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Ingegneria Solazzo S.r.l. – Via Lungarini civ. 129 Casteldaccia (Pa) – tel/fax: 091942633 – web: www.ingegneriasolazzo.it – email: [email protected] 1 Via Lungarini civ. 129 90014 Casteldaccia (Pa) Tel/Fax: 091942633 P.IVA: 05698850822 web: www.ingegneriasolazzo.it e-mail: [email protected] Progetto per la copertura con una tettoia metallica di uno spiazzale sito nel Comune di Marineo (PA) in C.da Piano dei Vecchi Ditta: ACRI S.r.l. Indice A) Premessa…………………………………………………...……………………………………….pag.02 B) Ubicazione e descrizione…………………………………………………………………………...pag.03 C) Caratteristiche e geologia del sito…………………………………………………………………..pag.04 D) Normativa di riferimento…………………………………………………………………………...pag.06 E) Generalità di calcolo………………………………………………………………………………..pag.06 F) Materiali utilizzati…………………………………………………………………………………..pag.07 G) Predimensionamento di massima…………………………………………………………………...pag.08 H) Codice di calcolo…………………………………………………………………………………....pag.14 I) Modellazione strutturale…………………………………………………………………………….pag.14 J) Verifica delle sezioni in acciaio……………………………………………………………………..pag.21 K) Verifica delle sezioni in c.a……………………………………………………………………….....pag.25 L) Analisi dei carichi…………………………………………………………………………………..pag.29 M) Combinazione dei carichi…………………………………………………………………………...pag.47 N) Diagrammi inviluppo sollecitazioni………………………………………………………………...pag.47 O) Configurazioni deformate…………………………………………………………………………..pag.50 P) Verifica strutture in acciaio…………………………………………………………………………pag.54 Q) Verifiche stato limite di esercizio strutture in acciaio……………………………………………...pag.60 R) Verifica collegamenti in acciaio……………………………………………………………………pag.60 S) Verifiche strutture in c.a…………………………………………………………………………….pag.68 T) Verifiche agli stati limite di esercizio………………………………………………………………pag.70 U) Relazione sui materiali……………………………………………………………………………...pag.75 V) Elementi per la comprensione della modellazione sismica………………………………………...pag.92 W) Affidabilità dei codici……………………………………………………………………………..pag.108

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Progetto per la copertura con una tettoia metallica di uno spiazzale sito nel Comune di

Marineo (PA) in C.da Piano dei Vecchi

Ditta: ACRI S.r.l.

Indice

A) Premessa…………………………………………………...……………………………………….pag.02

B) Ubicazione e descrizione…………………………………………………………………………...pag.03

C) Caratteristiche e geologia del sito…………………………………………………………………..pag.04

D) Normativa di riferimento…………………………………………………………………………...pag.06

E) Generalità di calcolo………………………………………………………………………………..pag.06

F) Materiali utilizzati…………………………………………………………………………………..pag.07

G) Predimensionamento di massima…………………………………………………………………...pag.08

H) Codice di calcolo…………………………………………………………………………………....pag.14

I) Modellazione strutturale…………………………………………………………………………….pag.14

J) Verifica delle sezioni in acciaio……………………………………………………………………..pag.21

K) Verifica delle sezioni in c.a……………………………………………………………………….....pag.25

L) Analisi dei carichi…………………………………………………………………………………..pag.29

M) Combinazione dei carichi…………………………………………………………………………...pag.47

N) Diagrammi inviluppo sollecitazioni………………………………………………………………...pag.47

O) Configurazioni deformate…………………………………………………………………………..pag.50

P) Verifica strutture in acciaio…………………………………………………………………………pag.54

Q) Verifiche stato limite di esercizio strutture in acciaio……………………………………………...pag.60

R) Verifica collegamenti in acciaio……………………………………………………………………pag.60

S) Verifiche strutture in c.a…………………………………………………………………………….pag.68

T) Verifiche agli stati limite di esercizio………………………………………………………………pag.70

U) Relazione sui materiali……………………………………………………………………………...pag.75

V) Elementi per la comprensione della modellazione sismica………………………………………...pag.92

W) Affidabilità dei codici……………………………………………………………………………..pag.108

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Progetto per la copertura con una tettoia metallica di uno spiazzale sito nel Comune di

Marineo (PA) in C.da Piano dei Vecchi

Ditta: ACRI S.r.l.

Relazione di Calcolo

A) Premessa

Si premette che la Ditta ACRI s.r.l., con sede legale in Misilmeri (PA), S.S. 118 Km. 3+500,

Contrada Roccabianca, rappresentata legalmente dal Sig. Di Salvo Salvatore, è iscritta al Registro

Provinciale delle Imprese al n°250 ed effettua le attività, ai sensi degli artt. 214 e 216 del D.Lgs.

152/2006 e ss.mm.ii., “che consentono l’esercizio di messa in riserva e di riciclo di rifiuti costituiti

da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato, conglomerato bituminoso, frammenti di

piattelli per il volo, pietrisco tolto d’opera, terre e roccia, plastica, vetro, pneumatici, ferro, ecc.”;

tale attività di recupero e riciclaggio di materiali di rifiuti non pericolosi si svolge in

C/da Piano dei Vecchi del Comune di Marineo (PA) su un terreno assunto in locazione dalla

Società SGD Immobiliare S.r.l.

In previsione di un ampliamento di tale attività, la Ditta ACRI S.r.l. ha stipulato un contratto d’affitto

con la Ditta SGD Immobiliare S.r.l., attuale proprietaria dei terreni censiti in catasto al Foglio 15

part.lle 13-144-167, in cui quest’ultima autorizza l’uso incondizionato per lo svolgimento

dell’attività di recupero e riciclaggio, fermo restando la condizione, che dopo tale uso, le opere e

le strutture realizzate, rimarranno di esclusiva proprietà della SGD Immobiliare S.r.l.

Al fine di salvaguardare l’ambiente, come da prescrizioni legislative, l’ulteriore materiale da

recuperare e riciclare verrà accumulato, come già detto, nei terreni appartenenti alla SGD

Immobiliare S.r.l. (C/da Piano dei Vecchi), e sarà protetto da una tettoia metallica di dimensione in

pianta di circa 1200 mq., che dovrà essere realizzata nei terreni di che trattasi giusta

Autorizzazione rilasciata dal Comune di Marineo N.12 del 18/07/2012.

Premesso quanto sopra, La Ditta ACRI S.r.l. nella persona del suo Rappresentante Legale, Sig. Di

Salvo Salvatore, ha dato incarico alla società d’ingegneria “Ingegneria Solazzo S.r.l”, con sede

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Casteldaccia (PA) in Via Lungarini civ. 129, di redigere i calcoli ed i disegni esecutivi per il

progetto della tettoia metallica in oggetto.

B) Ubicazione e descrizione

La tettoia delle dimensioni in pianta di 40 x 30 ml ed altezza della gronda di 12,00 ml, sarà

realizzata, come già detto, nel lotto di terreno di proprietà della ditta SGD Immobiliare S.r.l,

ubicato in C/da Piano dei Vecchi e censito in catasto al Foglio 15 del Comune di Marineo part.lle

13-144-167.

La tettoia sarà realizzata interamente con struttura metallica in acciaio e sarà composta da

colonne, capriate reticolari trasversali, correnti longitudinali, arcarecci, e copertura a falde

inclinate, quest’ultima, da realizzare in lamiera grecata.

Al fine, inoltre, di consentire la salvaguardia della sicurezza degli operai e le lavorazioni anche

durante eventi meteorici sfavorevoli saranno realizzati ai due lati della tettoia, dei muri paravento in

c.a. di altezza h=6,00 m, come rappresentato graficamente nelle tavole S1 ed S3.

Saranno altresì realizzate due fosse in c.a., delle dimensioni di 2,80 x 17,70 m., per

l’alloggiamento di due distinte macchine con la funzione di presse delle balle dei rifiuti selezionati

per la discarica e lo smaltimento.

La struttura portante della tettoia sarà realizzata con colonne in acciaio ancorate a travi rovesce di

fondazione in c.a., da n°7 telai trasversali costituiti da capriate in acciaio e da n°3 telai

longitudinali.

Più dettagliatamente la struttura sarà composta da:

- n°21 colonne in acciaio HEA240 (S275 – Fe430B) poste ad interasse di 20 ml. e passo

5,00 ml. ancorate alla fondazione in c.a. tramite piastre di base e tirafondi;

- n°7 telai trasversali composti da capriate in acciaio ancorate alle colonne di cui si è detto.

Le capriate saranno costituite da travature reticolari con briglie superiori ed inferiori di

sezione 2L 120x60x10 (S275 – Fe430B), montanti e diagonali di sezione 2L 60x6 (S275 –

Fe430B) e montanti di testata di sezione 2L 120x80x10 (S275 – Fe430B). Sia le briglie che i

montanti e i diagonali verranno affiancati a distanza di 12 mm e calastrellati tra loro.

- n°3 telai longitudinali costituiti da correnti laterali IPE160 (S275 – Fe430B) ancorati alle

colonne in acciaio;

- copertura a quattro falde inclinate composta da lamiera grecata fissata su arcarecci

metallici laminati a freddo costituiti da profili a C 120x80x25x3 (S235 – Fe360B) posti ad

interasse di 1220 mm;

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- controventi di falda costituiti da angolari di sezione 2L 120x60x10 (S275 – Fe430B)

accoppiati a distanza di 12 mm;

- fondazione in c.a. costituita da travi continue rovesce di dimensione 50x90 cm (C25/30 –

Rck 300) armate con 7φ16 (B450C) superiormente ed inferiormente e staffatura φ8 passo

12 cm.

- piano di calpestio costituito da un massetto dello spessore di 15 cm armato con rete

elettrosaldata maglia φ8/15 cm poggiante su un vespaio di materiale lapideo;

- muri paravento dello spessore di cm 20 ed altezza 6,00 m, che saranno realizzati con

calcestruzzo C25/30 (Rck 300) ed armati con 1φ16/25 cm e ripartizione 1φ16/50 cm

(B450C);

- n.2 fosse in c.a. (C25/30 – Rck 300) delle dimensioni di 2,80 x 17,70 m. che saranno

costituite da piastra di fondazione dello spessore di cm. 30, armata con 1φ14/30+1φ14/30

cm ad incrociare superiormente ed inferiormente, e da pareti dello spessore di cm. 30

armate con 1φ14/30 cm e ripartizione 1φ14/30 cm (B450C).

I collegamenti tra i profili in acciaio saranno assicurati per mezzo di saldature di 2° classe, piastre

metalliche di spessore 12 mm (S235 – Fe360B), squadrette e bulloni M16 ed M12.

Le saldature saranno realizzate manualmente ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2 o 3 o 4

con caratteristiche stabilite dalla Normativa UNI 5132.

Le colonne saranno ancorate alle travi di fondazione in c.a. per mezzo di piastre di base

metalliche di dim. 500x30x500 mm. (S235 – Fe360B) e n.6 tirafondi M20 (S235 – Fe360B)

annegati nel calcestruzzo per una profondità di 80 cm.

C) Caratteristiche e geologia del sito

L’intervento in fondazione sarà realizzato su un terreno di sedime, posto a quota -1,00 ml. dal

piano di campagna, composto da depositi di versante carbonatici cementati (breccia

carbonatica), come rilevato dalla relazione geologica a firma del geologo Dott. Donatella Virga.

In particolare dalla relazione geologica si legge quanto segue:

“Il presente studio condotto su incarico della ditta Calcestruzzi San Ciro s.r.l., analizza gli spetti, le problematiche e le caratteristiche geologiche e

sismiche del territorio su cui si dovrà realizzare la copertura di uno spiazzale”

Omissis…

5.0 ASSETTO LITOSTRATIGRAFICO LOCALE E MODELLO GEOLOGICO

“Il rilevamento geologico condotto nell’area di progetto e nel territorio circostante, unitamente alle analisi dei dati provenienti dalla prova

tomografica effettuata, oltre alle osservazioni dirette di campagna lungo i fronti di cava esposti, hanno reso possibile individuare la serie

stratigrafica locale dei terreni di fondazione e di ricostruire il modello geologico.

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Come è possibile notare nella sezione geologica in allegato, nell’area il substrato risulta costituito dai seguenti litotipi dall’alto verso il basso:

dal p.c. a 1,00 m – Terreno di riporto (tr): Detriti sciolti costituiti da clasti etero metrici di natura carbonatica a spigoli vivi immersi in una matrice

pelitico-sabbiosa.

da -1,00 a 22,10 m – Depositi di versante cementati (d1): Detriti stratificati e cementati a elementi etero-metrici con spigoli vivi. Dal punto di vista

tessiturale sono rappresentati da una breccia calcarea gradata con scarsa matrice sabbiosa. La stratificazione appare disordinata con piegamenti

disarmonici.

Da -22.10 a 150.00 m: (a1) Calcari fratturati: Calcari e calcari marnosi da bianchi a rosa con stratificazione sottile e frequenti intercalazioni di

orizzonti marnosi. Diffusa fatturazione e numerose superfici di discontinuità di origine tettonica

Omissis…

Sempre nella stessa relazione geologica, vengono riportati i valori delle caratteristiche

geomeccaniche dei terreni, facenti parte del “volume significativo”, interessati dalle fondazioni

dell’opera da realizzare:

peso per unità di volume: γ = 2,3 t/m3;

coesione: c = 21 t/m2;

angolo di attrito interno: φ = 16°

A pagina 15 della relazione geologica in oggetto viene riportato quanto segue:

“In riferimento a quanto previsto dal D.M. 14/01/2008 “Norme Tecniche per le Costruzioni” si è provveduto ad eseguire una misura delle onde di

taglio S mediante metodologia Sismica Passiva con misura di Rumore sismico Passivo (Microtremore) per la stima della velocità media delle Onde

Sismiche di Taglio Vs e la frequenza di risonanza dei terreni e pertanto consentire una microzonizzazione sismica dell’area con relativa definizione

della categoria di suolo dell’area oggetto di intervento.

Omissis….

“Il confronto tra la curva teorica, quella sperimentale e il modello di Vs ha consentito di individuare il Profilo delle Vs nei primi 30 metri di profondità

dal piano di campagna (Vs30).

La Vs30 a partire dalla superficie è risultata pari a 394 m/s

Pertanto il sito in esame ricade all’interno della Categoria di Suolo “B” (Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto… con valore di Vs30

compresi tra 360 e 800 m/s), ai sensi del DM del 14/01/2008.

Omissis….

8.0 CONCLUSIONI

Omissis…. “Come si evince dalla sezione geologica in allegato, il substrato su cui sarà realizzata la tettoia risulta costituito da depositi di versante

carbonatici cementati (breccia carbonatica). Superficialmente tali depositi sono ricoperti da uno strato di terreno di riporto eterogeneo dello

spessore inferiore a 1,60 metri, mentre in profondità poggiano su calcari e calcari marnosi mediamente fratturati appartenenti alla fm. Amerillo

(scaglia, aut) . In riferimento alla normativa vigente (DM 14-01-2008) tali terreni rientrano nella categoria B – cioè “Rocce tenere e depositi di terreni

a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento

delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di VS,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (NSPT,30>50 nei terreni a grana grossa e

cu,30>250 kPa nei terreni a grana fina)”.

Dal punto di vista morfologico l’area si colloca alla base di una scarpata di altezza pari a 15 metri circa parzialmente ricoperta da materiale di

riporto.

Dal punto di vista idrogeologico è stata riscontrata una falda idrica a profondità tale (-74 m dal p.c.) da non interferire con le fondazioni delle opere

previste.

Per precauzione a protezione della falda sarà realizzata una pavimentazione con massetti in calcestruzzo.

Per quanto riguarda le condizioni di stabilità dell’area, non sono stati riscontrati dissesti in atto. L’area è da ritenere quindi idonea alla realizzazione

delle opere di cui in progetto”

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Criteri generali di analisi e verifica

D) Normativa di riferimento

I calcoli delle strutture in acciaio ed in c.a. sono stati eseguiti in ottemperanza alle seguenti

normative:

- D.M. 14 gennaio 2008 “Norme tecniche per le costruzioni”;

- Circolare 02 febbraio 2009 n° 617/C.S.LL.PP.;

- Eurocodice 2 – UNI EN 1992-1-1 “Progettazione delle strutture in calcestruzzo”;

- Eurocodice 3 – ENV –1-1 “Progettazione delle strutture di acciaio”;

- EN 10025, EN 10210, EN 10219-1;

- Eurocodice 7 – UNI EN 1997-1 “Progettazione geotecnica”

E) Generalità di calcolo

I calcolo strutturali sono stati eseguiti, conformemente a quanto previsto dal D.M. 14/01/2008,

determinando preliminarmente la vita nominale VN della tettoia intesa, quest’ultima, come il

numero di anni nei quali la costruzione, soggetta alla manutenzione ordinaria e prevista

nell’allegato piano di manutenzione, deve poter essere usata allo scopo al quale è destinata.

La vita nominale della struttura in oggetto VN viene determinata in base alla tipologia di

costruzione che si vuole realizzare.

Nel caso in esame la vita nominale della tettoia VN è stata fissata in VN ≥50 anni (“edificio e/o

opera ordinaria”).

Per il calcolo delle sollecitazioni sismiche vengono altresì fissati la classe d’uso e il periodo di

riferimento VR; nel nostro caso è stato valutato, in via cautelativa, la tettoia appartenente alla

Classe II.

Il periodo di riferimento VR viene determinato in funzione della seguente espressione:

VR = VN * CU = 50 * 1,0 = 50 anni

Dove VN è la vita nominale dell’edificio e CU è il coefficiente d’uso.

Nel nostro caso (classe II) il valore corrispondente di CU è pari a CU = 1,0.

I calcoli strutturali sono stati eseguiti prendendo in considerazione gli stati limiti ultimi (SLU) e di

esercizio (SLE) che si possono verificare durante la vita nominale VN dell’edificio.

Per stati limite SLU e SLE presi in considerazione si intende:

SLU: capacità di evitare crolli, perdite di equilibrio e dissesti gravi, totali o parziali, che

possano compromettere l’incolumità delle persone;

SLE: capacità di garantire le prestazioni previste per le condizioni di esercizio.

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L’analisi strutturale è stata effettuata eseguendo preliminarmente un predimensionamento di

massima, come previsto dal D.M. 14/01/2008, e successivamente montando il modello

matematico della struttura ed eseguendo un’analisi agli elementi finiti.

Il predimensionamento è stato effettuato prendendo in considerazione gli elementi strutturali più

sollecitati ed applicando ad essi metodi tradizionali della Tecnica delle Costruzioni in Acciaio ed

in c.a.

L’analisi della struttura è stata invece eseguita con il metodo degli spostamenti, per la

valutazione dello stato tensionale e deformativo indotto dai carichi statici, e con il metodo

dell’analisi modale e dello spettro di risposta, per la valutazione dello stato tensionale e

deformativo indotto dai carichi dinamici.

F) Materiali utilizzati

Calcestruzzo e barre di armatura

Secondo la normativa vigente, per una corretta progettazione ed esecuzione delle strutture in

cemento armato, il calcestruzzo sarà specificato in funzione della classe di resistenza, della

classe di esposizione, della classe di consistenza, della dimensione nominale massima

dell'aggregato e della prevista vita utile.

classe di esposizione: XC1 - asciutto;

a/cmax: 0,60;

dosaggio minimo di cemento (kg/m3): 300;

classe di resistenza: C25/30 (fck = 25 N/mm2);

classe di consistenza: S4 - consistenza fluida “slump”

da 160 a 210 mm;

Dimensione massima dell'aggregato: 32 mm;

Vita Nominale: 50 anni;

Armature B450C fyk= 450 N/mm2

- Profili e piatti in acciaio

L’acciaio del tipo S275 e del tipo S235 avrà le seguenti caratteristiche meccaniche:

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- Tensione di snervamento: fyk (vedi tabella);

- Tensione di rottura: ftk (vedi tabella);

- Modulo elastico: E=210000 N/mm2;

- Modulo di elasticità trasversale: G=80700 N/mm2;

- Saldature di 2° classe

Le saldature da realizzare saranno del tipo manuale ad arco con elettrodi rivestiti E44 di classe 2,

conformi alle norme UNI 5132 e caratteristiche meccaniche appresso riportate:

- Tensione di trazione: σ = 234 N/mm2

- Tensione tangenziale: τ = 135 N/mm2

- Bulloni M16 ed M12

I bulloni da adoperare saranno del tipo normale, classe vite 6.6 e classe dadi 5S, conformi per

caratteristiche dimensionali alle UNI5727, UNI5592 e UNI5591, con le seguenti caratteristiche:

- Tensione di trazione: fdN = 360 N/mm2

- Tensione tangenziale: fdV = 255 N/mm2

- Tirafondi

I tirafondi da utilizzare saranno del tipo normale S235 (Fe360B), conformi per caratteristiche

dimensionali alle UNI5727, UNI5592 e UNI5591, con le seguenti caratteristiche:

- Tensione di trazione: fdN = 235 N/mm2

- Tensione tangenziale: fdV = 135 N/mm2

G) Predimensionamento di massima

- Predimensionamento arcarecci

Al fine del predimensionamento di massima degli arcarecci si assegna loro una sezione di

tentativo (C 120x80x25x3) e la si verifica a flessione deviata, considerando l’arcareccio

maggiormente sollecitato su cui agisce un carico da neve maggiore.

