi a coloro che da sinistra sim-patizzano per il movimento di Grillo, poiché è vero che la li-bertà, pur in ambito democrati-

co-borghese, non deve essere offerta a chi la vuole negare. Liberticida, in questo caso, non è la legge, bensì il fasci-smo al quale va tolto ogni spa-zio ed ogni possibilità di pro-paganda perché è esso stesso non opinione, ma ideologia di violenza e di sopraffazione.

In ultimo, ci sembra oppor-tuno riportare le dichiarazioni del presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia a Radio Popolare che, pur apprezzando la nuova iniziativa, si chiede “come mai per tanto tempo si è data così scarsa applicazione a norme che già esistevano”. Egli so-stiene che “la nuova legge non risolve i problemi (…) ci vuo-le il funzionamento delle isti-tuzioni e una coscienza col-lettiva convinta che questa è una Repubblica democratica e antifascista: purtroppo que-sta coscienza antifascista mi pare che non esista”. Un solo appunto: chi modella e indiriz-za la coscienza collettiva? Lo fanno le istituzioni stesse con i loro apparati. E come può la coscienza collettiva tornare a essere pienamente antifasci-sta se la scuola, per fare un lampante esempio, e le istitu-zioni che la controllano e che hanno in pugno il grande stru-mento della propaganda tra-sudano elementi e misure di annientamento della memo-ria antifascista, di revisione della storia, elementi e misu-re compiutamente neofasciste nella sostanza e certamen-te antipopolari? Oggi il fasci-smo non indossa più il fez o la camicia nera ma allo stes-so modo, continua a permea-re le nostre istituzioni da capo ai piedi. Ne sono un esempio i governi Renzi e Gentiloni, per non parlare di quelli di Berlu-sconi. Il nemico è più viscido e insidioso, difficile per chi non ha chiaro cosa sia davvero il fascismo, da identificare. In campo antifascista c’è ancora tanto lavoro da fare e noi sia-mo determinati a svolgere la nostra parte.Due immagini alla spiaggia di Chioggia Sottomarina (Venezia) con i cartelli inneggianti al fascismo e a Mus-

solini

Milano, un momento del presidio antifascista contro i fascisti del 14 gennaio 2017. In evidenza il manifesto, realizzato dal Comitato lombardo del PMLI, che rivendica la messa fuorilegge dei gruppi nazifascisti (foto Il Bolscevico)

Page 5: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

N. 29 - 27 luglio 2017 interni / il bolscevico 5Non tutti i bambini stranieri nati in Italia potranno diventare italiani

Ius solI troppo restrIttIvoSul tema si aggrava il razzismo del M5S. Gentiloni ne rimanda l’approvazione definitiva Il disegno di  legge di rifor-

ma della cittadinanza, appro-vato alla Camera il 13 ottobre 2015 e ora in discussione al Senato, incontra, pur essen-do un testo eccessivamente restrittivo riguardo alla con-cessione della cittadinan-za ai bambini stranieri nati in Italia, un percorso sofferto e tormentato da molti ostacoli politici: dall’ambiguo atteg-giamento del M5S al muro contro muro eretto dal parti-to forcaiolo di Alfano che mi-nacciando di non votare la fiducia ha indotto Gentiloni a rimandarne ulteriormente l’approvazione definitiva alle calende greche, all’autunno e persino alla fine della legi-slatura.

Innanzitutto bisogna sfa-tare un mito creato ad arte dalla propaganda di Renzi e Gentiloni, quello per cui tale riforma legislativa garantireb-be a tutti i figli di stranieri che vivono in Italia la concessio-ne della cittadinanza italia-na, in quanto è piena di ca-villi burocratici e di artificiose limitazioni che limitano forte-mente la sbandierata esten-sione universale della cittadi-nanza.

L’attuale normativa italia-na che disciplina la cittadi-nanza, la legge n. 91/1992, stabilisce come criterio fon-

damentale che la cittadinan-za italiana spetta di diritto a chi nasce da cittadini italia-ni (tale principio è detto dello ius sanguinis).

Tale principio fondamenta-le è integrato da quello dello ius soli, secondo il quale i figli di stranieri nati in Italia pos-sono chiedere la cittadinanza italiana solo al compimento della maggiore età, soltanto se però essi hanno risiedu-to dalla nascita in Italia legal-mente e senza interruzione, e la devono ottenere entro due anni dalla richiesta, altrimenti restano stranieri a tutti gli ef-fetti.

D’altra parte l’accoglimen-to della richiesta è a discre-zione del ministero degli In-terni, il quale notoriamente frappone mille ostacoli, per cui non c’è nessuna certezza di avere la cittadinanza en-tro i 20 anni di età, e quindi di non dover seguire la stra-da molto più lunga e diffici-le della naturalizzazione, per ottenerla, e con il rischio che la mancanza o l’insufficienza di reddito o l’inadeguatezza della situazione abitativa fac-ciano ricadere lo straniero ri-chiedente nella condizione di clandestino con il rischio dell’espulsione, una condi-zione nella quale gli immigra-ti nati in Italia sono costante-

mente sotto ricatto.Il disegno di legge appro-

vato alla Camera e attual-mente discusso in Senato è basato invece su una sorta di ius soli temperato, per cui i figli degli stranieri immigra-ti nati in Italia possono otte-nere la cittadinanza prima di diventare maggiorenni alla condizione che almeno un genitore sia in possesso del permesso di soggiorno per-manente o del permesso UE di lungo periodo.

Tale documentazione non è certo di facile ottenimen-to, in quanto è legata a pre-cisi criteri di reddito, di abi-tazione, di conoscenza del-la lingua e di altri criteri che diventano nella realtà altret-tanti ostacoli burocratici che le autorità possono frappor-re a propria discrezione, tan-to che non è infrequente che possano passare anche mol-ti anni (nella prassi anche 8 o 10 anni) prima di conseguir-la, anche in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge.

La richiesta di cittadinanza deve essere presentata poi, prima che il minore nato in Italia diventi maggiorenne, da chi esercita la potestà geni-toriale o, in mancanza di ge-nitori, anche dall’interessato, da quando è divenuto mag-giorenne fino ai due anni suc-

cessivi.La legge quindi prevede

per i figli di stranieri nati in Ita-lia, da un punto di vista tecni-co, non un diritto alla cittadi-nanza, bensì un interesse le-gittimo alla cittadinanza sot-toposto a un complesso pro-cedimento burocratico, che lascia intatto l’attuale potere discrezionale delle autorità e limita fortemente le aspetta-tive dei giovani stranieri nati in Italia.

E a ben guardare, il dise-gno di legge contiene anche elementi discriminatori, in quanto condizionare il diritto di cittadinanza dei nati in Ita-lia alle condizioni economi-che dei genitori implica una intollerabile discriminazione economica tra i figli di immi-grati.

Quindi è falso ciò che af-ferma in ogni sede la mag-gioranza che sostiene il di-segno di legge quando pre-senta la riforma come una vera e propria svolta a favore dei figli degli immigrati, per-ché non viene disegnato un sistema nel quale il diritto di cittadinanza spetta incondi-zionatamente a chi nasce in Italia (come avviene in mol-tissimi Paesi europei), ben-sì viene delineato un siste-ma nel quale la logica antide-mocratica e ricattatoria della

vecchia legge, secondo cui la cittadinanza è una conces-sione delle autorità.

Il disegno di legge preve-de poi, in alternativa al ius soli temperato, il principio dello ius culturae, secondo il quale può ottenere la cittadinanza italia-na anche il minore straniero che sia nato in Italia o vi ab-bia fatto ingresso entro il com-pimento del dodicesimo anno di età, purché abbia frequen-tato regolarmente per alme-no cinque anni uno o più cicli di istruzione o di formazione professionale triennali o qua-driennali idonei al consegui-mento di una qualifica profes-sionale, e nel caso del ciclo primario occorre aver anche conseguito il titolo finale, fer-mo restando che fino al rag-giungimento del diciottesimo anno di età è sempre neces-sario il consenso di un geni-tore per la richiesta di cittadi-nanza.

La riforma prevede poi, per i minori stranieri residenti in Italia, anche l’istituto della naturalizzazione, che riguar-da gli stranieri che hanno fat-to ingresso in Italia tra i 12 e i 18 anni di età; i giovani che vorranno ottenere la cittadi-nanza dovranno dimostra-re di risiedere legalmente in Italia da almeno sei anni e di aver frequentato regolarmen-te un ciclo scolastico con il conseguimento del titolo conclusivo, o un corso di for-mazione professionale con il conseguimento del titolo.

Il disegno di legge preve-de infine anche una discipli-na transitoria per coloro che hanno maturato i requisi-ti previsti per la concessio-ne della cittadinanza, tramite ius culturae e prima dell’en-trata in vigore della legge, purché abbiano già compiu-to i 20 anni di età, termine ul-timo per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza: costoro possono fare richie-sta della cittadinanza entro e non oltre 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, ma solo se residenti in Italia da alme-no 5 anni, con l’esclusione di coloro che hanno già ricevu-to in passato un diniego o si-ano stati colpiti da un prov-vedimento di espulsione per motivi di sicurezza della Re-pubblica.

Il disegno di legge, frut-to di un compromesso al ri-basso intervenuto nel 2015 tra Renzi e Alfano (che ora lo

misconosce nel tentativo di cavalcare la campagna razzi-sta e xenofoba contro gli im-migrati) ed ereditato dal go-verno Gentiloni, è quindi mi-stificatorio e frutto di una po-litica che continua a limitare fortemente la concessione della cittadinanza ai giovani stranieri nati o vissuti in Ita-lia e che, addirittura, introdu-ce odiose discriminazioni tra giovani stranieri abbienti e giovani stranieri indigenti.

Esplicitamente antimmi-grati rispetto a quello del PD è l’atteggiamento politico di FI, Lega e FDI, che si sono opposti al disegno di legge quando fu votato alla camera alla fine del 2015, e che con-tinuano anche ora a opporsi in Senato.

Estremamente ambigua resta poi la posizione del Mo-vimento 5 Stelle sul disegno di legge, anzi bisogna pren-dere atto di un progressivo spostamento pilotato da Gril-lo, nell’arco di quattro anni, da parte di tale formazione politica verso le posizioni raz-ziste della Lega.

È un fatto che al Senato la critica dei pentastellati al di-segno di legge insiste sul fat-to che tale provvedimento concede addirittura troppo ai giovani stranieri nati o vissuti in Italia, mentre a ottobre del 2015 si astennero nella vota-zione criticando il provvedi-mento in quanto ritenuto ina-deguato alla risoluzione del problema dei giovani stra-nieri nati o cresciuti in Italia: il M5S ha detto che al momen-to del voto in Senato si aster-rà, un fatto che per il regola-mento del Senato equivale a dare voto contrario. Al punto che lo stesso Salvini ha ora dichiarato di potersi alleare col M5S anche sul tema dei migranti.

A confermare il graduale spostamento a destra c’è il disegno di legge, sottoscrit-to nel 2013 da tutti i princi-pali dirigenti del Movimento 5 Stelle, tra cui Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, che prevedeva la cittadinanza per le persone nate in Italia da cop-pie di stranieri se almeno uno dei genitori avesse avuto un permesso di soggiorno di lun-go periodo e avesse risieduto in Italia per almeno tre anni o, in alternativa, per i figli di cit-tadini stranieri che avessero compiuto almeno un ciclo sco-lastico nel nostro Paese.

No alla scarcerazione di riinaSalvatore Riina, lungi

dall’avere mai dato segni di dissociazione dall’organiz-zazione criminale che egli ha capeggiato da decenni e lungi dall’avere mai offer-to collaborazione alla giu-stizia, è addirittura anco-ra - come ha recentemen-te affermato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il procuratore naziona-le antimafia Franco Roberti, che per dimostrare la peri-colosità del boss ha ricor-dato le pesanti minacce di morte fatte recentemente dal boss corleonese contro il sostituto procuratore pa-lermitano Antonino Di Mat-teo, e che si è schierato contro la scarcerazione - il capo della efferata organiz-zazione criminale italiana, la Mafia siciliana, una pio-vra che già da decenni al-lunga i suoi tentacoli in gran parte del mondo e condi-ziona pesantemente la vita politica, economica e istitu-zionale italiana, quindi non è un detenuto qualsiasi, e proprio alla luce di ciò deve essere respinta ogni richie-sta di sua scarcerazione per motivi di salute.

Inoltre, anche alla luce dell’ipotesi di una trattati-va tra lo Stato e la Mafia di cui numerosi collaborato-

ri di giustizia hanno parlato, la scarcerazione suonereb-be come un cedimento so-spetto dello Stato e una di-mostrazione di onnipotenza e di impunità che tale con-sorteria criminale potrebbe vantare davanti a tutti, per cui anche per tale motivo nessun segno di clemenza deve essere minimamente dato.

La questione della possi-bile scarcerazione del boss detenuto in condizione di massima sicurezza nel car-cere di Bologna si è po-sta a seguito della senten-za n. 27776/2017 emana-ta il 22 marzo scorso dalla prima sezione penale della Cassazione, che per la pri-ma volta ha accolto il ricor-so del difensore di Totò Rii-na, che chiede il differimen-to della pena o, in subordi-ne, la detenzione domicilia-re per gravi motivi di salute dovuti all’età avanzata e alla salute malferma a causa di varie patologie, per cui ora il Tribunale di sorveglianza del capoluogo emiliano do-vrà decidere sulla base del-la prescrizione dei giudici di legittimità, ossia “di consi-derare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico”, tanto

che la stessa Cassazione ha invitato il Tribunale bo-lognese a verificare e mo-tivare adeguatamente “se lo stato di detenzione car-ceraria comporti una soffe-renza ed un’afflizione di tale intensità” da oltrepassare la “legittima esecuzione di una pena”.

Il Tribunale di sorveglian-za di Bologna aveva già re-spinto una volta il ricorso del legale di Riina, in quan-to non aveva ritenuto che vi fosse incompatibilità tra l’infermità fisica del boss con la detenzione in carce-re, visto che le sue patolo-gie venivano monitorate e quando necessario si era ri-corso al ricovero nel repar-to di sicurezza dell’ospeda-le di Parma.

Eppure la Cassazione ritiene di dover censura-re l’ordinanza del Tribuna-le con la quale si negano i benefici al boss, nonostan-te non le siano sfuggite, ov-viamente, le circostanze dell’altissima pericolosità e del gravissimo spessore criminale: in parole povere, la Cassazione è costretta a riconoscere che Riina è an-cora il capo della Mafia, ma pur tuttavia rimprovera al Tribunale di sorveglianza di Bologna di non avere suffi-

cientemente chiarito come tale pericolosità “possa e debba considerarsi attuale in considerazione della so-pravvenuta precarietà del-le condizioni di salute e del più generale stato di deca-dimento fisico”, sfuggen-dole evidentemente l’altis-simo valore simbolico che tale scarcerazione avreb-be per tutti gli appartenen-ti alla più spietata organiz-zazione criminale italiana, e tutto questo nel nome di una morte dignitosa che comunque può essere as-sicurata al boss anche die-tro le sbarre.

Una morte dignitosa che invece è stata sistematica-mente negata dai suoi sica-ri a quelle centinaia di uo-mini, donne e persino bam-bini assassinati senza pie-tà: sono di questo avviso alcuni parenti delle vittime di Mafia, come i figli del ge-nerale Carlo Alberto Dal-la Chiesa assassinato con sua moglie e l’autista nel 1982, Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfa-no assassinato nel 1993, e Franco La Torre, figlio del deputato del PCI Pio La Torre, che fu assassinato nel 1982 insieme al suo au-tista.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 19/7/2017

ore 16,00

Page 6: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

6 il bolscevico / dialogo con i lettori N. 29 - 27 luglio 2017

Quali sono le critiche che i marxisti-leninisti rivolgono agli anarchici?

Sono un ragazzo di 18 anni e sono consapevole della bruta-lità che il capitalismo comporta. Sono sempre stato convinto che il miglior metodo per abbatterlo sia l’anarchismo di classe, ovve-ro l’anarco-comunismo (quello di Bakunin, Fabbri, Berneri), ma ultimamente anche grazie al vo-stro sito mi sto interessando al marxismo-leninismo, quindi vor-rei chiedervi a questo proposito quali sono le critiche che i mar-xisti-leninisti fanno agli anarchi-ci, anche quelli di classe e quin-di non individualisti.

Ho letto “Anarchia e socia-lismo” di Stalin ma l’ho trovato più simile a una polemica con gli anarchici del suo periodo che una critica all’anarchismo come progetto politico, quindi mi rivol-go a voi per avere una critica più generalizzata, per quanto sono consapevole che per analizzare qualunque cosa bisogna tenere sempre conto dei fattori contin-genti.

Vi porgo i miei sinceri saluti antifascisti e anticapitalisti

Simone (provincia di Mon-za)

Prima ancora di entrare in merito alla questione che tu ci poni permettici di esprimerti tut-to il nostro apprezzamento per l’apertura e la fiducia - che na-scono dalla consapevolezza di avere gli stessi sentimenti pro-

letari e gli stessi obiettivi di clas-se - che dimostri nei nostri con-fronti con questa tua lettera. E questo pur senza nascondere, in tutta sincerità, le diverse con-cezioni ideologiche e politiche a cui rispettivamente ci riferiamo. Ci accomuna infatti la stessa consapevolezza, come tu dici, della “brutalità del capitalismo” e della necessità di “lottare per abbatterlo”, così come che la meta finale di questa lotta non può che essere il comunismo, società in cui non esisteranno più le classi e non ci sarà più ne-cessità dello Stato. Società che per noi marxisti-leninisti, a diffe-renza degli anarchici, deve però passare necessariamente per lo stadio intermedio del socialismo e della dittatura del proletariato.