I carichi agenti sull’arcareccio sono:

- Il peso proprio: 7,22 kg/ml;

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- Il peso della tettoia: 12,50 kg/ml;

- Il carico da neve: 141,24 kg/ml

La combinazione di carico per la verifica allo stato limite ultimo è la seguente:

Fd = 1 1 2 2 1 1G G Q KG G Qγ γ γ+ + = 1,3*7,22+1,5*12,50+1,5*141,24 = 240 kg/ml

Il carico si scompone in due componenti (px e py) come riportato nella figura che segue:

Briglia superiore2L 120x60x10

dist. accoppiamentod=12 mm

C 120x80x25x3Arcarecci

Fd px

py

px = Fd*cosα = 240*cos6° = 238,93 kg/ml = 2,40 kg/cm

py = Fd*senα = 240*sen6° = 22,56 kg/ml= 0,23 kg/cm

Si considera un comportamento dell’arcareccio intermedie tra quello di una trave incastrata –

incastrata ed appoggiata – appoggiata come di seguito si riporta:

In mezzeria si ha:

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Agli incastri si ha:

= 600 kg

τ = T/A = 600/12*0,3 = 167 kg/cm2

- Predimensionamento briglie

Per il predimensionamento di massima delle briglie a queste si assegna una prima sezione di

tentativo (2L 120x60x10) e poi la si verifica nelle condizioni più sfavorevoli.

Per la verifica si fa riferimento a mezza tettoia (struttura simmetrica) e la si considera come una

trave ad inerzia variabile, supponendo un comportamento di quest’ultima tra trave appoggiata –

appoggiata ed incastrata – incastrata. In questa maniera si ricavano il momento in mezzeria

(Mmezz) ed il momento all’incastro (Minc) che divisi per i rispettivi bracci (bmezz = 200 cm, binc = 100

cm), ovvero per le distanze della briglia superiore ed inferiore (in mezzeria e all’incastro),

forniscono due forze che sollecitano la briglia (Nmezz e Ninc); note queste forze si verificano le

briglie a pressione centrata.

Mmezz

Minc

b=100 cmb=200 cm

p = 10,1 kg/cm

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Sulla trave ad inerzia variabile agiscono i seguenti carichi:

- Peso copertura + peso arcarecci + carico da neve = T/i, dove T è il taglio dell’estremità

dell’arcareccio più sollecitato ed i il loro interasse.

In definitiva risulta

- il vento Vz: relativamente a quest’ultimo carico si considera la condizione di carico più

sfavorevole (cp = 0,88) applicando il vento, sia sulla prima falda che sulla seconda, verso il

basso (condizione più sfavorevole).

In definitiva risulta: Vz = 503,12 kg/ml = 5,1 kg/cm

Il carico totale p agente sulla trave ad inerzia variabile è pari a:

p = qz + Vz = 5 + 5,1 = 10,1 kg/cm

In mezzeria si ha:

= 5050000 kg/cm

= 25250 kg

σ = Nmezz/Abriglia = 25250/34,2 = 738,30 kg/cm2 < fd → verificata

All’estremità si ha:

= 3370000 kg/cm

=33700 kg

σ = Ninc/Abriglia = 33700/34,2 = 985,38 kg/cm2 < fd → verificata

- Predimensionamento colonne

Per il predimensionamento delle colonne si è assegnata a queste una sezione di tentativo (HEA

240) e la si è verificata nella condizione di carico più sfavorevole.

Sulla colonna agiscono i seguenti carichi:

- Sforzo normale Nz, che sarebbe uguale al taglio di estremità agente sulla tettoia.

In definitiva si ha: Nz = Testr = 10,1*2000/2 = 10100 kg

- Carico da vento Vx agente per i primi 600 cm di colonna.

In definitiva si ha: Vx = 346,5 kg/ml = 3,5 kg/cm

I carichi sono agenti secondo lo schema appresso riportato

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12

N

M

T

Nz = 10100 kg

Vx = 3,5 kg/cm

a =

600 c

m

Nella sezione di incastro si hanno le seguenti caratteristiche di sollecitazione:

N = Nz = 10100 kg

T = Vx * a = 3,5*600 = 2100 kg

=

La tensione massima normale al piede della colonna vale:

τ = T/A = 2100/(0,75*16,4) = 170,73 kg/cm2

- Verifica trave di fondazione da pilastro 4 a pilastro 5 (S.L.U.)

Mincastro = 419,0 KNm Mmezzeria = - 46,3 KNm

Al fine della verifica della trave di fondazione in oggetto, si considera reagente una sezione

rettangolare 50x90 cm, armata con 7φ16 superiormente ed inferiormente per tutta la lunghezza,

come riportato nella figura che segue:

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13

d =

88

0 m

m

H =

90

0 m

m

b = 500 mm

A's =7 16

A's =7 16

Considerando che l’armatura è disposta simmetricamente, A’s sarà in fase elastica; per cui, per

ricavare la posizione dell’asse neutro, si applica l’equazione di 2° seguente:

0,8 ε - *x- ε 0

Si ha:

fcd = 14 N/mm2; fyd = 391 N/mm2; Es = 210000 N/mm2; As = A’s = 7φ16 = 1407 mm2; εcu = 3,5%0

Pertanto l’equazione si scrive:

(0,8*14*500)*x2+(210000*3,5%0*1407-391*1407)*x-(210000*3,5%0*1407*20)=0

5600x2+484008x-20682900=0

x=31,36 mm

ε 374613,75 !

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14

= 175616 N

C=FC+F’S=175616+374613,75= 550229,75 N

Il momento resistente MR assume il seguente valore:

MR = C*(d-d’’)=550229,75*(880-17,62)=474,51 KNm

In definitiva risultano verificate le seguenti disequazioni:

Mincastro < MR → verificata

Mmezzeria < MR → verificata

H) Codice di calcolo

L’analisi della struttura è stata eseguita con Il codice di calcolo Algor Supersap prodotto dalla

Algor Interactive Systems, Inc. Pittsburgh, PA, USA (Software Registration Card – SIM # 16307 –

Customer number: 910702010 – Service number: DE23424) con pre e post fornito dalla 2S.I.

Software e Servizi per l'Ingegneria S.r.l., P.tta Schiatti 8/b, 44100 FERRARA (ITALY), tel. 39 532

200091 – fax 39 532 200086 (Contratto di licenza - codice identificativo 000271/cli).

Il solutore in questione e' stato sottoposto, con esito positivo, documentato da relativa

certificazione, ai test di confronto della National Agency for Finite Element Methods and

Standards in Inghilterra (test “Nafems”).

In relazione all’affidabilità del codice di calcolo si fa notare che la fase di progetto degli algoritmi è

stata preceduta dalla ricerca di risultati di confronto reperibili in bibliografia o riproducibili con

calcoli manuali ed è stato testato, confrontato e controllato anche da tecnici esterni qualificati.

La documentazione fornita dal produttore, facilmente reperibile nel sito www.2si.it contiene un

esauriente descrizione delle basi teoriche e degli algoritmi impiegati, l’individuazione dei campi

d’impiego, nonché casi prova interamente risolti e commentati.

I) Modellazione strutturale

La modellazione della struttura consiste nella individuazione dello schema statico della stessa e

nella definizione delle proprietà di tutti gli elementi componenti lo schema statico. Lo schema

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15

statico è realizzato unicamente con nodi ed elementi strutturali. Per il programma un nodo è un

punto nello spazio individuato dalle coordinate cartesiane X,Y,Z, in un sistema di riferimento

globale destrogiro con asse Z verticale.

Gli elementi strutturali vengono poi sono suddivisi in tre categorie:

1. Elementi monodimensionali la cui schematizzazione è definita da due nodi (indicati

nell’ambito del programma come D2);

2. Elementi bidimensionali la cui schematizzazione è definita da tre o quattro nodi (indicati

nell’ambito del programma come D3);

3. Elementi tridimensionali la cui schematizzazione è definita da un numero di nodi variabile

tra quattro e otto (indicati nell’ambito del programma come Solidi);

4. Elementi multifunzione solaio e balcone;

Vengono di seguito precisate le proprietà di nodi ed elementi strutturali che realisticamente

rappresentano la struttura in fase di progetto.

Proprietà dei nodi

Ogni nodo possiede sei gradi di libertà, tre traslazioni e tre rotazioni: traslazione X (Tx),

traslazione Y (Ty), traslazione Z (Tz), rotazione X (Rx), rotazione Y (Ry), rotazione Z (Rz).

Il programma gestisce automaticamente la numerazione dei nodi, qualora vi siano elementi

strutturali non agganciati a nodi esistenti, il comando "Check dati struttura" risolve ogni

incongruenza.

Le proprietà essenziali di un nodo sono le seguenti: coordinata X, coordinata Y, coordinata Z,

codice di vincolo rigido per ciascuno dei gradi di libertà, codice di vincolo elastico per

ciascuno dei gradi di libertà, tipologia di fondazione presente nel nodo.

Proprietà degli elementi monodimensionali (D2) Elementi tipo Beam

Sono elementi a due nodi formulati nello spazio. Un terzo nodo supplementare, il “Nodo K”, è

usato per gestire l’orientamento della sezione della trave nello spazio. Per questi elementi sono

definiti al massimo tre gradi di libertà traslazionali e tre gradi di libertà rotazionali. Agli estremi dell’

elemento sono determinate le sei componenti della sollecitazione: tre momenti (torcente e due

flettenti), sforzo assiale e due sforzi taglianti. Possono essere applicate variazioni termiche, carichi

inerziali, distribuiti e concentrati sia agli estremi che in posizioni intermedie all’elemento.

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16

Ogni elemento D2 è individuato dal nodo iniziale e dal nodo finale.

Ad ogni elemento D2 è associato un sistema di riferimento locale destrogiro 1, 2, 3. Il programma

provvede automaticamente alla definizione del succitato sistema secondo la seguente regola:

Elementi verticali:

- asse 1) diretto dal nodo iniziale al nodo finale, ovvero diretto secondo l’asse Z globale

positivo;

- asse 2) diretto secondo l’asse X globale negativo;

- asse 3) diretto secondo l’asse Y globale negativo;

Elementi non verticali:

- asse 1) diretto dal nodo iniziale al nodo finale (di norma con proiezione positiva sull’asse X

globale o sull’asse Y globale);

- asse 2) ortogonale all’asse 1) e contenuto nel semipiano verticale superiore passante per i

nodi dell’elemento;

- asse 3) ortogonale all’asse 1) e al semipiano di cui sopra (pertanto è orizzontale);

Proprietà degli elementi bidimensionali (D3) Elementi tipo tridimensionali in stato piano di tensione

Sono elementi a tre - quattro nodi formulati nello spazio. Per questi tipi di elementi sono definiti al

massimo tre gradi di libertà traslazionali, rispettivamente in X, Y e Z . Sono definite solo le

rigidezze appartenenti al piano dell’elemento e conseguentemente, sono ammissibili solo stati

piani di sollecitazione (membranali). I risultati in termini di sollecitazione sono riportati ai nodi di

definizione. All’ elemento è assegnato uno spessore uniforme. Possono essere applicate

variazioni termiche, carichi inerziali e carichi laterali.

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17

Elementi tipo Plate/Shell

Sono elementi a tre - quattro nodi formulati nello spazio. Per questi tipi di elementi sono definiti

cinque gradi di libertà, tre traslazioni e due rotazioni nel piano dell’elemento. Sono definite le

rigidezze nel piano (membranali) e fuori dal piano (flessionali). Possono essere applicate

variazioni termiche, carichi inerziali e carichi di pressione.

Ogni elemento D3 è individuato da tre o quattro nodi (denominati in seguito I, J, K, L).

Le proprietà essenziali di un elemento D3 sono le seguenti: tipo di comportamento, spessore,

materiale, orientamento, posizionamento.

Sono previsti tre tipi di comportamento per gli elementi D3:

1. Elemento a tre gradi di libertà per nodo (denominato membrana);

2. Elemento a cinque gradi di libertà per nodo (denominato shell);

3. Elemento a cinque gradi di libertà per nodo su suolo elastico alla Winkler (denominato shell di

fondazione);

La precisazione del tipo di comportamento è necessaria per individuare il tipo di elemento finito

adottato in modellazione.

Ad ogni elemento D3 è associato un sistema di riferimento locale destrogiro 1, 2, 3.

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18

Il programma provvede automaticamente alla definizione del succitato sistema. Gli asse 1) e 2)

sono contenuti nel piano dell’elemento, l’asse 3) è ortogonale all’elemento. Il programma di

norma dispone il sistema in modo che l’asse 3) sia diretto secondo l’asse globale Z positivo per

gli elementi non verticali, e secondo l’asse globale X o Y positivo per gli elementi verticali.

Risoluzione problemi strutturali

Il codice di calcolo ALGOR SUPERSAP risolve i problemi strutturali utilizzando il metodo degli

elementi finiti che approssimano le equazioni differenziali che governano un sistema continuo

(solido elastico) con un sistema di equazioni algebriche in un numero finito di incognite.

Il metodo ad elementi finiti è caratterizzato dalle seguenti fasi:

1. Discretizzazione del corpo, cioè scelta di elementi tra loro connessi in certi punti nodali.

2. Determinazione delle matrici di rigidezza degli elementi e dei vettori delle forze nodali.

3. Assemblaggio delle matrici di rigidezza degli elementi e dei vari vettori delle forze nodali

per l’intero sistema di elementi e nodi.

4. Introduzione delle condizioni al contorno.

5. Soluzione delle equazioni del sistema risultante.

6. Calcolo delle deformazioni e degli sforzi in base agli spostamenti nodali.

L’ipotesi fondamentale su cui si basa il codice di calcolo consiste nell’assunzione che tutte le

possibili configurazioni deformate dell’elemento finito si possano scrivere come combinazione

lineare degli spostamenti e delle rotazioni dei singoli nodi.

Più genericamente il singolo spostamento è pari a: ( ) ( ) ( )j ju P N P N Pδ δ δ= =∑ dove Nj sono le

funzioni di forma e N è la matrice delle funzioni di forma.

Il codice di calcolo sceglie le funzioni di forma in modo tale che la configurazione finale

dell’elemento strutturale coincide con gli spostamenti dei singoli nodi che discretizzano la

struttura.

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19

In particolare il programma di calcolo per ricavare la matrice di rigidezza dell’elemento finito fa

riferimento al principio degli spostamenti virtuali applicato al singolo elemento:

, ,

e e e es s

TT n T T T n Tu bdV u pdS U bdV u pdS U Fδ δ δ δ δΩ Γ Ω Γ

⋅ + ⋅ = ⋅ Φ ⋅ + ⋅ =

∫ ∫ ∫ ∫

dove:

- uδ è lo spostamento;

- b è il vettore delle forze di massa;

- p è il vettore delle forze di superficie;

Per l’intera struttura il principio dei lavori virtuali assume la seguente forma:

( ), ,n T n n n T

ne ne

U KU MU U Fδ δ⋅ + = ⋅∑ ∑&& (1)

dove:

- K è la matrice di rigidezza del singolo elemento che il programma assembla

automaticamente come riportato appresso e una volta note le caratteristiche

geometriche dell’elemento strutturale ed il legame costitutivo dei materiali impiegati;

- M è la matrice di massa dell’elemento che il programma assembla automaticamente

una volta note le densità dei materiali d’impiego e le caratteristiche geometriche

degli elementi strutturali;

- Un è il vettore degli spostamenti nodali dell’elemento (parte incognito e parte nota) che il

programma ricava dalla risoluzione dell’equazione (1);

- F è il vettore delle forze nodali (termine noto).

Più dettagliatamente:

-Per l’elemento monodimensionale asta la matrice di rigidezza assume la forma:

1 1

1 1

EAK

L

− = −

dove:

- E è il modulo di elasticità del materiale;

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20

- A è l’area della sezione;

- L è la luce

-Per l’elemento trave la matrice di rigidezza assume la forma:

2 2

2 2

12 6 12 6

6 64 2

12 6 12 6

6 62 4

L L L L

EJ L LKL

L L L L

L L

− −

= − − − −

- Per l’elemento shell la matrice di rigidezza assume la forma:

( ) ( )dete e

T TK B D BdV B DB Jdrdsξ ξΩ Ω

= ⋅ ⋅ =∫ ∫

dove:

- B è una matrice che dipende dalle funzioni di forma;

- D è una matrice che dipende dalle caratteristiche del materiale;

-

1 2

1 2

x x

r rJx x

s s

∂ ∂ ∂ ∂=

∂ ∂ ∂ ∂

Il codice di calcolo, risolta l’equazione 1, perviene alla determinazione degli spostamenti e

rotazione nei nodi che permettono di ricavare i diagrammi di sforzo normale, taglio, momento

flettente e momento torcente.

Per l’affidabilità del codice di calcolo si rimanda in calce all “Affidabilità del codice di calcolo”.

Di seguito si riporta lo schema rappresentativo del modello di calcolo della tettoia.

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Modello di calcolo

J) Verifica delle sezioni in acciaio

La progettazione degli elementi strutturali avviene solo dopo che il programma ha calcolato le

sollecitazioni agenti sulla struttura e corrispondenti alle azioni di calcolo.

La valutazione delle sollecitazioni sulla struttura è effettuato tramite analisi elastica lineare (statica

per quanto riguarda le azioni del vento, dinamica per quanto riguarda le azioni del sisma).

Verifiche agli stati limite ultimi § 4.2.4.1

Resistenza di calcolo §4.2.4.1.1

La resistenza di calcolo delle membrature Rd è stata posta nella forma:

kd

M

RR

γ=

dove:

- Rk è il valore caratteristico della resistenza (trazione, compressione, flessione, taglio e

torsione) determinata dai valori caratteristici della resistenza dei materiali fyk e dalle

caratteristiche degli elementi strutturali, dipendenti dalla classe della sezione.

- γM è il fattore parziale globale relativo al modello di resistenza adottato.

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22

In particolare i valori scelti di γM sono riportati nella seguente tabella:

Resistenza delle sezioni di Classe 1-2-3-4 γM0 = 1,05

Resistenza all’instabilità delle membrature γM1 = 1,05

Resistenza, nei riguardi della frattura, delle sezioni tese (indebolite dai fori) γM2 =1,25

Resistenza delle membrature § 4.2.4.1.2

Per la verifica delle travi in campo elastico si applica il criterio di Huber – Hencky – Von Mises

modificato, in particolare per ogni punto della struttura sarà verificato che:

2

2 2 2, , , ,

0

3 ykx Ed z Ed z Ed x Ed Ed

M

fσ σ σ σ τ

γ

+ − + ≤

dove:

- 2,x Edσ è il valore di calcolo della tensione normale nel punto in esame, agente in direzione

parallela all’asse della membratura;

- 2,z Edσ è il valore di calcolo della tensione normale nel punto in esame, agente in direzione

ortogonale all’asse della membratura;

- Edτ è il valore di calcolo della tensione tangenziale nel punto in esame, agente nel piano

della sezione della membratura.

Flessione retta

Si è verificato che per gli elementi strutturali soggetti a flessione retta si abbia:

,

1Ed

c Rd

M

M≤

dove:

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23

- EdM è il momento flettente;

- ,c RdM è la resistenza di calcolo a flessione della sezione e vale:

, ,0

,min, ,

0

,min,

0

(1,2)

(3)

(4)

pl ykc Rd pl Rd

M

el ykc Rd el Rd

M

eff ykc Rd

M

W fM M

W fM M

W fM

γ

γ

γ

= =

= = =

Taglio

Si è verificato che per gli elementi strutturali soggetti a taglio si abbia:

,

1Ed

c Rd

V

V≤

dove:

- EdV è il taglio agente nella sezione;

- ,c RdV è la resistenza di calcolo a taglio della sezione senza torsione e vale: ,

03v yk

c Rd

M

A fV

γ= ;

- Av area resistente a taglio;

L’area resistente a taglio Av è stata determinata nella maniera appresso riportata.

Per profilati ad I e ad H caricati nel piano dell’anima si è assunto:

2 ( 2 )v f w fA A bt t r t= − + +

Per profilati a C e ad U caricati nel piano dell’anima si è assunto:

2 ( )v f w fA A bt t r t= − + +

Per profilati ad I e ad H caricati nel piano delle ali si è assunto:

v w wA A h t= −∑

Per profilati a T caricati nel piano dell’anima si è assunto:

0,9( )v fA A bt= −

Per profilati rettangolari cavi “profilati a caldo” di spessore uniforme si è assunto:

( )v

AhA

b h=

+ quando il carico è parallelo all’altezza del profilo;

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24

( )v

AbA

b h=

+ quando il carico è parallelo alla base del profilo;

dove:

- A è l’area lorda della sezione del profilo;

- b è la larghezza delle ali per i profilati e la larghezza per le sezioni cave;

- hw è l’altezza dell’anima;

- h è l’altezza delle sezioni cave;

- r è il raggio di raccordo tra anima ed ala;

- tf è lo spessore delle ali;

- tw è lo spessore dell’anima.

Torsione

Si è verificato che per gli elementi strutturali soggetti a taglio si abbia:

1Ed

Rd

T

T≤

dove:

- RdT è la resistenza torsionale della sezione;

- EdT è la torsione agente pari a , ,Ed t Ed w EdT T T= + somma della torsione uniforme ,t EdT e della

torsione ,w EdT per ingobbamento impedito.

Presso o tenso flessione retta

Per le sezioni ad I o ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso

flessione nel piano dell’anima, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a flessione

retta è stata valutata come:

, ,, , , ,

(1 )

(1 0,5 )pl y Rd

N y Rd pl y Rd

M nM M

a

−= ≤

Per le sezioni ad I e ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetrica, soggette a presso o a tenso

flessione nel piano delle ali, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a flessione retta

è stata valutata come:

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25

, , , ,

2

, , , , 11

N z Rd pl z Rd

N z Rd pl z Rd

M M n a

n an aM M

a

= ≤

>− = − −

essendo:

- Mpl,y,Rd il momento resistente plastico a flessione semplice nel piano dell’anima;

- Mpl,z,Rd il momento resistente plastico a flessione semplice nel piano delle ali

e ponendo:

,

Ed

pl Rd

Nn

N= e

( )20,5

fa bta

A

−= ≤

K) Verifica delle sezioni in c.a.

La progettazione degli elementi strutturali, come già detto, avviene solo dopo che il programma

ha calcolato le sollecitazioni agenti sulla struttura e corrispondenti alle azioni di calcolo.

In particolare, per la determinazione delle sollecitazioni agenti sulla struttura il programma di

calcolo assume le seguenti ipotesi:

- sezioni interamente reagenti con rigidezze valutate riferendosi al solo calcestruzzo;

- legame costitutivo tensioni-deformazioni lineare;

- valori medi del modulo d’elasticità.

Una volta calcolate le sollecitazioni viene effettuato il progetto-verifica delle sezioni agli stati limite

ultimi e di esercizio.

In particolare le verifiche agli stati limite ultimi degli elementi monodimensionali vengono eseguite

con le seguenti ipotesi restrittive:

- conservazione delle sezioni piane;

- perfetta aderenza acciaio-calcestruzzo;

- resistenza a trazione del calcestruzzo nulla;

- rottura del calcestruzzo per eccesso di deformazione a compressione;

- rottura a dell’armatura tesa per eccesso di deformazione a trazione.

Per la verifica agli stati limite ultimi si considera un diagramma tensione–deformazione del

calcestruzzo di tipo parabola-rettangolo, noto una volta stabilita la resistenza di calcolo del

calcestruzzo fcd.

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26

Il diagramma tensione–deformazione relativo all’acciaio è del tipo elasto-perfettamente-plastico,

noto una volta conosciuto il tipo di acciaio utilizzato e la sua resistenza di calcolo fyd.

Successivamente il programma effettua la verifica dei pilastri a pressoflessione deviata che viene

eseguita tramite la seguente relazione:

1≤

+

αα

Rzd

Ezd

Ryd

Eyd

M

M

M

M

dove:

- MEyd, MEzd sono i valori di calcolo delle componenti di flessione retta dell’azione attorno

agli assi 2-2, 3-3;

- MRyd, MRzd sono i valori di calcolo dei momenti resistenti di pressoflessione retta

corrispondenti a NEd valutati attorno agli assi 2-2 e 3-3;

- α = 1

Il programma di calcolo effettua la verifica delle travi a pressoflessione retta controllando che

MRd> MRd(NEd)≥ Med

dove:

- MRd è il valore di calcolo del momento resistente corrispondente a NEd;

- NEd è il valore di calcolo della componente assiale (sforzo normale) dell’azione;

- MEd è il valore di calcolo della componente flettente dell’azione.

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27

La verifica delle lastre-piastre viene eseguito a sforzo normale eccentrico considerando un

numero adeguato di sezioni generate per rotazione attorno alla normale dell’elemento al nodo.

Nel caso in cui la tensione tangenziale superi il limite previsto da normativa il programma avverte

della necessità di armare a taglio l’elemento strutturale.

Per gli elementi strutturali dotati di specifica armatura a taglio la verifica viene eseguita sulla base

di un’adeguata schematizzazione a traliccio composto da armature trasversali, armature

longitudinali, correnti compressi e puntoni d’anima.

La verifica di resistenza (SLU) è soddisfatta se il valore di calcolo dello sforzo tagliante ( RdV )

dell’elemento strutturale è maggiore del taglio di calcolo agente ( EdV ):

EdRd VV ≥

La resistenza di calcolo a taglio dell’armatura trasversale viene calcolata tramite la seguente

relazione:

αϑα senctgctgfs

AdV yd

swRsd )(9,0 +=

La resistenza di calcolo a taglio del calcestruzzo d’anima viene calcolata con la seguente

relazione:

' 20,9 ( ) / (1 )Rcd w c cdV db f ctg ctg ctgα α ϑ ϑ= + +

Si assume che la capacità di resistenza a taglio della sezione sia la minore tra le due.

),min( RcdRsdRd VVV =

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28

Verifica agli stati limite di esercizio § 4.1.2.2

Le verifiche che sono state effettuate mediante il programma di calcolo agli stati limite

riguardano:

- verifiche di fessurazioni;

- verifiche delle tensioni di esercizio.

Verifica di fessurazione § 4.1.2.2.4

La verifica di fessurazione è stata eseguita dal programma di calcolo considerando la condizione

ambientale a cui la struttura sarà sottoposta in funzione della classe di esposizione scelta per il

calcestruzzo tab.4.1.III.

Scelta la condizione ambientale in funzione della tabella 4.1.IV si ricavano i valori nominali

massimi di apertura delle fessure che non devono essere superati

Verifica tensione massima nel cls nelle condizioni di esercizio § 4.1.2.2.5.1

Attraverso il programma di calcolo si è controllato che la tensione di compressione del

calcestruzzo σc rispetti le seguenti limitazioni:

Verifica tensione massima dell’acciaio in condizione di esercizio § 4.1.2.2.5.2

Attraverso il programma di calcolo si è controllato che la tensione massima dell’acciaio σs per

effetto delle azioni dovuta alle combinazioni caratteristiche rispetti la seguente limitazione:

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29

0,8s ykfσ <

L) Analisi dei carichi

I carichi considerati agenti sulla struttura riguardano il peso proprio, i carichi permanenti

(copertura), i carichi accidentali (neve e vento), la variazione termica ∆T e le azioni sismiche.

Di seguito si riporta l’analisi dei carichi relativa al modello di calcolo in oggetto.

-Peso Proprio (Pp)

Il peso proprio viene computato automaticamente dal programma di calcolo una volta note le

caratteristiche geometriche e meccaniche dei materiali costituenti lo scheletro resistente della

tettoia.

Peso Proprio

-Peso copertura (10 kg/m2)

carico sugli arcarecci intermedi: Qp1 = 10x1,25 = 12,50 kg/ml;

carico sugli arcarecci di bordo: Qp2 = 10x1,25x0,5 = 6,25 kg/ml;

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30

Permanente Copertura

-Neve (carico di tipo accidentale)

Il carico provocato dalla neve sulla copertura è stato valutato secondo l’espressione prevista al

punto 3.3.7 del D. M. 14/01/2008:

s i sk E tq xq xC xCµ=

dove :

- qs è il carico neve sulla copertura;

- µi è il coefficiente di forma della copertura fornito;

- qsk è il valore caratteristico di riferimento del carico neve al suolo;

- CE è il coefficiente di esposizione;

- Ct è il coefficiente termico.

Come indicato nel § 3.4.2 del D. M. 14/01/2008 il carico di neve al suolo qsk dipende dalle

condizioni locali del clima e di esposizione; nel caso in esame la costruzione sarà realizzata nel

Comune di Marineo (Zona III – as=505 m.) e si ha di conseguenza:

= 1,07 KN/m2

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31

Il valore del coefficiente di esposizione CE viene determinato in funzione della topografia del

terreno, in particolare si è considerato, a vantaggio di sicurezza, CE = 1,1.

Il valore del coefficiente termico, in assenza di uno specifico studio è stato assunto pari a Ct =

1,0.

Una volta noto il valore di qsk si determinano i coefficienti di forma della copertura che dipendono

dalla forma della tettoia e dalla sua inclinazione (α = 6°).

Poiché si è in presenza di coperture a più falde, per la determinazione dei coefficienti di forma, si

fa riferimento a quanto riportato nel § 3.4.5.4 della Circolare 02 febbraio 2009 n° 617/C.S.LL.PP.

In particolare si dovrà tenere in considerazione quanto sotto riportato:

Nel caso in esame si hanno due casi di carico dovute all’azione della neve sulla copertura:

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32

1° Caso

carico sugli arcarecci intermedi: QN1 = 107*1,1*1,0*0,8*1,25 = 117,7 kg/ml;

carico sugli arcarecci di bordo: QN2 = 107*1,1*1,0*0,8*1,25*0,5= 58,85 kg/ml;

Neve I caso di carico

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33

2° Caso

carico sugli arcarecci intermedi 1° e 4° tratto: QN3 = 107*1,1*1,0*0,8*1,25 = 117,7 kg/ml;

carico sugli arcarecci di bordo: QN2 = 107*1,1*1,0*0,8*1,25*0,5= 58,85 kg/ml;

carico sugli arcarecci intermedi 3° e 4° tratto: QN4 = 107*1,1*1,0*0,96*1,25 = 141,24 kg/ml;

Neve II caso di carico

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34

-Vento (carico di tipo pseudo statico)

L’azione del vento è stata considerata come una azione statica equivalente, che si traduce in

pressione o depressione agente in direzione normale alla superficie d’impatto.

Tale pressione è stata valutata secondo quanto indicato al punto 3.3.4 del D.M.14/01/2008 e

secondo l'espressione appresso riportata:

p= qb * ce * cp * cd

dove:

- qb è la pressione cinetica di riferimento ;

- ce è il coefficiente di esposizione ;

- cp è il coefficiente di forma ;

- cd è il coefficiente dinamico.

3.1 Calcolo della pressione cinetica di riferimento “qb”

La pressione cinetica di riferimento qb viene valutata secondo quanto previsto dal paragrafo 3.3.6

del suddetto D.M. 14/01/2008 con la seguente espressione:

21

2b bq vρ=

dove :

- Vb è la velocità di riferimento del vento in m/s;

- ρ è la densità dell’aria assunta convenzionalmente costante e pari a 1,25 N/m3

Il valore di Vb viene calcolato come indicato nella tabella 3.3.1 del § 3.3.2, in funzione della zona

di esposizione e dei coefficiente Vb,0, a0 e ka .

Per la Sicilia (zona 4) in tabella vengono riportati i seguenti valori:

- Vb,0 = 28 m/s;

- ao = 500 m;

- ka = 0,02 1/s.

Nel caso in esame, per il Comune di Marineo as = 505 m maggiore di ao = 500 m, quindi risulta:

Vb = Vb,0 + ka *(as - a0) = 28,1 m/s

La pressione cinetica di riferimento risulta pari a:

(a vantaggio di sicur. si considera qb = 500 N/m2)

3.2. Calcolo del coefficiente di esposizione “ce”

Il coefficiente di esposizione ce dipende dall’altezza della costruzione z sul suolo, dalla classe di

rugosità e dalla topografia del terreno e dall’esposizione del sito ove sorge la costruzione.

Secondo il § 3.3.7 il coefficiente ce viene calcolato secondo la formula:

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35

ce (z) = 2rk *ct* ln (

0

z

z)*[ 7+ct * ln (

0

z

z) ] (1) per z ≥ zmin

ce (z) = ce (zmin ) (2) per z < zmin

dove:

- kr , z0, zmin sono assegnati in tabella 3.3.II in funzione della categoria di esposizione del

sito ove sorge la costruzione ;

- ct = coefficiente di topografia;

Come indicato nel suddetto paragrafo si ricava zmin in funzione della zona di esposizione, della

classe di rugosità del terreno, della distanza dalla costa e dell’altitudine del sito.

Per il caso in esame risulta:

- zona di esposizione 4;

- classe di rugosità D (aree prive di ostacolo o con al più rari ostacoli isolati);

- altitudine 505 m

da cui ricaviamo:

- kr = 0,20;

- z0= 0,10;

- zmin = 5 m.

Poiché l’altezza z della tettoia in questione è di 13 m, e quindi maggiore di zmin , il valore del

coefficiente di esposizione è pari a ce (z)=2,31

3.3 Calcolo del coefficiente dinamico “cd”

Il valore del coefficiente dinamico risulta essere non significativo e quindi viene assunto cd =1.

3.4 Calcolo del coefficiente di forma “cp”

Il coefficiente di forma viene calcolato secondo quanto previsto nel § 3.3.10 delle “Istruzioni per

l’applicazione delle Norme tecniche per le Costruzioni”

Si riportano, nella figura che segue, i coefficienti di forma utilizzati per il calcolo della pressione

del vento sulle falde della tettoia e sulle colonne relativamente alla condizione per la quale il

vento agisca in direzione +X.

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36

Vento Direzione +X

Colonne

Vento agente in direzione x sulle colonne intermedie da quota 0,00 m a quota 6,00 m.

Vx1 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00 = 346,5 kg/ml

Vento agente in direzione x sulle colonne intermedie da quota 6,00 m a quota 12,00 m.

Vx2 = 50*1,4*2,31*1,00*0,25 = 40,43 kg/ml

Vento agente in direzione x sulle colonne di estremità da quota 0,00 m a quota 6,00 m.

Vx3 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00*0,5 = 173,25 kg/ml

Vento agente in direzione x sulle colonne intermedie da quota 6,00 m a quota 12,00 m.

Vx4 = Vx2 = 40,43 kg/ml

Copertura sopravvento 1a falda

Capriate intermedie

Vx5 = 50*0,88*2,31*1,00*5,00*sen6° = 51 kg/ml

Vz5 = 50*0,88*2,31*1,00*5,00*cos6° = 503,12 kg/ml

Capriate di bordo

Vx6 = 50*0,88*2,31*1,00*5,00*sen6°*0,5 = 25,5 kg/ml

Vz6 = 50*0,88*2,31*1,00*5,00*cos6°*0,5 = 251,56 kg/ml

Copertura sottovento 2a e 4a falda

Capriate intermedie

Vx7 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00*sen6° = 34,65 kg/ml

Vz7 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00*cos6° = 343,04 kg/ml

Capriate di bordo

Vx8 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00*sen6°*0,5 = 17,33 kg/ml

Vz8 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00*cos6°*0,5 = 171,52 kg/ml

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Copertura sopravvento 3a falda

Capriate intermedie

Vx9 = 50*0,66*2,31*1,00*5,00*sen6° = 38,25 kg/ml

Vz9 = 50*0,66*2,31*1,00*5,00*cos6° = 377,25 kg/ml

Capriate di bordo

Vx10 = 50*0,66*2,31*1,00*5,00*sen6°*0,5 = 19,13 kg/ml

Vz10 = 50*0,66*2,31*1,00*5,00*cos6°*0,5 = 188,63 kg/ml

Caso di carico Vx

Si riportano, nella figura che segue, i coefficienti di forma utilizzati per il calcolo della pressione

del vento sulle colonne relativamente alla condizione per la quale il vento agisca in direzione +Y.

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Vento Direzione +Y – I e III Colonne

Vento Direzione +Y – Colonne centrali

Colonne

Vento agente in direzione y sulle colonne 1a e 3a da quota 0,00 m a quota 6,00 m.

Vy1 = 50*0,6*2,31*1,00*5,00 = 346,5 kg/ml

Vento agente in direzione y sulle colonne 1a e 3a da quota 6,00 m a quota 12,00 m.

Vy2 = 50*1,4*2,31*1,00*0,25 = 40,43 kg/ml

Vento agente in direzione y sulla colonna centrale da quota 0,00 m a quota 12,00 m.

Vy3 = 50*1,4*2,31*1,00*0,25 = 40,43 kg/ml

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Caso di carico Vy

- Dilatazione termica (∆∆∆∆T)

Le sollecitazioni indotte dalla dilatazione termica, vedi § 3.5.5 del D. M. 14/01/2008, non

costituiscono azione fondamentale per la sicurezza e per l’efficienza funzionale della struttura per

cui si tiene conto della sola componente ∆Tu uniforme sulla sezione e costante su ogni elemento

strutturale che si ricava dalla tabella 3.5.II

∆Tu= 25° gradi

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40

4. Sisma (relazione sulla modellazione sismica)

-Azione sismica (§ 3.2)

Le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il rispetto dei diversi stati limite

considerati, si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito in costruzione.

La pericolosità sismica è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in

condizioni di campo libero su un sito di riferimento rigido con superficie orizzontale, nonché di

ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente Se(T), con

riferimento a prefissate probabilità di eccedenza PVR, nel periodo di riferimento VR.

In particolare la pericolosità sismica di un sito è descritta dalla probabilità che, in un fissato lasso

di tempo, in detto sito si verifichi un evento sismico di entità almeno pari ad un valore prefissato.

Nel D.M. 14/01/2008 tale lasso di tempo è denominato periodo di riferimento VR e la probabilità

è denominata “probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di riferimento” PVR.

Per applicare il D.M. 14/01/2008 le forme spettrali da cui ricavare l’azione sismica sono definite,

per ciascuna delle probabilità di riferimento PVR nel periodo di riferimento VR, a partire dai

seguenti parametri:

- ag accelerazione massima del sito fornita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e

Vulcanologia;

- F0 valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione

orizzontale;

- *CT periodo di inizio spettro a velocità costante dello spettro in accelerazione

orizzontale.

I valori di ag, F0 e *CT si ricavano dall’allegato B del D.M. 14/01/2008 in funzione della longitudine,

della latitudine del sito in costruzione e dal periodo di ritorno TR del sisma.

I valori sopradetti vengono riportati nel seguente paragrafo una volta determinato il periodo di

ritorno TR in funzione della probabilità di superamento PVR

-Stati limite e relative probabilità di superamento (§ 3.2.1)

La struttura è stata verificata considerando i seguenti 2 stati limite:

1. Stato limite di danno (SLD - stato limite di esercizio) per il quale a seguito del

terremoto la struttura risulta immediatamente utilizzabile senza mettere a rischio gli utenti

e da non compromettere significantemente la capacità di resistenza e rigidezza nei

confronti dell’azioni verticale ed orizzontali;

2. Stato limite di salvaguardia della vita (SLV – stato limite ultimo) per il quale a seguito

del terremoto la costruzione conserva una parte di resistenza e rigidezza per azioni

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41

verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche

orizzontali.

Ai due stati limite sono stati attribuiti secondo il D.M. 14/01/2008 valori di probabilità di

superamento PVR pari al 63% e al 10%.

Nota la probabilità di superamento PVR si ricava il periodo di ritorno del sisma TR attraverso la

relazione:

( )ln 1 ln(1 )NR

R uVR VR

VVT C x

P P= − = −

− −

Noto il periodo di ritorno del sisma e la longitudine e latitudine del sito in cui sorgerà la

costruzione si ricavano i valori di ag, F0 e *CT .

In particolare per il Comune di Marineo dove sorgerà la struttura in esame risulta:

- Longitudine 13.4150

- Latitudine 37.9510

ag S F0 Fv TB TC TD

SLO 0.044 1.440 2.350 0.662 0.113 0.339 1.774

SLD 0.059 1.440 2.350 0.768 0.121 0.363 1.834

SLV 0.162 1.440 2.390 1.299 0.140 0.420 2.249

SLC 0.210 1.432 2.460 1.521 0.147 0.442 2.439

- Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche (§ 3.2.2)

Per determinare l’azione sismica in funzione delle caratteristiche del suolo, il D.M.14/01/2008

individua 5 diverse tipologie di terreno in funzione della resistenza penetrometrica dinamica

equivalente NSPT, 30, della resistenza non drenata equivalente cu,30 e della velocità equivalente

della propagazione delle onde di taglio VS,30. Nel nostro caso, come meglio specificato nella

relazione geologica a cura del Geologo Donatella Virga la struttura, che verrà realizzata nel

Comune di Marineo, sarà fondata su depositi di versante carbonatici cementati (breccia

carbonatica) per cui il terreno appartiene alla categoria del suolo B.

-Descrizione del moto sismico in superficie e sul piano di fondazione (§ 3.2.3.1)

L’azione sismica è caratterizzata da 3 componenti traslazionali, 2 orizzontali X e Y ed una

verticale Z che vengono considerate tra di loro indipendenti.

Le componenti così definite sono determinate in funzione dell’accelerazione massima e del

relativo spettro di risposta attesi in superficie.

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42

-Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali (§ 3.2.3.2.1)

Lo spettro elastico fornisce il valore dell’azione sismica, valutato in termini di accelerazione, su di

una struttura elastica soggetta ad un terremoto. Esso è funzione del livello di sismicità della zona

considerata e delle caratteristiche geotecniche del suolo di fondazione. Una volta noto lo spettro

di risposta elastico è possibile derivare gli spettri da utilizzare in fase di progetto nel calcolo allo

stato limite di danno e di salvaguardia della vita.

Lo spettro di risposta elastico della struttura in funzione del periodo proprio di vibrare di questa

viene calcolato con le seguenti formule:

0≤T<TB Se(T) = ag * S * η * F0 *0

11

*B B

T T

T F Tη

+ −

(1)

TB ≤T<TC Se(T) = ag * S * η * F0

TB ≤T<TC Se(T) = ag * S * η * F0 * CT

T

TD ≤T Se(T) = ag * S * η * F0 * 2

C DT T

T

Con il seguente significato dei simboli:

- T è il periodo di vibrazione

- Se è l’accelerazione spettrale orizzontale

- S è un coefficiente che tiene conto della categoria del sottosuolo e delle condizioni

topografiche mediante la seguente relazione S = SS * ST

- 10

ξ=

+, dove ξ =1;

- F0 è il fattore che amplifica la forma spettrale;

- TC è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da

TC = CC* *CT , dove *

CT è stato precedentemente determinato e CC è un coefficiente

funzione della categoria del sottosuolo (tab. 3.2.V);

- TB è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazione costante

ed è definito come TB = 3CT ;

- TD è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante, espresso in

secondi mediante la relazione TD = 4,0* 1,6ga

g+

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43

-Amplificazione stratigrafica

Per la categoria di sottosuolo B i coefficienti SS e CC sono quelli previsti nella tabella 3.2.V del

D.M. 14/01/2008.