Ci fa molto piacere che il no-stro sito ti stimoli a interessar-ti del marxismo-leninismo e ad approfondire le contraddizioni tra quest’ultimo e l’anarchismo. Una ricerca che ti fa onore per-ché nonostante le suddette con-traddizioni dimostri di non avere giudizi precostituiti ma di avere anzi una mentalità aperta e di-sponibile al confronto, come si deve usare tra chi ricerca since-ramente la verità.

È vero che gli articoli di Stalin raggruppati sotto il titolo “Anar-chia o socialismo?” sono stati scritti tra il 1905-06 in polemica con le posizioni di un gruppo di

anarchici georgiani, ma al di là delle questioni specifiche tratta-te, a ben guardare essi conten-gono anche i riferimenti ideolo-gici generali validi ancora oggi per comprendere le differenze tra anarchismo e marxismo-le-ninismo (allora si parlava solo di marxismo). Ci riferiamo in parti-colare alla differenza tra mate-rialismo dialettico e idealismo, che Stalin approfondisce met-tendo ben in evidenza come mentre il marxismo stabilisce che non è la coscienza degli uo-mini che determina il loro esse-re, ma al contrario è il loro esse-re sociale che determina la loro coscienza, ovvero che è la strut-tura economica a determinare la sovrastruttura sociale, cultura-le, religiosa e in generale idea-le, pur senza negare un rappor-to dialettico e non puramente meccanico tra queste due re-altà, l’anarchismo nega invece il materialismo dialettico e que-sto legame, considerando indi-pendente la sfera ideale e so-ciale dalla struttura economica. Dal che discende per gli anar-chici anche la negazione del so-cialismo scientifico (cioè della sua necessità storica e del ruo-lo fondamentale della rivoluzio-ne proletaria in questo proces-so), nonché la concezione che la fine del capitalismo, l’aboli-zione delle classi e il raggiun-gimento del comunismo sono essenzialmente frutto di un’evo-luzione della “mentalità” del ge-nere umano.

Questo non significa – e Sta-lin lo mette ben in evidenza – che la volontà degli uomini non conti e che questo processo ri-voluzionario, ancorché storica-mente necessario e inevitabi-le, sia del tutto automatico. La Rivoluzione d’Ottobre, di cui quest’anno ricorre il centena-rio, e che per noi marxisti-leni-nisti rimane un modello da se-guire, dimostra chiaramente che le condizioni soggettive – cioè la coscienza di classe e l’organiz-zazione politica raggiunta dal proletariato e dalle classi ami-che - è altrettanto importante delle condizioni oggettive affin-ché il processo rivoluzionario si compia e abbia successo.

E qui entra in ballo la neces-sità e l’importanza del partito marxista-leninista, come avan-guardia cosciente ed organizza-ta del proletariato capace di gui-dare alla vittoria la rivoluzione socialista. Partito di cui però gli anarchici negano la necessità e l’importanza, in nome di una in-dividualistica avversione verso tutto ciò che può ricordare l’au-toritarismo e una minaccia alla libertà individuale. La stessa av-versione che manifestano ver-so un altro caposaldo del mar-xismo-leninismo, la dittatura del proletariato. Sia per le ragioni suddette, sia perché essa pre-suppone l’esistenza dello Stato anche dopo la rivoluzione, per impedire alla classe borghese spodestata di tornare al potere e per poter edificare il socialismo, mentre per l’anarchismo lo Sta-to, ogni forma di Stato, si deve estinguere già all’atto della rivo-luzione stessa.

Anche su questa questione fondamentale gli scritti di Sta-lin sono illuminanti, laddove egli con abbondanza di citazio-ni storiche e degli stessi Marx ed Engels, parla della Comune di Parigi come la miglior dimo-strazione della necessità della

dittatura del proletariato, e quin-di dello Stato proletario. Confu-tando al tempo stesso le false accuse degli anarchici ai marxi-sti di negare con ciò la fine dello Stato, che anche per i marxisti-leninisti dovrà avvenire per ne-cessità storica, ma non imme-diatamente come sostengono gli anarchici, bensì contempo-raneamente all’estinzione delle classi, cioè nel comunismo.

Su questo punto Lenin, in “Stato e Rivoluzione”, ha ben spiegato che: “Perché non si travisi il vero significato della sua lotta contro l’anarchismo, Marx sottolinea intenzional-mente ‘la forma rivoluzionaria e transitoria’ dello Stato ne-cessaria al proletariato. Il pro-letariato ha bisogno dello Sta-to solo per un certo periodo di tempo. Quanto all’abolizio-ne dello Stato, come fine, noi non siamo affatto in disaccor-do con gli anarchici. Affer-miamo che per raggiungere questo fine è indispensabile utilizzare temporaneamente, contro gli sfruttatori, gli stru-menti, i mezzi e i metodi del potere statale, così com’è in-dispensabile, per sopprimere le classi, instaurare la ditta-tura temporanea della classe oppressa” (le sottolineature, corsivo nell’originale, sono di Lenin, ndr).

A rinforzare questo concet-to Lenin cita poco oltre un arti-colo di Engels sulla Comune di Parigi in cui, agli anarchici che reclamavano l’abolizione di ogni autorità come primo atto della rivoluzione, egli così risponde: “Non hanno mai veduto una rivoluzione questi signori [an-ti-autoritari]? Una rivoluzione è certamente la cosa più au-toritaria che vi sia; è l’atto per il quale una parte della popo-lazione impone la sua volontà all’altra parte col mezzo di fu-cili, baionette e cannoni, mez-

zi autoritari se ce ne sono... La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa au-torità di popolo armato, in fac-cia ai borghesi? Non si può al contrario rimproverarle di non essersene servita abba-stanza largamente”?

Leggendo i documenti del-la Federazione dei Comunisti Anarchici – Alternativa libertaria (FCA), che pure tra le corren-ti anarchiche è quella più vici-na alla sinistra di classe, si vede per esempio che si parla di “au-to-organizzazione”, e non di par-tito del proletariato; di “trasfor-mazione ugualitaria e libertaria della società” e di “auto-gestio-ne” e sperimentazione di “for-me di socializzazione e di con-trollo dei lavoratori sui servizi ai cittadini”, e non di socialismo; di “gradualismo rivoluzionario”, e

non di rivoluzione socialista; di “contropotere nella società civi-le”, e non di dittatura del proleta-riato; di “obiettivi programmatici anticapitalistici e antiautoritari”, e di “perseguimento graduale di idee ed obiettivi alternativi al ca-pitalismo e allo Stato”, e non di abbattimento del capitalismo. E così via.

A parte il fatto che tutto ciò ricorda molto da vicino la con-cezione riformista gramscia-na - sconfitta dalla storia e con-trapposta già allora alla via insurrezionale della Rivoluzione d’Ottobre - della “guerra di po-sizione” e della “conquista gra-duale delle casematte” cultura-li del capitalismo, capisci bene che questa concezione anar-chica della lotta di classe per il comunismo è ideologicamente, politicamente e organizzativa-mente agli antipodi della conce-zione marxista-leninista, come molto sinteticamente abbiamo cercato di esporti qui sopra.

Si tratta di contraddizioni an-tagoniste, queste, già emerse nel movimento operaio inter-nazionale e affrontate da Marx ed Engels fin dalla I Internazio-nale, che storicamente riusciro-no a battere l’anarchismo e ad emarginarlo nel movimento di-mostrando che si trattava fon-damentalmente di una corrente di sinistra del liberalismo, dell’i-dealismo e dell’individualismo borghesi. Anche se ciò non to-glie che tutti noi vogliamo la fine del capitalismo e il raggiungi-mento del comunismo, e che naturalmente nel corso di que-sta lotta si possano trovare dei terreni comuni per portare avan-ti le rivendicazioni e i diritti dei lavoratori, delle masse popolari e dei giovani. Ma per noi la via per arrivare al comunismo non può essere che quella dell’Otto-bre, quella indicata chiaramen-te da Marx, Engels, Lenin, Sta-lin e Mao.

Speriamo di averti chiarito al-meno in parte le nostre posizio-ni, e in ogni caso siamo disponi-bili a continuare ed approfondire questi temi anche nel prossimo futuro. Al contempo ci auguria-mo di poterci trovare fianco a fianco nelle comuni battaglie contro il capitalismo e il suo go-verno Gentiloni.

Contraccambiamo sinceri sa-luti antifascisti e anticapitalisti.

Comunicato dell’Organizzazione Isola d’Ischia del PMLI

VOgLIaMO Le dIMIssIOnI deL sIndaCO IMbrIgLIatO

neLLa rete dI sPOrChI InteressI dI bOttega

ad oltre un mese dalle elezioni il paese è ancora in balìa delle onde

Ad oltre un mese dalle ele-zioni, il nuovo sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino, non è riusci-to ancora a varare la sua giun-ta. L’unica decisione adottata, al di là di una eventuale giunta e di un nuovo consiglio comu-nale, è stata quella di avviare la macchina organizzativa della nuova edizione della festa di S. Anna! Questo il vero problema di Ischia. Che squallore e che vergogna!

Mancanza di vivibilità, de-grado ambientale con un paese che continua ad essere un gran-de cumulo di rifiuti abbandonati dappertutto, caos automobilisti-co, privatizzazione delle strade pubbliche affidate a una socie-tà con il compito di guadagna-re sulla pelle dei lavoratori, at-traverso la gestione delle strisce blu, inferno dei trasporti maritti-mi e terrestri, assalti notturni di baby gang, dissesto idrogeolo-gico, trasformazione disordinata del territorio che registra altera-zioni di ogni tipo, da parte di pri-vati con la complicità di chi ha vinto le elezioni, incapacità di avviare una seria programma-zione nel campo della cultura e nello sviluppo del paese, situa-zione preoccupante nei rapporti di lavoro dove prevalgono sfrut-tamento e arroganza padrona-li, mentre non si profila neppu-re l’ombra di un assessorato al lavoro, incapacità di affrontare

problemi vitali che vanno dalla realizzazione di depuratori oggi inesistenti, alle preoccupanti in-cognite del pianeta sanità, alla necessità di sollecitare la casa regionale del fascio nella indi-zione del referendum per la isti-tuzione del Comune Unico.

Sono questi i temi fonda-mentali che non trovano il mini-mo spazio negli sporchi intrighi di bottega dei gruppi politici che hanno sorretto l’elezione della nuova amministrazione, di mar-ca PD. Prevalgono solo mano-vre, ricatti, interessi personali e di gruppo, trappole, scontri mer-cantili di cosiddetti politici senza scrupoli.

Il paese è abbandonato in balìa delle onde, ma il nuovo sindaco è felice di aver garanti-to l’organizzazione della festa di S. Anna, quella già tanto cara ai gerarchi fascisti.

L’Organizzazione isolana del PMLI non può fare a meno, evi-dentemente, di chiedere al nuo-vo sindaco di lasciar perdere, di andarsene a casa, per il vero bene del paese. L’Organizzazione Isola d’I-schia del PMLIIschia, 12 luglio 2017

- - -Questo comunicato è sta-

to rilanciato su “Il Dispari” nella sua edizione online e cartacea e sull’edizione cartacea de “Il Gol-fo”.

Si trova sul sito al link:http: //www.pmli.it/ ilbolscevicopdf/ 2017n252906.pdf

1917-2017100

Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

ANNIVERSARIO DELLA

O

Stalin. Kalinin. Molotov. Voroscilov.Kaganovic. Mikoyan. Zdanov. Beria

STORIADEL

PARTITO COMUNISTA(BOLSCEVICO)

DELL’U.R.S.S.

SettimanaleFondato il 15 dicembre 1969

Nuova serie - Anno XLI - N. 25 - 29 giugno 2017

1

Leggete il n. 25/2017

Viva l’unità e la fratellanza dei lavoratori di tutte le nazionalità dell’Urss

Page 7: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone
Page 8: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

8 il bolscevico / 150° Anniversario de “Il Capitale” N. 29 - 27 luglio 2017

Dopo che Marx ebbe conse-gnate in tipografia la ultime bozze corrette, il 16 agosto 1867 iniziava la pubblicazione del Libro I de “Il Capitale”. Non era mai apparsa prima di allora né apparirà mai dopo un’altra opera di economia politica capace come questa di rappresentare uno spartiacque dal punto di vista teorico tra l’era della borghesia e del capitalismo e l’era del proletariato e del so-cialismo. La concezione proletaria del mondo si arricchiva nel campo economico, che è alle fondamen-ta della società e all’origine degli interessi e dell’esistenza stessa delle classi.

Se nel 1848 “Il Manifesto del Partito Comunista” di Marx ed

Engels aveva rappresentato dal punto di vista politico l’irrompere del proletariato organizzato, quale prima classe nella storia radical-mente e veramente rivoluzionaria, portatrice e creatrice di una nuova società, il socialismo, dopo una gestazione durata poco meno di vent’anni la pubblicazione de “Il Capitale” costituiva la scientifica e inoppugnabile dimostrazione economica del programma ivi esposto e dell’ineluttabilità della prospettiva storica ivi enunciata. Ecco perché non esiste opera economica tanto controversa: visceralmente contestata ovvero esaltata dalle due classi che rap-presentano i due poli contrapposti e antitetici delle moderne società

capitalistiche. Fino a che Marx non arrivò a

svelare che dietro ai rapporti tra gli oggetti ci sono in realtà i rap-porti tra gli uomini e a formulare la dottrina del plusvalore, che è alla base del profitto capitalisti-co e dello sfruttamento operaio, il proletariato era impotente da-vanti agli imbrogli che gli econo-misti borghesi propinavano per giustificare la schiavitù salariata. Come egli ben scrive nella sua Introduzione, il fine ultimo del suo faticoso e lungo studio è stato svelare che la legge fondamentale che governa il sistema economico borghese è la ricerca del massimo profitto capitalistico e non già il soddisfacimento delle esigenze

della popolazione. “La produzio-ne capitalistica sviluppa quindi la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo minando al contempo le fonti da cui sgorga ogni ricchez-za: la terra e l’operaio” (Così egli scrive nel vol. I, pp. 552-553)

Pur alle prese con lo sfiancan-te lavoro nell’Internazionale e con la più generale attività teorica, alla elaborazione de “Il Capitale” Marx sacrificò l’intera sua esisten-za: cominciata con la raccolta e l’indagine di uno sterminato ma-teriale originale, proseguita con la critica ragionata e con lo svi-luppo scientifico materialistico e dialettico dei risultati più avanzati raggiunti dall’economia classica

inglese e infine terminata con la formulazione e la stesura di un’or-ganica dottrina economica, quale parte integrante della nuova con-cezione proletaria del mondo.

Il suo fu un lavoro ciclopico, talmente complesso e difficile che – quantunque le sue giorna-te di studio lunghe anche 12 ore sovente si allungassero sino alla notte finendo per minare irrime-diabilmente il suo stato di salute – i Libri II e III videro la luce (nel 1885 e nel 1894, rispettivamente) solo dopo la sua morte, grazie all’acuta e fedele opera di revisio-ne e completamento compiuto sui manoscritti dal cofondatore del socialismo scientifico Engels. Un lavoro teorico condotto peraltro

nelle condizioni terribili dell’esule in Inghilterra sempre alle prese con le ristrettezze economiche che non piombarono lui e la sua famiglia nello stato di indigenza solo grazie ai generosissimi aiuti che gli vennero da Engels.

“Il Capitale” di Marx è una for-midabile e invincibile arma teorica che continua a guidare, a un se-colo e mezzo di distanza, il pro-letariato e i marxisti-leninisti, che ne sono l’avanguardia cosciente e organizzata, nella lotta contro il capitalismo e per il socialismo. Ispiriamoci ai suoi attualissimi insegnamenti e ci fortificheremo nella nostra Lunga Marcia per l’I-talia unita, rossa e socialista.

150° Anniversario della pubblicazione de “Il Capitale”

Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”

Quest’opera della quale con-segno al pubblico il primo volume, costituisce il seguito del mio scritto Per la critica dell’economia politica, pubblicato nel 1859. Il lungo inter-vallo fra l’inizio e la continuazione è dovuto a una malattia durata molti anni, che ha interrotto a più riprese il mio lavoro.

Il contenuto di quello scritto an-teriore è riassunto nel primo capi-tolo di questo volume; e non solo per mantenere il nesso e per com-pletezza: l’esposizione è migliora-ta; ogni volta che è stato possibile, molti punti, prima semplicemente accennati, ora sono stati ulterior-mente sviluppati mentre, vicever-sa, cose che là erano state svi-luppate per esteso qui sono solo accennate. Le sezioni sulla storia della teoria del valore e del denaro sono state ora soppresse del tutto, com’è ovvio; tuttavia il lettore del-lo scritto precedente troverà nelle note al primo capitolo nuove fonti per la storia di quella teoria.