-Amplificazione topografica

Per tener conto delle condizioni topografiche si utilizzano i valori del coefficiente topografico ST

riportato nel tabella 3.2.VI, in funzione della categoria topografica e dell’ubicazione dell’opera.

Nel nostro caso risulta T2 (in sommità al pendio) e ST = 1,2.

-Spettro di risposta elastico in accelerazione della componente verticale (§ 3.2.3.2.2)

Lo spettro di risposta elastico in accelerazione della componente verticale è definito dalle

seguente espressioni:

0≤T<TB Sve(T) = ag * S * η * Fv * 1

1*B V B

T T

T F Tη

+ −

(2)

TB ≤T<TC Sve(T) = ag * S * η * Fv

TB ≤T<TC Sve(T) = ag * S * η * Fv * CT

T

TD ≤T Sve(T) = ag * S * η * Fv * 2

C DT T

T

Dove:

- T è il periodo di vibrazione;

- Sve è l’accelerazione spettrale verticale;

- Fv è il fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima mediante la relazione:

Fv = 1,35 * F0 *

0,5

ga

g

I valori dei parametri dello spettro di risposta elastico della componente verticale in funzione

della categoria del terreno di fondazione (B) sono pari a:

- SS = 1,0;

- TB = 0,05 s;

- TC = 0,15 s;

- TD = 1,0 s

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44

-Spettri di progetto per gli stati limite di esercizio (§ 3.2.3.4)

Per gli stati limite di esercizio lo spettro di progetto Sd(T) da utilizzare, sia per le componenti

orizzontali che per la componente verticale, è lo spettro elastico corrispondente, riferito alla

probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR

-Spettri di progetto per gli stati limite ultimi (§ 3.2.3.5)

Al fine del progetto, le capacità dissipative della struttura sono messe in conto attraverso un

fattore riduttivo delle forze elastiche, denominato fattore di struttura q. In tal caso, lo spettro di

progetto Sd(T) sia per le componenti orizzontali che per la componente verticale, è lo spettro

elastico corrispondente riferito alla probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR con

le ordinate ridotte sostituendo nelle formule (1) e (2) η con 1

q.

-Fattore di struttura q (§ 7.3.1)

Il fattore di struttura q, dipende dalla tipologia strutturale, dalla classe di duttilità e dalla regolarità

strutturale.

La relazione utilizzata per il calcolo di q è la seguente:

q = q0 * KR

dove:

- q0 è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla

tipologia strutturale e dal rapporto 1

uαα

;

- KR è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della

costruzione

Nel caso in esame si ha:

- q0 = 4,0*1

uαα

= 4,0 *1,0 = 4,0 KR = 0,8

In definitiva risulta: q = q0 * KR = 4,0 * 0,8 = 3,20

Per la componente verticale dell’azione sismica il valore di q è pari a q = 1,5 (§ 7.3.1).

-Combinazione dell’azione sismica con le altre azioni (§ 3.2.4)

Tutte le azioni agenti sulla struttura sono state combinate tra di loro secondo la seguente

relazione:

1 2 2 j kjj

G G E Qψ+ + +∑

gli effetti dell’azione sismica sono valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti

carichi gravitazionali:

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45

1 2 2 j kjj

G G Qψ+ +∑

Nel nostro caso 2 jψ =0,3 per i carichi accidentali (tab.2.5.I).

Sisma dinamico SLU αααα=0°

Sisma dinamico SLU αααα=90°

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Sisma dinamico SLD αααα=0°

Sisma dinamico SLD αααα=90°

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47

M) Combinazione dei carichi

Per il calcolo delle sollecitazioni massime si sono adottate le seguenti combinazioni di carico

(Vedi tabulato pag. 56):

- SLU: 1 1 2 2 1 1 2 02 2 3 03 3 0.....G G Q k Q k Q k Qn n knxG xG xQ x xQ x xQ x xQγ γ γ γ ψ γ ψ γ ψ+ + + + + + ;

- SLE rara: 1 2 1 02 2 03 3 0...k k k n knG G Q xQ xQ xQψ ψ ψ+ + + + + + ;

- SLE frequente: 1 2 11 1 22 2 23 3 ...k k kG G xQ xQ xQψ ψ ψ+ + + + + ;

- SLE permanente: 1 2 21 1 22 2 23 3 ...k k kG G xQ xQ xQψ ψ ψ+ + + + + ;

- Sisma (E): 1 2 21 1 22 2 ...k kE G G xQ xQψ ψ+ + + + +

Dove:

Categoria/Azione variabile 0 jψ 1 jψ 2 jψ

Categoria A – Ambienti ad uso residenziale 0,7 0,5 0,3

Vento 0,6 0,2 0,0

Neve (a quota < 1000 m s.l.m.) 0,5 0,2 0,0

∆T 0,6 0,5 0,0

Coefficiente

γγγγf

EQU A1

STR

A2

GEO

Carichi permanenti γG1 1,1 1,3 1,0

Carichi permanenti non strutturali γG2 1,5 1,5 1,3

Carichi variabili γQi 1,5 1,5 1,3

N) Diagrammi inviluppo sollecitazioni

Di seguito si riportano i diversi diagrammi di sollecitazione (N-T-M) della capriata maggiormente

sollecitata e successivamente i diagrammi di inviluppo delle sollecitazioni corrispondenti alle

azioni di progetto sulla tettoia come ottenuti dall’elaboratore matematico.

Diagrammi sollecitazione capriata maggiormente sollecitata

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48

Sforzo normale N – Nmax = -3,154x104 kg

Taglio T – Tmax = -4755,73 kg

Momento M – Mmax = 4,984x105 kg

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49

Diagrammi inviluppo dell’intera struttura

Sforzo normale N – Nmax = -3,432x104 kg

Taglio T – Tmax = -5583,09 kg

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50

Momento M – Mmax = -7,038x105 kg

O) Configurazioni deformate

Nel presente paragrafo si riportano le configurazioni deformate delle strutture di che trattasi,

corrispondenti alle principali combinazioni di carico.

Deformata per carichi verticali

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51

Deformata vento dir. +X – comb. 105

Deformata vento dir. +Y – comb. 45

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52

Deformata sisma SLU αααα=0° – comb. 167

Deformata sisma SLU αααα=90° – comb.198

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53

Deformata sisma SLD αααα=0° – comb. 231

Deformata sisma SLD αααα=90° – comb. 262

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54

P) Verifica strutture in acciaio

Di seguito si riportano le diverse verifiche effettuate dall’elaboratore di calcolo secondo quanto

previsto dalle N.T.C. 2008

Verifica N/M § 4.2.4.1.2

Colonne

Ver N/M = 0,51 < 1,00

Travi e briglie

Ver N/M = 0,85 < 1,00

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55

Arcarecci

Ver N/M = 0,95 < 1,00

Montanti e diagonali

Ver N/M = 0,47 < 1,00

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56

Verifica V/T § 4.2.4.1.2

Colonne

Ver V/T = 0,15 < 1,00

Travi e briglie

Ver V/T = 0,077 < 1,00

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57

Arcarecci

Ver V/T = 0,11 < 1,00

Montanti e diagonali

Ver V/T = 0,0065 < 1,00

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58

Verifica a presso-flessione § 4.2.4.1.3.3

Colonne

Valore max = 0,85 < 1,00

Travi e briglie

Valore max = 0,80 < 1,00

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59

Arcarecci

Valore max = 0,70 < 1,00

Montanti e diagonali

Valore max = 0,39 < 1,00

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60

Q) Verifiche stato limite di esercizio strutture in acciaio

Dai grafici colorati si ricava che gli spostamenti massimi (Dz) sono inferiori a quanto previsto

dalla normativa. Le frecce negli elementi strutturali (arcarecci e capriate) sono contenute e non

comportano danni alla copertura. Ai fini della verifica sono state considerate le combinazioni rare

agli stati limite di esercizio.

Dz max = -1,82 cm (comb. 341)

Verifica capriata

L=2000 cm y=1,82 cm

f= y/l < 1/500

f= 1,82/2000= 0,00091 < 0.002

Verifica arcarecci

L=500 cm y=1,82 cm

f= y/l < 1/200

f= 1,82/500= 0,00364 < 0.005

R) Verifica collegamenti in acciaio

Per la verifica dei collegamenti degli elementi in acciaio si è proceduto ad individuare le massime

sollecitazioni agenti sugli elementi strutturali e quindi si è effettuata la loro verifica.

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61

- Asta (Diagonale) 2L 60x6 – nodo 677 – elemento 7 – combinazione 93

2L 60x6dist. accoppiamento

d=12 mm

2L 60x6Montanti

dist. accoppiamentod=12 mm

AngolareL 120x60x10

Diagonale

N = 21870 kg

Per la verifica delle saldature si sono assegnate lunghezze di saldatura in base alle

caratteristiche geometriche del nodo e poi si sono verificate tali lunghezze facendo riferimento al

seguente schema di calcolo:

N = 21870

a1*l1*τ1

a2*l2*τ2

L2= 11cm

L1= 16cm

b2

= 1,

7cm

b1=

4,3

cm

"1 = τ2 = τamm = 1350 kg/cm2

Per l’equilibrio si ha:

#$ %$ &'(( $ !

# % &'(( $$ !

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62

- Montante 2L 60x6 – nodo 492 – elemento 41 – combinazione 93

N = 14650 kg

N = 14

65

0

a1*l

1*τ1

a2*l

2*τ

2

L1=

10cm

L2=

10cm

b1= 1,7cm b2= 4,3cm

"1 = τ2 = τamm = 1350 kg/cm2

Per l’equilibrio si ha:

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# % &'(( $$ !

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63

- Corrente laterale IPE 160 – nodo 686 – elemento 872 – comb. 208 (M) – comb. 93 (T)

M = 66930 kg cm - T = 630 kg - N = 13 kg

10121

138

A

70

23

0

75 80 75

Bulloni M16Fori Ø17.5

Corrente lateraleIPE 160

Montante di testata

dist. accoppiamentod=12 mm

2L 120x80x10

Pos. C

2L 60x6Diagonale

dist. accoppiamento

d=12 mm

Per la verifica dell’unione si sono assegnati i diametri dei bulloni, lo spessore e la lunghezza della

piastra, la lunghezza delle saldature, in base all’esperienza pregressa riguardante strutture

similari e successivamente si sono verificati tali elementi facendo riferimento al seguente schema

di calcolo:

ht

= 2

3 c

m

T

S

S

M

2,8

- Verifica 4 bulloni M16

σb =

τb =

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64

=

- Verifica piastra di collegamento

= 4074 kg*cm

=2,76 cm3

- Verifica della saldatura

12,5

Si verificano le saldature considerando, a vantaggio di sicurezza, reagenti solo quelle dell’anima:

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65

- Briglia 2L 120x60x10 – nodo 623 – elemento 789 – comb. 93

M = 60330 kg cm - N = 37530 kg – T = 552 kg

Col

onne

H

EA

24

0

100

100

100

28

010

010

010

060

60

1000

44 44

12

44 44

Bulloni M16Fori Ø17.5

Montante di testata

dist. accoppiamentod=12 mm

2L 120x80x10

Saldatura2° classe

S = M/d = 60330/20 = 3016,5 kg

σb = (S/nb*Ares) + (N/ntot*Ares) = (3016,5/4*1,57) + (37530/8*1,57) = 3468,4 < 3600 kg/cm2

τb = T/ nb*Ares = 552/8*1,57 = 44 < 2550 kg/cm2

(σb/ σamm)2 + (τb/ τamm)2 = 0,93 < 1

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66

- Verifica piastra di base HEA 240

118

12

240

12

118

135

122

1812

135

Tirafondi Ø20 mm Vite classe 6.6 Dado 5SPiatti acciaio tipo Fe 360Colonna: HEA 240Cordoni di saldatura s=7 mm

50

0

500

6019019060

60

38

06

0

Sollecitazioni più gravosi agenti sulla piastra di base:

Cmb.Nodo V3 (daN) V2 (daN) N (daN) M3 (daN cm) M2 (daN cm) T (daN cm)

4213.67 99,8 1370,6 -4428,3 -703800,0 -7617,7 88,5

4216.67 104,8 1370,4 -4785,0 -698200,0 -8051,0 84,2

4673.69 -59,4 1355,8 -207,8 -673100,0 3962,0 79,4

Dati colonna: HEA 240

A = 76,80 cmq Jx = 7763,00 cm4 Wx = 675,10 cm3

Jy = 2769,00 cm4 Wy = 230,70 cm3

Piastra di base rettangolare 500x500 mm, spessore = 30 mm

Tipo di acciaio: Fe 360

Fondazione: Rck CLS = 300 daN/cmq

Pressione massima = 61,4 daN/cmq con combinazione di carico n. 4213

Coord.vertici dir.3 e 2 (cm) Pres.CLS (daN/cmq) Verifica (< 0.44 Rck)

0,0 0,0 0,0 ok

0,0 50,0 59,1 ok

50,0 50,0 61,4 ok

50,0 0,0 0,0 ok

Tirafondi:

Diametro = 20 mm

Area = 3,14 cmq, Area ridotta per filettatura = 2,45 cmq (Ar/A = 0,78)

Vite classe 4.6 Dado 4D

fdN = 2400 daN/cmq

fdV = 1700 daN/cmq

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67

Tensione normale massima = 2280,9 daN/cmq con combinazione di carico n. 4673

Coord.tirafondi dir.3 e 2(cm) Tens.Norm.(daN/cmq) Tens.Tang.(daN/cmq) Verifica

6,0 44,0 0,0 92,1 ok

44,0 44,0 0,0 92,5 ok

44,0 6,0 2280,9 92,1 ok

6,0 6,0 2266,0 92,5 ok

25,0 44,0 0,0 92,3 ok

25,0 6,0 2273,5 92,3 ok

Tensione tangenziale massima = 93,7 daN/cmq con combinazione di carico n. 4216

Coord.tirafondi dir.3 e 2 (cm) Tens.Norm.(daN/cmq) Tens.Tang.(daN/cmq) Verifica

6,0 44,0 0,0 93,3 ok

44,0 44,0 0,0 93,7 ok

44,0 6,0 2049,2 93,3 ok

6,0 6,0 2076,9 93,7 ok

25,0 44,0 0,0 93,5 ok

25,0 6,0 2063,0 93,5 ok

Verifica piastra:

fd = 2350 daN/cmq

Verifica sezione dir.3 a filo del pilastro:

Sollecitazione massima con combinazione di carico n. 4213

Pressione media bordo dir.3 = 60,23 daN/cmq

M3 massimo = 274421,00 daN cm

W piastra nervata = 517,22 cm3

Tensione massima = M3 / W = 530,57 daN/cmq < fd (ok)

Verifica sezione dir.2 a filo del pilastro:

Sollecitazione massima con combinazione di carico n. 4213

Pressione media bordo dir.2 = 30,69 daN/cmq

M2 massimo = 129685,20 daN cm

W piastra nervata = 517,22 cm3

Tensione massima = M2 / W = 250,73 daN/cmq < fd (ok)

Verifica della piastra in corrispondenza del tirafondo con maggior trazione:

Trazione massima con combinazione di carico n. 4673

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68

Sforzo massimo tirafondo = 2280,95 daN/cmq

Forza applicata dal tirafondo = F = Sf. max. * Area ridotta del tirafondo = 5589,33 daN

M max. = F x dist. = 5589,33x7,00=39125,32 daN cm

Larghezza utile B = 14,0 cm

W = B*spessore²/6 = 21,00 cm3

Tensione max = M max / W = 1863,11 daN/cmq < fd (ok)

Verifiche di ancoraggio dei tirafondi:

Ancoraggio con piatti circolari di diam. = 8,0 cm

Area del piatto (Ac) = 47,1 cmq

Resistenza del CLS = Ac Fcd = 7329,9 daN > Forza applicata al tirafondo = 5589,3 daN (Ok)

S) Verifiche strutture in c.a.

Le verifiche degli elementi in c.a. sono eseguite automaticamente dal programma di calcolo 2SI -

Supersap e sono interamente riportate nel tabulato di calcolo da pag. 317.

Dall’esame del tabulato di calcolo e dei grafici colorati rappresentativi delle tensioni indotte, è

emerso che tutte le sollecitazioni di progetto nel calcestruzzo e nelle armature risultano

inferiori alle sollecitazioni ultime.

Pareti

Verifica N/M =0,99 < 1,00

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69

Travi di fondazione

Verifica N/M = 0,98 < 1,00

Verifica V/T = 0,87< 1,00

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70

T) Verifiche agli stati limite di esercizio

Dall’esame del tabulato di calcolo (vedi pag. 341) è risultato che nelle pareti e nelle travi di

fondazione il rapporto tra la massima compressione nel calcestruzzo e la tensione fck in

combinazioni rare (rRfck), tra la massima tensione nell’acciaio e la tensione fyk in combinazioni

rare (rRfyk) e tra la massima compressione nel calcestruzzo e la tensione fck in combinazioni

quasi permanenti (rPfck) risultano inferiori ad i limiti imposti dalle N.T.C. al § 4.1.2.2.5.

Pareti

rRfck=0,60 = 0,60

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71

rRfyk = 0,75 < 0,8

rPfck=0,05 < 0,45

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72

Travi di fondazioni

rRfck=0,36 < 0,60

rRfyk = 0,73 < 0,8

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73

rPfck=0,11 < 0,45

- Verifica a fessurazione

Dall’esame del tabulato di calcolo e dei grafici colorati è risultato che le travi di fondazione

presentano durante la vita utile, per condizioni di carico frequente e permanente, un quadro

fessurativo inferiore a quello limite di esercizio.

Wf=0,00 < 0,40 mm

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74

Wp=0,00 < 0,30 mm

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75

U) Relazione sui materiali

CALCESTRUZZO E BARRE DI ARMATURA

Premessa I materiali utilizzati hanno le seguenti caratteristiche:

Calcestruzzo Rck 30 N/mm2 fck = 25 N/mm2 Armature B450C (Feb44K) fyk= 430 N/mm2

La qualità del cls armato della struttura in oggetto dal punto di vista della durabilità, delle capacità portanti e dei livelli di sicurezza dell’opera in oggetto sarà garantita attraverso i punti seguenti:

1. una corretta prescrizione di capitolato per il cls; 2. il confezionamento di un cls prodotto in regime di qualità certificato che consenta preliminarmente di accertare che le prescrizioni

specificate dal progettista siano realmente conseguibili riducendo al minimo le oscillazioni prestazionali rispetto ai valori attesi; 3. un’idonea posa in opera che eviti la segregazione dell’impasto e consenta di conseguire per il cls in opera valori della massa volumica

prossimi a quelli massimi caratteristici di un impasto compattato a “rifiuto”; 4. garantendo un’adeguata maturazione del cls nel periodo immediatamente successivo alla posa in opera del cls nei casseri;

Nei successivi paragrafi vengono meglio spiegati i punti precedenti allo scopo di fornire tutte le indicazioni che deve avere il cls a maturazione avvenuta. Il cls e i suoi componenti Il cls è un materiale composito ottenuto miscelando, secondo rapporti opportuni, materiali lapidei grossi e fini (aggregati), cemento e acqua. Oltre a questi componenti di base, può contenere anche additivi e/o aggiunte specifiche e anche aria inglobata accidentalmente o intenzionalmente nel corso della lavorazione dell’impasto; tutti i materiali utilizzati per il confezionamento del cls dovranno riportare la marcatura CE, in ottemperanza del D.M. 14.01.2008. Gli aggregati Gli aggregati sono costituiti da sostanze minerali naturali e/o artificiali frantumate, con particelle di dimensioni e forme adatte alla produzione del cls (norma EN 206). Il confezionamento dell’impasto in oggetto avrà una bassa tendenza alla fessurazione e una buona durevolezza ottenuta massimizzando il volume di aggregati, compatibilmente con la necessità di lavorabilità del calcestruzzo (trasporto, pompaggio, posa in opera, compattazione e segregazione degli inerti). Assortimento granulometrico ottimale. L’assortimento granulometrico ottimale degli aggregati è quello che porta: al valore minimo dei vuoti tra gli aggregati, cioè alla massima densità, in modo da rendere minima la quantità di pasta cementizia richiesta; alla massima lavorabilità; alla minima segregazione dell’impasto. La distribuzione granulometrica di aggregati da aggiungere in un impasto è stata determinata in base alle esigenze di tipo progettuale e strutturale. E' stata scelta la curva di Bolomey valida per dosaggi di cemento compresi da 280 a 320 kg/m3 e consistenza S4-S5

100(100 )

100

dP A C A

D C

= − + − × × − dove:

cC

c Agg=

+ c è la massa di cemento per metro cubo di impasto; Agg è la massa di aggregati per metro cubo di impasto; A è un coefficiente che tiene conto della forma dell’aggregato e della classe di consistenza dell’imposto e che varia da 4 a 14.

Al fine di potere utilizzare l’equazioni precedente è necessario stabilire il diametro massimo degli aggregati che verranno utilizzati nell’impasto di calcestruzzo e che sarà pari a 32 mm. Caratteristiche indesiderate. Negli aggregati non saranno presenti sostanze dannose come: sostanze organiche, spesso sotto forma di humus, che rallentano il processo di idratazione del cemento e quindi allungano i tempi di presa, riducendo la resistenza meccanica a breve tempo; sostanze costituite da particelle finissime (come argilla, limo e polveri) che possono depositarsi sugli aggregati riducendo la loro adesione con la pasta di cemento; particelle, ad esempio di carbone o di mica, meccanicamente deboli; solfati che possono reagire con i costituenti della pasta cementizia per dare prodotti espansivi o di cloruri che causano problemi di corrosione alle armature; sostanze che in ambiente alcalino tipico del cls tendono a reagire dando un prodotto espansivo che può causare la distruzione del cls (alcune forma di silice reattiva). Si riporta di seguito la tabella della norma UNI 8520 che riguarda gli aggregati per il confezionamento di cls e che il fornitore dovrà rispettare; il tipo di cls utilizzato per il confezionamento delle strutture in oggetto appartiene alla Categoria B.

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76

Il cemento Il tipo di cemento utilizzato nel confezionamento del cls sarà un Portland di miscela CE II 32,5 R L’acqua di impasto Relativamente alle acque per il confezionamento del cls, la norma UNI-EN 1008 impone che bisogna verificare preliminare il contenuto delle sostanze riportate nella tabella successiva che deve risultare inferiore ai limiti ivi riportati

SOSTANZE CONTENUTO MASSIMO AMMISSIBILE [mg/l]

Cloruri 1000 Solfati 2000 Alcali 1500

Zuccheri 100 Fosfati 100 Nitrati 500 Piombo 100 Zinco 100

Salvo specifica autorizzazione del Direttore dei Lavori, è elusa la possibilità di qualunque aggiunta d’acqua al calcestruzzo al momento del getto. Resistenza meccanica del cls Nell’ambito delle costruzioni in conglomerato cementizio armato al cls viene affidato il compito di resistere agli sforzi di compressione prescindendo dalla sua resistenza a trazione. La resistenza meccanica a compressione del cls dipende fondamentalmente dal:

grado di idratazione del cemento; rapporto A/C; dimensione massima degli aggregati; macrovuoti derivanti da difetti di compattazione; presenza di materiale a comportamento pozzolanico; additivi; caratteristiche dell’impasto allo stato fresco (lavorabilità e segregazione); temperatura a cui avviene la maturazione dei getti;

La resistenza meccanica a compressione del cls si può fare dipendere dal rapporto A/C e dal tempo di maturazione; in particolare se si verificano le seguenti condizioni:

1. il volume di aria intrappolata nell’impasto deve essere compreso tra lo 0,5 e il 4,5% in funzione del diametro massimo dell’aggregato;

2. la stagionatura dell’impasto avviene in ambiente umido (U.R. > 95%);

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3. la temperatura di maturazione è compresa tra 17 e 23° C; 4. gli aggregati posseggono una massa volumica non inferiore a 2,4 g/cm3; 5. il confezionamento deve avvenire senza ricorrere all’utilizzo di additivi ritardanti e/o acceleranti di presa e indurimento, né a

quello di additivi riduttori di acqua;

vale la seguente equazione di Powers modificata

c

KR

A

C

=

che permette di individuare il valore del rapporto A/C noto il valore della resistenza a compressione richiesto ad un dato tempo t e viceversa; si riporta di seguito il diagramma relativo al tipo di cemento utilizzato CE II 32,5 per le opere in oggetto.

Controlli e prove sul cls Il controllo di qualità del cls ha come obiettivo quello di controllare che la “ricetta” del cls abbia i requisiti meccanici richiesti dal progetto. I requisiti meccanici di una cls dipendono non solo dai requisiti specificati dal progettista ma anche dalla Ditta produttrice che nel caso in esame disporrà di un sistema permanente di controllo interno della produzione allo scopo di assicurare che il prodotto risponda ai requisiti previsti dalle NTC. Tale sistema di controllo è certificato da organismi terzi indipendenti che opereranno in coerenza con la Norma UNI-CEI EN ISO/IEC 17021:2006, autorizzati dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulla base dei criteri di cui al D.M. 9/5/2003 n.156. I documenti che accompagnano la fornitura di cls indicheranno gli estremi di tale certificazione, il Direttore dei Lavori verificherà quanto sopra indicato e rifiuterà l’eventuali forniture provenienti da impianti non conformi; saranno effettuate le prove di accettazione previste al § 11.2.5 e la D.L. riceverà prima dell’inizio della fornitura copia della certificazione del controllo di processo produttivo. Prove di accettazione (§ 11.2.5): Nel caso in esame si ha una struttura costituita da ……m3 di cls per cui si prevedono controlli di accettazione di Tipo A. Ogni controllo di accettazione è rappresentato da 3 prelievi ciascuno dei quali eseguito su un massimo di 100 m3 di getto di miscela omogenea; per ogni giorno di getto sarà effettuato comunque un prelievo. Ogni prelievo è costituito da n° 2 provini confezionati utilizzando stampi in polistirolo specificati dalla Norma UNI EN 12390-1, dovranno essere

compattati a “rifiuto” e verranno conservati in ambiente a temperatura di 20 ± 2° C e U.R. > 95% in accordo con la Norma UNI EN 12390-2 per 28 giorni. Alla scadenza di questi, i provini verranno posti a prove di schiacciamento secondo la Norma UNI EN 12390-3 e 4; il controllo risulta positivo se:

1 3,5ckR R≥ − N/mm2 e 3,5m ckR R≥ + N/mm2 Dove:

R1 è il minore valore di resistenza dei prelievi N/mm2; Rm è la resistenza media dei prelievi N/mm2.

L’acciaio Gli acciai per le armature delle strutture in oggetto saranno prodotti con sistema permanente di controllo interno della produzione in stabilimento che assicurerà il mantenimento dello stesso livello di affidabilità indipendentemente dal processo di produzione. Il sistema di gestione della qualità del prodotto sarà coerente con la norma UNI EN ISO 9001/2000 e sarà certificato da un organismo terzo indipendente. L’azienda che produce gli acciai sarà in possesso di un attestato di qualificazione che opera in coerenza con le norme UNI CEI EN ISO/IEC 170221/2006 per gli acciai, rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale della Presidenza del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Gli acciai di qualità saranno riconoscibili e saranno provvisti di marchio indelebile (inalterabile nel tempo e senza possibilità di manomissione) depositato presso il Servizio Tecnico Centrale in modo tale da rintracciare l’azienda produttrice e il suo stabilimento al fine di determinare in modo inequivocabile il tipo di acciaio e l’eventuale saldabilità. La mancanza della marchiatura rende il prodotto non utilizzabile. Resistenza meccanica dell’acciaio La resistenza meccanica degli acciai sarà valutata con opportune prove di laboratorio in particolare per la determinazione della resistenza meccanica a trazione degli acciai si utilizzeranno prove di trazione diretta consentendo di ottenere informazioni relativamente alla tensione di snervamento, la tensione di rottura, e l’allungamento sotto carico massimo. Con la nuova normativa gli acciai utilizzabili sono di due tipi B 450 C e B 450 A, la lettere C indica gli acciai laminati a caldo mentre la lettera A indica gli acciai deformati a freddo. Le caratteristiche meccaniche degli acciai suindicati devono essere conformi a quelle indicate nella tabella seguente:

Caratteristiche B450C

B450A

Snervamento fy nom ≥ 450 N/mm² ≥ 450 N/mm² Rottura ft nom ≥ 540 N/mm² ≥ 540 N/mm²

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Rapporto ft / fy 1,15≤(ft/fy)k≤1,35 1,05≤(ft/fy)k≤1,25 Rapporto fy / fy nom fy / fy nom ≤ 1,25 fy / fy nom ≤ 1,25

Allungamento al carico massimo Agt

Agt ≥ 7,5 % Agt ≥ 2,5 %

L’acciaio utilizzato nella struttura in oggetto è del tipo B 450 C, il diagramma tensione deformazione qualitativo per tale tipo di acciaio è riportato nella figura seguente:

Nella figura sono rappresentate le grandezze necessarie per identificare la qualità dell’acciaio in particolare la tensione di snervamento (fy), la tensione di rottura (fr) e l’allungamento al carico massimo (Agt). L’accertamento delle proprietà meccaniche degli acciai sarà condotta in base alle norme UNI EN ISO 15630-1/2004. Tutti gli acciai da cemento armato saranno ad aderenza migliorata. Controlli e prove sulle barre di armatura La D.L. controllerà che le forniture saranno accompagnate da copia dei documenti rilasciati dal produttore tra cui l’attestato di qualificazione del Servizio Tecnico Centrale riportante un timbro in originale con almeno la data di spedizione ed il destinatario. Inoltre le forniture riporteranno il documento di trasporto del commerciante stesso con la data di spedizione, la quantità, il tipo, le colate ed il destinatario. La D.L. dovrà eseguirà entro 30 giorni dalla consegna del materiale i controlli di accettazione su provini in numero di 3 dello stesso diametro per ogni lotto di consegna di 30 t. I valori di resistenza ed allungamento di ciascun campione devono essere compresi fra i valori massimi e minimi riportati nella tabella seguente:

Caratteristica Valore limite Snervamento fy minimo 425 N/mm2 Snervamento fy massimo 572 N/mm2

Allungamento Agt minimo ≥ 6,0%

Rottura/Snervamento 1,13≤

t

y

f

f ≤1,37 Piegamento/Raddrizzamento Assenza di cricche

Messa in opera e stagionatura del cls Il Calcestruzzo in opera avrà realmente le caratteristiche elasto-meccaniche e di durabilità previste in fase di progetto. Nei paragrafi successivi vengono descritte le procedure di posa in opera, di compattazione e di maturazione dei getti che l’Impresa esecutrice rispetterà affinché vi sia una esatta corrispondenza tra il calcestruzzo previsto nella voce di capitolato e quello realmente messo in opera. Tali procedure sono state scelte dal sottoscritto in base alle condizioni esistenti in cantiere, dalla tipologia della struttura da realizzare e in base ai sistemi di posa in opera e compattazione disponibili dalla Impresa esecutrice. Preparazione dei casseri L’impresa esecutrice si accerterà che i casseri saranno ben fissati in modo da evitare fenomeni di “galleggiamento”, si inseriranno puntelli e sistemi di controvento in modo da garantire una rigidezza opportuna capace di sopportare la spinata del CLS durante la fase di posa in opera e di successiva compattazione, senza subire deformazioni significative. Inoltre per garantire una facciavista di pregevole fattura sarà evitato che la superficie del cassero sia inquinata da tracce di sporco o di terriccio. Predisposizione delle armature L’impresa esecutrice garantirà il corretto posizionamento dell’armatura e del copriferro secondo le tavole esecutive del presente progetto. Inoltre nella progettazione si è effettuata la scelta dei tondi di armatura in modo tale che durante il getto in qualsiasi zona si possa inserire il vibratore. Nella disposizione delle armature, infine, l’Impresa esecutrice eviterà che le stesse possano cerare spinte a vuoto con il rischio conseguente di fessurazione ed espulsione del calcestruzzo come avviene ad esempio all’attacco tra le solette rampanti delle scale ed il pianerottolo. Posa in opera del cls Il calcestruzzo per sua natura di materiale eterogeneo ha una tendenza naturale a “smiscelarsi” ovvero a separarsi nei vari ingredienti che lo costituiscono (fenomeno della segregazione). Per limitare tale fenomeno, le betoniere che arriveranno in cantiere dovranno fare ruotare la cisterna prima del getto per 5 minuti alla massima velocità. La posa in opera del cls avverrà attraverso una pompa al cui innesco è prevista una lubrificazione con una malta molto ricca di cemento, inoltre il fornitore di cls sarà responsabile della sua pompabilità. Nel cls il fenomeno della segregazione è determinato principalmente dall’altezza di caduta del conglomerato per raggiungere il fondo del cassero e dall’urto del cls contro i ferri di armatura, dando origine a zone particolarmente ricche di aggregato grosso dette vespai o nidi di ghiaia. La separazione degli aggregati grossi della pasta può avvenire anche se il cls viene lasciato cadere su un piano inclinato o viene gettato all’interno di una cassaforma suborizzontale; ad esempio nelle solette rampanti di scale, travi a ginocchio o travi di tetti a falde. Un ulteriore errore che può favorire il fenomeno della segregazione è rappresentato dal getto del conglomerato contro le pareti verticali del cassero.

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Per risolvere tali problemi l’Impresa esecutrice utilizzerà dei “convogliatori” con altezza di caduta massima del cls di 2 m, ovvero si introdurrà il tubo-getto fino sul fondo della cassaforma e si solleverà man mano che il conglomerato la riempia facendo in modo che il tubo comunque rimanga sempre annegato nel cls per una profondità di 20 cm. Laddove questa soluzione non sia praticabile, si utilizzerà un imbuto con un gambo di lunghezza pari a 2 m che possa convogliare il cls al centro della cassaforma evitando che vi sia collisione dell’impasto con la gabbia di armatura e le sponde dei casseri. Preparazione delle superfici per la ripresa di getto L’obbiettivo che si deve perseguire per realizzare una corretta ripresa di getto è far si che la superficie di cls già indurito che funge da “controcassero”: abbia una sufficiente resistenza a trazione superficiale; un’idonea rugosità superficiale per consentire una corretta ripartizione degli sforzi tangenziali grazie all’effetto meccanico dell’ancoraggio; sia priva di sostanze che impediscano, ostacolino o inficino l’adesione del cls fresco con quello indurito; non sottragga acqua al cls fresco. Al fine di ottenere ciò l’Impresa esecutrice rimuoverà lo strato corticale costituito da cemento in forma generalmente anidra (cls “bruciato” superficialmente) mediante bocciardatrici, martelli pneumatici, macchine pallinatrici, frese oppure con idropulitrici che consentano una facile asportazione del lattime di cemento superficiale e garantiscano l’ottenimento di una superficie con asperità di almeno 5 mm. Inoltre, prima di procedere all’esecuzione del getto l’Impresa esecutrice irrorerà con acqua le superfici del substrato in cls per evitare che questo sottragga acqua al conglomerato fresco; l’eventuale acqua in eccesso sulla superficie del substrato prima del getto sarà eliminata mediante stracci umidi oppure con aria compressa. Infine non si posizionerà il cassero troppo a ridosso della ripresa di getto in modo da evitare la conseguente perdita di boiacca per la scarsa tenuta dello stesso. Lavorabilità del cls Dopo l’introduzione del cls nei casseri, si curerà la stesura in modo da garantire il completo riempimento in accordo alla geometria prevista per l’elemento strutturale e sarà realizzato un perfetto inglobamento delle barre di armatura, al fine di ottenere un eccellente trasferimento degli sforzi tra i due materiali e un’adeguata protezione dell’acciaio nei confronti dell’incendio espellendo tutta l’aria intrappolata accidentalmente nei getti per avere la massima densità possibile per il cls impiegato. Si perseguirà quest’ultimo obbiettivo garantendo per il cls in opera una resistenza prossima a quella che il conglomerato evidenzia nelle prove di schiacciamento effettuate sui provini cubici prelevati a bocca di betoniera che rappresenta il valore massimo raggiungibile per tensione di rottura a compressione. La facilità con cui l’impasto si lascia introdurre nelle casseforme e stendere nel cassero e con cui lo stesso occupa qualsiasi spazio all’interno della forma e avvolge le armature, nonché la facilità con cui riesce ad espellere l’aria dal suo interno sia a compattarlo viene definita come lavorabilità. In accordo con la norma EN 206-1 la lavorabilità del cls sarà misurata dall’Impresa esecutrice attraverso il cono di Abrams (slump). Di seguito si riportano i valori minimi di slump previsti per gli elementi strutturali del presente progetto:

Elemento strutturale slump Fondazioni S4 Muri di vani interrati - Travi a spessore di solaio - Travi inclinate di tetti a falde - Solette rampanti di scale - Solette S4-S5 Pareti di taglio S4-S5 Pavimentazioni con stesa manuale -

Compattazione del cls L’impresa esecutrice per vibrare l’impasto all’atto del getto utilizzerà un vibratore ad immersione (o ad ago) basato su una testa vibrante cilindrica che sarà annegato nel cls. Il processo di vibrazione terminerà quando, pur continuando a vibrare, non si registra alcun significativo incremento della massa volumica del cls. Per raggiungere questo obbiettivo si utilizzerà il vibratore in maniera appropriata evitando di procedere a stendere il conglomerato con la testa dell’ago. La stesa del conglomerato sarà eseguita con un idoneo movimento del punto di introduzione del calcestruzzo nella cassaforma procedendo al riempimento per strati non più spessi di 30 cm; per le sezioni con spessore maggiore di 50 cm la compattazione sarà realizzata ogni 50 cm di conglomerato posato. Il vibratore inoltre sarà mantenuto in posizione perfettamente verticale evitando di porlo in contatto con il cassero o con i ferri di armatura e sarà inserito alla distanza di 15 volte il raggio dell’ago; inoltre la durata di ogni singola vibrazione sarà pari a 10 secondi. Maturazione del cls Per il cls delle strutture in oggetto si dovranno rispettare le seguenti indicazioni: permettere una lunga permanenza del calcestruzzo nel cassero; in fase plastica (entro 12-24 ore dalla posa) sarà limitata l’evaporazione dell’acqua del cls verso l’ambiente esterno al fine di prevenire la comparsa di lesioni per effetto del ritiro plastico; in fase di indurimento (dopo 24 ore dalla posa fino a 7-10 giorni) si fornirà acqua alla struttura mediante bagnatura della superfici al fine di ridurre i rischi fessurativi; saranno ridotti al minimo la comparsa di quadri fessurativi derivanti dalla differenza di temperatura tra le strutture in cls e l’ambiente esterno per tale motivo i getti non saranno realizzati nelle stagioni estive nei periodi più caldi, optando per getti nelle ore mattutine; sarà limitata l’evaporazione di acqua dal cls verso l’ambiente esterno utilizzando dei teli di iuta al fine di garantire una corretta evoluzione del processo di idratazione del cemento finalizzato al raggiungimento di una porosità capillare congruente con i livelli di durabilità e con le prestazioni elasto-meccaniche attese per il cls. La durata minima della stagionatura non sarà inferiore ai 3 giorni e la protezione umida da attuare in cantiere verrà ricavata dalla seguente tabella:

Classe di resistenza cls ≤C25/30 C>25/30

Esposizione della struttura All’interno All’esterno All’interno All’esterno Periodo di esecuzione dei

getti APRILE-SETTEMBRE APRILE-SETTEMBRE

3 7 3 5 Periodo di esecuzione dei

getti OTTOBRE-MARZO OTTOBRE-MARZO

7 10 5 7

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ACCIAIO

Premessa I materiali utilizzati hanno le seguenti caratteristiche:

Acciaio Fe 360 (S235) ftk = 360 N/mm2 Acciaio Fe 430 (S275) ftk = 430 N/mm2

Y.2) L’acciaio L’acciaio è una lega ferro-carbonio nella quale quest’ultimo è presente fino all’1,7% e contiene altri elementi (nocivi o migliorativi) in proporzioni massime prefissate tra i quali i principali sono: il fosforo P, lo zolfo S, il silicio Si e il manganese Mn (che favoriscono la saldabilità) ed il nichel Ni. Attualmente le norme Italiane e l’Eurocodice 3 per le costruzioni metalliche prevedono tre tipi di acciaio: Fe 360 (S235), Fe 430 (S275), Fe 510 in cui il numero rappresenta la tensione di rottura (ft) in N/mm2 ; le tensioni di snervamento (fy) sono rispettivamente: 235 N/mm2, 275 N/mm2, 355 N/mm2. L’andamento tipico del diagramma tensione-deformazione per un acciaio da costruzione è mostrato nella figura seguente.

Di seguito si riporta la tabella riassuntiva con i limiti di composizione chimica per strutture saldate secondo l’Eurocodice 3.

La quantità di carbonio condiziona la resistenza e la duttilità (la prima cresce e la seconda diminuisce all’aumentare del contenuto di carbonio). I più comuni acciai per carpenteria metallica hanno un contenuto in carbonio molto basso e sono quindi estremamente duttili. Un’altra caratteristica è la tenacità dell’acciaio, cioè la sua capacità di evitare rotture fragili alle basse temperature.

Requisiti degli acciai per strutture metalliche L’acciaio utilizzato nel presente progetto dovranno avere i seguenti requisiti: 1) omogeneità strutturale: non presenza di segregazione, porosità, scorie, cricche e gas inclusi. Il reticolo cristallino sarà molto regolare e a grani fini. Inoltre dovrà essere garantita l’omogeneità meccanica cioè delle caratteristiche relative, come carico di snervamento, allungamento, resilienza, ecc, che dovranno restare costanti lungo tutto l’elemento strutturale e per l’intera partita cui esso appartiene. 2) alto carico di snervamento; 3)ottima saldabilità; 4) assenza di fragilità; 5) elevato valore di σs (tensione di snervamento); 6) aumento della resilienza; 7) regolare funzionamento alle alte e alle basse temperature; 8) resistenza alla corrosione. Tipologie degli elementi in acciaio Gli elementi in acciaio vengono prodotti industrialmente mediante un processo di laminazione a caldo o di sagomatura a freddo e sono così classificati:

- elementi laminati a caldo: profilati, lamiere (lamierini con t < 1 mm, lamiere sottili con 1 mm < t < 4 mm; ecc.), larghi piatti, barre; - elementi sagomati a freddo: lamiere grecate, profili sottili.