Il detto «ogni inizio è difficile» vale per tutte le scienze. Perciò la comprensione del primo capi-tolo e specialmente della sezione che contiene l’analisi della merce presenterà maggior difficoltà degli altri. Però ho svolto nella maniera più divulgativa possibile ciò che ri-guarda più da vicino l’analisi della sostanza di valore e della grandez-za di valore

1

. La forma di valore, della quale la forma di denaro è la figura perfetta, è poverissima di contenuto e semplicissima. Tut-tavia, invano l’umanità da più di duemila anni ha cercato di scanda-gliarla a fondo, mentre d’altra parte l’analisi di forme molto più ricche di contenuto e molto più complica-te è riuscita per lo meno appros-simativamente. Perché? Perché il corpo già formato è più facile da studiare che la cellula del corpo. Inoltre, all’analisi delle forme eco-nomiche non possono servire né il microscopio né i reagenti chimi-ci: l’uno e gli altri debbono essere sostituiti dalla forza d’astrazione. Ma per quanto riguarda la socie-tà borghese la forma di merce del prodotto del lavoro, ossia la forma di valore1 della merce, è proprio la forma economica corrispondente alla forma di cellula. Alla persona incolta, l’analisi di tale forma sem-bra aggirarsi fra pure e semplici sottigliezze: e di fatto si tratta di sottigliezze, soltanto che si tratta di sottigliezze come quelle dell’ana-tomia microscopica.

Quindi, eccezion fatta per la

sezione sulla forma di valore, non si potrà accusare questo libro d’esser di difficile comprensione. Presuppongo naturalmente lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo e che quindi vogliano anche pensare da sé.

Il fisico osserva i processi na-turali nel luogo dove essi si pre-sentano nella forma più definita e meno offuscata da influssi pertur-batori, oppure, quando è possibile, fa esperimenti in condizioni tali da garantire lo svolgersi del proces-so allo stato puro. In quest’opera debbo indagare il modo capitalisti-co di produzione e i rapporti di pro-duzione e di scambio che gli corri-spondono. Fino a questo momen-to, loro sede classica è l’Inghilterra. Per questa ragione è l’Inghilterra principalmente che serve a illustra-re lo svolgimento della mia teoria. Ma nel caso che il lettore tedesco si stringesse farisaicamente nelle spalle a proposito delle condizioni degli operai inglesi dell’industria e dell’agricoltura o si acquietasse ottimisticamente al pensiero che in Germania ci manca ancor molto che le cose vadano così male, gli debbo gridare: De te fabula narra-tur!

In sé e per sé, non si tratta del grado maggiore o minore di svilup-po degli antagonismi sociali deri-

vanti dalle leggi naturali della pro-duzione capitalistica, ma proprio di tali leggi, di tali tendenze operanti ed effettuantisi con bronzea ne-cessità. Il paese industrialmente più sviluppato non fa che mostrare a quello meno sviluppato l’immagi-ne del suo avvenire.

Ma facciamo astrazione da ciò. Dove la produzione capitalistica ha acquistato piena cittadinanza fra noi, per es. nelle fabbriche vere e proprie, le condizioni sono molto peggiori di quel che sono in Inghil-terra, poiché manca il contrappeso della legislazione sulle fabbriche. In tutte le altre sfere siamo tormen-tati, come tutto il resto dell’Euro-pa occidentale continentale, non solo dallo sviluppo della produ-zione capitalistica, ma anche dalla mancanza di tale sviluppo. Oltre le miserie moderne, ci opprime tutta una serie di miserie ereditarie, che sorgono dal vegetare di modi di produzione antiquati e sorpassa-ti, che ci sono stati trasmessi col loro corteggio di rapporti sociali e politici anacronistici. Le nostre sof-ferenze vengono non solo dai vivi, ma anche dai morti Le mort saisit le vif!

A confronto di quella inglese, la statistica sociale della Germania e della restante Europa occiden-tale che fa parte del continente, è

miserabile. Tuttavia solleva il velo proprio quel tanto che basta per far intuire come dietro ad esso si celi un volto di Medusa. Noi sa-remmo spaventati delle nostre pro-prie condizioni se i nostri governi e i nostri parlamenti insediassero periodicamente, commissioni d’in-chiesta sulle condizioni economi-che, se tali commissioni venissero fornite di pieni poteri per la ricerca della verità, come in Inghilterra, se si riuscisse a trovare per esse uo-mini competenti, imparziali e privi di rispetti umani come gli ispettori di fabbrica inglesi, i relatori ingle-si sulla Public Health (salute pub-blica), i commissari inglesi per le inchieste sullo sfruttamento delle donne e dei fanciulli, sulle condi-zioni delle abitazioni e della nu-trizione, e così via. Perseo usava un manto di nebbia per inseguire i mostri. Noi ci tiriamo la cappa di nebbia giù sugli occhi e le orec-chie, per poter negare l’esistenza dei mostri.

Non dobbiamo illuderci in pro-posito. Come la guerra d’indipen-denza americana del secolo XVIII ha suonato a martello per la classe media europea, così la guerra civi-le americana del secolo XIX suona a martello per la classe operaia europea. In Inghilterra il processo di rivolgimento è tangibile a tut-

ti. Quando sarà salito a un certo livello esso non potrà non avere un contraccolpo sul continente: e quiví si muoverà in forme più brutali o più umane, a seconda del grado di sviluppo della classe operaia stessa. Astrazion fatta da motivi superiori, è proprio il loro interesse più diretto e proprio, a imporre alle classi ora dominanti di sgombrare il terreno da tutti gli im-pedimenti legalmente controllabili che impacciano lo sviluppo della classe operaia. Questa è la ragio-ne per la quale in questo volume ho dato un posto così esteso, fra l’altro, alla storia, al contenuto e ai risultati della legislazione inglese sulle fabbriche. Una nazione deve e può imparare da un’altra. Anche quando una società è riuscita a intravedere la legge di natura del proprio movimento - e fine ultimo al quale mira quest’opera è di svelare la legge economica del movimento della società moderna - non può né saltare né eliminare per decreto le fasi naturali dello svolgimento. Ma può abbreviare e attenuare le do-glie del parto.

Una parola per evitare possibi-li malintesi. Non dipingo affatto in luce rosea le figure del capitalista e del proprietario fondiario. Ma qui si tratta delle persone soltanto in quanto sono la personificazione di categorie economiche, incarnazio-ne di determinati rapporti e di de-terminati interessi di classi. Il mio punto di vista, che concepisce lo sviluppo della formazione econo-mica della società come processo di storia naturale, può meno che mai rendere il singolo responsabi-le di rapporti dei quali esso rimane socialmente creatura, per quanto soggettivamente possa elevarsi al di sopra di essi.

Nel campo dell’economia poli-tica la libera ricerca scientifica non incontra soltanto gli stessi nemici che incontra in tutti gli altri campi. La natura peculiare del materiale che tratta chiama a battaglia con-tro di essa le passioni più ardenti, più meschine e più odiose del cuo-re umano, le Furie dell’interesse privato. Per esempio, la Chiesa alta anglicana perdona piuttosto l’attacco a trentotto dei suoi tren-tanove articoli di fede, che l’attac-co a un trentanovesimo delle sue entrate in denaro. Oggi perfino l’a-teismo è culpa levis, in confronto alla critica dei rapporti tradizionali di proprietà. Tuttavia non si può misconoscere che qui c’è un pro-gresso. Rimando, per esempio, al libro azzurro pubblicato nelle set-timane passate: Correspondence with Her Majesty’s Missions board, regarding Industrial Questions and Trades’ Unions. I rappresentanti esteri della corona inglese vi espri-mono chiaro e tondo l’opinione che in Germania, in Francia, in

breve, in tutti gli Stati inciviliti del continente europeo una trasforma-zione dei rapporti esistenti fra capi-tale e lavoro è altrettanto sensibile e altrettanto inevitabile che in In-ghilterra. Contemporaneamente, al di là dell’Oceano Atlantico il signor Wade, vicepresidente degli Stati Uniti dell’America del Nord, ha di-chiarato in pubblici meetings che, compiuta l’abolizione della schiavi-tù, si presenta all’ordine del giorno la trasformazione dei rapporti del capitale e della proprietà fondiaria! Questi sono segni dei tempi, che non possono essere nascosti sot-to manti purpurei o sotto tonache nere. Non significano che doma-ni accadranno miracoli. Indicano che anche nelle classi dominanti albeggia il presentimento che la società odierna non è un solido cristallo, ma un organismo capace di trasformarsi e in costante pro-cesso di trasformazione.

Il secondo volume di questo scritto tratterà il processo di circo-lazione del capitale (Libro II), e le formazioni del processo comples-sivo (Libro III); il volume terzo, con-clusivo (Libro IV) tratterà la storia della teoria.

Sarà per me benvenuto ogni giudizio di critica scientifica. Per quanto riguarda i pregiudizi della cosiddetta opinione pubblica, alla quale non ho fatto mai concessio-ni, per me vale sempre il motto del grande fiorentino:

Segui il tuo corso, e lascia dir le genti!*Londra, 25 luglio 1867.

Karl Marx

1) Questo è sembrato tanto più necessario, perché perfino quella sezione dello scritto di F. Lassalle contro Schulze-Delitzsch, che a dire dell’autore dà la «quintessenza spirituale» del mio svolgimento di quei temi, contiene notevoli malin-tesi. En passant: il Lassalle ha pre-so a prestito dai miei scritti, quasi alla lettera, fino a servirsi della ter-minologia creata da me, tutte le proposizioni teoriche generali dei suoi lavori economici, p. es. quelle sul carattere storico del capitale, sul nesso fra rapporti di produzio-ne e modo di produzione, ecc., e non ha mai citato le sue fonti: ma tale procedimento è stato deter-minato certo da considerazioni di propaganda. Naturalmente, non parlo delle sue amplificazioni dei particolari né delle sue applicazio-ni pratiche, con le quali io non ho niente a che fare.* In italiano nel testo.

(da “Il Capitale” Libro primo, Editori Riuniti, pagg. 31-35)

SEGUE IN 8ª E 9ª ë

Prefazione alla Prima edizione

Marx su “Il Capitale”

Marx nel 1860. Sullo sfondo il primo volume de Il Capitale edito ad Amburgo nel 1867

Page 9: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

N. 29 - 27 luglio 2017 150° Anniversario de “Il Capitale” / il bolscevico 9

Non fu dato a Marx di prepa-rare personalmente per la stampa questa terza edizione. Il pensatore potente, alla cui grandezza s’in-chinano ora anche gli avversari, è morto il 14 marzo 1883.

Su me, che in lui ho perduto l’amico d’un quarantennio, l’a-mico migliore e più costante, al quale sono debitore più di quanto si possa esprimere in parole, è ca-duto ora il dovere di curare la pub-blicazione di questa terza edizione come pure del secondo volume, lasciato manoscritto. Devo render conto al lettore del modo con cui ho adempiuto alla prima parte di quest’obbligo.

Marx aveva da principio l’inten-zione di rielaborare in gran parte il testo del primo volume, di formula-re più nettamente alcuni punti teo-rici, di inserirne altri, di completare fino all’epoca più recente il mate-riale storico e statistico. Il suo cat-tivo stato di salute e l’impetuoso desiderio di arrivare alla redazione finale del secondo volume, l’indus-sero a rinunciare a tale intenzione. Solo le cose più necessarie dove-vano essere modificate e doveva-no essere inserite solo le aggiunte già contenute nella edizione fran-cese (Le Capital. Par Karl Marx. Paris, Lachâtre, 1873) pubblicata nel frattempo.

Fra le carte lasciate da Marx si trovò infatti anche un esempla-re tedesco, da lui corretto in vari punti e corredato di riferimenti all’edizione francese; si trovò an-che un esemplare francese in cui egli aveva indicato con precisione i passi da usare. Queste modifi-cazioni e aggiunte si limitano, con poche eccezioni, all’ultima parte del libro, la sezione: Il processo

d’accumulazione del capitale. Qui il testo fino ad allora usato seguiva più che in altri casi l’abbozzo origi-nario, mentre le sezioni precedenti erano state elaborate più a fondo. Lo stile era quindi più vivace. più fuso ma anche più negletto, dis-seminato di anglicismi, e qua e là poco chiaro; l’andamento delle idee svolte aveva qualche lacuna qua e là, giacché alcuni momenti importanti dello svolgimento erano solo accennati.

Quanto allo stile, Marx stesso aveva riveduto a fondo parecchie sottosezioni, indicandomi così, oltre che in frequenti accenni ora-li, in che misura potevo eliminare espressioni tecniche inglesi e altri anglicismi. Marx avrebbe certo ri-elaborato le aggiunte e le integra-zioni e avrebbe sostituito al nitido francese il proprio tedesco così denso; io ho dovuto accontentar-mi di tradurle attenendomi il più possibile al testo originale.

Dunque in questa terza edizio-ne non è cambiata nessuna parola di cui io non sappia con certez-za che l’autore stesso l’avrebbe cambiata. Non poteva venirmi in mente di introdurre nel Capitale il gergo corrente in cui sogliono esprimersi gli economisti tedeschi, quello strano pasticcio linguistico in cui, per esempio, colui il quale si fa dare del lavoro da altri contro pagamento in contanti, si chiama il datore di lavoro, e prenditore di lavoro si chiama colui al quale vie-ne preso il proprio lavoro contro pagamento di un salario. Anche in francese travail si usa nella vita di tutti i giorni con il significato di «occupazione». Ma a ragione i francesi riterrebbero pazzo l’eco-nomista che chiamare il capitalista

donneur de travail, e l’operaío re-ceveur de travail.

Né mi sono permesso di ridur-re la moneta, i pesi e le misure in-glesi, usati in tutto il testo, ai loro equivalenti tedeschi di nuovo co-nio. Quando apparve la prima edi-zione, vi erano in Germania tante specie di pesi e misure quanti gior-ni in un anno, inoltre vi erano due specie di marco (il marco imperiale allora aveva valore soltanto nella mente del Soetbeer che l’aveva in-ventato verso il 1840), fiorini di due specie e talleri di almeno tre spe-cie, fra i quali uno la cui unità era il «nuovo due terzi». Nelle scienze naturali dominavano pesi e misure del sistema metrico decimale, sul mercato mondiale quelli inglesi. In tali circostanze usare le unità di misura inglesi era cosa ovvia in un libro costretto ad attingere la documentazione dei dati di fatto quasi esclusivamente alla situazio-ne industriale inglese. E quest’ulti-ma ragione rimane decisiva anche oggi, tanto più che la situazione ri-spettiva del mercato mondiale non è quasi affatto mutata, e i pesi e le misure inglesi dominano ancor oggi esclusivamente, particolar-mente nelle industrie d’importanza decisiva: ferro e cotone.

Infine ancora poche parole sul modo di citare di Marx, che è stato poco compreso. Quando si tratta di semplici indicazioni e illustra-zioni di dati di fatto, le citazioni, p. es. quelle dai libri azzurri inglesi, servono com’è ovvio da semplici riferimenti. Ma il caso è diverso quando sono citate opinioni teo-riche di altri economisti; in questi casi la citazione non deve far altro che constatare dove, quando e da chi un pensiero economico, risul-

tato nel corso dello svolgimento, sia stato espresso chiaramente per la prima volta. In questo caso, conta soltanto che l’idea econo-mica in questione abbia impor-tanza per la storia della scienza, che sia l’espressione teorica più o meno adeguata della situazione economica del suo tempo. Invece non conta niente che tale idea, dal punto di vista dell’autore, abbia ancora un valore, assoluto o rela-tivo, oppure che appartenga ormai soltanto alla storia. Dunque queste citazioni costituiscono semplice-mente un ininterrotto commento al testo, mutuato dalla storia della scienza economica, e fissano i sin-goli progressi più importanti della teoria economica, in base alla data e all’autore. E ciò era estrema-mente necessario per una scienza i cui storici si sono distinti sinora solo per una ignoranza tenden-ziosa che rasenta il carrierismo. Si comprenderà ora anche per qua-le ragione Marx, in armonia con il poscritto alla seconda edizione, si trovi a citare economisti tedeschi solo in via del tutto eccezionale.

Il secondo volume potrà usci-re, speriamo, nel corso dell’anno 1884.

Londra, 7 novembre 1883.Friedrich Engels

(Da “Il Capitale”, Editori Riuniti, Libro primo, pagg. 49-51)

Punto II di “Tre fonti e tre parti integranti del marxismo”

Lenin su “Il Capitale”

1895 - 5 AGOSTO - 2017 122° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DEL GRANDE MAESTRO DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE

E COFONDATORE DEL SOCIALISMO SCIENTIFICO

CON ENGELS PER SEMPRECONTRO IL CAPITALISMO PER IL SOCIALISMOLo scopo immediato dei comunisti è quello stesso degli altri partiti proletari: formazione del proleta-riato in classe, rovesciamento del dominio borghe-se, conquista del potere politico da parte del prole-tariato.Marx ed Engels, “Manifesto del Partito Comunista” Piccola biblioteca marxista-leninista, p. 40

Prefazione alla Terza edizione

Engels su “Il Capitale”

Resosi conto che il regime eco-nomico costituisce la base sulla quale si erige la sovrastruttura politica, Marx rivolse la sua at-tenzione soprattutto allo studio di questo regime economico. L’opera principale di Marx - Il capitale - è consacrata allo studio del regime economico della società moderna, cioè capitalistica.

L’economia politica classica anteriore a Marx nacque in In-ghilterra, il paese capitalista più progredito. Adam Smith e David Ricardo, studiando il regime eco-nomico, gettarono le basi della te-oria secondo cui il valore deriva dal lavoro. Marx continuò la loro ope-ra, dette una rigorosa base scien-tifica a questa teoria e la sviluppò in modo coerente. Egli dimostrò che il valore di ogni merce è de-terminato dalla quantità di lavoro socialmente necessario, ovvero dal tempo di lavoro socialmente necessario alla sua produzione.