C.1) Elementi laminati a caldo Profilati

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Sotto il nome di profilati si intendono ferri sagomati a caldo ottenuti facendoli passare attraverso una serie di rulli. Le principali sezioni sono riportate nella figura seguente e le loro principali caratteristiche sono discusse sotto.

1. Profilati a doppio T ad ali parallele nei quali le facce interne delle ali sono parallele a quelle esterne, ciò semplifica l’esecuzione di giunti, attacchi e collegamenti. Queste sono delle sezioni molto efficienti per resistere al momento flettente attorno all’asse minore, si impiegano generalmente per travi. Vengono designate con il simbolo IPE seguita dall’altezza espressa in mm.

2. Profilati a doppio T ad ali larghe e parallele nei quali le ali hanno larghezza pari all’altezza sino a 300 mm e larghezza costante di 300 mm per altezze superiori. Queste sezioni vengono impiegate principalmente come colonne atte a resistere a carichi verticali avendo un alto raggio minimo di inerzia per prevenire l’instabilità. Vengono prodotti nella serie leggera (A), normale (B), pesante (M). Si indicano con il simbolo HE seguito dalla serie e dall’altezza in mm.

3. Profilati ad U. Sono molto usati come arcarecci, profili per capriate e per sezioni composte. Si designano con il simbolo UPN seguito dall’altezza espressa in mm.

4. Profilati ad L a lati uguali (angolari) e ad L a lati disuguali. Sono usati per formare giunti, capriate e sezioni composte. Gli angolari sono designati con il simbolo L seguito dalla lunghezza e spessore del lato; mentre quelli a lati disuguali sono designati con il simbolo L seguito dalla lunghezza dei due lati e lo spessore in mm.

5. Profilati a T aventi altezza uguale alla larghezza. Sono usati per capriate, tiranti e travi leggere. Si designano con il simbolo T seguita da larghezza, altezza e spessore.

6. Tubi a sezione circolare, quadrata e rettangolare. Sono prodotti da piastre mediante un processo di laminazione a caldo per cui viene fatta prima la sezione circolare e poi eventualmente convertita nella forma rettangolare o quadrata. Sono delle sezioni molto efficienti se soggette a compressione e vengono adottate in svariate applicazioni. Vengono designate indicando il profilo, le dimensioni significative (diametro oppure base per altezza) e lo spessore.

Sezioni composte

Le sezioni composte possono essere formate per i seguenti motivi: a) Irrigidire dei profilati mediante la saldatura di piatti sulle ali. b) Combinare insieme due tipi di profilati ad ognuno dei quali si fa assorbire il carico per cui sono idonei. c) Accoppiando, in genere simmetricamente, due o più profili tra loro per formare un elemento più resistente.

Sezioni costruite

Le sezioni costruite sono fatte saldando insieme delle lamiere per formare di solito delle sezioni a doppio T, dette travi composte, o delle sezioni scatolari che non sono riportate nel sagomarlo. Questi elementi vengono comunemente utilizzati per portare grossi carichi o per coprire grosse luci.

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Unioni saldate

Caratteristiche dei giunti saldati La saldatura è un procedimento di giunzione che consente di unire permanentemente parti solide realizzando la continuità del materiale. Le costruzioni saldate, infatti, sono monolitiche, non essendovi appunto soluzione di continuità del materiale in corrispondenza dei giunti a differenza di quanto accade, ad esempio, nelle costruzioni chiodate e bullonate. Estendendo il confronto fra giunti saldati e quelli bullonati o chiodati si può dire che i primi oltre ad essere generalmente più rigidi sono anche i più leggeri e più semplici. A fronte di questi vantaggi sono state prese opportune soluzioni progettuali, costruttive e di controllo allo scopo di evitare riduzioni nella resistenza delle strutture nei fenomeni di fatica e nel servizio alle basse temperature a causa dei fenomeni di fragilità dei materiali. In particolare, il rischio e le conseguenze di una rottura fragile sono incrementati:

- dall’inevitabile presenza di tensioni residue di saldatura (se non si effettuano trattamenti termici di distensione post-saldatura); - dal fatto che possono risultare molto pericolose anche rotture innescatesi in elementi secondari che possono propagarsi fino ad elementi

principali.

Classificazione dei procedimenti di saldatura Una prima grossolana suddivisione dei procedimenti può essere fatta distinguendo tra quelli autogeni e quelli eterogenei (brasatura). Attualmente l “Istituto Internazionale della Saldatura” elenca una serie di nuovi procedimenti di saldatura che viene in parte riportato e semplificato nella classificazione della tabella seguente.

I procedimenti di saldatura eterogenea sono quelli in cui si ha la fusione del solo materiale da apporto (brasatura “dolce” se questo ultimo fonde a temperatura inferiore a 400° C, altrimenti “forte”); ciò si ottiene utilizzando materiali con temperatura di fusione inferiore a quella del materiale base. I procedimenti di saldatura oggi più utilizzati nelle carpenterie metalliche di medio-forte spessore rientrano tra quelli autogeni per fusione e sono praticamente solo il procedimento ad arco con elettrodi rivestiti, quello ad arco con filo continuo con protezione di gas attivo (MAG) e quello ad arco sommerso. Questi procedimenti utilizzano, come fonte di energia per ottenere la necessaria quantità di calore, energia elettrica trasformata mediante arco elettrico. L’altro problema di fondo della saldatura autogena per fusione, oltre al reperimento della fonte di calore, è quella della protezione del materiale allo stato fuso, necessaria per evitare il suo inquinamento da parte dell’ossigeno e dell’azoto dell’atmosfera; questi gas che, come l’idrogeno, hanno una solubilità nell’acciaio che decresce rapidamente con la temperatura, se vengono assorbiti dal bagno pregiudicano l’efficienza meccanica e la continuità del giunto. La particolare sorgente termica utilizzata ed il modo in cui si provvede alla protezione del bagno contro l’azione dell’aria definiscono, quindi, i vari procedimenti di saldatura autogena per fusione, in particolare si distinguono:

a) Saldatura ossiacetilenica: la sorgente termica è costituita dalla fiamma ossiacetilenica prodotta dalla combustione dell’acetilene con l’ossigeno. Questi due gas giungono separatamente al cannello, all’interno del quale si mescolano intimamente tra loro, ed escono dalla sua punta ove avviene la combustione. Il cannello deve essere impugnato dal saldatore che lo manovra in modo da indirizzare la fiamma sui lembi da unire, che sono così portati a fusione. Contemporaneamente il saldatore tiene nell’altra mano la bacchetta del metallo di apporto che periodicamente introduce nella fiamma per consentire la fusione e la successiva introduzione nel bagno.

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b) Saldatura ad arco con elettrodi rivestiti: la sorgente termica è costituita dall’arco elettrico che, scoccando fra l’elettrodo (manovrato dal saldatore mediante la pinza porta elettrodi) ed il materiale base, sviluppa il calore che provoca la rapida fusione sia del materiale base sia dell’elettrodo. L’elettrodo è costituito da una bacchetta cilindrica (lunga 350/450 mm) con un rivestimento la cui fusione genera tra l’altro dei gas per la protezione della zona in cui scocca l’arco e del bagno. Dopo che l’elettrodo è stato consumato, il saldatore ne introduce un altro nella pinza e così procede sino al completamento della saldatura. In funzione dei componenti del rivestimento si hanno vari tipi di elettrodi: basici (ottime caratteristiche meccaniche e metallurgiche), acidi (buone caratteristiche meccaniche), cellulosici (applicazioni particolari come tubazioni) sono i più usati. Questo procedimento ha una notevole flessibilità di impiego.

c) Saldatura ad arco sommerso: la sorgente termica è costituita dall’arco che scocca tra l’elettrodo ed il materiale base. In questo caso, però, l’elettrodo è costituito da un filo continuo avvolto in matassa; un opportuno dispositivo automatico di alimentazione provvede al suo avanzamento alla stessa velocità con cui viene fuso. La protezione della zona d’arco è affidata ad un flusso che viene distribuito sul giunto formando un cumulo all’interno dal quale scocca l’arco, che risulta così “sommerso” ed invisibile.

d) Saldatura con protezione di gas ad elettrodo fusibile (MIG e MAG): è un procedimento a filo continuo come il precedente; la protezione dell’arco è affidata ad un gas inerte (per esempio argon: MIG), oppure chimicamente attivo (per esempio anidride carbonica o miscele di quest’ultima con argon: MAG) anziché ad un flusso. Il procedimento MAG è usato per la saldatura degli acciai dolci e basso-legati.

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Tipi di giunti saldati A seconda della posizione reciproca dei pezzi collegati si distinguono i seguenti principali tipi di giunto saldato:

- giunto testa a testa; - giunto di spigolo; - giunto ad L; - giunto a T; - giunto a sovrapposizione;

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I lembi dei pezzi da unire mediante i procedimenti di saldatura autogena per fusione richiedono un’adatta preparazione. Questa ha lo scopo di garantire che il procedimento applicato porti a fusione il desiderato spessore di materiali, in modo da garantire in esso la continuità metallica. La preparazione prende nome della forma della sezione del vano (che viene detto “cianfrino”) cui essa ha dato luogo; tra i principali tipi si possono

citare:

- preparazione ad I (o a lembi retti); - preparazione a V (senza o con sostegno); - preparazione a ½ V (senza o con sostegno); - preparazione a Y; - preparazione ad U; - preparazione a J (o a ½ U); - preparazione a X (simmetrico o dissimetrico); - preparazione a doppio X; - preparazione a doppio U; - preparazione a K; - preparazione a doppio J.

In particolare si distinguono giunti a completa penetrazione e giunti a cordone d’angolo

Giunti a completa penetrazione

In questi giunti, come già detto, è indispensabile la preparazione dei lembi dei pezzi da saldare. Tale operazione è detta cianfrinatura, perché lo smusso è denominato cianfrino.

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Gli elementi tipici della preparazione sono:

- l’angolo di smusso α; - la sua profondità d; - la spalla rettilinea s; - la distanza tra i lembi g;

Per avere un giunto a completa penetrazione la spalla rettilinea deve essere piccola, in modo da essere fusa e far parte della saldatura. In caso contrario non vi è completa unione tra i pezzi saldati.

Il giunto a completa penetrazione ripristina la continuità tra i pezzi. Lo stato tensionale è quindi quasi uguale a quello del pezzo continuo. Poiché il materiale di apporto ha una resistenza pari o superiore a quella del materiale base, la rottura teoricamente dovrebbe avvenire fuori dal giunto. Solo la presenza di imperfezioni può portare alla rottura nella sezione saldata. Ai fini delle verifiche di collegamenti saldati a completa penetrazione, la normativa italiana fa riferimento a due classi di qualità delle saldature:

- I classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 3 o 4 secondo la norma UNI 2132 e soddisfa i controlli radiografici previsti nel raggruppamento B della UNI 7278;

- II classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 2,3 o 4 secondo la norma UNI 2132 e soddisfa i controlli radiografici previsti nel raggruppamento F della UNI 7278.

Giunti a cordone d’angolo La sezione resistente di una saldatura a cordoni d’angolo e la sua sezione di gola. Essa è definita come l’area di lunghezza L pari a quella del cordone ed altezza a quella minora del triangolo inscritto nella sezione trasversale della saldatura.

Difetti di saldatura

La solidificazione del materiale fuso ed il trattamento termico della zona di materiale base attorno alla saldatura possono dar luogo a: - cricche a caldo: sono delle rotture che si manifestano in zona fusa nel corso della solidificazione del giunto. Si generano durante la

solidificazione della zona fusa e a seguito di scorie provenienti dal materiale base; queste ultime tendono a segregare in zone preferenziali e a temperature più basse del materiale circostante dando luogo a tensioni da ritiro e a non coesione del materiale. Nel caso degli acciai, le cause principali di questo fenomeno sono:

a) medio-alto tenore di carbonio nel materiale base; b) alto tenore di impurezze (zolfo e fosforo) nel materiale base; c) ritiri di saldatura;

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- cricche a freddo: sono delle rotture che si formano in zona fusa ed in zona termicamente alterata, quando la temperatura si approssima a quella ambiente o anche a raffreddamento ultimato (cricche ritardate). Si generano ai bordi della saldatura per effetto dei cicli termici ad elevata velocità di raffreddamento che danno luogo a fenomeni simili a quelli della tempera. La prevenzione da questo fenomeno può ottenersi con un preriscaldamento del pezzo, facendo più passate di saldatura ed utilizzando elettrodi con rivestimento basico. Le cause principali di questo fenomeno sono:

a) strutture dure in zona fusa e/o in zona termicamente alterata; b) assorbimento di idrogeno da parte del bagno; c) tensioni di ritiro.

- strappi lamellari: sono cricche che si verificano nel materiale base quando quest’ultimo è sollecitato perpendicolarmente al piano di laminazione. Le cause di questo fenomeno sono:

a) tensioni di ritiro più o meno intense in funzione della rigidezza della struttura; b) geometria del giunto tale da sollecitare in direzione sfavorevole il materiale; c) materiale base laminato di medio-alto spessore suscettibile agli strappi.

In genere, gli strappi lamellari si manifestano nel caso di saldature di grosse dimensioni (per lo più oltre 20 mm di lato per i giunti d’angolo e di larghezza per giunti a completa penetrazione) sottoposti ad un certo grado di vincolo. Dal punto di vista progettuale si è attenzionato questo fattore disegnando i particolari costruttivi in modo da evitare o almeno minimizzare le tensioni di ritiro in direzione sfavorevole.

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- deformazioni permanenti: quando i pezzi da saldare non sono vincolati si hanno spostamenti relativi importanti che possono essere corretti con frecce iniziali di segno opposto, con bloccaggio dei pezzi da saldare o con studio della sequenza di saldatura.

- mancanze di penetrazione e di fusione: sono discontinuità tra i due lembi del cianfrino (mancanza di fusione) provocate dalla mancata fusione di entrambi o di uno solo dei lembi. Possono trovarsi nella zona di prima passata, al vertice o al cuore della saldatura oppure in corrispondenza di passate successive. Sono gravi difetti generalmente inaccettabili. La loro causa principale è da ricercarsi nella cattiva preparazione dei lembi (angolo di apertura del cianfrino troppo piccolo, spalla eccessiva, distanza tra i lembi insufficiente, livellamento) o nella scarsa abilità del saldatore.

- incollature: sono simili alle mancanze di fusione, ma tra lembo e zona fusa è interposto uno strato di ossido. Sono tipiche dell’acciaio, per

procedimenti come la saldatura ossiacetilenica o MAG o di materiali facilmente ossidabili come le leghe di alluminio. Un giunto con questo tipo di difetto può avere pessime caratteristiche meccaniche.

- inclusioni: sono difetti situati in zona fusa, dovuti alla presenza di sostanze diverse dal metallo del cordone di saldatura, inglobate nel

cordone stesso. Le inclusioni possono essere solide o gassose. - Inclusioni solide: a seconda del materiale che le costituisce, si distinguono inclusioni di scoria o di tungsteno.

Inclusioni di scoria: sono cavità contenenti solo scoria o scoria e gas. È uno dei difetti più comuni nei cordoni eseguiti con elettrodi rivestiti o ad arco sommerso in più passate. Esso dipende dall’asportazione poco accurata delle scorie di una passata prima dell’esecuzione della passata successiva; per facilitare questa operazione un buon saldatore cura la regolarità superficiale del cordone che deposita ed evita che quest’ultimo abbia una forma troppo convessa che potrebbe intrappolare la scoria delle passate successive. Altre cause possono essere maneggio non corretto dell’elettrodo rivestito o non esatto posizionamento della testa saldante o anche errati parametri della preparazione (per esempio, angolo di apertura del cianfrino troppo stretto). Si tratta di un difetto abbastanza grave essendo di forma assai irregolare, frastagliato e talvolta accompagnato da piccole cricche.

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Inclusioni di tungsteno: sono costituite da tungsteno sotto forma di pezzetti isolati o di minute schegge raggruppate (spruzzi). È un difetto tipico del procedimento TIG ed è imputabile a scorretto maneggio della torcia, a insufficiente protezione gassosa o a cattiva qualità dell’elettrodo, a corrente troppo elevata. Le inclusioni di tungsteno e soprattutto gli spruzzi hanno forma generalmente molto irregolare ed ai vertici delle loro frastagliature possono trovarsi piccole cricche; costituiscono quindi un difetto piuttosto grave anche perché la loro plasticità è quasi nulla.

- Inclusioni gassose: sono cavità provocate da gas che sono rimasti intrappolati nel bagno, le cause possono essere numerose. Possono essere provocate da sporcizia, grasso, ruggine, vernice presenti sui lembi e da umidità nel rivestimento degli elettrodi, nei flussi (arco sommerso) oppure nei gas impiegati (saldatura ossiacetilenica o saldatura MAG). Altre cause possono essere l’impiego di procedimenti con elevata velocità di deposito e quindi di saldatura (tale da non consentire che i gas che si formano arrivino fino alla superficie del bagno) e lo scorretto maneggio della torcia e della pinza (quando la lunghezza dell’arco è eccessiva, la protezione gassosa del bagno è difettosa; cioè origina ossidazioni e porosità). Le inclusioni gassose possono essere di forma tondeggiante: in questo caso vengono dette “porosità” o “soffiature” a seconda che il loro diametro sia inferiore o superiore a 1 mm.

Questi difetti non sono molto pericolosi per la resistenza del giunto; lo diventano solo quando sono di grandi dimensioni o numerosi (nidi di porosità o di soffiatura). Le inclusioni di forma allungata vengono detti “tarli”; quelle con una “coda” particolarmente lunga, che può terminare con piccole cricche o incollature, sono da considerarsi più pericolose.

- eccesso di sovrametallo: si riscontra nei giunti di testa. È dovuto ad errore del saldatore che non ha maneggiato bene l’elettrodo oppure

non ha saputo distribuire opportunamente il numero delle passate (caso della saldatura manuale) oppure non ha seguito le indicazioni della tabella dei parametri nella saldatura automatica. Molti saldatori ritengono erroneamente che l’eccesso di sovrametallo non sia un difetto, ma che anzi grazie al maggiore spessore della saldatura il giunto offra una resistenza più elevata. Ciò non è assolutamente vero: in certe condizioni di servizio (come fatica, urti, bassa temperatura), un giunto così fatto è meno resistente di uno di forma regolare, a causa delle discontinuità geometriche che si creano ai bordi del sovrametallo stesso.

- cordone d’angolo troppo convesso: difetto caratteristico dei giunti d’angolo, dovuto ad errato maneggio dell’elettrodo da parte del

saldatore.

- incisioni marginali: Si presentano spesso nei cordoni eseguiti manualmente, più frequentemente in posizione diversa da quella piana. Sono

essenzialmente causate dall’impiego di corrente eccessiva, associata ad un maneggio non corretto.

- irregolarità superficiale: conferisce un brutto aspetto al cordone le cui maglie, anziché essere disposte parallelamente una di seguito

all’altra, hanno andamento irregolare, con variazioni di profilo del cordone, avvallamenti denuncianti i punti di ripresa, ecc. E’ dovuta a scarsa capacità operatoria del saldatore.

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- slivellamento dei lembi: è dovuto ad un montaggio imperfetto che ostacola la possibilità di eseguire una saldatura regolare. Nel migliore dei casi, si ha una brusca variazione del profilo, altrimenti si può avere la mancanza di fusione del lembo sottoposto.

- spruzzi e sputi: sono depositi più o meno grandi e dispersi, generalmente incollati sulla superficie del metallo base vicino al cordone. Sono tipici della saldatura manuale ad elettrodi rivestiti (basico e cellulosico) e del procedimento MAG. Sono pericolosi per i giunti che lavorino in certi ambienti, in quanto sono un facile innesco per l’attacco corrosivo. Inoltre, in corrispondenza ad essi si possono avere locali fenomeni di tempre eventualmente accompagnati da piccole cricche.

- colpi d’arco: consistono in una fusione localizzata del materiale base avvenuta generalmente senza materiale d’apporto. Sono difetti tipici dei procedimenti manuali ad arco, provocati da scarsa cura del saldatore che innesca l’arco sul materiale base e non, come è regola, su un lembo del cianfrino. Tali fusioni localizzate possono essere particolarmente pericolose se sono accompagnate da piccole cricche.