Là dove gli economisti borghe-si vedevano dei rapporti tra og-getti (scambio di una merce con un’altra), Marx scoprì dei rapporti tra uomini. Lo scambio delle merci esprime il legame tra singoli pro-duttori per il tramite del mercato. Il denaro indica che questo legame diventa sempre più stretto, fino ad unire in un tutto indissolubile la vita economica dei produttori isolati. Il capitale indica lo sviluppo ulteriore di questo legame: la forza-lavoro dell’uomo diventa una merce.

L’operaio salariato vende la sua forza-lavoro al proprietario della terra, delle fabbriche, degli strumenti di produzione. L’operaio impiega una parte della giornata di lavoro a coprire le spese del man-tenimento suo e della sua famiglia (il salario), e l’altra parte a lavora-re gratuitamente, creando per il capitalista il plusvalore, fonte del profitto, fonte della ricchezza della classe dei capitalisti.

La dottrina del plusvalore è la pietra angolare della teoria econo-mica di Marx.

Il capitale, creato dal lavoro dell’operaio, opprime l’operaio, ro-

vinando i piccoli proprietari e cre-ando un esercito di disoccupati. Nell’industria, la vittoria della gran-de produzione è evidente a prima vista; ma anche nell’agricoltura osserviamo lo stesso fenomeno: la superiorità della grande azien-da agricola capitalistica aumenta, l’impiego delle macchine si esten-de, l’azienda contadina cade sotto le grinfie del capitale finanziario, decade e va in rovina sotto il peso della sua tecnica arretrata. Nell’a-gricoltura le forme della decaden-za del piccolo produttore sono dif-ferenti, ma la decadenza è un fatto indiscutibile.

Il capitale, prendendo il soprav-vento sulla piccola produzione, porta a un aumento della produt-tività del lavoro e crea una situa-zione di monopolio per le associa-zioni dei più grandi capitalisti. La produzione stessa diventa sempre più sociale: centinaia di migliaia e milioni di operai sono legati a un organismo economico sottoposto a un piano regolare, ma un pugno di capitalisti si appropria il prodot-

to del lavoro comune. Crescono l’anarchia della produzione, le crisi, la corsa sfrenata alla conquista dei mercati, l’incertezza dell’esistenza per la massa della popolazione.

Accrescendo la dipendenza degli operai di fronte al capitale, il regime capitalistico crea la grande forza del lavoro riunito.

Marx seguì l’evoluzione del capitalismo dai primi rudimen-ti dell’economia mercantile, dal semplice baratto fino alle sue for-me superiori, fino alla grande pro-duzione.

E l’esperienza di tutti i pae-si capitalistici, tanto vecchi che nuovi, dimostra con evidenza a un numero di operai di anno in anno sempre più grande la giustezza di questa dottrina di Marx.

Il capitalismo ha vinto in tutto il mondo, ma questa vittoria non è che il preludio della vittoria del lavoro sul capitale.

(Lenin “Tre fonti e tre parti inte-granti del marxismo” - Punto II, Opere complete, marzo-dicem-bre 1913, Editori riuniti, vol. 19, pagg.11-12)

Engels al lavoro nel suo studio a Londra. Egli si dedicò, fra le altre cose, allo studio e al riordino degli appunti e delle note di Marx, dopo la morte di quest’ultimo, per pemettere la pubblicazione dei volumi 2 e 3 de Il Capitale

Il frontespiziodell’edizionerussa de Il Capitale

Page 10: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

10 il bolscevico / PMLI N. 29 - 27 luglio 2017

A Torre Pedrera (Rimini) 13ª Riunione dei marxisti-leninisti dell’Emilia-Romagna

Impegno a mettere In pratIca la lInea del partIto

Se si ha una profonda coscienza di classe non si può che essere marxisti-leninistiESaltata la militanza di BattiSta Bruni

�Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaDomenica 16 luglio si è

svolta la tredicesima riunio-ne dei militanti e dei simpa-tizzanti attivi dell’Emilia-Ro-magna del PMLI, presso la Casa del Popolo di Torre Pe-drera a Rimini, dove ha sede anche la locale Cellula “Sta-lin” del nostro Partito.

All’incontro erano presen-ti compagne e compagni di Rimini, Forlì-Cesena, Ra-venna, Modena e provincia e Parma, alcuni compagni non hanno potuto parteci-parvi ma la Regione era co-munque ben rappresentata. La Commissione per il lavo-ro di organizzazione del CC del PMLI ha inviato un mes-saggio di augurio e di soste-gno.

Alle 10 in punto il com-pagno Battista Bruni, alias Tino, Segretario della Cellu-la riminese, ha aperto l’ini-ziativa salutando i compagni presenti, sottolineandone l’importanza per fare il bilan-

cio del lavoro svolto nell’ulti-mo anno e concludendo che “il capitalismo è in crisi in tut-to il mondo e che la soluzio-ne di tutto questo l’hanno scritta i nostri Maestri Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, cioè il socialismo”.

La parola è poi passata al compagno Denis Branzan-ti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, che innanzitutto ha sottolineato come il compagno Tino sia “un compagno esemplare per combattività, disponibi-lità e generosità” a maggior ragione ora che sta lottando anche per la sua salute. Nel riportare i problemi di salu-te e lavoro di diversi compa-gni li ha invitati a non lasciar-si demoralizzare e a trovare nel Partito e nel socialismo un modo e motivo ulteriore per superare tali problemi.

Nell’analizzare il lavoro svolto Branzanti ha messo in evidenza sia i lati positivi e i successi conseguiti sia gli insuccessi, le battute d’arre-sto, e le difficoltà che si in-

contrano nell’attività in parti-colare per quanto riguarda le insufficienti forze a disposi-zione necessarie per adem-piere ai propri compiti politi-ci.

Branzanti ha invitato i compagni a fare tutto quan-to è nelle loro possibilità per radicare e diffondere il Par-tito nei propri luoghi di lavo-ro, di studio e di vita insisten-do sul ruolo fondamentale che i militanti hanno per dare al PMLI un corpo da Gigan-te Rosso. Concludendo ha spronato tutti a ispirarsi alla Grande Rivoluzione Sociali-sta d’Ottobre di cui quest’an-no ricorre il 100° Anniversa-rio.

Si sono poi succeduti gli interventi dei militanti e sim-patizzanti attivi. Tutti han-no messo in rilievo gli osta-coli dovuti in particolare alla mancanza di forze adeguate perché tutti vorrebbero po-ter fare di più per il Partito. Ma generale è stato anche il sostegno al Partito, alla sua linea e alla sua azione poli-

tica. Assieme si è discusso anche di come “aggirare” tali difficoltà ad esempio sfrut-tando meglio le occasioni che ci sono, come ha giusta-mente sostenuto il compa-gno Aurelio, mentre il com-pagno Branzanti ha chiarito come le reali difficoltà esi-stenti non devono diventare un alibi per non fare nulla o quasi, ma devono anzi spro-narci a fare di più e meglio. Un compagno di Parma ha detto che, nonostante tutto, non si deve smettere di es-sere marxisti-leninisti perché se si ha una profonda co-scienza di classe non si può essere nient’altro, quindi bi-sogna andare avanti.

Il Responsabile regionale del Partito ha concluso spro-nando nuovamente i compa-gni a fare di più e meglio per dare al PMLI un corpo da Gi-gante Rosso.

Al termine, sul posto, è stato consumato un pasto durante il quale i compagni hanno potuto dialogare fra-ternamente.

RElAzionE di dEnis BRAnzAnTi AllA 13ª RiunionE dEi mARxisTi-lEninisTi dEll’EmiliA-RomAgnA

“nulla ci deve impedire di essere dei marxisti-leninisti e ad agire come tali”:

applichiamo le indicazioni concrete di scuderiSe continuiamo a seguire gli insegnamenti dei maestri in base alle indicazioni del Pmli le nostre bandiere

rosse non sbiadiranno mai e un giorno saranno la bandiera dell’italia unita, rossa e socialistaCare compagne e cari

compagni, benvenuti alla 13ª Riunio-

ne dei militanti e dei simpa-tizzanti dell’Emilia-Romagna del PMLI, che si tiene pres-so la Casa del Popolo di Tor-re Pedrera, a Rimini, sede pri-vilegiata questa, seppur non esclusiva, per i nostri incontri data la disponibilità dello spa-zio grazie alla partecipazione storica del compagno Batti-sta Bruni, alias Tino alla vita di questa Casa del Popolo, una delle poche rimaste anche in questa zona dove i revisioni-sti e i falsi comunisti hanno disperso un enorme patrimo-nio culturale e politico frutto di decenni di battaglie e sacrifici da parte di tante compagne e compagni.

Il compagno Tino, che ha poc’anzi aperto questo in-contro e che ringrazio, è un compagno esemplare per combattività, disponibilità e generosità, e va ulteriormen-te elogiato perché la sua de-terminazione nella lotta col PMLI per il socialismo non è mai venuta meno nonostan-te da diverso tempo stia com-battendo anche per la propria

salute, ma grazie al suo spiri-to battagliero la situazione sta migliorando e noi tutti gli sia-mo vicini affinché possa risol-vere in modo positivo e defini-tivo questo problema.

C’è da augurarsi davve-ro che le nuove generazioni di combattenti per il sociali-smo abbiano la stessa tempra del compagno Tino e come il compagno Tino non si faccia-no spaventare da niente e da nessuno.

Oggi sono presenti com-pagni provenienti dalle pro-vince di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna, Modena e Parma, qualcun altro non è potuto es-sere presente ma la Regione è ben rappresentata.

Vi sono compagni che stanno affrontando momenti personali difficili, in particola-re per motivi di salute o di la-voro, sono questi ostacoli che incontriamo e dobbiamo su-perare nel corso della vita, e che di fatto condividiamo con il nostro popolo, in particolare per quel che riguarda le nefa-ste conseguenze prodotte dal capitalismo e che ovviamente si riversano anche su noi. Ciò che differenzia però i marxisti-

leninisti è come essi affronta-no tali e altri problemi, e cioè senza farsi demoralizzare, ca-dere nella depressione o nel qualunquismo, ma anzi tro-vando nel Partito e nel lavoro politico un modo per rimanere in carreggiata, nel socialismo una motivazione in più per ri-solvere i problemi e tornare il prima possibile a pieno re-gime nell’attività politica, oltre che a risollevarsi a livello per-sonale.

Fare sempre qualcosa di rosso marxista-leninista

In ogni caso nulla ci deve impedire di continuare a es-sere dei marxisti-leninisti e ad agire come tali, facendo an-che poco ma comunque qual-cosa e soprattutto di rosso!

Questo incontro periodico, siamo al 13° e dalla prima riu-nione abbiamo saltato solo un anno, e al quale la Commis-sione per il lavoro di organiz-zazione del CC del PMLI ha inviato i suoi auguri di buon la-voro a tutti i presenti, si è rive-lato nel tempo assai utile per

fare un bilancio critico e auto-critico del lavoro politico svol-to nel corso di ogni anno, fare il punto della situazione re-gistrando i successi e gli in-successi, le conquiste e le perdite, discutendo e confron-tandoci sulle rispettive espe-rienze e sulla linea del Partito per trovare le soluzioni tatti-che migliori per calarla in ogni specifica situazione.

Anche le riunioni sono mi-gliorate nel corso del tempo sia a livello organizzativo che politico, inizialmente si tende-va ad allargarle il più possibile ma di fatto spesso ne veniva-no fuori una sorta di dibattiti, utili alla discussione ma non all’organizzazione, ora inve-ce miriamo più alla sostanza che alla forma, cerchiamo di andare direttamente al cuore dei problemi che mettiamo sul piatto senza disperderci trop-po in questioni che possono essere affrontate in altri modi, restringendo anche lo spettro dei partecipanti ai compagni più attivi.

Inoltre è anche un momen-to buono per ritrovarci e per stringere i rapporti tra di noi perché è molto importante

che all’interno di una squadra rossa come quella del PMLI regnino l’armonia e la reci-proca solidarietà tra compa-gni per sostenersi vicendevol-mente nel corso della lunga e faticosa battaglia che portia-mo avanti, per marciare uniti e compatti verso il sol dell’av-venire.

L’individualismo, il carrieri-smo, l’opportunismo non sono intrinsechi nell’essere uma-no bensì nel sistema capita-listico, lasciamoli quindi fuo-ri dal Partito e dai noi stessi, così come ogni tendenza fra-zionista, anarcoide e picco-lo borghese, e la causa che serviamo con tanta dedizione non potrà che trovarne giova-mento.

Nella precedente Riunio-ne regionale ci eravamo det-ti che la campagna per il re-ferendum sulla controriforma del Senato avrebbe dovuto “vederci in prima linea e tra le masse”.

In generale è stato così perché a livello politico il Par-tito ha fatto tutto quanto era nelle proprie possibilità per sostenere le ragioni del “NO”. Denunciando la controriforma

piduista e fascista della Costi-tuzione a livello locale è sta-to fatto un buon lavoro in base alle forze disponibili, in parti-colare le diffusioni e i banchi-ni, sicuramente poteva essere fatto qualcosa in più soprattut-to per quanto riguarda i rap-porti con i Comitati per il “NO”, rapporti che sono stati saltua-ri o quasi nulli nonostante fos-se stata data l’indicazione di prendere “contatto con i Co-mitati locali e collaborare nelle iniziative da loro organizzate”.

Il lavoro del Partito è sta-to comunque ripagato dal-la grande e travolgente vitto-ria del NO, tale è stato il colpo devastante inferto al nuovo duce Renzi e al suo governo che è stato costretto a presen-tare le proprie dimissioni, ma anche un pugno nello stoma-co al rinnegato Giorgio Napo-litano, alla classe dominante borghese, alle lobby econo-miche e finanziarie italiane e internazionali, alla Confindu-stria, alla stragrande maggio-ranza dei media borghesi e di regime che lo hanno spon-sorizzato e sostenuto in ogni modo.

SEGUE IN 11ª ë

Battista Bruni alias Tino che ha aperto la riunione

Page 11: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

N. 29 - 27 luglio 2017 PMLI / il bolscevico 11Al referendum del 4 dicem-

bre vi è stata un’alta affluen-za alle urne, oltre il 65%, e la vittoria del NO è stata netta col 59,1%, dimostrando an-cora una volta che l’astensio-nismo elettorale non è frutto del disinteresse, del qualun-quismo e meno che mai di fat-tori stagionali e umorali, ma è una scelta voluta e consape-vole delle masse, che lo usa-no o meno a seconda delle si-tuazioni e per esercitare ben determinate opzioni politiche.

Per quanto riguarda la no-stra Regione ha prevalso il SÌ ma per appena 20 mila voti. Il NO ha vinto a Piacenza, Par-ma, Ferrara e Rimini, mentre il SÌ a Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna e Forlì-Ce-sena.

Dobbiamo comunque es-sere soddisfati della vittoria del NO e di quanto ha fatto il Partito in questo battaglia, fa-cendo tesoro di questa espe-rienza per fare ancora meglio alla prossima occasione.

Punti forti e punti deboli dell’attività

politica localeEd è proprio all’inizio di

questa campagna referen-daria che l’Organizzazione di Modena stava facendo un ot-timo lavoro con numerosi ban-chini e volantinaggi e i contat-ti con il locale Comitato per il “NO”, poi però nel corso dei mesi l’attività è andata calan-do fino a quasi sparire, e que-sto più in generale, non solo in riferimento al referendum del 4 dicembre. Principalmente questo è da addebitarsi al pro-gressivo abbandono di alcuni simpatizzanti attivi ma in se-conda battuta anche per il pro-gressivo disimpegno dell’Or-ganizzazione stessa. Per quanto riguarda gli ex simpa-tizzanti abbiamo poco da rim-proverarci in quanto essi sono stati seguiti con pazienza e di-sponibilità, è stato dato loro il giusto spazio e attenzione, questi però hanno purtroppo ricambiato allontanandosi dal Partito lanciando accuse in-giuste e pretestuose e financo veri e propri attacchi politici, sia al Partito che all’Organiz-zazione locale e all’Istanza regionale, insomma ne ave-vano per tutti, e questo nono-stante sia intervenuto addirit-tura il Segretario generale del PMLI che nonostante sia obe-rato dal lavoro politico ha te-nuto una lunga telefonata con uno di questi, purtroppo sen-za risultati in quanto evidente-mente il distacco era già trop-po profondo.

La situazione però non era ulteriormente prolungabile, da rami abbastanza forti e pro-mettenti si erano velocemente tramutati in rami “malati” che non facevano che appesantire la pianta del Partito.

Come detto però vi è un al-tro fattore, che è quello dell’at-tività dell’Organizzazione di Modena che è stata nulla o quasi per diverso tempo, poi sembrava essere ripresa ma continua andare a corrente alternata producendo al mo-mento molto poco rispetto a quello che in realtà potrebbe fare. Il Partito è perfettamente consapevole dei problemi per-sonali a cui l’Organizzazione deve fare fronte, ed è sempre stato solidale e comprensivo a riguardo. Ciò non toglie però

che, in generale, nulla può giustificare l’immobilismo poli-tico o comunque un lavoro al di sotto delle proprie possibili-tà, soprattutto se si considera che anche se a malincuore si ha però molto tempo a dispo-sizione, del quale si potrebbe e dovrebbe invece approfitta-re per portare avanti il lavoro politico.

Nonostante le forze siano attualmente ridotte sarebbe un errore politico disperdere l’importante lavoro di semi-na fatto in precedenza, anche tenuto conto delle possibilità e delle capacità che vi sono nell’Organizzazione e che andrebbero valorizzate me-glio nel lavoro locale, tenendo conto anche del terreno ferti-le presente tra le masse mo-denesi, come si è dimostrato più volte.

Anche nei momenti più dif-ficili non bisogna mai scorag-giarsi, nemmeno dalle dif-ficoltà che incontriamo nel

proselitismo, che è dettato anche dalla situazione poli-tica del momento, oltre che dai disastri ideologici e politi-ci operati dai revisionisti e dai falsi comunisti e che determi-nano il livello di coscienza e di combattività delle masse. Ciò non deve costituire però un freno alla nostra attività ben-sì uno stimolo per cercare di fare di più e soprattutto di me-glio, consapevoli che la linea del Partito è conforme al mar-xismo-leninismo-pensiero di Mao, e quindi abbiamo tutte le carte in regola per poter con-quistare, col tempo e col su-dore, la fiducia delle masse.

Dobbiamo sempre ave-re le cinque fiducie: nel mar-xismo-leninismo-pensiero di Mao, nel socialismo, nel Parti-to, nelle masse e in noi stessi.

Le situazioni e i rapporti di forza mutano continuamente, ad esempio a proposito del-la posizione presa dall’Anpi in favore del NO al referen-dum sulla controriforma costi-tuzionale, nel corso della pre-cedente Riunione regionale avevamo sottolineato come gli organismi di massa, sia-no “attraversati da contraddi-zioni, e che al loro interno vi siano correnti e posizioni che variano, anche di molto, da territorio a territorio, in base al contesto e ai rapporti di forze nei quali nascono e si svilup-pano”. L’Anpi si è così final-mente smarcata dal controllo asfissiante del PD, dal quale è stata soffocata per molto tem-

po, e nonostante rimanga nel-la sua “orbita” seppur quella delle sue “costole” di sinistra, vi è attualmente sicuramen-te più spazio per le nostre ri-vendicazioni anche in tema di antifascismo e di denuncia del regime neofascista e dei governi che lo sostengono, come appunto si sono dimo-strati quello Renzi ieri e Gen-tiloni oggi.

E più in generale, conside-rando le attuali forze del Par-tito, dobbiamo dare maggiore importanza al lavoro negli or-ganismi di massa come i Co-mitati, tali ad esempio ne pos-sono nascere e svilupparsi contro il CETA, che non è altro che una sorta di TTIP stipula-to però con il solo Canada, ma ne sono presenti e attivi già molti nelle nostre città e impe-gnati su temi che ci possono trovare in parte o completa-mente d’accordo, in ogni caso vale la pena lavorare con essi per cercare di orientarli il più

possibile sulle posizioni del PMLI, ma anche per stringere rapporti e per fare esperienza politica.

Ciò che invece ci riesce meglio è il lavoro condotto apertamente come Partito, infatti non mancano di tener-si diffusioni e anche banchi-ni, seppur in numero più ri-dotto. Se a volte non abbiamo forze sufficienti per fare pe-riodicamente delle diffusioni dobbiamo sfruttare certi ap-puntamenti, concentrandoci nelle occasioni più importanti come nel caso della diffusio-ne all’assemblea “Non una di meno” svoltasi a Bologna il 4 febbraio, e anche al Gay Pri-de svoltosi lo scorso 1° luglio a Bologna e per la quale rin-graziamo chi vi ha partecipato da fuori Regione.

La presenza militante alle manifestazioni è buona, oltre alle ricorrenze del 25 Aprile e del 1° Maggio dove il Par-tito è sempre ben accolto vi è stata anche la partecipazione a altre manifestazioni, in par-ticolare di carattere antifasci-sta o generale, ma sarebbe bene riuscire a fare qualcosa di più perché la partecipazio-ne di piazza è fondamentale, a maggior ragione avendo a disposizione pochissimi altri strumenti di propaganda.

Come ci ha indicato il com-pagno Scuderi: “La piazza è il nostro ambiente ideale e na-turale di lotta, assieme a quel-lo delle fabbriche, dei campi, delle scuole e delle università.

Frequentiamola il più possibi-le per diffondere i messaggi del Partito, per raccogliere le rivendicazioni, le idee, le pro-poste e le informazioni delle masse e per stringerci sem-pre più ad esse”.

Estendere e migliorare il lavoro

giornalisticoA livello giornalistico il lavo-

ro si può e si deve migliorare, le corrispondenze per “Il Bol-scevico” sono troppo saltuarie e legate a iniziative alle qua-li si partecipa, manca invece una costante informazione e denuncia di ciò che ci acca-de intorno: dalle condizioni di vita e di lavoro delle mas-se, alle malefatte delle giunte comunali, i problemi e le lotte nelle fabbriche e nelle scuole, insomma ci sarebbe davvero

tanto di cui scrivere, e di cui far scrivere direttamente agli interessati utilizzando le ap-posite rubriche su “Il Bolsce-vico”, ma evidentemente non se ne comprende a fondo l’im-portanza.

“Il Bolscevico” è il nostro organo di stampa, è il mezzo principale per far conoscere il PMLI, la sua linea e le sue ri-vendicazioni, è uno dei pochi strumenti che abbiamo a di-sposizione e non vi è ragio-ne alcuna di snobbarlo, il fatto che lo si possa trovare libera-mente e gratuitamente su In-ternet vuol dire che è a dispo-sizione immediata di chiunque connesso alla rete lo voglia leggere o anche solo sfogliare per la prima volta, inoltre ab-biamo la possibilità di stam-parne le copie che di volta in volta ci necessitano e quindi è ancora possibile diffonderlo tra le masse, seppur non esat-tamente come prima.

Nel corso di quest’anno vi sono stati anche diversi avve-nimenti positivi, uno di questi è l’intervista che una giorna-lista della tv statale “Russia 1” ha effettuato il 23 novem-bre scorso presso la sede del-la Cellula “Stalin” di Rimini, anche se poi poche di que-ste immagini erano contenute nel servizio mandato in onda il 14 febbraio sulla presenza del busto di Lenin a Cavriago, dove evidentemente risuona-no nel tempo gli “echi” delle commemorazioni di Lenin or-ganizzate dal Partito. Nono-

stante il poco spazio questo è comunque un fatto inedito e ci dimostra anche che al Partito guardano più occhi di quanti ne possiamo vedere noi.

Far decollare il lavoro sindacale e

studentescoNon riescono invece a de-

collare il lavoro sindacale e quello studentesco, che sono i due ambiti principali nei quali il Partito deve dare il massimo per diffondere la propria linea e rivendicazioni per stringere i rapporti con i lavoratori e gli studenti.

La recente manifestazio-ne nazionale a Roma contro la reintroduzione dei voucher, alla quale era presente anche per la prima volta l’Organizza-zione di Modena, ha dimostra-to di nuovo come la parte più avanzata delle lavoratrici e dei

lavoratori del nostro Paese sia disponibile a dialogare e lot-tare assieme a noi, non pos-siamo e non dobbiamo quindi fare finta di nulla ma continua-re a lavorare in questo senso, far crescere la coscienza di classe e dimostrare che solo col PMLI e nel socialismo po-tranno risolvere i loro proble-mi che derivano dalla natura stessa, affamatrice e sfrutta-trice, del capitalismo.

In particolare dobbiamo spingere sulla necessità di inasprire la lotta fino alla pro-clamazione dello sciopero generale nazionale con ma-nifestazione a Roma sotto Pa-lazzo Chigi, uno sciopero po-litico che chieda le dimissioni del governo Gentiloni e l’a-brogazione delle politiche an-tioperaie, antipopolari, di pe-nalizzazione dei giovani, e in particolare l’abolizione dei nuovi voucher, abolizione del Jobs Act e di tutte le forme di precariato. Questa inversione di tendenza nella lotta, all’in-terno della CGIL può veni-re solo dalla classe operaia e dalle masse lavoratrici iscritte o non iscritte al sindacato ma che sono la base dell’organiz-zazione.

Il PMLI con i suoi militanti, simpatizzanti e amici già por-ta avanti questo lavoro all’in-terno della CGIL per spinge-re il sindacato su posizioni più conflittuali e di lotta, pur nell’ottica, quando ve ne sa-ranno le condizioni oggetti-ve e soggettive, di superare

il modello del sindacato degli iscritti, il sindacato associativo promosso da correnti sinda-cali partitiche, fino allo sciogli-mento delle attuali confede-razioni Cisl e Uil e Cgil e dei non confederali, per costruire dal basso un grande sindaca-to delle lavoratrici e dei lavo-ratori, delle pensionate e dei pensionati, fondato sulla de-mocrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale del-le Assemblee generali dei la-voratori. Solo in questo modo sarà possibile realizzare l’uni-tà sindacale di tutti i lavorato-ri e pensionati privati e pubbli-ci, sarà possibile dare vita a un’organizzazione sindacale di tutti i lavoratori libera dalla soffocante e mastodontica bu-rocrazia sindacale e dai vinco-li e dalle compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo, con al centro la difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.

A livello regionale questo tipo di lavoro, come anche quello studentesco, ci è attual-mente quasi del tutto preclu-so, e dipende in gran parte dal fatto che abbiamo pochissi-mi compagni nelle industrie e nessuno nelle scuole; queste sono grosse carenze e che si fanno sentire, abbiamo biso-gno di conquistare al Partito più lavoratori, più operai, più studenti, per questo dobbiamo partecipare maggiormente alle iniziative di lotta dei lavorato-ri e degli studenti, ed essere presenti il più possibile davan-ti a fabbriche, scuole e univer-sità, prendendo esempio dai compagni delle altre regioni che in questo senso fanno in-vece davvero molto.

Non è facile, per vari mo-tivi, ma lo dobbiamo fare, se vogliamo che il Partito si svi-luppi.

Non possiamo pensare che le masse un giorno, di punto in bianco, ci vengano a cercare, se poi nemmeno sanno che esistiamo o se ci conoscono appena, dobbiamo mettercela tutta per far conoscere il Parti-to e per radicarlo nelle nostre realtà locali e specifiche.

Far conoscere il Partito per

radicarloE proprio il radicamento

è il punto debole principale, l’anello mancante del Parti-to a livello regionale, dal qua-le derivano poi anche le altre deficienze nella nostra attività, l’insufficiente conoscenza del-le realtà locali, della denuncia e critica delle giunte comuna-li e provinciali ci impedisce di fare progressi significativi.

Solo se ne prendiamo real-mente coscienza allora pos-siamo cercare di colmare que-sta grossa lacuna, stringendo un legame forte e solido con le masse delle nostre città, quartiere, provincia, regione e luogo di lavoro e di studio.

Come possiamo farlo? Co-noscendo e occupandoci dei loro problemi immediati, dal lavoro all’istruzione, dalla sa-nità all’ambiente, alla riqualifi-cazione delle periferie e così via, appoggiando le loro ri-vendicazioni, proponendo pa-role d’ordine e metodi di lotta atti a risolverli, bombardando senza soluzione di continuità le giunte comunali e regionali mettendo a nudo le loro ma-lefatte con comunicati stam-pa, articoli per “Il Bolscevico” e quando possibile anche vo-

ë DALLA 10ª

SEGUE IN 12ª ë

Una veduta parziale della riunione presso la sede della Cellula “Stalin” del PMLI

Page 12: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

12 il bolscevico / PMLI N. 29 - 27 luglio 2017

lantinaggi, banchini e ogni al-tra iniziativa utile, entrando nei movimenti di lotta, facendo te-soro del Programma d’azione del Partito, legando sempre il generale al particolare, con-centrandosi soprattutto nel movimento operaio e sinda-cale e in quello studentesco, in base alla situazione concre-ta in cui ci troviamo a lavorare e alle forze di cui disponiamo, tenendo alta la qualità del no-stro lavoro, nel rispetto sem-pre della centralità e priorità della vita interna di Partito.

Per conoscere a fondo la situazione locale e specifica dobbiamo dialogare e con-frontarci con le masse, inter-pellandole anche tramite delle inchieste, ascoltandole, viven-do tra di esse, ma occorre in-formarsi anche tramite i gior-nali, le radio, le televisioni locali e Internet.

La nostra presenza tra le masse non deve essere pas-siva e dobbiamo evitare, an-che inconsapevolmente, di autoisolarci, dobbiamo sem-pre cercare i punti di unione, di condivisione, anche parzia-le e momentanea, e solo in un secondo momento affrontare le tematiche che ci dividono e discuterne in maniera dialet-tica, dobbiamo essere attivi, combattivi e propositivi, fun-gendo da esempio e conqui-stando il rispetto, la fiducia e l’adesione delle masse a par-tire dagli elementi più avanza-ti.

Un ambito invece nel quale manteniamo alto il livello del nostro lavoro è quello delle celebrazioni dei Maestri, tan-to che alla Festa per il 40° An-niversario del PMLI, tenutasi lo scorso 9 Aprile a Firenze il Comitato centrale ha conferi-to al PMLI.Emilia-Romagna il “Titolo di grande ed esem-plare diffusore del pensiero e dell’opera di Lenin attraverso la Commemorazione annuale davanti al suo monumento in Piazza Lenin a Cavriago”.

Un riconoscimento che ci fa molto piacere in quanto conferma la bontà e l’utilità di questa iniziativa che si sta svi-luppando di anno in anno. In-fatti dopo quella del 2016, che è stata la prima ad essere or-ganizzata congiuntamente dal PMLI e dal PCdI, la comme-morazione del 22 gennaio di quest’anno ha visto per la pri-ma volta tra gli oratori, oltre al PMLI e al PCI per il quale ha parlato il compagno Alessan-dro Fontanesi, anche il PRC attraverso il suo Segretario provinciale Vito Albanese, e Liusca Boni per la lista “Ca-vriago città aperta”. Al PMLI è toccata l’apertura e la chiusu-ra dell’iniziativa per il merito, riconosciuto anche dagli altri, di aver dato il via 12 anni fa, e poi sostenuto negli anni, a questo tipo di manifestazione. L’intervento principale è stato pronunciato dal Responsabile del PMLI per l’Emilia-Roma-gna e aveva il titolo “Prendia-mo esempio da Lenin per tra-sformare l’Italia e noi stessi”.

Gli interventi si sono svol-ti di fronte a circa 70 mani-festanti, folta è stata la pre-senza di bandiere del PMLI, con compagni giunti oltre che dall’Emilia-Romagna anche da Lombardia, Piemonte e Toscana, ma anche quelle di PCI, FGCI e PRC, tra gli altri erano presenti Rodolfo Curti, che nel 1970 portò il busto di Lenin dall’ambasciata sovieti-ca di Roma a Cavriago, e l’at-tuale “custode del busto” Sil-

vano Morini. Anche l’esposizione media-

tica ha fatto un ulteriore passo in avanti forzando quell’odio-so e quasi asfissiante black-out stampa e video che cir-conda il Partito. Non erano infatti presenti solo giornalisti della carta stampata ma diver-si cineoperatori, in particolare è poi stato trasmesso un buon servizio televisivo sul Tg3 re-gionale, uno breve sul setti-manale “Tabloid” del Tg2 oltre a molti altri in Internet.

L’annuale Commemorazio-ne di Lenin a Cavriago non è quindi importante solo in sé, come ricordo e analisi del-la vita e dell’opera di questo

grande Maestro del proleta-riato internazionale, propo-nendone gli aspetti più attuali e dando indicazioni sul come calarli nelle nostre situazioni specifiche, ma anche per dare visibilità al Partito e per stabi-lire e tessere rapporti con altri partiti partendo in questo caso dalla comune adesione agli ideali espressi da Lenin.

Lo scorso 17 dicembre poi si è svolta a Forlì una riunione per celebrare il 137° Anniver-sario della nascita di Stalin, durante la quale è stata letta e discussa la “Conclusione” della “Storia del Partito comu-nista (b) dell’Urss” redatta da una Commissione del Comita-to centrale del PC(b) dell’Urss diretta da Stalin e approva-ta dal Comitato centrale del Partito nel 1938. Infine, come ogni anno, il PMLI ha onora-to anche Marx, lo scorso 12 marzo, in occasione del 134° Anniversario della sua scom-parsa, davanti al suo busto nel giardino della biblioteca comunale di Riccione con un discorso dal titolo “Imparando da Marx seguiamo la via rivo-luzionaria dell’Ottobre”.

Una delegazione regiona-le ha partecipato alla Com-

memorazione di Mao nel 40° Anniversario della scompar-sa, l’11 settembre scorso a Fi-renze, dove il compagno Gio-vanni Scuderi ha tenuto lo storico discorso “Da Marx a Mao”. I cinque grandi Maestri del proletariato internaziona-le Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao costituiscono dei gran-di esempi a cui ispirarsi, del-le fonti preziose e insostituibili a cui attingere per seguire la corretta linea marxista-lenini-sta, migliorare il nostro lavo-ro politico, la nostra militan-za, costruire un grande e forte radicato Partito marxista-leni-nista e marciare risoluti nel-la lotta di classe contro il ca-

pitalismo e l’imperialismo per il socialismo, se continuere-mo a seguirli in base alle indi-cazioni del PMLI sicuramente le nostre bandiere rosse non sbiadiranno mai, e la falce e martello con l’effige di Mao sarà un giorno la bandiera del nostro popolo, la bandie-ra dell’Italia unita, rossa e so-cialista!

onori e oneri dei militanti del Pmli

In occasione del 40° della Fondazione del PMLI, il com-pagno Scuderi ha reso omag-gio ai militanti di base del Partito rimarcandone il ruolo fondamentale per la sua esi-stenza, con queste parole: “Voi, valorose, coraggiose e generose compagne e com-pagni, qui presenti o che sie-te a casa, costituite una parte fondamentale del nostro ama-to Partito. Senza di voi il PMLI non esisterebbe e non potreb-be svolgere tutti i suoi compiti rivoluzionari marxisti-leninisti. Soprattutto non potrebbe mai penetrare nelle masse prole-tarie, lavoratrici, inclusi i pre-cari, contadine, disoccupate,

pensionate, popolari, femmi-nili e giovanili. Perché solo voi, che operate tra di esse, siete in grado di trasmetterle la linea, le proposte e i mes-saggi del PMLI, di raccoglie-re le loro rivendicazioni, aspi-razioni e idee, i loro pareri e umori, e di aiutarle a risolve-re i loro problemi immediati. È dal vostro legame con le mas-se che passa in grande misu-ra il legame generale del Par-tito con esse. È dalla vostra pratica sociale ed esperienza, dai vostri contributi politici che si traggono elementi essen-ziali per la formazione della li-nea del Partito”.