Pericolosità dei difetti Nel considerare la pericolosità di un difetto e quindi nel fissare un criterio di accettabilità dello stesso (eventualmente delle sue dimensioni), non si può astrarre dal contesto in cui tale difetto si trova; per esempio è necessario considerare il tipo di sollecitazione cui il giunto è sottoposto, il tipo e l’importanza della struttura di cui il giunto fa parte, le caratteristiche del materiale base e molti altri fattori. In genere i difetti, siano essi superficiali o interni, riducono la sezione resistente del giunto con conseguente aumento del livello di tensione medio. Ciò comporta, nel caso di sollecitazioni statiche, una certa diminuzione della capacità di carico del giunto. Un secondo aspetto dannoso dei difetti appare quando si hanno giunti sollecitati a fatica; in questo caso l’effetto di intaglio (aumento di tensione locale) cui da luogo il difetto limita notevolmente la resistenza del giunto. Se si considera, infine, il caso di costruzioni saldate che lavorano a basse temperature, appare un terzo aspetto dannoso dei difetti, quello di aumentare il grado di pluriassialità delle tensioni, con conseguente limitazione dell’entità delle tensioni di taglio e possibilità di innesco e propagazione di rotture fragili. Quindi i criteri di accettabilità dei difetti saranno più severi quando la costruzione saldata deve sopportare condizioni di servizio onerose, eventualmente aggravate dalla presenza di sollecitazioni ripetute e/o rischio di rotture fragili. Per quanto riguarda il controllo radiografico si segnala la tabella UNI 7278, relativa ai gradi di difettosità nelle saldature testa a testa, che ha lo scopo di dare degli orientamenti per uniformare i criteri di giudizio sul grado di difettosità dei giunti saldati. Controlli indiretti Comprendono l’esame della documentazione tecnica, la qualifica di saldatori e quella dei procedimenti di saldatura. Esame della documentazione tecnica (disegni e specifiche) Ha lo scopo di accertare, sulla base dei procedimenti di saldatura e del tipo di controlli previsti, l’adeguatezza della preparazione dei lembi e degli altri parametri di saldatura, le eventuali necessità di preriscaldi e trattamenti termici, la corretta scelta dei materiali base e d’apporto, l’effettiva possibilità di realizzare le saldature e i controlli sulle stesse in relazione all’accessibilità dei giunti, ecc. Qualifica dei saldatori Ha lo scopo di accertare che la mano d’opera impiegata nella esecuzione della saldatura possegga la necessaria abilità operatoria. L’omissione di questo accertamento preliminare può portare a saldature contenenti gravi difetti operatori. Questi potrebbero anche essere rilevati al termine dell’operazione di saldatura da controlli non distruttivi, ma comunque si renderebbe necessaria la riparazione del giunto; ciò comporterebbe, oltre alla perdita di tempo e di denaro, maggiori ritiri e più elevate tensioni residue. Qualifica del procedimento di saldatura Ha lo scopo di accertare se il procedimento scelto per l’esecuzione delle saldature è idoneo al conseguimento dei giunti esenti da difetti e consente di ottenere le caratteristiche desiderate (come quelle meccaniche, anticorrosione, estetiche, ecc.). La qualifica del procedimento di saldatura è in sostanza una verifica che il materiale base, quello di apporto e la tecnica di saldatura (cioè la scelta del procedimento e dei diversi parametri) siano adeguati per realizzare quanto il progettista ha richiesto. Le prove di qualifica consistono generalmente nella saldatura di uno o più saggi nelle posizioni previste per la costruzione e con la messa in atto di tutti quegli accorgimenti che verranno successivamente adottati, come preriscaldo, trattamento termico, ecc. Dopo la saldatura, i saggi vengono sottoposti a controlli non distruttivi allo scopo di accertare l’assenza di difetti sistematici tipo “discontinuità metalliche” nella zona fusa e nella zona termicamente alterata. Infine, dai saggi vengono prelevate delle provette ed eseguite prove distruttive per la determinazione delle caratteristiche meccaniche (resistenza, duttilità, durezza e tenacità) del giunto, eventualmente di quelle chimiche del deposito e di quante altre necessarie ad assicurare l’assenza di difetti del tipo “disomogeneità metallurgiche”. Ispezione in corso d’opera Ha lo scopo di controllare la piena rispondenza delle modalità esecutive sia a quanto stabilito nella documentazione tecnica e in fase di qualifica, sia alle “buone regole dell’arte” tratte dall’esperienza. Si dovranno quindi verificare in officina e in cantiere che:

- le preparazione dei lembi corrispondano alle indicazioni dei disegni; - i saldatori impiegati siano qualificati; - i materiali di apporto siano di tipo omologato o del tipo approvato in fase di qualifica del procedimento e che siano in buone condizioni di

conservazione; - le temperature di preriscaldo e gli eventuali trattamenti termici siano rispondenti a quanto stabilito nel corso della qualifica del

procedimento; - i controlli non distruttivi nei giunti vengano effettuati secondo le modalità più efficaci e nel momento più opportuno del montaggio,

secondo quanto previsto dal ciclo di lavorazione approvato. Controlli diretti I controlli diretti vengono utilizzati per il controllo finale dei giunti saldati. Ciò viene conseguito con l’accertamento della natura e della distribuzione delle eventuali discontinuità metalliche, sia all’interno che all’esterno dei giunti. Salvo casi particolari, si usano a questo fine solo controlli non distruttivi; i tipi comunemente usati sono l’esame visivo, magnetoscopico e con liquidi penetranti, che danno indicazioni sulla eventuale presenza di difetti superficiali, e gli esami radiografico ed ultrasonoro, che consentono di rilevare eventuali difetti interni. Esame visivo L’esame visivo della superficie e del rovescio (quando anche questo è accessibile) delle saldature, dà informazioni preziose ed è in ogni caso necessario per individuare i difetti di profilo (quali incisioni marginali, eccessi di penetrazione, insellamenti, livellamenti, irregolarità di deposito, mancanza di penetrazione nel caso di saldatura non ripresa), la posizione di lavoro e la tecnica seguita (ad esempio maglie regolari sono indice di

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velocità uniforme, maglie ad angolo acuto sono indice di grande velocità). Le suddette informazioni possono essere utili per ricavare elementi di previsione sui difetti più probabili derivanti dalla particolare tecnica operativa. L’ impiego di una lente permette un esame più dettagliato, soprattutto in vista di scoprire eventuali cricche. Nel caso di inaccessibilità all’esame visivo diretto (ad esempio tubazioni, bombole, piccoli apparecchi), si può fare uso dell’endoscopio per controllare dall’interno del recipiente la penetrazione all’inverso della saldatura. Si osserva infine che un attento esame visivo della superficie del giunto saldato e degli eventuali difetti affioranti facilita spesso (talvolta è indispensabile) la corretta interpretazione dei risultati di altri tipi di controllo non distruttivo, come l’esame radiografico e quello ultrasonoro. Controlli di accettazione in cantiere § 11.3.4.11.3

Protezione al fuoco Le strutture in acciaio reagiscono male nei confronti di un incendio in quanto all’aumentare della temperatura diminuisce rapidamente la resistenza fino a quando in corrispondenza di una determinata temperatura (temperatura critica) la struttura si rompe. Il problema della protezione al fuoco consiste nel ritardare quanto più possibile il raggiungimento della temperatura critica mediante l’applicazione di strati di materiale aventi basso valore del coefficiente di conduttività termica ed adeguati spessori. Trattandosi di un capannone industriale non viene richiesta nessuna protezione contro il fuoco Protezione contro la corrosione La causa principale del degrado delle strutture in acciaio è la ruggine. A meno che non si operi in ambienti degradati chimicamente (zone industriali con scarichi di natura gassosa) la ruggine si genera per la presenza di acqua e ossigeno che innescano un processo di natura elettrochimica. Se su una barra d’acciaio, che è una lega composta da vari minerali per cui ogni punto della barra si trova ad un potenziale elettrochimico diverso dalle zone circostanti, ad un certo punto si forma un velo d’acqua, che può essere anche della semplice umidità con funzione di elettrolita e con cui vengono collegate due zone a potenziale elettrochimico diverse, si da origine ad una reazione elettrochimica con deposizione di ossidi idrati di ferro (ruggine) nelle zone anodiche che per la loro porosità e tendenza al rigonfiamento non proteggono il substrato da un ulteriore aggressione. Per salvaguardarsi dalla ruggine bisognerà proteggere la struttura in oggetto dall’acqua e dall’ossigeno e questo sarà fatto mediante una protezione attiva consistente nel rivestire la superficie metallica o con pitture di zinco o con un rivestimento di zinco metallico. Prima di dar luogo alla protezione bisogna pulire i profilati dalla pellicola di laminazione. Per la pulizia sarà consigliato il decappaggio che consiste nell’immergere la struttura in vasche contenenti acidi diluiti (acido solforico al 5% e a 60°C) e successivo lavaggio con acqua a 60°C con un bagno di in attivazione in acido fosforico al 2% con 3% di ferro. Oltre alla protezione, per allungare quanto più possibile la durata della struttura, in fase progettuale si sono presi tutti quegli accorgimenti che evitino il ristagno d’acqua e la formazione di umidità, creando una struttura ben areata, accessibile in ogni sua parte per la sorveglianza e la manutenzione.

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V) Elementi per la comprensione della modellazione sismica

Generalità

Tutti i nuovi concetti introdotti dalle Norme Tecniche delle Costruzioni relative al D.M. 14 gennaio 2008 ed il totalmente nuovo approccio progettuale, a cui si deve necessariamente puntare con l’applicazione delle suddette norme, scaturiscono da una questione basilare, nuova per alcune realtà geografiche del territorio italiano; e già invece consolidate per altre: il problema sismico.

Con ciò si vuole intendere che la progettazione secondo il nuovo approccio normativo ha lo scopo di consentire la realizzazione di opere strutturali ed infrastrutturali, e comunque di affrontare i problemi legati alle costruzioni in genere, che abbiano come obbiettivo primario quello di avere il miglior comportamento possibile nei confronti dell’azione sismica.

Una delle novità principali delle nuove norme, è quella di allargare a tutto il territorio nazionale il problema del “rischio sismico”.

Con l’introduzione del nuovo orientamento normativo oltre alle radicali trasformazioni relative alla modalità di valutazione dell’azione sulle strutture dovuta al terremoto, si è estesa all’intero territorio nazionale la zona a rischio sismico, cioè quella in cui il tecnico è sempre obbligato a tenere in conto dell’effetto del sisma fra le azioni da applicare nello studio dell’opera in progetto.

Il sisma

Il terremoto, come la parola stessa lascia facilmente intendere, consiste in un movimento del terreno, normalmente di lieve entità, ma di grande rapidità e caratterizzato da un andamento ripetitivo di tipo sinusoidale.

Si tratta di un fenomeno naturale, connesso all’improvviso rilascio di energia, dovuto alla frattura ed allo scorrimento di rocce profonde della crosta terrestre, a seguito di un complesso processo di accumulo di energia di deformazione delle rocce stesse.

La fase di accumulo richiede tempi molto lunghi (decine o anche centinaia di anni) a fronte dei tempi molto più ridotti (da pochi secondi fino anche a qualche decina) della fase di rilascio dell’energia.

Qualunque sia la causa di un terremoto, esso produce una serie di onde che, in funzione del genere di vibrazione trasmessa al mezzo in cui si propagano, si possono distinguere in tre diversi tipi:

1. onde P – Dette anche onde longitudinali,sono onde di pressione che fanno comprimere e dilatare la roccia lungo la propria direzione di propagazione, esattamente come potrebbe essere per una molla cilindrica che viene dapprima tesa e quindi lasciata andare. Raramente queste onde causano danni agli edifici. Spesso questo tipo di onde riesce ad essere avvertito dagli animali domestici prima del terremoto vero e proprio;

2. Onde S – Dette anche onde trasversali, sono onde di stiramento che fanno vibrare la roccia di taglio, così come potrebbe essere per una fune tesa che viene fatta oscillare. In segnale prodotto da queste onde, di ampiezza più grande e frequenza più bassa rispetto alle precedenti, permette di conoscere la distanza dell’ipocentro del sisma rispetto al punto di misurazione;

3. Onde L – Dette anche onde superficiali, a differenza delle onde P ed S, che possono essere definite onde di profondità, si propagano soltanto in superficie, producendo uno scuotimento orizzontale del terreno (onde di Love)e, nel contempo oscillazioni ellittiche simili a quelle delle onde marine (onde di Rayleight). È proprio il moto orizzontale e verticale prodotto dalle onde superficiali quello che viene maggiormente percepito e che genera i danni alle opere

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Come si evince dalle precedenti rappresentazioni grafiche della modalità di propagazione delle onde sismiche sul terreno, per quanto riguarda quelle superficiali (onde L), che come si è detto sono le uniche a produrre effetti nocivi sulle opere strutturali, oltre all’effetto dell’oscillazione orizzontale (parallelo alla superficie del suolo) se ne ha anche uno verticale (ortogonale alla superficie del suolo).

Ovviamente l’aliquota orizzontale è l’effetto di gran lunga predominante fra i due, però per alcune particolari condizioni strutturali e scelte costruttive l’effetto della componente verticale dell’azione sismica potrebbe essere piuttosto significativo.

Per questo motivo la norma obbliga il progettista ad applicare, contestualmente all’azione orizzontale, anche un sistema di forze verticali, opportunamente valutato, nel caso in cui sull’edifico fossero presenti specifici requisiti costruttivi.

Mappe Sismiche

Con studi effettuati sulla base di un metodo fondamentalmente probabilistico è stato possibile realizzare nel tempo la stesura di particolari carte sismiche del territorio nazionale italiano, delle quali è possibile evincere il diverso grado di pericolosità sismica delle aree geografiche.

I risultati di questa metodologia sono riferiti ad un certo livello di probabilità e ad un dato periodo di tempo. Le figure appresso riportate illustrano il valore dell’indicatore di pericolosità che si preveda non venga superato in 50 anni nel 90% dei casi. I risultati possono anche essere interpretati come quel valore di intensità sismica che nel 10% dei casi si prevede possa essere superato, in un periodo di 50 anni, oppure il movimento tellurico che mediamente si verifica ogni 475 anni (cosiddetto periodo di ritorno). Si tratta di una scelta convenzionale utilizzata nel mondo ed in particolare in campo europeo è il valore di riferimento per l’Eurocodice sismico (EC8). Non corrisponde pertanto né al massimo valore possibile per la regione né al massimo valore osservato storicamente, ma è un ragionevole compromesso legato alla presunta vita media delle strutture abitative.

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I due indicatori di pericolosità qui utilizzati rappresentano due aspetti diversi dello stesso fenomeno. L’accelerazione orizzontale di picco della prima immagine illustra l’aspetto più propriamente fisico: si tratta di una grandezza di interesse ingegneristico che viene utilizzata durante le fasi di progettazione in quanto definisce le caratteristiche richieste agli edifici realizzati in zona sismica. L’intensità macrosismica della seconda immagine rappresenta, invece, in un certo senso le conseguenze socio-economiche; descrivendo infatti il grado di danneggiamento causato dai terremoti, una carta di pericolosità in intensità macrosismica si avvicina, con le dovute cautele derivate da diverse approssimazioni insite nel parametro intensità, al concetto di rischio sismico.

Nella prima mappa si può notare come i valori massimi di pericolosità (superiori a 0,36 g) sono raggiunti in Friuli, in alcune zone dell’Appennino centrale e meridionale, lungo l’arco calabro fino allo stretto di Messina. Piccole porzioni della penisola (le zone pianeggianti del Piemonte e Lombardia, l’Alto Adige, il Tavoliere delle Puglie) e la Sardegna risultano caratterizzate da valori di accelerazione sismica attesa molto bassi (inferiori a 0,08 g).

La dinamica della carta d’intensità macrosismica della seconda mappa individua ancora un’area di elevata pericolosità sismica in Friuli (valori corrispondenti al IX grado della scala Mercalli) mentre un lungo massimo interessa questa volta tutta la parte assiale della penisola, dall’Appennino umbro-marchigiano fino a quello lucane, per poi proseguire lungo l’arco calabro fino a Messina; in due fasce costiere calabre vengono raggiunti i valori massimi di pericolosità, corrispondenti agli effetti del X grado MCS.

Fino al 2003 nella valutazione del rischio di terremoto, il territorio italiano era suddiviso in una zona sismica, a sua volta frazionata in tre aree a diverso livello di pericolo (categoria), e una non sismica. La mappa riportata nella terza immagine è quella fino ad allora utilizzata per l’individuazione delle suddette aree.

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Con la pubblicazione dell’Ordinanza n. 3274, in data 20 marzo 2003, tale mappa sismica viene sostituita da una nuova mappa che, oltre a modificare i confini delle aree a diversa pericolosità sismica, presenta una novità fondamentale: non è più prevista una zona in cui si considera trascurabile il rischio terremoto.

L’intero territorio italiano viene quindi da questo momento considerato un’area nella quale la progettazione strutturale deve sempre tenere in conto, oltre che delle azioni di natura statica (pesi propri, permanenti, accidentali, ecc.), anche di quelle sismiche. Qualunque opera andrà quindi progettata in maniera tale da resistere all’effetto, prevalentemente orizzontale di un terremoto.

Non si parlerà più di “categoria sismica”, a cui il D.M.96 associava il coefficiente di intensità sismico, bensì di “zona sismica”. Inoltre le aree a rischio sismico significativo non saranno più 3 come in precedenza, ma 4. A ciascuna delle 4 zone sismiche è associato il valore della massima accelerazione sismica al suolo prevista.

Il Reticolo di riferimento

Le Norme Tecniche per le costruzioni contenute nel D.M. del 14 gennaio 2008 presentano una nuova e rivoluzionaria modalità di valutazione dell’intensità dell’azione sismica da tenere in conto nella fase di progettazione dei fabbricati e delle opere edili in genere, a partire non più da una mappa sismica “classica” come quelle adottate negli anni precedenti, bensì da un “reticolo di riferimento”, prodotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)

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La novità principale consiste nel non avere più delle aree perfettamente confinate, come da sempre previsto dalle mappe sismiche nazionali. Tramite questo nuovo sistema di mappatura infatti l’intero territorio è stato suddiviso in riquadri, ciascun lato dei quali misura 10 km. In corrispondenza di ciascuno dei vertici di questi riquadri è indicato, tramite un segnale colorato, il valore dell’accelerazione sismica a(g) prevista al suolo, definita come parametro dello scuotimento da utilizzare come riferimento per la valutazione dell’effetto sismico da applicare all’opera in oggetto di studio.

Nelle immagini riportate in precedenza è contenuta la rappresentazione sul reticolo di riferimento dell’intero territorio in esame e del particolare della Regione Sicilia. Su quest’ultima figura si può facilmente cogliere la suddivisione in riquadri dell’area ed i segnali colorati posti sui vertici con l’impiego del reticolo di riferimento si è ottenuta una caratterizzazione sismica del sito molto più dettagliata e particolareggiata di quanto non fosse stato fino ad ora adottando le mappe sismiche classiche, in cui ci si è dovuto rifare a categorie o zone sismiche standard.

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Verifiche agli stati limiti secondo le N.T.C. 2008

Con l’introduzione del D.M. 14 gennaio 2008, in un quadro operativo finalizzato a sfruttare al meglio la puntuale definizione della pericolosità di cui si dispone, si è ritenuto utile, consentire, quando opportuno, il riferimento a 4 diversi stati limite per l’analisi strutturale nei confronti dell’azione sismica, sdoppiando così i 2 già previsti sulle N.T.C. 2005.

Gli stati liniti di esercizio sono:

Stato limite di operatività (S.L.O) – A seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d’uso significativi.

Stato limite di danno (S.L.D.) – A seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti per la sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso delle apparecchiature.

Gli stati limite ultimi sono:

Stato limite di salvaguardia della vita (S.L.V) – A seguito del terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali.

Stato limite di prevenzione del collasso (S.L.C.) – a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

Si sono dunque portati a due gli stati limite di esercizio (S.L.E), facendo prescindere lo stato limite di danno (S.L.D.), ridefinito come stato limite da rispettare per garantire inagibilità solo temporanee nelle condizioni postsismiche, dallo stato limite di immediata operatività (S.L.O), particolarmente utile come riferimento progettuale per le opere che debbono restare operative durante e subito dopo il terremoto (ospedali, caserme, centri di protezione civile, ecc.), in tal modo articolando meglio le prestazioni della struttura in termini di esercizio.

In modo analogo, si sono portati a due gli stati limite ultimi (S.L.U.) facendo seguire allo stato limite di salvaguardia della vita (S.L.V.) , individuato definendo puntualmente lo stato limite ultimo, lo stato limite di prevenzione del collasso (S.L.C.), particolarmente utile come riferimento progettuale per alcune tipologie strutturali (strutture con dispositivi di isolamento sismico e dissipazione di energia) e, più in generale, nel quadro complessivo della progettazione antisismica.

I quattro stati limite così definiti consentono di individuare quattro situazioni diverse che, al crescere progressivo dell’azione sismica, ed al conseguente progressivo superamento dei quattro stati limite ordinati per azione sismica crescente (S.L.O., S.L.D., S.L.V., S.L.C.) fanno corrispondere una progressiva crescita nel danneggiamento all’insieme di struttura, elementi non strutturali ed impianti, per individuare così univocamente ed in modo quasi “continuo” le caratteristiche prestazionali richieste alla generica costruzione.

Analogamente a quanto stabilito per le verifiche agli stati limite previsti dalle N.T.C. 2005, la progettazione nei confronti delle azioni sismiche ammette, generalmente, un danneggiamento esteso ma controllato delle costruzioni per il livello di azioni relativi agli S.L.V. ed S.L.C. ed un possibile danneggiamento, di entità comunque limitata, per lo S.L.D.

Mentre nei primi due casi la risposta sismica della struttura è affidata, oltre che alle sue caratteristiche in termini di resistenza, alla sua capacità di sviluppare deformazioni cicliche in campo plastico, in quest’ultimo caso (S.L.D.) , essa è affidata essenzialmente alle sue caratteristiche di resistenza e rigidezza.

In ragione di ciò, le strutture si considerano avere un comportamento dissipativo nei riguardi degli stati limite ultimi e sostanzialmente non dissipativo nei riguardi degli stati limite di esercizio.

Una differenza fondamentale con quanto prescritto dalle N.T.C. 2005, per le quali tutte le opere vanno verificate secondo entrambi gli stati limite previsti, è che secondo le norme 2008 non tutte le verifiche agli stati limite sopra descritti vanno effettuate per qualunque struttura, dipendendo infatti questo dalla tipologia strutturale e dalla classe d’uso di appartenenza.

Inoltre lo stesso stato limite si traduce in verifiche di natura differente sempre in funzione dei suddetti parametri.