Questo riconoscimento è

giusto e meritato perché gran-di sono lo spirito di sacrificio, l’abnegazione rivoluzionaria, l’impegno politico e il soste-gno economico dei militanti di base e dei simpatizzanti attivi che ce la stanno mettendo tut-ta per assolvere i loro compiti rivoluzionari, facendo fronte a ogni tipo di difficoltà economi-ca, politica, organizzativa, ide-ologica, e a condizionamenti di carattere familiare e profes-sionale o di salute.

Ma pone anche sulle loro spalle una grande responsa-bilità per le sorti del Partito, alla quale occorre risponde-re nel modo migliore possibi-le, che è poi quello di miglio-rare costantemente la propria militanza così da poter dare un contributo sempre più rile-vante alla causa del PMLI, del proletariato e del socialismo.

È importante, tra le al-tre cose, andarsi a rileggere di tanto in tanto le 10 indica-zioni di Mao sui marxisti-le-ninisti pubblicate nel nume-ro 27/2015 de “Il Bolscevico“, per imprimercele sempre più nella mente e nell’azione, “in modo da praticare il colletti-vismo e non l’individualismo, l’altruismo rivoluzionario e non

l’egoismo, da mettere gli inte-ressi generali del Partito, del proletariato e della causa al di sopra dei propri interessi per-sonali e familiari”; “Tutti quan-ti, nessuno escluso, compre-so i più forti e determinati tra di noi, dobbiamo rafforzare lo spirito rivoluzionario e la mili-tanza di Partito, facendo con-tinui bagni di marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao e bagni di massa, cercando di incar-nare quanto più ci è possibi-le le dieci indicazioni di Mao sui militanti marxisti-leninisti” (Scuderi).

Perché solo se si è dei buo-ni militanti, solo se si studia il marxismo-leninismo-pensie-ro di Mao, se si lavora attiva-mente tra le masse locali ap-plicando la linea del Partito, se si sostiene il PMLI in ogni modo e si rispetta il centrali-smo democratico, solo quindi se faremo tutto quanto è nel-le nostre possibilità, proce-dendo con calma ma anche con determinazione, potremo raggiungere l’obiettivo strate-gico a medio termine di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, che a sua volta è ele-mento indispensabile affinché la lotta di classe progredisca nel nostro Paese in direzione della lotta per il socialismo.

Tanta strada ha percorso il Partito sinora, e tutta in sa-lita, e ancora tanta ne dovrà percorrere prima di aver mes-so radici in tutte le regioni del nostro Paese, in tutte le città, nei quartieri, soprattutto nel-le fabbriche, nelle scuole. Un obiettivo che, per quanto pos-sa sembrare difficile da rag-giungere, deve rimanere al centro della nostra azione po-litica, ogni attività che svolgia-mo dev’essere infatti condotta nell’ottica di dare al Partito un corpo da Gigante Rosso.

Come ci ha spronato a fare il compagno Scuderi col suo storico discorso “Da Marx a Mao”: “Oggi più che preoccu-parci di quando arriverà il so-cialismo, di quando avverrà la svolta rivoluzionaria della lot-ta di classe, di quando il pro-letariato si schiererà con noi, dobbiamo preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gi-gante Rosso radicandolo ed estendendolo nelle città e re-gioni dove siamo presenti, in modo da ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia. Questo deve essere il nostro obiettivo strategico a medio termine. Questo è quello che ci è richiesto dall’attuale lot-ta di classe e dall’attuale si-tuazione del nostro Paese. Se non ce la facciamo a rag-giungere tale obiettivo a me-dio termine, non ci resta che rilanciarlo una o più volte fino a conquistarlo. Non tutto di-pende da noi, cioè dalle no-stre capacità e dal nostro im-pegno. Noi abbiamo in mano solo metà della chiave del problema, l’altra metà l’hanno la lotta di classe, il proletariato e le nuove generazioni”.

Una verità questa che non ci deve scoraggiare, ma anzi ci deve spronare a compren-dere meglio quali sono le at-tuali esigenze della lotta di classe nel nostro Paese per migliorare la nostra militan-za marxista-leninista, a par-tire dalla continua trasforma-zione della nostra concezione del mondo in senso proletario rivoluzionario, senza conside-rarci mai arrivati e imperme-abili alle insidie della borghe-sia, vivendo coerentemente da marxisti-leninisti ogni mo-mento della nostra vita a livel-lo personale e politico.

Come ci ricorda il compa-gno Scuderi “Non si può dire ‘io sono comunista’ e fine. Si dice ‘io sono comunista per-ché vivo, penso, lotto e agi-sco da comunista’”. E per far-lo occorre impadronirsi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e della linea del PMLI. Quindi dobbiamo studiare, ma anche capire, e poi applicare, programmando il lavoro po-litico nei tempi e nei modi, in base alla situazione concreta.

Non basta infatti propa-gandare il marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao, la linea generale del Partito e le de-nunce e le malefatte del go-verno centrale; per far breccia nel proletariato e nelle masse e ottenere il loro consenso oc-corre occuparsi dei loro pro-blemi concreti e immediati e aiutarle a risolverli, problemi che, a parte quelli a carattere generale e nazionale, posso-no essere diversi da città a cit-tà, da fabbrica a fabbrica, da scuola e università a scuola e università, tenendo sotto at-tacco i governi locali e regio-nali, che sono i responsabili più diretti di quello che non va nelle varie città e regioni.

Ad esempio il Partito ha indicato che “bisogna imba-stire a tutti i livelli una cam-pagna per la piena occupa-zione, altro che reddito di cittadinanza”, il che vuol dire che occorre documentarsi sul-la specifica situazione locale, battere e ribattere su questo tasto, schierandosi al fianco di precari e disoccupati e dei movimenti di lotta esistenti sul territorio, portando avanti un’abile politica di fronte unito.

Più in generale “Il PMLI, al di là di ogni differenza ideolo-gica e strategica, è disponibi-le ad allearsi con tutte le forze che si richiamano al sociali-smo, in un modo o in un altro, in particolare con quelle che hanno la bandiera rossa con la falce e martello, sulle que-stioni politiche, sindacali, so-ciali di comune interesse, in primo luogo la lotta contro il governo Gentiloni e il PD del nuovo duce Renzi” (Scuderi) e finanche con i partiti e i mo-vimenti democratici borghesi che si richiamano alla Costitu-zione del 1948, pur sapendo che tale Costituzione non esi-ste più essendo stata più volte riformata da destra.

Perseverare negli sforzi per

convincere il proletariato

Il nostro obiettivo deve es-sere quello di diventare dei combattenti rossi di prima li-nea, preparati ideologicamen-te e politicamente, coerenti con la concezione marxista-leninista del Partito, ben cen-tralizzati e disciplinati, for-temente legati alle masse, capaci di conquistare la fidu-cia delle masse del proprio ambiente di lavoro, di studio e di vita, di aiutare le masse a risolvere i loro problemi ma-teriali e immediati, di eleva-re la loro coscienza politica e di organizzarle, mobilitarle e guidarle nella lotta di classe, capaci di praticare la linea di massa e del fronte unito.

Occorre quindi persevera-re negli sforzi e migliorando-li, per convincere il proletaria-to ad acquisire la coscienza di essere una classe per sé e

ë DALLA 11ª

SEGUE IN 13ª ë

Page 13: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

N. 29 - 27 luglio 2017 PMLI / il bolscevico 13ad armarsi del marxismo-le-ninismo-pensiero di Mao per combattere il capitalismo, i padroni, la classe dominante borghese, le loro istituzioni e il loro governo.

Sin dalla sua fondazione il PMLI lavora per ridare al pro-letariato la sua coscienza di classe, cioè la consapevolez-za che il suo compito è quel-lo di conquistare il potere po-litico e che solo il socialismo è l’unica alternativa al capita-lismo. Tanto è stato fatto ma tanto è ancora da fare data la profonda deideologizzazione e decomunistizzazione delle masse, il forte indebolimento dello spirito, della combattivi-tà e della coscienza del pro-letariato, e l’educazione e la formazione delle nuove gene-razioni secondo i canoni della cultura e della morale borghe-si. Ma come ci insegna Lenin: “La devozione assoluta alla rivoluzione e la propagan-da rivoluzionaria fatta tra il popolo non vanno perdute, anche quando interi decen-ni dividono il periodo della semina da quello del raccol-to”.

Solo tenendo fermo il no-stro atteggiamento di classe anticapitalista, antigovernati-vo, antistituzionale e astensio-nista elettorale, la cui giustez-za è stata confermata anche alle recenti elezioni ammini-strative e che dovremo soste-nere con forza anche in occa-sione delle prossime elezioni politiche, è possibile far ma-turare la coscienza e la mo-bilitazione rivoluzionarie delle masse proletarie e popolari e delle nuove generazioni e ac-cumulare le forze rivoluziona-rie sociali, politiche e cultu-rali necessarie per abbattere il capitalismo e il potere del-la borghesia e conquistare il socialismo e il potere politi-co del proletariato, facendo comprendere ad un nume-

ro sempre più grande di ele-menti avanzati, combattivi e coscienti, specialmente le operaie e gli operai, le studen-tesse e gli studenti, le intellet-tuali e gli intellettuali l’impor-tanza e la necessità storica della militanza marxista-leni-nista affinché si uniscano a noi senza più indugio sotto le rosse bandiere dei Maestri, del socialismo e del PMLI.

I primi 40 anni di vita del PMLI, come i dieci anni pre-cedenti, sono stati molto duri, dalla povertà alle persecuzio-ni poliziesche, ai processi po-litici, provocazioni, aggressio-ni fisiche, il silenzio stampa e l’ostracismo, emarginazione e isolamento subìti dal Partito, per questo l’esistenza stessa del PMLI costituisce un vero e proprio miracolo politico, una vittoria del proletariato sulla borghesia, del marxismo-le-ninismo-pensiero di Mao sul revisionismo e il riformismo, uno smacco per la classe do-minante borghese, il suo go-verno, le sue istituzioni e i suoi partiti che si illudono che non esiste più il “pericolo comuni-sta”. È prevedibile che anche i prossimi anni e quelli succes-sivi saranno altrettanto e forse più duri. Sarà sempre così per chi combatte in prima linea il capitalismo e la classe domi-nante borghese. Lo è stato per chi ci ha preceduto, lo è per noi, e lo sarà per chi verrà dopo di noi. Come dice Mao “il risveglio politico del po-polo non è una cosa facile. Per eliminare le idee errate diffuse fra il popolo, dobbia-mo fare seri e considerevo-li sforzi”. Ne siamo coscienti, ma ciò non ci spaventa. Anzi per noi non esiste causa mi-gliore che servire con tutto il cuore il Partito, il proletariato, le masse e la causa del socia-lismo, l’unica capace di eman-cipare il proletariato e tutta l’u-manità.

La conquista del sociali-smo e del potere politico da

parte del proletariato è la mis-sione storica dei marxisti-le-ninisti italiani. Non possiamo tollerare la situazione di mi-seria, disoccupazione, preca-riato, sfruttamento, oppressio-ne e subalternità delle masse alla classe dominante borghe-se, di divisione in classi, di di-suguaglianze sociali, di sesso e territoriali, di ingiustizie so-ciali, di mafie e corruzione, di razzismo, di nuovo fascismo e di interventismo imperialistico.

Siamo pienamente co-scienti che la classe operaia nel capitalismo avrà sempre un ruolo subalterno alla bor-ghesia, essa deve abbando-nare il riformismo, il parlamen-tarismo, il collaborazionismo e il pacifismo, per dare tutta la propria forza al PMLI nella lot-ta per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo e il potere politico.

Oggi il nemico principale è il governo Gentiloni, che con l’avallo di Mattarella ha preso il posto di Renzi dopo la disfat-ta al referendum sulla contro-riforma costituzionale, e che sta portando avanti la stessa politica neofascista, liberista, stangatrice e interventista, per questo tutte le forze democra-tiche, antifasciste e progressi-ste dovrebbero unirsi per cac-ciarlo via con moti di piazza.

Care compagne e cari compagni,

come ha detto il compagno Scuderi alla Festa per il 40° del PMLI: “Senza di voi il Par-tito avrebbe solo la testa e non il corpo, solo la linea e non il mezzo per trasmetterla alle masse. La linea politica è de-terminante, ma se non ci foste voi a farla vivere e applicar-la nella realtà in cui siete pre-senti sarebbe assolutamente inefficace, non potrebbe dare tutti i suoi frutti. Per tutti questi motivi la vostra funzione è vi-tale e insostituibile per la vita, l’azione, la costruzione, lo svi-luppo e il successo del Parti-to. Voi siete decisivi per dare

al PMLI un corpo da Gigante Rosso”.

Coscienti di questo dob-biamo sforzarci per fare di più ma soprattutto di meglio, ispi-randoci ai comunisti russi che diedero vita alla Grande Rivo-luzione Socialista d’Ottobre, di cui ricorre quest’anno il 100° Anniversario e che ha dimo-strato per sempre come l’ab-battimento del capitalismo e la conquista del socialismo sia-no obiettivi concreti e raggiun-gibili, seppur a costo di mille sacrifici, essa rappresenta un potente faro rosso che ci indi-ca la giusta via rivoluzionaria, e che ci dimostra come il capi-talismo non sia l’unico e “l’ulti-mo” sistema possibile, vi è un altro mondo, quello socialista, per il quale vale la pena conti-nuare a battersi e spendere la propria vita.

Se agiremo in base alla pa-rola d’ordine “Studiare, capi-re, agire, concentrandosi sulle priorità sulla base delle for-ze che disponiamo” in base al principio “Studio e azione, azione e studio”, allora potre-mo dare dei contributi impor-tanti allo sviluppo del Partito, e la “vetta della montagna” sarà sempre più vicina, l’importan-te è stare in cordata, stretti l’u-no all’altro sostenendoci reci-procamente, procedendo con determinazione, tranquillità e ottimismo rivoluzionario nella nostra Lunga Marcia politica e organizzativa, perché la storia e i fatti dimostrano che solo il socialismo può cambiare l’Ita-lia e dare il potere al proleta-riato, e che solo il PMLI lo per-segue con determinazione e coerenza sin dalla sua fonda-zione!

Avanti sulla via dell’Ottobre tenendo alta la bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao!

Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e so-cialista!

Avanti! Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

le calunnie della borghesia sulla

Rivoluzione d’ottobreDa sempre, da molto tem-

po comunque, le calunnie contro la Rivoluzione d’Ot-tobre sono presenti e pesa-no: non dimentichiamo che un’opera ponderosa e piena di calunnie dettagliate sulle presunte “vittime” delle rivo-luzioni comuniste, a iniziare da quella sovietica e natural-mente includendo quella cine-se era uscita in Francia a cura di Stéphane Courtois, “Le livre noir du communisme” (1997), prontamente tradotta in italia-no (“Il libro nero del comuni-smo”) e regalata trionfalmente da Silvio Berlusconi in quegli anni. Mistificazioni basate su una concezione ben precisa e “manichea” del comunismo (che sarebbe il Male, mentre il capitalismo sarebbe il Bene assoluto, la “Promised Land”, la Terra promessa) che si ap-poggia su statistiche ovvia-mente ricavate da dari impro-ponibili.

Se il “Libro nero” è pie-no di calunnie, non da meno erano state altre, che comun-que infangavano la memo-

ria storica dell’Ottobre rosso, come i rinnegati Julij Martov (1873-1923), leader del men-scevismo “di sinistra”, che in “Bolscevismo mondiale” de-scriveva la Rivoluzione bol-scevica come una sorta di tirannide; altrettanto ave-va fatto Vselod Mikhailovic Eikhenbaum, detto Volin, dap-prima socialista rivoluziona-rio, poi anarchico, successiva-mente massone (1882-1945), con “La révolution inconnue” (La rivoluzione sconosciuta), come anche Marija Spiridono-va (1884-1941), “socialista ri-voluzionaria” - tutti e tre espo-nenti di quel revisionismo che voleva inserirsi nei Soviet sa-botandoli e che poi, vista la “mala parata”, avrebbe accu-sato Lenin e Stalin di essere dei sanguinosi “tiranni”! Inu-tile spendere parole sul più rozzo anticomunismo, quello che in Italia nel secondo do-poguerra si espresse nello slogan democristiano per ele-zioni del 18 aprile 1948 “Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no”, ecc., che negli Usa fece dire a Ike (Eisenhower) nel 1952 (anno del primo test nucleare Usa per la bomba H, ossia nucleare) che ringra-ziava Dio per avergli dato la

bomba prima che all’Urss.Il disinvolto giornalista e

“storico” Paolo Mieli, un tem-po militante di “Potere Ope-raio” in “Era d’ottobre”, video ora super-promosso da molte istituzioni e presentato in molti teatri italiani (non a caso) riva-luta i “dimenticati” della Rivo-luzione d’Ottobre come Trot-zky, Kruscev, Fidel Castro, Ernesto Guevara, Dubcek dove sorge spontanea la do-manda, a parte ogni conside-razione sui rinnegati Trotzky e Kruscev, che cosa c’entrino, anche storicamente e geo-graficamente, oltre che ovvia-mente sul piano politico, Ca-stro, Guevara e Dubcek con l’Ottobre?

Si potrebbero citare i libri di divulgazione storica iper-re-azionari di Montanelli e Ger-vaso, le sparate reazionarie di Ricciardetto, alias Augusto Guerriero su “Epoca”, che ho conosciuto da un compagno di scuola del ginnasio (fine anni Sessanta) con cui, ovviamen-te, litigavo sempre. Più recen-temente, in un libro dedicato allo psicologo Lev Semenovic Vygostskij, con testi di Marina Maffoni, si riprende la vecchia tesi che è calunnia ridicola, sui “casi di cannibalismo” (in-

somma il vecchio slogan “I co-munisti mangiano i bambini”), come anche quella, assoluta-mente infondata, su un pre-sunto dissidio Lenin-Stalin (al di là delle differenze di carat-tere), concludendo a proposito di “grandi purghe”, ecc.

Dunque, a parte il travisa-mento storico esplicito, anche quello implicito e nascosto in un libro che dovrebbe spie-gare l’opera di un significativo psicologo russo.

Eugen Galasso – Firenze

sono contrario ai bombardamenti delle forze capitaliste all’is

Cari compagni,appoggio lo Stato islamico

e non condivido che il suddet-to sia bombardato da quei ba-stardi delle nazioni capitalisti-che come l’Italia. Però sarei più soddisfatto se la lotta degli isla-mici colpisse maggiormente gli obiettivi militari degli Stati Uniti e altresì le strutture del Vaticano.

Vi invio i più fraterni saluti marxisti-leninisti e particolari auguri al compagno Giovanni Scuderi.

Rino - provincia di Catania

ë DALLA 12ª

ComuniCATo dEl Pmli.BiEllA

i consiglieri del Pd scippano alla destra

la linea contro i mendicanti

Che vergogna l’inter-rogazione presentata dai consiglieri comunali del Partito Democratico (PD) Filippo Regis, Giuseppe Rasolo, Cinzia Iacobel-li, Gianluca Marton e Ales-sandro Zuccolo che hanno praticamente fotocopiato una precedente interroga-zione di Andrea Del Ma-stro, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, che già due anni fa poneva lo stes-so quesito al sindaco di Biella del PD, Marco Cavic-chioli. In breve, i consiglieri del PD chiedono al sindaco quali azioni concrete avreb-be intenzione di intrapren-dere nei confronti di chi chiede “monetine” fuori da talune attività commerciali trincerandosi dietro l’ipotesi della presenza sul territorio di presunte organizzazioni criminali dedite al racket.

Siamo certi che la mag-gioranza degli elettori del Partito Democratico di Biel-la sia ormai arcistufa di sen-tire i propri rappresentanti comunali utilizzare idee e frasi della destra che, si sa, muove sentimenti d’odio e livore nei confronti delle fa-sce più deboli della società. Che l’accanimento verso pochi disperati sia bandiera culturale di una destra inca-pace di comprendere i pro-blemi ed i bisogni dei pove-ri della società nessuno se ne stupisce, ma che a por-re tale interrogazione siano consiglieri comunali del PD lascia certamente sconcer-

tati. I consiglieri comunali del

Partito Democratico do-vrebbero piuttosto denun-ciare la distruzione dello Stato sociale, che si mani-festa con assenza di servizi sociali adeguati, smantel-lamento del sistema sani-tario universale, gratuito ed efficiente o denunciare la reintroduzione, da par-te del loro governo nazio-nale, dei voucher che non offrono dignità e futuro ai giovani. Invece i consiglie-ri del PD si prestano senza vergogna a recitare il soli-to mantra mainstream ad-ditando i questuanti quali unico e vero problema del-la città di Biella omettendo volutamente di rivendicare e far acquisire strumenti di inclusione sociale ed un la-voro dignitoso e ben retri-buito per tutti, quali rimedi concreti alla dilagante po-vertà e disoccupazione che continuano ad estendersi a macchia d’olio sulla nostra provincia.

Speriamo che sempre più biellesi prendano con-sapevolezza che oramai il PD è definitivamente dive-nuto la malriuscita fotoco-pia della destra da cui mu-tua ideologie di riferimento e indirizzo politico per go-vernare, da “sinistra”, gli interessi del capitale e dei grandi gruppi di potere.

Per il PMLI.Biella - Gabriele Urban

Biella, 16 luglio 2017

Page 14: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

14 il bolscevico / antifascismo N. 29 - 27 luglio 2017

Sul Monte Giovi (Firenze) al 68° raduno dei partiGiani e dei Giovani

la popolazione tiene vivi i valori e lo spirito della resistenza

e dell’antifascismoIl PMLI promuove il canto di “Bella Ciao” al corteo commemorativo dei partigiani. Il vicepresi-dente ANPI provinciale lancia un forte richiamo alle istituzioni che non ostacolano il dilagare dei

gruppi neofascisti. Seguìto e apprezzato lo spettacolo teatrale con lettura dei brani dedicati alla Resi-stenza e canzoni popolari. Dal palco un “saluto speciale” ai compagni del PMLI

SuCCeSSo DeL RoSSo BANChINo DI PRoPAgANDA DeL PMLI �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Vicchio del Mugello del PMLISi è tenuto nei giorni di saba-

to 8 e domenica 9 luglio il “68° ra-duno dei Partigiani e dei giovani” sul Monte Giovi (Firenze). Que-sto complesso montuoso si trova in un territorio a cavallo tra Mu-gello e Val di Sieve, nei comuni di Pontassieve, Borgo San Lorenzo, Rufina, Vicchio e Dicomano ed è passato alla storia della Resisten-za, diventandone un simbolo, per-ché qui si organizzarono le più fa-mose brigate partigiane che poi, nell’agosto del 1944, mossero alla Liberazione di Firenze. Si instaurò un forte legame tra i partigiani e le popolazioni locali che offrirono col-laborazione e rifugio, legame che non venne mai meno malgrado le rappresaglie dei nazifascisti sul-la popolazione con le stragi nelle località di Padulivo, Pievecchia e Berceto. A ricordo di ciò nel 2008 è stato istituito il “Parco culturale della Memoria” con il recupero del-la viabilità rurale della zona che è costituita dagli stessi sentieri che percorrevano i partigiani.

Nella due giorni, che ha un ca-rattere provinciale, si sono tenute varie iniziative di carattere politico

e ricreativo, compresi i vari stand organizzati dalle sezioni ANPI sia della zona, come quelle di Rufina e Pontassieve, ma anche di Firen-ze con la sezione ANPI Oltrarno.

In particolare la domenica si è svolta la cerimonia ufficiale con un breve corteo per la deposizione della corona alla lapide comme-morativa della Resistenza. Circa duecento i manifestanti con in te-sta i gonfaloni delle sezioni Anpi di

zona. Presenti anche vari partigia-ni anche se ormai, visto il ricam-bio generazionale, sono rimasti in pochi. C’erano i gonfaloni dei co-muni della Val di Sieve e Mugello e alcuni della provincia fiorentina, più quello della regione Toscana.

Al corteo del mattino, partito con una decina di minuti di anti-cipo rispetto al programma, come al resto della giornata, hanno par-tecipato militanti e simpatizzanti delle Organizzazioni di Rufina e di Vicchio del Mugello del PMLI con le bandiere dei Maestri e del Parti-to, l’unico partito presente ufficial-mente.

Con l’assenza quest’anno del consueto accompagnamento mu-sicale fatto dal “Corteo storico di Firenze” ha prevalso nella par-te iniziale il silenzio imposto dalla componente istituzionale dei par-tecipanti. Ci hanno pensato i com-pagni del PMLI a rompere tale si-lenzio cantando varie volte “Bella Ciao” e altri canti partigiani coin-volgendo anche diversi manife-stanti. Cosa che si è ripetuta alla fine degli interventi dal palco. In-somma i nostri compagni hanno colto l’esigenza di quegli antifasci-sti più avanzati di dare una certa combattività all’iniziativa.

I discorsi finali pronunciati a livello istituzionale sono stati al-quanto insipidi e di circostanza, non hanno cercato assolutamen-te di legare l’antifascismo alle bat-taglie e alla realtà attuale. L’uni-co che si è “salvato” in tal senso è stato quello del vice presidente dell’ANPI provinciale di Firenze, Luigi Remaschi, che nel suo ap-plaudito intervento ha denuncia-to la connivenza delle istituzioni, in camicia nera aggiungiamo noi, verso il risorgere di formazioni na-zi-fasciste, che non reprimono ma arrivano a permettergli di presen-tare delle liste elettorali. Riferito alle istituzioni e agli amministrato-ri pubblici ha invitato tutti “a fare la propria parte, altrimenti a casa!”, ha esclamato Remaschi.

Nel pomeriggio è stato allesti-to un rosso banchino di propagan-da del PMLI. Anche qui esposta la bandiera del Partito insieme a un pannello con un collage delle va-rie parole d’ordine lanciate in que-sti anni dal PMLI sulla Resistenza, dove tra le altre spiccava la bellis-sima scritta, tratta da un manife-sto, “Viva la gloriosa Resistenza”. Sul tavolo varie pubblicazioni edi-te dal PMLI nella collana “Piccola biblioteca marxista-leninista”, vari

opuscoli di Scuderi e alcune copie dei numeri speciali de “Il Bolscevi-co” in versione cartacea del 2013, dedicati al 60° Anniversario della scomparsa di Stalin. Sono state distribuite alcune copie di queste ultime e alcuni opuscoli di Scu-deri. Diversi di coloro che hanno visitato il banchino hanno versa-to volontariamente dei contributi economici e due donne, con cui ci siamo intrattenuti anche nei “ra-duni” degli anni passati, ci hanno dato appuntamento per la prossi-ma Commemorazione di Mao che il 17 settembre il PMLI terrà a Fi-renze.

Durante il pomeriggio si è te-nuto l’apprezzatissimo spettacolo di lettura di brani dedicati alla Re-sistenza e di canzoni popolari dal titolo “Musica, popoli e memoria” tenuto dal gruppo teatrale “Caro-vana della memoria” e dal com-plesso “Brigand Band” che non ha fatto mancare “Bella Ciao” canta-ta con partecipazione dei presenti insieme a “Fischia il vento”. A fine concerto il cantante, che è figlio di partigiani, ha ringraziato dal pal-co, tra gli applausi di tutti, “Con un saluto speciale” i compagni del PMLI “che sono sempre presenti”. Un riconoscimento importante per la costanza del Partito nella par-tecipazione militante a questo tipo di iniziative. Atteggiamento ben di-verso da quello tenuto nella mat-tina dalla sindaco di Pontassieve che a fine comizi ha ringraziato tutti e le varie associazioni tranne il PMLI: minima correttezza avreb-be voluto di salutare l’unico partito presente ufficialmente.

Questo raduno ha due mo-menti, con la cerimonia della mat-tina in cui il centro della scena se lo prende la componente istituzio-nale, nel pomeriggio quando gli “alti papaveri” se ne vanno emer-ge l’anima antifascista della popo-lazione ed è qui che il Partito del proletariato “gioca veramente in casa” con i compagni che “sguaz-zano come pesci nell’acqua”.

Un ringraziamento particolare alla compagna Norma che, come ormai è solita fare da diversi anni, si è fatta carico di assicurare un ot-timo pranzo al sacco ai compagni durante il quale ha raccontato le battaglie in fabbrica degli anni ’70.

I marxisti-leninisti durante il corteo sono stati allietati dalla pre-senza e compagnia della piccola Stella e del fratellino più piccolo Yuri, figli di due nostri compagni.

napolila polizia carica a Freddo il corteo dei MoviMenti

per il lavoro e per la caSa Sotto la Sede

della reGione caMpaniaTra le vittime della repressione il PMLI �Dal corrispondente della Cellula “Vesuvio Rosso”L’11 luglio si è tenuta a Napo-

li una manifestazione di protesta che vedeva in piazza l’unità di lotta dei Disoccupati 7 Novem-bre con i movimenti per la casa. “Magnammece o Pesone”, LSU, operai del porto di Napoli licen-ziati dalle ditte Coteco e Sona-teco e della multinazionale Hita-chi, sindacati COBAS e USB.

La manifestazione preparata con incontri precedenti per dare una scossa alle istituzioni regio-nali e comunali e per unificare le lotte come unica via per ottene-re di essere non solo “ascoltati”, ma avere risposte che effettiva-mente risolvano le vertenze.

Al concentramento nei pres-si della stazione centrale di Na-poli il corteo vedeva centinaia di manifestanti che si sono poi mossi verso gli uffici della Re-gione siti nel Centro Direzionale. Si pensava di ottenere un incon-tro con il pregiudicato presiden-te De Luca e l’assessore per il Lavoro alla regione per chiede-re di partecipare al “tavolo tec-nico” per la distribuzione delle risorse economiche in posses-so della regione e puntualmen-te sotto “sequestro” da De Luca che non si degna neanche di

proporre un qualsiasi progetto di utilizzo e nemmeno dare rispo-ste per il loro utilizzo nei progetti per pubblici lavori già presenta-ti da anni dai disoccupati per un lavoro stabile, a salario pieno e sindacalmente tutelato.

Giunti all’ingresso della Re-gione, invece di essere ricevuti dalle rappresentanze istituziona-li, c’era la polizia in assetto an-tisommossa che non si è fatta pregare per attuare l’ormai unica risposta istituzionale di repres-sione caricando quasi imme-diatamente i manifestanti sen-za che ci siano state violenze se non quella di gridare la propria rabbia per l’ennesimo rifiuto ad essere ricevuti dalle istituzioni.

Solo dopo una lunga attesa si è ottenuto un “appuntamento” con il coinvolgimento dei capo gruppi sia di governo che di op-posizione della regione per deli-neare e quantificare i fondi ne-cessari per i progetti presentati dai disoccupati; e la presenza di delegati degli LSU ad un tavolo tecnico nella stessa giornata.

La Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI esprime la sua piena solidarietà ai manifestan-ti e al compagno direttamente vittima della carica poliziesca subìta.

Modena. contro il corteo fascista contro la ius Soli

coMbattivo preSidio antiFaSciSta Fa da

contraltare all’enneSiMa adunata della Feccia di

eStreMa deStraColpevole connivenza di questura, prefettura e sindaco PD che continuano a concedere le piazze ai fascisti, ai razzisti e agli xenofobi �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLISerata di tensione quella di lu-

nedì 10 luglio a Modena per l’enne-sima presenza dell’estrema destra che ha manifestato liberamente contro la Ius soli.

I marxisti-leninisti modenesi condannano con forza l’atteggia-mento delle istituzioni borghesi, partendo da questura e prefettura che hanno permesso lo svolgimen-to della manifestazione fascista, xenofoba e razzista, e del sinda-co del PD Muzzarelli che realmente non ha fatto nulla per fermare l’orda neofascista se non il solito discorso di facciata al presidio antifascista.

Il presidio antifascista, organiz-zato da ALPI, ANPI, FIAP, CGIL, UIL ed ARCI, si è riunito in Piazza Torre davanti al Sacrario Partigia-no, in concomitanza con il corteo fascista, e ha contato più di trecen-to manifestanti tra sindacati, asso-ciazioni partigiane e esponenti dei

partiti della “sinistra” borghese e si può constatare che comunque i modenesi con spirito antifascista hanno risposto bene all’iniziativa. Oltre al presidio vi è stato il corteo del centro sociale “Guernica” che è stato vergognosamente blocca-to da due cordoni di “forze dell’ordi-ne” e minacciato di essere caricato. Ai giovani del “Guernica” esprimia-mo tutta la nostra solidarietà. Allo tempo stesso invitiamo tutte le for-ze antifasciste locali a formare un fronte unito per non permettere più alla feccia fascista di manifestare nella nostra città.

Il corteo fascista, spacciato come una “pacifica” fiaccolata di “comuni cittadini”, circa un centi-naio, ha visto sfilare esponenti di Forza Nuova come il leader Rober-to Fiore, Azione Identitaria, Lega Nord, Forza Italia, Terra dei Padri, il “circolo culturale” aperto l’inverno scorso, e Fronte Veneto Skinhead: hanno gridato cori razzisti a brac-cio teso.

commemorati a Firenze i martiri di piazza tasso

e Fanciullacci con un’assemblea unitaria contro il neofascismo

Ben accolto il PMLI, presente al corteo

�Redazione di FirenzeIl 17 luglio sono stati comme-

morati, come puntualmente tutti gli anni, i martiri di piazza Tasso, tru-cidati da una banda di repubblichi-ni alla vigilia della Liberazione del-la città dal nazifascismo nel 1944 e l’eroe gappista Bruno Fanciullacci, morto lo stesso giorno in seguito alle torture a cui lo avevano sotto-posto gli stessi repubblichini.