La tabella seguente descrive meglio questo concetto:

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Come si può evincere dal contenuto della tabella, in funzione della classe dell’opera e delle sue caratteristiche strutturali le N.T.C. 2008 impongono quali devono essere gli stati limite da verificare, ed inoltre il medesimo stato limite può tradursi in verifiche differenti sempre in funzione della classe d’uso.

Importanza del suolo

Il nuovo approccio normativo, rispetto a quanto ad esempio proponeva il D.M. ’96, attribuisce una importanza molto più grande alla natura del sottosuolo su cui va edificata l’opera per la valutazione dell’effetto del sisma sulla stessa. Infatti la formulazione prevista dalla vecchia norma per la determinazione delle forze sismiche equivalenti è la:

Fi = Wi x C x R x ε x β x I

In cui il solo coefficiente di fondazione a cui è possibile associare un valore comunque compreso in un intervallo abbastanza limitato (1-1,3), esprime l’influenza del suolo nella stima dell’azione sismica sulla struttura.

Le N.T.C. 2008 riconoscono invece un’importanza ben maggiore a ciò che si trova al di sotto del fabbricato in esame, evidenziando come l’azione che viene successivamente applicata sulla struttura a simulare l’effetto del sisma dipenda tanto dalla natura dell’opera (materiali adottati, sistema costruttivo, regolarità, ecc.) quanto della composizione e geostrutturazione del sottosuolo.

Non è inconsueto infatti che edifici identici, posizionati a distanza limitata fra di loro e quindi soggetti alla medesima accelerazione sismica originaria, riportino danni radicalmente diversi durante un evento sismico a causa della loro diversa collocazione plano altimetrica (opere posizionate su pianure o su rilievi rocciosi) o della differente natura del terreno di fondazione (edifici posti su strati di coltri sedimentarie)

La questione nasce dal fatto che il valore delle accelerazioni previste al suolo dalla mappatura sismica si riferisce alle condizioni ipotizzate del sito di riferimento rigido, condizioni che in generale non corrispondono quasi mai a quelle effettive.

È necessario, pertanto, tenere conto delle condizioni stratigrafiche del volume interessato dall’opera ed anche delle condizioni topografiche, poiché entrambi questi fattori concorrono a modificare l’azione sismica in superficie rispetto a quella attesa su un sito rigido con superficie orizzontale. Tali modifiche, in ampiezza, durata e contenuto in frequenza, sono il risultato della risposta sismica locale. Si denomina risposta sismica locale l'azione sismica così come essa emerge in “superficie” a seguito delle modifiche in ampiezza, durata e contenuto in frequenza subite trasmettendosi dal substrato rigido.

Le modifiche sopra citate corrispondono fondamentalmente a due tipi di effetti:

Effetti stratigrafici – sono legati alla successione stratigrafica del suolo, alle proprietà meccaniche dei terreni, alla geometria del contatto tra il substrato rigido ed i terreni sovrastanti ed alla geometria dei contati tra gli strati di terreno.

Effetti topografici – sono legati alla configurazione topografica del piano campagna. La modifica delle caratteristiche del moto sismico per effetto della geometria superficiale del terreno va attribuita alla focalizzazione delle onde sismiche in prossimità della cresta dei rilievi a seguito di fenomeni di riflessione delle onde sismiche ed all’interazione tra il campo d’onda incidente e quello diffratto.

I fenomeni di amplificazione cresta – base aumentano in proporzione al rapporto tra l’altezza del rilievo e la sua larghezza.

Accelerogramma e spettro di risposta

L’effetto dell’azione sismica sui fabbricati può essere valutata secondo diverse procedure, quella che viene più ampiamente descritta dalle N.T.C. 2008 è quella che ricorre all’impiego dello spettro di risposta. Non sempre questa procedura può essere utilizzata , infatti condizione indispensabile per il suo uso è che l’opera in oggetto abbia un periodo fondamentale minore o uguale a 4,0 secondi. Per fabbricati aventi periodi fondamentali

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superiori lo spettro dovrà essere definito da appositi studi ovvero l’azione sismica andrà descritta mediante appositi accelero grammi. Analogamente si dovrà operare in presenza di sottosuoli di categoria S1 e S2. In generale non si tiene conto della variabilità spaziale del moto sismico e si adotta per esso una rappresentazione di tipo “puntuale”, qual è quella che prevede l’utilizzo degli spettri di risposta e adotta un unico valore di accelerazione del suolo per tutti i punti di contatto con la struttura.

Quando l’estensione del sistema di fondazione non garantisce che l’intera costruzione sia soggetta ad una eccitazione sismica uniforme, è necessario considerare la variabilità del moto (ad esempio impiego di accelero grammi o di spettro di risposta diversi).

Periodo di oscillazione

Prima di descrivere le modalità di definizione dei diagrammi degli spettri di risposta indicati sulle N.T.C. 2008, è bene chiarire cosa si intende per spettro di risposta, e prima ancora ricordare cosa è il periodo di oscillazione di un sistema strutturale.

Per meglio comprendere il comportamento di una struttura complessa sottoposta all’effetto sismico, è sempre preferibile analizzare quello del modello elementare classico, comunemente adottato come schema basilare dell’analisi strutturale: il telaio piano (due pilastri incastrati al piede che sorreggono in testa una trave orizzontale). Si tratta di un modello ad un solo grado di libertà composto da due piedritti di rigidezza k ed un traverso infinitamente rigido in cui è concentrata tutta la massa m del sistema (pari al peso diviso l’accelerazione di gravità g).

Se si impone alla testa del piedritto uno spostamento orizzontale u0 (rispetto la posizione di riposo verticale) e successivamente lo si lascia libero, sul sistema si instaurerà un regime di oscillazioni libere caratterizzate da un andamento sinusoidale nel tempo con un periodo di oscillazione T0, questo è il tempo che intercorre per permettere al traverso di compiere un’oscillazione completa e ritornare nella posizione iniziale. Tale periodo, detto anche periodo proprio dell’oscillatore, è legato alle due grandezze m e k (massa e rigidezza) dalla seguente relazione:

T0 = 2 π (m/k)1/2

Graficamente l’andamento dello spostamento del traverso (testa del piedritto) in funzione del tempo può essere rappresentato da una sinusoide come quella in figura:

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In questo schema si è assunto nullo l’effetto dello smorzamento dello spostamento nel tempo. Questo smorzamento è dovuto a tutta una serie di fenomeni dissipativi dell’energia che nel caso reale sono sempre presenti e che portano ad una graduale riduzione dell’entità della deformazione. Quindi se al sistema in esame si associa anche l’effetto di smorzamento di cui si è detto, si ottengono come risultato delle oscillazioni libere smorzate, ovvero con un’ampiezza che si riduce progressivamente nel tempo tendendo a zero. Anche la dimensione del periodo di oscillazione si riduce, seppur in maniera limitata: per questo motivo nelle applicazioni pratiche si trascura tale effetto, considerando sempre che il periodo proprio di vibrazione del sistema rimanga costante nel tempo:

Ricordato il concetto di periodo, si vuole qui sottolineare una sua proprietà fondamentale: il periodo di oscillazione di un sistema è una caratteristica propria dello stesso. Dipendendo il suo valore esclusivamente dalla massa e dalla rigidezza del sistema, rimarrà immutato al variare dell’azione sismica a cui l’opera sarà soggetta. In altre parole se si applicano azioni dinamiche (sismiche o non) differenti allo stesso sistema strutturale, questo oscillerà sempre con il medesimo periodo.

Cosa è uno spettro di risposta?

Concetto fondamentale per la comprensione di spettro è quello di differenzazione della risposta sismica per modelli strutturali diversi a partire dal medesimo accelerogramma di base. In altre parole, fabbricati tra di loro differenti (per caratteristiche geometriche, materiali impiegati, masse in gioco, ecc.) soggetti alla stessa azione sismica risentono in maniera diversa dell’effetto applicato. Questo comportamento dipende principalmente da un parametro proprio di ciascun fabbricato di cui si è appena parlato: il suo periodo di oscillazione.

Le immagini di seguito riportate aiuteranno a capire il concetto che si intende descrivere. In esse, per semplicità, si è assimilato il comportamento del fabbricato a quello di un sistema elementare equivalente (oscillatore semplice).

Ovviamente il concetto può essere esteso a modelli tridimensionali comunque complessi

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Nell’immagine precedente si è riportato il grafico dell’accelerogramma (accelerazione al suolo) registrato a Tolmezzo in occasione del terremoto del Friuli del 1976, mentre sulla destra è raffigurato l’andamento dell’accelerazione risentita da fabbricati aventi diversi periodi propri di oscillazione.

Come si vede, un primo sistema strutturale, avente un periodo pari a 0,25 secondi, risente di un’accelerazione massima pari a 1139 cm/s2. Un altro sistema, avente invece un periodo pari a 0,50 secondi, risente di un’accelerazione massima pari a 727 cm/s2, ed un terzo sistema, avente periodo proprio pari a 1,00 secondo, avverte un’accelerazione massima pari a soli 252 cm/s2.

È possibile riportare su un unico diagramma questo andamento dell’accelerazione risentita al variare del periodo di oscillazione. Si metta sull’asse delle ascisse il periodo del sistema strutturale e su quello delle ordinate l’accelerazione avvertita dallo stesso. Considerando, per iniziare il sistema con periodo pari a 0,25 secondi, si riporti sul diagramma un punto corrispondente al valore dell’accelerazione corrispondente:

Si proceda riportando sul diagramma il punto corrispondente al sistema con periodo di oscillazione pari a 1,00 secondi:

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Ripetendo il procedimento appena illustrato prendendo in considerazione sistemi costruttivi aventi differenti livelli di smorzamento, sarà possibile tracciare un curva che inviluppa tutti gli spetti così ottenuti, più regolare e di più semplice intuizione, che viene superata solo occasionalmente. Questa curva, formata da 4 tratti, è quello che viene assunto dalla normativa come spettro di risposta elastico.

Lo spettro di risposta elastico fornisce il valore dell’azione sismica, valutato in termini di accelerazione, su di una struttura elastica soggetta ad azione sismica. Esso è funzione del livello di sismicità della zona considerata e delle caratteristiche geotecniche del suolo di fondazione, mentre non dipende dalla tipologia strutturale.

Lo spettro di risposta elastico secondo le N.T.C. 2008

Ovviamente per ottenere il diagramma dello spettro di risposta non bisogna seguire il complesso procedimento descritto in queste pagine, bensì è sufficiente utilizzare le espressioni matematiche fornite direttamente dalle N.T.C. 2008 per ciascuno dei 4 tratti del diagramma, essendo TB, TC e TD le ascisse dei punti in cui si ha il passaggio da un ramo al successivo.

Si è già detto che l’azione sismica ha sia una componente orizzontale che una verticale (che in alcuni casi può essere trascurata), descritte da due diversi diagrammi dello spettro. Per prima cosa si riportano di seguito le espressioni necessarie al tracciamento dello spettro di risposta elastico relative alla componente orizzontale:

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Gli unici parametri ancora mancanti per completare le espressioni che descrivono l’andamento dello spettro di risposta elastico sono i seguenti:

ag, F0, T*C

aventi il seguente significato:

ag = accelerazione massima del terreno;

F0 = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale;

T*C = periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante;

Come si è già detto in precedenza, le Norme Tecniche per le Costruzioni adottano un approccio prestazionale alla progettazione delle strutture nuove e alla verifica di quelle esistenti. Nei riguardi dell’azione sismica l’obbiettivo è il controllo del livello di danneggiamento delle costruzioni a fronte dei terremoti che possono verificarsi nel sito in costruzione.

L’azione sismica sulle costruzioni è valutata a partire da una “pericolosità sismica di base”, in condizioni ideali del sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale (di categoria A nelle N.T.C.), che costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione delle azioni sismiche.

Tale pericolosità sismica in un generico sito deve essere descritta in modo da renderla compatibile con le N.T.C. e da dotarla di un sufficiente livello di dettaglio, sia in termini geografici che in termini temporali; tali condizioni possono ritenersi soddisfatte se i risultati dello studio di pericolosità sono forniti:

In termini di valori di accelerazione orizzontale massima ag e dei parametri che permettono di definire gli spettri di risposta ai sensi delle N.T.C. 2008, nelle condizioni del sito di riferimento rigido orizzontale sopra definite;

In corrispondenza dei punti di un reticolo (reticolo di riferimento) i cui nodi sono sufficientemente vicini tra loro (non distano più di 10 km);

Per diverse probabilità di superamento in 50 anni e7o diversi periodi di ritorno TR ricadenti in un intervallo di riferimento compreso tra 30 e 2475 anni, estremi inclusi.

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L’azione sismica così individuata viene successivamente variata, nei modi chiaramente precisati dalle norme, per tener conto delle modifiche prodotte dalle condizioni locali stratigrafiche del sottosuolo effettivamente presente nel sito di costruzione e dalla morfologia della superficie. Tali modifiche caratterizzano la risposta sismica locale.

Per l’attribuzione dei valori ai tre suddetti parametri bisogna quindi ricorrere alle tabelle conteneti i “parametri spettrali” inclusi nell’ “Allegato A e B

alle Norme Tecniche per le Costruzioni: Pericolosità sismica”, realizzati secondo i requisiti appena descritti nella tabella sopra riportata.

Se si ingrandisce una parte della tabella si riesce meglio a comprendere come essa è articolata:

Come si può vedere, sulle prime tre colonna sono contenuti i dati di corrispondenza con i punti del reticolo di riferimento (mappa sismica nazionale), che come già detto è formato da una maglia, di lato pari a 10 km. Ciascun nodo della maglia è indicato sulle tabelle tramite il suo numero identificativo (ID) e le sue coordinate geografiche Longitudine (LON) e Latitudine (LAT) . La prima cosa quindi da fare per ricavare i parametri spettrali di pericolosità sismica è cercare il punto del reticolo coincidente con l’ubicazione dell’opera da studiare, di cui bisogna quindi conoscere l’esatto posizionamento geografico.

Nelle tabelle in oggetto però a ciascuna punto del reticolo non corrisponde in maniera univoca un’unica terna dei valori di pericolosità sismica cercati (ag, F0, T*C), bensì una per ogni valore di TR.

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TR rappresenta il valore del periodo di ritorno del sisma, che può essere compreso fra 30 e 2475 anni. Dopo avere localizzato l’opera sul reticolo bisogna quindi valutare il periodo di ritorno del sisma tramite la relazione seguente

Come si può notare, essendo il valore di PVR funzione dello stato limite da studiare, anche quello di TR dipenderà dalle verifiche da effettuare. Conseguenza di questo aspetto è che non si avrà a che fare con un unico diagramma di spettro di risposta elastico, bensì con uno per ciascun stato limite. Si ricorda che gli stati limite da prendere in considerazione e quindi le verifiche da sviluppare funzione della tipologia strutturale (classe d’uso, isolamento sismico, ecc..), ragione per cui si potranno avere fino a 4 diversi spettri di risposta per lo stesso fabbricato, e per di più al momento si sta valutando soltanto la componente orizzontale dell’azione sismica.

L’esito finale di tutta la procedura è quindi il tracciamento dei diagrammi degli spettri di risposta elastici, per ciascuno degli stati limite, necessari alla valutazione delle azioni sismiche orizzontali da applicare all’opera in fase di progetto.

Come utilizzare lo spettro di risposta

Si è chiarito ampiamente cosa è lo spettro di risposta e come si può costruire a partire dalle caratteristiche sismo – geologiche del sito, si descrive adesso brevemente l’utilizzo che secondo le N.T.C. 2008 si deve fare dello stesso.

Quando si sono descritte le modalità di creazione del diagramma, si è visto che sull’asse delle ascisse del sistema di riferimento è posizionato il periodo di vibrazione della struttura, mentre su quello delle ordinate è presente l’accelerazione sismica, rapportata a quella di gravità.

Si ricorda infatti che lo spettro di risposta fornisce il valore dell’accelerazione risentita da una data opera, avente il suo proprio periodo di oscillazione , a partire dall’accelerazione prevista al suolo.

In breve, una volta costruito il diagramma dello spettro e valutato il periodo principale T0 del fabbricato in esame, è sufficiente tracciare una linea che, a partire dall’asse delle ascisse, intercetta lo spettro in un punto la cui ordinata indica il valore dell’accelerazione risentita dalla struttura.

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È immediato comprendere come struttura che posseggono un periodo principale di oscillazione piuttosto basso (inferiore a 0,5 secondi) avvertiranno accelerazioni dovute all’effetto sismico molto elevate, al contrario fabbricati dotati di un periodo alto (superiore ad 1 secondo) risentiranno in maniera molto più ridotta dello stesso effetto. Sebbene l’abitudine progettuale legata al vecchio approccio normativo privilegiasse la realizzazione di fabbricati che fossero fondamentalmente rigidi e resistenti (periodo di oscillazione basso) per meglio sopportare l’azione del sisma, si coglie dalla precedente valutazione che la suddetta consuetudine non è sicuramente la più vantaggiosa allo scopo, tanto è vero che l’obbiettivo delle N.T.C. 2008 è quello di indirizzare il progettista verso l’esecuzione di strutture che siano quanto più possibili deformabili e duttili (periodo di oscillazione alto), sempre però restando entro i margini di deformabilità ammessi dalle stesse norme.

Direzione di ingresso del sisma

Per conoscere la risposta integrale di un edificio sottoposto ad un’azione sismica, non è sufficiente verificare la struttura considerando il sisma agente lungo una sola direzione, non essendo conosciuto a priori l’angolo di ingresso della suddetta azione. Si dovranno quindi ipotizzare come direzioni del sisma quelle secondo le quali la struttura offre la resistenza minore, e per ciascuna direzione verificarne l’effetto secondo i due versi (positivo e negativo).

Secondo il vecchio orientamento normativo, il numero delle direzioni di ingresso del sisma da considerare era a discrezione del progettista, e per ciascuna di esse andava verificata la struttura, sempre secondo due versi, in maniera indipendente dall’azione diretta secondo le altre direzioni.

Le N.T.C. 2008 impongono invece di impostare un’unica direzione di ingresso dell’azione sismica, essendo quella ortogonale automaticamente impostata. A differenza della vecchia norma, le azioni di calcolo non si otterranno valutando gli effetti associati a ciascuna direzione e verso in maniera indipendente, bensì sommando all’azione sismica un’aliquota pari al 30% dell’azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni.

Effetti Torsionali

Già il D.M. del ’96 teneva in conto eventuali effetti torsionali globali della struttura esclusivamente si fosse operato uno studio dell’opera tramite un’ analisi sismica di tipo statico, ed in più soltanto quando fossero stati verificati opportuni requisiti geometrici.

Secondo il nuovo approccio normativo, già la prima versione dell’Ordinanza n 3274 del 2003 lo prevedeva, invece, è sempre obbligatorio considerare gli effetti torsionali accidentali dovuti all’aleatorietà della distribuzione della distribuzione in pianta delle masse sia nel caso di analisi sismica statica che dinamica, qualunque sia la tipologia e la geometria del fabbricato.

La nuova norma giustamente pone l’attenzione sul fatto che non è sufficiente una regolarità geometrica per supporre che non si generino fenomeni di torsionalità globale, essendo fondamentale infatti anche la distribuzione dei carichi variabili. È infatti possibile che su un impalcato perfettamente regolare e simmetrico (ad esempio quadrato), che sia in possesso anche di una simmetrica disposizione dei carichi, si manifestino problemi idi questo tipo.

La nuova normativa prevede due diverse modalità per tenere in conto di questi effetti torsionali accidentali. Il primo è quello dell’incremento dell’eccentricità, già originariamente esistente fra il baricentro delle masse e baricentro delle rigidezze di ciascun impalcato, per una quantità pari al 5% della dimensione massima dell’ingombro in pianta del fabbricato, valutata ortogonalmente alla direzione di ingresso del sisma considerato.

In figura si indica con e l’eccentricità tra il baricentro delle masse (XG) e quello delle rigidezze (XR), e con d la suddetta dimensione massima ortogonale alla direzione del sisma.

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In alternativa, ma esclusivamente nel caso in cui si stiano studiando edifici aventi massa e rigidezza distribuite in modo simmetrico in pianta, è possibile impiegare una diversa modalità di valutazione della correzione torsionale, che consiste nell’applicare un fattore correttivo d mirato ad incrementare le sollecitazioni taglianti sui pilastri.

W) Affidabilità dei codici

Per valutare l’attendibilità del codice di calcolo si riportano di seguito alcuni risultati significativi di esempi svolti sia manualmente dal Prof. Ing. Antonio Tralli Ordinario del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Ferrara e dal Prof. Ing. Giulio Dondi Ordinario del DISTART dell’Università di Bologna che utilizzando il programma 2SI di Ferrara con solutore Super Sap di Pittsburgh -Esempi di validazione di travi appoggiate a due campate:

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-Esempi di validazione telai piani con cerniera alla base:

-Esempi di validazione telai piani con incastri alla base:

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-Esempio di validazione piastra con elementi plate e materiale ortotropo:

-Esempio di validazione strutture soggette a variazioni termiche:

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-Esempio di validazione strutture su terreno alla winkler sottoposte a carichi distribuiti triangolari :

-Esempio di validazione baricentro delle masse e delle rigidezze:

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112

-Esempio di validazione analisi modale di un telaio piano:

-Esempio di validazione verifica alla fessurazione di strutture in c.a..:

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-Esempio di validazione tensioni elementi D3

Palermo, li

Il Tecnico