La sezione “Oltrarno” dell’ANPI, in cui sono attivi compagni di Firen-ze del PMLI, ha organizzato la de-posizione delle corone alle 19 (ora della strage), i partecipanti han-no attraversato la piazza in corteo sorreggendo un lungo drappo ros-so, con cui hanno poi circondato il monumento. Qui gli interventi del presidente del Quartiere 1 Mauri-zio Sguanci, del presidente della sezione “Oltrarno” Alessandro Pini e del delegato dell’ANPI provin-ciale Renato Romei; in particolare quest’ultimo ha rilanciato la neces-sità di attualizzare la battaglia anti-

fascista, battendosi contro i gruppi neofascisti e perché sia effettiva-mente applicato il divieto di apolo-gia di fascismo e di ricostituzione del partito fascista. Bene accolta la delegazione della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del PMLI che ha partecipato al corteo con la bandiera del Partito e il manifesto prodotto per l’occasione.

Dopo la cena di socializzazione, si è tenuta un’assemblea proprio sul tema “Conoscere e combattere il neofascismo”, a cui hanno parte-cipato esponenti di varie sezioni e del Comitato provinciale dell’ANPI e di vari organismi impegnati con-tro il neofascismo, come Firenze Antifascista, Valdarno Antifascista, Signa Antifascista. Un’esperienza inedita nella nostra città, organiz-zata con l’auspicio che costituisca un passo avanti per il rafforzamen-to del fronte unito antifascista, ap-profondendo la conoscenza reci-proca e l’individuazione di obiettivi e battaglie comuni.

Monte Giovi (Firenze), 9 luglio 2017. Il “68° raduno dei Partigiani e dei giovani” (foto Il Bolscevico)

Firenze, 17 luglio 2017. Il corteo dei partecipanti alla commemorazione dei Martiri di piazza Tasso (foto Il Bolscevico)

Page 15: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

N. 29 - 27 luglio 2017 esteri / il bolscevico 15Turchia

Oceanica manifestaziOne per la giustizia e cOntrO erdOgan

Il dittatore fascista arresta 47 accademiciPiù di un milione e mezzo di

dimostranti hanno partecipato il 9 luglio all’oceanica manife-stazione per la giustizia e con-tro il presidente fascista Recep Tayyip Erdogan che a Istanbul ha concluso la “marcia per la giustizia”, la camminata di 480 chilometri partita il 15 giugno da Ankara per iniziativa del Partito repubblicano del popolo (Chp), principale forza parlamentare di opposizione.

La manifestazione che il Chp ha voluto senza simboli di partito e alla quale hanno par-tecipato partiti e organizzazioni dell’opposizione era stata orga-nizzata per protestare anzitutto contro la carcerazione del de-putato Enis Berberoglu, con-

dannato da un tribunale di Er-dogan a 25 anni di detenzione per spionaggio, aver fornito in-formazioni considerate riserva-te al quotidiano d’opposizione Cumhurriet, di cui tra l’altro è stato direttore dal 2009 al 2014. La sua condanna segue quel-la del novembre 2015 del di-rettore e del caporedattore del quotidiano perché sei mesi pri-ma aveva pubblicato un servi-zio che mostrava la consegna di armi dai servizi segreti turchi del Mit a gruppi islamisti attivi in Siria, un coinvolgimento allo-ra negato da Ankara. Berbero-glu era stato accusato di aver fornito il materiale al quotidiano e condannato da un tribunale il 14 giugno scorso.

Già il 15 luglio migliaia di ma-nifestanti erano scesi in piazza a Ankara per protestare contro l’ennesimo atto di repressio-ne del regime fascista di Erdo-gan. Il suo partito, il Chp, che tra l’altro in parlamento aveva votato a favore della legge li-berticida che aboliva l’immuni-tà parlamentare, contestava la “sentenza politica” del tribuna-le e lanciava la “marcia per la Giustizia” dalla capitale Ankara al quartiere di Mapete a Istan-bul dove si trova la prigione del deputato.

La manifestazione oceani-ca di Istanbul si chiudeva coi manifestanti che sventolavano bandiere turche, portavano ri-tratti di Ataturk, il padre fonda-

tore della repubblica turca mo-derna e laica, cantavano l’inno nazionale e ripetevano lo slo-gan “hak, hukuk, adalet”, ossia diritto, legge, giustizia. Il leader del Chp, Kemal Kilicdaroglu, esortava i manifestanti a prose-guire nella battaglia: “Che nes-suno pensi che questa sarà l’ul-tima marcia: il 9 luglio segna il giorno della rinascita. Abbiamo marciato per la giustizia, per i diritti degli oppressi, per i depu-tati e per i giornalisti in carce-re, per i professori universita-ri licenziati, abbiamo marciato per denunciare che il potere giudiziario è sotto il monopolio dell’esecutivo, abbiamo mar-ciato perché ci opponiamo al regime di un solo uomo. Rom-

peremo i muri della paura”.Alla marcia ha aderito anche

il Partito Democratico dei Po-poli (Hdp), il cui presidente Se-lahattin Demirtas e la co-presi-dente Figen Yüksekdag, e altri 11 deputati sono in carcere dal novembre scorso, accusati di essere “sostenitori dell’organiz-zazione terroristica Pkk”. L’Hdp invitava il Chp a proseguire la marcia verso Edirne, dove è detenuto Demirtas.

A distanza di un giorno, il 10 luglio arrivava invece la rispo-sta di Erdogan attraverso il suo potere giudiziario che dispone-va l’arresto di altri 47 tra acca-demici e personale delle uni-versità Bogazici e Medeniyet con l’accusa di essere in colle-

gamento via Internet con l’or-ganizzazione di Fetullah Gülen, rifugiato negli Usa, che Ankara accusa di essere l’organizza-tore del fallito golpe del luglio scorso. Realizzato un nuovo colpo repressivo, il presidente Erdogan si dedicava ai rapporti politici con l’ex alleato imperia-lismo americano, rappresenta-to dal segretario di stato ame-ricano Rex Tillerson in visita il 10 luglio a Istanbul. Tillerson auspicava che le relazioni tra i due paesi, “straordinariamente importanti per ragioni di sicu-rezza, economiche e geostra-tegiche, possano essere ripara-te dopo un periodo di difficoltà”. Magari a scapito dei curdi.

Gli imperialisTi e i loro servi hanno raso al suolo mosulMa lo Stato islamico non si è arreso, anzi continua la lotta contro l’imperialismo

Il comando militare dell’of-fensiva governativa su Mosul annunciava l’8 luglio la ricon-quista della Città vecchia, l’ul-timo quartiere ancora in mano allo Stato islamico (IS); il primo ministro iracheno Haider al-Abadi visitava la città il giorno successivo per annunciarne la liberazione e celebrare “l’eroi-smo” che aveva portato la ban-diera nazionale a sventolare di nuovo sul fiume Tigri, quantun-que la resistenza delle forma-zioni dell’IS fosse ancora attiva in alcune strade.

I quasi 100 mila uomini dell’esercito di Baghdad, delle milizie sciite addestrate dall’I-ran e dei reparti dei peshmer-ga, i curdi iracheni, ci han-no messo otto mesi, dall’inizio dell’offensiva il 17 ottobre scor-

so, per riprendere il control-lo della città, capitale dell’IS in Iraq e luogo dal quale il leader Abu Bakr al-Baghdadi aveva annunciato nel 2014 la nasci-ta del Califfato. Una dura bat-taglia condotta in parallelo con quella in Siria su Raqqa, nella quale le forze degli imperiali-sti e dei loro servi hanno voluto vincere a tutti i costi, al prezzo di radere al suolo la città a colpi di bombe usate financo in zone densamente popolate e cau-sando diverse migliaia di vit-time civili e quasi un milioni di profughi. Senza peraltro chiu-dere la partita con lo Stato isla-mico che continua la sua lotta contro l’imperialismo.

Diverse agenzie arabe, as-sieme a quella che veniva pre-sentata come una vittoria quasi

decisiva contro lo Stato isla-mico, lanciavano anche la no-tizia della probabile morte di al-Baghdadi e della sua sosti-tuzione con un nuovo leader, il responsabile dell’IS in Libia. Pochi giorni prima la notizia della morte del Califfo proba-bilmente sotto le bombe siria-ne era rimbalzata da Teheran a Mosca. Al momento non ci sono conferme, anzi una nota dei servizi curdi siriani smenti-va ogni cosa. Certo che la stra-tegia militare e politica dell’IS cambierà una volta perduta Mosul, indipendentemente da chi ne sarà il leader, altrettan-to certo è lo scontro fra le for-ze imperialiste e i loro alleati nel fronte contro lo Stato isla-mico per appuntarsi sul petto la medaglia dei giustizieri e per la

spartizione del controllo delle zone “liberate”.

Le forze dell’IS controlla-no comunque ancora tre zone nell’ovest dell’Iraq, da quella di Hawija, a sudest di Mosul a quella di al-Qaim, al confine ovest con la Siria e la regio-ne di Tal Afar, la cittadina nel-la quale, secondo il governato-re di Ninive, l’IS ha trasferito il quartier generale amministra-tivo. Zone che sono collegate con quelle siriane ancora sot-to controllo dell’IS a partire da Raqqa. Ai miliziani in campo in Iraq e Siria vanno aggiunte le decine di migliaia che han-no espresso fedeltà all’IS, dalla Nigeria alle Filippine.

Nel congratularsi con le for-ze militari irachene e i com-battenti curdi peshmerga per

aver contribuito alla vittoria di Mosul, il tenente generale Stephen Townsend, coman-dante delle operazioni della coalizione imperialista a guida Usa, ricordava che “è giunto il momento per tutti gli iracheni di unirsi per assicurare che l’ISIS sia sconfitto nel resto dell’Iraq e che non sia consentito alle

condizioni che hanno portato all’aumento della sua presen-za sul territorio di ripresentarsi. Non bisogna commettere erro-ri”. Facile a dirsi, non altrettan-to a metterlo in pratica dato che la nascita dell’IS è stata gene-rata dall’aggressione e dall’oc-cupazione imperialista, che re-stano in piedi.

la prima base all’esTero del socialimperialismo cinese

la cina invia truppe nella base aeronavale di GibutiPechino ha truppe di combattimento in Mali, Liberia e Sudan del Sud

IL MInIStro degLI eSterI: “CoMe ognI aLtra Potenza In aSCeSa, gLI IntereSSI deLLa CIna SI eSPandono SeMPre PIù aLL’eStero”Il 12 luglio dal porto di

Zhanjiang, nel Guandong, sono salpate le navi con i primi 2500 soldati spediti da Pechino nel-la nuova base navale militare appena costruita a Gibuti, sulla punta del corno d’Africa, la pri-ma base all’estero del socialim-perialismo cinese. Non saranno i primi soldati presenti nel paese africano, una rappresentanza di truppe cinesi ha già sfilato in pa-rata nella giornata dell’indipen-denza di Gibuti, lo scorso 27 giu-gno, per celebrare l’anniversario dei 40 anni dell’indipendenza dal colonialismo francese.

Il portavoce del Ministero de-gli Esteri di Pechino annuncia-va l’inaugurazione ufficiale della base e la presentava come un contributo per aiutare la pace e la sicurezza nella regione africa-na: “le forze navali cinesi sono presenti nelle acque al largo del-la Somalia, nel Golfo di Aden per condurre missioni di protezione e di scorta delle navi mercantili dal 2008 e la base militare aiuterà la Cina ad adempiere meglio agli obblighi internazionali nel con-durre missioni di accompagna-

mento e assistenza umanitaria. Contribuirà anche a promuovere lo sviluppo economico e sociale a Gibuti”.

Gli interessi economici del so-cialimperialismo cinese si esten-dono come una piovra in ogni continente, le multinazionali sta-tali e private cinesi se la giocano alla pari con quelle dell’imperiali-smo americano; il ministro degli Esteri cinese Wang Yi sottoline-ava che “come per ogni altra po-tenza in ascesa, gli interessi del-la Cina si espandono sempre più all’estero: abbiamo ormai 30mila imprese nel resto del mondo”. Ed è inevitabile che prima o poi gli interessi economici imperia-listi vengano tutelati dal braccio militare e infatti, negli ultimi anni sotto la presidenza di Xi Jinping Pechino ha iniziato a mandare anche i soldati all’estero, nell’am-bito delle missioni dell’Onu. Per restare al continente africano, sono già presenti più di 2.500 soldati e poliziotti cinesi impiegati in vari paesi, con le maggiori pre-senze nel Sud Sudan, oltre mille uomini, Liberia, quasi 700 uomini e Mali, 400 uomini. Con l’arrivo

del nuovo contingente a Gibuti i militari cinesi nel continente rad-doppieranno di botto, e altri arrivi sono previsti in futuro.

La vecchia via della seta ter-restre passava da Aleppo, e la Cina è sempre più interessata a partecipare alla stabilizzazione della Siria per riaprire un cana-le sicuro ai suoi commerci al mo-mento interrotto sulla tratta che va da Teheran al Mediterraneo via Baghdad. In parallelo Pechi-no costruisce la nuova via della seta marittima che passa neces-sariamente dal Mar rosso e Gi-buti è un presidio in posizione strategica sullo stretto di Bab el-Mandeb che collega il Mar Me-diterraneo attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso al Golfo di Aden e all’Oceano Indiano. Da questa via passa un traffico di circa 5mila miliardi di beni, qual-cosa come un terzo del traffico marittimo mondiale e sulla pun-ta del Corno d’Africa sono spun-tate una dietro l’altra una serie di basi militari; i colonialisti francesi se ne erano andati nel 1977 ma avevano mantenuto una base della Legione straniera alla qua-

le si è aggiunta nel 2002 quella americana di Camp Lemonnier, l’unico avamposto militare ame-ricano in Africa che è stato am-pliato nel 2007 in modo da poter ospitare in modo permanente 4 mila soldati. A Gibuti sono pre-senti inoltre almeno 25 mila uo-mini di altre potenze imperialiste europee, compresi italiani, spa-gnoli e olandesi, e financo un piccolo contingente della Marina giapponese.

Il primo passo verso la co-struzione della base, iniziata nel 2006, era stato spiegato da Pe-chino come dettato dalla neces-sità di dare una base logistica al contingente cinese inserito nel-la missione internazionale impe-gnata nella “lotta alla pirateria”, la base non era una minaccia per le altre potenze. La missione im-perialista internazionale Atalan-ta costituita per operazioni an-ti-pirateria al largo delle coste somale già lo scorso anno aveva limitato a pochissimi casi gli at-tacchi a navi mercantili dai quasi 250 del 2011 ma a Pechino non hanno rinunciato al progetto che serviva ad altro. A partire dal pre-

sidio militare degli interessi eco-nomici cinesi nel continente afri-cano, divenuto il primo partner commerciale.

Il presidente gibutino Ismail Omar Guelleh aveva firmato l’intesa per la costruzione della base militare col suo omologo ci-nese Xi Jinping in cambio di una serie di investimenti che han-no dato vita a un vero e proprio boom economico gibutino, tutto a favore delle multinazionali ci-nesi.

Sul lungomare di Doraleh le multinazionali cinesi, che hanno comprato il 25% del porto com-merciale, hanno costruito termi-nal petrolifero e scalo container e stanno completando la costruzio-ne di un gigantesco porto multi-funzionale in grado di accogliere le grandi navi cargo e le moderne petroliere. Aziende e personale cinesi stanno costruendo strade, due aeroporti, alberghi, banche, centri commerciali, acquedot-ti, impianti eolici e solari men-tre una serie di collegamenti con cavi sottomarini di fibra ottica, fanno di Gibuti il principale hub informatico della costa orientale

dell’Africa. Al porto di Doraleh fa capo anche la nuovissima linea ferroviaria che collega la capitale etiopica Addis Abeba a Gibuti e rappresenta l’arteria indispensa-bile per far viaggiare import e ex-port etiopico; i 4 miliardi di dollari del costo sono stati finanziati al 70% da governo e multinaziona-li cinesi che in tre anni e mezzo hanno steso i binari sui 760 chi-lometri fra le due città. La ferrovia è stata inaugurata lo scorso gen-naio e entrerà in funzione entro l’estate. Poco distante, nella città portuale di Massawa in Eritrea, la multinazionale cinese China Harbor Engineering Company è impegnata nel completamen-to di due nuovi terminali di cari-co e multifunzionali dalla capaci-tà di 70 mila tonnellate di merci. Un imponente traffico commer-ciale che tra breve sarà “protet-to” dalla nuova base aeronavale costruita nel golfo di Tadjoura, di fronte alla capitale Gibuti, in gra-do di ospitare fino a 10 mila uo-mini e di far attraccare le grandi navi militari; in futuro sarà am-pliata con una base aerea.

Una drammatica immagine di ciò che rimane della città di Mosul pratica-mente rasa al suolo dai raid americani e russi

Page 16: Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE”pmli.it/ilbolscevicopdf/2017/2017n292707.pdf · Marx, EngEls E lEnin su “il CapitalE” RelAzIone dI denIs BRAnzAntI AllA 13ª RIunIone

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

ëåò

Maoe la lotta

di classe contro il capitalismo

per il socialismo

Commemorazione di Mao nel 41° Anniversario della scomparsa

19769 Settembre2017

parlerà Andrea Cammillia nome del Comitato centrale del PMLI

Domenica 17 settembre 2017 ore 10.00

Maoe la lotta

di classe contro il capitalismo

per il socialismo

Firenze - Sala ex-Leopoldine - piazza Tasso,7l’iniziativa è aperta al pubblico

Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it